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GLI AMBIENTI NATURALI DELLA TERRA

MATERIALI DIDATTICI DALLA RETE a cura di FEDERICA ROCCA

INDICE DEI CAPITOLI E SITOGRAFIA

1. Che cos' il clima edurete.org 2. Che cos' un ambiente naturale it.wikipedia.org 3. Bioma mediterraneo e macchia mediterranea it.wikipedia.org edurete.org 4. Savana it.wikipedia.org edurete.org 5. Deserto it.wikipedia.org edurete.org 6. Desertificazione it.wikipedia.org 7. Steppa edurete.org 8. Foresta pluviale edurete.org 9. Foresta temperata - i boschi di latifoglie edurete.org 10.Bioma polare e tundra mateliber.it/ 11. Oasi e biodiversit in Italia wwf.it

1. Che cos' il clima


Il clima l'insieme delle condizioni meteorologiche di una zona della terra che si ripetono per un lungo periodo di tempo e sono il risultato della combinazione fra tre elementi essenziali (temperatura, pressione e umidit) a cui vanno variamente sommati fattori climatici locali quali: 1. l'altitudine: pi l'altitudine aumenta pi la temperatura tende ad abbassarsi. Infatti nelle zone pi in quota il calore solare giunge attenuato perch una parte di esso viene assorbito dagli strati atmosferici pi bassi;

2. la latitudine: pi ci si avvicina ai tropici e all'equatore pi perpendicolarmente i raggi solari colpiscono la superficie terrestre, riscaldandola in misura maggiore;

3. la distanza dal mare: le masse d'acqua hanno la propriet di assorbire lentamente il calore solare durante le ore di illuminazione durante la stagione estiva e di irradiarlo in modo altrettanto lento durante le ore di buio e nella stagione invernale;

4. la presenza di correnti marine: irradiano caldo o freddo a seconda del tipo di corrente;

5. la presenza di rilievi: condiziona l'andamento dei venti, la formazione di nubi, le precipitazioni;

6. la presenza di grandi foreste: agiscono sul clima in quanto proteggono il suolo da eccessivi sbalzi termici e fanno aumentare l'umidit locale;

7. le grandi agglomerazioni urbane: agiscono localmente formando piccole regioni climatiche (microclima).

LE FASCE CLIMATICHE DELLA TERRA

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2. Che cos' un ambiente naturale

Un ambiente naturale una grande regione della terra dotata di caratteristiche omogenee relativamente a vari elementi: clima, morfologia della superficie, natura dei suoli, forme di vita animale e vegetale. Il concetto di ambiente naturale tende a coincidere con quello di bioma, o quantomeno ad includerlo: il bioma infatti individuato in base al tipo di vegetazione dominante, ma questa dipende dalle condizioni climatiche, dalla morfologia della superficie e dalla natura del suolo. L'equilibrio dell'ambiente naturale influenzato da diversi fattori, che generalmente vengono distinti in abiotici ("senza vita"), biotici ("vitali") e limitanti (quelli senza cui un organismo non pu vivere). La complessa interazione fra questi fattori ambientali e gli esseri viventi si definiscono un ecosistema. quindi fondamentale che il sistema venga mantenuto in equilibrio per preservare gli ecosistemi e la vita. La natura spesso usa i fattori limitanti per impedire che una determinata popolazione si sviluppi a tal punto da raggiungere livelli non sostenibili (resistenza ambientale). Le caratteristiche dell'ambiente sono cambiate fortemente nel corso della storia geologica della terra, ma nell'attuale epoca questi cambiamenti non sono stati significativi, se si esclude la pressione ambientale esercitata dall'uomo negli ultimi secoli. L'attivit umana ha profondamente modificato nei secoli l'ambiente, creando citt, utilizzando risorse, modificando il paesaggio, inserendo nuove specie in regioni in cui prima erano assenti.

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3. Bioma mediterraneo e macchia mediterranea

Il bioma mediterraneo una zona di transizione compresa tra la fascia temperata e quella tropicale che si sviluppa in alcune regioni comprese tra i 20 e i 40 di latitudine nord e sud. La regione di biosfera pi estesa con queste caratteristiche e che d il nome al bioma quella del bacino del Mediterraneo, ma sono presenti altre regioni di dimensioni inferiori con queste caratteristiche in Cile, in California, nella costa occidentale dell'Africa meridionale e nella regione sudoccidentale dell'Australia. Il bioma mediterraneo caratterizzato da temperature medie annue comprese tra gli 0 e i 20 gradi centigradi. Le masse d'aria a queste latitudini sono tendenzialmente povere di umidit, condizione che favorisce la desertificazione; in questo bioma la presenza di mari o oceani adiacenti relativamente freddi compensa tale tendenza. Le precipitazioni sono concentrate nei mesi invernali e le estati sono calde e secche. Il bioma mediterraneo costituisce meno del 5% della biosfera ma ospita il 20% delle piante vascolari, la maggior parte delle quali sono endemiche e rare. La garriga una formazione vegetale tipica delle regioni mediterranee, che si sviluppa nelle zone pi asciutte, su terreni calcarei; il paesaggio costituito da formazioni cespugliose di bassa statura che al massimo raggiungono 1-1,5 metri, ma in genere inferiori ai 50 cm (rosmarino, timo, cisti, quercia spinosa). Pi che un vero e proprio bioma da considerarsi uno stadio involutivo derivato dalla degradazione della macchia mediterranea, dovuto a svariate cause quali incendi, aridit, disboscamento, sfruttamento eccessivo del territorio, erosione.

Flora Nelle regioni mediterranee la vegetazione ha dovuto adattarsi a un regime di scarse precipitazioni annue e lunghe siccit estive. Cos alcune specie hanno sviluppato radici profonde, capaci di attingere alle falde acquifere sotterranee. Altre, come le piante bulbose e molte erbe aromatiche, raggiungono la massima crescita all'inizio dell'estate, quando il suolo ancora abbastanza umido. La vegetazione si stratifica in due livelli: uno superiore con chiome a portamento arboreo, che possono raggiungere i 4 metri d'altezza. Le formazioni pi caratteristiche sono i boschi di querce, sugheri e pini marittimi o quelle coltivate quali agrumi, ulivi, viti, fichi, palme. La vegetazione dello strato inferiore presenta specie a basso fusto che raggiungono al massimo i 2-3 metri d'altezza, come il lentisco, l'erica, il corbezzolo [S1][F1], il mirto, le ginestre e altre cespugliose come il rosmarino. Fauna La vita animale rappresentata, fra gli invertebrati, soprattutto dagli insetti, tra cui cicale, locuste, mantidi, lepidotteri, scorpioni e millepiedi. Tra i rettili abbiamo la biscia, le lucertole, la vipera e la testuggine comune che predilige zone aride e cespugliose. Numerose sono le specie di uccelli che trovano rifugio e nidificano nella macchia: tordi, capinere, cinciallegre, cardellini, verdoni, pernici, picchi e ghiandaie. Ridotti sono i mammiferi: cinghiali, istrici, linci.

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4. Savana

La savana tipica dei climi caldo umidi tropicali meno piovosi, cio di ambienti di transizione tra le foreste della fascia equatoriale e i deserti delle zone tropicali. Le aree a savana pi estese sono situate in Africa (Sudan, Nigeria, Angola, Zimbabwe, ecc), in Asia (parte della penisola indiana, Birmania, Thailandia), in America meridionale (Venezuela, Brasile), in Australia (Queensland). Nell'America meridionale le estensioni di savana sono definite nei paesi di lingua spagnola llanos o pampas, serto in Brasile. La savana un bioma terrestre soprattutto subtropicale e tropicale, caratterizzato da una vegetazione a prevalenza erbosa, con arbusti e alberi abbastanza distanziati da non dar luogo a una volta chiusa. Le savane possono formarsi in seguito alla presenza di specifiche condizioni climatiche, oppure a causa di incendi stagionali (anche indotti dall'uomo) o particolari caratteristiche del suolo.[1] Si trova nelle zone calde dell'Africa, dell'America centrale e meridionale e dell'Australia. Gli ambienti di savana vengono classificati secondo le caratteristiche della vegetazione, il clima, l'altitudine o altri criteri. Si possono per esempio distinguere: 1. la savana aperta o savana chiara, dove prevale l'erba e gli alberi sono rari; 2. la savana boscosa o savana scura, dove gli alberi sono pi fitti, fino al caso estremo della foresta aperta; 3. la savana tropicale e subtropicale (spesso indicata semplicemente come "savana"), situata nelle regioni in prossimit dei tropici; 4. la savana temperata, ambiente analogo a quello della savana tropicale, ma situata a pi alte

latitudini, dove le estati sono pi umide e gli inverni pi secchi; 5. la savana mediterranea o prateria mediterranea; 6. la savana alluvionale quella che riceve stagionalmente precipitazioni tali da allagarsi; 7. la savana montana, situata in alta quota. Le savane tropicali e subtropicali sono determinate principalmente dalla scarsit e mancata stagionalit delle precipitazioni. Precipitazioni inferiori ai 10002000 mm all'anno sono infatti insufficienti allo sviluppo di alberi e arbusti, e determinano regioni di sola prateria erbosa, quali si trovano tipicamente ai margini dei deserti subtropicali. Spostandosi gradualmente verso latitudini pi piovose (ovvero verso l'equatore) si osserva prima la comparsa di vegetazione arbustiva e poi di alberi isolati. Oltre i 4000 mm annui, a meno che non intervengano altri fattori ambientali, gli alberi sono sufficientemente vicini e ricchi da formare una volta, che blocca la luce del sole e riduce la presenza erbosa: la savana cede quindi gradualmente il posto alla foresta. Regioni di savana determinata esclusivamente o principalmente da fattori climatici si trovano per esempio in Africa occidentale e centrale. Durante i periodi di siccit, il manto erboso secco e continuo crea le condizioni ideali per lo sviluppo di grandi incendi, innescati per esempio dai fulmini. Il fuoco ha l'effetto di arricchire di sali minerali il suolo, stimolando la crescita di un nuovo manto erboso, e impedisce l'infittirsi di alberi e arbusti distruggendone i germogli. Nelle savane che devono la loro esistenza soprattutto agli incendi stagionali, predominano tipicamente le specie vegetali che sono pi resistenti al fuoco o che possono trarre vantaggio dal fuoco nella competizione con le altre specie. La pratica di appiccare stagionalmente incendi in prati e praterie diffusa nelle comunit umane fin dall'antichit, e di conseguenza molti ambienti di savana in diverse parti del mondo si possono attribuire del tutto o in parte all'influenza dell'uomo. Esempi in questo senso sono le savane presenti nel Nord America precolombiano, di cui restano tracce in alcune localit della macchia mediterranea. Il fuoco stato usato storicamente dall'uomo, tra l'altro, per rinnovare i pascoli per il bestiame, preparare il terreno per l'agricoltura, o scacciare gli animali selvatici. Incendi antropogeni sono oggi determinanti anche per la sopravvivenza di importanti aree di savana protetta; per esempio, in alcuni parchi faunistici africani gli incendi periodici sono esplicitamente previsti dai programmi di conservazione ambientale. In alcuni casi specifici, un ambiente di savana pu essere determinato o favorito da caratteristiche peculiari del suolo. Per esempio, i campos cerrados del Brasile sono aree di prateria in cui il suolo presenta una crosta dura ferrosa coperta da uno strato di humus sufficiente alla crescita dell'erba ma non allo sviluppo delle radici degli alberi. Fauna: La fauna si presenta ricchissima, accumunata dalla stessa necessit: il bisogno di procurarsi acqua nella lunga stagione arida. Predominano i mammiferi erbivori pascolatori e brucatori: in particolare rinoceronti, elefanti, antilopi, gazzelle, zebre, giraffe, facoceri. Nonostante la concentrazione di animali, non c' mai un'aspra contesa per il cibo, ogni specie si nutre attingendo a livelli diversi di vegetazione, cos per esempio le giraffe brucano i rami superiori degli alberi, mentre le

antilopi le altezze intermedie, le zebre l'erba a livello del suolo e ancora i facoceri frugano il terreno alla ricerca di radici sotterranee. Numerosi sono anche i carnivori (come leoni, ghepardi, leopardi) o spazzini come i sciacalli e le iene. Come succede per le erbe e le piante, la ripartizione del cibo avviene razionalmente. L'animale che abbattuto viene divorato da chi l'ha ucciso, i suoi resti ripuliti dagli spazzini, infine le parti ossee vengono divorate dalle larve. Svariati sono anche gli uccelli che vivono nella savana, fra essi lo struzzo, il nand, l'em. Altri sono migratori, che arrivano in queste regioni per svernare e sfuggire ai freddi dell'emisfero boreale. Flora. A dominare questo paesaggio naturale sono le grandi estensioni di terreno, generalmente ricoperte da erbe alte. Essendo le precipitazioni scarse, solo le erbe possono sopportare la stagione arida, e, in taluni casi, queste graminacee possono superare i 6 metri di altezza. A seconda della maggiore o minore abbondanza di precipitazioni vi sono due tipi di savana. Vicino alle grandi foreste tropicali, dove l'umidit ancora relativamente abbondante, la savana (savana alberata) si presenta con una boscaglia rada e ricca di alberi, i quali possono presentarsi isolati o a gruppi; tra questi spiccano la palma dum, le acacie e soprattutto il gigantesco baobab, tipico albero della savana africana. Questo tipo di bioma si sviluppa nelle regioni pi a ridosso dell'Equatore, nelle zone interne invece troviamo erbe dominanti e alberi molto radi, mentre la savana si inaridisce ulteriormente mano a mano che si avvicina alle fasce desertiche (savana spinosa, chiamata in Africa sahel e in Brasile caatinga).

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5. Deserto

In geografia, il deserto definito un'area della superficie terrestre quasi o del tutto disabitata, nella quale le precipitazioni difficilmente superano i 250 millimetri l'anno e il terreno prevalentemente arido, con scarsa o nulla vegetazione. Tra i deserti, in base a questa definizione, vanno annoverate anche le Regioni polari, oltre alle pi familiari zone aride che si incontrano alle medie e basse latitudini. Alternativamente la parola deserto viene utilizzata per indicare un luogo non abitato da esseri umani e scarsamente abitato da altre specie viventi: anche in base a questa definizione, i deserti comprendono i luoghi dal clima rigido, come l'Antartide e la tundra o pi in generale le Regioni polari. Un deserto un ecosistema che riceve pochissima pioggia e di solito si pensa che possegga poca vita, ma questo dipende dal tipo di deserto; in molti la vita abbondante, la vegetazione si adattata al basso tasso di umidit e la fauna solitamente si nasconde durante il giorno, il che significa che un deserto un ecosistema solitamente arido e che quindi rende difficoltoso, se non talvolta impossibile, l'instaurazione permanente di gruppi sociali. I deserti costituiscono una delle aree emerse pi grandi del pianeta: la sua superficie totale di 50 milioni di chilometri quadrati, circa un terzo della superficie della Terra. Rappresenta il 30% delle terre emerse, (il 16% costituito da deserti caldi, il 14% da deserti freddi). Gran parte dei deserti del mondo si trovano in zone caratterizzate da alta pressione costante (anticiclone), cio una condizione che non favorisce la pioggia. Tra i deserti di queste aree vi sono: il deserto del Sahara (il pi grande deserto del pianeta Terra), il Kalahari, e il deserto del Namib nell'Africa meridionale; il Gran Deserto Sabbioso, in Australia, il deserto del Gobi (o Cham), il

Karakum, il deserto di Taklamakan in Cina, il Rub' al-Khali in Arabia, il deserto del Negev, il deserto del Mojave, e il deserto di Atacama nelle Americhe solo per citarne alcuni dei pi vasti. Gran parte di deserti sono localizzati all'interno dei continenti, vale a dire distanti dal mare: come ad esempio, il deserto del Gobi e altri deserti dell'Asia centrale, che difficilmente vengono raggiunti dai venti umidi degli oceani. Un esempio del contrario, tuttavia, si riscontra in piccole zone desertiche del Mediterraneo occidentale in Europa: in Spagna, Francia ed Italia. I paesaggi nel deserto si presentano in modo abbastanza vario, a seconda se siano rocciosi o sabbiosi. In un deserto di tipo sabbioso lelemento pi ricorrente la duna, un accumulo di sabbia portata dal vento, che pu modificarsi frequentemente, oppure essere fissa, nel caso che la sabbia abbia trovato un ostacolo (un arbusto, una roccia). Le dune pi frequenti sono le barkana, a forma di mezzaluna che si formano quando il vento spira sempre nello stesso senso. Altri termini indicano dune dalla forma diversa; per esempio quelle a forma di sciabola si chiamano "sif". La duna pu essere anche irregolare, costituita dal vento che cambia direzione, avremo quindi una accumulo disordinato di sabbia. Il deserto stesso pu essere di diversi tipi: l'erg o deserto sabbioso; nell'immaginario il tipico deserto, in realt l'ultimo in ordine di diffusione (10% di tutte le terre aride) e rappresenta solo un decimo della superficie complessiva del deserto pi famoso: il Sahara. Qui la sabbia generata dallo sgretolamento delle rocce per effetto delle forti differenze di temperatura tra il giorno e la notte a sua volta sospinta dal vento creando un'azione abrasiva sulle rocce che incontra sul suo cammino. Il reg o serir il deserto pietroso, nato dallo sfaldamento delle rocce, formato da ciottoli o veri e propri macigni. L'hamada il deserto montuoso, spoglio di vegetazione, con grandi rilievi alti e stretti. La nebka una formazione mista di vegetazione e sabbia. L'uadi il letto secco di un fiume nel quale scorre l'acqua solo in caso di piogge eccezionalmente abbondanti. L'unico bioma nel quale la pioggia pu mancare per anni il deserto. Se ne possono distinguere tre tipologie principali: 1. Deserto caldo, deserto roccioso dove il suolo costituito da pietre o ciottoli chiamati con la parola araba di Hamada; pu essere anche ghiaioso, chiamato Reg, oppure sabbioso a dune, chiamato Erg, presenti nelle regioni tropicali, caratterizzate da accentuata aridit, vegetazione ridotta o assente, mancanza di corsi d'acqua perenni, tendenza alla siccit; il clima a cui si associa tale ambiente il clima desertico caldo (secondo la classificazione dei climi di Kppen); 2. Deserto freddo, presente nelle regioni temperate pi continentali, caratterizzate da fortissima aridit e da notevolissime escursioni termiche annue di temperatura, con estati caldissime e inverni freddissimi; il clima a cui si associa tale ambiente il clima desertico freddo (secondo la classificazione dei climi di Kppen); 3. Deserto polare (deserto bianco), presenti nelle regioni settentrionali e meridionali a margine dei continenti boreali e australi (Groenlandia, Artide e Antartide), caratterizzate da freddo intenso e perenni distese di neve e ghiaccio; il clima a cui si associa tale ambiente il clima glaciale.

Deserti caldi e freddi sono accomunati comunque da un fattore preponderante: il vento. Esistono popolazioni nomadi come i Tuareg, che vivono nel deserto in trib formate da poche persone, all'incirca 30 o 40 membri. Essi si dedicano soprattutto alla pastorizia e all'agricoltura, sviluppata nelle oasi (formatesi quando l'acqua sotterranea affiora solo in zone ristrette). Per proteggersi dagli intensi raggi del sole, i Tuareg devono coprirsi completamente lasciando liberi solo occhi e bocca. Usano indossare il caffettano, una lunga veste coperta a sua volta da numerosi teli. Inoltre nel deserto vi sono presenti anche trib di boscimani. Flora. La tipica vegetazione del deserto costituita da piante xerofile, piante che prediligono un ambiente arido e sono in grado di sopportare lunghi periodi di siccit. Le loro foglie sono prive di clorofilla e in presenza di umidit trattengono l'acqua. Nella lotta contro l'aridit, le differenti forme vegetali hanno sviluppato particolari adattamenti, crescendo solo nei luoghi maggiormente favorevoli alla loro sopravvivenza. Alcune specie hanno sviluppato il sistema radicale in modo da formare, per una superficie considerevole attorno alla base della pianta, una vera e propria rete di radici decorrenti nei primi strati del suolo e capaci quindi di sfruttare al massimo l'acqua penetratavi a poca profondit. Numerose altre specie spingono l'apparato radicale a notevole profondit, attraverso strati del sottosuolo pi aridi, alla ricerca di livelli umidi, dove si ramificano abbondantemente. Altra tipica vegetazione costituita da piante grasse, come il cactus, capace di immagazzinare grandi quantit d'acqua nel fusto o negli organi ipogei e per eliminare una eccessiva traspirazione ha tessuti duri e impermeabili. Spesso le piante del deserto hanno foglie con cuticole particolarmente ispessite, oppure esse diminuiscono la superficie fogliare, sostituendovi a volte delle formazioni spinose. In alcune specie il ciclo vegetativo completo spesso abbreviato (da circa 3 mesi fino a un minimo di 8-15 giorni); si parla allora di piante effimere [S1][E1], che germinano subito dopo le piogge, si sviluppano quasi in modo istantaneo, fioriscono e fruttificano prima ancora che il suolo sia inaridito di nuovo. L'ambiente delle oasi invece caratterizzato da una vegetazione permanente. Fauna. Ad una rada flora fa riscontro una fauna relativamente scarsa di specie e la cui vita limitata attorno alle piccole aree di vegetazione o nei ripari offerti dal suolo roccioso. In generale, accanto ad animali esclusivamente deserticoli (alcuni roditori, carnivori, serpenti, scorpioni oltre al dromedario e al cammello), se ne notano pure altri caratteristici della savana corridori e saltatori (come lo struzzo e il canguro), dotati di notevole resistenza. Per la maggior parte gli animali del deserto sono piccoli in modo che possano trovare riparo dall'intenso calore delle ore diurne e dal gelo notturno sotto pietre o in piccole tane. Per esempio trovano rifugio nelle zone sabbiose numerosi animali scavatori, tra i quali roditori e insetti notturni nonch diversi rettili. Altri sopravvivono alle condizioni avverse migrando o uscendo dal letargo solo durante le rare piogge. La fauna tipica del deserto presenta interessanti adattamenti fisiologici intesi a sopportare bene le elevate variazioni di temperature e a resistere a lungo alla mancanza d'acqua; ci viene reso possibile, per esempio negli insetti, mediante tegumenti ispessiti e superfici respiratorie ridotte al minimo. Nei rettili, poi, le escrezioni sono praticamente prive d'acqua, oppure le zampe sono lunghe per mantenere

il pi possibile il corpo lontano dal terreno. Caratteristiche di molte specie di uccelli, mammiferi e insetti la produzione (e relativa conservazione) di acqua, ottenuta in seguito a processi metabolici per ossidazione di lipidi immagazzinati dall' organismo (come avviene per i cammelli e i dromedari), la quale spesso e la sola disponibile. Tra i mammiferi, alcuni roditori (per esempio il ratto canguro vivono esclusivamente di semi secchi di vegetali senza praticamente mai bere, essendo capaci di produrre acqua metabolica in sufficienza. A ci si aggiungono il loro ritmo di attivit tipicamente notturno e la possibilit di concentrare al massimo le escrezioni, espellendo solo minime quantit d' acqua. Altri roditori dipendono invece in buona parte dall'acqua di accumulo dei fusti delle cactacee e di altre piante succulente che vengono assunte come cibo.

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6. Desertificazione

La desertificazione indica un processo, per lo pi causato dalle attivit umane, che indica la degradazione dei suoli portando alla scomparsa della biosfera (flora e fauna); di solito un processo irreversibile che interessa tutti i continenti con intensit ed effetti diversi. La UNCCD (1994) definisce la desertificazione come: [] il degrado del territorio nelle zone aride, semi aride e sub umide secche attribuibile a varie cause fra le quali variazioni climatiche e le attivit umane" . La desertificazione spesso ha origine dallo sfruttamento intensivo della popolazione che si stabilisce nel territorio per coltivarlo oppure dalle necessit industriali e di utilizzo per il pascolo. La desertificazione costituisce un pericolo per le regioni aride e secche del pianeta, che costituiscono quasi il 50% delle terre emerse, quindi costituisce un rischio per pi di 100 paesi contati un miliardo di abitanti. Il continente pi colpito lAfrica dove oltre i due terzi delle terre coltivate sono a rischio, ma ci non toglie che esistano larghe aree degradate anche in Asia, Oceania e America meridionale e, in misura minore, in Europa e America settentrionale. Storicamente non si era dato molto peso al problema della desertificazione. Recentemente il fenomeno diventato tristemente famoso a causa di alcune siccit che hanno colpito alcune zone sul confine meridionale del Sahara intorno agli anni 70 e il corno dAfrica intorno agli anni 90 causando la morte di pi di 100mila persone. La comunit internazionale ha da tempo riconosciuto la desertificazione come uno dei maggiori problemi economici, sociali e ambientali in vari paesi del mondo. La desertificazione infatti riduce drammaticamente la fertilit dei suoli e, di conseguenza, la capacit di un ecosistema, seppure in origine desertico o semi-desertico, di produrre servizi. Infatti in alcuni paesi si pratica il rimboschimento di aree desertificate.

Secondo la Convenzione sulla Diversit Biologica i servizi degli ecosistemi sono da considerarsi elementi essenziali per la vita di una comunit sia in paesi industrialmente avanzati sia, e forse in maniera anche maggiore, in paesi in via di sviluppo. I servizi degli ecosistemi sono generalmente descritti in: 1. Servizi di fornitura: ad es. cibo, acqua, legno e fibre; 2.Servizi di regolazione: ad es. stabilizzazione del clima, assetto idrogeologico, barriera alla diffusione di malattie, riciclaggio dei rifiuti, qualit dell'acqua; 3. Servizi culturali: ad es. i valori estetici, ricreativi e spirituali; 4. Servizi di supporto: ad es. formazione di suolo, fotosintesi, riciclo dei nutrienti. Nel 1977 la Conferenza delle Nazioni Unite sulla Desertificazione (UNCOD, dall'inglese United Nations Conference on Desertification) adott il Piano d'Azione per Combattere la Desertificazione (PACD, dall'inglese Plan of Action to Combat Desertification). Nonostante gli sforzi compiuti per la realizzazione di questo piano, uno studio dell'UNEP del 1991 concluse che, malgrado si possano registrare alcuni esempi localizzati di successo, il processo di degrado della terra in zone aride, semi-aride e subumide si era generalmente intensificato. Le attivit specifiche di questo piano prevedevano, fra le altre, la creazione di filari di alberi, spesso eucalipti o altre specie aliene alla flora del paese, per frenare l'avanzata del deserto. Il concetto di desertificazione si quindi progressivamente evoluto nel corso degli anni nel tentativo di definire un processo che, seppur caratterizzato da cause locali, sta sempre pi assumendo la connotazione di un problema globale. Al Summit di Rio si decise inoltre di istituire un "Comitato di Negoziazione Intergovernativo" per preparare, entro il giugno del 1994, una convenzione per combattere la desertificazione in quei paesi che soffrono di gravi siccit, particolarmente in Africa. Il 17 giugno 1994, a Parigi, la UNCCD fu adottata. La Convenzione entrata in vigore nel dicembre del 1996, 90 giorni dopo la ratifica del cinquantesimo paese. Ad oggi, la Convenzione conta 191 Paesi e la prima Conferenza delle Parti si tenne nell'ottobre del 1997 a Roma. La definizione attualmente accettata dalla comunit internazionale quella proposta dalla UNCCD che definisce la desertificazione come: "degrado delle terre nelle aree aride, semi-aride e sub-umide secche, attribuibile a varie cause, fra le quali variazioni climatiche ed attivit umane. L'espressione "degrado delle terre" designa la diminuzione o la scomparsa, nelle zone aride, semi-aride e subumide secche, della produttivit biologica o economica e della complessit delle terre coltivate non irrigate, delle terre coltivate irrigate, dei percorsi, dei pascoli, delle foreste o delle superfici boschive in seguito all'utilizzazione delle terre o di uno o pi fenomeni, segnatamente di fenomeni dovuti all'attivit dell'uomo e ai suoi modi d'insediamento."

Il termine desertificazione si configura quindi come un generico degrado delle terre in particolari ambiti climatici, e non necessariamente come l'espansione dei deserti (desertizzazione). Le cause che maggiormente contribuiscono al processo di desertificazione sono molte e complesse e comprendono in generale fattori antropici e fattori ambientali, spesso tra loro combinati: 1. Ecosistemi delicati 2. Litologia 3. Idrologia 4. Morfologia 5. Scarsa copertura vegetale Tra i fattori antropici abbiamo la: 1. Deforestazione 2. Agricoltura e zootecnica 3. Urbanizzazione 4. Discariche ed attivit estrattive 5. Inquinamento 6. Incendi 7. Sfruttamento non sostenibile delle risorse 8. Eccessivo uso di sostanze chimiche 9. Alcuni complessi meccanismi relativi al commercio internazionale 10. Cattive pratiche di irrigazione e salinizzazione dei suoli 11. La progressiva sparizione della striscia di cespugli e arbusti ai margini dei deserti a causa dei pascoli, che grazie alle loro feci che fungono da fertilizzante soprattutto se sono molto liquide ha permesso la preoccupante espansione di questi ultimi. Lintroduzione di nuove tecniche di irrigazione ha consentito la trasformazione di molte zone inadatte allagricoltura in zone adatte alle coltivazioni; daltro canto nelle regioni aride soggette a pratiche irrigue frequente un fenomeno di salinizzazione, questo fenomeno causato dallevaporazione dellumidit dei terreni che per risalita capillare porta in superficie sali tossici per le colture quali i cloruri. Si contano circa 6 milioni di chilometri quadrati di terre colpite dalla salinizzazione. Tra i fattori ambientali figurano quelli strettamente climatici legati cio ad anomalie climatiche o a veri e propri mutamenti climatici e quelli geologici tra i quali si ricordano: 1. Variazioni climatiche (variazione delle temperatura) 2. siccit prolungate 3. fenomeni di erosione del terreno legati ad eventi atmosferici violenti (es. alluvioni); Lespansione delle zone desertiche terrestri, intensificatasi soprattutto negli ultimi anni trova uno delle sue maggiori cause, a scala planetaria, nei recenti mutamenti climatici che hanno investito il nostro

pianeta; molte tra le emissioni gassose nellatmosfera contribuiscono al riscaldamento globale attuando leffetto serra. Anche piccole variazioni delle condizioni ambientali possono a lungo termine mettere in crisi ecosistemi portando alla perdita di biodiversit e in casi peggiori allinaridimento di vaste zone. LONU da tempo scesa in campo per fronteggiare i problemi legati alla desertificazione in tutto il pianeta. Lassemblea delle nazioni unite ha proclamato il 2011 Anno Internazionale delle Foreste, e dal 1994 il 17 giugno stato dichiarato giornata mondiale della lotta alla desertificazione. Dal 2000, 191 stati membri delle nazioni unite hanno sottoscritto il Millennium Development Goals (Obiettivi di Sviluppo del Millennio) o MDG, che consiste in una lista di propositi in cui gli stati sottoscriventi si impegnano a raggiungere entro il 2015, fra le quali appaiono nel settimo punto: 7.A) Integrare i principi di sviluppo sostenibile nelle politiche e nei programmi dei paesi; invertire la tendenza attuale nella perdita di risorse ambientali. 7.B) Ridurre il processo di annullamento della biodiversit raggiungendo, entro il 2010, una riduzione significativa del fenomeno. A livello mondiale richiamiamo la gi citata UNCCD, la Convenzione sulla Lotta alla Siccit e alla Desertificazione delle Nazioni Unite, che rappresenta uno strumento giuridico per oltre 190 paesi impegnati nella lotta alla desertificazione. La desertificazione colpisce soprattutto i continenti centro meridionali del globo. La gran parte delle popolazioni pi povere vive nelle suddette zone e la loro sopravvivenza direttamente dipendente dal sovra sfruttamento delle esigue risorse naturali di tali zone. interessante notare che anche la UNCCD ammette che anche alcuni parametri sociali e politici contribuiscono significativamente al processo di desertificazione delle terre, fra questi il livello di povert e l'instabilit politica. La convenzione cerca quindi di promuovere azioni locali, possibilmente con idee nuove ed approcci innovativi, e che beneficino di partenariato internazionale. Questo perch i cambiamenti da effettuare sono sia a livello locale che internazionale. Il recente rapporto sulla situazione ambientale in Italia stilato dallINEA sottolinea come pi del 50% del territorio stato considerato potenzialmente a rischio. Intere regioni come la Sicilia, Sardegna, Calabria, Basilicata, Puglia e Campania, e parte di altre regioni: Lazio,Toscana, Molise, Marche e Abruzzo. Inoltre importante sottolineare che gi il 4,3% dellintero territorio italiano (1,2 milioni di ettari) gi sterile mentre il 4,7% (1,4 mln di ettari) ha gi subito fenomeni di desertificazione. Il principale motivo di questo avanzante deterioramento ambientale si pu addebitare anche a fattori ambientali, quali la diminuzione di apporti meteorici, che ha causato minor apporto idrico nella rete idrica superficiale, quali fiumi e laghi.

7. Steppa

Il bioma della steppa si trova nelle aree influenzate da un clima semiarido e secco, con forti escursioni termiche tra il giorno e la notte, con inverni freddi e estati calde. In queste aree le precipitazioni non superano i 350 mm e in genere cadono solo in alcuni mesi dell'anno, permettendo lo sviluppo stagionale di prati e steppe, costituite da vegetazione erbosa capace di sopravvivere anche con pochissima acqua. Troviamo questo tipo di formazione vegetale aperta, costituita da piante isolate, da erbacee, e, solo in casi particolari, arboree nelle steppe-praterie dell'Europa orientale, nell'Asia centrale, nelle steppe predesertiche dell'Australia, nelle zone limitrofe alle aree desertiche della California, dell'Arizona, e in Africa. Flora. E' composta da piante xerofile e graminacee. In prevalenza crescono arbusti e radi cespugli. Fauna. La fauna della steppa include animali in grado di adattarsi alle difficili condizioni climatiche e di utilizzare a proprio vantaggio le caratteristiche dei terreni steppici. Tra gli animali della steppa si trovano numerosi bovidi ed equini, piccoli roditori, carnivori (sciacalli e iene), uccelli. Il tipico abitante della steppa australiana il canguro, ma esistono numerose altre specie di marsupiali, come l'opossum e il wombato, simile a un piccolo orso.

8. Foresta pluviale

Il nome di questa foresta deriva dal latino pluvia: pioggia ( chiamata anche foresta vergine, cio impenetrabile). Questo bioma tipico delle regioni con clima caldo-umido con temperature medie annue costanti (25 e i 30), scarse escursioni termiche, ma soprattutto con precipitazioni annuali abbondanti (tra 1500 e 4000 mm). Le foreste pluviali si estendono in varie zone intorno all'equatore, tra le quali: la foresta Amazzonica in Brasile e le isole dell'arcipelago indonesiano.

Flora. Numerosi sono gli aspetti fondamentali del paesaggio naturale. In particolare la foresta fitta, compatta e continua. Sono presenti molte variet di piante, tra cui varie specie di epifite (quali orchidee e bromeliacee). Le liane rendono ancora pi impenetrabile la foresta: esse sono piante dal fusto molto allungato, il cui diametro pu superare i 20 cm, che crescono appoggiandosi alle altre piante. Queste possono ostacolare persino il passaggio della luce del sole. Nelle foreste pluviali la vegetazione dominata dalle angiosperme. La maggior parte delle piante ha struttura legnosa: in un ettaro di terreno occupato da una foresta pluviale giunta al suo grado massimo di sviluppo possono trovarsi da 80 a 200 specie diverse. Spesso in un ettaro non si trovano che una o due piante di una stessa specie: solo in alcuni ambienti particolari, si pu trovare una specie o un numero limitato di specie sulle altre. Questo ambiente presenta alberi di vario tipo, di cui prevalgono le palme e le felci erboree.

In questo tipo di foresta la flora si presenta stratificata: lo strato emergente formato dalle cime degli alberi pi alti, che possono raggiungere anche i 50 m. di altezza (1);

sotto questi si apre la volta, con alberi la cui altezza raggiunge i 20 m (2).

Lo strato medio formato da alberi la cui altezza varia dai 5 ai 20 m (3).

A livello degli arbusti crescono invece liane e radici pendenti (4).

A terra abbiamo invece piante basse, felci, muschi (5). Il sottobosco non si presenta fitto, in quanto i raggi del sole non riescono a penetrare e quindi a fornire ossigeno a queste piante. Fauna. Come le flora, anche la vita animale si diversifica all'interno della foresta pluviale e si presenta a "strati". La fauna rappresentata soprattutto da animali arboricoli, pipistrelli, insetti, scimmie, rettili e anfibi. Tra gli uccelli predominano i pappagalli, le ara, i tucani dalle ali e zampe corte adatte per arrampicarsi agilmente sui rami, e dal becco corto e curvo, impiegato per spezzare bacche e frutti. Persino alcuni mammiferi (leopardi e giaguari) che di solito vivono al suolo riescono ad a arrampicarsi tra gli alberi per trovare riparo. Gli stagni sono invece abitati da coccodrilli, serpenti e pesci carnivori. Negli strati inferiori vivono l'ippopotamo, tremiti, formiche. Notevoli sono pure i mezzi di difesa e protezione a cui ricorrono i vari animali, tra cui il mimetismo, di cui si servono uccelli e rettili, per confondersi con i colori della vegetazione.

9. La foresta temperata - I boschi di latifoglie

Questo tipo di bioma si trova nelle zone temperate calde e fredde, in particolare nell'Europa centrale, negli Stati Uniti, nel sud del Canada, nella parte centro orientale della Cina e in Giappone. Le foreste un tempo occupavano spazi assai pi vasti, ma l'uomo ne ha distrutto una buona parte sia per ricavarne terreni per l'agricoltura o per gli insediamenti abitativi, sia per ottenere quantit di legname da utilizzare come combustibile e come materiale di costruzione. La foresta decidua tipica di un regime climatico continentale, ricco di precipitazioni in tutti i mesi. Vi un deciso ciclo annuale della temperatura, con una stagione invernale fredda, ed un'estate calda (con temperature medie superiori ai 10). Le precipitazioni sono nettamente pi abbondanti nei mesi estivi e cio nel periodo dell'anno in cui l'evaporazione e la traspirazione sono maggiori e le esigenze di umidit sono pi alte. D'estate si incorre in un ridotto deficit idrico, mentre in primavera si verifica normalmente una grande eccedenza d'acqua. Nell'Asia orientale l'inverno eccezionalmente asciutto, ma questo fattore viene compensato dalle basse temperature. Flora. Nel bosco di latifoglie la maggior parte di queste piante ha foglie caduche, cio foglie che cadono in autunno, per poi rispuntare in primavera, questo per limitare il proprio bisogno d'acqua e ridurre allo stesso tempo la traspirazione. La foresta temperata comprende un consistente numero di alberi a foglia decidua, tra cui querce, betulle, faggi, pioppi, acacie e, nei suoli pi adatti, castagni. Il sottobosco ha moltissimi tipi di piante erbacee dai muschi alle felci.

Fauna. estinta una gran parte delle specie animali che un tempo popolavano questi boschi quali i leoni di montagna, bovini selvatici, l'alce; altre specie sono minacciate dall'uomo, come l'orso e il lupo ridotti a pochi esemplari, perlopi protetti da parchi nazionali. I boschi di latifoglie sono abitati prevalentemente una enorme variet di uccelli (cince, picchi, poiane, nibbi, gufi); le specie di mammiferi sono meno numerose: opossum, caprioli, cinghiali, volpi, gatti selvatici, piccoli roditori (scoiattoli, topi, marmotte). Gli insetti presenti in gran numero e variet hanno un ruolo importante per il mantenimento dell'equilibrio naturale.

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10. Bioma polare

Le regioni situate alle latitudini pi elevate, dove la temperatura dei mesi pi caldi non supera i 10C mentre la temperatura media annua addirittura sotto 0C, hanno climi estremamente rigidi detti polari. L'inverno si protrae per la maggior parte dell'anno e per alcuni mesi il Sole non compare nel cielo oppure rimane estremamente basso sull'orizzonte, mentre il suolo resta permanentemente gelato; nel corso della breve estate il Sole non tramonta ma spesso oscurato da nuvolosit, dato che le precipitazioni (fino a 250 mm di pioggia annui) interessano specialmente questo periodo; il suolo si scongela solo in superficie mentre la porzione profonda, detta permafrost, sempre ghiacciata e quindi non pu essere colonizzata dalle radici delle piante. Nelle regioni a clima seminivale, situate al confine settentrionale della fascia a climi microtermici dell'Eurasia e del Canada, si sviluppa un bioma caratteristico detto tundra: si tratta di una bassa vegetazione di muschi e licheni, con cuscinetti di erbe a fiori di colori vivaci e radi arbusti (mirtilli, salici nani, betulle); mancano gli alberi mentre gli animali sono rappresentati, oltre che da mammiferi di piccola taglia e da uccelli, anche da grandi erbivori come renne, alci e buoi muschiati, e da predatori come i lupi e gli orsi. Lungo le zone costiere ci sono animali che si nutrono in mare, come le foche, i trichechi e grandi cetacei. Per quanto riguarda l'uomo, la tundra scarsamente abitata. Popolazioni nomadi (lapponi, ceppi mongolici siberiani, eschimesi) dediti o alla pastorizia delle renne o alla caccia dei mammiferi marini, rappresentano i rari insediamenti umani. Nell'emisfero australe hanno clima seminivale alcune parti della Patagonia meridionale e le isole subantartiche, popolate da uccelli e mammiferi marini solo nelle aree costiere. Alle latitudini estreme, sulle calotte polari e in Groenlandia, si ha clima nivale caratterizzato da gelo

permanente dato che la temperatura ambientale solo di rado supera gli 0C. Il suolo coperto da ghiaccio che si estende alla superficie marina lungo le coste; nel lungo e buio inverno polare, la banchisa riveste enormi estensioni oceaniche spingendosi, in Antartide, a oltre 2000 Km dalla costa. Si tratta di ambienti inospitali per la vita vegetale e capaci di consentire la vita anima-le solo lungo le aree costiere. Qui la breve estate polare vede lo sviluppo di grandi quantit di plancton perch le acque marine sono ossigenate e ricche di sali; il plancton nutre schiere di pesci e questi sono a loro volta preda di uccelli (albatros, gabbiani, sterne, cormorani), mammiferi semiterrestri (foche e otarie) e mammiferi marini (cetacei a denti conici). Vari cetacei, come le balene e le balenottere, si nutrono direttamente di plancton, in particolare di minuscoli gamberetti (krill = sono animali del plancton) abbondanti nelle acque antartiche; qui vive anche il pi atipico fra gli uccelli, il pinguino, le cui ali si sono trasformate in una sorta di pinne che consentono rapide immersioni e nuoto veloce. L'uomo non ha basi stabili nell'ambiente nivale, di solito accessibile solo nella stagione calda, tuttavia, sia a scopo militare che scientifico, sono state costruite stazioni permanenti anche nelle regioni pi ostili del continente antartico; al loro interno, pochi individui svernano in totale isolamento, dato che intorno dell'oceano, naturalmente, l'influenza della sua enorme massa d'acqua sul clima si fa ancora pi evidente. Le aree costiere lungo l'oceano sono le pi umide del Pianeta, a meno che la presenza di catene montuose parallele, oppure l'esistenza di correnti marine fredde, non provochino la deviazione delle masse d'aria umida verso il mare aperto, determinando condizioni di aridit, e talora deserti, lungo la fascia costiera. Deserti costieri si trovano nel Cile settentrionale e lungo la costa atlantica dell'Africa meridionale. e regioni situate alle latitudini pi elevate, dove la temperatura dei mesi pi caldi non supera i 10C mentre la temperatura media annua addirittura sotto 0C, hanno climi estremamente rigidi detti polari. L'inverno si protrae per la maggior parte dell'anno e per alcuni mesi il Sole non compare nel cielo oppure rimane estremamente basso sull'orizzonte, mentre il suolo resta permanentemente gelato; nel corso della breve estate il Sole non tramonta ma spesso oscurato da nuvolosit, dato che le precipitazioni (fino a 250 mm di pioggia annui) interessano specialmente questo periodo; il suolo si scongela solo in superficie mentre la porzione profonda, detta permafrost, sempre ghiacciata e quindi non pu essere colonizzata dalle radici delle piante.

11. Oasi e biodiversit in Italia


"Ciascuna Parte contraente, nella misura del possibile e come appropriato, istituisce un sistema di zone protette o di zone dove misure speciali devono essere adottate per conservare la diversit biologica." Recita cos il primo comma dell'Articolo 8 della Convenzione Internazionale sulla Biodiversit, sottoscritta ad oggi da 193 paesi del mondo. Si tratta della Convenzione internazionale considerata pi completa: i suoi obiettivi si applicano praticamente a tutti gli organismi viventi della terra, sia selvatici che selezionati dall'uomo. E l'istituzione e la difesa di zone protette costituiscono passi fondamentali per la tutela della biodiversit naturale. Nelle Oasi sono rappresentati quasi tutti gli ambienti naturali del nostro paese: si va dalle praterie alpine alle coste di gesso, dall'insieme di aree umide, ai canyon selvaggi, dalle cascate alle grotte, dai boschi planiziali alle foreste mediterranee. Ci sono aree che senza il WWF oggi non esisterebbero, perch l'intervento del WWF le ha salvate da mire speculative; mentre altre che dopo essere state abbandonate al degrado e sottoposte a caccia e sfruttamento sono tornate a vivere. Ci sono animali e piante in diminuzione ovunque che grazie alle Oasi hanno trovato un rifugio sicuro. Cos le tante piante, spesso endemiche, o i complessi vegetali sempre meno diffusi come le abetine, i boschi igrofili, le foreste sempreverdi. Un sistema distribuito in tutta le penisola e nelle isole, custodito direttamente o in collaborazione, costituito da aree prese in gestione da privati o affidate al WWF dalle amministrazioni nazionali, regionali e locali. Ci sono anche aree acquistate grazie a campagne di sottoscrizione popolare, altre donate o lasciate in eredit. Questo straordinario patrimonio a disposizione di tutti.

La biodiversit italiana: un sogno in pericolo


DISTRUZIONE DELL'HABITAT. Non basta che un'area sia protetta per scongiurarne i pericoli: costruzione di strade, sbancamenti o cave sono pericoli costanti. BRACCONAGGIO. Nonostante vigilanza e controlli, il bracconaggio non smette di minacciare la nostra fauna, anche nelle Oasi. La caccia e il bracconaggio sono pericoli quotidiani che vanno fronteggiati con risorse supplementari, azioni legali e tanta sorveglianza. INCENDI. Ogni estate gli incendi bruciano in Italia migliaia di ettari di bosco, in special modo nelle aree protette. E' necessario rafforzare la presenza sul territorio.

CAMBIAMENTI CLIMATICI. Aumento delle temperature ed eventi meteorologici estremi stanno mettendo in grande difficolt molte Oasi, in particolare habitat come i boschi costieri e le aree umide. La rarefazione degli anfibi rane, salamandre, raganelle uno dei campanelli dallarme che il WWF registra da qualche anno con Osservatorio Oasi, progetto grazie al quale in molte aree strategiche si stanno monitorando alcuni indicatori biologici (specie animali sensibili, oltre gli anfibi, come le farfalle notturne e dal 2013 anche le rondini) e fisici (con apposite centraline meteo).

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BIBLIOGRAFIA AA.VV., Conosci l'Italia. La Flora. Touring Club Italiano, Milano, 1958 John Cloudsley-Thompson, I deserti, Novara, Istituto geografico De Agostini, 1977. (ISBN non esistente). Luigi Fenaroli, Flora Mediterranea. Giunti, Firenze, 1985 T. Flannery (1994), The Future Eaters. Reed Books, Melbourne. Gashaka Project, The Savannah Woodlands. Dipartimento di antropologia dello University College di Londra Oleg Polunin, Martin Walters, Guida alle vegetazioni d'Europa. Zanichelli, Bologna, 1992, ISBN 88-08-03740-1 Stephen J. Pyne (1997) Vestal Fire: An Environmental History, Told through Fire, of Europe and Europe's Encounter with the World. University of Washington Press, Londra e Seattle. ISBN 0-295-97596-2 Folco Quilici, I grandi deserti, Milano, Rizzoli, 1969. (ISBN non esistente). S. Saha (2003), Patterns in Woody Species Diversity. Ecography 26, pp. 8086. John Stanturf, The Use of Fire by Native Americans. Southern Forest Resource Assessment, USA. United States Department of Fish and Agriculture (USDA) Forest Service, Federal Wildland Fire Management Policy and Program Review (FWFMP). University of California Museum of Paleontology (UCMP), The Grassland Biome

SITOGRAFIA
www. archive.forumcommunity.net (immagini) www.calabriaonweb.it www. diariodeclasedesociales.wordpress.com www.edurete.com www.fondoambiente.it/

www.greenews.info
www.it.wikipedia.org www.mateliber.it/

www.oceanworld.tamu.edu
www.reteintercultura.it/attachments/article/107/20b_Guida.doc www.tuttiabordodislessia.wordpress.com www. wwf.it

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