Sei sulla pagina 1di 5

20

ECONOMIE DI LINEE E DI CERCHI

Oltre sette miliardi di persone abitano la Terra, un luogo che per quanto grande e bello ha
risorse limitate. È facile capire che se oggi consumiamo tutte le risorse disponibili (cibo,
energia, materie prime, ambiente) lo sviluppo delle prossime generazioni non sarà possibile.

È sostenibile lo sviluppo di una generazione che lascia alle generazioni future la possibilità di
crescere a loro volta. Alle generazioni future dobbiamo lasciare risorse e anche un posto dove
vivere.

Sono importanti le scelte fatte da chi ci governa, da chi decide la politica energetica del paese
e da chi gestisce il mercato delle risorse. Ma molto dipende da ognuno di noi che scegliamo
chi votare, cosa comprare, come consumare. Non è detto che sarà necessario rinunciare al
benessere ma certamente dovremo assecondare un flusso più naturale di energia e di materie
prime per contenere gli sprechi e rendere sostenibile il nostro sviluppo. Occorre una
rivoluzione culturale basata sulla consapevolezza del valore delle risorse e dell’energia,
nonché la necessità di un’economia più green 1. La presa di coscienza che, in qualità di
persone, possiamo scegliere e non semplicemente consumare. Tutto questo oggi ha un nome
che va di gran moda: economia circolare.

Un esempio di economia circolare sono gli astronauti.

Gli astronauti stanno in spazi strettissimi e non è che possono andare a fare la spesa: devono
farsi bastare quel che hanno portato, consumare in modo oculato e soprattutto valutare bene
che farne degli scarti.

Il mondo dell’astronauta è uno spazio limitato con risorse limitate, deve consumare le risorse
con saggezza, deve usare tutto quel che può, non ci sono scarti perché ogni scarto è riciclato,
non può accumulare rifiuti altrimenti si intossica.

Un esempio facile è l’urina, che viene filtrata e trasformata in acqua potabile.

Quella dell’astronauta è una realtà circolare, un’economia circolare.

Esempio opposto sono i cowboy che hanno davanti a sé spazi che credono infiniti e con infinite
risorse. Il cowboy di ferma in un posto, consuma tutte le risorse, accumula rifiuti e quando il
luogo si è impoverito di risorse o è troppo inquinato semplicemente si sposta un pochino.
È un viaggio lineare, è un’economia lineare: produco, consumo, butto.

Quindi, da una parte abbiamo l’astronauta che centellina quel che mangia e ricicla tutto,
dall’altra abbiamo il cowboy mani bucate che piglia, mangia e butta. Poi quando ha consumato
tutto se ne va. Una storia che è successa tante volte.
L’economia lineare

L’economia lineare ha tanti aspetti che la rendono più facile e desiderabile: ho tutto subito, è
tutto tanto, sono sempre alla moda, se si rompe butto, risparmio, non perdo tempo a
informarmi. Questo tipo di economia è tutta basata sul profitto, su quanto costa produrre e a
quanto si rivende; il fine ultimo è vendere, ma il prodotto dura anche dopo e presto diventa un
rifiuto.

L’Economia lineare è rimasta la stessa dalla rivoluzione industriale.

Prendiamo materie prime dalla terra, le usiamo per fare prodotti da vendere e, una volta che
questi prodotti hanno raggiunto la fine della loro vita utile, li buttiamo in discarica.
Il ciclo di vita di ogni prodotto, secondo il modello tradizionale, passa per 5 tappe:

● Estrazione delle materie prime vergini, attingendo dalle risorse naturali limitate;
● Trasformazione delle materie prime in prodotto, quindi produzione e creazione
di scarti inutili al fine produttivo;
● Distribuzione del prodotto al consumatore, da una parte all’altra del mondo, con
conseguente spreco di carburante per il trasporto e, quindi, creazione di ulteriori
rifiuti e gas tossici;
● Consumo, più o meno breve, in base alle necessità o durabilità del prodotto;
● Conferimento in discarica come rifiuto, una volta che il prodotto non serve più o
se danneggiato e non riparabile.

Il più grande problema di questo tipo di economia sono i rifiuti o meglio la predisposizione a
sprecare materiali preziosi è un problema significativo in un pianeta con risorse finite.
Ogni volta che un metallo prezioso viene buttato significa che dobbiamo sprecare altra
energia, acqua e risorse per estrarne di nuovi.

Uno degli aspetti fondamentali dell’economia lineare è la moda che ci dice cosa è attuale e
cosa non lo è più, andando a creare una necessità di produzione continua, facendo diventare
prodotti ancora utilizzabili dei rifiuti, perché non più desiderabili.

C’è poi l’innovazione incrementale: il nuovo modello cambia poco da quello precedente:
cambia il colore, la forma, la dimensione. Per esempio, un cellulare con fotocamera da 12
milioni di pixel viene sostituito con uno uguale ma con fotocamera da 14 milioni.
Altro aspetto è l’obsolescenza programmata: L’oggetto deve durare un tempo medio di
garanzia poi può rompersi perché almeno un componente è progettato per avere una durata
breve. Poi conviene buttare e cambiare tutto perché la riparazione con la sostituzione del
pezzo ha un costo troppo elevato e il nuovo costa quasi quanto la riparazione.

In questo modo l’economia circolare incoraggia una cultura del consumo in cui il valore dei
materiali a fine vita non è sufficientemente riconosciuto. La mancanza di valore dato ai sistemi
naturali, i materiali che estraiamo da essi e l'impatto negativo dei processi estrattivi sono fattori
significativi del degrado ambientale.
L’economia circolare
Economia circolare 2 è un termine che definisce un sistema economico pensato per potersi
rigenerare da solo garantendo dunque anche la sua ecosostenibilità.

La circolarità è evidente in tutta la natura. In particolare, i cicli naturali del carbonio, dell'acqua,
dell'ossigeno e dei nutrienti sono fondamentalmente circolari e critici per mantenere
ecosistemi equilibrati adatti all'uomo e ad altre forme di vita. Per millenni il pianeta ha
funzionato in modo completamente circolare, dove i suoi cicli infiniti non producevano "rifiuti".
Basandosi su questi principi l'economia circolare mira a utilizzare meglio le risorse, chiudere i
cicli dei flussi di risorse recuperando il più possibile e prevenire i rifiuti e l'inquinamento
attraverso una migliore progettazione.

Oltre a recuperare e riutilizzare le risorse, l'economia circolare riguarda l'eliminazione dei rifiuti
e dell'inquinamento fin dalla fase di ideazione, la creazione di nuovi modelli di proprietà e di
vendita al dettaglio per i consumatori e la costruzione di nuovi sistemi per riutilizzare i prodotti.
L’economia circolare propone un nuovo concetto di proprietà. Ovvero, il prodotto è un servizio
e non il possesso del bene. Io affitto la lavatrice e poi la restituisco al fabbricante. In questo
modo il costruttore è indotto a concepire beni di lunga durata. Prendo in affitto lungo la
lavatrice e nel canone mensile so che ho: la garanzia, l’assicurazione sul furto/danni, la
sostituzione in caso di guasto e la manutenzione ordinaria.

Oggi la responsabilità del produttore si ferma alla fabbrica.


Appena il bene esce dal cancello diventa un problema e un costo per qualcun altro, il cliente.
Quindi lo smaltimento è un costo della collettività.
L’economia Circolare propone la EPR ovvero la responsabilità estesa al produttore. Si chiede
al produttore di occuparsi di ciò che produce una volta che finisce la sua vita utile.
Il fabbricante è responsabile del bene prima e dopo l’uso. In questo modo il fabbricante ha
interesse a produrre con meno sprechi e con materiali facilmente riciclabili.
Cioè il prodotto è recuperato e reimmesso nel ciclo produttivo. Difatti chi conosce il prodotto
meglio di chi l’ha fatto?
Quindi uso la lavatrice e quando si rompe se non è riparabile la restituisco alla ditta che l’ha
fatta e che la smonta, recupera i pezzi buoni per fare nuove lavatrici e smaltisce correttamente
quelli usurati.

Nell’economia circolare i beni possono essere condivisi.


Esempio le auto, le bici, gli scooter e i monopattini. Lo sharing. Per l’osservatorio Nazionale
sulla Sharing Mobility, in Italia ci sono circa 8mila auto, 2240 scooter, circa 36.000 bici. Le
noleggio per il tempo che mi servono e poi le restituisco.

Questo approccio prevede un cambiamento culturale e attitudinale nelle abitudini di noi


consumatori. Invece di avere sempre l'ultimo e il migliore di tutto, bisogna concentrarsi di più
sul valore funzionale dei nostri prodotti e sui materiali usati per crearli. Dobbiamo riparare o
rinnovare il nostro guardaroba invece di comprarlo nuovo, trovare modi per eliminare lo spreco
di cibo, cambiare il modo in cui viaggiamo e scegliere la sostenibilità invece dell'economicità.
Mettendo il valore delle nostre risorse finite al centro del nostro modo di agire come società,
l'economia circolare fornisce l'incoraggiamento necessario per fare questi cambiamenti.

Quando l’economia lineare diventa ingiustizia sociale.

La nozione di giustizia sociale3 è relativamente nuova. Nessuno dei grandi filosofi della storia
– né Platone o Aristotele, né Confucio o Averroè, né Rousseau o Kant – vide la necessità di
considerare la giustizia o la riparazione delle ingiustizie da una prospettiva sociale. Il concetto
emerse per la prima volta nel pensiero e nel linguaggio politico occidentale sulla scia della
rivoluzione industriale e del parallelo sviluppo della dottrina socialista. Si sviluppò come
espressione di protesta contro quello che veniva percepito come lo sfruttamento capitalista
del lavoro e come punto focale per lo sviluppo di misure per migliorare la condizione umana.

Dal 2007 la Risoluzione adottata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite riconosce sia
la necessità di una crescita economica nel quadro dello sviluppo sostenibile per supportare lo
sviluppo sociale e la giustizia sociale sia la necessità di consolidare gli sforzi della comunità
internazionale nell’eliminazione della povertà e nella promozione dei diritti umani e delle libertà
fondamentali per tutti.

Ma cosa c'entra la giustizia sociale con l’economia lineare e circolare?

Come abbiamo già spiegato nei capitoli precedenti, se qualcuno è molto ricco, qualcun altro
dev’essere molto povero. La stragrande maggioranza delle materie prime che utilizziamo nelle
nostre economie occidentali è ottenuta sfruttando altri paesi. Inoltre come dice Jim Pucket,
direttore esecutivo del Basel Action Network, l’organizzazione americana che combatte il
commercio di rifiuti tossici: “I Paesi industrializzati stanno trattando il resto del mondo come
un’enorme discarica dei rifiuti elettronici”.

Ma i problemi derivanti dall’economia circolare sulla società non si presentano solo nei rapporti
tra le nazioni, ma anche all’interno delle stesse nazioni, dove le fasce minoritarie o più povere
si ritrovano a dover affrontare maggiori problemi legati ai rifiuti o all’inquinamento.

Tra le ingiustizie affrontate dalle comunità etniche minoritarie, un aspetto che viene spesso
trascurato è l’effetto della discriminazione sull’ambiente in cui la comunità si trova. I residenti
delle minoranze finiscono per vivere in aree più inquinate e con meno accesso a spazi verdi.

È stato il leader dei diritti civili afroamericano Benjamin Chavis a coniare il termine “razzismo
ambientale” nel 1982.4 Si tratta di una forma di razzismo sistemico per cui le comunità etniche
minoritarie sono sproporzionatamente gravate da rischi per la salute attraverso politiche e
pratiche che le costringono a vivere in prossimità di fonti di rifiuti tossici come impianti di
depurazione, miniere, discariche, centrali elettriche, strade principali ed emettitori di
particolato nell’aria. Di conseguenza, queste comunità soffrono di tassi maggiori di problemi
di salute legati agli inquinanti pericolosi.

Molti di questi problemi riguardano le comunità a basso reddito nel loro insieme, ma secondo
un importante studio del 2007 dell’accademico Robert Bullard – definito il “padre della giustizia
ambientale” – l’appartenenza a una minoranza è spesso un indicatore più affidabile della
vicinanza all’inquinamento. Bullard ha dimostrato che i bambini afroamericani hanno cinque
volte più probabilità di avere un avvelenamento da piombo a causa della vicinanza ai rifiuti
rispetto ai bambini caucasici. Nel Regno Unito un rapporto del governo ha scoperto che i
bambini neri britannici sono esposti fino al 30% in più di inquinamento atmosferico rispetto ai
bambini bianchi.

Le popolazioni indigene soffrono spesso di razzismo ambientale. Negli Stati Uniti, le comunità
dei nativi americani continuano a essere sottoposte a grandi quantità di rifiuti nucleari e di altri
rifiuti pericolosi, poiché le corporazioni approfittano delle leggi fondiarie più deboli, in base alle
quali il governo federale tiene la terra in “fiducia” per conto delle tribù. Decenni di estrazione
dell’uranio sulla terra dei Navajo del Nuovo Messico hanno causato problemi di lunga data
nella comunità con elevati livelli di cancro ai polmoni e altre malattie dovute alla respirazione
del radon.

Il razzismo ambientale non è limitato al trattamento di minoranze all’interno di una nazione.


Molte industrie inquinanti si sono spostate da paesi ad alto reddito, dove sono monitorate da
vicino, a paesi a basso reddito con una supervisione ambientale meno rigorosa. La
globalizzazione ha aumentato le opportunità di razzismo ambientale su scala internazionale,
ad esempio riguardo allo scarico di rifiuti elettronici nel sud del mondo, dove le leggi sulla
sicurezza e le pratiche ambientali sono più permissive.

Più di 44 milioni di tonnellate di rifiuti elettronici sono stati generati globalmente nel 2017 – 6
kg per ogni persona sul pianeta – e di questi, ogni anno circa l’80% viene esportato in Asia.
Un centro di e-waste è la città di Guiyu in Cina, dove cumuli di pezzi di computer scartati
accatastati lungo il fiume contaminano la fornitura di acqua con cadmio, rame e piombo. Lì i
campioni d’acqua hanno mostrato livelli di piombo 190 volte superiori ai limiti dell’OMS, dove
anche un leggero aumento dei livelli di piombo può influenzare il QI e il rendimento scolastico
dei bambini.

Un altro esempio riguarda la spedizione di massa di batterie americane esaurite in Messico in


discariche illegali di rifiuti da impianti gestiti da aziende americane, europee e giapponesi.

La questione del razzismo ambientale dimostra che le problematiche ambientali, sociali ed


economiche non possono essere nettamente separate l’una dall’altra. Le risorse, legali e
finanziarie, devono essere messe a disposizione delle persone colpite e saranno necessari
sforzi per rendere il movimento ambientale più inclusivo.

1
Conferenza Rio+20: https://ec.europa.eu/commission/presscorner/detail/it/IP_11_754
2
Economia circolare: https://www.tuttointornoanoi.it/economia-circolare/
3
Social Justice in an Open World: https://www.un.org/esa/socdev/documents/ifsd/SocialJustice.pdf
4
What is environmental racism: https://www.weforum.org/agenda/2020/07/what-is-environmental-
racism-pollution-covid-systemic/

Potrebbero piacerti anche