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CAPITOLO 1

1 Origini e storia dell’economia circolare.

L’economia circolare (CIE-circular industrial economy) ha avuto

come l’obiettivo quello di preservare lo stock di beni e non la

loro produzione al fine di gestire in modo efficiente e

vantaggioso.

Attualmente esistono e si stanno sviluppando diverse forme di

economia circolare tra loro interconnesse e contrapposte

all’economia lineare (LIE- linear Industrial economy).

La natura ha come principio guida il riciclo delle molecole che

smonta e rimonta costantemente e l’uomo moderno sta

prendendo spunto come aveva fatto l’uomo primtivo prima di

lui che, per sopravvivere, doveva utilizzare le risorse naturali

nel modo migliore possibile.

In economie meno sviluppate esistono ancora forme di

economie circolari legate alla necessità.


Al fine di estendere il ciclo vitale dei prodotti, in un ambito di

economia circolare, vengono impiegati sia processi industriali

regionali ma anche processi locali.

E’ evidente a tutti che l’economia circolare è l’unico il modello

economico post produzione sostenibile, in quanto utilizza

risorse naturali e industriali per rendere sostenibile

l’economia.

La Cie vuole gestire stock di beni industriali per utilizzarli il più

a lungo possibile con un valore e utilità ai massimi livelli a

differenza della LIE dove l’obiettivo è la creazione di valore

aggiunto mentre la CIE è concentrata sul mantenimento del

valore aggiunto. La CIE gestisce gli stock e si concentra

sull’efficienza nell’uso dei beni.

2 COSA DISTINGUE L’ECONOMIA CIRCOLARE DALL’ECONOMIA

LINEARE?

Tutto comincia con un processo produttivo ottenuto attraverso

l’economia lineare ma da qui in poi comincia l’economia

lineare. I prodotti escono dalla fabbrica e vengono ceduti agli


utilizzatori. Da qui in poi i proprietari possono o meno

ottimizzarne i loro impiego riutilizzandoli, riparandoli o

attraverso il remanufacturing.

Ad influenzare gli utilizzatori nelle loro scelte vi sono fattori

ecologici, economici, culturali e morali (campagne di

sensibilizzazione). La CIE fa leva sul “fattore tempo”

nell’economia e nella società che spreca prodotti e risorse.

Fattori esterni favoriscono la CIE ( ad esempio l e città possono

esaurire le discariche oppure lo spazio a disposizione, essendo

limitato, spinge alla trasformzione degli edifici come

alternativa alla loro demolizione). Anche i decisori politici

hanno un ruolo nel favorire, per motivi economici ed ecologici,

un ciclo di vita dei prodotti più lungo.

L’aumento dei volumi di riutiizzo e remanufacturing consentirà

la creazione di economia di scala in modo da rendere il

processo di CIE sempre più efficiente e preferibile alla LIE.

Questo porterebbe alla nascita di nuovi soggetti economici che

hanno come obiettivo il mantenimento della proprietà dei beni

ma nel darli in uso a terzi (performance Economy) che è una


estensione della CIE perché mantiene all’interno dell’impresa

la responsabilità dei costi di produzione e del riciclo

rendendolo vantaggioso.

3 IL XX SECOLO DETERMINANTE PER IL PASSAGGIO DA CIE

Locale a CIE regionale.

Nella seconda metà del ventesimo secolo attraverso il

remanufacturing di oggetti unici sono stati riportati a stato di

“come nuovo”.

Inizialmente tali attività sono state eseguite da artigiani ma,

successivamente, si sono sviluppate società di servizi

specializzate in tali processi. Inizialmente tali attività erano

rivolte a proprietari di grandi stock di macchinari (forze

armate, ferrovie e compagnie aeree) permettendo la creazione

di una base di conoscenza e di tecnologia tali da ottenere, con

la rigenerazione, prodotti migliori del nuovo.

Una Cie matura si integra con una Lie rivolta alla realizzazione

di materiali e componenti innovativi. La Cie ha come compito


la rigenerazione ma si interseca con una Lie che ha compito di

innovazione e di sostituire i beni non rigenerabili.

4 ALCUNI PRINCIPI DI BASE DELLA CIE.

A differenza della Lie la Cie è una migliore economia in quanto

impiega le risorse in modo più efficiente in quanto preserva il

valore e l’utilità degli stock. Con la Cie si introduce il concetto

del “fattore tempo” senza limiti, sia in economia che per qunto

riguarda la proprietà e la responsabilità. Estendendo il ciclo di

vita degli oggetti si riduce la velocità dei flussi di risorse

incidendo direttamente sui volumi di produzione e dei rifiuti di

fine ciclo. Il raddoppio del ciclo di vita nei mercati saturi dei

paesi industrializzati dimezza contemporaneamente il volume

di produzione e anche quelli di scarto.

La durata della circolarità è connessa al tipo di materiale. Ad

esempio i rifiuti organici possono diventare direttamente o

indirettamente cibo. Questo principio non è però applicabile ai

prodotti industriali siano essi ottenuti con Lie o Cie. Nel caso
della Cie un intervento umano coordinato potrebbe chiudere il

ciclo e ridare impiego agli scarti e agli oggetti dismessi.

Si può quindi ipotizzare un passaggio dalla proprietà alla

gestione dei beni industriali.

Le responsabilità separate e limitate della Lie dovranno

lasciare spazio a una gestione che permetta il mantenimento

degli stock in capo ai produttori.

Una Cie matura necessiterà di un metodo per la “gestione del

valore”, con l’obiettivo di controllare la qualità e la quantità

dei cambi degli stock attraverso cicli multipli. Cosa molto

diversa dal “supply chain management” della Lie, utilizzato per

ottimizzare i costi di produzione ma che non va oltre il punto

vendita.

Dovremo fare una distinzione tra gestione e utilizzo di prodotti

industriali e il mantenimento della loro qualità e valore degli

stock.

Nel caso della gestione i proprietari-utilizzatori dovrebbero

poter riparare e riutilizzare gli oggetti per tutto il tempo che


ritengono opportuno. Tale diritto è stato quasi sempre violato

dall’obsolescenza prematura del prodotto.

Il mantenimento della qualità e del valore degli stock permette

l’innovazione dei materiali e delle tecnologie per trasformare

l’elevato volume di beni a fine vita in risorse equiparabili alle

“vergini”.

Le politiche nazionali che traggono vantaggio dalle opportunità

ecologiche, sociali ed economiche proposte dalla CIE sono

poche e non coordinate tra loro. In parte è da imputare ad una

legislazione che non si è innovata e segue settori industriali

esistenti e, dall’altro, dalla mancanza di un pensiero politico

fuori dagli schemi.

Sin dagli anni ’70, quando si è iniziato a parlare del nuovo

modello economico, l’economia circolare è sempre stata in

continua evoluzione e pur avendo gli stessi princìpi guida,

alcuni autori hanno visioni differenti del sistema. Possiamo

identificare 7 scuole di pensiero

CRADLE TO CRADLE: ogni materiale del processo produttivo e

commerciale deve essere “nutritivo”, che sia esso tecnico o


biologico, deve continuare ad essere riutilizzato all’interno del

proprio ciclo produttivo. Questi prodotti, una volta reinseriti

nel ciclo produttivo successivo possono perfino aumentare il

proprio valore, facendo così upcycling. Rifiuto=Cibo, significa

che il concetto di rifiuto viene eliminato, una teoria che porta

maggiore rispetto all’ambiente e all’uomo basandosi soltanto

sull’energia rinnovabile e preservando la condizione degli

ecosistemi e risparmiando l’effetto sui luoghi.

PERFORMANCE ECONOMY: Walter Stahel ha aggiunto il

sistema a “circuito chiuso” del processo di produzione alla

teoria del C2C (cradle to cradle). Questo approccio comprende

4 scopi principali: allungare il ciclo di vita dei prodotti, creare

prodotti di valore che durino nel tempo, fare azioni di

rinnovamento dei prodotti e minimizzare gli sprechi.

BIOMIMICRY: (biomimesi, imitazione della vita) è lo studio dei

migliori processi della natura, biologici e biomeccanici, utili a

trovare ispirazione per migliorare le attività e tecnologie

umane. La natura rappresenta un modello per la progettazione

di oggetti e manufatti tecnici utili a risolvere i problemi degli


esseri umani. Si basa su 3 princìpi fondamentali: Nature as

Model, lo studio e l’emulazione della natura; Nature as

Measure, l’uso di uno standard ecologico per la valutazione

della sostenibilità delle nostre innovazioni; Nature as Mentor,

la valutazione della natura per capire cosa poter apprendere

da essa e non cosa poterne ricavare.

INDUSTRIAL ECOLOGY: (ecologia industriale) è lo studio del

sistema industriale inteso in senso ampio (sistema produttivo

ma anche sociale e culturale) visto nel contesto dell’ambiente.

Studia la materia e i flussi di energia nei sistemi industriali.

Viene considerata scienza della sostenibilità, si basa sulla

considerazione dei rifiuti come inizio di tutto, l’input da cui

partire per attuare un piano industriale che possa sfruttare

l’ambiente e al tempo stesso rispettarlo.

CAPITALISMO NATURALE: si riferisce a terra, aria, acqua e a

tutte le cose viventi che formano gli asset naturali. E’ basato su

4 punti principali, massimizzare la produttività delle risorse

naturali, attrezzarsi con modelli e materiali di produzione di


natura biologica, creare un sistema che garantisce una serie di

servizi e reinvestire sul capitale naturale.

BLUE ECONOMY: l’economia blu cerca di utilizzare le risorse

disponibili in un sistema a cascata dove il rifiuto di un prodotto

diventa l’input per iniziare un nuovo sistema a cascata. Il

rifiuto iniziale non viene utilizzato per tornare all’inizio del suo

ciclo ma viene utilizzato per produrre qualcos’altro, e i rifiuti di

questo nuovo prodotto a sua volta verranno utilizzati per

produrre un altro prodotto ancora, da qui il nome di sistema a

cascata.

REGENERATIVE DESIGN: considerato la cornice dell’economia

circolare. John T. Lyle ipotizzò un sistema produttivo che

rigeneri prodotti e risorse in tutti i comparti produttivi

prendendo spunto dall’agricoltura che già lo faceva.

5 COME IMPLEMENTARE L’ECONOMIA CIRCOLARE NEL

PROPRIO BUSINESS.

Analizzando oltre 200 casi e studi per il magazine Materia

Rinnovabile, si sono individuati dei passaggi che possono


essere considerati una prima check list valida sia per una stard-

up che per una impresa già avviata (non import se pmi o

grande-media impresa).

1) DEFINIRE OBIETTIVI E CREARE IL PRORIO PIANO DI

AZIONE.

2) DEFINIZIONE E ATTIVAZIONE

3) DESIGN

4) COINVOLGIMENTO

5.1 DEFINIRE GLI OBIETTIVI E CREARE UN PIANO D’AZIONE.

Come prima cosa è opportuno fare una analisi di Life Cycle

Assessment al fine di valutare le relazioni di un bene o servizio,

durante il loro ciclo di vita, con ambiente economico e

industriale. Partendo dall’estrazione dei materiali , la

produzione, distribuzione, uso, riciclaggio e reimmissione nella

filiera produttiva. Successivamente vanno coinvolti i dirigenti

aziendali per verificare se gli obiettivi sono ottenibili e dare vita

a una prima strategia per ottenerli.


Obiettivo è minimizzare gli output ma aumentare guadagni e

occupazione. Chiaramente nel breve periodo la redditività non

sarà paragonabile a quella della LIE ma il futuro è segnato.

5.2 DEFINIZIONE E ATTIVAZIONE.

Dopo aver analizzato la LCA è opportuna una valutazione sui

possibili scenari di tipo economico-tecnologico. Analizzare

costi-benefici. Questa è la parte più delicata. Ad esempio “

meglio cedere il prodotto in comodato o venderlo ma

incentivare i clienti a tornare al punto vendita con l’usato”.

Tutti nell’azienda devono aver compreso perfettamente

obiettivi e ambizioni aziendali, dall’operaio all’amministratore

delegato.

5.3 DESIGN
Il design è la chiave di volta. Obiettivo non è quello di usare la

materia da riciclare ma fare un upcycle, ovvero realizzare

prodotti che, ciclo dopo ciclo, acquisiscano un valore crescente.

5.4 COINVOLGIMENTO

Dobbiamo rendere partecipi tutti gli attori economici, soci

fornito, clienti e i lavoratori. Dovete rendere chiara e

comunicativa la strategia che vi permetterà anche una visibilità

economico sociale importante.

CAPITOLO 2

2 LE PRESSIONI DEGLI ORGANI ISTITUZIONALI.

Le pressioni da parte degli organi istituzionali sono,

normalmente, alla base dell’adozione di strategie ambientali.

Le imprese modificano le loro pratiche ambientali per avere un

aumento della loro legittimità sociale.

Vengono individuate tre tipi di pressioni esterne e sono :

- Coercitive
- Normative

- Mimetiche

La pressione coercitiva consiste nell’influsso che alcune

organizzazioni esercitano su altre o dalle aspettative culturali

che emergono dall’ambiente in cui una organizzazione opera.

La pressione normativa è da ricercarsi nella cultura comune tra

manager e collaboratori.

La pressione mimetica si ha quando le imprese si uniformano

sulle caratteristiche delle imprese identificate come leader

sfruttandone le conoscenze.

Le autorità pubbliche svolgono una pressione coercitiva ma

anche la decisione di aziende di richiedere ai propri fornitori la

provenienza ambientale delle loro materie prime o

semilavorati. La pressione mimetica è importante per le piccole

imprese che non hanno risorse sufficienti per intraprendere

una attività in proprio di ricerca e sviluppo.

E’ opportuno, in tale contesto, differenziare 2 categorie di

Stakeholder.
Vi sono gli Stackeholder primari che sono i soggetti essenziali

per la sopravvivenza delle imprese come “azionisti, investitori,

fornitori, dipendenti, clienti e pubblica amministrazione” che

agiscono sulla vita aziendale in diversi modi.

Poi vi sono gli stackeholder secondari e sono quei soggetti

(enti, gruppi o persone) che non hanno interessi diretti m sono

interessati cosa l’azienda possa rappresentare per la comunità

in futuro.

2.1 Operato dell’ Unione Europea per incentivare l’economia

circolare.

La Commissione Europea nel 2014 ha pubblicato la

comunicazione “verso una economia circolare:programma per

una Europa a zero rifiuti” per dare un primo quadro strategico

comune e coerente.

Nel 2015 venne adottato il pacchetto per l’economia circolare

indicando termini temporali per realizzare le azioni pianificate

nel programma.
Nel 2017 venne varata la ECESP (European Circular Economy

Stakeholder Platform). E’ uno spazio aperto virtuale che vuole

promuovere la transizione dell’Europa verso una economia

circolare rendendo più agevole il dialogo tra tutti gli attori

interessati.

Nel 2018 vengono varate numerose direttive per la riduzione

dei rifiuti e stabilire linee guida di lungo temine per la gestione

dei rifiuti e del riciclaggio. Viene emanata anche una circolare

per rendere entro il 2030 tutti gli imballaggi di plastica

riciclabili.

Nl 2019 viene varata una circolare sulla riduzione degli

imballaggi di plastica di tipo monouso e altre circolari al fine di

implementare l’economia circolare sono state emesse nel

2020.

2.2 IL QUADRO POLITICO REGOLATORIOPER L’ECONOMIA

CIRCOLARE.

Anche le istituzioni italiane sono all’opera e si possono

individuare alcune linee di azione. Promozione dell’economia

circolare sia come input nazionale che comunitario e la


creazione di un framework politico-istituzionale e di

programma interno.

Gia nel 2016 il Consiglio dei Ministri ha presentato un

documento programmatico con tre obiettivi. Creare nuovi

modelli di mercato più sostenibili, responsabilità estesa del

produttore e calcolo della circolarità dei prodotti.

Venne istituito un tavolo di lavoro con la partecipazione di

alcune importanti aziende italiane di diverse categorie

merceologiche. Questo al fine di analizzare il livello di attività

posto in essere e di responsabilizzazione del produttore già

attivato da parte loro e se erano disponibili a mettere in essere

un nuovo modello di business in cui l’utente ha l’uso del bene

ma non la proprietà. Tutte le aziende coinvolte si sono

dimostrate interessate ciò e tutte avevano già intrapreso a

diversi livelli iniziative di economia circolare.

Nel 2017 viene redatto un documento cin l’obiettivo di

inquadrare in misura più chiara e strategica il tema

dell’economia circolare.
Negli ultimi anni è stata istituita la Direzione generale per

l’economia circolare con svariati compiti e funzioni quali:

- Promuovere politiche per la transizione ecologica e

sviluppare l’economia circolare.

- Obiettivo plastic-free e gestione integrata del ciclo dei

rifiuti.

- Vigilare, controllare e pianificre il ciclo integrato dei

rifiuti.

- Adozione per tutti gli attori economici dei criteri

ambientali minimi, politiche di eco-sostenibilità dei

consumi della Pubblica Amministrazione.

- Gestione dei rifiuti radioattivi in ccordo con le

amministrazioni competenti.

Non vanno poi dimenticate le normative e iniziative locali

come quelle delle regioni (Lombardia, Lazio, Toscana e Emilia

Romagna).

2.3 IL RUOLO DELLE AMMINISTRAZIONI E DEGLI ENTI PUBBLICI.


Se pensiamo che gli acquisti della Pubblica Amministrazione

rappresentano il 14% del pil dell’Unione e chiaro che la loro

azione è importantissima per indirizzare una grossa fetta del

mercato verso prodotti e servizi più sostenibili attaverso la

creazione di bandi pubblici più green.

Le amministrazioni pubbliche hanno un formidabile strumento

di politica ambientale con le loro scelte di acquisto e la spinta

verso l’economia circolare.

Viene coniata la definizione di “Circular Procurement” che

viene definito come il processo con il quale le amministrazioni

pubbliche acquistano prodotti e servizi al fine di contribuire

alla chiusura dei cicli di materia e energia minimizzando o

riducendo gli impatti ambientali.

Ad ostacolare tale processo vi era però il supporto governativo

e legislativo che, non avendo inserito obblighi e l’inserimento

di parametri green, basava le scelte sul prezzo più basso di

fornitura.

Allo scopo di porre rimedio venne fissato un Piano d’A<ione

che fissava l’obiettivo di garantire che il 50% dei bandi publici


di acquisto fossero di tipo green. Vennero fissati, per dieci

gruppi di prodotti e servizi considerati prioritari, dei criteri a

livello europeo (Costruzioni, trasporti,prodotti detergenti,

servizi di pulizia, prodotti alimentari e catering service,

apparecchi elettronici d’ufficio, tessile, arredamenti e carta).

Da evidenziare che l’Italia è l’unico paese europeo ad avere

inserito criteri ambientali nei suoi bandi pubblici come

obbligatori.

2.4. IL RUOLO DEL CONSUMATORE PRIVATO.

Il ruolo dei clienti e dei consumatori può risultare

determinante per orientare le scelte di produzione delle

imprese e renderle più “green” in termini di prodotti e servizi.

Definiamo come prodotto “ green” un prodotto a basse

emissioni, a basso contenuto di plastiche oppure con elevate

performance energetiche. Prodotti green sono ormai leader dei

settori della detergenza e cosmesi ma questo fenomeno non

ha avuto una evoluzione omogenea sia a livello disettore che

geografico.
Le indagini svolte nel corso degli ultimi anni mettono in

evidenza una crescente tendenza dei consumatori europei e

statunitensi ad orientarsi verso prodotti a basso impatto

ambientale.

L’Europa, soprattutto nei paesi del nord, segue e stimola le

tendenze dei consumatori più sensibili alle problematiche

ambientali. Si nona un aumento della domanda di beni a basso

impatto ambientale in tutti i settori anche se ci sono settori in

cui l’offerta di prodotti a basso impatto ambientale e maggiore

di altri dove, da una parte c’è una aggiore semsibilità

ambientale e , dall’altra , le tecnologie e i materiali permetto di

ottenere più facilmente prodotti “green”.

Al filone “green” appartengono tutti quei prodotti che sono

caratterizzati da packaging ed etichettatura ecologica, ovvero

che hanno un impatto ambientale minore rispetto ai prodotti

della stessa tipologia. Fra i più apprezzati sono quelli che

riportano un marchio che segnala la migliore prestazione

ambientale sulla base di una certificazione di terza parte.


Importante è analizzare come il consumatore valuta le

dichiarazioni dell’impresa: il 45% si informa per verificare o

meno se tale dichiarazione è vera e il 36% si fida solo se si

tratta di un azienda che conosce e sa come opera.

Possiamo identificare 2 questioni di base:

- Il prezzo e la qualita sono due punti cardine per le scelte

di acquisto del consumatore, bisogna quindi far superare

il concetto che il prodotto a basso impatto ambientale

sia più caro e di minore qualità adottando delle politiche

che rendato i prodotti green più convenienti

(influenzando i prezzi con incentivi o concedendo

finanziamenti alle imprese più green con sconti sull’IVA o

intervenendo sulla tassazione dei rifiuti).

- I consumatori molto spesso non sanno come raccogliere

le informazioni sulle performance ambientali dei

prodotti e sono poco propensi a fidarsi delle

dichiarazioni rilasciate direttamente dalle imprese

produttici, a meno che non si tratti di marchi e aziende

da loro conosciute da tempo. Tendono a fidarsi delle


opinioni degli altri consumatori o delle informazioni

ricercate su internet.

2.5 IL RUOLO DELLE ONG E DELLE ASSOCIAZIONI DI

CATEGORIA.

Un ruolo molto importante può essere svolto dagli stakeolder

secondari (sindacati, ONG, comunità locali e associazioni

industriali) al fine di promuovere l’attività di economia

circolare.

Un gruppo eterogeneo di soggetti che, a diversi livelli e

contesti, svolgono una azione di sensibilizzazione verso

l’economia circolare. Un importante soggetto è l’EMAF ( Ellen

Mac Arthur Foundation) che è una ONG che ha come obiettivo

quello di agevolare la transizione verso una economia di tipo

circolare. Svolge la sua attività coinvolgendo Governi, imprese

e università in tutto il mondo al fine di costruire una strutura

adatta a un tipo di economia rigenerativa. Le associazioni di

categoria hanno come obiettivo contribuiscono a sostenere lo

sviluppo e la competitività tra le imprese. I sindacati sono e le


comunità locali sono soggetti che operano che operano sul

territorio italiano e sono importanti guide della transizione

ecologica.

EMAF creata nel 2010 con obiettivo di accelerare la transizione

ecologica. Il lavoro della fondazione si fonda su sei aree di

interconnessione.

- Apprendimento al fine di sviluppare competenze e skill

necessarie per la transizione ad una economia circolare.

Per raggiungere tale obiettivo effettua programmi di

istruzione superiore in Europa, USA, Cina e Sud America

con Università e scuole a diverso livello di istruzione.

- Business al fine di rivolgere l’innovazione circolare al

mercato. Per fare ciò collabora con molte imprese al fine

di sviluppare iniziative commerciali circolari.

- Istituzioni, governi e città: l’associazione, attraverso tale

collaborazione, vuole informare dei responsabili politici

per sostenere la creazione di meccanismi pubblico-

privato. I responsabili politici possono sviluppare


l’economia circolare ed essere motori di innovazione e di

investimenti.

- Analisi al fine di fornire le prove su benefici della

transizione ecologica.

- Iniziative sistemiche attraverso la riunione di tutte le

value chain per affrontare problemi che le singole

organizzazioni non sono in grado di affrontare e superare

isolatamente ( ad esempio la plastica).

- Comunicazione con l’obiettivo di coinvolgere più

pubblico possibile. Questo viene attuato attraverso i suoi

rapporti di ricerca, libri e casi di studio

Le associazioni di categoria possono stabilire codici di condotta

di settore e dare vita a comportamenti imitativi all’interno dei

settori e, inoltre, dare una maggiore consapevolezza dei

manager sui vantaggi e le criticità dell’adozione degli standard

ecologici internazionali.

Nella terza categoria citiamo l’esperienza di una associazione

riconosciuta senza scopo di lucro che è ReMade in Italy fondata

da CONAI ( consorzio nazionale imballaggi), Regione


Lombardia. L’associazione ha elaborato un primo schema di

certificazione accreditato in Italia per il riciclo fissando le

regole pe la verfica della tracciabilià e della trasparenza.

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