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CHIMICA VERDE

La Green Chemistry, o chimica verde, è una filosofia che si applica a tutte le aree della chimica e si propone di
ridurre o eliminare l'uso o la generazione di sostanze pericolose. Questo approccio innovativo mira a
prevenire l'inquinamento a livello molecolare, riducendo gli impatti negativi dei prodotti chimici e dei processi
sulla salute umana e sull'ambiente.

Per realizzare questi obiettivi, sono stati formulati 12 principi della Green Chemistry:

Il primo principio consiste nel prevenire gli sprechi, progettando le sintesi chimiche in modo da non generare
rifiuti che poi devono essere smaltiti o puliti.

Il secondo principio si riferisce all'atom economy, ovvero alla massimizzazione del rendimento degli atomi
utilizzati nelle sintesi, in modo da produrre il minor quantitativo possibile di rifiuti. (1 e 2 complementari)

Il terzo principio riguarda la progettazione di sintesi chimiche che utilizzino e generino sostanze con poco o
nessun effetto tossico per l'uomo e per l'ambiente.

Il quarto principio prevede la progettazione di prodotti chimici completamente efficaci ma con bassa o
nessuna tossicità.

Il quinto principio si riferisce all'uso di solventi e condizioni di reazione sicure e non pericolose per l'ambiente.

Il sesto principio incoraggia l'aumento dell'efficienza energetica, cercando di far funzionare le reazioni
chimiche a temperatura ambiente e pressione atmosferica per ridurre costi ed emissioni tossiche.

Il settimo principio promuove l'utilizzo di feedstock rinnovabili, ovvero di materie prime che possono essere
rigenerate, evitando l'impiego di risorse esauribili come il petrolio o il carbone.

Il principio otto consiglia di evitare l'uso di derivati chimici, ovvero di sostanze che richiedono reagenti
aggiuntivi e generano rifiuti.

Il nono principio suggerisce di utilizzare catalizzatori invece che reagenti stoichiometrici, in modo da
minimizzare gli sprechi e favorire reazioni chimiche a basso impatto ambientale.

Il decimo principio si riferisce alla progettazione di prodotti chimici che si degradano in modo innocuo dopo
l'uso, evitando di accumularsi nell'ambiente.

L'undicesimo principio incoraggia il monitoraggio e il controllo in tempo reale delle sintesi chimiche, per
ridurre o eliminare la formazione di sottoprodotti inquinanti.

Infine, il dodicesimo principio consiglia di progettare sostanze chimiche e forme fisiche (solide, liquide o
gassose) che minimizzino il rischio di incidenti chimici come esplosioni, incendi o fuoriuscite incontrollate
nell'ambiente.

Questi principi rappresentano una guida importante per i chimici, gli ingegneri e gli operatori del settore, al
fine di promuovere un approccio sostenibile alla chimica e alla produzione di materiali e prodotti chimici,
contribuendo a proteggere la salute umana e l'ambiente, anche se risulta utopistico riuscire a realizzarli tutti.
LCA: ANALISI DEL CICLO DI VITA
L'analisi del ciclo di vita (LCA) è un metodo utilizzato per valutare l'impatto ambientale di un prodotto durante
tutto il suo ciclo di vita, che include l'estrazione e la lavorazione delle materie prime, la produzione, la
distribuzione, l'uso, il riciclaggio e lo smaltimento finale. Le fasi principali analizzate nell'ambito della
valutazione del ciclo di vita sono: la produzione dei materiali per il prodotto dalle materie prime necessarie, il
trasporto del prodotto (e delle materie prime), lo smaltimento del prodotto alla fine della sua vita utile.
Queste fasi includono:

• Estrazione delle materie prime

• Produzione e lavorazione

• Trasporto

• Uso e vendita al dettaglio

• Smaltimento dei rifiuti

L'analisi del ciclo di vita (LCA) è un quadro per valutare gli impatti ambientali dei sistemi e delle decisioni sui
prodotti. Le fasi dell'LCA sono:

1) definizione degli obiettivi e del campo di applicazione;


2) analisi dell'inventario del ciclo di vita (LCI);
3) valutazione dell'impatto del ciclo di vita (LCIA)
4) interpretazione dei risultati.
TIPOLOGIE DI LCA

• Cradle-to-grave: questo tipo di LCA considera l'intero ciclo di vita di un prodotto, dal momento in cui
le risorse vengono estratte (cradle) fino alla sua disposizione finale (grave). Ciò include anche la fase di
utilizzo del prodotto stesso. L'obiettivo è di comprendere l'impatto ambientale totale di un prodotto
lungo tutto il suo ciclo di vita.

• Cradle-to-gate: questo tipo di LCA valuta solo una parte del ciclo di vita di un prodotto, ovvero dal
momento in cui le risorse vengono estratte (cradle) fino a quando il prodotto lascia la fabbrica (gate),
senza considerare la fase di utilizzo e di smaltimento del prodotto. L'obiettivo è di comprendere
l'impatto ambientale della produzione di un prodotto.

• Cradle-to-cradle: questo tipo di LCA si concentra sulla sostenibilità del ciclo di vita di un prodotto e
mira a minimizzare l'impatto ambientale attraverso l'impiego di pratiche sostenibili di produzione,
utilizzo e smaltimento. In particolare, l'obiettivo è di creare un ciclo di vita chiuso, in cui i materiali del
prodotto possono essere completamente riciclati e riutilizzati per creare nuovi prodotti.

• Well-to-wheel: questo tipo di LCA si concentra sull'impatto ambientale dei combustibili e dei veicoli
utilizzati per il trasporto. La valutazione è suddivisa in due fasi: "well-to-station" (dalla produzione del
combustibile alla sua distribuzione) e "station-to-wheel" (dall'utilizzo del combustibile per far
funzionare il veicolo). L'obiettivo è di comprendere l'impatto ambientale totale del trasporto su
strada, mare o aria, incluso il carbon footprint, ovvero le emissioni di gas serra.

I valori quantitativi delle emissioni di gas serra calcolati con il metodo Well-to-Wheel (dalla fonte di
produzione del carburante al consumo finale del veicolo) o con il metodo LCA (analisi del ciclo di vita) possono
differire, poiché il metodo LCA considera più fonti di emissioni.

Ad esempio, nel confronto tra le emissioni di gas serra di un veicolo elettrico con batteria rispetto a un veicolo
a motore a combustione interna, il metodo WTW (che considera solo le emissioni di gas serra per la
produzione dei carburanti) evidenzia che un veicolo elettrico può risparmiare dal 50% al 60% di emissioni di
gas serra rispetto a un veicolo a motore a combustione interna. Tuttavia, un metodo ibrido LCA-WTW, che
tiene conto anche delle emissioni di gas serra dovute alla produzione e alla fine della vita della batteria,
mostra risparmi di emissioni di gas serra tra il 10% e il 13% inferiori rispetto al metodo WTW.

L'analisi tecnico-economica è un metodo per valutare le prestazioni economiche di un processo industriale, di


un prodotto o di un servizio. Di solito si utilizza un software di modellizzazione per stimare i costi di
investimento, i costi operativi e i ricavi sulla base di parametri tecnici e finanziari di input. In sostanza, si tratta
di un'analisi che cerca di valutare la fattibilità economica di un progetto o di un'attività, fornendo una
valutazione dei costi e dei ricavi attesi per supportare la presa di decisioni imprenditoriali.
La BIOTECNOLOGIA è una disciplina che utilizza organismi viventi o parti di essi per produrre beni e servizi.
Questo campo di studio è ampio e interdisciplinare, coinvolgendo biologia molecolare, genetica, biochimica,
ingegneria chimica, agricoltura, medicina e molte altre aree.

La biotecnologia viene spesso suddivisa in base ai cosiddetti "colori", ovvero le diverse applicazioni a seconda
delle aree di interesse:

1) La biotecnologia rossa si occupa dell'applicazione delle tecniche biotecnologiche nell'ambito medico e


farmaceutico, producendo vaccini, antibiotici, terapie rigenerative, organi artificiali e diagnostica
medica.

2) La biotecnologia verde si riferisce all'applicazione delle tecniche biotecnologiche alle piante, con
l'obiettivo di migliorare la qualità, la quantità e l'economia della produzione agricola. Esempi di
applicazioni agricole della biotecnologia verde sono l'uso di piante o animali geneticamente
modificati, lo sviluppo di piante transgeniche, l'ingegneria genetica delle piante, la manipolazione e
l'uso di microrganismi per facilitare la crescita delle colture, la produzione di semi fertili e resistenti,
ecc.

3) La biotecnologia blu esamina diverse specie marine e cerca di trovare opportunità per utilizzarle nello
sviluppo di nuovi prodotti, come sostanze chimiche, prodotti alimentari, prodotti per il benessere (ad
esempio integratori alimentari e cosmetici), farmaci e fonti di energia.

4) La biotecnologia bianca si concentra sulla produzione e la lavorazione di prodotti chimici, materiali ed


energia utilizzando cellule viventi, come lieviti, funghi, batteri, piante ed enzimi per la sintesi su scala
industriale di prodotti.

5) L'obiettivo principale della biotecnologia gialla è quello di fornire cibi di alta qualità nutrizionale
all'uomo con additivi salutari senza danneggiare (o inquinare) l'ambiente. Per raggiungere i suoi
obiettivi, la biotecnologia gialla utilizza varie tecniche come l'enzimatica, la microbica e la tecnologia
genetica molecolare.

È importante sottolineare che la divisione dei settori della biotecnologia in base ai colori non è netta
perché molte tecnologie e applicazioni biotecnologiche possono essere utilizzate in più di un settore. Ad
esempio, l'uso di batteri per la produzione di prodotti chimici (settore bianco) può anche essere utilizzato
per creare nuovi farmaci (settore rosso) o nuovi prodotti alimentari (settore giallo). Inoltre, ci sono anche
sovrapposizioni tra i settori, come ad esempio la produzione di biocarburanti (settore bianco) che può
essere derivata da piante geneticamente modificate (settore verde). Quindi, è importante considerare
questi aspetti quando si parla di biotecnologie e della loro applicazione in vari settori.
BIOFUEL
La produzione di biocarburanti è divisa in tre generazioni principali. La prima generazione prevede
l'utilizzo di biomassa alimentare, come il mais e il frumento, per la produzione di bioetanolo. Tuttavia,
questo approccio ha incontrato diverse critiche, tra cui l'aumento dei prezzi degli alimenti e la
competizione per le terre agricole.

La seconda generazione di biocarburanti utilizza biomasse non alimentari, come legno, paglia e residui
agricoli, per produrre etanolo o biodiesel. Questo approccio riduce l'impatto sulla produzione di alimenti,
ma presenta ancora alcune limitazioni tecnologiche.

La terza generazione di biocarburanti utilizza alghe o altri organismi fotosintetici per produrre
biocarburanti. Questo approccio ha il vantaggio di non competere con la produzione di alimenti e di avere
un'alta efficienza di conversione dell'energia solare in biocarburanti. Tuttavia, i biocarburanti prodotti da
microrganismi eucarioti che quindi utilizzano sostanze come lo zucchero per crescere non si classificano
come biocarburanti di terza generazione.

La produzione di butanolo è interessante per diverse ragioni. Innanzitutto, il butanolo ha una densità
energetica molto alta, simile a quella della benzina. Inoltre, il butanolo ha una bassa igroscopicità e
volatilità, il che significa che si adatta bene alle attuali reti di distribuzione di carburante. Inoltre, il motore
di un'auto progettata per funzionare a benzina non richiede modifiche per utilizzare il butanolo come
carburante alternativo. Tuttavia, è importante notare che il butanolo ha una densità energetica inferiore
rispetto alla benzina, il che significa che l'auto potrebbe avere una prestazione inferiore quando si utilizza
il butanolo come carburante.

Il butanolo è un biocarburante avanzato prodotto dal Clostridium acetobutilicum, un batterio anaerobico


gram positivo che può fermentare la cellulosa in butanolo. Il processo di produzione di butanolo prevede
l'utilizzo di scarti agricoli o altri rifiuti organici come materia prima (seconda generazione).

Il pathway metabolico del C. acetobutylicum per la produzione di butanolo inizia con la fermentazione di
zuccheri esosi come il glucosio per produrre acidi organici come l'acido acetico, l'acido butirrico e l'acido
lattico. Questa fase è chiamata acidogenesi.

Successivamente, il C. acetobutylicum passa alla


solventogenesi, durante la quale converte gli acidi
organici in solventi come l'acetone, l'isopropanolo e il
butanolo. Questa fase avviene quando la concentrazione
di acidi organici raggiunge un livello critico e il C.
acetobutylicum cambia la sua strategia metabolica per
produrre solventi invece di acidi organici.

In un reattore batch, l'aggiunta di una fonte di zucchero


o carboidrati avvia la fermentazione acidogenica.
Durante questa fase, il pH del reattore diminuisce poiché gli acidi organici prodotti abbassano il pH.
Quando la concentrazione di acidi organici raggiunge un livello critico, il pH del reattore aumenta e
avviene la fase di solventogenesi. Durante questa fase, gli acidi organici vengono convertiti in solventi
come l'acetone, l'isopropanolo e il butanolo.

Nel reattore batch, la produzione di solventi raggiunge il suo massimo quando la concentrazione di acidi
organici raggiunge un livello critico e il pH del reattore passa da acido a basico. Successivamente, la
produzione di solventi diminuisce poiché i solventi prodotti iniziano a inibire la crescita del C.
acetobutylicum.
SVANTAGGI

1. Il rendimento della produzione di butanolo è relativamente basso, con un massimo teorico di


rendimento del 0,41 (g di butanolo/g di glucosio) o 0,51 (g di etanolo/g di glucosio). Ciò significa che,
anche con condizioni di fermentazione ottimali, solo una parte del glucosio utilizzato viene convertito
in butanolo.

2. Il butanolo prodotto durante la fermentazione si mescola con l'acqua presente nella miscela e forma
un azeotropo. Un azeotropo è una miscela liquida che ha un punto di ebollizione costante e il cui
vapore ha la stessa composizione della miscela liquida. Questo rende difficile la separazione del
butanolo puro dal resto della miscela, perché il butanolo e l'acqua si evaporano insieme e non
possono essere separati mediante semplice distillazione.

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