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RECUPERO E TRATTAMENTO DEI RAEE

Sfide per un nascente settore industriale



E. Cagno, A. Di Giulio, F. Magalini, L. Tardini e P. Trucco


















Con il patrocinio di:


Assessorato Servizi di
Pubblica Utilit
Assessorato Artigianato,
Nuova Economia, Ricerca e
Innovazione Tecnologica




OSSERVATORIO NAZIONALE
SUI RIFIUTI

Ministero dellAmbiente e
della Tutela del Territorio













In Copertina: Stilizzazione di un impianto di trattamento
per grandi apparecchiature di refrigerazione.
[Autorizzato da MeWa GmbH, D-75391 Gechingen,
www.mewa-recycling.de]



A Lucia, Riccardo e
A Silvia, Ilaria ed Alessandra
A Maria e Chiara
A Enrico, Federico, Lorenzo, Paolo e Guido
A Mauro


Casa Editrice
ANIMP SERVIZI SRL
Via D. Scarlatti, 26
20124 Milano
ISBN
Anno 2004 I edizione
INDICE pag.


PREFAZIONE

1. OBIETTIVI AMBIENTALI E NORMATIVI PER LA GESTIONE DEI RAEE
1.1. Introduzione
1.2. RAEE e ambiente
1.3. Legislazione UE
1.3.1. La Direttiva 2002/96/CE
1.3.2. La trasposizione della Direttiva in alcuni Paesi dellUnione
1.4. Legislazione italiana


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2. LA GESTIONE DEL FINE VITA E LA CARATTERIZZAZIONE DEI RAEE
2.1. Gli scenari a fine della vita utile
2.1.1. Il ricondizionamento del bene completo
2.1.2. Il ricondizionamento dei componenti
2.1.3. Il recupero dei materiali
2.2. La filiera di recupero e gli attori coinvolti nel sistema
2.3. Realt e sistemi di gestione attivi in alcuni stati dellUnione Europea
2.3.1. Belgio
2.3.2. Olanda
2.3.3. Svizzera
2.3.4. Danimarca
2.4. Criticit tecnologiche e gestionali per le diverse tipologie di RAEE
2.5. Le apparecchiature, il profilo delle vendite e di dismissione
2.5.1. I grandi elettrodomestici
2.5.1.1. Frigoriferi e congelatori
2.5.1.2. Lavatrici
2.5.1.3. Lavastoviglie
2.5.2. Le apparecchiature di consumo



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3. PRINCIPALI TECNOLOGIE DI TRATTAMENTO
3.1. Lalbero di processo
3.2. Tecnologie per i grandi elettrodomestici
3.2.1. Tecnologie per la messa in sicurezza
3.2.2. Tecnologie per il trattamento completo
3.2.2.1. Triturazione
3.2.2.2. Recupero delle SLO durante la triturazione
3.2.2.3. Trattamento del poliuretano
3.2.2.4. Trattamento delle SLO
3.2.3. Tecnologie per la separazione dei materiali
3.2.3.1. Separazione metalli ferrosi
3.2.3.2. Separazione dei metalli non ferrosi e delle plastiche
3.2.3.3. Separazione tra le plastiche
3.2.3.4. Separazione tra i metalli non ferrosi
3.3. Tecnologie per le apparecchiature di consumo
3.3.1. Celle di disassemblaggio
3.3.2. Tecnologie per il trattamento del CRT
3.3.3. Tecnologie per la separazione cono-pannello
3.3.3.1. Taglio al diamante
3.3.3.2. Water-J et
3.3.3.3. Hot Wire Shock
3.3.3.4. Shock termico
3.3.3.5. Fusione
3.3.3.6. Taglio laser
3.3.3.7. Acido nitrico
3.3.3.8. Diamond Wire Cutting
3.3.4. Tecnologie per la bonifica dei vetri
3.3.4.1 Plastic Media Blasting
3.3.4.2 Steel-ball
3.3.4.3 Water-J et
3.3.4.4 Soda caustica
3.3.4.5 Fusione
3.3.4.6 Elettrolisi
3.3.4.7 Fluidized Bed Cleaning System
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4. IL MERCATO DELLE MATERIE PRIME SECONDE
4.1. I materiali metallici
4.1.1. I metalli ferrosi
4.1.2. Alluminio
4.1.3. Rame
4.2. I materiali non metallici
4.2.1. Vetro
4.2.2. Materie plastiche

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5. CRITERI PER LA PIANIFICAZIONE DELLA RETE DI RECUPERO
NAZIONALE

5.1. Gli impianti per il trattamento dei RAEE in Italia
5.1.1. I grandi apparecchi di refrigerazione
5.1.2. Altri grandi elettrodomestici
5.1.3. Apparecchiature con CRT
5.2. Le reti di recupero ed il trattamento dei RAEE
5.3. Pianificazione delle reti di recupero
5.4. Reti di recupero per i grandi elettrodomestici
5.4.1. La rete attuale
5.4.2. Sviluppo efficiente della rete attuale
5.4.3. Rete ottimizzata
5.5. Rete di recupero per apparecchiature con CRT
5.5.1. La rete attuale
5.5.2. Sviluppo efficiente della rete attuale
5.5.3. Rete ottimizzata
5.6. Potenzialit e vantaggi di impianti di trattamento integrati
5.7. Conclusioni
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6. CONCLUSIONI: FATTORI CRITICI E SCENARI DI SVILUPPO PER
LINDUSTRIA DEI RAEE

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PREFAZIONE
Ferlini Massimo, Presidente Osservatorio Nazionale sui Rifiuti

Il recepimento della Direttiva Europea 2002/96/CE sui Rifiuti di apparecchiature Elettriche
ed Elettroniche (RAEE) sostituir il Decreto Ronchi (D.Lgs 22/97) nella regolamentazione
della gestione di tali rifiuti.
La Direttiva porta in primo piano la protezione dellambiente nel suo complesso, in
particolare rendendo responsabili della sua difesa tutti gli attori coinvolti nella produzione
delle apparecchiature elettriche ed elettroniche senza gravare sugli utilizzatori finali. Tale
impostazione permetter di superare le numerose difficolt attuali, al fine di creare un
sistema efficiente e sostenibile di recupero e trattamento dei RAEE. Il provvedimento
merita particolare attenzione in quanto diretta esemplificazione del concetto di
Responsabilit Estesa del Produttore foriero di un processo di innovazione che coinvolge
numerose aree aziendali: dal concept di prodotto alla definizione di strategie aziendali per
il riciclaggio e il re-manufacturing di prodotti a fine vita, fino alla spinta per la nascita di un
nuovo settore industriale per il recupero dei RAEE, non solo su scala nazionale ma con
forti prospettive di internazionalizzazione.
La legislazione sui RAEE sar lo spunto per dare slancio e forza al nuovo settore del
recupero e della valorizzazione dei rifiuti. Le difficolt saranno molte, ma le fondamenta
per implementare un sistema efficiente, che sia sostenibile economicamente e che
inneschi un circolo virtuoso tra produttori e addetti al recupero sono state ben individuate:
linnovazione tecnologica che il settore sapr mantenere e sviluppare e la capacit di
pianificazione dellintero sistema, in unottica nazionale ed europea. Lorganizzazione del
sistema sar complessa ma potr avvalersi dei modelli gi implementati in Italia per le
raccolte differenziate. Solo un approccio che valorizzi tutta la potenzialit delle iniziative
gi avviate, secondo una logica di sussidiariet, consentir di creare un sistema
competitivo rispetto ad altri Paesi europei, molti dei quali hanno gi esperienze mature.
In tale prospettiva andranno coinvolte tutte le realt; dalla produzione alla distribuzione,
dal trasporto allo stoccaggio, dai grossi produttori di rifiuti elettrici ed elettronici ai singoli
cittadini, coinvolgendo i singoli attori in unattivit di pianificazione che parta dal concetto
della prevenzione fino a quello dellacquisto di beni riciclati.
Particolare attenzione dovr essere posta allo sviluppo del mercato delle materie prime
seconde, ulteriormente incentivato dalla recente Legge del 30% (D.M. 203/2003), che
obbliga le Pubbliche Amministrazioni allacquisto di prodotti riciclati, e, dunque, ai legami
con i consorzi di filiera attualmente esistenti, per innescare un circuito virtuoso che
sostenga economicamente il nascente settore, e lo porti ad essere capace di creare
valore aggiunto per tutto il Paese.
Il presente studio analizza i differenti aspetti che concorreranno alla nascita ed
allevoluzione del sistema di gestione dei RAEE in Italia, individuando le lacune della
normativa, la via per sviluppare un adeguato mercato delle materie prime seconde e i
punti critici delle tecnologie di recupero, indicando i passi per la corretta pianificazione del
sistema affinch sia ambientalmente ed economicamente sostenibile.
I contenuti del presente volume rappresentano pertanto un importante punto di
riferimento per tutti gli operatori del settore, sia per il contributo offerto al consolidarsi di
competenze tecnologiche e gestionali, sia per la prospettiva con cui vengono affrontate le
sfide che siamo chiamati a cogliere.




1 OBIETTIVI AMBIENTALI E NORMATIVI PER LA GESTIONE DEI RAEE

1.1 Introduzione
Linizio del XXI secolo certamente caratterizzato dal consolidarsi nella coscienza dei
singoli e nella vita civile del valore dellambiente e dellimportanza della sua protezione.
Tale fenomeno lesito di un percorso di progressiva sensibilizzazione e presa di
coscienza iniziato intorno agli anni 80, e che ha assunto rilevanza sempre maggiore a
livello politico e sociale, portando alla formulazione in sede nazionale, comunitaria e
mondiale, di piani per lo sviluppo sostenibile, ovvero del processo che permette la
soddisfazione delle necessit umane senza pregiudicare le basi stesse dello sviluppo,
vale a dire lambiente (R. Carpenter, 1995).
Del tutto sintomatici di quanto si detto sono, principalmente, il Quinto programma di
azione in favore dellambiente redatto dalla Comunit Europea nel 1993 e Lagenda 21,
redatta dopo la conferenza delle Nazioni Unite su Ambiente e Sviluppo tenutasi a Rio
de J aneiro nel 1992.
In questottica di crescente attenzione nei confronti dellambiente, lindustria ha iniziato ad
apparire agli occhi dellopinione pubblica come una delle principali cause del degrado
ambientale.
La difficolt nel valutare a priori il ritorno economico e il vantaggio competitivo generati da
iniziative di carattere ambientale, ha scoraggiato molte industrie dallintraprendere
spontaneamente azioni miranti a ridurre limpatto ambientale dei loro prodotti o cicli
produttivi. Lavvertita impossibilit di coniugare efficienza economica ed efficienza
ecologica (eco-efficienza) ha fatto s che molte aziende continuino a perseguire
unicamente la prima.
Solo nellultimo decennio leco-efficienza ha iniziato ad essere vista come una possibile
variabile strategica, al pari, ad esempio, della qualit di prodotto, ed una leva aziendale in
grado non solo di assicurare riduzione dei costi ambientali direttamente legati allo
smaltimento dei rifiuti derivanti dal processo produttivo, ma anche di apportare
significativi benefici alla produzione ed influire sul potenziale competitivo dellazienda.
Unimportante innovazione si avuta con la definizione del concetto di Extended
Producer Responsability (EPR), che ha introdotto in numerose leggi ambientali il concetto
di responsabilit del produttore sullintero ciclo di vita del prodotto, dal processo di
produzione e distribuzione fino al processo di raccolta e trattamento allatto della
dismissione al termine della vita utile.
A seguito dellintroduzione di questo approccio, il settore industriale si mosso in due
diverse direzioni: da un lato ha sviluppato nuove tecnologie per il recupero e il
trattamento dei prodotti o dei flussi di inquinanti secondo un principio di controllo end of
pipe, dallaltro, ha ideato nuove tecniche di progettazione, quali il Design for
Disassembly (DFD) e il Design for Recycling (DFR), nel tentativo di individuare le
caratteristiche di prodotto in grado di ridurre i tempi e i costi derivanti dal processo di
recupero e smaltimento.

A livello pi strutturato, andato diffondendosi limpiego di valutazioni Life Cycle
Assessment (LCA), al fine di controllare su scala globale limpatto ambientale di un
prodotto, a partire dal processo che va dallestrazione della materia prima, alla
produzione, distribuzione, utilizzo e dismissione a fine della vita utile.
Tuttavia, il lungo intervallo temporale che spesso intercorre tra la fase di progettazione e
la dismissione di alcuni prodotti crea non poche difficolt nellarmonizzare la fase di
design e concept di prodotto con la fase tecnologica di dismissione. Uno dei settori tipici
in cui questo avviene quello dei beni durevoli ed in particolare quello delle
apparecchiature elettriche ed elettroniche.

Negli ultimi anni, numerosi sono stati i provvedimenti legislativi e vivace il dibattito che
hanno interessato il settore dei Rifiuti di Apparecchiature Elettriche ed Elettroniche
(RAEE) al fine di giungere alla corretta gestione del processo di dismissione, con un
limitato impatto ambientale.
Allinterno di tutte le categorie di RAEE, questo lavoro focalizza lattenzione sui grandi
elettrodomestici e su alcune delle apparecchiature informatiche e per le
telecomunicazioni o di consumo; in particolare sono stati analizzati quei beni ad elevata
criticit ambientale (quali ad esempio le apparecchiature di refrigerazione) o ad elevata
diffusione (TV e monitor dei PC) come riportato nella Tabella 1.

Grandi elettrodomestici
Grandi apparecchiature di refrigerazione
Frigoriferi e congelatori
Altri grandi elettrodomestici
Lavatrici
Lavastoviglie
Apparecchi di cottura

2 Piccoli elettrodomestici
Apparecchiature informatiche e per telecomunicazioni
PC (unit centrale, mouse, schermo e tastiera inclusi)
Notebook
Stampanti
.
Apparecchiature di consumo
Apparecchi televisivi
Videocamere
Apparecchi radio
.
5 Apparecchiature di illuminazione
6 Strumenti elettrici ed elettronici
7 Giocattoli e apparecchiature per il tempo libero e lo sport
8 Dispositivi medicali
9 Strumenti di monitoraggio e controllo
10 Distributori automatici
Analisi
3
4
Categoria
1


Tabella 1 - Mappa delle categorie di beni analizzate nel presente volume, secondo la classificazione
della Direttiva 2002/96/CE.

1.2 RAEE e ambiente
La crescente produzione di apparecchiature elettriche ed elettroniche nei paesi sviluppati
unita al tasso di obsolescenza tecnologica ed al conseguente processo di sostituzione,
ha creato negli ultimi anni un notevole incremento dei rifiuti di apparecchiature elettriche
ed elettroniche
1
. A titolo di esempio si consideri che la durata media di un PC, dagli anni
60 ad oggi, passata da 10 a 4,3 anni.
Alcuni studi effettuati
2
, hanno evidenziato che in Europa sono state prodotte, nel 1998,
sei milioni di tonnellate di RAEE, con un tasso di aumento previsto del 3-5 % annuo,
corrispondenti a circa 16 kg/abitante. Sulla base del tasso di crescita nella produzione di
RAEE e della popolazione europea nel 2002, si pu stimare, in prima approssimazione,
che la produzione pro-capite abbia raggiunto oggi il valore di circa 18 kg/abitante.
Il problema principale connesso ai RAEE relativo allelevato contenuto di sostanze e
componenti pericolosi che li costituiscono e dalla mancanza di una corretta gestione della
dismissione a fine della vita utile: si calcola
3
che pi del 90 % dei RAEE finisca in
discarica o sia incenerito senza alcun trattamento di bonifica.
La messa in discarica provoca un grave impatto ambientale principalmente per due
motivi:
inadeguatezza di molte delle discariche e mancanza di un efficace controllo;
rilascio progressivo, anche in tempi lunghi, di parte delle sostanze pericolose
contenute nei RAEE.
Tralasciando ogni considerazione riguardo alla necessit di un rigido controllo
delladeguatezza delle discariche da parte degli organi competenti, presupposto
fondamentale per una organizzazione sociale ordinata e civile, bene prendere in esame
alcune delle sostanze pericolose contenute nei RAEE.
I rischi si possono suddividere in due macrocategorie:
rischi per lambiente;
rischi per luomo.
I rischi principali per lambiente sono quelli derivanti dalla lisciviazione ed evaporazione
del mercurio, utilizzato per costruire interruttori, e dei poli-cloro-bifenili (PCB, idrocarburi
aromatici contenenti cloro) presenti nei condensatori, molto diffusi per la forte resistenza
allattacco acido e basico e per lalta costante dielettrica.
Si calcola inoltre che i rifiuti di frantumazione degli elettrodomestici bianchi abbiano una
concentrazione elevata di piombo e che il 95 % dei PCB contenuti nei condensatori
finisca nella polvere di frantumazione.
I ritardanti di fiamma bromurati e il cadmio possono penetrare nel terreno andando ad
inquinare le falde sotterranee. Eventuali incendi in discarica possono causare reazioni
chimiche che producono diossine e furani.
Alcune tipologie di beni quali frigoriferi, condizionatori e, pi in generale, gli impianti di
refrigerazione, contengono CFC e altre sostanze lesive della fascia di ozono
dellatmosfera, utilizzate come liquidi refrigeranti o espandenti nelle schiume
poliuretaniche dei pannelli isolanti.
Per quanto riguarda i rischi per luomo, sono stati rilevati gli effetti dovuti allesposizione
alle diverse sostanze o a loro composti grazie a studi medici in materia, cui si rimanda
per una trattazione pi approfondita e specifica.
Le principali sostanze pericolose contenute nei RAEE sono:
Piombo;
Cadmio;
Mercurio;

1
Nel seguito saranno indicati pi brevemente con lacronimo RAEE.
2
AEA Technology, Recovery of RAEE: Economic and Environmental Impacts, 1997.
3
Fonte Nordic Council of Ministers, Copenhagen, 1995.

Cromo esavalente;
ritardanti di fiamma bromurati.
Lincenerimento, al pari degli incendi accidentali in discarica, causa la formazione di
diossine e furani e contribuisce in maniera rilevante alla presenza di metalli pesanti
nellaria. Uno studio
4
, effettuato su base europea, ha stimato in 36 tonnellate di mercurio
e 16 tonnellate di cadmio annue le emissioni conseguenti allincenerimento di rifiuti in
Europa nel 1990.
Vi poi da considerare il contenuto di PVC nei RAEE e la sua inadeguatezza
allincenerimento, per la pericolosit dei fumi di scarico sulla salute umana e
sullambiente.
Oltre ad effetti negativi sulluomo e sullambiente, lincenerimento dei RAEE presenta altri
due svantaggi:
test pilota hanno dimostrato che alcuni apparecchi, come i televisori, hanno un
bilancio energetico negativo;
lincenerimento dei RAEE provoca elevate concentrazioni di metalli pesanti nei
fumi e nelle scorie. Da uno studio effettuato nei Paesi Bassi, emerso come uno
degli impieghi principali delle ceneri prodotte dallincenerimento di rifiuti (circa
600.000 tonnellate nel 1995) sia quello come materiale di riempimento nel settore
delle costruzioni stradali. La normativa vigente in proposito fissa precisi limiti per
la concentrazione di metalli pesanti contenuti allinterno delle ceneri e rende
necessario un trattamento di depurazione. Si calcolato che, se gli
elettrodomestici bianchi e bruni non fossero inceneriti con i rifiuti solidi urbani, il
contenuto di metalli pesanti nelle ceneri scenderebbe a valori tali da renderle
conformi alla normativa vigente senza alcun trattamento di depurazione
5
.
Esistono quindi numerose evidenze che rendono i RAEE ambientalmente critici ed in
tal senso che i principali paesi industrializzati hanno iniziato, negli ultimi anni, ad emanare
provvedimenti legislativi atti a diminuirne limpatto sulluomo e sullambiente.

1.3 Legislazione UE
La necessit di sviluppare un intervento organico, a livello pubblico e privato, per far s
che i beni dismessi non diventino rifiuti, ma continuino nel ciclo economico e produttivo,
ha portato, in sede comunitaria, alla definizione di alcuni provvedimenti miranti a ridurre
al minimo limpatto negativo sullambiente e sulluomo.
Tali provvedimenti costituiscono il punto di riferimento per la legislazione nazionale; in
parte non sono state ancora recepiti dal nostro ordinamento giuridico ma vengono
presentati nella loro completezza in quanto futuro punto di arrivo.
Il fondamento della politica ambientale comunitaria espresso nellarticolo 174 del
Trattato Costitutivo della Comunit:
174.1 La politica della Comunit in materia ambientale contribuisce a perseguire i
seguenti obiettivi:
Salvaguardia, tutela e miglioramento della qualit dellambiente.
Protezione della salute umana.
Utilizzazione accorta e razionale delle risorse naturali.
Promozione sul piano internazionale di misure destinate a risolvere i problemi
dellambiente a livello regionale o mondiale.

4
The European Atmospheric Emission Inventory of Heavy Metals and Persistent Organic Pollutants for 1990,
Umweltbundesamt, Germany, 1997.
5
Proposta di Direttiva del Parlamento Europeo sui rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche, Bruxelles,
2000.

Il piano di sviluppo sostenibile espresso nel Quinto programma di azione a favore
dellambiente
6
fa riferimento, in un suo capitolo, proprio al problema della gestione dei
rifiuti, menzionando quello dei RAEE come uno dei campi da disciplinare.
Per questo motivo, sulla base giuridica degli articoli 95 e 175 del Trattato, la Comunit
europea ha assunto, negli ultimi anni, alcuni importanti provvedimenti con lobiettivo di:
impedire il conferimento in discarica di rifiuti non trattati
7
;
ridurre limpiego di determinate sostanze pericolose nelle apparecchiature
elettriche ed elettroniche
8
;
ridurre limpiego di sostanze lesive dellozono
9
;
regolamentare la gestione dei RAEE
10
.
Lultimo dei provvedimenti approvato in via definitiva dal Parlamento Europeo (Direttiva
2002/96/CE del 27/01/03 GU n37 del 13/02/2003), rappresenta un nuovo punto di
riferimento per i cittadini e per i produttori di apparecchiature elettriche ed elettroniche.

1.3.1 La Direttiva 2002/96/CE
La gestione del fine vita dei beni durevoli che si prospetta, a seguito dellentrata in vigore
di tale Direttiva, ha un notevole impatto anche sulle strategie e politiche aziendali,
portando ad una riconfigurazione dei rapporti di filiera e introduce nuovi criteri di gestione
della supply chain.
Le novit pi rilevanti sono date dallintroduzione di:
raccolta separata dei RAEE a carico dei produttori;
trattamento obbligatorio RAEE secondo linee guida opportunamente predisposte,
da effettuarsi in centri autorizzati;
aumento progressivo dei tassi di recupero;
finanziamento della gestione dei RAEE da parte dei produttori e politica di
informazione agli utenti e agli smaltitori.
Lo scopo di tale Direttiva espresso nel primo articolo:
... misure miranti in via prioritaria a prevenire la produzione di RAEE ed inoltre al
loro reimpiego, riciclaggio e ad altre forme di recupero in modo da ridurre il
volume dei rifiuti da smaltire [..]
A questo proposito, nel testo della Direttiva sono contenute alcune definizioni che
verranno assunte come riferimento anche nel seguito:
Prevenzione: le misure volte a ridurre la quantit e la nocivit per lambiente dei
RAEE e dei materiali e delle sostanze che li compongono.
Reimpiego: le operazioni in virt delle quali i RAEE o loro componenti sono
utilizzati allo stesso scopo per il quale le apparecchiature erano state
originariamente concepite.
Riciclaggio: il ritrattamento in un processo di produzione dei materiali da rifiuto
per la loro funzione originaria o per altri fini, escluso il recupero di energia.
Recupero: le operazioni riportate nellallegato II B della Direttiva 75/442/CEE.
Smaltimento: le operazioni riportate nellallegato II A della Direttiva 75/442/CEE.


6 Pubblicato in GU n C138 del 17/05/1993.
7 Direttiva 1999/31/CE in GU n 182 del 16/7/99.
8 Direttiva 94/62/CE in GU n 365 del 31/12/94, Direttiva 91/157/CEE, modificata da Direttiva 98/101/CE in GU
n 1 del 5/1/99, Direttiva 2002/95/CE in GU n 37 del 13/02/2003.
9 Regolamento (CE) 3093/94, in GU n 333 del 22/12/1994, Regolamento 2037/2000 in GU n 244 del
29/9/2000.
10 Direttiva 2002/96/CE del 27/01/03 in GU n 37 del 13/02/2003.

MATERIE
PRIME
PRODUTTORE UTENTE
DISCARICA
TERRA
RECUPERO
ENERGETICO
PREVENZIONE
RICICLO
RIUTILIZZO
RECUPERO SMALTIMENTO


Figura 1 Schema delle differenti opzioni di riduzione e trattamento dei RAEE

Alcune delle operazioni previste dalla Direttiva 75/442/CEE, nellallegato II B che
possono essere effettuate nel trattamento dei beni durevoli dismessi sono:
Utilizzo principale come combustibile o come altro mezzo per produrre energia.
Riciclo/recupero dei metalli o dei composti metallici.
Riciclo/recupero di altre sostanze inorganiche.
Rigenerazione o altri reimpieghi degli oli.
Utilizzazione di rifiuti ottenuti da una delle operazioni indicate [precedentemente].
Scambio di rifiuti per sottoporli ad una delle operazioni indicate
[precedentemente].
Messa in riserva di rifiuti per sottoporli ad una delle operazioni indicate nei punti
[precedenti] (escluso il deposito temporaneo, prima della raccolta, nel luogo in cui
sono prodotti).

Raccolta separata
Per quanto concerne la raccolta delle apparecchiature dismesse, previsto che i costi
non gravino n sui distributori n sugli acquirenti finali.
Al momento dellacquisto di unapparecchiatura equivalente, il consumatore pu rendere,
gratuitamente, il bene dismesso al distributore che provvede al successivo conferimento
al produttore o ai centri di recupero autorizzati.
Per un periodo di cinque anni prevista la possibilit, per gli Stati membri, di istituire o
agevolare anche altri sistemi di resa, purch siano gratuiti e non gravino sul detentore
finale del bene.
Il tasso minimo di raccolta di RAEE previsto, entro il 31/12/2008
11
, fissato in 4 kg, in
media, per abitante anno.

Trattamento obbligatorio
Il trattamento dei RAEE, da eseguire dopo la consegna ad un impianto autorizzato,
comprende tutte le operazioni svolte ai fini del recupero o smaltimento. Tali operazioni

11
Nel testo originale della Direttiva tale termine fissato al 31/12/2006 e tale anche nelle traduzioni presenti
in GUCE relativamente a tutti gli altri stati membri. Esiste unanomalia nella versione italiana che potrebbe
essere emendata in seguito oppure in sede di recepimento da parte del nostro ordinamento.

vengono stabilite specificatamente nellallegato II della Direttiva e comprendono la
rimozione di tutti i fluidi e il trattamento selettivo dei componenti e materiali.
Il trattamento dei beni dismessi deve essere effettuato da centri autorizzati, con
determinati requisiti riportati nellallegato III della Direttiva, che garantiscano unelevata
protezione ambientale in relazione alluso delle migliori tecnologie disponibili.
I siti in cui avviene lo stoccaggio temporaneo dei RAEE prima del trattamento devono
garantire:
Superfici impermeabili [...] con centri di raccolta degli spandimenti.
Copertura resistente alle intemperie per determinate zone.

Tassi di recupero
In relazione alla tipologia di bene, in base alla classificazione riportata in allegato I della
Direttiva, vengono stabiliti dei tassi obiettivo di recupero e riciclo da perseguire entro il
31/12/2006 e viene assunto limpegno di rivedere, a distanza di cinque anni, i tassi per gli
anni successivi.
Per i grandi elettrodomestici, cos come definiti in allegato I, che comprendono frigoriferi e
congelatori, condizionatori, lavatrici e lavastoviglie, sono previsti dei tassi pari a:
recupero minimo: 80 % del peso medio dellapparecchio;
reimpiego e riciclaggio di componenti, materiali e sostanze da un minimo del 75
% del peso medio dellapparecchio.
Per le apparecchiature informatiche, per le telecomunicazioni e le apparecchiature di
consumo, che comprendono in particolare i beni delloffice equipment e TV, sono previsti
tassi pari a:
recupero minimo: 75 % del peso medio dellapparecchio;
reimpiego e riciclaggio di componenti, materiali e sostanze con un minimo di
65 % del peso medio dellapparecchio.

Finanziamento e informazione
Gli Stati membri, entro il 13/08/2005, dovranno assicurare che i produttori finanzino la
gestione dei RAEE provenienti dal circuito domestico, anche se prevista la possibilit di
forme alternative di finanziamento individuale o collettivo, purch conforme a quanto
previsto dalla legislazione vigente.
La gestione dei RAEE prodotti dalla dismissione di beni durevoli (di provenienza
domestica) immessi sul mercato prima dellentrata in vigore della Direttiva, noti come
rifiuti storici, assicurata con i contributi dei produttori esistenti al momento in cui si
origina il costo di recupero e smaltimento, in proporzione alla loro quota di mercato.
Viene, inoltre, evidenziata la necessit di una corretta politica di informazione, da parte di
Stati membri e produttori, per:
impianti di trattamento, circa i componenti e le sostanze presenti nelle
apparecchiature elettriche ed elettroniche;
utenti finali, circa i sistemi di raccolta e la loro responsabilit nel processo di
reimpiego, riciclaggio e recupero dei RAEE.
Per facilitare un elevato tasso di raccolta, ed evitare che i RAEE finiscano nel ciclo dei
rifiuti solidi urbani, prevista lintroduzione di un apposito logo (Figura 2) sulle
apparecchiature elettriche ed elettroniche.




Figura 2 - Logo identificativo dei RAEE

1.3.2 La trasposizione della Direttiva in alcuni Paesi dellUnione
Austria
Attualmente in Austria la gestione dei rifiuti rientranti nella Direttiva viene regolamentata
da due leggi:
La legge sulle lampade del 1991
Impone un deposito di 0,7 /pezzo per le sorgenti luminose rientranti
nellordinanza (quelle contenenti mercurio, neon, sodio o fluorescenti); a tal
motivo tutte le lampade soggette alla normativa vengono marchiate con il termine
Pfand. Il deposito pu non essere pagato se una lampada scaduta viene
restituita contestualmente allacquisto di una nuova, oppure se l'utente finale
acquista pi di 50 lampade e pu mostrare che ha gi un accordo di gestione dei
rifiuti. I rivenditori al dettaglio e i riciclatori di lampade devono partecipare a un
sistema di raccolta e di riciclo nazionale. I distributori commerciali devono
accettare di recuperare qualsiasi lampada utilizzata segnata con il marchio
'Pfand' commercializzata in Austria.
La legge sugli apparecchi refrigeranti del 1995
Obbliga i rivenditori al dettaglio di frigoriferi, congelatori e condizionatori a far
pagare all'utente finale un deposito di 72,67 su ogni unit venduta o a prendere
parte a un sistema di gestione dei rifiuti nazionale. Il sistema fornisce un'etichetta
adesiva numerata su ogni prodotto, con valore minimo di 7,27 , attaccata
permanentemente all'apparecchiatura. I 72,67 sono il costo da sostenere per la
raccolta e il riciclaggio delle apparecchiature a fine vita. Vendendo un nuovo
articolo, il rivenditore al dettaglio costretto a recuperare lapparecchiatura a fine
vita dall'acquirente. Quando recupera unapparecchiatura a fine vita il
dettagliante pu far pagare la differenza fra il pagamento anticipato e il costo del
riciclaggio effettivo fino ad un massimo di 37,97 . Se l'utente finale restituisce
unapparecchiatura con ladesivo comprata prima del 1995, non esiste alcun
ulteriore pagamento, poich il pagamento anticipato ha coperto il costo pieno di
raccolta e riciclaggio. Se non c' alcuna etichetta adesiva, il rivenditore al
dettaglio pu caricare i costi di gestione del trattamento totalmente.
Esistono anche alcuni sistemi di raccolta a livello provinciale: i beni bianchi sono raccolti
gratuitamente in Burgenland e in Carinzia.
Queste misure saranno modificate quando l'ordinanza che traspone la Direttiva entrer in
vigore. Esistono gi alcune linee guida che il governo austriaco vuole seguire
nelladottare la Direttiva Europea.
Dal 13 agosto 2005, i consumatori potranno restituire i rifiuti ingombranti gratuitamente
alle aziende comunali, presso i punti e i centri di raccolta gi presenti sul territorio, oppure
restituirli ai rivenditori al dettaglio quando comprano apparecchiature dello stesso tipo. I
rivenditori al dettaglio potranno consegnare le apparecchiature ritirate ai grandi centri di
raccolta comunali gratuitamente.

I produttori dovranno finanziare la gestione dei rifiuti a partire dalle piazzole comunali.
Saranno inoltre responsabili del raggiungimento degli obiettivi di raccolta e riciclaggio in
prima persona o attraverso consorzi.
Un ente centrale sar responsabile della raccolta delle informazioni e della notifica dei
volumi e del peso di 13 tipologie di RAEE: i 10 previsti dalla Direttiva pi 3 sottocategorie
(apparecchiature refrigeranti, monitor di TV e di PC, lampade). Ulteriori sottocategorie
potranno essere introdotte dalle organizzazioni di recupero per assegnare i costi con
maggior precisione.
Ogni sistema di gestione dei rifiuti, sia pubblico o privato, deve poter provare il
raggiungimento degli obiettivi di recupero.
Verr istituito un ente centrale che si preoccuper di:
registrare i produttori;
registrare le quantit vendute e raccolte;
coordinare la raccolta nel caso in cui esistano diversi attori sul mercato;
controllare il raggiungimento degli obiettivi di recupero e riciclaggio;
finanziare il trattamento delle apparecchiature orfane, non comprese in nessuna
categoria;
identificare i free riders.

Belgio
La gestione dei rifiuti responsabilit delle tre regioni - Flanders, Wallonia e Bruxelles -
che hanno propri regolamenti, coordinati attraverso laccordo inter-regionale (19 febbraio
2001), e che saranno emendati per completare la trasposizione della Direttiva entro luglio
2004.
Flanders.
La legge sulla prevenzione e gestione dei rifiuti del 1997 obbliga i produttori,
importatori, distributori e venditori a ritirare, contestualmente allacquisto di un
bene nuovo simile, senza alcuna spesa a carico del consumatore, gli apparecchi
bianchi, grigi, i piccoli elettrodomestici e le apparecchiature elettriche ed
elettroniche. Dopo il primo giugno 2004 tali apparecchiature dovranno essere
ritirate senza spese aggiuntive anche non contestualmente allacquisto del
nuovo. I rivenditori al dettaglio devono mostrare sulle loro vetrine un segno che
indichi che essi ritirano tali articoli. I rifiuti raccolti dai rivenditori dovranno essere
portati ad un centro di trattamento convenzionato. I dettaglianti e i distributori
devono dichiarare alla OVAM (lagenzia ambientale fiamminga) entro il 1 aprile di
ogni anno la quantit e la tipologia di beni bianchi e bruni recuperata durante
lanno trascorso. I produttori devono riferire sulla quantit totale di
apparecchiature raccolte in peso, dove e come sono state trattate e la quantit
recuperata, incenerita o inviata in discarica. Gli obiettivi raggiunti nel 2000 sono
stati: recupero del 95% del metallo ferroso, 85% dei metalli non ferrosi, e 20% di
plastica riciclata.
Wallonia.
La legge sulla responsabilit dei produttori del 2002 copre tutte le tipologie di
beni comprese nella Direttiva. I rivenditori sono obbligati a ritirare senza alcuna
spesa a carico dei consumatori ogni RAEE contestualmente allacquisto di un
bene della stessa tipologia. I distributori devono recuperare a proprie spese i
RAEE ritirati dai rivenditori e consegnarli ai produttori o importatori. I produttori, a
loro volta, devono a proprie spese raccogliere tutti i RAEE dai distributori,
eventualmente dai dettaglianti, e dalle municipalizzate e garantirne il corretto
trattamento attraverso una compagnia autorizzata. I produttori devono inoltre
garantire che il trasporto e lo stoccaggio del materiale venga effettuato in maniera
tale da garantire un possibile riutilizzo delle apparecchiature. I costi dei RAEE

orfani vengono divisi tra i produttori in base alle quote di mercato. Ogni
rivenditore e dettagliante deve segnalare con cartelli lobbligo di ritirare il
materiale elettrico ed elettronico a fine vita. Il trattamento dei beni deve ottenere i
seguenti obiettivi di riciclo e reimpiego: 95% per il materiale ferroso, 95% per i
metalli non ferrosi e il 20% per le plastiche. La plastica residua, che non pu
essere riciclata, deve essere incenerita per il recupero dellenergia. Entro il 31
Marzo di ogni anno i produttori e gli importatori devono dichiarare la quantit in kg
di RAEE recuperata, le modalit con cui stata trattata, la quantit riutilizzata, e
la previsione di quante apparecchiature elettriche ed elettroniche verranno
immesse sul mercato lanno seguente.
Bruxelles Capital.
A partire dal Decreto sulla responsabilit dei produttori del 2002, i produttori e gli
importatori possono accettare la responsabilit individuale del ritiro dei RAEE o
entrare in un consorzio certificato. Le aziende devono stipulare un contratto
ambientale con il Governo Regionale su come adempiranno ai loro obblighi. I
distributori o rivenditori al dettaglio (esponendo un apposito marchio che spieghi
al consumatore lobbligo di ritiro) devono ritirare i RAEE senza spesa per i
consumatori nel caso in cui venga acquistata una apparecchiature nuova
equivalente, anche se non si riesca a risalire al produttore o distributore del bene
dimesso. In ogni caso, la responsabilit dei RAEE ricade su tutti i produttori in
base alle loro quote di mercato. Come nelle altre regioni i rivenditori devono
consegnare i rifiuti ai produttori che devono predisporne ladeguato trattamento
presso strutture autorizzate.

Su tutto il territorio sono previsti 2.245 punti di ritiro convenzionati, dei quali il 75% sono
venditori al dettaglio, il 24% contenitori pubblici e 1% associazioni di volontariato. Una
rete di 30 punti regionali di aree di stoccaggio e trasferimento viene usata per
raggruppare e organizzare i RAEE derivanti dalle aziende municipalizzate.
Le aziende che eseguono il trattamento vero e proprio sono pagate a consuntivo in base
alla quantit e tipologia di beni che trattano. Con lintroduzione della Direttiva, la tariffa di
riciclo dovr essere integrata (in forma visibile) nel prezzo di vendita del nuovo.
Tutti i beni attualmente non recuperati, ma il cui recupero prescritto dalla Direttiva,
saranno introdotti nel sistema di raccolta e recupero, senza crearne uno nuovo a lato
dellattuale.

Francia
Il Decreto ancora in fase di discussione e i dettagli non sono pubblici. Sono comunque
note le linee guida che il governo adotter.
Le autorit locali saranno obbligate a raccogliere i RAEE non ritirati dai distributori, e
potranno raccogliere anche quelli non provenienti dallambito domestico.
I produttori saranno responsabili del raggiungimento degli obiettivi di recupero, ma
potranno delegare le attivit di trattamento a terzi.
Le autorit locali finanzieranno i punti di raccolta e la raccolta vera e propria. I produttori
si divideranno gli oneri finanziari del sistema di recupero a seconda del tipo di
apparecchiatura che producono e della quota di mercato detenuta nellanno. Il Decreto
prevede la creazione di uno o pi sistemi di raccolta certificati gestiti direttamente dai
produttori (monomarca o consortili). Fino alla fine del periodo di transitorio (entro il 2011 o
2013) i produttori e distributori dovranno evidenziare nel prezzo di vendita la quota parte
imputabile al finanziamento del sistema di recupero e trattamento.
Per quanto riguarda il parco delle apparecchiature storiche, la copertura finanziaria sar
assicurata dai produttori in base alla quota di mercato detenuta per le apparecchiature

domestiche, mentre per quelle industriali i singoli consumatori (societ) saranno
responsabili del corretto smaltimento.
Attualmente, le municipalizzate sono obbligate a ritirare i RAEE (bianchi e bruni), e di
conseguenza stipulano singolarmente contratti con i riciclatori a seconda delle
apparecchiature raccolte. Esiste gi un sistema di raccolta e recupero delle batterie
(SCRELEC), e il consorzio ha annunciato che, una volta che il Decreto sar emanato, si
occuper anche dei RAEE. Esiste un progetto pilota avviato nel 2002, nella regione di
Nantes, in cui, nel primo anno, stato raggiunto lobiettivo di 2,6 kg per abitante di RAEE
recuperati e trattati.

Germania
Una prima bozza della legge che recepir la Direttiva europea era attesa entro la fine del
2003, ma a quella data il Ministro dellAmbiente ha emanato solo alcune linee guida.
Il principio della responsabilit condivisa dei produttori verr applicato, ma le
municipalizzate rimarranno responsabili per lorganizzazione e il finanziamento della
raccolta dei RAEE dagli utenti privati, mentre la responsabilit dei produttori e importatori
inizier con il ritiro dalle piazzole di stoccaggio delle municipalizzate. I produttori potranno
anche ritirare volontariamente e senza costi aggiuntivi per gli utenti le apparecchiature.
A partire dallAgosto 2005 i produttori saranno obbligati a finanziare il ritiro delle
apparecchiature raccolte presso i siti comunali e assicurarne il corretto trattamento. Per
le nuove apparecchiature, la copertura finanziaria verr garantita allatto della vendita,
mentre per i rifiuti storici i produttori si ripartiranno gli oneri in base alle quote di mercato
detenute. Per evitare distorsioni nella concorrenza, i produttori vogliono realizzare un
unico ente di compensazione che risponda alle richieste di recupero delle differenti entit
locali. Tale ente determiner le responsabilit dei singoli produttori o dei terzi cui hanno
delegato. Il governo avr la responsabilit di intraprendere azioni legali contro i produttori
che non aderiranno alle richieste dellente centrale.
I termini di ritiro delle apparecchiature non domestiche sono lasciati alla libera
negoziazione tra produttori e consumatori. Il raggiungimento degli obiettivi di recupero e
riciclaggio responsabilit dei produttori.
Alcune misure proposte per snellire le procedure burocratiche e migliorare la flessibilit
del sistema sono:
i produttori ritireranno a loro carico i RAEE dalle municipalizzate, utilizzando il
canale gi esistente;
non obbligatorio che i produttori si uniscano all'organizzazione centrale di
recupero se essi realizzano un proprio sistema;
i rivenditori non devono essere costretti a ritirare le apparecchiature;
ai produttori e ai rivenditori viene permesso di etichettare e evidenziare
separatamente i costi che sostengono per il trattamento e recupero dei RAEE;
all'organizzazione centrale deve essere data lautorit per indurre le societ ad
adempiere i loro obblighi;
devono essere chiarite le responsabilit federali e regionali per supervisionare il
sistema di raccolta e recupero.
Bitkom (lAssociazione delle aziende dei settori dellIT, Telecomunicazioni e nuovi media)
e ZVEI (Associazione dellIndustria Elettronica) hanno realizzato congiuntamente un
ufficio centrale, la Electro Appliance Register Project Company (EAR), per registrare tutte
le apparecchiature coperte dalla Direttiva, coordinare il sistema di raccolta e promuovere
la partecipazione ad esso. Hanno raccolto 5,5 MLN dai produttori di apparecchiature
elettriche ed elettroniche per coprire i costi di tale organizzazione.




Olanda
La bozza di Legge di recepimento della Direttiva europea in fase di completamento.
Nel 1998 stato emanato un decreto che stabilisce i ruoli per il ritiro e trattamento dei
beni bianchi e bruni a fine vita. Il sistema di raccolta e gestione diventato effettivo nel
1999 per i beni bianchi e nel 2000 per le apparecchiature audio, i piccoli elettrodomestici
e altro. Nella legge vengono menzionate praticamente tutte le tipologie di RAEE presenti
nella Direttiva (rimangono escluse le apparecchiature elettromedicali e i giocattoli). Non
viene fatta alcuna distinzione tra prodotti dimessi da privati o da aziende.
Le amministrazioni locali devono prevedere alla raccolta separata di RAEE domestici e
fornire un posto dove i venditori possano portare i prodotti ritirati se lo desiderano. Le
autorit locali sono tenute a ritirare unicamente i RAEE i cui produttori o importatori
esistono ancora (le municipalizzate stipulano contratti con essi per trattarli o mandarli in
discarica).
I venditori devono ritirare i RAEE senza oneri per i consumatori solo contestualmente
allacquisto di una nuova apparecchiatura del medesimo tipo. Se i produttori o importatori
non esistono pi i venditori sono responsabili del corretto riciclo e trattamento delle
apparecchiature.
I produttori e importatori sono responsabili del corretto trattamento delle apparecchiature
ritirate dalle municipalizzate e dai rivenditori.
In questo modo:
i consumatori possono riconsegnare i RAEE senza alcuna spesa ai rivenditori del
nuovo (old for new), oppure, se non comprano apparecchiature nuove, possono
consegnarli alle municipalizzate;
quando una societ di riparazione si trova una apparecchiatura non pi riparabile
pu consegnarla alle municipalizzate o direttamente ai produttori o importatori;
un rivenditore, dal momento che ritira un RAEE, pu decidere di rivenderlo alle
compagnie che comprano lusato, mandarlo a un riciclatore o restituirlo ai
produttori o importatori;
le autorit locali continuano ad avere lobbligo di ritirare i beni ingombranti,
bianchi e bruni, e in aggiunta hanno lobbligo di ritirare anche i piccoli
elettrodomestici e le apparecchiature derivanti dai rivenditori;
i produttori e importatori devono recuperare le apparecchiature gratuitamente dai
rivenditori, riparatori e dalle municipalizzate e occuparsi del loro corretto
smaltimento. Dal primo gennaio 2005 tale obbligo esteso solo alle
apparecchiature appartenenti al proprio marchio.
I produttori e gli importatori (tra cui gli importatori paralleli) sono responsabili del
finanziamento di qualsiasi costo aggiuntivo del trattamento finale di RAEE a partire dalla
data di entrata in vigore del Decreto; hanno tuttavia la facolt di introdurre un aumento
del prezzo di vendita del nuovo per coprire tali costi. Il Ministero dellAmbiente pu
rendere obbligatorio per tutti tale aumento se viene richiesto da un sostanziale numero di
produttori.
I produttori e gli importatori devono informare il Ministro sulle loro attivit volte a
rispondere agli loro obblighi di recupero e trattamento. Affinch il sistema possa essere
messo in atto occorre lapprovazione del Ministero dellAmbiente che ha validit
quinquennale. Ogni anno, entro il 1 luglio, i produttori e gli importatori devono riferire al
Ministro circa ladempimento degli obblighi di legge.









In Tabella 2 viene riportato un confronto riassuntivo tra i differenti paesi europei
analizzati.

TRASPOSIZIONE DELLA DIRETTIVA EUROPEA WEEE

Austria Belgio Francia
Misure esistenti Lampade, Copre tutti i RAEE in Le autorit locali sono
di recupero beni bianchi Wallonia & Brussels obbligate a raccogliere
molti RAEE in Flanders molti rifiuti ingombranti
compresi i RAEE.
Scadenza 1
st
draft ufficiale entro fine Le regioni coordinano la Sono in corso tavoli di
trasposizione 2004. trasposizione entro discussione 1
st
draft
7/04. atteso per il primo
quadrimestre 2004
Proposte correnti
RAEE domestici: Dal 8/05, le regioni I governi regionali i Produttori ritirano dai
ritiro & finanziano senza ricarico organizzano raccolte rivenditori e dai
raccolta la raccolta gratuite in appositi punti di raccolta
container comunali
I rivenditori ritirano il
vecchio per il nuovo e lo I rivenditori ritirano il
mandano ai punti di vecchio per il nuovo
raccolta comunali a loro I distributori ritirano
carico il vecchio per il nuovo I produttori si
e dai rivenditori suddividono i costi
I produttori si fanno carico i Produttori ritirano dai in base alle
dei RAEE dai punti di rivenditori e distributori quote di mercato
raccolta regionali
RAEE non I produttori Il ritiro viene negoziato
domestici finanziano i RAEE di volta in volta tra
ritiro & raccolta non domestici produttori e consumatori
Rifiuti storici & I rifiuti storici I rifiuti storici I rifiuti domestici vengono
orfani vengono finanziati vengono finanziati finanziati collettivamente
collettivamente dai collettivamente dai dai produttori in base
produttori in base produttori in base alle quote di mercato,
alle quote di mercato alle quote di mercato per quelli non domestici
responsabile lutente
Visible fee La visibile fee pu Ci sar
esserci per i costi di probabilmente una
trattamento ma non visibile fee
di stoccaggio dei
rivenditori
Sistemi UMF (lampade), Recupel (beni SCRELEC
esistenti UFH (beni bianchi & bruni, (recupero batterie)
bianchi). piccoli elettrodom.
ICT e strumenti
elettrici)

















TRASPOSIZIONE DELLA DIRETTIVA EUROPEA WEEE

Olanda Germania
Misure esistenti 1998 Decreto sui beni Nessuno
di recupero Bianchi e Bruni
Scadenza 1/04 si aspetta 4/03 sono state
trasposizione lemendamento al pubblicate le linee
decreto in atto guida
Proposte correnti
RAEE domestici: i rivenditori ritirano il I governi locali
ritiro & vecchio per il nuovo finanziano la
raccolta raccolta
RAEE domestici: I consumatori, rivenditori
e riparatori portano tutto Dal 8/05 i produttori
ai punti di raccolta municipali finanzieranno il ritiro dai punti
raccolta municipali
I produttori ritirano i propri
prodotti dai punti di raccolta
locali e finanziano il
trattamento finale
RAEE non Il ritiro viene negoziato
domestici di volta in volta tra produttori e
ritiro & raccolta consumatori
Rifiuti storici & dal 1/05 i rivenditori I rifiuti storici
orfani ritireranno unicamente vengono finanziati
i prodotti del proprio collettivamente dai
marchio (attualmente li produttori in base
ritirano tutti) alle quote di mercato

Il governo locale non
ritira i prodotti orfani
Visible fee Visibile fee per tutte
le apparecchiature
Sistemi NVMP (beni bianchi piccole Tutti i produttori devono
esistenti apparecchiature) registrarsi ad un ente centrale
ICT-Milieu (IT, che decide le singole
apparecchiature da responsabilit
ufficio)


Tabella 2 Schema di confronto sulle modalit di trasposizione della Direttiva WEEE tra
differenti paesi europei (Transposition of the WEEE Directive in other EU
member states, November 2003, UK).

1.4 Legislazione italiana
La legislazione italiana vigente in materia ambientale caratterizzata dalla presenza di
un elevato numero di disposizioni di non sempre facile ed univoca interpretazione,
emanate spesso con lo scopo di recepire Direttive comunitarie, e che, negli ultimi anni,
hanno subito continue modifiche ed aggiornamenti, senza tuttavia giungere a costituire
un corpus chiaro ed organico.
La presente panoramica, che riguarda in particolare la legislazione italiana in materia di
rifiuti, mira ad evidenziare i principali effetti che la normativa vigente pu avere sulla
gestione del fine vita dei beni durevoli dismessi e sul mercato dei materiali derivanti da
recupero.

Bisogna tenere presente che il 2 ottobre 2002 stato approvato in Parlamento
12
il
Disegno di legge di Delega al Governo per il riordino della legislazione in materia
ambientale: unapposita commissione provveder ad un riordino, per settori normativi,
della legislazione ambientale e tra i sette che sono stati individuati uno proprio quello
del trattamento dei rifiuti.
Per questo motivo, in attesa di nuove disposizioni, viene presentata una panoramica e
levoluzione storica della legislazione vigente in materia, sino alle modifiche introdotte dal
Decreto Legge 20 settembre 2002.
La base della normativa italiana in materia di gestione dei rifiuti costituita dal Decreto
Legislativo n 22 del 5 febbraio 1997, meglio noto come Decreto Ronchi (con le
successive modifiche, integrazioni e Decreti attuativi), emanato per recepire le Direttive
comunitarie 91/156/CEE e 91/689/CEE sui rifiuti ed entrato in vigore il 2 marzo 1997.
Allarticolo 2 di tale decreto se ne leggono le finalit e, in particolare:
2.1.La gestione dei rifiuti [...] disciplinata [...] al fine di assicurare unelevata
protezione dellambiente..
2.2. I rifiuti devono essere recuperati o smaltiti senza pericolo per la salute
dell'uomo e senza usare procedimenti o metodi che potrebbero recare
pregiudizio all'ambiente.
Unimportante novit, rispetto alle leggi che costituivano il corpus precedente,
rappresentata dalla gestione programmatica dei rifiuti, espressa allarticolo 4, che mira a
ridurre al minimo lo smaltimento finale attraverso:
reimpiego e riciclaggio;
recupero materia prima dai rifiuti;
impiego dei materiali recuperati;
recupero energetico.
Inoltre vengono indicati il riutilizzo, il riciclaggio ed il recupero di materia come forme
privilegiate e preferibili di recupero.
Tra le tipologie di rifiuti individuate dal Decreto Ronchi, particolare attenzione posta ai
beni durevoli post consumo, cui dedicato larticolo 44 del Decreto che prevede
contestualmente allacquisto di un nuovo bene, la consegna del bene dismesso al
rivenditore, ovvero ad unimpresa pubblica o privata che gestisca la raccolta e lo
smaltimento dei rifiuti urbani, e il successivo trattamento in centri autorizzati; stabilisce
inoltre la necessit di favorire accordi di programma tra i produttori dei beni durevoli, i
distributori e le aziende che ne gestiscono la raccolta ed il trattamento a fine vita utile al
fine di favorire la restituzione dei beni.
Per incentivare il corretto smaltimento dei beni dismessi prevista, inoltre, la possibilit di
introdurre una cauzione obbligatoria, pari al 10 % del prezzo di vendita del prodotto, fino
ad un massimo di 103,29 , che viene resa al momento dellacquisto del bene nuovo,
documentando lavvenuta consegna di quello vecchio ad un centro autorizzato per il
trattamento.
I beni durevoli soggetti a tali disposizioni, elencati nel comma 5 di tale articolo, sono:
frigoriferi, congelatori e surgelatori;
televisori;
computer;
lavatrici e lavastoviglie;
condizionatori daria.
Il successivo Decreto Ministeriale del 5 febbraio 1998 ha stabilito le tipologie di rifiuti non
pericolosi che possono essere assoggettati alle procedure semplificate di recupero,

12 Il 2 ottobre 2002 il testo del disegno di legge stato approvato alla Camera, anche se successive modifiche
ed approvazioni sono avvenute il 14 maggio 2003 ad opera del Senato ed il 15 ottobre 2003 nuovamente dalla
Camera. Dal 20 febbraio 2004 in stato di relazione.

previste ai sensi degli articoli 31 e 33 del Decreto Ronchi, ai fini del recupero di materia
dai rifiuti. In particolare, le categorie [5.19] e [5.20] degli allegati al DM 5/2/98
comprendono proprio le apparecchiature elettriche ed elettroniche post consumo ed i
materiali derivanti dalla loro dismissione, che possono dunque essere assoggettati alle
procedure semplificate di recupero.
I materiali cui fa riferimento il Decreto 5 febbraio 1998, nellallegato I, coincidono, solo in
parte, con le tipologie di prodotti indicati nel precedente Decreto Ministeriale del 5
settembre 1994 col termine di materiali quotati, noti anche con il nome di mercuriali
che, prima del decreto Ronchi, non erano sottoposti alla legislazione sui rifiuti e che
venivano abitualmente commercializzati come materia prima seconda. Tali materiali,
comunemente re-impiegati nei cicli produttivi di varie industrie, erano gi identificabili
univocamente, con caratteristiche merceologiche ben definite dalla normativa di settore e
scambiati attraverso canali preferenziali di commercio.
A livello commerciale, la qualificazione delle materie prime seconde come rifiuto ha
comportato, e comporta tuttora, un onere gestionale ed economico (necessit dei registri
di carico e scarico, autorizzazioni al trattamento dei rifiuti, obbligo di compilazione modulo
unico di dichiarazione (MUD), ..) che limita fortemente lo sviluppo del mercato dei rifiuti e
il riutilizzo di materiali provenienti da recupero.
Con il 1 gennaio 2002 entrato in vigore il nuovo codice europeo dei rifiuti (CER 2002),
contenuto nella Decisione 2000/532/CE e successive modifiche, che stato recepito dal
nostro ordinamento con Direttiva 9 aprile 2002.
La nuova classificazione europea dei rifiuti (CER 2002) sostituisce gli allegati del Decreto
Ronchi (e loro successive modifiche ed integrazioni) e, a differenza delle precedenti,
incorpora in un unico elenco i rifiuti pericolosi, indicati con un asterisco, e quelli non
pericolosi. Unimportante innovazione la necessit, per alcune tipologie di rifiuti, di un
accertamento analitico, mediante analisi chimiche, della loro effettiva pericolosit,
attraverso il confronto con valori prestabiliti di concentrazione soglia della sostanza
pericolosa.
Con lentrata in vigore del CER 2002, tutti i beni durevoli dismessi ed i materiali
provenienti dalla loro dismissione, sono diventati rifiuti pericolosi e, in quanto tali, non
sono pi ammessi alle procedure semplificate di recupero previste ai sensi degli articoli
31 e 33 del Decreto Ronchi.
Il Decreto n 161 del 12 giugno 2002, individua alcune tipologie di rifiuti pericolosi che
possono essere comunque assoggettati alle procedure semplificate previste dal Decreto
Ronchi. Tale provvedimento legislativo stato approvato anche dalla Comunit Europea,
con Decisione 13/11/2002, nella GU n 315/16, che ha ribadito la bont di tale iniziativa,
finalizzata ad incoraggiare il recupero ed il riciclo di particolari tipologie di rifiuti classificati
come pericolosi. Il recupero di materia prima seconda dai rifiuti previsto, anche in
questo caso, a condizione che i prodotti ottenuti abbiano caratteristiche merceologiche
conformi alla normativa tecnica di settore e che siano avviati in modo oggettivo al
riutilizzo in cicli di consumo o produzione. Negli allegati di tale Decreto che stabiliscono le
tipologie di rifiuti pericolosi che possibile assoggettare alle procedure semplificate, non
compaiono le apparecchiature elettriche ed elettroniche ed i materiali derivanti dalla
dismissione dei beni durevoli, che rimangono dunque sottoposti in toto alle procedure
ordinarie.
Il punto cruciale dello sviluppo del mercato dei rifiuti e delle materie prime seconde,
anche a fronte di questi nuovi sviluppi normativi, rimane lequivocit, fonte di precariet
ed incertezza tra i soggetti che operano nel campo del riciclaggio e recupero, della
definizione stessa di rifiuto contenuta nel Decreto Ronchi allarticolo 6:

6.1 Ai fini del presente Decreto si intende per rifiuto qualsiasi sostanza od oggetto
che rientra nelle categorie riportate nell'allegato A
13
e di cui il detentore si disfi o
abbia deciso o abbia l'obbligo di disfarsi;
opinione frequente, tra gli operatori del settore, che i soggetti che effettuano recupero e
riciclaggio non abbiano intenzione di disfarsi dei materiali, bens di avviarli ad altri mercati
o cicli produttivi, ed il dibattito sul tema contraddistinto da continui episodi e sviluppi
legislativi o giudiziari che ne arricchiscono i contenuti.
Basti ricordare che il 18/12/2001 la Sezione Penale del Tribunale di Udine si
pronunciata, con ordinanza 80/2001, in merito al sequestro, da parte del nucleo dei
Carabinieri per la Tutela dellAmbiente, di un treno che trasportava lamiere e rottami
ferrosi da demolizione destinati ad alcune acciaierie. Il sequestro, confermato dal giudice,
motivato dallassenza di una corretta documentazione per il trasporto e dalla mancanza,
da parte dei destinatari del carico, delle necessarie autorizzazioni al trattamento dei rifiuti,
ha riaperto il dibattito in merito alla differenza tra rifiuto e materia prima seconda. Nel
testo del provvedimento, cui si rimanda per una motivazione esaustiva, viene dunque
delegittimata lusanza comune di considerare, in modo quasi automatico, i rifiuti di
unazienda, che successivamente rientrano nel ciclo produttivo di unaltra, come materie
prime seconde. In particolare si legge:
Una merce di cui il detentore originario si disfatto, assume caratteristiche di
materia prima e non pi di rifiuto non gi per il fatto che lutilizzatore finale affermi
che essa pu essere usata nel suo ciclo produttivo direttamente, ma in quanto sia
gi stata oggetto di una operazione di recupero.
Lordinanza, prima nel genere, ha senza dubbio posto nuovi e significativi limiti al
riutilizzo di materiali provenienti da rifiuto, non solo per le acciaierie, ma per tutte le
aziende che operano ricevendo rifiuti, per esercitarne un recupero. Tra gli effetti del
provvedimento si pu citare anche il blocco delle importazioni di carichi di rottami,
disposto dalle Ferrovie dello Stato, in assenza di documenti di viaggio ed autorizzazioni
dei destinatari al trattamento di rifiuti.
Nelle proposte per il riordino della legislazione in materia ambientale, attualmente in
discussione in Parlamento, sembra previsto un ritorno allo status di materia prima
seconda per i rottami metallici destinati allattivit siderurgica, anche se si dovr
attendere il completamento delliter legislativo.
La richiesta di un chiarimento legislativo in merito alla corretta e definitiva interpretazione
della definizione di rifiuto, da pi parti invocata negli anni successivi allentrata in vigore
del Decreto Ronchi, arrivata con il Decreto Legge n 138 dell8 luglio 2002:
Interpretazione autentica della definizione di rifiuto...

14.1 Le parole: "si disfi", "abbia deciso" o "abbia l'obbligo di disfarsi" [..] si
interpretano come segue:
a) "si disfi": qualsiasi comportamento attraverso il quale in modo diretto o indiretto
una sostanza, un materiale o un bene sono avviati o sottoposti ad attivit di
smaltimento o di recupero...
b) "abbia deciso": la volont di destinare ad operazioni di smaltimento e di
recupero...
c) "abbia l'obbligo di disfarsi": l'obbligo di avviare un materiale, una sostanza o un
bene ad operazioni di recupero o di smaltimento, stabilito da una disposizione di
legge o da un provvedimento delle pubbliche autorit o imposto dalla natura
stessa del materiale, della sostanza e del bene o dal fatto che i medesimi siano
compresi nell'elenco dei rifiuti pericolosi...


13
In tal senso il Decreto rimanda al Catalogo Europeo dei Rifiuti.

14.2 Non ricorrono le fattispecie di cui alle lettere b) e c) del comma 1, per beni o
sostanze e materiali residuali di produzione o di consumo ove sussista una delle
seguenti condizioni:
a) se gli stessi possono essere e sono effettivamente e oggettivamente riutilizzati
nel medesimo o in analogo o diverso ciclo produttivo o di consumo, senza subire
alcun intervento preventivo di trattamento e senza recare pregiudizio
all'ambiente;
b) se gli stessi possono essere e sono effettivamente e oggettivamente riutilizzati
nel medesimo o in analogo o diverso ciclo produttivo o di consumo, dopo aver
subito un trattamento preventivo senza che si renda necessaria alcuna
operazione di recupero tra quelle individuate nell'allegato C del decreto legislativo
n. 22.
In base a questo Decreto, convertito definitivamente con legge n178 dell8/8/2002,
ipotizzabile che il materiale di recupero nel trattamento dei beni durevoli dismessi possa
essere, a tutti gli effetti, considerato una materia prima seconda e non pi rifiuto.
tuttavia da rilevare che la Commissione Europea, con lettera
14
, ha richiamato il Governo
italiano, avviando una procedura di infrazione.
A questo punto si prospettano due diversi scenari, per quanto riguarda la dismissione di
beni durevoli e la legislazione cui devono sottostare i materiali che ne derivano:
i beni durevoli dismessi sono rifiuti, ai sensi di quanto stabilito dal CER 2002 e, in
particolare, rifiuti pericolosi. I materiali di recupero prodotti nella loro dismissione
devono, quindi, sottostare alla legislazione vigente in materia di rifiuti;
i beni durevoli dismessi sono rifiuti pericolosi, ma il materiale che viene
recuperato, in quanto avviabile oggettivamente ad un ciclo produttivo o di
consumo, pu essere considerato una materia prima seconda ed essere
svincolato dalla legislazione in materia di rifiuti.
In attesa di un chiarimento legislativo definitivo ed esaustivo, per quanto riguarda lo
status delle apparecchiature elettriche ed elettroniche dismesse ed i materiali da loro
derivanti, le aziende che operano nel campo del recupero e trattamento rimangono
soggette ad alcune particolari normative in merito al trattamento di alcune tipologie di
beni, in particolare di quelli contenenti sostanze lesive dellozono atmosferico (SLO nel
seguito), cos come definite negli allegati della Legge 549/93 e del Regolamento CE
2037/2000.
Il DM n 141 dell11/3/98 impone il divieto di smaltire in discarica, dal 1 gennaio 2000, le
apparecchiature che contengono SLO.
Il recente decreto 20/9/2002 pubblicato in GU n 230 del 1/10/2002, stabilisce le
caratteristiche e le norme tecniche degli impianti che effettuano il recupero delle SLO
dalle apparecchiature fuori uso.
Per quanto concerne, invece, la produzione e la commercializzazione di nuove
apparecchiature, valgono alcune limitazioni: il DPR 216/88 stabilisce il divieto di
immissione sul mercato e di uso di PCB gi a partire dal 1988, fatta eccezione per i
piccoli condensatori descritti negli allegati del decreto in questione.
Il DM 3/10/2001, emanato per recepire il Regolamento CE 2037/2000 cui rimanda
direttamente per numerose disposizioni, vieta di utilizzare cloro-fluoro-carburi (CFC) per
la manutenzione e ricarica di apparecchiature di refrigerazione e condizionamento a
partire dal 31 dicembre 2000. Inoltre i CFC contenuti nelle apparecchiature devono
essere recuperati e destinati allo smaltimento da centri autorizzati di raccolta che operino
a norma di legge.
In Tabella 3 vengono dunque riassunte le principali leggi italiane di riferimento in tema di
gestione del fine vita delle apparecchiature elettriche ed elettroniche, anche se bene

14
Per il testo della lettera si ha rif. 200/2213 C(2002)3868.

tener presente che numerose sono le leggi collegate, le modifiche, i decreti attuativi e le
integrazioni stabilite da altri provvedimenti del legislatore.


SETTORE DISCIPLINATO RIFERIMENTO LEGISLATIVO
Rifiuti, recupero e riciclaggio Decreto 5/2/97
Decreto 5/2/98
Classificazione rifiuti Direttiva 9/4/2002
Smaltimento in discarica DM 141/98
D.Lgs 36/2003
DM 13/3/2003
SLO Legge 549/93
DM 3/10/2001
Impianti per trattamento di beni con
SLO
Decreto 20/9/2002
PCB DPR 216/88

Tabella 3 Principali riferimenti normativi per la gestione dei RAEE.

2 LA GESTIONE DEL FINE VITA E LA CARATTERIZZAZIONE DEI RAEE

2.1 Gli scenari a fine della vita utile
A fronte della dismissione di un bene durevole le alternative che si presentano sono tre:
ricondizionamento del bene completo,
riutilizzo di alcuni componenti,
riutilizzo dei materiali come materie prime seconde.
Vengono di seguito presentati i diversi scenari di mercato che si prospettano in relazione
a queste alternative, con particolare attenzione al rapporto tra valori di mercato di beni,
componenti e materiali, e costo del processo di dismissione.

2.1.1 Il ricondizionamento del bene completo
Il bene dismesso, a seguito della raccolta, pu subire unoperazione di ricondizionamento
completo in vista di un suo riutilizzo sul mercato nazionale, oppure sui mercati esteri.
Tale operazione, che risponde a quanto disposto dalla Direttiva 2002/96/CE, rientrando a
pieno diritto nelle operazioni di riciclaggio, pu essere vista come un allungamento della
vita utile del bene ed un posticipo temporale del processo di trattamento.
I beni durevoli, per poter essere ricondizionati e successivamente venduti devono
rispondere a due requisiti fondamentali:
conformit alle leggi vigenti al momento della nuova vendita;
garanzia di standard qualitativi certificati.
inoltre indispensabile valutare la convenienza delloperazione di ricondizionamento,
che pu essere pregiudicata dallo stato in cui il bene durevole giunge a fine del primo
ciclo di vita.
La stessa operazione di ricondizionamento influenzata dalla compatibilit dei
componenti in uso nel momento delloperazione, con quelli utilizzati nel momento della
produzione del bene stesso. La durata della vita utile del bene molto spesso superiore
al tempo di permanenza sul mercato del bene e quindi lonere del ricondizionamento
comprende lattivit di ricerca dei componenti adatti, e pu arrivare anche a precludere la
fattibilit delloperazione stessa.
A fronte di tali difficolt, possibile ipotizzare lesistenza di un mercato dei beni durevoli
dismessi e successivamente ricondizionati sulla base di alcune esperienze straniere
documentate
15
: studi condotti sul mercato inglese hanno evidenziato come il mercato di
beni durevoli ricondizionati, in particolare il mercato dei frigoriferi, assicuri mediamente,
per un punto vendita che tratti beni di seconda mano, la vendita di unit ad un prezzo
variabile tra 30 e 80 sterline. Solo un terzo dei beni venduti hanno subito un controllo
accurato dellimpianto elettrico che ne certifichi la conformit agli standard vigenti. Una
parte significativa di frigoriferi viene annualmente esportata nei paesi del terzo mondo o
nellEuropa dellEst: a titolo esemplificativo, circa 6.000 frigoriferi vengono infatti esportati
in Nigeria ogni anno e importanti mercati di sbocco sono rappresentati anche da Emirati
Arabi Uniti, Turchia e Bulgaria. Negli Stati Uniti esistono pi di 70.000 aziende che
operano il ricondizionamento completo e la successiva vendita di beni durevoli, con un
profitto annuo complessivo di oltre 53 miliardi di dollari.
Nel contesto del mercato nazionale, importante sottolineare limpossibilit di effettuare il
ricondizionamento completo di beni contenenti sostanze pericolose quali apparecchiature
contenenti CFC o HCFC
16
e PCB
17
, la cui immissione sul mercato vietata dalle leggi
vigenti.

15
WEEE final market report, 2002, UK.
16
Si veda DM 3/10/2001 e Regolamento CE 2037/2000.
17
Si veda DPR 216/88.

Frigoriferi e congelatori prodotti prima del 1996 non sono dunque assoggettabili a tale
operazione a meno di prevedere la sostituzione del liquido contenuto nel circuito
refrigerante e la bonifica dei pannelli di poliuretano espanso.
Il problema analogo per le apparecchiature prodotte prima del 1998 contenenti PCB, in
particolare lavatrici, lavastoviglie e monitor, i cui condensatori devono essere sostituiti.
La convenienza di tali operazioni difficilmente quantificabile; di conseguenza anche il
mercato di tali beni, costituisce una frazione molto variabile.
Il costo (e pi in generale la responsabilit) di riciclaggio del bene alla fine del secondo
ciclo di vita deve essere imputato al soggetto che ha effettuato loperazione di
ricondizionamento e non al primo produttore. In tal senso, chi ha ricondizionato il bene
dovrebbe apporre il proprio marchio sul bene prima di reimmetterlo sul mercato.


2.1.2 Il ricondizionamento dei componenti
Una seconda possibilit che si presenta dopo la dismissione di un bene durevole
rappresentata dal possibile riutilizzo, dopo un trattamento di ricondizionamento, di alcuni
dei componenti che lo costituiscono.
Le maggiori criticit in questo caso sono rappresentate da:
compatibilit con i modelli in uso;
garanzie di standard qualitativi certificati.
Lutilizzo del componente ricondizionato pu, in linea di principio, avvenire secondo due
vie:
su un bene di nuova produzione;
su un bene in uso come pezzo di ricambio.
La prima via la pi critica, in quanto presuppone una stabilit temporale dei componenti
utilizzati e delle loro caratteristiche, spesso messa in crisi dalla lunga vita utile del bene
considerato (circa 10 anni) e dal veloce processo di evoluzione tecnologica cui sono
soggetti i nuovi prodotti (si pensi ad un processo di re-design ogni 2 o 3 anni).
Luso di un componente ricondizionato su un bene nuovo presuppone inoltre una
certificazione di qualit, al fine di assicurare il consumatore finale che la qualit del
prodotto realizzato con alcuni componenti ricondizionati sia la stessa di quello nuovo.
Lutilizzo del componente come parte di ricambio, pu costituire un vantaggio per quei
beni con vita utile particolarmente lunga.
Da alcune interviste condotte presso produttori di elettrodomestici emerso come la
messa a scorta di ricambi sia assicurata per un periodo (fino a 7-8 anni) che talvolta
inferiore alla durata media della vita utile (circa 10 anni). La presenza di componenti
ricondizionati pu quindi costituire una fonte di approvvigionamento per il mercato dei
pezzi di ricambio
18
.
Risulta evidente che sia lutilizzo di componenti su beni nuovi, sia su beni in uso come
ricambi, pu essere realizzato:
per prodotti della stessa marca;
per prodotti di marche diverse.
Nel primo caso il ciclo di riutilizzo limitato ai prodotti di una azienda e si chiude
coinvolgendo un numero limitato di attori: lutilizzatore, iniziale o finale, la piattaforma di
trattamento ed il produttore. Il vantaggio per lazienda rappresentato soprattutto dalla
possibilit di acquisire unimmagine di rispetto dellambiente: documentato
19
che pi del
70% dei consumatori europei sono disposti a pagare un premio per prodotti eco-
compatibili, realizzati, per esempio, con materiali o componenti riciclati.

18
Studi condotti in relazione al mercato inglese dei componenti provenienti da frigoriferi ricondizionati e
successivamente venduti, evidenziano come le maggiori richieste siano per le porte che vengono pagate
mediamente 20-30 sterline, rispetto alle 50 della porta nuova.
19
Vandermerwe e Oliff, 1991.

Talvolta il ruolo del produttore, in quanto soggetto che sottopone a ricondizionamento il
componente pu essere svolto da altri soggetti quali riparatori qualificati o piccole
aziende. Questo comporta unulteriore frammentazione del mercato con la creazione di
diversi canali in cui il componente pu essere avviato.
La dimensione del mercato, nel caso di utilizzo dei componenti su prodotti di marche
diverse, maggiore, a tutto vantaggio della quota di componenti riciclati, ma incide
profondamente sulle strategie aziendali di posizionamento strategico e di marketing.
Lutilizzo da parte di un produttore di componenti ricondizionati prodotti in origine da altre
aziende pu essere fonte di un risparmio sui costi di produzione rappresentando un
vantaggio competitivo, oltre allimmagine ecologica, nei confronti degli altri soggetti
presenti sul mercato. Risulta anche evidente che in questo caso la frammentazione dei
canali su cui pu essere avviato il componente da ricondizionare, incide fortemente
anche sui valori di mercato del componente stesso, a causa dellelevata variabilit. Esiste
inoltre un maggiore problema di compatibilit dei componenti tra prodotti di diverse
marche.
Diventa dunque abbastanza difficile effettuare previsioni in assenza di regole o accordi
tra i produttori che disciplinino il mercato dei componenti ricondizionati, e di una
cooperazione interaziendale in sede di concept di prodotto che garantisca unelevata
standardizzazione ai fini di una maggiore protezione ambientale.

2.1.3 Il recupero dei materiali
Lultima possibilit che si presenta quella del recupero e riutilizzo dei materiali come
materia prima seconda nel ciclo produttivo di beni della stessa tipologia o di natura
diversa. Tenuto conto delle difficolt che si incontrano nel riutilizzo del bene completo o
dei suoi componenti e del fatto che al termine della vita utile lelettrodomestico dovr
essere comunque trattato, ragionevole pensare che tale alternativa sar la pi utilizzata
in assoluto ed interesser la maggior parte delle apparecchiature da trattare.
Tale operazione ha un minore impatto ambientale in termini di gestione delle risorse
ambientali e produzione di rifiuti, e consente anche una riduzione dellutilizzo di energia.
Lutilizzo di materia prima seconda, ove possibile, in sostituzione di materie vergini,
comporta benefici effetti sullambiente: ogni tonnellata di ferro riciclata non solo
sostituisce una tonnellata di ferro estratta dalle miniere, ma evita anche la creazione di
molte tonnellate di rifiuti e scarti di lavorazione.
Ai fini del recupero di materiale dagli elettrodomestici dismessi, si possono individuare tre
macrocategorie:

metalli;
vetro;
plastiche.

Ad ognuna di queste categorie corrispondono diverse sottoclassi esaminate nel dettaglio
nei capitoli successivi, assieme alle possibili applicazioni di materiale da riciclo ed ai
relativi valori di mercato.

2.2 La filiera di recupero e gli attori coinvolti nel sistema
Lorganizzazione della filiera di recupero, relativa al processo di dismissione, diviene un
aspetto fondamentale nella progettazione di un sistema integrato che gestisca in toto il
fine vita di una apparecchiatura a partire dalla dismissione da parte dellutente; tali
sistemi sono noti in letteratura con il termine anglosassone di Product Recovery Network
(PRN).

Il primo aspetto da chiarire quello relativo ai flussi fisici dei beni, che transitano
attraverso i punti fondamentali del sistema, raggruppabili nelle tre macrofasi che si
susseguono logicamente rappresentate schematicamente in Figura 3.
La prima la fase di raccolta, caratterizzata da:
rivenditori;
rete di raccolta dei rifiuti urbani.
La rete di raccolta urbana, gestita usualmente dalle aziende municipalizzate, raggruppa i
prodotti in apposite piazzole comunali; i rivenditori della Grande Distribuzione
Organizzata (GDO) stoccano i prodotti recuperati in depositi condivisi o in centri
distributivi; i piccoli rivenditori fanno solitamente riferimento alle piazzole comunali alle
quali consegnano i prodotti. Dal punto di vista teorico, si potrebbe ipotizzare anche la
possibilit, da parte dellutente, di consegnare direttamente il bene ad uno degli impianti
di processo; in tutti i casi si tratta di un sistema di raccolta che fa riferimento a centri locali
di stoccaggio dei prodotti (nodi sorgente).
La successiva fase di trattamento che comprende le operazioni di messa in sicurezza, il
disassemblaggio, la frantumazione delle parti non riutilizzabili, la selezione ed il recupero
dei materiali risultanti e lo smaltimento delle sostanze pericolose, pu essere svolta da
impianti industriali (nodi di processo) quali:
piattaforme di pretrattamento, per le fasi di messa in sicurezza e, a volte, per il
parziale disassemblaggio, in attesa di conferire gli apparecchi ai centri che
svolgono il ciclo di trattamento completo;
centri di trattamento completo, per tutte le operazioni fino alla separazione finale
dei materiali e talvolta dei componenti.
Nella terza fase, i materiali non recuperabili vengono smaltiti, i materiali riciclabili possono
essere venduti sul mercato delle materie prime seconde, mentre i componenti o i beni
suscettibili di ricondizionamento vengono conferiti a produttori od operatori terzi per le
necessarie operazioni di ricondizionamento o agli utenti finali, nel caso tali operazioni
vengano svolte nei nodi di processo; questi assumono la funzione di nodi di destinazione
finale.
Ogni nodo rappresenta le particolari attivit svolte e i costi del sistema che gli competono:
Nodi sorgente. Raggruppano i costi di raccolta, attraverso il canale della GDO,
dei dettaglianti, mediante ritiro a domicilio od altro, i costi di mantenimento a
scorta e di gestione del nodo. Comprendono inoltre i costi di trasporto dal nodo
sorgente al corrispondente nodo di processo.
Nodi di processo. Raggruppano i costi e ricavi desercizio, fissi e variabili, e la
quota parte dellinvestimento iniziale, nel caso si proceda alla realizzazione di un
impianto ex novo.
Nodi di destinazione finale. Comprendono i costi di trasporto dal nodo di
processo al corrispondente nodo di destinazione finale, salvo diversi accordi tra
le parti
20
, ed i costi di ricondizionamento di beni o componenti.


20
il caso del conferimento in discarica dei materiali da smaltire che avviene a carico del nodo di processo.


Figura 3 Schema della filiera di gestione delle apparecchiature dismesse



Il secondo aspetto da chiarire riguarda la ripartizione tra gli attori del sistema dei costi
(e/o dei ricavi) che si originano nei diversi nodi. La ripartizione diversa in relazione agli
scenari che si prospetteranno a seguito dellimplementazione della Direttiva 2002/96/CE
nel nostro paese; possono essere schematizzate in tre grandi gruppi: il primo costituito
dai produttori di beni che hanno la responsabilit legislativa di gestire il sistema, il
secondo dagli operatori che gi effettuano il trattamento industriale dei RAEE, e il terzo
dagli utilizzatori finali delloutput di processo che possono variare ampiamente in
relazione allo specifico scenario
21
. Da questa schematizzazione vengono esclusi gli utenti
che originano la dismissione, la cui responsabilit deve limitarsi alla consegna del bene,
alla cessazione della vita utile, secondo una delle modalit previste dalla Direttiva
22
.
Il supporto dato dai produttori che devono garantire il funzionamento del sistema,
secondo quanto previsto dallarticolo 8, pu configurarsi in due modi:
attraverso il sostentamento, tramite consorzio, di operatori terzi che svolgano tali
attivit;
attraverso la creazione di strutture dei produttori stessi.
Diversi possono essere anche i livelli della rete, il numero di nodi sorgente che
riforniscono i nodi di processo, siano questi di pretrattamento o trattamento completo,
soprattutto in relazione al grado di accentramento o decentramento del sistema; queste

21
Si tratti di ricondizionamento o riutilizzo di materia prima seconda in modalit open o closed loop.
22
Sono ammesse, ad esempio,la consegna gratuita contestuale allacquisto di un bene equivalente, la raccolta
da parte delle municipalizzate, o la consegna alle piazzole ecologiche.

variabili incidono sulla struttura del PRN, anche se possibile indicare alcuni assi
privilegiati di sviluppo del sistema in rapporto al tipo di finanziamento.
Nel caso di utilizzo di strutture gi presenti sul territorio che garantiscano una migliore e
pi omogenea copertura localizzata, si ha un minor impatto dei costi di logistica e
trasporto: tale scenario presumibilmente attuabile nel caso della costituzione di un
consorzio dei produttori che limiti le proprie responsabilit e la visione del sistema al
sostentamento dei costi sopportati dagli operatori terzi.
Nel caso invece dellutilizzo di strutture proprie si pu ipotizzare che la gestione del
sistema da parte del produttore comprenda, integrandoli, i passaggi e le operazioni
relative ai nodi di processo e a quelli di destinazione finale se non addirittura anche quelli
dei nodi sorgente: in questo scenario ipotizzabile la creazione di grandi centri di
trattamento in posizioni strategiche per il singolo produttore o per uneventuale consorzio.
Questo per ottimizzare la creazione di un certo numero di centri che operino su volumi
significativi di beni a discapito di una maggiore incidenza dei costi di trasporto e di
logistica del sistema.

2.3 Realt e sistemi di gestione attivi in alcuni stati dellUnione Europea
La valutazione delle performance di alcuni sistemi europei operanti da tempo pu
indirizzare la scelta verso il sistema pi efficiente e pi allineato alla Direttiva Europea.
Nei paragrafi successivi sono descritti i sistemi attualmente in uso in alcuni paesi europei
(Tabella 4).

Paese Ente che gestisce il sistema
Belgio Recupel
Olanda
ICT Milieu
NVMP
Svizzera SWICO
Danimarca Sistema di tassazione Municipale

Tabella 4 - Organizzazioni per la raccolta e gestione dei RAEE

Si deve tenere presente che i fattori che influiscono sulle relative performance sono
diversi e non sempre simili per i diversi paesi presi in considerazione; alcuni di essi sono:
geografia del territorio;
popolazione e sua distribuzione;
costo del lavoro;
tipologia di prodotti raccolti;
volumi raccolti;
organizzazione ed entusiasmo del settore;
qualit e standardizzazione dei dati sulla raccolta;
richieste legali;
maturit/anzianit del sistema;
atteggiamento pi o meno proattivo dei consumatori verso il riciclaggio.
La performance di tali sistemi notevolmente influenzata dalla cultura e sensibilit del
paese in tema di rifiuti. La maggior parte di questi sistemi opera in una situazione di
monopolio e, dove ci sono pi organizzazioni (come per esempio in Olanda), stata
effettuata una ripartizione del territorio.
Tutti i sistemi presentati prevedono lesistenza di un ente privato che si prende carico
della gestione. Fa eccezione la Danimarca che si avvale di centri di raccolta municipali
gestiti a livello nazionale.



Centri di raccolta
Diversi sistemi sono utilizzati per la raccolta dei rifiuti:
Punti vendita: il dettagliante si occupa del ritiro dei prodotti con formula old for
new. Tale servizio di solito fornito gratuitamente.
Produttori: il RAEE viene ritirato direttamente dal produttore e immesso nel
sistema di gestione dei RAEE. Questo modello viene solitamente utilizzato per la
apparecchiature grandi e funziona su base old for new.
Centri di raccolta comunali: le famiglie e piccoli professionisti lasciano
gratuitamente i RAEE in un sito municipale.
Centri di raccolta autorizzati: vengono creati appositi centri di recupero controllati
dalle associazioni dei produttori.
Raccolta a domicilio: vengono effettuati dalle associazioni dei produttori o dai
comuni; tale servizio pu essere gratuito o a pagamento a seconda del paese.
Raccolta commerciale: i RAEE sono raccolti su richiesta da imprese private.
Generalmente il servizio a pagamento.
Tali sistemi non sono mai presenti in modo esclusivo. Quasi sempre, per motivi di
efficienza, vengono adottati pi tipologie di centri di raccolta contemporaneamente. In
generale, nei casi presentati ad eccezione di SWICO (Svizzera), emerge che la maggior
parte dei sistemi ruota attorno alla raccolta municipalizzata, come, per esempio il sistema
danese, che utilizza esclusivamente questo canale; altri, come Recupel (Belgio) e NVMP
(Olanda), incoraggiano la partecipazione dei dettaglianti.

Trasporto e trattamento
Tutti i sistemi di gestione analizzati esternalizzano le operazioni di trasporto e trattamento
a soggetti terzi autorizzati a svolgere tali attivit; tali attori sono periodicamente soggetti a
controlli per verificare la conformit alle normative vigenti e i contratti non hanno mai
durata superiore a 2-3 anni.
Tutti i paesi hanno raggiunto il target di 4 kg per abitante/anno stabilito dalla Direttiva e
un tasso di riciclaggio tra 80% e 90%.

Costi
I costi associabili alla raccolta e gestione dei rifiuti sono di due tipi:
Diretti;
Indiretti.
La variazione dei costi, nei sistemi descritti, dipende dalle attivit esternalizzate e da una
serie di fattori che influiscono sullammontare di questi costi quali:
distanza e dispersione dei punti di raccolta e trattamento;
costo del lavoro;
tipo di rifiuto;
volume dei rifiuti da trattare;
tempo richiesto dalle operazioni di trattamento.
Non verranno analizzati i costi sostenuti da tali sistemi visti i molteplici fattori che li
influenzano e che rendono difficile il confronto tra i vari paesi.

Finanziamento
Ogni sistema utilizza diversi meccanismi per la raccolta fondi: la maggior parte delle
organizzazioni fa ricadere i costi di gestione dei RAEE direttamente sul consumatore, o
sotto forma di tassa o come sovrapprezzo al momento dellacquisto di un nuovo prodotto;
altri si finanziano sulla base di un contributo chiesto ai produttori in base alla quota di
mercato posseduta.

Sia Recupel (Belgio) che SWICO (Svizzera) si finanziano attraverso i contributi (premio di
riciclaggio) applicati alle AEE (Apparecchiature Elettriche ed Elettroniche) immesse sul
mercato, al momento del loro acquisto. I premi sono trasferiti lungo la catena di vendita
dal rivenditore finale al fornitore/importatore, che trasferisce i fondi allorganizzazione.
In Olanda i produttori e gli importatori sono responsabili della costituzione di un fondo per
i costi supplementari associati allo smaltimento finale dei prodotti dismessi. Tuttavia
possono introdurre un contributo, compreso nel prezzo di vendita, sui prodotti nuovi
immessi sul mercato.

2.3.1 Belgio
In Belgio la gestione dei rifiuti di competenza di tre regioni autonome da un punto di
vista legislativo: Flanders, Wallonia e Brussels. Esiste per un'unica realt nazionale che
gestisce lintero sistema, Recupel, ed organizzata in cinque divisioni:
Recupel avoirdupois, per apparecchiature audio-visive;
Recupel BW, per i bruni e i bianchi;
Recupel SDA, per i piccoli elettrodomestici;
Recupel ICT, per le apparecchiature ICT;
Recupel-ET&Garden, per le attrezzature elettriche compresi gli attrezzi per il
giardinaggio.
Attualmente ci sono 2.245 punti di raccolta per i RAEE, il 75% dei quali sono presso i
rivenditori, il 24% nei centri di raccolta comunali (tre centri di raccolta comunali su quattro
sono affiliati a Recupel) e l1% presso organizzazioni volontarie. Una rete di 30 stazioni
regionali di trasferimento usata per raccogliere e stoccare i RAEE provenienti dalle
strutture comunali. Nel 2002, i contenitori nei centri di raccolta hanno contribuito al 75%
delle apparecchiature raccolte. Le organizzazioni volontarie ne hanno raccolto il 10% e i
rivenditori e distributori il restante 15%.
Da gennaio del 2003, Recupel ha raccolto 3.500 tonnellate al mese di RAEE, equivalenti
a 4,1 Kg abitante/anno. I rifiuti raccolti sono poi trattati dalle aziende specializzate con cui
Recupel ha un accordo.
Lo schema del funzionamento operativo e dei flussi finanziari rappresentato in Figura 4.

Rivenditori
Utenti
Domestici
Punti di raccolta
municipali
Societ di
trasporto
Produttori/dist
ributori
Logistica
interna
Riciclatori
RECUPEL
Flussi finanziari
Raccolta e trasporto
Flussi di RAEE
BELGIO BELGIO




Figura 4 - Schema di funzionamento operativo e finanziario del sistema di gestione dei RAEE
in Belgio



Il ruolo degli attori coinvolti nel sistema il seguente:
Produttori e distributori: devono, a proprie spese, raccogliere regolarmente tutti i
RAEE dai distributori e, se necessario, dai rivenditori, per trasferirli presso
aziende autorizzate al trattamento.
Consumatori: possono disfarsi gratuitamente dei RAEE deponendoli nei
contenitori presenti nei centri di raccolta comunali o, al momento dellacquisto di
un nuovo AEE, depositandoli presso il rivenditore.
Rivenditori: devono ritirare gratuitamente dai consumatori, in concomitanza
allacquisto di un articolo simile, tutti i RAEE, anche se non si pu risalire al
produttore o all'importatore. In tal caso, la responsabilit del prodotto ripartita
tra tutti i produttori che commerciano nella regione, a seconda della loro quota di
mercato. I rivenditori o i distributori devono restituire i RAEE raccolti al produttore
o allimportatore, che devono successivamente consegnarli al deposito
autorizzato.
Comuni: mettono a disposizione i centri di raccolta dei RAEE. Non ricevono alcun
tipo di finanziamento da parte di Recupel.
Logistica interna (Recupel): gestisce gli ordini di raccolta provenienti dai
rivenditori; si occupa del successivo trattamento o eventuale riciclaggio dei
RAEE; ha una capacit di trasporto limitata, per cui si avvale della collaborazione
di terzi.
Aziende di Trasporto: raccolgono i RAEE dai centri di raccolta e sono pagati da
Recupel per ton/km.
Aziende di Trattamento e Riciclaggio: quelle associate a Recupel si occupano del
trattamento dei RAEE in conformit con gli standard definiti da Recupel. Sono
remunerate sulla base della quantit di rifiuti trattata.
Recupel finanziata attraverso una tassa applicata su tutte le nuove AEE presenti sul
mercato, al momento del loro acquisto. Il livello del premio determinato dal numero di
apparecchi restituiti all'anno, dai costi di stoccaggio, trattamento e riciclaggio. I premi
sono trasferiti lungo la catena di vendita dal cliente al rivenditore fino al
fornitore/importatore, che li trasferisce a Recupel. Il finanziamento di ogni divisione di
Recupel separato. Recupel responsabile di finanziare le societ ad essa affiliate,
incaricate di gestire la raccolta ed il trattamento dei RAEE.
A luglio del 2003, Recupel ha associato 960 membri (tra produttori e importatori). Ogni
membro ha lobbligo di segnalare periodicamente il numero di apparecchi immessi sul
mercato; per riservatezza, tali dati sono raccolti da un ente terzo, che mensilmente
comunica a ciascun membro il contributo da versare. I premi di riciclaggio sono indicati
esplicitamente accanto al prezzo di vendita di ciascun prodotto.

2.3.2 Olanda
In Olanda esistono due differenti sistemi di raccolta e trattamento dei RAEE a seconda
della tipologia di prodotto che trattano.

Il sistema NVMP (Nederlandse Verwijdering Metalektro Producten) si occupa della
gestione dei bianchi e dei piccoli apparecchi elettrici ed elettronici per uso domestico. E
organizzata in cinque divisioni separate:
Bianchi;
Bruni;
Attrezzature di ventilazione;
Attrezzi elettrici e metallo;
Piccoli elettrodomestici.

Tali divisioni sono raggruppate sotto il nome NVMP. Il sistema finanziato attraverso una
tassa di eliminazione che copre tutti i RAEE generati, compresi i rifiuti storici. I produttori
e gli importatori dichiarano il numero di prodotti immessi sul mercato olandese e un ufficio
esterno consolida tali informazioni e ripartisce i costi tra i produttori e gli importatori.
NVMP richiede ai distributori di mostrare la tassa di eliminazione in una voce separata
sulle fatture.
Le officine che si occupano esclusivamente della riparazione di bianchi e bruni possono
restituire soltanto i prodotti dei quali si conosce il produttore.
Sono previsti 600 depositi comunali nei Paesi Bassi e 69 centri regionali che raccolgono i
RAEE. Nel 2001, hanno ricevuto l87% del RAEE raccolto. I centri regionali inoltre
accettano, richiedendo un contributo specifico, i RAEE provenienti dai rivenditori. Il 3-4%
del RAEE raccolto proviene dalla grande distribuzione ed il restante 10% direttamente
raccolto dai piccoli rivenditori. L'apparecchiatura raccolta trasportata agli stabilimenti di
trattamento accreditati (5 su tutto il territorio). Per partecipare al sistema, gli stabilimenti
di trattamento devono dimostrare che possono raggiungere i tassi di riciclaggio designati:
75% per gli apparecchi di raffreddamento, 73% per i bianchi, 69% per le TV e 53% per
altre categorie.
Nel 2002 NVMP ha raccolto 66.000 tonnellate di RAEE, equivalenti a 4,13 kg/persona.
Lo schema del funzionamento operativo e dei flussi finanziari rappresentato in
Figura 5.

Rivenditori
Utenti
Domestici
Punti di raccolta
municipali
Societ di
trasporto
Produttori/dist
ributori
Riciclatori
NVMP
OLANDA OLANDA
Magazzini
regionali
Logistica
interna
Flussi finanziari
Raccolta e trasporto
Flussi di RAEE

Figura 5 - Schema di funzionamento operativo e finanziario del sistema di gestione dei RAEE in Olanda

Il ruolo degli attori coinvolti nel sistema il seguente:
Produttori, fornitori e distributori: I produttori e gli importatori sono responsabili
della raccolta e del trattamento dei RAEE ritirati o raccolti dai produttori e dalle
autorit locali. Sono inoltre responsabili, sia da un punto di vista organizzativo
che finanziario, delleliminazione delle apparecchiature scartate (possono essi

stessi occuparsi di tali attivit o subappaltarle a terzi). I fornitori e gli importatori di
nuovi AEE devono ritirare gratuitamente i modelli vecchi (old for new) se un
consumatore o un'azienda desidera dismetterli. Il fornitore ha successivamente la
possibilit di:
o vendere i RAEE ad un rivenditore di merci usate o ad un'azienda di
riciclaggio (tranne i prodotti che contengono CFC);
o restituirli al fornitore o all'importatore;
o depositarli in un luogo di raccolta gestito dallautorit locale.
I fornitori e gli importatori devono assicurare la corretta eliminazione finale dei
RAEE raccolti. Fino al 2005, sono obbligati a ritirare i prodotti simili a quelli forniti
indipendentemente dalla marca, ma dal 1 gennaio 2005 lobbligo si limita al
proprio marchio.
Consumatori: possono consegnare gratuitamente ai rivenditori un prodotto
vecchio in concomitanza con lacquisto di uno nuovo (formula old for new)
oppure, se non devono sostituirlo con uno nuovo, possono portarlo presso i centri
di raccolta delle autorit locali.
Rivenditori: sono obbligati a ritirare i RAEE restituiti in concomitanza con
lacquisto di un nuovo AEE. Sono obbligati a ritirare i prodotti simili a quelli forniti
indipendentemente dalla marca.
o I rivenditori con i propri centri di distribuzione (per esempio aziende che
ricevono ordini tramite posta elettronica e catene al dettaglio) possono
sia detenere i RAEE nel centro di distribuzione o inviarli presso i centri
delle autorit locali.
o I rivenditori senza propri centri di distribuzione possono restituire i RAEE
che raccolgono al deposito comunale o usufruire di aziende di trasporto
nello stesso momento in cui trasportano i nuovi prodotti..
Comuni: mettono a disposizione i centri di raccolta e periodicamente
trasferiscono i rifiuti nei centri di raccolta regionali.
Regioni: ricevono periodicamente i RAEE per poi trasferirli nei centri di
trattamento e recupero.
Aziende di Trattamento e Riciclaggio: si occupano del trattamento e riciclaggio
dei RAEE. Sono remunerate sulla base della quantit trattata.
I produttori e gli importatori sono responsabili di costituire un fondo per finanziare tutti i
costi supplementari associati all'eliminazione finale dei prodotti dismessi. Non possono
recuperare dai fornitori o dalle autorit locali i costi della raccolta e del trasporto, tuttavia
possono introdurre un contributo, compreso nel prezzo, sui nuovi prodotti. Lutente,
quindi, contribuisce al finanziamento della gestione dei RAEE al momento dellacquisto di
un nuovo bene. NVMP responsabile di finanziare le societ ad essa affiliate, incaricate
di gestire la raccolta ed il trattamento dei RAEE, e i centri di raccolta regionali, presso i
quali vengono convogliati i RAEE provenienti dai centri di raccolta comunali.

Nel sistema di raccolta di ICT Milieu rientrano le apparecchiature ICT da ufficio e quelle
per le telecomunicazioni. Linsieme dei prodotti che gestisce pi limitato rispetto a
NVMP. un sistema finanziato da 160 produttori ed importatori, ma non c alcuna tassa
visibile al consumatore. Tutti i produttori sono obbligati a comunicare il peso totale
dellattrezzatura, classificata per prodotto, immessa sul mercato in un certo intervallo
temporale. La distribuzione dei costi per ciascuna categoria di prodotto, calcolata come
segue:

(kg categoria x del marchio y)/(peso totale categoria x)

Limporto da pagare ridotto se lattrezzatura processata dal produttore stesso.

Il sistema ICT Milieu nel 2002 ha raccolto 9.500 tonnellate, equivalenti a 0,59 kg/abitante.
Lo schema del funzionamento operativo e dei flussi finanziari rappresentato in Figura 6.

Rivenditori
Utenti
Domestici
Punti di raccolta
municipali
Societ di
trasporto
Produttori/dist
ributori
Riciclatori
ICT MILIEU
OLANDA OLANDA
Utenti
commerciali
Magazzini
regionali
Flussi finanziari
Raccolta e trasporto
Flussi di RAEE

Figura 6 - Schema di funzionamento operativo e finanziario del sistema di gestione dei RAEE in
Olanda

Il ruolo degli attori coinvolti nel sistema il seguente:
Produttori e distributori: sono responsabili della raccolta e del trattamento dei
RAEE ritirati o raccolti dai produttori e dalle autorit locali. Sono inoltre
responsabili, sia dal punto di vista organizzativo e finanziario, delleliminazione
delle apparecchiature dismesse. I fornitori e gli importatori di nuove AEE devono
ritirare gratuitamente i modelli vecchi (old for new) se un consumatore o
un'azienda desidera dismetterli.
Consumatori: possono decidere di depositare i RAEE presso i rivenditori o
presso i punti di raccolta comunali. Pagano una tassa per finanziare la raccolta e
il trattamento dei rifiuti.
Imprese Commerciali: possono decidere di restituire i RAEE presso i rivenditori
se acquistano nuove apparecchiature elettroniche in sostituzione delle vecchie,
altrimenti possibile che i rivenditori richiedano il pagamento di un contributo. E
possibile inoltre consegnare a pagamento i RAEE ai centri comunali di raccolta.
Rivenditori: sono obbligati ad accettare i RAEE secondo la formula old for new.
Comuni: mettono a disposizione i centri di raccolta (540 nel 2002).
Regioni: ricevono periodicamente i RAEE per poi trasferirli nei centri di
trattamento e recupero. Sono rimborsati per il 25% dei costi sostenuti.
Aziende di Trasporto: sono responsabili della raccolta dei RAEE e del
trasferimento nei centri di trattamento e recupero. Sono rimborsate sulla base
della quantit di RAEE trasportata.
Aziende di Trattamento e Riciclaggio: si occupano del trattamento e riciclaggio
dei RAEE, e sono remunerate sulla base della quantit trattata.

Inizialmente ICT Milieu aveva impostato un sistema di finanziamento per il quale i
produttori pagavano una tassa annuale fissa pi un importo variabile dipendente dalla
quantit di RAEE raccolta con il proprio marchio. Successivamente, poich la maggior
parte dei RAEE raccolti erano degli orfani, ai produttori stato chiesto un finanziamento
proporzionale alla quota di mercato. ICT Milieu poi responsabile di finanziare le societ
affiliate, incaricate di gestire la raccolta ed il trattamento dei RAEE, e i centri di raccolta
regionali, presso i quali vengono convogliati i RAEE provenienti dai centri di raccolta
comunali. Le aziende, consorziate ad ICT Milieu, che si occupano di trattamento, sono
finanziate a seconda dei costi di riciclaggio reali. E responsabilit dei produttori e degli
importatori decidere il sistema di compensazione per la raccolta e il riciclaggio.

2.3.3 Svizzera
In Svizzera attivo un accordo volontario (Garantie de Reciclage) a partire dal 1994 per
la raccolta e il riciclaggio di apparecchiature elettriche ed elettroniche. Questa ordinanza
si applica alle apparecchiature elettroniche, alle apparecchiature ICT e agli
elettrodomestici.
La legislazione Svizzera in parte anomala, dal momento che obbliga i consumatori a
restituire le apparecchiature e non a depositarle presso i centri di raccolta comunali.
Aziende e consumatori hanno la possibilit di depositare le apparecchiature presso:
Punti vendita;
Direttamente dal produttore/importatore;
In 250 centri di raccolta accreditati.
SWICO lorganizzazione che si occupa di controllare lobbligo dei produttori di ritirare i
prodotti dismessi dai propri acquirenti. Tale sistema stato originariamente sviluppato in
collaborazione con la Swiss Federal Agency per lambiente, le foreste e il territorio.
SWICO mantiene i contatti con tale Agenzia, anche se non c alcun obbligo informativo
o di accreditamento. I produttori e gli importatori si appoggiano a questo sistema che ha il
compito di monitorare la raccolta e il recupero dei RAEE. Non tutti i produttori aderiscono
a questa iniziativa. I produttori che fanno parte del sistema versano due volte allanno il
proprio contributo a SWICO, sulla base del numero di apparecchiature elettriche ed
elettroniche vendute. I prodotti con un prezzo inferiore a 35 non sono tassati. I
contributi versati servono per finanziare le spese di trasporto, trattamento,
disassemblaggio e i costi di comunicazione.
SWICO si occupa di:
Fissare lentit della tassa;
Monitorare il bilancio finanziario;
Sviluppare i processi operativi per la raccolta;
Organizzare le gare pubbliche per i contratti di logistica e riciclaggio;
Altre azioni organizzative.
SWICO ha un accordo con 16 aziende che si occupano del riciclaggio, remunerate sulla
base della quantit trattata.
In questo modo SWICO copre il 100% del territorio svizzero e della popolazione,
raccogliendo a circa 3,3 kg/abitante di RAEE.
Lo schema del funzionamento operativo e dei flussi finanziari rappresentato in Figura 7.

Utenti
Domestici
Punti di raccolta
municipali
Societ di
trasporto
Rivenditori Riciclatori
SWICO
SVIZZERA SVIZZERA
Utenti
commerciali
Produttori/distribut
ori
Flussi finanziari
Raccolta e trasporto
Flussi di RAEE

Figura 7 - Schema del funzionamento operativo e finanziario del sistema di gestione dei RAEE in
Svizzera

Il ruolo dei diversi attori coinvolti nel sistema di seguito riportato:
Produttori e distributori: hanno lobbligo di ritirare gratuitamente i RAEE e di
occuparsi delle fasi successive;
Consumatori: hanno lobbligo di restituire i RAEE. Possono disfarsene attraverso
il produttore o i rivenditori o depositarli nei centri di raccolta comunali dedicati.
Aziende: possono restituire gratuitamente i RAEE ai produttori sulla base della
formula vecchio per nuovo, altrimenti devono pagare un contributo.
Rivenditori: hanno lobbligo di ritirare gratuitamente, presso i propri punti vendita,
i RAEE restituiti dai consumatori in concomitanza allacquisto di una nuova
apparecchiatura elettrica o elettronica che sostituisca quella da dismettere;
Comuni: mettono a disposizione i centri di raccolta (700 nel 2002). Sono
finanziati attraverso il pagamento delle tasse da parte dei consumatori.
Aziende di Trasporto: trasportano i RAEE dai centri di raccolta comunali, dai
depositi dei produttori e dai rivenditori verso le aziende che si occupano del
trattamento. Sono finanziate sulla base della quantit trasportata.
Aziende di Trattamento e Riciclaggio: si occupano del trattamento e riciclaggio
dei RAEE. Ce ne sono 15 e sono finanziate sulla base dei costi di trattamento.
Per il finanziamento del sistema di raccolta dei RAEE attiva in Svizzera la TRA (Tassa
Rifiuti Anticipata): una tassa applicata alle nuove AEE vendute sul mercato svizzero. I
produttori che aderiscono a questa iniziativa includono, nel prezzo finale del prodotto da
vendere, un importo pari al finanziamento necessario per la raccolta e successivo
riutilizzo o smaltimento di un prodotto analogo gi presente sul mercato. Lammontare
della tassa non dipende dal peso del prodotto. Da quando il sistema attivo, tale
contributo stato diminuito per ben due volte. Periodicamente i produttori versano a
SWICO un importo, proporzionale al numero di AEE immessi sul mercato. SWICO

utilizza i finanziamenti raccolti dai produttori per gestire i rapporti con le societ di
trasporto e Trattamento ad essa associate.

2.3.4 Danimarca
In Danimarca la raccolta dalle utenze domestiche di RAEE finanziata dalle tasse attuali
sui rifiuti domestici. I RAEE provenienti dalle organizzazioni industriali sono finanziati
dalle industrie stesse che, al momento del trasporto, pagano l'autorit locale. I
consumatori privati possono restituire i RAEE ai rivenditori e ad altri fornitori che offrono
di raccogliere tali apparecchiature nel quadro dello schema di raccolta dellautorit locale.
I commercianti possono conferire gratuitamente i RAEE nei punti di raccolta, se tali rifiuti
provengono dalle famiglie private.
I 275 comuni hanno fondato 32 societ che si occupano di coordinare la raccolta. Le
province pi popolose hanno la propria societ di riferimento per il coordinamento della
raccolta.
Ci sono, poi, due organizzazioni a livello nazionale (Resonam e Affald) che coordinano
lintera gestione dei RAEE. Resonam si occupa delle attivit relative alla gestione dei
RAEE delle maggiori province danesi, mentre Affald responsabile dei comuni pi
piccoli.
Lo schema del funzionamento operativo e dei flussi finanziari rappresentato in Figura 8.

Utenti
commerciali
Utenti
Domestici
Punti di raccolta
municipali
Societ di
trasporto
Riciclatori
RENOSAM / AFALD
DANIMARCA DANIMARCA
Flussi finanziari
Raccolta e trasporto
Flussi di RAEE

Figura 8 - Schema di funzionamento operativo e finanziario del sistema di gestione dei RAEE in
Danimarca

Il ruolo degli attori coinvolti nel sistema il seguente:
Consumatori: Possono disfarsi dei RAEE consegnandoli gratuitamente ai centri
di raccolta comunali. Il servizio di raccolta Kerbside (dal marciapiede) limitato e
non tutti i comuni lo mettono a disposizione. I cittadini danesi pagano una tassa
sui rifiuti per finanziare la raccolta e il trattamento dei RAEE.

Imprese commerciali: possono consegnare i RAEE gratuitamente nei centri di
raccolta comunali.
Comuni: organizzano la raccolta dei RAEE e degli altri rifiuti solidi urbani
Aziende di Trasporto: organizzano la raccolta dai centri di raccolta comunali
verso le aziende che si occupano di trattamento. Sono finanziati sulla base della
quantit trasportata.
Aziende di Trattamento e Riciclaggio: si occupano del trattamento dei RAEE.
Sono finanziate sulla base dei costi di riciclaggio sostenuti.
I finanziamenti, raccolti a livello comunale, sono convogliati verso gli enti nazionali
(Resonam e Affald) che si occupano di finanziare le attivit di trasporto e trattamento
svolte dalle societ partner scelte dalla regione. Le societ che si occupano del
Trattamento sono finanziate sulla base dei costi di riciclaggio sostenuti, mentre le
aziende che si occupano di trattamento sono finanziate sulla base delle tonnellate
trasportate.

2.4 Criticit tecnologiche e gestionali per le diverse tipologie di RAEE
Nel seguito verranno analizzate le criticit delle diverse apparecchiature, sia dal punto di
vista tecnologico, durante le operazioni di trattamento, sia dal punto di vista gestionale,
per quanto riguarda la valutazione e la stima dei flussi dei beni dismessi.
Dal punto di vista tecnologico la criticit maggiore relativa alle grandi apparecchiature di
refrigerazione che contengono sostanze lesive dellozono (CFC e HCFC) impiegate come
liquidi refrigeranti o espandenti nelle schiume poliuretaniche isolanti; sebbene tali
sostanze siano state progressivamente bandite
23
, come riportato nei paragrafi 1.3 e
3.2.1, e sostituite da idrocarburi, quali, ad esempio, pentano o i suoi derivati, o
idrofluorocarburi, diventa indispensabile evidenziare i beni che le contengono al fine di:
valutare per quali beni sia possibile recuperare ed eventualmente riutilizzare il
liquido refrigerante anzich smaltirlo;
identificare i beni contenenti schiume espanse con carburi che presentano un
elevato rischio di esplosione, che rendono necessario uno stretto controllo
dellatmosfera in camera di triturazione.
Per i grandi elettrodomestici quali lavatrici e lavastoviglie pu essere invece significativo
evidenziare la percentuale di beni contenenti condensatori con PCB, la cui immissione
sul mercato stata vietata a partire dal 1988.
Per quanto riguarda la stima delle apparecchiature avviate a dismissione, pu essere
effettuata sulla base della curva di invecchiamento relativa al bene. Le curve
dinvecchiamento rappresentano la distribuzione di probabilit di sopravvivenza di ogni
singola macroclasse delle apparecchiature considerate e sono relative ad elaborazioni
AFME (1995).
Nellelaborazione di modelli che si basino su tale approccio per indispensabile fissare
alcune ipotesi di lavoro:
le curve si sono mantenute costanti negli anni;
la dismissione futura, che si basa, in parte, anche su stime di vendita degli anni
futuri, viene effettuata con una certa percentuale di incertezza
24
.
Delle due ipotesi, la prima senza dubbio la pi forte, perch non tiene conto di due
fenomeni significativi che alterano la forma della curva dinvecchiamento, e che sono:
il progresso tecnologico, che tende ad allungare la vita utile del bene o
comunque a diminuire la percentuale di beni che necessitano di sostituzione nei

23
A partire dal 1996 vietato lutilizzo di CFC ed HCFC come liquidi refrigeranti, mentre a partire dal 2003
come espandenti nelle schiume poliuretaniche isolanti.
24
Questo si ripercuote soprattutto su quei beni a ridotta vita utile, in cui il tasso di ricambio elevato e in cui
leffetto smorzante dei dati storici rispetto alle vendite future meno influente di quanto invece accade per quelli
con elevata vita utile.

primi anni della vita utile in seguito a guasti e tende quindi ad appiattire la prima
parte della curva;
particolari politiche di incentivo alla rottamazione, che favoriscano il ricambio del
bene anche in presenza del buon funzionamento dello stesso.
Il modello risulta appropriato soprattutto per individuare quando beni venduti nel passato
e la cui produzione cessata (di cui si conoscono con precisione i dati di vendita e i cui
volumi di dismissione non verranno influenzati da ulteriori vendite future) entreranno nel
circuito di dismissione: il caso delle apparecchiature contenenti CFC o HCFC piuttosto
che condensatori con PCB.
Per le apparecchiature informatiche o di consumo non esistono particolari criticit
tecnologiche e dunque la stima dei flussi pu limitarsi a valori medi rilevati a consuntivo o
a previsioni basate sui dati di vendita.

2.5 Le apparecchiature, il profilo delle vendite e di dismissione
Lattenzione di questo studio rivolta in particolare ad alcune categorie particolarmente
importanti per la consistenza del mercato che le contraddistingue e per la presenza, al
loro interno, di componenti e sostanze ambientalmente critici quali:
grandi elettrodomestici;
apparecchiature di consumo.
La prima macrocategoria comprende, in particolare, le grandi apparecchiature di
refrigerazione (frigoriferi e congelatori) e gli altri grandi elettrodomestici (lavatrici e
lavastoviglie); della seconda categoria invece si considerano, allinterno dellanalisi
effettuata, in particolare gli apparecchi televisivi a tubo catodico e i monitor di PC.
Per quanto concerne la classificazione in bianchi, bruni o grigi, nonostante sia
entrata nel gergo comune degli addetti ai lavori, bene sottolineare come la
classificazione non sia univoca, soprattutto per quanto riguarda le ultime due categorie;
per questo motivo, al fine di mantenere chiarezza, si far riferimento principalmente alla
classificazione indicata negli allegati alla Direttiva.
Si pu pensare infatti che lanalisi delle tre macro categorie possa coprire dal punto di
vista metodologico ed applicativo tutte le problematiche inerenti il recupero e trattamento
dei RAEE.
In particolare la prima macrocategoria interessante in quanto, essendo caratterizzata
da elettrodomestici di dimensione e peso notevoli, copre una rilevante quota (in peso e
volume) di tutti i RAEE prodotti; lanalisi e la proposta di soluzioni per tale macrocategoria
nellambito della logistica di recupero, della capacit di trattamento, delle possibilit di
ricavo dalla vendita di materie prime seconde e del trattamento di sostanze
ambientalmente critiche (CFC, PCB, mercurio, ...) permette una ragionevole estensione
dei risultati per tali ambiti alle altre macrocategorie.
La seconda macrocategoria permette di completare lanalisi delle principali tecnologie di
trattamento (soprattutto per quanto riguarda il disassemblaggio manuale) e delle criticit
ambientali (polveri fluorescenti, PCB, ecc.).
In questo paragrafo verranno analizzati il mercato italiano ed i possibili flussi di beni
dismessi annualmente; successivamente verr data una caratterizzazione dei beni, in
termini di componentistica presente e di materiali utilizzati, al fine di meglio comprendere
le possibilit di recupero e il mercato delle materie prime seconde.
importante tenere presente che tale caratterizzazione, cos come la successiva analisi
del mercato italiano e le previsioni dei flussi di beni dismessi, valida per i beni di
provenienza domestica.

2.5.1 I grandi elettrodomestici
I grandi elettrodomestici possono essere suddivisi in due sottocategorie:

grandi apparecchiature per la refrigerazione: comprendono i frigoriferi e i
congelatori; a tal proposito da sottolineare come lo studio sia in realt
incentrato soprattutto sui frigoriferi, il cui numero decisamente superiore a
quello dei congelatori; i congelatori sono infatti un bene a limitata diffusione, non
certo presente in quasi tutte le famiglie italiane, a differenza invece di quanto
accade per il frigorifero.
Sul mercato nazionale esistono congelatori verticali, detti anche ad armadio, e
congelatori a pozzo; dal punto di vista dimensionale si nota che le dimensioni di
quelli verticali sono analoghe a quelle dei frigoriferi, mentre per quelli a pozzo si
verifica una riduzione dellaltezza. In entrambi i casi il peso medio comunque
paragonabile a quello di un frigorifero.
Dal punto di vista della componentistica funzionale interna non sono presenti
differenze sostanziali, e per questo, senza commettere significativi errori, si pu
pensare di assimilarli in toto ai frigoriferi.
altri grandi elettrodomestici: comprendono lavatrici e lavastoviglie.
Il mercato italiano dei grandi elettrodomestici, secondo i dati rilevati e le previsioni
effettuate dallosservatorio Findomestic
25
, ha subito, nel corso del 2002, una flessione nei
consumi generalizzata in termini di volumi di vendita, cui non corrisponde un
proporzionale calo della spesa a causa dellaumento del valore di inflazione settoriale; la
flessione nelle vendite interessa indistintamente tutti i comparti, seppure con intensit
variabile: i frigoriferi, dopo aver mostrato un trend crescente dal 1996 al 2000, hanno
evidenziato nel 2001 uninversione di tendenza; discorso analogo per i congelatori, le
lavastoviglie e le lavatrici, che continuano a rappresentare il comparto pi importante in
termini di spesa. Le serie storiche dellandamento dei valori della spesa, relativamente a
queste categorie di beni, sono riportate in Figura 9.

0
100
200
300
400
500
600
ML
Frigoriferi e congelatori
304 315 364 394 423 502 511
Lavatrici
461 473 513 539 553 543 546
Lavastoviglie
106 109 122 133 140 138 138
1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002


Figura 9 - Andamento della spesa per i grandi elettrodomestici (Dati Findomestic)





25
Losservatorio Findomestic 2002-2003 disponibile ondine sul sito www.fidonline.it.


2.5.1.1 Frigoriferi e congelatori
Lapplicazione della curva di invecchiamento ai dati di vendita di frigoriferi e congelatori,
relativamente agli anni 1976-2000, permette di generare il profilo di dismissione,
aggregato a livello nazionale e riportato in Figura 10. In questa analisi ci si arrestati
allanno 2006 in quanto a partire dal 2007 una percentuale dei beni dismessi inizia a
dipendere dai dati di vendita successivi al 2000.
Particolarmente interessante la differenziazione tra i beni prodotti prima del 1996, che
contengono CFC o HCFC come liquidi refrigeranti, da quelli successivi che contengono
pentano. Lanalisi di tale tipologia di beni evidenzia come la definitiva scomparsa dal
parco di apparecchi prodotti prima del 1996 sia prevista per lanno 2019 (Figura 11).

0
500.000
1.000.000
1.500.000
2.000.000
2.500.000
unit
2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006
anno di dismissione CFC o HCFC Pentano


Figura 10 - Profilo di dismissione per frigoriferi e congelatori

0
500.000
1.000.000
1.500.000
2.000.000
2.500.000
unit
2000 2004 2008 2012 2016 2020
anno di dismissione
Frigoriferi con CFC o HCFC


Figura 11 - Profilo di dismissione dei frigoriferi contenenti CFC o HCFC come liquido refrigerante



Le principali componenti di un frigorifero domestico, considerando i beni presenti sul
mercato possono essere ricondotte a:
mobile, formato da porte, top e basamento;
componentistica interna;
impianto refrigerante;
componentistica elettronica.

Mobile
La struttura esterna di un frigorifero viene realizzata utilizzando lamiera in acciaio
verniciata, polistirolo e schiuma poliuretanica.
La struttura scatolare e lesterno, in lamiera, piegato per poter accogliere allinterno il
polistirolo che viene stampato sotto vuoto, gi predisposto per accogliere la
componentistica interna.
Tra le due parti viene inserita, attraverso la tecnica dello schiumaggio, il poliuretano con
la funzione di coibente termico, ma anche con il compito di contribuire a sorreggere la
struttura una volta che la schiuma indurita.
Il poliuretano viene espanso attraverso gas, principalmente HCFC, nei modelli prodotti in
passato, e derivati del pentano in seguito alle limitazioni legislative e dei programmi
graduali di riduzione nellutilizzo di SLO; la quantit di gas mediamente utilizzata pu
essere stimata in circa 300 g/unit.
Le porte vengono realizzate con lo stesso procedimento seguito per il mobile, ponendo
particolare attenzione allermeticit, garantita solitamente attraverso apposite guarnizioni.
Il top pu essere integrato nel mobile stesso-si parla in questo caso di processo a
mantello- oppure, nel caso costituisca una parte a se stante, viene realizzato in lamiera
piegata che dopo loperazione di schiumatura viene fissato al resto del mobile.
Il basamento costituisce una struttura di rinforzo al mobile, realizzato in acciaio, ed
progettato per alloggiare i piedini di supporto del mobile e parte della componentistica del
circuito refrigerante.

Componentistica interna
La componentistica interna (Figura 12), comprende i contenitori e i ripiani presenti
allinterno del mobile per facilitare la disposizione dei cibi, realizzati in diversi materiali, in
particolare diverse variet di polimeri.
Esiste poi il blocco termostato-lampada che viene alloggiato sulla parete interna
attraverso un supporto metallico.





Figura 12 - Esploso del mobile di un frigorifero e della componentistica interna
(fonte Merloni Elettrodomestici)


Impianto refrigerante
Limpianto refrigerante (Figura 13) costituisce un assieme che viene assemblato nella
parte finale del processo produttivo.
formato dal compressore, posto solitamente sul basamento nella parte posteriore del
mobile, che fa circolare il liquido refrigerante nellevaporatore, un tubo in rame della
lunghezza di circa 15 metri, che svolge la fondamentale azione di sottrarre il calore dalle
celle interne.
I liquidi refrigeranti utilizzati in passato, nei modelli prodotti fino al 31/12/1995, CFC e
HCFC, sono stati sostituiti da idrocarburi e in particolare derivati del pentano; la quantit
di liquido refrigerante presente in ogni modello, dipendente dalla capacit di carico del
frigorifero, pu essere stimata mediamente in circa 100 g/unit.


.

Figura 13 - Esploso dellimpianto refrigerante di un frigorifero (fonte Merloni Elettrodomestici)

Componentistica elettronica
La componentistica elettronica si diffusa solo recentemente, ma rappresenta in ogni
caso un assieme che viene assemblato sul prodotto finito, solitamente in vani ricavati nel
rivestimento interno.
Per dare una caratterizzazione del bene in termini di materiali costituenti e composizione
media, il riferimento dato dalle linee guida APAT, che forniscono, in percentuale rispetto
al peso medio del bene, il relativo bilancio di massa.
Ipotizzando un peso medio per il frigorifero pari a 47 kg
26
possibile ricavare i risultati
riportati in Tabella 5.
Va rilevato che, in relazione ai diversi modelli presenti sul mercato ed alle diverse
capacit di carico, potrebbero rilevarsi anche apprezzabili e significative differenze, ma
opportuno prendere in considerazione i valori medi per poter trarre delle conclusioni che
abbiano il carattere della maggiore generalit possibile.


26
Tale valore tratto dal Rapporto sui rifiuti 2000 redatto dal Ministero dellAmbiente.

Acciaio
Alluminio
Rame
PVC
Plastiche
Poliuretano
Vetro
Vernice
Olio
CFC
Altro


MATERIALE
PERCENTUALE
[%]
QUANTIT
[kg]
Acciaio 60 28,2
Alluminio 3 1,41
Rame 3 1,41
PVC 1 0,47
Plastiche 13 6,11
Poliuretano 10 4,7
Vetro 1 0,47
Vernice <1 <0,47
Olio 1 0,47
CFC <1 <0,47
Altro 7 3,29

Tabella 5 - Bilancio di massa frigorifero


2.5.1.2 Lavatrici
Le lavatrici che annualmente entrano nel circuito di dismissione, valutate attraverso le
curve di invecchiamento, aggregate a livello nazionale, sono riportate in Figura 14. In
questo caso si provveduto ad evidenziare i beni prodotti fino al 1988, contenenti quindi
condensatori con PCB allinterno
27
: secondo questo modello la definitiva scomparsa di
tali beni dal parco prevista per il 2006.


27
Nonostante alcuni produttori affermino che lutilizzo di PCB cessato prima del 1988, si assume come data
limite dellutilizzo quella stabilita dalla legislazione italiana.

0
200.000
400.000
600.000
800.000
1.000.000
1.200.000
1.400.000
1.600.000
1.800.000
unit
2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006
anno
Con PCB Senza PCB


Figura 14 - Profilo di dismissione per lavatrici

Le principali componenti costituenti una lavatrice, pur nella variet che attualmente
caratterizza i modelli presenti sul mercato, che possono essere in prima battuta suddivisi
tra modelli a carica frontale e modelli a carica dallalto, si riconducono a:
componentistica elettromeccanica;
vasca;
cesto;
sistema ammortizzante;
mobile, che include top, basamento e obl.

Componentistica elettromeccanica
Comprende il motore e il sistema di trasmissione che mette in rotazione il cestello
durante le fasi di lavaggio e centrifuga, la resistenza che riscalda lacqua, i sistemi di
dosaggio del detersivo e la pompa del sistema di scarico.
Tali componenti, costituiti di diversi materiali vengono assemblati in diverse fasi e
rappresentano dei sottoinsiemi funzionali ben definiti, Figura 15 a e b.



Figura 15a - Esploso del Cesto di una lavatrice e di parte della componentistica elettromeccanica
(fonte Merloni Elettrodomestici)


Vasca
La vasca svolge la funzione di contenere il cestello e garantire la tenuta dellacqua
durante le operazioni di lavaggio.
Viene realizzata solitamente in acciaio inox o smaltato oppure in plastica. In genere, sono
presenti dei rinforzi in lamiera zincata, se costituita in acciaio, oppure direttamente
stampati se realizzata in materiale plastico.

Cesto
Il cesto, al cui interno vengono caricati gli indumenti, sostenuto allinterno della vasca
dallalbero di trasmissione, che trasmette il moto ed realizzato in acciaio inox stampato
e traforato, al fine di ottenere una circolazione dellacqua ottimale.

Sistema ammortizzante
Il sistema ammortizzante comprende una serie di ammortizzatori e molle, che equilibrano
la vasca sospesa allinterno del mobile, e il contrappeso, realizzato in ghisa o in cemento,
con lo scopo di ancorare e stabilizzare la vasca, soprattutto durante loperazione di
centrifuga.

Mobile
Il mobile, a differenza di quanto avviene per i frigoriferi, realizzato in pi parti di lamiera
smaltata che vengono poi assemblate per saldatura, imbullonatura o altre tecnologie di
fissaggio.
Alcuni modelli hanno una struttura autoportante, mentre altri necessitano di traverse
metalliche di supporto.
Il top solitamente realizzato in lamiera, anche se non mancano modelli realizzati in
plastica, soprattutto PP (Polipropilene), mentre il basamento, che pu essere integrato
nel mobile, realizzato in lamiera; nei modelli in cui il basamento realizzato in plastica
sono comunque previsti dei rinforzi metallici in corrispondenza degli angoli, dove si
innestano gli ammortizzatori.
Obl
Comprende, oltre allobl vero e proprio realizzato in vetro o plastiche appropriate, il
sistema di guarnizioni in gomma che assicura la tenuta allacqua.





Figura 15 b - Esploso del mobile e dell'obl (fonte Merloni Elettrodomestici)

La caratterizzazione in termini di composizione media, ancora una volta desunta dalle
linee guida APAT, considerando un peso medio del bene pari a 67 kg, porta ai valori
riportati in Tabella 6.

Acciaio
Acciaio
zincato
Acciaio inox
Altro
Calcestruzzo
Ghisa
Alluminio
Plastica
Rame
Gomma
Vetro
Legno e
plastica






MATERIALE
PERCENTUALE
[%]
QUANTIT
[KG]
Acciaio 7 4,69
Acciaio zincato 28 18,76
Acciaio inox 10 6,7
Ghisa 11 7,37
Alluminio 3 2,01
Rame 1 0,67
Plastica 5 3,35
Gomma 3 2,01
Vetro 2 1,34
Legno e plastica 4 2,68
Calcestruzzo 22 14,74
Altro 4 2,68

Tabella 6 - Bilancio di massa lavatrice

2.5.1.3 Lavastoviglie
Le lavastoviglie che annualmente entrano nel circuito di dismissione, valutate attraverso
le curve di invecchiamento, aggregate a livello nazionale, sono riportate in Figura 16. La
curva di invecchiamento per questi beni identica a quella per le lavatrici: la differenza
risiede nei dati di vendita; anche in questo caso si provveduto ad evidenziare i beni
prodotti fino al 1988, contenenti condensatori con PCB, la cui scomparsa dal parco
nazionale prevista per il 2006.
Da notare come laumento delle vendite degli ultimi anni (caratteristico del processo di
diffusione nelle famiglie italiane di tali apparecchiature) provochi un continuo
innalzamento, negli anni futuri, del numero di beni dismessi da trattare.

0
100.000
200.000
300.000
400.000
500.000
600.000
700.000
unit
2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006
anno
Con PCB Senza PCB

Figura 16 - Profilo di dismissione per lavastoviglie


Le lavastoviglie presentano uno schema costruttivo tecnico e funzionale sostanzialmente
uniforme, riconducibile ai seguenti sotto-assiemi:
componentistica elettromeccanica;
vasca;
mobile, che include sportello, top e basamento;
componentistica interna.

Componentistica elettromeccanica
Comprende il motore che garantisce, al contempo, il pompaggio e la circolazione
dellacqua, la resistenza di riscaldamento, il sistema di dosaggio e distribuzione dei
detersivi nella vasca ed il sistema di raccolta e scarico.
Oltre a questi sottoinsiemi esiste la centralina elettronica, che gestisce il controllo e il
collegamento tra i vari componenti.

Vasca
La vasca, realizzata nella quasi totalit dei casi in acciaio inox, garantisce, oltre alla
tenuta, il supporto a tutta la componentistica interna, in particolare comprende le guide
per i cestelli porta stoviglie, ed rivestita esternamente da fogli di materiale bituminoso
con funzione smorzante.

Mobile
Tale parte viene realizzata secondo due distinte modalit: la prima prevede che il mobile
funga semplicemente da rivestimento di una struttura portante realizzata separatamente
in lamiera zincata, la seconda invece che sia una struttura autoportante, realizzata quindi
direttamente in lamiera smaltata.
Lo sportello realizzato in due strati: uno esterno in lamiera zincata ed uno interno in
lamiera inox, rifinito con guarnizioni in gomma che garantiscono la tenuta.
Il top, cos come avviene nelle lavatrici, realizzato in lamiera o plastica, in particolare
PP.
Il basamento viene invece realizzato in lamiera inox, se la struttura del mobile
autoportante, in lamiera zincata viceversa.



Figura 17 - Esploso di una lavastoviglie (fonte Merloni Elettrodomestici)

Componentistica interna
La componentistica interna comprende i vari cestelli reggi-stoviglie, in acciaio plastificato
ed i reggi-posate, realizzati invece in materiale plastico.


La caratterizzazione in termini di materiali costituenti il bene, in relazione alle percentuali
APAT e considerando un peso medio del bene pari a 50 kg, portano ai risultati riportati in
Tabella 7.

Acciaio
Acciaio
zincato
Acciaio inox
Legno e
plastica
Altro
Catrame
Rame
Gomma
Plastica


MATERIALE
PERCENTUALE
[%]
QUANTIT
[kg]
Acciaio 28 14
Acciaio zincato 17 8,5
Acciaio inox 17 8,5
Catrame 12 6
Rame 2 1
Plastica 12 6
Gomma 2 1
Legno e plastica 6 3
Altro 4 2

Tabella 7 - Bilancio di massa lavastoviglie

2.5.2 Le apparecchiature di consumo
Gli elettrodomestici bruni comprendono i televisori, ma data la similarit costruttiva
possono anche essere compresi i monitor dei PC (che a rigore appartengono agli
elettrodomestici grigi); ci che contraddistingue questi beni la presenza del tubo
catodico, CRT (Cathode Ray Tube).
Per quanto riguarda il mercato degli elettrodomestici bruni, possiamo distinguere tre
comparti. Quello dei televisori a colori mostra una flessione costante sino al 1997, seguita
da una ascesa negli anni successivi. Quello dei TVR
28
ha registrato un continuo aumento
sino al 2000, per poi registrare una flessione costante che fa pensare ad una raggiunta
saturazione del mercato dopo la grande espansione degli anni precedenti.
Per quanto riguarda i monitor per PC la valutazione del mercato pi problematica:
complessivamente si registra una forte flessione delle vendite, sia in termini di volumi sia
di spesa, a testimonianza della raggiunta saturazione del mercato. Esiste per una
marcata differenziazione tra gli acquisti delle famiglie, che coprono circa il 55% del

28
Sono piccoli televisori, solitamente 14, che integrano il videoregistratore.

mercato, e quelli da parte delle aziende: i PC domestici vengono spesso sottoposti ad
aggiornamenti od integrazioni di componenti, al fine di mantenerli aggiornati senza
acquistarne di nuovi, posticipando la sostituzione completa.
Le serie storiche dellandamento dei valori della spesa, relativamente a queste categorie
di beni, sono riassunte in Figura 18.

0
200
400
600
800
1000
1200
ML
Televisori
907 866 955 927 977 984 1004
TVR
45 58 68 79 94 81 70
Monitor
260 343 383 610 671 597 525
1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002


Figura 18 - Andamento della spesa per gli elettrodomestici bruni (Dati Findomestic)

Per quanto riguarda il profilo di dismissione dei beni con CRT, siano TV,TVR o monitor di
PC, lapproccio basato sulle curve di invecchiamento, come gi evidenziato nel paragrafo
2.4, non porta particolari benefici, in quanto non esistono particolari categorie di beni
prodotti negli anni passati di cui necessario stimare il profilo di dismissione. La stima
che si basa su questo approccio ha senso se si considerano gli anni immediatamente
successivi a quelli di cui si conoscono i dati di vendita, non influenzati dalle vendite non
ancora registrate e che necessitano di previsioni; a differenza dei grandi elettrodomestici,
che sono caratterizzati da una vita utile pi lunga e che negli anni immediatamente
successivi la vendita non registrano significativi tassi di dismissione inficiandone la stima,
queste apparecchiature presentano maggiori tassi di sostituzione negli anni successivi
alla vendita e risulta dunque pi problematico lutilizzo di tale approccio.
Elaborando i dati di vendita compresi tra 1989 e 2002 possibile ricavare, per il 2002,
una stima di circa 3.200.000 TV e 1.200.000 monitor sul territorio nazionale.
Le parti principali che costituiscono un monitor sono:
CRT;
componentistica elettronica di controllo;
struttura esterna.

CRT
Il tubo catodico consente la riproduzione dellimmagine, grazie al trasduttore elettro-ottico
(cinescopio), che converte il segnale video in ingresso nellimmagine di partenza.
I monitor a CRT sono tutt'oggi i pi diffusi, sebbene tale tecnologia costruttiva risalga al
1897 ad opera del tedesco Ferdinand Braun, che la svilupp per realizzare strumenti di
misura per la corrente alternata
29
.

29
Gli studi di Braun erano finalizzati alla realizzazione dei noti oscilloscopi.

Un monitor CRT costituito da unampolla di vetro, nella quale realizzato il vuoto: la
parte anteriore del tubo, denominata pannello, rivestita da un sottile strato uniforme di
sostanze fluorescenti in grado di emettere luce se colpite da elettroni in atmosfera
rarefatta; le sostanze utilizzate sono costituite da silicati o solfuri, oppure da ossidi di
zinco, cadmio e magnesio. Al fine di migliorare il rendimento luminoso dello schermo, lo
strato fluorescente ricoperto, nella parte interna, da una patina sottilissima dalluminio.
In questo modo, pur non costituendo un ostacolo al cammino degli elettroni, si ottiene il
passaggio frontale della luce, generata, e non quella della luce riflessa incidente.
La parte posteriore del tubo, denominata cono, trattata con grafite per impedire i riflessi
di luce, che andrebbero a disturbare limmagine sul cinescopio.
Il catodo, posto nella parte posteriore, produce elettroni "sparati" verso il pannello, la cui
traiettoria, importante per la corretta visualizzazione dellimmagine e dei colori,
controllata dal campo magnetico generato dal giogo di deflessione, e dalla maschera
realizzata in apposite leghe metalliche, quali lINVAR, a bassa deformabilit, in modo da
impedire il peggioramento delle immagini visualizzate a causa della dilatazione dei fori
attraverso cui passano gli elettroni.

Componentistica elettronica di controllo
Per ottenere dei buoni risultati, non sufficiente il solo tubo catodico, ma serve anche un
circuito di controllo che gestisca il funzionamento del monitor con il compito di gestire il
segnale in ingresso, lantenna o la scheda video del PC. Il circuito deve ottimizzare
l'amplificazione del segnale e il funzionamento del cannone elettronico.

Struttura esterna
La struttura esterna, che contiene il CRT e la componentistica elettronica, funge da
semplice contenitore, senza compiti strutturali ed solitamente realizzata in plastica.



Figura 19 - Esploso di un televisore, con CRT e struttura esterna

La caratterizzazione dei beni in termini di composizione media risulta difficoltosa, a causa
soprattutto dellalta variet nella composizione del tubo catodico utilizzata dalle diverse
case costruttrici.
Il cinescopio di un televisore o di un monitor di computer generalmente costituito da 4
parti in vetro: schermo (parte frontale), cono (parte racchiusa allinterno dellapparecchio

TV), fritta (giunto tra pannello e cono) e collo. Ciascun componente in vetro di un
cinescopio ha una composizione particolare, in base alla funzione che deve svolgere:
schermo: costituito da un vetro arricchito di stronzio e bario, attualmente esente
da piombo, il cui peso circa 2/3 dellintero cinescopio. Si tratta di un vetro molto
omogeneo, alla stregua dei vetri ottici e piuttosto spesso
30
, in quanto deve
assorbire i raggi X e UV prodotti dal cannone elettrico;
cono: costituito da un vetro al piombo, pi sottile di quello dello schermo, che
arresta tutti i raggi X e UV che sfuggono lateralmente dallapparecchio televisivo,
e costituisce in peso, circa 1/3 dellintero cinescopio;
fritta: costituita da uno smalto al piombo basso-fondente, usato per tenere
insieme schermo e cono;
collo: costituito da un vetro ricco in piombo che racchiude il cannone
elettronico.
Considerando un peso medio del bene pari a circa 20 kg, sulla base delle informazioni e
dei dati rilevati presso alcune piattaforme di trattamento operanti sul territorio nazionale si
possono ottenere i risultati riportati in Tabella 8.
Vetro cono
Vetro
pannello
Plastiche
HIPS
Plastiche
miste
Cavi
Terre rare
Altro
Rottami
ferrosi
Giogo
Schede
elettroniche


MATERIALE
PERCENTUALE
[%]
QUANTIT
[kg]
Vetro cono 13 2,60
Vetro pannello 39 7,80
Plastiche HIPS 14 2,80
Plastiche miste 15 3,00
Giogo 2,50 0,50
Cavi 1,16 0,23
Rottami ferrosi 2,30 0,46
Schede elettroniche 5 1,00
Terre rare 0,04 0,01
Altro 8 1,60

Tabella 8 - Bilancio di massa monitor

30
Lo spessore varia da 1 a 2 cm.

3 PRINCIPALI TECNOLOGIE DI TRATTAMENTO

3.1 Lalbero di processo
I beni dismessi, dopo essere stati raccolti e conferiti alle piattaforme di trattamento,
subiscono una serie di operazioni di trasformazione al fine di ottenere componenti o
materiali suscettibili di riutilizzo e smaltire correttamente eventuali componenti o sostanze
pericolose. Tali operazioni, alcune delle quali soggette a disposizioni di legge particolari e
pur diverse in relazione alla tipologia di bene ed alle tecnologie adottate dalla specifica
piattaforma di trattamento, possono essere raggruppate in macrofasi (Figura 20), cos
come evidenziato nelle linee guida APAT
31
e nella recente norma CEI 308-2, che
disciplina la corretta gestione delle apparecchiature elettriche ed elettroniche a fine vita.



Figura 20 - Macrofasi individuabili nel trattamento dei RAEE

Ognuna delle macrofasi comporta vincoli e criticit proprie:
il trasporto deve essere effettuato in modo da garantire lintegrit del bene e dei
suoi componenti, in modo da non pregiudicarne il successivo recupero o
riutilizzo. Inoltre, i componenti o le sostanze pericolose contenute nei RAEE non
devono essere persi o rilasciate durante il trasporto
32
;
il pretrattamento unoperazione che precede la messa in sicurezza e consiste
nella rimozione di eventuali parti mobili e componenti al fine di facilitare
loperazione successiva; le parti ed i componenti che vengono rimossi possono
subire una revisione, in vista di un loro riutilizzo, o essere avviati al trattamento
completo successivo;
loperazione di messa in sicurezza, obbligatoria per legge, consiste nella
rimozione, se necessario in ambienti controllati, di tutte quelle sostanze o di quei
componenti che possono essere pericolosi per luomo o per lambiente;
lo smontaggio e separazione dei componenti pu venire eseguito, dopo la messa
in sicurezza, per recuperare parti o componenti in vista di un successivo riutilizzo;
tale operazione, difficilmente automatizzabile, richiede spesso un elevato
contenuto di lavoro manuale
33
;
il trattamento completo prevede la triturazione del bene e la successiva
separazione dei materiali, ottenuta con diverse tecnologie;

31
Nel 1998, nellambito di un gruppo di lavoro del Ministero dellAmbiente, stato creato un sottogruppo ad
hoc per la valutazione dei parametri di efficacia ambientale dei centri di trattamento dei beni durevoli dismessi,
che ha portato alla stesura delle linee guida APAT (ex ANPA).
32
Per quanto riguarda i beni che contengono sostanze lesive dellozono, quali frigoriferi e condizionatori, lAPAT
ha stimato che pi del 35 % dei beni che giungono agli impianti di trattamento abbia gi rilasciato in atmosfera il
liquido refrigerante contenuto nella serpentina, con notevole impatto ambientale.
33
I tempi di disassemblaggio completo per alcuni beni, rilevati in uno studio inglese (WEEE final market report,
2002), variano dai 65 minuti per un frigorifero, ai 100 minuti per una lavabiancheria.

loperazione successiva di recupero comprende invece, oltre alla valorizzazione
di materiali e componenti, anche la termovalorizzazione o il recupero energetico;
lo smaltimento rappresenta invece la via obbligata per quelle tipologie di materiali
pericolosi o componenti che vengono separati durante la messa in sicurezza o
nelle successive operazioni di trattamento, che non possono essere recuperati.
Tale via, purtroppo, non sempre rappresenta una soluzione con basso impatto
ambientale a causa dello scarso controllo cui sono sottoposte le discariche.
Lassenza inoltre di una unificazione, a livello nazionale, dei prezzi di
conferimento, provoca delle asimmetrie di mercato, favorendo comportamenti
speculativi.
In relazione alla tipologia del bene ed alla configurazione impiantistica della piattaforma di
trattamento si possono presentare diverse alternative (Lambert, Stoop, 2000): linsieme
delle possibili alternative di processo, che realizzano le singole macrofasi, sar indicato
con il termine di albero di processo. Lalbero di processo rappresenta quindi un albero
delle decisioni per la configurazione di piattaforme di trattamento che deve essere
percorso con due presupposti fondamentali:
disposizioni di legge;
tecnologie disponibili ed effettivamente adottate.
Di seguito verranno presentati lalbero di processo per i grandi elettrodomestici e quello
per le apparecchiature di consumo, evidenziando le principali tecnologie, presenti in
letteratura o adottate in impianti di trattamento nazionali o esteri, che realizzano le
operazioni indicate. Per alcune operazioni, quali ad esempio per la triturazione o la
separazione dei materiali, le tecnologie verranno descritte relativamente agli
elettrodomestici bianchi, ma a tali pagine si rimanda, ove indicato, anche per le
operazioni comuni, relative ai bruni.

3.2 Tecnologie per i grandi elettrodomestici
Alle macrofasi individuate nel paragrafo precedente, corrispondono diverse operazioni ed
alternative tecnologiche (Figura 21): la sequenza di operazioni da effettuare a seguito
della dismissione di un bene durevole stabilita per legge:
nellallegato I del DM 5/2/98 ai punti [5.19], se il bene non contiene SLO
(lavabiancheria e lavastoviglie);
dal Decreto 20/9/2002 se invece il bene contiene SLO (frigoriferi, congelatori e
condizionatori).





Figura 21 - Albero di processo per elettrodomestici bianchi

Per le operazioni di messa in sicurezza, ad esempio, nel caso di lavatrici e lavastoviglie
prevista la rimozione di parti cromate, condensatori e cavi rivestiti in piombo, mentre per
frigoriferi e congelatori necessario rimuovere anche gli interruttori a mercurio, gli oli e le
sostanze lesive dellozono contenute nella serpentina (quelle presenti nelle schiume
poliuretaniche vengono recuperate durante la successiva operazione di triturazione).
Per quanto riguarda le SLO (sostanze lesive dellozono), importante sottolineare che
sono presenti in questi beni come:
liquidi refrigeranti; la quantit presente funzione della tipologia specifica di
bene. Per i frigoriferi e congelatori in particolare, si pu stimare una quantit
media di liquido refrigerante pari a circa 100 g/unit;
espandenti nelle schiume poliuretaniche dei pannelli isolanti; la quantit presente
nelle schiume poliuretaniche, stimata attraverso unanalisi dei beni presenti sul
mercato tedesco negli ultimi cinque anni, di circa 300-340 g/unit.
Le principali sostanze utilizzate in passato nei beni che oggi hanno raggiunto il termine
della loro vita utile sono i Cloro-fluoro-carburi (CFC) e gli Idroclorofluorocarburi (HCFC).
Tali sostanze hanno un effetto negativo sullambiente, in particolare in termini di
distruzione dello strato di ozono.
Per questo motivo, a seguito del Regolamento (CE) 3093/94, sono stati vietati la
produzione di CFC e lutilizzo di HCFC come liquido refrigerante; successivamente, nel
Regolamento (CE) 2037/2000, il divieto di produzione stato esteso anche agli HCFC a
partire dal 2025; per gli HCFC viene disposto il divieto di utilizzo, sia come refrigeranti
(gi dal 1 gennaio 1996), sia come espandenti nelle schiume poliuretaniche isolanti (dal 1
gennaio 2003). Inoltre previsto, per tutte le sostanze lesive dellozono contenute negli
allegati di tale decreto, un programma di eliminazione graduale (Tabella 9).




DIVIETI DI UTILIZZO E PRODUZIONE
SOSTANZA PRODUZIONE
UTILIZZO COME
REFRIGERANTE
UTILIZZO COME
ESPANDENTE
CFC 1 gennaio 1995 1 gennaio 1996
HCFC 1 gennaio 2026
1 gennaio 1996
(frigoriferi)
1 gennaio 2001
(condizionatori)
1 gennaio 2003

Tabella 9 - Divieti di produzione e utilizzo di SLO a seguito dei Regolamenti (CE) 3093/94 e
2037/2000.

Tali sostanze sono state sostituite soprattutto da Idrofluorocarburi (HFC) e Idrocarburi
(HC) (Isobutano per il circuito refrigerante e Ciclopentano per le schiume poliuretaniche
isolanti). Inoltre, avendo bassa viscosit, limitano la contaminazione dellolio del
compressore con cui entrano in contatto nel ciclo frigorifero, anche se, di contro,
presentano il rischio di facile infiammabilit ed esplosivit che comporta la necessit di
particolari attenzioni in sede di trattamento.
Le principali operazioni ad elevato contenuto tecnologico nellalbero di processo degli
elettrodomestici bianchi sono rappresentate da:
messa in sicurezza;
trattamento completo;
separazione dei materiali.

3.2.1 Tecnologie per la messa in sicurezza
Loperazione di messa in sicurezza rappresenta, soprattutto nel trattamento di beni che
contengono SLO, una delle fasi con il maggior rischio ambientale. Per questo il Decreto
20/9/2002 ha stabilito precisi requisiti e specifiche tecnologiche per gli impianti che
trattano tali tipologie di beni:
Caratteristica dellimpianto.
Limpianto per il recupero delle sostanze lesive dalle apparecchiature fuori uso
composto da:
1. Una o pi linee di estrazione delle sostanze lesive dai circuiti frigoriferi
[]
Messa in sicurezza.
[..] deve essere effettuata secondo le seguenti modalit:
1. Lestrazione dovr avvenire per mezzo di dispositivi aspiranti operanti
in circuito chiuso in modo da assicurare che non ci sia alcun rilascio
di sostanze lesive in atmosfera;
2. Lasportazione del gruppo di compressione dalle apparecchiature
fuori uso dovr avvenire senza perdita di olio lubrificante poich in
esso sono contenute sostanze lesive;
3. La bonifica del gruppo di compressione dall'olio lubrificante dovr
avvenire a mezzo di apposito impianto e con procedure tali da evitare
il rilascio delle sostanze lesive, operando separatamente il recupero
degli olii e delle stesse sostanze lesive.
Loperazione di estrazione del liquido refrigerante consiste nel trasferimento del
refrigerante dal circuito frigorifero ad un contenitore per il recupero per mezzo di una
attrezzatura dedicata. Tali contenitori, a norma del decreto 20/9/2002 devono assicurare:
[..] adeguati requisiti di resistenza in relazione alle propriet chimico-fisiche ed
alle caratteristiche di pericolosit dei rifiuti stessi.

[..] devono essere provvisti di opportuni dispositivi antitraboccamento e di
dispositivi di contenimento.
I fluidi volatili devono essere stoccati in contenitori (bombole o bomboloni) a
tenuta stagna in condizioni di temperatura controllata.
Se lo stoccaggio dei rifiuti pericolosi avviene in recipienti mobili questi devono
essere provvisti di:
Idonee chiusure per impedire la fuoriuscita del rifiuto stoccato.
Dispositivi atti ad effettuare in condizioni di sicurezza le operazioni di
riempimento e svuotamento.
Mezzi di presa per rendere sicure ed agevoli le operazioni di
movimentazione.
Il trasferimento (Clodic e Sauer, 1995) dal circuito refrigerante al contenitore per il
recupero pu avvenire con il refrigerante:
in fase liquida;
in fase gassosa.
I metodi di trasferimento in fase liquida si possono poi suddividere in relazione alla
singola tecnologia di processo (differenza di pressione statica, differenza di temperatura,
mediante lutilizzo di pompa centrifuga o pneumatica). Tali metodi presentano tuttavia
degli aspetti che ne precludono o comunque rendono antieconomico lutilizzo per il
trattamento dei beni durevoli dismessi:
Per differenza di pressione statica; Si ottengono bassi valori di efficienza, con
perdite fino al 15-20%. La durata delloperazione elevata, anche 10-25 min.
Per differenza di temperatura; necessario raffreddare il recipiente di recupero
con azoto liquido per creare una depressione ed aspirare il refrigerante, con il
rischio di innescare fenomeni di rottura fragile. Limpiego di azoto liquido lo rende
inoltre oneroso anche dal punto di vista economico.
Mediante pompa centrifuga o pneumatica; utilizzato per il trasferimento di
grandi quantit di refrigerante. Lutilizzo di una pompa centrifuga pu, a lungo
andare, causare problemi di usura legati al fenomeno della cavitazione.
Per i motivi precedentemente elencati sono preferiti i metodi di estrazione in fase
gassosa, che garantiscono anche una maggiore efficienza; si possono suddividere in
cinque categorie:
Mediante attrezzatura termica; simile alla tecnologia di recupero in fase liquida,
presenta gli stessi svantaggi. necessario mantenere una differenza di
temperature di circa 40C per ottenere un trasferimento efficace.
Ad assorbimento; sono state sviluppate delle matrici solide in grado di adsorbire
refrigeranti diversi. Dopo laspirazione dal bene, la cartuccia adsorbente deve
essere inviata a centri di trattamento che, mediante riscaldamento, estraggono il
fluido adsorbito.
Ad evaporazione mediante compressore; per utilizzare tale metodo
indispensabile assicurare lassenza di fase liquida, ma si riesce a garantire
estrazione di vapore fino a valori di pressione assoluta di 0,1 bar.
A pompa pneumatica; tale tecnologia garantisce prestazioni simili a quelle di un
compressore (portata di 8-18 m
3
/h di liquido aspirato), ed estrazione fino a 0,1
bar di pressione assoluta.
A pompa a vuoto; possono lavorare solo con valori di pressione allo scarico
inferiori a 2,5 bar e con temperatura inferiore ai 35C, comunque sufficienti per le
applicazioni nei beni durevoli dismessi. Rappresentano la soluzione pi
economica, garantendo unefficacia superiore al 97%.
Tra queste tipologie quelle pi adatte ed usate per lestrazione del liquido refrigerante in
fase gassosa dai circuiti dei beni durevoli, sono quella ad evaporazione e una soluzione
ibrida derivata da quella della pompa a vuoto.


Metodo ad evaporazione
Il metodo ad evaporazione prevede laspirazione del refrigerante in fase gassosa,
attraverso alcune perforazioni effettuate nel circuito refrigerante. Laspirazione possibile
grazie alla depressione che fa evaporare il refrigerante. Successivamente, il refrigerante
aspirato condensa e viene trasferito in un recipiente di recupero. Tale metodo non
rapido (il tempo ciclo di circa 10 minuti) e lefficienza dipende dalla carica residua nel
circuito (circa 70-80%).
Perforando in due punti il circuito refrigerante, allo scarico e allaspirazione del
compressore, il tempo ciclo pu scendere a 100 secondi con unefficienza prossima al
100%. Loperazione facilitata da una temperatura operativa elevata che innalza la
pressione interna del refrigerante.

Metodo ibrido
Il metodo ibrido si basa su un principio radicalmente diverso: dopo aver praticato un foro
nel circuito refrigerante, solitamente alla base del compressore, viene aspirata, per
mezzo di una pompa a vuoto, una miscela olio-refrigerante in fase liquida, che viene
separata successivamente per evaporazione.
Il tempo ciclo in questo caso pari a 40-60 secondi, con unefficienza superiore al 99%.
Studi effettuati da SEPA (Scottish Environment Protection Agency) dimostrano che tale
tecnologia garantisce un rilascio minimo di SLO di 1,17 g dal liquido refrigerante e 0,14 g
come residuo negli oli.

Dopo aver dunque fatto condensare il liquido refrigerante in appositi contenitori, avendolo
eventualmente separato dallolio del compressore, nel caso si utilizzi il metodo ibrido,
questi deve essere stoccato in attesa del successivo trattamento.

3.2.2 Tecnologie per il trattamento completo
In seguito alla messa in sicurezza ed eventualmente al disassemblaggio manuale, i beni
vengono sottoposti ad una riduzione di volume mediante triturazione, al fine di facilitare la
successiva selezione e separazione dei materiali.
Pu rendersi necessaria unoperazione preliminare di taglio o segatura della carcassa,
nel caso limpianto di triturazione presenti vincoli dimensionali per i beni in ingresso. Le
tecnologie disponibili per questa operazione sono:
taglio mediante cesoia o sega;
taglio al plasma.
La tecnologia del taglio mediante cesoia o sega ormai consolidata e non presenta,
quindi, aspetti critici. Particolare attenzione va posta, peraltro, nel caso di elettrodomestici
che contengono SLO, in particolare se si tratta di frigoriferi (solitamente i condizionatori
hanno dimensione ridotta): allinterno della carcassa sono infatti presenti le schiume
poliuretaniche espanse con CFC o HCFC; durante loperazione di taglio si stima vengano
rilasciati in atmosfera circa 3 g di SLO, con un valore medio stimato da SEPA di circa 7
g/m
2
di pannello tagliato. Tale operazione deve essere effettuata in ambienti in cui la
temperatura non sia troppo elevata per evitare un maggior rilascio: stato sperimentato
che il passaggio della temperatura ambiente da 20C a 45C fa raddoppiare la quantit di
SLO rilasciate.
La tecnologia del taglio al plasma stata studiata (Uhlmann et al., 2001) e sperimentata
per il taglio preliminare di lavabiancheria, ma non sono noti impianti che adottino tale
metodo; grazie a prove di ottimizzazione dei parametri di processo si giunti a dei valori
ottimali di amperaggio (75 A), ad una miscela di gas di assistenza formata da Argon ed
Elio, e a velocit di taglio che possono raggiungere i 12 m/min; la potenza richiesta in tale
operazione di circa 20 kW.


3.2.2.1 Triturazione
La triturazione loperazione tecnologica che trasforma la carcassa del bene messo in
sicurezza in un insieme eterogeneo di materiale triturato con diversa granulometria. Tale
operazione pu avvenire allaperto o comunque in atmosfera non controllata se i beni
processati non contengono SLO (lavatrici e lavastoviglie). Gli impianti che trattano beni
che contengono SLO (frigoriferi, congelatori e condizionatori) devono invece sottostare
alle disposizioni del Decreto 20/9/2002:
Gli impianti [..] devono essere costruiti e gestiti in modo che, nelle fasi di triturazione
delle apparecchiature fuori uso, le emissioni non superino in tutte le condizioni di
esercizio dell'impianto i seguenti valori di emissione:
a) 25 g/h per le sostanze lesive di cui all'art. 2.
b) 5 mg/Nm
3
per le polveri.
c) 100 mg/Nm
3
per il pentano (dove applicabile).
[..]
Le carcasse [..] devono essere avviate alla triturazione controllata che comporta lo
sviluppo di gas e di polveri. Pertanto detta operazione deve essere condotta in
ambiente confinato utilizzando impianti a contenimento statico, provvisti di idonee
tenute, o dinamico, mediante il mantenimento di opportune depressioni.
Tali impianti devono essere muniti di:
sistemi di abbattimento delle emissioni aeriformi..
sistemi inertizzanti tali da prevenire rischi di infiammabilit o di esplosivit delle
polveri e dei gas.
La triturazione pu essere effettuata secondo tecnologie diverse; lattitudine di tali
tecnologie al trattamento di beni contenenti o meno SLO, dipende esclusivamente dalla
presenza di un sistema che garantisca il recupero di SLO a norma di legge.
Le tecnologie di triturazione maggiormente utilizzate sono riconducibili a quattro tipologie:
triturazione a catena;
triturazione a martelli;
triturazione a lame;
triturazione criogenica.
La triturazione a catena risultata lunica ad essere sviluppata per un impiego esclusivo
nel trattamento di beni contenenti SLO, in particolare frigoriferi e congelatori, e viene
presentata per prima.

Triturazione a catena
Tale tecnologia, brevettata dalla azienda tedesca MeWa Recycling per il trattamento dei
frigoriferi, con il nome di Universal-Querstromenzerspaner UNI-CUT Q.Z., (Figura 22)
utilizzata in alcuni impianti italiani ed europei.
Nonostante sia stata sviluppata specificatamente per il trattamento di frigoriferi e
congelatori, non escluso si possa adottare anche per il trattamento di condizionatori o
di altri beni durevoli non contenenti SLO, sebbene questi ultimi non necessitino delle
stesse attenzioni durante la fase di triturazione che questa tecnologia assicura.
Il processo di tipo batch ed opera su lotti costituiti da circa 5-10 unit. I frigoriferi
vengono convogliati tramite un nastro trasportatore allinterno di una camera, che viene
poi chiusa, per evitare il rilascio di polveri e SLO contenute nei pannelli di poliuretano e in
cui opera un sistema di aspirazione e trattamento dellaria.




Figura 22 - Il trituratore a catena brevettato dalla ditta Mewa Recycling ed un particolare delle catene
allinterno [Autorizzato dalla MeWa GmbH, D-75391 Gechingen, www.mewa-recycling.de]

Lutilizzo di tale tecnologia per trattare beni che non contengono SLO sconveniente sia
dal punto di vista produttivo (necessit di operare per lotti e non in continuo) sia dal punto
di vista economico (presenza di inutili costi di trattamento dellaria della camera di
triturazione). I beni introdotti nella camera vengono accelerati e sottoposti a forza
centrifuga da una catena montata su un albero che ruota alla velocit di 700-800 giri/min
e negli urti reciproci subiscono la frantumazione.
La dimensione dei grani dipende dal comportamento a frattura dei singoli materiali, e pu
variare da 0,1 a 10 mm. Tale dimensione anche influenzata dal tempo di ciclo che
solitamente di 30-60 secondi: una permanenza superiore nella camera pu garantire
risultati migliori in termini di mesh e separazione.
Questa tecnologia garantisce unefficienza di separazione tra i diversi materiali superiore
al 99%, in quanto il frantumato, ottenuto non per compressione e taglio come avviene in
altre tecnologie, non risulta impastato ma in grani distinti di varia dimensione.
Il recupero delle SLO presenti nella camera di triturazione avviene per condensazione,
facendo passare il gas aspirato dalla camera di triturazione in uno scambiatore di calore
in cui fluisce azoto (Figura 23). Il refrigerante condensa e precipita per gravit
separandosi dallaria e viene quindi raccolto in un apposito contenitore. Tale sistema
assicura unefficienza prossima al 100%.




Figura 23 - Sistema di criocondensazione delle SLO mediante azoto

Triturazione a martelli
I trituratori che sfruttano questa tecnologia sono noti anche con il nome di mulini o
Shredder. Le carcasse vengono introdotte in continuo in una camera, le cui pareti
presentano spesso una conformazione a gradini per facilitare la triturazione, e in cui dei
martelli, montati su un albero girevole, percuotono ripetutamente il materiale fino a
frantumazione (Figura 24).
Sul fondo della camera di triturazione sono presenti delle griglie di predefinite dimensioni
che fanno filtrare il particolato una volta che questo ha raggiunto la dimensione
opportuna.
Le specifiche tecniche di un mulino, prodotto da una ditta svedese e utilizzato in alcuni
impianti, evidenziano una produttivit di 3-5 t/h, variabile in relazione alla tipologia del
materiale in ingresso. Il mulino pu triturare beni con dimensioni massime in ingresso di
1200 x 880 x 1000 mm nel caso si processi un bene per volta, 800 x 600 x 600 mm nel
caso si operi in continuo.
I singoli pezzi da triturare devono avere un peso inferiore ai 15 kg e lo spessore della
lamiera non deve superare i 2 mm, nel caso si tratti di acciaio, 3 mm nel caso sia di
alluminio.
La camera di triturazione, cilindrica, ha una larghezza di 1.030 mm, mentre il diametro del
cerchio di percussione di 1.500 mm.
I 10 martelli, del peso di 63 kg ciascuno sono disposti su 4 assi, e ruotano ad una velocit
di 1000 giri/min. Il motore che li muove ha una potenza di 250 kW.
La dimensione del materiale in uscita, con una griglia avente apertura di 80 x 150 mm
dipende dalla tipologia di materiale:
Ferro <80 mm
Alluminio 5-80 mm
Mix metalli non ferrosi 5-80 mm
Mix non metalli <80 mm




Figura 24 - Schema costruttivo di un mulino a martelli

Triturazione a lame
Tale tecnologia, nota anche con il nome di Cutting mill, simile alla triturazione a
martelli.
Le carcasse vengono introdotte nella camera di triturazione dove vengono sottoposte
allazione di taglio da parte di uno o due dischi controrotanti su cui sono montate delle
lame. Sul fondo sono presenti una o pi griglie che permettono di selezionare il materiale
triturato in uscita in relazione alla dimensione granulometrica (Figura 25).
Questa tecnologia adatta soprattutto per materiali con elevata elasticit, quali
pneumatici o rifiuti solidi urbani, ed quindi poco utilizzata nella triturazione di beni
durevoli dismessi, seppur sia da rilevare che esistono costruttori di impianti che la
adottano.





Figura 25 - Schema costruttivo di un trituratore a lame e diverse configurazione delle lame utilizzabili

Triturazione criogenica
Questo tipo di processo prevede la frantumazione del materiale in seguito a
raffreddamento a bassissima temperatura mediante azoto. noto, infatti, che le
caratteristiche meccaniche dei materiali peggiorano a bassa temperatura, rendendoli
fragili.
Pu, quindi, anche essere usata come tecnologia accessoria nelloperazioni di
triturazione a martello o a lame, riducendo la potenza richiesta dalloperazione di
frantumazione, come si pu notare in Figura 26.



Figura 26 - Potenza assorbita durante loperazione di triturazione condotta in ambiente criogenico

Una applicazione pratica di tale tecnologia presente in un impianto di trattamento dei
beni durevoli in Giappone, dove la demolizione dei compressori e dei motori delle lavatrici
avviene per compressione, raffreddandoli in azoto liquido (per 1 kg di materiale da
trattare occorrono 0,6 kg di azoto liquido) a una temperatura di circa 80 K; se a
temperatura normale sono necessari 300-900 kW, a bassa temperatura sono sufficienti
75 kW; le carcasse dei frigoriferi subiscono invece un primo trattamento a temperatura
ambiente per poi subire la riduzione finale a bassa temperatura.

3.2.2.2 Recupero delle SLO durante la triturazione
Il recupero di SLO che si liberano dai pannelli di poliuretano disciplinato dal Decreto
20/9/2002:
Per il recupero delle sostanze lesive possono essere adottate le seguenti
tecniche: filtrazione, adsorbimento, criocondensazione e lavaggio.
La tecnologia maggiormente utilizzata quella della filtrazione per condensazione tramite
azoto, descritta nel processo di triturazione a catena.
Sono riscontrabili per anche altre soluzioni, in particolare lutilizzo di filtri a carboni attivi
(che operano per adsorbimento), il cui principio di funzionamento simile a quello delle
cartucce a matrice utilizzate per il recupero di SLO in fase gassosa descritte in
precedenza (cfr. paragrafo 3.2.1).
Nellimpianto di trattamento giapponese, che opera con tecnologia criogenica utilizzato
il metodo della criocondensazione: la bassa temperatura nella camera liquefa le SLO
presenti, il cui recupero in fase liquida risulta poi agevole.






3.2.2.3 Trattamento del poliuretano
Come gi ribadito in precedenza, le schiume poliuretaniche contengono CFC e HCFC
utilizzati come espandenti e necessitano un trattamento di bonifica al fine di recuperarle
in modo sicuro.
Sia che tale trattamento avvenga in camera di triturazione sia che i pannelli vengano
disassemblati manualmente ed avviati ad un trattamento separato, il Decreto 20/9/2002
stabilisce che:
Il contenuto residuo di sostanze lesive nelle schiume poliuretaniche degassificate
[..] deve essere inferiore o uguale allo 0,5 % in peso delle stesse schiume.
Tale limite risulta rispettato dallimpianto di recupero descritto nel processo di triturazione
a catena esaminando la polvere di poliuretano alluscita dal trituratore.
Alcuni impianti inglesi, che utilizzano la tecnologia, garantiscono un residuo inferiore allo
0,2 % in peso, anche se il processo non viene spinto per raggiungere questo grado di
efficienza per lelevato dispendio energetico necessario e gli alti costi. Ci si accontenta,
quindi, di rimanere entro i limiti imposti dalla legislazione che, anche in Inghilterra, sono
dello 0,5 % in peso.
Nel caso questo limite non venga rispettato, la polvere di poliuretano, che pu essere
separata dagli altri materiali in uscita dal trituratore per semplice aspirazione, viene
sottoposta ad ulteriore macinazione. Il gas rilasciato in tale operazione viene quindi
purificato per condensazione.
Esiste anche una tecnologia particolare, messa a punto da unazienda italiana, per
trattare i pannelli di poliuretano che vengono disassemblati manualmente o i pezzetti in
uscita dal trituratore, anche se la quantit trattabile limitata.
Il processo (Figura 27) si basa sulla fuoriuscita forzata del gas dai pannelli operando ad
elevata temperatura e in depressione: il poliuretano viene caricato in unautoclave e viene
aspirata laria fino al raggiungimento del livello di vuoto desiderato (con un eventuale
flussaggio di azoto per non provocarne la combustione); si effettua quindi un
riscaldamento attraverso alcune resistenze sulle pareti dellautoclave, fino ad una
temperatura di circa 200-250 C, mantenendo la depressione (0,4 bar); lultimo stadio
prevede di raggiungere una depressione finale di 0,15 bar per aspirare i gas nel reattore
depurandoli attraverso un filtro a carboni attivi. Il tempo ciclo di 9 ore per ottenere un
rendimento del 97 %. Diminuendo il tempo di processo il rendimento cala fino all87%.





Figura 27 - Schema del processo di trattamento dei pannelli in poliuretano in autoclave per
termodepressione.

3.2.2.4 Trattamento SLO
Le SLO, recuperate nelloperazione di messa in sicurezza, dal trattamento dei gas della
camera di triturazione e da eventuali trattamenti specifici dei pannelli di poliuretano,
devono essere trattate a norma di legge al fine di garantire standard adeguati di
protezione ambientale.
Le alternative possibili sono:
Recupero; prevede il conferimento in discarica o a ditte specializzate che ne
gestiscono il corretto smaltimento, che avviene solitamente per termodistruzione.
Rappresenta la soluzione seguita dalla maggior parte delle piattaforme di
trattamento, in quanto non presenta costi tecnologici ulteriori rispetto a quelli dei
dispositivi di stoccaggio che devono comunque essere garantiti nellimpianto (a
norma del Decreto 20/9/2002).
Riciclo; viene separato lolio dal liquido refrigerante per evaporazione e
successivamente viene ridotto il contenuto di umidit, di acidit e di particolato
che si formano durante la vita utile a seguito di operazioni errate di
manutenzione.
Un dispositivo sviluppato e brevettato da ENEA (Figura 28) in collaborazione con
ICF (Industria Componenti Frigoriferi), societ leader nel settore della
refrigerazione e del condizionamento, in grado di estrarre, purificare e
reintrodurre CFC R12 e HFC134a negli impianti frigoriferi.
Il refrigerante proveniente dal circuito frigorifero viene inviato, attraverso
lelettrovalvola EV2, al separatore di olio principale (1). Allinterno del separatore,
il fluido passa allo stato vapore ed obbligato, dalla particolare configurazione
del separatore, a seguire un percorso a spirale (effetto ciclone) che favorisce la
separazione delle goccioline di olio (e di altre impurezze solide) dal fluido. Lolio

si deposita sul fondo del separatore e pu essere estratto attraverso lapposita
valvola manuale. Il fluido, cos depurato, esce dal primo separatore e passa
attraverso un filtro (F1) dove viene deacidificato ed ulteriormente depurato dalle
particelle solide eventualmente sfuggite dal separatore. Entra, quindi, nel
compressore dove viene compresso ed inviato nella intercapedine esterna del
separatore principale, dove cede calore al fluido presente allinterno del
separatore favorendone la completa evaporazione e la relativa separazione
dallolio. Naturalmente il fluido, attraversando il compressore, trascina con se una
piccola parte dellolio di lubrificazione per cui prima di essere inviato al
distillatore-separatore passa attraverso un secondo separatore (2). Lolio
recuperato viene reimmesso nel compressore. Dalluscita del secondo distillatore
il fluido viene inviato al condensatore, riportato allo stato liquido, ed inviato nei
due filtri disidratatori (F2) dove viene eliminata lumidit presente. Alluscita dei
due filtri il fluido passa attraverso lindicatore di umidit, un ulteriore filtro
disidratatore ed infine, inviato nel cilindro dosatore da dove pu essere estratto e
reimmesso nel circuito.
Tale metodologia non per impiegabile, a seguito dei divieti imposti dal
Regolamento (CE) 3093/94 e (CE) 2037/2000, nel caso siano presenti CFC o
HCFC, ma solo nel caso in cui il refrigerante sia del tipo HFC 134a.
Rigenerazione; loperazione pi complessa, anche dal punto di vista
tecnologico, perch necessita di unanalisi finale per verificare che le
caratteristiche chimico-fisiche del refrigerante siano le stesse di quello di
partenza.
Anche tale alternativa, nel caso il fluido refrigerante sia CFC o HCFC non
praticabile in seguito ai limiti legislativi derivanti dai regolamenti comunitari.


Figura 28 - Dispositivo per il riciclo di CFC R12 e HFC134a brevettato da ENEA

Durante lintero processo di dismissione del bene, si cerca di limitare al massimo il
rilascio in atmosfera di SLO. Studi effettuati (SEPA guidance 2002), hanno evidenziato
che nel trattamento di un frigorifero in un impianto totalmente automatizzato, dal
momento del conferimento alla piattaforma di trattamento fino allo stoccaggio finale dei
materiali separati, vi un rilascio potenziale di circa 18-20 g/unit trattata. Considerando
che la carica media di un frigorifero di 110 g di liquido refrigerante, e che altri 300 g
circa sono contenuti nelle schiume poliuretaniche, abbiamo un valore di rilascio di SLO
pari al 5% del contenuto totale. La ripartizione delle perdite riportata nel Grafico 1.

Perdite in acqua;
0,1%
Perdite in aria;
0,4%
Residui nell'olio;
13,3%
Adesione a
metalli; 20,2%
Perdite
occasionali
refrigerante;
26,5%
Residuo nella
matrice PU;
34,0%
Rilasci da PU;
0,4%
Adesione a
plastiche; 5,0%


Grafico 1 - Ripartizione (%) dei potenziali rilasci di SLO nel trattamento di un frigorifero

3.2.3 Tecnologie per la separazione dei materiali
Alluscita dal trituratore i materiali si presentano come un miscuglio eterogeneo di
materiali formato da graniglia di diversa dimensione e purezza. Con il termine purezza
verr nel seguito indicato la capacit di distinzione univoca di un materiale dagli altri,
senza la presenza di contaminanti. La contaminazione pu essere di due tipi:
allo stato solido; il caso in cui i diversi materiali sono connessi in fase solida
semplicemente a causa di particolari conformazioni geometriche dei grani
frantumati;
fisica; avviene quando i diversi materiali si presentano commisti per unione
termica, a causa del calore che si sviluppa in camera di triturazione (caso di
plastica aderente a metallo), o per la presenza di colle o saldature termoplastiche
nel bene stesso (caso dei blister).
Il secondo tipo di contaminazione pi difficile da eliminare, e pu rendere necessaria
una seconda operazione di trattamento al fine di separare i diversi materiali. Tale
tecnologia adottata in alcuni impianti che trattano blister e prevede la separazione della
pellicola di alluminio dalla plastica nei pezzi frantumati attraverso lazione ripetuta di
piccoli martelli che ruotano nella camera di triturazione.
La dimensione dei grani e la purezza dipendono sostanzialmente dalla tecnologia
adottata e dal materiale in ingresso.
Il rapporto tra la tecnologia adottata per la triturazione e la dimensione del frantumato
stata analizzata nei paragrafi precedenti. Per quanto riguarda, invece, linfluenza della

tecnologia sul grado di purezza e sul tipo di contaminazione, la triturazione a catena, che
non opera a compressione e taglio, limita la contaminazione allo stato solido ma, a causa
delle elevate temperature che si sviluppano durante il ciclo, pu causare contaminazione
fisica. Al contrario, la triturazione a martelli limita la contaminazione fisica, ma, operando
a compressione e taglio, pu causare contaminazioni allo stato solido.
Per quanto riguarda, invece, il rapporto tra il materiale in ingresso e la dimensione dei
grani, importante sottolineare due aspetti fondamentali:
le caratteristiche fisiche del materiale;
la tipologia di bene trattata.
Le caratteristiche fisiche, in particolare relative alla meccanica della frattura, cos come
anticipato nel paragrafo dedicato alla triturazione a catena, hanno un rapporto diretto con
la dimensione del grano in uscita: maggiore la fragilit del materiale, maggiore la
facilit con cui il trituratore opera, e minore la dimensione del frantumato.
La tipologia di bene trattata ha invece un rapporto diretto con la purezza, in quanto la
composizione media del bene e il tipo di unione tra i diversi materiali che lo costituiscono
influiscono sulla tipologia di contaminazione.
Il materiale in uscita dal trituratore si presenta come un insieme eterogeneo di:
metalli ferrosi;
metalli non ferrosi;
plastiche.
quindi necessario sviluppare delle tecnologie che garantiscano la separazione di
queste macro classi con determinati valori di efficienza, intesa come la capacit di
rimuovere un particolare materiale dal totale del flusso processato. Allinterno della classe
dei metalli non ferrosi e delle plastiche poi possibile impiegare ulteriori tecnologie per la
separazione tra i singoli materiali che compongono la classe stessa.
Prima di passare in rassegna le diverse tecnologie di separazione importante chiarire la
diversa valenza dei termini efficienza e purezza, precedentemente introdotti e definiti,
avvalendosi di un esempio desunto dal trattamento di un frigorifero in un impianto
automatizzato: il peso medio dei materiali ferrosi contenuti in un frigorifero domestico ,
in accordo con le linee guida ANPA, di circa 28 kg.
Supponendo, per ipotesi, che, al termine dello stadio di separazione dei materiali ferrosi
dal flusso eterogeneo dei materiali triturati, il bilancio di massa allinterno dellapposito
raccoglitore sia pari a:
26 kg di materiale ferroso;
3 kg di altri materiali, presenti come impurit e contaminazioni, allo stato solido o
fisico.
In questo caso il processo risulta avere:
efficienza di separazione pari a:
92,8 100 *
28
26
=
%
purezza pari a:
=
+
100 *
3 26
26
89,6%

evidente che le due grandezze sono ben diverse, non solo in valore, ma soprattutto per
significato. Il primo costituisce un buon indice delle prestazioni produttive dellimpianto e
pu essere messo in relazione con la produttivit delle diverse frazioni di materiali che
vengono recuperati. Il secondo, ha invece una connotazione qualitativa e riveste
importanza ben maggiore in termini di valore di mercato dei materiali ottenuti e, come
risulter chiaro in seguito, condiziona fortemente il profitto della piattaforma. Il processo
seguito durante la fase di separazione dei materiali prevede, inizialmente, la separazione
della frazione di materiale ferroso, quindi, quella tra materiale non ferroso e plastiche e
infine, eventualmente, una separazione interna a queste due classi (Figura 29).


Figura 29 Schema di separazione dei materiali: in chiaro le separazioni eventuali
allinterno delle diverse classi.


3.2.3.1 Separazione metalli ferrosi
La separazione del materiale ferroso rappresenta lo step tecnologico pi semplice in
quanto la separazione viene effettuata con un nastro magnetico posto sopra il nastro
principale che trasporta il flusso di materiale in uscita dal trituratore; il campo magnetico
attira il materiale ferroso, sollevandolo e convogliandolo in un raccoglitore dedicato.
Il principio fisico sotteso a tale tecnologia di separazione quello del bilancio, in un piano
verticale, della forza di attrazione magnetica e della forza peso cui soggetto il pezzo di
materiale ferroso, eventualmente contaminato. Esistono poi, in relazione al tipo di flusso
di materiali diverse configurazioni tecnologiche:
elettromagnetica; adatta quando i pezzi di materiale sono di forma
prevalentemente allungata, la velocit del nastro principale elevata, il materiale
ferroso inglobato in materiale umido e compatto, per avere una elevata
purezza;
a magnete permanente; adatta per ottenere elevati valori di efficienza di
separazione.
Oltre ai separatori a nastro esistono separatori a puleggia, adatti per parti ferrose di
piccole e medie dimensioni, e a tamburo, utilizzati nel caso di particelle molto fini.
A differenza dei separatori a nastro che lavorano secondo il principio dellestrazione, tali
separatori sfruttano il principio della deviazione di traiettoria. Anche in questo caso
esistono le due configurazioni, elettromagnetica e a magnete permanente, con uguali
benefici e caratteristiche.
In relazione alla tipologia di processo e di flusso di materiale da separare si possono
progettare sistemi ad hoc con pi separatori di diversa tipologia in cascata (Figura 30).










Figura 30 - Esempi di possibili sequenze di separatori di metalli ferrosi in cascata

Il grado di efficienza di separazione e la purezza sono, tuttavia, difficilmente quantificabili
univocamente, in quanto dipendono dalla tipologia di materiali trattati e dai parametri di
processo; sono infatti intimamente connessi con la velocit del nastro trasportatore
principale e di quello magnetico (tipicamente di qualche metro al secondo), con il campo
magnetico generato, e con il grado ed il tipo di contaminazione del frantumato, in
particolare con il rapporto massa materiale contaminante/massa materiale ferroso, nel
seguito indicato con il termine di rapporto di contaminazione. Materiale con basso
rapporto di contaminazione viene, comunque, attirato dal nastro e diminuisce la purezza
finale; materiale con elevato rapporto di contaminazione pu non essere separato a
discapito dellefficienza di separazione.

Lefficienza di separazione risulta direttamente proporzionale al valore del campo
magnetico generato, ma chiaro che questo non vale anche per la purezza che ,
invece, connessa con il rapporto di contaminazione. Laumento della forza di attrazione
magnetica del nastro aumenta la frazione di materiale ferroso recuperato, anche a fronte
di eventuali contaminanti che appesantiscono il pezzo di materiale ferroso, ma tale
aumento non si ripercuote positivamente anche sulla purezza, in quanto pezzi con
elevato rapporto di contaminazione vengono in questo modo recuperati assieme al
materiale puro.

3.2.3.2 Separazione dei metalli non ferrosi e delle plastiche

Una volta che dal flusso di materiale triturato stata separata la frazione di materiale
ferroso, rimane sul nastro trasportatore un insieme eterogeneo di metalli non ferrosi
(alluminio, rame, ottone, ...) e di non metalli (plastiche).
La tecnologia maggiormente utilizzata quella della separazione attraverso le correnti
parassite: si sfrutta la propriet fisica dei metalli di perdere rapidamente la carica
elettrostatica a differenza dei non metalli. Esistono due possibili configurazioni
impiantistiche per i separatori:
a nastro; nei separatori a nastro, il materiale passa in una zona dove presente
un campo magnetico alternato rotante ad elevata frequenza (350-1000 Hz) che
carica il materiale con una corrente parassita, proporzionale alla conduttivit del
materiale. I metalli non ferrosi vengono deviati per repulsione con forza
proporzionale al rapporto tra conducibilit e peso specifico. Maggiore il valore
di questo rapporto, maggiore la forza esercitata, e quindi pi ampio il salto del
metallo espulso. I metalli non ferrosi con il valore pi elevato sono lalluminio
(13,1) e il rame (6,6). La produttivit di tali sistemi pu raggiungere i 30 m/h;
3
a corona; nei separatori a corona (Figura 31) il materiale viene fatto cadere su un
tamburo (il diametro di 320 mm) che ruota ad elevata velocit (fino a 200
giri/min). Un elettrodo a corona carica attraverso un campo elettrico (fino a 35 kV)
il materiale. I materiali conduttori perdono rapidamente la carica e vengono
rilasciati dal tamburo rotante molto rapidamente. I materiali non conduttori invece
rimangono attaccati al tamburo per un tempo maggiore in virt della carica
indotta e percorrono una traiettoria diversa.
Per ottimizzare il processo di separazione preferibile che i grani abbiano
dimensione compresa tra 0,1 e 6 mm e siano esenti da polveri. I parametri di
processo (numero e velocit dei tamburi, campo elettrico indotto, posizione della
corona) possono essere impostati in modo da ottenere precisi mix di separazione
con produttivit che pu raggiungere i 1.500 kg/h.


Figura 31 - Separatore a corona

3.2.3.3 Separazione tra le plastiche
La separazione tra i diversi tipi di plastiche che vengono frantumate nel trituratore
rappresenta uno degli aspetti pi critici del processo di recupero e riciclaggio. Infatti i
diversi tipi di plastiche utilizzate, oltre ad essere talvolta in numero elevato, si presentano
contaminati da altri materiali, talvolta presentano adesioni ed incollature e spesso
contengono additivi che ne precludono una corretta classificazione.
Il punto cruciale delloperazione di identificazione e separazione tra i diversi polimeri
che la tecnologia non di tipo general pourpose, ma, il pi delle volte, strettamente
dedicata allidentificazione e separazione di particolari tipi di plastiche e, quindi,
lefficienza di separazione e la purezza sono strettamente connesse con la tipologia di
flusso in ingresso.
In letteratura sono stati identificati diversi tipi di tecnologie di identificazione e
separazione automatizzata. Tali processi, pur non rappresentando luniversalit delle
tecnologie di separazione, per essere utilizzati con successo, devono rispondere ad
alcuni requisiti fondamentali:
buona velocit di separazione; circa 10 identificazioni al secondo per pezzi di
piccole dimensioni (5-10 g), circa una identificazione al secondo per pezzi di
dimensioni maggiori (fino a 100 g), qualche secondo per identificazione per pezzi
ancora pi grandi;
efficienza e purezza di separazione; capacit di distinguere tra le varie plastiche
ed eventualmente la presenza di particolari additivi. La scelta del bilanciamento
tra i due driver di processo in ogni caso un compromesso tra velocit di
separazione, costi di processo e valore di mercato del polimero puro o
contaminato;
robustezza e semplicit; le metodologie di laboratorio devono adattarsi ad
operare in ambiente industriale, anche con necessit di una ridotta formazione
del personale.
I principali metodi di identificazione e separazione possono essere distinti in base al
principio fisico che sta alla base della loro realizzazione:
propriet fisiche; molti dei metodi di identificazione e separazione, contraddistinti
da unelevata produttivit ed un basso costo, usati per molto tempo anche

nellindustria chimica, sfruttano le propriet fisiche del materiale. Vi sono dunque
diversi metodi che sfruttano il peso specifico, il punto di fusione, la solubilit o il
calore specifico.
Uno dei metodi di separazione che sfrutta la diversit di propriet fisiche, in
particolare il peso specifico, lidrociclone (Figura 32), utilizzato nellindustria per
separare il PVC, con peso specifico superiore a quello dellacqua, dalle plastiche
pi leggere (PP, PS, ABS), sfruttando due correnti dacqua contro rotanti, che
raggiunge valori di efficienza di separazione del 95 %.
I problemi maggiori connessi con questi metodi risiedono per nella similarit, a
volte troppo fine per essere apprezzata, delle propriet fisiche delle diverse
plastiche, che possono rendere necessario lutilizzo di pi metodi in cascata;



Figura 32 - Schema di funzionamente dellidrociclone

propriet dielettriche ed elettrostatiche; le plastiche possiedono propriet
elettriche che possono essere utilizzate come parametro di identificazione e
separazione qualora i polimeri da separare abbiano differenze sufficientemente
marcate. Tale metodologia (A. Miyake, 1997) utilizzabile per la separazione tra
PVC e PE.
In Inghilterra e Giappone sono state sviluppate (J . Griffiths, 1996 e A. Murase,
1997) due diverse metodologie di identificazione che si basano rispettivamente
sulla misura della carica triboelettrica e delle propriet dielettriche. Entrambi i
metodi, per, pi che ad unidentificazione di un particolare tipo di polimero,
puntano ad una differenziazione tra polimeri con differenti caratteristiche
elettriche. Per questo, anche le tecnologie di separazione che sfruttano tale
principio, separano frazioni di due tipologie di polimero con caratteristiche
sufficientemente differenti. Molto spesso famiglie di polimeri hanno propriet
simili e la loro differenziazione diviene quasi impossibile; tali propriet possono,
poi, essere influenzate da condizioni ambientali, quali lumidit, che possono
alterare la misura.

La necessit di un riconoscimento differenziale, preclude inoltre tali metodi
dallapplicabilit qualora il numero di polimeri presenti nel frantumato sia elevato
o questi abbiano propriet marcatamente dissimili a quelle usate per la taratura
dello strumento;
spettroscopia agli infrarossi; tale metodologia (T. Amano, 1997) consente di
identificare i diversi tipi di polimero e, in alcuni casi, differenti tipi di additivi
presenti. Questo grazie allunicit delle propriet atomiche dei materiali e degli
spettri di emissione dei materiali, che vengono colpiti da onde elettromagnetiche.
Esistono diverse tecniche, che si differenziano per il range di lunghezza donda
utilizzate: Short wave near infrared range (SWNIR) che opera tra 700 2.500
nm, mid infrared range (MIR) che opera tra 2.500 15.000 nm. Il metodo MIR
quello a sensitivit superficiale maggiore, anche se nessuno di tali metodi riesce
a trapassare vernici, rivestimenti metallici o pellicole che devono essere quindi
rimossi precedentemente.
Purtroppo, limpiego di tali metodi ancora confinato agli studi di laboratorio e
non sono state sviluppate tecnologie si separazione che sfruttino tale principio;
spettroscopia agli ultravioletti; un metodo di identificazione che sfrutta
lassorbimento degli atomi di una radiazione elettromagnetica di 200 800 nm,
proporzionale allenergia necessaria per il passaggio di un elettrone allo stato
eccitato, univoca per ogni molecola (T. Seidel, 1997).
Esistono anche altri metodi spettrografici che sfruttano il laser o radiazioni
elettromagnetiche di diverse lunghezze donda, ma sono limitati allidentificazione
dei diversi tipi di plastiche e non hanno dato origine a tecnologie di separazione.
Unimportante innovazione nel campo della separazione delle termoplastiche, stata
introdotta nel 1999 da una ditta belga, in collaborazione con una tedesca e con lArgonne
National Laboratory delluniversit di Chicago. Tale tecnologia consente una separazione
meccanica tra un mix eterogeneo di plastiche diverse: il principio che sta alla base
dellinnovazione il cambiamento fisico drastico delle termoplastiche quando vengono
riscaldate; lintensit del cambiamento dipende dalla temperatura e dal tipo di polimero. Il
mix di plastiche viene riscaldato ad una temperatura specifica, al di sopra del punto di
rammollimento, a cui si modificano soltanto le caratteristiche di un polimero desiderato.
Successivamente il flusso di materie plastiche fluisce verso una serie di cilindri dalla
pressione regolabile, uno dei quali provvisto di una superficie strutturata su cui vengono
a fissarsi solo le particelle di plastica rammollita. La rotazione del cilindro consente di
separare le particelle dalle altre plastiche non rammollite; dopo aver aderito al rullo in
rotazione, le particelle vengono rimosse meccanicamente dal rullo in un altro settore
angolare della rotazione. Al fine di separare pi tipi di plastiche il sistema pu operare in
cascata raggiungendo valori di efficienza di separazione e purezza superiori al 99 %, a
patto di non avere nel flusso particelle con dimensioni inferiori a 15 mm e superiori a 100
mm che compromettono lefficienza del sistema. La produttivit del sistema di
separazione pu raggiungere i 400 500 kg/h, con un consumo energetico di 95 kWh.
Uno dei punti chiave del processo rappresentato dal riscaldamento del flusso di
plastiche che viene ottenuto con un essiccatoio rotante ad infrarossi brevettato (Figura
33).




Figura 33 - Schema dellessicatore rotante ad infrarossi Sagitta

La generazione di calore nelle materie plastiche attraverso radiazione infrarossa (IR)
condizionata non solo dallo spessore del materiale, ma anche dalle sue caratteristiche
specifiche (C. Verlag, 1997). Per pezzi con spessore di qualche millimetro, i tempi di
irradiazione sono inferiori al minuto. La plastica aumenta di temperatura velocemente
grazie allassorbimento della radiazione, e il vantaggio rispetto ai metodi di riscaldamento
per convezione particolarmente elevato: si passa da tempi che possono raggiungere
anche le sei ore nei processi convenzionali, a qualche minuto: questo grazie alla
possibilit di collimare lemissione IR con la banda dassorbimento tipica del materiale,
raggiungendo le condizioni di processo pi favorevoli (Figura 34).



Figura 34 - Andamento dellassorbimento di radiazione a diverse lunghezze donda

Lefficienza del processo influenzata, oltre che dalle dimensioni del pezzo, anche da
altre caratteristiche fisiche: in generale colori scuri e superfici ruvide favoriscono
lassorbimento, anche se la presenza di particolari additivi pu influenzare la dinamica del
processo. La bassa conduttivit termica delle materie plastiche, che condiziona

pesantemente i processi convenzionali di essiccazione, non influenza pi la velocit di
assorbimento e garantisce anche un notevole risparmio energetico.
Tale essiccatore in grado di garantire elevati volumi di materiale in flusso continuo, fino
a 1.500 kg/h nella sua versione pi grande, con un assorbimento di potenza di 150 kW
per le lampade IR con potenza maggiore, e 3 kW per i motori che garantiscono la
rotazione del cilindro in cui fluisce il materiale.
In Tabella 10 possibile osservare i tempi di essiccazione e i valori delle temperature per
le diverse tipologie di polimero.

POLIMERO
TEMPERATURA
[C]
UMIDIT RELATIVA
[%/W]
TEMPO
[MIN]
ABS 60 0,11 10
PA 66 80 0,15 10
PBT 80 0,05 10
PC 80 0,12 10
PP 120 0,23 2,2
POM 80 0,13 10

Tabella 10 - Tempi di essicazione per i diversi polimeri con radiazioni infrarossi

3.2.3.4 Separazione tra i metalli non ferrosi
La separazione tra i materiali metallici non ferrosi pu essere effettuata in diversi modi e
secondo diverse alternative tecnologiche:
correnti parassite; un primo approccio simile a quello utilizzato per la
separazione dei materiali non metallici attraverso il metodo delle correnti indotte:
un campo magnetico alternato, rotante ad elevata frequenza (350 1.000 Hz)
respinge i materiali con forza proporzionale al rapporto tra la loro conducibilit
elettrica e peso specifico.
I metalli non ferrosi di uso pi comune con i relativi valori di tale rapporto sono:
Alluminio 13,1
Rame 6,6
Zinco 2,5
Stagno 1,2
Per i diversi materiali esistono traiettorie di caduta diverse, ed dunque possibile
effettuare la separazione con produttivit che pu raggiungere i 30 m
3
/h di
materiale trattato;
induzione magnetica; tale tecnologia stata sviluppata in Giappone e si basa
sulla misura del cambiamento di induttanza quando il flusso di materiale passa
attraverso una bobina magnetica (M. Uno, T. Nakajima, 1998). Tale tecnologia
(Figura 35) raggiunge valori di efficienza prossimi al 98 %, con una produttivit di
500 kg/h;




Figura 35 - Schema di funzionamento separatore ad induzione magnetica

metodo ibrido pressa-aria; sviluppato in Giappone dagli stessi autori del metodo
ad induzione magnetica, combina lazione di una pressa rotativa che uniforma lo
spessore del materiale e un separatore ad aria, che sfrutta la diversit di peso
specifico tra i materiali. Tale tecnologia adatta per la separazione di pezzi di
piccole dimensioni;
metodo ibrido tavolo vibrante-aria; sviluppato da unazienda italiana, tale metodo
di separazione stato progettato con lo scopo di dividere i materiali granulati,
duguale granulometria e diverso peso specifico.
Dopo una prima vibrovagliatura a setaccio, il materiale convogliato su un tavolo
vibrante con uninclinazione regolabile e su cui agisce un flusso daria.
Il funzionamento in continuo, e l'ampio campo di regolazione, con macchina in
moto, di inclinazione del tavolo vibrante e del flusso daria, consentono di
ottenere diversi mix di materiali in uscita. La produttivit di tale tecnologia,
valutata durante il riciclaggio di cavi elettrici, pu raggiungere i 3.000 kg/h.

3.3 Tecnologie per le apparecchiature di consumo
Come nel caso dei grandi elettrodomestici, anche per le apparecchiature di consumo
possibile costruire un albero di processo (Figura 36), che viene percorso in base a
quanto disposto nellallegato I del DM 5/2/98, ai punti [5.19], ed alle tecnologie adottate;
come per i grandi elettrodomestici maggiori dettagli sono contenuti nelle linee guida
APAT e nella norma CEI 308-2.




Figura 36 - Albero di processo per elettrodomestici le apparecchiature di consumo

La principale differenza rispetto ai grandi elettrodomestici risiede nelle operazioni relative
alla bonifica del tubo catodico, evidenziate nello schema di Figura 36 con la linea
tratteggiata; per questo motivo verranno descritte, in questa sezione, solamente tali
operazioni, rimandando alla sezione precedente, relativa ai grandi elettrodomestici, per
tutte le tecnologie che realizzano le separazioni dei materiali o la triturazione.
Prima di esaminare nel dettaglio le principali tecnologie in grado di realizzare le
operazioni relative al trattamento dei CRT, per opportuno menzionare come, oltre al
disassemblaggio manuale, che normalmente precede tali operazioni, sia stato sviluppato
un sistema di disassemblaggio robotizzato.

3.3.1 Celle di disassemblaggio
Attualmente, nella maggior parte dei casi il disassemblaggio delle apparecchiature
elettriche ed elettroniche a fine vita viene eseguito manualmente, da operai in una o pi
linee dedicate, muniti di utensili manuali e avvitatori elettrici; cos avviene anche per i
televisori e i monitor dei PC, il cui disassemblaggio pu essere schematizzato in una
sequenza di cinque operazioni fondamentali:
1. eliminazione della parte posteriore in plastica del televisore;
2. asportazione di cavi e schede elettroniche;
3. eliminazione della carcassa che circonda il tubo catodico, solitamente in plastica
o compensato;
4. disassemblaggio del giogo di deflessione;
5. eliminazione del vuoto allinterno del tubo catodico praticando un foro nel cono
oppure asportando lelettrodo.

Tale sequenza di operazioni risulta per onerosa dal punto di vista economico, a causa
dellelevata incidenza del lavoro manuale e dei tempi di disassemblaggio, oltre che
pericolosa, a causa delle sostanze tossiche presenti. Le difficolt principali nello sviluppo
e nelladozione di un sistema di disassemblaggio automatizzato risiedono nella grande
variet di prodotti che giungono alle piattaforme di trattamento e nel loro stato, che
talvolta rende necessario il disassemblaggio distruttivo; inoltre, la bassa
standardizzazione costruttiva rende difficile stabilire delle sequenze ottimali di
disassemblaggio di validit generale.
La cella sviluppata da una ditta tedesca (Scholz-Reiter et al., 1999) dedicata a beni
prodotti negli ultimi 15 anni e, grazie allutilizzo di sistemi a sensori intelligenti, utensili
dedicati ed uno specifico software per la pianificazione ed il controllo reattivo, permette di
superare le incertezze evidenziate precedentemente per lo smontaggio automatizzato in
ambito industriale (Figura 37). La cella destinata al trattamento di TV e monitor di
formato medio, per i quali l'obiettivo generale durante il processo la rimozione e il
trattamento delle carcasse, del tubo catodico, del giogo di deflessione, delle differenti
plastiche e dei cavi.
Attualmente, la configurazione della cella consente lo smontaggio delle TV in un tempo
variabile tra 5 e 7 minuti; stato per valutato che ulteriori miglioramenti nelle
attrezzature di smontaggio e nel software possono ridurre significatamene il tempo di
disassemblaggio.



Figura 37 - Cella di disassemblaggio automatizzato per monitor e TV

L'elemento di base della cella una stazione flessibile e programmabile di
disassemblaggio, in grado di riconoscere ed adattarsi ai diversi modelli, cos come a
particolari stati o danneggiamenti del prodotto giunto a fine vita. I componenti della
stazione di smontaggio sono:

un robot di smontaggio, che usa differenti utensili per l'allentamento distruttivo o
non dei collegamenti;
un robot con pinze di presa per maneggiare le diverse parti e componenti
separati;
un trasportatore per supportare il materiale verso la cella;
regolatori del robot programmabile;
dispositivi di sicurezza;
un sistema di elaborazione di immagini e vari sensori per il controllo del processo
ed il monitoraggio.
I componenti principali del software che gestisce il processo di disasssemblaggio sono
riportati in Figura 38.




Figura 38 - Componenti principali del software che gestisce la cella di disassemblaggio

Per ogni apparecchio il software di gestione selezioner dal database le informazioni
necessarie per la sequenza di disassemblaggio da far eseguire al robot; nel database
sono immagazzinati, per ogni prodotto, le possibili sequenze cos come le operazioni di
movimentazione e l'assegnazione dei differenti utensili. Per ogni TV e monitor generata
una sequenza di disassemblaggio dopo lidentificazione delloggetto; con l'aiuto del
sistema di elaborazione di immagini, la sequenza di disassemblaggio adattata alle
diverse condizioni e caratteristiche del prodotto corrente. La possibilit di aggiornare ed
espandere il database, unita ad una maggiore standardizzazione costruttiva permette un
aumento delle tipologie di prodotti processabili dalla cella.
Uno dei problemi, ad esempio, risiede nella corretta rimozione delle viti di fissaggio della
copertura posteriore; una telecamera montata sul robot per rilevare la posizione e la
tipologia delle viti al fine di selezionare lutensile appropriato e procedere al

disassemblaggio. Un altro problema la posizione sconosciuta dei cablaggi dei cavi: il
sistema della telecamera riconosce la posizione corretta dei cablaggi di cavo e la
posizione della taglierina viene adattata on-line.
Tra gli sviluppi futuri per la cella di disasemblaggio sono da citare miglioramenti nel
sistema di sensori, di elaborazione di immagini e nella pianificazione e controllo di
disassemblaggio, unitamente allo sviluppo di utensili dedicati, come ad esempio la pinza
di presa in depressione per i tubi catodici (Figura 39).



Figura 39 - Pinza per la presa in depressione di CRT

3.3.2 Tecnologie per il trattamento del CRT
Dopo loperazione di messa in sicurezza, che prevede la separazione del tubo catodico,
sia essa eseguita in modo manuale o mediante una cella di disassemblaggio, i CRT
vengono trattati in modo da poter recuperare il vetro e smaltire le polveri fluorescenti e le
terre rare; gli approcci tecnologici seguiti possono ricondursi a due grandi
macrocategorie:
triturazione del CRT in atmosfera controllata e successiva separazione del vetro
frantumato dalle polveri e terre rare;
separazione del cono e del pannello con successiva aspirazione delle polveri e
bonifica dei vetri.
La prima via quella utilizzata e brevettata dalla Vallone, unazienda italiana, che sfrutta
un sistema di pulizia a secco, metodo che elimina luso di acidi e solventi per i lavaggi e
quindi la costruzione e la gestione dimpianti di depurazione; i componenti principali
dellimpianto (Figura 40) sono costituiti da:
tramoggia di caricamento con sistema idraulico, di capacit 2 m/h, con serranda
ed alimentatore a cassetta per la regolazione del flusso dalimentazione;
nastro trasportatore adattato per la cernita manuale delle parti estranee
grossolane, con sistema daspirazione per lasportazione di materiali leggeri;

tamburo magnetico per una prima separazione di parti metalliche;
granigliatrice a sfera, cuore dellimpianto, costituita da una macchina sabbiatrice
che, con lerosione superficiale per mezzo di una sabbia metallica compie
loperazione di pulizia, eliminando vernici e solfuri dallo schermo e grafite dal
cono. E collegata ad un sistema elettronico per la regolazione della velocit
dellimpianto, del flusso di sfere e daria (minima se si tratta vetro pannello,
massima se cono). La granigliatrice pu assimilarsi ad una macchina a tunnel,
con i passaggi schermati contro la fuoriuscita di graniglia mediante una serie di
tendine di gomma antiabrasiva. La graniglia metallica proiettata dalle turbine e,
dopo aver colpito la superficie da trattare, fatta affluire ad un trasportatore a
coclea, ad un dispositivo di selezione e depolverazione, per essere poi riciclata
alle turbine. Per il recupero della graniglia depositata sui pezzi puliti c un
sistema di soffiaggio con ventilatore ad alta pressione. La macchina anche
collegata ad un gruppo filtro attraverso un condotto daspirazione per eseguire la
depolverazione della graniglia e minimizzare la fuoriuscita di polvere durante il
lavoro;
vaglio vibrante con forature adatte all'eliminazione di eventuali sfere metalliche
trasportate con il vetro;
frantoio, regolabile secondo specifiche richieste, per loperazione di
frantumazione;
elettromagnete per la successiva separazione delle parti metalliche (bottone
anodico ed altri eventuali residui non asportatati prima);
vaglio vibrante a reti, per separazione in quattro granulometrie (0-4, 4-8, 8-14,
14-22 mm);
selettrice, macchina a funzionamento elettro-ottico per la separazione di materiali
realizzata per differenza di colore. Una prima selezione per la separazione del
vetro cono, delle impurit e delle parti metalliche dal vetro pannello, ad eccezione
della granulometria di dimensioni inferiori a 4 mm, gi scevra da metallo. La
seconda selezione per lasportazione di ulteriori altre parti metalliche, vetro non
perfettamente pulito, eventuali frammenti di pannello o impurit; se il tipo di
rottame di vetro richiesto allo stato misto, il passaggio alla selettrice effettuato
una sola volta per lasportazione di sole eventuali parti metalliche;
trasportatore materiale finito a cassone di raccolta.
In uscita dal sistema si distingue il vetro che viene recuperato, con unefficienza di
separazione compresa tra l80% ed il 90%, suddiviso in vetro cono al piombo, vetro
pannello al bario e vetro misto al piombo, dalle polveri e terre rare, raccolte invece da un
impianto di depurazione.



Figura 40 - Schema impianto di trattamento completo CRT brevettato dalla Vallone (dal sito
www.vallone.it)

La seconda via prevede invece lutilizzo di tecnologie dedicate per la separazione del
cono dal pannello, per laspirazione successiva delle polveri e la bonifica dei vetri ed,
eventualmente, la triturazione di questi ultimi.

3.3.3 Tecnologie per la separazione cono-pannello
Esistono diverse alternative tecnologiche per questa operazione, ognuna delle quali con
propri vantaggi e criticit; le principali, presenti in letteratura od adottate in impianti di
trattamento, sono:
taglio al diamante;
water-jet;
hot wire shock;
shock termico;
acido nitrico;
fusione;
taglio laser;
diamond wire cutting.

3.3.3.1 Taglio al diamante
Il processo di taglio con il diamante (Aanstoos et al., 1997; DEER2 Report, 2001; ICER
Report, 2003) caratterizzato dallesecuzione di alcune fasi fondamentali:
eliminazione del vuoto dal tubo catodico;
rimozione dellelettrodo e della protezione anti-implosione;
rimozione del nastro laterale tra cono e pannello;
taglio e separazione cono-pannello;
rimozione della maschera anti-radiazioni;
pulitura successiva e bonifica dei vetri.
Un dispositivo di perforazione-rotazione sostiene il tubo catodico mentre un operatore
libera il vuoto per mezzo di unasta, inserita nel collo del tubo catodico; quindi rimuove

lelettrodo applicando un filo conduttore intorno al collo che, localmente indebolito,
consente una semplice rimozione. La rimozione della protezione anti-implosione avviene
invece per mezzo di una sega a mano o di un flessibile (Figura 41).



Figura 41 - Schematizzazione di CRT con particolare di protezione anti-implosione e nastro laterale tra
cono e pannello

La separazione tra pannello e cono si effettua per mezzo di due lame al diamante:
vengono tagliati dall'alto al basso i lati opposti del tubo catodico, che viene poi ruotato per
consentire il taglio degli altri due lati (Figura 42).
Una volta che il taglio ultimato, l'operatore rimuove manualmente il pannello e la
maschera anti-radiazioni che all'interno del cono. A questo punto, entrambe le parti in
vetro sono pronte per la rimozione del materiale che le ricopre e la bonifica dei vetri.
La presenza di elementi meccanici in rotazione, provoca una dispersione nellambiente di
lavoro di polveri nocive che, se non adeguatamente aspirate, sono dannose per la salute
degli operatori.



Figura 42 - Macchina per il taglio al diamante

Per aumentare la potenzialit di questi impianti possibile operare con pi seghe
contemporaneamente (Figura 43): in questo caso l'operatore dispone manualmente il
tubo catodico allinterno della cella di lavorazione con il pannello rivolto verso il basso,
che viene bloccato da tre dispositivi di arresto e successivamente messo in piano

dalloperatore con lausilio di due rilevatori; con un puntatore, loperatore evidenzia la
linea esatta di taglio lungo la quale le seghe effettueranno la separazione, e
automaticamente, per mezzo del dispositivo idraulico, anche le lame raggiungeranno la
quota desiderata, che in genere posta circa 6 mm sotto la linea della fritta. Una volta
posizionato il tubo catodico, viene chiuso il portello e azionato il sistema di aspirazione
che provvede a depressurizzare la cella di lavoro; il tubo catodico viene poi bloccato e le
prime due seghe effettuano il taglio dei lati lunghi; a completamento viene disimpegnato e
trasferito alle altre due seghe, traslando e ruotando di 90, in modo tale che possano
essere tagliati i lati corti.


Figura 43 - Schema di taglio al diamante con pi seghe

3.3.3.2 Water-J et
I tubi catodici vengono caricati in una cella di lavoro senza speciali fissaggi ed un braccio
robot guida l'ugello del water-jet, collegato con un tubo flessibile alla fonte dacqua e di
abrasivo, lungo il lato del tubo catodico ad una velocit di avanzamento e ad una
distanza prestabilita (Goldenberg et al., 2002). Le scorie del processo che contengono gli
abrasivi e i frammenti di vetro sono rimossi dalla cella di lavoro e vengono intercettati
nella stazione di filtraggio del sistema.
Tutti i parametri del processo, quali il flusso dellabrasivo, la pressione e la portata
dellacqua, la distanza e la velocit di taglio, sono controllati in tempo reale dalloperatore,
data la variabilit delle dimensioni dei tubi catodici. E inoltre possibile regolare la quota
del piano di taglio in modo da lasciare, dopo la separazione, la parte della fritta con la
maggiore percentuale di piombo con il cono.
La produttivit del sistema legata principalmente alla velocit di taglio, che pu
raggiungere il valore 1,5 m/min mantenendo un livello di separazione soddisfacente: in tal
modo un tubo catodico da 15 pollici pu essere processato in circa 40 secondi.
Tale tecnologia stata utilizzata per la realizzazione di un impianto (Figura 44) costituito
da due stazioni di taglio con abrasivo ruotate di 90 una rispetto allaltra, entrambe con
doppio ugello water-jet, collegate fra loro con un nastro trasportatore per la
movimentazione continua dei tubi catodici.




Figura 44 - Schema di taglio a water-jet su due stazioni inclinate di 90

In ogni stazione di taglio, un ugello fissato lateralmente al nastro trasportatore mentre
l'ugello opposto montato su di un braccio meccanico che responsabile del corretto
allineamento del tubo catodico, mantenendo il pannello aderente nastro trasportatore.
Durante il passaggio del pezzo attraverso la stazione di taglio, i due ugelli operano
simultaneamente, praticando un solco appena sotto la linea della fritta sui due lati opposti
del tubo catodico. La velocit dei nastri trasportatori selezionata in modo tale che il
tempo di azione dell'ugello sia leggermente superiore a quello realmente necessario al
taglio, accortezza che assicura la corretta riuscita delloperazione.
L'acqua, l'abrasivo ed i residui del vetro trattato, passano attraverso le aperture nel nastro
trasportatore e sono raccolte in una vasca di sedimentazione, dove l'acqua separata
dalle particelle pesanti; una volta depurata viene rimessa in circolo da una pompa ad alta
pressione ed ulteriormente filtrata. L'abrasivo diviso in due gruppi in base alla
pezzatura, le particelle fini sono recuperate per usi alternativi o mandate in discarica
mentre, quelle grandi, sono raccolte, asciugate e reintrodotte nel ciclo come nuovo
abrasivo.

3.3.3.3 Hot Wire Shock
Una delle tecnologie maggiormente utilizzate, in particolare dalle piccole aziende che
operano in questo campo, quella Hot Wire Shock (ICER Report, 2003; DEER2 Report,
2001); lapparecchiatura che la realizza composta di due stazioni: la prima in cui
avviene il taglio e la separazione di cono e pannello e la seconda che realizza
loperazione successiva di bonifica dei vetri.
La macchina (Figura 45) occupa una superficie di 8 m
2
(4 m di lunghezza e 2 di
larghezza) ed dotata di un aspiratore in grado di mantenere in depressione la zona di
taglio per evitare che eventuali polveri nocive liberate durante il taglio del vetro, possano
diffondersi nellambiente di lavoro.




Figura 45 - Apparecchiatura Hot wire shock e stazione di bonifica vetri

La separazione del cono dal pannello avviene sfruttando una brusca variazione di
temperatura della superficie della fritta; per fare ci, una volta che il TV color o il monitor
sono stati smontati manualmente ed stata rimossa la fascia anti-implosione, il tubo
catodico viene posizionato allinterno della macchina (Figura 46) con lo schermo rivolto
verso il basso ed avvolto, lungo la linea della fritta, da un filo conduttore (solitamente di
rame).



Figura 46 - Particolare attrezzatura Hot wire shock

Successivamente viene abbassato il casco protettivo, che protegge da eventuali
schegge, e loperatore fornisce al filo una corrente a bassa tensione che, per effetto
J oule, ne fa aumentare la temperatura, riscaldando per conduzione anche il cinescopio;
dopo circa due minuti si raggiungono i 100C, poco al di sotto della temperatura di
ricottura del materiale, ed automaticamente viene interrotto il passaggio di corrente e
insufflata aria fredda da quattro ugelli posti ai lati del tubo catodico. Linterruzione di
corrente arresta istantaneamente il riscaldamento e di conseguenza il vetro tende a
ritirarsi; il diverso coefficiente di dilatazione termica del vetro del cono e del pannello unito
al flusso di aria fredda, provoca la rottura del tubo catodico per stress termico e
meccanico localizzato.
Una volta disattivato limpianto, viene riaperto il casco protettivo ed estratte le due parti
oramai separate; dopo aver tolto anche la maschera anti-radiazioni, lo schermo
passato nella postazione a fianco, dove viene realizzata loperazione successiva di

bonifica dei vetri attraverso laspirazione delle polveri fluorescenti (Figura 47a) che
vengono raccolte in un accumulatore (Figura 47b) e successivamente smaltite.


a b

Figura 47 a - b - Aspirazione delle polveri dal pannello e successvio stoccaggio prima dello smaltimento

3.3.3.4 Shock termico
Questo processo (Aanstoos et al., 1997) sfrutta un semplice shock termico per separare
il pannello dal cono; le sequenze principali delloperazione prevedono, cos come per il
taglio con diamante:
fissaggio del CRT ed eliminazione del vuoto;
rimozione di elettrodo e protezione anti-implosione;
rimozione nastro laterale tra cono e pannello;
separazione mediante shock termico;
rimozione maschera anti-radiazioni;
pulitura successiva e bonifica vetri.
Il cuore del processo, ovvero la separazione di vetro e pannello, limmersione del tubo
catodico in acqua calda, ad una temperatura prossima a 100C, per un minuto e poi
rapidamente in acqua fredda per un altro minuto; limmersione in acqua fredda deve
essere realizzata sino al punto dove si desidera avvenga la rottura, per sollecitare il vetro
unicamente in quel punto. Lo shock termico spezza il vetro nel punto desiderato,
consentendo la rimozione del pannello e della maschera anti-radiazioni.

3.3.3.5 Fusione
Un brevetto americano (DEER 2 Report, 2002) sfrutta un metodo basato sul
riscaldamento dellintero CRT, fino a portare a fusione la fritta, lasciando integri il
pannello e il cono; il tubo catodico, durante il processo, viene mantenuto inclinato per
permettere lo scorrimento di una parte sullaltra ed ottenere la loro completa separazione.
La fusione ha come limite applicativo la possibilit che una parte della fritta rimanga con il
vetro del pannello, oltre alla eccessiva lunghezza del tempo ciclo, pari a circa 6-8 ore.

3.3.3.6 Taglio Laser
Luso del laser per la separazione del pannello dal cono non si basa sulla liquefazione
della fritta, ma ha lo scopo di portare ad alta temperatura la zona di saldatura fra i due
vetri (ICER Report, 2003); infatti, dopo aver portato il vetro ad una temperatura di poco
inferiore a quella di fusione, il tubo catodico viene spruzzato con un getto di acqua
fredda, che ne provoca la rottura. Le principali difficolt connesse con tale tecnologia
sono rappresentate dalla difficolt di riscaldare vetro di spessore elevato, dallelevata
potenza richiesta durante loperazione e dallincidenza del costo di tale tecnologia.


3.3.3.7 Acido nitrico
Per questa tecnologia (DEER2 Report, 2002) esistono tre possibili varianti:
spruzzo caldo con shock termico;
bagno caldo con shock termico;
bagno con vibratore sonico.
Il primo metodo derivato dalle linee di produzione, ove i prodotti difettosi sono trasmessi
alla linea di Take-Apart che composta da 20 stazioni di trattamento, in ognuna delle
quali il pezzo staziona per un tempo pari a circa 60 secondi; i tubi catodici vengono
disposti con il pannello rivolto verso lalto ed immersi in acqua calda per portarli alla
temperatura ideale per la lavorazione. Nella stazione seguente viene spruzzato sopra i
tubi, a getti, acido nitrico caldo che va ad incidere lo strato protettivo superficiale della
fritta; a questo punto l'acqua fredda, alternata e quella calda, indirizzata sui tubi, provoca
la separazione e lottenimento del pannello disgiunto dal cono.
Il principale limite di questo metodo che una buona parte della fritta (e quindi del
piombo presente nel vetro) rimane con il vetro del pannello dopo la separazione dal cono
oltre allelevato tempo di ciclo complessivo, pari a circa 20 minuti.
Il secondo metodo, simile al precedente, prevede, anzich lo spruzzo, un bagno di acido
nitrico ma conserva il successivo shock termico in acqua. L'intero tubo catodico viene
fatto galleggiare con il pannello rivolto verso il basso in un bagno di acido nitrico, che
copre lo schermo e la linea della fritta, ma non l'intero cono. L'acido rimuove lo strato
superficiale della fritta e successivamente, lalternanza di acqua calda e fredda, provoca
la rottura del tubo. Anche in questo caso si ha la presenza residua di piombo proveniente
dalla fritta nel vetro del pannello e il tempo ciclo elevato.
Il terzo metodo utilizza un bagno di acido ma prevede lausilio di un vibratore sonico allo
scopo di agitare la soluzione; in tal modo possibile ottenere la separazione del tubo
catodico senza l'uso dello shock termico dei metodi precedenti. Anche in questo caso vi
per la presenza di una parte della fritta con il pannello, sebbene il tempo ciclo si riduca a
circa 6 minuti.

3.3.3.8 Diamond Wire Cutting
Questo metodo (ICER Report, 2003) si avvale delluso di un filo di metallo ricoperto di
diamanti industriali, dal diametro molto limitato per permettere un taglio preciso; il filo
viene avvolto intorno al tubo catodico lungo la linea di taglio e viene messo in movimento,
con un moto circolare; labrasione provoca la separazione delle due parti di vetro in
maniera molto accurata, ma prevede tempi di ciclo di circa 10 min, che rappresentano
quindi un valore troppo elevato, non competitivo con quelli di altre tecnologie.

3.3.4 Tecnologie per la bonifica dei vetri
Per pulizia del vetro si intende leliminazione delle vernici e delle sostanze pericolose
dalla superficie interna del cono e del pannello una volta che sono stati separati. Oltre al
sistema di aspirazione delle polveri descritto nel paragrafo dedicato alla tecnologia hot
wire shock, esistono diversi metodi, ma i pi utilizzati sono:
plastic media blasting;
steel-ball;
water-jet;
soda caustica;
fusione;
elettrolisi;
fluidized bed cleaning system.




3.3.4.1 Plastic Media Blasting
Il processo denominato Plastic Media Blasting (PMB) usa spigolose particelle di plastica
come abrasivo per rimuovere le vernici in modo tale da pulire la parte interna del cono,
senza danneggiarne la superficie (Aanstoos et al., 1997).
Dopo aver effettuato la pulizia, le particelle dabrasivo passano attraverso un sistema di
recupero che separa le scaglie di vernice dalle altre particelle ancora riutilizzabili e che
possono essere rimesse in circolo.

3.3.4.2 Steel-ball
Il procedimento simile al precedente, salvo la composizione dellabrasivo, costituito da
sfere in acciaio che vengono lanciate contro il vetro.

3.3.4.3 Water-J et
Un altro modo per effettuare la pulizia del vetro prevede che il tubo catodico sia
parzialmente riempito con acqua e abrasivo (Goldenberg et al., 1997); il sistema viene
messo in moto da un ugello che immette aria ad alta pressione: se la circolazione
sufficientemente intensa e stabile la decontaminazione della superficie dei pezzi trattati
accettabile.
Il processo pu suddividersi in tre fasi distinte:
la prima, che dura circa 2-3 minuti, in cui non si ha ancora il distacco delle
vernici;
la seconda, in cui inizia la pulizia e cominciano a circolare i coprenti del vetro,
tanto che il colore dell'acqua cambia repentinamente;
la terza, in cui si ha una stabilizzazione del colore dellacqua che sta ad indicare
la fine della pulizia.
La fattibilit tecnica di questo procedimento dimostrata in fase sperimentale a livello di
laboratorio ed stata definita la gamma dei parametri di processo, quali la pressione
dellaria e la durata del procedimento, con lobiettivo di produrre un cono visivamente
pulito, a prescindere dalla tipologia di tubo catodico trattato.

3.3.4.4 Soda caustica
Con questo metodo i rivestimenti vengono rimossi immergendo il cono nella soda
caustica (idrossido, nitrato e cloruro di sodio), eventualmente riscaldata per accelerarne
lazione; il vetro del cono deve essere raffreddato nelle fasi successive per evitare che si
spezzi (Aanstoos et al., 1997).
Il vetro cos trattato viene successivamente immerso in una soluzione di bicarbonato di
sodio per neutralizzare la sostanza caustica, mentre il pannello viene pulito con
laspirazione manuale delle polveri fluorescenti.

3.3.4.5 Fusione
Questo metodo, che prevede la separazione degli ossidi presenti nella matrice di vetro
attraverso un processo fusorio, si basa sullaggiunta di agenti riducenti al vetro fuso, che
fanno precipitare in sfere metalliche gli ossidi indesiderati (ICER report, 2003).Il principale
svantaggio di questo metodo, che ne preclude una applicazione pratica, rappresentato
dal tempo che impiegano le particelle a sedimentare (Tabella 11). Il piombo, pur
caratterizzato dal tempo di precipitazione minore, anche dopo 90 minuti non scende sotto
un valore asintotico di riduzione pari al 50% in peso.






Ossido
Densit
[g/cm
3
]
Tempo
[sec]
Lead 11,34 200
Copper 8,89 400
Barium 3,78 1.450
Aluminium 2,69 9.250
2,58 22.950

Tabella 11 - Tempo di precipitazione (distanza di riferimento 100 mm) per gravit degli ossidi metallici nel vetro
fuso a 1.400 C

3.3.4.6 Elettrolisi
Anche questa tecnica (ICER report, 2003), che prevede la separazione selettiva dei
metalli dal bagno di vetro fuso per elettrolisi, variando quindi il potenziale ad un catodo
attirando gli ioni dei diversi metalli, non risultata applicabile; Il processo risulta infatti
influenzato da diversi fattori, quali lintensit della corrente, il materiale del catodo, la
temperatura, la concentrazione, la viscosit del bagno ed altri ancora. La campagna di
esperimenti effettuata ha messo in luce la difficolt di estrazione soprattutto per il piombo,
lelemento a criticit maggiore, rendendo tale approccio non praticabile.

3.3.4.7 Fluidized Bed Cleaning System
Questo sistema (Figura 48) prevede lutilizzo di un reattore suddiviso in tre sezioni,
separate da due schermi, e tratta separatamente il vetro del pannello da quello del cono
(DEER2 Report, 2002).
Il vetro viene introdotto dallalto nel reattore e cadendo si rompe in frammenti a causa
dellimpatto con i punteruoli che formano il primo livello del sistema. I frammenti pi
piccoli passano attraverso lo schermo e sono accumulati nella sezione centrale del
reattore, mentre quelli pi grandi rimangono nel primo livello; solitamente il vetro viene
fatto passare precedentemente in un frantoio per evitare un eccessivo accumulo al primo
livello.
I frammenti che si sono accumulati nella sezione centrale del reattore vengono sommersi
da un bagno d'acqua, introdotta da un ugello situato nella sezione inferiore ed il tutto
mescolato con aria iniettata nel reattore ad una pressione di 150 PSI attraverso gli ugelli
situati nella parte inferiore. Con la sua circolazione, laria crea delle bolle uniformemente
distribuite in tutta la sezione del reattore; il flusso che si sviluppa induce unintensa
circolazione dei frammenti che si scontrano reciprocamente e contro le pareti del
reattore; sono proprio questi urti ad effettuare la reale pulizia del vetro che, una volta
raggiunto lo stato di pulizia desiderato, viene rimosso dalla parte centrale del reattore.
I frammenti di grande misura, che si accumulano nella sezione superiore, riducono la loro
pezzatura a causa degli scontri con laltro vetro immesso dallalto e passano di
conseguenza alla zona di trattamento. Il fango, residuo della pulizia, si accumula nella
sezione inferiore, dove viene addensato e successivamente trattato come rifiuto
pericoloso.




Figura 48 - Schema del processo fluizedbed cleaning system

4 IL MERCATO DELLE MATERIE PRIME SECONDE
Viene riportata la caratterizzazione dei mercati italiani delle materie prime seconde, con
particolare riferimento ai materiali provenienti dal trattamento dei RAEE ovvero:
i materiali metallici (metalli ferrosi, alluminio e rame);
i materiali non metallici (vetro e plastiche).
Per i singoli materiali vengono fornite informazioni di carattere generale sul mercato da
riciclo ed evidenziate alcune delle criticit o delle opportunit offerte nel re-impiego.

4.1 I materiali metallici
Il riciclo di materiali metallici relativamente facile perch i processi metallurgici operano
spesso avendo come materia di partenza rottame e/o materiale di recupero. Per questo
motivo, in diverse metallurgie i rottami rappresentano una materia prima dimportanza
tale da rendere possibile la realizzazione di impianti che pratichino quasi esclusivamente
la metallurgia da rottame.
Inoltre, le caratteristiche meccaniche di un semilavorato ottenuto da materiale riciclato, a
partire da un processo di fusione, sono identiche a quelle di uno ottenuto con materiale
vergine, in quanto non vengono influenzate dal numero di ricicli che il materiale ha subito,
ma solo dalla presenza di eventuali elementi contaminanti il bagno di materiale fuso. Tale
contaminazione, seppur influenzata e favorita dallutilizzo di rottame anzich metallo
vergine, un aspetto esogeno allattitudine del materiale al riciclo e coinvolge piuttosto
aspetti tecnologici e di processo. La facilit dimpiego del rottame nelle industrie
metallurgiche determinata da due aspetti fondamentali:
il prezzo del rottame in rapporto a quello del materiale vergine;
la purezza.
Il secondo aspetto riveste una importanza ancor maggiore in quanto influenza anche il
valore stesso di mercato del rottame. La presenza di elementi contaminanti pu infatti
richiedere dei veri e propri processi di affinazione.
I principali metalli, presenti nei beni durevoli oggetto dello studio, per i quali i rottami
rivestono una particolare importanza, e che vengono esaminati nel dettaglio sono:
metalli ferrosi;
alluminio;
rame.

4.1.1 I metalli ferrosi
La produzione dei metalli ferrosi coinvolge tre diversi settori industriali: quello degli
altiforni, per la produzione di ghisa, quello delle acciaierie, per la produzione di acciaio, e
quello delle fonderie di seconda fusione per la produzione dei manufatti.
La produzione dellacciaio, in particolare, pu avvenire in due modi:
Processi a ciclo integrale. Il minerale di ferro viene caricato negli altiforni per
produrre ghisa dalla quale, per successiva affinazione mediante ossidazione ad
alta temperatura, viene ricavato lacciaio.
Processi con forno ad arco elettrico. Lacciaio viene prodotto direttamente dalla
rifusione di rottami.
Attualmente in Italia i metalli ferrosi e le loro leghe vengono prodotti in larga misura a
partire dai rottami, sia di importazione sia provenienti dal mercato nazionale.
I rottami ferrosi hanno diversa natura ed origine: possono derivare dai cicli industriali di
lavorazione dell'acciaio e della ghisa, dai cicli di consumo (rottamazione di autoveicoli ed
elettrodomestici) o da dismissione di impianti industriali ed edifici civili (ferro da cemento
armato, strutture di sostegno, apparecchiature industriali).

Il fabbisogno attuale del mercato italiano (il cui andamento degli ultimi anni riportato in
(Figura 49) , secondo ASSOFERMET
34
, tendenzialmente stabile e si attesta per il 2002
su una richiesta per la produzione di circa 19-20 milioni di tonnellate. Il fabbisogno del
mercato di rottame per le acciaierie soddisfatto per circa il 60% da recupero sul
mercato nazionale, mentre il restante 40% importato dallestero, principalmente da
Francia e Germania con circa l8% ciascuna.

8
9
10
11
12
13
14
15
16
17
18
M
i
l
i
o
n
i

t
o
n
n
e
l
l
a
t
e
1992 1994 1996 1998 2000
anno
Fabbisogno nazionale Risorse proprie


Figura 49 - Fabbisogno nazionale di rottame metallico (Fonte dati: ASSOFERMET)

La necessit di rottame dunque elevata, e nuove fonti di approvvigionamento nazionali
sarebbero bene assorbite dal mercato. Gli aspetti che maggiormente ne condizionano lo
sviluppo sono rappresentati da:
le normative vigenti in tema di rifiuti e recupero di materia
35
;
la purezza delle partite di materiale.
I prezzi di riferimento del rottame ferroso, desunti dalle pubblicazioni dellosservatorio sui
prezzi della Camera di Commercio di Milano, consentono una prima stima del valore di
mercato del materiale recuperato anche se la rappresentazione dei dati medi (Figura 50),
ricavati dalle transazioni complessivamente effettuate, non permette di cogliere le
variazioni, anche significative, su singole partite caratterizzate da purezza inferiore allo
standard merceologico. Le quotazioni si riferiscono a transazioni per pronta consegna e
pagamento franco stabilimento consumatore.
opportuno mettere in evidenza una nota metodologica valida per tutti i materiali che
verranno nel seguito analizzati: le rilevazioni vengono effettuate dalla Camera di
Commercio di Milano settimanalmente, per evidenziare in modo preciso e rigoroso le
oscillazioni delle forcelle di riferimento relative alle specifiche classi merceologiche,
identificabili con codici univoci. Per ottenere i dati medi utilizzati nel seguito sono state
campionate 2 rilevazioni settimanali della fine del 2002 e 5 del 2003 (Figura 51): tale
approccio, pur causando una perdita di informazione relativamente ai possibili
scostamenti, talvolta anche significativi, nel corso dellanno, dovuti a particolari
avvenimenti o congiunture dei mercati, permette di ottenere dei valori che meglio

34
Associazione Nazionale dei commercianti in ferro e acciaio, metalli non ferrosi, rottami ferrosi, ferramenta e
affini.
35
A tal fine si rimanda alle considerazioni fatte nel paragrafo 1.4.

approssimano il valore sul medio periodo, utile per trarre delle conclusioni di carattere pi
generale.

0
100
200
300
400
500
600
700
/t
Codice camera di commercio
Prezzo min 120,2660,4 144,593,71 100,1157,2152,2 143,5266,2 154,7
Prezzo max 126,1685,4 165,0114,2 106,1162,5157,5 163,5395,7 160,0
50 140 160 170 80 220 230 291 293 260


Figura 50 - Valori medi di mercato dei rottami ferrosi (vengono riportati i codici del listino della Camera
di Commercio)

38/2002
2/2003
30/2003
50/2003
50
160
170
80
220
230
291
293
260
140
0
100
200
300
400
500
600
700
800
Codi ce
CAMCOM
Ri l evazi one
setti manal e
/t

Figura 51 - Andamento medio delle quotazioni settimanali CAMCOM dei metalli ferrosi rilevate (vengono
riportati i codici del listino della Camera di Commercio)

I codici corrispondono a specifiche classi merceologiche cui sono riconducibili i materiali
prodotti nel trattamento degli beni considerati, riportati in Tabella 12.




Codice DESCRIZIONE
50
Rottami frantumati in pezzi di 15 cm massimo in tutte le direzioni,
puliti, esenti da tornitura di acciaio e di ghisa
140
Rottami di acciaio inossidabile vecchi di demolizione, esenti da
leghe, metalli non ferrosi (base serie AISI 304)
160
Rottami di acciaio inossidabile vecchio di demolizione, esente da
leghe, da metalli non ferrosi (base serie AISI 430)
170
Rottami di acciaio inossidabile vecchio di demolizione, esente da
leghe, da metalli non ferrosi (base serie AISI 410)
80
Rottami nuovi alla rinfusa sino a 2,9 mm di spessore provenienti
dalla lavorazione della lamiera zincata
220 Rottami di ferro e/o acciaio per cubilotto
230 Rottami di ferro non qualificato
291 Rottami costituiti da motori e generatori elettrici fuori uso
293
Rottami di metalli pesanti (inox, ottone, rame, zama, piombo) di
macchine e loro parti, derivanti da frantumazione
260 Rottami di ghisa comune

Tabella 12 - Codici CAMCOM corrispondenti alle diverse classi merceologiche dei rottami ferrosi

Per quanto riguarda i metalli ferrosi derivanti dal trattamento industriale delle
apparecchiature considerate, in particolare per lacciaio che, soprattutto per i grandi
elettrodomestici, rappresenta una frazione consistente nel bilancio di massa
36
, da
rilevare che difficilmente la quotazione raggiunge valori che si avvicinino a quelli riportati
dai listini della camera di commercio.
Uno dei motivi principali da ricercarsi nella scarsa significativit dei volumi derivanti dal
trattamento delle apparecchiature: come gi evidenziato, la produzione italiana di acciaio
si attesta sui valori prossimi a 20 milioni di tonnellate, valore dunque decisamente
superiore alle quantit processate da una piattaforma di trattamento. Anche nellipotesi di
processare 500.000 unit annue, la quantit di rottame ferroso ricavabile
corrisponderebbe a circa 14.000 tonnellate di rottami di acciaio, pari allo 0,07 % della
produzione annuale italiana di acciaio da rottami ferrosi. Se si considera che,
mediamente, la carica di rottame in un forno elettrico di circa 200 tonnellate, risulta
evidente come il prezzo di mercato, che nasce da contrattazioni su partite di dimensioni
maggiori di alcuni ordini di grandezza, non possa raggiungere i valori auspicati.
Non sono da trascurare ulteriori eventuali influssi negativi, dovuti alla contaminazione del
materiale ricavato dalla piattaforma con bassa purezza, o la presenza, in alcuni modelli di
bene di acciai smaltati, il cui valore di mercato risulta ancora inferiore a causa dei
problemi che fa insorgere nel bagno fuso.

4.1.2 Alluminio
Lalluminio viene prodotto industrialmente mediate elettrolisi dellallumina, ottenuta dalla
bauxite, una roccia sedimentaria costituita dal 50-60% di alluminio in forma di ossidi,
presente nei giacimenti naturali. Per ottenere tenori di purezza maggiori (fino al 99,99%),
importanti in alcune applicazioni, la via seguita quella della raffinazione elettrolitica. La
produzione annua mondiale di alluminio di prima fusione, ottenuto cio a partire dalla
bauxite, di circa 20 milioni di tonnellate, mentre altre 6 milioni di tonnellate si ottengono
da riciclo. Per quanto riguarda il mercato nazionale, nel 2001 sono state utilizzate

36
Si confrontino i dati riportati nel paragrafo 2.5.

complessivamente circa 1,7 milioni di tonnellate di alluminio, dalle oltre 700 aziende
operanti nel settore, con un fatturato complessivo che si attestato su un valore di 8,25
MLD . Lalluminio riciclato viene impiegato in diversi settori, ma principalmente in beni
durevoli. A livello europeo il bilancio delle applicazioni di alluminio riciclato per settori di
applicazione fornisce i dati riassunti in Figura 52.

6%
7%
13%
74%
Costruzioni Altro Ingegneria Trasporti


Figura 52 - Campi di utilizzo dellalluminio riciclato in Italia (Fonte Dati: CIAL
37
)

Il settore dellalluminio riciclato in Italia rappresenta, assieme alla Germania, una delle
maggiori realt a livello europeo, con una quantit annua riciclata superiore alle 500.000
tonnellate: Il CIAL, attraverso unindagine presso le fonderie di alluminio, alcune delle
quali associate ASSIRAL
38
, ha messo in evidenza una potenzialit di riciclo per il 2002 di
oltre 700.000 tonnellate (Figura 53).

0
100
200
300
400
500
600
t x10
3
1999 2000 2001
anno
Italia Germania U.K. Francia


Figura 53 - Consistenza e trend del mercato dellalluminio riciclato in Italia, Francia, Germania e UK


37
Consorzio Imballaggi Alluminio.
38
Associazione Italiana Raffinatori Alluminio.

Tra gli accordi promossi dal CIAL per favorire il recupero di materia ed incentivare il
riciclo, merita particolare attenzione quello riguardante lallumino presente nelle scorie da
incenerimento rifiuti: il corrispettivo pagato, in relazione al tenore di impurit presenti
varia come riportato in Tabella 13.

IMPURIT
[%]
CORRISPETTIVO
[/t]
Fino al 15 175,43
Dal 15 al 30 154,94
Dal 30 al 50 139,44

Tabella 13 Corrispettivo pagato per lalluminio presente in scorie da incenerimento

Per quanto riguarda i prezzi di mercato dellalluminio secondario, da avviare a riciclo i
prezzi di riferimento sono desunti dai valori dei listini della Camera di Commercio di
Milano e sono suscettibili delle stesse osservazioni fatte per i metalli ferrosi, ad eccezione
della merce che, in questo caso, viene considerata resa franco stabilimento compratore.

38/2002
15/2003
50/2003
571
581
591
621
641
672
0
200
400
600
800
1.000
1.200
1.400
Codice
CAMCOM
Rilevazione
settimanale
/t


Figura 54 - Andamento medio delle quotazioni settimanali CAMCOM dellalluminio rilevate (vengono riportati i
codici del listino della Camera di Commercio)


0
200
400
600
800
1.000
1.200

/
t
Codice Camer a di Commer cio
Prezzo min 408,57 1.082,57 1.082,50 980,36 1.053,21 1.026,07
Prezzo max 433,57 1.132,50 1.132,50 1.030,36 1.103,21 1.076,07
571 581 591 621 641 672

Figura 55 - Valori medi di mercato rottami dellalluminio (vengono riportati i codici del listino della Camera di
Commercio)

I codici indicati corrispondono alle classi merceologiche riportate in Tabella 14.

Codice DESCRIZIONE
571
Spezzoni di cavo di alluminio ricoperto con gomma, plastica,
tessuti o altro materiale asportabile attraverso vibrovagliatura,
cesoiatura e triturazione degli spezzoni
581 Rottami di fili e cavi
591 Rottame di alluminio non in lega (99,50%)
621 Rottame di alluminio commisto di pi leghe
641 Rottame di alluminio frantumato flottato
672 Rottame di alluminio rame da radiatori

Tabella 14 - Codici CAMCOM corrispondenti alle diverse classi merceologiche dei rottami di alluminio.

4.1.3 Rame
Il rame e le sue leghe (soprattutto ottone e bronzo) sono tra i primi metalli che luomo ha
trattato sin dallantichit. ottenuto a partire dal minerale o dal metallo mediante fusione,
ma molto spesso per ottenere materiale con elevata purezza, indispensabile in alcune
applicazioni, si rende necessaria una raffinazione elettrolitica che permette di far passare
in soluzione alcuni elementi indesiderati. LItalia non dispone di miniere di rame, e la
produzione avviene quindi con metallo importato o grazie al riciclo di rottame.
Il rame completamente riciclabile: le nazioni tecnologicamente pi avanzate recuperano
i prodotti contenenti rame al termine della loro vita utile per riutilizzarlo nei processi
produttivi. Lelevato riciclo dei rottami rende trascurabile il contributo del rame
allincremento dei rifiuti solidi urbani ed industriali. Solo una piccola parte non viene
recuperata: essa dispersa prevalentemente come composti chimici necessari per
lagricoltura.

Dai dati forniti dallI.I.R.
39
si evince che quasi il 50% del rame utilizzato in Italia proviene
dal riciclo: nel 2000, a fronte di una richiesta per la produzione di 1.201.000 tonnellate di
materiale, 598.000 tonnellate sono state assicurate dal riciclo mentre la restante parte
stata importata dallestero (Figura 56).

598.000 t
603.000 t
Importazioni Mercato nazionale

Figura 56 - Ripartizione della provenienza del rame utilizzato nel 2000 (Fonte dati: IIR)

La frazione di materiale riciclato destinata a salire, visto che la disponibilit di rottami
strettamente correlata al consumo di 20-30 anni prima, e questultimo andato negli anni
sempre aumentando; si calcola che l80% circa del rame estratto fin dallantichit sia
ancora in uso sotto varie forme.
Il rame riciclato ha le stesse caratteristiche chimico-fisiche e tecnologiche del rame
primario e quindi non subisce limitazioni di utilizzo o diminuzione di valore. Inoltre, il ciclo
di riutilizzo semplice e pu essere effettuato con limitate difficolt tecnologiche. E da
sottolineare che il riciclo consente un notevole risparmio di energia, in quanto permette di
evitare gli onerosi processi di estrazione e di raffinazione. Lo stesso ciclo di produzione
del rame primario segue strade pi attente ai problemi ecologici e al consumo di energia:
una quota sempre maggiore della produzione mondiale ottenuta attraverso le
biotecnologie, grazie ad un processo denominato bio-leaching: la separazione del
metallo dagli inerti avviene con particolari ceppi di flora batterica, che metabolizzano il
rame contenuto nel minerale senza emissioni nellatmosfera.
I valori di mercato del rame (Figura 57) sono desunti dalle rilevazioni della Camera di
Commercio di Milano. Anche in questo caso, come per lalluminio, i valori delle quotazioni
sono da intendersi con merce resa franco stabilimento compratore, con codici relativi alle
classi merceologiche riportati in Tabella 15.


39
Istituto Italiano del Rame.

38/2002
2/2003
30/2003
50/2003
730
761
770
800
810
820
0
200
400
600
800
1.000
1.200
1.400
1.600
Codi ce
CAMCOM
Ri l evazi one
setti manal e
/t


Figura 57 - Andamento medio delle quotazioni settimanali CAMCOM del rame rilevate (vengono riportati i
codici del listino della Camera di Commercio)

0
200
400
600
800
1.000
1.200
1.400
1.600

/
t
Codice Camer a di Commer cio
Prezzo min 253,83 1.422,17 1.385,42 1.456,33 1.419,67 1.385,50
Prezzo max 832,17 1.474,17 1.437,50 1.508,33 1.471,67 1.437,50
730 761 770 800 810 820


Figura 58 - Valori medi di mercato rottami alluminio (vengono riportati i codici del listino della
Camera di Commercio)








Codice DESCRIZIONE
730
Spezzoni di cavo di rame ricoperti con gomma, plastica o altro
materiale, asportabile mediante lavorazione meccanica (Cu da
30 a 70%)
761 Rame da recupero tubi, nastri,
770 Rame da recupero tubi, nastri, 98,0% m/m
800 Granulato 99,9%
810 Granulato 99,8%
820 Granulato 98,5%

Tabella 15 - Codici CAMCOM corrispondenti alle diverse classi merceologiche dei rottami di rame

Il riutilizzo di rame ed alluminio provenienti da apparecchiature elettriche ed elettroniche
dimesse risulta facile e lItalia tra i leader europei nella produzione di alluminio e rame
riciclati.
Inoltre, le dimensioni del mercato sono minori e le quantit di materiale ricavate e
valorizzate da una piattaforma sono pi significative.
Vi poi da tener presente che, a differenza dellacciaio, lalluminio, e, soprattutto, il rame
sono materiali di importanza anche strategica, il cui valore dipende non tanto dalle
normali leggi di domanda ed offerta, ma anche da scenari geopolitici internazionali.
Basti ricordare, a questo proposito, che le principali riserve naturali di minerale grezzo,
nel caso del rame, si trovano in paesi (soprattutto Cile e Venezuela) la cui precariet
politica causa incertezze sulle future disponibilit e sui prezzi, e che quindi alta la
speculazione sullacquisto alle borse valori internazionali del metallo vergine con
conseguenti ricadute sul valore del materiale da riciclo.
Tutto questo giustifica anche il maggior allineamento che, gi allo stato attuale, esista tra
le valorizzazioni delle piattaforme ed il valore di mercato mediamente rilevato dalla
Camera di Commercio.

4.2 I materiali non metallici

4.2.1 Vetro
La produzione di vetro in Italia, nel 2000, ha visto un incremento rispetto allanno
precedente del 5,2%, che rappresenta il secondo miglior valore nellarea dellEuro dopo
quello della Svizzera; dai dati FEVE
40
, la produzione dellindustria del vetro in Italia in
crescita ininterrotta dal 1996, con un incremento complessivo degli ultimi cinque anni pari
all11,23%.
Le quantit complessivamente riciclate di vetro in Italia nel 2000 ammontano, secondo
stime Istat su proiezioni dei dati di Novembre 1999 sugli acquisti delle aziende vetrarie, a
1.220.000 tonnellate. Questo valore, che si riferisce a tutto il materiale riciclato, a
prescindere dalla sua provenienza, deve essere depurato del saldo import-export, per
poter giungere a calcolare quello che il rottame pronto al forno prodotto a livello
nazionale; dato che le importazioni di pronto al forno sono, per il 2000, pari a 109.000
tonnellate mentre le esportazioni sono assolutamente trascurabili, si ottengono al netto
1.111.000 tonnellate.
Per quanto concerne invece il tasso di riciclo, definito come il rapporto tra il vetro riciclato
e limmesso al consumo, si osserva un andamento discontinuo, riportato in Figura 59.


40
Federazione Europea di Vetro dImballaggio (FEVE).

20%
30%
40%
50%
60%
1988 1990 1992 1994 1996 1998 2000
anno


Figura 59 - Tasso di riciclo del vetro in Italia (Fonte dati: FEVE)

Uno degli aspetti critici nella produzione di vetro da rottame la necessit di elevati
standard qualitativi; in particolare vengono distinti due parametri fondamentali:
presenza di elementi contaminanti (frazioni estranee);
scarti.
Nella prima categoria rientrano tutti gli elementi diversi dal vetro che vengono rilevati nel
materiale; tali frazioni, come ad esempio la ceramica, se penetrano nel bagno fuso
possono generare difetti ed inclusioni in fase solida; i metalli pesanti non possono
superare la soglia delle 250 ppm. Gli scarti comprendono invece tutto ci che decade
dallimpianto di selezione e comprendono solitamente una parte di vetro non distinguibile
dalle frazioni estranee.
In relazione alla tipologia di destinazione possono cambiare notevolmente i valori di
mercato del materiale; le quotazioni riportate in Figura 60 sono relative ai rottami di vetro,
franco partenza, come indicato nelle quotazioni della Camera di Commercio di Milano,
relativamente ai diversi codici di Tabella 16. La provenienza del rottame da un CRT e la
presenza di metalli pesanti o sostanza alogenate pu influenzare notevolmente il prezzo
di acquisto, cos come avviene nelle partite di rottami metallici.

0
10
20
30
40
50
60
70
80

/
t
Codice Camer a di Commer cio
Prezzo min 0,73 42,73 43,81 63,42 43,81
Prezzo max 9,59 47,92 48,93 71,13 50,45
230 240 250 260 270


Figura 60 - Valori medi di mercato rottami di vetro (vengono riportati i codici del listino della
Camera di Commercio)


Codice DESCRIZIONE
230 Rottame di vetro misto.
240 Rottame di colore misto pronto forno.
250 Rottame di colore giallo pronto forno.
260 Rottame di colore bianco pronto forno.
270 Rottame di colore mezzo bianco pronto forno.

Tabella 16 - Codici CAMCOM corrispondenti alle diverse classi merceologiche dei rottami di vetro


Laspetto critico nel riciclaggio del vetro proveniente in particolare dai tubi catodici, che a
livello europeo costituisce una quantit superiore alle 300.000 tonnellate, la presenza
allinterno dei rottami di vetro di metalli pesanti e sostanze alogenate che necessitano di
particolari trattamenti (Figura 61).

Piombo
Stronzio
Bario
All umi nio
Cerio
Magnesio
Calcio
Rimozione necessaria
Rimozione indifferente
Rimozione preferibile
Piombo
Stronzio
Bario
All umi nio
Cerio
Magnesio
Calcio
Piombo
Stronzio
Bario
All umi nio
Cerio
Magnesio
Calcio
Rimozione necessaria
Rimozione indifferente
Rimozione preferibile


Figura 61 - Ossidi metallici che contaminano i CRT


Inoltre, la differenziazione di composizione chimica nei vetri, in relazione alla funzione
che svolgono nel CRT (schermo, cono o collo), varia notevolmente sia in relazione
allutilizzo del cinescopio per TV color, bianco/nero o per monitor di PC, sia in relazione
allo specifico produttore.
Da uno studio condotto sui vetri provenienti da 5 principali produttori vengono riportate le
percentuali dei diversi ossidi metalli presenti nei vari vetri (Tabella 17).

















PRODUTTORE
SCHERMO
OSSIDO
1 2 3 4 5
MEDIA
SiO
2
62,5564,6061,5267,3663,26 63,86
Na
2
O 7,86 7,87 8,86 7,92 7,81 8,06
K
2
O 7,86 10,0310,6411,05 7,19 9,35
CaO 3,18 4,21 3,40 0,00 0,10 2,18
MgO 1,04 1,79 0,79 1,57 0,00 1,04
BaO 13,70 7,35 0,20 8,42 10,30 7,99
SrO 0,00 0,00 10,45 0,00 9,00 3,89
Al
2
O
3
3,58 3,43 3,86 3,68 1,77 3,26
TiO
2
0,00 0,42 0,00 0,00 0,57 0,20
CeO
2
0,23 0,30 0,28 0,00 0,00 0,16
TOTALE 100 100 100 100 100 100
PRODUTTORE
CONO
OSSIDO
1 2 3 4 5
MEDIA
SiO
2
58,9649,9767,9557,9955,15 58,00
Na
2
O 7,76 5,92 6,93 8,24 6,32 7,03
K
2
O 8,40 10,08 7,20 8,83 8,36 8,57
CaO 5,30 3,65 0,34 5,34 3,57 3,64
MgO 2,83 3,70 0,00 2,83 1,53 2,18
BaO 0,80 1,98 12,45 1,31 0,81 3,47
PbO 11,3820,22 0,00 10,8522,43 12,98
Al
2
O
3
4,57 4,48 5,13 4,61 1,83 4,12
TOTALE 100 100 100 100 100 100
PRODUTTORE
COLLO
OSSIDO
1 2 3 4 5
MEDIA
SiO
2
47,4058,6258,9158,2244,80 53,59
Na
2
O 2,18 3,52 3,65 3,75 2,00 3,02
K
2
O 10,9212,9311,9012,7816,50 13,01
CaO 2,10 1,57 1,15 1,70 0,10 1,32
MgO 0,00 0,81 0,82 0,99 0,00 0,52
BaO 0,00 6,29 6,31 6,93 0,70 4,05
PbO 34,3012,7712,7411,9135,00 21,34
Al
2
O
3
3,10 2,14 1,74 2,31 0,90 2,04
B
2
O
3
0,00 1,35 2,78 1,41 0,00 1,11
TOTALE 100 100 100 100 100 100

Tabella 17 - Analisi delle composizioni percentuali dei diversi tipi di vetro da CRT per i 5 principali
produttori europei.


Per questi motivi nel 1997 nato il progetto RECYTUBE, finanziato dalla Comunit
Europea, con lobiettivo di sviluppare una tecnologia che permettesse di riutilizzare il
vetro presente nei CRT secondo due distinte modalit:
Closed loop, per ottenere nuovi tubi catodici a partire da quelli dimessi. Nel ciclo
chiuso la materia prima seconda, proveniente da vetro misto e da cono, entra in
una percentuale compresa tra il 20 e il 30% e con una pezzatura compresa tra 2
e 20 mm nel ciclo di produzione di CRT nuovi;
Open loop, utilizzando il vetro come materia prima seconda in altri processi
produttivi, nellindustria della ceramica, delle fibre di vetro, in applicazioni nel
campo delle costruzioni in vece delle sabbie o per la produzione di vetro colorato
e artistico.
Indipendentemente dalla modalit di riciclo (closed piuttosto che open loop) il progetto
RECYTUBE ha mirato a definire alcune specifiche di base per il vetro derivante dai CRT:
separazione netta tra il vetro del pannello e quello del cono. Nel caso di riciclo
closed loop possibile il riutilizzo come materia prima seconda solo del vetro del
pannello esente da piombo;
metalli pesanti non superiori a 200 ppm. Il vetro non deve in alcun modo
contenere: viti, borchie, rivestimenti anodici, rivestimenti a base di Cd, Y, Eu, Cu,
Ag e Al;
frazione di sostanze organiche non superiore a 100 ppm. Devono essere rimossi:
rivestimenti di carbonio del cono, eventuali rondelle di gomma o plastica, etc;
composizione chimica costante. A tale scopo necessario effettuare controlli
della composizione chimica in linea nellimpianto di riciclo con unaccuratezza di
almeno 5%.
Tra le applicazioni open loop sono da menzionare:
Produzione di vetro da tavola e cristalleria; lutilizzo anche in grandi percentuali di
vetro da CRT non compromette la composizione e le prestazioni delle miscele
lavorate per centrifuga, senza alcun rilascio di elementi tossici e garantendo,
nelle prove di cessione sul vetro prodotto, lappartenenza alla medesima classe
dei vetri sodico-calcici industriali.
Produzione di fritte ceramiche; anche in questo caso possibile ottenere
manufatti con caratteristiche molto simili a quelli ottenuti senza lutilizzo di vetro
da CRT, utilizzabili, ad esempio, per la verniciatura di piastrelle.
Produzione di fibre di vetro; sebbene esperimenti e prove di laboratorio abbiano
evidenziato la possibilit di un fattivo utilizzo di vetri da CRT, i produttori si fibre di
vetro isolanti si sono mostrati riluttanti ad un impiego sui scala industriale a causa
soprattutto dei possibili effetti sulla salute delluomo dellinalazione di fibre
contenenti bario e stronzio, originatesi con lutilizzo di vetro da CRT.
In relazione alla tipologia di destinazione possono cambiare notevolmente i valori di
mercato del materiale; la provenienza del rottame da un CRT e la presenza di metalli
pesanti o sostanze alogenate pu influenzare notevolmente il prezzo di acquisto.

4.2.2 Materie plastiche
Alla fine del loro utilizzo le plastiche post-consumo possono essere riutilizzate secondo
tre modalit fondamentali:
riciclaggio meccanico;
riciclaggio chimico;
termovalorizzazione.
In tutte le modalit si deve prevedere un decadimento pi o meno marcato delle
caratteristiche fisico-chimico delle materie plastiche, a differenza di quanto descritto per i
materiali metallici.

Il riciclaggio meccanico prevede la trasformazione da materia a materia: la plastica
dismessa diventa il punto di partenza per nuovi prodotti. Questa tecnica consiste
essenzialmente nella rilavorazione termica o meccanica dei rifiuti plastici. I materiali
termoplastici vengono rigranulati per ottenere granuli idonei a produrre altri manufatti
secondo i diversi procedimenti di trasformazione, oppure rimacinati per essere impiegati
come cariche inerti; i termoindurenti possono invece subire solo una rimacinazione per
essere successivamente impiegati come inerti nella produzione di polimeri termoplastici
vergini: questa modalit di riciclaggio raggiunge i risultati migliori se la plastica trattata
omogenea.
Il riciclaggio chimico prevede il ritorno alla materia prima di base attraverso la
trasformazione delle plastiche usate in monomeri di qualit pari a quelli vergini, da
utilizzare nuovamente nella produzione. I metodi possibili sono quattro:
Pirolisi. Tale tecnica prevede la scomposizione delle molecole mediante
riscaldamento sotto vuoto: si ottiene una miscela di idrocarburi liquidi e gassosi
simile al petrolio;
Idrogenazione. E un trattamento a base di idrogeno e calore: i polimeri si
degradano e vengono trasformati in idrocarburi liquidi.
Massificazione. Un procedimento basato sul riscaldamento in mancanza di aria
con cui si produce una miscela di ossido di carbonio utile nella lavorazione di
altre materie.
Chemiolisi. Una tecnica che lavora le singole materie dismesse con processi che
le trasformano nelle materie prime di origine.
Il riciclo meccanico o chimico delle materie plastiche pu realizzarsi secondo due grandi
tipologie:
Closed loop. La materia riciclata viene impiegata per produrre la stessa tipologia
di prodotto della materia vergine. La limitazione principale a questa tipologia di
riciclo di tipo legislativo: in alcuni paesi non infatti possibile utilizzare
materiale riciclato in alcune applicazioni. il caso dellItalia per quanto riguarda i
materiali che entrano in contatto diretto con gli alimenti (bottiglie, imballaggi
primari, ).
A cascata. La materia riciclata viene utilizzata per produrre oggetti con propriet
fisico-chimiche inferiori. il caso di FIAT che con il progetto F.A.RE (Fiat Auto
REcycling) riutilizza la plastica dei paraurti, dopo una rigranulazione, prima per la
produzione di condotti daria e successivamente per i tappetini.
Il recupero energetico, o termovalorizzazione, prevede di riutilizzare l'energia contenuta
nei rifiuti plastici, che derivano dal petrolio, sottoforma di potere calorifero: la plastica ha
un potere calorifico superiore a quello del carbone.
A titolo di esempio si riportano in Tabella 18 i valori del potere calorifico di alcuni polimeri
e materiali utilizzati solitamente come combustibili.

Sostanza
Potere calorifico
[MJ/kg]
Polietilene (PE) 46
Polistirene (PS) 46
Plastiche miste 37
Poliuretano 15
Carbone 30
Legno 16

Tabella 18 - Potere calorifero di alcuni dei polimeri presenti nei RAEE


Laspetto critico nella termovalorizzazione delle plastiche derivanti dai beni durevoli
dismessi la presenza, in alcuni componenti, dei ritardanti di fiamma bromurati che
durante il processo di combustione pu provocare la formazione di diossine e furani.
Unazienda giapponese ha sviluppato una metodologia innovativa per la separazione dei
ritardanti di fiamma dalla plastica, che sfrutta lazione di un solvente liquido aggiunto alla
plastica dopo che questa stata triturata e riscaldata.
Laspetto critico nel riciclo della plastica rappresentato dal decadimento delle propriet
meccaniche dei polimeri riciclati rispetto ai polimeri vergini, e dal peggioramento delle
caratteristiche reologiche, in particolare della viscosit, che obbliga spesso ad
adattamenti nei parametri di processo o allintroduzione di filtri. Per questi motivi, i
vantaggi competitivi delle plastiche riciclate rispetto a quelle vergini, dovranno essere il
prezzo inferiore e limmagine ecologica.
Purtroppo, ad oggi, il prezzo della plastica riciclata, non ancora competitivo con quello
della resina vergine, a causa soprattutto dellalta incidenza dei costi dei processi di
separazione e di riciclaggio. La separazione parte fondamentale nel processo di
recupero, in quanto le tecnologie di riciclaggio nascono come dedicate al singolo
polimero, e necessitano di una elevata purezza ed omogeneit del materiale trattato,
anche in relazione alla conformazione della catena polimerica e degli additivi utilizzati nel
medesimo polimero, ad oggi non ancora garantiti. Infatti la continua ricerca di materiali
che meglio si adattino alluso specifico per cui vengono progettati, e la possibilit che le
materie plastiche offrono a questo tipo di progettazione funzionale, ha portato ad un
aumento significativo della variet di polimeri utilizzati in un unico prodotto.
I punti chiave per sviluppare un mercato del riciclo delle materie plastiche con alti volumi
e alti valori sono
41
:
Domanda di mercato: attualmente il mercato di plastica riciclata di modeste
dimensioni e risente del costo spesso relativamente elevato della materia riciclata
rispetto a quella vergine. A parte qualche eccezione, il prezzo della resina
riciclata pari o inferiore solamente del 30% rispetto al valore della materia
vergine, e non ne giustifica quindi lutilizzo.
Ricuperabilit: non esistono ancora infrastrutture logistiche che garantiscano uno
stabile ed economico flusso di materiale da riciclare.
Continuit e purezza: necessaria una continuit tra le generazioni del polimero,
soprattutto in termini di additivi utilizzati e lunghezza di catena, ed necessaria
una marcatura univoca delle plastiche in modo da garantire un elevato valore
anche del materiale post consumo.
Riciclo closed loop: dopo aver progettato un polimero per un uso specifico,
necessario prevedere un sistema chiuso di riciclo, di almeno un ciclo, per
mantenere un elevato valore di profittabilit del materiale anche post-consumo.
Lindustria del riciclo della plastica in Europa, si presenta come un settore relativamente
giovane, con un buon potenziale di crescita ed espansione derivante da innovazioni
tecniche e sviluppi di mercato. Lammontare dei rifiuti in plastica riciclati in Italia ha
raggiunto nel 2001 un valore prossimo al milione di tonnellate. Dai dati forniti da
UNIONPLAST
42
si evince anche che gli impianti presenti sul territorio nazionale
garantiscono ancora un margine di capacit di riciclo del 20% circa (Figura 62).
La consistenza del mercato delle plastiche riciclate ha assunto nel 2001, limitatamente
alla sola attivit di rigenerazione, un valore superiore ai 440 milioni di Euro. In relazione
ai diversi polimeri e settori di mercato la crescita annuale si stima possa oscillare tra il 4-
8% fino al 2006, quando si valuta che il riciclo meccanico dei rifiuti in plastica post-

41
K. Corbet, P. Dillon, L. J ung, M.J . Olsavsky, Plastic Recycling in the electronic industry, IEEE 1997.
42
Unione Nazionale Industrie Trasformatrici Materie Plastiche.

consumo avr raggiunto 2,7 milioni di tonnellate. I principali polimeri presenti nei beni
durevoli considerati sono
43
:
Polietilene (PE);
Polipropilene (PP);
Polistirene (PS);
Polivinilcloruro (PVC);
Acrilonitrile-butadiene-stirene (ABS).
I valori delle serie storiche relative al riciclaggio di questi polimeri, riportati dal rapporto
annuale di UNIONPLAST, sono riportati in Figura 63.

0
200000
400000
600000
800000
1000000
1200000
[
t
/
a
n
n
o
]
1996 1997 1998 1999 2000 2001
anno
Plastiche riciclate
capacit di riciclo
quantit riciclata

Figura 62 - Potenzialit installata e riciclo effettivo per le materie plastiche in Italia (Fonte dati: UNIONPLAST)

0
50000
100000
150000
200000
250000
300000
[
t
/
a
n
n
o
]
LDPE HDPE PP ABS PVC PS
Pol i mero
Quantitativi plastiche riciclate
1996 1997 1998 1999 2000 2001


Figura 63 - Serie storiche delle tipologie di polimero riciclato in Italia (Fonte dati: UNIONPLAST)

43
Muratami O., Technology for recycling plastic materials, Mitsubishi Electric Advance R&D progress Report,
2001.

Per le sole plastiche avviate a riciclaggio meccanico, ASSORIMAP
44
, attraverso un
questionario di valutazione inviato alle aziende operanti nel settore, ha messo in
evidenza le principali destinazioni per i polimeri riciclati nel 2001, indicando i valori in
tonnellate e distinguendo il caso di polimeri venduti come materia prima seconda sotto
forma di granuli o scaglie (evidenziati in grigio chiaro), da quello di materie prime
seconde utilizzate direttamente allinterno dellazienda che opera il processo di riciclaggio
producendo manufatti (evidenziati in grigio scuro). Per alcune tipologie di polimero
esistono possibilit di re-impiego e riciclaggio, tali da poter valutare appieno la possibilit
di avviare le plastiche ottenute nel trattamento dei beni durevoli dismessi a tali cicli (in
Tabella 19 sono riportati i valori di tali flussi).

DESTINAZIONE HDPE LDPE LLDPE PP PS PVC ABS
Rigeneratori 11.487 3.708 0 6.804 947 18.599 474
Casalinghi 3.180 4.634 0 28.050 3.296 5.060 465
1.817 1.811 0 23.141 1.816 717 2.013 Componenti
darredamento 2.200 2.200 0 550 550 330 0
Componenti grandi
elettrodomestici
0 11 0 550 6.666 550 0
Componenti televisori,
videoregistratori
0 11 0 0 94 0 0
Componenti PC e loro
accessori
0 11 0 165 0 0 0
Componenti
elettrodomestici
riscaldamento
0 0 0 0 0 0 0
Componenti piccoli
elettrodomestici
0 11 0 165 0 0 754
10.100 8.945 0 14.148 1.295 281 0
Contenitori
1.650 466 0 2.455 341 231 0
Contenitori stradali per
igiene ambientale
1.650 11 0 0 0 0 0
Fibre 0 0 0 4.158 0 396 0
2.739 105.135 6.318 1.264 660 1.760 0
Film in genere
193 3.806 88 0 0 0 0
3.336 12.438 1.815 770 22 0 0
Imballaggi flessibili
0 1.100 0 187 0 0 0
4.536 341 11 19.483 4.406 650 0
Imballaggi rigidi
0 0 0 629 0 0 0
Teli 110 2.517 1.100 0 0 748 0
435 22 0 17.799 293 3.427 1.896
Manufatti per auto
0 0 0 0 0 88 0
19.767 21.844 550 1.430 0 9.550 0
Tubi per agricoltura
990 5.852 0 2.200 0 0 0
12.430 3.604 0 4.104 108 18.967 275
Tubi per edilizia
2.200 0 0 1.100 0 0 0
34.797 41.943 184 53.202 5.470 8.253 1.635
Altri
1.498 22.182 0 0 352 8.360 0
Intermediari
commerciali
3.390 220 0 20.075 0 0 0
109.776 207.216 9.978 195.307 25.071 68.958 7.512
Totale
8.731 35.606 88 7.121 1.243 9.009 0

Tabella 19 - Tonnellate di materiale riciclato, nel 2001 come granuli o scaglie (grigio chiaro) oppure direttamente
allinterno dellazienda (grigio scuro)

44
Associazione nazionale Riciclatori Materie Plastiche.


La possibilit dunque di re-impiegare la plastica post consumo derivante dai processi di
trattamento dei beni durevoli dismessi, oltre ad essere unattivit con notevole beneficio
per lambiente, costituisce un potenziale risparmio sui costi di conferimento in discarica di
tali tipologie di materiali, con la possibilit di valorizzare una frazione non trascurabile di
materiale.
I valori di mercato delle resini vergini sono ricavabili dalle quotazioni mensili della camera
di commercio; pi problematica invece la stima dei valori di mercato dei polimeri
rimacinati o rigranulati, le cui oscillazioni dipendono fortemente dalle singole partite di
materiale e dallincidenza del processo di separazione e riciclaggio. In Figura 64 sono
riportati dei valori indicativi, desunti da interviste ad operatori del settore e statistiche
elaborate a livello nazionale o in altri paesi.

0
400
800
1.200
1.600
2.000

/
t
ABS
Prezzo min 1.520 830 330
Prezzo max 1.780 1.220 660
Vergine Rigranulato Rimacinato
0
400
800
1.200
1.600

/
t
HDPE
Prezzo min 750 440 110
Prezzo max 1.250 640 440
Vergine Rigranulato Rimacinato
0
400
800
1.200

/
t
LDPE
Prezzo min 900 594 0
Prezzo max 940 704 0
Vergine Rigranulato Rimacinato
0
400
800
1.200

/
t
PP
Prezzo min 880 440 110
Prezzo max 960 640 440
Vergine Rigranulato Rimacinato
0
400
800
1.200
1.600

/
t
PS
Prezzo min 960 770 0
Prezzo max 1.350 880 0
Vergine Rigranulato Rimacinato
0
400
800
1.200

/
t
PVC
Prezzo min 760 170 110
Prezzo max 1.130 220 220
Vergine Rigranulato Rimacinato
Figura 64 - Valori di mercato dei principali polimeri utilizzati negli elettrodomestici considerati (indagine del
2002)

5 CRITERI PER LA PIANIFICAZIONE DELLA RETE DI RECUPERO NAZIONALE
In questo capitolo vengono affrontati i due aspetti principali connessi con la gestione dei
RAEE:
lanalisi di costi e ricavi dellattivit di trattamento industriale delle
apparecchiature in impianti che rispondano ai requisiti di legge;
lidentificazione dei fattori rilevanti per la pianificazione di una crescita efficiente
della rete di recupero nazionale.
I due aspetti sono intimamente connessi anche se, nellanalisi svolta, la modellizzazione
delle diverse piattaforme non ha tenuto conto di possibili vantaggi di costo di singoli che
potrebbero spostare alcuni flussi di beni da una piattaforma ad unaltra. Questo per
garantire, da un lato, il rispetto di standard minimi di sicurezza e di impatto ambientale
delle attivit di trattamento previste dalla normativa vigente (con i costi connessi),
dallaltro la possibilit di effettuare unanalisi in ottica di pianificazione di sistema, che
prescinda da scelte strategiche attuate da singoli operatori al fine di aumentare la propria
competitivit.

5.1 Gli impianti per il trattamento dei RAEE in Italia
La schematizzazione delle operazioni eseguite durante il trattamento industriale di un
elettrodomestico pu avvenire per mezzo dellalbero di processo presentato nel Capitolo
3, con i relativi vincoli e le criticit proprie di ogni tipologia di apparecchiatura. Vengono
nel seguito modellizzati gli impianti di trattamento per le diverse tipologie di beni,
evidenziando le principali voci di costo rilevanti; la modellizzazione si basa su quanto
rilevato in impianti attualmente operanti sul territorio nazionale ed in alcuni paesi europei.

5.1.1 I grandi apparecchi di refrigerazione
Nel caso dei grandi apparecchi di refrigerazione lalbero delle operazioni diventa, con le
limitazioni imposte dalla legislazione vigente, quello riportato in Figura 65.

Figura 65 - Albero di processo per grandi apparecchiature di refrigerazione

La principale criticit rappresentata dalloperazione di triturazione in atmosfera
controllata, nel caso si processino beni contenenti sostanze lesive dellozono (utilizzate
come liquidi refrigeranti oppure come espandenti nelle schiume poliuretaniche isolanti):
tale operazione deve rispondere a precisi limiti di legge
45
in termini di emissioni e
caratteristiche tecnologiche.
Nel caso inoltre si processino beni contenenti derivati del pentano nelle schiume
poliuretaniche, vi il pericolo di esplosione e la camera di triturazione deve essere
inertizzata, prevedendo degli accurati sistemi di monitoraggio del tenore di pentano
allinterno della camera stessa.
Dal punto di vista impiantistico e tecnologico, la differenza tra una piattaforma realizzata
per il trattamento di grandi apparecchiature di refrigerazione, rispetto ad una che tratti
altri grandi elettrodomestici, risiede in un adeguato sistema di controllo dellatmosfera
della camera dove avviene la triturazione, che deve essere effettuata in atmosfera
controllata, tale da rispettare i limiti imposti dalla legislazione vigente, in particolare dal
Decreto 20/09/02, oltre che, naturalmente, alle apposite operazioni di messa in sicurezza.
Non esiste quindi una preclusione tecnologica alla possibilit di trattare in un unico
impianto tutti i grandi elettrodomestici. Esiste per un maggior onere di gestione
dellimpianto, dovuto al processo di filtrazione dellaria della camera di triturazione ed ai
circuiti di condensazione e recupero dei gas refrigeranti che, nel caso non si trattino beni
con SLO, risultano superflui.
Per effettuare una stima economica delle attivit di trattamento, vengono analizzati
separatamente i seguenti tre fattori:
tipologia e ripartizione dei costi di impianto;
tipologia e ripartizione dei costi di esercizio;
fonti di ricavo e contributo al fatturato.
Limpianto assunto come riferimento rappresenta una situazione ideale derivata
dallanalisi delle caratteristiche tecniche, delle potenzialit e dei costi di quelli attualmente
utilizzati dalle principali ditte italiane ed europee, soprattutto Germania ed Inghilterra, e
rappresentano quindi lo stato dellarte.
La capacit di trattamento dellimpianto di riferimento di circa 70-80 frigoriferi/ora, se si
considerano modelli di dimensioni comprese tra i 100 ed i 150 litri, diffusi nellEuropa
centrale, mentre scende a circa 40-50 frigoriferi/ora se si considerano modelli di
dimensioni maggiori, come accade nel contesto italiano, dove la dimensione media dei
frigoriferi di circa 240 litri.
La tecnologia di triturazione adottata quella a catena, in quanto stata sviluppata
specificatamente per tale tipologia di apparecchiature ed ha dimostrato notevoli vantaggi,
con lotti di processo compresi tra 5 e 10 unit, mentre il recupero di SLO ottenuto per
condensazione tramite azoto liquido (con temperatura variabile tra 100C e 160 C).
La separazione dei materiali triturati, ottenuta secondo i metodi illustrati
precedentemente, garantisce differenziazione tra:
materiale ferroso;
rame;
alluminio;
plastiche;
polvere di poliuretano.
Il costo dacquisto ed installazione per limpianto di riferimento stimato in circa
3,5 MLN .
La configurazione impiantistica individuata non lunica possibile per la realizzazione di
un impianto di trattamento completo, in quanto diverse sono le alternative tecnologiche

45
Nel caso della legislazione italiana il Decreto 20/09/2002.

che consentono la percorrenza dellalbero di processo, ma risultata essere un ottimo
compromesso costi/livello tecnologico.
importante sottolineare, che il valore dellinvestimento iniziale sostanzialmente non
correlato con la capacit di trattamento dellimpianto: questo perch non esistono impianti
progettati per capacit operative inferiori ai 40 frigoriferi/ora (prendendo come riferimento
frigoriferi domestici, con dimensioni pari a quelle mediamente presenti nella realt
nazionale), cos come non ne sono stati riscontrati di capacit superiore. La capacit
produttiva di tali impianti quindi compresa, in relazione al numero di turni su cui
operano, tra le 200.000 o le 300.000 unit annue.
I costi desercizio della piattaforma di trattamento, analizzati in relazione ad un anno di
attivit, si possono suddividere in costi fissi e variabili in funzione del volume di
trattamento.
I costi del trasporto e della logistica vengono trattati solo in maniera aggregata e a livello
di sistema (paragrafo successivo).
Le principali voci di costo, emerse dallanalisi dei dati forniti da alcune piattaforme che
attualmente operano sul mercato italiano, sono:
costo del lavoro;
manutenzione;
consumo dazoto.
Il costo del lavoro rappresenta una parte significativa dei costi di gestione di una
piattaforma di trattamento. Anche in presenza di impianti ad elevata automazione, sono
comunque indispensabili degli operatori per le operazioni di:
messa in sicurezza;
controllo del processo;
movimentazione dallarea di stoccaggio a quella di processo.
Esistono poi impiegati ed altro personale con competenze gestionali e dirigenziali. Per
quanto riguarda gli operatori addetti esclusivamente allattivit della piattaforma, che sono
i soli considerati nellanalisi, in quanto le altre mansioni e il personale preposto possono
variare notevolmente, il loro numero minimo pu essere stimato in circa 6 7 operai per
turno per un impianto della dimensione ipotizzata.
Il costo di manutenzione dellimpianto pu variare significativamente in relazione alla
specifica tecnologia adottata. I componenti soggetti a maggiore usura sono, in ogni caso,
gli elementi preposti alla triturazione, siano essi martelli, lame o catena, come nel caso
considerato. Nellimpianto preso in considerazione il costo complessivo di manutenzione
pu essere stimato in circa 40.000 /anno e comprende la sostituzione degli utensili che
realizzano loperazione di triturazione.
Lazoto viene utilizzato negli impianti di trattamento con due specifiche finalit:
abbattimento delle polveri ed inertizzazione;
condensazione dei gas contenuti nelle schiume poliuretaniche.
La ripartizione tra le due funzioni (Figura 66), in base alle specifiche di alcuni impianti,
tale per cui possono essere evidenziati, i seguenti contributi medi:
68 % inertizzazione,
32 % condensazione.


Ripartizione consumo azoto
68%
32%
Inertizzazione
Condensazion

Figura 66 - Ripartizione percentuale del consumo medio di azoto tra condensazione delle SLO e inertizzazione
della camera di triturazione

In presenza di un impianto che tratti beni che non necessitano di recupero di SLO, quali
ad esempio lavatrici e lavastoviglie, la quota parte relativa alla condensazione viene
risparmiata. La restante parte, legata allinertizzazione pu essere eliminata solo in quegli
impianti che trattino esclusivamente beni non contenenti SLO, provvisti di altri sistemi di
abbattimento delle polveri quali, ad esempio, filtri a carboni attivi o altre tipologie, purch
a norma di legge. Dallanalisi dei dati di alcuni impianti e dalle testimonianze raccolte
dagli addetti ai lavori emerso che il consumo di azoto risente anche di fattori che
esulano dal normale consumo di processo. Oltre alla quantit utilizzata durante il
processo di triturazione per condensare le SLO e mantenere unadeguata atmosfera in
camera di triturazione, vi sono, infatti, altri fenomeni che comportano un consumo non
prevedibile e costante dazoto. Uno degli eventi pi ricorrenti che altera il normale
consumo dato dalle fermate cui limpianto costretto, nel caso di necessit
dellintervento delloperatore, in seguito a problemi in camera di triturazione. Tipico il caso
di beni che finiscono in zone morte della camera di triturazione, che non subiscono
quindi una corretta frantumazione, e necessitano dellintervento delloperatore. Tali
fermate, che obbligano loperatore ad entrare nella camera di triturazione, comportano la
successiva re-inertizzazione della camera stessa, con conseguente sovra-consumo
dazoto.
Per questo motivo, il consumo dazoto stato fissato pari a circa 800 m
3
/anno.
Per quanto riguarda il costo, si fatto riferimento ai valori riportati sui listini della Camera
di Commercio, che evidenziano un prezzo di mercato che oscilla tra i 3,94 e i 5,82 /m
3
.
Tali valori di riferimento sono costanti durante lanno e si pu quindi pensare che il costo
complessivo per il consumo di azoto non subisca variazioni significative e sia pari a circa
4.000 /anno. Inoltre, come risulter chiaro in seguito, lincidenza di tale costo modesta
e, quindi, anche una sottostima del prezzo futuro o, pi significativamente, del consumo
effettivo, non pregiudica lanalisi complessiva. Va sottolineato come tale costo
comprenda solamente il fluido e non, come accade talvolta in alcuni impianti, il noleggio o
contratti particolari di fornitura di impianti accessori per la criocondensazione che
risultano sensibilmente maggiori.
Tra i costi variabili, quello di maggior rilevanza il consumo di energia elettrica. Per la
valutazione di tale voce si sono assunte due ipotesi fondamentali:
tariffazione costante,
consumo energetico unitario indipendente dalla quantit di beni processata.
Per quanto riguarda la prima ipotesi, si assunto come valore di riferimento la tariffa
oraria praticata dallENEL per forniture di energia elettrica in media tensione per clienti

con potenza disponibile superiore a 500 kW. La possibilit di una tariffazione minore per
consumi maggiori, prevista dai normali contratti non stata considerata, calcolando un
valor medio delle tariffe previste per le diverse fasce di consumo. Per tener conto anche
del corrispettivo di potenza dovuto e delle imposte si assunto come costo di riferimento
un valore leggermente maggiorato rispetto alla tariffazione effettiva e pari, in ultima
istanza, a 0,20 /kWh.
Per quanto riguarda la seconda ipotesi, si sono considerati i consumi teorici, forniti da
alcuni costruttori di impianti, ed i valori a consuntivo del consumo di energia, di impianti
operanti sul territorio nazionale. emerso che la maggior fonte di consumo energetico
durante il processo di trattamento in un impianto, data dalloperazione di frantumazione,
sia essa eseguita a catena, a martelli oppure a lame. Rapportando il consumo energetico
con la quantit di materiale trattata possibile mettere in evidenza un consumo
energetico per tonnellata di materiale trattato. Allo stato attuale dellarte, non si sono
rilevate diseconomie in caso di sottosaturazione degli impianti, cos come non sono
emersi particolari vantaggi nellutilizzo dellimpianto alla massima potenzialit, in termini
di consumo energetico unitario. Si assunto come ipotesi il valore di consumo energetico
unitario, per tonnellata di materiale processato pari a 200 kWh/t.
Una ripartizione percentuale dei costi relativi allattivit di processo di un impianto per il
trattamento di grandi apparecchiature di refrigerazione riportata in Figura 67.

Costi di trattamento
5-10% 35-40%
1-3%
55-60%
Costo del lavoro Costo manutenzione
Energia elettrica Consumo azoto

Figura 67 - Ripartizione percentuale dei costi di trattamento di grandi apparecchiature di refrigerazione.

I ricavi desercizio della piattaforma di trattamento, durante un anno dattivit, si possono
ricondurre a tre tipologie:
contributo per il trattamento;
valorizzazione delle materie prime seconde;
vendita componenti disassemblati.
Non viene considerato il caso di ricondizionamento del bene completo, per i motivi
esposti nel Capitolo 2 (paragrafo 2.1). Per quanto concerne il ricondizionamento di
componenti, viene in particolar modo considerato il caso dei compressori, anche se,
come esposto (paragrafo 2.1.2), gli scenari di mercato sono soggetti a numerosi variabili,
e quindi di non facile previsione.
Il contributo al trattamento rappresenta la maggior fonte di ricavo per la piattaforma di
trattamento. il corrispettivo pagato dallutente, privato, societ o ente, per il trattamento
del bene. Il valore del contributo al momento attuale non stabilito univocamente, ma
pu variare da piattaforma a piattaforma, ed soggetto alle leggi di mercato. In un
prossimo futuro il sistema verosimilmente si configurer con tariffe a livello nazionale.

Lanalisi della situazione attuale del mercato italiano, ha messo in evidenza un contributo
medio per il trattamento pari a circa 22 /frigorifero. Tale valore risulta sensibilmente pi
elevato di quanto riscontrato in altre realt europee, in particolare nei Paesi Bassi, dove il
contributo di 17 /frigorifero. Per questo motivo bene cercare di capire le ragioni che
hanno portato a tale disparit e, soprattutto, chiarire come la variazione di contributo
impatta sulla redditivit della piattaforma e ne condiziona lo sviluppo, in virt del fatto che
tale voce rappresenta la maggiore fonte di profitto.
La possibilit, per la societ che gestisce il recupero e riciclaggio di apparecchiature
elettriche ed elettroniche nei Paesi Bassi, di praticare un prezzo minore imputabile
principalmente a due fattori:
la realizzazione di economie di scala operando su grandi volumi;
la possibilit di sfruttare la maggiore redditivit intrinseca di alcuni beni, intesa
come valorizzazione complessiva di tutti i componenti e materiali che li
compongono e che possono essere valorizzati sul mercato o conferiti in
discarica, per compensare i costi maggiori nel trattamento di altri.
Per quanto concerne le economie di scala da rilevare che la struttura olandese opera
con volumi che nel 2001 si sono attestati a 608.000 unit/impianto. Risulta evidente che
lincidenza dei costi fissi, in particolare il costo del lavoro, minore rispetto a quanto
accada in una piattaforma che operi su un numero di unit inferiore, pur con un numero
di addetti in grado si soddisfare una capacit produttiva potenzialmente maggiore. La
configurazione geografica dei Paesi Bassi, inoltre, a differenza di quanto accade nella
realt geografica italiana, facilita la creazione di grandi centri di trattamento (sono 7) che
acquisiscono beni da un grande bacino di utenza facilmente raggiungibile (vi sono 65
centri regionali di raccolta), con la possibilit, quindi, di ridurre anche i costi logistici e di
trasporto. Gli impianti sono poi differenziati, dal punto di vista tecnologico, in modo da
trattare gruppi di prodotti simili, realizzando economie di scopo. Per quanto concerne
invece il secondo aspetto, e cio la possibilit di sfruttare la maggiore redditivit di
particolari categorie di beni, si nota che, mediamente, il costo di processo di un bene
bianco minore di quello di un bene bruno, ma diversi sono anche i contributi al
trattamento corrisposti, in modo da garantire, nel complesso, la redditivit complessiva
dei sette centri di trattamento.
La valorizzazione delle materie prime seconde comprende due aspetti fondamentali:
il ricavo ottenuto dalla vendita del materiale come materia prima seconda;
il costo di smaltimento del materiale o dei componenti che devono essere
obbligatoriamente conferiti in discarica o in opportuni centri di trattamento.
Per quanto riguarda il primo aspetto, vengono assunti come riferimento i prezzi di
mercato forniti dalla Camera di Commercio stabilendo una scala di valorizzazione per
ogni tipologia di materiale.
Il costo di smaltimento quello di conferimento in discarica, cos come comunicato da
alcune piattaforme che operano in Lombardia. Come gi stato messo in evidenza, la
mancanza di unificazione, a livello nazionale, dei costi di conferimento in discarica, rende
tale aspetto soggetto a notevoli variazioni e provoca possibili asimmetrie di mercato.
Per quanto riguarda le materie plastiche, che, attualmente, vengono conferite in
discarica, possibile stabilire una scala di valorizzazione che preveda la possibilit di un
loro riciclo, confrontando i valori della resina vergine, degli scarti di lavorazione, cos
come definiti nei listini della Camera di Commercio di Milano, e del materiale rigranulato o
rimacinato, considerando separatamente i costi del processo di riciclo e le problematiche
ad esso connesse.
A partire dalle analisi fatte in precedenza, i ricavi della piattaforma di trattamento sono
stati ipotizzati facendo variare i valori di mercato in un intorno dellattuale valore
riscontrato nelle piattaforme, evidenziando i possibili effetti di variazioni, anche
significative, del valore di mercato, e giustificando gli eventuali scostamenti riscontrati.

Al termine del processo di trattamento completo, si possono distinguere i materiali
pericolosi, ovvero non recuperabili, che devono essere necessariamente avviati in
discarica
46
o a centri di trattamento autorizzati
47
, da quelli che possono essere rivenduti
come materia prima seconda e rientrare nei cicli produttivi, come riportato in Tabella 20.


MATERIALE DESTINAZIONE
Acciaio Recupero
Rame Recupero
Alluminio Recupero
Plastiche Recupero o Smaltimento
Sostanze lesive Smaltimento
Poliuretano Smalt. o reupero potere cal.
Componenti e altri rifiuti Smalt. o reupero potere cal.

Tabella 20 - Destinazione finale dei materiali e componenti ottenuti durante il trattamento di apparecchiature di
refrigerazione

Lanalisi dei valori medi dei prezzi di mercato dei materiali recuperati, confrontati con i
ricavi delle piattaforme di trattamento, permette di tracciare un primo bilancio dei possibili
margini di miglioramento e dellimpatto che questi possono avere sulla redditivit di un
impianto di trattamento (Tabella 21).

MATERIE
PRIME
SECONDE
VALORE MEDIO
NEL 2002
[/t]
RANGE DI
VARIABILIT
IMPATTO SU
REDDITIVIT
- 50 % -
Acciaio 40
+25 % +
- 57 % --
Alluminio 700
+64 % ++
- 57 % --
Rame 700
+64 % ++
- 167 % ++
Plastiche -150
+100% --
- 50 % ++ Sostanze
lesive ozono
-5200
+188 % ---

Tabella 21 - Valorizzazione di materie prime seconde, range di variabilit e impatto sulla redditivit

Le materie plastiche vengono, attualmente, conferite in discarica e rappresentano quindi
un costo, destinato in futuro ad un probabile aumento in relazione alle politiche
comunitarie di progressiva chiusura delle discariche.
Le prospettive e limpatto sulla redditivit sono dunque influenzate non solo dalle quantit
di beni che nei prossimi anni verranno processate, ma anche e soprattutto dal tipo di
mercato che si riuscir a strutturare a valle di un impianto di trattamento e dalla capacit

46
il caso del poliuretano o dei condensatori con PCB o interruttori a mercurio.
47
il caso dei gas refrigeranti che vengono smaltiti in impianti dedicati. Le piattaforme di trattamento che
operano nel nord Italia si avvalgono di impianti francesi.

di garantire, con tecnologie e processi di trattamento sempre aggiornati, standard
qualitativi per il materiale recuperato conformi alle classi merceologiche di settore.
Allo stato attuale la valorizzazione complessiva dei materiali che mediamente
costituiscono le grandi apparecchiature di refrigerazione, in particolar modo frigoriferi e
congelatori, porta ad un saldo negativo, mediamente pari a -1,5 /unit, a causa
dellelevata incidenza dei costi di smaltimento dei materiali pericolosi, soprattutto per le
sostanze lesive dellozono. La redditivit della piattaforma, allo stato attuale, sia in termini
tecnologici, sia in termini di mercati di sbocco delle materie prime, assicurata dal
contributo corrisposto per il trattamento del bene.
Per ottenere un significativo aumento della redditivit, necessario processare una
quantit di beni maggiore, in modo da conseguire delle economie di scala nei costi di
esercizio, ma soprattutto avere un potere contrattuale maggiore in sede di negoziazione
dei prezzi di vendita delle materie prime seconde o di conferimento in discarica o
smaltimento dei rifiuti; inoltre, maggiori risultano anche i ricavi derivanti dal contributo al
trattamento.

5.1.2 Altri grandi elettrodomestici
Il ciclo di trattamento per gli altri grandi elettrodomestici (rappresentabile mediante
lalbero di processo) simile a quello descritto per i grandi apparecchi di refrigerazione, a
parte le fasi riguardanti l'eliminazione delle SLO che in tali apparecchiature non sono
presenti.
Per quanto riguarda la triturazione quindi non esistono particolari prescrizioni: questa non
deve necessariamente avvenire in atmosfera controllata, in quanto non sussiste il
pericolo di rilascio di sostanze pericolose per lambiente, ma deve comunque essere
garantito un abbattimento di eventuali polveri. E ovviamente necessaria la messa in
sicurezza iniziale, con la rimozione di parti metalliche, cavi, circuiti, guarnizioni, vetri,
motori e altri materiali pericolosi.
Si stimato che un impianto in grado di trattare tutti i grandi elettrodomestici (ma non
precluso il trattamento anche di quelli piccoli) eccetto quelli di refrigerazione, costi circa
1,8 MLN per una capacit di trattamento di 13.000 t/anno. Tutte le altre considerazioni
sui costi di processo risultano essere analoghe a quelle appena esposte per gli impianti
che trattano apparecchi refrigeranti, sottolineando che il contributo del consumo di azoto
a conti fatti influisce con una percentuale minima sul totale dei costi.

5.1.3 Apparecchiature con CRT
Le apparecchiature con CRT (Cathode Ray Tube) hanno delle fasi di trattamento
differenti rispetto ai grandi elettrodomestici per quanto riguarda le operazioni di
disassemblaggio e messa in sicurezza (Figura 68).


Figura 68 - Albero di processo apparecchiature con CRT

Le apparecchiature con CRT necessitano di particolari attenzioni in fase di
disassemblaggio per evitare la rottura del tubo catodico ed il conseguente rilascio delle
polveri contenute, che devono invece essere raccolte e trattate. Tale operazione viene
eseguita manualmente da operai (il che comporta un elevato costo economico e molta
attenzione per la pericolosit dei materiali presenti), in una o pi linee dedicate.
Per poter essere impiegati come materie prime seconde, i vetri provenienti da cinescopi
dismessi devono essere preventivamente separati e trattati, al fine di evitare linsorgere di
effetti negativi nel prodotto finito nel corso del processo industriale in cui verranno
riutilizzati.
La tecnologia presa in considerazione (in quanto la pi diffusa a livello industriale) per
separare il vetro del cono da quello del pannello quella che utilizza lHot Wire Shock,
descritta nel paragrafo 3.3.2. Limpianto che consente la separazione delle due parti in
vetro, permette di trattare circa 190 tubi catodici per turno (41.800 anno), e offre come
prodotto finale vetro pannello decontaminato dai fosfori pronto per il riciclo e vetro cono
da inviare a trattamento prima di poter rientrare nel ciclo produttivo.
La differenza nellapproccio separazione e bonifica rispetto a frantumazione del CRT
comporta alcune sensibili differenze:
il vetro pannello, una volta che siano state aspirate le polveri fluorescenti
riutilizzabile e rivendibile, generando quindi un ricavo; il vetro cono necessita
invece di unulteriore operazione di bonifica dalle vernici che lo ricoprono che,
unita alla presenza di piombo, ne rendono difficile e comunque non sempre
economicamente vantaggioso il re-impiego rispetto allo smaltimento;
lutilizzo dellapproccio a frantumazione comporta un sensibile aumento del peso
delle terre rare da smaltire in discarica a causa della percentuale di polvere di

vetro che viene separata insieme alle polveri dello schermo, con un aumento di
quasi il 10% della quantit da smaltire obbligatoriamente in discarica.
In definitiva, con lapproccio basato su separazione e bonifica dei vetri, si distingue il
vetro recuperato (80 90 %) in
vetro cono al piombo;
vetro pannello al bario;
polveri e terre rare.
Una valorizzazione media dei materiali riportata in Tabella 22.

Materiali
% materiale
in 1 Kg
Costo/prezzo
[/Kg]
Vetro cono 20 -0,08
Vetro Pannello 40 0,07
Plastiche HIPS 12 0,155
Plastiche miste 13 -0,2
Giogo 2,4 0,2
Cavi 1,6 0,35
Rottami ferrosi 4 0,04
Schede 4 0,5
Rifiuti 1,75 -0,3
Terre rare 1,25 -0,75

Tabella 22 - Valorizzazione dei materiali di risulta dal processo di trattamento dei CRT

I costi variabili presi in considerazione sono i medesimi che per limpianto dei grandi
apparecchi refrigeranti. In questo caso la ripartizione dei costi variabili risulta
notevolmente sbilanciata sul costo del lavoro (Figura 69). In un impianto ben
dimensionato la fase di smontaggio deve essere il collo di bottiglia essendo effettuata
manualmente e labour intensive.
Il disassemblaggio manuale continua ad essere il sistema pi utilizzato per la
separazione dei diversi componenti che costituiscono un apparecchio; dai dati forniti dalle
diverse aziende esaminate, emerso che il tempo medio necessario per effettuare tale
operazione di circa 6,5 minuti per apparecchio e di conseguenza in un turno di 8 ore un
operatore smonta circa 73 unit/giorno che in un anno (220 giorni lavorativi) equivalgono
a circa 16.000 unit.


Cost o del
Lavor o
96-98%
Ener gia Elet t r ica
1-3%
Alt r o
0-1%
Manut enzione
1-3%

Figura 69 - Ripartizione percentuale dei costi di trattamento

Limpianto vero e proprio consta della postazione di smontaggio (comprendente tavolo di
lavoro, utensili e materiale antinfortunistico) e della stazione di trattamento del CRT
(ognuna delle quali pu processare circa 190 unit/turno), il cui costo stimato in circa
52.000 ; inoltre per aumentare il valore dei componenti rivendibili, si possono affiancare
allimpianto due sistemi ausiliari: uno per la triturazione delle carcasse in plastica (mulino)
e uno per il pretrattamento di cavi e gioghi di deflessione. Il costo dellimpianto
complessivo stimato in circa 150.000 per una capacit di trattamento superiore alle
250.000 unit, che corrispondono, considerando la composizione media dei beni ed il
rapporto tra TV e monitor di PC dismessi, a pi di 3.000 tonnellate di vetro
48
.

5.2 Le reti di recupero ed il trattamento dei RAEE
Nei paragrafi che seguono viene illustrata la modellizzazione della rete di recupero e
trattamento per i grandi elettrodomestici, al fine di valutare lincidenza dei costi di
recupero (logistici) e di trattamento (tecnologici) sul costo totale dellintero sistema.
Successivamente si ripeter lo stesso procedimento per le apparecchiature con CRT ed
infine verr proposta una rete di recupero unica in cui entrambe le tipologie di
apparecchiature siano gestite in modo integrato e ottimizzato.
Obiettivi dellanalisi sono:
lo studio della situazione attuale, verificando se gli impianti di trattamento
esistenti siano in grado si processare tutte le apparecchiature che giungono a
fine vita nellarea del nord Italia considerata nellanalisi;
la valutazione del grado di efficienza dellattuale sistema di recupero e
trattamento;
la realizzazione di una rete di recupero con nuovi impianti in modo da garantire, a
livello di sistema, il massimo margine di guadagno ed i minimi costi di gestione.
La zona geografica di studio costituita dalle regioni della Lombardia, Veneto, Emilia
Romagna e Piemonte: in tale area geografica il mercato degli elettrodomestici
corrisponde al 40% del totale nazionale e non sono presenti ostacoli logistici di natura
geografica o infrastrutturale. Il numero di beni giunti a fine vita in un anno di riferimento
(2002 nellanalisi), valutati su scala nazionale, sono stati ripartiti per provincia sulla base
del numero di famiglie residenti.
Una volta definita larea di studio ed i volumi dei flussi di ritorno sono stati definiti i diversi
nodi che modellizzano la rete di recupero, secondo la terminologia utilizzata nel
paragrafo 2.2:

48
La media pesata di circa 21 kg/unit, cui corrispondono circa 12,6 kg di vetro.

Nodi sorgente: gli elettrodomestici a fine vita sono raccolti in piazzole comunali o
in depositi della Grande Distribuzione Organizzata (GDO). Ai fini della
modellizzazione si supposto che i volumi di prodotti raccolti in ogni provincia
siano conferiti nel capoluogo: in questo modo si avranno 35 nodi sorgente
corrispondenti alle province considerate nellarea di studio. Tale semplificazione
necessaria per non rendere il modello matematico della rete eccessivamente
oneroso in fase di valutazione dei costi di tutte le possibili tratte di trasporto.
Nodi di processo: allinterno degli impianti le apparecchiature sono trattate in
modo da recuperare materiali, sostanze e componenti che possono essere
riciclati, rivenduti oppure smaltiti. Per quanto riguarda i grandi apparecchi di
refrigerazione, lobiettivo principale di una piattaforma di trattamento
lintercettazione ed il recupero delle SLO presenti nel circuito refrigerante e di
quelle utilizzate come gas espandenti nelle schiume poliuretaniche isolanti.
Inoltre fondamentale anche recuperare materiali quali ferro, alluminio e rame
che possono essere rivenduti come materie prime seconde e componenti quali
motori e compressori che possono essere inseriti nel mercato dellusato. Per
quanto riguarda gli altri grandi elettrodomestici il ciclo di trattamento simile, fatta
eccezione per le fasi riguardanti leliminazione delle SLO che in questo caso non
sono presenti. Per quanto concerne la stima dei costi per i nodi di processo si
sono valutati, sulla base dei dati disponibili, le diverse voci presenti allinterno
dellimpianto (costi di investimento, costo di insediamento, costo del lavoro, costo
dellenergia elettrica, costo della manutenzione, spese generali) oltre che il ricavo
derivante dal contributo per il trattamento. Il costo di investimento per gli impianti
attualmente presenti sul territorio non stato considerato in quanto supposto
completamente affondato.
Nodi destinazione: le possibili destinazioni dei materiali dopo il trattamento sono
essenzialmente tre: lo smaltimento in discarica per quei materiali che non
possono essere recuperati in nessun modo (a questo proposito si sottolinea
come il conferimento diretto in discarica degli elettrodomestici senza previo
trattamento sia illegale); la termovalorizzazione, che attualmente costituisce
lunica alternativa allo smaltimento e pu essere utilizzata per le plastiche; il
recupero e quindi la vendita di quei materiali e prodotti che possono essere
riciclati diventando quindi una fonte di guadagno per limpianto di trattamento. La
quantificazione dei costi/ricavi relativi alle piattaforme stata effettuata tenendo
conto di quanto rilevato mediamente presso alcuni attori che attualmente
operano sul mercato nazionale e di possibili miglioramenti futuri attraverso un
confronto con i valori dei materiali riciclati pubblicati dalla Camera di Commercio
di Milano
49
.
Per quanto riguarda i trasporti si considerano quelli dai nodi sorgente ai nodi di processo
e quelli dai nodi di processo a quelli di destinazione finale (discariche o impianti di
termovalorizzazione). Nel primo caso, si assume che il trasporto avvenga separatamente
per le differenti tipologie di apparecchiature con cicli semplici a pieno carico, mediante
cassoni scarrabili. Per i nodi di destinazione finale si utilizzano invece delle distanze
medie relativamente ad ogni nodo di processo sulla base del numero di discariche ed
impianti di termovalorizzazione presenti nelle diverse aree della zona di analisi.
Secondo le stime del Consorzio Tecnoimprese (2002) la raccolta dei rifiuti di
apparecchiature elettriche ed elettroniche cos strutturata:
il 25% dei rifiuti viene conferito a strutture comunali: il ritiro dei beni a fine vita
affidato alle aziende municipalizzate di raccolta.

49
Si veda il Capitolo 4.

il 40-50% dei rifiuti viene ritirato dai rivenditori: in questo canale rientrano
principalmente la GDO e la distribuzione specializzata che possono contare su
depositi (spesso condivisi da pi punti vendita) per lo stoccaggio provvisorio degli
apparecchi dismessi. I dettaglianti invece fanno solitamente riferimento alle
piazzole comunali di raccolta.
il 15% viene conferito ai rottamatori.
il 10-20% viene abbandonato, ritirato da enti non autorizzati o smaltito
abusivamente in discarica.
Nel corso dellanalisi non si tenuta traccia della diversit tra il conferimento a strutture
municipalizzate o GDO (in quanto i nodi sorgente, come gi sottolineato, sono astratti),
mentre si sono valutati gli effetti (ben pi significativi, soprattutto dal punto di vista
dellimpatto ambientale) dellabbandono indiscriminato, attraverso lintroduzione di un
tasso di Non Raccolti.

5.3 Pianificazione delle reti di recupero
Per superare alcuni dei limiti precedentemente rilevati, stato creato un modello di
supporto alle decisioni che permetta di scegliere lopzione ottimale di trattamento per il
prodotto, tra il set delle previste, la localizzazione dei nodi di processo e lallocazione dei
flussi di prodotto, minimizzando il costo totale annuo equivalente del sistema e fornendo,
al contempo, feedback sulleco-efficienza del PRN e di progettazione prodotto.
La coniugazione di flessibilit e precisione, quindi la possibilit di adattarsi a diverse
realt senza tuttavia essere eccessivamente oneroso nellimplementazione, con la
necessit di non perdere in semplificazioni la possibilit di eseguire unanalisi rigorosa,
stata conseguita attraverso una struttura modulare. Tale scelta permette di adattare il
modello alla realt in esame e risulta di fondamentale importanza soprattutto nella
definizione del modello di costo, le cui voci sono state legate ai singoli nodi del sistema,
con la possibilit di terziarizzare alcuni servizi e introducendo leffetto delle economie di
scala attraverso luso di funzioni lineari a tratti che approssimino funzioni di costo
concave.
Per rendere pi facile limplementazione di un PRN stata prevista una procedura
guidata costituita di otto passi, in cui, ad intervalli definiti, vengono eseguiti delle
sottoprocedure di semplificazione e verifica:

1) Elaborazione del diagramma delle opzioni di trattamento prodotto.
In questa fase si determina il set di opzioni da valutare per il prodotto considerato, in
particolare i componenti che possono essere recuperati ed i materiali che si possono
ottenere; si specificano, per ogni opzione, i processi coinvolti, le caratteristiche degli input
e degli output e si identificano le diverse soluzioni di disposizione finale dei prodotti, delle
parti e dei materiali recuperati.

2) Definizione della massima rete di recupero.
Allinterno della rete massima di recupero, che pu contenere processi ed impianti in
soprannumero rispetto alla rete effettiva, ma che deve permettere limplementazione di
tutte le opzioni del punto 1, vengono definiti i tre elementi fondamentali che la
costituiscono:
i nodi sorgente, in cui nascono i flussi dei prodotti da recuperare, distinguibili in
nodi singolari (costituiti da una sorgente unica), e nodi sorgente di raccolta
(facenti capo ad una rete di raccolta pi capillare);
gli impianti di processo, in cui i prodotti sono trattati: ogni impianto pu essere
costituito da pi processi indipendenti;
i nodi di destinazione finale, che corrispondono alle opzioni finali cui i prodotti, o
loro componenti sono destinati.

In questa fase necessario definire la matrice delle distanze tra gli elementi della rete,
semplificando eventualmente quelli non possibili per ragioni oro-geografiche, politiche od
altro. E anche possibile eseguire una sottoprocedura di feedback che rappresenti le
strutture esistenti, esegua la fase 3, valutando eventuali mancanze, e quindi ritorni alla
fase 2 per integrare la rete con i nodi necessari.

3) Definizione del sistema di recupero prodotti.
Costituisce la crasi dei risultati delle due fasi precedenti cos da avere un sistema che
comprenda tutti i nodi ed i possibili flussi di prodotti, riportando tutte le opzioni di recupero
sul diagramma della rete.

4) Semplificazione del sistema.
E possibile ridurre la rete ottenuta al punto 3 sulla base di considerazioni immediate o
sulla logica del funzionamento del sistema al fine di minimizzare lo sforzo di valutazione
delle fasi successive; questo selezionando alcuni scenari, nel caso si voglia procedere ad
unanalisi particolare, o eliminando alcuni collegamenti al fine di ridurre la difficolt
computazionale anche nel caso si risolva il sistema con lausilio di un calcolatore.

5) Elaborazione del modello di costo.
In questa fase si elaborano le relazioni in grado di spiegare i principali costi connessi alla
realizzazione e alla gestione del sistema. In vista di una applicazione del modello di costo
allinterno di un modello di PL, si utilizzano delle relazioni di costo lineari, valutando
linfluenza delle economie di scala con spezzate che approssimino funzioni di costo
concave. La funzione obiettivo composta da diverse voci di costo e ricavo che, in
relazione alla tipologia di prodotto, possono essere pi o meno significative o variare in
funzione delle quantit o di diverse configurazioni di impianto, riassumibili in alcune
macrocategorie:
Costi nei nodi sorgente.
Possono cambiare connotazione in relazione al tipo di rete ed essere di tipo
singolare, nel caso si origini in quel punto il flusso di ritorno, o rappresentare
cluster di raccolta non ulteriormente decentralizzabili, che assorbano tutti i costi a
valle non visti e cui fanno riferimento diversi soggetti.
Costi di trasporto.
Comprendono, ove siano possibili, i collegamenti tra nodo sorgente e nodo di
processo, tra nodo sorgente e di destinazione finale, tra nodi di processo, tra nodi
di processo e di destinazione finale.
Costi nei nodi di processo.
Si possono distinguere in costi di impianto, che rappresentano una quota parte
fissa annuale, relativa al funzionamento dellimpianto, e possono comprendere
lequivalente annuo dellinvestimento iniziale, e costi di processo, anchessi
distinguibili in fissi e variabili.
Ricavi e Costi nei nodi di destinazione finale.
Derivano dal riutilizzo o riciclaggio di componenti o materiali, in relazione alla
tipologia di prodotto ed alla sua valorizzazione di mercato, e possono
comprendere anche lo smaltimento in discarica o lincenerimento.
Costi di gestione della rete.
Comprendono tutte le altre attivit necessarie al corretto funzionamento del
sistema.
Costi di terziarizzazione.
Modellizzano il caso si voglia affidare in toto la gestione del processo ad operatori
terzi che gestiscano in proprio il PRN, o singolarmente la fase di raccolta ovvero

di processo. Possono comprendere una quota parte fissa annuale ed una
variabile in relazione alla quantit processata.

La soluzione ottimale quella che rende massimo il valore di tale funzione - Tabella 23 -
(massimizza i profitti delle differenti piattaforme), rispettando i vincoli imposti al modello,
sia di continuit di flusso ai nodi del sistema, sia di coerenza tra input ed output di
processo. Ulteriori vincoli possono essere specificati in relazione al tipo di prodotto, come
nel caso siano imposti dei target minimi di raccolta.

6) Valutazione della rete.
Sulla base del modello di costo sviluppato nella fase 5 possibile valutare la rete
risultante dalla fase 4, in modo manuale, nel caso di adeguata semplificazione o di
scenari particolari o, pi in generale, attraverso lutilizzo del calcolatore e di un software
di ottimizzazione, sfruttando le relazioni lineari con cui si definito il modello di costo.

7) Valutazione dei parametri di soluzione.
In corrispondenza della soluzione si valutano i parametri di prestazione pi opportuni, per
ottenere un quadro completo della rete individuando delle misure delleco-efficienza del
sistema e dellentit del suo impatto ambientale; la soluzione a costo minimo deve essere
anche in linea con determinati standard, come nel caso i target di recupero siano stabiliti
per legge. I due indici proposti sono relativi a:
performance di raccolta, significativo soprattutto per le reti di tipo pull, definito
come
(a)

=
C c
C c
c s
c s
IPR
) (
) ( '

con s(c) quantit effettivamente raccolta ed s(c) presente nei nodi appartenenti al
sistema;
performance del recupero, definito come
(b)
MDI MDS MDR
MDR
IPRC
+ +
=

con MDR, MDS ed MDI indicanti, rispettivamente, la massa dei materiali
recuperati, conferiti in discarica ed inceneriti. Tale indice pu essere
significativamente particolareggiato per le diverse tipologie di materiale presente
in un prodotto ovvero inserito come benchmark tra i vincoli del modello, cos
come il precedente.













FUNZIONE OBIETTIVO
CACC (c) Costo annuo di acquisizione prodotto
RSUSC (c) Ricavo annuo da contributo per recupero prodotto
CRACC (c) Costo annuo di raccolta al nodo sorgente
CPENC (c) Penale annua per la mancata raccolta di prodotto
CINVC (c) Costi di investimento per il nodo
CFIXC (c) Costi fissi annui di gestione del nodo
CVARC (c) Costi variabili per anno
COSTC
(c)

CMANC (c) Costi di mantenimento a scorta
CTCP (c)
Costo annuo di trasporto dai nodi sorgente ai nodi di processo,
eventualmente applicando tariffe a forcella (anche nei casi seguenti)
CTCD (c) Costo annuo di trasporto dai nodi sorgente ai nodi di destinazione finale
CTPP (c) Costo annuo di trasporto tra i nodi di processo
CTT (c)

CTPD (c) Costo annuo di trasporto tra nodi di processo e di destinazione finale
CGI (i) Costi annui generali di impianto
CAI (i) Costi annui di amministrazione
AIMP

CPS (i) Costi annui del personale (non di processo)
CFIP (i,p)
Costi annui fissi di processo, comprendenti amministrazione, spese
generali e personale di processo
CVAP (i,p,v)
Costi variabili di processo relativamente alle diverse configurazioni,
comprendenti handling, materiale di processo, energia, manodopera
CINP (i,p,v) Annualit dellinvestimento, relativamente alle diverse configurazioni
CMSIP (i,p) Costo annuo di mantenimento a scorta prodotti in ingresso
CMSOP (i,p) Costo annuo di mantenimento a scorta prodotti in uscita
CPRO
(c)

INCT (i,p) Contributo annuo al trattamento del prodotto
CTD (d) Costo annuo di conferimento in discarica
CTI (d) Costo annuo di incenerimento
CTND

CTR (d)
Costo annuo per il riciclaggio o recupero dei materiali. Se rappresenta
un ricavo assume segno negativo
CGES
Costi annui di gestione della rete che non rientrano nelle precedenti
categorie, comprendenti coordinamento, campagne pubblicitarie,
FIXC (c) Costi annui di terziarizzazione della raccolta (componente fissa) CCRTT
VARC (c) Costi annui di terziarizzazione della raccolta (componente variabile)
FIXP (c) Costi annui di terziarizzazione del processo (componente fissa)
CPITT
VARP (c) Costi annui di terziarizzazione del processo (componente variabile)

Tabella 23 - Schematizzazione delle voci componenti la funzione obiettivo. Racchiusa tra le parentesi la
dipendenza della voce di costo dal nodo sorgente (c), dallimpianto (i), dal processo (p), dalla
configurazione (v) o dalla destinazione finale (d)





8) Miglioramento della soluzione.
La soluzione soggetta alladozione di ipotesi ed approssimazioni: quindi possibile
attuare una serie di feedback che consentano di rivedere la composizione del modello in
alcune delle sue fasi, sulla base della soluzione individuata.

5.4 Rete di recupero per i grandi elettrodomestici
Secondo le stime di Fise-Assoambiente (2000) nel 1997 la percentuale di raccolta di
apparecchi domestici a fine vita nelle regioni considerate rispetto al totale nazionale
stata pari ai valori riportati in Tabella 24.

PERCENTUALI DI DISMISSIONE PER REGIONE RISPETTO AL
TOTALE NAZIONALE, 1997
REGIONI frigoriferi lavatrici lavastoviglie
Lombardia 17% 18,4% 23,8%
Piemonte 9% 9,3% 10%
Veneto 7% 7,5% 9,6%
Emilia-Romagna 7,5% 7,8% 9,9%
Totale 40,5% 43% 53,3%

Tabella 24 - Valori percentuali di dismissione dei grandi elettrodomestici per le regioni considerate

Le stime dei flussi di ritorno divisi per provincia sono stati calcolati distribuendo i dati
regionali proporzionalmente al numero di famiglie residenti (dati ISTAT).
Nella rete che viene proposta i flussi di ritorno dei grandi elettrodomestici non di
refrigerazione verranno accorpati in quanto il ciclo di recupero praticamente lo stesso,
mentre necessario tenere separate le apparecchiature di refrigerazione in quanto
necessitano di un trattamento pi complesso, come evidenziato in precedenza.
Nelle regioni considerate sono attualmente presenti alcuni impianti per il trattamento dei
rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche; da sottolineare come, negli ultimi
anni, si sia assistito ad un proliferare di soggetti che operano, in modo pi o meno
efficiente dal punto di vista dellimpatto ambientale, nel campo del recupero e trattamento
dei RAEE. Nello svolgimento dellanalisi sono stati contattati i soggetti operanti sul
territorio e presenti gi nel Rapporto sui beni durevoli 2001 di Fise-Assoambiente, nel
Vademecum Ecohitech 2004 ed alcuni altri grandi operatori; in Tabella 25 sono riportati i
principali impianti che operano nellarea considerata.









IMPIANTI DI TRATTAMENTO ESISTENTI
PROVINCIA N. Impianti
Pot. max apparecchi
di refrigerazione
[unit/anno]
Pot. max altri grandi
elettrodomestici
[ton/anno]
VI 1 80.000
VR 1 80.000
VE 1 150.000
BS 1 50.000
MO 1 140.000
MN 1 5.000
MI 2 36.000 3.765
MI 1 16.000 [ton/anno]
TO 1 35.000

Tabella 25 - Caratteristiche degli impianti di trattamento esistenti

Negli scenari che verranno proposti in seguito si valuter la possibilit di aprire nuovi
impianti di trattamento in localit diverse rispetto a quelle dove sono posizionate le
aziende presenti attualmente. Questi impianti saranno utilizzati per definire una rete
efficiente che possa implementare e migliorare il network attuale.
Alcune possibili locazioni per lapertura di nuovi impianti di trattamento sono state
individuate in base a criteri di vicinanza ai nodi sorgente con flussi di prodotti a fine vita
elevati, di vicinanza a collegamenti autostradali e di mancanza di impianti gi esistenti
nella zona.
Per ogni localizzazione si propongono sei diverse configurazioni di impianto:
Impianto di trattamento per grandi apparecchi di refrigerazione da 100.000
unit/anno;
Impianto di trattamento per grandi apparecchi di refrigerazione da 200.000
unit/anno;
Impianto di trattamento per grandi elettrodomestici da 6.500 ton/anno;
Impianto di trattamento per grandi elettrodomestici da 13.000 ton/anno;
Impianto di trattamento per mix di grandi apparecchi di refrigerazione e altri
grandi elettrodomestici per un totale di 100.000 unit/anno;
Impianto di trattamento per mix di grandi apparecchi di refrigerazione e altri
grandi elettrodomestici per un totale di 200.000 unit/anno.
Le possibili configurazioni di impianto sono caratterizzate da costi fissi e variabili diversi.
Le possibili localizzazioni individuate sono 21 e sono distribuite in questo modo tra le
quattro regioni prese in esame:
8 in Lombardia,
5 in Veneto,
4 in Piemonte,
4 in Emilia Romagna.

Al fine di valutare quantitativamente lefficienza di una rete di recupero dal punto di vista
del numero di apparecchi trattati rispetto al totale di quelli dismessi si definisce un indice
di performance delle operazioni di raccolta (Indice di Performance Raccolta, IPR). Per
questo motivo si definiscono:
Qtot =quantit di elettrodomestici trattati da tutti gli impianti considerati.
Dtot = quantit totale di elettrodomestici dismessi nellarea geografica
considerata.
LIPR quindi uguale a:
Dtot
Qtot
IPR =
Un indice di performance delle operazioni di raccolta uguale a 1 significa che la rete di
recupero in grado di processare tutti i beni dismessi.


5.4.1 La rete attuale
Gli impianti di trattamento presenti nellarea considerata al momento dellanalisi sono: 5
piattaforme per il trattamento delle apparecchiature refrigeranti, 2 per gli altri grandi
elettrodomestici, 1 che pu processare entrambe le tipologie di beni e 2 aziende
municipalizzate per il pre-trattamento delle apparecchiature refrigeranti. Analizzando i
volumi di apparecchi dimessi e le capacit di trattamento massime degli impianti si nota
che il network attuale non in grado di processare tutti i beni: interessante quindi
valutare quali aree vengono coperte dalla rete attuale, con quale spartizione dei flussi e
con quali costi medi di processo e logistica.
Vengono riportate in Tabella 26 le quantit processate (espresse in numeri di pezzi per le
apparecchiature di refrigerazione e in tonnellate per gli altri grandi elettrodomestici). Sono
inoltre presenti lIPR e il costo unitario medio di sistema per le differenti tipologie di
apparecchiature da trattare: questa voce indica quanto mediamente viene a costare il
recupero di un apparecchio in tutto il processo. I costi considerati comprendono:
costi fissi di investimento, insediamento produttivo, manutenzione, manodopera,
spese generali e costi variabili di processo (energia elettrica);
costi di trasporto;
costo di conferimento dei materiali verso le destinazioni finali.

App.
Refri g. [pz]
Al tri El ettr.
[ton]
VI 80.000
VR 80.000
VE 115.000
BS 50.000
MO 140.000
MN 5.000
MI 3.765
MI 340.425
TO 35.000
total e 840.425 8.765
IPR 0,902 0,144
Local i t
costo
si stema
15,97
3,85
12,27
costo
l ogi sti ca
12,12 8,42
costo
processo


Tabella 26 - Risultati scenario attuale per le grandi apparecchiature


Queste voci, divise per la quantit di beni trattata da tutti gli impianti, danno luogo al
valore del costo unitario di sistema. Il costo unitario di sistema a sua volta disaggregato
in due voci: costo unitario di processo (che comprende i costi di impianto e quelli di
conferimento alle destinazioni finali) e costo unitario della logistica (riportato come valore
unico per beni freddi e non freddi).
Le municipalizzate, che eseguono unicamente pre-trattamento e messa in sicurezza,
lavorano in perdita in quanto, oltre ai costi fissi di impianto, presentano un margine
negativo di 1 /unit (nel caso base infatti ritirano i frigoriferi a 15 /unit e li
conferiscono agli impianti di trattamento per 16 /unit). Come era stato anticipato e
come emerge nei risultati forniti si nota che il maggior impianto presente in provincia di
Milano tratta solamente apparecchiature refrigeranti poich questa soluzione permette di
ottenere un margine di guadagno superiore.
La rete presentata non permette di soddisfare pienamente gli obiettivi prefissati: infatti
lIPR delle apparecchiature di refrigerazione uguale a 0,902 e soprattutto quello degli altri
grandi elettrodomestici pari a 0,144 denotano la presenza di zone non coperte dagli
impianti esistenti. La grande differenza tra questi due valori data dallesiguo numero di
piattaforme dedicate al trattamento di grandi elettrodomestici (quali lavatrici e
lavastoviglie) e alla precedenza che gli altri impianti danno al trattamento delle
apparecchiature refrigeranti.
Attraverso la cartina riportata in Figura 70, si individuano i bacini geografici dai quali
attingono i vari impianti di trattamento delle apparecchiature refrigeranti e quindi le zone
non coperte dallattuale network di recupero.


3
2 4
7
6
1
5

Figura 70 - Distribuzione ottimale dei bacini di recupero per gli apparecchi refrigeranti (1 e 2 sono impianti di
pretrattamento) nello scenario attuale

Le province sono colorate solamente se tutti gli elettrodomestici dismessi corrispondenti
sono avviati al trattamento e le diverse gradazioni mostrano i bacini geografici ai quali
attingono le varie piattaforme. La situazione in cui la singola provincia venga servita da

pi impianti indicata nella cartina da cerchi (dello stesso colore della zona coperta
dallimpianto) proporzionali ai volumi ritirati in quella zona geografica. Da una prima
analisi si possono trarre alcune conclusioni: innanzitutto si nota che la configurazione
attuale non sufficiente (seppur di poco) per coprire tutta la zona considerata: le
province maggiormente distanti dagli impianti di trattamento non vengono servite in
quanto i costi di trasporto dal nodo sorgente al nodo di processo sono pi alti rispetto a
quelli delle zone limitrofe agli impianti stessi. Oltre a questo la dislocazione dei nodi di
processo sul territorio non ottimale: infatti la concentrazione di questi spostata verso il
nord est, con tre impianti in Veneto, due in Lombardia (di cui uno in provincia di
Brescia) ed uno in Emilia-Romagna. In questo modo le province del Piemonte risultano
essere le pi sfavorite in quanto molto distanti da tutti gli impianti, mentre nelle altre
regioni si creano spartizioni dei flussi non ideali. Pur essendo non ottimale la dislocazione
degli impianti sul territorio, comunque assicurata la convenienza a processare il pi alto
numero di beni consentito dalla potenzialit dellimpianto (questo significa perci che
landare a ritirare apparecchi anche in province piuttosto lontane costituisce un guadagno
per lazienda, almeno nelle regioni considerate).
E stato stimato un costo medio unitario di sistema, per le apparecchiature refrigeranti di
15,97 /unit, di cui 3,85 /unit rappresentano il costo della logistica (comprendente
anche il trasporto degli altri grandi elettrodomestici): questi valori saranno utili per
proporre un confronto con gli scenari successivi.
Il valore totale della funzione obiettivo (corrispondente al margine totale dato dalla
somma dei margini dei singoli impianti), da utilizzare pi in fase di confronto che come
valore reale,a causa delle ipotesi elencate in precedenza, nel caso base di circa
4.950.000 . Per quanto riguarda gli altri grandi elettrodomestici (lavatrici e lavastoviglie),
la presenza di soli due impianti condiziona in negativo lefficienza della rete. Come si pu
notare infatti dalla Figura 71 le province interamente coperte sono solo tre e altre due
vengono servite solo in parte. LIPR risulta perci essere uguale a 0,144.

1
2
1
2

Figura 71 - Distribuzione dei bacini di recupero per le grandi apparecchiature non refrigeranti nello
Scenario attuale.


E chiaro che in questo caso la configurazione della rete non soddisfacente ed quindi
necessario prevedere lapertura di nuovi impianti che possano coprire lintero territorio
considerato.
Il costo unitario medio di sistema per le grandi apparecchiature di 12,27 /unit, di cui
3,85 /unit rappresentano il costo della logistica.

5.4.2 Sviluppo efficiente della rete attuale
In questo scenario si imposta una saturazione degli impianti gi esistenti compresa tra
il 90% e il 100% della potenzialit teorica per lasciare maggiore libert al modello
nellallocazione dei flussi vista la presenza di piattaforme nuove.

App. Refri g. Al tri App.
[pz] [ton]
VI 72.000
VR 80.000
VE 114.099
BS 50.000
MO 140.000
MN 5.000
MI 3.765
MI 340.426
TO 35.000
Moncal i eri (TO) 100.000
Moncal i eri (TO) 12.926
Sesto S.G. (MI) 13.000
Orzi nuovi (BS) 13.000
Mestre (VE) 13.000
total e 931.525 60.691
IPR 1,000 1,000
3
13,4 9,4
Scenari o compl eto
costo processo
[euro/pz]
costo l ogi sti ca
[euro/pz]
Provi nci a
costo si stema
[euro/pz]
16,4 12,4


Tabella 27 - Risultati scenario completo per le grandi apparecchiature

Si ha la necessit di aprire un solo impianto nuovo (Tabella 27) per le apparecchiature
refrigeranti e quattro per le altre grandi apparecchiature: importante sottolineare che i
margini di guadagno degli impianti nuovi sono piuttosto bassi (rispetto ad ipotetici impianti
gi esistenti con medesima potenzialit) in quanto per queste piattaforme stato
considerato anche il costo di investimento iniziale o meglio la quota parte annua (non
inserito invece negli impianti gi esistenti in quanto valutato come voce di costo
affondata). Un eventuale situazione a regime (senza quindi le annualit di investimento)
verr valutata in fase di analisi dei risultati degli scenari. Il margine di guadagno totale
ovviamente pi alto (7.318.404 ) poich ora i beni trattati sono la totalit di quelli

dismessi. Il costo della logistica inferiore rispetto allo scenario attuale in quanto la
presenza di pi impianti favorisce trasporti brevi tra i nodi sorgente e i nodi di processo.
Tranne limpianto di Vicenza che processa 72.000 pezzi contro gli 80.000 teorici, tutti gli
altri sono saturati al 100%. Lunica piattaforma di trattamento nuova (da 100.000
unit/anno) localizzata a Moncalieri (TO) ed oltre ad assorbire i flussi di questa zona
copre anche la provincia di Cuneo e parte di quella di Asti.

1
2
4
3 5
6
8
9
7


Figura 72 - Distribuzione dei bacini di recupero per le apparecchiature refrigeranti nello scenario completo.

Gli altri impianti si spartiscono i flussi in maniera simile allo scenario attuale. Nel modello
presentato non sono stati valutati i costi di trasporto tra impianto di pre-trattamento e
piattaforma di trattamento completo, tuttavia risulta chiaro che la copertura logistica
verrebbe migliorata con questo nuovo collegamento.
Il costo medio unitario di processo per le apparecchiature refrigeranti pari a 16,38
/unit: il valore maggiore rispetto a quello dello scenario precedente in quanto gli
investimenti nuovi sono alti.
Per quanto riguarda le grandi apparecchiature non refrigeranti, il miglioramento rispetto al
primo scenario in questo caso notevole: gli impianti nuovi aperti sono localizzati a Sesto
San Giovanni (MI), Moncalieri (TO), Orzinuovi (BS) e Mestre (VE), tutti con potenzialit di
13.000 ton/anno. Grazie anche alla presenza degli impianti gi esistenti la rete di
recupero risulta completa. Il costo medio unitario di processo per questa tipologia di beni
di 12,36 /unit. Nella Figura 73 si possono notare i bacini geografici coperti dalle varie
piattaforme di trattamento.


1
2
4
3
5
6
7

Figura 73 - Distribuzione dei bacini di recupero per le grandi apparecchiature non refrigeranti nello scenario
completo

Aspetti positivi di questo scenario sono la capacit di soddisfare gli obiettivi prefissati
(IPR=1) con limitate aggiunte di impianti per quanto riguarda le apparecchiature
refrigeranti (solo una piattaforma da 100.000 unit/anno) e una dislocazione strategica
delle quattro nuove piattaforme per il trattamento delle altre grandi apparecchiature. Il
tutto con una diminuzione dei costi di trasporto rispetto allo scenario attuale (3,01 /unit
contro 3,85 /unit) che dimostra una buona configurazione logistica della rete di
recupero. Laumento del margine totale di guadagno dovuto alla possibilit di trattare il
100% dei volumi di elettrodomestici dimessi.
Per quanto riguarda le apparecchiature refrigeranti il nuovo impianto (Moncalieri) causa
una ridistribuzione dei flussi che provoca una variazione dei margini delle singole
piattaforme gi esistenti.

5.4.3 Rete ottimizzata
In questa analisi gli impianti presenti attualmente sul territorio non vengono considerati e
si cerca di progettare ex novo un network che, con lapertura di nuove piattaforme per il
trattamento di tutto il flusso di grandi elettrodomestici dismessi, sia efficiente e garantisca
il margine di guadagno pi alto possibile.
I risultati sono riportati in Tabella 28.


App. Ref ri g.
[ pz]
Al t ri El et t r.
[ t on] margi ne [ /a]
Moncal i eri (TO) 12.587 514.600
Moncal i eri (TO) 200.000 776.850
Sest o S.G. (MI) 13.000 673.100
Sest o S.G. (MI) 200.000 970.050
Grassobbi o (BG) 13.000 533.900
Grassobbi o (BG) 200.000 603.250
Cort i cel l a (BO) 11.819 341.350
Cort i cel l a (BO) 191.842 499.100
Ri el l o (VI) 6.500 140.050
Mest re (VE) 139.683 3.785 547.150
t ot al e 931.525 60.691 5.599.400
IPR 1,000 1,000
Local i t
(Porvi nci a)
Scenari o Ot t i mi zzat o
3,06
cost o processo
[ euro/pz]
cost o si st ema
[ euro/pz]
18,50 12,59
cost o l ogi st i ca
[ euro/pz]
15,44 9,53


Tabella 28 - Risultati scenario ottimizzato

I costi unitari di sistema sono in questo caso superiori rispetto al caso precedente
(rispettivamente 18,50 /unit e 12,59 /unit contro 15,97 /unit e 12,27 /unit):
questo rispecchia che in questo scenario necessario aprire ben 10 nuovi impianti.
Dalla modellizzazione risultano in definitiva quattro localit nelle quali conviene siano
aperti sia un impianto dedicato al trattamento delle apparecchiature da refrigerazione sia
uno dedicato agli altri grandi elettrodomestici, entrambi in configurazione di massima
potenzialit. Queste localit sono:
Moncalieri (TO),
Sesto San Giovanni (MI),
Grassobbio (BG),
Corticella (BO).
Oltre a questi otto impianti necessario aprire un ulteriore nodo di processo con
potenzialit minore per il trattamento delle grandi apparecchiature non refrigeranti a
Riello (VI) e un impianto che tratta entrambe le tipologie di apparecchi a Mestre (VE),
questo ultimo in configurazione di massima potenzialit.
Si nota (Figura 74) che la ripartizione dei flussi pi omogenea rispetto agli scenari
analizzati in precedenza. Non ci sono casi di zone servite da impianti lontani ed anche il
numero di province coperte contemporaneamente da pi impianti basso (solo tre).


1
2
5
4
3
1
2
5
4
3


Figura 74 - Distribuzione dei bacini di recupero in una rete ottimizzata per le grandi apparecchiature refrigeranti

Da notare, attraverso i valori numerici riportati in tabella, come la locazione migliore per
lapertura di un impianto sia la provincia di Milano: qui infatti ci sono i volumi di
dismissione pi elevati e quindi quasi lintera capacit produttiva della piattaforma
utilizzata per processare gli apparecchi della zona milanese. La somma dei costi di
trasporto risulta pi bassa rispetto a quella di altri impianti e di conseguenza aumenta il
margine di guadagno. Stesso discorso pu essere fatto per limpianto di trattamento degli
altri grandi elettrodomestici (Figura 75).



Figura 75 - Distribuzione dei bacini di recupero per gli altri grandi elettrodomestici


Lo scenario ottimale si presenta dunque come molto favorevole per i costi della logistica
(3,06 /unit). Per quanto riguarda il margine di guadagno totale invece, si gi detto
che questo dipende essenzialmente dal numero di piattaforme nuove aperte e quindi
dagli alti costi di investimento considerati.
Se non si considera tra le voci di costo per gli impianti nuovi quella riferita alle annualit
di investimento (si paragona cio la rete efficiente a regime, in cui i costi di investimento
siano ormai affondati, con quella attuale), si ottengono risultati notevolmente differenti
(Tabella 29).

Impianti margine [/a] Impi anti margine [/a] Impi anti margi ne [/a]
VI 236.750 VI 151.733 Moncalieri (TO) 775.000
VR 354.500 VR 360.957 Moncalieri (TO) 1.427.850
VE 861.850 VE 852.970 Sesto S.G. (MI) 933.450
BS 292.900 BS 292.921 Sesto S.G. (MI) 1.621.050
MO 723.650 MO 750.122 Grassobbio (BG) 794.300
MN 215.150 MN 183.785 Grassobbio (BG) 1.254.200
MI 165.900 MI 134.513 Corti cell a (BO) 601.750
MI 3.069.000 MI 3.080.326 Corti cell a (BO) 1.150.050
MI -491.850 MI -477.130 Riello (VI) 302.800
TO -477.300 TO -477.281 Mestre (VE) 1.198.150
Moncalieri (TO) 635.062
Moncalieri (TO) 825.205
Sesto S. G. (MI) 920.789
Orzinuovi (BS) 787.904
Mestre (VE) 744.963
totale 4.950.550 total e 8.766.839 totale 10.058.600
15,18
11,17
costo sistema
refri. [euro/pz]
costo sistema
altri elettr.
[euro/pz]
costo sistema
refri . [euro/pz]
costo sistema
altri elettr.
[euro/pz]
15,97
12,12
Scenari o Attual e Scenario Otti mizzato Scenario Completo
costo sistema
refri. [euro/pz]
costo sistema
altri elettr.
[euro/pz]
15,94
11,28


Tabella 29 - Confronto tra i diversi scenari: reale, completo e ottimizzato

Lo scenario attuale sembra essere migliore nellimmediato; tuttavia, in un ottica di lungo
periodo, considerando soprattutto che i volumi di dismissione sono destinati ad
aumentare nei prossimi anni, risulta sicuramente pi conveniente ladozione di un
sistema di recupero basato sui risultati proposti nello scenario ottimale, dove si hanno
meno impianti ma con una potenzialit media maggiore rispetto a quelli attualmente
presenti. Sempre in un ottica futura possibile inoltre che le attuali piattaforme di
trattamento amplino la loro capacit produttiva per far fronte alla crescente necessit di
smaltimento di questi tipi di rifiuti.

5.5 Rete di recupero per apparecchiature con CRT
Come nellanalisi condotta per i grandi elettrodomestici lo studio stato reso possibile
grazie alla collaborazione di alcune aziende che gi operano sul territorio e che hanno
fornito alcuni dati circa la potenzialit produttiva. La capacit produttiva massima riportata
nella Tabella 30 ricavata ipotizzando tuttavia di operare comunque su 3 turni,
indipendentemente dalla realt specifica delle singole aziende, al fine di valutare la
capacit di trattamento istallata e non quella utilizzata (che, al momento, potrebbe
risentire di politiche gestionali derivanti da bassa saturazione degli impianti dovuta agli
scarsi volumi di apparecchiature da trattare).




IMPIANTI DI TRATTAMENTO ESISTENTI
PROVINCIA N. Impianti
Pot. massima
[unit/anno]
VI 1 110.000
BS 2 220.000
VE 1 1.000.000
MO 1 165.000
MI 3 206.000
TO 1 50.000

Tabella 30 - Caratteristiche degli impianti di trattamento esistenti

Alcune delle aziende sono le stesse considerate anche per la rete di recupero
precedente: questi impianti infatti presentano anche delle linee per il trattamento del CRT
oltre a quelle gi considerate precedentemente.
Cos come proposto nel caso dei grandi apparecchi, al fine di trovare una rete efficiente,
si valuta la possibilit di aprire nuovi impianti di trattamento in posizioni differenti rispetto
alle localit delle piattaforme attuali.
Una volta stabilite le localit necessario determinare quali siano le possibili
configurazioni di impianto da inserire nella formulazione del modello.
Visto lelevato valore dei flussi di ritorno e la presenza sul territorio di impianti con
potenzialit massima mediamente inferiori a 200.000 unit anno, per creare una rete di
recupero nuova sembra opportuno cercare di aprire piattaforme con una capacit
produttiva maggiore. Tuttavia, a differenza degli impianti per il trattamento dei grandi
apparecchi, in questo caso si hanno economie di scala meno marcate in quanto, una
volta definita la capacit produttiva della piattaforma, quasi tutti i costi fissi dipendono da
questo valore in maniera proporzionale, essendo, come sottolineato, lattivit di
trattamento delle apparecchiature con CRT labour intensive. In prima approssimazione
sembra ragionevole considerare capacit produttive, per gli impianti nuovi, variabili tra
100.000 e 630.000 unit/anno.

5.5.1 La rete attuale
Gli impianti di trattamento attualmente esistenti sono in grado di processare quasi
completamente i beni dimessi nellarea considerata; data tuttavia la distribuzione non
omogenea delle piattaforme sul territorio utile valutare quali siano la ripartizione dei
flussi ed i costi medi di processo e della logistica. Il costo di sistema riportato in tabella
comprende le stesse voci di costo gi indicate per lo scenario precedente. I risultati di
questo scenario sono esposti in Tabella 31.


Appa. CRT [ pz] margi ne [ /a]
VI 110.000 317.650
BS 30.000 -26.500
VE 1.000.000 2.739.300
BS 190.000 669.800
MO 165.000 562.950
MI 31.000 -12.200
MI 50.000 60.750
MI 125.000 437.050
t ot al e 50.000 37.800
t ot al e 1.751.000 4.786.600
IPR 0,996
cost o si st ema [ /pz]
cost o processo [ /pz]
cost o l ogi st i ca [ /pz] 2,01
5,67
3,66
Scenari o At t ual e
Provi nci a


Tabella 31 - Risultati scenario attuale per il recupero di apparecchiature con CRT

Come si pu osservare dallanalisi dellindice IPR la rete attuale riesce a trattare
completamente gli apparecchi a fine vita che vengono introdotti nella rete di recupero. Il
costo unitario medio di sistema pari a 5,67 /unit, di cui 2,01 /unit il costo della
logistica.
I due impianti pi piccoli, nelle ipotesi descritte, hanno un margine di guadagno negativo
mentre tutti gli altri hanno dei guadagni proporzionati alla potenzialit massima di
trattamento.
La particolare distribuzione degli impianti sul territorio (con capacit produttive molto
differenti tra loro) causa una spartizione dei flussi non ottimale, come si pu notare nella
cartina riportata in Figura 76.

1
2
4
3
7
5
6
8
9
1
2
4
3
7
5
6
8
9

Figura 76 - Distribuzione dei bacini di recupero per le apparecchiature con CRT nello scenario attuale

La situazione presentata non quindi delle migliori in quanto la localizzazione degli
impianti (abbinata alle capacit produttive mediamente basse) non permette di
implementare una rete di recupero efficiente, nonostante la percentuale di raccolta (IPR)
sia prossima allunit.

5.5.2 Sviluppo efficiente della rete attuale
In questo scenario si imposta una saturazione degli impianti gi esistenti compresa tra
il 90% e il 100% della potenzialit teorica.
Si riportano ora i risultati numerici (Tabella 32) per questo caso: si nota che alcuni
impianti sono saturati al 90% e che viene aperta una nuova piattaforma a Moncalieri (TO)
da 125.400 unit.

Appa. CRT [pz] margine [/a]
VI 99.000 245.583
BS 30.000 -26.503
VE 900.000 2.385.965
BS 190.000 669.777
MO 157.273 516.048
MI 31.000 -12.211
MI 50.000 60.756
MI 125.000 437.037
TO 50.000 33.116
Moncali eri (TO) 125.400 497.211
total e 1.757.673 4.806.779
IPR 1,000
costo sistema
[euro/pz]
costo processo
[euro/pz]
costo l ogistica
[euro/pz]
5,67
1,75
3,92
Provinci a
Scenari o Completo CRT


Tabella 32 - Risultati scenario completo per il recupero di apparecchiature con CRT

Il margine di guadagno totale pari a 4.806.779 , leggermente superiore rispetto a
quello trovato nella rete attuale: i costi di investimento per lapertura del nuovo impianto
vengono bilanciati da una migliore spartizione dei flussi (il valore dei costi della logistica
passa infatti da 2,01 /unit a 1,75 /unit, con evidente risparmio) e dal margine di
guadagno del nuovo impianto, che tratta i beni della sola provincia di Torino.
Si veda ora la ripartizione dei flussi sulla cartina riportata nel seguito (Figura 77).


1
2
4 3
5
6
7
8
9
10

Figura 77 - Distribuzione dei bacini di recupero per le apparecchiature con CRT nello scenario completo

Lunico impianto nuovo, quello di Moncalieri, serve il 67% della provincia di Torino.

5.5.3 Rete ottimizzata
Come gi fatto per le grandi apparecchiature anche in questo caso si pu ricercare un
network ottimale che garantisca il margine di guadagno pi elevato possibile tramite
lapertura di nuove piattaforme di trattamento. I risultati numerici sono presentati in
Tabella 33.


Appa. CRT [pz] margi ne [/a]
TO 370.873 1.486.400
BS 125.400 467.850
MI 627.000 2.695.550
BO 300.000 1.160.150
VR 125.400 472.350
VE 209.000 842.250
total e 1.757.673 7.124.550
IPR 1,000
costo si stema
[euro/pz]
costo processo
[euro/pz]
costo l ogi sti ca
[euro/pz]
0,93
3,42
Provi nci a
Scenari o Otti mi zzato
4,35

Tabella 33 - Risultati scenario rete ottimizzata per il recupero di apparecchiature con CRT



Come si pu notare si ha lapertura di sei impianti nelle seguenti localit:
Moncalieri (TO),
Sesto San Giovanni (MI),
Orzinuovi (BS),
Corticella (BO),
Azzano (VR),
Mestre (VE).
Il margine totale pari a circa 7.124.550 mentre il costo di sistema stimato risulta di
4,35 /pezzo, di cui 0,93 /unit costo della logistica. La configurazione geografica degli
impianti notevolmente migliorata rispetto allo scenario attuale come si pu riscontrare
dalla diminuzione del costo unitario della logistica. Viene aperto un solo impianto di
grossa taglia (627.000 unit/anno) nella provincia di Milano (quella con i flussi di ritorno
pi elevati) mentre le altre piattaforme sono pi piccole ed hanno una capacit di
trattamento variabile tra 125.400 e 376.200 pezzi/anno. La ripartizione geografica dei
flussi visibile in Figura 78.



Figura 78 - Distribuzione dei bacini di recupero per le apparecchiature con CRT in una rete ottimizzata.

Conducendo alcune analisi di sensitivit su questo scenario, si scopre che ad un
aumento dei costi fissi di impianto compreso tra il 5% ed il 7,5% corrisponde un
cambiamento di configurazione degli impianti: diviene conveniente aprire un impianto di
grande potenzialit (459.800 unit/anno) a Riello in provincia di Vicenza, in sostituzione
delle pi piccole piattaforme di Orzinuovi, Azzano e Mestre; questo significa che quando
si raggiunge una maggiorazione dei costi stimati di tale entit non pi conveniente
lapertura di impianti di piccole dimensioni.

5.6 Potenzialit e vantaggi di impianti di trattamento integrati
In questo paragrafo si vuole verificare la possibile integrazione delle due reti di recupero
analizzate precedentemente, quella per i grandi elettrodomestici e quella per le

apparecchiature con CRT: lobiettivo quello di avere un numero limitato di impianti di
trattamento che possano recuperare le tre tipologie di beni in oggetto, dislocati in modo
strategico ed in modo che lefficienza di questo network risulti la migliore in assoluto. Per
ottenere tale risultato necessario introdurre il concetto di economia di scopo: infatti
chiaro che lapertura, nello stesso nodo di processo, di linee per il trattamento di tutte le
apparecchiature (refrigeranti, non refrigeranti e con CRT) potrebbe portare dei vantaggi a
livello di costi rispetto al caso in cui si abbiano tre impianti diversi. Ad esempio sarebbe
possibile risparmiare sul costo dellinsediamento produttivo, su alcuni addetti di processo,
su addetti alla struttura amministrativa e su altre voci.
Poich non facile stimare a priori quale sia il risparmio sui costi dovuto a questa
possibilit si procede ipotizzando diversi valori percentuali dei costi (il 100% rappresenta
lassenza di vantaggi di economie di scopo), fino a che, riducendoli, non si ricavi il valore
per cui le due reti di recupero prevedano le stesse identiche localizzazioni di impianto. Va
inoltre ricercato il valore di economia di scopo per cui la rete integrata diventi pi
conveniente delle singole reti di recupero.
Il vincolo fondamentale affinch questa rete possa realmente essere la migliore la
possibilit di ottenere concretamente i risparmi ipotizzati.
I risultati della configurazione impiantistica finale vengono riportati in Tabella 34, dove
vengono indicate le quantit trattate dalle piattaforme ed il grado di saturazione delle
stesse. Per quanto riguarda i bruni si sono considerate due soluzioni con differenti livelli
di economia di scopo (83% e 78%).
Si riportano inoltre, nelle figure seguenti, le spartizioni dei flussi tra le province per ogni
tipologia di bene presa in esame evidenziandone in seguito le differenze con le reti
ottimali separate.

Grandi appar.
Refri g. [pz]
Grandi El ettr.
[ton]
Appar. CRT [pz]
econ. Scopo 83%
Appar. CRT [pz]
econ. scopo78%
TO 194.867 12.587 376.200 335.875
MI 200.000 13.000 627.000 543.400
BG 200.000 13.000 209.000
BO 184.202 11.979 454.473 369.398
VE 152.456 10.125 300.000 300.000
total e 931.525 60.691 1.757.673 1.757.673
Quanti t trattate dagl i i mpi anti - Scenari o di rete i ntegrata
PROVINCIA


Tabella 34 - Caratteristiche degli impianti nel caso di rete integrata

Per quanto riguarda le grandi apparecchiature di refrigerazione non ci sono grandi
differenze rispetto alla rete ottimale in quanto gli impianti aperti sono gli stessi.
Per gli altri grandi elettrodomestici la differenza principale rispetto alla rete ottimale
valutata precedentemente lassenza dellimpianto di Riello.



Figura 79 - Distribuzione dei bacini di recupero per le apparecchiature di refrigerazione nel caso di una
rete integrata


Figura 80 - Distribuzione dei bacini di recupero per i grandi elettrodomestici nel caso di una rete integrata



Per quanto riguarda le apparecchiature con CRT, nel caso dellapertura di quattro
impianti (Figura 81) le zone che prima erano servite dalle piattaforme di Orzinuovi ed
Azzano vengono ora coperte dallimpianto di Sesto (la provincia di Brescia), da quello di
Mestre (Verona e Vicenza) e da quello di Corticella (Mantova e Cremona). Le restanti
aree di influenza rimangono le stesse di quelle trovate nella rete ottimale.


Figura 81 - Distribuzione dei bacini di recupero per le apparecchiature con CRT nel caso di una
rete integrata con economie di scopo del 83%.

Nel caso invece di economia di scopo del 78% limpianto di Grassobbio copre le province
di Brescia, Cremona, Bergamo e Sondrio che prima erano servite dalle piattaforme di
Sesto San Giovanni e Corticella. Questa situazione pi simile a quella trovata nella rete
ottima delle apparecchiature con CRT: infatti limpianto di Grassobbio presente (anche
se con potenzialit di 209.000 unit/anno contro 125.400 unit/anno della rete ottima)
mentre manca solamente quello di Azzano, la cui area di influenza ora sotto il controllo
delle piattaforme di Mestre e Corticella. La maggiore somiglianza di questa soluzione con
quella ottima si ritrova anche nel valore dei costi logistici pari a 0,97 /unit (con cinque
impianti aperti): dato abbastanza vicino al valore di 0,93 /unit (sei impianti aperti). La
soluzione con un economia di scopo del 83% presenta invece un valore dei costi logistici
di 1,07 /unit.
In ogni caso la convenienza o meno ad aprire nellimpianto di Grassobbio anche la linea
di trattamento per i CRT dipende dalla possibilit concreta di realizzare determinati
risparmi di costo: chiaro che se nella realt non si riesce ad arrivare ad un risparmio del
78% conviene tenere buona la soluzione con solo quattro piattaforme attive per i CRT,
soluzione che comunque garantisce un ottimo margine di guadagno.



Figura 82 - Distribuzione dei bacini di recupero per le apparecchiature con CRT nel caso di una rete integrata
con economie di scopo del 78%.

Concludendo questa analisi, si pu affermare che, una volta stabiliti gli impianti che
devono essere aperti per recuperare correttamente tutti i flussi delle grandi
apparecchiature di refrigerazione dimesse (gli impianti pi onerosi), possibile utilizzare
le stesse piattaforme di processo (con laggiunta di macchinari per il trattamento,
personale, attrezzature specifiche) per trattare anche gli altri grandi elettrodomestici se si
riesce ad ottenere un risparmio sui costi di impianto almeno del 9% (economia di scopo
del 91%), rispetto a quanto si dovrebbe spendere per aprire un impianto nuovo
indipendente e dedicato.
Il medesimo ragionamento vale per poter trattare anche le apparecchiature con il CRT
negli stessi impianti, ma questa volta il risparmio sui costi fissi deve essere almeno del
17% (economia di scopo dell83%) rispetto a quanto si spenderebbe per realizzare ex
novo una piattaforma di processo; se si vuole inoltre ottimizzare la soluzione per i CRT,
utilizzando tutti gli impianti gi aperti per i grandi elettrodomestici, necessario un
risparmio di almeno il 22% sui costi.
Dalla Tabella 35 si possono trarre alcune conclusioni:
il caso che rappresenta la rete integrata delle grandi apparecchiature con
uneconomia di scopo dell83%, presenta un aumento del margine di guadagno
del 7,66% ed un risparmio sui costi di sistema pari al 2,8% rispetto alla somme
delle due reti ottimali;
il caso di rete integrata per grandi apparecchiature e CRT con economia di scopo
del 78%, presenta un aumento del 9,95% del margine globale e un risparmio del
3,64% sui costi di sistema;
i costi riferiti alla logistica peggiorano in entrambi i casi, a causa del numero
minore di impianti presenti sul territorio e quindi maggiori distanze percorse.




83% 13.698.562 8% 19,28 3% 4,14 -4%
78% 13.990.188 10% 19,11 4% 4,04 -1%
3,99
di ff. %
reti
separate
reti
separate
12.724.000 19,84
Confronto reti otti mi zzate - rete i ntegrata
costo
l ogi sti ca
[/pz]
costo
si stema
[/pz]
margi ne
total e []
CASO di ff. % di ff. %
reti
separate


Tabella 35 - Confronto tra rete integrata e reti separate


5.7 Conclusioni
Per quanto riguarda le grandi apparecchiature, i risultati si possono riassumere in questo
modo:
1. La configurazione impiantistica attuale permette di trattare il 90% circa delle
apparecchiature refrigeranti e solamente il 14% delle restanti, con un costo di
sistema stimato attorno ai 16 /unit per i primi e ai 12,3 /unit per i secondi. La
situazione risulta quindi molto sfavorevole per i grandi elettrodomestici e buona,
anche se migliorabile a livello di costo, per le apparecchiature refrigeranti.
2. Con lapertura di un nuovo impianto in provincia di Torino per il trattamento delle
apparecchiature refrigeranti e di quattro nuove piattaforme per le restanti (nelle
province di Milano, Torino, Brescia e Venezia) si raggiunge lobiettivo di
processare il 100% degli apparecchi dismessi: il margine di guadagno totale e la
configurazione logistica risultano migliori rispetto ai valori dello scenario attuale
mentre i costi di sistema hanno valori simili.
3. Nel caso di una rete efficiente e totalmente nuova, si devono aprire 10 nuovi
impianti. In quattro province (Milano, Torino, Bologna, Bergamo) una piattaforma
per trattare apparecchiature refrigeranti (da 200.000 unit/anno) ed una per
trattare gli altri grandi elettrodomestici (da 13.000 ton/anno), i restanti due
impianti sono uno per i grandi elettrodomestici da 6.500 ton/anno (in provincia di
Vicenza) ed uno da 200.000 unit/anno (in provincia di Venezia) che processa
entrambe le tipologie di apparecchi. A differenza degli scenari precedenti in
questo caso lalto numero di nuovi impianti (e quindi di elevati costi di
investimento) determina margini di guadagno e costi di sistema peggiori (per il
freddo 18,50 /unit, per i beni non freddi 12,6 /unit). Tuttavia in una situazione
a regime (ovvero senza considerare lannualit dellinvestimento per le nuove
piattaforme) questa soluzione si dimostra di gran lunga la migliore.
Per il sistema di gestione del trattamento delle apparecchiature con CRT si sono ottenuti i
seguenti risultati:
1. Gli impianti attualmente presenti sul territorio riescono a trattare quasi
completamente i flussi di apparecchiature con CRT dismesse (99,6% del totale):
tuttavia, essendo la configurazione abbastanza sfavorevole (impianti di piccole
dimensioni e mal distribuiti sul territorio) il costo di sistema unitario ha valore
piuttosto alto: 5,67 /unit di cui 2,01 /unit da attribuire alla logistica.
2. Completando la rete con un nuovo impianto (in provincia di Torino) migliora il
costo della logistica (-13% rispetto al primo scenario) mentre restano
praticamente invariati il margine totale di guadagno ed il costo di sistema.
3. La rete efficiente, con impianti nuovi, risulta in assoluto la migliore: vengono
aperte sei piattaforme (una di grossa taglia in provincia di Milano, tre di medie
dimensioni nelle zone di Torino, Bologna e Venezia e due impianti piccoli in

provincia di Brescia e Verona): il costo di sistema risulta in questo caso pari a
4,35 /unit di cui 0,93 /unit per i trasporti. Aumentando i costi fissi di impianto
si assiste ad un cambiamento di soluzione con lapertura di una piattaforma di
grossa taglia in provincia di Vicenza che sostituisce gli impianti di Brescia,
Verona e Venezia: il passaggio avviene per una maggiorazione dei costi
compresa tra il 5% e il 7,5%.
Uninteressante prospettiva che coinvolge gli elettrodomestici con CRT la possibile
creazione di un mercato di riciclo delle plastiche: in particolare le cosiddette plastiche
HIPS (costituenti in gran parte la carcassa posteriori dei televisori) potrebbero essere
rivendute a piattaforme specializzate nel riciclo di questi materiali. Situazione intermedia
quella in cui queste plastiche possano essere conferite ad utilizzatori finali a costo
nullo: ovviamente il margine totale di guadagno aumentato (+18,8% nel caso di riciclo e
+9,5% nel caso di conferimento a costo nullo) mentre il costo di sistema diminuito
(rispettivamente -17,7% e -8,9%).
Per quanto riguarda la rete integrata di trattamento delle grandi apparecchiature e di
quelle con CRT, il risultato finale che, nelle ipotesi di ottenere risparmi sui costi grazie
ad economie di scopo, nei cinque impianti trovati si riescono a trattare tutte le tipologie di
beni con un guadagno maggiore rispetto a quello che si ottiene sommando i risultati delle
singole reti ottimali trovate per le differenti tipologie.
Dalle analisi risulta che il valore di economia di scopo sui costi di impianto che permette
alle piattaforme trovate di trattare tutti le grandi apparecchiature in maniera conveniente
pari al 91%. Per quanto riguarda le apparecchiature con il CRT, invece, si sono
individuate due possibili situazioni: nella prima, ottenendo uneconomia di scopo
dell83%, vengono utilizzati solamente quattro impianti (assente quello in provincia di
Bergamo) sui cinque individuati in quanto in queste piattaforme vengono aperte linee con
potenzialit elevata. Nel secondo caso invece, con una valore di economia di scopo pari
al 78%, tutti gli impianti precedentemente individuati sono utilizzati.
Come si pu notare sia il margine di guadagno che i costi unitari di sistema migliorano
rispetto al caso di reti separate (ovvero la somma delle due reti ottimali per grandi
apparecchiature e CRT trovate nelle analisi precedenti): il peggioramento dei costi della
logistica (che sono una parte del costo di sistema) dovuto al minor numero di impianti
aperti e quindi allaumento delle distanze medie da percorrere per i trasporti.
Unultima considerazione riguarda leffettiva realizzazione delle economie di scopo
ipotizzate: analizzando le modellizzazioni degli impianti di trattamento si riscontrano, tra
le voci di costo fondamentali, possibili risparmi nel costo del lavoro, nella manutenzione
dellimpianto, nel costo di insediamento produttivo e nelle spese generali. Eventuali
economie di scopo, anche se difficilmente quantificabili, sono ottenibili anche per quanto
riguarda la logistica.











6 CONCLUSIONI: FATTORI CRITICI E SCENARI DI SVILUPPO PER LINDUSTRIA
DEI RAEE

In questo volume si cercato di trattare le principali tematiche o, forse sarebbe pi
opportuno chiamarle con loro vero nome: le sfide inerenti la nascita di un nuovo
settore industriale, quello del recupero e del trattamento dei rifiuti di apparecchiature
elettriche ed elettroniche (RAEE).
Accanto a considerazioni di carattere pi prettamente tecnico e sicuramente di rilievo,
possibile farne altre di carattere pi generale e strategico, che diventano per di cruciale
importanza nel momento in cui si definiscono le basi che daranno volto e prospettiva ad
una nascente area di attivit industriali e di servizio.
Un primo aspetto legato allevidenza sempre pi marcata che la difficolt nel valutare a
priori il ritorno economico e il vantaggio competitivo di iniziative di carattere ambientale
scoraggi molte aziende dallintraprendere, di spontanea volont, azioni miranti a ridurre
limpatto ambientale dei loro prodotti o cicli produttivi. Lavvertita impossibilit di
coniugare efficienza economica ed efficienza ecologica (eco-efficienza) fa in modo che
molte aziende continuino a perseguire unicamente la prima, rinunciando di fatto ad una
serie di significativi benefici che potrebbero influire sul loro potenziale competitivo.
E questa la percezione con cui, a prima vista, si guarda oggi al tema dei RAEE, dove le
aziende produttrici e le associazioni di categoria sembrano pi propense ad assumere
posizioni conservative e protettive (naturalmente con leccezione di qualche
comportamento virtuoso) in attesa di sviluppi, eludendo in parte il concetto di Extended
Producer Responsability (EPR).
Va comunque notato che la situazione che si sta profilando da ritenersi il prodotto non
solo del comportamento non propriamente virtuoso di aziende e associazioni, ma anche
(e in quota parte significativa) di una prolungata sostanziale evanescenza della
legislazione e delle scelte politiche seguite alla prima emanazione del Decreto Ronchi.
Infatti, ci si trova davanti ad un corpo normativo estremamente restrittivo, ma al contempo
poco reattivo ai cambiamenti del mercato, fatto che sicuramente non rappresenta n una
guida n una garanzia per le aziende che operano nel settore. Allatto pratico, molte cose
vengono formalmente vietate, anche troppe soprattutto in quellintricato groviglio di
leggi ambientali in cui poco ancora chiaro , ma lapparato di controllo lento ed
inefficiente. Chi si prepara oggi alla sfida del recupero e del trattamento dei RAEE con
tecnologie allavanguardia e pulite si trova cos a subire attacchi, quasi sempre vincenti e
talvolta con conseguenze irreversibili, da parte di operatori capaci di fornire servizi ad un
minor prezzo grazie a comportamenti spregiudicati sotto il profilo della tutela ambientale.
Su tutto ci, gli elementi che forse rendono pi elevato il grado di incertezza nel settore
dei RAEE sono la labile e mutevole definizione di rifiuto (su cui tutto dovrebbe basarsi,
ma la cui assenza ha portato alcuni enti locali a rischiare di legiferare in deroga alla legge
nazionale, in attesa di una sua sospirata modifica, con tutti i problemi connessi) e
lincertezza sui tempi di recepimento delle Direttive Europee (che hanno vanificato buona
parte degli studi di fattibilit per nuove iniziative nel settore).
Un secondo aspetto riguarda lancora non perfetta conoscenza della complessit di un
sistema (attori, flussi, tecnologie, costi, ecc ) che in forte evoluzione, ma soprattutto
la non piena coscienza di quali siano i fattori determinanti per una sana e vigorosa
crescita del settore da parte degli enti predisposti alla sua pianificazione. Sul piano delle
competenze, gli studi condotti e le informazioni raccolte dagli autori possono essere
considerati una buona base di partenza, ma, come tutte le analisi condotte in un periodo
di transizione, sono soggetti ad una rapida obsolescenza.
Sicuramente un fattore chiave per la crescita del settore RAEE lo sviluppo del mercato
delle materie prime seconde (MP2). E gi stata messa in evidenza come la possibilit di

redditivit dellintero settore dipenda quasi unicamente dallopportunit di vendita delle
MP2 (allo stato attuale, tutte le altre alternative risultano poco realistiche) e come lo stato
di salute di tali mercati risulti piuttosto precario (il valore delle MP2 da RAEE oggi
fortemente sottostimato). Lo sviluppo di un mercato reale, non pi solo potenziale o di
opportunit di marketing, risulta essenziale: per ottenere tale obiettivo, mentre le leve
operative sono state messe ben in risalto nel corpo del volume, il commitment non deve
essere dato per scontato. Le prospettive di sviluppo andranno comunque ricercate nella
cooperazione con altri settori (si ricordano quelli degli imballaggi, delledilizia,
dellautomobile, ), che presentano alcune problematiche comuni e con i consorzi per il
recupero (CONAI,).
A questo fattore se ne affianca un altro relativo alle tecnologie per il trattamento. Nel
volume stata fornita una sintesi aggiornata delle tecnologie utilizzabili o ancora in fase
prototipale , evidenziandone vantaggi e svantaggi. Tuttavia, un vero e proprio
assessment tecnologico deve essere attivato e portato avanti nel tempo, evidenziando le
prestazioni non solo in termini economici, ma soprattutto ambientali. Diventa necessaria
la definizione di quali siano per il settore le best available techniques (BAT) ed i criteri per
la misurazione, la verifica e la certificazione delle loro prestazioni. Su tale aspetto si
giocher buona parte della credibilit degli attori del settore.
Altro fattore la stima dei costi di sistema, sempre aggiornata alla luce dellevoluzione
degli elementi declinati in precedenza (mercati e tecnologie). Ma ancora pi cruciale
risulta la stima ed il governo della distribuzione dei margini tra i diversi attori, che lunica
modalit ragionevole di valutazione e di pianificazione di sviluppo di un sistema
industriale. In prima istanza, vanno effettuate analisi pi precise su possibili economie di
scopo e di scala sia negli impianti di trattamento sia nei sistemi di recupero.
Ultimo fattore abilitante si tralasciano altri fattori, quali la definizione di un sistema
informativo dei rifiuti lo sviluppo del sistema di micro-raccolta, ovvero lintercettazione
dei flussi di RAEE dove questi si generano (ad esempio, presso la singola famiglia).
Risulta immediato osservare che se il tasso di intercettazione dei flussi di RAEE basso,
il settore non in grado di sussistere. Nel volume tale aspetto stato trattato solo
marginalmente dato che allo stato attuale non esiste esperienza rilevante sul campo. In
tal senso, non di secondaria importanza lopera di sensibilizzazione (informazione e
formazione) della popolazione.
Il terzo aspetto riguarda lassenza di una e vera propria pianificazione del sistema, o
addirittura della volont di effettuare una vera e propria pianificazione. Con riferimento al
primo aspetto considerato, si sta assistendo ad una certa litigiosit tra le parti interessate
(aziende, associazioni, piattaforme, ), che sembra portare ad una disintegrazione del
tessuto di pianificazione.
Sperando che tra le parti interessate si giunga presto ad una risoluzione positiva della
questione, si pu solamente proporre una disanima degli effetti legati ad unassenza di
pianificazione. Sicuramente si assisterebbe ad una polverizzazione dellofferta di
trattamento, ovvero alla nascita di una miriade di piccole aziende di dimensioni
estremamente contenute, che avrebbe come effetto un aumento dei costi di sistema e
contemporaneamente una diminuzione dei ricavi a causa dellelevato livello di
competizione basato sul prezzo di trattamento. Allo stesso tempo, le ridotte dimensioni e
la riduzione dei margini, dovuta allabbassamento dei prezzi e soprattutto allaumento dei
costi, porterebbero tali aziende a non riuscire a garantire lutilizzo delle BAT di settore,
con un immediato riflesso sulle prestazioni ambientali del trattamento, peggiorando di
fatto un contesto produttivo cui partecipano anche aziende con pochi scrupoli ambientali,
di cui prima si accennava. Questa situazione non sarebbe per permanente in quanto si
pu ragionevolmente pensare che verrebbe risolta spazzando via tale miriade di piccole
aziende, dallentrata sul mercato italiano di altre aziende presumibilmente

multinazionali e consorzi esteri, con dimensioni tali da poter offrire servizi di trattamento
con tecnologie pulite e a prezzi vantaggiosi (e con margini cospicui), potendo presentarsi
sul mercato italiano (essendosi gi sviluppati ed assestati in mercati domestici esteri
sviluppati in modo sano) a costi marginali.
Un ulteriore aspetto riguarda la diffusa riluttanza dettata da considerazioni di marketing
tra le societ produttrici di AEE a non utilizzare nei propri nuovi prodotti parti o
componenti riciclati e, per certe tipologie (ad esempio, le plastiche) di MP2 (closed-loop
su filiera), preferendo aprire un mercato delle MP2 ad altri settori (open-loop su MP2). Se
da un lato tale volont sembra poter dar forza allo sviluppo del mercato delle MP2 (come
anticipato in precedenza), dallaltro sembra contrastare le logiche del marketing
ambientale, ma soprattutto limitare le possibilit di cogliere le opportunit offerte dalla
Legge 30% (D.Lgs. 203/03) sullacquisto di beni da parte della Pubblica
Amministrazione. Tale legge fissa nel trenta per cento ma esistono esempi virtuosi,
quali quello della Regione Lombardia, dove tale quota stata elevata al 35% la quota
parte di beni riciclati (con le dovute categorie escluse) che devono essere acquistati. La
possibilit di accedere a tale mercato potrebbe in futuro modificare le strategie dei
produttori di AEE portandole a definire, accanto a delle linee di prodotti riciclati per la
Pubblica Amministrazione, anche una linea di prodotti verdi che andrebbero incontro ad
una potenziale quota di acquirenti e alle finalit di marketing ambientale.
Il tema del recupero e trattamento dei RAEE appartiene sicuramente a quel novero di
fattori che, per complessit tecnologica ed estensione degli effetti, hanno la forza di
modificare profondamente la struttura e lo sviluppo di interi settori industriali; lo si pu a
buon diritto considerare un elemento di cambiamento potenzialmente epocale. Ed di
fronte a tali sfide che si riconosce e anche rinsalda la vocazione industriale ed
imprenditoriale di un paese. Sono due infatti le strade che si delineano allorizzonte.
La prima quella dellinnovazione, che, facendo leva sulle capacit di cogliere le
opportunit generate da un nuovo paradigma di business, catalizza le migliori risorse ed
energie per ridisegnare unintera filiera e per creare nuove attivit industriali.
La seconda quella della conservazione, in cui la dimensione del rischio induce ad
arroccamenti e difese. Questa strada apparentemente meno impervia ed incerta della
precedente; non si possono per nascondere gli effetti disastrosi di medio-lungo termine:
arretratezza tecnologica ed elevati costi di un sistema di recupero e trattamento
provinciale, inefficiente ed affetto da progressiva divaricazione tra le aree settentrionale e
meridionale del Paese.
Anche sul fronte dei RAEE si gioca allora la partita del possibile rilancio della vocazione
industriale del nostro Paese, ma anche della capacit della Pubblica Amministrazione di
operare scelte politiche e di pianificazione che, favorendo iniziative private di natura
imprenditoriale o sociale, siano in grado di attivare circoli virtuosi di sviluppo.



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