Dipartimento di Ingegneria
A.A. 2015/2016
Indice
1 Introduzione...............................................................................................................2
1.1 Scopo del lavoro ............................................................................................................ 2
2 Panorama generale.....................................................................................................4
2.1 L’olio di oliva nella storia ............................................................................................. 4
2.2 La produzione di olio di oliva nel mondo e nel bacino del Mediterraneo, in Italia e nel
Lazio..........................................................................................................................................7
2.3 La composizione chimica dell’olio ............................................................................. 11
2.4 Gli oleifici ................................................................................................................... 14
2.5 Le olive e l’estrazione del olio .................................................................................... 14
3 Sottoprodotti dell’industria olearia e normativa.......................................................31
3.1 Le foglie di Ulivo ........................................................................................................ 31
3.2 Le acque di vegetazione .............................................................................................. 31
3.3 Il problema ambientale- Da rifiuto a risorsa ............................................................... 37
3.4 Le sanse ....................................................................................................................... 62
3.5 Il nocciolino ................................................................................................................ 66
3.6 Aspetti normativi per lo scarico dei reflui (D.L. 07/2015) .......................................... 67
3.7 Aspetto Normativo acque reflue (152/2006) ............................................................... 73
4 Case study: Analisi ambientale del frantoio Fontana Laura....................................77
4.1 Generalità sul Life Cycle Assessment ......................................................................... 78
4.2 Definizione dell’obiettivo e del campo di applicazione dello studio .......................... 83
4.3 Valutazione dell’impatto ............................................................................................. 92
4.4 Analisi dei risultati ...................................................................................................... 94
5 Proposta di impianto per il trattamento delle AV....................................................96
5.1 Il modello di simulazione ............................................................................................ 96
5.2 Risultati dell’analisi del ciclo di vita del frantoio FL con trattamento delle AV ...... 104
6 Confronto di sostenibilità ambientale e conclusioni..............................................108
Ringraziamenti..............................................................................................................110
Bibliografia...................................................................................................................111
1
1 INTRODUZIONE
Le acque reflue derivanti dalla lavorazione dell'olio di oliva vengono definite “acque di
vegetazione”. Sono costituite dall'acqua contenuta nella drupa, dalle acque di lavaggio e
da quelle di processo. Lo smaltimento delle acque di vegetazione (AV) risulta essere
uno dei maggiori elementi di criticità del settore oleario poiché la piccola e media
impresa non riesce a sostenere i costi che comportano gli impianti per la depurazione.
Per questo motivo continua ad essere praticato lo spandimento sui terreni che implica
sia problemi di costo ma, soprattutto, ambientali. Infatti le AV presentano un alto
contenuto inquinante e ne vengono prodotte ingenti quantità. Smaltendo le AV sui
terreni agricoli, si potrebbero riscontrare problemi di fertilità dei suoli e potrebbero
determinare la contaminazione delle falde idriche del sottosuolo [1].
Negli ultimi anni, l'interesse per le questioni ambientali è aumentato, insieme all’ idea
che le scelte dei consumatori possono effettivamente migliorare le prestazioni del
sistema produttivo. Uno dei metodi prediletti per poter assegnare le “Eco-labels” (cioè
un indicatore della sostenibilità del processo produttivo di immediata interpretazione
per il consumatore) risulta essere l’analisi del ciclo di vita del prodotto/processo (o Life
Cycle Assessment, LCA). Questi studi sono principalmente volti a valutare
l’“EcoProfile” del prodotto individuando le specifiche fasi, lungo il suo ciclo di vita,
che forniscono un importante contributo all'impatto ambientale totale, in modo da
suggerire l’attuazione di misure differenti per migliorarle [2]. La produzione di olio
d'oliva è un'attività tipica dell'area mediterranea. Lo scopo principale della LCA
applicata alla produzione di olio d'oliva è quello di migliorare le prestazioni ambientali
della catena di produzione locale, laddove i punti risultano più critici.
2
e l’ultrafiltrazione è possibile separare i polifenoli e venderli all’industria farmaceutica,
mentre l’acqua che deriva dall’osmosi inversa sarà sterile ma ricca di potassio, quindi
impegnabile nell’industria delle bevande. Questo lavoro è stato successivamente portato
avanti, sotto una nuova luce, dalle ricerche di Silvano Tosti e Mirko Sansovini. Da
queste ricerche è stato evidenziato che le acque di vegetazione, se opportunamente
pretrattate, possono essere usate per produrre una miscela gassosa, ricca di idrogeno,
CO2, metano, CO e altri gas, da utilizzare per scopi energetici. II brevetto depositato
dall’ENEA riguarda lo sviluppo di un processo per il trattamento delle AV che vengono
filtrate, concentrate e poi inviate in un reattore dove, attraverso una reazione di
reforming viene prodotta la miscela gassosa. La sostenibilità economica del processo è
stata dimostrata in lavori precedenti [3]. Il passo successivo è quello di dimostrare la
sostenibilità ambientale di tale processo, evidenziando se l’alternativa proposta, oltre ad
abbattere i costi, abbatta anche l’impatto ambientale del processo. L’intento finale di
questo studio è quello di dimostrare, tramite un’analisi LCA, e quindi completa di ogni
step del processo produttivo, il vantaggio ambientale che si può trarre da questo
trattamento delle acque di vegetazione. Sulla base dell’analisi del ciclo di vita effettuata
sarà anche possibile ottenere, in futuro, delle certificazioni ambientali [4]. L’analisi del
ciclo di vita è stata fatta con il software SimaPro 8, mentre i bilanci di massa necessari
per quantificare la quantità di energia e calore necessari per il trattamento delle AV sono
stati fatti con il software Aspen One Engineering.
3
2 PANORAMA GENERALE
Per quanto riguarda l’Italia, è importante sottolineare che la presenza di noccioli di oliva
in contesti archeologici è documentata fino al Mesolitico. Tali attestazioni non
significano necessariamente che già in epoca preistorica l’olivo venisse coltivato, anche
perché all’esame dei noccioli non è possibile stabilire se si trattasse di olivastri oppure
di olivi domestici. Certamente il passaggio da una fase di semplice conoscenza della
pianta a quella del suo sfruttamento agricolo avrà richiesto un lungo periodo, ma porta a
dubitare sulle teorie che sostengono che l’olivo sia stato introdotto in Italia dai primi
coloni greci. Il vero problema, dunque, è definire il periodo in cui è cominciata la loro
coltivazione in età storica, momento importante che segna l’inizio dello sfruttamento
razionale delle campagne, tipico della civiltà urbana. Le evidenze linguistiche, letterarie
ed archeologiche permettono di affermare che, già fra l’VIII e il VII sec. a.C. non solo
4
la coltivazione dell’olivo era praticata, ma esistevano colture organizzate che, grazie al
clima mediterraneo, ben presto permisero la formazione di un surplus destinato agli
scambi. [5]
Catone, Plinio e Columella e tutti gli scrittori latini di agricoltura più famosi hanno
lasciato insegnamenti sulla coltivazione dell’olivo e sulla produzione dell’olio. E noto,
ad esempio, che l’olio che si otteneva dalla torchiatura era piuttosto denso e che, per
farlo diventare più fluido, occorreva riscaldare l’ambiente in cui veniva preparato, per
questo l’olio aveva spesso odore di fumo. Gli autori antichi descrivono minuziosamente
le macchine impiegate dai Greci e dai Romani per la torchiatura delle olive; le scoperte
archeologiche hanno poi permesso di controllare e di completare le loro testimonianze.
La prima fase della preparazione dell’olio d’oliva consisteva nello schiacciamento dei
frutti con due pietre cilindriche: l’operazione di schiacciamento era seguita in modo
assai semplice, facendo rotolare una pietra cilindrica avanti e indietro sopra le olive
poste in un contenitore. Il “frantoio” romano, puntualmente descritto da Columella (I
sec. d.C.) era di un tipo assai simile a quelli usati anche in età moderna.
Dopo la frangitura, le olive venivano pressate con presse a trave. I resti più antichi
conosciuti di una pressa e di un bacino per schiacciare le olive sono quelli rinvenuti a
Creta che appartengono al periodo minoico (1880-1500 a.C. ca.). La pressa a trave
applica il principio della leva: un’estremità della trave era appoggiata in un incavo del
muro, o fra due pilastri di pietra, l’altra veniva tirata giù o spesso caricata con pesi
(uomini e pietre). Le olive, sistemate in sacchi o tra tavole di legno, venivano
schiacciate sotto la parte centrale della trave e il succo era raccolto in un recipiente
sistemato sotto il piano della pressa. La massa da pressare era, invece, racchiusa in vari
modi: dentro fiscoli di corda, giunchi intrecciati, o cesti. Oppure: “le olive venivano
schiacciate dentro cesti di vimini o mettendo la pasta tra due asticelle” (Plinio).
Quindi l’olio veniva messo a decantare in vasche che precedevano il lacus destinato alla
raccolta finale del prodotto. [6]
A partire dal tardo impero (IV sec. a.C.) la storia del bacino mediterraneo si avvia verso
un lungo periodo di guerre e carestie; si produce poco e in regime autarchico e anche
l’olivicoltura ristagna. Si dovrà attendere la ripresa dopo il Mille quando, soprattutto per
5
opera delle comunità monastiche, si darà un nuovo impulso all’agricoltura, con la
bonifica di terreni paludosi e la messa a dimora di nuove piante di vite e di olivo.
- Il motivo economico che mira alla riduzione dei costi del processo produttivo;
- Il motivo normativo, legato alle direttive e legislazioni sempre più stringenti,
soprattutto nelle società occidentali, in relazione allo smaltimento di materiali di
scarto e delle emissioni di inquinanti;
- Il motivo sociale, dipendente dallo sviluppo da parte del consumatore di una
coscienza ambientale che mira alla sostenibilità.
Da queste osservazioni nasce questa trattazione. La tesi proposta mira a mettere in luce i
punti meno sostenibili del processo produttivo del olio di oliva e li studia in modo da
6
proporre alternative sostenibili dal punto di vista ambientale ed economico. Si cerca
quindi di valorizzare il più possibile i prodotti di scarto e di lavorazione ponendo le basi
a processi che, nel tempo, garantiscano il rispetto della salute e dell’ambiente.
Globalmente sono coltivati oltre 750 milioni di piante di olivo, il 95% delle quali si
trova all'interno del bacino del Mediterraneo. La maggior parte della produzione
mondiale proviene dal sud Europa, dal nord Africa e dal Medio Oriente. Della
produzione europea, il 93% proviene da Spagna, Italia e Grecia.
Portogallo Altri
6% 1%
Grecia
19%
Spagna
54%
Italia
20%
La Spagna è il Paese con il maggior numero di piante di olivo (più di 300 milioni) ed è
insieme all’Italia il principale produttore ed esportatore al mondo di olio di oliva. Dei
2.1 milioni di ha di oliveti, il 92% sono dedicati alla produzione di olio. La produzione
annuale media varia a causa dei naturali cicli della raccolta, ma normalmente si aggira
tra 600,000 e 1,000,000 di tonnellate, delle quali sono il 20% viene esportato. Circa
l'80% delle coltivazioni è concentrato in Andalusia (Jaèn), la più vasta area di
coltivazione dell'olivo al mondo. In Spagna i consumi di olio di oliva si aggirano
intorno a 350 mila t, con un consumo pro-capite di 10 kg annui.
7
L'Italia è il secondo produttore europeo; 2/3 della produzione sono rappresentati da olio
extra-vergine con 39 DOP e 1 IGP diffuse su tutto il territorio nazionale. In Italia ci son
circa 7000 frantoi con una produzione di circa 600.000 tonnellate di olio. Il 90% della
produzione proviene dalle regioni del Sud Italia: Sicilia, Calabria e Puglia. In Italia i
consumi olio medi si aggirano intorno a 650 mila t l’anno, con un consumo pro-capite
di 12 kg annui. Pertanto, la produzione italiana non riesce a garantire il fabbisogno
nazionale.
La Grecia destina circa il 60% della sua terra coltivata agli oliveti. E' il principale
produttore al mondo di olive nere e possiede più varietà di qualunque altro Paese al
mondo. La Grecia è al terzo posto in termini di produzione con più di 132 milioni di
piante, che producono circa 350.000 tonnellate di olio di oliva all'anno di cui l'82% è
rappresentato da olio extra vergine. Circa metà della produzione annuale di olio in
Grecia viene esportato. La Grecia esporta in modo particolare verso i Paesi dell’Unione
Europea, soprattutto l'Italia, che riceve circa i 3/4 delle esportazioni complessive. I
Greci consumano annualmente 200,000 t d’olio di oliva e detengono il primato a livello
mondiale per consumo pro-capite, che si aggira intorno a 20 kg annui.
Gli altri Paesi produttori del Mediterraneo, sono: Tunisia, Turchia, Siria, Marocco e
Algeria.
Nel panorama extra-europeo l'Australia produce alcuni dei migliori oli al mondo,
principalmente grazie alle ottime condizioni di coltivazione, la ricchezza dei suoli e la
mancanza dei principali fitofarmaci tradizionalmente impiegati in olivicoltura.
L’Australia produce circa 19,000t all’anno e soddisfa 1/3 del fabbisogno interno. L'olio
di oliva australiano viene esportato in Asia e in Europa.
La Repubblica Sudafricana produce olio extra vergine di oliva con una produzione
costantemente in aumento. Produce annualmente 1.200 tonnellate di olio, questa cifra
non è elevata se confrontate con quelle europee ma è sufficiente a soddisfare il 20% del
fabbisogno interno [8].
Per quanto riguarda le aree di consumo si confermano essere le più importanti l’Unione
europea e gli Stati Uniti, rispettivamente con una quota del 56% e del 10% del totale.
8
Il 48% del valore delle esportazioni dell’UE è diretto verso gli Stati Uniti soltanto, il
10% verso il Giappone e il 6-7% ciascuno verso Australia, Corea del Sud, Canada e
Brasile.
L’Italia esporta principalmente il proprio olio negli Stati Uniti (34%), in Germania
(12%) e in Francia (8%). [9]
Altri
21%
Paesi bassi
2% Stati Uniti
34%
Australia
2%
Svizzera
3%
Giappone
5%
Germania
Canada 12%
6%
Regno Unito
Francia
7%
8%
Figure 2 Ripartizione % dell'export italiano, 2015- Fonte Unapol su dati Gti
L'Italia è quindi il secondo produttore europeo di olio di oliva con una produzione
nazionale media di oltre 6
milioni di quintali, due terzi
dei quali extravergine. Il
patrimonio olivicolo italiano è
stimato in 150 milioni di
piante distribuite su una
superficie di 1.165.458 ha.
L’olivicoltura è presente in 18
regioni su 20, essa è
principalmente diffusa nelle
Regioni meridionali e
*Le percentuali sono il risultato di una media basata su dati ISTAT e ISMEA relative alle campagne
olearie dal 2002 al 2008, che mettono in evidenza le regioni più vocate alla coltivazione dell’olivo e alla
produzione di olio di oliva. La Puglia vanta il più alto numero di aziende olivicole (267.203), seguita da
Sicilia (196.352), Calabria (136.016) e Campania (112.093). Basilicata e Sardegna hanno un numero
notevolmente inferiore di aziende ad indirizzo olivicolo.
Table 1 Produzione (t) italiana di olio extravergine d’oliva nelle campagne olivicole (2004-2007)- ISMEA
Per comprendere meglio il processo di estrazione dell’olio e avere una visione ampia e
completa dei parametri fondamentali di regolazione, atti ad ottimizzare il processo e a
controllare i prodotti di scarto, verrà di seguito fatta un’analisi dei diversi processi
produttivi.
10
Produzione di olio di oliva nel Lazio
L’olivicoltura nel Lazio ricopre circa 86mila ettari di superficie, di cui l’81% in collina,
il 15% nelle montagne interne e solo il 4% in terreni di pianura. La coltivazione
dell’olivo e la produzione dell’olio rappresentano una delle principali attività del
territorio laziale. I frantoi sono oltre 300 tra aziendali e interaziendali con una
produzione di olio d’oliva pari a ventiduemila tonnellate annuali.
L’area dei Castelli Romani è particolarmente famosa per la produzione di olio di oliva.
L’olio Castelli Romani nasce da uliveti che radicano su terreni vulcanici da cui mutuano
una particolare aromaticità. In questa zona si coltivano diverse varietà di oliva, le quali
sono raccolte a partire da ottobre e fino, al più tardi, anche nei mesi di dicembre e
gennaio. Dalla prima spremitura si ottiene un olio di colore giallo dorato con riflessi
verdi; il profumo è fruttato, vegetale, erbaceo e, in alcune produzioni, piacevolmente
floreale; in bocca è moderatamente dolce, piccante e con retrogusto amarognolo[10].
11
I trigliceridi
L’insaponificabile
Come è stato detto in precedenza esso rappresenta solo una piccola parte dell’olio, dal
2% al 5%. Molti di questi composti rivestono un ruolo prevalentemente merceologico,
per la identificazione della qualità e genuinità del prodotto, altri invece hanno
importanza anche da un punto di vista medico, nutrizionale ed edonistico.
Gli steroli
Questi costituiscono una importante classe di riferimento negli studi e nelle analisi
sull’olio di oliva. Essi costituiscono una sorta di impronta digitale che consente la
identificazione delle sostanze grasse di origine diversa. Lo sterolo caratteristico degli oli
vegetali è il b-sitosterolo, mentre quello caratteristico degli oli di origine animale è il
colesterolo.
I polifenoli e i tocoferoli
Queste due classi di composti sono probabilmente le più importanti tra quelle costituenti
i componenti minori polari, e tra di esse un ruolo principale è svolto dai polifenoli.
Le ragioni di tale importanza sono riconducibili in modo sintetico alle seguenti:
-Sono composti che prevengono le reazioni di ossidazione a carico degli acidi grassi e
quindi contribuiscono alla stabilità dell’olio nel tempo, ritardandone l’irrancidimento;
12
-Prevengono ed inibiscono le reazioni di tipo radicalico nell’organismo umano,
limitando la formazione di molecole anomale che possono alterare il regolare
funzionamento delle membrane cellulari.
Nell’olio essi svolgono oltre al già citato ruolo di tutela dall’ossidazione, anche un
importante ruolo edonistico. Essi infatti influiscono sul gusto, contribuendo alla nota
amara e piccante degli oli freschi. La loro degradazione porta a consistenti cambiamenti
nel gusto, che nel tempo perde le caratteristiche di fruttato ed amaro per evidenziare la
nota di dolce.
Questi composti, siccome si estraggono dalle olive, sono considerati sostanze naturali,
al pari delle vitamine. L'importanza dell'inserimento di alimenti "funzionali", soprattutto
di origine vegetale, nella dieta trova una rilevante base scientifica, nella presenza di
sostanze capaci di ritardare l'ossidazione lipidica e proteica, con una conseguente
attività di "protezione" dell'organismo umano nei confronti dei meccanismi degradativi
di tipo ossidativi. Tali scoperte, sulle proprietà antiossidanti dei polifenoli, sono state
confermate a livello internazionale ed hanno subito spostato l’interesse verso il
riutilizzo, piuttosto che verso la depurazione, che ha solo un costo e non un ritorno
economico [11].
Le componenti volatili
Essi quindi sono quei composti di piccole dimensioni e di bassa tensione di vapore, che
più facilmente entrano in contatto con le cellule olfattive, sollecitando una sensazione
13
odorosa. Sono quelli che contribuiscono al profumo dell’olio, ma sono anche quelli che
ci avvertono della presenza di un eventuale difetto dell’olio. [12]
Gli oleifici moderni invece, grazie all'evoluzione e l’automazione dei metodi e dei
processi, hanno modificato completamente la tipologia costruttiva rispetto agli antichi
oleifici. Questi sono infatti sviluppati in un unico livello, al quale può eventualmente
aggiungersi un livello interrato o seminterrato con funzioni di stoccaggio del prodotto
trasformato. Un’altra differenza fondamentale è l’ubicazione del oleificio. Nei tempi
moderni infatti si trova fuori dai centri urbani dal momento che le acque di vegetazione
non possono più essere smaltite in fognatura. In questo modo si rende più agevole il
transito degli automezzi e lo smaltimento dei rifiuti [13].
Le olive hanno la struttura tipica della drupa, pertanto sono composte da un picciolo col
quale l'oliva rimane vincolata alla pianta fino alla caduta/raccolta, da un epicarpo
14
esterno (cioè la buccia), da un mesocarpo intermedio (la polpa delle olive contenente i
vacuoli lipidici a loro volta protetti da alcuni enzimi), da un endocarpo o nocciolo, cioè
il mezzo di proliferazione del olivo. Esse maturano solitamente in ottobre, ma il
momento ideale per la raccolta varia, oltre che in base al tipo di olivo, in ragione delle
condizioni climatiche stagionali e della tecnica colturale utilizzata. Durante la
maturazione dell'oliva si ha un graduale aumento della percentuale di olio ed una
progressiva diminuzione di quella acquosa. E' quindi importante che la raccolta avvenga
al momento opportuno e con i metodi più idonei.
Vi sono diversi metodi per la raccolta delle olive, tra questi si ricordano:
- La raccolta, che può avvenire per caduta spontanea o per pettinatura. La prima è
economicamente molto vantaggiosa, in quanto è sufficiente aspettare che le
olive cadano spontaneamente nelle reti stese sul terreno; presenta però un
importante difetto in quanto le olive si staccano dall'albero quando sono
eccessivamente mature e ciò determina un decadimento delle qualità
organolettiche e nutrizionali dell'olio (incremento dell'acidità libera). Come
vedremo più avanti infatti un olio è tanto più pregiato quanto minore è la sua
acidità. La pettinatura consiste nel pettinare i rami degli alberi con dei grossi
rastrelli; questa operazione determina il distacco delle drupe e di qualche foglia
ma non incide sulla struttura arborea. Anche in questo caso andranno posti dei
teli sotto gli olivi per facilitare la raccolta delle olive cadute.
- La brucatura a mano, un metodo di raccolta ottimo perché raccogliendo le olive
a mano si può effettuare una cernita delle migliori e preservarne l'integrità. A
causa degli insostenibili costi di manodopera si tratta però di una soluzione
impraticabile nelle grosse produzioni e risulta invece molto diffusa a livello
casalingo, dove consente di ottenere prodotti di qualità superiore.
Tra la raccolta delle olive e la conseguente pressatura deve intercorrere il minor tempo
possibile, per impedire la degradazione enzimatica dei trigliceridi, che porterebbe ad un
aumento dell'acidità libera e ad una maggiore tendenza all'irrancidimento.
Le olive che giungono al frantoio devono essere innanzitutto pulite da foglie, terra e
quant'altro possa danneggiare le caratteristiche organolettiche dell'olio e lo stesso
impianto. Le drupe subiranno quindi uno o più passaggi in macchinari di aspirazione e
15
vasche di lavaggio. Sempre a questo livello, per la produzione di oli particolarmente
pregiati, si può effettuare una cernita a mano, allontanando le olive che non rispondono
agli standard qualitativi. [14]
Diverse filiere produttive sono nate, negli ultimi due secoli, dallo sviluppo di nuove
tecniche di estrazione dell’olio di oliva. Le caratteristiche chimiche e fisiche dell’olio
sono fortemente influenzate dal tipo di processo con
cui è stato estratto.
Table 2 Metodi di estrazione nei frantoi in Italia - “Tecnologie di lavorazione delle olive in frantoio. Rese di
estrazione e qualità dell'olio”, Luciano di Giovacchio,2010
Olio Frantoio
Frantoio metodo Totale frantoi
prodotto metodo
Centrifugazione operanti
[t] Pressione
Totale
525,512 2.656 3.081 5.737
Italia
Nel ciclo di funzionamento tre fasi la pasta olive, addizionata opportunamente di acqua
(caratteristica del ciclo a 3 fasi), viene inviata alla centrifuga che separa la pasta nei suoi
tre componenti, sansa, acqua di vegetazione e mosto olio. L'olio e l'acqua di vegetazione
sono inviati ai separatori centrifughi per estrarre l'olio. Nel ciclo a due fasi non si
utilizza l'aggiunta di acqua di diluizione, ma non separando le acque di vegetazione
16
dalla sansa quest’ultima risulta molto umida e quindi molto più ingombrante e pesante,
il ché rende lo smaltimento più costoso e l’ingombro spaziale molto maggiore.
I vantaggi principali che spingono un frantoiano nel scegliere di fare un frantoio a ciclo
continuo piuttosto che un frantoio tradizionale (per pressione) sono in generale il
limitato ingombro di tutti i macchinari che compongono il frantoio, la lavorazione
continua, la riduzione della mano d’opera e l’automazione delle attività di pulizia.
D’altra parte il processo continuo ha un più elevato costo dei macchinari
(principalmente il decanter) e di manutenzione e consuma più energia elettrica.
Tutti i metodi di estrazione dell’olio dalle olive richiedono che queste vengano
preventivamente frantumate e ridotte in una pasta da cui sia facile estrarre il liquido,
mescolanza di acqua, olio e particelle solide, detto mosto oleoso. Una buona molitura
deve pertanto disintegrare bene la polpa, così da rompere le pareti delle cellule oleifere
contenenti le gocce di olio, senza d’altra parte sminuzzare troppo il nocciolo, i cui
frantumi debbono essere abbastanza grossi da facilitare la fuoriuscita del mosto oleoso.
Alla macinazione del frutto si deve accompagnare un buon rimescolamento della pasta,
detto comunemente gramolatura, tale da far riunire in gocce sempre più grosse le
goccioline d’olio disperse nell’acqua di vegetazione e favorirne la separazione dalla
stessa. Successivamente dalla pasta sottoposta a gramolatura, si devono separare la parte
solida detta sansa, dal mosto oleoso. Una volta dunque che le olive sono state molite,
che la pasta ottenuta è stata ben rimescolata per favorire quei fenomeni fisici che
portano all’aggregazione delle gocce d’olio disperse nell’ambiente acquoso, che la parte
liquida è stata separata dalla solida, non resta che procedere all’ultima operazione di
estrazione dell’olio, con metodi che vanno dall’affioramento naturale fino all’impiego
di macchine più o meno complesse. [14]
I processi presentano delle differenze tra loro ma molte fasi sono comuni perciò, onde
evitare ripetizioni, si è preferito illustrare i blocchi del processo mettendo in luce le
principali differenze.
17
l’eliminazione delle foglie avveniva tramite la cernita manuale delle olive. Alla fine
degli anni Sessanta del secolo scorso, con l’introduzione del sistema continuo a tre fasi
è stata incorporata al resto dei macchinari anche la macchina automatica per eliminare
le foglie e lavare le olive. Queste operazioni vengono di solito effettuate da una sola
macchina che esegue in sequenza le due operazioni e che ha dimensioni variabili in
relazione alla capacità di lavorazione dell’oleificio.
La presenza di foglie e/o di altro materiale vegetale dall’olivo può influenzare alcune
caratteristiche di qualità dell’olio, come il colore, l’aroma e il gusto.
Il lavaggio delle olive deve essere effettuato con acqua potabile, da ricambiare con
frequenza tal da assicurare l’igiene dell’operazione e da evitare l’insorgere di cattivi
odori. La quantità di acqua utilizzata per il lavaggio delle olive varia in relazione alla
quantità di impurezze e di materiale estraneo presente e, fin dai primi lavaggi, essa
appare di colore scuro e melmoso per la terra presente. [14]
18
2.5.3 Il processo di preparazione della pasta di olive
Dopo le operazioni di defogliazione e lavaggio comuni a tutti i sistemi, le olive devono
essere assoggettate ad altre operazioni che hanno al finalità di preparare una pasta la cui
fase oleosa possa essere separata dalle altre fasi costituenti l’impasto. L’estrazione
dell’olio dalle olive con mezzi meccanici è resa possibile da un insieme di procedure
che si effettuano nel oleificio e che sono finalizzate a liberare le gocce di olio dai tessuti
vegetali che le contengono e a raggruppare le piccole gocce in gocce più grandi e quindi
più semplici da separare. L’olio, per la maggior parte, è presente nei vacuoli delle
cellule delle olive e risulta facilmente estraibile da essi con mezzi meccanici che lo
rendono “libero”; Una minima parte dell’olio si trova però nel citoplasma e risulta
molto difficile da estrarre e, in genere, confluisce nella sansa o nelle acque di
vegetazione.
Le macine di granito sono impiegate nei processi tradizioni che adottano il sistema della
pressione e sono, di solito, 2 o 6 macine che operano per circa 20 minuti a seconda delle
dimensione delle macine e della quantità di olive caricata e prepara la pasta di olive per
la gramolatura. Gli impianti a macine sono costituiti dalle seguenti parti:
19
- Pale per lo scarico della pasta alla gramolatrice,
20
possono essere diverse a seconda della qualità dell’olio che si prevede di ottenere e della
pasta in lavorazione. Il movimento lento e continuo della pasta serve a far sì che,
rompendo la membrana che le avvolge, le minute goccioline di olio si aggreghino in
gocce più grandi che possano essere facilmente allontanate dalla pasta. Mentre prima di
questo processo si trova l’olio disperso in acqua e materiale citoplasmatico, dopo questa
fase si troverà l’acqua dispersa in olio. Dal punto di vista chimico-fisico, la
gramolazione svolge una funzione di capitale importanza completando il processo,
iniziato durante la molitura, di disgregamento delle strutture cellulari del frutto per
liberare gli enzimi in esse contenuti. Questa fase avvia una complessa serie di reazioni
chimiche che conducono alla formazione di composti volatili, all’insieme dei quali si
attribuiscono le note olfattive positive dell’olio che si ricava.
21
La gramolazione perciò, bensì sia importante ai fini della resa in olio, deve essere
condotta con temperature della pasta e tempi di gramolazione opportunamente
controllati, per ottenere risultati ottimali anche sotto l’aspetto qualitativo.
22
ed acqua di vegetazione. I fiscoli moderni sono dei diaframmi circolari in fibra sintetica
di polipropilene al 100% per alimenti. Questi vengono imbevuti nella pasta di olive per
poi essere impilati e messi sotto la presa che permette l’estrazione.
Al centro del piatto è inserito un cilindro forato (detto foratina) che ha lo scopo di
mantenere la pila in verticale e favorire il deflusso del mosto d’olio anche lungo l’asse
centrale della pila. La costruzione della pila avviene secondo un ordine standard: il
fiscolo è infilato lungo la foratina. Sul primo diaframma, adagiato sul fondo del piatto,
si dispone uno strato di pasta d’oliva spesso 3 cm, si sovrappone un secondo diaframma
e un secondo strato di pasta e così via. Complessivamente si costruisce una pila
composta dalla sovrapposizione di 60 diaframmi alternati a 60 strati di pasta, 20 dischi
d’acciaio e 20 diaframmi senza pasta. Il quantitativo di pasta impiegato corrisponde ad
una partita di olive molite con la molazza [17].
Il mosto oleoso raccolto nel pozzetto situato dietro la presa si avvia alla successiva
separazione dell’olio dall’acqua di vegetazione che come vedremo verrà realizzata
tramite una centrifuga verticale.
23
Al fine di garantire la produzione di olio di buona qualità il frantoio, operante con la
pressione, deve tenere in considerazione i seguenti punti critici del sistema:
Il sistema a pressione permette una buona resa di olio per il quantitativo di olive trattate
ma ultimamente gli oleifici tendono a preferire il sistema di estrazione per
centrifugazione poiché necessitano di una minore quantità di mano d’opera e di
operazioni di manutenzione e pulizia dell’impianto. Gli oleifici tradizionali sono in
genere, rappresentati da privati che prestano il servizio di molitura ai produttori di olive
e mantengono il sistema della pressione al fine di non perdere la clientela affezionata al
prodotto olio ottenuto con le macine e con la pressa
L’evoluzione in questi ultimi anni continua a fare grandi passi. Gli idroestrattori,
normalmente chiamate centrifughe di pasta o decanter, stanno evolvendosi sino a
raggiungere ottimi risultati sia qualitativi che di efficienza. Sono attualmente presenti
sul mercato decanter per la lavorazione tradizionale standard a “tre fasi”, ovvero olio,
24
acqua di vegetazione e sansa con acqua aggiunta, e per la laborazione a “due fasi” olio e
sansa senza acqua aggiunta.
Nel sistema a ciclo continuo, la pasta passa dalla gramola alla centrifuga, attraverso
pompe volumetriche (pompe mono-vite) o a vite senza fine, con aggiunta di una
quantità definita di acqua possibilmente a temperatura controllata.
La pasta, esaurita quasi completamente d’olio, ma con un alto contenuto d’acqua (in
alcuni casi oltre il 50%, soprattutto nel processo a due fasi), viene ad essere allontanata
quale sansa, il mosto invece viene avviato alla separazione finale. La sansa costituisce
un sotto-prodotto che, in generale, viene inviato ai sansifici (Uno stabilimento
industriale in cui si effettua la lavorazione della sansa) sia per la produzione dell’olio di
25
sansa, decisamente più scadente rispetto all'extra vergine di oliva e viene in generale
usato come concime, sia per essere essiccato e smaltito nel terreno agricolo.
Figure 10 Centrifuga orizzontale per la separazione del mosto oleoso dalla sansa
26
Per ottenere la separazione del liquido dal solido viene utilizzata, nel processo continuo
a tre fasi, una centrifuga a bassa velocità detta decanter. Il mosto oleoso raccolto in
uscita dal decanter viene infine inviato al separatore centrifugo per l’ultima fase del
processo di estrazione dell’Olio Extra Vergine di Oliva.
Ogni sistema di lavorazione delle olive prevede, alla fine del processo, la separazione
delle fasi liquide da quella solida secondo le seguenti modalità:
- Il sistema della pressione lascia la fase solida (sansa) all’interno della torre di
fiscoli e fa defluire la parte liquida, costituita da olio e da acqua di vegetazione
(mosto oleoso), in un pozzetto da cui viene ripresa e avviata al separatore
centrifugo verticale;
- Il sistema continuo della centrifugazione a 3 fasi separa in maniera continua e
distinta le 3 fasi che sono rappresentate, rispettivamente, dalla sansa, dall’olio,
più o meno impuro per la presenza di acqua, e dalla fase acquosa costituita da
acqua di vegetazione diluita e da minime quantità di olio, presente allo stato
libero o in emulsione o racchiuso nei frammenti vegetali che inevitabilmente
confluiscono nella fase acquosa;
- Il sistema continuo della centrifugazione a 2 fasi separa in maniera continua e
distinta, da una parte, la fase semisolida costituita dalla sansa e dall’acqua di
vegetazione e, dall’altra, la fase liquida costituita prevalentemente da olio in
presenza di quantità più o meno evidenti di acqua di vegetazione e di frammenti
vegetali
27
macchinario. Questa centrifuga raccoglie in ingresso il mosto oleoso proveniente dal
decanter e, centrifugando ad elevata velocità, restituisce in uscita olio extra vergine di
oliva ed acque reflue. Il separatore centrifugo consiste in un serbatoio cilindrico
contenente il tamburo ruotante costituito da una serie di dischi conici forati e
sovrapposti. Il mosto d’olio, immesso dall’alto entra nel tamburo ed è sottoposto ad una
centrifugazione a 4000 giri al minuto. Il principio è quello classico della separazione per
centrifugazione di un liquido composto da elementi di diverso speso specifico: per
effetto fisico i materiali più pesanti si dispongono all’esterno ed i più leggeri all’interno;
inoltre in presenza di sedimenti solidi fa sì che quest’ultimi si depositino nella periferia
dei coni di centrifugazione [16].
La maggior parte degli impianti dispone ormai di due separatori, uno dell’olio (che
toglie l’acqua residua) ed uno dell’acqua (che recupera l’olio che è rimasto). In
aggiunta, le ultime macchine prodotte si dispongono automaticamente per l’espulsione
dei residui solidi, provvedendo all’autopulizia dei dischi lamellari di separazione.
L’olio extra vergine di oliva viene inviato in delle vasche di raccolta di acciaio, a
contatto con l’aria, per sfruttare la sedimentazione spontanea della morchia (residui
solidi che potrebbero rendere torbido l’olio appena centrifugato) e sarà pronto per essere
confezionato.
Le acque reflue vengono invece raccolte e smaltite secondo normativa, come si vedrà
più avanti.
28
Chiarire gli aspetti legati ai processi di estrazione è fondamentale per comprendere
quanto sia importante lo studio di queste industrie considerando anche la stagionalità
dell’utilizzo di tali quantità di acqua, a cui segue una produzione di acque di
vegetazione. Questo implica la presenza di una quantità considerevole di prodotti non
immediatamente smaltibili se non con lavorazioni successive. La produzione annuale di
olio d’oliva in Italia consuma più di 8.000.000 di tonnellate di acqua e produce
contemporaneamente più di 4.600.000 tonnellate di acqua di vegetazione e più di
6.800.000 tonnellate di sansa umida [14]. La distribuzione disomogenea della
disponibilità di acqua e
l’eccesso di acque di
vegetazione in pochi mesi
l’anno, sarà determinante
nella definizione e nella
scelta di molti parametri
progettuali e sarà uno degli
elementi critici proprio nelle
valutazioni di tipo tecnico,
pratico ed economico.
29
Arrivo delle olive
Defogliazione e lavaggio
Frangitura
Gramolatura
Estrazione
Sansa
Sansa Umida Sansa
Centrifugazione
30
3 SOTTOPRODOTTI DELL’INDUSTRIA OLEARIA E NORMATIVA
I sottoprodotti dell’attività del frantoio, che opera con i sistemi della pressione o della
centrifugazione a tre fasi sono i seguenti: foglie di olivo; sansa vergine di oliva; acqua
di vegetazione delle olive; nocciolino. Nel caso della lavorazione delle olive con il
sistema della centrifugazione a due fasi, invece, i sottoprodotti dell’oleificio saranno gli
stessi sopra elencati, tranne l’acqua di vegetazione.
31
della centrifugazione a tre fasi. Le AV sono il principale sottoprodotto dei processi
tradizionali e processi a tre fasi e, allo stesso tempo, il più critico dal punto di vista
ambientale sia per le concentrazioni di inquinanti che contengono sia per l’ingente
quantità che viene prodotta, pari quasi alla totalità in peso delle olive trattate. Esse sono
costituite dalla frazione liquida, separata per centrifugazione, del mosto oleoso e dalle
acque di lavaggio nonché dalle acque di diluizione della pasta, nel caso di processo a
centrifgazione. Il lavaggio delle olive, che si effettua mediante apposita macchina dopo
la defogliazione, richiede l’impiego di acqua potabile e il volume finale delle acque
residuate dall’operazione ammonta a circa il 10% della quantità giornaliera di olive
poste in lavorazione. Questo sottoprodotto viene, in genere, miscelato con l’acqua di
vegetazione prodotta dall’oleificio e ne segue la via dell’utilizzazione prevista che, nel
caso degli oleifici italiani, è per lo più quella dello spargimento controllato sul terreno
agrario, così come consentito e regolato dalla legislazione vigente.
32
peso delle drupe lavorate; nel processo di estrazione a tre fasi, invece, il contributo
aggiuntivo di acqua necessaria a fluidificare il mosto porta ad una produzione di acque
pari al 90-120% in peso rispetto alla drupa lavorata[22].
-TOC (Total Organic Carbon) in italiano Carbonio Organico Totale, è una misura della
quantità di carbonio legato in un composto organico ed è spesso utilizzato come
indicatore non-specifico della qualità delle acque o nell'analisi dei fumi dei processi di
combustione [24]. Di solito viene espresso in termini di percentuale in peso (wt%)
rispetto ad un determinato composto o soluzione.
33
normalmente espresso in milligrammi di ossigeno per litro di soluzione[mgO2/l]
consumati in cinque giorni [26]. Il BOD5 è una misura indiretta del contenuto di materia
organica biodegradabile presente in un campione d'acqua o soluzione acquosa ed è uno
dei parametri più in uso congiuntamente al COD e al TOC.
Una volta definiti questi parametri è possibile passare alla trattazione delle
caratteristiche chimico-fisiche delle AV.
34
Table 4 Variazione dei costituenti delle AV nei processi centrifughi e tradizionali - M. Taccari, Utilizzazione dei
Reflui Oleari Bioconversioni mediante Fermentazione e Compostaggio di Acque di Vegetazione per la produzione di
Bio-Fertilizzanti, 2008.
In base a questi dati è possibile fare le seguenti osservazioni. Il pH risulta essere molto
basso a prescindere dal metodo di estrazione impiegato, questo si deve alla presenza
degli acidi organici presenti nelle olive, i quali partecipano alle reazioni di
fermentazione della materia organica: maggiore sarà il tempo di residenza delle AV e
minore sarà il pH poiché si raggiunge un maggior grado di fermentazione. Il pH basso
permette di classificare le AV come acque fortemente acide. I Sali presenti nella
soluzione si generano dalle reazioni biochimiche nelle olive e provengono
35
essenzialmente dal terreno, questo li rende particolarmente legati alla composizione
biologica, tipologia, posizione e agenti esterni del terreno in cui si trovano. Come
emerge da diverse indagini, gli elementi minerali maggiormente presenti sono il
potassio (200 mg/L per impianti a pressione e circa la metà per quelli a
centrifugazione), l’azoto (544-404 mg/L) e il fosforo (485-185 mg/L) mentre altri come
lo zinco, il cobalto, il piombo ed il rame hanno concentrazioni minori [27].
Gli elementi sopracitati non sono però responsabili della scarsa biodegradabilità delle
AV, lo sono invece altri composti organici come:
- Gli zuccheri. Sono le sostanze organiche prevalenti, presenti specialmente gli zuccheri
fermentescibili quali glucosio (70%), mannitolo (14%), fruttosio (10%), saccarosio
(5%), galattosio (1%) e cellulosa[20];
- Gli alcoli fenolici. Sono gli elementi più critici sia dal punto di vista ambientale, a
causa dell’azione fitotossica sulla microbiologia dei terreni e acque, sia da quello
industriale poiché presentano molte problematiche di processo soprattutto negli impianti
di smaltimento;
Questi composti organici sono responsabili dell’alto tasso di COD e BOD5 presenti
nelle AV, che sono di fondamentale importanza. Infatti un valore di COD troppo
elevato impedisce lo scarico diretto dei reflui in corsi di acqua superficiale o in
fognatura poiché i valori superano ampiamente quelli massimi previsti dalla normativa
vigente, la legge italiana consente lo scarico nei sistemi fognari di acqua il cui COD non
sia superiore a 500 mg/L mentre per lo scarico in acque superficiali il limite ammesso è
pari a 160 mg/L (D.Lgs.152/06 - Allegato 5 alla parte terza). Lo scarico delle acque di
vegetazione è uno dei problemi fondamentali a cui deve far fronte l’oleificio, infatti,
36
non potendolo scaricare nella fognatura urbana, per questioni logistiche ed economiche,
questi preferiscono rincorrere a vasche di raccolta (di solito interrate) dove stoccare il
refluo per tempi più o meno lunghi a seconda delle necessità. In questo frangente di
tempo la concentrazione di alcuni componenti organici facilmente fermentescibili può
diminuire anche notevolmente, per azione dei microrganismi aerobi ed anaerobi in
grado di decomporli. Questo sistema riscontra diverse problematiche, sia di gestione sia
economiche, giacchè il costo dello smaltimento si stima essere di circa 10 €/ton.
Come accennato prima, la gestione delle AV risulta particolarmente delicata dal punto
di vista della sostenibilità ambientale. Lo smaltimento di queste incontra infatti
numerosi ostacoli poiché, sebbene il carico inquinante sia modesto, lo spandimento sui
terreni viene impedito dall’enorme quantità prodotta in un ristretto lasso di tempo. Ciò
risulta dannoso sia per il terreno che viene contaminato con un’enorme inibizione
dell’attività biologica, che per le falde acquifere che verrebbero contaminate con un alto
tasso tossico. Purtroppo, nonostante i dati ambientali siano ben chiari, lo spandimento
sul terreno risulta ancora oggi la tecnica preferita per lo smaltimento delle AV per
esigenze sia pratiche che di costi legati agli impianti di depurazione. Soltanto negli
ultimi anni la normativa si è fatta più esigente nel controllo dello spandimento delle
acque di vegetazione, che deve essere monitorato e può avvenire nei tempi e modalità
descritte dal decreto regionale di appartenenza. Anche qui, per questioni pratiche e di
discontinuità dei controlli, l’osservanza di tale legge risulta difficoltosa e lo
sversamento difficilmente controllabile. La normativa vigente risulta pertanto
inadeguata a garantire la sostenibilità ambientale dello smaltimento.
37
possibile risorsa da ritrasformare in un elemento utile. Questa nuova concezione del
rifiuto che diventa risorsa sta apportando dei grossi cambiamenti nelle aziende che
vogliono tenersi al passo con le nuove politiche ambientali e che mirano a soddisfare un
pubblico ad esse interessato. Sono nate, come vedremo più avanti, moltissime
certificazioni ambientali e processi di valutazione che stanno modificando il concetto di
sostenibilità di un prodotto, azienda o processo produttivo. La tendenza negli ultimi
anni è quindi quella di cercare di riciclare le AV, limitando il più possibile lo
sversamento e cercando di trasformare il rifiuto in risorsa. Le acque di vegetazione,
attraverso opportune trasformazioni fisico-chimiche, possono essere trasformate in
prodotti ad alto valore chimico-energetico da una parte e, dall’altra, in un prodotto di
scarto con un carico inquinante pressoché nullo.
Nei laboratori ENEA, per esempio, sono stati brevettati due tipi di impianti per il
trattamento delle acque di vegetazione. Il primo, che vedremo più avanti nel dettaglio,
di M. Pizzichini e C. Russo, studia le tecnologie separative mediante membrana.
Tramite questo processo a membrane separative è possibile separare le AV, con
tecnologia di filtrazione tangenziale, in cinque frazioni liquide di composizione chimica
diversa. Le prime due frazioni, risultato della micro e ultra filtrazione, risultano
impoverite in polifenoli e possono essere destinate al processo anaerobico per produrre
energia (1 m3 produce, attraverso processi di cogenerazione del biogas, 99 kWh di
energia elettrica). Le frazioni 3 e 4 risultanti dalla nano filtrazione e dall’osmosi inversa
contengono le molecole bioattive antiossidanti che possono essere polverizzate e rese
stabili e commercializzabili (ad esempio per gli integratori alimentari). La quinta
frazione, ovvero il permeato di osmosi inversa, rappresenta circa il 70% in volume delle
AV grezze di partenza ed è costituita da un’acqua ultrapura, sterile e povera di sali, ma
ricca di potassio cloruro e quindi di interesse per l’industria delle bevande. Come
emerge da questo esempio si parte da un sottoprodotto da smaltire (AV) per produrre
molecole di interesse biomedico ed energia verde e trasformare un’acqua non potabile
in risorsa idrica bevibile e curativa. Questo tipo di trattamento è destinato soprattutto ad
un olio proveniente da agricoltura biologica, quindi privo di prodotti chimici che
possano alterare i sottoprodotti permeati impedendo la loro commercializzazione [11].
L’altro brevetto ENEA, di S. Tosti e M. Sansovini, offre una valida soluzione per
fronteggiare l’impatto ambientale delle AV, evitare i costi di smaltimento e
38
contemporaneamente produrre una miscela di gas combustibile: Cioè rende possibile
trasformare in risorsa energetica l’acqua di vegetazione. Nel processo le acque di
vegetazione vengono prima filtrate e concentrate e poi inviate in un reattore dove,
attraverso una reazione di reforming, viene prodotta la miscela gassosa. Nel caso venga
utilizzato un reattore a membrana è possibile separare direttamente idrogeno ultra puro e
ottenere rese di reazione molto elevate. L’energia necessaria ad alimentare il processo di
reforming, che incide notevolmente sui costi di gestione, può essere fornita dalla
combustione delle sanse, dalla combustione dei gas prodotti e dai recuperi termici delle
apparecchiature di processo.
Le risorse idriche
Le risorse energetiche
39
che possono comprendere processi ad alta temperatura, quali distillazioni o reazioni di
diffusione in membrane o altri. Di tale aspetto se ne parlerà in maniera più ampia e
dettagliata nei prossimi capitoli.
-Una diminuzione della stabilità degli aggregati indotta dalla porosità a cui è fortemente
legata; la successiva decomposizione dei polimeri organici deprime la capacità
stabilizzante della sostanza organica, per cui sono necessarie successive e oculate
somministrazioni di acque di vegetazione,
40
-Una diminuzione del pH (fino a 5) indotta dalle reazioni degli acidi organici. Bisogna
tener presente che il pH viene scarsamente influenzato se lo sversamento avviene
secondo i limiti di legge,
- Un aumento della conducibilità elettrica indotta dalla maggiore presenza di sali nelle
acque di vegetazione; può essere in alcune occasioni fonte di inquinamento poiché
altera sensibilmente la frazione liquido-solida del terreno [28].
Gli studi che hanno prodotto risultati così contrastanti hanno fatto nascere una diatriba
sulla possibilità di sversare liberamente le AV nel terreno. Questo dibattito è ancora in
atto e viene alimentato dalla duplice funzione microbiologicamente inibitoria e
fertilizzante delle AV. Esse, in relazione alla composizione della mistura e al terreno
trattato, possono prevalere complessivamente nell’uno o l’altro effetto. In generale,
comunque, si riscontra nella maggior parte degli studi un’attività fitotossica delle AV
nei primi mesi dello sversamento su terreni, dovuta soprattutto alla presenza dei
polifenoli che contrastano fortemente l’attività microbiologica (con un conseguente
abbassamento del pH) seguito da una fase successiva di effetto fertilizzante legata alla
decomposizione dei polifenoli e alla presenza di minerali ed elementi cardine per il
fissaggio di questi (ad esempio fosforo e molecole fissatrici di azoto). Tale descrizione
del fenomeno, per quanto veritiera, risulta però essere troppo semplicistica e non adatta
a descrivere il fenomeno nella sua completezza.
41
la trattazione in questione risultano di particolare interesse i polifenoli solubili in acqua i
quali sono anche responsabili di fenomeni di inibizione di germinazione, crescita e
sviluppo di diverse piante erbacee e fenomeni di eutrofizzazione. Dal punto di vista
macroscopico, infatti, è stato osservato un effetto erbicida in terreni trattati con reflui
oleari. Studiando poi la diffusione nel terreno è stata dimostrata la presenza di fenoli in
pozzi, anche profondi, localizzati in una zona ad elevata densità di piccoli e medi frantoi
dove lo sversamento dei reflui oleari nei campi è pratica comune. Le conseguenze dal
punto di vista microbiologico sono innumerevoli; l’apporto dei reflui di frantoio (e
quindi di polifenoli) nel terreno provoca inizialmente una generale diminuzione della
microflora totale, probabilmente dovuta alla presenza di composti batteriostatici e/o
battericidi per alcuni ceppi. In seguito si assiste ad una crescita della microflora che
raggiunge e supera i valori iniziali in un periodo variabile tra le 7 e le 15 settimane. Si è
rilevato comunque che, a dosi non eccessive (fino a 160 m3/ha), non si riscontrano
effetti negativi sulla reattività biologica complessiva dei suoli trattati. Inoltre è stato
evidenziato in alcune misurazioni la presenza di lieviti riconducibili alle AV
congiuntamente ad un arricchimento della popolazione di batteri azotofissatori liberi.
Gli azotofissatori liberi sono un importante fattore per la fertilità del terreno. Molti
ceppi azotofissatori sono infatti buoni produttori di regolatori di crescita, sostanze che
giocano un ruolo fondamentale nel metabolismo della pianta [28].
Da quanto detto si evince che i problemi connessi con la presenza dei polifenoli nel
terreno non è tanto legata ad un’azione tossica diretta nei confronti degli organismi
biologici, quanto agli effetti antiossidanti e batteriostatici, che possono influenzare i
cicli dei nutrienti organici e minerali presenti nel terreno.
42
da una parte, sono inibenti dei microorganismi, inibiscono l’attività delle cellule e di
altri enzimi e dei microorganismi responsabili della degradazione anaerobia delle acque
di vegetazione, dall’altra queste acque sono anche caratterizzate da un’elevata carica
inquinante a causa sia dell’alto contenuto in sali e in sostanza organica sia dell’elevata
acidità. Per tali motivi, la legge n° 319/76 (legge Merli) e successive, hanno vietato lo
scarico dei reflui in corsi d’acqua o nelle fognature urbane, se non dopo adeguata
depurazione. Infatti, nel primo caso le sostanze organiche contenute nelle acque reflue
sarebbero degradate a spese dell’ossigeno disciolto nel corpo d’acqua ricevente, che
così ne risulterebbe fortemente impoverito. In caso di immissione delle acque reflue in
fognatura si potrebbero verificare corrosioni, formazione di fanghi nelle strutture
fognarie, con pericolo di ostruzione totale o parziale, e soprattutto un cattivo
funzionamento, per sovraccarico, degli impianti di depurazione progettati e
dimensionati per il trattamento di soli scarichi civili. Per ridurre il potenziale inquinante
dei reflui sono stati proposti diversi sistemi di depurazione (incenerimento,
ultrafiltrazione, concentrazione, ecc.) che però non sono in grado di ridurre il tasso
inquinante ai livelli fissati dalle norme di legge a costi economicamente accessibili per
la maggior parte dei frantoi, che sono per lo più di piccole dimensioni, e che, comunque,
producono fanghi di difficile smaltimento. Gli elevati consumi energetici dei diversi
sistemi, inoltre, costituirebbero di fatto una causa di inquinamento. Anche il lagunaggio,
pur non richiedendo grossi investimenti, è difficilmente praticabile poiché è ad attività
molto lenta e può produrre cattivi odori che si diffondono su ampie superfici.
In seguito verranno illustrati i principali e più diffusi metodi di trattamento delle acque
di vegetazione.
43
Frascati, stanno valutando gli effetti della distribuzione dei reflui tal quali sul terreno
agrario (fertirrigazione).
Gli inconvenienti ipotizzati per tale tecnica sono collegati all’elevata acidità e all’alto
contenuto in sali ed in polifenoli, nonché alle possibili difficoltà nell’operazione di
spargimento con autobotti in caso di cattivo tempo e di difficile accesso al terreno. In
particolare, come detto prima, i composti fenolici sono caratterizzati da lenta
biodegradabilità e da un’azione antimicrobica che ostacola sensibilmente la naturale
riduzione del carico inquinante dei reflui e inibisce la germinazione, la crescita e lo
sviluppo di diverse piante erbacee (effetto erbicida). In relazione a tali possibili
inconvenienti, va però considerato che il suolo è un substrato ad elevata reattività in
quanto:
Diverse sperimentazioni [30] sul bacino del Mediterraneo hanno mostrato i seguenti
risultati.
Oltre alla presenza di sostanze potenzialmente tossiche per le piante, dannose per il
terreno o inquinanti per l’acqua di falda, un elemento da tener sempre presente quando
44
si pratica irrigazione con acque di qualità non eccellente è sicuramente la salinità. Dal
punto di vista quantitativo per salinità s’intende la concentrazione di sali solubili, che
esprime la quantità dei composti chimici presenti in forma ionica. La salinità, cioè la
concentrazione totale di sali solubili, può essere misurata direttamente in stufa (mg/L o
ppm) misurando i solidi totali disciolti (TDS, questo metodo è applicabile in assenza di
carbonati), oppure attraverso la misura della conducibilità elettrica della soluzione (EC,
mS cm-1 a 25 °C).
Nel terreno i sali solubili più comuni sono i cationi calcio (Ca2+), magnesio (Mg2+) e
sodio (Na+) e gli anioni cloro (Cl-), solfato (SO4 2-) e bicarbonato (HCO3-). A questi si
accompagnano, in molti terreni, quantità più ridotte di potassio (K+), ammonio (NH4+),
nitrato (NO3-) e carbonato (CO32-). Gli effetti dei sali sulle piante dipendono
dall’aumento della pressione osmotica della soluzione circolante nel terreno, oltre che
da fenomeni di fitotossicità. L’aggiunta di un sale ad una soluzione ne aumenta infatti la
pressione interna; la dissoluzione di sali nella soluzione circolante nel terreno comporta
quindi che l’acqua si venga a trovare ad una pressione globale (potenziale idrico del
terreno) superiore a quella che si aveva in precedenza o che si sarebbe avuta in assenza
di sali. Quando il potenziale idrico del terreno raggiunge valori superiori alla forza di
suzione, cioè alla forza con cui le piante possono assorbire, l’assunzione di acqua da
parte delle piante non è più possibile, e quanto maggiore sarà il potenziale idrico del
terreno, ovvero la tensione che agisce sulla soluzione circolante, tanto più difficile sarà
per le piante la nutrizione idrica. In altre parole quanto più salina sarà la soluzione, tanto
minore sarà l’acqua a disposizione delle piante, pur a parità di umidità del terreno [31].
La salinità non ha effetti solo sulle piante, ma anche sulle caratteristiche chimico-fisiche
dei terreni. L’impiego di acque anomale può provocare l’acidificazione o
l’alcalinizzazione di un terreno. L’acidificazione può derivare dalla presenza nelle
acque di agenti chimici, che possono essere anioni (solfati, borati, clorati) o composti
dello zolfo. L’alcalinizzazione, invece, deriva dall’impiego di acque saline (es. ricche di
sali di sodio, cloruri, carbonati e bicarbonati). Sono più suscettibili alla salinità i terreni
45
argillosi: i terreni più sciolti, infatti, sentono meno l’azione negativa dello ione sodio e
vengono più facilmente dilavati nei periodi piovosi, trattenendo meno i sali (Giardini e
Borin, 1988).
Da alcune prove è emerso che i reflui, anche in dosi molto elevate (400 m3/ha)
influenzano le caratteristiche del terreno essenzialmente nello strato superficiale (15
cm). Dopo la somministrazione delle acque di vegetazione il pH del terreno è diminuito
leggermente poi, dopo 3-4 mesi, è tornato alla normalità o a valori appena superiori.
Ciò è attribuibile a due effetti: uno permanente dovuto alla notevole quantità di potassio
contenuta nelle acque di vegetazione che, entrando nel complesso di scambio argilloso,
dà luogo a reazioni di idrolisi alcalina, e l’altro temporaneo dovuto all’abbondante
produzione di ammoniaca in seguito alla demolizione batterica delle sostanze organiche
apportate dalle acque stesse. L’innalzamento del pH è di notevole importanza in quanto
favorisce lo sviluppo di forme microbiche preposte alla produzione di nitriti e nitrati.
La formazione della crosta superficiale nel terreno è diminuita il che, riducendo
l’infiltrazione dell’acqua, aumenta i rischi di erosione. D’altra parte, sui terreni trattati,
non si sono manifestati cattivi odori.
Figure 15 Spandimento illegale delle AV a Brindisi - Corpo forestale dello Stato, Puglia
46
fenomeni di eutrofizzazione, specialmente nei corpi idrici recettori delle acque
superficiali [32]. Non avendo però una conoscenza certa degli effetti a lungo termine, la
Normativa impone una distanza della falda non inferiore ai 10 m di profondità, distanza
di rispetto dai centri abitati e dalle aree di captazione delle acque potabili, esclusione dei
terreni con colture ortive in atto, gelati, innevati, inondati o saturi d’acqua, adeguata
distanza (almeno 10 metri) dai corsi d’acqua e dagli arenili per le acque marino-costiere
e lacunali, non utilizzo in terreni caratterizzati da eccessiva pendenza (>15%), nei
boschi, ecc. (si veda L. 574/96 e DM 6 luglio 2005).
47
operare le separazioni richieste. I processi di separazione sono spesso diversi ma in
generale sono caratterizzati dal seguente principio di funzionamento: la soluzione da
trattare (alimento) attraversa la membrana che, fungendo da filtro, si lascia attraversare
dal permeato (o diluito) ma trattiene il retentato (o concentrato).
Nei centri ricerca ENEA di Frascati e Casaccia sono stati brevettati e messi a punto
processi a membrana di particolare interesse sia per la detriziazione (eliminazione del
trizio all’interno della soluzione nell’ambito del ciclo del combustibile per i reattori a
fusione nucleare sperimentali), sia processi di estrazione di polifenoli da acque di
vegetazione dell’industria olearia. La prima applicazione descritta interessa soprattutto
le membrane metalliche perpendicolari mentre la seconda applicazione fa uso delle
membrane tangenziali polimeriche e/o ceramiche oppure membrane metalliche [33].
Classificazione secondo:
- Il materiale costruttivo, in questo caso si avranno le membrane polimeriche (60°C),
ceramiche (100°C) o metalliche (800°C). La maggior parte delle membrane
polimeriche ha una buona resistenza a moderata variazioni di pH ma sono poco
resistenti nei riguardi dei solventi organici e del cloro oltre a presentare maggiori
problemi legati alla pulizia. Le membrane ceramiche sono meno reattive in termini
chimici, ma si sporcano più facilmente, soprattutto nello stadio di microfiltrazione.
- Il grado di selettività, che comprende sia la porosità della membrana stessa che la
forza motrice, ossia la pressione osmotica e quindi il gradiente di pressione della
membrana oltre che alla pressione nominale di lavoro a cui essa opera. Infatti i
processi si avvalgono di differenze di pressione più o meno elevate per consentire il
passaggio del permeato (costituito da acqua e da una parte delle sostanze in essa
disciolte) oltre la membrana stessa, attraverso le porosità che le costituiscono. In
base alle dimensioni dei fori i processi di filtrazione vengono denominati:
o Microfiltrazione (MF) con porosità nominale 100-200 Å e pressione operativa
fino a 5 bar. Con tali membrane si possono rimuovere particelle sospese, lieviti,
pigmenti, emulsioni e batteri; un processo con membrane MF, può sostituire il
trattamento di chiariflocculazione nel ciclo di potabilizzazione delle acque
grezze;
48
o Ultrafiltrazione (UF) con porosità nominale 20 -200 Å e pressione operativa fino
a 20 bar. Possono rimuovere colloidi, batteri, virus, zuccheri e proteine e vengono
utilizzate molto per la depurazione delle acque di vegetazione insieme a membrane
di nanofiltrazione e osmosi inversa;
o Nanofiltrazione (NF), porosità nominale 10 -20 Å e pressione fino a 50 bar.
Possono rimuovere gli ioni bivalenti;
o Osmosi inversa (OI) porosità nominale 1 - 10 Å e pressione operativa fino a 150
bar. Possono rimuovere ioni. L'osmosi inversa può essere utilizzata ad esempio
per la dissalazione a scopo potabile, per la depurazione di acqua a scopo
industriale e farmaceutico. Il permeato è costituito da acqua ultra pura con tracce
di Sali [34].
- MF: microfiltrazione
- UF: ultrafiltrazione
- NF: nanofiltrazione
- OI: osmosi inversa
1
Nella definizione e scelta delle specifiche di membrana vengono riportate come unità di misura delle dimensioni caratteristiche
il “cut off” (ossia della selettività specifica) di membrane (dimensione dei pori) sia il micron, che indica la lunghezza, sia l’angstrom
(Å, sottomultiplo del micron) che il dalton, che invece rappresenta un peso molecolare: non c’è una corrispondenza diretta tra le
due misure, ma sono utilizzate entrambe per indicare e classificare la tipologia di sostanze filtrate mediante le membrane.
50
Le membrane tangenziali
51
L'Enea ha sviluppato un processo di trattamento, incentrato sul frazionamento delle AV
con tecnologie di membrane, al fine di recuperare e riutilizzare separatamente la
componente polifenolica, il resto della sostanza organica e l'acqua. Una volta prodotte
dal processo di estrazione, le AV subiscono un processo di aggiustamento del pH in
campo acido (pH 3-4,5) per evitare un’eccessiva ossidazione (fermentazione) dei
polifenoli. L’acidificazione della soluzione avviene attraverso l’aggiunta del cloruro di
idrogeno e acido citrico. A questa segue un’operazione di idrolisi enzimatica tramite
aggiunta di un complesso enzimatico per rompere i legami tra sostanza organica e
polifenoli ed aumentare così la concentrazione dei polifenoli liberi in soluzione; il
tempo di residenza in questa fase è di 3-5 ore ad una temperatura di 30-45 °C.
52
Figure 18 Schema di processo del brevetto Pizzichini con relative quantità separate.
Tuttavia una forte limitazione di tale impianto è legata all’alta variabilità della soluzione
di AV in ingresso; in particolare l’utilizzo di AV provenienti da colture trattate con
pesticidi impedisce l’estrazione delle soluzioni concentrate in polifenoli rendendo di
fatto insostenibile tale soluzione. Dunque questo tipo di impianto si dimostra essere
adatto esclusivamente per elaborare AV provenienti da coltivazioni di tipo biologico
[11].
53
3.3.1.4 Reattori termochimici per il trattamento delle AV
Come visto, quindi, il processo Pizzichini presenta delle limitazioni non trascurabili,
soprattutto per la richiesta di utilizzare olive provenienti da una filiera assolutamente
biologica. Questo impedisce quindi che il processo possa essere addottato da tutti i
frantoi di piccole e medie dimensioni. Inoltre, dalle analisi tecnico-economiche svolte,
emerge anche che la filtrazione tramite osmosi inversa risulta molto dispendiosa e non
conveniente economicamente [3].
Per questi motivi, nei laboratori di Frascati, è stata proposta un’alternativa, con una
modifica concettuale di base: mentre nell’impianto precedentemente proposto
l’attenzione veniva posta sull’interesse merceologico del retentato, con il nuovo
processo l’interesse viene posto sull’utilizzo di questo come fonte per produrre syngas
(energia verde) attraverso reazioni di reforming. Si rimanda per i dettagli del processo al
paragrafo 1 del capitolo 5.
Per dimensionare e avere tutti gli strumenti per indentificare una membrana da catalogo
è necessario calcolare [36]:
- VR, ovvero la percentuale di riduzione di volume, è una grandezza derivata dal VCR
ed indica la percentuale di riduzione del permeato rispetto all’alimento;
54
- R, cioè la ritenzione. Indica l’efficienza della membrana nel trattenere una particolare
specie.
Indicando con CA la concentrazione della specie nell’alimento e con CP la
concentrazione della specie nel permeato si ha:
- Flusso, consiste nella definizione della portata espressa per unità di superficie (L/m2h)
del permeato; praticamente si tratta di una velocità di permeazione e dipende dal
particolare tipo da membrana, quindi è un valore valutabile sperimentalmente.
Con
-v1: Volume molare del solvente
-x: Frazione molare del soluto
-R: Costante dei gas
-T: Temperatura della soluzione (°K)
55
pochi bar nella UF e MF, qualche decina di bar nella NF, fino al centinaio di bar per OI
a seconda della pressione osmotica della soluzione.
56
della lunghezza dell’ordine del metro, attraversati da più canali del diametro di qualche
millimetro e forma varia. I contenitori alloggiano più monoliti costituendo quindi
un’unica unità operativa.
57
uscendo dalla parte opposta. Il permeato che ha attraversato la membrana viene raccolto
nel tubo centrale e convogliato all'esterno.
I polifenoli presenti nei reflui oleari, a causa delle loro caratteristiche anti-ossidanti e
anti-microbiche, limitano fortemente i fenomeni degradativi oltre ad essere responsabili
dell’inibizione di germinazione, crescita e sviluppo delle diverse piante erbacee [38]. La
rimozione di queste sostanze aromatiche deve essere effettuata in modo selettivo senza
abbattere altre sostanze organiche che contribuiscono alla produzione di biogas.
Molteplici vantaggi si possono avere da un’azione combinata tra processo anaerobico, a
monte, e aerobico, a valle. Il digestato in uscita dall’impianto è semistabilizzato con
58
conseguente riduzione della carica patogena e delle emissioni di sostanze odorifere;
inoltre il calore generato dalla fase anaerobica può essere sfruttato per le esigenze
energetiche del processo aerobico, che permette la riduzione della CO2 emessa [39].
59
Il processo di digestione anaerobica è schematicamente illustrato in figura 22.
Sostanza
organica
-Carboidrati
-Proteine
-Lipidi
100%
75%
-Acidi grassi
20% 5%
-Alcoli,ecc.
Batteri acetogenici
Acetat 52% 23% H2+CO
i 2
Batteri omoacetogenici
CH4+C CH4+CO2
O2
60
Lo Schema di flusso quantitativo dei diversi cammini metabolici del processo di
digestione anaerobica è schematicamente illustrato in figura 23.
Acido
acetico
Figure 23 Schema di flusso quantitativo dei diversi cammini metabolici nel processo di DA - Metcalf e Eddy, 1991
61
economici e produttivi. Ognuna di esse, infatti, trova applicazioni pratiche in ambiti
diversi a seconda delle matrici trattate, delle tecnologie adottate e dei prodotti ottenibili.
Si è visto come le AV siano d’interesse per i vari settori d’impiego oltre a quello
agricolo (le industrie mangimistiche, farmaceutiche, cosmetiche, alimentari, floro-
vivaistiche e il comparto energetico). La scelta verso una tecnologia di trattamento
piuttosto che un'altra deve essere dettata da un’analisi attenta sia delle tipologie di
sottoprodotti disponibili in loco (a livello sia di singola azienda sia di comprensorio) che
delle possibilità d’impiego presenti (sia diretto in azienda o agricoltura che altri
eventuali mercati di sbocco). La necessità quindi di mettere a disposizione di un’utenza
diffusa sistemi di trattamento dei reflui oleari semplici, affidabili, flessibili e di facile
gestione, ha orientato, negli ultimi anni, l’indagine verso l’uso dei processi, soprattutto
biologici che garantiscano la sostenibilità e l’integrazione dei reflui in un sistema
sinergico ed efficiente.
3.4 LE SANSE
La sansa di oliva, che consiste nel residuo solido ottenuto dalla pasta di olive, ha
rappresentato, soprattutto nel passato e ancora oggi, il sottoprodotto più importante per
l’oleificio poiché le sue caratteristiche possono essere tali da renderla utilizzabile quale
materia prima per l’estrazione dell’olio di sansa, mediante solvente, da parte dei
sansifici. Fino agli anni Sessanta, quando l’unico sistema di lavorazione delle olive era
quello della pressione, la destinazione della sansa, infatti, era l’industria estrattiva
dell’olio di sansa (il sansificio) che, acquistando il sottoprodotto, assicurava all’oleificio
un reddito aggiuntivo. Con l’introduzione, nel settore della trasformazione delle olive,
del sistema continuo di centrifugazione a 3 fasi, tuttavia, le caratteristiche della sansa di
oliva cambiarono in maniera tale che il suo valore commerciale si ridusse al punto da
non rappresentare più un reddito per il frantoio. La perdita di valore della sansa di oliva
divenne ancora più marcata con la comparsa, nel frantoio oleario, dei decanter a 2 fasi,
da cui si ottiene un sottoprodotto solido molto umido, di consistenza melmosa e non
accettata dal sansificio.
La sansa è costituita dalle pellicole della buccina, dai noccioli e dai residui della polpa.
Dal punto di vista qualitativo le sanse possiedono caratteristiche abbastanza simili sia
che provengano da impianti a pressione sia da impianti a centrifuga. Le differenze di
62
questi tipi di sanse riguardano un ristretto numero di costituenti la cui variabilità,
dipendente dal particolare processo adottato, condiziona fortemente la consistenza del
sottoprodotto. Risulta utile la definizione di alcuni termini di seguito riportati, si
vedranno quindi le caratteristiche di questi prodotti.
- Sansa Vergine: Sanse di prima spremitura ossia che non hanno subito alcun
trattamento dopo la produzione; contengono numerosi composti organici e inorganici di
origine vegetale molti dei quali di origine oleosa ma non contengono additivi.
- Sansa Umida (Alperujo): Pasta umida derivante dal sistema di centrifugazione a due
fasi impiegato per l’estrazione dell’olio di oliva.
- Sansa Esausta: Sansa che ha subito lavorazioni successive alla prima spremitura e da
cui è stata estratta la componente oleosa che costituisce l’olio di sansa; è un prodotto
granulare e fibroso che resta dopo la disoleazione della sansa grezza costituto da lignina
e cellulosa, ha buone caratteristiche ai fini della combustione nelle caldaie e può essere
compostato, bruciato, impiegato per il riscaldamento, come integratore in mangimistica
o smaltito sull’oliveto [41].
63
provenienti dai sistemi continui, che da quelli tradizionali, vengono portate nei
sanseifici, vengono sottoposte a una lavorazione che, mediante l’uso di esano, permette
di estrarre l’olio in esse ancora contenuto. Il processo produttivo prevede una fase di
essiccazione, che porta l’umidità residua della sansa all’8-12%, una fase di estrazione
dell’olio mediante solvente, seguita dalla distillazione, per recuperare il solvente, ed una
raffinazione dell’olio estratto per farlo divenire commestibile. La sansa esausta, invece,
viene usata soprattutto come combustibile. L'olio di sansa viene successivamente
raffinato per essere utilizzato ai fini alimentari in miscela con olio vergine d'oliva [42]
Nelle sanse inoltre c’è una componente residua anche di polifenoli la cui presenza si
manifesta maggiormente negli impianti a due fasi; tale conclusione risulta di facile
deduzione poiché la sansa esausta del processo a due fasi è costituita dalla pasta
integrale semplicemente disoleata e non diluita come invece avviene per il processo a
tre fasi in cui la centrifugazione verticale permette l’eliminazione dei polifenoli
concentrandoli nell’acqua di vegetazione. Inoltre, come accennato, il processo a tre fasi
genera una minore quantità di sansa, che risulta anche meno umida. Le sanse esauste
degli impianti a tre fasi sono povere in polifenoli, perciò le misture di questo tipo sono
caratterizzate da un odore sgradevole indotto
da un’attività di fermentazione abbastanza
stabile e presenta una colorazione bruna.
Tuttavia questa si dimostra essere
maggiormente versatile poiché può essere
lavorata con facilità e presenta maggiori
opportunità di valorizzazione. Dalle tabelle 6
e 7 è possibile confrontare le caratteristiche di
Figure 24 Sansa immagazzinata all'esterno di un sanse esauste d’impianti di centrifugazione a
frantoio in Sicilia – Fonte AIPO
due e tre fasi e tradizionale.
64
Table 6 Dr. Giuseppe D’Angelo – Caratterizzazione della sansa di oliva mediante tecnica diagnostica non invasiva
NIRS
Table 7 Dr. Giuseppe D’Angelo – Caratterizzazione della sansa di oliva mediante tecnica diagnostica non invasiva
NIRS
65
esempio, oltre ai costi di trasporto e smaltimento/recupero, anche ai costi inerenti
all’osservanza delle norme dettate in tema di documentazione per i produttori di rifiuti
speciali, o anche all’obbligo di trasportare i rifiuti con veicoli adibiti esclusivamente a
tale scopo; tale obbligo applicato a materie naturali e non pericolose come la sansa può
risultare davvero sproporzionato e privo di senso oltreché molto costoso.
Come detto prima, le sanse risultano molto versatili per i trattamenti, effettuati
attraverso uno dei seguenti processi:
3.5 IL NOCCIOLINO
Il nocciolino è la parte legnosa e più rigida che si trova al centro dell’oliva. Esso è
importante durante la frangitura, soprattutto quella tradizionale con le molazze, perché
favorisce la rottura delle membrane e quindi la fuoriuscita dell’olio. In molti oleifici,
alla fine del processo, la sansa esausta viene ammucchiata all’aperto, il nocciolino viene
estratto da essa e successivamente stoccato in sacchi “big-bag” per poi essere venduto,
rappresentando buona parte del fatturato dell’oleificio. Infatti, il nocciolino, è
caratterizzato da un’alta densità di lignina e si presta bene a essere bruciato. Inoltre il
nocciolino, legato alla sansa, conferisce a quest’ultima buone proprietà termiche
rendendola utilizzabile come combustibile, previo essiccamento.
66
3.6 ASPETTI NORMATIVI PER LO SCARICO DEI REFLUI (D.L. 07/2015)
La legislazione vigente relativa al trattamento dei reflui oleari è regolata dal decreto del
Ministero delle Politiche Agricole e Forestali del 6 luglio 2005; tale decreto istruisce sui
“Criteri e sulle norme tecniche generali per la disciplina regionale dell’utilizzazione
agronomica delle acque di vegetazione e degli scarichi dei frantoi oleari”.
La disciplina generale degli scarichi è contenuta nella parte terza, titolo III, Capo III del
decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152. Tale decreto, che riorganizza in un unico testo
tutta la normativa in materia ambientale, sostituisce, per quanto riguarda la tutela delle
acque e la gestione delle risorse idriche la previgente disciplina rappresentata dal D.Lgs
152/99.
Il D.Lgs 152/2006, classifica anche gli scarichi in tre categorie, in base alla qualità dei
reflui scaricati, per poterne differenziare il relativo regime. Queste sono:
67
3.6.1 Riferimenti normativi
La normativa integra il Decreto legislativo 152/99 che, a sua volta, recepisce la direttiva
91/676/CEE (Direttiva Nitrati) dell’Unione Europea. Quanto disciplinato in questo
decreto ministeriale “concerne l’intero ciclo (produzione, raccolta, stoccaggio, trasporto
e spandimento) dell’utilizzazione agronomica delle acque di vegetazione dei frantoi
oleari e delle sanse umide”. Al D.L. 152/99 fa anche riferimento il Decreto ministeriale
del 06/07/2005 sui “Criteri e norme tecniche generali per la disciplina regionale
dell'utilizzazione agronomica delle acque di vegetazione e degli scarichi dei frantoi
oleari, di cui all'articolo 38 del Decreto Legislativo 11 maggio 1999, n. 152”
2. Qualora vi sia effettivo rischio di danno alle acque, al suolo, al sottosuolo o alle altre
risorse ambientali, accertato a seguito dei controlli eseguiti ai sensi del comma 2
dell'articolo 3, il sindaco con propria ordinanza può disporre la sospensione della
distribuzione al suolo oppure ridurre il limite di accettabilità
Mentre il D.M. del 06/07/2005 aggiunge che “Lo spandimento delle acque di
vegetazione e delle sanse umide deve essere praticato nel rispetto di criteri generali di
utilizzazione delle sostanze nutritive ed ammendanti e dell’acqua in esse contenute che
tengano conto delle caratteristiche pedogeomorfologiche, idrologiche ed agroambientali
del sito e che siano rispettosi delle norme igienico-sanitarie, di tutela ambientale ed
urbanistiche.”
68
della componente solida presente nelle acque di vegetazione. Per questo motivo la legge
152/99 prevede dosi massime diversificate secondo il metodo di estrazione adottato: 50
m3/ha le acque di vegetazione prodotte da impianti a ciclo tradizionale e 80 m3/ha per
acque di vegetazione originate da impianti a ciclo continuo. Per tutelare l’ambiente la
normativa vieta anche lo spandimento nel periodo delle piogge, poiché porterebbe ad
una diffusione delle sostanze contenute nelle AV fino alle falde acquifere; in tal senso la
legge detta le linee guida sulla base delle quali le regioni dovranno emanare ordinanze
specifiche.
Per quanto riguarda le sanse, la legge n. 748 del 1984, nel punto 4 dell’articolo 1 nella
definizione del termine “fertilizzante” comprende prodotti minerali, organici e organo–
minerali, che si suddividono in “concimi” e “ammendanti e correttivi”. Definisce le
sanse come un ammendante vegetale semplice non compostato (quindi applicata al
terreno senza specifici limiti quantitativi) se risponde ai requisiti di umidità (massimo
50%), pH (compreso tra 6 e 8,5), carbonio organico sul secco (minimo 40%), azoto
organico sul secco (almeno 80% dell’azoto totale), rame totale sul secco (massimo 150
ppm), zinco totale sul secco (massimo 500 ppm), contenuto in torba sul tal quale
(massimo 20% sul tal quale). Sono altresì fissati i seguenti tenori massimi in metalli
pesanti, espressi sulla sostanza secca: piombo totale 140 ppm, cadmio totale 1,5 ppm,
nichel totale 50 ppm, mercurio totale 1,5 ppm [41].
69
2. Le regioni possono stabilire ulteriori divieti in prossimità di strade pubbliche […] o in
ottemperanza a strumenti di pianificazione di bacino o piani di tutela regionale, nonché
per riposo temporaneo di siti ove le acque di vegetazione e le sanse umide siano state
distribuite per diversi anni consecutivi.
3.6.4 Autorizzazioni
Le autorizzazioni per lo spandimento delle AV e delle sanse è previsto previa
comunicazione annuale da parte del responsabile dell’oleificio il quale deve far
pervenire, almeno 30 giorni prima, una richiesta di spandimento al sindaco del comune
di riferimento. La comunicazione deve essere redatta secondo le indicazioni del decreto
del 6 Luglio 2005. L’attività di spargimento deve essere disciplinata dalla regione di
riferimento “garantendo nel contempo la tutela dei corpi idrici potenzialmente
interessati e in particolare il raggiungimento o il mantenimento degli obiettivi di qualità
di cui al presente decreto”[41]. Inoltre l’articolo 6 del D.M. introduce l’obbligo di un
registro di lavorazione: “In ogni frantoio che produce e intende avviare allo
spandimento sul terreno le acque di vegetazione e le sanse umide deve essere presente
un registro di lavorazione contenente almeno i seguenti dati relativi alle operazioni di
molitura mensili: a) totale olive entrate (in kg); b) totale olive molite (in kg); c) totale
olio ottenuto (in kg); d) totale sansa ottenuta in base alle percentuali relative alle singole
tipologie d’impianto (in kg).
3.6.5 Stoccaggio
L’articolo 5 regola lo stoccaggio e il trasporto delle acque di vegetazione. Lo stoccaggio
delle acque di vegetazione, destinate all’utilizzazione agronomica, è permesso per un
periodo di tempo massimo di 30 giorni. Nelle fasi di stoccaggio e trasporto delle acque
70
di vegetazione è vietata la miscelazione delle stesse con effluenti zootecnici,
agroindustriali o con i rifiuti di cui al decreto legislativo n. 152 del 2006. 4.
Per calcolare la capacità minima dei contenitori di stoccaggio delle acque di vegetazione
si fa riferimento ai seguenti parametri: a) volume delle acque di vegetazione
comprensivo delle acque di lavaggio delle olive, prodotte in 30 giorni sulla base della
potenzialità effettiva di lavorazione del frantoio nelle 8 ore; b) apporti delle
precipitazioni, che possono incrementare il volume delle acque se non si dispone di
coperture adeguate; c) franco di sicurezza di almeno 10 centimetri. Nelle fasi di
trasferimento e stoccaggio delle acque di vegetazione, le regioni individuano gli
accorgimenti tecnici e gestionali atti a limitare le emissioni di odori molesti e la
produzione di aerosol e stabiliscono i tempi e le modalità di gestione e conservazione
della documentazione relativa al trasporto. Lo stoccaggio ed il trasporto delle sanse
umide è regolato dall’articolo 6 e prevede una regolamentazione del tutto equivalente a
quanto riportato nell’articolo 5 [43].
Secondo quanto stabilito dall’articolo 8 del decreto del 6 luglio 2005, denominato
“Inosservanza delle norme tecniche per l’utilizzazione agronomica”, le regioni
prevedono l’adozione di sanzioni che prevedono anche interdizioni secondo la gravità
delle violazioni per le ipotesi d’inosservanza delle norme tecniche stabilite dalle
medesime [44].
71
Table 8 Tabella riassuntiva del quadro normativo vigente.
72
Questa breve panoramica della normativa di riferimento per i sottoprodotti dell’industria
olearia mette in luce quanto sia oneroso, in termini economici ma anche di tempo e di
risorsa umana, l’attuazione di uno smaltimento a norma di legge. Per questo, e anche
per la stagionalità della produzione e della manodopera spesso non sufficiente, lo
smaltimento illegale dei reflui oleari, in modo non controllato e oltre i limiti di legge,
costituisce oggi una diffusa alternativa all’attività di regolare utilizzazione agronomica.
Questa pratica genera gravi danni per l’ambiente e per i depuratori comunali che vanno
in avaria a causa del sopraggiungere improvviso di tali riversamenti a monte nel sistema
fognario con problemi gravi di intasi. Infatti spesso singoli soggetti committenti e
singoli trasportatori, onde evitare di raggiungere i siti di gestione autorizzati, riversano i
reflui oleari in tombini, pozzi, fiumi o terreni in modo disarticolato e puntiforme sul
territorio;
73
La legge è composta da 6 parti distinte secondo le seguenti macro aree:
La trattazione relativa alle AV si trova nella sezione in materia di difesa del suolo (parte
terza); le acque, su disposizione della legge 152/99, classifica le AV come refluo
industriale. Dunque i valori limiti ammissibili per lo sversamento delle acque di
vegetazione fanno riferimento alla Tabella 9 estrapolata dagli allegati della sezione di
riferimento.
Tra tutti i valori, quelli di maggior interesse (poiché sono i più critici) per la valutazione
delle AV considerando lo sversamento in fognatura, sono:
Qualsiasi AV trattata che abbia valori sopra la soglia specificata non può essere sversata
in fognatura. Come vedremo, solamente un trattamento per distillazione oppure con
processo a membrana permette di rientrare in tali limiti.
74
Table 9 Limiti superiori delle acque reflue adatte allo sversamento in fogna o su terreno.
Solidi speciali
mg/L ≤80 ≤200
totali
75
Solfiti (come mg/L ≤1 ≤2
Solfati (come SO4)
mg/L ≤1000 ≤1000
[3]
Cloruri [3] mg/L ≤1200 ≤1200
Fluoruri mg/L ≤6 ≤12
Fosforo totale mg/L ≤10 ≤10
Azoto mg/L ≤15 ≤30
Azoto nitroso mg/L ≤0,6 ≤0,6
Azoto nitrico mg/L ≤20 ≤30
Grassi e olii mg/L ≤20 ≤40
Idrocarburi mg/L ≤5 ≤10
Fenoli mg/L ≤0,5 ≤1
Aldeidi mg/L ≤1 ≤2
Solventi mg/L ≤0,2 ≤0,4
Solventi mg/L ≤0,1 ≤0,2
Tensioattivi mg/L ≤2 ≤4
Pesticidi mg/L ≤0,10 ≤0,10
Pesticidi totali mg/L ≤0,05 ≤0,05
Tra cui:
- aldrin mg/L ≤0,01 ≤0,01
- dieldrin mg/L ≤0,01 ≤0,01
- endrin mg/L ≤0,002 ≤0,002
- isodrin mg/L ≤0,002 ≤0,002
Solventi mg/L ≤1 ≤2
Escherichia coli UFC/ 1
Nota
[4] 00mL
Il campione non è
Il campione non e accettabile
accettabile
quando
quando dopo 24 ore il
dopo 24 ore il numero degli
Saggio di tossicità numero
organismi
acuta degli organismi
immobili è uguale o
immobili uguale o maggiore
maggiore: è del 80%
del
del totale
50% del totale
76
4 CASE STUDY: ANALISI AMBIENTALE DEL FRANTOIO
FONTANA LAURA
Nel ambito dell’industria olearia si incontrano spesso diverse realtà: alcune riguardano
la scelta del metodo di estrazione, dei tempi e delle temperature del processo; altre i
metodi di smaltimento dei sottoprodotti.
Per valutare l’impatto ambientale del processo produttivo dell’olio di oliva è stata scelta
la metodologia LCA (Acronimo di “Life Cycle Assessment” o, in italiano, "valutazione
del ciclo di vita"). Il motivo di questa scelta è dato dal fatto che la LCA è una
metodologia che può essere usata per valutare, calcolare e quantificare l'impatto
ambientale di un prodotto, di un servizio o anche di un’azienda e presenta due
caratteristiche salienti. La prima è l'idea di considerare l’intero ciclo vitale di un
prodotto o l’intera catena di valore di un business. Essa può iniziare con l'estrazione
delle materie prime fino al termine della vita del prodotto, attraverso tutte le fasi
intermedie (ad esempio utilizzo, imballaggio o trasporto) oppure può focalizzarsi solo
su una fase specifica della produzione, come in questo caso. La seconda caratteristica
consiste nella valutazione dell'impatto ambientale in funzione di una serie di indicatori:
cambiamento climatico (emissioni di GreenHouse Gas), risorse (energia, materie
prime), acqua, biodiversità e salute umana. È fondamentale tener presente che la LCA è
una metodologia scientifica e che tutto ciò che si valuta viene quantificato. Si tratta
quindi di un approccio scientifico per valutare gli impatti e usarli come base per
prendere decisioni informate sulle differenti opzioni disponibili [46]
77
Questo strumento permette, quindi, di gestire in modo trasparente l’analisi del sistema
oggetto di studio e di comprendere, ripercorrere ed eventualmente criticare l’iter che ha
portato a determinate conclusioni.
L’analisi del ciclo di vita rappresenta un supporto fondamentale allo sviluppo di schemi
di Etichettatura Ambientale: nella definizione dei criteri ambientali di riferimento per un
dato gruppo di prodotti (etichette ecologiche di tipo Ecolabel), o come principale
strumento atto a ottenere una Dichiarazione Ambientale di Prodotto [47]. La
Dichiarazione Ambientale di prodotto (EPD, Environmental Product Declaration) è una
etichettatura ambientale che restituisce in modo uniformato e confrontabile i risultati
della LCA, per garantire la confrontabilità dei dati, l’accessibilità e la diffusione
dell’informazione ambientale [48]. Con l’EPD, sia il prodotto merce o servizio, le
aziende hanno la possibilità di comunicare le proprie strategie e l'impegno a orientare la
produzione nel rispetto dell'ambiente valorizzando il prodotto stesso. Questa etichetta
utilizza la Valutazione del Ciclo di Vita (LCA - Life Cycle Assessment) come
metodologia per l'identificazione e la quantificazione degli impatti ambientali.
L'applicazione della LCA deve essere in accordo con quanto previsto dalle norme della
serie ISO 14040, in modo da garantire l’oggettività delle informazioni contenute nella
dichiarazione [47].
78
Da questo emerge l’attualità della LCA, la nuova metodologia la cui caratteristica
fondamentale è costituita dal modo assolutamente nuovo di affrontare l’analisi dei
sistemi industriali: dall’approccio tipico dell’ingegneria tradizionale, che privilegia lo
studio separato dei singoli elementi dei processi produttivi, si passa ad una visione
sistemica, in cui tutti i processi di trasformazione, a partire dall’estrazione delle materie
prime fino allo smaltimento dei prodotti a fine vita, sono presi in considerazione in
quanto partecipano alla realizzazione della funzione per la quale essi sono progettati.
Quest’impostazione di studio del sistema produttivo fa parte di una cultura più ampia
che pensa la produzione industriale dal punto di vista del concetto di sviluppo
sostenibile, fase basilare di un possibile nuovo modello d’organizzazione e management
non solo del sistema produttivo, i cui obiettivi sono la conservazione delle risorse
naturali e la minimizzazione degli effetti delle attività antropiche sull’ambiente.
In linea teorica uno studio di LCA dovrebbe comprendere tutte le fasi del ciclo di vita.
Molto spesso questo richiede un eccessivo dispendio di risorse, si può allora decidere di
limitare lo studio ad alcune fasi avendo l’accortezza di specificare quali sono i confini
del sistema considerato e conseguentemente quali i processi trascurati e perché.
79
- UNI EN ISO 1044:2006 - Gestione ambientale - Valutazione del ciclo di vita -
Requisiti e linee guida.
80
L’operazione viene effettuata moltiplicando i pesi delle sostanze emesse o
consumate nel processo in esame per i relativi fattori di caratterizzazione, propri
di ogni categoria di impatto (modello di caratterizzazione). Il fattore di
caratterizzazione misura l’intensità dell’effetto della sostanza sul problema
ambientale considerato, ed è stabilito da un’Authority sulla base di
considerazioni di carattere puramente scientifico. Il risultato della fase di
caratterizzazione è il profilo ambientale, costituito da una serie di punteggi
d’impatto ambientale relativi a ciascuna categoria, ottenuti sommando tra loro
tutti i contributi ottenuti. Solitamente viene rappresentato graficamente
attraverso una serie di istogrammi.
- Normalizzazione. I valori ottenuti dalla caratterizzazione vengono
normalizzati, divisi, cioè, per un “valore di riferimento” rappresentato
generalmente da dati medi su scala mondiale, ecc. Attraverso la normalizzazione
si può stabilire quindi l’entità dell’impatto ambientale del sistema studiato
rispetto a quello prodotto nell’area geografica prescelta come riferimento.
- Valutazione. L’obiettivo è poter esprimere, attraverso un indice ambientale
finale, l’impatto ambientale associato al prodotto nell’arco del suo ciclo di vita.
Scala Effetto
Globale Effetto serra
Assottigliamento della fascia di ozono
Consumo delle risorse non rinnovabili
Regionale Acidificazione
Eutrofizzazione
Formazione di smog fotochimico
Tossicità cronica
Locale Effetti sulla salute dell’uomo
Degradazione dell’area
81
I valori degli effetti normalizzati vengono perciò moltiplicati per “fattori peso”
della valutazione, relativi alle varie categorie di danno, che esprimono
l’importanza intesa come criticità, attribuita a ciascun problema ambientale.
Sommando i valori degli effetti così ottenuti si ottiene un unico valore
adimensionale, l’ecoindicatore, indice ambientale finale, che quantifica l’impatto
ambientale associato al prodotto.
4. L’interpretazione dei risultati:
I risultati delle fasi precedenti vengono sintetizzati, analizzati, controllati e
discussi in accordo con l’obiettivo dello studio, per giungere a conclusioni ed
indicazioni che consentano di migliorare le prestazioni ambientali del sistema-
prodotto analizzato.
- ReCiPe;
- CML 2 baseline 2000; (quello basico, scelto per lo studio)
- CML 2001 (all impact categories);
- EPD (2008);
- Eco-indicator 99;
- Ecological Scarcity 2006;
82
4.2 DEFINIZIONE DELL’OBIETTIVO E DEL CAMPO DI APPLICAZIONE
DELLO STUDIO
L’obiettivo di questa sezione dello studio è quello di valutare l’impatto ambientale del
processo produttivo dell’olio e confrontarlo con l’impatto ambientale che si avrebbe nel
caso fossero presenti, nel frantoio stesso, degli impianti di trattamento delle acque di
vegetazione. In questo modo, sarà facilmente individuabile la convenienza, o meno, dal
punto di vista ambientale della presenza di un impianto di trattamento.
L’oleificio Fontana Laura è un'azienda a gestione familiare, nel settore della spremitura
delle olive dal 1928. Durante i mesi di raccolta intensa il frantoio lavora 24h/24h e conta
con un numero di personale massimo di 25 persone. L’azienda produce olio sia con un
sistema di lavorazione delle olive di tipo tradizionale, con macine di granito e
spremitura a freddo, che con un moderno sistema di estrazione continua tramite
centrifugazione. Entrambi i metodi garantiscono la massima qualità del prodotto finale.
In questo studio verrà preso in considerazione solo il trattamento continuo con
centrifugazione, essendo quello più utilizzato.
Inquadramento geografico
Il Frantoio Fontana Laura si trova nel Lazio, a sud-est della provincia di Roma, nella
zona di Montecompatri, al centro dei Castelli Romani. I principali centri delle vicinanze
sono: Colonna, Monte Porzio Catone, Frascati, San Cesareo, Zagarolo, Grottaferrata e
Rocca Priora. (Fig. 24)
83
Nel frantoio, durante il periodo della raccolta, giungono olive provenienti dai comuni
Figure 26 Raggio di influenza per la raccolta delle olive del frantoio Fontana Laura
limitrofi. Il raggio medio di interesse del frantoio è di 25/30 km giacché, dovuto anche
alla natura collinare della zona, il costo di trasporto risulterebbe troppo oneroso per
distanze maggiori. (Fig. 25)
Per quanto riguarda l’orografia e la geografia dell’area, il territorio dei Castelli Romani
è di natura vulcanica, originata dal crollo del Vulcano Laziale alcune centinaia di
84
migliaia di anni fa. Alla bocca principale del Vulcano Laziale che occupava l'intera
aerea della cintura interna dei Castelli, infatti, deve la sua orografia collinare, mentre i
laghi sono originati dalle altre bocche minori del Vulcano.
Il livello medio sopra il livello del mare della zona risulta essere di 600 m s.l.m. mentre
il comune di Montecompatri raggiunge quote di 778 m s.l.m. Dal 1984 tutto il territorio
è attraversato dal Parco dei Castelli Romani che contribuisce a mantenere le
caratteristiche naturali.
Gli unici bacini dei Castelli Romani sono i laghi vulcanici di Albano e Nemi, mentre
tutto il territorio è attraversato da piccoli torrenti, alcuni dei quali sono esclusivamente
stagionali.
Il clima dei Castelli Romani varia a seconda della posizione geografica e dell’altezza. Si
passa da un clima di pianura, come quello di Roma, ad un clima quasi montano nelle
zone di Nemi. Il paesaggio è di tipo collinare, di fitte macchie di vegetazione bassa. I
centri urbani sono di piccole dimensioni e si trovano per lo più al vertice delle colline
stesse. I Castelli Romani, infatti, devono il loro toponimo alle fortificazioni edificate
sulle alture di questi luoghi da varie famiglie baronali romane. I comuni principali
dell’area di influenza del frantoio sono, in base al numero di abitanti, Marino, Albano
Laziale e Frascati. [50]
L’area dei Castelli Romani risulta particolarmente inquinata. Infatti la zona presenta
serie problematiche soprattutto per quanto riguarda la qualità dell’acqua. Purtroppo le
fonti di inquinamento sono svariate e non ben definibili, si parla infatti di edilizia non
controllata e di scarichi illegali. Particolarmente allarmante risulta essere la presenza di
arsenico nelle acque dei comuni di Velletri e Lariano, che però si trovano fuori dall’area
di influenza del frantoio. Un esempio di scarichi illegali si è registrato nel Novembre
2015 nel comune di Ariccia, dove, in concomitanza con la molitura delle olive, un
canale di scolo ha iniziato a cambiare colore e a produrre cattivi odori. In seguito alle
denunce la polizia locale, seguendo a ritroso il condotto della sostanza oleosa
inquinante, ha scoperto un trattore con annessa una cisterna che effettuava degli scarichi
nel corso d’acqua delle acque di vegetazione provenienti da diversi frantoi della zona
[51].
85
La zona dei Castelli Romani è anche interessata da un inquinamento atmosferico e
acustico a causa della vicinanza dell’aeroporto di Ciampino. I controlli all’aeroporto di
Ciampino, dove il monitoraggio è attivo dal 2008 e sono presenti 8 centraline,
confermano costanti superamenti dei parametri acustici rilevati in alcune postazioni
(Arpa).
Un passo fondamentale nella stesura dell’analisi del ciclo di vita è la definizione dei
confini del sistema. Questa scelta deve essere accurata e fatta in base all’obiettivo del
proprio studio.
Il sistema è un insieme di operazioni unitarie (processi), che sono legati tra loro da
flussi di prodotti intermedi e/o di correnti residue destinate al trattamento. La somma
delle singole operazioni unitarie (processi) costituisce l’intero ciclo “dalla culla alla
tomba” del processo in esame.
86
Scelta dell’unità funzionale
L'unità funzionale indica l'oggetto riferimento dello studio a cui tutti i dati in ingresso
ed in uscita saranno normalizzati. La ISO 14040 definisce l’unità funzionale come:
- Misura della prestazione del flusso in uscita funzionale del sistema prodotto;
- Lo scopo principale dell’unità funzionale è di fornire un riferimento a cui legare i
flussi in uscita ed in entrata.
Il frantoio di tipo continuo è il risultato della crescente esigenza di ottenere sempre più
alta qualità del prodotto olio di oliva, tecnologia e innovazione (riducendo anche i costi
di manodopera). L'elemento che contraddistingue un impianto a ciclo continuo è senza
dubbio il decanter (organo principale e il cuore di un frantoio).
A seconda del tipo di decanter usato, si hanno processi a due o tre fasi:
Nel frantoio Fontana Laura il decanter ha tre uscite e quindi si tratta di un ciclo continuo
di funzionamento a tre fasi, illustrato in seguito (Fig. 27).
87
Figure 27 Planimetria del frantoio Fontana Laura
88
4. La pasta di olive va alla gramolatrice dove viene riscaldata fino a 27 °C e
mantenuta in continuo movimento per 1 h. Nel frantoio Fontana Laura la
gramolazione dura un tempo massimo di un'ora e la temperatura non supera
mediamente i 27 °C così da garantire l’estrazione a freddo2.
Nel seguente studio di valutazione del ciclo di vita verrà considerato solo il processo
produttivo a tre fasi.
Il processo di estrazione dell’olio di oliva dà luogo alla produzione di tre correnti nel
processo a tre fasi:
- olio di oliva
- acque di vegetazione (OMW)
- residui solidi (sansa) OH
2
Il Regolamento dell'Unione Europea n. 1019 del 2002 consente la dicitura in etichetta delle locuzioni a
freddo (in riferimento ai processi d'estrazione) solo se tutte le fasi del processo di estrazione sono svolte
ad una temperatura inferiore o uguale a 27 °C.
89
Table 11 Riepilogo dei dati del Case study
Il frantoio Fontana Laura lavora con un sistema continuo di centrifugazione a tre fasi.
Il frantoio lavora 400 quintali di olive (=40 tonnellate) in 24 ore. Tutti i macchinari che
compongono l’impianto di estrazione lavorano ininterrottamente le olive in arrivo, le
gramole hanno un tempo di ritenzione minimo di 60 minuti. L’acqua di lavaggio viene
messa in ricircolo per 24 ore e poi smaltita insieme alle acque di vegetazione. Si
ipotizza una resa in olio delle olive pari al 20% .
Nel riportare tutti i dati medi, relativi al frantoio, all’unità funzionale di 1 tonnellata si
ipotizza che il sistema lavori in continuo, mentre durante il funzionamento normale il
processo può essere sezionato in maniera da distinguere le olive in ingresso alle gramole
per diversi clienti. Il tempo necessario per ogni macchinario durante il processo sarà,
quindi, mediato rispetto all’unità funzionale scelta.
90
Table 12 Dati di input per l’analisi LCA.
Defogliazione e lavaggio
Quantità di acqua di lavaggio [m3] 0.005 Considerate insieme alle AV
Considerate insieme alle
Quantità di terra di lavaggio da smaltire [t] 0.00125
sanse
Consumo elettrico [kWh] 3
Frangitura
Consumo elettrico [kWh] 13.2
Gramolazione
Capacità di ogni gramola [m3] 0.7
Peso specifico pasta di olive [g/cm3] 0.96
Pasta di olive da gramolare [m3] 1.042
Numero di gramole necessarie 1.488095238 > 2 gramole
Consumo elettrico [kWh] 2.4
Decantazione
Consumo elettrico [kWh] 13.2
Quantità di sansa prodotta [t] 0.5
Consumo di acqua per la centrifugazione 4 qli ogni 16 qli
Consumo di acqua per ton centrifugata
0.25
[m3]
Quantità di nocciolino [t] 0.1
Centrifugazione
Consumo elettrico [kWh] 3.3
Olio estratto [L] 208.4
Quantità di AV prodotta [m3] 1.042
Smaltimento delle sanse
Camion medio [tkm]/ton totali 0.75
Incenerimento
Smaltimento delle AV
Camion medio [tkm]/ton totali 1.5
Composizione
Spargimento sul terreno
AV
91
4.3 VALUTAZIONE DELL’IMPATTO
Per poter quantificare gli impatti ambientali, si considerano i seguenti impatti. Ad ogni
tipo di impatto è associato un indicatore di categoria perché, al momento
dell’implementazione dei dati con il software, si associa ogni emissione in cui è
presente questa formula chimica alla categoria di impatto:
• Acidificazione: Le emissioni di composti derivanti dalla combustione di
combustibili fossili, in particolare gli ossidi di zolfo e gli ossidi d’azoto, sono i
principali responsabili del fenomeno delle piogge acide, che provoca
l’abbassamento del pH di laghi, foreste e suolo, con gravi conseguenze per gli
organismi viventi, gli ecosistemi ed i materiali. Oltre agli ossidi di zolfo e di
azoto, sviluppa effetti acidificanti anche l’emissione di ammoniaca in atmosfera.
L’ammoniaca, reagendo con gli ossidi di zolfo e di azoto, permette la
formazione di composti relativamente stabili come il solfato d’ammonio ed il
nitrato d’ammonio. Questo rende possibile il trasporto a medio-lungo raggio
degli inquinanti acidi, caratteristica fondamentale del fenomeno
dell’acidificazione, che permette di rilevare gli effetti anche in zone distanti
migliaia di chilometri dalle fonti di emissione.
Indicatore di categoria: biossido di zolfo (SO2)
• Eutrofizzazione: con questo termine si indica una condizione di eccesso di
sostanze nutritive in un determinato comparto ambientale e nello specifico una
sovrabbondanza di nitrati e fosfati in ambiente acquatico che provocano
l'eccessivo accrescimento degli organismi vegetali acquatici. La conseguenza è
il degrado dell'ambiente divenuto anossico e quindi inadatto alla sopravvivenza
di forme di vita superiori.
Indicatore di categoria: fosfati (PO42-)
• Effetto serra: è un fenomeno naturale, che caratterizza la Terra fin dalle sue
origini. La superficie terrestre assorbe la radiazione emessa dal Sole sotto forma
di radiazioni a breve lunghezza d’onda e ridistribuisce l’energia ricavata grazie
alla circolazione atmosferica e oceanica. Questo flusso energetico viene
bilanciato dalle radiazioni infrarosse a onde lunghe che la Terra riemette verso lo
spazio. Una porzione di questa radiazione infrarossa è tuttavia assorbita dai gas
presenti nell’atmosfera, provocando quel riscaldamento della superficie terrestre
92
e dell’atmosfera, conosciuto come “effetto serra naturale”, senza il quale la
temperatura media della superficie terrestre sarebbe circa 33 °C inferiore. I gas
che rendono possibile tale fenomeno sono il vapore acqueo, l’anidride carbonica
(CO2), il metano (CH4), l’ozono (O3) e il protossido d’azoto (N2O). Per
comparare gli impatti dovuti all’emissione di differenti gas serra ad sostanza è
stato assegnato un potenziale di riscaldamento globale che esprime il rapporto
tra l’assorbimento di radiazione infrarossa causata dall’emissione di 1 kg di tale
sostanza e quello causato da una stessa emissione di CO2.
Indicatore di categoria: anidride carbonica (CO2)
• Impatto di tossicità umana: si riferisce agli effetti sulla salute umana di
sostanze tossiche presenti nell’ambiente.
Indicatore di categoria: 1,4 diclorobenzene (1,4 DCB)
Impoverimento abiotico: Si riferisce all’esaurimento delle risorse non
rinnovabili. L’utilizzo di risorse energetiche viene considerato in questa
categoria.
Indicatore di categoria: Antimonio (kg Sb eq.)
• Smog fotochimico: fenomeno caratteristico delle ore diurne delle grandi aree
urbane nel periodo estivo è una complessa miscela di inquinanti atmosferici,
composta dall’ozono e altre sostanze chimiche ossidanti e dalle polveri sottili.
La componente più importante è appunto l’ozono a causa delle sue conseguenze
sulla salute umana e sugli ecosistemi naturali. L’ozono non viene emesso
direttamente ma si forma nella troposfera, sotto l’influenza della radiazione
solare, a seguito di una serie di reazioni fotochimiche che coinvolgono i
composti organici volatili e gli ossidi di azoto.
Indicatore di categoria: etilene(C2H4)
Ecotossicità: Questo fenomeno consiste nello scatenarsi di azione inibitrici
verso i microrganismi deprimendone e rallentandone l’attività e provocando di
conseguenza degli squilibri negli ecosistemi naturali (Camurati et al., 1984).
Indicatore di categoria: Cresolo (CH3C6H4OH) [53]
93
Nella figura 29 si ha l’output della simulazione con SimaPro, che esplicita il
peso percentuale che ogni fase del processo produttivo comporta per ogni
categoria di impatto.
3
ML-IA è un metodo LCA sviluppata dal Centro di Scienze Ambientali (CML) della Università di Leiden nei
Paesi Bassi.
Il metodo CML-IA (baseline) elabora i dati secondo un approccio orientato al problema. La Guida CML
fornisce anche un elenco di categorie di valutazione di impatto.
94
calcolati per ciascuna categoria di impatto, e il contributo di ciascuno stadio alle
categorie di impatto, sono riportati in tabella 13.
95
5 PROPOSTA DI IMPIANTO PER IL TRATTAMENTO DELLE AV
- Syngas: Il termine syngas (o gas di sintesi) nasce dall'unione delle due parole
“synthetic gas” (una miscela di gas, essenzialmente monossido di carbonio (CO) e
idrogeno (H2), metano (CH4) e anidride carbonica (CO2) [54].
96
reazione di reforming con vapore. La fase di ossidazione parziale è progettata per
alimentare energeticamente i canali di reazione endotermici associati al reforming.
- Reattore termochimico: si tratta di una unità di processo che lavora ad alte temperature
dove avvengono reazioni chimiche catalizzate.
Il retentato viene a questo punto inviato ad un’unità ad alta temperatura che comprende
un reattore, il Reformer, che attraverso un catalizzatore favorisce i processi
termochimici (reforming, cracking, wgs, ecc.) con conseguente abbattimento del
contenuto organico e fenolico. Dal processo di reazione si possono separare,
successivamente ad un raffreddamento, una fase gassosa e una liquida: la prima è una
miscela gassosa simile ad un “Syngas” che contiene principalmente H2 e CH4 oltre ad
una considerevole quantità di CO2; la seconda è liquida costituita da AV esauste, con un
contenuto fenolico più che dimezzato, che viene ricircolata nel processo di separazione
a membrana.
97
vengono depurate della maggior parte degli acidi grassi e lieviti, pigmenti, emulsioni e
batteri. Il permeato risulta ancora ricco di polifenoli mentre il retentato risulta molto
diluito e quindi presenta una concentrazione minore in polifenoli. Il permeato della MF
viene portato nella zona di alta pressione (15 bar) ed entra nelle membrane tangenziali
ad ultrafiltrazione (UF). Il permeato dell’ultrafiltrazione presenta ancora una
concentrazione notevole in polifenoli mentre il retentato risulta essere ricco di colloidi,
batteri, zuccheri e proteine. Il permeato UF viene inviato alle membrana di
nanofiltrazione (NF) nella quale la maggior parte dei polifenoli viene separata dalla
soluzione ottenendo un permeato a basso contenuto di polifenoli (abbattimento di circa
tre ordini di grandezza rispetto alla soluzione iniziale di AV). Il retentato della NF,
invece, risulta ricco di polifenoli.
A valle quindi dei 3 processi di filtrazione tangenziale si avrà una frazione liquida (il
permeato) povera di polifenoli, che verrà in parte fatta ricircolare nel sistema per
permettere la pulizia delle membrane, soggette al fenomeno di sporcamento (Fouling).
Infatti le membrane, a seconda del contenuto di sostanza organica delle AV, devono
essere sottoposte periodicamente a cicli di lavaggio per ripristinare le caratteristiche
funzionali e limitare il Fouling secondario. La parte permeata non utilizzata per il
ricircolo, povera di materiale organico e di sostanze fenolitiche, può essere smaltita in
fognatura o sul terreno senza le controindicazioni che avevano le AV iniziali. I retentati
invece sono ricchi di sostanze organiche e fenoliche; tali retentati vengono miscelati
costituendo una soluzione concentrata di AV di circa il 50% rispetto alla soluzione
iniziale. Grazie a questo trattamento preliminare il contenuto di acqua delle AV viene
circa dimezzato e si può procedere al trattamento termochimico. Tale soluzione
concentrata viene preriscaldata dalla soluzione in uscita dal reattore attraverso uno
scambiatore di calore tubo mantello dove subisce una parziale vaporizzazione. Le AV
concentrate quindi passano nella caldaia che le vaporizza totalmente e le surriscalda fino
alla temperatura di 400 °C. La soluzione entra nel reattore, supposto adiabatico, dove
reagisce abbattendo il carico organico attraverso reazioni di cracking, reforming, water
gas shift, ossidazione parziale e totale. All’uscita i gas e il vapore hanno subito un lieve
abbassamento della temperatura dovuta alle caratteristiche endotermiche di alcune
reazioni. La miscela gas-vapore passa attraverso lo scambiatore cedendo calore alla
soluzione in ingresso in caldaia e successivamente in un altro scambiatore,
98
convenzionale, per preriscaldare la soluzione a monte del sistema di filtrazione
tangenziale. A volte il preriscaldamento delle AV in ingresso non risulta necessario,
poiché la temperatura raggiunta durante l’estrazione dell’olio è adatta al processo; è
stato perciò previsto un bypass che permetta di evitare il preriscaldamento (sia totale
che parziale). La soluzione dopo aver ceduto calore è una miscela liquido-vapore alla
temperatura di circa 150 °C. Questa miscela esce poi dall’essiccatore in fase liquida
quasi del tutto condensata. A questo punto un separatore liquido-gas separa il gas dalla
frazione liquida: il gas è inviato alla caldaia dove viene bruciato. Il liquido raccolto
viene di nuovo pompato e rinviato all’ingresso del reattore a membrana MF per
ricominciare il ciclo.
L’innovazione di questa tecnica sta nel fatto che i polifenoli vengono quasi del tutto
trasformati in syngas attraverso processi termochimici. I reflui liquidi di questo
processo non rappresentano più un problema ambientale: Il liquido in uscita dal
reforming è povero di polifenoli e comunque è riciclato all’impianto stesso mentre il
permeato che risulta dalla filtrazione tangenziale ha minor carico inquinante. In
particolare, la produzione di syngas permette di alimentare l’impianto stesso, riducendo
i consumi energetici. Per quanto riguarda l’analisi tecnico-economica [3] emerge che
non vi è guadagno diretto dalla vendita del syngas prodotto, quanto piuttosto un
risparmio nei costi di smaltimento dei sottoprodotti dell’industria olearia.
99
3. La gestione non richiede particolari accorgimenti o personale specializzato e perciò
può essere realizzata come unità “stand-alone” facilmente integrabile negli oleifici di
piccole-medie dimensioni molto diffusi in Italia
4. Può essere impiegato anche per AV con pesticidi (derivanti dal trattamento delle
olive)
Nella figura 30 è illustrato il processo con uno schema a blocchi. I dati relativi al calore
per il bilancio energetico e della produzione e consumo di syngas verranno illustrati di
seguito (par. 5.1.3. Output della simulazione)
100
- La produzione di AV deriva da processi di estrazione a tre fasi per le quali è stata
considerata una produzione specifica di 1,5 m3 per tonnellata di olive molite;
- I solidi sospesi sono stati ipotizzati pari al 5% della portata totale di AV di ingresso.
Component Brutal formula Concentration [mg/L] Total Mass Fraction Phenol Mass Fraction
101
La tabella 14 mostra i dati di input per la modellazione delle AV. Vengono riportati i
valori delle portate dei componenti simulati con ASPEN; Nell’ultima colonna vengono
riportate le frazioni percentuai in massa dei vari polifenoli. I valori relativi al TOC,
COD, minerali e azoto legato sono stati stimati da [55] poiché non è stato possibile
reperire ulteriori dati sulla composizione molecolare relativi alla componente organica.
Inoltre sono stati riportati solamente stimati i valori del permeato poiché di maggior
interesse dal punto di vista operativo e normativo.
Nella tabella 15 si hanno i fabbisogni termici per ogni componente del impianto.
102
Table 15 Fabbisogni termici dell’impianto
Nel fare riferimento al calore, in generale, si tratta di calore reale, calcolato secondo la
formula:
Qsyngas reale= ηt x m x Hi
Dove
Hi= Potere calorifico inferiore, calcolato come media pesata dei poteri calorifici dei gas.
La quantità di calore che non verrà utilizzata dall’impianto di trattamento sarà invece:
Q syngas – Q impianto = ΔQ
Dove
ΔQ = Calore prodotto in eccesso (se maggiore di zero), calore necessario per il pareggio
energetico (se minore di zero).
4
L’unità di misura del calore è in kilowatts termici poiché si tratta del calore in uscita dal reattore
termochimico, che moltiplica l’energia chimica del gas per il coefficiente di rendimento termico del
reattore, assunto pari al 60%.
103
Table 16 Composizione del syngas e bilancio energetico
Composizione
Composizione Syngas VALORE
(%) in massa
CO2 (kg/h) 203.93321 37.09%
CO (kg/h) 283.815329 51.61%
H2 (kg/h) 62.1257399 11.30%
549.874278
TOT (kg/h)
9
Miscela utile di syngas (a meno della CO2) (kg/h) 345.94
Potenza disponibile (considerando un rendimento medio di
180.37
combustione del 60%) [kW]
Energia termica necessaria per l’autosostentamento
1101.99
energetico [kWt]
Efficienza media di combustione del gas 0.6
Syngas necessario per il pareggio del bilancio energetico
308.11663
(kg/h)
Syngas in eccesso 37.82337
La simulazione del modello con Aspen risulta fondamentale ai fini dell’LCA perché ci
permette di implementare questa tecnologia nel software SimaPro 8, in cui non
compare. In questo modo è possibile, a livello di software, dettare gli input di risorse
naturali e/o energetiche e i rispettivi output.
I dati sopracitati sono stati quindi utilizzati per modellare in SimaPro 8 l’influenza del
trattamento proposto delle AV per categoria di impatto, evidenziando se vi è una
riduzione o un aumento rispetto alla situazione attuale (Scenario 0, di base- Capitolo 4).
Nella figura 32 si esplicitano i risultati della simulazione con SimaPro per il processo
produttivo con trattamento, in loco, delle AV. Come nella simulazione relativa allo
scenario base, verranno prese in considerazione le stesse categorie di impatto e il peso
percentuale relativo ad ogni fase di processo. I valori calcolati per ciascuna categoria di
104
impatto, e il contributo di ciascuno stadio alle categorie di impatto, sono riportati nella
tabella 17.
Figure 32 Risultati dell’analisi LCA del processo con soluzione di trattamento per le AV.
Anche in questo caso l’analisi del ciclo di vita fa riferimento all’unità funzionale di una
tonnellata di olive, i dati sono stati elaborati con il software SimaPro 8 e per la fase di
valutazione di impatto del ciclo di vita, è stato applicato il metodo CML-IA (baseline),
vedi capitolo 4 paragrafo 4.
105
L’analisi effettuata mette in evidenza che il trattamento in loco delle acque di
vegetazione permette di diminuire notevolmente il peso percentuale di questa fase del
processo produttivo per ogni categoria di impatto. In particolare, pesa meno del 5%
nelle categorie di:
-Impoverimento abiotico (che, come visto, riguarda il consumo delle risorse non
rinnovabili), dove l’attività di smaltimento delle acque di vegetazione sul terreno aveva
un peso relativo del 42% (Figura 27). Infatti, essendo il trattamento eseguito in uno
spazio controllato, non vi sono emissioni sul terreno e sulle falde idriche. Inoltre l’acqua
in uscita dall’impianto presenta valori assimilabili a quelli delle acque reflue urbane e
perciò smaltibile in fognatura evitando lo spargimento sui terreni. Infine non risulta più
il consumo di risorse non rinnovabili relativo all’utilizzo di un mezzo meccanico per
l’asportazione ed il trasporto delle acque di vegetazione.
- L’ecotossicità, che prima pesava circa il 23%. Infatti tramite il trattamento vengono
abbattuti i polifenoli e, con essi, il potere antimicrobico delle AV.
Risulta però interessante notare che i seguenti risultati si sono ottenuti considerando nel
modello la CO2 prodotta dalla combustione del Syngas come gas di origine naturale,
giacchè proveniente da una biomassa.
L’anidride carbonica (CO2) è infatti una delle principali cause del riscaldamento
globale. Quando la biomassa viene utilizzata in modo sostenibile per sostituire i
combustibili fossili, l'impatto netto di CO2 risulta ridotto. Questo perché bruciare
combustibili fossili comporta il rilascio di carbonio che, fino ad allora, era confinato nel
sottosuolo (come il petrolio, il gas e il carbone) e il suo trasferimento all'atmosfera come
CO2.
La combustione di una biomassa (come, in questo caso, il syngas ottenuto dalle acque di
vegetazione) immette in atmosfera il carbonio che era stato sottratto dall’atmosfera
stessa durante la crescita delle piante che hanno generato la biomassa. Si rimane nel
106
ciclo naturale attivo del carbonio (ovvero, il ciclo biogeochimico attraverso il quale il
carbonio viene scambiato tra la geosfera, l'idrosfera, la biosfera e l'atmosfera della Terra
in tempi recenti). L’'effetto netto che si ottiene è che non viene prodotta più quantità di
CO2 di quella già presente, e attiva, in natura. La US Environmental Protection Agency
riporta che, "La CO2 da biomassa non è generalmente considerata come emissione di
gas serra, perché è considerata parte del ciclo di CO2 a breve termine" I combustibili
fossili, come il carbone, il petrolio, o depositi di gas naturale, si sono creati in un lasso
di tempo geologico. Il carbonio da fonti fossili presenti in questi depositi geologici è
considerato come “sequestrato” dal ciclo globale del carbonio, e, quando viene
utilizzato per produrre energia, immette in atmosfera una quantità di carbonio che
sarebbe altrimenti rimasta sepolta e inattiva [56].
Figure 33 Risultati dell’analisi LCA del processo con soluzione di trattamento per le AV con CO2 non proveniente
da biomassa.
107
6 CONFRONTO DI SOSTENIBILITÀ AMBIENTALE E
CONCLUSIONI
Figure 34 Confronto dell’analisi LCA per processo produttivo con e senza trattamento
108
permetterebbe di limitare l’impatto sull’ambiente e nel caso di problematiche
permetterebbe di intervenire puntualmente senza ottenere una propagazione degli effetti
sull’ecosistema.
L’analisi del ciclo di vita risulta perciò favorevole alla soluzione di trattamento proposta
dal team ENEA di Frascati.
Questi risultati di natura ambientale, insieme a quelli ottenuti dall’analisi tecnico-
economica, verranno utlizzati per proporre l’erogazione di incentivi che promuovano il
trattamento delle acque di vegetazione con la costruzione di impianti pilota.
109
RINGRAZIAMENTI
“Non esistono condizioni ideali in cui scrivere, studiare, lavorare o riflettere, ma è solo
la volontà, la passione e la testardaggine a spingere un uomo a perseguire il proprio
progetto.” - Konrad Lorenz.
In questo cammino di maturazione personale sono state diverse le persone che mi hanno
accompagnato, appoggiato ed insegnato molto.
Voglio ringraziare di essere qui oggi a presentare il mio lavoro i miei relatori, il Prof.
Pietro Prestininzi, per essere sempre stato disponibile e per avermi concesso la
possibilità di studiare qualcosa che mi appassiona, che mi avrebbe permesso di imparare
e mettermi alla prova e l’Ing. Silvano Tosti del centro di ricerca ENEA di Frascati, per
avermi accolto, insegnato, corretto e sostenuto durante tutto questo percorso. Un
ringraziamento importante va anche al mio correlatore, l’Ing. Marco Incelli, sempre
disponibile e pieno di entusiasmo, che è riuscito a trasmettermi. Il loro supporto, la loro
professionalità, le loro conoscenze e la loro cortesia sono state tra le lezioni più
importanti, che non dimenticherò mai. Ringrazio l’Ing. Marco De Dominicis per tutti i
dati forniti e la disponibilità mostrata e l’Ing. De Meis per il materiale bibliografico e il
tempo che mi ha dedicato.
Ringrazio i professori Juan Amieva e Josè Juanes del Instituto de Hidraulica de
Cantabria, per avermi fatto appassionare dell’idraulica e dell’idrologia.
Ringrazio la mia migliore amica Arianna per essermi sempre stata vicina, nei giorni
soleggiati e soprattutto in quelli piovosi; i miei amici e i miei colleghi ISC per avermi
sempre donato un sorriso. I miei amati coinquilini durante l’erasmus, Suellen e Marco,
per avermi fatto passare uno degli anni più belli della mia vita. Ringrazio il mio
ragazzo, Christoforos, che riesce sempre a farmi trovare la forza di continuare.
Ringrazio i miei genitori per avermi insegnato ad affrontare la vita con il sorriso e i
piedi non proprio per terra, per avermi sempre dato la libertà di scegliere. Infine,
ringrazio le mie nonne Marta e Rosa per il loro supporto.
Dedico questo traguardo a mia nonna Rosa, che purtroppo oggi non c’è ma che spero di
aver reso orgogliosa, anche se non sono diventata medico!
110
BIBLIOGRAFIA
[1] “Le tecnologie separative mediante membrana”, Report Ricerca Sistema Elettrico Accordo
di Programma Ministero dello Sviluppo Economico – ENEA. M. Pizzichini e C. Russo, 2009.
[2] “Eco-Label e vantaggio competitivo: la riduzione delle asimmetrie informative tra gli
stakeholder”, Tesi di dottorato, Università Cattolica del Sacro Cuore, a.a. 2009/10,
http://hdl.handle.net/10280/979, Valeria Fratta
[6] “L’olio di oliva, una storia antica”, Nicola Ostuni. Articolo web, available:
https://nicolaostuni.wordpress.com/2013/11/16/lolivo-e-lolio-di-oliva-una-storia-antica/
[7] “L’olio di oliva nel rinascimento”, Associazione Nazionale Assaggiatori Professionisti Olio
di Oliva. Articolo web, available: http://www.anapoo.it/la-storia-delloilio/lolio-nella-storia/
[8] “Produzione di olio di oliva nel bacino del Mediterraneo”, Convegno Progetto PROSODOL
inerente i Rifiuti dei Frantoi e la Tutela dell’Ambiente, 2012.
[9] “Il mercato mondiale dell’olio d’oliva: attori, dinamiche, prospettive e bisogni di ricerca”,
Maria Rosaria Pupo D'Andrea, Istituto Nazionale di Economia Agraria (INEA), Rivista
Agriregionieuropa anno 3 n°10, Set 2007.
[10] “Redditività delle aziende olivicole e impatto della riforma della PAC 2014-2020”, Alfonso
Scardera e Domenico Tosco, Documento di lavoro realizzato nell’ambito delle attività del
Progetto INEA “Piano Olivicolo Oleario. Linea progettuale 1.1 - Analisi politiche olivicole
comunitarie e nazionali; Azione 1.1.1 - Valutazione dell’impatto del disaccoppiamento totale
111
degli aiuti. Elaborazione di nuove prospettive”, finanziato dal MIPAAF (Decreto n. 6417 del
30/12/2010).
[14] “Tecnologie di lavorazione delle olive in frantoio. Rese di estrazione e qualità dell'olio”,
Luciano di Giovacchio, Tecniche Nuove edizioni, 2010
[16] “Disposal and possible uses of wastewater from olive oil extraction plants. A preliminary
note”, Carola e A. Arpino, Rivista italiana delle sostanze grasse: 51 (6) 335-340, 1975.
[17] “Analisi ambientale di comparto produttivo L’olio d’oliva”, A. Marini, Gruppo di lavoro
APAT/ARPA, 2013.
[18] “Processo biotecnologico a cellule immobilizzate per la produzione di acidi grassi volatili
da acque di vegetazione”, Cristina Vitulli. Tesi di laurea magistrale, Università degli studi di
Bologna. A.a. 2006/2007.
[19] “Manuale per corso assaggiatori oli vergini d'oliva”, M. Mugelli, Speciale delle Camera di
Commercio di Firenze, Laboratorio chimico merceologico, 2011.
[20] “Usi Economicamente Sostenibili degli Scarto e dei Sottoprodotti della Lavorazione delle
Olive”, U.P.d. Marche, Facoltà di Economia G. Fuà, Dipartimento di Management e
Organizzazione Industriale, Relazione sull’attività svolta e risultati ottenuti II anno di progetto,
2008.
[22] Dati reali provenienti da frantoi della zona di Frascati, Lazio, Italia. 2014.
112
[23] “Acque di vegetazione dei frantoi oleari”, IRIS - Institutional Research Information
System, E. Bonari, 2004. Articolo web, available:
https://www.iris.sssup.it/retrieve/handle/11382/303519/942/capitolo3%20copia.pdf
[24] "TOC Total Organic Carbon," GE Power, Water & Process Technologies. Available:
http://www.geinstruments.com/library/toc-analyzer-search-and-buyer-s-guide/toc-overview
[25] “Chemistry for Environmental Engineering and Science” (5th ed.). McGraw-Hill, Clair N.
Sawyer, Perry L. McCarty, Gene F. Parkin, 2003.
[26] “Standard Methods for Examination of Water & Wastewater” (20th ed.). American Public
Health Association, Lenore S. Clescerl, Arnold E. Greenberg, Andrew D. Eaton.
[28] "Verso la sostenibilità di filiera: recupero e valorizzazione dei reflui oleari", V. Marano.
Progetto UNASCO (Organizzazione Nazionale Produttori Olivicoli), 2008. Available:
http://www.tirsavplus.eu/spanish/documenti/divulgazione/2007/VERSO.pdf
[29] "Criteri e indirizzi tecnico-operativi per la valutazione degli incidenti rilevanti con
conseguenze per l’ambiente”, Sistema Nazionale per la Protezione dell’Ambiente, Delibera del
Consiglio delle Agenzie Ambientali, seduta del 15/05/2013 – DOC. N.31/13-CF.
[30] “L’utilizzo dei reflui oleari nel nuovo panorama normativo”, Prof. P. Proietti e Dott. L.
Nasini, Dipartimento di Scienze Agrarie ed Ambientali, Università degli Studi di Perugia, 2005.
[31] “Linee guida per l’utilizzazione agronomica delle acque di vegetazione e delle acque reflue
da aziende agroalimentari”, Rosanna Laraia, 2007. Manuali e linee guida ISPRA. ISBN: 978-
88-448-0301-8.
[32] “Smaltimento dei rifiuti solidi urbani; analisi del d.P.R. n. 915 del 1982 e relative circolari
esplicative”. Correra C., 1984. Pirola Ed., Milano.
[34] “I reattori biologici a membrana per il trattamento delle acque reflue”, G. Andreottola.
[35] “Membrane practices for water treatment”, Durancear S. J.. Denver: American Water
Works Association, 59-62, 2001
113
[36] “Impianto biologico a membrane per la depurazione e il riutilizzo delle acque reflue”, N.
Sguoto. Tesi di laurea magistrale, Università degli studi di Padova, a.a. 2011/2012.
[37] “Membrane e processi a membrana, Prof. A. Bottino, Università degli Studi di Genova,
2013.
[38] “Olives storage liquids reuse during the oxidation process”, Brenes M., Garcia P., Journal
of Food Science Volume 63, Issue 1, pages 117–121, January 1998.
[39] “Digestione anaerobica dei sottoprodotti oleari e caseari”, R. Zocchi. Asja Ambiente Italia
spa, 2010. Paper available:
http://asja.biz/userfiles/file/RICERCA/PAPER_ECOMONDO_2010.pdf
[40] “La digestione anaerobica”, Prof. Cannizzaro, Università degli studi di Catania, 2009
[41] "Reimpiego dei Sottoprodotti Derivanti dalla Produzione di Olio e di Olive da Tavola,"
Vol. 91, pp.195-200, 2004. TDC-Olive Project
[43] “Criteri e norme tecniche generali per la disciplina regionale dell'utilizzazione agronomica
delle acque di vegetazione e degli scarichi dei frantoi oleari”, Ministero delle politiche agricole
alimentari e forestali, 2011
[44] “L'utilizzo dei Reflui Oleari nel Nuovo Panorama Normativo” Prof. P. Proietti,
Dipartimento di Scienze Agrarie ed Ambientali, Università degli Studi di Perugia, 2005
[45] “Campagna di controllo sulle attività produttive realizzata d’intesa tra il Corpo Forestale
dello Stato ed Acquedotto Pugliese spa”, Ansa.it
[46] “Opinione di un esperto sulla valutazione del ciclo di vita Intervista con Yves Loerincik,
CEO, Quantis”, Online. Available:
http://www.nespresso.com/ecolaboration/ch/it/article/10/2077/opinione-di-un-esperto-sulla-
valutazione-del-ciclo-di-vita.html
[49] “La certificazione ambientale quale strumento di gestione e controllo dei sistemi
ambientali”, G. Caruso, Master Universitario Di Primo Livello In Tecnologie Per La Gestione
Dei Rifiuti, Università di Torino, 2002.
114
[50] “Castelli romani”, Wikipedia, Online 2015. Available:
https://it.wikipedia.org/wiki/Castelli_Romani
[53] “Ri-utilizzo dei reflui dei frantoi oleari per la produzione biotecnologica di
lipasimicrobiche”, V. Brozzoli, 2012. Corso Di Dottorato Di Ricerca In Biotecnologie Degli
Alimenti, Università della Tuscia.
[54] Klaus Weissermel, Hans-Jürgen Arpe, Charlet R. Lindley, Industrial organic chemistry, 4ª
ed., Wiley-VCH, 2003, pp. 15-29
[56] “Carbon Dioxide & Biomass Energy” , Biomass Energy Resource Center, 2008. Articolo
web, available: www.biomassthermal.org/resource/PDFs/FSE_Biomass%20C02.pdf
115