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LE POLITICHE AMBIENTALI E I RELATIVI STRUMENTI

LE POLITICHE AMBIENTALI E I RELATIVI STRUMENTI


Nel periodo della rivoluzione industriale il problema dell'impatto sull'ambiente dei processi produttivi era affrontato soprattutto in termini di costo che la societ doveva sopportare di fronte ai vantaggi dello sviluppo. Tre sono gli assunti delle teorie e delle pratiche attuate dai diversi Paesi in questo contesto: gli effetti delle attivit produttive svolte nei diversi settori economici che devono considerarsi esterni; le decisioni devono essere assunte facendo un confronto dei benefici e dei costi di certe scelte produttive; e dal punto di vista delle imprese i processi produttivi miravano ad ottenere prodotti ad elevata utilit e a basso costo e non considerando i problemi dell'ambiente. solo negli anni '80 che l'interesse pubblico e le forze ambientaliste, divenuti fattori di pressione pi forti nei confronti del sistema industriale e pubblico pi in generale, determinano l'avvio di un mutamento da parte dell'Europa che comincia a considerare realmente l'impatto ambientale di determinate attivit. Nascono settori economici legati al recupero ambientale e al riciclaggio dei rifiuti in un processo di integrazione a valle del ciclo economico che diventa un nuovo campo di sviluppo della scienza e della tecnologia. Ogni stato deve rispettare una normativa che diventa sempre pi rigida e puntuale e che percorre principalmente le due seguenti linee: - porre vincoli in alcuni settori economici (esempio: obblighi di installare impianti di abbattimento fumi o impianti di depurazione, limiti alla presenza o all'uso di sostanze nocive, obblighi di provvedere direttamente allo smaltimento o al recupero dei rifiuti ...); - proporre incentivi per chi rispetta le normative ambientali (contributi, finanziamenti agevolati, ecc.) per rendere pi conveniente attuare scelte coerenti con i relativi obiettivi di tutela ambientale. Con il termine politiche ambientali si indicano tutti quegli interventi rivolti alla gestione razionale delle risorse dellambiente. Tali interventi comprendono: il controllo delle diverse forme di inquinamento, la tutela di particolari aree ed ecosistemi, la riparazione e la prevenzione dei danni ambientali, lincentivazione e lutilizzo di tecnologie pulite. In ambito europeo, il concetto di politica ambientale stato preso in considerazione solo nel 1972, in occasione di una riunione di Capi di Stato in cui fu riconosciuta l'urgenza di istituire delle regole comuni in materia ambientale: da allora sono entrate in vigore pi di 200 disposizioni legislative comunitarie sull'argomento. Questi primi atti erano finalizzati per lo pi al controllo e alletichettatura di sostanze chimiche e pericolose, alla protezione delle acque di superficie, nonch al monitoraggio degli agenti inquinanti. Nel 1987 viene inserito nel Trattato Comunitario un vero e proprio Titolo dedicato allambiente, conferendo cos a tale politica una base giuridica formale e fissando allo stesso tempo tre obiettivi principali in materia: tutela dellambiente, protezione della salute umana, utilizzazione accorta e razionale delle risorse naturali; e infine con il Trattato sullUnione Europea del 92 (Trattato di Maastricht) viene introdotto il concetto di sviluppo sostenibile nella legislazione. L'Unione Europea nello stesso anno approva, per il periodo 1992 2000, il Quinto Piano di Azione Ambientale al fine di rendere operativi gli accordi firmati a Rio de Janeiro. Il Piano stabilisce la necessit di un cambiamento radicale in tutti i settori di intervento della comunit e

lobbligo che la tutela dell'ambiente venga integrata nella definizione e nell'attuazione di tutte le altre politiche comunitarie, divenendo obiettivo trasversale a tutti i settori produttivi: industria manifatturiera ( la Comunit intende stabilire un dialogo con il mondo dellindustria, per incoraggiare la diffusione di accordi su base volontaria, lo sviluppo di unaccorta gestione delle risorse, il miglioramento dellinformazione a disposizione del cittadino, ladozione degli standard europei senza distorsioni verso la competizione ecc..); energia (la riduzione del consumo di combustibili fossili e la promozione delle fonti rinnovabili); trasporti ( modi di trasporto pi ecologici, ferrovie, navigazione interna e marittima e trasporti combinati); agricoltura (la ricerca di un equilibrio sostenibile tra attivit agricola e risorse naturali); turismo (se il turismo pianificato e controllato adeguatamente, pu senz'altro favorire lo sviluppo regionale e la protezione dell'ambiente). La proposta della Commissione europea sul Sesto Piano di Azione per l'Ambiente ha origine da una consultazione avviata dalla stessa Commissione sul Quinto Programma di Azione. Dalla valutazione dei risultati conseguiti si evidenziava che, nonostante i progressi compiuti, occorreva intensificare tutte le misure di politica ambientale: migliorando la legislatura vigente, integrando le tematiche ambientali nelle altre politiche, coinvolgendo i cittadini e modificandone il comportamento e tenendo conto dell'ambiente nelle decisioni in ambito territoriale. Con il sesto programma si prevedeva di ridurre le emissioni di gas a effetto serra entro il 2012 dell' 8% rispetto ai livelli del 1990. Ad oggi si sono avuti importanti risultati dovuti per esempio alla progressiva sostituzione dei combustibili fossili con il gas metano ed a un maggiore uso delle biomasse. Per tener fede all'impegno di ridurre le emissioni dell'UE almeno del 20% entro il 2020, e dell'80-95% entro il 2050, rispetto ai livelli del 1990, bisogner proseguire la transizione verso un'economia a basse emissioni di carbonio. Nel 2007 il sesto programma ha subito una revisione che ha valutato positivamente i progressi realizzati fino a quel momento, ma che incentiva i vari Paesi a compiere ulteriori sforzi per realizzare uno sviluppo sostenibile sotto ogni profilo. Ad oggi l'azione politica dell'UE concentrata su: la lotta al cambiamento climatico; la conservazione della biodiversit (che mira a fermare l'estinzione delle specie in pericolo e la scomparsa degli habitat sul suo territorio, anche se a oggi, il raggiungimento di tale obiettivo sembra essere ancora lontano). la riduzione dei problemi sanitari causati dall'inquinamento e l'ideazione di una gestione pi responsabile delle risorse naturali (l'Unione europea ha sviluppato negli anni norme sanitarie volte a limitare e prevenire i danni derivanti dall'uso delle sostanze inquinanti e che impongono agli Stati membri di controllare l'uso di dette sostanze e di intervenire nel caso di superamento delle soglie consentite). Le politiche ambientali si sono evolute dalle cosiddette politiche di prima generazione, orientate alla depurazione a valle dei processi a quelle di seconda e terza generazione, orientate al recupero, ripristino e prevenzione. Uno strumento di politica ambientale ogni meccanismo che porta linquinatore ad osservare le richieste fatte dallautorit di controllo. Le diverse tipologie di strumenti possono essere raggruppate nelle seguenti classi:

- strumenti regolativi o di command and control; - strumenti economico-finanziari (tasse, sussidi e permessi negoziabili); - strumenti negoziali volontari.

Strumenti di Command e Control Gli strumenti regolativi si rifanno alla logica del command and control: attraverso la fissazione di norme vengono definiti dei comportamenti (comando), la cui effettiva esplicazione sottoposta ad una azione di accertamento (controllo) generalmente da parte della Pubblica Amministrazione. Si delinea cos un complesso insieme costituito da strumenti di regolamentazione, sistemi di monitoraggio, sanzioni per le eventuali violazioni. Strumenti economico-finanziari Gli strumenti economici sono tutti quei meccanismi (tasse e imposte sullinquinamento, ecc.) che prevedono sempre lintervento delloperatore pubblico. In generale possiamo distinguere: incentivi, sovvenzioni e sussidi linquinatore riceve delle sovvenzioni per ridurre le proprie emissioni al di sotto di certi livelli; tasse ambientali secondo il principio chi inquina paga linquinatore paga una tassa correlata: alla quantit e qualit delle emissioni causate (tasse sulle emissioni), al prodotto inquinante fabbricato (tasse sui prodotti), al servizio di trattamento dei rifiuti o scarichi prodotti (tasse o canoni per servizio reso) o agli imballaggi o altri prodotti che si desidera vengano restituite dopo luso (tasse con deposito a rendere).

Gli strumenti regolativi ed economici si basano sul principio chi inquina paga (polluter pays principle, Ppp), ideato dallo studioso Arthur Pigou e adottato quale principio fondamentale delle politiche ambientali in sede OCSE (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico) nel 1972. Detto principio comporta che linquinatore sostenga le spese relative alladozione delle misure che lautorit pubblica ritiene necessarie per assicurare che siano rispettate le soglie di tolleranza. Lidea di Pigou era relativamente semplice. Se chi danneggia le risorse naturali fosse tenuto a pagare per tale danno, si otterrebbe una uguaglianza tra Costi di produzione privati e Costi di produzione sociali.

Lapplicazione del principio chi inquina paga attraverso vari strumenti di intervento pubblico pu essere illustrata mediante alcuni

diagrammi classici di analisi economica. Nella figura a lato vengono tracciate, come funzioni del livello di inquinamento prodotto, delle curve di beneficio marginale netto privato, e di costo marginale esterno. La prima curva rappresenta il punto di vista del soggetto inquinatore, che avr interesse ad emettere sostanze inquinanti fino al livello Qp , oltre cui il beneficio privato di emettere unit aggiuntive di inquinamento diventa negativo; la seconda curva rappresenta il punto di vista della collettivit, che soffre un danno pari alla somma delle aree B, C e D dalle attivit inquinanti. Il problema per la pubblica autorit quello di indurre linquinatore a ridurre il livello di emissioni fino al livello socialmente ottimo, Q*, attraverso strumenti che internalizzino i costi della prevenzione, riduzione, o riparazione dellinquinamento.

Lintroduzione di uno standard equivale a fissare dautorit il livello massimo delle emissioni ammissibili, ad esempio al livello Q*, addossando allinquinatore i costi di aggiustamento dei processi produttivi. In alternativa, pu essere introdotta una tariffa pari a t per unit di emissioni, che indurr linquinatore a ridurre le emissioni fino al livello socialmente ottimo Q*. Infine, in caso di danno da inquinamento gi arrecato alla collettivit, potr essere fatto obbligo allinquinatore di pagare, a titolo di riparazione, un ammontare pari alla somma delle aree C e D, che rappresenta il costo esterno totale per le emissioni in eccesso dellottimo sociale. bene ricordare che una tassa sulla produzione non ricade tutta sui produttori. Lincidenza sui consumatori sar tanto maggiore, quantomeno elastica (pi ripida visivamente) la domanda. Infatti, in tal caso, essi hanno meno sostituti per il bene. Se il bene inquinante avesse pochi sostituti, le misure economiche di anti-inquinamento tramite tasse di Pigou colpirebbero soprattutto non gli inquinatori ma i consumatori. Dallanalisi pigouviana, inoltre, emergono altri limiti, tra i quali: difcolt di calcolo tradizionalmente poco utilizzata la tassa pigouviana efcace solo se la molecola inquinante d luogo allo stesso impatto ambientale qualunque sia limpresa che limmetta in un determinato contesto ambientale. elevati costi di gestione (differenziazione territoriale, inazione, etc.) difcile gestibilit politica.

Uno strumento che supera gran parte dei limiti della tassa ambientale costituito dai permessi trasferibili o permessi di inquinamento derivanti dal teorema di Coase. Egli, nel 1960, presenta un approccio che non richiede lintervento pubblico per correggere le

esternalit negative. Il teorema afferma: se le parti possono negoziare senza costi di allocazione delle risorse, il mercato riesce a risolvere il problema delle esternalit allocando le risorse in maniera efficiente. Le conclusioni del teorema sono per valide solo se: i costi di transazione sono nulli nessuna delle parti coinvolte mette in atto comportamenti strategici aventi come obiettivo unappropriazione maggiore dei benefici dello scambio nel caso una delle due parti sia costituita da consumatori leffetto reddito pari a zero ( disponibilit a pagare ed accettare identiche). In sintesi, i permessi trasferibili sono delle cedole che autorizzano ad immettere una certa quantit (riportata sulla stessa cedola) di inquinante nellambiente. Le cedole, inoltre, possono essere acquistate o vendute. In altri termini i permessi trasferibili generano un mercato delle sostanze inquinanti. Limpresa che possiede una cedola ha un diritto a degradare lambiente no al livello autorizzato dalla stessa cedola. Tale diritto, inoltre, pu essere venduto ad unaltra azienda. I permessi trasferibili vengono collocati inizialmente sul mercato da una Agenzia Ambientale, ed il loro numero garantisce che la quantit di inquinante complessivamente immessa nellambiente esattamente pari allo standard ambientale denito dallArena Politica. LAgenzia Ambientale pu collocare i permessi sia distribuendoli in maniera gratuita alle aziende sulla base alla serie delle emissioni storiche; oppure pu metterli allasta. In questo secondo caso si ha una vera e propria privatizzazione delle risorse naturali. E proprio questo aspetto che ha fatto s che le associazioni ambientaliste si siano da sempre opposte a questo strumento. I permessi trasferibili hanno una serie di vantaggi rispetto alla tassa: Non pongono problemi calcolo, richiedono costi di gestione inferiori (non risentono dellinazione, non risentono dellingresso o delluscita di aziende dal settore che genera inquinamento), sono maggiormente gradite alle imprese, sono, in certi contesti sociali, di pi facile gestione politica. I permessi, per, come nel caso della tassa, sono efcaci solo se la molecola inquinante d luogo allo stesso impatto ambientale qualunque sia limpresa che limmetta in un determinato contesto ambientale. Inoltre, come abbiamo gi sottolineato in precedenza il fatto che tendano a generare un mercato del degrado ambientale rende questo strumento inviso agli ambientalisti. Nei paesi in cui questi hanno un rilevante peso politico non sono mai stati applicati. Nellultimo ventennio, i Paesi industrializzati hanno aumentato lutilizzo di incentivi economici. Linteresse per questo strumento stato poi stimolato anche dalle ratifiche del Protocollo di Kyoto che si pone il fine di ridurre le emissioni dei gas serra di almeno il 5% rispetto alle emissioni registrate nel 1990. Per raggiungere il loro obiettivo, i Paesi aderenti possono ricorrere a meccanismi di mercato detti Meccanismi Flessibili, ovvero strumenti economici mirati a ridurre le emissioni l dove sia economicamente pi

conveniente. Tra questi emerge lEmission Trading (ET): uno strumento di mercato che permette, attraverso una procedura di negoziazione, la commercializzazione delle quote di emissioni tra Stati diversi. Di conseguenza, se un Paese riesce a ridurre le proprie emissioni pi della quota assegnata pu vendere la rimanente parte ad un altro Paese. Infine, un altro strumento da prendere in considerazione il sussidio ambientale. Tale strumento antitetico al sussidio pigouviano. Infatti, questultimo premia la produzione di esternalit positive, il sussidio ambientale, invece, premia le imprese che riducono le emissioni di sostanze inquinanti. Gli accordi volontari Laccordo ambientale, secondo la Comunicazione 561 della Commissione Europea del 27.11.96, definito come : "accordo tra industria e autorit pubbliche per il raggiungimento di obiettivi ambientali". Gli accordi ambientali volontari sono in pratica dei contratti in cui ci si impegna da un lato, quello industriale, a raggiungere determinati obiettivi ambientali, e dallaltro, quello della pubblica amministrazione, a fornire adeguate contropartite. Tali contropartite possono essere di natura diversa e riguardare : la certezza del quadro normativo di riferimento la possibilit di rientrare dalle non conformit di carattere legale secondo percorsi concordati lo snellimento delle procedure autorizzative sostegni tecnici sostegni economici.

Secondo la Commissione, i vantaggi derivanti dagli accordi si possono cos delineare: favoriscono il superamento dell'atteggiamento "difensivo" dell'industria, indotto in primis dall'approccio normativo; determinano una migliore comprensione dei problemi ambientali da parte di tutte le parti coinvolte e delle reciproche responsabilit; lasciano all'industria maggiore libert nell'individuare le tecnologie per conseguire gli obiettivi ambientali rispetto a quanto avviene con le normative; dovrebbero permettere di conseguire risultati in tempi pi brevi rispetto a quelli necessari per attuare quelli previsti da parte delle autorit comunitarie.

Il caso pi importante quello di Responsible Care, uniniziativa dellindustria chimica mondiale, adottata in Italia da Federchimica dal 1992, che, a livello nazionale, vede coinvolte 160 aziende (dato 1999) pari ad oltre il 60% in termini di fatturato e di addetti. Il beneficio per le imprese derivante dalla sottoscrizione di questo tipo di impegni prevalentemente dimmagine nei confronti sia delle autorit che della popolazione.

Sitografia e bibliografia
http://www.dps.tesoro.it/documentazione/docs/all/valutazione_applicazione.pdf http://www.scienze.uniroma2.it/wp-content/uploads/2009/04/6-lezione-2009-fb.pdf http://wpage.unina.it/cicia/Politiche_Ambientali.pdf

materiale didattico fornito dal docente

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