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ECONOMIA E GESTIONE DEL SISTEMA AGROINDUTRIALE

IL SISTEMA AGROINDUSTRIALE
La Catena Agroindustriale
Negli ultimi 40 anni ci sono stati molti Cambiamenti delle componenti dell’agricoltura mondiale
senza precedenti che hanno portato alla globalizzazione. Tra questi ricordiamo la Modificazione della
Domanda, l’avvento delle Nuove Tecnologie e la necessità di Conservazione del suolo, dell’acqua e
della biodiversità.
Definiamo il Sistema Agroalimentare come struttura complessiva, il Canale Agroalimentare come
una parte del sistema agroalimentare e l’Agricoltura, l’Industria Agroalimentare e i Servizi come
componenti strategiche della catena agroalimentare.
Il sistema agroalimentare è una categoria legata all’evoluzione dell’agricoltura e al modo in cui tale
evoluzione è stata interpretata dagli economisti agrari. L’Evoluzione Economica possiamo dividerla
in cinque fasi temporali distinte:
- la prima fase è quella della Povertà di Massa (fino al 1850), dove in questo periodo l’80% delle
spese delle famiglie è in alimenti e quindi il modello adottato è quello dell’autoconsumo (produco
prevalentemente per consumare e non per vendere);
- la seconda viene definita fase dell’Industrializzazione (dal 1850 al 1950), dove c’è una rivoluzione
nei trasporti, un’industrializzazione dell’agricoltura e una crescita urbana (le persone si spostano dalle
campagne alle città). Il 50% del bilancio familiare è spesa alimentare. Inoltre ci sono nuovi modelli
di consumo oltre all’autoconsumo, ovvero commerciale e diversificato;
- la terza fase è quella dell’accelerazione delle crescita e del Consumo di Massa (1950-1980), dove in
questi anni nasce il sistema agroalimentare. L’industria alimentare supera l’industria agricola.
L’agricoltura è sempre di più integrata sia a valle che a monte e sui mercati internazionali. Il 20% del
bilancio familiare è spesa alimentare.
- la quarta fase è definita della Sazietà Energetica media (1980-1995), in cui c’è uno sviluppo della
ristorazione della distribuzione. Le famiglie spendono meno del 20% per gli alimenti.
- Infine la fase della Globalizzazione e dell’innovazione tecnologica (ai nostri giorni) dove si vede la
nascita di un nuovo consumatore, il cui fine è acquistare beni che hanno valori ambientali, etici e
salutistici. C’è un maggiore interesse per gli alimenti sicuri, di qualità, tipici e ottenuti nel rispetto
dell’ ambiente. Inoltre c’è una forte avversione per gli alimenti OGM (geneticamente modificati).
Distinguiamo i Diversi Prodotti Alimentari per gamma. Prima Gamma abbiamo ortofrutta e verdura
fresca tradizionale. Seconda Gamma abbiamo ortofrutta e verdura in conserva proposte in barattolo.
Terza Gamma troviamo ortofrutta e verdure surgelate. Quarta Gamma ortofrutta e verdura fresca,

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lavata, confezionata e pronta al consumo. Infine Quinta Gamma abbiamo ortofrutta e verdura cotta
confezionata e pronta al consumo.
Le Funzioni dell’Agricoltura sono la produzione di input, la produzione di materie prime, la
produzione di alimenti e la gestione del territorio.
Definiamo invece come Agricoltura Multifunzionale i prodotti, intesi come quantità e qualità, i servizi,
riferiti al turismo, ed esternalità e beni pubblici come l’ambiente, il territorio, il paesaggio e il benessere
degli animali.

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Interpretazione dell’Evoluzione
Interpretazione dell’evoluzione storica data dagli economisti possiamo osservarla sotto due pensieri
differenti, ossia la scuola americana e la scuola francese.
Secondo l’interpretazione Americana, nel 1956 Ray Goldberg conia il termine Agribusiness con
l’intenzione di definire l’insieme delle attività collegate a monte e a valle con l’agricoltura. Gli
aggregati che compongono l’agribusiness sono l’aggregato agricolo (produzione del primario),
l’offerta all’agricoltura (attività connesse a vallo con l’agricoltura) e la trasformazione e distribuzione,
cioè attività connesse a monte con l’agricoltura, ovvero operazioni di trasformazione, stoccaggio e
distribuzione.
Dai qui possiamo avere prodotti agricoli per uso alimentare (agro-alimentare) e prodotti agricoli per
uso non alimentare (agro-industriale).
Ulteriore contributo di Goldberg è la sua scomposizione del concetto di agribusiness in principali
tipologie di prodotto. Esistono diversi tipi di sistemi di merci di tipo agribusiness, distinguendo il
diretto antenato delle attuali filiere dal concetto che ciascun sistema è individuato con riferimento a
un determinato tipo di bene agricolo finale e raccoglie tutte le attività che partecipano in modo diretto
e indiretto alla sua produzione, trasformazione e distribuzione.
Successivamente, nel 1960 con l’interpretazione Francese dell’agronomo Louis Malassis, il sistema
agro alimentare passa da concetto empirico descrittivo a concetto con connotati teorici affermando che
ogni elemento che soddisfa la funzione alimentare è parte del sistema.

Gli Attori e le Attività del Sistema


Come Attori del sistema agroindustriale riconosciamo i Produttori Primari, ovvero produttori di
piccole, medie e grandi dimensioni che differiscono in termini di dimensioni aziendali, livello di
istruzione, tecnologia usata, produttività e livello di organizzazione.
Altri attori abbiamo i Trasportatori, Commercianti, Importatori ed Esportatori, che sono intermediari
commerciali e sono attori che differiscono a seconda di quanto sia formale il loro business capital,
tecnologia usata, qualità dei servizi e sicurezza.
Tra gli attori del sistema distinguiamo anche le Imprese di Trasformazione post-raccolto e
agroindustriale, anche qua imprese di piccole, medie e grandi dimensioni con differenti livelli di
coinvolgimento con i produttori agricoli e i consumatori.
Ci sono anche i Grossisti ed altri attori della distribuzione del canale che competono con i dettaglianti.
Distinguiamo appunto anche i Dettaglianti come attori e per ultimi i Consumatori Finali, classificando
vari tipi di consumatori con diversi livelli di reddito, potere di acquisto, dimensione e struttura della
famiglia, disponibilità di tempo per l’acquisto, la cucina e l’assunzione del cibo, età, reddito e
istruzione.

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Riguardo le Attività del sistema agroindustriale distinguiamo il Settore Primario tra cui l’agricoltura,
l’allevamento e la pesca, l’Industria Alimentare intesa come attività rivolta alle trasformazioni di
materie prime agricole e naturali in prodotti finiti destinati all’alimentazione umana, la Distribuzione,
intesa come attività di servizio rivolta al trasferimento dei prodotti alimentari dal produttore al
consumatore, in modo da rendere disponibili i prodotti alimentari nei luoghi e nei tempi desiderati dal
consumatore e infine la Ristorazione, ovvero l’attività rivolta alla preparazione dei pasti per il
consumatore (ristorazione commerciale, collettiva).
Come Prodotti Agricoli distinguiamo i prodotti delle Coltivazioni Erbacee, con processo produttivo
annuale, tra cui cereali come mais, riso, avena e frumento, semi oleosi come soia, girasole, colza, e
ortaggi, barbabietola da zucchero, tabacco, fiori. Distinguiamo anche i prodotti delle Coltivazioni
Arboree, con il processo poliennale con raccolta da maggio a dicembre (vite, olivo, agrumi e frutta).
Prodotti degli Allevamenti Zootecnici, con processo continuo (latte, carne, uova e pesce). Prodotti
della Silvicoltura con raccolta di legname da industria, ad uso energetico e prodotti forestali come
castagne e noci. Infine distinguiamo anche i prodotti della Pesca (pesce da cattura, crostacei).
Riguardo le Tipologie distributive, distinguiamo i Dettaglianti Tradizionali con una superficie minore
di 200mq, specializzati, a basso numero di referenze, la vendita è assistita e l’area geografica
comprende il vicinato. Distinguiamo i Minimarket con superficie tra i 200 e 400mq, despecializzati,
vendita self service, con area geografica del quartiere. I Supermercati con superficie tra i 300 e
2500mq, despecializzati, alto numero di referenze, vendita self service e area geografica del quartiere.
Gli Ipermercati con superficie maggiore di 2500mq, despecializzati, basso numero di referenze
(politiche di prezzo aggressive), vendita self service (basso livello di servizio) e area geografica del
quartiere. Infine i Discount con superficie tra 400 e 500mq, despecializzati, basso numero di referenze
e politiche di prezzo aggressive, vendita self service e basso livello di servizio, area geografica del
quartiere.
Possiamo anche elencare le Caratteristiche della Ristorazione che può essere commerciale oppure
collettiva. Nella Ristorazione Commerciale i consumi non sono organizzati in una comunità e per
questo si divide ulteriormente in Ristorazione tradizionale (ristoranti e trattorie) che rappresenta la
quota più importante e la Ristorazione veloce (bar, fast food). Nella Ristorazione Collettiva i consumi
sono organizzati in comunità e ci può essere un’autoproduzione o può essere effettuata all’esterno
tramite una fornitura diretta (mense fresche o pasti surgelati) o una fornitura indiretta (buoni pasto). La
ristorazione collettiva si divide in ristorazione aziendale, scolastica e sanitaria.

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Classificazione dei Canali Distributivi
Definiamo Canale Agroalimentare l’insieme delle organizzazioni indipendenti che assumono le
funzioni necessarie al trasferimento dei prodotti dal produttore al consumatore. Riguardo i Canali
Distributivi vengono identificati tre diversi criteri di classificazione, la Lunghezza del Canale, la
Tecnica di Vendita utilizzata con l’acquirente finale e la Forma di Organizzazione del canale.
La Lunghezza del Canale dipende dal numero di soggetti o strutture che assicurano la funzione di
intermediazione fra il produttore e l’acquirente. Si individuano quindi canali lunghi, canali corti o
canali diretti, in base al numero appunto di soggetti. Per esempio i canali dell’ortofrutta possono
essere lunghi se si considerano produttori, raccoglitori, speditori, grossisti di mercato, grossisti per la
consegna al dettaglio, dettaglianti e infine consumatori, mentre posso esserci anche canali corti se
consideriamo produttori, dettaglianti e consumatori.
La Tecnica di Vendita al consumatore finale e una classificazione della distribuzione alimentare in un
dato paese, in base alla forma di vendita al dettaglio, differenziando per commercio tradizionale,
all’ingrosso, grandi o medie superfici di vendita, grandi magazzini. Il principale interesse di questo
criterio di classificazione è quello di evidenziare l’importanza dello stadio a valle del funzionamento
dei canali.
La Forma di Organizzazione del canale distingue i canali di distribuzione secondo la forma della loro
organizzazione. Alcuni canali di distribuzione sono privi di qualsiasi forma di formalizzazione di tali
rapporti e perciò vengono definiti canali tradizionali. Altri invece sono più strutturati, nel senso che i
loro membri si sforzano di stabilire delle relazioni più stabili con i propri partner.
Perché l’intero settore agroalimentare possa funzionare è necessario un certo grado di coordinamento
tra le attività svolte da tali componenti. L’analisi dell’organizzazione del settore agroalimentare studia
come avviene tale coordinamento. Il coordinamento delle attività svolte nei diversi stadi del canale
agroalimentare può essere problematico in presenza di strutture di mercato non concorrenziali.
Definiamo Coordinamento la regolazione efficace delle interdipendenze, dove l’efficacia si riferisce
alla capacità di raggiungere gli obiettivi prefissati.
Questo terzo criterio di classificazione prevede quattro tipologie di canali di distribuzione, ossia il
canale tradizionale, canale amministrato, canale contrattuale e canale integrato. Nel caso dei due
ultimi tipi di canali (quello contrattuale e quello integrato) si può parlare di veri e propri sistemi di
commercializzazione verticale (marketing).

Tipologie di Canali
Come abbiamo detto distinguiamo quattro tipologie di canali. Il primo, cioè il Canale Tradizionale, è
caratterizzato dall’assenza di qualsiasi tipo di formalizzazione delle relazioni fra i diversi membri che
operano lungo il canale ed è quindi un canale non organizzato. Nel canale tradizionale avvengono
scambi puntuali, sulla base di contratti di acquisto o vendita.

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Le organizzazioni che fanno parte di questo canale sono indipendenti, cioè ciascuna di esse adotta la
propria politica commerciale ed ogni transazione è accompagnata da una transazione separata. Il
risultato di tutto ciò porta ad un’assenza di fedeltà, per cui è difficile realizzare economie di scala,
visto che l’instabilità delle relazioni non permette di prevedere il volume delle transazioni future e di
conseguenza di programmare investimenti strutturali. Nel sistema agroalimentare, ci sono molti
esempi di una quasi totale assenza di coordinamento tra le scelte produttive e quelle distributive.
Nel Canale Amministrato, invece è presente un’istituzione che dispone di un certo potere per orientare
le decisioni degli altri membri del canale nella direzione ad essa più favorevole. Solitamente un canale
tradizionale finisce quasi sempre col diventare un canale amministrato. Quando si costituisce un
canale amministrato, il membro che assicura questa amministrazione, concede agli altri un certo
numero di vantaggi (o la minaccia della perdita di tali vantaggi) per beneficiare in contropartita di
una capacità di pianificazione delle proprie attività. La presenza del connotato amministrativo rende
i rapporti più stabili, diversamente da quelli che c’erano nel canale tradizionale. L’impresa
amministratrice persegue l’obiettivo di controllo del marketing mix degli altri membri che operano nel
canale (prezzi, comunicazione). L’iniziativa di amministrare un canale può essere presa a qualsiasi
livello della catena, dai Produttori, con la capacità di pianificare la loro strategia commerciale grazie
alla forza della loro marca, ai Grossisti, con la capacità di imporre ai dettaglianti quantità minime per
ogni ordine, fino ai Dettaglianti, specificando al produttore norme molto precise riguardanti le
caratteristiche del prodotto, imponendo precise modalità di consegna delle merci oppure porre a
carico dei fornitori la preparazione degli scaffali.
Chi opera nel Canale Contrattuale cerca di organizzare le proprie relazioni commerciali sulla base di
una strategia win-win, ovvero entrambi i partner vincenti e soddisfatti. In questo caso diventa
necessaria la formalizzazione di un vero e proprio contratto, che specifichi i diritti e gli obbligo delle
parti coinvolte. Possiamo dire quindi che il canale contrattuale non è altro che un’evoluzione del
canale amministrato, dove il modo di funzionamento e di coordinamento sono assicurati da un
contratto che lega parti per una durata determinata. Anche in questo canale ci sarà sempre un’impresa
leader e ancora una volta la leadership può essere indifferentemente assicurata da un produttore,
grossista o un dettagliante. Le forme contrattuali che regolano i rapporti fra clienti e fornitori sono
assai diversificate, tra le principali ricordiamo i contratti di affiliazione oppure i contratti di fornitura,
come le cooperative o i franchising.
Infine il Canale Integrato, caratterizzato da un membro che arriva al totale controllo del canale di
distribuzione in cui opera. Quindi, in questo canale, è solo un partner che si incarica di gestire tutte le
funzioni della catena, dalla fabbricazione dei prodotti alla vendita al consumatore finale. Tale
situazione è il risultato di una ben precisa scelta decisionale dell’ impresa, che si impegna a perseguire
una vera e propria strategia di integrazione. L’operatore che inizia questa strategia può ritrovarsi a
monte o a valle del canale di distribuzione.

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Problemi nel Canale Distributivo
Ciascuna impresa del canale mira alla massimizzazione del proprio profitto, quando un soggetto della
catena avverte di essere impedito nella manifestazione dei suoi obiettivi si crea conflittualità.
Possiamo distinguere due tipologie di conflitti di canale, i Conflitti Orizzontali che sono tra imprese
allo stesso livello del canale, mentre i Conflitti Verticali, tra i più comuni, che sono i conflitti tra
imprese a stadi diversi del canale.
La Conflittualità può essere Funzione Inversa della capacità di controllo dei soggetti dominanti da
parte del soggetto dominante oppure Funzione Diretta del grado di insoddisfazione dei soggetti
dominanti.
Le Risorse che sono alla base del potere sono le Risorse Di Potere del soggetto dominante, cioè la
ricompensa, la legittimazione, la competenza, la identificazione e la coercizione, oppure le Risorse
Controbilancianti il potere del dominante a disposizione del dominato, cioè la disposizione degli
impieghi rivolti al raggiungimento degli obiettivi indicati da coloro che hanno il potere, l’aumento
degli impieghi alternativi che permettono di conseguire gli scopi dei controllati e il rifiuto in toto degli
obiettivi dei controllati.
I Conflitti dell’agroalimentare si suddividono in una prima fase dove l’industria si impone per mezzo
del marchio sui propri prodotti alla distribuzione e successivamente una seconda fase in cui
progressivamente la distribuzione raggiunge alti livelli di concentrazione e imponendo la credibilità
della propria insegna al consumatore si assiste al contro bilanciamento dei poteri con il risultato che i
margini lordi della distribuzione aumentano a scapito di quelli dell’industria.
Nei Periodi di Non Conflittualità i soggetti dimostrano un elevato grado di cooperazione con il
raggiungimento di alti livelli di funzionalità, mentre nei Periodi di Conflittualità ci sono condizioni
di disfunzione nella gestione del canale sino a quando non si è ristabilito e consolidato il sistema.
Le Ragioni del Conflitto sono per proteggere l’autonomia di un soggetto ed estendere il proprio potere
su altri, per sviluppare il livello di cooperazione fra membri della catena e per contenere altri eventuali
conflitti.
Riguardo le Responsabilità dei membri del canale e dei fornitori, l’impresa e i suoi intermediari
devono accordarsi riguardo ai termini e alle responsabilità di ciascun membro del canale. Inoltre
l’impresa, dopo aver selezionato i membri del proprio canale, dovrà provvedere a motivarli
continuamente. Un’impresa deve sempre comunicare con i membri del proprio canale e fornire loro
adeguato supporto.
Parlando di Tracciabilità, possiamo considerarla come una risposta alle crescenti richieste di
sicurezza alimentare da parte del consumatore e lo strumento di condivisione delle responsabilità tra
gli attori della filiera. Inoltre la tracciabilità è lo strumento di competitività e razionalizzazione dei
sistemi produttivi, nonché di valorizzazione delle produzioni agroalimentari di qualità.

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Possiamo distinguere la Tracciabilità Interna, intendendo la tracciabilità lungo tutto il processo o la
trasformazione svolta da ciascun partner sui suoi prodotti. Indipendentemente dai partner commerciali
si concretizza in una serie di procedure interne, specifiche di ciascuna azienda, che consentono di
risalire alla provenienza dei materiali, al loro utilizzo e alla destinazione dei prodotti.
Distinguiamo invece la Tracciabilità di Filiera intendendo il processo inter-aziendale che risulta dalla
combinazione dei processi di tracciabilità interni a ciascun operatore della filiera, uniti da efficienti
flussi di comunicazione. La realizzazione di sistemi di tracciabilità interna costituisce dunque un
prerequisito senza il quale non vi può essere tracciabilità di filiera.

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IL SETTORE AGRICOLO
Particolarità del Settore Agricolo
I due Aspetti Fondamentali della produzione del settore primario sono lo stretto legame tra processi
produttivi agricoli, processi biologici e ambiente e il ruolo insostituibile di fornitore di beni di vitale
importanza per la società.
Le politiche nazionali e sovrannazionali di sostegno al settore hanno un ruolo storicamente centrale
nel bilancio della UE e danno Finanziamenti e incentivi nazionali e regionali al settore.
Tra le peculiarità di legislazione e normativa in materie civilistica e fiscale ci sono agevolazioni fiscali
e semplificazioni o esoneri da adempimenti amministrativi e contabili.
I contributi dell’analisi economica sono studi di tipo essenzialmente tecnico e agronomico, infatti vi
è scarsa attenzione all’analisi dell’attività agricola da un punto di vista economico gestionale.
Tra gli strumenti e capacità gestionali a disposizione del settore c’è scarsa imprenditorialità negli
operatori del settore e mancanza di strumenti di supporto per l’attività di impresa.
Nel codice civile viene definita Azienda il complesso di beni organizzati dall’imprenditore per
l’esercizio dell’impresa. L’azienda e l’impresa vengono usate come sinonimo ma sono due concetti
differenti. Dalla nozione del codice emerge l’aspetto statico di azienda (come semplice stock di beni
strumentale all’esercizio dell’attività di impresa) e il fondamentale ruolo dell’organizzazione dei beni
aziendali per definire la corretta natura giuridica dell’azienda ed esprimere il valore di un’azienda.
Vi sono due teorie riguardo la definizione di azienda, la Teoria Atomistica secondo la quale l’azienda
è descrivibile e definibile esclusivamente come complesso di beni dove il titolare vanta solo singoli
diritti sui singoli beni dell’azienda, e la Teoria Unitaria secondo la quale l’azienda costituisce un bene
unitario, distinto dai singoli beni che la compongono dove il titolare dell’azienda vanta un diritto
distinto dai diritti che lo stesso vanta sui singoli beni dell’azienda. Il valore dell’azienda non coincide
con la somma dei singoli beni che la compongono.

Adattamento al Mercato
Le imprese possiamo generalizzare che operino sul mercato delle Commodity (mercati all’origine) e
sul mercato delle Speciality (mercati dei prodotti confezionati).
I mercati delle Commodity sono mercati all’origine dove vengono scambiati Merci sfuse derivanti
dall’attività di coltivazione e allevamento e Prodotti di prima trasformazione e venduti allo stato sfuso
(ad esempio vino, olio). L’Incontro tra domanda e offerta favorito dalle Borse Merci, ovvero
istituzioni che risalgono alla fine del settecento con l’obiettivo di favorire l’incontro tra domanda e
offerta, selezionare gli operatori e favorire la diffusione delle informazioni. Le imprese che operano
sono price-taker.

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Vi è la possibilità di ricorso a strategie di vendita ma soggezione a dinamiche della domanda e
dell’offerta che si delineano sui mercati internazionali. Le differenze dei prezzi a livello locale sono
dovute al decentramento delle piazze di contrattazione e costi di trasporto. Nella formazione dei prezzi
hanno un ruolo centrale:
- La sostanziale rigidità della domanda rispetto al prezzo;

- L’instabilità quantitativa e qualitativa dell’offerta a causa di fattori climatici che la influenzano;

- La lunghezza e l’alternanza dei cicli biologici che impediscono un rapido adattamento dell’offerta
alle dinamiche della domanda generando incertezza sulle quotazioni future.
L’Evoluzione attesa delle quotazioni di una commodity ha un andamento ciclico, infatti al momento
del raccolto le quotazioni sono minime per eccesso di offerta rispetto alla domanda, mentre dopo il
raccolto le quotazioni tendono a salire per Fattori Congiunturali, dove le quotazioni possono
aumentare per eventi legati a fattori monetari, climatici, attacchi di patogeni, speculazione e così via,
oppure per Fattori Strutturali, dove le quotazioni tendono a salire a seguito dell’aumento dei costi di
stoccaggio fino a raggiungere il massimo nei mesi antecedenti il nuovo raccolto.
Nel Mercato delle Speciality invece si trattano prodotti confezionati e avviene uno scambio di merci
differenziate dove basta il marchio aziendale per differenziare i prodotti. Il consumatore conosce la
marca e il prodotto che vorrebbe acquistare e dedica tempo alla sua ricerca perché i beni sono
considerati unici e per questo hanno prezzi unitari elevati.
La qualità è un fattore strategico infatti l’insieme delle proprietà e delle caratteristiche dell’alimento
che soddisfano le esigenze, espresse o implicite, ovvero le esigenze o i gusti del consumatore. Tra gli
strumenti a garanzia della qualità abbiamo:
- la Classificazione, ossia categorie numeriche o descrittive che hanno caratteristiche specifiche e
comuni e che sono usate per classificare i prodotti;
- gli Standard, ovvero valori e procedure che individuano la classe qualitativa di un prodotto;

- Certificazione, Atto mediante il quale una terza parte indipendente dalle parti interessate (enti di
certificazione, laboratori di prova e centri di taratura) attesta con sufficiente livello di fiducia che un
determinato prodotto, processo o servizio è conforme a una data norma o regola tecnica.
Gli obbiettivi di classificazione e standard sono di facilitare gli scambi fornendo un numero limitato
di categorie omogenee, agevolare l’individuazione della relazione prezzo-valore, e consentire una
migliore trasmissione delle informazioni.
Riguardo la certificazione invece esistono Enti di certificazione, laboratori di prova e centri di taratura
che Operano sulla base di linee guida stabilite a livello internazionale dell’ISO (International
Organization for Standardization) e recepite a livello europea dal CEN (Comitato Europeo di
Normazione).

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La Tipologia di Certificazione può essere Cogente quando attesta il rispetto delle norme di carattere
obbligatorio stabilite per garantire la sicurezza dei prodotti, oppure Volontaria quando si tratta di una
scelta dell’impresa che si sottopone a una forma di controllo da parte di un organismo indipendente.
Tra le tipologie di certificazione volontaria possiamo trovare le IGP (indicazione geografica protetta),
DOP (denominazione di origine protetta), STG (specialità tradizionali garantite) DOCG
(denominazione di origine controllata e garantita), DOC (denominazione di origine controllata), IGT
(indicazione geografica tipica) e prodotti biologici.
Per quanto riguarda i vini vi è una particolare iter di applicazione della certificazione. L’indicazione
geografica tipica IGT indica vini prodotti in aree generalmente ampie ma secondo dei requisiti
specificati. Questi vini prendono il nome dalla zona geografica di produzione dell’uva da cui sono
ottenuti (per almeno l’85%).
Per quanto riguarda la classificazione DOC si riferisce a zone tradizionalmente vocate a dare vini di
qualità che, prima di ottenere tale riconoscimento, hanno mantenuto la classificazione IGT per almeno
5 anni. I vini DOC devono esprimere un carattere peculiare fortemente legato al territorio di
coltivazione dell’uva e rispettare, in tutte le fasi di produzione, le prescrizioni del disciplinare di
riferimento (zona di produzione, vitigno, resa per ettaro, gradazione alcolica minima, acidità totale).
La denominazione DOCG infine è riservata a tipologie di vini che avendo militato per almeno 10 anni
tra le file dei vini DOC possano vantare un particolare e consolidato prestigio e siano riconosciute di
pregio sotto il profilo della valutazione sensoriale.
Per i vini DOC e DOCG sono inoltre previste ulteriori specificazioni:

- la dicitura Classico o Storico (quest’ultima riservata ai vini spumanti) indica che il vino è stato
prodotto in una sottozona di una DOC o DOCG che può vantare trascorsi più antichi e prestigiosi del
restante territorio cui la denominazione si riferisce;
- la qualifica Riserva è attribuita ai vini DOC o DOCG che hanno sostenuto un invecchiamento
(affinamento compreso) più lungo rispetto a quello previsto dal disciplinare di riferimento;
- la specificazione Superiore individua vini DOC o DOCG per i quali si stabilisce una resa per ettaro
inferiore di almeno il 10% rispetto a quanto previsto dal disciplinare, allo scopo di migliorare le
qualità organolettiche del vino e innalzare la gradazione alcolica di almeno lo 0,5% al di sopra dello
standard di riferimento.
Tornando invece alla classificazione generale merita un approfondimento la certificazione di
Produzione Biologica, che viene rilasciata quando almeno il 95% degli ingredienti agricoli sono stati
prodotti con metodo biologico. Solo in questo caso può comparire la parola biologico o una sua
abbreviazione nella denominazione di vendita del prodotto. Il prodotto è conforme anche alle regole del
sistema di controllo e certificazione, approvato da ogni singolo Stato membro, e proviene
direttamente dal produttore o è preparato in una confezione sigillata.

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Restrizioni Verticali
Le Restrizioni Verticali (vertical restraints) sono accordi (richieste o imposizioni) contrattuali tra le
imprese operanti alle diverse fasi del processo produttivo e collegate tra loro verticalmente. Abbiamo
due Tipologie di restrizioni verticali, cioè il venditore che pone la restrizione nei confronti
dell’acquirente e l’acquirente che pone restrizioni nei confronti del venditore. Tra le restrizioni
verticali poste dal produttore nei confronti del venditore possiamo riconoscere:
- Imposizione di una tassa di franchising (franchisee fee), il produttore impone una tassa di
concessione (A) che sommata al prezzo del fattore per la quantità ci fornisce il prezzo di acquisto
pagato dall’acquirente;
- Fissazione del prezzo di rivendita o prezzo imposto, dato il prezzo di vendita, la restrizione può
consistere nella fissazione da parte del venditore il prezzo di vendita fisso, il prezzo di vendita minimo
oppure il prezzo di vendita massimo;
- Quantità imposta (quantity fixing), Data q la quantità di vendita, la restrizione verticale può
consistere nella fissazione da parte del produttore della quantità di vendita fissa, della quantità di
vendita minima oppure della quantità di vendita massima;
- Esclusive di territorio (exclusive territories), il produttore offre al dettagliante l’esclusiva di vendita
del proprio prodotto in un dato territorio;
- Accordi di esclusiva (exclusive dealing), il produttore impone al dettagliante di non vendere prodotti
che siano stretti sostituti del proprio;
- Vendite collegate (tic-in), il venditore vincola la vendita di un suo prodotto all’acquisto di altri suoi
prodotti collegati da parte dell’acquirente. Le vendite collegate sono anche usate per introdurre
discriminazioni di prezzo, dove il prodotto collegato può essere venduto ad un prezzo superiore a chi
dimostra una preferenza per il prodotto primario del venditore
- Royalty, il produttore impone all’acquirente un pagamento proporzionale alla quantità di prodotto
che l’acquirente venderà. Le Royalty vengono definite all'interno del contratto di licensing. Colui che
acquista la licenza (licensee) può utilizzare oltre il marchio e il logo anche le tecnologie di produzione
del soggetto che vende la licenza (licensor) se stabilito nel contratto. Questi contratti sono molto
diffusi nel settore alimentare per poter sfruttare il know how esterno.
Il venditore impone restrizioni verticali all’acquirente per Correzione di alcune Distorsioni di mercato,
ovvero Doppia Marginalizzazione, Free Riding a livello della distribuzione, Free riding a livello della
produzione, Mancanza di Coordinamento strategico verticale, e per Creare Barriere di ingresso e
rafforzare posizioni monopolistiche, ovvero un comportamento sleale che giustifica l’intervento
dell’antitrust.

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Analizziamo ora la Doppia Marginalizzazione. Consideriamo, per semplicità, una situazione in cui
un’impresa a monte A (produttore, grossista o altro) vende ad un’impresa a valle B (rivenditore,
dettagliante, o altro). Entrambe le imprese sono monopoliste sui loro mercati. A deve scegliere tra
Realizzare la fase produttiva e vendere successivamente al dettagliante oppure Integrarsi con il
dettagliante (ad esempio acquisendolo) e relazionarsi direttamente con il consumatore finale. Nel
primo caso ne consegue che la quantità prodotta è inferiore rispetto al caso di imprese integrate e il
benessere dei consumatori è minore perché il prezzo è più alto, mentre nel secondo caso al costo di
produzione è aggiunto un solo mark-up. Dunque l’integrazione è soluzione ottimale per produttori e
consumatori. Le restrizioni verticali possono incoraggiare la competizione a livello di distribuzione,
vendere al costo marginale imponendo una tassa di franchising e definire quote di vendita o un prezzo
massimo.
Ora invece ci concentriamo sul Free Riding a livello della Distribuzione. Si supponga che un
dettagliante B non sia l’esclusivo rivenditore di un particolare prodotto. Si supponga che investa in
maniera importante nella promozione del prodotto venduto. Di questa attività promozionale possono
avvantaggiarsi anche gli altri rivenditori. Il consumatore può acquistare lo stesso prodotto dalle
concorrenti ad un prezzo più basso. Il dettagliante B sarà disincentivato ad investire in campagne
promozionali. Il prodotto soffrirà della minore offerta di promozione al dettaglio con la conseguente
riduzione delle vendite di B. Questo problema lo si può risolvere stabilendo esclusive di territorio o
restringere il numero dei distributori e definendo il prezzo minimo.
Riguardo il Free Riding a livello della Produzione invece supponiamo che il produttore A non sia
l’esclusivo produttore di un particolare prodotto. Si supponga che investa in maniera importante nella
promozione del prodotto realizzato. Di questa attività promozionale possono avvantaggiarsi anche gli
altri produttori. Il distributore può acquistare lo stesso prodotto dalle concorrenti ad un prezzo più
basso. Il produttore A sarà disincentivato ad investire in campagne promozionali. Il prodotto soffrirà
della minore offerta di servizi promozionali con la conseguente riduzione delle vendite di A. In questo
caso il problema si risolve imponendo accordi di esclusiva.
Infine per quanto riguarda la Mancanza di Coordinamento strategico verticale, osserviamo che il
problema è la mancanza di Allineamento delle scelte di prezzo, servizi promozionali e localizzazione
che possono rispondere a obiettivi diversi a livello di produzione e di distribuzione.
Ora tra le restrizioni verticali poste dal venditore nei confronti dell’acquirente possiamo osservare tra
i vari il cosiddetto Listing Fee, ossia Pagamenti richiesti dalle catene distributive al produttore per
mettere in catalogo il prodotto e il Slotting Allowances, ovvero Pagamenti richiesti al produttore per
mettere in una particolare posizione in scaffale il prodotto.
Il Listing Fee è il compenso richiesto dalle grandi catene di distribuzione ai produttori di beni di largo
consumo per l’inserimento in assortimento di prodotti in lancio. Tale compenso può essere concordato
in valore assoluto o in percentuale sulle vendite dei nuovi prodotti inseriti in listino.

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Il servizio offerto dal distributore consiste nel vincolare un determinato spazio a scaffale per un
prodotto di cui non si conosce il potenziale di vendita. I listing fee costituiscono, pertanto, una forma di
compensazione per il rischio commerciale assunto dal distributore e per il fatto che il nuovo prodotto
va a sostituirsi ad altri, di cui invece è nota la rotazione.
Riguardo lo Slotting Allowance, Posizionando ad altezza un prodotto si aumentano le vendite di circa
un 10-15%. Possono essere offerte a diversi dettaglianti secondo condizioni differenti
(discriminazione di prezzo). I dettaglianti grandi otterranno uno sconto sulla quantità. I grandi
dettaglianti (WalMart, Borders) avranno perciò un vantaggio strategico sulla piccola distribuzione.
Possono rappresentare un efficace incentivo all’introduzione e alla valorizzazione di nuovi prodotti,
stimolando l’innovazione e gli investimenti in promozione dei fornitori.
Tra le altre restrizioni verticali poste dal venditore nei confronti dell’acquirente abbiamo anche le
Retrospective Payments, ossia pagamenti richiesti al produttore alla fine dell’anno in proporzione alle
vendite effettuate, gli Special Payments, cioè pagamenti richiesti una tantum al produttore a titolo di
partecipazione alle spese di apertura di un nuovo negozio o di spese di ristrutturazione, i Long
Payment Terms, dilazioni di pagamento ottenute dal distributore, e i Product Boycotts, ossia il rifiuto
di mettere in catalogo il prodotti di un particolare produttore.
Marketing
Il termine Marketing deriva dal concetto originale di market place, il luogo dove si realizzano scambi
di beni o servizi tra l’offerta (venditore) e la domanda (chi necessita di qualche bene/servizio). Nasce
come pratica autonoma negli Stati Uniti nei primi anni del Novecento, rivelandosi un utile strumento di
regolazione dei rapporti tra imprese e mercato, e successivamente si afferma come vera e propria
disciplina dotata di una specifica concettualizzazione.
Non esiste una definizione di marketing universale bensì diverse, ognuna più adatta a descrivere un
determinato ambito disciplinare del marketing.
Negli anni sono state date diverse definizioni e tutte valide. Nel 1960 viene definito come la gestione
delle attività aziendali che indirizzano il flusso dei beni e servizi dal produttore al consumatore.
Poi ancora nel 1985 il marketing viene definito come il processo di pianificazione e di attuazione
delle attività di progettazione, determinazione dei prezzi, promozione e distribuzione di beni e/o
servizi, destinati allo scambio per il soddisfacimento finale degli obiettivi degli individui e delle
organizzazioni.
Secondo Kotler invece è il Processo sociale e manageriale mediante il quale le imprese creano valore
per il cliente e instaurano con le loro solide relazioni al fine di ottenere in cambio un ulteriore valore A
parere di Kotler, l’impresa orientata al marketing non deve cercare di vendere tutto ciò che produce,
ma deve produrre tutto ciò che può vendere: essa adatta la propria offerta alle caratteristiche della
domanda.

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Il Marketing management si compone principalmente in quattro Fasi:
- Fase Analitica in cui si effettua un’analisi dell’ambiente, della concorrenza e mercato di riferimento;

- Fase Strategica (pensiero) in cui si definiscono gli obiettivi (quale sia la missione aziendale che
rappresenta l’identità e lo scopo dell’impresa), la segmentazione (definire il mercato di riferimento
dell’acquirente e trovare gruppi di acquirenti che cercano lo stesso paniere di attributi), target
(decidere verso quale segmento indirizzare il proprio marketing) e il posizionamento (lo spazio che
un prodotto occupa nella mente del consumatore rispetto agli altri prodotti);
- Fase Operativa (azione) dove si struttura il marketing mix e piano marketing;

- Fase di Controllo che consiste nella verifica dei risultati/scostamenti e azioni correttive.
Dal punto di vista gestionale è possibile distinguere un momento strategico, per cui il marketing è
un’attività di pianificazione per ottenere la fedeltà di tutti gli attori del mercato, e un momento
operativo relativo a tutte quelle scelte poste in essere per raggiungere gli obiettivi strategici.
Analizzando meglio la Fase Operativa possiamo strutturare il marketing mix in quattro parti, ossia
Product, Price, Place e Promotion. Prendiamo ad esempio il settore del vino. In una generica azienda
vinicola il vino non è l’unica componente di Prodotto (product) ma ve ne sono altre da considerare:
-caratteristiche tecniche/organolettiche (scelta dei vitigni, annata, aromi, colori e profumi),
-caratteristiche intrinseche (vino in purezza o in assemblaggio, invecchiato, filtrato o no),
-tipologia (vini normali quindi bianco, rosato o rosso, vini speciali come gli spumanti o vini biologici),
-uve utilizzate e tecniche di cantina;
-packaging (forma, colore della bottiglia, etichetta);
-nome e storia (elementi fondamentali per differenziare il vino);
-servizi associati (visita della cantina, degustazione, partecipazioni a fiere);
Secondo una logica di vendita inoltre si distinguono:
- i prodotti cardine, ovvero elementi su cui ruota l’intera linea caratterizzati da un fatturato e un
margine di contribuzione elevati, è il caso di vini con marchio IGT, DOC, DOCG;
- i prodotti civetta che hanno la funzione di attrarre i consumatori verso la linea con lo scopo di far
riversare gli acquisti sui prodotti cardine ad esempio vino da tavola economico;
- i prodotti tattici che rispondono a un’azione aggressiva della concorrenza in termini di offerta come
la produzione innovativa dei vini biologici;
- i prodotti accessori che sono prodotti che completano la linea.

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Per determinare il Prezzo (price) è necessario che le aziende vinicole lo scelgano in funzione al target
e alla posizione scelta. Il metodo delle 3C tiene conto di tre variabili:
- il costo, ovvero il valore minimo al di sotto del quale non si deve scendere per non perdere valore;

- il prezzo è il massimo a cui un produttore possa aspirare, superando il tetto massimo non ci sarà
alcun acquisto sicuro in quanto il prezzo supererebbe la capacità d’acquisto del consumatore
- concorrenti, infatti considerare i prezzi della concorrenza è fondamentale, così come conoscere il
leader di mercato a quale prezzo offra il proprio prodotto.
Riguardo il Canale Distributivo o canale di marketing (place) è costituito dall’insieme di funzioni
necessarie per trasferire determinati beni dal produttore al consumatore.
L’ultima leva operativa è la Comunicazione (promotion), che è una componente essenziale del
marketing mix nel mondo vitivinicolo. Il valore di un vino è dato oltre che dalle caratteristiche
organolettiche anche da quello che narra di sé e delle sue origini. Riguardo a ciò distinguiamo:
- la promozione classica, pubblicità e promozione effettuate su canali e media tradizionali come
televisione, radio, cinema, stampa e affissioni;
- la promozione tipica con forme di comunicazione come l’identità visiva (biglietti da visita),
sponsorizzazioni, presenza in fiere nazionali o internazionali come Vinitaly;
- la promozione non convenzionale, nella quale si applicano strategie che ricorrono a comunicazioni
innovative che prevedono il coinvolgimento diretto del consumatore, ad esempio Internet, dove gli
utenti possono entrare in contatto con le imprese e interagire in modo diretto e rapido.

Processo Decisionale
Il processo produttivo si analizza principalmente rispondendo alle domande quanto, come e cosa
produrre. L’analisi si effettua considerando il breve periodo.
Riguardo il Quanto Produrre, per determinare la quantità di prodotto da realizzare, si considerano i
diversi livelli dei fattori di produzione e la tecnologia disponibile.
Per il Come Produrre si considera la Decisione fattore-produzione o fattore-fattore. Infine
per la domanda Cosa produrre si considera la decisione prodotto-prodotto.
Approfondiamo ora la decisione Fattore-Produzione. Per produzione agricola si intende un processo
che trasforma i fattori di produzione in beni e servizi. I fattori della produzione si classificano in:
- Risorse naturali (animali, piante, clima, energia);

- Capitale (denaro, tecnologia, ricerca scientifica);

- Lavoro, che organizza tutti gli altri fattori di produzione.

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I fattori di produzione inoltre si distinguono tra:
- Decisionali, cioè sotto il controllo dell’ imprenditore;

- Predeterminati, cioè noti nel momento in cui l’imprenditore prende le sue decisioni;
- Ambientali, cioè determinati da qualche meccanismo esterno (fattori climatici).
La funzione di produzione indica il massimo prodotto ottenibile da un dato livello di impiego dei
fattori di produzione, cioè la massima quantità di output che può essere prodotta, avendo impiegato una
certa quantità di input.
Una delle principali scelte del produttore consiste nel definire il livello produttivo che massimizzi il
suo profitto individuando la migliore combinazione dei fattori tra alternative rese possibili dalle
risorse limitate.
Il prodotto marginale esprime invece, la quantità addizionale di prodotto ottenuta impiegando una
unità addizionale di fattore di produzione variabile.
Riguardo invece la decisione di breve termine Fattore-Fattore, combiniamo la curva di isoquanto
(combinazioni efficienti di fattori che producono lo stesso livello di output) con quella di isocosto
(combinazione di fattori che hanno le stesso costo di produzione). In questo modo determiniamo i
costi minimi di produzione associati ai diversi livelli di output. Confrontando questi ultimi con i
relativi ricavi si determina la condizione di massimo profitto.
Da considerare anche la tecnologia che può essere soggetta a modificazioni, innovazioni che possono
essere meccaniche, biologiche, chimiche e organizzative. Il progresso tecnico determina l’
introduzione di tecniche più evolute che consentano un maggiore livello produttivo a parità di input
impiegati o un risparmio di fattori di produzione a parità di output.
Infine per la decisione Prodotto-Prodotto è importante considerare il Progresso tecnologico. Si
possono distinguere due tipologie di effetti del cambiamento tecnologico, uno neutrale e uno non
neutrale. Il cambiamento tecnologico si dice neutrale quando lascia invariata la proporzione ottimale in
cui i fattori sono impiegati, mentre si dice invece non neutrale, quando la sua introduzione determina
una variazione dell’ intensità d’ uso dei fattori di produzione.

Strategia
La strategia rappresenta un processo decisionale relativo alle azioni da attuare per assicurare
all’impresa uno sviluppo futuro.
La strategia svolge la funzione di orientare le risorse aziendali sulle azioni più rilevanti per il
raggiungimento degli obiettivi che l’imprenditore e il management considerano rilevanti per il futuro
dell’impresa.

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Ogni settore o gruppo di imprese che compete per conquistarsi la propria domanda di mercato è
dominato da Forze Competitive la cui intensità determina l’attrattività di un settore produttivo. Le
forze competitive possono essere raggruppate in 5 tipologie
- L’intensità della competizione, vale a dire la rivalità tra le singole imprese;

- Il potere contrattuale dei fornitori a monte della filiera produttiva;

- Il potere contrattuale degli acquirenti a valle del processo produttivo;


- Le minacce derivanti dall’entrata potenziale di nuove imprese;

- La minaccia derivante da prodotti sostitutivi.


La Minaccia dei Potenziali Entranti è strettamente legata alla possibilità di difendere le posizioni
competitive da parte delle imprese già presenti nel settore attraverso le barriere all’entrata (economie
di scala, economie di esperienza, immagine di marca, accesso ai canali distributivi e vincoli
governativi e legali).
La Minaccia dei Prodotti Sostitutivi sussiste quando il prezzo del prodotto sostitutivo incide sulla
quantità venduta del prodotto mercato (elasticità incrociata), ovvero in presenza effettiva di
alternative di consumo che soddisfano il bisogno, in presenza di una propensione dei consumatori
verso i prodotti sostitutivi e un andamento dei prezzi (dinamiche competitive) nei settori sostitutivi.
I Fornitori influenzano direttamente i processi produttivi e possono incidere negativamente tramite un
aumento dei prezzi delle forniture, una riduzione della qualità dei prodotti e delle limitazioni sulle
quantità vendute.
Il Potere Contrattuale dei fornitori è determinato da fattori come un prodotto con caratteristiche
singolari, una rilevanza del prodotto per il processo produttivo dell’acquirente, un gruppo di fornitori
concentrato, possibile integrazione a valle e bassa incidenza del cliente sul fatturato.
I Clienti influenzano la redditività chiedendo riduzioni di prezzo, servizi aggiuntivi e migliori
condizioni di pagamento.
Il Potere Contrattuale dei clienti è determinato da un gruppo di clienti concentrato, un possibile
integrazione a monte, alta incidenza del cliente sul fatturato, rilevanza degli acquisti per il cliente e
scarsa differenziazione del prodotto.
Il Vantaggio Competitivo può essere di tipo interno, quando indica una superiorità dell’azienda basata
sul controllo dei costi, oppure di tipo esterno quando si basa su caratteristiche distintive
particolarmente gradite al cliente rispetto a quelle dei prodotti concorrenti.
L’Attrattività di un settore dipende dalle interazioni delle cinque forze competitive, ovvero i settori
frammentati, quelli basati sulla specializzazione, quelli bloccati e i settori basati sul volume.

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Nei Settori Frammentativi vi sono numerosi elementi di differenziazione ma nessuna azienda è
capace di creare un vantaggio durevole e decisivo. Le dimensioni delle aziende e le quote di mercato
non sono elementi significativi.
Nei Settori Basati sulla Specializzazione vi sono numerosi elementi di differenziazione che possono
costituire un vantaggio durevole che viene a creare una situazione di concorrenza monopolistica.
Nei Settori Bloccati le possibilità di differenziazione sono limitate e l’esperienza non è fonte di
vantaggio competitivo. Introdurre la nuova tecnologia può costituire un fattore critico di successo.
Nei Settori Basati sul Volume il vantaggio competitivo può essere esclusivamente grazie a crescenti
volumi produttivi che consentono la realizzazione di economie di scala e di esperienza. La redditività
è strettamente collegata alla quota di mercato.
Le imprese che operano in uno stesso settore tendono a conseguire il proprio Vantaggio Competitivo e
a difenderlo nel tempo dagli attacchi degli altri competitors attraverso strategie sostenibili dal punto
di vista finanziario e temporale, strategie orientate a due principali obiettivi:
- la costituzione di un Vantaggio di Costo rispetto ai concorrenti;
- la costituzione di un Vantaggio di Differenziazione dei propri prodotti rispetto alla concorrenza.
Il raggiungimento di tali obiettivi rappresenta un processo dinamico in continua evoluzione dove
l’impresa tenta di conciliare le scelte strategiche con la sua dotazione di risorse e di competenza.
La Catena del Valore è l’elemento più operativo per la costituzione del vantaggio competitivo.
L’impresa è considerata come un complesso di attività che svolge lungo il percorso che dalla
progettazione di un prodotto giunge fino alla sua distribuzione e vendita, con l’obiettivo di
disaggregare le attività per comprendere e controllare i costi di produzione e le fonti della
differenziazione dei prodotti per conseguire il vantaggio competitivo. Il Problema è l’individuazione
delle attività rilevanti dal punto di vista strategico.
Il governo dell’impresa non si esaurisce attraverso il governo della catena del valore interna ma anche
attraverso una Rete del Valore, che coinvolge il complesso del capitale relazionale accumulato
dall’impresa nel corso del tempo attraverso Relazioni Verticali tra imprese coinvolte nel processo
produttivo e Relazioni Reticolari con gli altri attori del sistema e le istituzioni pubbliche.
Le principali tendenze dei sistemi agroalimentari che richiedono un Adattamento al Mercato sono:
- Passaggio delle commodity alle speciality;

- Riduzione del protezionismo nei mercati agroalimentari;

- Riduzione della spesa alimentare (legge di Engel);


- Passaggio da economie di scala a economie di scopo.

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Biotecnologie e OGM
Le Biotecnologie sono l’insieme di tecniche che utilizzano organismi viventi o componenti sub-
cellulari per ottenere la sintesi, la degradazione o la trasformazione di sub-strati biologici per la
produzione industriale.
Possono essere Tradizionali quando sfruttano le proprietà di microrganismi per la fermentazione di
cibi e bevande, oppure Innovative quando consentono la trasmissione di caratteri anche tra organismi
di specie diverse attraverso la modifica del loro patrimonio genetico.
Riguardo queste ultime entra in gioco l’Ingegneria Genetica che consente di trasferire i geni di un
organismo in un altro che, in condizioni naturali, non avrebbe mai avuto occasione di possedere.
Inoltre si superano le barriere che in natura non permettono alle specie di mescolarsi tra loro.
Le Fasi del processo innovativo sono:
- Invenzione, nascita di un’idea e di un modello per un nuovo prodotto, generalmente risultato
dell’attività di ricerca (di base o applicata) degli enti di ricerca (pubblici o privati). In questa fase
possiamo fare riferimento alla creazione di organismi geneticamente modificati, denominati OGM;
- Innovazione, passaggio dalla fase sperimentale alla realizzazione e allo sfruttamento economico
dell’invenzione da parte di imprese produttive e commerciali. In questa fase ci riferiamo alla
creazione di nuove generazioni di OGM, ovvero gli OGM di seconda e di terza generazione;
- Diffusione o Adozione, da parte delle imprese che applicano le nuove tecnologie o dei consumatori
che acquistano un nuovo prodotto.
Gli OGM hanno Caratteri importanti, infatti riguardo le colture geneticamente modificate esse sono
resistenti agli erbicidi, agli insetti e addirittura a virus.
Per le colture GM resistenti agli Erbicidi (HT), l’inserzione del gene resistente agli erbicidi in una
pianta consente agli agricoltori di diserbare con un ampio spettro di erbicidi uccidendo tutte le piante
tranne quelle GM. Per questa ragione i nuovi semi GM hanno stimolato sia il mercato delle sementi
GM sia il mercato degli erbicidi.
Per le colture GM resistenti agli Insetti (IR), inserendo materiale genetico derivante dal Bacillus
Thuringiensis (Bt) nel seme, gli scienziati hanno modificato le colture in modo da consentir loro di
produrre il loro insetticida. Il gene Bt responsabile della produzione della tossina è inserito
direttamente nella pianta per produrre varietà resistenti agli insetti. Usato per combattere il parassita
del cotone e il bruco che attacca le colture di cereali.
Infine le Colture GM resistenti ai Virus (VR) sono usate per difendere patate e tabacco dai virus che
si trasmettono via afidi. Ci si aspetta un significativo contenimento nell’ammontare di pesticidi usati
nelle due colture.

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L’AZIENDA AGRARIA
L’imprenditore, l’impresa e l’azienda
Secondo il codice civile è Imprenditore chi esercita professionalmente un’attività economica
organizzata al fine della produzione o dello scambio di beni o servizi.
Non esiste tuttavia una definizione di impresa ma la si ricava da quella di imprenditore. Emerge
l’aspetto dinamico di impresa come esercizio di attività economica e definisce modalità, oggetto e
fine dell’agire in modo imprenditoriale.
Il fine e l’oggetto dell’impresa è la creazione di nuova ricchezza tramite attività produttiva o
commerciale, destinata al mercato e non all’autoconsumo.
Le Modalità di esercizio dell’attività d’impresa sono:

- professionalità (l’attività deve essere stabile e non occasionale)


- economicità (i ricavi devono garantire almeno la copertura dei costi)

- organizzazione (impiego coordinato dei fattori produttivi


Concentrandoci ora sull’Azienda e impresa in economia agraria, definiamo Azienda Agraria come la
combinazione elementare dei mezzi di produzione. Combinazione perché dei mezzi non si uniscono
in un modo qualsiasi ma vi si coordinano ai fini della produzione in determinate qualità e quantità,
mentre Elementare perché la risultante combinazione è un’unità che non può scomporsi senza
diminuire o distruggere l’efficienza produttiva. Inoltre il funzionamento dell’azienda agraria esige la
cooperazione di persone fisiche a capo delle quali sta chi con le sue scelte economiche attua la
combinazione dei Mezzi Produttivi e la fa funzionare al fine della produzione cioè ne ha la gestione.
Definiamo Azienda come unità oggettiva (combinazione elementare di fattori produttivi), Impresa
come unità soggettiva (Insieme di scelte economiche e gestionali), Agrario come ciò che è pertinente
all’agricoltura da un punto di vista tecnico, scientifico o anche sociale e territoriale, e Agricolo come
ciò che è pertinente all’agricoltura da un punto di vista tecnico produttivo.
Definiamo invece Imprenditore Agricolo chi esercita una delle attività di coltivazione del fondo,
selvicoltura, allevamento di animali e attività connesse. Sono attività che utilizzano o possono
utilizzare il fondo, il bosco o le acque dolci, salmastre o marine. Le Attività Connesse si intendono
quelle esercitate dal medesimo imprenditore agricolo, dirette alla manipolazione, conservazione,
trasformazione, commercializzazione e valorizzazione che abbiano ad oggetto prodotti ottenuti
prevalentemente dalla coltivazione del fondo o dall’allevamento di animali, nonché le attività dirette
alla fornitura di beni o servizi mediante l’utilizzo prevalente di risorse dell’azienda normalmente
impiegate nell’attività agricola esercitata, ivi comprese le attività di valorizzazione del territorio e del
patrimonio rurale e forestale, ovvero di ricezione ed ospitalità come definite dalla legge.

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Le attività connesse sono attività oggettivamente e intrinsecamente commerciali o industriali che
possono essere qualificate come agricole per connessione in presenza di requisiti soggettivi (esercitate
dal medesimo imprenditore agricolo) e requisiti oggettivi (out e input).
Per il Requisito soggettivo per la connessione, il soggetto che esercita le attività dirette alla
manipolazione, conservazione, trasformazione, commercializzazione e valorizzazione deve essere un
imprenditore agricolo quindi deve svolgere in forma di impresa una delle tre attività agricole
principali: coltivazione del fondo, selvicoltura e allevamento di animali. L’attività svolta per
connessione deve essere coerente con quella agricola esercitata dall’imprenditore in via principale.
(ad esempio un viticoltore che produce vino è un’attività agricola per connessione invece un
viticoltore che vende formaggio è un’attività commerciale)
Per il Requisito oggettivo per la connessione invece le attività dirette alla manipolazione,
conservazione, trasformazione, commercializzazione e valorizzazione devono avere ad oggetto:
prodotti ottenuti prevalentemente dall’esercizio dell’attività agricola principale, beni o servizi forniti
attraverso l’utilizzazione prevalente di attrezzature o risorse dell’azienda agricola.
Le attività connesse devono risultare non prevalenti dal punto di vista del rilievo economico rispetto
all’attività agricola principale e possono essere di:
- manipolazione, dove la lavorazione non altera la natura del bene primario (ad esempio la pulitura e
cernita dell’insalata);
- trasformazione, dove la lavorazione altera la natura del bene (ad esempio l’acquisto del latte per la
produzione del formaggio);
- conservazione, commercializzazione e valorizzazione dei prodotti propri o di prodotti acquistati da
terzi, solo se precedute da attività di manipolazione o trasformazione.
Deve essere inoltre rispettato il Requisito della Prevalenza dei prodotti aziendali rispetto a quelli di
terzi e si calcola in termini di: quantità (beni simili) e valore (beni di natura differente).
Esempi di attività connesse sono la produzione di carni e prodotti della loro macellazione, lavorazione
e conservazione delle patate, produzione di succhi di frutta e ortaggi, lavorazione e conservazione di
frutta e ortaggi, produzione di olio di oliva e di semi oleosi, trattamento igienico e produzione derivati
dal latte, produzione di pane, vino, grappa malto e birra.
Definiamo ora l’Agriturismo come l’attività di un imprenditore agricolo che offre ai turisti, nei propri
fondi, vitto e alloggio, utilizzando prodotti propri e organizzando talvolta attività ricreative o culturali.
L’agriturismo è soggetto a una specifica disciplina giuridica, amministrativa e fiscale che distinguono
tale attività da ogni forma di attività turistica in ambito rurale.
La differenza fondamentale principale rispetto a tutte le altre attività turistiche è rappresentata dalla
fusione della attività agricola prevalente e attività turistica in rapporto di connessione.

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Per attività agrituristiche si intendono le attività di ricezione e ospitalità esercitate dagli imprenditori
agricoli anche nella forma di società o di persone oppure associati fra loro attraverso l’utilizzazione
della propria azienda in rapporto di connessione con le attività di coltivazione del fondo di silvicoltura e
di allevamento degli animali.
Gli addetti dell’attività agrituristica (imprenditore agricolo e i suoi familiari nonché lavoratori a tempo
determinato o indeterminato) sono considerati lavoratori agricoli ai fini previdenziali, assicurativi e
fiscali.
L’imprenditore agricolo può svolgere nel tempo libero o in maniera non prevalente l’attività di
fornitura di servizi agromeccanici e tecnologici ad agricoltori e imprese terze. Questa fattispecie viene
definita Contoterzismo. Si sostituisce ad altri imprenditori agricoli, eseguendo lavorazioni in conto
terzi utilizzando i propri mezzi meccanici sui terreni altrui. Le modalità d’esercizio dell’attività
agromeccanica sono:
- scambio di mano d’opera o di servizi;

- contoterzismo misto dove l’imprenditore agricolo svolge anche attività di contoterzismo mediante
l’utilizzo prevalente di risorse dell’azienda normalmente impiegate nell’attività agricola esercitata;
- contoterzismo puro in cui il soggetto che possiede solo i macchinari e svolge l’attività di vendita ai
terzi di servizi agromeccanici utilizzando macchine che non sono prevalentemente usate all’interno
della propria azienda agricola.
Il ruolo del contoterzismo nell’agricoltura italiana è abbastanza importante infatti nel 2010 il 30%
delle aziende ha affidato a terzi le operazioni meccaniche in forma completa o parziale, è l’alternativa
più conveniente rispetto alla concessione in affitto di terreni di proprietà, circa il 13% delle aziende
risulta essere gestito in forma associata tra proprietario e contoterzista e generalmente è l’impresa
agromeccanica a fornire anche il maggior contributo nel processo decisionale dell’impresa agricola.
Le imprese agromeccaniche sono portatrici di innovazione, come richiesto dalla UE, sono
generalmente escluse dalle politiche di sviluppo rurale (da contributi e agevolazioni). Da anni
rappresentanti di questo settore lottano per un adeguato riconoscimento del ruolo nello sviluppo
dell’agricoltura e spingono per l’equiparazione degli stessi alle imprese agricole.
La Prevalenza e L’Energia
Il rispetto del Requisito di Prevalenza è alla base del riconoscimento della qualifica di imprenditore
agricolo, con rilevanti conseguenze a livello civilistico e fiscale. Nel Trattamento Civilistico
l’imprenditore agricolo non è soggetto alla disciplina dello stato dell’imprenditore commerciale
quindi pubblicità legale, tenute delle scritture contabili e disciplina del fallimento. Mentre nel
Trattamento Fiscale l’imprenditore agricolo è tassato sulla base del reddito agrario.

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Il Reddito Agrario è costituito dalla parte del reddito medio ordinario dei terreni imputabile al capitale
d’esercizio e al lavoro di organizzazione impiegati, nei limiti della potenzialità del terreno,
nell’esercizio di attività agricole su di esso.
L’imprenditore agricolo non è tassato sulla base del reddito effettivamente prodotto ma sulla base del
reddito normale cioè determinato mediante applicazione di tariffe stabilite dalla legge catastale.
I Redditi Fondiari rappresentano la quota di reddito attribuibile ad un fondo agricolo sulla base delle
tariffe d’estimo. Il reddito dei terreni si distingue in:
- Reddito Dominicale RD è di esclusiva spettanza del Dominus titolare del diritto reale sul bene, è il
reddito derivante dalla terra nel suo stato naturale e dai capitali in esso investito
- Reddito Agrario RA è il reddito ritraibile dall’esercizio delle attività agricole, è derivante dalla terra
per l’opera umana, è attribuibile anche al non proprietario del bene quando per effetto di un valido
titolo tale attività è concessa a terzi
Al proprietario del terreno o al titolare di altro diritto reale spetta sia il reddito dominicale sia il reddito
agrario, nel caso in cui lo stesso svolga direttamente l’attività agricola. Se l’attività agricola è esercitata
da un’altra persona, il reddito dominicale spetta sempre al proprietario mentre il reddito agrario spetta
a chi svolge l’attività agricola.
Per gli anni 2017,2018 e 2019 i redditi dominicali e agrari non concorrono alla formazione della base
imponibile ai fini dell’imposta sul reddito delle persone fisiche dei coltivatori diretti e degli
imprenditori agricoli professionali.
Le aziende agricole italiane che producono Energia da fonti rinnovabili sono quelle di maggiori
dimensioni (dimensione media 35 ettari) e ricorrono ad:
- impianti fotovoltaici 80%,
- geotermici 11%

- biomasse 9%
Tra il 2011 e il 2010 l’Italia è il paese europeo che ha avuto il più alto incremento (44%) di produzione
di energie rinnovabili da agricoltura migliorando così la propria posizione nella classifica Ue con una
quota del 7,3% della produzione totale europea contro il 4,5% dell’anno prima.
La produzione e la cessione di energia elettrica e calorica da fonti rinnovabili agroforestali e
fotovoltaiche nonché di carburanti ottenuti da produzioni vegetali provenienti prevalentemente dal
fondo e di prodotti chimici derivanti da prodotti agricoli provenienti prevalentemente dal fondo,
effettuate dagli imprenditori agricoli, costituiscono attività connesse e si considerano produttive di
reddito agrario. Nel rispetto del requisito della prevalenza.

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La produzione di energia costituisce attività connessa a quella agricola e si considera quindi rientrante
nel reddito agrario qualora più del 50% delle risorse agroforestali necessarie per alimentare l’impianto
di biogas sia prodotto internamente all’azienda agricola.
Termini di confronto per la prevalenza:

- quantità (per input della stessa natura)

- valore (valore normale degli input aziendali vs costo acquisto input da terzi)
- energia prodotto (output prodotto da input aziendali vs output prodotto da input di terzi)
La produzione di Energia Fotovoltaica derivante dai primi 200kw di potenza nominale complessiva
si considera in ogni caso connessa all’attività agricola. La produzione fotovoltaica eccedente i primi
200kw di potenza può essere considerata connessa all’attività agricola nel caso sussista uno dei
seguenti requisiti:
- la produzione di energia derivi da impianti con integrazione architettonica o da impianti
parzialmente integrati realizzati su strutture aziendali esistenti;
- volume di affari derivante dall’attività agricola esclusa energia fotovoltaica deve essere superiore al
volume d’affari della produzione di energia fotovoltaica eccedente i 200kw;
- entro il limite di 1MW per azienda per ogni 10kw di potenza installata eccedente il limite dei 200kw
l’imprenditore deve dimostrare di detenere almeno 1 ettaro di terreno usato per l’attività agricola.
Rientrano nel reddito agrario la produzione e la cessione, da parte degli imprenditori agricoli, di
energia elettrica e calorica derivante da fonti rinnovabili agroforestali sino a 2400000kwh anno e da
fonti fotovoltaiche sino a 260000kwh anno.
Per la produzione di energia eccedente i suddetti limiti il reddito è invece determinato ai fini Irpef e
Ires applicando un coefficiente del 25% all’ammontare dei corrispettivi delle operazioni soggette a
registrazione agli effetti dell’IVA relativamente alla componente riconducibile alla valorizzazione
dell’energia ceduta con esclusione della quota di incentivo.
Analisi di Tipo Aziendale
L’imprenditore è la figura economica che organizza i fattori produttivi cioè natura, capitale e lavoro
con lo scopo di ottenere una produzione di beni o servizi e se ne assume il rischio economico. Il suo
compenso è rappresentato dal tornaconto.
Per analizzare un’azienda che opera in qualsiasi settore economico occorre considerare in via
preliminare i Fattori Produttivi impiegati, la Dimensione Aziendale e la Forma Organizzativa.
I Fattori Produttivi a disposizione di un’azienda agraria possono essere categorizzati in Capitale,
Lavoro e Rischio.

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Il Capitale investito in un’azienda agraria e a disposizione dell’imprenditore agricolo deve essere
suddiviso in due categorie, ossia in capitale fondiario e capitale agrario.
Il Capitale Fondiario è costituito dalla Terra (il fondo) e dai Miglioramenti Fondiari (tutte le opere che
innalzano il valore economico o la produttività della terra) ed è un capitale Fisicamente Immobile.
La superficie totale a disposizione dell’azienda agraria è suddivisa tra superficie agricola Investita ed
effettivamente utilizzata in coltivazioni agricole (SAU), unità di misura principale della dimensione di
un’azienda agraria e da superficie agricola Non Utilizzata.
Le misure agrarie di superficie sono le unità di misura utilizzate per la superficie dei campi e dei
terreni. Quelle maggiormente utilizzate sono la centiara (1 metro quadro), l’ara (100 metri quadri),
l’ettaro (10000 metri quadi) e la pertica milanese che equivale a circa 654 metri quadrati.
Il Capitale Agrario invece è costituito dai mezzi produttivi fisicamente mobili impiegati e combinati
dall’imprenditore agricolo al fine di ottenere la produzione aziendale. Si divide in capitale di Scorta,
dato dagli strumenti di scorta e prodotti di scorta, e dal capitale di Anticipazione.
La disponibilità del capitale fondiario non è infatti sufficiente per l’imprenditore agricolo che dovrà
impiegare macchinari, attrezzature agricole, allevare bestiame, disporre concimi, sementi,
antiparassitari e altri prodotti e servizi extra aziendali. Tutti questi elementi fanno parte del capitale di
scorta. Mentre invece quando si tratta di anticipare somme di denaro è capitale di anticipazione.
Il capitale di scorta e a sua volta Classificato in strumenti di scorta, come mezzi e fattori produttivi
utilizzabili in azienda per più cicli produttivi, quali macchinari e attrezzature agricole, bestiame, e
prodotti di scorta, ovvero capitali utilizzabili in un unico ciclo produttivo come foraggi, concimi,
carburanti.
Un’ulteriore classificazione che interessa il capitale di scorta è quella che distingue tra scorte vive
(bestiame da allevamento e da lavoro) e scorte morte (macchinari, attrezzi e i vari prodotti di scorta).

Il Lavoro Agricolo
I lavori agricoli sono quelli che contribuiscono al conseguimento della produzione agricola, forestale
e zootecnica, ad eccezione dei lavori domestici. Sono considerati lavori agricoli, purché effettuati
dalla manodopera aziendale, la direzione e la sorveglianza dei lavori, l’organizzazione e la gestione
aziendale, la conservazione, la lavorazione, la trasformazione e la commercializzazione dei prodotti
nonché la manutenzione dei fabbricati, macchine e impianti ed il trasporto per conto dell’azienda.
Sono esclusi i lavori effettuati dalla manodopera aziendale presso altre aziende agricole, nonché i
lavori di stoccaggio, condizionamento, trasformazione, vendita e trasporto dei prodotti di altre
aziende. È esclusa la manodopera fornita da imprese di esercizio e noleggio di mezze meccanici, da
imprese industriali o a titolo di aiuto reciproco.
Le Forme di Lavoro in agricoltura sono il lavoro autonomo (imprenditori) e il lavoro subordinato.

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Per quanto riguarda i Lavoratori Autonomi troviamo:
- Coltivatore Diretto colui che direttamente e abitualmente si dedica alla coltivazione del fondo ed
all’allevamento e governo del bestiame sempre che la forza complessiva lavorativa del nucleo
famigliare non sia inferiore a un terzo di quella occorrente per la normale necessità aziendale espressa
in giornate di lavoro;
- Imprenditore Agricolo Professionale (IAP) colui il quale, in possesso di conoscenze e competenze
professionali dedichi alle attività agricole direttamente o in qualità di socio di società almeno il 50%
del proprio tempo di lavoro complessivo e che ricavi dalle attività medesime almeno il 50% del
proprio reddito globale da lavoro. Le società con qualifica IAP hanno come peculiarità che l’oggetto
sociale deve prevedere l’esercizio esclusivo di attività agricole. Nelle società di persone almeno un
socio deve essere in possesso della qualifica di IAP (nelle s.a.s. un accomandatario). Nelle società di
capitali almeno un amministratore deve essere in possesso della qualifica di IAP. La società deve
inserire nella denominazione sociale l’indicazione di società agricola. Il socio IAP ha l’obbligo di
iscrizione nella gestione previdenziale e assistenziale per l’agricoltura (INPS agricoltura).
L’imprenditore agricolo anche il diritto di prelazione agraria che consiste nel diritto di essere preferiti
ad altri per l’acquisto di un fondo agricolo a parità di prezzo quando il proprietario decide di venderlo.
Dal 2016 questo diritto è riconosciuto anche agli IAP.
- Agricoltore Attivo, ovvero persona fisica o giuridica che dimostra iscrizione INPS come CD o IAP,
in possesso di partita iva agricola e dal 2016 con dichiarazione iva o che ha percepito nell’anno
precedente un massimo di euro di 5000 per aziende ubicate per più del 50% in zone svantaggiate e
1250 euro in altri casi. Oppure rientra nelle deroghe.
Per quanto riguarda i Lavoratori Subordinati e assimilati troviamo gli OTD, OTI (operai a tempo
determinato e indeterminato), gli Stagionali (lavoro accessorio) e i Collaboratori Familiari. Nel
complesso mondo dell’agricoltura la tipologia contrattuale più diffusa da parte delle aziende agricole
per l’assunzione di lavoratori è quella del contratto a tempo determinato mentre costituisce eccezione
il contratto a tempo indeterminato. Tale fattispecie è legata al carattere della cosiddetta stagionalità
che rappresenta una peculiarità strutturale del lavoro in agricoltura.
Secondo il CCNL per gli operari agricoli e florovivaisti, l’assunzione degli operai a tempo determinato
può avvenire con contratto di Lavoro a Termine:
- per l’esecuzione di lavori di breve durata stagionali o di carattere saltuario o per la sostituzione di
operai assenti;
- per l’esecuzione di più lavori stagionali o per più fasi lavorative nell’anno con garanzia occupazionale
minima superiore a 100 giornate annue, nell’arco di 12 mesi dalla data di assunzione;
- di durata superiore a 180 giornate di effettivo lavoro, da svolgersi nell’ambito di un unico rapporto
continuativo.

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Per quanto riguarda il Lavoro Stagionale si stima al 32% l’incidenza del sommerso (lavoro in nero) in
agricoltura nei primi sei mesi del 2014. Con la riforma Fornero 2012 vengono introdotti i Voucher
come contrasto al lavoro in nero per pensionati e studenti tra i 16 e 25 anni, studenti solo durante
vacanze feste o week end, compenso massimo 7000 euro netti l’anno, netto orario dipendente 7,50
euro più copertura previdenziale e assistenziale compresa. Normativa che tuttavia viene Abrogata nel
17 marzo 2017
Con il Contratto di Prestazione Occasionale invece l’utilizzatore può acquisire con modalità
semplificate prestazioni di lavoro occasionali o saltuarie di ridotta entità nel rispetto dei limiti
economici previsti dalla norma:
- per ciascun prestatore con riferimento alla totalità degli utilizzatori compensi di importo
complessivamente non superiore a 5000 euro;
- per ciascun utilizzatore compensi non superiori a 5000 euro;

- per le prestazioni complessivamente rese da ogni prestatore in favore del medesimo utilizzatore a
compensi di importo non superiore a 2500 euro.
La Forza Lavoro nell’azienda agricola della realtà italiana è dominata dall’azienda a conduzione
familiare, all’interno della quale prestano la propria attività lavorativa l’imprenditore agricolo (titolare
dell’impresa) e i componenti della sua famiglia, ed eventualmente operai salariati assunti a tempo
indeterminato o più spesso a tempo determinato.
Il Rischio per L’Imprenditore Agricolo
Il rischio è una componente intrinseca all’attività d’impresa, nel momento in cui l’imprenditore
assume una decisione non vi è certezza delle conseguenze che essa avrà sui risultati economici. La
capacità d’agire in un contesto di elevate incertezza e rischiosità è tipica dell’agire imprenditoriale ed
è alla base del concetto di profitto.
In agricoltura, il carattere biologico dell’attività aggiunge un ulteriore elemento di rischio alle
decisioni dell’imprenditore: questi infatti ha capacità di controllo spesso limitate sugli eventi che
condizionano i cicli produttivi e le loro rese.
Il rischio in base ai fattori che lo determinano può essere classificato in rischio di produzione, di
mercato, finanziario, istituzionale e personale.
Il Rischio di Produzione è legato agli effetti di avversità atmosferiche o di patogeni sulle quantità o
qualità prodotte. Rappresenta il rischio puro e tipico dell’agricoltura. I principali fattori di tale
fattispecie sono le avversità climatiche (grandine, gelate, alluvioni e siccità) e l’impiego di fattori di
produzione (contaminazioni o limitazione nella disponibilità degli stessi).

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Il rischio di produzione interessa anche l’inadeguatezza dei prodotti a livello qualitativo, si pensi in
particolare alla necessità di rispettare elevati standard igienico/sanitari o rigidi disciplinari (DOC,
DOP, IGP).
L’imprenditore agricolo deve fronteggiare questo rischio operando adeguate scelte a livello, scelte
tecnico- produttive, di piani di risparmio e strumenti assicurativi.
Lo sviluppo dell’innovazione tecnologica e organizzativa nel settore agricolo contribuire a ridurre il
peso specifico del rischio di produzione. L’impresa agricola deve preoccuparsi sempre meno degli
aspetti ambientali e biologici dell’attività e sempre più dei rapporti con gli altri soggetti economici e
delle dinamiche dei mercati.
Il Rischio di Mercato è legato alle possibilità e ai prezzi di vendita oppure alla disponibilità e ai costi
di acquisto dei fattori produttivi. La struttura e il funzionamento del mercato agroalimentare pongono
l’imprenditore agricolo in una posizione di grande difficoltà:
- le ridotte dimensioni dei produttori agricoli comportano uno scarsissimo potere contrattuale;
- i prezzi di vendita dei prodotti agricoli NON vengono fissati sulla base dei costi di produzione;
- l’imprenditore deve subire i prezzi fissati dagli equilibri tra domanda e offerta di beni agricoli;
- l’apertura dei mercati e la concorrenza internazionale accentuano l’instabilità dei prezzi.
Il Rischio Finanziario è legato a situazioni di illiquidità e difficoltà sempre maggiori per le imprese
di ottenere credito per far fronte a situazioni di mancanza di liquidità.
Il Rischio Istituzionale è legato all’insieme di norme e regolamenti del settore e al rischio di
mutamenti repentini, l’instabilità dell’assetto politico e normativo rischia di mettere in crisi i piani e i
programmi dell’impresa (esempio incrementi oneri tributari).
Il Rischio Personale è legato alle capacità personali dell’imprenditore e degli altri soggetti operanti
nell’impresa, scarso livello di istruzione e formazione prevalentemente sul campo
Parlando ora della Correlazione tra rischio e rendimento, possiamo prendere in considerazione che il
funzionamento del mercato agro alimentare è caratterizzato:
- dal ruolo dominante della grande distribuzione da un lato e da una moltitudine di piccoli produttori
agricoli dall’altro;
- da una concorrenza internazionale tra i fornitori di beni agricoli, dall’impossibilità per le imprese
agricole di intervenire in modo effettivo nella fissazione dei prezzi di vendita
- dall’aumento dei prezzi di acquisto dei fattori produttivi che le imprese agricole devono subire.
Questo fa sì che all’elevato grado di rischio dell’attività agricola non corrisponda una più elevata
remunerazione del capitale investito.

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Le Dimensioni dell’Azienda Agraria
Le aziende agrarie in Italia in riferimento alle Dimensioni e alla performance vengono classificate in:
- 67,5 % piccole (fatturato < 10000 euro);

- 32% medie (10000 euro < fatturato < 500000 euro);

- 0,5 % grandi (fatturato > 500000 euro).


Nell’attuale contesto competitivo le Performance d’impresa risultano spesso legate alle dimensioni
aziendali. Il nanismo dell’impresa agricola è di norma sinonimo di inadeguati standard di efficienza
tecnica, scarse competenze umane, ridotta capacità d’investimento, difficoltà nei rapporti
commerciali e contrattuali con la grande distribuzione organizzata.
Una risposta ai Punti di Debolezza relativi alla ridotta dimensione delle imprese agricole può essere
individuata nella cosiddetta integrazione verticale: strategia di sviluppo con la quale l’impresa cerca
di acquisire il controllo sui propri input (integrazione a monte) o sui propri output (integrazione a
valle) o su entrambi. L’impresa mira ad ottenere autonomia rispetto al mercato acquisendo il controllo
delle proprie risorse e dei propri prodotti finali. L’obiettivo dell’imprenditore agricolo è quello di
appropriarsi le fasi e attività economiche che creano valore anziché sostenere inutili costi e cedere
valore ad altri operatori sul mercato.
L’imprenditore deve interrogarsi su quali attività svolgere all’interno dell’impresa e quali acquistare
dal mercato. La Tassazione del Reddito Agrario è un forte incentivo alla crescita dimensionale e allo
sfruttamento delle economie di scala (tassazione non effettiva). Lo Sviluppo delle Attività Connesse
rappresenta una strategia di internalizzazione delle fasi industriali e/o commerciali del processo
produttivo.
Il problema si traduce in un calcolo di convenienza di tipo economico con un confronto tra costi e
ricavi delle varie opzioni.
L’integrazione verticale rappresenta solo il punto più estremo del processo di coordinamento
verticale.

Forma Organizzativa Dell’Azienda Agraria


La Forma Giuridica e Organizzativa dell’azienda agraria può essere categorizzata in:

- persone fisiche (ditte individuali) nella realtà italiana;

- società di persone nella realtà italiana;


- società di capitali;

- enti;
- cooperative.

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Il fenomeno cooperativo si caratterizza per la presenza di quattro fondamentali Principi ispiratori:
- Scopo mutualistico, fornire beni, servizi e lavoro direttamente ai membri dell’organizzazione a
condizioni più vantaggiose rispetto a quelle che otterrebbero sul mercato;
- Principio democratico nella gestione della cooperativa ogni socio ha diritto ad un unico voto;

- Principio della porta aperta: non serve modifica dello statuto per l’ingresso di nuovi soci;
- Divieto di redistribuzione, il patrimonio netto non sarà mai ripartito fra i soci.
La cooperazione agro alimentare in Italia ha 6500 cooperative attive, oltre 900000 soci, 30 miliardi
di euro di fatturato, 106000 occupati coinvolti.
Inoltre la cooperazione agro alimentare in Italia è Formata da:
- Cooperative di acquisto che cercano di eliminare lo svantaggio derivante dal fatto che l’offerta di
mezzi di produzione quali concimi antiparassitari e mangimi è concentrata nelle mani di poche
imprese;
- Cooperative di vendita che hanno lo scopo di assicurare all’agricoltore una maggior forza
contrattuale nel collocamento dei prodotti agricoli presso i vari grossisti oppure quello di limitare il
più possibile il numero dei passaggi intermedi;
- Cooperative di trasformazione che rappresentano il gruppo più importante tra le cooperative
agricole (cantine, oleifici sociali, stalle sociali, caseifici).
L’impresa cooperativa presenta due Vantaggi, la realizzazione di economie di scala (trasformazione
avviene in impianti di grandi dimensioni con attrezzature moderne, con personale specializzato e
conseguente riduzione di tempo di lavoro), e l’ottenimento di prodotto con caratteristiche qualitative
più costanti nel tempo e conseguente possibilità di collocamento sul mercato.
Tra i Punti di Debolezza dell’impresa cooperativa invece si considerano le cooperative una forma
organizzativa inferiore, i cui risultati sono meno efficienti rispetto a quelli della tradizionale impresa
capitalistica, e che pertanto trova terreno fertile solo in particolari situazioni di fallimento del mercato.
Le cause dell’inefficienza della cooperativa sono individuate in:
- Free riding, ovvero l’assenza di controlli e incentivi legati all’impegno del singolo socio possono
favorire comportamenti opportunistici;
- Il problema dell’orizzonte, in cui il patrimonio accumulato è riserva indivisibile, i soci non sono
pertanto incentivati ad investire nella crescita della cooperativa;
- Il problema del portfolio, in cui l’impresa fatica a reperire fonti di finanziamento non potendo
accedere al capitale di rischio dati i vincoli sul capitale sociale e sull’emissione di azione e
obbligazioni.

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Alcune scelte del Legislatore hanno introdotto elementi volti a favorire lo sviluppo del tipo giuridico
cooperativo, minandone però in parte i principi ispiratori basilari. Viene introdotta la figura dei Soci
Sovventori, vale a dire soci, siano essi persone fisiche o giuridiche, che non necessariamente
perseguono il fine mutualistico, e viene fatta distinzione tra Cooperative a Mutualità Prevalente e
Cooperative Diverse.
Le Cooperative a Mutualità Prevalente sono quelle che svolgono la loro attività prevalentemente in
favore dei soci, consumatori o utenti di beni o servizi che si avvalgono prevalentemente nello
svolgimento della loro attività, delle prestazioni lavorative e degli apporti di beni o servizi dei soci.
Le Cooperative Agricole sono costituite da coltivatori o altri imprenditori agricoli e svolgono sia
attività diretta di conduzione agricola, sia attività di commercializzazione e trasformazione dei
prodotti agricoli conferiti dai soci. Sono normalmente Cooperative di Supporto quando il rapporto
dei soci (imprenditori agricoli) con la cooperativa è basato sul conferimento dei prodotti agricoli. Vi
sono inoltre le Cooperative di Lavoro Agricolo attive nella vera e propria conduzione agricola (ad
esempio le cooperative bracciantili).
Le Cooperative di Acquisto cercano di eliminare lo svantaggio derivante dal fatto che l’offerta di mezzi
di produzione quali concimi antiparassitari e mangimi è concentrata nelle mani di poche imprese.
Le Cooperative di Vendita hanno lo scopo di assicurare alla azienda una maggiore forza contrattuale
nel collocamento dei prodotti agricoli presso i vari grossisti oppure quello di limitare il più possibile
il numero dei passaggi intermedi (l’ideale sarebbe riuscire a saltare l’intermediazione raggiungendo
direttamente il consumatore).
Le Cooperative di Trasformazione dei prodotti agricoli rappresentano il gruppo più importante tra le
cooperative agricole (cantine, oleifici sociali, stalle sociali, i caseifici). I vantaggi: di queste tipologie
di cooperative sono la realizzazione di economie di scala (la trasformazione avviene in impianti di
grandi dimensioni con attrezzature moderne, con personale specializzato e conseguente riduzione del
tempo di lavorazione) e l’ottenimento di prodotto con caratteristiche qualitative più costanti nel tempo
e conseguente possibilità di collocamento sul mercato.
In Italia c’è una forte presenza di ditte individuali (persone fisiche) e società semplici.
Secondo l’ISTAT l’azienda agricola, forestale e zootecnica viene Definita come unità tecnico
economica costituta da terreni, anche in appezzamenti non contigui ed eventualmente da impianti ed
attrezzature varie, in cui si attua la produzione agraria, forestale o zootecnica, ad opera di un
conduttore e cioè persona fisica, società od ente che ne sopporta il rischio, sia da solo (conduttore
coltivatore o conduttore con salariati e/o compartecipanti), sia in forma associata.
In Italia cala il numero delle aziende agricole, ma cresce la dimensione media aziendale, con una
riduzione del 32,4% del numero di aziende e un incremento del 44,2% della dimensione media
aziendale (a parità di superficie agricola complessiva utilizzata in Italia).

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Negli ultimi dieci anni la diminuzione del numero di aziende si è concentrata tra le aziende di piccola
e media dimensione (inferiori a 30 ettari), mentre quelle con oltre 30 ettari di superficie agricola
utilizzata (SAU) risultano in numero crescente. Al contrario, le aziende con 30 ettari e oltre
aumentano sia in numero che in superficie e nel 2010 rappresentano il 5,3% delle aziende italiane e
coltivano il 53,8% della SAU nazionale.
La conduzione familiare resta prevalente, ma si rafforzano forme più flessibili di conduzione
fondiaria:
- 96% conduzione familiare;

- più 50,3% SAU in affitto;


- più 110,8% SAU in uso gratuito;

- più 48,2% conduzione in forma societaria; (3,6% delle aziende, ma 17,7% della SAU
nazionale). Le Conseguenze sul fattore lavoro sono:
- riduzione forza lavoro (-50,9%);

-presenza familiari in azienda (-56,5%);


- manodopera salariata (+10%);
-manodopera straniera (+6,4%).
Nelle imprese agricole esiste l’enorme problema di Gap Informativo:
- grave carenza di informazione, lamentata dalle banche, relativamente al grado di effettiva
rischiosità (o di effettiva redditività) delle imprese agricole, in mancanza di bilanci chiari, di
informazioni attendibili e di dati verificabili sull’andamento dell’attività;
- diffusa carenza di preparazione, tipica degli imprenditori agricoli, in materia di gestione finanziaria
(ovvero capacità di sintetizzare i dati economici della propria attività e capacità di presentarli ai propri
finanziatori, siano essi bancari o pubblici).
Con gli accordi di Basilea riguardo le imprese agricole si osservano i fenomeni di:

- Rating (difficoltà nell’accesso al credito);

- Pricing (incremento del costo per accedere al credito);


Questo porta ad incrementi nella quantità e nella qualità della documentazione richiesta dalle banche.
Si richiedono informazioni di carattere previsionale e consuntivo e informazioni patrimoniali e
finanziarie. Si richiedono inoltre sempre più procedure contabili e valutative non usuali, né
chiaramente definite in ambito agricolo.

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LA CONTABILITÀ E IL BILANCIO
La Contabilità per le Aziende Agricole
Un’efficace sistema contabile è strumento essenziale per la correttezza degli adempimenti fiscali e
previdenziali. È un elemento sempre più indispensabile per l’imprenditore che intenda affrontare in
modo adeguato le sfide dell’attuale contesto economico. Inoltre è un ottimo strumento sulla base del
quale programmare e pianificare la propria attività, alimentando il processo decisionale nel breve e nel
lungo periodo.
L’utilizzo della contabilità agraria permette di analizzare con precisione i costi, le rese e i profitti di
produzione, a livello aggregato e analitico. Consente di formulare accurate previsioni sui livelli di
produzione attesi, così da organizzare in modo più efficiente l’attività futura. È indispensabile per
individuare eventuali sprechi e/o nella gestione aziendale.
Avere a disposizione dati e strumenti contabili consente di seguire i programmi di certificazione della
qualità riconosciuti a livello nazionale ed internazionale. La contabilità inoltre è sempre più essenziale
per interagire col mondo del credito e per rientrare nei programmi di finanziamento proposti
dall’Unione Europea. In un futuro più o meno remoto sembrerebbe destinato a diventare strumento
da adottare obbligatoriamente anche in ambito agricolo.
In Italia c’è una scarsa diffusione della contabilità agraria per via delle caratteristiche dimensionali
delle aziende (agli occhi dell’imprenditore il sacrificio in termini di tempo e costi non è giustificato),
insufficienza preparazione professionale e per le normative civilistiche e fiscali.
L'imprenditore che esercita un'attività commerciale deve tenere il libro giornale e il libro degli
inventari. Deve altresì tenere le altre scritture contabili che siano richieste dalla natura e dalle
dimensioni dell'impresa e conservare ordinatamente.
Il codice civile non prevede alcun obbligo di tenuta delle scritture contabili per soggetti diversi
dall’imprenditore commerciale. L’imprenditore agricolo non è pertanto destinatario di alcun onere di
tipo contabile, se titolare di un’azienda organizzata sotto una forma giuridica non commerciale
(impresa individuale e società semplice)
I Libri Contabili sono il Libro Giornale (in cui si annotano cronologicamente tutte le rilevazioni
contabili) e il Libro Mastro (ordina tutte le operazioni raggruppandole per natura, in base al conto
utilizzato).
Il libro degli inventari è il registro all’interno del quale l’imprenditore deve indicare la suddivisione
del proprio patrimonio fra gli elementi attivi e passivi a disposizione dell’impresa, indicandone la
relativa valutazione di terreni e fabbricati, macchinari e attrezzature, crediti e debiti commerciali,
rimanenze di materie prime e prodotti finiti.

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Secondo il Principio di Derivazione (destinatari soggetti che producono Reddito d’impresa) il reddito
complessivo è determinato apportando all'utile o alla perdita risultante dal conto economico, relativo
all'esercizio chiuso nel periodo d'imposta, le variazioni in aumento o in diminuzione conseguenti
all'applicazione dei criteri stabiliti nelle successive disposizioni della presente sezione.
Il Reddito Agrario è costituito dalla parte del reddito medio ordinario dei terreni imputabile al capitale
d'esercizio e al lavoro di organizzazione impiegati, nei limiti della potenzialità del terreno,
nell'esercizio di attività agricole su di esso. I Redditi Fondiari seguono le regole catastali. Lo
strumento contabile nel settore agricolo perde dunque il fondamentale ruolo ai fini dell’accertamento
delle imposte reddituali.

La Contabilità ai Fini IVA


Il soggetto che intende intraprendere un’attività imprenditoriale nel settore agricolo deve anzitutto
presentare la Dichiarazione di Inizio Attività indicando un codice di attività e ottenendo l’attribuzione
di un numero di Partita iva. Dunque anche l’imprenditore agricolo, in quanto titolare di Partita Iva è
soggetto alla normativa IVA.
L'imposta sul valore aggiunto si applica sulle cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate nel
territorio dello Stato nell'esercizio di imprese o nell'esercizio di arti e professioni e sulle importazioni
da chiunque effettuate.
Per la Fatturazione delle Operazioni, per ciascuna operazione imponibile deve essere emessa una
fattura, anche sotto forma di nota, conto, parcella e simili. La fattura si ha per emessa all'atto della
sua consegna o spedizione all'altra parte. La fattura deve essere datata e numerata in ordine
progressivo e deve contenere:
- Soggetto emittente (Partita Iva e C.F.) e soggetto destinatario;

- Natura, qualità e quantità dei beni/servizi;


- Corrispettivi (e altri dati per determinare l’imponibile);

- Imponibile, aliquota ed ammontare dell’imposta.


Riguardo il Registro delle Fatture, il contribuente deve annotare entro quindici giorni le fatture
emesse, nell'ordine della loro numerazione e con riferimento alla data della loro emissione, in apposito
registro. Per ciascuna fattura devono essere indicati il numero progressivo e la data di emissione di
essa, la ditta, denominazione o ragione sociale, o il cognome e nome del cliente, e l'ammontare
dell’imponibile e dell'imposta, distinti per aliquota.
Riguardo il Registro degli Acquisti il contribuente deve numerare in ordine progressivo le fatture e le
bollette doganali relative ai beni e ai servizi acquistati e deve annotarle in apposito registro
anteriormente alla liquidazione periodica, ovvero alla dichiarazione annuale, nella quale è esercitato il
diritto alla detrazione della relativa imposta.

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Dalla registrazione devono risultare la data della fattura, il numero progressivo attribuito alla stessa, la
ditta, denominazione o ragione sociale, o il cognome e nome del fornitore, l'ammontare
dell’imponibile e dell'imposta, distinti per aliquota.
Il Funzionamento dell’IVA e stabilito secondo due passaggi:
- Rivalsa, il soggetto che effettua la cessione di beni o prestazione di servizi imponibile deve
addebitare la relativa imposta, a titolo di rivalsa, al cessionario o al committente;
- Detrazione, per la determinazione dell'imposta dovuta è detraibile dall'ammontare dell'imposta
relativa alle operazioni effettuate, quello dell'imposta assolta o dovuta dal soggetto passivo o a lui
addebitata a titolo di rivalsa in relazione ai beni ed ai servizi importati o acquistati nell'esercizio
dell'impresa, arte o professione.
Effettuare la Liquidazione periodica IVA significa determinare, relativamente a un determinato
periodo di riferimento, l’IVA che un’impresa deve versare all’Erario oppure l’ammontare dell’IVA a
credito. L’IVA deve essere liquidata mensilmente o trimestralmente (nella seconda ipotesi, oltre
all’imposta a debito, deve essere versato l’interesse dell’1%).
Possono optare per la liquidazione trimestrale dell’IVA:

- le imprese aventi per oggetto prestazione di servizi che, nell’anno precedente, non hanno superato
un volume d’affari di € 400000;
- le imprese aventi per oggetto altre attività che, nell’anno precedente, non hanno superato un
volume d’affari di € 700000.
I possibili Regimi iva applicabili in agricoltura sono:
- il Regime di Esonero secondo il quale le imprese agricole con volume d’affari non superiore a 7000
euro sono esonerate dal liquidare e versare l’imposta, non devono tenere alcun tipo di contabilità, né
presentare la dichiarazione Iva annuale. L’unico obbligo è la numerazione e conservazione delle
fatture, ivi comprese le fatture emesse dai clienti;
-Il Regime Ordinario sempre applicabile per opzione dall’imprenditore in regime speciale o di
esonero;
- Il Regime Speciale (regime naturale per le imprese agricole), secondo il quale per le cessioni di
prodotti agricoli e ittici, effettuate dai produttori agricoli, la detrazione è forfettizzata in misura pari
all'importo risultante dall'applicazione, all'ammontare imponibile delle operazioni stesse, delle
percentuali di compensazione stabilite, per gruppi di prodotti.
Per l’imprenditore agricolo il regime speciale è il regime naturale di applicazione dell’iva però può
uscire optando per il regime ordinario e applicare così tutte le norme generalmente impiegate dagli
altri soggetti IVA per almeno 3 anni.

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La convenienza dell’azienda nello scegliere l’opzione di regime ordinario sta quando ci sono prodotti
con basse percentuali di compensazione e rilevanti acquisti di beni strumentali (con Iva da detrarre).
Solo nel regime ordinario l’imprenditore agricolo potrà vantare somme Iva a credito nei confronti
dell’Erario.
L’azienda agricola operante in regime di esonero non è tenuta alla redazione di alcuna scrittura
contabile, mentre in regime di contabilità semplificata, deve tenere le sole scritture ai fini della
determinazione dell’Iva (regimi speciale o ordinario). Tali scritture contabili si limitano a semplici
annotazioni delle operazioni sui registri IVA degli acquisti e delle vendite (o corrispettivi).
Il semplice rispetto della normativa IVA (e relative registrazioni contabili) non fornisce
all’imprenditore agricolo alcuno strumento utile ai fini dell’esercizio dell’attività imprenditoriale e
del processo decisionale in particolare.
Dai registri Iva non emergono informazioni relative alla suddivisione per natura dei costi sostenuti
(anche se registrati), al costo di manodopera, canoni locazione terreni, assicurazioni, non emergono
informazioni riguardo i contributi percepiti, l’andamento economico-reddituale dell’attività, la
situazione debitoria dell’impresa e il patrimonio aziendale e capitale a disposizione.
Le imprese di tipo Commerciale invece sono soggette alla tenuta di scritture contabili ulteriori rispetto
alle registrazioni ai fini IVA. A seconda della dimensione dell’impresa in termini di fatturato l’obbligo
riguarderà la tenuta di contabilità Semplificata oppure di contabilità Ordinaria.
Per le imprese minori il regime naturale è quello della Contabilità Semplificata costituita da scritture
semplici (registrazione di soli costi e ricavi) e che non consente di gestire i conti di tipo patrimoniale
(cassa, banca, crediti, debiti)
La Contabilità Ordinaria è il regime naturale per le imprese con fatturato che raggiunge determinate
soglie ed è l’unico regime contabile previsto per le società di capitali. Rileva tutti i fatti di gestione
che riguardano l’impresa, sia dal punto di vista patrimoniale che dal punto di vista economico,
riassumendoli nella redazione del Bilancio.
Lo strumento alla base della Contabilità Ordinaria è la tenuta della Partita Doppia secondo il sistema
del patrimonio e del risultato d’esercizio. Il regime ordinario rappresenta sicuramente il sistema più
analitico, più puntuale e più preciso per rilevare i fatti e gli accadimenti aziendali nel corso
dell’esercizio. Consiste, sostanzialmente, nell’analitica annotazione di tutte le movimentazioni
contabili che avvengono giornalmente all’interno dell’impresa, analizzate sotto l’Aspetto Finanziario
che riguarda le variazioni di liquidità, di crediti, di debiti, e sotto l’Aspetto Economico che riguarda i
ricavi e i costi (e le variazioni del patrimonio netto).
L’imprenditore, in qualunque momento della vita dell’impresa, è in grado di conoscere con assoluta
precisione l’importo dei propri debiti e crediti, l’entità delle proprie risorse finanziarie, nonché l’entità
dell’utile o della perdita che la gestione sta producendo.

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Tale analitica annotazione comporta la redazione di almeno due distinti prospetti di sintesi (che
compongono il bilancio di esercizio), il Conto Economico che sintetizza la capacità dell’impresa di
trasformare i fattori (costi) in prodotti (ricavi) e lo Stato Patrimoniale che è un prospetto degli
impieghi e delle fonti (crescita dell’impresa e autofinanziamento).
La diffusione della contabilità ordinaria e delle regole della partita doppia nel mondo agricolo trova
notevoli resistenze e difficoltà connessa ad Assenza di obblighi, Assenza di competenze e
professionalità, Assenza di regole condivise, e Peculiarità legate al settore e alla natura dei processi
produttivi (e dunque peculiarità di alcune valutazioni e registrazioni contabili).
Per Anticipazioni Colturali si intendono i prodotti in corso di maturazione non ancora visibili, in
quanto, alla fine dell’annata agraria, la coltivazione è in una fase di sviluppo iniziale. Le anticipazioni
colturali sono identificabili in quelle somme di denaro che servono per anticipare i costi della nuova
coltura (la stima delle anticipazioni colturali consiste nella sommatoria delle spese ordinarie sostenute
dall’inizio dell’anno fino alla chiusura dell’esercizio).
L’esigenza di imprenditorialità nel mondo agricolo si fa sentire, infatti un’agricoltura sempre più
professionale rende indispensabile il processo di pianificazione e programmazione dell’attività
d’impresa. I singoli imprenditori agricoli, le loro aggregazioni (cooperative, associazioni di categoria),
le pubbliche amministrazioni e tutti gli altri soggetti interessati ad orientare le imprese del settore
agricolo verso scelte di convenienza dal punto di vista economico, si scontrano con il problema
dell’analisi della redditività. Occorrono strumenti in grado di guidare l’imprenditore rendendolo
consapevole delle conseguenze di tipo economico delle proprie decisioni.
Il punto di partenza per affrontare il problema dell’analisi della redditività, attuale e soprattutto
prospettica, dell’impresa agricola, non può che essere individuato nel tenere i conti.
La tenuta di un’ordinata contabilità, a prescindere dal livello di complessità e organizzazione del
sistema adottato, è un’esigenza ormai vitale per tutte le realtà aziendali che intendano sopravvivere e
competere nell’attuale scenario economico.
La scarsissima diffusione di strumenti e comportamenti di tipo contabile nel settore agricolo rende
molto difficoltoso il processo di adozione e alimentazione di un adeguato sistema di rendicontazione
dei fatti aziendali da parte dell’imprenditore. Occorre individuare regole e comportamenti condivisi, in
modo da diffondere le competenze e gli strumenti basilari all’interno del mondo agricolo. La
redazione di semplici rendiconti e bilanci annuali sarebbe un passo fondamentale per dotare
l’imprenditore una guida nel processo decisionale.
Il Bilancio dell’Azienda Agricola
Il bilancio è anzitutto uno strumento di comunicazione i cui destinatari/interlocutori possono essere
interni o esterni rispetto all’impresa.

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Possibili destinatari dell’informativa di bilancio:
- Economista (per analisi e indagini settoriali);

- Politico (per supportare decisioni e riforme);


- Estimatore (per effettuare stime e perizie);

- Fisco (per verifiche e accertamenti);

- Funzionario di banca (per valutare l’affidabilità di un’impresa);

- Imprenditore.
Il bilancio è strumento di comunicazione, interna ed esterna, dell’attività d’impresa e delle sue
performance. Fornisce inoltre un quadro della situazione economica, finanziaria e patrimoniale
dell'azienda ed è la sintesi delle risultanze della gestione aziendale posta in essere durante un
determinato periodo di riferimento.
Il Bilancio Economico o Bilancio Colturale utilizzabile in ambito agrario consente una organizzazione
efficiente di tutte le attività legate alla vita dell'azienda ed è uno strumento fondamentale per i processi
di pianificazione e programmazione della gestione futura.
Tenuto conto degli scenari attuali e futuri, il bilancio economico può diventare, in particolare per il
piccolo e medio imprenditore agricolo, uno strumento di vitale importanza per misurare in modo
corretto e completo la performance ottenuta, al fine di garantire la continuità dell’attività.
Il più tradizionale (forse l’unico) strumento d’analisi e di pianificazione dell’impresa agraria è il
Bilancio Economico. Il bilancio economico nasce agli inizi del Novecento come strumento utilizzato
per esigenze di estimo rurale e viene successivamente adattato per ricavare alcuni indici e indicatori di
redditività preziosi per l’imprenditore (e non più per il perito). L’Obiettivo fondamentale del bilancio
economico utilizzato direttamente dall’imprenditore agricolo diventa:
- la determinazione dei risultati della gestione di un determinato esercizio;

- la misurazione delle capacità produttive e reddituali di una determinata azienda;

- la valutazione dell’efficienza economica, ma anche tecnica e produttività dei processi produttivi.


La fondamentale Divergenza tra il bilancio economico e un tradizionale bilancio di natura contabile
ricalca la distanza esistente tra le seguenti fattispecie:
- costi espliciti, che sono i costi che generano un flusso di denaro, quali ad esempio le spese varie
(acquisto di fertilizzanti, carburanti) o il salario per la manodopera dipendente;
- costi impliciti, detti anche costi figurativi o virtuali sono costi che non generano alcun flusso di
denaro (costo del lavoro familiare, costo del capitale proprio).

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La distinzione tra costi espliciti e impliciti sottolinea una differenza sostanziale tra il punto di vista
dell’economista e quello del contabile nell’analisi delle attività economiche. I contabili si limitano a
registrare tutti i movimenti monetari da e verso l’impresa; prendono cioè in considerazione i soli costi
espliciti. Gli economisti invece sono interessati a studiare le modalità secondo le quali le imprese
prendono le proprie decisioni di prezzo e di produzione: nel valutare i costi, prendono perciò in
considerazione anche tutti i costi di tipo implicito (spesso valutati in termini di costo-opportunità).
Il Bilancio Contabile è un documento che consente di analizzare la situazione economica,
(patrimoniale e finanziaria) di un’impresa alla fine di un determinato periodo di riferimento. È
strumento di diretta derivazione contabile in cui i prospetti di sintesi sono il risultato della ordinata
rilevazione di tutti gli accadimenti aziendali, sulla base di determinate regole e metodologie
ampiamente condivise. Le procedure contabili sono rivolte alla osservazione continuativa delle
operazioni cosiddette di gestione esterna, vale a dire di quelle operazioni che pongono in contatto
l’impresa con terze economie. Dal punto di vista economico il bilancio contabile consente di giungere a
una misura, il reddito di esercizio, che esprime il risultato della gestione attuata in un determinato
periodo di tempo.
Il Bilancio Economico (creato dall’economia agraria) è uno strumento che si concentra sull’analisi del
processo di produzione con cui l’impresa realizza determinate produzioni e consente di individuare
eventuali inefficienze tecnico-economiche cui cercare poi di porre rimedio; si fonda sulla distinzione
tra reintegrazioni e redditi. L’elaborazione del bilancio economico richiede la valutazione di una serie
di elementi di non agevole determinazione, che sono rappresentati dalle remunerazioni spettanti
all’imprenditore per i vari fattori da questi apportati.
Il bilancio economico non coincide con il bilancio contabile ed è costituito da un unico prospetto a
due sezioni:
- Attivo che comprende il valore dei beni e servizi prodotti dall’impresa e delle entrate accessorie;

- Passivo che comprende il valore dei beni impiegati e trasformati dall’azienda e la remunerazione
dei soggetti economici che li hanno forniti.
Il bilancio economico permette la rappresentazione del valore dei prodotti finiti ottenuti dall’azienda e
del contributo generato dai diversi fattori produttivi impiegati. I valori di attivo e passivo possono
essere rappresentati nella cosiddetta Equazione del tornaconto.

La Sezione Attiva e Passiva


La Sezione Attiva del bilancio economico è costituita dalla Produzione Lorda Vendibile (PLV). Per
produzione lorda vendibile si intende il valore dei prodotti finali (beni, servizi, entrate accessorie),
realizzati nel corso del ciclo produttivo e venduti o vendibili.

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La Produzione Lorda Vendibile (PLV) rappresenta il valore della produzione lorda realizzata
nell’azienda, al netto del valore dei prodotti reimpiegati nell’azienda e consumati nella produzione.
La PLV è anzitutto suddivisa tra le cosiddette reintegrazioni, ossia fattori consumati nel processo
produttivo. Rappresentano l’insieme dei costi oggettivi, sostenuti per reintegrare il consumo dei
fattori produttivi.
Una volta reintegrato il consumo dei beni impiegati nel processo produttivo, occorre remunerare
l’impiego dei restanti fattori produttivi (capitale e lavoro).
In caso di bilancio utilizzato anche ai fini di comunicazione e informativa esterna, diviene
fondamentale, per la comprensione dei successivi dati quantitativi, la preliminare presentazione e
descrizione dell’azienda, nonché dell’attività in essa esercitata.
Le Informazioni Primarie da fornire al lettore del bilancio economico sono:
- la Definizione dell’attività d’impresa esercitata (attività principali e connesse, tipologie di coltura);
- la Determinazione della SAU e misura delle altre porzioni di SAT (superficie totale aziendale);

- la Misurazione della quota destinata alle singole colture e di quella destinata ad altre funzioni.
Non sono compresi solo i beni e i servizi effettivamente venduti, ma anche quelli solo potenzialmente
collocabili sul mercato (ad esempio quelli auto consumati dall’imprenditore o destinati ai lavoratori).
Non rientrano nella PLV i prodotti destinati alla trasformazione in azienda oppure destinati al
reimpiego in azienda (paglia, letame).
La Produzione Lorda Vendibile non sempre coincide con la Produzione Totale Aziendale in quanto
per alcune produzioni può porsi il problema dei reimpieghi (prodotti conservati in azienda per un
successivo impiego quali mezzi di produzione come letame, foraggi, paglia, sementi).
L’assenza di principi contabili specifici per il settore agricolo e la mancanza di comportamenti
condivisi può rendere problematica la fase di valorizzazione delle grandezze da inserire nel bilancio
agricolo.
Per quanto riguarda i beni e i servizi destinati alla vendita il valore corrisponde al valore di mercato
corrisposto all’azienda. Per le fattispecie relative ad autoconsumo e remunerazioni in natura,
solitamente si fa riferimento al prezzo di mercato decurtato dei costi di commercializzazione. I
reimpieghi sono invece valutati sulla base dei prezzi di mercato, se esistenti, o con riferimento a
prodotti similari.
Per ottenere un valore di Produzione Lorda Vendibile coerente con l’effettivo risultato dei cicli
produttivi aziendali occorre considerare, accanto ai veri e propri ricavi di vendita, la variazione
intervenuta nelle scorte di magazzino durante l’annata agraria (prodotti accumulati in magazzino
consumati o venduti in esercizi successivi rispetto a quelli di produzione).

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Accanto alla tradizionale valutazione dei prodotti accumulati in magazzino, alcune aziende agrarie
sono chiamate a procedere al calcolo di grandezze del tutto particolari:
- ULS acronimo di utile lordo stalla (attività zootecnica), ovvero il valore delle variazioni
quantitative e qualitative del bestiame, nell’arco dell’annata agraria;
- ULB acronimo di utile lordo bosco (selvicoltura).
I proventi che non derivano da una specifica attività aziendale sono Entrate Accessorie (trattamento in
bilancio non sempre chiaro e condiviso). Possono ragionevolmente rientrare nella definizione di
entrate accessorie:
- le somme riscosse dalle imprese di assicurazione quali compensazione dei danni subiti dalle
produzioni per eventi accidentali verificatesi durante l’anno;
- gli interessi attivi sul conto corrente aziendale;

- I vari contributi integrativi alla produzione o alla realizzazione di servizi, previsti dalla politica agraria
comunitaria (PAC), contributi regionali.
La Sezione Passiva del bilancio economica presenta grandezze di costo Esplicito ed altre di costo
Implicito. Il passivo comprende il valore dei beni materiali impiegati e trasformati e la remunerazione
delle persone economiche che li hanno forniti.
Con il termine Spese Varie (SV) si è soliti indicare tutti gli acquisti di beni e servizi extra aziendali a
fecondità semplice (fattori produttivi a utilità immediata), che vengono cioè utilizzati nel corso di un
solo ciclo produttivo e che si distruggono con esso.
Appare dunque evidente come in questa voce del bilancio economico rientrino una pluralità di costi
molto eterogenei tra loro. Costi per acquisto di beni materiali, mezzi tecnici, servizi (carburanti e
lubrificanti, fertilizzanti, antiparassitari ed erbicidi, mangimi, spese di stalla, noleggi, servizi elettrici
e telefonici, consulenze varie).
Aldilà della eterogeneità e della variabilità delle componenti della voce SV (a seconda delle attività
esercitate dalla singola impresa), la valutazione di tale voce del bilancio economico non comporta
particolari problematiche. I costi di beni e servizi sono infatti ricavabili da documenti cartacei
solitamente a disposizione dell’imprenditore (fatture, ricevute).
Analogamente a quanto detto per la PLV, anche per la corretta imputazione delle SV occorre
considerare la variazione delle scorte di magazzino.
Le Quote (Q) rappresentano il costo annuo necessario per mantenere costante l’entità e l’efficienza
dei capitali a logorio parziale. Sono quote di costo relative a beni a utilità ripetuta che esplicano la
loro funzione in più esercizi o cicli produttivi.

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Le reintegrazioni relative ai capitali fissi sono riassumibili in Quote di Ammortamento o di reintegro
(QR), intendendo la stima della misura in cui il capitale perde di valore durante un periodo, a causa
di usura per l’uso, usura dovuta al tempo e obsolescenza, e Quote di Manutenzione (QM) che
rappresenta la spesa relativa agli interventi effettuati sugli elementi di capitale a logorio parziale
affinché gli stessi conservino le migliori condizioni di funzionamento ed efficienza (manutenzione
ordinaria e straordinaria). La Quota di Assicurazione (QA) infine rappresenta la spesa sostenuta per
assicurare i vari elementi del capitale dall’eventuale rischio di danneggiamento per cause accidentali. A
differenza delle quote di ammortamento e manutenzione, quelle di assicurazione non interessano solo
ed esclusivamente i fattori a utilizzo pluriennale, ma anche gli elementi del capitale circolante come
i prodotti di scorta, e addirittura le produzioni attese: si pensi al caso delle assicurazioni contro i danni
provocati dalla grandine.

Imposte e Contributi
Tra le Imposte troviamo:
- Irpef, Imposta sul Reddito delle Persone Fisiche;

- Irap, Imposta Regionale sulle Attività Produttive;

- IVA, Imposta sul Valore Aggiunto;


- IMU, Imposta Municipale Unica;

- TASI, tributo per i servizi indivisibili;


Tra le voci, che la dottrina inserisce nella categoria dei Redditi, vi sono i compensi per le attività
umane (di tipo lavorativo) prestate presso l’azienda agraria. Tali compensi sono riassumibili in:
- salario (SA) rappresenta il compenso del lavoro manuale ovvero quello impiegato nell’esecuzione
delle attività aziendali;
- stipendio (ST) corrisponde invece al compenso del lavoro intellettuale che comprende le attività di
amministrazione, direzione e sorveglianza.
Entrambe le tipologie di prestazioni lavorative, manuale e intellettuale, possono poi essere fornite da
personale extra aziendale oppure direttamente dall’imprenditore e dai suoi famigliari.
Nel primo caso salario e stipendio rappresentano costi espliciti, la cui determinazione è immediata e
non pone alcun problema, ossia emolumenti fissati sulla base di un contratto collettivo nazionale e
dati effettivi ricavabili dal libro unico del lavoro (LUL).
Nel caso di apporto lavorativo proveniente dall’agricoltore e dai membri della sua famiglia invece la
valutazione monetaria dei compensi da lavoro presenta più di una difficoltà.

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Di norma per la Determinazione dei Costi Impliciti si ricorre al tradizionale criterio del costo-
opportunità. La remunerazione dei fattori apportati dall’imprenditore è determinata sulla base dei
compensi che tali fattori riceverebbero qualora destinati ad analoghi impieghi fuori dall’azienda (In
genere il costo-opportunità viene a coincidere coi relativi prezzi di mercato, per quanto riguarda il
fattore lavoro occorrerà dunque riferirsi alle tariffe sindacali vigenti per i salariati fissi o per gli
avventizi).
La quantificazione del costo del lavoro secondo criteri di mercato comporterebbe per molte aziende
agricole la determinazione di un risultato di reddito netto negativo (l’attività d’impresa risulterebbe
antieconomica).
Il criterio più idoneo per la Valutazione dei Costi Impliciti ai fini della compilazione del bilancio
economico sembra essere quello definito come retribuzione minima soddisfacente. Si tratta di un
criterio altamente soggettivo, di non facile traduzione operativa in quanto connesso alle esigenze del
singolo agricoltore, che può considerare soddisfacenti livelli di remunerazione dei fattori da lui
apportati che siano inferiori rispetto ai prezzi del mercato. Ricerche empiriche dimostrano come la
remunerazione effettivamente percepita dall’imprenditore agricolo e/o dai famigliari (e pertanto da
questi ritenuta soddisfacente) è spesso inferiore rispetto ai redditi che percepirebbe un operaio
impiegato nella medesima azienda.
Per la determinazione dei Salari e degli Stipendi Impliciti, a prescindere dal criterio scelto, occorre
procedere al calcolo delle giornate (o delle ore di lavoro) prestate dall’imprenditore e dai componenti
della famiglia, distinguendo le qualifiche dei vari soggetti prima di attribuire un valore monetario ai
relativi compensi. Ai fini delle successive analisi di bilancio è di estrema rilevanza arrivare a
determinare il numero di unità lavorative, UL, impiegate in azienda, ovvero convertire l’ammontare
delle ore effettivamente lavorate in azienda in numero di addetti a tempo pieno. Operativamente è
possibile considerare un livello di salario tra il 50% e il 90% dei prezzi vigenti sul mercato del lavoro.
Nella prassi si tende a quantificare il livello del compenso per il lavoro intellettuale prestato
dall’imprenditore esprimendo lo stipendio direttamente in termini di percentuale, con un campo di
variazione tra il 3% e il 6%, della produzione lorda vendibile.
Interessi sul Capitale Agrario
Il capitale agrario o di esercizio è costituito da tutti i mezzi produttivi fisicamente mobili necessari
per ottenere la produzione. Il capitale di esercizio comprende il capitale di scorta e il capitale di
anticipazione.
Il Capitale di Scorta è formato dagli strumenti di scorta quindi mezzi e fattori produttivi utilizzabili in
azienda per più ciclo produttivi (macchine e bestiame) e dai prodotti di scorta quindi capitali utilizzati
in un unico ciclo produttivo (foraggi, concimi, carburanti). Il valore del capitale di scorta sul quale
devono essere calcolati gli interessi è individuato nel valore delle scorte presenti in azienda all’inizio
dell’anno.

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Il Capitale di Anticipazione è costituito dalla somma di denaro necessaria per sostenere le spese di
gestione dell’attività produttiva. Poiché le spese di gestione si verificano durante tutto il processo
della produzione, mentre i ricavi sono di norma concentrati alla fine del processo stesso, il capitale di
anticipazione è visto come la somma di denaro necessaria per affrontare tali spese in attesa della
produzione. Per calcolare gli interessi si deve determinare il periodo medio di anticipazione che
rappresenta la frazione di anno in cui si stima che il capitale debba essere anticipato. Applicando tale
frazione al capitale circolante si ottiene l’ammontare del capitale di anticipazione su cui saranno
calcolati gli interessi.

Beneficio Fondiario e Tornaconto


Con la locuzione Beneficio Fondiario (BF) l’economia agraria è solita indicare la remunerazione
spettante alla figura economica che concede all’attività aziendale l’uso del capitale fondiario di sua
proprietà.
Il Capitale Fondiario è il capitale fisso (utilizzabile infatti per più annate agrarie), costituito dalla terra
nuda e dai capitali stabilmente investiti su di essa, i cosiddetti miglioramenti fondiari.
Il beneficio fondiario corrisponde al costo esplicitamente sostenuto per il canone di locazione in caso
di terreni condotti in affitto. Più problematica è la determinazione del BF in caso di fondo di proprietà
dell’imprenditore stesso.
In questo caso il costo implicito può essere calcolato:

- facendo riferimento al canone d’affitto per fondi simili, al netto di tutte le spese che colpiscono il
capitale fondiario (es. imposte, manutenzione straordinaria);
- applicando un tasso d’interesse, generalmente pari al 2%, al valore di mercato del fondo
comprensivo dei miglioramenti fondiari.
Il bilancio economico nella sua tradizionale impostazione individua innanzitutto la misura del
Tornaconto, quale risultato reddituale di sintesi spettante alla figura imprenditore puro o astratto.
Questo si limita a reperire e organizzare i fattori produttivi e per tale compito ottiene come compenso
il profitto.
L’imprenditore considerato nella costruzione di un bilancio economico è dunque un soggetto che non
apporta direttamente alcun fattore produttivo, non è proprietario del fondo, non è proprietario del
capitale agrario, non svolge lavoro manuale e intellettuale all’interno dell’azienda.

Determinazione Reddito Netto


La differenza tra quanto viene ricavato e quanto effettivamente speso dall’imprenditore è il complesso
delle retribuzioni spettanti a figure concrete di imprenditori agricoli che assume configurazioni
differenti in base all’apporto dei fattori produttivi da parte dell’agricoltore.

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La Determinazione Reddito Netto (RN) consiste semplicemente nel detrarre dalla produzione lorda
vendibile tutti i costi esplicitamente sostenuti dall’azienda, cosicché nel reddito netto residuino
solamente i costi impliciti. Il RN è dunque l’unica grandezza il cui valore può essere considerato
attendibile: essendo dato dalla differenza tra quanto ricavato e quanto effettivamente speso, la sua
determinazione prescinde da tutte quelle valutazioni poco ortodosse o altamente soggettive
conseguenti all’applicazione del criterio del costo-opportunità piuttosto che della retribuzione
minima soddisfacente.
Tra gli Indici Tecnici troviamo:
- SAU/UL: il rapporto tra superficie agraria utilizzata e unità di lavoro, fornisce una misura
dell’intensità del fattore lavoro, esprimendo gli ettari di superficie agraria utilizzata dalla singola
unità di lavoro.
- KF/UL, esprime il valore del capitale fondiario per unità di lavoro;

- KA/UL, capitale agrario per unità di lavoro, è simile al parametro precedente, ma include al
numeratore il valore del bestiame, delle scorte e delle anticipazioni colturali, offrendo una misura
degli investimenti aziendali non legati al possesso dei terreni;
- KF/SAU, esprime il valore del capitale fondiario per ettaro di SAU;
- KA/SAU, esprime il valore del capitale agrario investito per ettaro di
SAU. Tra gli Indici Economici troviamo:
- PLV/UL, esprime la produttività del lavoro impiegato per unità lavorativa;

- PLV/SAU, misura la produttività per ettaro di terreno;

- RN/UL, esprime il valore del reddito netto, calcolato nel bilancio economico e al lordo dei costi
del lavoro familiare, che rimane a disposizione di ogni unità lavorativa;
- RN/SAU, analogamente al precedente indice e esprime il valore del reddito netto per ettaro di
superficie agraria utilizzata.
Il Ricorso a Capitali di Terzi impone di effettuare valutazioni in merito all’equilibrio finanziario
nel breve e nel lungo periodo, di monitorare il livello di disponibilità e liquidità, le esposizioni. I
tradizionali strumenti forniti dall’economia agraria non sembrano in questo senso fornire
all’imprenditore l’adeguato supporto informativo che consenta di implementare un processo di
pianificazione che tenga conto non solo del profilo economico, ma anche di quello patrimoniale e
finanziario. Per l’imprenditore agricolo conoscere con precisione la misura effettiva della redditività
dell’attività svolta diventa un aspetto sempre più cruciale. Il bilancio economico fornisce, in tal senso,
informazioni indispensabili e costituisce al contempo la base informativa da cui partire per
pianificare e programmare l’attività futura.

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