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Si tratta di un poema di genere epico-eroico scritto in inglese antico, di 3182 versi allitteranti, di
datazione incerta; occupa un posto di rilievo in tutta la letteratura anglosassone, anzi in tutta la
letteratura germanica antica, in quanto è l’unico poema epico completo di questo genere, scritto in
un’antica lingua germanica.
Composto, non sappiamo decidere quando, tra il 700 e il 1000, è tramandato in un unico
codice, il ms London, British Library, Cotton Vitellius A XV (X secolo), insieme ad altri testi di
mirabilia in traduzione inglese. Il codice, infatti, è concepito come una minuscola biblioteca di
meraviglie o come di enciclopedia di difformità: Le Meraviglie d’Oriente, La Lettera di Alessandro
ad Aristotele, una passione di San Cristoforo (concepito come gigante cinocefalo) e ancora un testo
poetico di argomento Biblico, la Giuditta, anch’esso (per certi versi, come la descrizione di
Oloferne con tratti bestiali) si presenta a soggetto meraviglioso.
Il tema di fondo è quello del mostruoso. I mostri del Beowulf appartengono a due tipologie
elencati nei versi di Maxims II (un’opera di carattere gnomico del corpus poetico anglosassone): il
gigante che dimora solitario nella palude e il drago che vive nel tumulo vecchio e fiero dei tesori.
Attraverso questa galleria di mostri il Beowulf, incarna nei suoi versi, l’eterna lotta tra il Bene e il
Male, tra la giovinezza e la vecchiaia, tra la vita e la morte, luce contro tenebre. E non solo: il suo
autore anonimo, presenta una rivisitazione dell’età eroica in chiave cristiana (più precisamente in
prospettiva veterotestamentaria): è una celebrazione dei valori e dei riti e della gioia della sala
guerriera che però si intreccia con il racconto del dolore delle faide con mostri e tra i popoli, ed è,
ancora, elegia sulla labilità dell’esistenza umana, della caducità della storia degli uomini e delle
nazioni.
La disputa sulla datazione del poema ha assorbito a lungo la riflessione critica (oscillando
tra il 650 e l’850. La materia del poema è interamente scandinava, cosa che sembra presupporre un
periodo di interesse per la cultura nordica impensabile dal IX secolo in poi (nel clima di ostilità e
terrore introdotto dalle razzie vichinghe) e una raffinatezza logica e tecnica sviluppatasi almeno con
l’età mdi Beda (VII-VIII secolo). La localizzazione è strettamente legata all’ipotesi della datazione:
Nella brillante età di Beda, lo sfondo più adatto sarebbe forse la corte del dotto re Aldfridh di
Northumbria, morto nel 705; pensando invece all’VIII secolo, non si può evitare di vedere nel
poema un riferimento diretto al re Offa di Mercia. Uno strumento di datazione particolarmente
suggestivo è lo splendido tesoro funerario trovato nel 1939 a Sutton Hoo nel Suffolk, (l’antica
Anglia orientale). Nella sepoltura all’interno di una nave interrata, databile tra il 625 e il 655, si
sono trovati armi e gioielli con caratteristiche sorprendentemente simili a molte descrizioni del
Beowulf: elmo con fregi a figure di cinghiale, un liuto. Uno scudo con larga borchia centrale, una
cotta di maglia.
La Storia
vv.1-63 (prologo): Genealogia degli Scylding e funerale di Scyld.
Il poema di apre con un riferimento alla gloria dei re danesi e alla loro genealogia. Si accenna al
capostipite della stirpe danese, Scyld, al suo arrivo misterioso dal mare (come Mosè), che giunge
come una benedizione a risollevare le sorti del popolo danese in un periodo di crisi. Scyld ha poi un
figlio, Beowulf (da non confondere con il protagonista del poema, che in realtà è un principe dei
Geati), a sua volta padre di Healfdene; quest’ultimo è padre di Hrothgar, il re protagonista delle
vicende narrate nel poema. Il prologo si conclude con il racconto del funerale di Scyld, riaffidato al
mare da dove era venuto, carico di tesori.
Il poema è ricco di digressioni più o meno lunghe, che fanno riferimento a numerose altri
episodi e leggende del mondo germanico pagano o della storia di queste popolazioni e che danno
varietà e sfondo alla storia principale. Quattro sono i rinvii all’episodio di Hygelac (fatto storico
narrato da Gregorio di Tours, ma anche nel Liber Monstrorum); svariati accenni (specie nella
seconda parte) alle guerre svedesi; ancora vengono menzionati fatti e cose della mitologia nordica
(la collana dei Brisinghi); a Welund, il fabbro leggendario, artefice della cotta di maglia che
Beowulf riceve in dono dal nonno Hrethel (v. 455); a Sigemund, eroe leggendario della saga dei
Volsunghi, uccisore di un drago (vv. 875, 884, la cui impresa, però, nella leggenda dei Nibelunghi
viene attribuita il figlio Sigfrido-Sigurdhr). La digressione più lunga è senz’altro quella
dell’episodio di Finn (vv. 1068-1159). In uno scontro in Frisia è ucciso il capo danese Hnaef, ma le
perdite subite spingono il capo frisone Finn a stringere un patto con i superstiti danesi e con il loro
1
Il riferimento (che compare nel poema 4 volte) all’incursione in Frisia di Hygelac, zio materno di B., è in realtà un
avvenimento storico documentato nella Historia Francorum (III, 3) di Gregorio di Tours, databile al 520. Si tratta di un
assalto per mare nelle Gallie, contro i Franchi (qui assimilati ai Frisi) da parte di un gruppo di Danesi capeggiati dal loro
re Chlochilaicus, per distruggere il regno di Teoderico (511-533), successore di Clodoveo. Chlochilaicus viene però
ucciso dal figlio di Teoderico e la flotta danese è sconfitta in una battaglia navale. L’avvenimento ha lasciato un’eco nel
Liber Monstruorum, una compilazione di mirabilia, di probabile originie inglese (VII-VIII secolo), all’inizio del quale
si parla della corporatura gigantesca di Huiglaucus, re dei Geti, ucciso dai Franchi, le cui ossa sono conservate in
un’isola alla foce del Reno e mostrate come cosa mirabile a quanti arrivano da lontano.
nuovo capo Hengest. Hildeburh, danese, moglie di Finn e sorella di Hnaef, fa ardere nella stessa
pira il fratello e il propiro figlio, pure caduto nello scontro. Hengest resta tutto l’inverno con Finn,
ma a primavera, sollecitato anche dai suoi, scatena la vendetta e Finn è ucciso nella sua sala. I
danesi ritornano in patria con Hildeburh. Lo scontro iniziale è parzialmente raccontato in un altro
testo, la Battaglia di Finnsburg, dove i Danesi (ospiti dei Frisoni) sono attaccati di notte in una sala
e si battono per 5 giorni senza perdite.
Alla non linearità del racconto contribuiscono anche i commenti gnomici, l’amplificazione
dei discorsi e la predilezione per l’alone emotivo dei fatti più che la loro diretta narrazione: la gioia,
il terrore, l’angoscia, il lamento, l’aspettativa e ogni forma di impatto che cose, uomini e fatti hanno
sull’animo: la lucentezza delle armi, l’orrido di un paesaggio, l’imponenza di una figura, la
desolazione di un verso di un uccello. I fatti, gli episodi vengono quasi evocati, più che narrati
direttamente: la lotta di Beowulf e Grendel in Heorot è una zuffa notturna di cui possiamo solo
immaginare di vedere solo forme indistinte e Grendel stesso è visualizzato come una nera ombra di
morte, una sagoma oscura nel buio del paesaggio, con una luce maligna negli occhi. E mentre i due
squassano la sala, la scena è udita più che vista. Una delle scene più impressionanti del poema, la
colluttazione tra B. e Grendel è raccontata dall’esterno della reggia e solo nelle sue conseguenze o
nelle sua manifestazioni estreme: si vedono le panche divelte che schizzano via dalla soglia, si
sentono il fracasso, le pareti che tremano, il terribile ululato del mostro.
La società guerriera
Il Beowulf è sostanzialmente la grande celebrazione della società guerriera germanica, le cui
istanze, i cui valori e principi si affermano nell’era delle grandi migrazioni e invasioni barbariche
(375-568). E’ l’esaltazione di un mondo aristocratico e guerriero, i cui personaggi sono noti a tutta
la compagine germanica antica e che già Tacito descrive nella Germania a proposito del comitatus.
Gli ideali della poesia eroica sono quelli propri di una classe aristocratica, virile e guerresca, quale è
quella che si afferma nell’età delle migrazioni (375-568).2 Al centro di questa società sta il signore
con il suo seguito; signore e guerrieri sono uniti da un legame, giuridico ed etico, che sta al di sopra
di qualunque altro vincolo, sia pure quello di sangue: il legame della fedeltà reciproca fino alla
morte. Nei capp. 13 e 14 della Germania, Tacito parla di questo nucleo dell’antica società
germanica, designandolo con un termine ben preciso, divenuto poi tecnico, di comitatus, che indica
propriamente l’insieme dei comites (colleghi).
In base al legame di fedeltà è un disonore per il guerriero tornare dalla battaglia senza il
proprio principe, come si legge nel cap. 14 della Germ.: “Quando si viene a battaglia, è vergognoso
per il principe lasciarsi superare in valore, ed è vergognoso per il seguito non uguagliare il valore
del principe. Inoltre è cosa infamante ed ignominiosa per tutta la vita l’essere ritornati dalla
battaglia sopravvivendo al proprio principe”. Storiografi greci e romani (es. Procopio) raccontano,
infatti, di casi in cui gruppi di Germani, morto il loro condottiero, preferivano farsi uccidere anziché
tornare a casa senza il loro capo (per la citazione dalla Battaglia di Finnsburg, v. infra.)
Tra i compiti del signore del comitatus rientra l’obbligo di curarsi delle esigenze materiali
dei suoi uomini, e non limitatamente a quelle relative alla vita militare: Tacito riferisce anche che i
membri del comitatus esigono e ricevono dal loro signore “cavallo e lancia” e che “contano come
stipendio (cedunt pro stipendio) banchetti e sfarzi (epulae et apparatus), sebbene rozzi, tuttavia
abbondanti (quamquam incompti tamen largi...)”. Non è in caso, del resto, che il termine ingl. Lord
derivi da un antico composto ags. *hlāf-weard > hlaford “custode del pane”.
Questi si svolgono nella sala, luogo che, nel “teatro” eroico germanico, assume particolare
importanza, essendo essa molto spesso centro e cornice della vita dei membri del comitatus e del
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In passato, si è tentato di rintracciare le origini del canto eroico all’epoca di Tacito, che negli Annali (II, 88) fa
menzione di alcuni canti commemorativi in onore di Arminio. In realtà, l’ipotesi più credibile è che questi canti in onore
di Arminio appartengano piuttosto ad una poesia di tipo genealogico. Il canto eroico, vero e proprio, nasce invece molto
più tardi, per l’appunto, nell’età delle migrazioni.
proprio principe: lì, infatti, arrivano i messaggeri e vengono prese le decisioni; lì, bevendo idromele
e birra, gli eroi si vantano delle gesta compiute (il dōm) o promettono future prodezze al proprio
signore; lì, fra gli ospiti, può scoppiare la lite sanguinosa, e lì chi viene da lontano, porge omaggio
al re; lì, infine, il principe promette ai suoi sudditi il ricco bottino e lì questo viene distribuito poi
dalle sue mani.
Il capo del seguito ha, infatti, anche il dovere di essere generoso verso i propri uomini; per
questa sua qualità egli viene chiamato “dispensatore d’oro”, “donatore degli anelli” (ags. beaggifa,
sincgifa, goldwine gumena).
La fedeltà del guerriero verso il proprio signore è intimamente connessa con il codice
d’onore, che costituisce la spina dorsale etica della poesia eroica germanica. Nella Battaglia di
Finnsburg la lotta dei bravi seguaci di Hnæf viene parafrasata con la seguente immagine titpica:
La mancata osservanza di tale dovere verso il proprio signore è un marchio d’infamia per tutta la
vita. L’esempio più celebre di dedizione al proprio signore ci è offerto dalla Battaglia di Maldon,3
che si riferisce ad un episodio riportato nella Cronaca, all’anno 991. Riallacciandosi alla più antica
tradizione epica, il poema ha per soggetto uno dei tanti scontri che si ebbero fra Inglesi e Danesi per
la supremazia del territorio anglosassone. Come abbiamo puntualizzato, gli antichi poemi epico-
eroici non prendevano a soggetto avvenimenti storici recenti e neppure recavano tracce di un
sentimento patriottico nazionale (come fa invece, la BdM). Ciononostante, the Battle of Maldon è
molto simile, nello spirito, a quell’antica poesia. È la storia di una sconfitta inglese disastrosa, in
cui, tra gli altri, trova la morte, l’ealdorman Byrhtnoth, in un disperato e coraggioso tentativo di
arrestare le forze danesi. Questo testo esemplifica la grande storia dei seguaci fedeli, che
preferiscono morire con il proprio signore per vendicarne la morte e per risparmiarsi il vergognoso
ritorno a casa senza di lui. Quando l’ealdorman Byrthnoth muore, ecco ciò che succede:
“Tutti videro,
3
Verso la fine del periodo anglosassone, la vecchia nota eroica, per tanto tempo silenziosa, ritorna in due bei poemi di
soggetto contemporaneo. Il primo è la Battaglia di Brunanburg, riportato dalla Cronaca all’anno 937: esso celebra la
vittoria ottenuta da Æthelstan, re del Wessex e da Edmondo suo fratello, contro le forze alleate di Olaf re di Norvegia,
Costantino re di Scozia e dei Britanni del regno di Strathclyde. Si avverte una notevole differenza tra la sostanza epica
di questo poema e quella della tradizione anglosassone precedente. In Beowulf e negli altri poemi l’accento era posto
sull’eroe individuale, le cui origini nazionali avevano scarsa importanza: egli era un eroe germanico e come tale godeva
dell’ammirazione di tutti i popoli germanici, senza alcun pregiudizio nazionale. In The Battaglia di Brunanburg, invece,
trova espressione un forte sentimento patriottico: la vittoria è una conquista delle forze inglesi sui nemici norvegesi,
scozzesi e gallici. L’altro è la Battaglia di Maldon.
i compagni del focolare che il loro padrone giacque.
Allora avanzarono i valorosi guerrieri,
gli uomini prodi si affrettarono con impeto:
tutti vollero una delle due cose,
o perdere la vita o vendicare il loro caro (signore)”.
Uno dei compagni esprime il desiderio di vendicare il suo signore con queste parole:
Come i seguaci del principe hanno il dovere di rimanere fedeli al proprio signore fino alla
morte, così il principe ha l’obbligo di curarsi delle esigenze materiali dei suoi uomini. Il Widsith
esalta costantemente la liberalità dei numerosi principi visitati dal poeta, i quali sovente gli
regalarono gioielli e bracciali d’oro, come ricompensa per il suo canto. Il più generoso si dimostrò
Alboino:
Tra i motivi che spingono l’eroe all’azione, oltre ad interessi materiali, come la conquista dell’oro,
armi e corazze, ve n’è uno che sta alla base di tutti (a cui già abbiamo accennato) e ne costituisce il
denominatore comune: l’orgoglio, l’onore, la gloria, il dōm, l’impulso a rendersi immortali. Tali
valori sono posti al di sopra del vincolo di parentela o di amicizia. Come dimostrano le numerose
espressioni del linguaggio poetico anglosassone denotanti la “gloria”, tale concetto deve avere
avuto un ruolo particolare nella poesia eroica ed encomiastica precristiana. La gloria è il compenso
dell’eroe pagano: egli continuerà a vivere dopo la morte (onorevole), e non nell’aldilà o in un regno
di gloria, ma sulla bocca della gente che racconterà le sue avventure. Dall’onore leso, scaturisce
l’impellente necessità della vendetta, che ovviamente è vendetta di sangue (tratto, questo, presente
anche nell’istituzione della Sippe, tipico, anche se non esclusivo, della cultura germanica primitiva).
La Battaglia di Finnsburg (da quanto possiamo dedurre dai pochi frammenti rimasti) e il Poema dei
Nibelunghi. tanto per citare solo due esempi, sono imperniati del motivo della vendetta. L’onore
leso, o la paura di perderlo, costituisce uno dei motivi centrali anche nel Carme di Ildebrando.
La prospettiva cristiana
L’età eroica è rivisitata da un poeta cristiano per un uditorio cristiano. E’ stato affermato che più
che un poema “arcaico” che ha assunto coloriture cristiane nel processo di trasmissione, il B. è un
poeta moderno in cui un presente cristiano ripensa un passato eroico e pagano intrecciando al suo
“lascito” di storie e valori guerrieri altre storie e valori. Dio è una presenza constante nel poema,
che viene invocato e ringraziato continuamente, come creatore, rettore, arbitro, padre, giudice. E’
l’eterno signore che da sempre governa gli uomini, regge tempo e stagioni, ha potere su tutto e tutti,
distribuisce doni agli uomini, assegna la vittoria in guerra, soccorre nelle avversità, concede onori.
Il canto della creazione (vv. 90b-98), la progenie di Caino, il rimprovero di paganesimo mosso ai
danesi, il diluvio, il discorso di Hrothgar sulla superbia e la caducità umana, l’inferno dove va
l’anima pagana di Grendel sono tutti elementi cristiani che il poeta intercala alle sue vicende
eroiche, i sentimenti religiosi che intreccia con il racconto e mette in bocca ai personaggi.
E inoltre, la labilità della presenza umana nella storia è un’idea costante che permea tutto il
poema e soprattutto la parte finale, in cui è implicito un senso cristiano di rassegnazione e speranza.
Il cristianesimo del poema è genericamente veterotestamentario, basato sull’idea di un Dio
creatore, giudice e signore.