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ANTOLOGIA

Primi
giorni
MITO-EPICA
6
Percorsi di
RIPASSO e RECUPERO
per chi incomincia la classe 2a

Poemi CLASSICI
MEDIOEVALI
Il mondo dei CAVALIERI
A
ED PER SCOPRIRE I POEMI EPICI MEDIEVALI
SCH

L’EPICA MEDIEVALE
Nel 476 d.C., con il crollo dell’Impero romano d’Occidente, iniziò un lungo periodo
storico, detto Medioevo, che convenzionalmente si fa durare sino al 1492, anno in cui
Cristoforo Colombo raggiunse il continente americano. I primi secoli del Medioevo
– cioè l’Alto Medioevo, dal 476 al 1000 – furono caratterizzati da tre eventi di fonda-
mentale importanza per l’Europa:
• le invasioni dei Germani nei territori dell’Impero romano, che provocarono di-
struzioni ma, nello stesso tempo, portarono alla formazione dei popoli dell’Euro-
pa moderna: i Francesi, gli Spagnoli, i Tedeschi…;
• la diffusione della religione cristiana, che influenzò profondamente la mentalità,
i comportamenti, le abitudini di vita di uomini e donne;
• l’avanzata araba in Occidente, a partire dall’VIII secolo, che contribuì al raffor-
zamento dell’identità cristiana degli Europei, in contrasto con i musulmani che
conquistarono la Spagna e la Sicilia.

IL MONDO DEI CAVALIERI


Come nella poesia epica classica, anche nel Medioevo l’epica ha cantato le imprese
e le gesta di eroi e guerrieri, con una grande diffusione sia in forma di poemi sia di
romanzi.
Dal 1000 al 1500 circa, un po’ in tutta Europa vennero scritte centinaia di opere aven-
ti per protagonisti nobili e cavalieri e per argomento le loro imprese eroiche. Alle
sue origini l’epica medievale,
proprio come l’epica classica,
ha avuto la funzione di cele-
brare un’identità culturale.
In un’epoca in cui i popoli eu-
ropei si sentivano minacciati
dalle scorrerie e dalle inva-
sioni, i poeti cantavano le im-
prese dei cavalieri, celebrati
come esempi di fedeltà ai
loro sovrani, come difenso-
ri della cristianità, protettori
dei deboli e degli indifesi. Le
“canzoni di gesta”, dunque,
verso il 1000-1100 d.C. rac-
contavano leggende fiorite
intorno ad alcuni episodi sto-
rici, primi fra tutti gli scontri
con gli Arabi.

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L’EPICA MEDIEVALE ED
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I POEMI CAVALLERESCHI
DEL PERIODO MEDIEVALE
Gli autori dei poemi cavallereschi furono, spesso, anonimi: si trattava di cantori e
giullari, cioè artisti che si spostavano da una corte all’altra, o da una piazza cittadina
a un’altra, narrando storie i cui protagonisti erano cavalieri e dame, accompagnati da
uno strumento a corde: la viola. Il latino ormai era conosciuto solo dai dotti e dagli
ecclesiastici, pertanto i cantori utilizzavano i cosiddetti volgari, cioè le lingue parlate
nella vita quotidiana, che variavano da una zona all’altra dell’Europa. Per questo mo-
tivo, i poemi cavallereschi rappresentano “l’atto di nascita” di alcune letterature
europee: la letteratura francese, la letteratura tedesca e la letteratura spagnola.
Il testo più antico è il poema anglosassone BEOWULF (sec. VII-VIII): prende il nome
dal protagonista, l’eroe Beowulf che, grazie al suo coraggio, libera il regno di Dani-
marca da due mostri che ogni notte facevano strage di guerrieri.
I testi del periodo medievale possono essere suddivisi in base ai popoli di cui cantano
le gesta o al periodo storico in cui sono stati scritti. Si possono, dunque, raggruppare
in cicli, termine che, nel linguaggio letterario, indica un insieme di opere dai conte-
nuti diversi ma caratterizzate dalla presenza degli stessi personaggi.

I principali cicli sono:


• il CICLO CAROLINGIO, che ha come protagonista il con-
te Rolando, paladino di Carlo Magno, cavaliere forte e le-
ale, che si spinge fino all’estremo sacrificio per fedeltà a
proprio sovrano e in difesa degli ideali cristiani;

• il CICLO BRETONE, più fantasioso del precedente, rac-


conta le leggende epiche legate alla figura di re Artù, che
secondo la tradizione, avrebbe difeso la Britannia dagl
Angli e dai Sassoni; in queste opere predominano l’ele-
mento magico, il sentimento amoroso e la passione pe
l’avventura;

• il CICLO GERMANICO, ambientato nel leggendario re-


gno dei Nibelunghi e nelle terre del Centro-Nord Europa
Fu composto intorno al XIII secolo e ha come protagonist
l’eroe Sigfrido, che riesce a impossessarsi di un ricchis-
simo tesoro, l’oro del Reno, da cui però gli deriverann
molte disgrazie.

Vi è poi il POEMA SPAGNOLO, composto tra il XII e il XIII secolo, che ha come prota-
gonista il Cid Campeador, un cavaliere impegnato nella lotta contro gli infedeli e nella
difesa del proprio onore, oltraggiato da cortigiani invidiosi.

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ED PER SCOPRIRE IL POEMA PIÙ ANTICO
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BEOWULF
Questo poema prende il nome dal suo protagonista, l’eroico principe Beowulf (nome
che significa “predatore di miele”, “orso”) nipote del re dei Geati Hygelac, storica-
mente esistito, ed è ambientato nella regione detta ancor oggi Götaland, nella Svezia
meridionale. Il Beowulf è la più antica opera epica della letteratura anglosassone,
infatti fu composto probabilmente verso la metà dell’VIII secolo d.C., ed è giunto a noi
in una copia trascritta due secoli dopo da monaci amanuensi.

LA TRAMA
Il giovane guerriero Beowulf parte per andare a liberare il regno del danese Hrothgar
da un orco di palude che lo sta devastando. Affronta e sconfigge sia il mostro sia sua
madre. Molti anni dopo, quando è diventato un anziano re, Beowulf deve combattere
contro un drago che custodisce un tesoro, ma muoiono entrambi nella lotta e il tesoro
alla fine viene sepolto insieme con Beowulf.

I TEMI
Quest’opera continua ad affascinare i lettori di tutte le età perché la sua vicenda,
pur cosi lontana nel tempo, contiene grandi valori di sempre, come l’amicizia. Infatti
Beowulf, del popolo dei Geati, abitanti della Svezia meridionale, attraversa il Mare del
Nord per andare in soccorso di un popolo diverso dal suo. Lì incontra il guerriero da-
nese Unferth, che con il tempo diventerà suo amico sincero.
Nel mondo anglosassone il Beowulf è un’opera che si studia a scuola e che ha il valore
che nell’area mediterranea hanno l’Iliade e l’Odissea. Ha influenzato scrittori, registi
cinematografici, autori di fumetti.
Il Beowulf va ricordato per l’invenzione del drago, figura che nel corso dei secoli ha
affascinato scrittori e artisti; per Grendel, l’antagonista della storia, che è il caposti-
pite degli orchi mangia-uomini, e per i troll che popolano ancora oggi la letteratura
fantasy.

I personaggi e i luoghi

GEATI DANESI
(abitanti dell’odierna HROTHGAR, re dei Danesi
Svezia del sud) AESCHERE, compagno di battaglia di re Hrothgar
BEOWULF, guerriero e poi re BEOW, re dei Danesi, nonno di re Hrothgar
ECGTHEOW, padre di Beowulf HEOROT, la reggia di Hrothgar (il nome significa
“cervo”)
HYGELAC, re dei Geati, zio di
Beowulf, personaggio storico MOSTRI
WIGLAF, giovane cugino di GRENDEL , orco delle paludi • MADRE DI GREN-
Beowulf DEL • IL DRAGO

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PER SCOPRIRE IL CICLO CAROLINGIO ED
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IL CICLO CAROLINGIO
E LA CHANSON DE ROLAND
Tra i più famosi poemi cavallereschi del Medioevo vi è la Canzone di Rolando, opera
composta di 290 lasse, strofe di varia ampiezza formate da versi decasillabi (di dieci
sillabe) legati tra loro da un’assonanza finale, cioè da una rima imperfetta creata dall’u-
guaglianza delle vocali nelle parole conclusive.
Non si hanno notizie certe sull’autore di questo poema, che viene identificato con un
certo Turoldo, abate e scrittore in lingua francese.
Il manoscritto più antico che riporta il testo della Chanson risale alla metà del XII
secolo, durante il periodo delle Crociate. L’argomento del poema, cioè le guerre di
Carlo Magno contro i Saraceni (VIII secolo), era dunque molto attuale per quell’epoca:
agli occhi dei cavalieri medievali, infatti, i paladini di Carlo Magno rappresentavano
modelli di eroismo e virtù cristiana a cui ispirarsi nella nuova lotta agli “infedeli”
condotta attraverso le Crociate in Terrasanta.
Il poema ebbe subito un enorme successo e una straordinaria diffusione, di cui sono
testimonianza le numerose versioni comparse in diverse zone d’Europa.

TRA STORIA E LEGGENDA


La vicenda si ispira alla realtà storica: nel 778 Carlo Ma-
gno, con il pretesto di placare i contrasti sorti fra alcuni
prìncipi musulmani di Spagna, organizza una spedizione
militare e assedia Saragozza; ma in seguito alla minaccia
dei Sassoni, che hanno provocato una ribellione nel suo
esercito, deve abbandonare l’assedio e tornare in Francia.
Durante la marcia di ritorno la retroguardia del suo
esercito, nella quale si trova anche il conte Rolando, il
più valoroso dei paladini, viene assalita e annientata
al passo di Roncisvalle dai Baschi, popolazione mon-
tana dei Pirenei.
Prendendo spunto da questi fatti storici, rimasti sem-
pre piuttosto oscuri, si è liberamente sviluppata la tra-
ma del poema. Alcune differenze tra realtà e immagi-
nazione sono sostanziali: nel poema, gli aggressori
della retroguardia non sono più i Baschi, ma gli
Arabi, che sfruttano gli intrighi orditi dal conte
Gano di Maganza, infido traditore invidioso della
fama di Rolando. Inoltre la spedizione dei Franchi in
Spagna, durata nella realtà solo tre anni, nella leggenda
diventa molto più lunga.

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ED PER SCOPRIRE IL CICLO CAROLINGIO
SCH

LA TRAMA
Carlo Magno in Spagna a terra restano migliaia di cadaveri, tra i
Carlo Magno, dopo sette anni di vittorio- quali quello dello stesso conte Rolando.
se guerre in Spagna contro i Mori (o Sara-
ceni: così venivano chiamati gli Arabi), non La sconfitta dei Saraceni
è ancora riuscito a piegare la resistenza Un intervento divino ferma allora il sole
di Marsilio, re di Saragozza. Stanco della per consentire ai Franchi di raggiungere
lunga guerra, Marsilio finge di arrendersi i Saraceni e sconfiggerli.
e di convertirsi al cristianesimo. Carlo Ma-
gno convoca allora i suoi paladini. La morte di Alda
Dopo la vittoria, Carlo Magno entra in
Si riuniscono i paladini Saragozza. Qui vengono battezzati quel-
Rolando si mostra determinato a con- li che si convertono e uccisi gli altri. Car-
tinuare in ogni caso la guerra, mentre lo torna nella sua reggia, ad Aquisgrana:
molti altri si dichiarano favorevoli alla qui Alda, la giovane fidanzata di Rolan-
cessazione delle ostilità. Sorge però un do, muore di dolore, quando scopre la
problema: chi dovrà essere inviato a Sa- fine dell’amato.
ragozza per trattare con re Marsilio?
La punizione di Gano
Il tradimento di Gano Nel frattempo Gano, traditore smasche-
Rolando propone di inviare il proprio rato, viene processato, condannato e or-
patrigno Gano, che è anche cognato di ribilmente giustiziato.
Carlo Magno. Gano parte per la missio-
ne pieno di rancore verso Rolando che, Una nuova impresa
secondo lui, lo ha volutamente coinvolto Re Carlo, stanco e segnato dalle ulti-
in un’impresa altamente pericolosa; giu- me battaglie, si riposa nella pace della
ra di vendicarsi e, giunto a Saragozza, si sua reggia. Si è appena addormentato,
accorda con Marsilio per tradire i Fran- quando gli appare un angelo inviato da
chi: il re saraceno fingerà la resa, poi, al Dio che gli affida una nuova impresa in
momento opportuno, attaccherà la re- difesa del mondo cristiano.
troguardia cristiana sulla via del ritorno.

L’imboscata
Nella gola di Roncisvalle, sui Pirenei, la
retroguardia, di cui fanno parte Rolan-
do e i più valorosi paladini, è attaccata
dalle superiori forze nemiche. I guerrieri
cristiani compiono atti di grande valore,
ma troppo tardi Rolando decide di usa-
re il suo possente corno Olifante per
richiamare l’esercito dei Franchi: infatti,
quando Carlo Magno giunge sul posto,

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IL CICLO CAROLINGIO E LA CHANSON DE ROLAND ED
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I PROTAGONISTI
ROLANDO: è il più valoroso dei paladini di Carlo Magno. Per le sue imprese, l’impe-
ratore gli ha donato la marca di Bretagna e lo ha voluto tra i dodici pari, i suoi migliori
amici, consiglieri del re e difensori della cristianità.
CARLO MAGNO: all’epoca dei fatti narrati aveva solo trentasei anni e non era ancora
imperatore del Sacro Romano Impero. Nella vicenda, però, è già considerato tale e
presentato come un anziano regnante saggio e autorevole.
GANO: paladino di Carlo Magno e patrigno di Rolando. Per vendicarsi del figliastro,
tradisce il proprio sovrano svelando ai Saraceni il modo per cogliere di sorpresa la re-
troguardia franca di ritorno dalla Spagna. Rolando viene sconfitto e ucciso, ma Gano
avrà una punizione orribile per il suo tradimento: sarà squartato vivo e i suoi resti bru-
ciati e sparsi al vento.
OLIVIERI: altro paladino di Carlo Magno e compagno fedele di Rolando.

I TEMI PRINCIPALI
• Il senso dell’onore: Gano si sente ferito nell’or-
goglio da parte di Rolando e trama la vendet-
ta; Rolando non vuole suonare l’Olifante per-
ché vuole dimostrare il suo eroismo e valore in
battaglia; poi, ferito a morte, cerca di rompere
la sua spada (Durindarda) per non farla cadere
nelle mani degli infedeli; Marsilio si suicida per
non cadere nelle mani di Carlo.

• L’eroismo in battaglia: Rolando, pur essendo


cosciente che i Saraceni sono numericamente
superiori, combatte eroicamente fino all’ultimo.

• La lealtà verso il sovrano: Rolando muore in


battaglia per proteggere il ritorno in patria del
sovrano. Il paladino e il suo esercito combat-
tono sempre fedelmente a fianco di Carlo.

• La fede in Cristo e nella Chiesa: la guerra con-


tro i Saraceni è combattuta per far convertire
gli infedeli; Rolando e gli altri personaggi mo-
strano sempre una forte fede nel Dio cristiano.

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PER APPROFONDIRE I PROTAGONISTI EPICI ED
A

CARLO MAGNO,
TRA STORIA E MITO
UN UOMO DI ECCEZIONALE STATURA, IN TUTTI I SENSI
L’immagine più diffusa di Carlo Magno lo
presenta come un uomo eccezionale. In
effetti lo fu per molti aspetti.
Il suo stesso aspetto fisico era straordi-
nario per l’epoca in cui visse. Secondo
Eginardo, il monaco che scrisse la bio-
grafia dell’imperatore franco, egli era
alto «sette volte più del suo piede», cioè
circa un metro e novanta. Questa notizia
è confermata anche dagli scavi archeolo-
gici: quando, nel 1861, la tomba di Carlo
fu aperta e il suo scheletro venne misu-
rato, si vide che era lungo appunto 192
centimetri. Per un uomo del IX secolo era
una misura davvero eccezionale, perché
a quei tempi la statura media era molto
inferiore alla nostra.
Questa è la descrizione di Carlo Magno
scritta da Eginardo, che visse a lungo alla
corte dell’imperatore.

«La testa rotonda, gli occhi molto grandi e vivaci, il naso appena più grosso
del normale, bei capelli bianchi, viso piacevole e vivace, che gli conferiva
un aspetto autorevole e dignitoso. Sebbene il suo collo potesse sembrare
grosso e troppo corto, e il suo ventre alquanto prominente, tuttavia non
si notavano per la proporzione di tutte le altre membra. La voce era stri-
dula e perciò non del tutto adatta al suo aspetto fisico. […]
Carlo indossava quasi sempre il costume nazionale dei Franchi. A
contatto del corpo portava una camicia di lino; al di sopra una tunica
orlata di seta e calzoni; poi avvolgeva le gambe con fascette e i piedi
con calzari; d’inverno proteggeva le spalle e il petto con un farsetto
[un giubbotto] di pelle di lontra o di topo; indossava un mantello
azzurro e cingeva una corta spada, con l’impugnatura d’oro e
d’argento. In occasione di particolari feste si serviva anche di
una spada ornata di gemme».
(Eginardo, Vita di Carlo Magno)

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ED PER APPROFONDIRE I PROTAGONISTI EPICI
SCH

CARLO MAGNO E LA CULTURA


Carlo Magno si occupò molto di
cultura. Diede disposizioni affin-
ché presso i principali monasteri
e vescovadi dell’impero fossero
organizzate scuole, dove i gio-
vani potessero imparare almeno
a leggere e a scrivere. Alla sua
corte giunsero letterati, artisti
e scienziati da tutta Europa. Fra
di loro vi era il monaco inglese
Alcuino, che diresse la Scuola di
palazzo fondata dall’imperato-
re ad Aquisgrana, in Germania.
Questa città, durante il regno di
Carlo, fu arricchita di splendide
opere d’arte e di architettura.
Carlo, infatti, desiderava che la
sua capitale fosse in tutto degna
delle altre grandi capitali impe-
riali, cioè Roma antica e Costan-
tinopoli.
Durante il regno di Carlo fu in-
ventato anche un nuovo tipo di
scrittura, dai caratteri più semplici e lineari di quella usata in precedenza. Questa scrit-
tura fu chiamata “minuscola carolina”, proprio in onore di Carlo Magno.

UNO SCOLARO DI NOME CARLO MAGNO


Carlo Magno parlava tre lingue, capiva il latino e il greco, sapeva leggere. Tuttavia, per
quanto a noi oggi sembri incredibile, non sapeva scrivere. Per firmare gli atti ufficiali,
faceva una sigla in fondo al documento.
Già in età avanzata cercò di imparare a scrivere, mettendoci impegno e ostinazione.
Ma era forse troppo tardi, come ci rivela questo brano del suo biografo Eginardo:

«Si esercitava nella scrittura e, a questo scopo,


era solito disporre tavolette e quaderni nel letto,
sotto i guanciali, per potersi allenare nei momen-
ti di riposo a tracciare lettere. Il suo impegno non
dette grandi risultati; vi si era infatti applicato trop-
po tardi».

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CARLO MAGNO, TRA STORIA E MITO ED
A

UN RITRATTO DI CARLO MAGNO


Tra i moltissimi ritratti di Carlo Magno, dipinti nel corso dei secoli, scegliamo questo,
realizzato nel XV secolo da un ignoto pittore nel castello della Manta, in provincia di
Cuneo.

Questo affresco non ha valore


come fonte storica,
nel senso che Carlo è rappresentato
in abiti quattrocenteschi
e il volto è probabilmente quello
di uno dei marchesi di Saluzzo
(proprietari, a quell’epoca,
del castello della Manta).
Tuttavia è interessante osservare
che Carlo tiene in mano
i classici simboli del potere:
• un lungo spadone
(che allude al suo valore militare
e alle numerose conquiste)
• e il globo sormontato
da una croce (emblema
del Sacro Romano Impero).

L’imperatore è qui rappresentato come un uomo anziano, dalla lunga barba bianca. E,
in effetti, Carlo diventò molto vecchio per i suoi tempi. Morì nell’814, mentre non co-
nosciamo con esattezza la sua data di nascita, che comunque si colloca intorno al 742.
Raggiunse dunque i settant’anni: quasi un record, in un’epoca in cui la vita media di un
uomo non superava i quarant’anni!

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PER SCOPRIRE IL CICLO BRETONE ED
A

IL CICLO BRETONE O DI RE ARTÙ


Nel XII secolo nell’Europa occidentale fioriscono numerosi poemi costruiti attorno alla
figura di re Artù.

RE ARTÙ, TRA STORIA E LEGGENDA


Le scarse notizie storiche relative
Scozia
a questo sovrano, re di Cambria,
una regione situata nell’attuale
Galles settentrionale, ci dicono
che egli sarebbe vissuto alla metà
del primo millennio e si sarebbe Mare
messo vittoriosamente a capo Irlanda del Nord
Inghilterra
della resistenza bretone contro le
invasioni dei Sassoni nel Galles e GRAN BRETAGNA
nella Cornovaglia.
Galles Londra
Intorno alla figura di re Artù, ide-
alizzato come eroe nazionale, si Cornovaglia
Artois
sviluppano in seguito, tra il XII e il
XIII secolo, diverse leggende che
vengono modificate e riscritte in FRANCIA
Normandia
componimenti romanzeschi, in
versi o in prosa, destinati a esse- Bretagna
re recitati, in occasione di feste e
banchetti, di fronte al pubblico dei cavalieri e delle dame di corte.

GLI AUTORI DEL CICLO BRETONE


In questo periodo molti autori, parecchi dei quali anonimi, contribuiscono alla crea-
zione del ciclo bretone, scrivendo romanzi che hanno come protagonisti i cavalieri
della Tavola rotonda, così chiamati perché si riunivano attorno a una tavola di forma
circolare, per sottolineare l’uguale importanza e dignità di ciascuno.
L’iniziatore di questo filone è considerato Goffredo di Monmouth, di origine gallese,
che scrive fra il 1135 e il 1137 l’Historia regum Britanniae («Storia dei re di Britannia»),
in cui mette in risalto le figure di re Artù, idealmente contrapposto a Carlo Magno, e
dei suoi cavalieri della Tavola rotonda, il cui dovere è quello di dedicare la propria vita
a nobili gesta in nome della fede.
L’opera, che si presenta come storica ma ha in realtà carattere leggendario, fu fonte di
ispirazione per molti autori successivi. In Francia il filone bretone è ripreso e ampliato
con altre storie da Chrétien de Troyes il quale, tra il 1155 e il 1180, compone alcuni
poemi, tra cui Lancillotto o Il Cavaliere della Carretta, Ivano o Il Cavaliere del Leone,
Perceval o Il racconto del Graal, destinati a un grande successo.

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ED PER SCOPRIRE IL CICLO BRETONE
SCH

I PERSONAGGI
La figura del protagonista
Il protagonista per eccellenza del ciclo
bretone è il cavaliere errante che, gi-
rando il mondo in cerca di avventure, ma
anche in difesa delle donne e dei debo-
li, trova la sua piena realizzazione: in lui,
ai raffinati ideali di corte, al coraggio e
al desiderio di gloria, si devo-
no unire le virtù cristiane.

La figura femminile
Mentre nella Chanson de Roland compare una sola volta e in modo
sfocato una figura femminile (Alda, la fidanzata di Rolando), nei
vari poemi del ciclo bretone troviamo personaggi come Ginevra e
Isotta, che hanno un ruolo importante nella narrazione.

I VALORI CAVALLERESCHI…
Nel ciclo bretone ritroviamo ancora i valori presenti nella Chan-
son de Roland, come la lealtà verso il sovrano, l’eroismo nella
difesa della patria, la fede in Dio.
Su di essi si innestano tuttavia tematiche nuove, come l’amore ca-
valleresco per la propria donna e il gusto dell’avventura.

… E LA MAGIA
Altro elemento di novità è la componente fantastica. L’eroe passa in modo impreve-
dibile da un’avventura all’altra, in un’atmosfera magica, dominata da incantesimi e
filtri, in cui foreste, castelli, fontane, fanciulle e cavalieri improvvisamente appaiono e,
altrettanto istantaneamente, scompaiono.

I NUCLEI NARRATIVI: IMPRESE AVVENTUROSE,


AMORI E TRADIMENTI, INCANTESIMI E MAGIE
Dal punto di vista narrativo, le opere del ciclo bretone sono ricche di spunti roman-
zeschi e di invenzioni fantastiche. Le vicende dei diversi personaggi sono presentate
secondo la tecnica dell’intreccio, che interrompe e riprende le molteplici storie alter-
nandole tra loro e creando notevoli effetti di suspense. Spiccano fra tutti alcuni nuclei
narrativi di cui sono protagonisti nobili cavalieri, accanto ai quali solo di rado fanno
la loro comparsa borghesi e contadini. Riepiloghiamo i più importanti.

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IL CICLO BRETONE O DI RE ARTÙ ED
A

La storia di re Artù
Artù, figlio segreto del re Pendragon, affidato al mago Merlino e da questi al nobile
cavaliere Ector, cresce come un ragazzo qualunque sino a quando, ormai giovinetto,
estrae in modo prodigioso la spada Excalibur dalla roccia in cui era conficcata. L’im-
presa, che era stata tentata inutilmente dai più famosi nobili di Britannia, unitamente
alla scoperta della sua vera origine, lo consacra re del suo popolo, assicurandogli la
fedeltà dei più forti cavalieri.

Hai ascoltato il testo La spada nella roccia a pagina 212? Se non lo hai ancora
fatto, ascoltalo, è uno dei momenti più celebri del ciclo bretone. Di questa scena
esistono anche versioni cinematografiche famose: eccone due esempi.

AL CINEMA

Confronta la scena in cui Artù, nel cercare


la spada del fratello, prova a estrarre la spada
nella roccia.
• Tu sei il re!
(da Excalibur di John Boorman)

• Da una semplice dimenticanza…


(da La spada nella roccia di Walt Disney)

Il mago Merlino
Durante il suo regno, Artù fu
sostenuto e consigliato dal
mago Merlino. Anche Merlino
è una figura leggendaria che
ebbe grandissimo successo nel
Medioevo e fu protagonista di
alcuni romanzi. Secondo uno di
questi, egli era figlio di una fan-
ciulla e del diavolo. Possedeva
il dono della profezia e la sua
magia gli permetteva di com-
piere prodigi, come scatenare
uragani, creare la nebbia e tra-
sformare la fisionomia delle persone. Egli mise la magia al servizio di una buona causa,
quella del ritorno della pace e della prosperità in Inghilterra.

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ED PER SCOPRIRE IL CICLO BRETONE
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I cavalieri della Tavola rotonda


Anche la famosa Tavola rotonda sarebbe
stata creata su suggerimento di Merlino.
Si trovava a Camelot, la leggendaria resi-
denza di re Artù. Vi sedevano i cavalieri più
coraggiosi e importanti della corte di Artù.
A seconda dei racconti, il loro numero varia
da 12 a 150. Il più famoso era Lancillotto,
a sua volta protagonista di romanzi caval-
lereschi.
Ma perché la tavola era rotonda? Perché
tutti i cavalieri di re Artù avevano la me-
desima importanza ed erano legati tra loro
da un rapporto di solidarietà e lealtà. Infatti, a una tavola rotonda non può esserci un
capotavola, cioè non ci sono posti più prestigiosi di altri.

Le avventure di Lancillotto
Lancillotto è l’eroe che impersona l’ideale del perfetto cavaliere, valente nelle armi e
innamorato, senza alcuna speranza, della regina Ginevra, moglie di re Artù. In seguito
alla morte del re, Ginevra si ritira in un convento e Lancillotto, dopo aver vendicato il
suo sovrano, diventa eremita.

La storia di Perceval
Perceval è un giovane ingenuo e ignaro del mondo, che la madre vuole tenere lon-
tano dall’ambiente della cavalleria, al cui servizio hanno perso la vita il marito e altri
due figli. Ma Perceval, affascinato da alcuni cavalieri che incontra, decide di partire in
cerca di avventure.

La ricerca del Graal


La figura di Perceval è legata in particolare a un’impresa
nella quale tutti i cavalieri aspirano a cimentarsi: la ricerca
del Graal, che secondo la leggenda è la coppa usata da
Cristo nell’ultima cena e in cui fu poi raccolto il sangue sgor-
gato dalle sue ferite sulla croce. Questa ricerca ha un valore
simbolico: rappresenta la ricerca del Bene, che deve essere
tentata sebbene sia piena di difficoltà e di pericoli.

L’amore di Tristano e Isotta


Tristano è il nipote del re Marco di Cornovaglia. È un giovane bello e valoroso che
presto diventa un perfetto cavaliere. Messosi al servizio del re Marco, compie per lui
molte imprese straordinarie, tra cui quella di liberare da un drago Isotta, che aveva
promesso di condurre in sposa allo zio. Insieme a Isotta, però, beve per errore un filtro
che farà nascere tra loro un amore invincibile…

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ED PER APPROFONDIRE I PROTAGONISTI EPICI
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CHI ERANO I CAVALIERI?


ALL’INIZIO ERANO
DAVVERO POCO CAVALIERI…
All’inizio del Medioevo i cavalieri formavano un
gruppo sociale piuttosto violento,, costituito
da giovani in cerca di avventure e di for-
tuna. I primi cavalieri vivevano di caccia
e di rapine, ed erano individui brutali,
assolutamente privi di quella gentilez-
za d’animo che oggi chiamiamo caval-
leria.
Ognuno difendeva un pezzo di ter-
ra dalle scorrerie dei Normanni o dei
Saraceni. I contadini impauriti si affi-
darono alla protezione dei cavalieri e
costruirono torri in legno, circondate da
fossati e palizzate, offrendo cibo e ospi-
talità a quegli uomini che dovevano pro-
teggerli.

… POI SI MISERO IN REGOLA


Per portare i cavalieri alla disciplina, a
partire dal X secolo intervenne la Chiesa,
che diede loro un codice di comporta-
mento, ossia un insieme di regole che
dovevano seguire. Queste regole erano
sostanzialmente due: difendere i deboli
e lottare contro gli infedeli.
Il guerriero diveniva così un cavaliere cri-
stiano, combattente di Dio e al servizio
dei deboli. Egli doveva soccorrere i preti
e i vescovi, le vedove e gli orfani, i malati
e i pellegrini. Le Crociate furono l’espe-
rienza più importante dei cavalieri al ser-
vizio della fede. Intanto i cavalieri s’inse-
rirono nella società medievale, essendo
accolti alle corti dei marchesi e dei conti.
Educarono il loro animo all’amore gentile
per le donne e al servizio disinteressato
per i signori.

248

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SCH
CHI ERANO I CAVALIERI? ED
A

LA CAVALLERIA, UN IMPEGNO PER TUTTA LA VITA


Il potere dei signori, dunque, si basava soprattutto sull’appoggio fornito da uomini
abili nell’uso delle armi. Questi erano chiamati semplicemente milites (parola latina
che significa “soldati”), ma tutti preferivano chiamarli cavalieri perché essi erano
i soli a combattere a cavallo. La cavalleria era un impegno che durava tutta la vita. Il
ragazzo destinato alla cavalleria all’età di 7 anni diventava paggio, a 15 anni scudiero
e a 21 cavaliere. Imparava a tirare con l’arco e con la balestra, a lottare corpo a corpo,
a cavalcare con destrezza reggendo la lancia e lo scudo.
In un primo tempo chiunque poteva diventare cavaliere, purché avesse il denaro suffi-
ciente per procurarsi armi e cavalli, o avesse trovato un signore disposto a donarglieli.
In seguito, la possibilità di diventare cavaliere fu limitata a chi era già nato da una
famiglia di cavalieri.

L’ARMATURA DEI CAVALIERI: UNA BELLA SPESA!


I cavalieri dovevano sostenere spese ingenti. L’armatura era molto costosa. Consisteva
in una cotta, ossia una maglia intrecciata di ferro che copriva le spalle e il petto. Al
di sopra i cavalieri portavano pesanti corazze di ferro lavorato. Per riparare la testa
occorreva un elmo, dotato di una celata per coprire il viso, con una piccola fessura per
gli occhi. Anche le spade di cui erano armati costavano molto, così come lo scudo,
spesso ornato da uno stemma. Completavano la dotazione di armi una lancia, un’ascia
oppure una mazza ferrata. Un cavallo costava da 20 a 50 soldi, cinque volte più caro
di un bue. E ne serviva più di uno, perché l’animale poteva essere ucciso o ferito. Ma
attenzione: non si trattava di un cavallo qualunque, ma di un destriero, cioè un cavallo
addestrato al combattimento. Doveva essere un animale forte e coraggioso, che non
si spaventava nell’infuriare della battaglia e rispondeva ai comandi del cavaliere nono-
stante il frastuono e la confusione.

Parole per capire


Cavalleria Infedele
Con il termine cavalleria si indi- Era chiamato infedele colui che professava una religione
cava sia l’insieme dei cavalieri, diversa dalla propria. Nel Medioevo, per i cristiani i musul-
sia le virtù che li caratterizzava- mani erano infedeli, perché non credevano nel Dio della
no: il coraggio, il valore in guer- Bibbia e del Vangelo. Per i musulmani, gli infedeli erano
ra, la protezione dei deboli e la invece i cristiani, perché non credevano in Allah. In realtà
generosità. ognuno era fedele al proprio Dio: quindi “infedele” è una
Anche oggi l’espressione “esse- parola senza senso. Eppure l’odio (e la propaganda dell’o-
re cavalieri” indica l’essere per- dio) verso gli infedeli ha scatenato orrendi massacri in tem-
sone educate e di buone qualità. pi lontani e provoca terribili atti di violenza ancora oggi.

Balestra
La balestra era un’arma per scagliare le frecce. A differenza dell’arco, aveva un’impugnatura
con una scanalatura dove veniva sistemata la freccia da lanciare. Era un’arma maneggevole
micidiale, capace di scagliare una freccia a 250 metri, riuscendo perfino a perforare le corazze.

249

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A
ED PER APPROFONDIRE I PROTAGONISTI EPICI
SCH

L’INVESTITURA DEL CAVALIERE


L’investitura del cavaliere avveniva con una cerimonia pubblica, solenne e ufficiale: il
cosiddetto rito dell’addobbamento. La cerimonia, che era preceduta da una notte
di preghiera, consisteva nella consegna al futuro cavaliere delle armi (lo scudo, l’el-
mo, l’armatura, gli speroni e la spada) da parte di un signore di un livello superiore. Il
futuro cavaliere veniva quindi colpito con un sonoro schiaffo, cui non doveva reagire
per mostrare la propria capacità di autodisciplina. A questo punto pronunciava il giu-
ramento del cavaliere. Infine il signore, appoggiandogli una spada su entrambe le
spalle, diceva: «In nome di Dio, di san Giorgio e di san Michele io ti faccio cavaliere. Sii
prode, coraggioso, leale».

Il decalogo del Cavaliere


1. Tu crederai a tutto ciò che la Chiesa insegna ed osserverai i suoi comandamenti.
2. Tu proteggerai la Chiesa.
3. Tu difenderai tutti i deboli.
4. Tu amerai il paese dove sei nato.
5. Tu non ti ritirerai mai davanti al nemico.
6. Tu farai la guerra ad oltranza contro gli Infedeli.
7. Tu adempierai i tuoi doveri feudali, se non sono contrari alla legge di Dio.
8. Tu non mentirai mai, e sarai fedele alla parola data.
9. Tu sarai liberato e generoso con tutti.
10. Tu sarai il campione del diritto e del bene, contro l’ingiustizia e il male.

TORNEI E GIOSTRE
I tornei divennero molto popolari nel corso del
Medioevo. I cavalieri vi partecipavano armati di
tutto punto e accompagnati dai loro scudieri.
Si dividevano in due squadre che gareggiava-
no per conquistarsi la vittoria con il relativo pre-
mio, in denaro, armi e cavalli. I tornei servivano
per tenere in allenamento i cavalieri. Si svolge-
vano vicino alle città e attiravano molto pubbli-
co. Il torneo consisteva in uno scontro armato
tra due squadre di cavalieri, nel quale ciascuno
cercava di colpire gli avversari per conquistare uno spazio racchiuso in un recinto.
Insieme con i tornei si svolgevano le giostre: due cavalieri si fronteggiavano corazzati
e armati di lance e spade, per buttarsi giù da cavallo. Anche se si combatteva con armi
spuntate, non mancavano morti e feriti. Una volta in Francia il vincitore di una giostra
dovette correre dal fabbro per farsi liberare con pinze e tenaglie la testa, rimasta im-
prigionata nell’elmo tutto ammaccato!

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PER SCOPRIRE IL CICLO GERMANICO ED
A

IL CICLO GERMANICO:
IL CANTO DEI NIBELUNGHI
Intorno al 1200 fu composta, in Germania o in Austria, un’opera in versi che recupe-
rava le leggende dei popoli germanici. L’opera è scritta in tedesco medievale e com-
prende circa 9000 versi ritmati e raccolti in 2379 strofe di quattro versi ciascuna.

LA LEGGENDA
Nei miti nordici si parla dei Nibelun-
ghi o “figli della nebbia”: si immagi-
nava che essi fossero nani laboriosi
e che nelle tenebre del sottosuolo
scavassero metalli e pietre preziose,
accumulando un imponente tesoro.
Un terribile drago custodiva queste
ricchezze, vomitando fuoco contro
chiunque osasse avvicinarsi… Da
queste leggendarie premesse nasce
un poema che, preso il titolo e l’avvio
dal nome dei Nibelunghi, narra le av-
venture e la morte dell’eroe Sigfrido
e la tremenda strage con cui la sposa
Crimilde ne vendica l’uccisione.

Germani
Reno Elba
Nomadi delle steppe
Gallia Belgica

Rezia
Burgundi
Norico
Illiria
Po
Gallia Danubio

Mar Mediterraneo

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A
ED PER SCOPRIRE IL CICLO GERMANICO
SCH

IL POEMA E LA STORIA
Il poema, di cui non conosciamo l’autore, è intitolato Canto dei Nibelunghi e
può essere diviso in due parti.
Nella prima parte si narrano le imprese del principe Sig-
frido, il suo amore per Crimilde principessa dei Burgundi,
il matrimonio con lei e infine la morte dell’eroe a opera
del traditore Hagen (si legge “Haghen”) e di Brunil-
de, sposa di un fratello di Crimilde.
Nella seconda parte Crimilde, dopo aver sposato
Attila, re degli Unni, si prepara alla vendetta. Invi-
tati i fratelli e il loro seguito alla corte del marito,
li fa sterminare durante un banchetto.
La seconda parte del poema è costruita intorno
a un nucleo di verità storica: infatti verso il 436 i
Burgundi, un popolo germanico stanziato lungo il Reno, subirono
violenti attacchi da parte degli Unni, che ne fecero strage; i superstiti si trasferirono
in Gallia.

I TEMI
In quest’opera si affrontano temi simili a quelli
dei romanzi cavallereschi, in primo luogo l’a-
more e le imprese eroiche; molto spazio è ri-
servato inoltre alla descrizione della lussuosa
vita nelle corti. Poiché tuttavia il poema si rifà
alla tradizione epica degli antichi popoli germani-
ci, vi si ritrovano molti dei valori pagani propri di
quelle genti: vi hanno perciò grande importanza
sentimenti come l’odio e il desiderio di vendetta.

LA TRAMA
Sigfrido e Crimilde
La prima parte dell’opera è ambientata principalmente nella città
di Worms, sul Reno, capitale del regno dei Burgundi. Il poema si
apre con la presentazione di Crimilde, sorella di Gunther, re di quel
popolo. La fama della sua straordinaria bellezza spinge il principe
Sigfrido, figlio di un re della regione del basso Reno, a recarsi alla
corte burgunda. Sigfrido è già stato protagonista di imprese eroi-
che: ha conquistato un tesoro immenso che apparteneva al popolo
dei Nibelunghi, ha sottratto al nano Alberico un cappuccio magico
che rende invisibile chi lo indossa e ne moltiplica le forze, e ha ucciso
un drago il cui sangue lo ha reso invulnerabile.

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SCH
IL CICLO GERMANICO: IL CANTO DEI NIBELUNGHI ED
A

La conquista di Brunilde
Tra Sigfrido e Crimilde nasce l’amore e quando Gunther chie-
de l’aiuto dell’eroe per conquistare Brunilde, regina d’Islanda,
Sigfrido accetta a condizione che il re burgundo gli conceda la
mano della sorella. Grazie al cappuccio fatato di Alberico, Sig-
frido, divenuto invisibile, aiuta Gunther a superare le prove alle
quali Brunilde sottopone coloro che aspirano alla sua mano.

Doppie nozze
Si celebrano così due matrimoni: tra Crimilde e Sigfrido, tra
Brunilde e Gunther. Ma nella prima notte di nozze Brunilde re-
spinge il marito e gli lega insieme mani e piedi, appendendolo
a una parete e lasciandolo in quella condizione fino al mattino.
Ricorrendo di nuovo all’aiuto di Sigfrido, Gunther riesce a pie-
gare l’ostilità della sposa.

La morte di Sigfrido
Sigfrido torna nella sua terra con Crimilde. Alcuni anni più tardi
essi sono invitati a una festa di corte nel regno dei Burgundi.
Fra le due regine, divise da sentimenti di superbia e di rivali-
tà, nasce una lite, nel corso della quale Crimilde afferma che
Sigfrido godette per primo dell’amore di Brunilde. Dell’odio e
della collera di quest’ultima approfitta il vassallo Hagen, che
convince Gunther a eliminare Sigfrido per vendicare l’offesa e
per impadronirsi del suo regno. Sigfrido è ucciso a tradimento,
durante una caccia, dallo stesso Hagen, venuto a conoscenza
dell’unico punto vulnerabile del suo corpo.

La vendetta di Crimilde
La sete di vendetta di Crimilde è implacabile. Quando Atti-
la, re degli Unni, la chiede in moglie, accetta di sposarlo, per
avere dalla propria parte il potente esercito di quel popolo e
servirsene contro i Burgundi.
Dopo alcuni anni Crimilde invita al castello di Attila i propri
parenti e tutta la corte dei Burgundi, compreso Hagen; questi,
sospettando un inganno, si fanno accompagnare dai più valo-
rosi guerrieri burgundi.

La strage finale
Durante un banchetto si scatena la battaglia, che sfocia in una
strage: i Burgundi vengono sterminati. Sopravvivono soltanto
Gunther e Hagen, che sono fatti prigionieri. Crimilde fa deca-
pitare il fratello e chiede a Hagen di rivelarle il luogo in cui ha
nascosto il tesoro dei Nibelunghi. Al rifiuto di Hagen, gli mozza
il capo con la spada che era stata di Sigfrido, ma è a sua volta
uccisa da un alleato degli Unni.

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SCH
PER SCOPRIRE IL POEMA SPAGNOLO ED
A

IL POEMA SPAGNOLO:
IL CANTARE DEL CID
Il poema epico spagnolo, Il Cantar de mio Cid, è un racconto di circa 4000 versi scritto
nella lingua castigliana del secolo XII. Narra la vicenda eroica e gloriosa del cavaliere
Rodrigo Diaz, detto El Cid Campeador, “condottiero illustre”.
L’autore del poema è ignoto: l’opera è il risultato di una tradizione orale viva e attenta,
concentrata sulle gesta di un uomo famoso per il valore delle armi e del suo cuore.

TRA STORIA E LEGGENDA


Rodrigo Diaz è un personaggio realmente esistito, nato probabilmente nel 1043 nella
vecchia Castiglia, nei pressi dell’antica città di Burgos, divenuto vassallo del re Alfonso
VI, si impegna con lui nella guerra contro i Saraceni provenienti dalle vicine coste afri-
cane e padroni del Sud della Spagna. Al
nobile Rodrigo si deve, secondo la tradi-
zione, la spinta alla Reconquista, che por-
terà all’allontanamento degli Arabi dalla
Spagna e che terminerà con la caduta di
Granada nel 1492.
Rodrigo fu accusato ingiustamente di tra-
dimento e allontanato dal suo stesso re.
Ma il nobile Rodrigo combatté sempre in
nome del suo re, anche dopo essere stato
esiliato con l’accusa di essersi impadronito
di tributi destinati al sovrano. Il re richiese
il suo aiuto nei momenti di maggiore diffi-
coltà e Rodrigo accorse, sempre pronto a
combattere.

LA TRAMA
Il poema è diviso in tre parti o cantari.
• Nella prima parte, Il cantar dell’esilio, vengono narrate le dolorose peregrinazio-
ni del Cid per ottenere il perdono del re Alfonso VI.
• Nella seconda parte, Il cantar delle nozze, è narrata la lotta dell’eroe contro i
Mori, l’assedio di Valenza e la successiva vittoria.
• Nell’ultimo cantare, detto Il cantar dell’oltraggio, sono narrate le trame e gli
inganni di nobili spagnoli, molto vicini al re, a danno delle figlie del Campeador.
Il nobile Rodrigo chiede e ottiene giustizia convocando le Cortes, il Parlamento
spagnolo, dove viene ascoltato: i traditori sono puniti e finalmente, attraverso
matrimoni regali, Il Cid si imparenta con i re di Spagna.

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Percorso ORGANIZZA LE TUE CONOSCENZE

Mappa di riepilogo: i poemi epici


medievali
soprattutto in versi, ma anche in prosa,
le IMPRESE e le GESTA di EROI, EROINE e CAVALIERI.
Hanno un ruolo centrale anche i personaggi femminili.
Sono presenti inoltre creature fantastiche, mostri e draghi.

raccontano

I POEMI EPICI
MEDIEVALI

CICLO CAROLINGIO, CICLO BRETONE,


CICLO GERMANICO, POEMA SPAGNOLO

trattano sono scritti


una grande varietà di con un

TEMI LINGUAGGIO
• amicizia e condanna del tradimento ricco di
ma anche odio e desiderio • similitudini che descrivono
di vendetta i comportamenti dei personagg
• il senso dell’onore e del sacrificio con suggestivi confronti

• l’eroismo in battaglia • descrizioni dettagliate


anche di luoghi fantastici
• la lealtà verso il sovrano
• formule fisse e simboli
• la fede nel Dio cristiano
• perifrasi e variazioni
• gusto per l’avventura per tenere viva l’attenzione
• amore cavalleresco
• incantesimi e magie

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MISURA LE TUE COMPETENZE Verso la PROVA NAZIONALE

Verifica formativa con autovalutazione


La vendetta
contro l’eroe innocente
Laura Mancinelli

Dopo aver superato altre prove, si giunge al doppio matrimonio tra Crimilde e Sigfrido e Brunilde e Gunther,
ma il tarlo della gelosia rode Brunilde, che ammira il valore dell’eroe e vorrebbe averlo per sé.
Alcuni anni dopo, Crimilde e Sigfrido sono invitati a una festa di corte nel regno dei Burgundi,
durante la quale Crimilde svela a Brunilde che Sigfrido non è in realtà un vassallo di Gunther,
e che solo con il suo aiuto quest’ultimo è riuscito a conquistarla. Si scatena così l’odio della regina Brunilde.
Ed eccoci giunti al momento della vendetta, dopo lo scontro fra le due regine.
Brunilde trama la sua terribile vendetta con l’aiuto di un complice.

Intanto la festa di corte continuava e tutti sembravano aver


dimenticato l’incidente tra le regine. Ma Hagen1 tesseva la sua trama
ai danni dell’eroe, e Crimilde era tormentata dalla paura che qualche
sciagura si abbattesse, per colpa sua, su Sigfrido. Aveva sognato, una
5 notte, che due cinghiali si precipitavano su di lui e lo uccidevano. Era
un sogno premonitore, e ne era angosciata.
Nella sua ingenuità rivelò la sua apprensione proprio a Hagen, che
la circuiva per carpirle2 un segreto prezioso. Gli raccontò come ella
fosse sempre in ansia quando il suo signore partecipava a battaglie
10 e tornei. Hagen le fece presente che Sigfrido era invulnerabile e che
nessuna arma avrebbe potuto trafiggerlo. Allora Crimilde si lasciò
sfuggire che Sigfrido era, sì, invulnerabile, ma non in tutto il corpo:
1. Hagen:
il vassallo che si allea c’era un punto, un punto solo tra le spalle, dove il sangue del drago3
con Brunilde per aiutarla non aveva toccato la pelle: lì Sigfrido poteva essere ferito.
a compiere
la sua vendetta. 15 – Signora – disse Hagen – cucite sulla sua veste una croce d’oro in
2. la circuiva quel punto, e io lo coprirò sempre con il mio scudo.
per carpirle:
la lusingava per farsi
E la stolta, la sprovveduta sposa innamorata, cadde nell’inganno:
svelare. cucì una croce d’oro sulla veste di Sigfrido nel punto in cui la foglia
3. il sangue del drago: di tiglio era caduta sulle sue spalle. Così, per troppo amore, tradiva
dopo aver ucciso
il drago, Sigfrido 20 lo sposo.
si era bagnato nel suo Fu indetta una battuta di caccia per coronare i festeggiamenti.
sangue.
Ma un recondito4 scopo aveva in animo Hagen, e lo sapevano
4. recondito:
nascosto, segreto. anche Gunther e Ghernot5: solo Ghiselher, il fratello minore, non
5. Gunther e Ghernot: partecipò al complotto. Crimilde, piena di oscuri presentimenti,
entrambi sono fratelli 25 supplicò invano Sigfrido di non prendere parte alla caccia; ma egli
di Crimilde; il primo
è anche sposo non poteva sottrarvisi, e poi non aveva nessun sospetto: lui non aveva
di Brunilde.
offeso nessuno.

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Verso la PROVA NAZIONALE MISURA LE TUE COMPETENZE

6. a bella posta: Con grande apparato di cani e cavalli partirono i cacciatori, e tra
apposta, di proposito. tutti emergeva per bellezza e prestanza Sigfrido. Si recarono in un’i-
7. rampognare: 30 sola in mezzo al Reno, dove ebbe luogo la battuta. Molta selvaggina fu
rimproverare
aspramente. uccisa. Sigfrido catturò anche un orso e lo portò vivo al campo, dove
i cuochi stavano arrostendo sugli spiedi le carni della selvaggina: e
qui l’orso fece fuggire i cuochi, rovesciò paioli e calpestò i fuochi tra
le risate dei cacciatori.
35 Poi, quando le vivande furono pronte, i cacciatori banchettarono.
Ma Hagen, a bella posta6, non aveva fatto portare il vino: disse che
l’aveva dimenticato. Ma disse anche che c’era una limpida fonte
non molto lontano, e lì avrebbero potuto dissetarsi. Propose anzi di
andarci correndo a gara, poiché aveva sentito dire che nessuno poteva
40 battere Sigfrido in velocità.
Sigfrido, ignaro del tranello che gli si tesseva intorno, accettò la sfida,
e diede ai suoi rivali anche il vantaggio di partire per primi. Ma egli
era veramente più veloce di tutti, e li sorpassò e giunse alla fonte prima
di loro. Avrebbe potuto dissetare subito la sua sete, e in tal modo forse
45 avrebbe salvato la vita. Ma per la sua grande cortesia volle attendere
che giungesse il re ospite e bevesse per primo. Solo dopo che Gunther si
fu dissetato, posò a un tronco la sua lancia e si chinò sulla fonte a bere.
Hagen, che si teneva pronto, afferrò la lancia di Sigfrido e si avvicinò
al principe curvo sull’acqua e mirò alla croce d’oro sul suo dorso. Lì
50 inferse il colpo, con tanta forza che la punta della lancia attraversò
tutto il corpo dell’eroe e uscì dal petto. Sigfrido si alzò, benché ferito
a morte, e cercava un’arma da scagliare contro l’uccisore che fuggiva
veloce. Ma Hagen aveva portato via tutte le sue armi. Trovò solo lo
scudo e glielo scagliò nella schiena con tanta forza che lo gettò a terra
55 e molte pietre preziose si staccarono, nell’urto, dallo scudo.
Ma la morte era ormai sopra di lui. Cadde tra i fiori lo sposo di
Crimilde, e cominciò a rampognare7 quelli che lo avevano ucciso a
tradimento. Disse:
– Così male avete compensato l’aiuto che sempre vi ho dato, così
60 ricambiate la mia lealtà.
E pensava a tutto quello che aveva fatto per i re burgundi, e per
Gunther in particolare.
Accorsero tutti quelli che erano presenti alla caccia, e tutti lamenta-
vano la grande sciagura. Allora Hagen, ritto accanto al morente, disse:
65 – Non c’è motivo di piangere. Sia lode a me che ho posto fine al
suo potere. Ora nessuno può reggere il confronto con i re burgundi!
L’eroe morente ebbe ancora parole di dolore per la sposa che restava
abbandonata e per il figlio fanciullo; poi raccomandò Crimilde ai suoi
fratelli e morì.

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MISURA LE TUE COMPETENZE Verso la PROVA NAZIONALE

8. le esequie: 70 Ma la vendetta contro l’eroe innocente non finiva lì. Dopo che i
i riti funebri. re e il loro seguito furono tornati a corte, di notte, in gran silenzio,
9. Crimilde… bara: Hagen fece deporre il corpo di Sigfrido davanti alla porta della stanza
secondo le convinzioni
del tempo, chi aveva di Crimilde, in modo che lei stessa lo ritrovasse, la mattina, quando
assassinato qualcuno
non poteva avvicinarsi sarebbe uscita per recarsi alla messa, come faceva tutte le mattine. Fu
alla sua bara senza 75 invece un cameriere a scorgere il cadavere, mentre portava un lume
che le ferite dell’ucciso
riprendessero acceso alla regina: vide un guerriero morto, coperto di sangue, ma
a sanguinare. non capì chi fosse. Entrò dalla regina per impedirle di vederlo. Ma
quando Crimilde udì che un guerriero morto giaceva davanti alla sua
soglia, capì che doveva essere Sigfrido. Ripensò all’offesa che aveva
80 arrecata a Brunilde, alla domanda di Hagen che aveva detto di volerlo
proteggere, e disse:
– È Sigfrido, il mio carissimo sposo. Brunilde l’ha voluto e Hagen
l’ha ucciso!
E cadde svenuta per il dolore. Quando rinvenne, si fece condurre
85 dove stava il guerriero morto. Gli sollevò tra le braccia il capo
sanguinoso, e pianse su di lui lacrime di sangue.
Furono preparate le esequie8. I fabbri costruirono per lui una
bara d’oro e d’argento. Poi la regina Crimilde lo fece portare nella
cattedrale, dove tutti, principi e popolo, andarono a piangerlo. Giunse
90 anche Gunther con i suoi fratelli, ma Crimilde disse:
– Non ha motivo di piangerlo chi l’ha ucciso.
Ma i principi si dichiararono innocenti: sostenevano che era stato
ucciso dai briganti nella foresta.
Allora Crimilde chiese una prova dell’innocenza: chiese che Hagen
95 si avvicinasse alla bara9. Hagen si avvicinò, e la ferita cominciò a
sanguinare come se fosse stata inferta proprio allora.
E tutti videro che Hagen era l’uccisore di Sigfrido.
(Tratto da: Laura Mancinelli, I Nibelunghi, Emme Edizioni)

1. In questo episodio si distinguono nettamente il protagonista e l’antagonista. Chi sono?


................................................................... e ................................................................... ....... 2

2. L’espressione “tesseva la sua trama”, alla riga 2, significa


A. preparava il suo complotto
B. scriveva il suo intreccio
C. costruiva la sua narrazione
D. intrecciava il suo tessuto ....... 1

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Verso la PROVA NAZIONALE MISURA LE TUE COMPETENZE

3. Crimilde fa un sogno “premonitore” (r. 6), che


A. la avverte di cosa succederà
B. la mette in guardia per il futuro
C. le preannuncia una disgrazia
D. le predice il futuro ....... 1

4. Sigfrido non è del tutto invulnerabile.


a. In quale punto era vulnerabile? Per quale motivo?
.................................................................................................................................................................................................

.................................................................................................................................................................................................

b. Un altro eroe epico era invulnerabile, tranne in un punto. Chi e dove?


........................................................................................................ ....... 4

5. Nel rivelare il segreto, Crimilde si rivela


A. sciocca e innamorata
B. ingenua e incauta
C. impulsiva e sciocca
D. astuta e impulsiva ....... 1

6. Che cosa sono gli “oscuri presentimenti” (r. 24) di Crimilde? Completa.
Crimilde ha tristi presagi: teme infatti ....................................................................................................................

........................................................................................................................................................................................................

............................................................................................................................................................................
....... 1

7. Chi era al corrente del complotto preparato da Hagen?


SÌ NO

a. Gunther

b. Brunilde

c. Ghiselher

d. Ghernot

e. Crimilde 5
.......

272

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MISURA LE TUE COMPETENZE Verso la PROVA NAZIONALE

8. Il piano ideato da Hagen per far cadere Sigfrido nel tranello comprende diverse fasi, che
ti elenchiamo. Numerale in ordine di successione.
Dice che possono dissetarsi alla fonte
Hagen lo ferisce a morte
Dimentica di proposito il vino
Posa la sua lancia per chinarsi a bere
Propone una gara di corsa
Sigfrido giunge per primo alla fonte ....... 6

9. Hagen è un traditore ed è vile perché colpisce Sigfrido .............................................. ....... 1

10. Le ultime parole di Sigfrido morente sono rivolte


A. a Crimilde e al figlio B. a Gunther e ai re burgundi
C. ai suoi fratelli D. a Hagen ....... 1

11. Nella sua malvagità, Hagen fa deporre il corpo di Sigfrido davanti alla porta della camera
di Crimilde. Per quale motivo?
........................................................................................................................................................................................................

............................................................................................................................................................................
....... 1

12. Grazie a quale prova Crimilde scopre chi è l’assassino di Sigfrido?


........................................................................................................................................................................................................

............................................................................................................................................................................
....... 2

13. Al posto di “inferta” (r. 96) si potrebbe usare il sinonimo


A. portata B. fissata
C. causata D. infettata ....... 1

14. In base a quanto hai letto, attribuisci ciascuna delle caratteristiche elencate all’uno o all’al-
tro personaggio.
SIGFRIDO HAGEN

a. fiducia
b. vigliaccheria
c. malvagità
d. lealtà
e. odio
f. nobiltà d’animo ....... 6

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Verso la PROVA NAZIONALE MISURA LE TUE COMPETENZE

15. A riprova di quanto Sigfrido sia privo di sospetti, tranquillo e spensierato, nel testo è
riportato un episodio che suscita le risate dei cacciatori, a conclusione della battuta. Di
quale episodio si tratta?
........................................................................................................................................................................................................

........................................................................................................................................................................................................

............................................................................................................................................................................
....... 2

16. Una virtù tipica del cavaliere medievale (che caratterizza sia gli eroi del ciclo carolingio sia
quelli del ciclo bretone e germanico) è la “cortesia”.
a. Ritrova nel testo il punto in cui si fa esplicito riferimento a questa virtù di Sigfrido. Quale
comportamento la manifesta? Rispondi con le parole del testo.
.................................................................................................................................................................................................

.................................................................................................................................................................................................

.................................................................................................................................................................................................

b. Già poco prima, in realtà, Sigfrido aveva dato prova di grande cortesia. Perché?
.................................................................................................................................................................................................

....... 3

AUTOVALUTAZIONE TOTALE PUNTI .../38


• Ho trovato la lettura del testo epico
facile di media difficoltà difficile
• Negli esercizi
ho capito le consegne non ho capito bene le consegne
conoscevo il significato delle parole non conoscevo il significato delle parole

• Ho avuto difficoltà a rispondere alle domande n° ....................................................

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