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1.

PREMESSE E GENERALITÀ
L’esigenza di costruire sistemi a sempre minore impatto ambientale per i sistemi di depurazione di
acque reflue municipali o industriali, richiede considerazioni sempre più legate a valutazioni di
carattere sociale ed istituzionale, oltre che alle tradizionali valutazioni tecniche. La ricerca di
sistemi di trattamento con esigenze e caratteristiche tecniche “sostenibili” ha favorito negli ultimi
anni lo sviluppo di sistemi che non richiedono componenti meccanici complessi ad elevato
consumo energetico, ma che tendono a sfruttare appieno la componente “naturale” che sta alla base
di un qualsiasi sistema di depurazione.
In quest’ottica si sono sviluppati e diffusi i sistemi di trattamento con fitodepurazione.

2. FITODEPURAZIONE NATURALE
La fitodepurazione consiste in un tipo di trattamento operato da organismi vegetali che, tramite
l’apparato radicale, assorbono gli elementi nutritivi (principalmente inorganici) presenti nell’acqua
da depurare; lo sviluppo radicale di queste piante inoltre, funge da punto di adesione per i
microrganismi, la cui attività viene favorita dalla liberazione di ossigeno atmosferico che, assorbito
dagli apparati aerei della pianta, viene poi trasferito alle radici e liberato nell’ambiente circostante.
La formazione di queste “nicchie” ossigenate all’interno del mezzo liquido permette perciò un buon
livello di abbattimento della sostanza organica per l’attività degradativa dei microrganismi aerobici
eterotrofi.
Il principio è quindi quello di utilizzare la normale capacità depurativa che possiedono le zone
umide.
In effetti le zone umide naturali sono state utilizzate per molti secoli per il trattamento delle acque
di scarico prodotte dagli insediamenti abitativi, anche se nella maggior parte dei casi le paludi
venivano utilizzate come una sorta di bacino di accumulo prima dello sversamento nel corpo idrico
recettore finale e non come veri e propri sistemi di trattamento, con la conseguenza di ottenere
irreversibili degradazioni della loro qualità causati dagli scarichi incontrollati dalle acque inquinate.
Questo è accaduto fino ad un passato relativamente recente, in quanto le zone umide sono state
storicamente considerate come malsane ed inadatte alla vita umana. Tuttavia negli ultimi trenta anni
si è invece assistito ad un netto aumento di interesse e ad un radicale cambiamento nella loro
considerazione. Sono infatti stati identificati gli svariati benefici forniti dalle aree umide tra cui la
possibilità di approvvigionamento di acqua, la buona funzionalità per il controllo idrico (casse di
espansione per eventi alluvionali), lo sfruttamento per attività di estrazione (cave di sabbia, di ghiaia
e di torba), l’utilizzo delle piante in esse presenti (materie prime per prodotti alimentari, cosmetici e
farmaceutici, foraggio, legname, produzione di carta e cartone, materiale per copertura,

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fertilizzanti), la presenza di animali allo stato libero (volatili acquatici migratori, fonte di
abbeveramento per molte specie), la presenza di pesci ed invertebrati (gamberi, granchi, ostriche,
cozze, vongole), la possibilità di utilizzo per produzioni integrate (ad esempio piscicoltura abbinata
alla coltivazione del riso), il controllo dei fenomeni erosivi e di desertificazione e il grande
contributo alla biodiversità, la possibilità di utilizzo come fonti energetiche (idroelettrica, solare,
pompe di calore, produzione di gas e combustibili liquidi e solidi), e infine le attività educative e
ricreative.

3. FITODEPURAZIONE COSTRUITA
La necessità di tutelare le zone umide naturali e l’impossibilità di prevedere con precisione le
conseguenze di un apporto di reflui inquinati, sia sull’ecosistema palustre, sia i termini di efficacia
della depurazione, ha portato ad una serie di studi svolti alla ricostruzione di sistemi umidi specifici
e controllabili per il trattamento delle acque inquinate.
L’applicazione di sistemi naturali costruiti (Constructed Wetlands) per il trattamento delle
acque reflue rappresenta ormai una scelta ampiamente diffusa in tutto il mondo per il trattamento
depurativo di acque reflue civili di piccoli insediamenti e nel post-trattamento di effluenti industriali
trattati con sistemi tradizionali. Infatti le aree umide artificiali offrono un maggior grado di
controllo, permettendo una precisa valutazione della loro efficacia e la possibilità della scelta del
sito, la flessibilità nelle scelte di dimensionamento e nelle geometrie, e, più importante di tutto, il
controllo dei flussi idraulici e dei tempi di ritenzione.
Nella fitodepurazione tramite Constructed Wetlands non è richiesto alcun input di energia elettrica
dall’esterno ed è sufficiente la ricostruzione degli habitat naturali per sfruttarne la capacità
autodepurativa dovuta sia all’azione diretta delle piante, che alla consistente attività delle
popolazioni batteriche che si sviluppano sulle idrofite e nell’habitat circostante.

4. PROCESSI DI FITODEPURAZIONE COSTRUITA (CONSTRUCTED


WETLANDS)
4.1. TIPOLOGIE DI CONSTRUCTED WETLANDS
I sistemi di fitodepurazione basati sulla ricostruzione di zone umide artificiali si possono distinguere
in diverse tipologie, brevemente riassumibili nella maniera che segue.
− Sistemi a macrofite idrofite galleggianti;
− Sistemi a macrofite idrofite radicate sommerse;
− Sistemi a macrofite idrofite radicate emergenti;
− Sistemi multistadio, dati da combinazioni delle tre classi precedenti.

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I primi due sistemi prevedono la presenza di una superficie di acqua, in maniera similare a
quanto accade in natura negli ambienti palustri e lagunari, mentre il sistema a macrofite
radicate emergenti consente di operare sia con superfici di acqua (come nei casi precedenti), sia
senza superfici esterne di acqua, che permane invece sotto al livello del suolo. Infatti questi
sistemi, tra i più diffusi per la loro flessibilità, possono subire una ulteriore classificazione
dipendente dal cammino idraulico delle acque reflue:
− Sistemi a flusso superficiale;
− Sistemi a flusso sommerso (o subsuperficiale) orizzontale;
− Sistemi a flusso sommerso (o subsuperficiale) verticale.

4.2. ESSENZE IMPIEGABILI


Nei processi di fitodepurazione vengono impiegate macrofite particolarmente adatte alla vita in
ambienti umidi, ovvero essenze idrofite.
Le idrofite sono piante che si possono sviluppare in ambienti puramente acquatici o su terreni o
substrati che almeno periodicamente si saturano d’acqua o vengono sommersi dall’acqua, quindi gli
habitat tipici di sviluppo e di provenienza di tali piante sono le acque dolci stagnanti.
I criteri da utilizzare per la selezione delle piante più adatte ai sistemi di fitodepurazione, possono
riassumersi in:
− adattabilità al clima locale,
− elevata attività fotosintetica,
− elevata capacità di trasporto dell’ossigeno,
− resistenza a concentrazioni elevate di inquinanti,
− capacità di assimilazione degli inquinanti,
− resistenza a condizioni climatiche avverse,
− resistenza alle malattie,
− semplicità di coltivazione e gestione (piantumazione, propagazione, raccolta, ecc.).
Tali essenze vegetali possono essere del tipo emergente, galleggiante o sommersa.

4.3. VANTAGGI E SVANTAGGI


Come tutti i sistemi di trattamento, anche quello di fitodepurazione presenta una serie di vantaggi e
di svantaggi rispetto ad altri metodi; in particolare, riferendosi al sistema di trattamento biologico
delle acque reflue più diffuso, ovvero quello a fanghi attivati, i tipici vantaggi del trattamenti di
fitodepurazione rispetto ai trattamenti convenzionali possono riassumersi in:

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− semplicità ed economia di costruzione e di esercizio;
− minore richiesta di manutenzione;
− nulla o ridotta necessità di apparecchiature elettromeccaniche
− non necessità di personale altamente qualificato;
− maggiore resistenza agli shock di carico organico ed idraulico a causa dei lunghi tempi di ritenzione
idraulica
− possibilità di ottenere sottoprodotti vegetali riutilizzabili o comunque non dannosi per
l’ambiente
Naturalmente, anche il sistema di trattamento con fitodepurazione presenta anche alcuni svantaggi
rispetto ai trattamenti biologici a fanghi attivati di tipo convenzionale, in particolare:
− richiesta di ampie superfici, molto maggiori rispetto ai depuratori convenzionali;
− andamento stagionale delle prestazioni, con un sensibile calo prestazionali nei mesi più
freddi;
− problema di produzione di odori molesti in eventuali zone anaerobiche;
− proliferazione di zanzare ed altri insetti nei sistemi con superficie liquida esposta.

5. RIFERIMENTI NORMATIVI
Il D.Lgs. 11/05/99 n.152 di recepimento della Direttiva CEE 91/271 (trattamento delle acque reflue
urbane) e della Direttiva CEE 91/676 (protezione delle acque dall’inquinamento provocato dai
nitrati di origine agricola) ha modificato l’impostazione della precedente normativa di settore.
L’emanazione di un Testo Unico che si integrasse e coordinasse il complesso quadro normativo
vigente, ha comportato l’abrogazione di diversi testi di legge; tra i più importanti segnaliamo:
 La Legge 319/76 (Legge Merli) e la Legge 172/95 di modifica alla Legge Merli in materia
di scarichi in pubbliche fognature;
 Il D.Lgs. 132 del 1992 in materia di protezione delle acque sotterranee;
 Il D.Lgs. 133 del 1992 in materia di scarichi industriali contenenti sostanze pericolose;
 Il DPR 236/1988 in materia di acque destinate al consumo umano;
 La Legge 36/94 (Legge Galli) in materia di tutela delle risorse idriche.
Particolare rilievo è dato alla tutela qualitativa della risorsa idrica, che si realizza attraverso una
serie di disposizioni in materia di reti fognarie e di criteri generali di disciplina agli scarichi. Queste
disposizioni sono rese operative dalle indicazioni tecniche contenute nell’Allegato V del decreto,
compresi i limiti imposti agli scarichi per i vari parametri e le efficienze depurative che devono
essere garantite dagli impianti.

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Lo stesso decreto, all’art. 2, definisce “trattamento primario”, un trattamento in grado di garantire
una riduzione del carico inquinante presente nel refluo pari ad almeno il 20% per il BOD5 ed il 50%
per i solidi sospesi; implicitamente indica quindi che tali trattamenti non garantiscono il rispetto dei
limiti tabellari.
Gli impianti dovranno conformarsi alle indicazioni dell’Allegato V entro il 31/12/2005 (art.31). La
norma precisa che il sistema prescelto di trattamento dei reflui deve anche:
 rendere semplice manutenzione e gestione,
 essere in grado di sopportare adeguatamente forti variazioni orarie del carico idraulico e
organico,
 minimizzare i costi di gestione.

6. MECCANISMI DEPURATIVI TIPICI DEI TRATTAMENTI DI


FITODEPURAZIONE

La rimozione degli inquinanti avviene attraverso una varietà di processi biologici (cooperazione tra
le macrofite acquatiche e le colonie batteriche adese o disperse), chimici e fisici (adsorbimento,
precipitazione, sedimentazione, filtrazione e scambio ionico).
La tabella che segue mostra i principali meccanismi depurativi in funzione del tipo di inquinante.

Inquinanti Meccanismi depurativi


Solidi sospesiSedimentazione, filtrazione, adsorbimento e degradazione biologica (idrolisi).
Sedimentazione, filtrazione, adsorbimento e degradazione biologica (aerobica
BOD e COD
e anaerobica).
ammonificazione seguita da nitrificazione e denitrificazione biologica,
Azoto assorbimento da parte delle piante, volatilizzazione dell’ammoniaca in alcuni
sistemi.
precipitazione con cationi (Fe, Al e Ca) presenti nel medium, adsorbimento su
Fosforo argilla o sostanza organica presenti nel medium, assorbimento da parte delle
piante.
Adsorbimento, precipitazione, scambio ionico col medium ed assunzione da
Metalli pesanti
parte delle piante.
Sedimentazione, filtrazione, adsorbimento, predazione, morte naturale, morte
Batteri e virus per radiazione UV in alcuni sistemi, rilascio di sostanze antibiotiche da parte
di alcune piante.
Brevemente si riportano i meccanismi di trasformazione che avvengono negli impianti di
fitodepurazione e le trasformazioni compiute nei confronti della materia organica e dell’azoto.
Materia organica
• degradazione in condizioni aerobiche (prevalente)
materia organica + batteri + O2 => nuove cellule, CO2, NH3, H2O
• degradazione in condizioni anaerobiche

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materia organica + batteri => nuove cellule, alcoli, acidi + batteri => CH4, H2S, NH3,CO2, H2O,
nuove cellule
Azoto
• Ammonizzazione (mineralizzazione)
Azoto organico <=> NH4-
• Nitrificazione biologica
NH4- + CO2 + O2 => cellule + NO2- (Nitrosomonas)
NO2- + CO2 + O2 => cellule + NO3- (Nitrobacter)
• Denitrificazione biologica
NO3- => NO2- => NO => N2O => N2 (Achromobacter, Aerobacter, Alcaligenes, Bacillus, ecc)
• Volatilizzazione ammoniacale
NH4- <=> NH3

7. RUOLO DELLE MACROFITE NEI TRATTAMENTI DI


FITODEPURAZIONE

L’assorbimento diretto degli inquinanti da parte delle piante non è in grado di spiegare da solo
l’efficienza di rimozione osservabile nei sistemi di fitodepurazione.
Le idrofite difatti, pur riuscendo ad assimilare i nutrienti, lo fanno in frazioni modeste rispetto ai
carichi applicati ed ai rendimenti ottenuti.
Fondamentale, in tale contesto, è la cooperazione tra le macrofite acquatiche e le colonie
microbiche, principalmente batteriche, sospese o adese sulle macrofite e nell’habitat circostante. Le
macrofite, infatti, fungono da substrato solido nei confronti delle popolazioni batteriche che operano
gran parte del processo di degradazione della sostanza organica e di ammonificazione e
nitrificazione-denitrificazione dell’azoto, inoltre filtrano direttamente il materiale in sospensione e
particolato.
Fondamentale è anche il trasporto dei gas tra l’atmosfera e la rizosfera con conseguente
trasferimento e rilascio di ossigeno, in particolar modo nei terreni saturi d’acqua, anche se negli
ultimi anni questo ruolo sembra essersi ridimensionato come importanza. Tale trasferimento
avviene per diffusione e per convezione all’interno delle piante stesse, che in alcuni casi possono
presentare anche un 70% in volume di parenchimi aeriferi. L’ossigeno veicolato viene utilizzato
dalla biomassa microbica, prevalentemente batteri, che si sviluppano sulle radici e sulla porzione di
medium circostante, mentre nei sedimenti e nelle zone più lontane dalle radici si verificano processi

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anossici e anaerobici, comunque utili ai fini del processo depurativo quando in giusto rapporto con i
processi aerobici.
Le piante svolgono un ruolo importante sulla permeabilità idraulica del terreno, che di norma si
attesta intorno a 10-5 – 10-6 m/s, sulla la stabilità al letto del sistema, sulla riduzione della velocità
della corrente del flusso idraulico (legata ai tempi di residenza idraulica), sull’attenuazione
dell’irraggiamento solare (creando un ambiente sfavorevole alla crescita di eventuali e indesiderate
alghe) e sulla regolazione degli scambi di calore tra aria ed acqua e quindi sull’evaporazione

7.1. PIANTE ACQUATICHE PIÙ UTILIZZATE NEI SISTEMI DI


FITODEPURAZIONE

Numerose specie di piante acquatiche si prestano bene alla piantumazione nei sistemi di
fitodepurazione,
Phragmites australis - Schoenplectus lacustris - Juncus effusus e congloemeratus -Typha latifoglia -
Glyceria maxima

Temperatura °C Salinità massima


Specie pH ottimale
Desiderabile Germinazione dei semi mg/l
Typha 10-30 10-24 30 4-10
Phragmites 12-33 10-30 45 2-8
Juncus 16-26 - 20 5-7.5
Schoenoplectus 16-27 - 20 4-9
Carex 14-32 - 5-7.5

LE RADICI E I RIZOMI SOPRAVVIVONO ANCHE NEL TERRENO GHIACCIATO

7.1.1. Phragmites australis


La normale canna di fiume è fra le piante acquatiche più diffuse nelle zone umide naturali.
Le sue peculiarità di tolleranza alle condizioni climatiche ed ambientali come carenza di ossigeno e
pH rendono la canna palustre la specie più utilizzata nei bacini di fitodepurazione.

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Phragmites australis
Pianta perenne, con rizomi, lunghi stoloni, culmo alto oltre 200 cm,
foglie lanceolate larghe fino a 3 cm. La pannocchia, ricca addensata,
è formata da spighette violacee lucide e pelose.
Fioritura da giugno a ottobre.
Vive nelle paludi nelle zone umide nei bordi di stagni laghi e fossi
fino al piano alpino.

Per quanto riguarda la reperibilità abbiamo alcune alternative:


- Prelevare le piante direttamente da un sito di crescita naturale comprese le radici e trasferirlo nel
nostro impianto. Questo può danneggiare il sito di prelievo soprattutto se si devono coprire grosse
superfici.
- Piantare i semi.
- Prelevare i rizomi da un sito naturale e piantumarli nell’impianto, ne
occorrono circa 4 per m2.
- Comperare i rizomi in qualche vivaio.

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7.1.2. Propagazione e messa a dimora della Phragmites

1. Scoprire i rizomi con una vanga, oppure dalla superficie in primavera.

2. Individuare un segmento che contenga un internodo non danneggiato fra due nodi dotati di
germogli laterali.

3. Piantumare nell’impianto con un angolo di 45* e lascire 4-5 cm di rizoma scoperto.

8. PRINCIPI DI FITODEPURAZIONE IN SISTEMI A MACROFITE


EMERGENTI A FLUSSO SUBSUPERFICIALE

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I sistemi di fitodepurazione a macrofite emergenti a flusso subsuperficiale sono i sistemi tra i più
diffusi, in quanto non presentano superfici liquide esposte e quindi non presentano problemi ad esso
legati, quali lo sviluppo di insetti (soprattutto zanzare).
I trattamenti a flusso subsuperficiale si ottengono in bacini impermeabilizzati naturalmente o
artificialmente, riempiti con un idoneo substrato di supporto e di crescita per le macrofite (terreno
naturale, sabbia, ghiaia o pietrisco ed altri materiali), detto anche medium, in cui viene applicato il
liquame in maniera da mantenere un flusso idrico controllato all’interno del medium stesso. La
depurazione è favorita dallo sviluppo di colonie batteriche sulle radici e sui rizomi delle piante
attraverso i quali viene fornito ossigeno atmosferico.
Esistono sistemi a flusso orizzontale e a flusso verticale. I primi, caratterizzati dalla continuità di
flusso attraverso il medium costantemente saturo, sono utilizzati per ottenere la rimozione della
sostanza organica, la denitrificazione e la parziale nitrificazione e rimozione del fosforo; mentre i
secondi, caratterizzati dalla discontinuità del flusso tramite periodica percolazione attraverso il
medium che subisce un’alternanza di condizioni di saturazione e di esposizione all’atmosfera (che
ne favoriscono l’aerazione causata dal movimento dell’acqua nel medium), vengono solitamente
utilizzati per incrementare le capacità di nitrificazione dei sistemi a flusso orizzontale.

9. SISTEMI A FLUSSO SOMMERSO ORIZZONTALE (SFS-H O HF)

I sistemi di fitodepurazione SFS-h o HF (flusso sommerso orizzontale) sono costituiti da vasche


contenenti materiale inerte con granulometria prescelta al fine di assicurare una adeguata
conducibilità idraulica (i mezzi di riempimento comunemente usati sono sabbia, ghiaia, pietrisco);
tali materiali inerti costituiscono il supporto su cui si sviluppano le radici delle piante emergenti
(sono comunemente utilizzate le Phragmites australis); il fondo delle vasche deve essere
opportunamente impermeabilizzato facendo uso di uno strato di argilla, possibilmente reperibile in
loco, in idonee condizioni idrogeologiche, o, come più comunemente accade, di membrane

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sintetiche (HDPE o LDPE 2 mm di spessore); il flusso di acqua rimane costantemente al di sotto
della superficie del vassoio assorbente e scorre in senso orizzontale grazie ad una leggera pendenza
del fondo del letto (circa 1%) ottenuta con uno strato di sabbia sottostante il manto
impermeabilizzante.

SISTEMA A FLUSSO SOMMERSO ORIZZONTALE


Durante il passaggio dei reflui attraverso la rizosfera delle macrofite, la materia organica viene
decomposta dall’azione microbica, l’azoto viene denitrificato, se in presenza di sufficiente
contenuto organico, il fosforo e i metalli pesanti vengono fissati per adsorbimento sul materiale di
riempimento; i contributi della vegetazione al processo depurativo possono essere ricondotti sia allo
sviluppo di una efficiente popolazione microbica aerobica nella rizosfera sia all’azione di
pompaggio di ossigeno atmosferico dalla parte emersa all’apparato radicale e quindi alla porzione
di suolo circostante, con conseguente migliore ossidazione del refluo e creazione di una alternanza
di zone aerobiche ed anaerobiche con conseguente sviluppo di diverse famiglie di microrganismi
specializzati e scomparsa pressoché totale dei patogeni, particolarmente sensibili ai rapidi
cambiamenti nel tenore di ossigeno disciolto. I sistemi a flusso sommerso assicurano una buona
protezione termica dei liquami nella stagione invernale, specie nel caso si possano prevedere
frequenti periodi di copertura nevosa.
Nei seguenti grafici si possono osservare i dati medi ricavati da circa 260 impianti di
fitodepurazione di questa tipologia situati in paesi europei, in termini di qualità degli effluenti per i
principali parametri.
Nell’analisi dei dati si sono suddivisi gli impianti a seconda della tipologia di trattamento
(secondario e terziario, intendendo per terziario il post-trattamento di un processo biologico come
fanghi attivi, filtri percolatori, biodischi, digestori anaerobici, etc.) e di classi di utenza definite
come intervalli di abitanti equivalenti (AE).

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9.1. Aspetti progettuali
Determinazione dell'area superficiale del letto
Il sistema più diffuso per la determinazione della superficie del letto si basa su un modello di
progettazione di tipo razionale che considera il sistema depurativo come un reattore con flusso a
pistone (cioè con dispersione solo trasversale alla direzione del moto) in cui si realizza una reazione
biologica del primo ordine.
Di conseguenza la cinetica di degradazione della sostanza organica
biodegradabile (BOD) può essere sintetizzata dalla seguente
espressione:
dove:
BODe rappresenta la concentrazione di BOD in uscita dal sistema;
BODi rappresenta la concentrazione di BOD in ingresso al sistema;
K rappresenta la costante cinetica di primo ordine per l’abbattimento del BOD (d-1);
t rappresenta il tempo di ritenzione idraulica effettivo (d).

Il processo viene influenzato dalla temperatura attraverso la


modificazione della costante “K”, che secondo la legge di van't Hoff-
Arrhenius ha il seguente andamento:
Dove:
K20 rappresenta la costante cinetica del primo ordine 20°C (d-1)
θ rappresenta il fattore di correzione della costante della cinetica rispetto alla temperatura;
T rappresenta la temperatura del letto (°C).
Il fattore di correzione θ della costante K20 varia in genere fra 1,05 e 1,08, con valore tipico di 1,06.
Il valore della costante K20 varia con le caratteristiche del medium ed all’apparato radicale delle
essenze vegetali, dove è più attiva la biomassa adesa e dove è quindi maggiore la degradazione
batterica della sostanza organica. Al variare della granulometria del medium, varia la quantità di
biomassa adesa e quindi la velocità di rimozione del substrato. I valori tipici di K20 variano tra 0,7
ed 1,1 d-1.
Il tempo di ritenzione idraulica effettivo del liquame
nel sistema depurativo dipende dalla portata trattata,
dal volume occupato dal medium e dalla porosità del
medium stesso, secondo l'espressione:

dove:
Vv rappresenta il volume dei vuoti (volume bagnato in m3)

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n rappresenta porosità del medium
d rappresenta sommergenza media (livello idrico medio) nel medium (m)
W rappresenta larghezza del letto (m)
l rappresenta lunghezza del letto (m)
As rappresenta area superficiale del letto (m2)
Ac rappresenta area trasversale del letto (m2)
Q rappresenta la portata media giornaliera trattata nel sistema (m3 . d-1)
Se ora si combinano le tre relazioni
precedenti si ottiene l’espressione
che rappresenta la formula di
calcolo della superficie totale del
sistema depurativo per trattare la
portata media q e ottenere una
rimozione del BOD da BODi a
BODe, con un rendimento ηBOD:
Il modello proposto andrebbe utilizzato solo per lo studio del trattamento secondario di acque reflue
urbane; mentre per prestazioni particolari sarebbe opportuno ricorrere ad apposite prove
sperimentali o a dati desunti in casi analoghi con impianti similari, soprattutto per liquami molto
carichi, dove non è possibile ottenere un prefissato rendimento di rimozione della sostanza
organica.
Inoltre, poiché i sistemi depurativi biologici sono costituiti da sostanza organica che si rigenera
(biomassa) e rappresentano per se stessi delle fonti di carbonio per l’effluente, non è possibile
ottenere rendimenti di rimozione della sostanza organica prossimi al 100%.
Data la difficoltà di determinare con
precisione la sommergenza media e la
porosità media, e quindi la costante della
cinetica di primo ordine, alcuni
ricercatori hanno introdotto una diversa
costante della cinetica del primo ordine
di rimozione del BOD, ovvero KBOD,T,
che permette un calcolo alternativo della
superficie del letto, secondo la relazione:
dove KBOD,T rappresenta la costante della cinetica del primo
ordine alla temperatura T secondo la relazione:
Un buon valore medio della costante KBOD,T è di 0,085±0,025 m.d-1.

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Determinazione dell'area trasversale del letto
Per la determinazione dell’area trasversale del letto si ricorrere alla legge di filtrazione in mezzo
saturo di Darcy, semplificata così come riportato nella relazione che segue:

9.2. CONSIDERAZIONI PROGETTUALI


Quando si realizza un impianto bisogna comunque tener presente le seguenti considerazioni.
1) Il carico organico superficiale massimo ammissibile dovrebbe essere definito in base alla
massima capacità di trasferimento dell’ossigeno atmosferico nel medium da parte delle piante,
considerando un fabbisogno di ossigeno pari 1,5 volte il carico BOD applicato ed un fattore di
sicurezza pari a 2. Risulta quindi che il fabbisogno di ossigeno di progetto dovrebbe essere in
definitiva il triplo del carico applicato come BOD.
2) I valori minimi suggeriti per il tempo di ritenzione idraulica effettivo sono di 5-10 giorni, e per
avere incrementi del rendimento di rimozione della sostanza organica occorre incrementare il
tempo di ritenzione idraulica effettivo.
3) Sono necessari rapporti lunghezza/larghezza ottimali per realizzare impianti che garantiscano
effettivamente le condizioni di flusso a pistone ipotizzate in sede di progetto; a seconda dei casi i
rapporti lunghezza/larghezza possono essere sia inferiori sia superiori ad 1, ma è possibile,
tuttavia, che letti larghi e corti possano dar luogo a corto circuiti così come letti stretti e lunghi
possano avere problemi idraulici o sviluppino delle velocità della corrente tali da influenzare
negativamente la crescita delle piante.
4) È infine opportuno realizzare diverse unità in parallelo (almeno due) poiché tale soluzione offre
flessibilità operativa, comunque spesso questa soluzione si rende necessaria per una migliore
distribuzione del liquame nel medium.

9.3. ASPETTI REALIZZATIVI

Lo scavo deve avere una profondità tale da contenere completamente il medium, con la giusta
pendenza di fondo, ed un franco di sicurezza al di sopra di esso.

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La profondità del letto dipende dal tipo di idrofita scelta ed in particolare dalla profondità che può
essere raggiunta dal suo apparato radicale e rizomatoso.
Il franco di sicurezza ottimale al di sopra del letto dovrebbe di almeno 50 cm, per contenere gli
eventuali flussi superficiali (o gli allagamenti in occasione di piogge intense) e per garantire il buon
funzionamento del sistema depurativo per almeno 15-20 anni. Infatti il continuo accumulo di
lettiere proveniente dai residui vegetali comporta un progressivo innalzamento del letto e quindi una
riduzione del franco di sicurezza. Un ulteriore margine di sicurezza, in previsione di una lunga
durata del letto, è rappresentata da un innalzamento delle sponde (almeno 15-30 cm).
Una regola di uso pressoché generale è quella di ricorrere a letti dalla superficie perfettamente
orizzontale e con pendenza di fondo del letto minima necessaria per permettere il passaggio del
liquame. Il fondo del letto deve essere impermeabilizzato con una opportuna membrana sintetica
che viene ricoperta con medium grossolani, ghiaia e pietrisco (granulometrie comprese tra 6 e 150
mm) di inerti di fiume (arrotondati) piuttosto che di frantoio (soggetti ad un maggior
impaccamento), ma si sconsiglia di realizzare letti con ghiaia di pezzatura uniforme superiore 50
mm.
È necessario che l’influente venga distribuito in modo uniforme su tutta la larghezza del letto e che
l’alimentazione avvenga ad una quota possibilmente superiore al massimo livello idrico che può
essere ammesso al di sopra del letto, per evitare rigurgiti a monte. Allo scopo si possono usare
canalette superficiali dotate di sfioratore, tubazioni disperdenti superficiali dotate di raccordo a T
regolabile, tubazioni disperdenti sommerse o ancora tubazioni con rilascio diretto.
Lo scarico deve essere sempre fatto in una zona di dispersione in materiale inerte grossolano
sciolto. La raccolta dell’effluente avviene in genere attraverso una tubazione perforata disposta
lungo la larghezza del letto e immersa in una zona drenante riempita con materiale inerte grossolano
di caratteristiche analoghe a quelle del sistema di distribuzione dell’influente. La tubazione di
raccolta deve essere collegata ad un pozzetto di efflusso in cui sia presente un dispositivo di
controllo del livello idrico nel letto.
Sui bordi perimetrali dei letti e a scopo estetico, è possibile ricorrere ad essenze ornamentali; mentre
la piantumazione delle idrofite emergenti può essere effettuata mediante segmenti di rizomi, zolle di
terra contenenti cespugli di pianta matura o pianticelle cresciute in serra. I migliori risultati, in
termini di velocità di propagazione e di uniformità della copertura del letto, si ottengono con le
pianticelle cresciute in serra.

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9.4. PRESTAZIONI TIPICHE
Rimozione dei solidi sospesi. La rimozione dei solidi sospesi è ottima con concentrazioni negli
effluenti inferiori ai 25 mg.l-1, e spesso inferiori ai 10 mg.l-1.
Rimozione della sostanza organica. Operando su influenti caratterizzati da concentrazioni di
BOD5 inferiori ai 300 mg.l-1, si ottengono concentrazioni nell’effluente inferiori 25 mg.l-1. Questo
limite inferiore in genere non viene superato a causa della sostanza organica prodotta all’interno del
sistema.
Rimozione dell’azoto. Il principale meccanismo di rimozione dell’azoto è il processo biologico di
nitrificazione-denitrificazione. La nitrificazione è fortemente limitata dalla carenza di ossigeno
(soprattutto se la concentrazione della sostanza organica del liquame trattato è elevato) e dal tempo
di ritenzione idraulica, di solito insufficiente per una corretta nitrificazione Infatti spesso la velocità
di nitrificazione su base superficiale (relativamente al carico azotato ammoniacale ed organico) è
piuttosto ridotta. La denitrificazione, al contrario, è sempre abbastanza veloce. Si può massimizzare
il rendimento di rimozione dell’azoto solo alimentando il sistema di fitodepurazione a flusso
subsuperficiale orizzontale con un effluente (totalmente o parzialmente) nitrificato. I fattori
determinanti per il processo sono: il tempo di contatto del liquame con i batteri nitrificanti, la
temperatura e l’evapotraspirazione.

Rimozione del fosforo. La rimozione del fosforo è limitata.

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Rimozione dei batteri e dei virus. Si sono ottenute riduzioni di un ordine di grandezza dei
coliformi totali e fecali.

9.5.ASPETTI GESTIONALI

Sono soprattutto importanti gli aspetti connessi al controllo del livello idrico nel letto (anche come
mezzo di protezione dallo sviluppo di erbe infestanti), dello stato della vegetazione, e della
manutenzione generale dell’impianto
Controllo del livello idrico nel letto. Ha fondamentalmente le funzioni di:
− mantenere le radici ed i rizomi delle idrofite emergenti a contatto con l’acqua;
− impedire lo sviluppo di erbe infestanti che tendono a prevalere soprattutto nelle zone insature del
letto (poiché non sono piante acquatiche); si può perciò sommergere periodicamente il letto;
− migliorare la risposta del sistema depurativo alle variazioni di portata influente e alle variazioni di
capacità evapotraspirativa delle piante, in particolare nei massimi periodi vegetativi in estate.
Controllo dello sviluppo della vegetazione. Le uniche forme di manutenzione della vegetazione
riguardano il controllo del suo regolare sviluppo e la raccolta delle idrofite ornamentali
eventualmente presenti, processo che sembra rivitalizzare le piante e stimolare una crescita più forte
ed uniforme.

9.6. LINEE GUIDA DELL’ARPA - REGIONE EMILIA ROMAGNA - PER


IMPIANTI DI FITODEPURAZIONE A FLUSSO SUBSUPEFICIALE
ORRIZONTALE PER PICCOLE COMUNITÀ

Il vassoio assorbente è costituito da una vasca o bacino a tenuta stagna (in muratura, in calcestruzzo,
o in materiale plastico prefabbricato) con il fondo orizzontale a perfetto livello situato a circa 70-80
cm sotto il livello del suolo.
E’ necessario limitare al massimo l’ingresso di acque meteoriche nel vassoio; si dovrà quindi avere
particolare riguardo alle pendenze del terreno circostante.
Il contenitore viene riempito a partire dal fondo con uno strato di ghiaione lavato (40/70) per uno
spessore di 15-20 cm, onde facilitare la ripartizione del liquame, e successivamente uno strato di
ghiaietto lavato 10/20 dello spessore di cm 15 come supporto alle radici.
Sopra lo strato di ghiaietto sono posti un telo di “tessuto non tessuto” e 40-50 cm di una miscela
costituita dal 50% di terreno vegetale e 50% di torba su cui saranno messe a dimora le piante (vedi
tabella).

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Il funzionamento del letto assorbente può avere uno scarico oppure non averne se dimensionato in
modo da garantire la completa eliminazione delle acque per evaporazione e traspirazione delle
piante.
Per il dimensionamento può essere indicata di massima una superficie di circa 5 m2 per abitante
equivalente, altrimenti potrebbe non essere garantita la completa eliminazione del refluo.
A monte del vassoio assorbente dovrà essere sempre posizionata una fossa Imhoff adeguatamente
dimensionata in funzione degli abitanti equivalenti serviti.
A monte del letto assorbente e a valle dello stesso dovranno essere posizionati adeguati pozzetti
d’ispezione per il controllo del livello d’acqua nell’impianto e per poter prelevare campioni dei
liquami.
Questo tipo di impianto consente di abbinare il trattamento depurativo con la possibilità di
mantenere una superficie verde alberata.
Le piante costituiscono l’elemento attivo dei letti assorbenti, essendo l’evapotraspirazione da esse
operata a consentire la completa eliminazione del refluo.
La scelta delle essenze da impiegare andrà fatta tenendo conto delle condizioni climatiche, in modo
da favorirne un buon sviluppo nel tempo e una maggiore resistenza alle avversità.
E’ preferibile piantare essenze già ben sviluppate in modo che l’impianto entri più rapidamente a
pieno regime.
L’avviamento dell’impianto richiede qualche settimana e varia con la stagione. Si segnala inoltre
che un gelo prolungato o un alto spessore di neve possono compromettere il buon funzionamento
del letto assorbente.
Uno strato di paglia a protezione del letto e dell’impianto radicale della vegetazione viene
raccomandato in zone con altitudine superiore a 800 m e comunque con inverni rigidi.
Per il mantenimento delle funzioni evaporative è necessario provvedere alla periodica
manutenzione della vegetazione.
Di seguito si riporta una rassegna di alcune piante avide d’acqua e particolarmente resistenti
all’umidità, adatte per la piantumazione dei vassoi assorbenti, in alternativa ed ad integrazione della
più diffusa Phragmites spp.

ARBUSTI PIANTE
Aucuba Japonica Cornus stolonifera ERBACEE Joxes
Bambù Cotoneaster salicifolia Auruncus Sylvester Lytrium officinalis
Calycantus Kalmia latifolia Astilbe Nepeta musini
Floridus Laurus cerasus Elynus Arenarius Petasites officinalis
Cornus alba Rhamnus frangula Iris pseudoacorus Felci
Cornus florida Spirea salicifolia Iris kaempferi
Thuya
canadensis

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10. COSTI DEI SISTEMI DI FITODEPURAZIONE
Per quel che riguarda i costi, è difficile calcolare una spesa standard per un impianto di
fitodepurazione dato che a seconda della tipologia dell’impianto e delle dimensioni i fattori in gioco
e le variabili sono molteplici.
I costi di alcune operazioni possono infatti apparire notevolmente diversi da regione a regione,
talvolta anche da provincia a provincia, perché influenzati da fattori economici strettamente legati a
variabili locali: ciò si verifica in particolare per gli scavi e movimentazioni terra e per i substrati di
riempimento. Le voci di costo maggiormente significative si riferiscono,appunto, alle operazioni di

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scavo e movimentazione terra, ai substrati di riempimento nonché alle opere di
impermeabilizzazione.
Sono di seguito riportate le voci di costo da utilizzare per il computo metrico estimativo preliminare
inerenti le ipotesi progettuali da valutare volta per volta in base alle dimensioni degli impianti.

Impianto di fitodepurazione SFS-h


Scavi, rilevati e rinterri
Riempimenti con inerti non provenienti dallo scavo
Opere in cemento armato, griglia e saracinesche
Impermeabilizzazioni e rivestimenti
Tubazioni e pezzi speciali in PVC
Opere a verde
Condotta collegamento primario-secondario e impianto-scarico
Totale netto opere

11. CONSIDERAZIONI APPLICATIVE E COMMENTI FINALI


I sistemi di fitodepurazione sono una alternativa di trattamento delle acque reflue per le piccole
comunità di tipo rurale e per scarichi stagionali o fluttuanti (campeggi, alberghi, villaggi turistici,
ecc.) che richiedono soluzioni robuste, semplici da gestire e che determinino un rapido avvio dei
processi depurativi. Tenuto conto delle condizioni climatiche italiane, l’utilizzo delle idrofite
emergenti ain sistemi a flusso subsuperficiale appare il più adatto per impianti operanti nell’intero
arco dell’anno estivo .I costi di costruzione sono molto variabili, ma comunque paragonabili a quelli
degli impianti di depurazione di tipo convenzionale. I costi di gestione sono assai contenuti in
quanto i consumi energetici possono essere addirittura nulli. Gli impegni di personale possono
essere limitati ad una visita di controllo settimanale. La qualità dell’effluente è spesso superiore a
quella dei convenzionali impianti a fanghi attivi per quanto la sostanza organica (espressa come
COD e come BOD5), solidi sospesi e carica batterica, mentre sono inferiori per la rimozione delle
forme azotate e del fosforo. Le prospettive di applicazione appaiono interessanti, soprattutto in
contesti specifici caratterizzati da piccoli centri con popolazione dispersa ed ampia disponibilità di
superfici. La diffusione in Italia resta tuttavia limitata a sporadici casi, spesso di natura
sperimentale.

Siti consultati:

http://www.fabx.it/fitofab3.htm
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http://www.fitokit.it/default.asp
http://www.costruireabitaresano.it/news/econotizie.htm
http://www.iridra.com/

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