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Franois Houtart

Soluzione per il clima o uscita dalla crisi per il capitale?

AGROENERGIA

Edizioni Punto Rosso Libri/FMA n. 18

Finito di stampare nellaprile 2009 presso Impressioni Grafiche, Acqui Terme, Alessandria Franois Houtart Edizione originale, Lagronergie, Couleur livres, Bruxelles 2009 EDIZIONI PUNTO ROSSO Via G. Pepe 14 20159 Milano Telefoni e fax 02/874324 e 02/875045 edizioni@puntorosso.it; www.puntorosso.it Redazione delle Edizioni Punto Rosso: Nunzia Augeri, Alessandra Balena, Eleonora Bonaccorsi, Laura Cantelmo, Loris Caruso, Serena Daniele, Cinzia Galimberti, Dilva Giannelli, Roberto Mapelli, Francesca Moretti, Stefano Nutini, Giorgio Riolo, Roberta Riolo, Nelly Rios Rios, Erica Rodari, Pietro Senigaglia, Domenico Scoglio, Franca Venesia. Traduzione dal francese di Nunzia Augeri e Erica Rodari

Indice
Introduzione CAPITOLO 1 LENERGIA E LO SVILUPPO Lo sfruttamento della natura come fonte di energia Lenergia nel modello di sviluppo Lenergia nello sviluppo del capitalismo Gli effetti sociali ed ecologici del modello capitalistico di sviluppo CAPITOLO 2 LE CRISI ENERGETICHE E CLIMATICHE La crisi energetica e le energie non rinnovabili La crisi climatica e il riscaldamento del pianeta CAPITOLO 3 IL DISCORSO NEOLIBERISTA SUI CAMBIAMENTI CLIMATICI Primo tempo: negazione e sdrammatizzazione del cambiamento Secondo tempo: le soluzioni secondo il mercato Le lacune dellapproccio neoliberista CAPITOLO 4 GLI AGROCARBURANTI E LAGROENERGIA Le caratteristiche degli agrocarburanti I diversi tipi di agroenergia Il contesto ecologico e socio-economico della produzione degli agrocarburanti Gli effetti collaterali degli agrocarburanti CAPITOLO 5 LE DIMENSIONI SOCIO-ECONOMICHE DELLAGROENERGIA Il modello agricolo alla base degli agrocarburanti Gli agro combustibili: la posta in gioco sul piano economico e finanziario Gli agrocarburanti e la crisi alimentare Gli agrocarburanti e la riproduzione del capitale Gli agrocarburanti e il modello di sviluppo 5 9

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CAPITOLO 6 I PERCORSI VERSO LA SOLUZIONE DELLE CRISI CLIMATICHE ED ENERGETICHE E IL POSTO DEGLI AGROCARBURANTI I percorsi previsti e i loro limiti Gli agrocarburanti frutto della fotosintesi Una logica postcapitalistica delleconomia e un nuovo modo di sviluppo Glossario

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Introduzione La questione degli agrocarburanti diventata un problema ideologico, un concetto che si presta a una duplice lettura, o per dirlo in termini pi tecnici, un unico significante che cambia di significato. Ci fu un tempo in cui essere a favore degli agrocarburanti era una posizione ecologica e piuttosto di sinistra, perch si percepiva la bioenergia come un correttivo dellenergia fossile. La destra invece vi vedeva solo un sogno ambientalistico spoglio di realismo o una critica velata alla crescita creata dal sistema economico capitalistico. Oggi le cose sono cambiate. piuttosto la destra che difende gli agrocarburanti, mentre la sinistra li attacca. Infatti, da una parte la doppia crisi, energetica e climatica, diventata una realt ineludibile, che non si pu pi ignorare, e daltra parte, di fronte ai prezzi del petrolio e del gas, la ricerca di nuove fonti di energia diventata unattivit molto redditizia per gli investimenti di capitali, e che inoltre gode di unimmagine positiva agli occhi di unopinione pubblica sempre pi sensibilizzata al problema dellambiente. Tuttavia il ragionamento economico non prende in considerazione le esternalit, cio le condizioni ecologiche e sociali della produzione di nuovi combustibili e i loro effetti sulla natura e sulle popolazioni. Oggi i movimenti sociali mettono laccento appunto su questo aspetto, rammentando che il calcolo economico del sistema capitalistico si pone per lo pi sul breve termine e ignora il costo reale di ci che risulta esterno alla sua logica o costituisce un effetto collaterale. Su questa base si rimette seriamente in discussione la questione degli agrocarburanti. Ne deriva una guerra ideologica in cui le parole diventano armi. Da una parte e dallaltra, gli argomenti sono brucianti: gli uni mettono in risalto i vantaggi dei biocombustibili, gli sforzi compiuti per il risparmio energetico, e la trasformazione dei grandi gruppi petroliferi, industriali e commerciali in veri benefattori dellumanit. Infatti, tutti rivestiti di verde, essi fanno appello alle immense possibilit della scienza e della tecnologia, che secondo loro risolveranno in un futuro prevedibile le questioni ancora in sospeso, a condizione di la5

sciare che liniziativa privata si impegni senza ostacoli in questo nuovo settore. Il caso del senatore Mc Cain negli Stati Uniti esemplare a questo proposito. Nel 2000 egli criticava violentemente letanolo, definendolo un avatar dellagroindustria (boondoggle), mentre nel 2006 ne parlava come di una vera fonte di energia per il futuro.1 Daltra parte i movimenti sociali, i partiti di sinistra e un certo numero di ONG progressiste rifiutano il termine biocombustibili, per utilizzare invece lespressione pi efficace di agrocarburanti, meno legata a una connotazione ottimistica di bio (vita). Alcuni arrivano perfino a proporre il vocabolo necrocombustibili (morte). Essi avvicinano il fenomeno alla crisi alimentare, e limmagine dei serbatoi pieni accanto ai piatti vuoti ha fatto parecchia strada. Una semantica di questo genere invade i recinti dellONU, della FAO e del WTO. Da una parte, i bisogni della pubblicit arrivano a deformare il senso delle parole e a presentare delle misure di semplice correzione di pratiche distruttive precedenti come dei passi in avanti da mettere sul conto del progresso dellumanit. Invece, gli argomenti di coloro che constatano i disastri ecologici e sociali, non solo delle energie fossili, ma anche della maniera in cui sono prodotte certe energie rinnovabili nella logica degli interessi economici, sono a volte semplicistici o ignorano determinati aspetti tecnici dei problemi. Talvolta poi le loro posizioni vengono indebolite dalluso di scorciatoie nello stabilire i rapporti fra effetti e cause. Questopera si propone di descrivere la situazione dellattuale doppia crisi energetica e climatica, e di porre poi la questione delle energie nuove e in particolare degli agrocarburanti nel loro complesso. Senza ignorare quindi le esternalit ecologiche e sociali, il che porter inevitabilmente a una critica del discorso economico dominante, che ignora una parte essenziale della realt. E senza fare un discorso apocalittico, estraneo ad ogni speranza di soluzione, anche in ambito scientifico e tecnico, ma senza tacere peraltro la profonda gravit della situazione e la falsit dei discorsi ottimistici. E infine senza contentarsi degli slogan, che non servono affatto alla causa delle vittime di un sistema, quando mancano di fondamenti scientifici o logici. Questo lavoro per non affatto neutro. Esso si inquadra nella ricerca della giustizia e nella costruzione di una logica eco6

nomica e politica che rispetti lequilibrio ecologico e il benessere dellumanit. Vuole avere anche una valenza etica, di difesa della vita, senza esitare a manifestare indignazione di fronte a ci che opera di morte. A questo fine si fonder sulla storia e prender in considerazione linsieme delle situazioni, evitando di isolare una dimensione particolare da analizzare fuori del suo contesto e dunque di auto legittimarsi con facilit, come fa il ragionamento economico del capitalismo, che ignora le esternalit. Infine, la realt sociale verr analizzata come risultato dellinterazione reciproca di attori diversi, cio non come processo lineare bens dialettico, in cui entrano in gioco i rapporti di forza per trasformare e costruire le strutture sociali o per frenarne la trasformazione. Il problema degli agrocarburanti, come lo vedremo noi, si pone al centro dei rapporti sociali, giacch lenergia il perno delleconomia di mercato capitalistico ed anche di ci che si definisce la civilt occidentale. Per questa ragione i poteri economici e politici tendono ad adottare soluzioni che permettano di mantenere lattuale modello di sviluppo, senza rimetterne in discussione i parametri. La questione dunque di sapere se tale logica realizzabile e a quale prezzo, oppure se si deve adottare invece unaltra logica come base per il futuro dellumanit. Lopera divisa in due grandi parti, una sul clima e laltra sulle energie cosiddette rinnovabili, mantenendo come punto centrale gli agrocarburanti. Essa termina con una riflessione sulle reali funzioni di questa nuova produzione e sulla radicalit delle soluzioni necessarie, se si vuole che lumanit esca dal vicolo cieco in cui si trova rinchiusa. Molte persone hanno contribuito a questo lavoro con le loro competenze specifiche, e desidero esprimere loro la mia riconoscenza. Si tratta in particolare di Bosco Banshanguera Mpozi, bioingegnere, insegnante allIstituto per le tecniche di sviluppo (ISTD, Mulungu, R.D. del Congo) e di Bienvenue Lutumba Bakassa, ingegnere agrochimico, assistente e ricercatore allIstituto di scienze agronomiche di Yangambi a Kisangani (R. D. del Congo). Entrambi sono stati ricercatori associati al Centro tricontinentale per la redazione di questopera. Eric Feller, agronomo e ricercatore allUniversit di Liegi, ha contribuito con i suoi consigli tecnici. Infine Geoffrey
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Geuens, professore di comunicazione allUniversit di Liegi, ha realizzato un lavoro sulle multinazionali interessate a questa materia, che servito come base per la parte economica. Grazie anche a Leonor Garcia per la sua competenza nel presentare e impaginare il manoscritto, al Comitato cattolico francese contro la fame e per lo sviluppo (CCFD) e allinglese Christian Aid per lappoggio accordato a questo lavoro.
Note 1. Richard Greeenwald, Time, 14.04.08.

CAPITOLO 1 LENERGIA E LO SVILUPPO Lo sfruttamento della natura come fonte di energia Lagroenergia o energia verde viene magnificata oggi come la soluzione per il futuro1. Infatti il riscaldamento del pianeta e il drammatico aumento del CO2 nellatmosfera hanno fatto prendere coscienza della necessit di agire. Certo questi due fenomeni non sono legati unicamente al problema dellenergia. La produzione di gas-serra causata da certe forme di agricoltura egualmente importante, soprattutto a causa dellestensione degli allevamenti. Tuttavia la questione dellenergia resta al centro del problema, soprattutto nei paesi industrialmente sviluppati, sia per la produzione industriale che per il riscaldamento e i trasporti. Per questo la Commissione Europea ha proposto agli Stati membri dellUnione di adottare una serie di misure. Dal marzo 2007 cera lobiettivo di ridurre entro il 2020 le emissioni di gas-serra del 20% rispetto al 1990 e anche del 30% se ci fosse stato un accordo a livello mondiale; inoltre bisognava portare al 20% la parte di energie rinnovabili e utilizzare per i trasporti il 10% di agrocarburanti, entro la stessa data, anche se nel 2008 la quota stata ridotta all8% per via delle numerose reazioni contrarie. Nel gennaio 2008 la Commissione ha proposto ad ogni Stato un pacchetto energia-clima in base alla ricchezza prodotta, con nuove misure riguardo allaffossamento del CO2 in vecchie miniere, nonch la costituzione di un nuovo mercato comune del carbonio. I settori diversi dallindustria (abitazioni, agricoltura, trasporti) dovrebbero ridurre le emissioni di carbonio del 10% nel 2020 rispetto al 2005. Il tutto dovrebbe costare circa 60 miliardi di euro allanno. Lobiettivo sembra importante, ma, come avremo occasione di verificare in seguito, rischia di essere molto inferiore alle necessit reali di unazione efficace per la salvaguardia del pianeta. Nel dicembre 2008 stato adottato il Piano Tre volte 20: per il2020, 20% di emissioni di CO2 in meno, 20% di riduzione dei consumi, 20% di energie rinnovabili.
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Lenergia fossile viene rimessa in discussione perch non rinnovabile e inquinante. La ricerca di alternative aperta, ma ben lungi dallessere innocente. Infatti vari interessi si mescolano al desiderio di produrre un modello detto durevole, che non pregiudichi lavvenire delle generazioni future. Per esempio lindustria nucleare non esita a presentarsi come soluzione dei problemi, mentre essa si basa su una materia prima non rinnovabile come luranio, e non affatto risolto il problema delle scorie. Quanto alla questione del petrolio e della sua sostituzione, anchessa legata a problemi di natura geopolitica. Basti pensare alla dipendenza degli Stati Uniti rispetto al petrolio del Medio Oriente o del Venezuela. Nel primo caso, la questione ha dato luogo alle guerre in Iraq e Afghanistan. Nel secondo, il presidente George W. Bush ha proposto al presidente Lula del Brasile un partenariato delletanolo, essendo i due paesi, allalba del XXI secolo, i maggiori produttori di agroenergia. Da molto tempo le ferite ecologiche colpiscono intere popolazioni. Finch si trattava di classi sociali inferiori o di popoli colonizzati, i responsabili economici e politici dei paesi industrializzati non si sono mai preoccupati del problema. Dallinizio della rivoluzione industriale i luoghi in cui si concentrava la produzione, che erano anche quelli in cui si concentrava la classe operaia, sono sempre stati notevolmente inquinati. I paesaggi, le foreste e lhabitat dei popoli colonizzati sono stati sconvolti dallo sfruttamento delle risorse naturali. Poche voci si levarono allora per denunciare tali situazioni, giacch le si considerava il prezzo del progresso. stato necessario che la situazione si deteriorasse al punto da toccare gli interessi economici e la qualit di vita di tutti gli strati sociali, compresi i gruppi socialmente dominanti, perch la distruzione ecologica diventasse una sfida. Per questo oggi la questione dellagroenergia una delle priorit politiche pi importanti. Per evitare di cadere nella trappola di unottica parziale, indispensabile sviluppare una visione storica e universale della questione. Linteresse per lagroenergia non cade dal cielo. Si inquadra in un lungo processo di sfruttamento della natura, senza grandi preoccupazioni per la sua riproduzione, legate al disprezzo per le classi sociali che lavorano e per i popoli della periferia. Infatti lenergia un
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bisogno umano di tutti i tempi. Si potrebbe dire che la storia dellumanit coincide con quella dellutilizzo dellenergia. Insieme prodotto e causa delle tecnologie, lo sviluppo delle modalit energetiche ha permesso lestendersi della mobilit e dei trasporti, e costituisce uno degli aspetti fondamentali di ci che oggi si definisce la mondializzazione. Questultima, caratterizzata dalla liberalizzazione degli scambi, si sviluppata sulla base dei principi del capitalismo. Il capitale considerato come motore dello sviluppo ha potuto costruire i pilastri della sua riproduzione come sistema mondiale grazie alle nuove tecnologie dellinformazione e della comunicazione. Lenergia ha svolto un ruolo fondamentale nel processo, trovandosi al centro delle due attivit principali delleconomia: la produzione e il trasporto. Entrambi sono aumentati considerevolmente nella fase neoliberista del capitalismo, cio nella liberalizzazione generalizzata degli scambi. La domanda di energia esplosa, con tutte le sue conseguenze. Il modo di vita che ne risulta particolarmente energivoro. Allinizio lenergia era abbondante: il suo costo rest molto basso per lungo tempo e ne deriv un utilizzo quasi senza limiti nel mondo industrializzato. Fino al giorno in cui gli effetti distruttivi di tali pratiche hanno messo in pericolo il modello di sviluppo esistente, non solo a causa dellesaurirsi di alcune risorse, ma anche in funzione degli effetti ecologici e sociali. Il grido della terra si un al grido degli oppressi e non era pi possibile non sentirlo. La convergenza fra i due doveva configurare quella delle resistenze contro il modello neoliberista. una lunga storia che ha determinato la sorte collettiva dellumanit. Avremo loccasione di tornare sullargomento. Ricordiamo che il secolo dei Lumi, nato in una societ in espansione, aveva sviluppato lidea di un progresso lineare e probabilmente senza fine. La scienza, che scopriva progressivamente i misteri della natura e si applicava anche allo studio delle societ, si svilupp nellentusiasmo non solo dei ricercatori, ma anche degli industriali che applicavano le scoperte scientifiche. Le teorie dellevoluzione non rivelavano solo i misteri di una narrazione, ma erano anche portatrici di una dimensione prometeica. A poco a poco lumanit scopriva se stessa e decrittava il mondo che la circondava. Capace di spiegarlo, era capace anche di
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dominarlo. In breve, lessere umano diventava lartefice della propria vita e della propria felicit e nulla o quasi permetteva di vedere dei limiti. Questa visione del mondo si svilupp nel quadro di rapporti sociali segnati da una grande diseguaglianza fra classi sociali e fra i popoli del mondo. Essa divenne a poco a poco lideologia dei gruppi dominanti, cio insieme la spiegazione del loro essere allavanguardia e la giustificazione del loro posto nella societ. Il ruolo del capitale come promotore di progresso e portatore di speranze per il futuro era al tempo stesso reale e illusorio. Da una parte, grazie alla logica dellaccumulazione e del profitto, seguendo la legge di un mercato soggetto a questa regola, la produzione di beni e di servizi conobbe una progressione storicamente ineguagliata. Nella fase neoliberista, laccelerazione stata ancor pi spettacolare. Nella seconda met del XX secolo la ricchezza mondiale si moltiplicata per sette. Ma daltra parte il processo era anche illusorio perch nascondeva varie realt: la maniera sociale in cui si realizzava la produzione, il riparto ulteriore della ricchezza e la distruzione dellambiente. Infatti la maniera di produrre annunciava le future catastrofi ecologiche e provocava disastri sociali. Quanto alla distribuzione della ricchezza, essa tendeva a un processo di concentrazione e di esclusione, frutto della logica stessa del capitalismo. Questo infatti favorisce il valore di scambio rispetto al valore duso, subordinando cos lattivit economica e quella di numerosi settori pubblici alla legge di mercato, considerata come naturale e dominante. Lignorare quelle che si chiamano esternalit, cio i fattori che non intervengono nel calcolo economico, doveva portare a contraddizioni molto gravi. Il fatto di non tener conto, a monte, dei costi ecologici e sociali della produzione e dei trasporti e, a valle, della distribuzione diseguale del prodotto, spiega la situazione. Ma essa non semplicemente il risultato duna legge naturale, o il prezzo da pagare per il progresso. Essa corrisponde a ben precisi interessi di certe classi sociali, legate allaccumulazione del capitale, e che hanno tutti i vantaggi a mantenere un tasso elevato di accumulazione e poco si preoccupano di ci che si potrebbe chiamare il bene comune.
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La crisi sociale ed ecologica diventata tale, che nessuno pu pi ignorarla. Essa incide anche sul tasso di profitto e quindi sugli interessi del capitale. Mette in pericolo la riproduzione di questultimo e rischia di portare a un marasma economico mondiale. quindi necessario trovare delle soluzioni. Nella logica del capitalismo, che aveva ritrovato una nuova vitalit con lo sviluppo degli scambi liberalizzati, le soluzioni devono inquadrarsi nella continuit del sistema. Si tratter quindi di proporre delle alternative, di trasformare certi comportamenti, ma in nessun caso di rimettere in discussione la logica dellaccumulazione capitalistica, sempre presentata come la soluzione necessaria, a patto di accettare certi adattamenti e certe regole. Un esempio tipico di questa prospettiva il film di Al Gore, premio Nobel per la pace, Una verit che disturba, che con ragione mette il dito sul problema ecologico mondiale, scuote lopinione pubblica e trova accoglienza favorevole negli ambienti del liberalismo economico e politico. Quando lex vicepresidente americano si rec in Belgio, fu ricevuto non dal partito socialista o dagli eredi della democrazia cristiana, bens dal partito liberale francofono. La ragione semplice: il film di Al Gore non rimette in questione il sistema. Lessenziale delle soluzioni viene indicato nei comportamenti individuali: minor utilizzo dellenergia elettrica, uso moderato dellauto, doppi vetri alle finestre ecc. Il suo un discorso moralistico e fa appello addirittura ad argomenti religiosi. Si rivolge agli individui e non ai meccanismi sociali di trasformazione del modello economico. Lenergia occupa evidentemente un posto centrale in tutta questa problematica. Essa si trova al cuore del modello di sviluppo capitalistico, che senza risorse energetiche non potrebbe operare. In questa prospettiva, se le forme esistenti di produzione dellenergia si rivelano in contraddizione con la riproduzione del modello economico e della societ, bisogna trovarne di nuove. qui che interviene lo sviluppo dellagroenergia, come sostituto delle energie fossili. Si tratta di sapere per se si tratta di una soluzione o di un palliativo, e per questo bisogna esaminarla pi da vicino.

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Lenergia nel modello di sviluppo Non c sviluppo senza energia, quindi le due realt non sono che una. Non si pu scrivere la storia delluno ignorando quella dellaltra. Non si tratta di un fatto soltanto materiale, ma anche di un intreccio culturale che riveste inevitabilmente dimensioni politiche. Lutilizzo dellenergia fa dunque parte integrante di ci che si potrebbe chiamare il dinamismo umano. Infatti le diverse fasi della storia dellumanit sono nettamente segnate dallutilizzo di diverse fonti energetiche. Queste sono alla radice della risposta alla questione posta da Edgar Morin: Come mai il piccolo bipede della savana diventato il padrone del mondo? Senza dubbio, come ricorda lo stesso autore,le capacit umane si sono sviluppate in funzione di una lunga evoluzione. Questa non stata lineare, ma stata segnata da prove ed errori, dal caso, dallaleatorio. Non lo storico M. Duvignaud che ricordava che limprobabile stato molto pi frequente del prevedibile nel corso della storia del mondo? Tuttavia, sempre seguendo Edgar Morin, in una storia caratterizzata dallincertezza, un paradigma ha sempre presieduto alla traiettoria del mondo fisico, biologico e antropologico: la riorganizzazione della vita. In una serie di sequenze che vanno dallordine al caos e dal disordine alla ricostruzione, la vita che si riproduce. Lo slancio vitale segna unevoluzione caotica senza dubbio, ma di unenorme capacit dinvenzione quando si tratta dellessere umano. E lenergia entra per gran parte in questa capacit di invenzione. Le trasformazioni si sono operate sia nel campo del rapporto con la natura sia in quello dei rapporti sociali. Nel primo caso, gli esseri umani hanno fatto prova di un costante adattamento, passando dalla semplice predazione allorganizzazione dellagricoltura per arrivare progressivamente a societ mercantili o industriali. Sul piano dei rapporti sociali, hanno prevalso soprattutto le diseguaglianze. Il dominio maschile alla base della distribuzione dei ruoli fra luomo e la donna, sia sul piano economico che su quello politico, culturale e religioso. La possibilit di accedere a un lavoro non materiale ha determinato le caste, mentre i fenomeni di sfruttamento del lavoro avrebbero generato le classi. Nel corso di tutta la storia, determinati
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popoli sono diventati dominanti o imperiali, imponendo i propri interessi agli altri. In tutta questa traiettoria, il dominio sullenergia ha svolto un ruolo molto importante. Infatti alla base dellattivit agricola, artigianale o industriale. I miti greci ci ricordano il suo posto centrale, si tratti di Prometeo e del dominio del fuoco o di Sisifo con lo sforzo incessante per superare la gravit. Fin dallinizio della storia umana, lutilizzo delle energie naturali si introdotto come un meccanismo di sopravvivenza. Si trattava del sole, del vento, dellacqua, ma anche dellenergia animale e umana. A poco a poco, la legna e poi il carbone furono trasformati in calore, lacqua in vapore, il petrolio e il gas in combustibili o in elettricit, per arrivare infine allenergia nucleare. Oggi si distinguono le energie rinnovabili da quelle che non lo sono, cio quelle che utilizzano materie prime la cui esistenza non ciclica. Quanto alle energie inquinanti, il loro utilizzo colpisce sempre pi latmosfera o anche il clima con delle emissioni nocive di CO2 o di metano, frutto della loro combustione, o ancora accelera la produzione di microparticelle che danneggiano lo strato di ozono. Nel corso dei due secoli di sviluppo industriale, lesaurirsi delle risorse non stato un argomento allordine del giorno. Si aveva limpressione che il pianeta godesse di capacit illimitate di rispondere ai bisogni umani e se in una regione il ferro, il rame o il carbone venivano a mancare, cerano molti altri luoghi dove si trovavano in abbondanza. Daltra parte, le nuove tecnologie permettevano costantemente di utilizzare meglio le ricchezze naturali, di accrescere la loro redditivit e di trovare nuovi mezzi per sfruttare giacimenti prima considerati irraggiungibili. Infine, lidea di un progresso senza fine permetteva anche di prevedere che i passi avanti della scienza e delle sue applicazioni tecnologiche sarebbero riusciti a risolvere in futuro i problemi considerati oggi senza soluzione. Lenergia faceva parte di questa stessa filosofia. Lottimismo era di rigore e nulla sembrava fermare la conquista dellumanit il cui slancio vitale si traduceva in un consumo energetico sempre crescente. Georges de Cagliari, nella sua commedia Il fuoco della terra esprimeva questa frenesia qualificando questo periodo come era moderna preistorica senza armonia con la natura, perch essa non esiste
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pi. Ci volle la crisi del petrolio per allertare lopinione pubblica sul costo dellenergia e sul suo carattere non rinnovabile, e la catastrofe di Chernobil per rammentare i pericoli dellenergia nucleare e relativizzare i benefici dellenergia atomica. Quanto alle piogge acide e al riscaldamento del clima, i due fenomeni hanno contribuito in maniera sempre pi visibile a ricordare che lattivit umana, in particolare nel campo dellenergia, ha conseguenze potenzialmente catastrofiche. Lenergia nello sviluppo del capitalismo Le societ mercantili si sono sviluppate sulla base di scambi, frutti del lavoro e dunque di unattivit separata dalla produzione agricola. Esse daltra parte si sono potute costruire solo nella misura in cui lagricoltura permetteva di nutrire pi persone che gli agricoltori stessi. Da qui limportanza dei trasporti sia dei prodotti agricoli verso le citt sia delle merci artigianali scambiate fra i diversi agglomerati. Ci non si sarebbe verificato senza utilizzare nuove fonti di energia, in particolare animale. opportuno rammentare daltra parte che le trasformazioni non si manifestarono solo nel campo dellenergia. Esse furono anche allorigine di una nuova organizzazione sociale, dello sviluppo del politico, della nascita di unetica e infine di una nuova visione del mondo. Questultima, emancipandosi dal ciclo della natura, arriv a elaborare una nozione di progresso nel tempo e nello spazio che avrebbe anche orientato lutilizzo dellenergia. Con lo sviluppo del capitalismo, la situazione cambi in maniera profonda. Gli scambi di merci permisero di accumulare un capitale, che divenne esso stesso fonte di profitto e si trasform progressivamente in motore delleconomia e della societ. In Europa il fenomeno cominci a manifestarsi gi alla fine dellXI secolo, con lo sviluppo degli scambi fra Est e Ovest per via fluviale e con lespansione delle citt mercantili e lo sviluppo di una borghesia prima mercantile e poi industriale. Laccumulazione del capitale serv in un primo tempo per finanziare gli Stati nelle loro imprese belliche o di con16

quista delle periferie, e poi ad avviare un processo di produzione industriale basato sulla divisione del lavoro. Lenergia svolse un ruolo ancora pi importante nella seconda fase dello sviluppo capitalistico. Infatti, nella fase mercantile, il capitalismo non aveva prodotto grandi rivoluzioni energetiche. Era incentrato piuttosto sullestrazione di ricchezze minerarie o agricole, con energie solo animali o umane. Ci spiega in particolare lo schiavismo che svuot le terre africane per sostituire le popolazioni dellAmerica precolombiana in via destinzione dopo le conquiste. Quanto al trasporto intercontinentale, si utilizzava la forza dei venti. Il capitalismo industriale si costru invece su notevoli trasformazioni energetiche. Si sa tutto evidentemente del ruolo svolto dalla macchina a vapore in tutti i settori produttivi. La nuova dimensione presa dallattivit economica attribuiva al capitale un ruolo centrale. Il lavoro parcellizzato non poteva pi dominare linsieme della produzione di oggetti e solo il capitale poteva svolgere un ruolo unificatore, organizzando insieme il processo di produzione e quello di distribuzione. Ne derivarono unautentica esplosione della produzione di beni e servizi, uno sfruttamento sempre maggiore della natura e una crescente differenziazione sociale in classi antagonistiche. Lo sfruttamento delle risorse naturali delle periferie si intensific considerevolmente per mezzo delle imprese coloniali. Le guerre intraeuropee e mondiali furono il risultato di feroci competizioni per assicurarsene il controllo. Con il Consenso di Washington degli anni sessanta, inizi un nuovo periodo a partire da una crisi dellaccumulazione del capitale. Il neoliberismo, favorendo la liberalizzazione totale dei capitali, dei beni e dei servizi (non dei lavoratori), doveva liberare leconomia dagli ostacoli posti dai tre grandi modelli del dopoguerra: il keynesismo, il socialismo e lo sviluppo nazionale dei paesi del Terzo mondo. Nei tre casi, era stato posto un limite allespansione dellaccumulazione capitalistica, sia per mezzo di patti sociali che ridistribuivano la ricchezza nazionale fra capitale, lavoro e Stato, sia per la messa in opera di un sistema in via di principio alternativo al capitalismo, cio il socialismo, sia ancora per limportanza dello Stato come motore di sviluppo industriale. Secondo le teorie di von Hayeck e di Milton
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Friedman, bisognava liberare le forze del mercato per avviare laccumulazione necessaria allo sviluppo delle nuove tecnologie, in particolare dellinformazione e della comunicazione, e rispondere anche alle immense necessit della concentrazione del capitale produttivo e finanziario. Il progetto, accompagnato da una cornice istituzionale internazionale il Fondo monetario internazionale e la Banca mondiale fin per rafforzare il potere dei centri di decisione economica della triade (Stati Uniti, Europa, Giappone), e determin la trasformazione di una minoranza della popolazione mondiale (circa il 20%) in iperconsumatori particolarmente energivori. Un modello cos restrittivo favoriva infatti laccumulazione del capitale, giacch permetteva una circolazione molto pi rapida dei capitali e la produzione di un valore aggiunto molto pi considerevole che non su beni di consumo banalizzati, accessibili ai pi. Senza parlare di coloro che entravano nella categoria delle folle inutili (per il capitale) perch non producevano alcun valore aggiunto e non disponevano di un potere dacquisto che permettesse di accedere allo status di consumatori. A che punto siamo allinizio di questo terzo millennio? Il consumo delle risorse naturali non rinnovabili e in particolare di energia da parte di una minoranza della popolazione mondiale esigerebbe, in base a certi calcoli, lequivalente di una capacit di riproduzione di tre pianeti. Ma ne abbiamo uno solo. Bisogna dunque agire rapidamente. Il modello di sviluppo dei paesi detti emergenti segue una logica che non diversa da quella dei paesi industrializzati. Il Brasile, per esempio, da cui ci si attendeva un diverso comportamento economico, non ha affatto cambiato il proprio orientamento neoliberista delleconomia e non esita ad allearsi con gli Stati Uniti per un fronte delletanolo, che di fatto favorisce i grandi proprietari e le imprese multinazionali dellagrobusiness, senza mettere in discussione il modello di consumo. La Cina e il Vietnam optano per unapertura al mercato capitalistico, il che permette loro uno sviluppo spettacolare, con il 20% della popolazione che accede rapidamente al livello di consumo della triade. LIndia, entrata anchessa nel modello neoliberista a partire dagli anni novanta, quando abbandona il progetto di sviluppo nazionale, segue la stessa logica, ma con differenze so18

ciali ancora pi marcate. Tutti questi modelli recenti di sviluppo delle periferie non mostrano alcuna considerazione per il carattere non rinnovabile dellenergia. Al contrario, si sono posti come concorrenti delle economie occidentali, di cui hanno percepito i vantaggi nel campo della produzione di beni e servizi. Essi recalcitrano quando si parla di misure ecologiche di conservazione, argomentando non senza ragione che adesso il loro turno e che i paesi pi spreconi delluniverso non hanno buone ragioni per imporre loro delle restrizioni che non hanno potuto rispettare essi stessi, e che hanno permesso loro di occupare un posto dominante nelleconomia mondiale. Bisogna aggiungere che levoluzione demografica ha di molto amplificato il fenomeno. Mentre allinizio del XX secolo lumanit comprendeva un miliardo di esseri umani, la cifra era passata a 6 miliardi allinizio del XXI secolo e raggiunger probabilmente i 9 miliardi per il 2030. Anche se il tasso di natalit tende a diminuire nellinsieme delle regioni, i progressi compiuti riguardo al tasso di mortalit spiegano in gran parte questa evoluzione. Alcuni attribuiscono il miglioramento delligiene e della medicina al successo delleconomia capitalistica, che riuscita a promuovere lapplicazione delle scoperte scientifiche nel campo della sanit. Di fatto per unanalisi pi raffinata contraddice questa conclusione. Si vede per esempio che la ricerca e la produzione di medicinali vengono svolte essenzialmente in funzione del profitto, cio applicandosi alle malattie delle popolazioni che dispongono di un elevato potere dacquisto, e solo in debole misura agli altri settori della popolazione mondiale. Questi ultimi sono daltra parte i pi vulnerabili a nuove malattie, come lAids o la recrudescenza di malattie precedentemente sradicate, come la tubercolosi e la malaria. I miglioramenti sono certo dovuti ai vaccini contro certe malattie per le quali la ricerca stata generalmente presa in carico dai governi o da organizzazioni non governative umanitarie. Tuttavia, il cambiamento culturale delle abitudini igieniche, adottato da popolazioni il cui slancio vitale supera le situazioni pi disastrose, costituisce il fattore principale del miglioramento e quindi della diminuzione del tasso di mortalit. Un fatto spesso ignorato. Di fatto, lespansione demografica che abbiamo conosciuto si pro19

dotta nel quadro della logica del capitalismo, che concentra la ricchezza e accentua lo scarto fra ricchi e poveri, in particolare nel consumo di energia. Questo modello ha certo aumentato il numero assoluto dei consumatori, che resta quasi costante in proporzione, cio il 20% della popolazione in crescita. Ha anche permesso di aumentare la percentuale di coloro che accedono al consumo e che riescono a superare lo sbarramento dellaccesso ai beni pi sofisticati. Ma nello stesso tempo il numero assoluto di coloro che vivono in povert o anche in estrema povert non ha fatto che aumentare. Allinizio del XXI secolo in America Latina ci sono 220 milioni di poveri (secondo la definizione della Banca mondiale, cio coloro che guadagnano meno di due dollari al giorno), il che significa un aumento di 20 milioni di individui in dieci anni. Nel 2007 il direttore della FAO, Jacques Diouf, annunciava che il numero di persone che soffrono la fame nel mondo era aumentato di 50 milioni. In altri termini, laumento del numero di poveri molto maggiore di quello del numero dei ricchi, e anche di quelli che vivono al di sopra del mero livello di sussistenza. dunque una minoranza di essere umani che per il suo modo di sviluppo e di consumo contribuisce maggiormente agli effetti sociali ed ecologici negativi dellutilizzo dellenergia. Per comprendere il nesso fra questo fenomeno e la logica dellaccumulazione del capitale opportuno ricordare il libro di Susan George, Il rapporto Lugano. In questopera, lautore immagina il seguente scenario: un certo numero di responsabili di grandi imprese transnazionali, preoccupati per levoluzione economica del mondo, domandano a un gruppo di esperti di studiare la possibilit di salvare il sistema capitalistico. Questi ultimi, dopo varie ricerche e calcoli sapienti, arrivano alla conclusione che per farlo, bisogna eliminare met della popolazione, cio le folle inutili, che non contribuiscono n allaccrescimento della ricchezza n al profitto che si pu fare sulle vendite. Naturalmente non vogliono praticare genocidi, ma stimano che sia sufficiente lasciar fare la natura, con le malattie endemiche da una parte e il potere di autodistruzione degli esseri umani dallaltra, per giungere al risultato voluto. Nellultimo capitolo Susan George spiega che si tratta di una fiction, ma che il ragionamento
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stato fatto e rivela una logica precisa. Di fronte allevoluzione demografica mondiale, la Banca mondiale stima che bisogna trasformare i metodi dellagricoltura, per poter nutrire la popolazione del futuro. A questo scopo, per molto tempo essa ha favorito la sostituzione dellagricoltura contadina con uno sfruttamento produttivistico di tipo capitalistico. il modello degli Stati Uniti, e quello che si imposto nel corso degli ultimi ventanni in certe regioni dAmerica Latina, soprattutto per leucalipto (per la carta e il carbone di legna) o la soia (per lolio o come presunto sostituto dellenergia fossile). Come avremo occasione di dimostrare pi avanti, a proposito della palma da olio (palma africana), si tratta di una formula che distrugge in profondo il terreno e rovina la qualit dellacqua, esigendo per di pi la distruzione della foresta originaria, e si rivela infine socialmente disastrosa. Infatti, le popolazioni locali eccedenti vengono sradicate dalla loro terra e a volte anche massacrate (vedi il caso della Colombia) per concentrarsi nei quartieri insalubri delle grandi citt o accentuare la pressione migratoria internazionale. opportuno ricordare ancora una volta che la logica economica del capitalismo, che presiede allestrazione e allutilizzo delle fonti energetiche, non introduce nei propri calcoli le cosiddette esternalit. Un caso serve a illustrare questo aspetto. Nel 1996, un rapporto della Banca mondiale consigliava allo Sri Lanka di abbandonare la coltura del riso a favore di colture industriali desportazione. Il problema: il costo della produzione di riso era pi elevato che in Thailandia e in Vietnam. La logica del mercato esigeva dunque di dare priorit allimportazione. Per attuare il progetto, la Banca mondiale chiedeva al governo dello Sri Lanka di abolire gli enti governativi che regolavano il mercato del riso, di fissare unimposta sullacqua per lirrigazione, cos da rendere la produzione del riso non conveniente, e infine di accordare il diritto di propriet a tutti i piccoli contadini del paese. Le terre risicole erano ancora comuni, come nellantico modo di produzione asiatico e appartenevano alle collettivit locali. La loro trasformazione in merce avrebbe permesso ai contadini di venderle a prezzo basso alle imprese locali e internazionali capaci di procedere a un nuovo tipo di produzione, destinata principalmente allesportazione, per esempio le colture per lagrodiesel o letanolo, a
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partire dalla canna da zucchero. Dopo qualche esitazione, il governo dello Sri Lanka produsse un documento intitolato Regaining Sri Lanka, affermando che lidea non era cattiva e avrebbe permesso al paese di disporre di manodopera a buon mercato per attirare capitali esteri. Ma dato che questa politica era stata seguita gi da circa quarantanni, sotto la forma di zone franche, gli sforzi dei lavoratori erano riusciti a fare alzare un poco la scala dei salari, a organizzare una buona sicurezza sociale e instaurare un regime pensionistico. In breve, il lavoro nello Sri Lanka era diventato pi caro e alcuni investitori gi lasciavano il paese per andare in Cina o in Vietnam, dove i salari erano meno alti. Conclusione del governo: bisogna abbassare il prezzo del lavoro e dunque diminuire il salario reale, smantellare in parte la sicurezza sociale e ridurre il tasso delle pensioni. il risultato della logica di partenza. Infatti questo ragionamento economico non tiene alcun conto di fattori che non entrano nel calcolo del mercato, come la sovranit alimentare (lo Sri Lanka unisola), il benessere di milioni di piccoli contadini produttori di riso, il livello di vita dei lavoratori dellindustria, la qualit dellalimentazione (il tipo di riso diverso nei diversi paesi), il costo energetico del trasporto, senza parlare di storia, cultura, paesaggio. Nessuna possibilit quindi di introdurre le esternalit nel calcolo economico, la logica del mercato capitalistico implacabile ed la sola ad esser presa in considerazione nellorganizzazione neoliberista delleconomia mondiale. La situazione identica nel settore dellenergia, dove le condizione naturali e sociali dello sfruttamento hanno cominciato a entrare nei calcoli economici solo il giorno in cui la scarsit diventata un fenomeno reale, quando gli Stati del petrolio hanno fatto lievitare i prezzi e i lavoratori di diversi settori energetici si sono coalizzati per ottenere condizioni di salario e di lavoro pi umane. Lignoranza dei fattori nazionali e sociali, come nel caso dello sfruttamento del carbone, del petrolio o del gas, rischia di ripetersi per lagroenergia, se non si far squillare in tempo il campanello dallarme.

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Gli effetti sociali ed ecologici del modello capitalistico di sviluppo La presa di coscienza generalizzata che il modello di produzione e di consumo spinto al suo estremo dalla logica neoliberista superava i limiti della tollerabilit, stata progressiva. Negli anni cinquanta il Club di Roma cominci a parlare di crescita zero. Nelleuforia economica di allora, ci pareva incongruo, in contraddizione con tutti i paradigmi, soprattutto quello del progresso lineare e della possibilit per la scienza e le tecnologie di risolvere linsieme delle contraddizioni economiche e sociali, man mano che si presentavano. Daltra parte, mentre alcuni strati sociali accedevano per la prima volta a un certo livello di consumi, quellaffermazione risultava politicamente inaccettabile. La crescita zero appariva un ritorno al passato, un diniego del diritto allo sviluppo, in breve unautentica regressione. Senza dubbio gli autori del documento non aveva insistito abbastanza sul fatto che la crescita zero non significava decrescita della qualit di vita. Infatti la loro posizione si riassumeva nel dire che se ne poteva assicurare lo stesso livello con un utilizzo meno selvaggio delle risorse naturali e in particolare dellenergia. Lo sviluppo dei movimenti ecologisti e il loro emergere sul piano politico furono ulteriori fattori importanti di questa presa di coscienza. Essi attiravano lattenzione su fattori immediatamente visibili, come la scomparsa di alcune specie animali, i guasti provocati alle foreste, la distruzione dei terreni, linquinamento dellacqua e dellaria, lutilizzo irrazionale dellenergia, in particolare per i mezzi di trasporto. Le loro numerose campagne hanno allertato lopinione pubblica, al punto di forzare tutti i partiti politici a iscrivere il problema nella loro agenda. Una data importante fu la Conferenza delle Nazioni Unite sullo sviluppo durevole, che si svolse a Stoccolma nel 1987 e adott questo nuovo concetto, divenuto poi componente del discorso dellONU e infine internazionale. La definizione introdusse la nozione dellavvenire delle generazioni future. Uno sviluppo durevole quello che non mette in pericolo il futuro e dunque permette, pur utilizzando le risorse naturali e in particolare lenergia, di conservare il patrimo23

nio universale per lulteriore utilizzo. La grande debolezza della posizione adottata fu peraltro di non mettere in relazione il fenomeno con il modello di sviluppo economico. Il documento della Commissione Brundtland, dal nome del suo presidente, ex primo ministro norvegese, indicava che era indispensabile prendere delle misure precauzionali, ma allinterno di un modello di sviluppo economico che non veniva rimesso in discussione e la cui logica favoriva infine il contrario. Cominciarono a emergere alcune posizioni pi globali che andavano pi a fondo del problema, in una letteratura critica ma anche allinizio di alcuni movimenti sociali come il coordinamento dei movimenti contadini, la Via Campesina. Il mondo contadino, prima vittima del modello capitalistico sul piano della produzione agricola, era logicamente il pi in grado di allertare lopinione pubblica. Avremo loccasione di esaminare pi da vicino lanalisi proposta dal movimento contadino dei Sem Terra del Brasile sullo sviluppo dellagroenergia. Dato che la logica del capitalismo si trova allorigine della devastazione della natura e dellutilizzo irrazionale delle fonti energetiche, si sarebbe potuto credere che i paesi socialisti, sia europei che delle periferie, si sarebbero posti come avanguardie della lotta ecologica. Non stato affatto cos. Gi alla met del XIX secolo Karl Marx, al quale essi si ispiravano, aveva affermato che il capitalismo distruggeva le due fonti della propria ricchezza, la natura e il lavoro. Di fatto, i disastri ecologici verificatisi in vari paesi socialisti e in particolare in URSS provenivano da due fonti principali. La prima fu il fatto di porsi nella linea scientista della modernit, adottando la fede in un progresso lineare, che significava il dominio e lo sfruttamento della natura. La seconda era di ordine pratico, il desiderio di raggiungere il capitalismo per accrescere la capacit di consumo delle popolazioni locali e insieme le necessit di armamento imposte dalla guerra fredda. Un calcolo di questo genere implicava inevitabilmente un rapporto con la natura di tipo predatorio. Ci spiega le scarse precauzioni nello sfruttamento delle miniere, la deviazione dei fiumi, lutilizzo imprudente dellenergia atomica. Il modello era ammesso tanto pi facilmente in quanto non era legato allaccumulazione del capita24

le in mani private e si supponeva che dovesse servire al bene comune. A ci si sommarono le derive autoritarie di un sistema politico sempre meno democratico e di una pianificazione economica assai poco sensibile a ci che poteva ritardare il progresso economico immediato e la sua ulteriore ripartizione in funzione dei bisogni sociali. Una delle conseguenze fu il consumo intensivo dellenergia fossile. Con linizio del XXI secolo si assistito a unautentica esplosione di una nuova coscienza nellopinione pubblica mondiale. Infatti le crisi successive del mercato hanno finito per allertare i cittadini sulla mancanza di pertinenza del modello neoliberista nel rapporto con la natura e in particolare nel suo utilizzo delle risorse energetiche, perfino al di l delle conseguenze sociali. Ci si manifestato in due modi. Allinizio con proteste contro i centri di decisione economica mondiale, come la Banca Mondiale, il FMI, il G8, il WTO, la Commissione Europea. Lavvenimento pi notevole furono le manifestazioni a Seattle, alla fine del 1999, al momento della prima riunione del WTO, appena sorta sulle ceneri del GATT. Si ritrovarono insieme tutta una serie di movimenti e organizzazioni che non avevano mai fatto manifestazioni in comune: sindacati operai del Nord America, movimenti contadini dAmerica Latina, movimenti dei popoli indigeni, movimenti di donne, movimenti ecologici, organizzazioni non governative di sviluppo ecc., ci che Michael Hardt e Toni Negri chiamano poco opportunamente la moltitudine. Tutti si erano incontrati per protestare contro le decisioni di un nemico comune, di cui i diversi gruppi erano vittime. Per la prima volta si rimetteva in discussione un intero sistema e non soltanto delle decisioni particolari di un qualsivoglia organismo. Nello stesso tempo si era sviluppata una convergenza dellinsieme di questi movimenti e organizzazioni, grazie a varie iniziative: Peoples Power Twenty One (PP21) in Asia, la riunione intergalattica degli zapatisti in Chiapas, nel 1996, laltra Davos nel gennaio del 1999 che riun prima a Zurigo e poi a Davos, durante la conferenza annuale del Forum economico mondiale, cinque grandi movimenti sociali di diversi settori: il movimento dei contadini Sem Terra del Brasile, i sindacati operai della Corea del Sud, le cooperative agricole del Burkina Faso, il movimento delle donne del Quebec, il movimento dei disoc25

cupati francesi e un certo numero di intellettuali, fra cui Susan George, Riccardo Petrella, Samir Amin, Franois Chesnais e altri. 2 Questo segn linizio di un importante fenomeno sociale, quello dei Forum sociali mondiali, continentali, nazionali, tematici. Una nuova coscienza sociale si svilupp a livello mondiale e questa nuova dinamica cre o rafforz nuove reti di attori. I problemi dellecologia e quelli delluso delle risorse energetiche erano gi ben presenti, pur essendo solo lalba di un nuovo processo. Si susseguirono poi una serie di avvenimenti di tipo politico: la Conferenza delle Nazioni Unite a Kyoto nel 2002, seguita da quella di Nairobi nel 2007, le Conferenze degli esperti del clima (GIEC) a Parigi e Bruxelles ancora nel 2007, il Vertice europeo dello stesso anno e ancora la Conferenza delle Nazioni Unite sul clima a Bali, nel dicembre 2007 per dar seguito a quella di Kyoto, la riunione di esperti a Poznan nel 2008 ecc. Il ritmo degli avvenimenti si accelerato, al punto da diventare uno degli elementi chiave dei negoziati internazionali. Lidea strampalata di un diritto a inquinare, in perfetta coerenza con la logica del mercato, sorta nel corso di questa evoluzione della coscienza politica. Si trattava, per i paesi che emettono la maggior parte dei gas-serra (GES), di mettersi daccordo con i paesi rimasti puliti perch non ancora entrati nel modello di sfruttamento che distrugge lambiente, per poter disporre, dietro compensi finanziari, della loro quota di inquinamento. La logica di questo sistema era perniciosa, perch permetteva di non rimettere in discussione il sistema, introducendo solo qualche palliativo agli effetti pi negativi. Era previsto certo di ridurre progressivamente le aggressioni pi gravi allequilibrio ecologico, ma senza attentare al modo di sfruttamento delle risorse naturali implicito nella logica del sistema. Ed eccoci ripiombare di nuovo nella questione delle energie e dei loro effetti ecologici. Ci si permetta anzitutto fare di nuovo allusione al film di Al Gore Una scomoda verit. Sintesi eccellente, come dicevamo, dello stato delle conoscenze sulla distruzione ecologica del pianeta, il film illustra in maniera contundente il modo in cui luniverso naturale si degrada per effetto dellattivit umana. Arriv pi che mai opportuno negli Stati Uniti, nel momento in cui lamministrazione del presi26

dente Bush cercava di minimizzare la gravit della situazione e alcuni funzionari non avevano esitato a modificare le conclusioni degli scienziati per appoggiare le posizioni del potere politico. Si trattava infatti di mantenere a tutti i costi lo stile di vita americano e di non toccare gli interessi degli Stati Uniti su scala mondiale. La buona coscienza del popolo americano veniva cos confortata nel suo ruolo di parametro dello sviluppo economico e della gestione democratica delluniverso. Il film di Al Gore manifestava invece un certo coraggio, perch entrava direttamente in contraddizione con lethos americano. Esso dimostrava che allorigine delle distruzioni ecologiche si trovavano le pratiche delluomo e che se tutta lumanit dovesse un giorno accedere al livello di consumo dei cittadini statunitensi (e dunque dei guasti provocati alla natura) dal pianeta sarebbero scomparse le specie animali e vegetali e infine la vita tutta intera. Non daltra parte impossibile pensare che gli sforzi importanti consentiti alla ricerca spaziale negli Stati Uniti non siano legati, fra laltro, allidea che un giorno sia necessario conquistare nuovi spazi e colonizzare nuovi astri per assicurare la continuit dellesistenza dellumanit e anzitutto del popolo americano. Allo scopo di prolungare il suo lavoro pedagogico, Al Gore ha donato limporto del suo premio Nobel (1.100.000 euro) allAlleanza per la protezione del clima, organismo bipartitico degli Stati Uniti, che ha come oggetto la presa di coscienza mondiale sulla materia. Il problema del film di Al Gore, un personaggio che Corinne Lesnes su Le Monde (14-15.10.07) ha definito un rivoluzionario molto perbene, che esso conduce a conclusioni particolarmente deludenti. La soluzione al problema ecologico, incluso lesaurimento di fonti denergia non rinnovabili, sarebbe delegata agli individui. Evidentemente non si tratta di una cosa sbagliata, ed auspicabile che il messaggio sia ascoltato. Ma a forza di fare appello alla coscienza individuale, lautore ignora o finge di ignorare le cause strutturali del fenomeno. Infatti lo sfruttamento delle risorse naturali, in particolare nel settore energetico, ha contribuito a una crescita tanto spettacolare senza prendere in considerazione le esternalit sociali ed ecologiche, appunto perch ha partecipato in maniera decisiva allaccu27

mulazione del capitale. Senza quello sfruttamento, i profitti non sarebbero aumentati in maniera tanto esplosiva, le fortune non si sarebbero costituite, gli azionisti non avrebbero potuto fondare il proprio potere, una minoranza non avrebbe potuto attribuirsi il grosso dei benefici dello sviluppo. Si attende perci un altro film che dimostri come si verifica lo sfruttamento irrazionale delle risorse naturali ed energetiche, e che riveli i nomi degli attori collettivi di questo tipo di pratiche. Dovrebbe mettere in luce i modi di agire delle grandi imprese multinazionali del petrolio, delle miniere, dellagrobusiness. Dovrebbe sottolineare la complicit degli Stati, al servizio delle imprese multinazionali o in quanto intermediari fra gli interessi stranieri e lo sfruttamento del proprio paese. Si giungerebbe allora a conclusioni ben diverse. Verrebbe rimesso in discussione tutto un sistema e non soltanto i comportamenti individuali. Per capire il ritardo delle misure di salvaguardia, bisogna anche ricordare le pratiche corporative. Perch le lobbies del petrolio hanno frenato cos a lungo la ricerca o la produzione di energie non inquinanti? Perch la loro pubblicit oggi mette laccento sul carattere suppostamente verde delle loro attivit? Perch il silenzio sui costi ecologici e sociali della produzione di certe energie, anche dette bio? La risposta abbastanza chiara. Si tratta infatti di mantenere delle fonti di profitto e di non impegnarsi in avventure che potrebbero costare caro, il che significa privilegiare gli interessi privati sul bene collettivo. Tutto ci permette al capitale privato, come vedremo, di mantenere il ruolo di motore delleconomia. Ecco perch sarebbe necessario un nuovo film Una scomoda verit n. 2. La semplice nazionalizzazione delle risorse energetiche non sarebbe sufficiente per trovare la soluzione. Labbiamo visto a proposito delle societ socialiste e il caso della Cina contemporanea molto eloquente. Bisogna combinare due fattori di cui riparleremo nella conclusione: da una parte unaltra filosofia del rapporto con la natura, e dallaltra un controllo democratico del bene comune dellumanit e quindi del suo risvolto energetico. Non si pu capire la situazione di emergenza delle agroenergie se non la si situa in questo quadro generale. Sono energie conosciute
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da molto tempo e in un paese come il Brasile gi dal 2006 pi di 300.000 auto usavano energia verde. LEuropa sembra scoprire adesso il fenomeno e avanza proposte nello stesso senso. Ovunque si levano voci per celebrare la nascita di un salvatore: lagroenergia che permetter di sostituire lenergia fossile. Si smetter si dice di rovesciare CO2 nellatmosfera e si ristabilir lequilibrio del clima. Indubbiamente il settore energetico non il solo in causa nella situazione precaria del clima, ma esso svolge un ruolo chiave e dunque un miglioramento in questo settore significherebbe un passo avanti, con la speranza di una soluzione definitiva. il discorso che oggi si impone e sembra accolto allunanimit nel mondo politico. Ecco la ragione per cui bisogna riflettere sullagroenergia. Si tratta veramente di una soluzione? E in questo caso, a quali condizioni? Trattandosi di una materia essenziale per la riproduzione della vita sulla terra e dunque per la sopravvivenza dellumanit, vale la pena abbordare la questione in tutte le sue dimensioni.
Note 1. Si parla spesso di bioenergia, ma il termine ambiguo e potrebbe provocare confusione, dato che tutto ci che bio suona indiscutibilmente positivo. Di fatto il termine nella sua accezione tecnica il contrario di energia fossile, materia morta, mentre quella fonte di energia proviene da materia vegetale vivente. Franois Houtart e Franois Polet, Lautre Davos, Parigi, LHarmattan, 1999. (Tr. it., Laltra Davos, Emi-Punto Rosso, 2000)

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CAPITOLO 2 LE CRISI ENERGETICHE E CLIMATICHE La problematica dellutilizzo delle energie naturali presenta un doppio aspetto. Prima di tutto si tratta di trovare risposta alla preoccupazione di utilizzare risorse rinnovabili. Di queste, alcune esistono da sempre, come lacqua, il vento, il sole e quelle che si ricostruiscono attraverso il ciclo delle stagioni, sia nellemisfero nord che sud e a tutte le latitudini. In questultimo caso si tratta di produrre energia a partire dallagricoltura: il grano o il mais, la soia o la canna da zucchero, o ancora, le biomasse di numerose piante, tra cui la palma oleaginosa (detta palma africana). In effetti, le energie fossili non sono rinnovabili, anche se alcune tra di esse hanno una speranza di vita ancora abbastanza lunga. per esempio il caso del carbone, a differenza del petrolio, del gas o delluranio. Una seconda preoccupazione la salvaguardia dellambiente e del clima. Lutilizzo di energie fossili sorgente di una emanazione enorme di CO2 e di particelle sottili nellatmosfera, che mettono in pericolo non solo laria che si respira, ma anche lo strato di ozono e lalternanza delle stagioni. Da qui il desiderio di trovare delle alternative che permettano sia di non bloccare la costruzione del benessere dellinsieme dellumanit, sia di non distruggere luniverso. Il mondo attualmente sta subendo una doppia crisi che si aggiunge al crollo sistemico del capitalismo contemporaneo e del resto non estranea a questultimo: la crisi energetica, iniziata con lo shock petrolifero e la crisi climatica, percettibile a partire dagli inizi degli anni settanta, ma la cui coscienza si generalizzata solo allalba del XXI secolo. La crisi energetica e le energie non rinnovabili La crisi energetica discende dalla prevedibile fine di un ciclo, quello del petrolio, del gas e del carbone che, oltre a tutto, ha prodotto un considerevole aumento delleffetto serra, principale causa del dete30

rioramento del clima. Ora, la sicurezza energetica una delle preoccupazioni maggiori dei principali poli economici del pianeta, sicurezza che non esisterebbe pi in caso di rottura o di esaurimento del ciclo del petrolio. Essa condiziona quindi la possibilit di crescita, indispensabile alleconomia di mercato del sistema capitalistico e al suo modello di sviluppo. Dato che in questa logica, si valuta che il consumo generale nel mondo tra il 2002 e il 2030 aumenti del 60% (Jean-Michel Bezat, 2006), bisogna a tutti i costi cercare dei sostituti alle energie fossili. In particolare, la domanda di elettricit che era di 14.767,75 kw nel 2000, passer a 26.018.000 kw nel 2025 (J-M Bezat, ibidem), cosa che richieder un considerevole sforzo di produzione. Secondo lAgenzia internazionale dellEnergia (AIE) delle Nazioni Unite, per soddisfare laumento della domanda bisogner prevedere 22 trilioni di dollari dinvestimento da qui al 2030 nelle infrastrutture energetiche. Si vede bene che la posta in gioco considerevole. Le energie non rinnovabili riguardano il petrolio, il gas, il carbone e luranio. Li passeremo in rassegna uno dopo laltro. I primi tre sono di origine fossile e forniscono l80% del consumo mondiale LAgenzia internazionale dellEnergia (AIE) stima che nel 2030 la proporzione rester simile, anche se il carbone avr recuperato maggiore importanza. Queste tre sorgenti hanno acquisito una posizione centrale perch il loro rendimento energetico elevato. Occorre ricordare, per esempio, che il primo combustibile del motore diesel stato lolio vegetale e che questo fu rapidamente sostituito dal petrolio, pi efficace. Nel 2006 il petrolio forniva il 35% dellenergia mondiale, il carbone il 23% e il gas il 21%. Ora, nella stessa epoca, la loro longevit era rispettivamente stimata a 40 anni per il petrolio, 60 per il gas e 200 per il carbone. Non facile trovare dei sostituti, comunque non a medio termine. Prendiamo un solo esempio, lagroenergia. Si ritiene che questo settore nel 2012 rappresenter solo il 2% del consumo, che si potrebbe innalzare al 7% nel 2030, con lutilizzo di tutte le superfici agricole dellAustralia, della Nuova Zelanda, della Corea del Sud e del Giappone. Anche se tutte le superfici coltivabili della terra venissero dedicate alla produzione di energia, produrrebbero solo
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1.400 milioni equivalenti di tonnellate di petrolio. I bisogni attuali sono di 3.500 milioni e aumentano in continuazione. chiaro quindi che c crisi e tutto il problema consiste nel chiedersi come si potr scongiurarla. Nuove sorgenti energetiche, in particolare le rinnovabili, risparmi nei diversi settori di consumo, un altro modello di sviluppo? Ora, questo non che uno dei corni del problema, quello del clima, infatti, gli indissolubilmente legato. Passiamo dunque ad esaminare le fonti non rinnovabili, quelle di origine fossile, petrolio, gas, carbone, e quelle di origine minerale, luranio. Il petrolio Sono 40 anni che si annuncia la fine dellera del petrolio....entro 40 anni, diceva un comico. Non aveva torto, perch la scoperta di nuovi giacimenti e lutilizzo di tecnologie sempre pi davanguardia, hanno permesso di rinviare le scadenze. Ma nulla impedir la fine, anche se questa si prolungher qualche anno in pi. Che il picco (momento in cui lestrazione petrolifera incomincer a diminuire) sia previsto per il 2010 o il 2020 o abbia gi avuto luogo, come dicono alcuni, ha poca importanza. Nel 2004 lAIE segnalava che su 48 paesi produttori, 33 erano in declino, tra cui Norvegia (-7%), Gran Bretagna (-10%), Messico, Oman, ecc. Gli Stati Uniti, che nel 1950 erano autosufficienti, hanno raggiunto il loro picco nel 1970 e nel 2007 hanno dovuto importare il 75% del loro consumo. Utilizzano un quarto del petrolio mondiale, ma possiedono solo il 3% delle riserve conosciute. Solo per compensare linsieme di queste riduzioni, i paesi dellOPEC (Organizzazione dei Paesi produttori di Petrolio), che possiedono le riserve pi abbondanti, dovrebbero aumentare la loro produzione di 3 milioni di barili al giorno. Intanto la domanda non fa che crescere. Il suo aumento stato di 83 milioni di barili nel 2005 e potrebbe raggiungere i 115 milioni nel 20151. In proporzione, tuttavia, il petrolio sceso nella massa energetica dal 50% del 1973 al 36% nel 20062. Il petrolio importante soprattutto per il trasporto e il riscaldamento. Pesa per il 7% nella produzione dellelettricit mondiale. pur vero che laumento spettacolare del suo prezzo incita al risparmio. Le principali riserve sono le seguenti: Arabia Saudita, 264,3 miliardi
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di barili, Iran, 137,5 miliardi, Irak, 115 miliardi, Kuweit, 101,5 miliardi. La Russia sotto i 100 miliardi di barili. Anche se alcuni ritengono che queste previsioni siano troppo ottimistiche, offrono una base sufficiente in ordine di grandezza. In ogni caso, permettono di capire senza bisogno di altre spiegazioni, la geostrategia degli Stati Uniti nel Medio Oriente. LIrak possiede un petrolio a basso tenore di zolfo e il suo costo di estrazione non supera due dollari al barile. Nel 2007, su una produzione di 2 milioni di barili al giorno, 1,6 milioni venivano esportati. Si tratta quindi, come diceva Mahomed-Ali Zainy, del Centre for Global Energy Studies di Londra, di un eldorado petrolifero di cui le majors (le cinque pi grandi compagnie petrolifere) vogliono la loro parte.3 Grazie alla guerra, Chevron ha preso il sopravvento, sostituendo Total precedentemente attiva nel paese (ELF allepoca). Ma tra i due giganti, che combinavano esperienza sul terreno da una parte e vantaggio strategico dallaltra, ha finito per stringersi unalleanza, matrimonio ideale secondo Rula Hissani dellEnergy Intelligence Group.4 Dal punto di vista economico, anche se sono compagnie nazionali quelle che controllano oggi la maggior parte dei giacimenti, la gestione economica internazionale del settore sempre dominata dalle majors: cio le cinque principali compagnie petrolifere mondiali: Exxon, Shell, Chevron. Bp e Total. Nel 2006 Exxon aveva un giro daffari di 450 miliardi di dollari, pi del Pil di 180 dei 195 paesi membri delle Nazioni Unite. Ciononostante, secondo il prof. Patrick Brocoren dellUniversit di Mons, la produzione controllata da queste compagnie sarebbe crollata del 5% tra il 2001 e il 2006.5 Lo spettacolare aumento del prezzo del petrolio nel corso del 2007, che ha portato il barile a pi di 100 dollari, non ha mutato, evidentemente, il prevedibile declino di questa fonte di energia. Esso ne fu anche parzialmente una delle conseguenze, sollecitando sia a spingere pi in l le frontiere delle zone di sfruttamento (territori indigeni, riserve naturali) sia a rafforzare la competizione tra vecchi consumatori industriali e paesi emergenti. Laumento del prezzo del petrolio a causa della sua scarsit, colpisce gi i pi poveri che non sono in grado di sostenerne le ripercussioni sui costi dei trasporti, dei prodotti alimentari, del riscaldamento, mentre i pi ricchi non storcono
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il naso nel dover pagare di pi per mantenere il loro stile di vita. Rafforzare il potere dacquisto di quel 20% che costituisce la fascia superiore della popolazione, rientra quindi nella logica della riproduzione del sistema. Allinizio del 2008 Exxon ha annunciato per lesercizio del 2007 lutile record di tutta la sua storia. Aggiungiamo che lutilizzo di idrocarburi pesanti, sabbie asfaltiche e scisti bituminose, abbondanti negli Stati Uniti e nel Canada, non sembra affatto fornire risposte soddisfacenti a causa del costo proibitivo del loro sfruttamento, anche se lo spettacolare aumento del prezzo del petrolio suscita nuovi entusiasmi. Nella provincia canadese di Alberta, che si valuta detenere lequivalente di 176 miliardi di barili, circa 300.000 ettari di foreste, potrebbero essere distrutti, mettendo in pericolo circa 160 milioni di uccelli migratori, secondo Jeff Wells, del Laboratorio di Ornitologia dellUniversit Cornell degli Stati Uniti. Il gas Lutilizzo del gas naturale meno costoso in emissioni di gas serra del petrolio, in una misura stimata intorno a un terzo. praticamente inoffensivo in diossido di zolfo (SO2), ma, come per il petrolio, le riserve sono limitate. Se oggi il gas rientra per il 21% nel consumo di energia e per il 20% nella produzione di elettricit, la sua speranza di vita calcolata in circa 60 anni a partire dal 2005. Un altro calcolo, sulla base dei consumi energetici mondiali, arriva alla conclusione che il gas, se dovesse rispondere da solo alla domanda, permetterebbe di coprire 18 anni dei bisogni planetari. Questi sono gli ordini di grandezza. Ci che ben reale il declino di determinati giacimenti. Il gas della Gran Bretagna e quello degli Stati Uniti hanno anticipato rispettivamente di 10 e 28 anni le previsioni di declino. Nel novembre del 2007, nel corso della sesta Conferenza sul Gas naturale tenutasi a Doha, il rappresentante del Qatar, principale paese produttore di gas liquido, ha parlato in favore di una formula meno volatile e pi in grado di rispondere a una domanda in costante aumento. Ha proposto che il prezzo del gas venga slegato da quello del petrolio. Daltra parte, sono in corso investimenti per recuperare il metano dalle miniere di carbone. La Lorena potrebbe fornire 30 miliardi di
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mc e in Vallonia si valutano le riserve a due gigametri, cosa che in 25 anni significherebbe lequivalente della produzione di 10.000 mulini a vento.6 A Lons-Le-Saunier, nel Giura francese, la compagnia European GarLd., filiale dellaustraliana Kimberley Oils, propone di utilizzare il metano. In ogni caso ci non fa che ritardare le scadenze. Il carbone Il carbone in posizione migliore rispetto allo stato delle riserve (circa 200 anni sulla base del consumo attuale), ma purtroppo non esiste carbone pulito. Si stima che il suo utilizzo provochi lemissione in atmosfera di 9000 milioni di tonnellate di CO2 allanno. Nel 2004 era presente per il 39% nella produzione dellelettricit mondiale (in Cina 67%). Quando si pensa che la domanda di questultima dovrebbe aumentare del 60% da qui al 2030, grande la tentazione di ricorrere al carbone per rispondere al fabbisogno. proprio quello che i paesi emergenti stanno facendo. La Cina e lIndia dovrebbero costruire, da qui al 2012, 800 nuove centrali al carbone, con cui si assorbirebbero cinque volte le riduzioni previste per tutto il pianeta dal protocollo di Kyoto, secondo Fareed Zakaria.7 La Cina, in particolare, sembra possieda 118 miliardi di tonnellate di riserva, cio il 13% dellinsieme delluniverso, e un mezzo secolo per il paese, allutilizzo attuale. A ci aggiungiamo questo dato terrificante: nel 2006 le miniere di carbone in Cina sono costate la vita a 6.000 lavoratori! Ma di fronte allaumento rapido del prezzo del petrolio, non sono solo i paesi emergenti a pensare al carbone. Gli Stati Uniti prevedono la costruzione di 80 nuove centrali entro il 2012. Ora, la consistenza dellinquinamento provocato dalla produzione termica di elettricit dal carbone, stata dimostrata da una esperienza inattesa. Il 15 agosto 2003, il nord est degli Stati Uniti e il sud est del Canada furono oggetto di una interruzione di corrente che dur 29 ore. Il risultato fu una diminuzione del 90% della presenza di diossido di zolfo nellatmosfera, della met dellozono troposferico, del 70% delle particelle che si fissano sulle nuvole e, di contro, un aumento di 40 km della visibilit. Meno elettricit aveva significato
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meno combustione di carbone. Una soluzione proposta per rimediare agli inconvenienti sotterrare nel suolo o negli oceani il gas carbonico. Si tratta di captare il diossido di carbonio emesso dalle centrali elettriche che funzionano con combustibili fossili (soprattutto il carbone, ma anche il petrolio e il gas) e di iniettarlo nel suolo, processo che si chiama CSC (cattura e stoccaggio del carbone). Limpresa Veolia in Francia propone di iniettare, a partire dal 2012, 200.000 tonnellate di CO2 nellacquifero di Clve-Souilly nella Senna e Marna, a 1500 metri di profondit e Total annuncia che a partire dal 2009 stoccher 75.000 tonnellate di CO2 a Lacq, nei PireneiAtlantici. Limpresa svedese Vattenfall ha intenzione di fare lo stesso a Aolborg in Danimarca nel 2013. LUnione Europea ritiene che si potrebbero ridurre del 20% le emissioni di gas con questo metodo, ma questo significherebbe un costo supplementare di circa 6 miliardi di euro, solo per la costruzione di 12 impianti dimostrativi da qui al 2015. I partigiani di questa soluzione fanno notare che questo darebbe risultati molto pi immediati della fusione nucleare, per la quale sono stati impegnati 10 miliardi di euro.8 Quanto allaffondamento nel mare, il rischio di contribuire al riscaldamento degli oceani, con le numerose conseguenze di cui parleremo pi avanti. vero che le tecniche di rigassificazione e di liquefazione del gas possono migliorare le prestazioni, combinando questi processi con il sotterramento della CO2. La Cina potrebbe stoccarne 1 miliardo di tonnellate. LArabia Saudita ha appena costituito un fondo di tre miliardi di dollari per ricerche in questo campo. Lutilizzo del carbone nelle centrali elettriche con queste precauzioni, potrebbe ridurre dal 15 al 20% lemissione di gas serra, ma c un altro inconveniente: queste tecnologie sono idrovore e per quanto riguarda la Cina non una buona notizia poich questo paese si trova in stress idrico permanente. Limpresa americana, Ashmore Energy, specializzata nella gassificazione del carbone, sostiene di poter migliorare le prestazioni fino a ridurre del 90% linquinamento. Questo quello che stato proposto al governo del Nicaragua. In ogni caso, di fronte alla scarsit di altre fonti energetiche, il carbone torna in primo piano. Nel dipartimento della Nivre in Francia, si spera di estrarne 250 milioni di tonnellate.9 Ma il suo utilizzo mas36

siccio non permette di prevedere a medio termine un miglioramento degli effetti climatici, al contrario. Luranio Il primo reattore ha visto la luce nel 1942 negli Stati Uniti, permettendo di trasformare il calore in elettricit. Il nucleare entra per circa il 16% nella produzione mondiale di energia e la Francia si distingue a questo riguardo, perch in questo paese nel 2006 si trattava gi del 76% con 59 reattori. In Europa 164 reattori forniscono il 28% della corrente elettrica. Nel Regno Unito, il pi vecchio parco nucleare europeo, le 14 centrali in attivit forniscono il 20% dellelettricit e nove di esse dovranno essere fermate entro il 2015. Sul piano dellefficacia immediata, lenergia nucleare offre numerosi vantaggi. Per esempio, 25 kg di uranio producono un gigawatt di elettricit, cosa che richiederebbe in una centrale termica 2.700 tonnellate di carbone. Inoltre le 441 centrali nucleari nel mondo evitano lemissione di 3.000 milioni di tonnellate di CO2.10 Di fronte a un petrolio sempre pi caso, luscita dal nucleare richiesta dai movimenti ecologisti sempre meno allordine del giorno. Non solo la Francia continua a vendere i suoi reattori nel mondo, ma la Gran Bretagna allinizio del 2008 ha deciso di rivedere la sua politica e lo stesso la Finlandia. La Germania si sta interrogando sulle decisioni da prendere a questo proposito. Ma non dimentichiamo che luranio non rinnovabile e che anche queste riserve si esauriscono. Se fosse preso da solo, linsieme delle risorse risponderebbe per un anno e mezzo al bisogno mondiale di energia. pur vero che le tecnologie evolvono. Nel 2005 la Francia ha lanciato il reattore ad acqua pressurizzata (EPR) di terza generazione e prepara una quarta generazione per la met di questo secolo, cio centrali a neutrone rapido con lutilizzo dellisotopo 238, le cui riserve si calcolerebbero in migliaia di anni. Questo lannuncio del Commissariato allEnergia Atomica (CEA). Nello stesso tempo la fusione (di due noccioli a carica positiva) potrebbe un giorno lasciar posto alla fissione (frattura in due dei noccioli di uranio). Allinizio del 2008 sono incominciati a Cadarache (Val dIsre) i lavori dellITER (International Experimental Reactor) per il cui investimento di
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10 miliardi di euro sono impegnate 34 nazioni. La fusione ha il vantaggio di non presentare pericoli di imballo (Three Mile Island e Chernobyl) e di produrre scorie a bassa radioattivit e di breve durata. Gli esperti sono ottimisti ma una simile scommessa tecnologica non salutata da tutti nello stesso modo. Alcuni, delusi dal fallimento di superphoenix, parlano di progetto faraonico con minime possibilit di successo. Uno dei problemi che frenano lo sviluppo della soluzione nucleare quello delle scorie. Attualmente esistono tre formule: lulteriore trattamento del combustibile usato che lascia per scorie ultime non combuste; lo stoccaggio sotto terra o sotto gli oceani che pone problemi per le generazioni future perch devono passare migliaia di anni prima chela materia perda la sua radioattivit e, infine, la messa in attesa, cosa che non pu durare allinfinito. Nel mondo si moltiplicano le reazioni contro i pericoli dello stoccaggio. Negli Stati Uniti il governo federale ha deciso di sotterrare nel Nevada il combustibile usato dal centinaio di centrali nucleari che forniscono il 20% dellelettricit del paese e le scorie prodotte dallattivit militare. Si tratta di scavare 65 km di gallerie a 300 metri sotto terra e a 300 metri sopra la falda dacqua sotterranea e di depositare le scorie nucleari in 11.000 cilindri in lega di metallo, che possono essere ricoperti da una protezione supplementare di titanio. Il dipartimento dellenergia afferma che il processo di arrugginimento non incomincer prima di 80.000 anni. Gli abitanti del Nevada temono che le infiltrazioni dacqua attraverso le fessure delle rocce mettano in pericolo il progetto, tanto pi che la citt di Las Vegas, in piena espansione, non si trova lontana dal sito. Questo, che doveva essere aperto nel 1998, ha visto spostata la scadenza al 2020 e nel frattempo gi costato 11 miliardi di dollari. Nellattesa le scorie vengono custodite in 121 siti provvisori, mentre i produttori ricorrono contro lo Stato federale per i ritardi accumulati, cosa che gli gi costata 300 milioni di dollari. Il problema si trasformato in una sfida nella campagna elettorale del 2008: il candidato repubblicano difendeva il progetto e i due democratici chiedevano il suo arresto.11 I sostenitori di questa forma di energia la mettono in paragone con
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le conseguenze ecologiche della produzione di elettricit attraverso il carbone. Con 25 kg di uranio si produce un gigawatt di elettricit, che esigerebbe invece 2,7 milioni di tonnellate di carbone e produrrebbe 8 milioni di tonnellate di CO2. Ritorneremo su questo aspetto del problema. Alcuni, come Patrick Moore, presidente di Greespirit Strategies in Canada, stima che le 441 centrali atomiche in funzione nel mondo nel 2006, ci hanno evitato lemissione di circa 3 miliardi di tonnellate di CO2. Ma prima di chiudere su questo soggetto, non si pu tacere il rischio di incidenti nucleari, anche se in gran misura padroneggiato, n dimenticare che anche in questo campo le condizioni sanitarie e sociali di produzione della materia prima sono spesso deprecabili se non criminali, in particolare in un paese come il Kazakistan o lAfrica. Gli effetti negativi del funzionamento delle centrali sulla salute (leucemie e altre forme di cancro) sono stati rilevati da parecchi studi in Germania, in Inghilterra e in Francia (Le Monde, 12.12.07). Allo stato attuale delle cose, si pu solo constatare che la soluzione nucleare non d risposte convincenti n ai bisogni a lungo termine n al problema ecologico. Bisogna dunque concludere che la crisi delle energie non rinnovabili reale. Al ritmo attuale, il loro utilizzo esaurirebbe linsieme delle risorse del mondo entro lanno 2100. Da qui linteresse per soluzioni durature e in particolare per lagroenergia. La grande questione di sapere in quale misura la sfida potr essere raccolta. Ma prima di questa c unaltra dimensione che bisogna affrontare: lincidenza dellutilizzo dellenergia sul riscaldamento climatico. La crisi climatica e il riscaldamento del pianeta La crisi climatica chiaramente il risultato dellattivit umana. Il Gruppo intergovernativo sullevoluzione del clima (GIEC), incaricato di fondare le basi della scienza fisica del clima, nel 2007 ha stimato che questo fatto pu essere provato al 90%. Per un certo periodo si creduto che lattivit solare potesse essere allorigine di una parte importante del fenomeno. Ora, quella che viene chiamata forzatura
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solare si rivelata due volte meno elevata di quanto si pensava nel 2001 e sarebbe dieci volte meno significativa delleffetto serra di origine antropica.12 La parte svolta dai carburanti ben lontana dallessere trascurabile nella questione. A titolo di esempio: i circa 800 milioni di automobili censiti nel mondo allinizio del millennio, consumano pi del 50% dellenergia prodotta.13 Si ritiene che in Europa il 22% delle emissioni di CO2 sia dovuto alle autovetture. Il ruolo del gas serra Il riscaldamento della terra non una novit. Le ricerche sugli strati glaciali hanno mostrato che sulla terra c stato un lungo periodo di riscaldamento climatico, durato circa 200.000 anni, circa 55 milioni di anni fa. Questo sarebbe stato provocato da una serie di forti eruzioni vulcaniche che hanno avuto leffetto di aumentare il livello di CO2 nellatmosfera.14 Secondo gli stessi autori, per, le emissioni naturali sarebbero rimaste stabili per un mezzo milione di anni. Durante questo periodo c stato un effetto di compensazione, perch le piante assorbivano lenorme quantit di CO2 liberata dalla decomposizione delle materie organiche. Laumento delle emissioni di gas serra incominciato con la rivoluzione industriale e si considerevolmente accentuato nella fase neoliberista del capitalismo, cio a partire dagli anni settanta. In effetti, questo modello di sviluppo ha privilegiato, come abbiamo gi indicato, una crescita economica esponenziale di una minoranza della popolazione mondiale, compresa la periferia del mondo industrializzato. Laccento posto pi che mai sul valore di scambio, grazie alle politiche di liberalizzazione, ha amplificato la mobilit dei capitali, dei beni e dei servizi e lutilizzo delle energie fossili. Le nuove tecnologie dellinformazione e delle comunicazioni, hanno permesso di allontanare sempre di pi produzione e consumo, ma nello stesso tempo hanno aumentato la necessit di trasporto e quindi linquinamento atmosferico. La mobilit individuale stata privilegiata e incoraggiata. Lurbanizzazione si accentuata in particolare a causa della rapida trasformazione dellagricoltura contadina in capitalismo agrario. Questo orientamento costituisce del resto
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oggi una delle nuove frontiere dellaccumulazione del capitale e privilegia la monocoltura, distruttrice della biodiversit e ingorda di prodotti chimici. Questo processo amplificato anche dalla produzione degli agrocarburanti. Bisogna aggiungere, come corollario sociale, le migrazioni verso le citt. Secondo la Conferenza internazionale sullurbanizzazione, tenutasi a Madrid nel 2007, la concentrazione urbana dovrebbe interessare il 66% della popolazione mondiale da qui al 2050 ed noto che le citt sono responsabili del 70% delle emissioni di gas serra. Daltra parte, limportanza del capitale finanziario gli permette di fissare le regole del gioco delleconomia mondiale, dando priorit ai rendimenti finanziari, non solo a scapito della logica del capitale produttivo, ma anche ignorando le realt di ordine sociale ed ecologico, considerate pi che mai delle marginalit. In breve, il tipo di consumo che discende dalla logica neoliberista, esige un accresciuto sfruttamento delle risorse naturali, in particolare nel campo dellenergia. Ne consegue un inquinamento molteplice e un deterioramento progressivo del clima. Il progresso economico si traduce nel disprezzo dellambiente. Si stima che un europeo produca in media 10 tonnellate di CO2 allanno e un americano del nord 20 tonnellate.15 Leffetto serra (lasciando passare la luce del sole e trattenendo una parte del calore), non negativo in s, al contrario. Senza di esso la temperatura media della terra sarebbe di -18 C, invece che tra i 13 e i 15 C. Si tratta quindi prima di tutto di un fenomeno naturale attraverso il quale latmosfera trattiene una parte dellenergia solare e mantiene quindi una certa temperatura sul pianeta. Esso diventa negativo quando la concentrazione di certi gas aumenta al punto che la terra si riscalda pi di quanto necessario per la vita delle specie viventi, distruggendo cos lequilibrio termico. Sono implicati gas quali il diossido di carbonio (CO2) o gas carbonico, presente naturalmente in natura ed essenziale per la crescita delle piante, ma liberato in quantit eccessiva dallattivit umana; il metano (CH4), principale elemento del gas naturale prodotto dalla fermentazione dei rifiuti organici (in particolare nelle risaie sotto acqua, ma anche nei rifiuti domestici e nella decomposizione della cellulosa nello stomaco dei ruminanti); il diossido dazoto, lossido nitrato,
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frutto sia degli incendi delle foreste che della combustione di energie fossili e dellutilizzo di concimi azotati; lemiossido di azoto emesso dal concime e il diossido di zolfo (SO2). Bisogna aggiungere anche lozono negli strati bassi dellatmosfera (troposfera), proveniente da attivit umane che generano monossido e diossido di nitrogeno.16 Il principale agente distruttore comunque il gas carbonico (CO2). Ogni anno se ne gettano 300 milioni di tonnellate nellatmosfera. Rappresenta l81% delle emissioni dei paesi industrializzati, contro il 10% del metano (CH4), il 6% dellossido nitrato (N20) e il 3% degli altri gas.17 Anche se le stime differiscono nei calcoli, le proporzioni restano simili. Ecco perch il CO2 attira particolarmente lattenzione. In effetti, su 650.000 anni di storia del clima, svelati dalle bolle daria imprigionate nei ghiacciai dellAntartico, solo la seconda met del XX secolo supera del 130% il valore massimo di emissioni di carbonio osservate nel corso dei cinque ultimi cicli glaciali.18 Si ritiene che il solo contenuto di diossido di carbonio (CO2) dellatmosfera terrestre, sia aumentato del 30% dal 1750 e quello del metano del 150%, a causa dellutilizzo di combustibili fossili, quali il petrolio, il gas e il carbone e a causa della distruzione delle foreste tropicali e degli ecosistemi capaci di contenere simili effetti. Oggi, afferma Pierre Friedlingstein del Laboratorio delle Scienze del Clima e dellAmbiente di Parigi, lumanit emette otto volte pi CO2 nellatmosfera del miliardo di tonnellate che ne produceva nel 1900 e i tre quarti provengono dal consumo di energie fossili, mentre il resto dovuto alla deforestazione.19 Nel 2005 il World Resource Institute stimava che le sorgenti di emissione di CO2 si dividessero nel seguente modo: 31% industria, 19% settore residenziale e terziario, 14% trasporti (di cui 10% su strada, 2% per mare e 2% per aria), 18% agricoltura e 18% deforestazione. Ora, importante notare che il fenomeno aumenta. In Belgio le emissioni di CO2 si sono triplicate tra il 1961 e il 2003. Secondo lAgenzia internazionale dellEnergia delle Nazioni Unite (AIE) le emissioni di CO2 dovrebbero aumentare del 57% entro il 2030, se non si fa nulla per rimediare, e questo significherebbe un aumento di 3C della temperatura. Nel corso del XX (1906-2005)
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secolo gi aumentata dello 0,74%. Quanto alla forchetta del rialzo medio previsto per il XXI secolo, si situa tra 1,8 e 4C (GIEC, 2007). Se lutilizzo dei carburanti di origine fossile non costituisce lunica fonte di inquinamento climatico, ne certamente per un elemento molto importante. difficile a volte tener conto di tutto nelle statistiche. In Belgio, per esempio, paese altamente industrializzato, si ritiene che le emissioni di gas serra siano dovute per il 40% allindustria, per il 22,8 % al riscaldamento delle case, per il 7,7% allagricoltura e per circa il 30% ai trasporti. In Europa la cifra per questi ultimi del 27%. Il PNUD (Programma delle Nazioni Unite per lo sviluppo) ritiene che nei paesi sviluppati la quota dellautomobile nelle emissioni del gas serra sia del 30% e che questa proporzione continui a crescere.20 Negli Stati Uniti, secondo Lester Brown, il riscaldamento delle case pesa per il 40% nellemissione di gas serra. Laumento di CO2 nellatmosfera spinto prima di tutto dallaumento della mobilit individuale che sfocia oggi nella propria contraddizione: intasamento delle strade, rallentamento del traffico, perdita di ore di lavoro, spreco di carburante, deterioramento delle infrastrutture stradali, emissione di gas serra (in Francia il traffico stradale aumentato del 43% in quindici anni dopo il 1990) e via di seguito, a causa della liberalizzazione di una economia globalizzata che delocalizza e decentra al punto di dover trasportare tutto. Lutilizzo di massa della vettura individuale si associata a un nuovo orientamento delle economie industriali: il principio del just in time o del flusso in tensione, che libera gli stock per metterli sulle strade e la politica dellassemblaggio di componenti che provengono da diverse localit. Una volta di pi le collateralit non sono prese in considerazione, o meglio, vengono socializzate, cio pagate dalla collettivit (guasti climatici, spese per i lavori pubblici, salute, ecc.) o, al contrario, individualizzati, cio sopportati dalle persone, come se si trattasse della somma di decisioni particolari e quindi responsabili (tempi delle navette, trasporti individuali per recarsi al lavoro, ecc.). In una simile logica, lunica speranza che il costo finisca per colpire il margine di utile delle imprese e quindi il processo di accumulazione del capitale. Un altro fattore lesplosione dei trasporti nel
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quadro della globalizzazione neoliberista delleconomia. Tra il 1990 e il 2003 i trasporti mondiali sono aumentati del 20% e, in particolare, pi del 26,2% per il trasporto marittimo e pi del 25,6% per il trasporto aereo. Il commercio marittimo mondiale passato da 2,5 milioni di tonnellate nel 1970 a 6,1 milioni nel 2003. La flotta di container che era di 2.600 nel 2.000, ha raggiunto 3.500 nel 2005 e 4.000 nel 2008. In Europa il traffico aereo esploso (pi del 73% tra il 1990 e il 2003) in gran parte per effetto delle compagnie low cost e le previsioni della Commissione europea per il 2012 sono di un aumento del 112%. In Francia lemissione di CO2 dei trasporti stradali si moltiplicata del 6,4 tra il 1960 e il 2000.21 La liberalizzazione generalizzata degli scambi, promossa dal WTO, incoraggia una globalizzazione dei prodotti in cui la legge della competitivit si avvantaggia delle ineguaglianze sociali e delle diverse esigenze ecologiche (alcuni parleranno di vantaggi comparativi). Tutto questo porta a delle aberrazioni. Stphane Lauer segnala cos che le fragole cinesi sono molto competitive rispetto a quelle del Prigord, allinterno anche dellesagono, ma richiedono il 20% di pi dellequivalente di petrolio. Lui spiega anche che la distanza media percorsa dal latte, la frutta e la materia plastica per trasformarsi in un vasetto di yogurt di 9.000 km e cita Alain Morcheoine dellAgenzia per lo sviluppo (Ademe), il quale scrive Lemissione di CO2 tra la met e un quarto del peso di un jeans a causa della delocalizzazione della produzione.22 Si potrebbero citare molti altri esempi, dalle primizie dellAfrica del sud, ai pesci del lago Vittoria, o i fiori del Costa Rica, della Colombia e dellEcuador, che ogni giorno arrivano nei supermercati dEuropa e degli Stati Uniti. Anche lallevamento uno dei grandi colpevoli delle aggressioni subite dallambiente. Lo afferma la FAO in un rapporto del 29.11.06. Per certi aspetti sarebbe pi dannoso dei trasporti. In effetti, questa attivit responsabile del 65% delle emissioni di emiossido di azoto, che ha un potenziale di riscaldamento globale 296 volte pi elevato di quello del CO2 ed essenzialmente imputabile al concime. Inoltre il bestiame produce il 37% delle emissioni di metano come risultato della fermentazione anaerobica della materia organica (che si produce anche nei terreni inondati delle risaie) durante lattivit di44

gestiva dei ruminanti. Questo gas 23 volte pi nocivo del CO2. Le cifre di emissione di gas serra attribuibili agli allevamenti, sarebbero dai 70 ai 75 milioni di tonnellate allanno.23 A questo si aggiunge, sempre secondo la FAO, il fatto che il 30% delle superfici emerse sono pascoli e il 33% delle terre arabili viene utilizzato per produrre lalimentazione del bestiame. Per poterle ulteriormente estendere, si distruggono le foreste, mentre il 30% dei pascoli sono degradati a causa del super sfruttamento, che comporta la contaminazione dellacqua, il cedimento e lerosione del suolo e anche la diminuzione dei batteri (micro-organismi) allorigine del ciclo delle precipitazioni (pioggia e neve), quello che il professor David Sands dellUniversit del Montana, in uno studio pubblicato dalla rivista Science, chiama la bioprecipitazione.24 Questa attivit, tra laltro, tra le pi nocive per le risorse di acqua. Inoltre, ci si aspetta un forte aumento della domanda di carne da qui al 2050, che dovrebbe infatti passare da 229 a 465 milioni di tonnellate, sempre naturalmente in modo diseguale: un indiano ne consuma in media 5 kg allanno e un americano degli Stati Uniti, 123.25 Per fare un esempio concreto, in Belgio lassociazione fiamminga Ethische Vegetarische Anternatief (EVA), in una inchiesta pubblicata in occasione della Giornata mondiale del Vegetarismo nel 2007, rivelava che 285 milioni di animali destinati al consumo vengono abbattuti ogni anno e che questo contribuisce per un quinto alle emanazioni di gas serra.26 Se ci siamo soffermati sulla questione dellagricoltura, non per assolvere i carburanti di origine fossile, ma piuttosto per far capire che la logica che illustra lirrazionalit del modello la stessa in tutti i campi. Lo scopo quello di soddisfare in primo luogo il consumo del 20% pi ricco nel mondo, senza preoccuparsi del costo collettivo che questo comporta, purch non si intacchino i guadagni del capitale. Lessenziale della produzione agricola e soprattutto la sua estensione produttivistica, si compie attraverso uno schema che ritroviamo anche nel caso degli agrocarburanti: monocoltura, capitalismo agrario, imprese transnazionali che monopolizzano la commercializzazione, promozione sconsiderata degli OGM, distruzione dellagricoltura contadina. Tutto questo influisce sui cambiamenti cli45

matici e comporta un insieme di conseguenze. Si segnala gi che il numero di tempeste nel mondo si moltiplicato per quattro tra il 2004 e il 2007. Il riscaldamento della terra sensibile. Gli esperti del GIEC ritengono che se si supera una soglia di due gradi le conseguenze saranno molto gravi e che per evitarle bisognerebbe ridurre le emissioni di gas serra del 50% entro il 2050. Senza di questo, scrive il climatologo americano James Hansen, direttore del Goddard Institute for Space Studies, negli Annali dellAccademia delle Scienze degli Stati Uniti del 26.09.06, vedremo un pianeta diverso da quello che conosciamo. Questo esperto era arrivato alla conclusione che le temperature attuali si collocano sullalto della forchetta di quelle che hanno prevalso dallinizio dellolocene, 12.000 anni fa27 Lester Brown, presidente dellIstituto per le Politiche della Terra di Washington, molto radicale nelle sue conclusioni: ritiene che il GIEC sia in ritardo di due anni nei suoi calcoli e che bisognerebbe ridurre dell80% le emissioni di gas serra da qui al 2020 per rispondere al problema del riscaldamento. Il depotenziamento dei pozzi di carbonio: foreste, oceani Non c solo la produzione di CO2 che agisce sul clima. Bisogna aggiungere la diminuzione della capacit di assorbimento di quelli che vengono chiamati pozzi di carbonio, cio i mari e le regioni boschive. In effetti, secondo gli Annali dellAccademia delle Scienze degli Stati Uniti (2007), laumento del 35% del tasso di CO2 dal 2002 dovuto per una met a un forte uso dei combustibili fossili e per laltra met a un declino della capacit di assorbimento da parte delle foreste e degli oceani. Le prime si riducono come pelli di cuoio e i secondi sono sempre pi inquinati. Questi due pozzi di carbonio, secondo la stessa fonte, assorbivano la met dei gas serra. Ora nellatmosfera il tasso di CO2 il pi alto da 600.000 anni e forse addirittura degli ultimi 20 milioni di anni.28 Le foreste. Ci sono diversi tipi di foreste, quelle che vengono chiamate naturali o primarie, tra queste le foreste tropicali, e quelle che sono state piantate per ragioni economiche (piantagioni destinate allo sfruttamento) o ecologiche (protezione di zone urbane). Le foreste
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naturali vengono definite bacini di carbonio. Gli alberi, infatti, assorbono il CO2 per poter crescere. Questo permette di riciclare laria e quindi di frenare il riscaldamento climatico. Linsieme delle foreste nel mondo assorbe tra le tre e le quattro gigatonnellate (miliardi di tonnellate) di gas serra allanno.29 Nel mondo ci sono tre grandi zone di foreste tropicali, lAmazzonia, detta polmone verde, lAfrica centrale e lAsia del sud-est, in particolare lIndonesia e la Malesia, in pi altre regioni meno importanti come lAmerica centrale e la Papuasia. La loro superficie, stimata dallOrganizzazione internazionale dei Boschi tropicali (OIBT), formata da 59 paesi interessati, di 816 milioni di ettari. Ogni anno ne vengono distrutti circa 15 milioni. La FAO, con criteri un po diversi, stima la distruzione annua in 1,2 milioni di ettari. Ora, linsieme delle foreste naturali, di cui la maggior parte tropicale, assorbe due gigatonnellate (2G+T) di carbonio ogni anno, cio un quarto della produzione umana mondiale di CO2.30 Ogni anno si perdono o si modificano 6 milioni di ettari di foresta primaria e solo il 4,4% delle foreste tropicali viene gestito in vista della sua perennit. Secondo la FAO in 15 anni sparito il 3% delle foreste. Il PNUD (Programma delle Nazioni Unite per lo Sviluppo) afferma che tra il 2000 e il 2005 sono stati distrutti 73.000 kmq di foresta, cio la superficie del Cile31. Le ragioni sono diverse: sfruttamento commerciale del legno, occupazione con altre colture o per lallevamento, pi redditizi dello sfruttamento della foresta32, utilizzo del legno come combustibile da parte delle popolazioni locali. Alcune situazioni concrete permettono di verificare questi fatti. La foresta amazzonica si estende per 6.762 kmq su cinque Stati importanti dellAmerica del Sud: Brasile 67,79%, Ecuador 7% (41% del suo territorio), Bolivia, Colombia e Venezuela. Essa contiene pi di 1000 fiumi e il 20% dellacqua dolce mondiale. Ospita 80.000 specie vegetali e 2.000 tipi di pesci. in equilibrio tra la produzione di ossigeno e la fissazione di CO2. Secondo Wosfy assorbe 2,8 kg di carbonio per ettaro allora, mentre la respirazione degli alberi produce un kg di CO2 per ettaro allora (Wosfy, 1998). Ora, nella Amazzonia brasiliana la distruzione della foresta tropicale tra il 1960 e il 2005
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stata del 20%, cio lequivalente di quella effettuata durante tutto il periodo storico dallarrivo dei portoghesi, 450 anni prima. Usando una immagine, Greenpeace scrive che questo significa la sparizione di uno stadio di calcio ogni due secondi. Dal punto di vista climatico, un tale deterioramento equivale a 1,5 miliardi di tonnellate di CO2 in pi ogni anno. Le cause sono diverse: estensione della frontiera agricola e sfruttamento forestale selvaggio. Solo in Brasile, pi di 3.000 camion trasportano ogni giorno illegalmente legno proveniente dallAmazzonia. Al ritmo attuale di deforestazione, con laiuto anche del cambiamento climatico, la foresta amazzonica sar distrutta prima del 204033. Il ministero dellAmbiente ha pubblicato nel 2007 un rapporto in cui si afferma che nel 2100 laumento della temperatura potrebbe raggiungere 8 il che ridurrebbe la regione amazzonica allo stato di savana. Tra le cause principali c prima di tutto lestensione della monocoltura della soia per lalimentazione umana e animale e sempre pi per gli agrocarburanti. A far data dal 2004, 1,2 milioni di ettari erano stati convertiti a soia, secondo Greenpeace. Subito dopo vengono le piantagioni di eucalipto per la fabbricazione della carta e la produzione del carbone di legna e infine gli allevamenti di bovini. Attualmente ci sono 60 milioni di capi di bestiame in Brasile e il valore dellesportazione solo verso lEuropa di 3,5 miliardi di euro. Una buona parte della conquista delle terre si fa attraverso la bruciatura (le queimadas) che rappresenta il 75% dellinquinamento del Brasile. Le conseguenze sono gravi. La foresta amazzonica pluviale e lumidit che produce si trasforma nella met delle precipitazioni della regione. La deforestazione aumenta la siccit dunque, che a sua volta favorisce gli incendi della foresta, abbassa il livello dei fiumi e rende fragili gli alberi che dispongono solo di un sottile strato di terra per estendere le loro radici. Tutto questo agisce sul clima creando un vero circolo vizioso. Il Brasile diventato il quarto emettitore mondiale di gas serra. Una delle cause lestensione dellallevamento e la costruzione di una rete selvaggia di strade (170.000 km) per lo sfruttamento della foresta e dei legni pregiati. Nel 2007 la foresta era diminuita del 3,8%. Non si pu dire che questo lasci le autorit indifferenti. Tra il 1993 e
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il 2006 c stata una riduzione del 52% del disboscamento. Furono adottate parecchie misure per cercare di arrestare il processo, ma spesso il loro controllo si rivela inefficace. Nel 2008 il governo brasiliano ha istituito il Fondo amazzonico per lottare contro la deforestazione, per la raccolta di fondi destinati per l80% allAmazzonia e per il 20% ad altre regioni, anche fuori dal Brasile. Lobiettivo era di mettere insieme 21 miliardi di dollari entro il 2021, provenienti dai governi e dal privato. La Norvegia stata la prima a contribuire con 100 milioni di dollari. Una simile iniziativa era in risposta allambiguit dellinteresse internazionale per lAmazzonia e il presidente Lula lo ha espresso chiaramente in questa occasione, parlando dei paesi ricchi che si esprimono come se fossero i proprietari dellAmazzonia. Una simile affermazione di sovranit nazionale entrava tuttavia in contraddizione con alcune misure interne. Infatti, nel luglio 2008 una legge confermava la misura provvisoria 422 per lestensione da 500 a 1.500 ettari delle concessioni rurali sul territorio amazzonico, con la possibilit di disboscare il 20% della superficie. Questo ha suscitato una forte reazione da parte di Marina Silva, lex ministro dellAmbiente.34 A volte il potere politico sia giudice che parte in causa. Cos nel Mato Grosso il governatore anche il maggior produttore di soia del paese. I brasiliani sono molto sensibili quando si affronta largomento, perch riguarda la loro sovranit nazionale. Li si pu capire, di fronte a certi piani provenienti dagli Stati Uniti che propongono di fare dellAmazzonia una zona internazionale per la protezione del clima. Cos nel 2007 un manuale scolastico di geografia, utilizzato segnatamente nelle scuole secondarie della California, indicava lestensione di questa zona che copre sette paesi della regione, precisando che questi ultimi non erano capaci di preservare questo patrimonio dellumanit e che bisognava che la guida venisse assunta da altri. Quando si pensa a ci che stata la dottrina Monroe lAmerica agli americani(del nord), c di che diffidare. Ma la reazione brasiliana si manifestata anche di fronte ad altri interlocutori. La proposta di creare nellambito delle Nazioni Unite lOrganizzazione internazionale dellambiente, non piaciuta al presidente Lula. I pae49

si ricchi sono furbi, dichiar in quella occasione, dettano norme contro la deforestazione dopo aver distrutto le loro proprie foreste. LIstituto brasiliano di ricerca agronomica (Embrapa) ha rivelato daltra parte che lEuropa conserva solo lo 0,3% delle sue foreste primarie, contro il 69% del Brasile. Non si pu per escludere che il modello agroesportatore che la politica economica brasiliana ha sempre privilegiato, non giochi un ruolo negativo in questo campo. La paura che disposizioni protezioniste delle zone silvicole vengano introdotte dal WTO, mettendo ostacoli allagroesportazione, non probabilmente estranea alla reazione ufficiale delle autorit brasiliane. Le lobby dei ruralisti fanno pressione per una riduzione del codice forestale. Sul continente latino-americano esistono altre situazioni simili, ma in minore proporzione. In Argentina 300.000 ettari di bosco vengono distrutti ogni anno per lestensione della frontiera agricola, soprattutto per le monocolture della soia e delleucalipto. NellAmerica centrale stato in gran parte lallevamento e poi il cotone (durante la guerra di Corea) allorigine della deforestazione, senza dimenticare lo sfruttamento dei legnami pregiati. La regione ha perduto in meno di mezzo secolo i tre quarti della sua foresta primaria. In Colombia, una regione come il Choc, dalla eccezionale biodiversit, stata quasi completamente spogliata delle sue zone boschive dai grandi proprietari di allevamento estensivo e dalle compagnie dei palmeti che hanno espulso brutalmente dalle loro terre le comunit indigene e di origine africana. In Congo la foresta si estende su 1,5 milioni di kmq. Le guerre avevano dato un po di sosta allo sfruttamento forestale, ma dal 2002 si sono moltiplicate le concessioni a imprese straniere. Il codice forestale pubblicato nello stesso anno con lavvallo della Banca mondiale, rivelava una visione mercantile della gestione forestale. Numerosi contratti leonini sono poi stati oggetto di revisione da parte del governo congolese. Ma il male era fatto. Regioni intere furono devastate. Grandi imprese del legno si avvalevano di enormi macchine per impossessarsi dei migliori alberi. Lambiente stato saccheggiato, le clausole di rimboschimento ignorate, le popolazioni locali abbandonate a se stesse con la perdita di gran parte dei loro mezzi di sussi50

stenza. I controlli erano inesistenti. Secondo Greenpeace le societ forestali si sono suddivise 21 milioni di ettari. LIndonesia e la Malesia hanno perso pi dell80% delle loro foreste originali per lo pi a vantaggio della palma africana. Uno dei metodi utilizzati per liberare i suoli delle foreste stato quello degli incendi. In Indonesia nel corso degli anni 1997-1998, sono stati bruciati pi di 3 milioni di ettari, al punto che il paese diventato il terzo emettitore di CO2 nel mondo, dopo Stati Uniti e Cina, con un lancio di carbonio nellatmosfera di 2,5 gigatonnellate. Bisogna aggiungere a questa politica distruttrice che il riscaldamento climatico riduce lumidit del sottobosco e favorisce quindi gli incendi, e questo non solo nellAsia del sud-est.35 Le foreste perdono quindi progressivamente la loro funzione di pozzi di carbonio. Gli oceani. Le masse oceaniche assorbono circa il 40% di CO2, per cui sono un elemento particolarmente importante per lequilibrio climatico. Ora per, la loro capacit regolatrice sta diminuendo perch a poco a poco si saturano di CO2. In particolare la temperatura dellacqua ad essere in discussione. La solubilit del CO2 nellacqua aumenta con la diminuzione della temperatura. Gli oceani sono dei pozzi di carbonio nella misura in cui le loro acque sono fredde. Diventano invece fonti di emissione di carbonio quando si riscaldano.36 Del resto, sono oggetto di notevoli aggressioni. A titolo di esempio, l87% delle acque reflue dellAmerica latina vengono riversate nei fiumi e negli oceani senza essere state trattate (Rapporto del Programma delle Nazioni Unite per lAmbiente, 2007) e il Mediterraneo ai limiti dellasfissia per inquinamento. Non bisogna dimenticare nemmeno i pericoli che i trasporti di petrolio fanno correre agli oceani e le catastrofi ecologiche successe negli Stati Uniti, in Francia e in Spagna. Daltra parte, ogni anno 1,9 miliardi di tonnellate, cio il 62% della produzione mondiale, vengono trasportati per mare37, aggiungendo cos una fonte crescente di inquinamento. Il fenomeno dei mari morti si amplifica sotto limpatto dei concimi azotati impiegati nelle monocolture e trasportati dai fiumi. Secondo le conclusioni del terzo Dibattito sulla Biologia della Conservazione tenutosi a Maiorca nel 2007, sotto gli auspici dellUniver51

sit delle Baleari, gli ecosistemi marini si degradano dieci volte pi in fretta delle foreste tropicali. Le cause sono leccesso di produzioni tossiche, lapporto di nitrogeno, fosfato di materie organiche, che provocano lipossia (mancanza di ossigeno) che uccide fauna e flora marine. cos che ogni anno sparisce dal 5% al 9% dei coralli e il 2% di mangrovie (tessuto di piante che protegge il litorale nelle regioni calde). Laumento delle temperature Simili trasformazioni si manifestano in modo molto concreto. In 100 anni la temperatura media del globo aumentata dello 0,7%C. Negli Stati Uniti nel 2002 si registrato un aumento di pi dello 0,72% rispetto alla media del XX secolo. A Cuba, 11 dei 12 anni tra il 1995 e il 2006, sono stati i pi caldi dal 1850. Secondo lOrganizzazione mondiale di meteorologia (OMM), lanno 2006 stato il sesto pi caldo dallinizio delle statistiche, cio 0,42C. in pi della temperatura del periodo di riferimento (tra il 1961 e il 1990) e in modo pi accentuato nellemisfero nord (0,58C.) che in quello sud (0,26C.). Undici dei dodici ultimi anni sono stati i pi caldi nel mondo da 150 anni, secondo il rapporto del GIEC e il raffreddamento relativo del 2008 dovuto al fenomeno congiunturale della Nina. LAgenzia meteorologica inglese annuncia che il 2006 stato il pi caldo di questi ultimi 347 anni. Nel Belgio e nei Paesi Bassi il 2007 ha toccato la temperatura pi elevata dallesistenza dei rilievi meteorologici che datano dalla fine del XVIII secolo. LIstituto tedesco di ricerca sulla pesca poi, arriva alla conclusione che il mare del Nord sta vivendo la sua fase di riscaldamento pi lunga dallinizio delle misurazioni nel 1873. Alcuni ricercatori, come Philippe Bousquet del Laboratorio francese delle Scienze del Clima e dellAmbiente (LSCE), ritengono che il recente aumento delle fonti antropogeniche delle emissioni di gas serra sia dovuto soprattutto alla crescita delle attivit industriali in Asia.38 il caso, tra gli altri, della Cina, il cui tasso di crescita supera il 10% allanno e che viene mostrato a dito quando si tratta dei danni incorsi al clima. Secondo lAgenzia internazionale dellEnergia delle Na52

zioni Unite (AIE), quel paese diventer il primo consumatore mondiale di energia entro il 2010. Il Mc Kinsey Global Institute stima da parte sua che tra il 2003 e il 2020, il numero dei veicoli in Cina passer da 26 milioni a 120 milioni, che la superficie abitata aumenter pi del 50% e che la crescita media della domanda di energia sar del 4,4%. Nel 2007 la Cina era vicino agli Stati Uniti per il livello di emissione di gas serra , secondo lAIE, e dovrebbe leggermente superarli nel 2030. Non dimentichiamo per che ha una popolazione pi di quattro volte superiore a quella degli Stati Uniti e che le pi importanti fonti di riscaldamento climatico sono stati per decenni e restano tuttora i paesi industrializzati del Nord. Il ruolo dei clorofluorocarburi Accanto al gas serra bisogna segnalare anche altre fonti di inquinamento atmosferico e in primo luogo i clorofluorocarburi (CFC) che furono utilizzati negli aerosol e nei frigoriferi e sono responsabili del degrado dellozono (O3) stratosferico (alta atmosfera). Questo assorbe tra i 10 e i 40 km di altitudine la maggior parte dei raggi solari ultravioletti a cortissima lunghezza donda (UV-B), nocivi per gli esseri viventi. dunque altamente protettivo e la sua riduzione fonte di gravi pericoli, ed proprio lozono superficiale o troposferico (bassa atmosfera) che viene aggredito. La sua concentrazione aumenta sotto leffetto dei gas contaminanti (monossido di carbonio, azoto) formati dalla combustione incompleta di alcuni carburanti. Diffuso in grande quantit nellatmosfera, linsieme di questi inquinanti impedisce il riverbero dei raggi del sole attraverso lo spazio, sia accrescendo progressivamente la temperatura media del pianeta sia distruggendo zone di protezione dai raggi ultravioletti. Nel primo caso si tratta di oscuramento planetario, che apparentemente provoca un effetto contrario a quello del CO2. Ricordiamo il dossier: lo strato di ozono (O3) vitale, perch altrimenti i raggi ultravioletti inviati dal sole ucciderebbero ogni forma di vita sulla terra. dunque benefico nellalta atmosfera (nocivo invece nella troposfera, bassa altitudine). Quando lattivit ultravioletta si esercita in dosi troppo forti per la diminuzione della protezione di ozono nellalta atmosfera, origina, per esempio, tumori alla pelle.
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Nel 2006 il buco di ozono nellalta atmosfera si estendeva alla fine dellinverno australe (ottobre) per 3-4 milioni di kmq, cosa che si spiega in parte con il riscaldamento della bassa atmosfera dellArtico causato dalla concentrazione di gas serra. Questo provoca il raffreddamento degli alti strati, che a sua volta determina limpoverimento dello strato di ozono. I clorofluorocarburi (CFC) da parte loro, distruggono anche lozono della stratosfera. Si tratta della proiezione nellatmosfera di micro-particelle attraverso luso degli aerosol, dei frigoriferi, dei climatizzatori e della combustione di energie fossili. Sotto leffetto del sole, il cloro dei CFC si libera e distrugge le molecole di ozono.39 Nota pi ottimistica in questo insieme di constatazioni inquietanti: il tasso di ozono stratosferico di cui abbiamo parlato prima, ha smesso di diminuire per effetto dellapplicazione del Protocollo di Montral del 1987. quanto annuncia un protocollo congiunto dellOrganizzazione meteorologica mondiale (OMM) e del Programma delle Nazioni Unite per lambiente (PNUE) del 18 agosto 2006. Tuttavia il ritorno alla normalit non atteso prima del 2050 per le latitudini medie e per lArtico e prima del 2060-2075 per lAntartico. Anche per quanto riguarda le piogge acide, frutto di questi problemi, la situazione migliorata. La lotta contro questo fenomeno si rivelata pi facile che contro il CO2. In effetti direttamente visibile e quindi pi agevolmente percepito, il che non il caso del gas carbonico. stato sufficiente sostituire i gas utilizzati per laerosol, i frigoriferi, i climatizzatori e bruciare in modo pi adeguato le energie fossili (vasi catalitici), per ottenere dei risultati abbastanza rapidi. Gli idrofluorocarburi. (HFC) che sostituiscono i CFC, sono otto volte meno dannosi e si sta andando progressivamente verso lutilizzo di idroclorofluorocarburi (HCFC) che non distruggono lo strato di ozono. Un primo accordo internazionale fu stipulato a Vienna nel 1986 e poi a Montral nel 1987 e 20 anni dopo i risultati sono palpabili, grazie in gran parte alle materie sostitutive e ai progressi nei motori a combustione. Nel settembre 2007, sempre a Montral, 200 paesi si sono anche messi daccordo per anticipare di 10 anni leliminazione delle sostanze nocive per lo strato di ozono. Il direttore del
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Programma delle Nazioni Unite per lambiente, Achim Steiner, ha visto in questo un segno vitale per la Conferenza di Bali. Il fenomeno sta dunque regredendo. Il successo in questo campo dimostra che possibile intervenire quando c la volont politica. Oltre alleffetto sullozono stratosferico, la proiezione di micro-particelle ha come risultato la produzione di una membrana di inquinamento che si fissa sulle nuvole e impedisce alla luce solare di raggiungere la terra. La luce diminuisce, provocando quello che viene chiamato loscuramento planetario. Il fenomeno stato osservato non solo in parecchi punti dellEuropa, ma anche negli Stati Uniti, in Australia, nelle isole Maldive, in Israele. In Australia, per esempio, si notato un abbassamento del tasso di evaporazione dei laghi da un secolo. paradossale, perch da altre parti la terra si riscalda. In Israele il soleggiamento diminuito del 22% in 20 anni. Secondo Beate Liepert, ricercatrice tedesca, il soleggiamento si sarebbe abbassato, tra il 1950 e linizio del 1990, del 10% negli Stati Uniti, del 16% in certe regioni della Gran Bretagna e del 30% in Russia. Negli Stati Uniti si realizzata nel settembre del 2001 una esperienza inattesa. Dopo gli attentati dell11 settembre, il traffico aereo fu sospeso per tre giorni. Risultato: si registr un aumento della temperatura di pi di un grado centigrado, grazie allassenza delle micro-particelle espulse dagli aerei che contribuivano al fenomeno delloscuramento. Questo fenomeno ha dunque in parte mascherato il riscaldamento. Secondo Peter Cox, ricercatore americano, leliminazione delloscuramento potrebbe portare il riscaldamento reale della terra a pi di 10 gradi da qui alla fine del secolo. Non ci sarebbe certo da rallegrarsi se questo succedesse. Gli effetti dei cambiamenti climatici La valutazione degli effetti prevedibili dei cambiamenti che abbiamo descritti dipende da due elementi, da una parte la qualit delle misure di queste trasformazioni e dallaltra la proiezione nel futuro delle osservazioni di ci che si prodotto nel corso di questi ultimi anni. Nessuno nega che questo rivesta un carattere di incertezza. Alcuni ne traggono argomenti, come vedremo pi avanti, per mettere in dubbio gli annunci allarmistici sui cambiamenti climatici. Altri inve55

ce fanno un discorso apocalittico. Altri ancora, ed la maggioranza degli scienziati, affinano costantemente le loro proiezioni riconoscendo che non si tratta di verit certe ma di probabilit sufficientemente credibili per essere prese seriamente in considerazione ai fini delle azioni preventive. Se lessenziale dei danni per il futuro, la prevenzione deve incominciare oggi diceva Jean Pascal van Ypersele, professore alluniversit cattolica di Lovanio e vice presidente del GIEC.40 Lo stesso ragionamento vale per lanalisi delle conseguenze del riscaldamento climatico che stiamo affrontando. Si tratta di indicarne le grandi linee, sulla base di alcuni esempi, sottolineando soprattutto la logica che li unisce. Si possono sintetizzare le osservazioni e le riflessioni attorno a tre assi principali: lambiente, leconomia e le conseguenze sociali e politiche. Gli effetti sullambiente naturale. Il primo effetto ecologico concerne la biodiversit che comprende sia il numero delle specie viventi, che le riserve genetiche e lecosistema. Certamente essa messa in pericolo anche da altri fattori oltre il cambiamento climatico, come linquinamento delle attivit industriali e la riduzione degli habitat naturali per la monocoltura e lurbanizzazione, come indica Etienne Brouquet della Piattaforma belga sulla biodiversit. Il GIEC stima che se la temperatura aumenter di 2,5C da qui al 2050, essendo il tutto evidentemente legato, spariranno dal 20 al 30% di specie vegetali e animali terrestri. Secondo lUnione mondiale per la Natura (UICN) che redige la lista delle specie in pericolo, su 41.415 specie di vertebrati censite nel 2007, 16.308 sono minacciate di estinzione, cio circa 200 in pi rispetto al 2006, il che significa, in parole chiare, un mammifero su quattro e un uccello su otto, cosa confermata dallUnione internazionale per la Conservazione della Natura, nella sua riunione a Barcellona nellottobre 2008. Di esempi ce ne sono a iosa, dalle grandi scimmie del Borneo fino agli orsi bianchi, le foche e gli apteroditi della banchisa, passando dai delfini dello Yangts e le ostriche in giro per il mondo. Nel 2008 il 50% delle specie mondiali di primati sono in pericolo41. Il Fondo internazionale per la Protezione degli Animali (IFAW) stima che nel golfo di Saint Laurent nel Canada tutte le giovani foche sono morte annegate nel 2007 in se56

guito allo scioglimento della banchisa. Nel 2007 il Servizio federale americano della pesca e della fauna (FWS) riteneva che da 3.000 a 4.000 giovani trichechi fossero morti, solo sulla riva russa del mare dei Ciukci. Non sono solo le lastre della banchisa che vengono loro a mancare, ma anche il plancton tende a sparire per il riscaldamento. Gli apteroditi dellAntartico sono diminuiti del 70% in 30 anni per la sparizione del krill, minuscoli crostacei che servono loro di nutrimento, loro stessi colpiti dalla riduzione del plancton di cui vivono, il tutto coronato dal grave cambiamento del loro habitat polare. Un fungo, la cui proliferazione dovuta al riscaldamento climatico, attacca le rane dellAmerica centrale e del sud. Sono cos sparite il 67% delle specie di rane Arlequin Monteverde42. Molto significativo anche il fatto che per rimediare alla sparizione delle specie vegetali, sia stata presa liniziativa di riunire in una grotta scavata nella montagna a Longyearbyen (Swalbard) sullo Spitzberg, 4,8 milioni di semi a una temperatura di -18 C, a 130 metri sotto il livello del mare. Il progetto, chiamato Larca di No finanziato congiuntamente dal governo norvegese, dalla Fondazione di Bill Gates e da parecchie imprese di sementi, quale la Monsanto. Sono stati gi riuniti 268.000 campioni di cereali. Lobiettivo di collezionare i campioni di 250.000 piante conosciute. Il riscaldamento dei mari provoca anche una vera e propria invasione di meduse, molto nocive alle altre specie acquatiche, in particolare nel mar Nero, nel mar Baltico e nel Mediterraneo. Una conferenza di esperti tenutasi a Madrid nel gennaio 2008, sotto legida dellUnione Europea, ha segnalato che pi di 10.000 specie esotiche mettono in pericolo la biodiversit europea (Programma Daisie: Delivering Alien Invasive Species Inventories for Europe). NellAsia del sud si nota che il cambiamento climatico deregolamenta il regime dei monsoni e nel 2008 lIndia ha conosciuto le peggiori inondazioni della sua storia recente. I contadini devono riadattare le loro produzioni. per tutto questo che Bruno David, direttore del Laboratorio di Biochimica dellUniversit di Borgogna (Digione), si interroga dicendo: la biosfera non stata uccisa, ma dispone sempre delle stesse capacit di rigenerazione?43 e Robert Barbault, direttore del Dipartimento di ecologia e di gestione della Biodiversit del Museo
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dellUomo di Parigi, non esita a intitolare la sua opera: Un lphant dans un jeu de quilles. Lhomme dans la biodiversit44. (Un elefante nella cristalleria. Luomo nella biodiversit) Il pericolo incombe soprattutto sulle zone tropicali. Le regioni del corallo vere foreste tropicali del mare, come ha scritto Annelise Hagan dellUniversit di Cambridge, corrono un pericolo particolare45. Parallelamente si accelera la desertificazione e lAfrica sar particolarmente colpita. Ma anche altrove non si esenti da ogni preoccupazione. In Europa le canicole rischiano di moltiplicarsi e cos anche le siccit mediterranee. Negli Stati Uniti luragano Katrina e gli incendi nelle foreste della California sono nettamente da mettere in conto ai cambiamenti climatici. Per contro, secondo certe stime, le regioni nordiche potrebbero godere di un clima migliore e le coste del Baltico e dei paesi scandinavi diventare estive. Un fenomeno simile potrebbe prodursi nellAmerica del nord e in Russia. In compenso le regioni cicloniche dei Caraibi e dellEst asiatico assisterebbero allaumento in frequenza e potenza delle catastrofi climatiche. Nel 2008 tre cicloni hanno devastato Cuba, causando circa 10 miliardi di dollari di danni e centinaia di vittime ad Haiti. Il fenomeno del Nino e della Nina colpisce ormai sempre pi intensamente le regioni costiere del Pacifico, del Per e dellEcuador, fino alla Bolivia e alle Filippine, aumentando piogge e inondazioni. Riflettendo a pi lungo termine, i ricercatori dellUniversit del Wisconsin stimano che nel 2100 il 48% del pianeta potrebbe, se non cambia nulla, avere un clima diverso da quello odierno. Una attenzione particolare si deve dedicare al regime delle acque. bene ricordare che il 72% del pianeta coperto dagli oceani e che lacqua un elemento essenziale per la vita di ogni specie vivente. Le conseguenze dei cambiamenti climatici sono molto importanti in questo campo. Incominciamo dallo scioglimento dei ghiacci. Si tratta di un fenomeno universale gi molto avanzato, che in certe regioni assume proporzioni inquietanti. In Europa il GIEC annuncia la sparizione dei piccoli ghiacciai entro il 2050. NellHimalaya, secondo un rapporto del Programma delle Nazioni Unite per lAmbiente 46, il massiccio si riscalda tra lo 0,6 e lo 0,15 C al decennio e i ghiacciai diminuiscono da 10 a 60 metri allanno. In 24 anni i 46.928 ghiacciai
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cinesi sono diminuiti del 5,5% del volume. Il processo comporta la formazione di sacche di neve fusa che si accumulano nei laghi. Solo nellHimalaya, secondo lo stesso rapporto, circa 2.000 di essi si sono pericolosamente riempiti e rischiano di provocare veri tsunami delle montagne (GLOF o Glacial Lake Outborts Floods). A pi lungo termine, i grandi fiumi della regione himalayana alimentati dai ghiacciai, potrebbero mancare dacqua e sappiamo che solo in India forniscono dal 70 all80% dellalimentazione dei principali corsi dacqua. Questo potrebbe anche rimettere in discussione unaltra funzione importante. Infatti, secondo il professore Valier Galy dellUniversit di Nancy, i sedimenti venuti dallerosione della catena himalayana, drenati dai fiumi, aggregano il carbone organico che proviene dai resti vegetali e favoriscono il loro affondamento nellOceano Indiano. Ci impedisce lossidazione della materia organica in CO2. Lerosione elevata delle terre, infatti, che si traduce in pi di un miliardo di tonnellate allanno, induce un tasso di sedimentazione molto rapido che limita il tempo di esposizione allossigeno, diminuendo la quantit di CO2 nellatmosfera, raffreddando evidentemente il clima47. Un rallentamento del fenomeno avr necessariamente conseguenze sul riscaldamento climatico. In questa regione sono coinvolti otto paesi tra cui i pi popolosi del mondo e circa 2,4 miliardi di persone. In America latina, invece, solo il 30% del carbone organico trasportato dal rio delle Amazzoni viene immagazzinato nelloceano, per intervengono altri fattori. Nelle Ande lo stesso fenomeno di fusione dei ghiacci, comporta gi una diminuzione di acqua nei fiumi, riducendo le possibilit di irrigazione e di fornitura di acqua potabile. il caso della citt di Quito, dove il vicino vulcano Cotopaxi ha perso il 23% della sua massa di ghiaccio tra il 1993 e il 2005, per effetto di un riscaldamento di 0,8 C in 44 anni. Anche la fusione dei ghiacci dellArtico si sta accelerando. Si tratta di una regione di 2,6 milioni di kmq. Secondo un rapporto del Geophysical Research Centre del 2006, a questo ritmo, nel 2040 sar sparita e Michael Wallace dellUniversit di Washington nel 2007 scriveva che si era gi arrivati a un punto di non ritorno 48. Nel 2007 lestate ha fatto sparire una superficie di banchisa in pi rispetto agli anni precedenti ed equivalente a dieci volte la superficie della Gran
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Bretagna. Inoltre le terre di ghiacci perenni dellAlaska e della Siberia, perdendo il loro strato ghiacciato, producono forti emissioni di metano, fenomeno che si sta accelerando fortemente. Dal 1958 lo spessore della banchisa dellArtico diminuito del 42%49. La Groenlandia viene privata ogni anno di 100 miliardi di tonnellate di ghiaccio50. Nonostante quello che si potrebbe credere, questo fenomeno ha un effetto marginale sul livello degli oceani, contrariamente alla fusione dei ghiacciai che produce grandi masse dacqua che vanno a raggiungere il mare. In effetti, nel Grande Nord e nellAntartico, gran parte dei ghiacci sono gi nel mare e la loro liquefazione non ne accresce il volume. Per contro, i guasti alla banchisa in queste regioni comporta la perdita dellambiente naturale di molti animali.51 il permafrost che sparisce, cio lo strato permanente di neve che ricopre il suolo della tundra. Questultimo possiede un effetto di riflessione che riducendosi contribuisce a sua volta al riscaldamento del pianeta. I cambiamenti climatici dellArtico hanno anche un effetto non previsto: tra gli oceani Atlantico e Pacifico si apre una via marittima nuova e risorse naturali, in particolare energetiche, diventano accessibili, oggetto degli appetiti dei paesi limitrofi. Nel 2008 una nave russa ne ha dimostrato la realt. NellAntartico la penisola che si avanza nel mare a riscaldarsi, mentre linterno si raffredda a causa dei venti che fanno inspessire il ghiaccio. Questo continente molto importante per il clima. Si estende su 14 milioni di kmq e contiene il 70% delle riserve di acqua potabile del pianeta. Il trattato internazionale del 1959 ne ha fatto una zona demilitarizzata e il Protocollo di Madrid del 1991 impedisce ogni sfruttamento minerario fino al 2041. Lanno polare internazionale 2007-2008 permetter senza dubbio di conoscere ancora meglio il modo in cui funziona e soprattutto lo stato preciso della sua trasformazione. LAntartico agisce come una vera pompa biologica che assorbe CO2 che viene aspirato nelle profondit (da 3.000 a 4.000 metri). Questo si verifica grazie al plancton mentre compie la sua fotosintesi. Pi il freddo intenso pi lassorbimento grande. Nel corso degli ultimi 50 anni per, la temperatura dellAntartico aumentata di 2,5 C. La stagione della glaciazione si ridotta di due settimane in 20 anni. La banchisa diminuisce ogni anno e la calotta
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ghiacciata si riduce; il livello del mare aumentato pi rapidamente che nel corso degli ultimi 5.000 anni. Laumentata presenza di gas serra (CO2, ossido di zolfo, metano) accresce lacidit dellacqua, cosa che nuoce al plancton. Da qui lidea del ricercatore tedesco Alfred Wegener di iniettare negli oceani saturi di CO2 solfato di ferro, in una quantit che permetta di intrappolare il 15% delle emissioni di carbonio, grazie allo sviluppo del plancton. Daltra parte, il livello sempre pi elevato di raggi ultravioletti a causa del buco nellozono, perturba a sua volta la fotosintesi. Diminuiscono quindi le facolt di regolazione dellAntartico. Nel marzo 2008, il Programma delle Nazioni Unite per lAmbiente (PNUE), ha lanciato un nuovo grido di allarme. Il tasso medio di fusione dei ghiacciai pi che raddoppiato tra gli anni 2004-2005 e 2005-2006. Sono le conclusioni degli studi del Servizio mondiale di Monitoraggio dei Ghiacciai. Questi ultimi hanno perso 11,5 metri di spessore dal 1980 e il direttore del PNUE, che anche segretario generale aggiunto dellONU, Achim Steiner, ha dichiarato che questo potrebbe colpire milioni se non miliardi di persone nel mondo, a causa delle ripercussioni di questo fenomeno sullalimentazione in acqua, sullindustria e la produzione di energia52. Questo ci porta a gettare uno sguardo pi attento sugli stessi oceani. Parecchi sono i fenomeni che li riguardano. In primo luogo, con lo scioglimento dei ghiacciai il loro volume aumenta e questo rischia di colpire gravemente le regioni costiere e le isole di scarsa altitudine. Il mare del Nord in un secolo salito di 17 cm. Il GIEC nel suo rapporto del 2007 stimava che il livello dei mari sarebbe salito dai 18 ai 59 cm nel corso del XXI secolo, con significative conseguenze per le coste pi basse. Il Bangladesh potrebbe perdere il 17,5% del suo territorio se il livello del mare aumentasse di un metro53, n sarebbero risparmiati paesi come i Paesi Bassi, dove il governo ha deciso nel 2008 di dedicare 1,9 miliardi di euro per alzare le dighe. Le piccole isole del Pacifico, direttamente minacciate, hanno fatto sentire la loro voce alla conferenza di Bali, reclamando, invano, un finanziamento che le aiutasse a prevenire una simile eventualit. Uno studio dellUniversit cattolica di Lovanio ha calcolato che, se da qui al terzo millennio laumento raggiungesse un me61

tro, la citt di Anversa sarebbe in riva al mare. Se raggiungesse otto metri, un decimo del territorio belga verrebbe ricoperto e se si trattasse di quindici metri Bruxelles diventerebbe un porto di mare, direttamente e non solo attraverso un canale. Un gran numero di grandi citt del mondo sono a loro volta interessate: Nuova Orlans, Mumbai, Giacarta, Lagos, Amsterdam e New York e molte altre ancora. Il fenomeno si spiega sia per il riscaldamento climatico che produce una dilatazione dellacqua sia per la fusione dei ghiacciai che fa il resto. Da qui i cambiamenti nei sistemi di circolazione allinterno degli stessi oceani che immagazzinano il calore e lo redistribuiscono attraverso le correnti dai tropici ai poli. Questo avrebbe provocato, per esempio nel caso dellOceano indiano, una alterazione del regime delle piogge in Etiopia che sarebbe allorigine delle siccit che si sono succedute in questo paese dal 1996. Questo per lo meno quello che afferma un rapporto della Royal Society pubblicato a Londra nel 2005. Secondo Thom Hartman, il riscaldamento globale potrebbe anche provocare trasformazioni nella Great Couveyor Belt, una corrente sottomarina fredda e salata del nord Atlantico che di fronte alla costa della Groenlandia si tuffa in acque profonde fino al Capo di Buona Speranza, dove si mescola con le acque delloceano Pacifico. Questa corrente, recentemente scoperta, avrebbe un effetto determinante sulle temperature dellEuropa e del Nord America. In queste regioni, la sua alterazione potrebbe avere un effetto contrario al riscaldamento e favorire invece lapparizione di una nuova era glaciale54. In un lontano avvenire, secondo alcuni ricercatori, anche il corso della corrente del Golfo potrebbe trovarsi in pericolo. proprio la capacit di assorbimento di CO2 che in gioco negli oceani. Laumento delle emissioni insieme allinquinamento dei mari per limmissione di acque sporche e di prodotti tossici e per la densit del traffico marittimo, riduce questa capacit. Tutto questo aggrava quindi la crisi climatica poich il CO2 viene sempre meno assorbito dai suoi regolatori naturali. A parte le inondazioni che saranno il destino sia delle regioni costiere che di quelle toccate dai tifoni e dai cicloni e in pi dal crescente contenuto in sale dei terreni, ci che preoccupa di pi a proposito
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dellacqua la crisi idrica in s ( la mancanza dacqua) che rischia di colpire 3,2 miliardi di persone a partire dal 2080, come ha segnalato la Conferenza degli esperti del GIEC del 2007 a Bruxelles. Si tratta di un problema gi molto reale nel Medio Oriente e nel Sahel 55. Secondo Marc Gillet dellONERC (Osservatorio nazionale degli Effetti del Riscaldamento Climatico) da qui al 2020 parecchie decine di milioni di africani subiranno un aggravamento dello stress idrico a causa del cambiamento climatico56. In Australia in gioco il futuro della riserva dacqua del paese e il governo se ne preoccupa; infatti con lo 0,32% della popolazione mondiale, il paese produce l1,43% delle emissioni di carbonio. Nel 2007 la Convenzione delle Nazioni Unite sulla lotta contro la desertificazione (UNCCD) era in panne perch il suo budget non era stato approvato dagli Stati Uniti e dal Giappone57. M.B. Charreton, presidente del Comitato scientifico francese, addetto a questo organismo, riteneva che il fenomeno di stress idrico riguardasse gi un miliardo di persone e il 40% delle terre. Sono in gioco, quindi, un insieme di metabolismi naturali. Allo scopo di perseguire vantaggi immediati a favore di una minoranza, si arrivati a provocare squilibri profondi che rischiano di non poter essere pi corretti. Lidea del progresso senza limiti contraddetto dalla realt. La saggezza ancestrale del rispetto della natura, sorgente di vita, stata sconvolta. Lesaltazione di un valore unico, quello dello scambio alla base del profitto e dellaccumulazione, ha fatto il vuoto delle altre prospettive e lumanit rischia di pagare caro. Gli effetti economici. Dal punto di vista economico, lagricoltura particolarmente sensibile alla temperatura. Nellemisfero nord si potranno coltivare nuove specie e la geografia di certe piante si sta gi spostando. Ma per contro, nelle regioni tropicali la situazione pi grave. In India il riso ha solo un grado centigrado di tolleranza allaumento della temperatura, sotto pena di riduzione del rendimento (fino al 40%) ed lo stesso per tutte le regioni tropicali o subtropicali. LAfrica si rivela particolarmente vulnerabile da questo punto di vista58. Il professor Rajandra Pachauri, presidente del GIEC, affermava in un libro bianco del giornale belga Le Soir59, che i cambia63

menti climatici mettono fin dora in pericolo lapprovvigionamento di acqua per 75-200 milioni di persone nel 2020, perch la diminuzione delle superfici coltivabili, della durata delle stagioni fertili e del rendimento delle terre, aumenteranno i rischi di carestia. In alcune regioni, secondo lo stesso autore, i rendimenti dellagricoltura pluviale potrebbero cadere del 50% entro il 2020. Il PNUD stima che entro il 2060 la perdita economica per lAfrica potrebbe raggiungere 36 miliardi di dollari60. Gli avvenimenti climatici di cui abbiamo parlato a proposito dellHimalaya, che sono allorigine di un assottigliamento delle risorse di acqua, potrebbero colpire direttamente pi di un miliardo di persone nei prossimi due o tre decenni. In Cina, limpatto economico del deterioramento climatico considerevole. Secondo il signor PanYue, vice-ministro cinese dellambiente, i guasti ambientali in questo paese raggiungono dall8 al 13% del PIL ogni anno, annullando cos il tasso di crescita. La Cina, dichiara, ha quasi perso tutto quello che ha guadagnato dalla fine degli anni settanta, a causa dellinquinamento61. Cosciente di questo problema, il governo cinese ha deciso di mettere in piedi a partire dal febbraio 2008, una inchiesta nazionale sulle fonti di inquinamento, cosa che avrebbe dovuto essere fatta da molto tempo. Il paese manca cronicamente di acqua. Possiede il 20% della popolazione mondiale e solo il 7% delle riserve idriche. La coltivazione dei cereali alla base del nutrimento e per produrne una tonnellata occorrono 1.000 mc di acqua, cio una tonnellata62. Lautore dellarticolo, Julio Arias, aggiunge che linquinamento industriale tocca oggi in Cina il 90% delle acque sotterranee e che 700 milioni di cinesi le bevono. In numerose regioni la mancanza dacqua potrebbe anche interessare il funzionamento delle centrali nucleari che la utilizzano in grande quantit per le operazioni di raffreddamento. Sul piano globale, Nicholas Stern afferma, in un rapporto della Banca mondiale del 2006, che in mancanza di misure adeguate il riscaldamento potrebbe provocare la peggiore recessione economica della storia. Il suo costo potrebbe raggiungere circa 5.500 miliardi di euro, cio pi del costo delle due guerre mondiali insieme o della grande crisi del 1929 63. Leconomia, destinata a creare le basi della vita materiale, culturale e spirituale del genere umano, fortemente perturbata da questi feno64

meni che, non dimentichiamolo, sono frutto di uno specifico modello di sviluppo. Gli effetti sociali. Bisogna sottolineare anche laspetto sociale dei cambiamenti climatici. chiaro che sono le popolazioni e le regioni pi povere quelle che ne subiranno gli effetti pi negativi, rimettendo in questione gli Obiettivi del Millennio (dimezzare lestrema povert entro il 2015). Secondo lo stesso Nicholas Stern, ci si devono aspettare pi di 200 milioni di profughi nei prossimi dieci anni, quelli che vengono chiamati rifugiati climatici. Gi in Russia popolazioni dellAsia centrale si spostano verso ovest e il rappresentante del Fondo mondiale per la Natura (WWF) in Russia afferma che questa regione al limite della catastrofe. Parecchie isole del Pacifico vedono la loro popolazione emigrare verso la Nuova Zelanda. Eudald Carbonell pi pessimista ancora e parla di una crisi sociale senza precedenti, assicurando che nel corso del XXI secolo, la met della popolazione mondiale sparir (El Nacimiento de una nueva Civilizacion-in catalano). Fame e malattie saranno il destino di milioni di persone, prima di tutto nelle regioni pi vulnerabili, in cui si trovano, come dice il GIEC: le persone che hanno minori capacit di adattamento al cambiamento climatico per laumento della malnutrizione. Si assister anche, probabilmente, a un cambiamento della distribuzione geografica di certe malattie a trasmissione vettoriale: malaria, dengue, malattia di Lym. Questa una delle ragioni per cui lindustria farmaceutica ha incominciato a investire pi seriamente nella ricerca dei vaccini per queste malattie che attaccheranno popolazioni con maggiore potere di acquisto ed per questo anche che lOMS mette in guardia contro queste malattie esotiche le regioni pi fortunate economicamente e situate nellemisfero nord. Ricordiamo che durante la canicola del 2003 in Europa ci sono stati 70.000 morti. Le conseguenze sociali dei cambiamenti climatici colpiscono soprattutto le regioni povere, paradossalmente quelle che hanno minor accesso alle tecnologie nocive in uso nei paesi industrializzati e che restano ai margini del modo di crescita economica che serve da parametro al sistema capitalistico; si tratta quindi di vittime che non sono state implicate come attrici del processo di distruzione climati65

ca. Cos, nel 2007 lAsia ad essere stata il principale bersaglio delle catastrofi naturali. Questo quanto rivela il bilancio della Strategia internazionale di Prevenzione delle Catastrofi naturali, organismo delle Nazioni Unite: 167 milioni di persone hanno subito gli effetti dello straripamento dei fiumi in questa regione. In tutto il mondo ci sarebbero 16.500 morti, vittime di questo tipo di catastrofi e i danni sono valutati a 43 miliardi di euro. Secondo John Vidal, in Africa sono 182 milioni le persone che potrebbero soffrire malattie legate al riscaldamento del clima64. Senza attribuire tutte queste cifre al solo cambiamento climatico, gli organi competenti segnalano tuttavia che questultimo esercita una innegabile influenza su questi fenomeni. Cos Margaret Chan, direttrice generale dellOrganizzazione mondiale della Sanit (OMS), in un rapporto pubblicato in occasione della Giornata mondiale della Salute nel 2008, affermava che linquinamento dellaria causava 800.000 morti allanno e che ogni aumento di un grado della temperatura significherebbe 20.000 morti in pi. Secondo Rajendra Pachauri, presidente del GIEC, soprattutto lAfrica che subir gli effetti dei cambiamenti. Ci sar una riduzione delle superfici coltivabili e del rendimento, in particolare quello dellagricoltura pluviale, che potrebbe crollare del 50% entro il 2020. Tutto questo potrebbe colpire dai 75 ai 200 milioni di persone65. Nel 2007 lAfrica stata devastata da piogge torrenziali e inondazioni che hanno causato almeno 150 morti. Sono stati coinvolti 17 paesi, colpendo pi di un milione di persone, secondo lUfficio delle Nazioni Unite per il coordinamento degli Affari umanitari. In Uganda 150.000 persone hanno perso il tetto tra agosto e settembre. In Ghana ci sono stati 250.000 profughi. In Sudan si sono avute le peggiori inondazioni a memoria duomo. In Togo 66.000 profughi e in Nigeria 50.000. Tutto questo sarebbe dovuto, secondo la stesso organismo, ai cambiamenti climatici e alla distruzione delle foreste66. Ma cosa succede nei paesi emergenti? Riprendiamo lesempio della Cina. Qui ci troviamo di fronte ad una societ che ha optato per una crescita accelerata sulla base delle stesse tecnologie inquinanti e dagli effetti, a breve e lungo termine, inquietanti. Senza dubbio bisogna collocare questo fenomeno nel suo contesto globale. Dopo un
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periodo di dipendenza economica e politica che durato secoli, lemancipazione delle nazioni del sud appare come riparazione di una ingiustizia. Il nord si era sviluppato economicamente sotto legida del capitale e integrando nel suo progetto lestrazione delle risorse naturali e lo sfruttamento del lavoro del sud. Senza badare alle conseguenze naturali e sociali delle sue pratiche di crescita. dunque il principale responsabile della situazione ecologica attuale. Agli occhi del sud, in particolare del G77, cio il gruppo dei paesi in sviluppo, il nord non ha da dare lezioni a nessuno. Disgraziatamente il prezzo da pagare non tiene conto dellequit storica e di un giusto ritorno delle cose. Siamo sulla stessa barca e la follia degli uni non pu giustificare la sventatezza degli altri, anche se le responsabilit si collocano a livelli diversi. Come dice Susan George, siamo tutti sul Titanic, anche se alcuni viaggiano in prima classe. Conosciamo il prezzo di uno sviluppo predatorio accelerato in un universo saturo di microparticelle e di gas serra e la Cina, pi ancora degli altri paesi emergenti, lo sta pagando. Linquinamento delle sue grandi citt diventato leggendario. I giochi olimpici di Pechino lhanno rivelato in modo scioccante. Prendiamo lesempio di Hong Kong. Ogni anno parecchie centinaia di persone muoiono a causa delle emanazioni inquinanti. Lindice di inquinamento dellaria (API), misura della presenza di particelle fini in sospensione, stato fissato dallOMS a un massimo di 20 microgrammi per mc (ug/mc) di particelle con diametro di meno di 10 micron, cio un centesimo di millimetro (PM10). LOrganizzazione raccomanda anche di non superare i 10ug/mc. A Hong Kong questo indice stato modificato per raggiungere soglie di tolleranza molto pi elevate. La media accettabile stabilita per la citt di 180 ug/mc allanno e la soglia ufficiale stata portata a 380 ug/mc, con punte di 800 ug/mc per non pi di una ora. Ricordiamo che in Europa dal 1 gennaio 2005, non si possono superare i 50 ug/mc per pi di 35 giorni allanno ed stato fissato un plafond annuale di 40 ug/mc. Florence de Changy, che riporta questi fatti relativi alla citt cinese di Hong Kong, non esita a scrivere che queste unit di misura sono state adattate per non contrastare gli interessi delle potenze industriali locali67. Una volta di pi la logica capitalistica ha preso il
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sopravvento. Finch gli effetti toccano solo le marginalit e non interessano direttamente il processo di accumulazione del capitale, non vengono presi in considerazione. Tuttavia nel giugno 2003 un gruppo di universit della citt si preoccupato del problema ed ha pubblicato uno studio secondo il quale un miglioramento dellindice di inquinamento permetterebbe di alleggerire gli ospedali di un carico di 36.000 giornate di ospedalizzazione allanno, con il risparmio di 1,9 miliardi di euro di costi indiretti. Siccome questi costi sono sopportati dai poteri pubblici e dagli individui, non entrano nella compatibilit delle imprese. Del resto, siccome gran parte degli ospedali sono privati, non hanno certo interesse a diminuire i loro clienti. La Banca mondiale stima che in tutta la Cina linquinamento atmosferico faccia parecchie centinaia di migliaia di vittime allanno. Lo stesso fenomeno non dovrebbe essere estraneo al fatto che annualmente nascono in questo paese un milione di bambini con malformazioni. Su scala mondiale si tratta di un modello di sviluppo economico che prende andamenti sacrificali in funzione di obiettivi che si allontanano sempre pi dal benessere umano e non evidentemente in causa solo la Cina. In India, dove nel 2008 circa la met della popolazione era sempre senza accesso allelettricit, si ritiene che la domanda di energia si moltiplicher per quattro nei prossimi 25 anni (pi o meno nel 2030). Anche se una cifra simile fa supporre un impatto negativo sul clima, bisogna mantenere le proporzioni. Non dimentichiamo che un cittadino degli Stati Uniti emette 16 volte pi CO2 di un indiano68. Secondo Sunita Nairan del Centre for Science and Environment di New Dehli, le rivolte cui si assistito negli ultimi anni nei 200 distretti pi poveri del paese, si devono alla distruzione delle foreste, alla contaminazione e alla diminuzione dellacqua e allo sfruttamento delle risorse minerarie. Lo stesso autore stima che i cambiamenti climatici avranno drammatici effetti sociali a causa della riduzione dellacqua, della diminuzione della sicurezza alimentare e della riduzione della superficie delle zone costiere69. Aumenteranno le migrazioni forzate, con il corredo di problemi che comportano. In breve: il benessere dellumanit ad essere in gioco e bisogna esserne coscienti.
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Gli effetti politici. LOxford Research Group in un rapporto intitolato Risposte globali a minacce globali (Global Responses to Global Treaths), non esita a scrivere che gli effetti dei cambiamenti climatici -spostamento di popolazioni, mancanza di nutrimento, disordini sociali- avranno anche implicazioni a lungo termine per la sicurezza, ben pi consistenti dello stesso terrorismo, opinione condivisa del resto dallo stesso Pentagono. Lester Brown parla della moltiplicazione di Stati non vitali perch incapaci di gestire i problemi dellacqua, delle foreste, dellesaurimento dei suoli, delle emigrazioni, cio gli effetti dei cambiamenti climatici. Limpatto delle migrazioni climatiche rischia di essere considerevole: criminalizzazione delle migrazioni in Europa, costruzione di muri tra gli Stati Uniti e il Messico, tra lIndia e il Bangladesh. Abbiamo gi segnalato gli effetti del riscaldamento dellArtico con la possibilit di sfruttare ricchezze naturali (petrolio, metalli) e lapertura di una nuova via marittima. Su questultima il Canada reclama la sua sovranit, mentre gli Stati Uniti e lUnione Europea affermano che si tratta di acque internazionali. Il Canada sta costruendo una base militare nella regione. Gli Stati Uniti si propongono di firmare la Legge del Mare proposta dalle Nazioni Unite nel 1992, cosa che significa una vera virata. A partire dal 2009, infatti, previsto che i paesi possano estendere le loro acque territoriali a pi di 200 miglia, se possono provare che la loro piattaforma continentale si estende al di l. Anche limpatto delle attivit militari sul clima non va sottostimato. Non solo considerevole il peso ecologico dellutilizzo dellenergia da parte delle armi (a loro dovuta in Francia la produzione del 10,1% di scorie nucleari), ma il costo ecologico delle guerre ad essere immenso. Si pensi allIraq, per esempio. Ma bisogna segnalare anche numerose altre conseguenze delle attivit militari. Nella California del sud, lutilizzo di potenti sonar da parte della marina degli Stati Uniti, in preparazione della guerra sotto marina, colpisce seriamente il cervello e le orecchie delle balene e della fauna marina70. A Porto Rico, dopo 60 anni di esercitazioni dellesercito degli Stati Uniti a Vizques, ci vorranno dieci anni solo per bonificare le terre dagli obici inesplosi.
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Ai militari non sfuggita limmagine positiva che d oggi proteggere lambiente. Cos il Ministero spagnolo della Difesa ha pubblicato una pagina intera di pubblicit sui giornali del paese il 13 dicembre 2007. Anche lambiente naturale una questione di difesa - si poteva leggere-. Nello Stato spagnolo si tratta di 33 spazi (militari) che coprono 150.000 ettari protetti. Il Ministero aggiungeva che ci sono molti modi per difendere il territorio, che preoccuparsi della flora e della fauna uno e che applicando il sistema di gestione dellambiente a tutte le sue unit e installazioni e optando per le energie rinnovabili, lesercito compiva il suo dovere perch tutti possano godere dellambiente. La pubblicit terminava dicendo: Per il tuo avvenire e per quello di tutti. LUS Air Force, da parte sua, ha moltiplicato le esperienze di produzione di carburante a partire dal carbone, facendo volare una quarantina di apparecchi (B52, C17, ecc.) con questo tipo di alimentazione71. Il fatto ancora pi inquietante, la possibilit di modificare le condizioni climatiche a scopi militari, cosa che Juan Gilman non esita a chiamare la guerra climatica. Sar cos possibile produrre onde ad alta frequenza nelleconosfera, per provocare violente piogge, inondazioni, scombussolamenti nei sistemi di comunicazione, cosa che lesercito degli Stati Uniti sta attualmente sperimentando in Alaska. L insieme di questi effetti ecologici, economici, sociali e politici davvero impressionante. Non dunque senza ragione che Enrique Leff dellUniversit nazionale del Messico, concluda che noi siamo di fronte a una crisi dellumanit. Secondo lui proprio il modello di sviluppo ad essere in gioco e finch la questione non verr posta a questo livello, ci si rivolger solo agli effetti e non alle cause72. Il PNUD, da parte sua, parla dellavvicinarsi di una tragedia73 e Lester Brown parla di una caduta di civilt. Il ruolo delle Nazioni Unite LOrganizzazione delle Nazioni Unite non poteva restare insensibile al problema, anche se il senso delle sue azioni collettive dipende evidentemente dal grado di coscienza dei suoi membri. Abbiamo gi fatto allusione alla Commissione Brundtland del 1986 e al Vertice della terra a Rio de Janeiro nel 1992. Le due riunioni pi conosciute
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sono state Kyoto nel 1997 e Bali nel 2007. Il protocollo firmato a Kyoto dalla maggioranza degli stati industrialmente sviluppati del mondo, ma non ratificato dagli Stati Uniti, dal Giappone e dallAustralia (che ha rettificato la sua posizione nel 2007), puntava a ridurre tra il 2008 e il 2012 le emissioni dei sei principali elementi che alterano il clima del 6,5% rispetto al 1990. I paesi in sviluppo o emergenti (Cina, India, Brasile) non erano interessati da queste misure. A Bali nel dicembre 2007 si tenuta la tredicesima Conferenza della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sul clima (CCNUCC), per preparare il dopo Kyoto. Nel dicembre 2008 fu seguita dalla riunione di Poznan in preparazione a Copenhagen (2009) che deve prendere decisioni cogenti per gli Stati. La prima Conferenza, quella di Kyoto, ha elaborato le norme di riduzione delle emissioni, accoppiandole con diritti di compensazione, il che ha dato luogo alla borsa del carbonio, di cui parleremo pi avanti. La seconda, a Bali, preparata da parecchie riunioni del Gruppo di esperti intergovernativi sullEvoluzione del clima (GIEC), organismo creato congiuntamente dalla Organizzazione meteorologica mondiale (OMM) e dal Programma delle Nazioni Unite per lAmbiente (PNUE) e titolare, insieme ad Al Gore del premio Nobel della Pace 2007, si svolta in una atmosfera decisamente pi drammatica. Gli Stati Uniti, sempre pi isolati, sono stati costretti a fare alcune concessioni, compensandole con altre da parte del resto dellassemblea, ma, a dire il vero, di minore ampiezza. LAustralia, da parte sua, con un governo laburista, si era ricongiunta con la maggioranza. Tutto ci non ha impedito alla lobby industriale di essere particolarmente attiva nellorientare le decisioni in modo favorevole alle forze del mercato. Nello stesso tempo, in contropartita, si assistito a un riavvicinamento tra le organizzazioni e i movimenti che si occupano dellambiente, nella difesa della giustizia sociale e dei diritti umani, evento salutato da Walden Bello del Focus on The Global South di Bangkok come il maggior passo avanti. Le tappe seguenti, la quattordicesima riunione del CCNUCC in Polonia nel 2008 e la quindicesima in Danimarca nel 2009, dovranno sfociare in nuovi orientamenti concreti per il dopo 2012. Si tratter in particolare di ridurre le emissioni di CO2 dal 20 al 40% rispetto al 1990.
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A Bali sono stati interpellati i paesi emergenti. Insieme lAfrica del sud, il Brasile e la Cina hanno affermato che si sentivano realmente coinvolti. La Cina ha annunciato la volont di ridurre il consumo di energia del 20% entro il 2012 ed ha comunicato la decisione di mettere una tassa sulle esportazioni di grano, mais e soia. Molti paesi del sud, tra cui Brasile, Indonesia, Ecuador e Messico hanno chiesto sostegno finanziario per la conservazione delle foreste. La Cina ha parlato in favore di un trasferimento gratuito delle tecnologie per la riduzione delle emissioni di gas serra. Nello stesso ordine di idee, un Fondo di Adattamento amministrato dai Fondi per lambiente mondiale (FEM) dovrebbe raccogliere 500 milioni di dollari entro il 2012, alimentato dal 2% delle contribuzioni sui progetti di riduzione di CO2 nel quadro del Protocollo di Kyoto, per finanziare progetti di energia verde nel terzo mondo. La somma per molto modesta rispetto ai bisogni reali calcolati ad almeno 50 miliardi di dollari da OXFAM e 86 miliardi allanno da PNUD. La Banca mondiale, che secondo Franois Bourguignon, direttore della Scuola di Economia di Parigi (EEP), avrebbe la vocazione di diventare in questa occasione la Banca dellAmbiente74, dovrebbe fissarne le modalit. Nessun dubbio che nelleventualit, simili iniziative resteranno market friendly. Prima della Conferenza di Bali, 125 ONG hanno pubblicato un appello in cui chiedevano, tra laltro, di tener conto non solo dei criteri economici ma anche dei criteri del benessere, di sostituire la misura del PIL (Prodotto interno lordo) con unaltra che tenesse conto dellimpatto sul clima, di costituire mezzi finanziari per la protezione delle foreste dei paesi poveri, di instaurare un Fondo mondiale per le energie pulite e di adottare una convenzione sul diritto allacqua. Bisogna anche segnalare altri organismi delle Nazioni Unite impegnati in questo campo, come il Programma delle Nazioni Unite per lAmbiente (PNUE), lOrganizzazione meteorologica mondiale (OMM), la Commissione per lo sviluppo durevole, la Convenzione sulla diversit biologica (CBM), il Fondo per lo sviluppo mondiale (FEM) che raggruppa 160 paesi, la Convenzione delle Nazioni Unite sulla lotta contro la Desertificazione (UNCCD), il Programma delle Nazioni Unite per gli Insediamenti umani (UN-Habitat), per non parlare del Programma delle Nazioni Unite per lo sviluppo
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(PNUD), lOrganizzazione delle Nazioni Unite per lAlimentazione e lAgricoltura (FAO) e la Conferenza delle Nazioni Unite sul Commercio e lo Sviluppo (CNUCED). Bisogna aggiungere anche un certo numero di organismi regionali, come lAgenzia europea per lo Sviluppo (AEE): Il quadro delle Nazioni Unite offre un certo spazio di autonomia a coloro che, preoccupati dalla situazione, si sforzano di far prendere coscienza dellimportanza del problema e della necessaria radicalit delle soluzioni. I rapporti di forza per, giocano non solo sul piano politico ma anche su quello delle concezioni dello sviluppo e della filosofia economica, in una parola, sul progetto di societ. Per questo Tony Blair, affermando che la sfida immensa e il tempo limitato, non esita a dire che c il rischio che il Vertice di Copenhagen del dicembre 2009 non arrivi ad un accordo sul minimo comune denominatore, perch ogni paese vuole cedere il meno possibile.75 Il neoliberismo non ha ancora detto la sua ultima parola e linsieme dei grandi orientamenti del sistema economico mondiale, anche se scosso da importanti crisi, ancora sottoposto ai suoi orientamenti di base. Questo ci porta quindi a interrogarci sui discorsi neoliberisti sul clima e gli effetti del riscaldamento, sulla sua lettura della situazione, sulle soluzioni proposte e, infine, sulla logica che presiede alla loro elaborazione. Il fenomeno climatico ha acquisito un tale grado di visibilit che diventato impossibile ignorarne la dimensione, anche se certe voci si levano ancora per minimizzarlo o per negare la pertinenza dei dati disponibili e la loro interpretazione. Un simile esame ci aiuter a capire la funzione degli agrocarburanti nella riproduzione del modello economico.
Note 1. 2. 3. 4. 5. 6. Les Cls de la Plante, Agir pour la Terre, Toulouse, Milan Presse 2007, 32 Oscar Ren Vargas, Geopolitica en el siglo XXI, Managua, Certen, 2007,73 Citato da Marc Roche, Le Monde 11.08.07 Ibidem Le Soir, 2.10.07 Le Soir, 23/24.09.06
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7. 8. 9. 10. 11. 12. 13. 14. 15. 16. 17. 18. 19. 20. 21. 22. 23. 24. 25. 26. 27. 28. 29. 30. 31. 32. 33. 34. 35. 36. 37. 38. 39. 40. 41. 42. 43. 44. 45.

Newsweek, 23.04.07 Herv Kempf, Le Monde 15.03.08 Le Monde, 15.08.06 Patrick Moon, El Pais 22.07.06 Gaelle Dupont, Le Monde 20.03.08 Catherine Ferrieux, Un verdict sans appel, Sciences et Avenir, marzoaprile 2007,6 Risal, 12.03.07 Catherine Brahie e al., Courrier International 20-26.09.07 El Pais, 3.12.07 Vicente Barros, El cambio climatico global, Bogota, Desde Abajo, 2004, 46-65 Michel Destrot e al., Energie e Climat, Paris, Plon, 2006, 14 Sciences et Avenir, marzo-aprile, 2007, 10 Lennemi climatique n1, Sciences et Avenir, ibidem, 30 Human Development Report, 2007-2008, 11 Le Monde, 12.06.06 Le Monde, 12.06.06 Sciences et Avenir, n 150, marzo-aprile 2007, 8 Le Soir, 11.03.08 Gaelle Dupont, Le Monde, 5.12.06 Wall Street Journal, 10.10.07 Cit par Stphane Foucart, Le Monde, 29.09.06 Le Soir, 23.10.07 LAtlas de lEnvironnement, Le Monde Diplomatique, 2007, 33 Sciences et Avenir, marzo-aprile 2007 PNUD, Report on Human Development, 2007-2008, 157-158 New Geographical Magazine, 29.02.07 Scott Wallace, Le dchirures de lAmazonie, National Geographic Magazine, febbraio 2007 Bulletin n 132, 30.07.08, du World Rain Forest Atlas de lEnvironnement, Le Monde Diplomatique, 2007, 36 Pierre Friedlingstein, Sciences et Avenir, n 150, marzo-aprile 2007, 30 Le Monde, 8.07.06 Nature, 28.09.06 Atlas de lEnvironnement, Le Monde Diplomatique, 2007, 50 Libration, 5.04.07 yahoo.fr, 26.07.08 Nature, vol. 439, gennaio 2006, 16 Le Soir, 3.04.07 Robert Barbault, Un lphant dans un jeu de quille-Lhomme dans la biodiversit, Paris, Le Seuil, 2006 Sciences et Avenir, marzo-aprile, 2007, 53
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46. 47. 48. 49. 50. 51. 52. 53. 54. 55. 56. 57. 58. 59. 60. 61. 62. 63. 64. 65. 66. 67. 68. 69. 70. 71. 72. 73. 74. 75.

Ice and Snow, 2006 Science et Vie, gennaio 2008, 27 International Herald Tribune, 2.10.07 Sciences et Avenir, n 150, marzo-aprile 2007, 9 Ibidem, 35 PNUD, Human Development Report, 2007-2008, 102 Le Monde, 18.03.08 PNUD, Human Development Report, 2007-2008, 9 Common Dream, 30.01.04 Effets des Changement climatiques dans les Tropiques: le cas dellAfrique, Alternatives sud, vol, XIII, n2, 2006, 85. (Tr. it., Cambiamenti climatici, Edizioni Punto Rosso, 2007) Le Monde, 7.04.07 Le Monde, 10.09.07 Anthony Nyong, Alternatives sud, vol. XIII n2, 2006 Le Soir, 18.10.07 PNUD, Human Development Report, 2007-2008, 9 Le Soir, 9.04.07 Foreing Policy, dicembre 2007-gennaio 2008, 33 Les Cls de la Plante, Milan Presse, Toulouse, avril 2007, 44 The Guardian, 15.06.06 Le Soir, 18.10.07 Le Soir, 17.09.07 Le Monde, 24.10.07 New York Times, 8.03.08 Le Monde, 30.05.07 Los Angeles Times, 18.01.08 Le Soir, 9.06.08 Gopolitique de la diversit et dveloppement durable, Alternatives sud, vol. XIII n 2, 185-196. (Tr. it., Cambiamenti climatici, Edizioni Punto Rosso, 2007) PNUD, Human Development Report, 2007-2008, 4 Le Monde, 13.11.07 International Herald Tribune, 27.06.08

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CAPITOLO 3 IL DISCORSO NEOLIBERISTA SUI CAMBIAMENTI CLIMATICI Primo tempo: negazione e sdrammatizzazione del cambiamento Malgrado sia sempre pi riconosciuto a livello universale il carattere antropico dei cambiamenti climatici, alcuni, come il presidente George W. Bush hanno voluto nasconderlo o minimizzarlo. Ci sono diversi modi di affrontare questo argomento e non privo di interesse concentrarsi sul modo in cui lo affronta il discorso neoliberista. Lo scetticismo Ci sono in primo luogo gli scettici che mettono in dubbio sia il valore dei dati sia la loro interpretazione. La complessit dei modelli e limprevedibilit del clima suscitano la diffidenza di autori come Bjorn Lomborg in Danimarca e Claude Allgre in Francia. E, in effetti, lo stato e i risultati della meteorologia sembrano confermare un tale interrogativo. Come dice Pascal Engel, filosofo delluniversit di Genve che tratta dello scetticismo climatico nella rivista Sciences et Avenir1, la natura pu essere caotica. Ma si tratta di fenomeni di origine meteorologica o di fattori di perturbazione di origine umana, certo misurabili, ma senza che tuttavia se ne possano determinare con certezza tutti gli effetti? Questa la questione centrale. In una opera su questo soggetto, il professor F. Ruddiman dellUniversit di Princeton, non se ne preoccupa pi di tanto. Lui propende per la prima interpretazione. Il processo gi vecchio, dice. incominciato circa 8.000 anni fa con la deforestazione per lo sviluppo dellagricoltura.2 La prima reazione del discorso neoliberista si appoggiata ad affermazioni di questo tipo e ha relativizzato limportanza del fenomeno. Quando James Hansen, climatologo della NASA, ha testimoniato nel giugno 1998 davanti al Senato degli Stati Uniti dicendo che era
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convinto al 99% che leffetto serra stava cambiando il clima, le industrie interessate si preoccuparono e costituirono parecchi gruppi di pressione, come la Coalizione sul clima planetario (GCC) o il Comitato dinformazione sullAmbiente (ICE). Questultimo affermava che il riscaldamento climatico era una ipotesi teorica e non una realt. Come si pu constatare, si trattava di una strategia simile a quella sviluppata dallindustria del tabacco sui suoi effetti. Dallinizio degli anni novanta, si organizzata una potente lobby per evitare che si prefigurasse un trattato internazionale sulla riduzione di gas serra. Poco prima della Conferenza delle Nazioni Unite sui problemi ambientali a Rio de Janeiro nel 1992 (il Summit della Terra), il George Marshall Institute, un think tank conservatore degli Stati Uniti, ha pubblicato un rapporto in cui si diceva che i cambiamenti climatici erano probabilmente il risultato di una iperattivit solare. Durante il Summit della Terra del 2002 a Johannesburg, fu particolarmente attiva una lobby, World Business Council for Sustainable Development, costituita da circa 190 imprese petrolifere, chimiche e forestali, per cercare di minimizzare i fatti. Uno degli argomenti pi spesso avanzati era che la comunit scientifica era divisa. Il Goddard Institute for Space Studies (GISS) nel 1990 affermava che lanno pi caldo negli Stati Uniti era stato il 1934 e non il 1998, come era stato detto, e che i sei anni pi caldi della storia meteorologica degli Stati Uniti, erano stati tra il 1930 e il 1940. Tuttavia lo stesso istituto doveva riconoscere nello stesso tempo che la temperatura era aumentata dello 0,21 C dal 1920. Non solo negli Stati Uniti sono state avanzate simili interpretazioni. Infatti, nellambito dellIstituto di fisica del Globe di Parigi, Claude Allgre, gi citato, Vincent Courtillot e Jean-louis Le Moel, sostenevano che cerano altre cause oltre lattivit umana per spiegare il riscaldamento del clima, come le variazioni dellattivit solare, lintensit dei raggi cosmici e i movimenti di oscillazione della terra sulla sua orbita.3 Tutti usavano quindi argomenti simili per minimizzare le cause umane. Un editoriale dellEconomist (2.06.07) affermava chiaramente che il mondo degli affari tendeva quasi a rispondere con disprezzo alle af77

fermazioni sul cambiamento climatico. Infatti un simile concetto implicava che lindustria avesse danneggiato il pianeta e che dunque dovesse pagarne le conseguenze. Siccome non voleva entrare in un simile ragionamento, era meglio negare i fatti. Oggi, aggiungeva il giornale, tutto cambiato. Tutto il mondo si d da fare per mettere in mostra le proprie performances verdi. Meglio ancora, una energia pi pulita significa nuove tecnologie e maggiori possibilit di fare denaro. Etienne Davignon, finanziere belga, lo conferma: Ambiente ed economia sono gi integrati. Lambiente non pi un capitolo a parte.4 Fu preceduto in questa convinzione da Jeff Immelt, il PDG di General Electric, che nel 2005 dichiar: Ormai le relazioni tra il business e lecologia, si rivelano win-win (guadagnando-guadagnando).5 Loffensiva non fu solo verbale. Si trattava anche di contrastare le conclusioni delle ricerche scientifiche. Cos, Exxon Mobil negli Stati Uniti spese pi di 10 milioni di dollari per finanziare centri che avevano lobiettivo di dimostrare che il riscaldamento del pianeta era solo una illusione e un fenomeno ricorrente, in fin dei conti poco preoccupante. Tra le due decine di imprese interessate, si contava lAmerican Enterprise Institute che nel 2004 aveva pubblicato uno studio sul riscaldamento intitolato: Dontworry, be happy6 La resistenza degli ambienti economici ha avuto le sue ripercussioni anche nel campo politico. Il governo del presidente George W. Bush gi al suo primo mandato ha nominato dei vecchi lobbisti del carbone e del petrolio in posti chiave dellelaborazione della politica climatica. Sharon Begley descrive cos nel Wall Street Journal la reazione delle autorit governative degli Stati Uniti dopo il rapporto allarmista del GIEC del 2007: Non contenti di offrire 10.000 dollari agli scienziati disposti a criticare il testo, avanzano un nuovo tema: anche se la terra si sta riscaldando, non c da preoccuparsi.7 La stessa Casa Bianca non si fermata l. Non ha esitato infatti a modificare il rapporto del dr. Jules Gerberding presentato al Senato sullimpatto del riscaldamento climatico sulla salute, sopprimendo i passaggi sulle malattie che rischiano di svilupparsi in futuro.8 Il caso pi significativo stato quello di James Hansel, direttore del Goddard Institute for Space Studies (GISS). Quando, nel 1989, questo
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ricercatore testimoni davanti a una Commissione senatoriale presieduta da Al Gore, afferm che erano stati aggiunti dei paragrafi alla sua deposizione scritta, che contraddicevano le sue conclusioni. proprio quello che Mark Bowen ha rivelato nella sua opera Censuring Science, apparsa per le edizioni Dutton Books negli Stati Uniti. Ma il tallonamento continuato per tutti gli anni seguenti. Nel 2005 lo stesso ricercatore ha scritto: La censura diventata molto pesante e, per esempio, mi impedisce di scrivere sui mezzi di comunicazione e pi tardi Non potevo nemmeno pi mettere in rete i dati delle temperature come facevo ogni mese da dieci anni.La Casa Bianca aveva deciso di controllare tutto ci che usciva dal suo laboratorio, spiega lautore nellopera citata. Lo stesso successo ai ricercatori del National Oceanic and Atmosphere Administration (NOAA).9 Anche in Europa gli industriali si sono organizzati perch venissero ridotti gli obiettivi della Commissione durante la preparazione del pacchetto climatico allinizio del 2008: Mai, scriveva Philippe Rgnier, la lobby della grande industria ha avuto tanto peso sui rappresentanti dellistituzione europea.10 Ancora nel giugno 2008 la minoranza repubblicana del Senato degli Stati Uniti poneva ostacoli al primo grande progetto di legge per lottare contro il riscaldamento climatico.11 La delegittimazione del percorso scientifico Oltre alla manifestazione dello scetticismo e alle manovre politiche, ci fu anche una delegittimazione del percorso scientifico e, in questo ambito, non mancarono le offese. Incominciamo con una lunga citazione di Eric Le Boucher su Le Monde del 9 aprile 2007. Per sensibilizzare le opinioni, i politici del GIEC e gli ecologisti di mestiere, vogliono spaventare e per fare paura semplificano ed esagerano. Hanno bisogno di farsi passare per economisti e di predire la recessione agli Stati Uniti? Perch affermare con sicumera che 2 C in pi fanno male al commercio, mentre sul territorio degli stessi Stati Uniti si osserva uno spostamento delle attivit verso il sud e verso il sole? Dire che saranno i poveri a soffrire di pi il riscaldamento smuove i nostri cuori sensibili. Ma una idiozia: i poveri soffrirebbero di pi anche il raffreddamento di questo stesso pianeta, sempli79

cemente perch il mondo fatto cos sono i poveri che soffrono sempre di pi, qualsiasi cosa succeda. Labbiamo detto e ripetuto: questa strategia degli ecologisti disastrosa per la stessa causa ecologica. I sapienti del clima farebbero meglio ad affinare i loro studi e a non fare i militanti. La politica non mai andata daccordo con la verit. veramente difficile essere pi sprezzanti. La rivista americana Newsweek ha dedicato il numero del 16-23 aprile 2007 al clima. Opporsi allultra pessimismo diventa una eresia, scrivono a loro volta Jonathan Adams e Kenzie Burchell: In una epoca pi religiosa si sarebbe detto che pecchiamo contro Dio, oggi si afferma che pecchiamo contro la natura. Le voci moderate vengono soffocate.12 Siamo in una epoca di ecopuritanesimo, dicono gli stessi autori. Il rapporto di Nicolas Stern per il governo britannico viene qualificato come semi-apocalittico da Emily Vencat sullo stesso numero e Mac Margolis non esita a parlare di Cassandre del clima.13 Da parte sua Richard S. Linden, professore di meteorologia al Massachusets Institute of Technology (MIT) negli Stati Uniti, va ancora pi lontano: Recentemente scrive - si preteso che la terra si trovasse di fronte ad una crisi che richiedeva una azione urgente. Una simile affermazione non ha niente a che vedere con la scienza.Gli effetti negativi del riscaldamento sono amplificati.Un clima pi caldo potrebbe rivelarsi ben pi benefico di quello di cui godiamo oggi.14 Gli stessi giornalisti Jonathan Adams e Kenzie Burchell gli fanno eco aggiungendo: Si finge di ignorare che laumento della temperatura pu essere una buona notizia per alcuni e che i precedenti in questo campo, in particolare nel Medio Evo, sono stati associati con la prosperit e un avanzamento della civilt. A questo scopo citano lapertura di una nuova via marittima nellArtico e anche il fatto che in Canada, in Russia e in Scandinavia i benefici del riscaldamento si tradurranno in raccolti pi abbondanti, una riduzione della mortalit invernale, costi di riscaldamento diminuiti e un possibile boom del turismo e dellindustria immobiliare.15 Richard S. Linden, che non aveva esitato a rispondere ad Al Gore che il riscaldamento del pianeta era una grande bufala, aggiunge che laumento della temperatura conosciuto dallIndia nella seconda met del XX secolo ha permes80

so un forte aumento della produzione agricola. Daltra parte, afferma, lesposizione al freddo si rivela generalmente pi pericolosa e meno confortevole.16 In breve, tutto stato messo in atto per minimizzare le dimensioni del problema. Secondo tempo: le soluzioni secondo il mercato Siccome lampiezza della crisi climatica appariva sempre pi chiaramente, divenne difficile continuare a proclamare la sua inesistenza. Si fece strada quindi una seconda fase per dimostrare che le soluzioni passavano attraverso il mercato. Lottimismo delle prospettive Molto rapidamente ci fu un mutamento di rotta. Nel discorso neoliberista incominci a prevalere lottimismo basato sulla fiducia nel progresso e le capacit del sapere umano. Cos, Peter Levene direttore della Compagnia di assicurazioni Lloyd di Londra, duramente colpita dalle recenti catastrofi naturali, non esitava ad affermare: La razza umana ha inventato laria condizionata e il riscaldamento centrale. Ci adatteremo alle nuove condizioni.17 Mac Margolis, gi citato, aggiunge che i contadini hanno sempre saputo decifrare le situazioni e adattarsi al clima. Lo hanno fatto da millenni.18 Il discorso neoliberista cita anche larcheologo dell University College di Londra che dice Per ogni societ che crolla ce n unaltra che si afferma.19 Philippe Manire, direttore dellIstituto Montaigne di Parigi afferma da parte sua che il genio del capitalismo sapersi adattare: A lungo termine sono molto ottimista. La storia dellumanit fatta di problemi molto gravi che sono stati risolti. Entro cinque, dieci o quindici anni ci saranno forme di crescita inaudite con sorgenti di energia diverse, mezzi di trasporto individuali e collettivi funzionanti su un modello alternativo. Jeffrey Sachs scrive: Molti ideologi del libero mercato ridicolizzano lidea che le strette imposte dalle risorse naturali possano provocare un rallentamento della crescita mondiale, affermano che la paura della mancanza di risorse, in particolare di nutrimento e di energia, con noi ormai da 200 anni e
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che non siamo morti. Al contrario, la ricchezza ha continuato ad aumentare a un ritmo molto pi rapido della popolazione.20 Il genio del capitalismo consiste in questo: adattarsi continuamente ai nuovi dati dellesperienza.21 Lo sviluppo delle energie rinnovabili, in particolare, trova il suo equivalente nella rivoluzione industriale, dicono degli esperti europei22 Il capitale natura stato sostituito dal capitale industriale. La nuova svolta energetica, constatano, ha gi creato 100.000 posti di lavoro e generato una cifra di affari di 20 miliardi di euro (si tratta in particolare degli agrocarburanti). In breve, lottimismo che primeggia. Si troveranno le soluzioni, e, soprattutto, nel quadro del sistema economico attuale che ha sempre promosso linnovazione. Daltra parte il costo dellinazione sarebbe superiore a quello dellazione: costerebbe quindi pi caro riparare i guasti del riscaldamento che investire per evitarli.23 Bisogna riconoscere, in effetti, che lindustria si adatta rapidamente alle nuove soluzioni. Gli sforzi per la riduzione del consumo di energia si rivelano paganti. Lefficienza energetica cresciuta dell1,6% allanno dal 1990, riducendo le emissioni di CO2 nellatmosfera solo per lanno 2006 di 10 gigatonnellate, secondo un rapporto del Consiglio mondiale dellEnergia. A parit di servizio si consuma circa il 40% di energia in meno di quindici anni fa. In Germania le emissioni di CO2 sono state ridotte del 20,4% tra il 1990 e il 2007, per la met grazie al crollo dellindustria dellest. In Belgio la riduzione di gas serra stata del 6% nel 2006 rispetto al 1990. I risultati sono dovuti sia allo sforzo domestico che industriale: miglioramento del tasso di rendimento energetico, tecnologie pi efficaci, frutto dei prezzi elevati dellenergia e delle sollecitazioni dei poteri pubblici.24 In Europa, tuttavia, il 2007 stato segnato da un rialzo dell1,1% delle emissioni di CO2, dovuto, secondo la Commissione, alleffetto dellapplicazione del diritto di inquinare (vedere pi avanti). Negli Stati Uniti vengono prodotte spugne metalliche (ZIFS) in grado di assorbire 83 volte il proprio volume. Possono servire da filtro nei camini delle centrali a carbone, essere poi ripulite dal CO2 accumulato che pu a sua volta essere eventualmente sotterrato. Tuttavia, il prezzo elevato di questa soluzione che lega cobalto e zin82

co a molecole organiche, impedisce al momento la sua applicazione generalizzata. La logica delleconomia capitalistica si dipana secondo un doppio principio, ricordiamolo, prima di tutto il rapporto costi benefici (calcolato senza gli effetti collaterali) deve essere positivo a favore di questi ultimi e poi la concorrenza esige che non si aumentino i costi di produzione, pena sparire dal mercato. Questa logica si applica anche nel caso delle misure da prendere per frenare la distruzione climatica: assicurarsi i benefici a breve e medio termine ed evitare di adottare politiche che potrebbero avvantaggiare dei concorrenti meno parsimoniosi. Una volta di pi, quando il tasso di profitto del capitale rischia di essere frenato o paralizzato, gli attori economici adottano misure ritenute razionali in funzione della logica del sistema. A breve termine, quindi, solo una regolamentazione generalizzata, imposta dai poteri pubblici, pu risolvere il problema. Ma questultima rischia a sua volta di essere temperata dal pericolo della concorrenza di paesi che possiedono il vantaggio comparativo di legislazioni economiche meno stringenti e dalla minaccia di delocalizzazione delle industrie, quando questo diventa pi redditizio per il capitale. Gli Stati sono sottomessi alla logica del mercato e i governi, anche socialdemocratici, si sentono obbligati a difendere le loro imprese sia allinterno che allestero, in contraddizione con la protezione del clima. Tuttavia la preoccupazione ecologica diventa a sua volta un argomento commerciale. Basta pensare allindustria automobilistica che incentra oggi la sua pubblicit sulle caratteristiche meno inquinanti dei suoi ultimi modelli nel momento in cui la Commissione europea vuole ridurre le emissioni di CO2 a 120 grammi al km entro il 2012. La Logan Eco2 della Renault stata presentata al salone di Shanghai nel novembre 2007 con uno scarico nellatmosfera di solo 136 grammi di CO2 al km, lontano dalle quantit precedenti. Volkswagen, che aveva acquistato numerosi terreni in Brasile e stabilito un accordo con ADM25 per la produzione di agrodiesel, lancia Bluemotion presentandola come la vettura meno inquinante del mercato (102 di CO2 al km). In Spagna lazienda si impegna a piantare 17 alberi ogni nuova vettura venduta, il che permette di assorbire, secon83

do lei, il CO2 emesso dai primi 50.000 km della macchina. Il gruppo PSA in Francia presenta congiuntamente la Blue Lion (Peugeot) e Airdream (Citroen), che emettono meno di 130 grammi di CO2 al km con energie fossili. Ford non da meno con il suo Econetic e il motore ibrido ecoboost che equipaggia la Ford Explorer America. Mercedes annuncia la vettura biologica che mette insieme alta tecnologia e basse emissioni di CO2. Opel, del gruppo General Motors, mette in evidenza la tecnologia Flextreme in cui la propulsione assicurata dallelettricit, il motore a benzina o diesel, serve solo a ricaricare le batterie.26 Toyota Lexus opta per la vettura ibrida (petrolio ed elettricit). Lazienda ha fatto un accordo per la distribuzione di etanolo con BP, Peugeot, Citroen e Saab. La pubblicit va ancora pi lontano. Peugeot, per esempio, invita a comperare i nuovi modelli con il seguente annuncio: Il 20% delle automobili pi vecchie responsabile del 60% delle emissioni inquinanti delle vetture. Sostituiamole. Bisogna dire che i traguardi europei sono ambiziosi: entro il 2012 non bisogner emettere pi di 120 grammi di CO2 al km, mentre nel 2007 si era a 160 grammi, secondo lAssociazione europea dei Costruttori di automobili (ACEA). Questo stesso organismo riteneva che lobiettivo di ridurre a 140 grammi entro il 2008 sarebbe stato difficilmente raggiungibile. Nessuna obiezione, evidentemente, alla produzione di vetture meno inquinanti. Ma non si pu dimenticare che laumento di automobili su scala mondiale annulla in parte la riduzione ottenuta e che la preoccupazione ecologica si manifestata solo recentemente, mentre da decenni linquinamento delle auto veniva denunciato dagli scienziati e dagli ecologisti. Si dovuto attendere che venissero annunciate misure internazionali perch questo diventasse argomento pubblicitario. Del resto, come scrive Carlos Migueles Con una simile pubblicit le marche sperano di recuperare quello che devono spendere per compensare i costi cui vanno incontro.27 Vengono segnalate altre iniziative con grande supporto di pubblicit per dimostrare le preoccupazioni e lefficacia degli attori globali. Monsanto annuncia attorno al 2015 un seme di cotone resistente alla siccit, in previsione dei cambiamenti climatici. General Electric rafforza lefficienza energetica dei suoi prodotti.28 Letanolo verr
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prodotto non solo negli Stati Uniti e nel Brasile, ma anche nel Canada e in Russia. Le compagnie di assicurazione inventano nuovi prodotti: cos Katrina luragano che ha devastato New Orleans- ha gettato le basi di un vero e proprio nuovo mercato in questo campo.29 LUniversit di Yale e il think thank Ceres organizzano un seminario con i direttori di 1.000 compagnie indicate dalla rivista Fortune come le pi efficienti del mondo, sui rischi e le opportunit del riscaldamento climatico.30 In Africa vengono messe in atto politiche intelligenti per rimediare alle calamit climatiche, scrive Pedro Sanchez dellUniversit Columbia di New York. Grazie a fondazioni private, spiega, in particolare quelle dei Gates e del finanziere Rockfeller, in Africa in corso una vera rivoluzione verde: i contadini vengono incoraggiati ad arricchire i loro terreni sfibrati, a utilizzare sementi ibride e a lavorare con il settore privato per entrare nei mercati.31 In breve, la genialit del sistema capitalistico di trasformare le catastrofi in opportunit e le tragedie in benefici, lasciando al settore privato la leadership dellumanitarismo. Alla fine del 2007 lindustria della carta in Francia ha pubblicato una pagina pubblicitaria sui quotidiani del paese (25.10.07): S, la carta contribuisce alla lotta contro leffetto serra attraverso lutilizzo di legno proveniente dalle radure, da piantagioni rinnovate e dalle segherie. La fabbricazione della carta favorisce la crescita degli alberi e permette lassorbimento del gas di carbonio. La carta fabbricata e poi riciclata dopo luso, continua ad assorbire il gas di carbonio contenuto nelle sue fibre. Il carattere illusorio di una simile affermazione viene pi dal non detto che dal detto. Infatti, quanta la carta prodotta a partire dalle piantagioni di eucalipto che hanno effetti ecologici e sociali disastrosi nelle zone tropicali? Con quali energie si produce la pasta per la carta? Quanto CO2 si scarica nellatmosfera per il suo trasporto? Non si pu isolare solo un fattore senza cadere nella menzogna. Ma la fibra ecologica oggi rende e quindi il mercato se ne appropria. Anche McDonalds nella sua pubblicit si vanta di sensibilizzare i bambini a gesti da eco-cittadini. Noi concluderemo questo breve scorcio su alcune opinioni, certo eclettiche, ma significative, e destinate a introdurre il lettore nella
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grande diversit degli argomenti di un neoliberismo fedele alla sua logica originaria, con una ultima citazione da John Lellewellyn, consigliere economico senior presso Lehman Brothers. Essa riassume bene la filosofia di base. Il riscaldamento mondiale si rivela essere una di quelle forze tettoniche come la globalizzazione o linvecchiamento della popolazione- che cambia gradualmente ma potentemente il panorama economico.32 Se questa la prospettiva, si tratta allora di una sfida che si apre su delle opportunit da cogliere da parte di coloro che ne sono capaci. Troveranno le tecnologie adeguate e saranno in grado di continuare il processo di accumulazione del capitale. Di questo si faceva eco una pubblicit sul giornale americano Us Today del 24 aprile 2007: How global warming can make you wealthy? (Come il riscaldamento terrestre vi pu arricchire?) Di fronte a questa valanga di ottimismo il climatologo Jean Pascal van Ypersele, vice-presidente del GIEC, conclude comunque che pericoloso il discorso degli economisti che propongono di attendere il radioso mondo in cui tecnologie risparmiatrici di CO2 costeranno meno care. Il rispetto della legge del mercato Bisogna dire quindi che per i protagonisti del sistema neoliberista non bisogna cambiare nulla? Evidentemente no. Tuttavia tutti gli attori neoliberisti e la maggior parte dei socialdemocratici pongono una condizione fondamentale agli adattamenti: che rispettino le leggi del mercato. quello che afferma Nicolas Stern della London School of Economics e autore del rapporto sul cambiamento climatico commissionato da Tony Blair, quando afferma che sono necessari degli accordi che associno il pacchetto di Kyoto e i meccanismi del mercato per operare la transizione dei modelli di sviluppo.33 Per questo gli accordi di Kyoto hanno previsto degli scambi tra industrie inquinanti e paesi in via di sviluppo: le quote di CO2 fanno infatti entrare i gas serra nel campo dei valori di scambio. La piattaforma finanziaria londinese ha quindi aperto una borsa CO2 che non solo diventata il centro di questo commercio in piena crescita, ma anche il guardiano dei prezzi di cattura di questultimo da parte delle zone ricche in biodiversit.34 Il funzionamento del sistema prevede
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che ogni paese possa disporre di una Quota dUnit di Quantit (UQA) autorizzata per i cinque anni che separano il 2007 dal 2012. Questa data stata fissata dagli Accordi di Kyoto per ottenere una riduzione del 5,2% di gas serra rispetto al 1990. Alcuni paesi sono sopra la loro quota a causa di emissioni troppo abbondanti, altri invece sono sotto e quindi si possono effettuare degli scambi. Sono stati previsti tre meccanismi. Prima di tutto il commercio tra Stati, cio quella che viene chiamata la vendita di aria calda. Uno Stato che emette troppo gas serra pu comperare quote da un altro paese che non raggiunge i limiti stabiliti. Si pu per arrivare al massimo al 10% degli UQA e il controllo viene fatto dal Segretariato della Convenzione delle Nazioni Unite sul cambiamento climatico. Un secondo meccanismo viene chiamato Messa in atto congiunta (MOC) e permette a un paese industrializzato di realizzare delle riduzioni di emissione in un altro paese industrialmente sviluppato, per esempio nellEuropa dellest, a un costo minore che se dovesse farlo in casa propria, per esempio paesi dellEuropa occidentale nei paesi dellest ex socialista. Delle Unit di riduzione di emissione URE vengono cos messe a suo credito. La terza, il Meccanismo di sviluppo pulito (MDP), concerne lazione di questi stessi paesi nelle regioni in via di sviluppo. Nel 2007 questo rappresentava un mercato di circa 10 miliardi di dollari. Per esempio, le iniziative prese per ripiantare una foresta, possono contribuire ai loro UQA. Il tutto viene strettamente controllato a livello internazionale. Nel dicembre 2007 cerano pi di 2000 progetti e lobiettivo era di diminuire di 2 miliardi di tonnellate le emissioni di CO2 entro il 2012. Nonostante tutto, dopo questa data, bisogner ancora dividere per due la quantit di emissioni, se si vuol mantenere laumento della temperatura del globo sotto i 2C. Ecco perch si sviluppato un importante mercato borsistico degli UQA. Nel 2006 si assistito al crollo del prezzo a tonnellata di CO2, probabilmente perch la politica era stata troppo generosa, ma nellinsieme, il successo delloperazione fu notevole. Il mercato aveva messo in circolo nello stesso anno 20,5 miliardi di dollari ed era possibile arrivare a 80 miliardi in qualche anno. 35 Questo permette alle industrie di soddisfare la riduzione di emissioni senza dover ab87

bassare la loro emissione di gas serra.36 Come precedentemente indicato, ci si traduce in Europa in un aumento dellemissione di CO2 da parte dellindustria. comunque prevista una maggiore severit dopo il 2012. Nel 2007 il prezzo della tonnellata si era stabilizzato intorno ai 24 euro. Nuove aziende si specializzano nel campo, come Low Carbon Accelarator, Powernet Carboro, European Carbon Exchange, ecc. e lecobusiness in piena espansione. Secondo il ministro tedesco dellambiente, i quattro maggiori produttori europei di energia avrebbero incassato tra i 6 e gli 8 miliardi di euro. 37 Nel gennaio 2008, la Commissione europea propose di costituire un mercato interno allEuropa per le 12.000 imprese pi energivore del continente, con possibilit di offerte a partire dal 2013. Da parte sua lUnione europea ha istituito il Sistema commerciale di Scambi di Quota di emissioni (SCEQE) con lo stesso obiettivo. interessante notare che in certi ambienti americani un sistema simile critico, non solo perch rischia di essere fonte di corruzione, di dumping e di ricatto, cosa ben reale, ma soprattutto perch impone una costrizione alle attivit economiche, mentre misure che rispettano i principi del mercato (market friendly), come imposte sulle emissioni di CO2 e detassazione delle energie rinnovabili, fornirebbero, secondo loro, incentivi piuttosto che costrizioni. Cos, in Brasile nel Minas Gerais, piantagioni di eucalipti destinate al carbone di legna, entrano in questi programmi come riforestazione. Anche uno studio dellaprile 2007 di David Victor e di Michael Wara dellUniversit di Stanford negli Stati Uniti, denuncia che sono stati realizzati guadagni ingiustificati da parte di industrie che hanno smantellato una attivit industriale a fortissimo effetto serra (il HFC-23). Il MED (Meccanismo di sviluppo pulito) avrebbe permesso a queste ultime di ricevere 4,7 miliardi di dollari, mentre il costo dello smantellamento stato probabilmente meno di 100 milioni di dollari. Questo il pensiero di Daniel Esty dellUniversit di Yale nella sua opera Green to Gold, citata da Fareed Zaxaria.38 Sul piano politico, lo stesso argomento stato utilizzato da George W. Bush per rifiutare di ratificare il protocollo di Kyoto. Si ha il diritto di pensare che tutto ci che contribuisce a una diminuzione dellemissione di gas serra dovrebbe essere benvenuto e
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quindi anche questo genere di iniziative. Ma non bisogna seguire troppo in fretta il bisogno e ignorare che questo tipo di soluzione si inscrive prima di tutto in una logica di riproduzione del sistema economico e non costituisce una risposta a un problema di civilt, cosa che tutto sommato rappresenta la posta in gioco fondamentale. Basti fare un esempio. La societ transnazionale americana Arcadia Biosciences, ha intenzione di finanziare lo sviluppo in Cina di colture OGM (in particolare riso) attraverso le compensazioni previste dal mercato del carbone. Il ragionamento il seguente: con il riso geneticamente modificato da Arcadia, i contadini utilizzeranno molto meno fertilizzante che emette ossido nitrico. Questultimo 300 volte pi nocivo del diossido di carbonio (CO2). Con la vendita di quote di CO2 i contadini potranno finanziare lacquisto di semi trasformati. Lesperimento dovrebbe realizzarsi nella provincia di Ningxia nel nord del paese. Ma le prospettive della compagnia non si fermano qui. Dal riso si potrebbe passare al grano, al mais, alla canna da zucchero, alle barbabietole, alle piante oleaginose, al cotone, fino ai prati da golf. Siccome lagricoltura contribuisce alleffetto serra pi dei trasporti (tra il 14 e il 17% secondo calcoli diversi), la compagnia spera che lesperimento cinese, previsto entro il 2012, possa generalizzarsi ed essere applicato anche ad altri continenti. Il suo brevetto gi stato venduto a parecchie altre imprese, tra cui Monsanto, per le oleaginose.39 Il Wall Street Journal del 10.10.07, che riporta il fatto, aggiunge una precisazione fornita dal direttore dellimpresa californiana: il problema in Cina, dice, che lo spirito tradizionale del contadino e la mancanza di rispetto del diritto di propriet intellettuale rendono difficile guadagnare. Proprio per questa ragione Monsanto aveva gi gettato in precedenza la spugna. Il giornale aggiunge anche che la Cina ancora reticente ad applicare ad altre colture oltre al cotone gli OGM. Il gruppo intitolato Leadership globale per una azione climatica (LGAC), si pone nella stessa logica. una emanazione congiunta del Club di Madrid che raggruppa circa 64 ex capi di Stato e di governo per rafforzare la democrazia nel mondo e della Fondazione delle Nazioni Unite, iniziativa del magnate dei media americani Ted
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Turner, in combinazione pubblico/privato e destinata a raccogliere le sfide del mondo. Ritroviamo fianco a fianco Madame Brundtland, ex primo ministro della Norvegia ed ex presidente della prima Commissione delle Nazioni Unite per lo sviluppo sostenibile, Fernando Enrique Cardoso, ex presidente del Brasile, Jos Iglesias ex direttore della Banca interamericana di Sviluppo, Lionel Jospin ex primo ministro francese, Ricardo Lagos ex presidente del Cile, George Soros finanziere americano, Ted Turner gi citato, John Wolfersohn ex presidente della Banca mondiale, Ernesto Zedillo ex presidente del Messico. L11 ottobre 2007 il gruppo ha presentato al G8 di Berlino un rapporto intitolato: Progetto per un Accordo post-Kyoto sul cambiamento climatico. Nellintroduzione detto che quellaccordo deve inscriversi allinterno delle norme stabilite dalla crescita economica e dallo sviluppo sostenibile e integrare nelle sue strategie la riduzione della povert. Il rapporto insiste poi sulle associazioni pubblico/privato: Il settore privato quello pi in grado di realizzare degli investimenti nelle fasi di realizzazione e di diffusione. comunque necessario che i governi offrano un quadro di lavoro chiaro e prevedibile per facilitare gli investimenti (Rapporto firmato congiuntamente da Ricardo Lagos e Timothy E. Worth). John Kerry, ex candidato democratico alle elezioni presidenziali degli Stati Uniti, dice la stessa cosa. Occorrono soluzioni che diano assicurazioni al mercato, ha dichiarato a Bali durante la Conferenza delle Nazioni Unite ed ha salutato in particolare le 27 compagnie della lista delle 500 pi grandi compilata dalla rivista Fortune che avevano accettato la sfida del clima. A questo proposito ha ricordato che poco tempo prima a Clarence House, residenza del principe Carlo dInghilterra, aveva avuto luogo una riunione in cui 150 compagnie avevano sottolineato di essere daccordo sul fatto che con leconomia verde si pu guadagnare. proprio quello che si augurava il senatore democratico ed ex candidato alla presidenza degli Stati Uniti, quando a Bali affermava che era necessario trovare soluzioni che rassicurassero il mercato. In questa ottica, conclude Nicole Bullard del Focus on the Global South di Bangkok, alcune compagnie guadagneranno e altre perderanno, ma il capitalismo sopravviver.40 lo stesso John Kerry che fu
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inviato da Barack Obama a Poznan. Da parte sua, la Global Reporting Initiative riunisce numerose imprese nel mondo per uno sviluppo sostenibile e trasparente, in funzione di quattro dimensioni: etica (codice di condotta), economica (mercato), sociale (responsabilit) e ambiente (sostenibilit). Si tratta di una delle espressioni del Global Compact, un accordo con lorganizzazione delle Nazioni Unite che permette alle imprese di utilizzare il suo logo mediante ladozione di un codice di condotta. Kofi Annan, a quellepoca segretario generale dellONU, ha proposto questa soluzione in seguito al fallimento di pi di dieci anni di trattative per stabilire regole di comportamento ecologiche e sociali per le imprese transnazionali, che avrebbero potuto costituire linizio di un Diritto economico internazionale, dotato di sanzioni e di un organismo giudiziario. Questo progetto stato paralizzato dallopposizione degli ambienti affaristici e dai principali governi dei paesi industrializzati. Di contro, il Global Compact, iniziativa su base volontaria, permette alle imprese transnazionali di auto legittimarsi attraverso una intensa pubblicit su tutti i media del mondo, sulla base di un discorso moraleggiante spesso contraddetto dalle loro pratiche. Queste ultime vengono denunciate da parecchie ONG e da Tribunali dopinione, in particolare il Tribunale permanente dei Popoli nella sessione di Lima nel maggio 2008, sulle pratiche ecologiche e sociali delle transnazionali europee in America latina. Alcuni saranno tentati di dire una volta di pi: poco importa alla fine, purch si trovino delle soluzioni. Ma si pu veramente parlare di soluzioni senza ricollocare la questione nel suo quadro globale? Sarebbe in effetti stupefacente che un sistema economico, quale che sia, non tenti di portare dei rimedi a una situazione che lo blocca nella sua sopravvivenza. Sono per soluzioni favorevoli allumanit nel suo insieme e suscettibili di garantire lavvenire del pianeta? In altre parole, si cerca di salvare il genere umano e le sue capacit vitali o di preservare le sorti del capitalismo? In realt si tratta di un discorso etico che sostiene a tutti gli effetti le prese di posizione del mondo capitalistico. La prima convinzione che sta alla base del ragionamento neoliberistico il carattere insostituibile del mercato capitalistico come fonte
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di progresso. Nella sua prospettiva questultimo in effetti indissociabile dalla crescita, il cui principale motore il valore di scambio. vero che il capitalismo si rivelato nella storia il sistema pi efficace per la produzione di beni e di servizi. Esso ha anche il vantaggio di una grande flessibilit e, nella misura in cui gode della necessaria libert, di adattarsi ad ogni circostanza. capace anche di trasformare in fonte di profitto e di accumulazione gli effetti indesiderati delle sue stesse opere. Secondo questo ragionamento bisogna quindi concludere che i suoi protagonisti sono gli attori meglio piazzati e spesso i soli capaci di risolvere veramente i problemi posti dal riscaldamento del pianeta. Il ruolo dei poteri pubblici consister allora nel creare le condizioni per esercitare questa logica, riducendo i rischi degli investimenti e permettendo agli interessi privati di agire l dove sono possibili i guadagni. In altre parole, come in tuttaltri campi, questo significa collettivizzare i rischi e privatizzare i profitti. La crisi finanziaria lo ha dimostrato. Un simile ragionamento ha il vantaggio della chiarezza e in se stesso logico. in grado anche, una volta applicato, di essere efficace a breve e medio termine. Lo si constata, per esempio, nella diminuzione di emissioni di gas serra da parte dellindustria. Le grandi istituzioni finanziarie degli Stati Uniti, Goldman Sachs, Citigroup, Lehman Brothers, hanno richiamato lattenzione anche sul vantaggio di investire verde e gli azionisti ne hanno preso coscienza.41 Tutto ci anche oggetto di intensa discussione in seno al Forum economico mondiale di Davos, diventato, secondo il primo ministro giapponese Yasuo Fukuda il pi grande mercato di relazioni tra investitori.42 Unica pecca, ma di misura, che il sistema non prende in considerazione le marginalit, cio i fattori che non entrano direttamente nel calcolo economico del mercato. Come in passato, le zone dombra restano considerevoli e lo vedremo tutti quando si affronter la questione degli agrocarburanti. Finch il fattore ecologico resta al margine della costruzione economica (una marginalit), non viene preso in considerazione. Solo il giorno in cui i guasti provocati alla natura diventeranno un ostacolo allaccumulazione del capitale, il sistema incomincer a integrarli nelle sue preoccupazioni. In questo momento, secondo le leggi della propria logica, il capitalismo si
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rivela in grado di trasformare le misure di conservazione che diventano indispensabili e le ricerche di alternative in fattori di accumulazione, cio in profitti. Una simile constatazione potrebbe a prima vista portare acqua al mulino del pensiero neoliberista poich la necessit di realizzare dei guadagni (legge organica del capitalismo) spinge allazione. Ci si avvicina cos al ragionamento di Adam Smith o a quello di Bill Gates, quando ha parlato a Davos, nel gennaio 2008, del capitalismo del XXI secolo, sottolineando la capacit auto regolativa del sistema. Ma evidentemente una simile posizione pu inscriversi solo nella logica dellaccumulazione del capitale e la prima reazione consiste nel mantenere a tutti i costi il tasso di profitto. Cos quando lUnione Europea annunci la volont di ridurre del 20% il suo tasso di emissione di gas serra entro il 2020, la reazione di alcune industrie fu di prevedere una delocalizzazione della produzione verso regioni meno esigenti in materia. Lapplicazione di questa logica si limita dunque ai settori in cui laccumulazione possibile. O peggio, come nel caso degli agrocarburanti, crea nuovi effetti collaterali (distruzione della natura e catastrofi sociali) che a loro volta non verranno tenuti in considerazione fino a che i loro effetti non diverranno a tal punto negativi che il tasso di profitto del capitale ne risulti di nuovo frenato. il caso, per esempio, delle monocolture della palma oleaginosa (palma africana) impiegata oggi nelle zone tropicali nella produzione, tra laltro, di agrodiesel. Per esse vengono utilizzati pesticidi che distruggono terreni e falde acquifere e provocano la sparizione dellagricoltura contadina, fenomeno che a sua volta produce spostamenti massicci della popolazione che vanno a sfociare in una urbanizzazione selvaggia e in migrazioni esterne. Finch i guadagni del capitale superano gli inconvenienti che subisce e finch la protesta sociale resta controllabile, lestensione di questo modello agricolo va avanti senza tener conto delle collateralit. Nellattesa i guasti e le vittime sono gli altri. qui che si pu constatare fino a che punto il mercato capitalistico, di cui si dice che regola leconomia, irrazionale, perch dominato esclusivamente da una unica logica. quello che ha fatto dire a Fidel Castro in una nota di riflessione: Lenergia concepita come
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una merce. Come aveva avvertito Marx, questo non dovuto alla perversit o allinsensibilit di questo o quel capitalista individuale, ma la conseguenza della logica del processo di accumulazione che tende incessantemente alla mercificazione di tutti gli aspetti della vita sociale, sia materiali che simbolici.43 Si pu fare un parallelo con altri settori del campo sociale questa volta, perch anche l si applica una logica simile. Infatti, finch il benessere delle persone anziane era una collateralit, restava marginale e veniva presentato come un costo spesso ritenuto insopportabile per il processo di accumulazione. Per questa ragione fu sistematica la resistenza alla organizzazione di sistemi pensionistici che finirono per essere adottati dopo lunghe e dure lotte sociali. Invece, quando il capitale finanziario ha potuto trasformare i fondi pensionistici in strumenti di accumulazione, compreso il ricorso alla speculazione, latteggiamento cambiato. Fu messa allordine del giorno la privatizzazione dei fondi pensionistici che evidentemente comportava per gli interessati i rischi legati alla mercificazione come fonte di profitto. I beneficiari dovettero subire e sappiamo il prezzo che molti di loro hanno dovuto pagare, specialmente negli Stati Uniti. La stessa logica presiede a tutto il modello di sviluppo contemporaneo, cio la crescita spettacolare del 20% della popolazione mondiale, lasciando alla deriva le moltitudini inutili di cui abbiamo parlato nel capitolo introduttivo di questa lavoro. Lo stesso principio viene introdotto per le nuove energie e gli agrocarburanti: la loro adozione si deve modellare sul processo di accumulazione del capitale: concentrazione della propriet terriera, monocoltura, sfruttamento della manodopera, controllo delle multinazionali sulla commercializzazione. In questa ottica necessario incorporare la natura nel mercato e gestirla attraverso meccanismi economici che, a loro volta, determinano nuove collateralit. La realt viene dunque ridotta a una sola delle sue componenti, falsando la prospettiva e impedendo di prefigurare soluzioni complessive. Karl Polanyi, leconomista americano specializzato nella storia del capitale, laveva osservato:la caratteristica di questo meccanismo di aver estrapolato il sistema economico dal suo inserimento nella societ e di aver quindi imposto a questa le leggi del proprio funzionamento.
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Le lacune dellapproccio neoliberista Priyadarshi R. Shukla, presidente dellIndian Institute of Management di Ahmenabad, riassume bene le principali lacune di questo approccio. Una preoccupazione eccessiva che tende a creare un regime di riduzione basato su dei diritti (diritti di propriet commercializzabili) piuttosto che su delle responsabilit (per esempio linquinatore che paga); una attenzione orientata pi allefficacia (redditivit) che allequit nella divisione del carico; una incapacit a valutare i dividendi e le penalit in funzione dellattivit o inattivit di fronte al cambiamento climatico e infine una debole valutazione delle differenti condizioni storiche dei paesi in via di sviluppo, del loro livello, delle loro priorit e capacit (specialmente istituzionali).44 In breve, come scrive Eduardo Gudynas: Bisogna incorporare la natura nel mercato e gestirla con meccanismi economici.45 Ecco posto un altro aspetto del problema: cosa ne delle economie del sud, particolarmente toccate dalla questione degli agrocarburanti il cui sviluppo si inscrive tra le soluzioni proposte dal mercato? In effetti, la mancanza di terre e la manodopera costosa, obbligano le economie del nord a incoraggiare la produzione di agroenergia nel sud e, nello stesso tempo, in modo piuttosto contraddittorio, a prendere anche misure di conservazione dei pozzi di carbonio (le foreste). In questultimo ambito il sistema della borsa delle quote di CO2 e la vendita di crediti per la fissazione del carbonio, servono a finanziare la protezione delle foreste in quanto macchine per fissare il gas serra generato dai paesi sviluppati, scrive Eduardo Gudynas in un articolo intitolato: La natura di fronte alla tempesta globale.46 Si rafforza quindi la dipendenza dei paesi del sud (proprio come nel campo delle materie prime) mentre si permette ai paesi industriali sviluppati di continuare, seppur attenuandolo, nel loro modello inquinante di crescita. Sempre secondo lo stesso autore, il sud si vede cos ridotto al ruolo di ammortizzatore ecologico, sotto la tutela di un mercato verde transnazionale, particolarmente funzionale al modo di produzione capitalistico contemporaneo. I problemi della ripartizione della ricchezza mondiale e le opzioni pulite che il sud potrebbe adottare per il suo sviluppo industriale, re95

stano del tutto ignorati. Di contro gli attori globali, cio le imprese transnazionali hanno campo libero. Alla vigilia della Conferenza delle Nazioni Unite sul clima a Bali, gli Stati Uniti e lUnione europea si sono incontrati a Ginevra per proporre congiuntamente di accelerare labolizione delle barriere doganali sui beni e i servizi, incominciando dal commercio delle tecnologie che riducono i guasti provocati dal gas serra. Victor Menetti del Forum internazionale sulla globalizzazione, in Svizzera, ha fatto rimarcare a giusto titolo che una simile proposta si andava a inscrivere nel quadro degli scambi ineguali e che di nuovo sarebbero stati i pi forti a trarre beneficio da questo tipo di transazioni. Aggiungeva anche che simili disposizioni contribuiscono inevitabilmente allindebolimento degli Stati del sud, sempre meno in grado di prendere decisioni sulla loro sorte economica. La liberalizzazione degli scambi significa inevitabilmente la prevalenza degli interessi dei pi forti, anche se sono previste alcune restrizioni provvisorie nello spazio e nel tempo, ed essa entra in conflitto con il benessere generale di tutti gli esseri umani. Bisogna inoltre far notare che il diritto di propriet intellettuale che nel quadro del WTO (Organizzazione mondiale del commercio) corona ledificio delle norme internazionali, non porta vantaggi ai paesi del sud. Al contrario, pu persino diventare un ostacolo alla applicazione e alla diffusione delle conoscenze in materia di conservazione dellambiente. Il Club della Baia di San Francisco in California, che riunisce industriali della Sillicon Valley preoccupati per il risanamento dellambiente, ha riconosciuto questo fatto ed ha proposto una comunicazione pi aperta delle conoscenze in questo campo. La Banca mondiale si rallegrata della proposta degli Stati Uniti e dellUnione europea per la liberalizzazione degli scambi commerciali, poich ritiene che questo aumenter considerevolmente il volume degli scambi e il valore del commercio mondiale. Ma non si chiesta chi da questo viene avvantaggiato n quale sar limpatto ecologico delle migliaia di cargo e di camion che metteranno in pratica una simile performance. Al fine di proseguire questa ricerca di dati sullagroenergia, utile chiedersi ora quale lo stato al presente delle risorse energetiche.
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Sappiamo che lavvenire delle energie fossili si calcola in decenni, che lutilizzo di altre materie prime non rinnovabili come luranio, fortemente critico, che le ricerche e le sperimentazioni sul rinnovabile sono in pieno slancio e che gli agrocarburanti vengono presentati da alcuni come una soluzione insperata. Si tratta quindi di un passo necessario per interrogarsi sulle soluzioni proposte e per ricollocarle nel quadro della logica economica del sistema capitalistico, allo scopo di vedere in che misura costituiscono una vera soluzione ai problemi del clima o se rispondono piuttosto alle esigenze di riproduzione del capitale.
Note 1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. 8. 9. 10. 11. 12. 13. 14. 15. 16. 17. 18. 19. 20. 21. 22. 23. 24. 25. 26. Sciences e Avenir, mars-avril 2007, 16 Plow, Plagues and Petroleum-How Humans took control of Climate, Princeton University Press Le Monde, 15.07.07 Louvain, n 167, mars 2007 Le Monde, 2.06.07 LAtlas de LEnvironnement, Le Monde Diplomatique, Paris, 2007 Cit par le Courrier International, 20-26.09.07 International Herald Tribune, 25.10.07 Cit par Le Monde, 22.01.06 Le Soir, 23.01.08 Le Soir, 7-8.06.08 Newsweek, 16-23 aprile 2007, 44 Newsweek, ibidem, 62 Newsweek, ibidem, 88 Newsweek, ibidem, 44 Newsweek, ibidem, 89 Newsweek, ibidem, 53 Newsweek, ibidem, 63 Newsweek, ibidem, 72 The Jakarta Post, 24.06.08 Le Monde,30.05.07 Cits par Le Soir, 10-11.03.07 Le Soir, ibidem Science et Vie, janvier 2008, 24-26 Adler, Daniel, Mitland. Le Soir, 12.09.07
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27. 28. 29. 30. 31. 32. 33. 34. 35. 36. 37. 38. 39. 40. 41. 42. 43. 44. 45. 46.

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CAPITOLO 4 GLI AGROCARBURANTI E LAGROENERGIA La crisi climatica, proprio come quella energetica, hanno sollecitato i ricercatori e i politici a trovare delle soluzioni e, tra quelle prefigurate, al momento gli agrocarburanti occupano il posto donore. Il primo approccio consiste nellaffrontare il soggetto in quanto tale: di cosa si tratta? Quali sono le caratteristiche peculiari degli agrocarburanti dal punto di vista agronomico ed energetico? In un secondo momento esamineremo il contesto socio-economico della loro produzione, poich esiste un grande divario tra le loro supposte potenzialit e il modo sociale ed ecologico in cui vengono prodotti. Le caratteristiche degli agrocarburanti Come si parlato di carbone bianco a proposito dellenergia idraulica, si potrebbe chiamare carbone verde lenergia che proviene dai vegetali. Si tratta sia degli agrocarburanti per i veicoli sia degli agrocarburanti che si bruciano nelle caldaie o negli apparecchi di cottura. Gli agrocarburanti sono dei combustibili derivati dalla biomassa, rinnovabili in permanenza attraverso la captazione della radiazione solare, grazie alla fotosintesi dei vegetali, scrive il professor Jos Walter Bautista Vidal dellUniversit di Brasilia e padre delletanolo in Brasile. Aggiunge che il sole ha ancora 11.000 milioni di anni di vita e ogni giorno la radiazione solare produce lequivalente, in potenziale energetico, della totalit delle riserve di petrolio della storia.1 Si pu quindi capire che i paesi del sud il cui soleggiamento particolarmente abbondante, che dispongono di grandi estensioni di terre, con scarsa densit di popolazione e che hanno grandi riserve di acqua, siano attirati da questa soluzione. il parere di Joseph Borrell, allora presidente della Commissione di Sviluppo del Parlamento europeo, quando affermava che gli agrocarburanti erano una opportunit per il sud. In Africa, una lobby di agrocarburanti fa presente che 379 milioni di ettari sarebbero dispo99

nibili a questo scopo in quindici paesi del continente (Grain, www.grain.org). In Brasile, secondo la Banca Interamericana di sviluppo si tratterebbe di 120 milioni di ettari. Questo fa dire al professor J.W.B.Vidal, gi citato, che il Brasile ha la vocazione di diventare il fornitore di energia pulita e rinnovabile per lumanit, idea che il presidente Lula mette in pratica aumentando la produzione di etanolo da canna da zucchero. Per definizione, infatti, gli agrocarburanti sono neutri in termini di produzione di CO2, perch, consumandosi, disperdono nellatmosfera la quantit di gas di carbonio che avevano imprigionato durante la loro crescita. Se si paragona la loro combustione nel motore a quella delle energie fossili, gli agrocarburanti emettono meno gas serra: 60% di CO2 in meno per lagrodiesel e 70% in meno per letanolo. Tuttavia questa constatazione tiene conto solo della combustione propriamente detta. Ora, oltre agli aspetti sociali di cui parleremo pi avanti, per arrivare a conclusioni realistiche bisogna introdurre nel calcolo linsieme del ciclo degli agrocarburanti, dalla produzione alla distribuzione. Se si includono le emissioni di una agricoltura che utilizza fertilizzanti ed erbicidi chimici, le procedure di fabbricazione e i trasporti, possono produrre pi gas serra dei carburanti tradizionali. Questo ha fatto dire al dottor Bernard Pisehesmier, allepoca presidente di Volkswagen, che alcuni di questi corrispondono pi al lupo mascherato dagnello, poich il loro equilibrio in termini di CO2 peggiore di quello dei carburanti tradizionali. Del resto, aggiungeva ricevono incentivi fiscali con risorse di budget limitate e rappresentano quindi cattivi investimenti. Non si pu considerare tutto questo sostenibile nel senso ecologico ed economico del termine.2 Malgrado ci la produzione di agrocarburanti diventata una preoccupazione mondiale. Negli Stati Uniti se ne producevano 5 miliardi di litri nel 1995, 26,5 miliardi nel 2007 e le previsioni per il 2015 sono di 56,8 miliardi di litri. Richard Greenwald scriveva sul Time del 14.04.08: Grazie a Richard Bronson, George Soros, General Electric e British Petroleum, Ford e Shell, Cargill e il gruppo Carlyle, lidea dellenergia rinnovabile diventata uno di quei concetti cos
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evidenti come la maternit o la torta di mele. Il professor Vidal aggiunge anche che lutilizzo di una simile sorgente di energia deve essere compatibile con la produzione di alimenti e rispettosa della falda freatica. Propone a questo scopo la creazione di una Agenzia Internazionale delle Energie rinnovabili che vigili sulla applicazione di queste condizioni di produzione. I diversi tipi di agroenergia Esistono parecchi tipi di agroenergia. Il primo letanolo (sostituto della benzina) che un alcol prodotto dalla fermentazione degli zuccheri semplici (barbabietola, topinambour, canna da zucchero..), provenienti sia da piante ricche di amido (patate, cereali..) sia da piante legnose (legno, paglia..). Si pu produrre anche un etere (prodotto dalla reazione tra un alcol e un acido) derivato dalletanolo, lETBE (etil-terzio-butyl-ether). Il secondo tipo costituito dallestere (composto chimico frutto della reazione tra un alcol e un olio) di olio vegetale o agrodiesel (sostituto del gasolio).3 Per capire meglio questi processi, esamineremo ora le fonti vegetali degli agrocarburanti di diverse generazioni.4 Gli agrocarburanti di prima generazione Gli agrocarburanti detti di prima generazione e la cui lista verr fornita pi avanti, sono i prodotti dellalcol o dellolio vegetale (agrodiesel), destinati a diventare gli equivalenti dei carburanti fossili, la benzina da una parte e il diesel dallaltra. Provengono generalmente da cereali o da piante gi utilizzate per lalimentazione umana e animale o per usi industriali (farmacie e cosmetica). Letanolo molto pi usato del EMHV (estere metilico di olio vegetale) o agrodiesel, il consumo di questi ultimi circa un decimo del primo. Mentre letanolo essenzialmente prodotto e consumato negli Stati Uniti e nel Brasile, gli agrodiesel hanno, a oggi, una specificit europea. Stati Uniti, Brasile ed Europa assicurano cos lessenziale della produzione e del consumo di agrocarburanti nel mondo. La loro produzione ha visto una considerevole crescita nel corso di questi ultimi anni, in
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particolare dopo il 2002 e si pu prevedere una forte progressione nei prossimi anni. Dopo questa data, la crescita annuale della produzione mondiale di agro carburanti stata di circa 15%. 5 Numerosi paesi in via di sviluppo lanciano attualmente vasti programmi di agrocarburanti prodotti dalla canna da zucchero o da piante ricche di olio, come la palma da olio, la Jatropha e la Pongamia e nello stesso tempo lUnione Europea riduce i suoi maggesi. Gettiamo adesso uno sguardo sulle due filiere dellalcol e dellolio. La filiera alcol o etanolo Tra le piante che producono alcol le pi utilizzate solo la barbabietola, la canna da zucchero, il mais, il grano, lorzo, la patata, il topinambour e il sorgo zuccherino. Negli Stati Uniti per la produzione di etanolo viene utilizzato su larga scala il mais, con un rendimento, per, molto inferiore alla canna da zucchero, che invece utilizzata in Brasile gi dagli anni sessanta. Anche altre piante entrano nella lista, ma in modo molto pi marginale. Anche la canna di Provenza, il cui prodotto medio nellordine delle 20 tonnellate di materia secca/ha/an, viene utilizzata per produrre energia termica, Lo stesso la canapa, il meliloto, il giacinto dacqua dolce. Anche alcune piante da prato potrebbero essere sviluppate per fini energetici e ci sono studi in questa direzione. Cos lerba medica, le cui foglie producono proteine, pu fornire energia dai suoi gambi. Ma per questultima rimane di ostacolo il problema della essiccazione, perch non secca finch in piedi.6 Il giacinto di acqua dolce presenta alcuni vantaggi. Si tratta di una pianta la cui crescita ottimale tra i 25 e i 30 C, il che ha portato a studiare la sua coltivazione in bacini di acqua calda e in particolare nelle acqua reflue delle centrali termiche elettriche. NellIle de France, in serra e in acqua calda, ha prodotto da 140 a 230 kg di biomasse per ettaro al giorno. La sua alimentazione attraverso effluenti liquidi urbani industriali o agricoli, combina la depurazione e la produzione di energia. Leuforbia, in particolare la jatropha, pu svilupparsi in ambienti secchi e poveri e contiene un lattice da cui possibile estrarre idrocarburi, inoltre i suoi semi sono ricchi di olio. Infine, le felci e le ginestre si adattano facilmente ai terreni poveri e a condizioni climatiche difficili e permettono di raggiungere rendi102

menti abbastanza elevati. Tuttavia bisogna constatare che di fronte allenorme domanda energetica attuale e futura, la maggior parte di queste fonti energetiche non possono competere con le energie fossili. La filiera olio e agrodiesel. Lolio vegetale-carburante (HVC), conosciuto anche sotto il nome di olio vegetale puro (HVP) o di olio vegetale grezzo (HVB) pu essere usato (fino al 100%) come carburante da tutti i motori diesel (inventati allorigine per questo tipo di carburante), con laccorgimento di piccole modifiche per riscaldare il carburante stesso, o, senza modifiche, mischiato con gasolio comune (30% su tutti i veicoli e fino al 50% secondo i casi). Ma lolio anche la materia prima grezza che serve alla fabbricazione dellagrodiesel propriamente detto, che un estere alcolico utilizzato come carburante incorporato nel gasolio.7 Lagrodiesel quindi il secondo carburante vegetale utilizzato nel mondo dopo letanolo, ma il suo contributo ancora modesto, con una produzione mondiale stimata a 3,7 milioni di tonnellate allanno, cio appena il 10% della produzione totale di etanolo. Il suo consumo non neppure assicurato per lavvenire, soprattutto in Europa, a causa del notevole aumento del diesel nel parco macchine: circa i due terzi delle nuove vetture immatricolate in Europa sono equipaggiate con motore diesel. In un motore a combustione si pu utilizzare sia lolio vegetale (colza, girasole, arachide, palma, soia...) sia degli esteri di olio. 8 Lestere presenta due vantaggi rispetto agli oli grezzi: meno viscosit e migliore attitudine ad auto incendiarsi nel motore. Alcuni costruttori di trattori agricoli propongono motori che permettono lutilizzo di oli non esterificati, ma il carburante pi utilizzato in Europa oggi lestere metilico di olio di colza. Degli esperimenti effettuati in parecchie decine di citt con il 30% di esteri nei veicoli da trasporto, hanno dimostrato che non c nessun problema per i motori. Nel 2003 e nel 2004 Daimler-Chrysler, in collaborazione con lIstituto centrale di Ricerca sui prodotti chimici salati e marittimi dellIndia e con lUniversit di Hohenheim in Germania, ha testato lagrodiesel ottenuto a partire dallolio di semi di Jatropha curcas in tre Mercedes
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adattate, le quali nel 2005 hanno percorso 30.000 km in condizioni difficili, raggiungendo senza problemi gole a pi di 5000 m di altezza.9 Il professor Rudolf Maly, capo progetto presso Daimler-Chrysler, precisa per che questo carburante non ha ancora raggiunto la sua qualit ottimale. Tuttavia soddisfa fin dora la normativa europea e si caratterizza per la facilit di fabbricazione.
************************************************************** Le due categorie di agrodiesel La prima categoria ha una doppia base. In prima battuta lagrodiesel si produce a partire da oli vegetali che vengono trasformati attraverso un reazione di transesterificazione, da cui il suo nome scientifico di estere metilico di oli vegetali (EMHV), e poi c lagrodiesel fabbricato con grassi animali e oli usati, come quelli delle fritture. Gli agrodiesel fabbricati con grassi animali e vegetali, in Francia sono conosciuti sotto il nome commerciale di biesteri Una seconda categorie viene prodotta per sintesi chimica a partire dagli stessi oli vegetali, grassi animali e oli usati. Il procedimento consiste in una idrogenazione catalitica (addizione di idrogeno) di olio e il prodotto ottenuto una miscela di idrocarburi (combinazione chimica di atomi di carbonio e di idrogeno), senza componenti di ossigeno come nel caso degli esteri. Questo procedimento in corso di industrializzazione. Presenta il vantaggio di produrre un gasolio di alta qualit il cui utilizzo non richiede la modifica dei motori dei veicoli. **************************************************************

Le materie prime utilizzate per ottenere agrodiesel sono di numerose specie vegetali oleifere con rendimenti in olio che variano da una specie allaltra. Provengono da alghe verdi, dal nocciolo di mandorle, dallarachide, dalla colza, dal lino, dallolivo, dalla palma, dai vinaccioli, dal ricino, dal sesamo, dal girasole, dalla senape, dalla soia, dalla palmista, dalla manioca, dalla canola, dal buriti, dal coprah, dal pisello, ecc.
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Naturalmente sono le colture non alimentari che presentano lalternativa migliore nella produzione di agrocarburanti, perch permettono di limitare luso dei terreni destinati a questo scopo. Tra le altre si possono citare: Jatropha curcas, coprah, Pongamia pinnata (o karanj), Madhuca longifolia (Mahua), Moringa oleifera (saijan o nerverdier) Cleome viscosa, lino, eucalipto, albero del burro (honey tree o mahua), ecc.
************************************************************** La produzione degli oli per agrocarburanti Lestrazione dellolio vegetale si pu effettuare semplicemente per pressione o per assorbimento chimico. Lolio vegetale grezzo (HVB) viene utilizzato direttamente nei motori diesel modificati a causa della sua vischiosit relativamente elevata o trasformato in mono estere metilico (estere metilico di olio vegetale EMHV) e in glicerolo, attraverso una reazione di transesterificazione con molecole di metanolo. Questo prodotto trasformato, chiamato anche biester, un agrodiesel non tossico che non contiene zolfo ed altamente biodegradabile. Da notare che possono essere utilizzati come agrodiesel anche oli usati di frittura, oli di macello e di pescheria, oli di spurgo. Il costo dei grassi animali, infine, conveniente rispetto a quello degli oli. Ci sono cinque grandi categorie di grassi animali: lo strutto di maiale, il sego dei bovini e degli ovini, i grassi delle ossa, i grassi dei volatili e gli oli di pesce, questi ultimi per vengono esclusi dalla produzione di agrocarburanti per il loro elevato tenore di iodio. Le caratteristiche dei grassi animali sono tali per cui non ci sono reali difficolt a realizzare la loro transesterificazione con il metanolo o letanolo, a condizione di partire da una materia grassa priva di acqua, acidi grassi liberi, zuccheri e proteine solubili. La raffinazione della materia prima deve essere adatta a ogni tipo di grasso. Gli esteri cos ottenuti rispettano le specificazioni dellagrodiesel. Tuttavia le loro propriet a freddo sono svantaggiose per un utilizzo invernale, se vengono adoperati soli o mischiati al gasolio. Per contro, lutilizzo degli esteri di grasso animale mescolati con esteri di girasole, per esempio, dovreb105

be ritardare o impedire la cristallizzazione dei primi e abbassare lindice di iodio dei secondi, il che li rende entrambi pi accettabili come agrocarburanti. Lindice di iodio caratterizza il tenore di un olio che con il tempo tende ad ossidarsi, cosa che rende necessario limpiego di additivi di stabilizzazione durante lo stoccaggio. Comunque la loro disponibilit in Francia, per esempio, resta limitata, poich sempre inferiore a 400.000 tonnellate allanno.10 **************************************************************

Gli agrocarburanti di seconda generazione Per evitare lutilizzo delle colture alimentari per la produzione di carburante in un ambiente mondiale critico, le ricerche si orientano verso nuove filiere, per esempio trasformare la lignina e la cellulosa dei vegetali (paglia, legna, cascami) al posto dello zucchero e dellamido o utilizzare micro alghe che vivono nel mare e che permettono di ottenere rendimenti di olio dalle 30 alle 100 volte superiori a quelli dei vegetali terrestri. Nel mondo sono conosciute pi di 100.000 specie di micro alghe e ogni anno ne vengono scoperte circa 400 nuove. Rispetto alla prima generazione, la seconda presenta dei vantaggi perch non compete con la produzione alimentare e richiede meno componenti fossili. Lobiettivo di utilizzare tutta la pianta 11, cosa che al presente oggetto di ricerche. (in particolare attraverso procedimenti di pirolisi e gassificazione). Oggetto di attenzione la filiera del legno o cellulosa da legno. Il progetto consiste nellincremento della produzione di alberi a crescita rapida e nellutilizzo della materia lignea stessa per produrre carburante. Questo presuppone tecniche nuove che non sono ancora state messe a punto perch non basta trasformare la biomassa in alcol o estrarre olio da certe piante, ma bisogna servirsi del tronco e dei rami stessi, materie dure che bisogna sminuzzare per trasformarle. Fino ad ora le piantagioni di eucalipto, di pioppi e di pini sono servite soprattutto a produrre pasta per la carta o a essere trasformate in carbone di legna. Si pensa per di trasformarle in carburanti. Sono in corso esperimenti di produzione di legno geneticamente modificato per accelerare il processo di crescita e quindi la produtti106

vit. Ricordiamo subito che il legno stato utilizzato in tutti i tempi come combustibile solido. Per millenni stato anche lunico adoperato per usi domestici e industriali. Siccome un carburante solido ottenuto per pirolisi del legno, non generalmente classificato nella categoria degli agrocarburanti che si riferisce piuttosto a prodotti liquidi. A volte si utilizza direttamente il legno, a volte carbone di legno. Nei continenti del sud le foreste si sfruttano soprattutto come legna da cucina e da riscaldamento (pi del 75% del legno destinato alluso energetico e meno del 25% alluso di legno da lavorare). Nei paesi industrializzati, invece, queste proporzioni sono rovesciate. Dagli anni sessanta, a fianco delle foreste naturali sono apparse piantagioni destinate soprattutto a produrre una certa quantit di energia (e non per forza legno da lavoro): gli eucalipti in Brasile, i pioppi e i salici in Europa. Una migliore selezione genetica delle specie di alberi, altri sistemi di coltivazione e di raccolta, permettono rendimenti migliori: per esempio, in Europa, boschi cedui a corto ciclo (con raccolti in capo a 5-7 anni) di salici o pioppi, permettono di produrre dalle 10 alle 13 tonnellate di legno secco per ettaro (contro le 3 o 5 di una foresta classica). Per lenergia-legno accentua linquinamento atmosferico. Certo, il legno non contiene praticamente zolfo e la sua combustione non emette gas solforoso SO2, ma, di contro, butta fuori un tasso notevole di particelle con i suoi fumi. Emette anche idrocarburi e composti organici che si condensano allo stato liquido (catrame) e su cui si hanno attualmente pochi dati quantificati. Una combustione pi completa a una temperatura pi elevata, permette per di ridurre queste emissioni indesiderate. Gli altri gas che scaturiscono dalla combustione del legno (ossido di carbonio CO, ossido di azoto NOx, metano CH4), variano molto a seconda degli apparecchi di combustione. Si stanno per verificando dei progressi. Cos in Austria, regno del riscaldamento a legna, le emissioni inquinanti degli apparecchi in dieci anni sono state divise per dieci. Il CO2 espulso dalla combustione del legno viene riassorbito dalle piante e dagli alberi per la loro crescita e quindi, in ultima analisi, riciclato. Sotto questo punto di vista la filiera legno, per una stessa quantit di energia prodotta, contribuisce da 12 a 15 volte meno del carbone alleffetto serra e da 7 a 12 volte meno del gas na107

turale.12 Tuttavia, oltre allinquinamento atmosferico, bisogna anche citare gli inquinamenti chimici dovuti allo sfruttamento delle foreste e alla deforestazione, conseguenza dellutilizzo del legno come sorgente di energia. Ci sono poi da prendere in considerazione altri fattori: il prosciugamento dei terreni per lassorbimento di grandi quantit dacqua e lutilizzo di fertilizzanti e pesticidi chimici, per non citare gli effetti della monocoltura di cui parleremo pi avanti. Tutto questo costituisce il contesto della filiera ligneocellulosica. Il metanolo o alcol del legno ottenuto a partire dal metano per trasformazione del legno, un carburante che pu sostituire parzialmente la benzina o pu essere utilizzato come additivo del gasolio e in certe pile a combustione. La cellulosa, che pu essere considerata come una delle molecole pi diffuse sulla terra, pu essere trasformata, grazie alla digradazione enzimatica o alla gassificazione, in alcol o in gas che pu servire da agrocarburante. Questa nuova filiera inizia ad essere applicata in Canada, negli Stati Uniti e in Svezia, ma la sua messa a punto richieder ancora parecchi anni e le condizioni generali della sua produzione non danno affatto garanzie sugli effetti ecologici e sociali. Il contesto ecologico e socio-economico della produzione degli agrocarburanti Non sufficiente conoscere le caratteristiche dei diversi tipi di agrocarburanti e quanto possono in teoria essere una soluzione alle crisi climatica ed energetica. Bisogna anche ricollocarli nel loro contesto concreto, cio analizzare come vengono prodotti e quali sono le conseguenze ecologiche, economiche e sociali della loro produzione, trasformazione e distribuzione. A questo scopo studieremo qualche caso concreto che appartiene sia alla filiera delletanolo (Brasile) che a quella dellagrodiesel (Colombia, Indonesia, Malesia e Africa). Letanolo dalla canna da zucchero: il caso del Brasile Ricordiamo che letanolo il risultato della trasformazione dello
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zucchero e dellamido in alcol e che pu diventare un carburante a tutti gli effetti o essere mescolato alla benzina. Durante la combustione nel motore, letanolo emette da 70 a 75% meno di CO2. Ma la sua efficacia reale in rapporto allenergia fossile discutibile se si tiene conto dellinsieme del ciclo della sua produzione e distribuzione. Un articolo della rivista Sciences sostiene che se si considera la deforestazione provocata, letanolo di mais e il diesel di soia raddoppiano la produzione di gas serra. Occorrerebbero 93 anni, secondo il professor David Tilma dellUniversit del Minnesota, perch letanolo recuperasse il carbonio emesso a causa dello svuotamento delle terre utilizzate per la sua produzione. Il Brasile un caso particolarmente esemplificativo della produzione di etanolo, perch dopo gli Stati Uniti ne il pi grande produttore mondiale. La prima crisi petrolifera, allinizio degli anni settanta, aveva spinto il paese, che ha grandi estensioni di canna da zucchero, a utilizzare questa fonte di energia. Il ritorno del petrolio a prezzi convenienti, ha posto fine a un primo periodo di entusiasmo, al punto che la Banca mondiale e il FMI fecero pressione sul governo perch sopprimesse i crediti agli agrocarburanti. Limpresa petrolifera nazionale, Petrobras, era a sua volta lontana dallincoraggiare questo settore. Con la nuova crisi petrolifera (esplosione dei prezzi), la produzione ha ripreso. Dal 2004 la met delle vetture circolano ad alcol, puro o misto, e nel 2007 la proporzione passata all80%. Secondo il Menevral Fuel Association, nello stesso anno erano stati prodotti 19 miliardi di litri e le previsioni per il 2010 erano di 70 miliardi. Lobiettivo sarebbe di arrivare a una produzione di 100 miliardi di litri allanno, utilizzando a questo scopo 30 milioni di ettari di terra (cio cinque volte pi che nel 2007). Una simile cifra non superiore alle possibilit teoriche, perch la sola Amazzonia potrebbe fornire, secondo i sostenitori di questa formula, fino a 70 milioni di ettari. C dunque disponibilit di estensioni. Lo afferma lingegnere Expedito Parenti che va anche pi lontano: Abbiamo 80 milioni di ettari in Amazzonia che possono diventare lArabia Saudita del biocarburante. Non c solo la canna da zucchero in gioco. Altre colture (girasole, soia) potrebbero a loro volta coprire circa 60 milioni di et109

tari.13 Per incoraggiare questo processo, la legge 693 del 2001 prevedeva lutilizzo del 10% di etanolo nel consumo di carburante per il 2009 e possibilmente del 25% avvicinandosi al 2025. La coltivazione della canna da zucchero rapidamente progredita. Nel 2007-2008 le sono stati dedicati 6,6 milioni di ettari, cio il 7,4% in pi dellanno precedente. Si producevano 528 milioni di tonnellate di canna da zucchero, di cui pi dell88% destinate alletanolo.14 Da qui al 2014 sono previste 114 fabbriche di trasformazione della canna da zucchero. Nel 2005 sono stati esportati 2,5 miliardi di litri negli Stati Uniti, in Giappone e in Svezia e queste cifre sono destinate ad aumentare. Come si vede, il Brasile fortemente impegnato nella produzione di etanolo. Nel 2006 venne concluso un accordo con gli Stati Uniti, particolarmente interessati a ridurre la loro dipendenza dallenergia fossile prodotta in Medio Oriente o in paesi giudicati poco sicuri come il Venezuela. Nel 2005 gli Stati Uniti hanno importato il 58% del loro fabbisogno di etanolo dal Brasile e, se vogliono rispondere agli obiettivi fissati dal presidente George W. Bush per il 2017, il paese dovrebbe procurarsi pi di 135 miliardi di litri di etanolo brasiliano allanno. Gli Stati Uniti producono etanolo partendo dal mais, con una resa di 3,037 litri allettaro, mentre in Brasile un ettaro di canna da zucchero produce 6,879 litri.15 C chi parla di una OPEC degli agrocarburanti. Petrobras associata al progetto. Nel 2007 il presidente Lula ha fatto un giro in Europa ed ha stabilito contatti con la Commissione per presentare i vantaggi della sua politica energetica. In occasione del Summit europeo-latino-americano di Lima nel 2008, quando vennero sollevati alcuni dubbi dallEuropa nei confronti degli agrocarburanti, la delegazione brasiliana si mostr particolarmente preoccupata di difendere le sue posizioni. Il presidente Lula desidera che si arrivi ad un accordo per rimettere in piedi i negoziati degli accordi di Doha nellambito del WTO. Afferma che la politica brasiliana in materia consiste nel voler contribuire al bene dellumanit. Nel luglio 2008 ha firmato un accordo con il presidente Uribe della Colombia per lo sviluppo degli agrocarburanti e nella loro dichiarazione comune si affermava che questi non toccavano il prezzo dei prodotti alimentari ed ebbero parole
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molto dure contro i movimenti e le organizzazione che si opponevano a questi progetti. Lazione del Brasile si estende allAfrica, in cui una quindicina di paesi hanno fatto degli accordi per lutilizzo della tecnologia brasiliana, tra cui il Benin, il Burkina Faso, Capo Verde, la Costa dAvorio, il Gambia, il Ghana, la Guinea, la Guinea Bissau, la Liberia, il Mali, il Niger, la Nigeria, il Senegal, la Sierra Leone e il Togo. Nel novembre 2008 il presidente Lula ha organizzato una Conferenza internazionale, annunciando un aumento del 200% degli agrocarburanti entro il 2014. Liniziativa ha riunito pi di 2000 persone, di cui circa 80 ministri. Il presidente Lula ha incaricato lAgenzia di Promozione delle Esportazioni e degli Investimenti (APEX-Brasil) di organizzare la Prima Esposizione internazionale sui biocombustibili. Bisogna ricordare che il ragionamento non pu fermarsi alle sole considerazioni della produttivit per ettaro e di miglioramento delle condizioni di combustione degli agrocarburanti. importante soffermarsi anche sugli effetti ecologici e sociali della loro produzione e sul tipo di modello economico che ne definisce il contesto. Sul piano dellambiente, gli effetti non sono diversi da quelli segnalati dappertutto a proposito delle monocolture, cio lutilizzo di fertilizzanti e pesticidi pericolosi per la biodiversit, per la qualit dei terreni e dellacqua e per la salute degli esseri umani. Nella regione di San Paolo, zona di grande estensione della canna da zucchero, si segnala anche che lacidit dei terreni considerevolmente aumentata, il che tende a far sparire alcune coltivazioni, per esempio quella della frutta. Bisogna aggiungere che nella stessa regione il 60% della canna macinata viene bruciato per facilitare la pulizia dei terreni, cosa particolarmente nociva per lambiente. In effetti, ne consegue una distruzione dei microrganismi dei terreni e una contaminazione dellaria che favorisce le malattie respiratorie. Inoltre provoca anche un abbassamento del grado di umidit da 13 a 15%, secondo il Centro nazionale brasiliano degli Studi dello Spazio. La coltivazione della canna da zucchero in Brasile non invade direttamente le foreste e in particolare la foresta amazzonica che non una regione zuccheriera. Ma in parecchi Stati che oggi producono zucchero, la foresta originaria stata distrutta da tempo. Tuttavia, in
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modo indiretto, lestensione attuale della canna da zucchero provoca uno spostamento, soprattutto dei pascoli e della soia, verso regioni attualmente boscose, in primo luogo lAmazzonia. La distruzione della piccola agricoltura attraverso la concentrazione delle terre ha per effetto anche di scacciare i contadini, di cui una parte si trasforma in colonizzatori legali o illegali delle zone forestali e unaltra raggiunge le bidonvilles urbane. Il Cerrado, nel centro nord del paese, particolarmente colpito dallo spostamento degli allevamenti per le piantagioni di eucalipto e di canna da zucchero,. Si tratta di una delle zone pi ricche in biodiversit del Brasile. Vi si contano pi di 10.000 piante di cui un gran numero uniche nel continente, mentre il numero di specie di mammiferi pi alto di quello africano. Il Cerrado ha perso met della sua superficie in 40 anni e nel paese 162.000 ettari di quella che viene chiamata in Brasile zona di conservazione, sarebbero gi stati trasformati in coltivazioni di canna da zucchero. Anche gli spostamenti della popolazione sono una conseguenza dellestensione delle monocolture, tra cui quella degli agrocarburanti. In tutto il Brasile, ed evidentemente per ragioni che non sono dovute unicamente a questo settore agricolo, tra il 1985 e il 1996, cio in dieci anni, 5,3 milioni di persone sono state allontanate dalle loro terre, il che significa la sparizione di 940.000 aziende contadine. Tutto questo pone alla fine una questione pi fondamentale ancora, quella del modello di sviluppo rurale che un tale slancio degli agrocarburanti e delletanolo comporta in un paese come il Brasile. Il modello, come appare nella pratica, riveste aspetti sia economici che sociali che politici. La dimensione economica e sociale del modello brasiliano. Laumento della produzione di agrocarburanti per incrementare le entrate del paese, sta alla base della logica delle decisioni governative. Come noto, in questa prospettiva si tratta di aumentare le possibilit di una redistribuzione della ricchezza, in particolare attraverso i programmi fame zero e assistenza familiare che hanno gi dato buona prova sul piano dellefficacia della gestione e della diminuzione della miseria e della fame.
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I piani di produzione di agrocarburanti in Brasile si appoggiano, a breve e medio termine, su numerose ricerche. Per il lungo termine si prevede di andare sulletanolo da cellulosa (alberi), cio sul carburante di ultima generazione che potrebbe dare risultati verso il 2015.16 Questo non far altro che incoraggiare le monocolture di eucalipto, per esempio, con tutte le loro conseguenze sullinaridimento dei terreni, cos come lo sviluppo di OGM per aumentare la produttivit. Per tutti questi progetti devono essere impegnate somme considerevoli. Nei primi tre mesi del 2007 sono stati investiti in questo settore 6,5 miliardi di dollari, cio il 66% in pi rispetto allo stesso periodo del 2006. La fonte degli investimenti sia locale che internazionale. Nel primo caso sono in gioco grandi imprese. Cos Odebrecht, specializzato nella petrolchimica, ha deciso di investire 5,3 miliardi di dollari da qui al 2013 nella produzione di etanolo. In dieci anni lazienda spera di produrre dai 30 ai 40 milioni di tonnellate. Ma anche altre grandi imprese seguono la scia, sia per la produzione che per la trasformazione e la distribuzione degli agrocarburanti. Si tratta in particolare di Cosan, Bonfim, CDC Bioenergia, Guarani e naturalmente Petrobras. Per realizzare gli obiettivi della produzione anche necessario il ricorso agli investimenti esteri. Non solo le grandi imprese gi citate in questo lavoro, come Cargill, Bunge, ADM, Syngenta e altre, acquistano grandi estensioni di terre per potervi stabilire la monocoltura della canna da zucchero (o della soia e della palma per lagrodiesel), ma anche il capitale finanziario degli Stati Uniti e del Giappone interessato al settore. George Soros ha deciso di investire 200 milioni di dollari per la produzione di alcol nel Minas Gerais e Bill Gates offre 86 milioni di dollari per finanziare limpresa Pacific Ethanol, allo scopo di garantire lapprovvigionamento degli Stati Uniti. Percorsi simili si segnalano da parte di P.Wolfersohn, ex direttore della Banca mondiale e di Vinod Khosla di Sun Microsystem. Per quanto riguarda i giapponesi, stato firmato un accordo tra Petrobras e la Nipon Alcol Banki per creare la Japan Ethanol Co. Anche la Sumitomo Corporation, Mitsui e la Japan Bank International Corporate (JBIC) sono attive in questo campo, per non parlare degli
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interessi europei, in particolare svedesi. Il modello economico in gioco nettamente orientato allesportazione che dovrebbe riguardare nei prossimi anni i tre quarti della produzione brasiliana, per alimentare il 50% del mercato mondiale. Ci sono per degli ostacoli a questo progetto. Le infrastrutture del paese sono insufficienti in strade, porti fluviali e mezzi di trasporto. Questa debolezza potrebbe costituire un freno. A questo scopo si prevede di costruire un alcoldotto lungo 1.150 km tra la regione di Goyas e San Paolo, capace di trasportare 6 miliardi di litri di etanolo allanno, cosa che permetterebbe di raddoppiare la produzione di Goyas entro il 2013 e sarebbe sedici volte meno costoso del trasporto su strada. Questo richieder un investimento di 500 milioni di reals (pi di 200 milioni di dollari). Il modello centrato sulla monocoltura ha anche conseguenze sociali, in quanto presuppone in primo luogo una notevole soppressione di mano dopera, attraverso lo spostamento dei piccoli contadini. Nel 2005 si registrata una perdita di 300.000 posti di lavoro in agricoltura. Aumenta cos la migrazione interna, linurbamento incontrollato e la pressione sulla frontiera agricola. Il lavoro nelle piantagioni di zucchero particolarmente faticoso. Secondo uno studio realizzato da Fontana de Laat e pubblicato dal Movimento dei contadini senza terra, nel 2008 i tagliatori di canna abbattono ogni dieci minuti 400 kg di canna, dando 131 colpi di machete che richiedono 138 flessioni del busto. Ne risulta un sovraccarico cardiaco. In un giorno si trattano quindi 11,54 tonnellate di canna, con 3.792 colpi di machete e 3.994 flessioni. Siccome la pausa, prevista ogni 30 minuti, nella maggior parte dei casi non rispettata, ne conseguono gravi rischi per la salute e la aspettativa di vita dei lavoratori. Bisogna aggiungere salari molto bassi, al limite della sussistenza, cosa che fa dire ad alcuni che si tratta realmente di una nuova schiavit, e il lavoro dei bambini. Non c dubbio, in effetti, che un simile sfruttamento della mano dopera sia allorigine dei notevoli guadagni realizzati dai proprietari terrieri agroesportatori e dalle societ anonime nazionali ed estere. Tutto questo rafforza una struttura sociale che gi una delle pi diseguali al mondo e non affatto coerente con i progetti di riduzione
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delle distanze promessa dal Partito del Lavoro. Infine, sul piano politico ne esce rafforzata la struttura di dipendenza Nord-Sud. Essa tende infatti a costruire una integrazione allinterno di una economia internazionalmente dominante, in contraddizione con gli sforzi attualmente realizzati attraverso un riavvicinamento tra i paesi latino-americani, ci riferiamo in particolare al quadro delle iniziative bolivariane (ALBA). Un simile orientamento allineato con la visione del presidente Lula: una crescita economica forte che permetta di liberare i mezzi per condurre una politica sociale in favore dei pi poveri. Ma cos si rimette in discussione la filosofia di base di questa politica, cio il suo costo economico e sociale e lassenza di riforme strutturali che permettano di far diventare i gruppi sfavoriti i veri attori ed evitare cos la costante riproduzione, magari un po attenuata, del fossato tra ricchi e poveri. Non si pu dire che il governo brasiliano sia stato indifferente al problema. Joao Pedro Stedile, fondatore del Movimento dei contadini Senza Terra, economista, ha pubblicato allinizio del 2007 un articolo sulla questione nella Monthly Review (febbraio 2007), in cui diceva che le misure a favore dellagricoltura contadina prese dal governo Lula erano impressionanti. Segnalava in particolare un miglior accesso al credito e alle assicurazioni, un importante sforzo per lelettrificazione delle zone rurali, la costruzione di abitazioni, un aumento dellassistenza tecnica, la delimitazione di territori indigeni e meno repressione politica (federale). Per contro, scriveva, le politiche macroeconomiche favoriscono lagromercato, soprattutto nel commercio internazionale, ispirandosi alle politiche neoliberiste del WTO e della Banca mondiale ed opponendosi, per esempio, alla etichettatura dei prodotti transgenici. In effetti il governo Lula ha mantenuto lesenzione dalle tasse per i prodotti agricoli destinati allesportazione e legalizzato le soie transgeniche, mentre le banche pubbliche aumentavano il loro sostegno allagrobusiness (12 miliardi di dollari per il raccolto 2006-2007), tra cui 4 miliardi per le pi importanti imprese agroalimentari transnazionali. Del resto, parecchie promesse elettorali non sono state mantenute: in particolare una vera riforma agraria, la revisione dellindice di produttivit, lesproprio delle piantagioni che utilizzano lavoro
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schiavizzato, il controllo delle monocolture di soia e cotone, la creazione di cooperative agroindustriali per i contadini. Esiste per in Brasile un modello alternativo fondato sulliniziativa contadina. Lesempio pi conosciuto la cooperativa Bindozana ad Alagoas, descritta da Ignacio Sachs in un documento intitolato: biocombustibili o alimenti, concorrenza o complementariet.17 C anche la cooperativa organizzata congiuntamente da MST (contadini senza terra) e MPA (contadini di Rio Grande do Sul). I movimenti sociali e la Pastorale della terra, organo della Conferenza episcopale brasiliana (CNBB) propongono di privilegiare lagricoltura contadina. La conferenza di Curitiba sugli agrocarburanti, nel 2007, aveva riunito diversi movimenti sociali, specialisti del settore e convinti difensori dellagroenergia che ne facevano una questione di fierezza e nazionalismo brasiliano, tutti per preoccupati della giustizia sociale. Ne usc una dichiarazione datata 31 ottobre 2007 intitolata: Per una sovranit alimentare ed energetica, in cui si afferma la necessit di un rapporto armonioso tra lumanit e la natura, che significa rispetto della biodiversit, della terra, dellacqua, cosa che esclude la monocoltura e lestensione della frontiera agricola. La produzione di energia non pu prendere il posto di quella degli alimenti, n essere determinata dalle leggi del mercato. La dichiarazione reclamava anche una riforma agraria e riteneva che le iniziative nel campo degli agrocarburanti dovessero rispondere prioritariamente ai bisogni locali e regionali, piuttosto che allesportazione e che la produzione dovesse essere decentrata, sulla base dellagricoltura contadina. Come si vede, non si trattava di un rifiuto assoluto degli agrocarburanti, ma piuttosto dellenumerazione delle condizioni ecologiche, economiche e sociali della loro produzione e del loro controllo. La conclusione di Joao Pedro Stedile che il governo Lula molto ambiguo, perch mentre i ministeri della riforma agraria e dellambiente difendevano il modello familiare, quelli delleconomia, dellindustria, del commercio e dellagricoltura promuovevano lagrocommercio. Il peso sulla bilancia stato in favore di questultimo modello, mentre la riforma praticamente paralizzata o ridotta a misure di compensazione sociale.

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Letanolo negli altri paesi del sud. Altri paesi si lanciano sulla stessa strada. Nei Caraibi bisogna citare la Giamaica. NellAmerica centrale il caso del Guatemala, dellHonduras e del Salvador. In questultimo, lavoratori honduregni e nicaraguensi partecipano al taglio della canna. noto che gli accordi tra i presidenti Bush e Lula hanno portato allo sviluppo di raffinerie in Salvador, in connessione con le piantagioni dellHonduras e del Nicaragua, rafforzando cos il potere del capitalismo locale (i Pellas, in Nicaragua, i Maduro in Honduras, i Calderon in Salvador). Anche in altre parti dellAmerica latina letanolo in pieno sviluppo. il caso dellEcuador in cui pi di 50.000 ettari sono dedicati a questa coltura e che riceve dalla Cina un aiuto per svilupparla. In Messico, data limportanza del mais nellalimentazione locale, stata adottata una legge nel dicembre 2002 che limita la produzione di etanolo alle eccedenze di mais bianco.18 In Venezuela, invece, lo sforzo compiuto nel quadro del piano 2007 per aumentare la produzione di mais, esclude ogni trasformazione in etanolo.19 In Asia i produttori tradizionali di zucchero aumentano le loro rese per mettersi sul mercato delletanolo. Si tratta, per esempio, delle Filippine, in particolare nellisola di Negros, in cui si segnala che le piantagioni invadono le terre dello Stato.20 Tuttavia la crisi alimentare (le Filippine devono importare parecchi milioni di tonnellate di riso ogni anno) pone un serio freno a questa espansione. Nelle Hawai il governo locale ha adottato nel 2006 una legge che imponeva un consumo del 20% di agrocarburanti entro il 2020. Anche l gli investitori stranieri sono interessati e ritroviamo il nome di Vinod Khosla, il padrone di Sun Microsystems che ha investito in Hawai Bioenergy. Anche i tre grandi proprietari che possiedono il 10% delle terre dellisola, si sono messi in una simile direzione. Letanolo nei paesi del nord. Il sud non ha il monopolio delletanolo. Anche in Italia esistono dei progetti per produrlo partendo dal mais. In Belgio la produzione di etanolo viene incoraggiata dai governi federale e regionali. Viene prodotto soprattutto a partire dalla barbabietola da zucchero. La fabbrica di Wanze, in Vallonia, dipendente dalle imprese tedesche Sudsucker, produce 300 milioni di litri allan117

no. Nelle Fiandre abbiamo Acco a Gand e Amylum ad Alost. Siccome questa produzione non redditizia, richiede una partecipazione dello Stato attraverso la defiscalizzazione del settore. Negli Stati Uniti nel 2007 venne utilizzato il 15% delle terre disponibili per gli agrocarburanti (ne occorrerebbe il 121% per rispondere ai bisogni definiti dalla politica). Da qui il desiderio di massimizzare la produzione e di utilizzare le trasformazioni genetiche, cosa che i fattori americani chiamano il Monsanto moonshine. In Louisiana, dove le acque delle coste sono inquinate dal nitrato, lAccademia nazionale delle Scienze lancia un grido di allarme. Il Senato degli Stati Uniti prevede nel 2022 di far passare da 28 a 136 miliardi di litri la produzione di agrocarburanti, di cui 57 miliardi a partire dallamido di mais. La quantit di nitrato rovesciato dal Mississipi nel golfo del Messico in questo periodo aumenter dal 10 al 34%, il che ne far un vero ricettacolo di rifiuti tossici della Green Belt. proprio questo che provoca la famosa zona morta che oggi si estende lungo numerose coste, compreso il Brasile, con lassenza di ogni vita marittima oltre alle alghe e che nel golfo del Messico nellestate 2007 ha raggiunto 20.000 kmq.21 Lagrodiesel dalla palma oleaginosa: il caso della Colombia e dellAsia del sud-est Lolio di palma viene da molto tempo utilizzato dalle popolazioni dellAfrica tropicale. Fin dallanno 1583 viene segnalata anche la sua esportazione in piccole quantit. A partire dalla fine del XVIII secolo, divenne un vero prodotto da esportazione e sostitu il commercio degli schiavi.22 Nel 1840 lInghilterra si procurava nel Niger 15.000 tonnellate di olio. Nel Congo belga, Lever cre nel 1911 piantagioni e fabbriche, passando dalla raccolta allo stato selvatico alla produzione industriale. Nel 1913 le importazioni della Francia raggiungevano 200.000 tonnellate di olio proveniente dal mesocarpo (parte carnosa della noce di palma) e 300.000 tonnellate di palmisti (derivanti dalla mandorla). Con il sistema delle piantagioni la produzione di palmisti diminuita a vantaggio della prima.23 Dagli anni novanta la domanda europea di prodotti derivati dalla palma rimata pi o meno stabile, mentre quella dellIndia, del Pakistan, della Cina e del Medio Oriente esplosa. Questo nuovo mer118

cato, come quello dellEuropa orientale si svilupper ulteriormente perch una parte delle popolazioni sta adottando abitudini di consumo occidentali.24 Anche l Indonesia e la Malesia incominciano a produrre agrodiesel con questa stessa materia prima. La filiera redditizia oggi solo nei paesi con salari molto bassi. Lolio di palma per gli agrocarburanti fu massicciamente sviluppato nellAsia del sud-est (soprattutto in Malesia), ma questo avvenuto a prezzo di una nuova accelerazione della deforestazione per fornire le terre necessarie. Non dimentichiamo che il rendimento dellolio di palma di 5.000 litri per ettaro allanno. LAfrica deteneva la maggioranza della produzione fino agli anni sessanta, ed per questo che in America latina si parla di palma africana. In quellepoca questo continente forniva il 74% dellolio di palma e il 50% dellolio di palmisti. Nel 1989 le proporzioni si sono ridotte al 14% per il primo, contro il 78% dellAsia, e al 21% per il palmisti. La tendenza si rafforzata negli anni e nel 2000-2001, su un totale mondiale di 23.361 milioni di tonnellate di olio di palma, la Malesia e lIndonesia ne producevano l82,6%, lAfrica il 6,5% e lAmerica del sud circa il 5%. Lutilizzo dellolio di palma molteplice. Prima di tutto un prodotto base dellalimentazione: margarina, olio da tavola, crema, cioccolato, pasti preconfezionati, nutrimento per animali, ecc., ma anche abbondantemente impiegato nella produzione di pitture e vernici. Anche lindustria farmaceutica ne una forte consumatrice. Bisogna aggiungere una ventina di sottoprodotti interessanti, come il furfurato, battericida e insetticida naturale, come la lignina proveniente dal legno e utilizzata per impiallacciare. Solo ultimamente lolio di palma stato trasformato in gran misura in agrodiesel, soprattutto da quando i prezzi petroliferi sono esplosi. Da qui partita una enorme espansione dello sfruttamento in tutto il mondo tropicale e semi-tropicale. Allinizio del XXI secolo gli erano riservati 20 milioni di ettari. Per accelerare il processo in Indonesia si proceduto al dissodamento delle foreste con il fuoco, cosa che ha scatenato giganteschi incendi nel 1997 e nel 1998, in una zona pi vasta dei Pesi Bassi, diffondendo un fumo che raggiungeva la Thailandia e le Filippine e ha
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rovesciato nellatmosfera migliaia di tonnellate di CO2. Nel 2007 in questo paese erano dedicati alla palma 6 milioni di ettari, con piani di crescita su foreste antiche. Alla fine degli anni cinquanta in Malesia le piantagioni di caucci sono state trasformate in palmeti, dietro la spinta della Federal Land Development Authority (FELDA). Nel 2005 questo organismo governativo assicurava il 20% della produzione nazionale.25 La Papuasia Nuova Guinea diventata terza esportatrice mondiale con 380.000 tonnellate, ben lontano comunque dallIndonesia e dalla Malesia. Sono coinvolti anche altri paesi asiatici. La Thailandia nel 2007 produceva 8,5 milioni di litri di olio di palma allanno su 400.000 ettari destinati a diventare 800.000 nel 2009 e 1.600 nel 2029. Sono produttrici anche la Cambogia, lIndia e le isole Salomone. Il consumo di olio vegetale in Cina raddoppiato tra il 1996 e il 2006, per raggiungere 24 milioni di tonnellate nel 2007, con una previsione di aumento da 500.000 a 600.000 tonnellate allanno. Lolio di palma costituiva il 24% del totale nel 2000. Occorre aggiungere una importazione di circa 5,1 milioni di tonnellate nel 2006-2007.26 In Africa, la Nigeria che passata da 160.000 ettari di coltivazione della palma nel 2003 a 300.000 nel 2007, si appresta a destinarvi 3 milioni di ettari nel prossimo futuro. Nella Costa dAvorio nel 2007 si producevano 250.000 tonnellate di olio di palma. In Congo sono dedicati a questa coltura 214.000 ettari e prossimamente si prevede di aumentare questa cifra con laiuto di investimenti europei, giapponesi, americani e cinesi fino a tre milioni di ettari nelle province dellEquatore, di Bandundu e del Kasai occidentale. Il Camerun nel 2007 produceva 250.000 tonnellate di olio allanno, con laiuto della Francia, della Banca mondiale e del FMI. In America latina il primo posto occupato dalla Colombia, ma sono altrettanto interessati lEcuador, il Brasile, il Messico e lAmerica centrale. Per mostrare chiaramente che largomento affrontato non ha niente di puramente teorico ma si inscrive nella vita quotidiana degli esseri umani, il testo che segue, estratto di note personali di viaggio prese in Colombia nel luglio e agosto del 2007, rivela la dimensione umana del grande progetto dellenergia verde e fa rivivere Le radici della collera di John Steinberg.
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La palma africana in Colombia, ovvero le collateralit del capitalismo agrario In Colombia, la Commissione intercomunitaria Giustizia e Pace uno degli organismi costantemente minacciati che si preoccupa delle violazioni dei diritti delluomo tra le popolazioni contadine espulse dalla loro terra a causa dellestensione degli spazi destinati agli agrocarburanti. Una sera, con alcuni loro membri, mi sono recato al nord di Bogot, presso una comunit indigena, sul fianco di una montagna, per passare una notte di preghiera. Riuniti in un luogo sacro circolare, illuminati da un fuoco centrale, abbiamo ascoltato un anziano raccontarci lespulsione in mezzo ai massacri dalle loro terre ad opera delle compagnie agricole. Preghiamo per i morti. Lungo silenzio. Alcuni membri della comunit si aggiungono al gruppo. Si salutano toccandosi la fronte (accoglimento nel pensiero) e scambiandosi qualche foglia di coca. Prendono quindi la parola uno dopo laltro perch la parola lanima. Lanziano che presiede mi chiede di intervenire in prima battuta perch anchio sono abuelito (anziano) Condivisione spirituale in cui si esprimono il rispetto della terra madre e limportanza della vita umana. Riconoscenza verso il popolo fratello che li ha accolti sulle sue terre. Contrasti: il nome dellanziano era Victor Hugo e prima della cerimonia aveva chiesto di spegnere i cellulari! Io non mi fermo tutta la notte perch il giorno dopo devo lavorare. In effetti il giorno seguente cera un seminario internazionale sugli agrocarburanti in cui mi era stato chiesto di tenere la relazione di apertura. Tra i partecipanti cerano non solo latinoamericani ed europei, ma anche asiatici. Si confrontano le esperienze e gli echi sono simili dappertutto: non si tiene conto degli effetti sociali ed ecologici della produzione di energie verdi. Il giorno seguente lo passo con una delegazione internazionale vicino alla frontiera del Venezuela, su un affluente dellOrinoco ad Arauca, per ascoltare le testimonianze delle persone spostate con la forza, soprattutto contadini. Si tratta di una audizione destinata a preparare una sessione di un Tribunale internazionale di Opinione che avr luogo nel seguente mese di novembre a Bogot....Per mezza giornata si susseguono i racconti pi drammatici, molti testimoni devono parlare dietro una porta per non essere riconosciuti: espulsioni ad opera delle imprese petrolifere
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e dellagrobusiness, massacri operati dai paramilitari e dallesercito, bombardamento di un elicottero di una impresa petrolifera americana su un villaggio. Interroghiamo i testimoni. Un parlamentare europeo tedesco pietrificato dallemozione ed incapace di porre qualunque domanda. Mentre la delegazione aspetta laereo per il rientro, due poliziotti del DAS (Dipartimento amministrativo di Sicurezza) vengono a prendere i nostri passaporti e ci accusano di attivit illegale minacciandoci lespulsione. La risposta chiara: abbiamo preavvertito le autorit di Bogot. Un colpo di telefono lo conferma. Ha poi luogo la visita nel nord del Choc, regione alla frontiera di Panama e vicina alla costa atlantica. Primo scalo dellaereo a Medellin che diventata una vera metropoli di cui si pu capire a grandi linee la struttura sociale sorvolandola a bassa quota e atterrando allaeroporto situato nel centro stesso dellagglomerato. Enorme sviluppo dei quartieri pi ricchi, con molte costruzioni in altezza ed estensione a perdita docchio dei quartieri poveri. Ma non ha le dimensioni di Bogot, citt di 8 milioni di abitanti, in cui il nord esibisce la sua opulenza mentre il sud mette insieme dei quartieri in cui si ammassano centinaia di migliaia di persone, in particolare i rifugiati interni. Da Medellin fino a un nuovo scalo, la piccola citt di Atrato, situata non lontano dalla frontiera panamense. Siamo in molti a far parte del viaggio, alcuni membri di Giustizia e Pace, tra cui una religiosa del Sacro Cuore, e la Commissione etica del sud Atrato, di cui io faccio parte insieme ad altri, una giurista spagnola e due giovani americani, di cui una appena uscita di prigione per aver manifestato di fronte alla Scuola delle Americhe in Georgia (formazione dei militari latino-americani e ben triste reputazione). Prima di atterrare sorvoliamo piantagioni di banane. Le attraversiamo poi in auto prima di raggiungere la piccola citt locale. Dal ristorante osservo i dettagli della vita quotidiana e mi vengono in mente molti passaggi del romanzo di Gabriel Garcia Marquez, Centanni di solitudine. Prendiamo quindi altre due vetture per recarci in unaltra piccola citt dellinterno, in cui siamo ricevuti nel convento delle monache. Si tratta di una congregazione colombiana fondata da madre Laura per lavorare tra le popolazioni indigene. Le chiamano le laurite. Sono presenti in parecchi paesi latino-americani e svolgono
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lavoro sociale tra le popolazioni indigene. Questa congregazione, molto impegnata socialmente, ha esteso la sua azione negli ambienti pi poveri. Trascorriamo una parte della serata con le religiose. Ci raccontano il loro lavoro in questa regione in cui i grandi proprietari possiedono migliaia di ettari e in cui oggi si estendono progressivamente le piantagioni di palma africana. Descrivono larrivo in massa dei contadini cacciati dalle loro terre verso le varie citt e in particolare nel luogo in cui ci troviamo. Si parla di citt, ma la maggior parte di strade non sono asfaltate e i servizi generali sono rudimentali. In un quartiere tirato su in fretta con case fatte di assi di legno e lastre di zinco, trovano riparo rurali spostati dallinterno. Le religiose spiegano come nella maggior parte dei casi questi contadini sono stati espropriati dei loro beni. Non avendo pi nulla, sono obbligati a cavarsela come possono. Nessuna compensazione finanziaria, nessuna copertura sociale, grandi difficolt per mandare i bambini a scuola, niente lavoro per i giovani. In breve, situazioni spesso drammatiche cui il gruppo delle sette monache non riesce a far fronte. Una di esse dice: Tra i rifugiati interni ci sono numerosi discendenti dagli africani (popolazioni nere) e anche alcune popolazioni indigene. Spesso viene usato il terrore per farli uscire dalle loro terre. I paramilitari, gruppi armati informali ma strettamente legati allesercito, minacciano e uccidono semplicemente per creare paura. Unaltra aggiunge: I paramilitari sono un vero apparato di Stato, palese infatti il legame con i poteri militari, politici ed economici. Lattuale governo sostiene di voler smobilitare i paramilitari, ma nei fatti costoro sono presenti quanto prima e sempre armati allo stesso modo e un certo numero che viene riciclato nella vita civile, ottiene praticamente limpunit e occupa posti molto importanti nel campo politico, fino al Parlamento. La Superiora della piccola comunit aggiunge che queste pratiche politiche sono legate allestensione costante della grande propriet terriera. Non molto tempo fa una gran parte delle terre era coperta dai boschi. Il resto era coltivato da piccoli contadini o comunit indigene. In un primo tempo sono stati impiantati grandi allevamenti estensivi, poi la coltivazione delle banane e oggi delle palme da olio. Sono stati i militari che allinizio hanno esercitato la forza per aiutare
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i proprietari a conquistare progressivamente le terre dei contadini. Poi sono arrivati i paramilitari per fare il lavoro sporco che i militari non potevano fare. Abbiamo chiesto loro se nella regione attiva la guerriglia. Hanno risposto che stata molto attiva negli anni novanta ma che ora si rifugiata nelle montagne. Allinizio si trattava di contadini spogliati delle loro terre che si organizzavano in resistenza armata. Nel corso degli ultimi 40 anni questa resistenza, le FARC, si trasformata in una organizzazione militare, ricorrendo, per poter continuare ad armarsi, allimposta sul narcotraffico e ai sequestri. Nella regione comunque, non trovano particolare simpatia nella popolazione, anche se spostata, per non sono considerati come nemici perch nelle regioni controllate da loro la situazione dei contadini migliore. Il narcotraffico presente dappertutto. I paramilitari ci vivono. Anche i militari sono spesso implicati e la guerriglia riscuote imposte sulla droga. Alcuni membri della Commissione intercomunitaria Giustizia e Pace affermano che il narcotraffico entrato in tutta la societ colombiana. Una parte consistente degli investimenti che si vedono nelle costruzioni urbane di Bogot e di Medellin provengono in effetti da questa fonte. Il governo, aiutato dagli americani, distrugge le coltivazioni di coca soprattutto nelle zone montane e lontane dalle citt, attraverso la fumigazione che non per niente efficace e in compenso produce effetti ecologici disastrosi. Si attaccano i piccoli contadini che tolti dalle loro colture tradizionali non hanno altri mezzi di sussistenza, mentre i grandi trafficanti arrivano ad avere il loro posto nella societ. La sera alloggiamo in un locale parrocchiale, materassi di muschio messi a terra. Come privilegio per let mi concedono un letto di assi di legno e dopo una breve notte riprendiamo la strada. Allinizio la grande arteria che porta a Medellin e che attraversa, a perdita docchio, allevamenti estensivi per migliaia di ettari. Il bestiame disperso e relativamente poco numeroso. Superiamo sedici sbarramenti militari nel corso di due giorni, segno della militarizzazione della regione. In due casi dovremo declinare le nostre identit. Le jeep si impegnano poi su percorsi di campagna lungo i quali si vedono nuove costruzioni di piccole case di legno. Si tratta di gruppi di famiglie
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di paramilitari che provengono da altre regioni. Dopo circa 75 km arriviamo nella zona della palma africana. Questa volta passiamo su percorsi completamente circondati da piantagioni di palma, piante relativamente basse e i cui frutti stanno alla base degli alberi. Lungo una di queste strade i frutti tagliati vengono ammucchiati e caricati da camion che li trasportano in una vicina raffineria. Un ettaro di palme d 5.000 litri di agrodiesel. Si tratta dunque di una produzione molto redditizia. Il lavoro richiede una mano dopera molto ridotta che viene portata ogni giorno sul posto. I fertilizzanti e i pesticidi utilizzati nelle piantagioni sono chimicamente molto distruttivi. Non c pi nemmeno un uccello. I contadini ci dicono che i ruscelli e i fiumi non hanno pi pesci. Uno di loro ci mostra i segni delle bruciature riportate sulla pelle per essersi bagnato nel fiume. I prodotti chimici vengono sparsi con piccoli aerei e non risparmiano nulla, n i terreni, n lacqua, n i rari spazi in cui esiste ancora un habitat. Alla fine arriviamo in un luogo indicato come Zona umanitaria da un grande pannello realizzato a mano. Dopo dieci anni di lotte sanguinose condotte dalla Brigata 17 dellesercito e dai paramilitari che agivano per le imprese della palma e dopo, a partire dal 2001, spostamenti forzati in successione, un gruppo di contadini si messo insieme per coltivare qualche ettaro di terra, ai margini delle piantagioni di palma. Erano stati espropriati delle loro propriet ancestrali che per alcuni datavano da pi di 120 anni. Hanno costituito quella che chiamano una Zona umanitaria di biodiversit. Sono accompagnati da membri della brigata internazionale di pace per proteggerli. stata costituita una Commissione etica internazionale per informare le istanze internazionali nel caso di violazioni gravi dei loro diritti. Le autorit di Bogot sono state preavvertite della nostra missione sul posto dalla Commissione intercomunitaria Giustizia e Pace. Bisogna dire che un piccolo contadino in questa regione uno che possiede dai 50 ai 100 ettari. Le coltivazioni erano diversificate, lallevamento relativamente estensivo, i boschi abbondanti e questo permetteva ai contadini di condurre una vita abbastanza normale, anche se le condizioni di lavoro erano dure. Il Choco era la regione
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a pi grande biodiversit del paese. A qualche km cera un villaggio con una scuola primaria, un centro di salute e un acquedotto che portava lacqua dalla montagna, alcune chiese e templi di varie denominazioni cristiane. Oggi non resta quasi pi nulla di questo agglomerato: la scuola, il centro di salute e lacquedotto sono stato distrutti per estendere le coltivazioni della palma. Ogni estensione comporta nuovi massacri. Nel dicembre 2005 a Pueblo Nuevo e nellottobre 2006 a Brisas, entrato in azione un nuovo gruppo paramilitare chiamatoAguilas Negras, in combutta con lesercito e la polizia. Siamo scesi dalle jeep e siamo andati verso un piccolo gruppo di abitazioni di nuova costruzione. Sono solo pochi mesi che i contadini si sono installati su queste terre e gi sono oggetto di una procedura giudiziaria come invasori. Tutti loro avevano terre da cui sono stati espulsi. Nella regione sono attive parecchie compagnie della palma, spinte dal boom dellagroenergia e nel luogo in cui ci troviamo c Urapalma, societ anonima. Siccome i contadini non volevano cedere le loro terre, sono immediatamente passati alle minacce. Dicevano: Se non volete vendere le vostre terre, le compereremo dalle vostre vedove. Disgraziatamente sono seguiti i fatti. Nella comunit che stiamo visitando sono state assassinate 113 persone, prima dallesercito e poi dai paramilitari. La stessa cosa successa in molti altri posti. Non descriver il modo in cui sono stati massacrati perch al di l del sopportabile. Ultimamente uno di loro, un nero che doveva partecipare a una riunione internazionale a Chicago per denunciare le ingiustizie commesse in Colombia, stato assassinato qualche giorno prima di partire. Il suo corpo stato ritrovato nel fiume dalla monaca del Sacro Cuore che con noi. Si trattava di un avvertimento per gli altri. Sul posto si trova anche un certo numero di membri della Brigata internazionale della pace, giovani italiani, spagnoli, americani, canadesi e francesi che si danno il cambio per vivere con la comunit, lavorando con loro ed assumendo tutti i rischi per proteggerli. Questo il senso della Zona umanitaria di biodiversit, in altre parole, una area simbolicamente protetta fondata su cinque ettari recuperati da un contadino ai bordi dei palmeti. La visita che noi facciamo a
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nome della Commissione etica destinata anche ad evitare che i soprusi continuino nel silenzio e nellignoranza. Il governo preoccupato per la sua reputazione internazionale, per questo teme le rivelazioni e lattenzione di alcune istanze giudiziarie internazionali che sono state allertate. Nel pomeriggio ci siamo recati insieme a circa due km di l, verso il cimitero che si trova al bordo delle piantagioni. stato completamente distrutto dai bulldozer e tutte le tombe sono state profanate. Su un pezzo di terra fuori dalla piantagione, i contadini hanno ripiantato piccole croci di legno pitturate di bianco. Arrivando, lungo il sentiero pieno di acqua e di fango, un contadino uccide una vipera. Nel luogo ci raccogliamo in silenzio. Un contadino prende la parola e spiega la storia del cimitero. Qui avevamo un villaggio, non resta praticamente pi nulla. Le macchine hanno completamente distrutto il cimitero. Non sappiamo pi chi dei nostri cari si trova qui e per questo abbiamo messo delle croci simboliche, senza sapere chi c sotto. una forte emozione. Mi chiedono di benedire questo luogo e di pregare per i morti. Recitiamo insieme il Padre nostro e poi preghiamo ancora un lungo momento in silenzio, non solo per i genitori e gli avi sotterrati qui, ma anche per tutti coloro che sono stati massacrati. Da lontano risuona il canto delle tagliatrici che lavorano nella vicina foresta. Questa visione mi sconvolge profondamente. Il cuore si riempie di rabbia quando si vedono cose simili. Il capitalismo non rispetta nulla. Bisogna guadagnare, bisogna trasformare tutto in merce. Questo il valore supremo. Gli esseri umani non contano, nemmeno quelli che riposavano in pace in questo cimitero di campagna. Riattraversiamo il percorso in mezzo ai palmeti: i palmeti della morte. La sera, cena comune: zuppa di fagioli. Nella serata si scambiano testimonianze, canti, condivisione. Ci hanno raggiunto anche delle comunit della regione di Cacarica. Sono giovani neri. Sono arrivati anche altri contadini dai dintorni, uomini, donne, bambini. Hanno fatto due, tre, quattro ore di cammino per poter passare qualche ora insieme. Quelli di Cacarica hanno viaggiato una giornata intera, scendendo il fiume Curvarado che scorre a una ventina di km. La serata incomincia con delle testimonianze. Il ricordo delle espul127

sioni e dei massacri. Uno dopo laltro i contadini e le contadine raccontano la loro storia. Minacce militari, massacri paramilitari. Un uomo dice: hanno ucciso mio figlio di tre anni sotto i miei occhi. Un giovane racconta come i suoi genitori sono stati uccisi dai paramilitari. Uno dopo laltro con voce tranquilla e triste rendono le loro testimonianze. veramente straziante; si assiste in silenzio. Prende la parola una vecchia signora di origine africana: Sono una nonna e ho 29 nipoti. Sono stata cacciata dalle mie terre e i miei nipoti non possono pi andare a scuola. Non abbiamo servizio medico, neanche un piccolo centro salute. Siamo contadini, vogliamo lavorare la terra. Vorrei tanto che i miei nipoti potessero studiare, avere un miglioramento nella vita. Cosa abbiamo fatto per subire un simile destino? Desideriamo vivere in pace, coltivare le nostre terre. Qui cera la vita, adesso c la morte. Tuttavia non abbiamo perso la speranza. Pensiamo che il Signore non ci abbia dimenticato. Continuiamo a lottare. Non ci lasceremo scoraggiare dalle minacce e dalla violenza. Vogliamo vivere in pace. I giovani di Cacarica esprimono i loro sentimenti con dei canti. Eseguono del rap di cui uno di loro autore delle parole. Spiegano che il rap ha origine tra i neri americani e che si tratta di canti di protesta. A pi riprese danno il loro contributo a questa serata che scorre sotto un tetto di tavole e su un pavimento in terra battuta. I canti sono impressionanti. Un ritmo sincopato che esprime la storia della loro comunit. Anche loro hanno visto i genitori cacciati dalle terre. Chiedono giustizia. Accusano i grandi proprietari e le compagnie dellagrobusiness. Denunciano i paramilitari che hanno massacrato molti di loro. Accusano lesercito, il governo e in particolare il presidente Uribe, lui stesso grande proprietario di terre e di miniere e artefice dellimpunit dei paramilitari. Alcune di queste canzoni sono molto dure ma terminano con un desiderio di lotta e non di disperazione. Alla fine di queste testimonianze mi chiedono di intervenire con una preghiera. Tutta lassemblea silenziosa. Bisogna ricordare i morti e le vittime. Bisogna soprattutto ricordare che la vita pi forte della morte. Il simbolo della resurrezione proprio quello della vittoria della vita. Dio presente ed colui che vuole la vita. Anche Ges
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stato perseguitato per la giustizia e alla fine giustiziato perch si era opposto al dominio e allo sfruttamento dei potenti sui poveri: ma resuscitato e questa la sorgente della speranza. Una giovane donna nera intona una canzone alla vergine nera. una lunga melodia cantata dolcemente tra lascolto attento ed emozionato di tutta lassemblea. La vergine colei che ha amato ed ha sofferto. Ha amato anche il popolo nero. Per questo la chiamiamo vergine nera. lei che ci d la speranza. lei che pensa a noi come una madre. La vergine nera, la vergine nera. Segue un lungo silenzio in cui ognuno si ricorda della propria storia. Ma la gioia di vivere riprende il sopravvento. Sono tutti invitati quindi a presentare un ritornello, a raccontare una storia. la vita che si afferma sulla morte, la gioia sulla tristezza. Gli uni e gli altri, delle varie comunit, si sforzano di partecipare alla festa. Alcuni con molta goffaggine cantano del tutto stonati. Tutti scoppiano a ridere. I bambini hanno preparato una canzone che non finisce pi ma che permette anche a loro di intervenire. Siccome c qualche straniero, vien chiesto ai due americani presenti di cantare. una vera catastrofe. Gli italiani si mescolano con un po pi di brio. Chiedono anche a me di dare il mio contributo. Non essendo dotato in questo campo, scelgo di insegnare il canone Frre Jacques. Allinizio non va troppo male. Che sorpresa nel vedere che tutti possono cantare in francese! Inutile dire che il canone termina nella cacofonia. Ma tutti ridono di cuore ed veramente una festa. Tutto questo va avanti fino a tardi, ma siccome alla mattina bisogna alzarsi presto, tutti alla fine rientrano nelle casupole o nelle tende e la sola luce quella di una luna appena visibile tra le nuvole. Dormo su alcune assi e fortunatamente con una zanzariera perch queste bestiole si erano unite alla festa! In fianco a me una coppia catalana russa a pi non posso. Non facile prendere sonno, ma con laiuto della stanchezza finalmente mi addormento. Alle quattro e mezza vengo svegliato di soprassalto dal canto penetrante di un gallo che aveva scorto i primi raggi di sole. Si trovava accanto a me, dallaltra parte della parete di plastica. Ci alziamo tutti; ha piovuto tutta la notte. La terra battuta, anche nelle case, si trasformata in fango. Non facile vestirsi. Fortunatamente viene preparata una
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enorme bacinella di caff. Va bene per svegliarsi. Alle sei tutti devono essere pronti per una operazione di distruzione delle palme. Seguiamo il sentiero che porta alla strada. Ci sono un buon centinaio di persone, contadini, membri delle brigate, giovani e vecchi. Tutti hanno in mano un machete. Prima di incamminarci per questa operazione, prende la parola uno dei contadini spogliati delle loro terre. membro di una chiesa cristiana che si chiama Chiesa quadrangolare (i quattro angoli della terra). Chiede a tutti di raccogliersi. Io sono al suo fianco. Recita il Padre nostro cui mi associo. Quindi, con gli occhi bassi, in un atteggiamento di raccoglimento, chiede la benedizione di Dio su tutti coloro che vogliono la giustizia. Che Dio ci dia la forza di continuare a lottare, di ristabilire la giustizia, di lottare per la nostra famiglia, per la vita, per la fraternit tra gli uomini. Ed ora, con i nostri machete andiamo a distruggere lopera della morte. Il gruppo avanza nelle piantagioni. Ognuno sceglie un albero e i machete si danno da fare per distruggere le palme. Siccome dobbiamo rientrare a Bogot, la mia partecipazione stata molto simbolica. Bisogna mettersi in marcia per ritornare alla capitale. Dico arrivederci con emozione a coloro con cui ho condiviso queste ore con grande intensit. Ma, problema! Durante la notte un violento tornado ha rovesciato molti alberi sulla sola strada che permette di arrivare alla Zona umanitaria. Non c possibilit di far passare le vetture. Bisogna mettersi in cammino a piedi. In un gruppetto ci mettiamo per strada. Sfortunatamente due giorni prima avevo fatto un falso movimento entrando in macchina e quindi la mia gamba destra non in ottima forma. Ho per un ombrello che mi fa da bastone e cos si incomincia la strada su percorsi pieni di gobbe e di fango. I chilometri si susseguono monotoni tra file di palme. Incrociamo un camion che trasporta lavoratori. Era rimasto allinterno del perimetro delle strade sbarrate dagli alberi abbattuti. Dopo circa 10 km di cammino ecco arrivare una motocicletta. Facciamo il moto stop. Era uno dei contadini locali. Di nuovo, privilegio dellet, indicano me per salire sulla moto e continuare gli altri dieci chilometri che occorre percorrere per arrivare al fiume. Mi chiedo ancora adesso come siamo riusciti a non fare bagni nei canali dei sentieri! Penso al film La motocicletta e mi sembro quasi il Che!
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Arrivati finalmente alla meta, chi mi ha trasportato telefona con il suo portatile alla piccola citt di l del fiume. Bisogna chiamare altre due moto che vengano a prendere gli altri che avevano continuato a piedi, mentre il sole incominciava a picchiare forte. Finalmente ci ritroviamo tutti insieme, prendiamo una piroga per attraversare il fiume e raggiungere una jeep sullaltra sponda. Nuovo posto di blocco militare. Pi di 70 km in jeep su strade impossibili. Camion impantanati, in breve proprio tutto quello che occorreva perch perdessimo laereo, il tragitto, infatti, ci stava prendendo molto pi tempo del previsto. Finalmente raggiungiamo la strada maestra. La jeep non riesce a superare i 40 km allora perch a ogni scanalatura incomincia a scuotersi in tutti i sensi. Cambiamo vettura nella citt dove avevamo passato la prima notte. A tutta velocit corriamo verso laeroporto e fortunatamente laereo ha unora di ritardo, altrimenti avremmo dovuto rimanere l. Il ritorno scorre come landata: scalo e cambio di aereo a Medellin e finalmente atterraggio a Bogot. Durante il viaggio non posso impedirmi di pensare a tutto quello che ho visto nei due giorni precedenti. Il film degli avvenimenti mi torna di continuo alla mente. Come si possono accettare situazioni simili? Come possibile che la Chiesa gerarchica non sia presente per difendere la giustizia? Come si pu costruire una societ su simili parametri? Passando per Medellin penso alla societ Urapalma che ha una sede in questa citt. Chi sono gli azionisti? Probabilmente eccellenti persone, buoni padri di famiglia, buoni cristiani, che si trovano davanti ad una tavola con tappeto verde e prendono decisioni economiche in funzione della logica del profitto senza porsi altre domande. Bisogna denunciare questo sistema. Bisogna trovare chi sono gli azionisti? Bisogna sapere quali sono le banche che li finanziano e quali sono le loro connessioni internazionali? Bisogna avere il coraggio di dire che sono responsabili della morte, che riducono alla miseria migliaia di persone, che impediscono ai talenti umani di svilupparsi, che sono di ostacolo a che dei bambini possano un giorno contribuire al benessere dellumanit, che rappresentano interessi materiali contro valori umani. Si potrebbe pensare che questo significhi fermare il progresso, che per un bene superiore esige dei sacrifici. Ma quale progresso e quali
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sacrifici? Continuare un modello energetico che congestiona le nostre citt e permette che il 18 agosto di questanno (2007) ci siano stati 580 km di ingorghi in Francia, per fare un esempio facile? A prezzo di guasti irreparabili alla biodiversit, alle riserve dacqua, alla terra e al clima, a danno dellagricoltura contadina e a vantaggio dellagrobusiness dominato da qualche grande impresa, e, pi grave ancora, a prezzo di sacrifici umani, sociali, culturali che colpiscono milioni di persone. Un altro modello possibile, di rispetto della biodiversit, dei diritti umani e del clima, ma per questo ci vuole la volont politica. Il giorno dopo il nostro ritorno, la polizia e lesercito sono scesi nella Zona umanitaria. Sono stati distrutti dieci ettari di palmeto (su 25.000, di cui la maggior parte ha richiesto la distruzione di una foresta originaria vecchia di migliaia di anni). I contadini che hanno tagliato le palme saranno portati in giudizio per distruzione dellambiente. il colmo! La presenza internazionale impedisce per il momento che abbiano luogo dei massacri. Nel corso del seminario a Bogot sugli agrocarburanti c stata una discussione con il vice ministro dellagricoltura e un rappresentante della Federazione dei piantatori di palme. Questultimo ha dichiarato che Urapalma non faceva parte della Federazione e che lui non poteva prendersi alcuna responsabilit a suo riguardo. Mentre, ha aggiunto, le altre piantagioni rispondono a un vero spirito di impresa, rispettando la loro responsabilit sociale e adottando un codice di condotta. Quanto ai titoli di propriet dei contadini e delle comunit indigene e nere, , sempre secondo lui, una questione complessa, perch molti sono dei falsi. La verifica richiede tempo e lo Stato colombiano, che ha in parte finanziato le piantagioni, deve cercare di recuperare quello che ci ha messo e non pu pagarsi il lusso di parecchi anni di attesa. In breve, lingua biforcuta di fronte ai contadini espropriati e senza difesa. Discorsi curiosi, quando si sa che solo tra il 2001 e il 2005, 263.000 famiglie di contadini sono state espropriate di 2,6 milioni di ettari, sia dalle compagnie dellagrobusiness, sia dagli stessi paramilitari e che la povert rurale passata dal 66 al 69% tra il 2003 e il 2004! Il vice ministro, da parte sua, accampando studi scientifici, ha affermato che la Colombia, nel campo dei palmeti, era un modello
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di rispetto della biodiversit. Dire il contrario significava ingiuriare il paese. Di fronte a questi due interlocutori sembrava di parlare di un altro pianeta! Quale la logica che sta sotto questi discorsi e queste pratiche? Quella del progresso rappresentato dalle monocolture destinate a soddisfare il consumo dei pi ricchi al mondo e a produrre ben presto lenergia verde di cui tanto si parla ma che in realt, ecologicamente e socialmente, sembra distruggere pi che portare vantaggi. sempre la logica del profitto, perch le piantagioni rappresentano ben pi valore aggiunto dellagricoltura contadina e contribuiscono cos allaccumulazione del capitale. Si parlato di socialismo reale, perch non parlare di capitalismo reale? Testimonianza episodica, senza dubbio. Ma il suono delle voci che si aggiungono ad altre voci, le migliaia di ettari di palmeto che cavalcano le pianure dopo aver distrutto le foreste e cacciato i contadini della Colombia, dellEcuador, del Costa Rica, dellHonduras, del Chiapas e, passando sopra loceano, del Camerun, della Nigeria, del Congo, per raggiungere lIndonesia e la Malesia ed estendersi fini alla Papuasia Nuova Guinea, le tristi monocolture di soia che hanno eliminato la biodiversit e spazzato via gli esseri umani dal paesaggio in Paraguay, in Argentina, in Brasile, lo zucchero amaro che si trasforma in combustibile maleodorante, frutto di lavoro schiavizzato, tutto ci finisce per creare un rumore crescente che si trasforma a poco a poco in clamore assordante, insieme delle grida della terra e degli oppressi che presto gli argomenti della razionalit economica non potranno pi soffocare. Allora, questo un discorso apocalittico, proprio quello che noi vogliamo evitare? Linguaggio eccessivo di un osservatore che si coinvolge al punto di perdere lequilibrio? Pregiudizio anticapitalistico che fa dimenticare che il progresso ha un prezzo? Giudichi il lettore stesso. E siccome necessario, ritorniamo a un linguaggio pi analitico. LAsia del sud est: il caso della Malesia e dellIndonesia In un articolo apparso sul Guardian dell8 dicembre 2005, George Monbiot indicava le distruzioni massicce che si preparano nellAsia del sud est per approvvigionare in agrocarburanti il resto del mondo. Promuovendo i carburanti vegetali, scriveva, come fanno lU133

nione Europea, gli Stati Uniti e migliaia di ecologisti, voi immaginate forse di creare un mercato per lolio di frittura usato o per lolio di colza. In realt state creando un mercato per una delle coltivazioni pi distruttrici del pianeta. Si stanno costruendo nuove raffinerie nella penisola malesiana, una nel Sarawak e due a Rotterdam. Due consorzi stranieri - uno tedesco e uno statunitense - mettono in piedi due fabbriche rivali a Singapore. Tutte queste imprese fabbricheranno carburante vegetale a partire dalla stessa fonte: olio di palma. La domanda di carburante vegetale, scrive il Malaisian Star, verr dallUnione europea. Questa nuova richiesta dovrebbe come minimo assorbire la maggior parte degli stock di olio di palma della Malesia. A Sumatra e nel Borneo, sono stati convertiti in piantagioni di palma da olio circa 4 milioni di ettari di foresta. E sono in programma altre estensioni: 6 milioni di ettari in Malesia e 16,6 milioni in Indonesia. Sono minacciate quasi tutte le foreste che rimangono. Bisogna rendersi conto di quello che succede sul terreno. Prima che le palme da olio, che sono piccole e striminzite, siano piantate, vengono abbattute e bruciate vaste foreste che contengono stock di carbonio ben pi importanti. Allinizio vengono utilizzate le zone pi aride, poi le piantagioni si spostano verso le foreste paludose che crescono sulle torbiere. Dopo aver tagliato gli alberi i piantatori prosciugano il suolo. Quando le torbiere seccano si ossidano e rilasciano ancor pi carbonio di quello contenuto negli alberi. In termini di impatto sullambiente, sia locale che internazionale, lolio di palma come carburante vegetale ancora pi distruttivo del petrolio grezzo della Nigeria, sostiene George Monbiot. Il governo britannico lo ha capito bene quando nellagosto 2008 ha scritto in un rapporto che i principali rischi ambientali saranno probabilmente legati a un importante aumento della produzione di materia grezza per i carburanti vegetali, in particolare in Brasile con la canna da zucchero e nellAsia del sud est con le piantagioni di palma da olio. In Indonesia quasi un terzo dellolio di palma viene prodotto da piccoli agricoltori che spesso hanno perduto il loro diritto alla terra a vantaggio dellespansione delle piantagioni. Beneficiando di due ettari a titolo di retribuzione, si ritrovano piedi e mani legati allin134

dustria dellolio di palma che ha concesso loro dei crediti in cambio del loro raccolto. Questo significa che non ricevono il miglior prezzo per la loro produzione. Secondo Abet Nego Tarigan, vice direttore di Sawit Watch, una organizzazione che rappresenta gli interessi delle comunit rurali, degli agricoltori e dei lavoratori salariati coinvolti nella produzione dellolio di palma in Indonesia, le decisioni prese in Europa in materia di agrocarburanti, hanno conseguenze dirette in Indonesia per milioni di persone. Nella loro folle corsa, i potenti produttori di olio di palma non esitano a cacciare le comunit dalle terre che coltivano da numerose generazioni. I lavoratori salariati e i piccoli agricoltori vengono espropriati senza scrupolo e noi stiamo perdendo terreni agricoli di grande valore che coltivavamo per produrre il nutrimento di cui abbiamo bisogno per vivere e guadagnarci la vita. I progetti proposti dallUnione europea aggraveranno ulteriormente questa situazione. Se non cambia nulla i poveri saranno sempre pi numerosi e tutte le terre finiranno nella mani di pochi. LIndonesia incoraggia la produzione di agrodiesel a partire dallolio di palma, sia per lesportazione che per il consumo interno. Vediamo che in questo momento circa 6 milioni di ettari sono dedicati alla palma da olio e che il triplo di questa superficie, cio circa 18 milioni di ettari di foresta, sono stati dissodati per la sua espansione. I piani regionali prevedono di dedicarvi ulteriori 20 milioni di ettari. Si stanno discutendo progetti per impiantare nel cuore del Borneo una piantagione di palma da olio di 1,8 milioni di ettari che sar la pi grande del mondo. In soli tre anni sono stati distrutti 1,3 milioni di ettari di foresta. Questi piani e previsioni sono suscettibili di avere forti ripercussioni sulle rimanenti foreste indonesiane e sulle popolazioni che ne dipendono. Il paese ha gi perduto il 72% delle sue foreste antiche e il 40% del totale delle sue foreste. In Malesia la maggior parte del disboscamento effettuato in questi ultimi tempi si deve mettere sul conto delle piantagioni di palma da olio. Il governo malese tra preparando una politica nazionale sugli agrocarburanti per incoraggiare la produzione e il consumo interno. Il Governo, che si associato a dei partner privati per costruire tre fabbriche di produzione del nuovo carburante per lesportazione, ha
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approvato pi di 54 progetti di produzione di B100, un agrodiesel di olio di palma al 100%. In Indonesia lavvento degli agrocarburanti ha trascinato gli investimenti delle transnazionali europee, giapponesi, cinesi e americane e la superficie delle terre coltivate per la produzione dellolio di palma dovrebbe aumentare entro il 2020 di una superficie equivalente circa a cinque volte quella dei Paesi Bassi. Scondo Sawit Watch, il partner di Oxfam, circa 400 comunit sarebbero impegnate in cause fondiarie legate a questa produzione. La massima espansione di queste piantagioni nella regione del Kalimantan ovest. Anche in Malesia e in Indonesia provocheranno altri disastri ecologici. Oltre alla deforestazione e alla eliminazione della biodiversit, in occasione del raccolto, per le circa cinque tonnellate di olio prodotte su un ettaro, non rimangono meno di 40 tonnellate di scarti solidi. Spesso questi vengono bruciati, liberando grandi quantit di CO2 nellatmosfera. Risultano numerose irregolarit nel modo in cui le imprese della palma acquisiscono e conservano le terre, come il non riconoscimento dei diritti tradizionali (spesso le piantagioni vengono realizzate senza permesso governativo), lassenza di informazione alle comunit, accordi non discussi, manipolazioni dei leader tradizionali per forzare le vendite, indennit non pagate, vantaggi promessi ma non forniti, terre non attribuite ai piccoli agricoltori o non attrezzate, contadini oppressi da debiti ingiustificati, studi di impatto ambientale effettuati troppo tardi, terre non attrezzate nei tempi previsti, impiego della coercizione e della forza per schiacciare la resistenza delle comunit, gravi violazioni dei diritti umani. Del resto difficile produrre palmeti da olio in maniera integrata, perch occupano molto spazio e le loro radici fibrose si estendono molto lontano. Ogni palma pesa pi di tre tonnellate e le piante che si possono coltivare nella piantagione sono poche. Per gli animali che vivono nel terreno, come i vermi di terra, molto difficile aprirsi un cammino. Inoltre anche difficile e costoso sbarazzarsi delle palme morte e delle loro radici perch occorre una scavatrice per sradicarle e utilizzare prodotti chimici per distruggerle. La FAO si sta gi preoccupando per le perturbazioni alla sicurezza alimentare e numerose organizzazioni ambientali pongono il problema delle per136

turbazioni ecologiche. Secondo la Banca mondiale, modifiche nellutilizzo dei terreni come la deforestazione e il prosciugamento delle torbiere per produrre, per esempio, olio di palma, possono annullare per decenni i vantaggi in termini di riduzione del gas serra.27 La Banca propone che vengano messi in atto sistemi di certificazione che permettano di misurare e indicare le prestazioni ambientali degli agrocarburanti (per esempio un indice verde delle riduzioni di gas serra) che potrebbero contribuire a ridurre i rischi ambientali associati alla produzione su larga scala di agrocarburanti. Tuttavia, per essere efficaci, tali misure avrebbero bisogno della partecipazione volontaria di tutti i produttori e acquirenti, oltre alla istituzione di solidi dispositivi di controllo, cosa che non solo lontana dallessere attualmente acquisita, ma entra in contraddizione con gli interessi immediati delle imprese produttrici e dello Stato. Lagrodiesel partendo dalla jatropha curcas: il caso africano Tra le piante oleaginose perenni adatte per le piantagioni nelle savane e gli ecosistemi marginali di paesi in via di sviluppo, merita di essere segnalata la jatropha curcas.28 Non di oggi lidea di fare di questo olio un carburante. Durante la Seconda guerra mondiale nel 1942, i colonizzatori francesi lavevano sperimentato per prevenire eventuali carenze di petrolio. I test furono poco convincenti e il progetto abbandonato. Allinizio degli anni novanta ripresero gli esperimenti con linstallazione di un motore ad olio vegetale per azionare un mulino di cereali e un gruppo elettrogeno. Diversi studi hanno quindi confermato la fattibilit tecnica ed economica e i vantaggi ambientali. Questa pianta occupa un posto privilegiato tra le fonti di energia dalla biomassa, e la sua coltivazione e il suo sfruttamento non presentano gli svantaggi della colza, del girasole, della soia e della palma da olio. In India, come segnala la Society for rural Initiatives for promotion of Herbal, Rajasthan (SRIPHL), il governo ha selezionato al jatropha curcas per diverse ragioni: il basso costo dei semi, lalto tenore in olio, la possibilit di crescita in condizioni climatiche diverse e la raccolta dei semi durante la stagione secca. Originaria dallAmerica latina dove era gi utilizzata dai maya per le sue propriet medicinali, la jatropha curcas passata dalle isole del
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Capo Verde e dalla Guinea Bissau prima di essere introdotta in Africa e in Asia attraverso i portoghesi. A partire dal XVII secolo questi ultimi, nellAsia del sud est ,hanno incitato i contadini tailandesi a coltivarla per lolio contenuto nei semi che serviva a fabbricare un sapone ricercato per la sua particolare schiuma e per alimentare le lampade ad olio. In Congo non una pianta indigena per la si trova in piccole quantit dappertutto nel paese e viene utilizzata soprattutto come siepe naturale per delimitare gli appezzamenti e per recintare gli animali. Ai nostri giorni, la pianta diffusa in tutte le regioni tropicali. La si trova nel Mali, nel Burkina Faso, in Senegal, Niger, Madagascar, Egitto, India, Cina, Vietnam, Thailandia, ecc. A fianco della palma da olio, pianta piuttosto borghese che comporta deforestazioni massicce, la jatropha curcas appare come una pianta proletaria perch chiunque pu farla spuntare. Nella piantagione il suo costo di sfruttamento molto inferiore a quello della palma da olio. Altro vantaggio ecologico che costituisce un agente efficace contro lerosione.
************************************************************** I vantaggi della jatropha curcas 1. oltre alle sue qualit come materia prima per la produzione di agrodiesel, lolio di jatropha utilizzato anche nella produzione di sapone e come olio da illuminazione (fabbricazione della cera per candele). Il residuo dellestrazione serve come concime organico comparabile allescremento dei polli. Una tonnellata di residuo di jatropha equivale a 200 kg di concime minerale (NPK 12:24:12). 2. lolio di questo arbusto impiegato nella filiera degli agrocarburanti, non commestibile e contribuisce a ridurre la pressione sugli oli da cucina 3. Cresce, inoltre, su terre aride. Allinizio non entra quindi in concorrenza con coltivazioni ad uso alimentare occupando le loro fertili terre, non esige la distruzione di foreste ma, al contrario un buon agente di rimboschimento, di lotta contro lerosione
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e la desertificazione. La sua resa per nettamente pi alta nelle terre buone, il che spiega i progetti delle multinazionali. 4. Facendo un paragone con la colza (rendimento in olio: 572 litri allettaro), con il girasole (rendimento in olio: 662 litri allettaro) e con la soia (rendimento in olio: 446 litri allettaro), questo arbusto, con un rendimento medio di olio di circa 1.900 litri allettaro (sono possibili anche rendimenti pi elevati) il pi interessante. 5. Contrariamente alle colture come colza e soia che hanno bisogno ogni anno di grandi investimenti energetici, dalla preparazione dei campi per la semina fino al raccolto, passando per la fertilizzazione dei terreni e la lotta contro i parassiti, la jatropha, una volta piantata, ha una durata da 40 a 50 anni, non richiede fertilizzanti provenienti dal petrolio ed ha grande resistenza ai parassiti. 6. La sua piantagione permette di lottare contro lerosione e la desertificazione e pu, in capo a qualche anno, rendere terre fino ad allora incolte, adatte a coltivazioni per lalimentazione. Pu dunque aumentare la superficie agricola utile. **************************************************************

Su scala internazionale i vantaggi offerti dalla jatropha suscitano linteresse delle compagnie inglesi, americane e di altre multinazionali. Malgrado le sue propriet oleaginose e la sua sobriet, la pianta non ancora stata utilizzata su scala industriale, ma i progetti si stanno moltiplicando. In Africa e in India sono in corso delle ricerche: sono imprese occidentali, spesso in collaborazione con universit e governi locali, che hanno lanciato i progetti e che suscitano a poco a poco interessi indigeni.29 I petrolieri e gli Stati hanno condotto parecchi esperimenti di coltura intensiva. LIndia una dei precursori e ha lanciato un vasto programma di piantagioni e di selezione dei cultivar a miglior rendimento. Il governo ha previsto di piantarne circa 40 milioni di ettari entro il 2012. Anche nel resto dellA139

sia (Indonesia, Cina, Vietnam, Filippine, Thailandia, ecc.) si sono sviluppate delle piantagioni. In Indonesia il prezzo delle sementi ha preso il volo. Una tonnellata di questi semi allimprovviso molto ricercati, nel 2008 costava fino a 1000 dollari americani. Nel dicembre 2005 il governo del Myanmar ha pubblicato un decreto tendente a far piantare jatropha curcas per un totale di 500.000 acri (cio 202.345 ha) in ognuna delle 14 province del paese, per sostituire in tre anni una parte del suo consumo di gasolio. La produzione stimata di agrodiesel, sarebbe allora di 50 milioni di galloni per provincia, cio 227.300.000 litri. Nel Suriname la societ americana Tropilab ha annunciato lintenzione di piantare 50.000 ettari di jatropha e poi di costruire una raffineria per trasformare sul posto lolio grezzo in agrocombustibile. La pianta interessa anche gli investitori occidentali.30 Nel Mozambico esistono importanti progetti nel sud del paese ed in corso lo sviluppo di una piantagione di 11.000 ettari. Nel giugno 2006 si tenuta in India una conferenza sulla jatropha, allo scopo di ottenere lindipendenza energetica. In effetti, attualmente lIndia deve importare il 73% dei 125 milioni di tonnellate di petrolio grezzo che consuma annualmente e le riserve interne le permetterebbero solo venti anni di consumo. In un primo tempo, sui 296 milioni di ettari di terre incolte che possiede, lIndia prevede di dedicarne una quarantina a questa produzione. Secondo un rapporto dellUniversit Indira Gandhi la coltivazione di jatropha curcas pu dare un contributo significativo alla produzione di agrocarburanti e allo sviluppo sostenibile del paese, vantaggioso sia per i coltivatori che per gli industriali(...). La jatropha lunica tra le fonti di energia rinnovabile ad essere facile da coltivare e a necessitare di investimenti relativamente modesti.31 Dalla sua entrata in vigore, il Protocollo di Kyoto aggiunge largomento giuridico delle quote di emissione di CO2. LIndia e alcuni paesi africani si sono resi conto delle potenzialit della jatropha curcas e si sono lanciati in vasti progetti, contando sul possibile apporto di capitali dei CER.32 In effetti queste piantagioni presentano seri vantaggi. Permettono il rimboschimento di terre finora lasciate incolte e, in certe condizioni, si possono coltivare piante alimentari tra gli alberi che, con lombra e lhumus che avranno forni140

to, avranno reso fertile il suolo. il caso delle verdure come cetrioli, pomodori, insalata, zucche. Questo permette di fronteggiare le spese effettuate negli anni in cui i costi della piantagione sono superiori alle entrate. Tuttavia non ci si pu limitare a segnalare dei vantaggi che restano spesso teorici. Bisogna sottolineare che parecchie questioni scientifiche sono ancora senza risposta in mancanza di esaurienti ricerche sulle propriet della pianta e le condizioni del suo sfruttamento. Daltra parte il contesto in cui si sviluppano i nuovi progetti, riproduce di nuovo il modello delle monocolture, senza rispettare le specie dedicate alla produzione alimentare, n le regioni delle foreste. Questo si verifica sia in Africa che in Asia.
************************************************************** Le propriet della jatropha curcas La jatropha curcas una pianta che si pu sviluppare in zone climatiche molto diverse. Secondo Katwal e Soni33, pu crescere in zone a clima tropicale e subtropicale, ma anche in regioni aride a partire da 250 mm di pluviometria annua. Questultima una delle ragioni dello sviluppo di questa coltura nellAfrica occidentale in cui le precipitazioni sono scarse. Questa pianta pu anche sopportare fino a tre anni consecutivi di siccit. Il rendimento in semi, per, dipende molto dalle condizioni climatiche in cui si trova. La jatropha curcas si sviluppa particolarmente bene nelle regioni di bassa altitudine (0-500 m), nelle zone in cui la temperatura media annuale almeno di 20 C, ma pu anche svilupparsi fino ad una altitudine di 1.800 m, a temperature pi basse. Non tollera per il gelo. A livello di condizioni del terreno, la jatropha curcas si adatta bene a tutti i tipi di suoli; in grado di svilupparsi su terreni moderatamente sodici e salini, su suoli ferrosi e su suoli erosi e degradati, in generale poco adatti ad altre coltivazioni, ed questa la ragione per cui non entra in competizione. La pianta capace di crescere in regioni semi aride e su terreni poveri, anche l dove nessuna coltivazione alimentare riesce a prosperare. Pu quindi svolgere un ruolo importante nella valorizzazione delle terre marginali e nella lotta
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contro lerosione, piantata in cespugli fornisce lhumus e trattiene lumidit. La SRIPHL indica che interessante piantare la jatropha curcas nei suoli scarsamente fertili localizzati in terreni marginali. I suoli devono solo essere ben drenati e quindi correttamente areati, perch l sistema delle radici della pianta, piuttosto importante, si sviluppi in buone condizioni. Questo vegetale presenta altri vantaggi, come lattitudine ad essere utilizzato per creare siepi che proteggono le terre dallerosione eolica e servono da recinzione degli orti e per il bestiame. La maggior parte della jatropha utilizzabile: le foglie per usi medicinali e come verdure in certe specie, la linfa come medicamento, il frutto come commestibile e i semi come pesticidi. Lolio e gli scarti sono i prodotti pi importanti. Lolio pu essere utilizzato come medicamento, come combustibile e come ingrediente di base del sapone e di altri cosmetici. In numerosi casi i residui hanno un alto tenore di azoto e si utilizzano come materia organica per combattere il declino della fertilit dei suoli.34 Alcuni ricercatori fanno notare che questa coltivazione pu essere colpita in modo consistente solo da poche malattie o devastazioni particolari, cosa che sembrerebbe dovuta alla presenza di esteri di forbolio, di acido cianidrico e di curcinio nel fusto, nelle foglie, nei frutti e nei semi. 35 Gli estratti delle foglie e dei semi della jatropha hanno mostrato propriet molluschicide, insetticide e fungicide.36 Studi condotti nel Nicaragua svelano per lesistenza di insetti che si nutrono dei frutti della jatropha e che causano la malformazione e quindi la non formazione dei semi. La massima perdita di rendimento in semi registrata era allora nellordine del 18,5% (Guharay, 1997 citato da Gubitz e altri, 1998).37 La TNAU (2006) segnala che alcuni insetti che trapanano il fusto, del genere indarbella, danneggiano la scorza e i frutti della jatropha e colpiscono le piantagioni. In Africa si scoperto che ospita un virus che colpisce la manioca attraverso la mosca del genere bemisia, che trasmette il virus del mosaico africano della manioca e riduce dal 20 all80% il rendimento.38 Secondo Syfia International (2001), il ceppo ugandese della mosca ha provocato la caduta della produzione da 3,5 milioni a 5 milioni di tonnellate di tuberi di manioca nel giro di qualche
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anno e 3000 persone sono morte di fame nel 1994. Un effetto simile colpisce quindi la sicurezza alimentare. NellAfrica dellest la coltura della manioca in certe regioni stata addirittura abbandonata.39 dunque molto importante lo studio della situazione fitosanitaria della jatropha, sapendo che in certi paesi come lAustralia e le isole del Pacifico persino considerata pianta invasiva e nociva.40 **************************************************************

Le prospettive africane della jatropha curcas. In Africa e in Asia (soprattutto in India) si sta procedendo a costruire programmi di sperimentazione su larga scala (decine di migliaia di ettari) di produzione di agrocarburanti partendo da specie locali coltivabili su terre non fertili (in particolare la jatropha curcas e la pongamia pinnata). Gli agrocarburanti raffinati che escono da queste oleaginose sono gi ora utilizzati nei veicoli con motore diesel senza necessit di modifiche; lolio grezzo, semplicemente filtrato, pu alimentare motori semplici e robusti come i modelli indiani che equipaggiano la maggior parte dei mulini e delle decorticatrici nei paesi del Sahel. Con il sostegno della cooperazione tecnica tedesca e del PNUD, nel 1987 nel Mali sono state avviate ricerche per valutare linteresse dellolio di jatropha come combustibile e sono state condotte in parallelo anche in altri paesi dellAfrica orientale. Lesperimento stato condotto con successo nel Mali nellalimentazione di piattaforme polifunzionali, sia nel quadro del progetto Piattaforme che attraverso organismi specializzati come Malifolkecenter. Con altre oleaginose come il neem, queste specie sono presenti in numerosi paesi e resistono alla siccit. I Paesi africani non Produttori di Petrolio (PANPP), organizzazione fondata per iniziativa del presidente senegalese Abdoulaye Wade e che raggruppa 25 paesi africani di cui 13 hanno fondato lorganizzazione PANPP (Benin, Burkina Faso, Congo, Gambia, Ghana, Guinea, Madagascar, Mali, Marocco, Niger, Senegal, Sierra Leone e Zambia) puntano sugli agrocarburanti e principalmente sulla jatropha. Il 7 dicembre 2006, Farba Senghor, ministro dellagricoltura del Senegal, ha annunciato che sarebbero state distribuite dallo Stato ai
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coltivatori 250 milioni di piante di jatropha. In teoria, se fossero state tutte piantate sulla base di una media di 1.500 litri di olio allettaro, il Senegal potrebbe essere autosufficiente nel consumo interno attuale che di 375 miliardi di litri allanno. Il 30 novembre e il primo dicembre 2006 si tenuto a Cap, Africa del sud, la prima conferenza africana sui mercati degli agrocarburanti: Biofuel Markets Africa. Ne uscito che da veri ottimisti, parecchi paesi aspirano a diventare anche loro il Medio Oriente degli agrocarburanti. il caso anche della Repubblica democratica del Congo in cui si valutano i bisogni di prodotti petroliferi per i prossimi 10-20 anni, in circa 3 milioni di tonnellate allanno, di cui circa il 42% di gasolio che si potrebbe produrre su qualcosa come 650.000 ettari di piantagioni di jatropha. Il paese, per la sua grande estensione e per labbondanza di terre arabili (pi di 130 milioni di ettari di cui solo il 4% circa vengono utilizzati annualmente per lagricoltura) e la mano dopera disponibile (circa l80% della popolazione attiva disoccupato) possiede in teoria il potenziale necessario per sviluppare la coltivazione di questo arbusto e diventare uno dei principali esportatori di agrodiesel. Larbusto si adatta bene alle condizioni ecologiche del paese. Secondo i promotori di queste iniziative, lo sviluppo della jatropha curcas troverebbe condizioni favorevoli, in particolare per lesistenza di una certa tradizione nella pratica delle coltivazioni da resa (palma da olio, caff, cacao, canna da zucchero ecc.). I massicci investimenti pubblici e privati nella filiera jatropha potrebbero essere una delle soluzioni al problema della povert e della disoccupazione, sempre secondo la stessa fonte. Lo sviluppo di questa filiera permetterebbe di soddisfare sia i bisogni che la domanda di gasolio del paese e quindi di rilanciare il settore industriale e poi di assicurarne il consumo per il trasporto. Il paese potrebbe rispettare cos gli obblighi del protocollo di Kyoto. Se solo il 3% della superficie della RD del Congo fosse piantato con jatropha curcas, cio circa 70.350 kmq (7.350.000 ettari) con una produzione minima di 1,5 tonnellate di olio per ettaro, il paese produrrebbe 11.025.000 tonnellate di olio grezzo. Cosa che rappresenterebbe un introito annuo di circa 5,5 miliardi di dollari.41 Questi sono argomenti simili a quelli avanzati
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per letanolo da canna da zucchero, ricordiamocelo, senza prendere in considerazione le collateralit ecologiche e sociali. Altri paesi africani manifestano lintenzione di investire negli agrocarburanti, nella speranza di ritagliarsi una fetta del mercato dellUnione europea. in particolare il caso dellAfrica del sud. In Tanzania si ritiene che circa la met del territorio nazionale potrebbe prestarsi a questo tipo di produzione e il governo cerca investimenti presso produttori europei come Sun Biofuels nel Regno unito. In Mozambico sono stati definiti 33 milioni di ettari - circa il 40% della superficie del paese - per approvvigionare in agrocarburanti il mercato europeo in particolare. In Mali, Aboubacar Samak, presidente del programma nazionale di valorizzazione energetica della jatropha (PNVEP), ripone grandi speranze in questo carburante vegetale. Secondo lui, potendosi stimare il costo di produzione di un litro di olio di jatropha tra 170 FCFA e 250 FCFA contro 475 FCFA del gasolio, cio il doppio, il programma alla fine potrebbe essere fonte di economie, in particolare sulla fattura per le importazioni petrolifere del paese, la produzione di elettricit in ambito rurale e il consumo dei veicoli. Il piano immediato prevede lelettrificazione di cinque villaggi in cinque anni. La produzione nazionale di semi di jatropha aumenta evidentemente anche grazie alla sistemazione dei perimetri da parte della popolazione rurale. Tutto per un budget di 708 milioni di FCFA, cio pi di un milione di euro. In occasione del 45 anniversario dellindipendenza del paese, il presidente della Repubblica Amadou Toumani Tour ha dichiarato: Bisogna prendere in considerazione nelle strategie alternative la produzione e lo sfruttamento su pi larga scala del carburante agricolo derivante dal bagani, cio la pianta jatropha. Bisogna creare anche una compagnia di sviluppo per migliorare la sua resa in semi, il suo ciclo di coltivazione, le prestazioni dellolio prodotto come carburante. Un esempio interessante di utilizzo locale dellagrocarburante la testimonianza fornita da Batou Bagayoko capo del villaggio Klya del Mali, che non nascondeva la sua soddisfazione nel vedere le strade della sua localit illuminate di notte, mentre nel Mali lelettricit una cosa molto rara. Situata a 100 km a sud di Bamako, Klnya la prima localit a beneficiare
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della corrente prodotta da un generatore alimentato dallolio di jatropha.42 Nel Burkina Faso lAssociazione Belwet lavora in sinergia con la societ Nature Tech Afrique (specializzata nel settore delle energie rinnovabili) e limpresa tedesca di agrodiesel Deutsche Bio Diesel (DBD), in particolare per trasformare i residui dei semi di jatropha in alimento per gli animali. Secondo Larl Naaba Tigr, presidente di Bawlet, la jatropha permette di recuperare suoli degradati e di sviluppare un mercato rurale dellolio, di promuovere lutilizzo di questultimo come combustibile domestico per cuocere gli alimenti allo scopo di ridurre lutilizzo della legna, di sviluppare la fabbricazione di sapone e di procurare introiti aggiuntivi ai contadini. Nel Madagascar la vendita dellolio di jatropha costituisce un guadagno supplementare stimato a un milione di ariary (472 dollari) per contadino allanno (il 60% dei malgasci vive con meno di un dollaro al giorno). Oltre a queste virt energetiche, la jatropha adatta a sostituire il carbone, ad essere utilizzata come grasso e a servire nella confezione di candele e di sapone, assicura Sally Ross, direttrice della societ DL Oils Madagascar. Questa impresa che ha sede a Londra, si molto interessata allisola di Madagascar e alla sua flora piena di risorse. Sostituire il diesel con il gasolio verde pu essere tanto pi facile quanto la tecnologia pu essere usata al 100% da motori diesel e il prezzo del litro di gasolio di jatropha dovrebbe essere equivalente a quello del gasolio comune. Le piantagioni sono partite alla fine del 2008 in tre regioni del Madagascar su una superficie totale di 1.631 ettari con 1500 contadini. tuttavia importante interrogarsi sul modo in cui i diversi progetti si sviluppano. Nel caso dei mega progetti, la monocoltura si rivela la forma principale di produzione di jatropha curcas. I contadini vengono allora trasformati in proletari rurali e le coltivazioni si estendono ben al di l delle zone aride. Bisogna ricordare che nelle terre migliori la produttivit della pianta aumenta considerevolmente. Un altro modo per assicurare il futuro di questo combustibile verde di introdurre i contadini stessi nel processo. quello che avviene con la palma oleaginosa in certe regioni della Papuasia Nuova Guinea o della Colombia. quello che spiega Sally Ross, direttrice dellimpre146

sa DL Oils Madagascar: Limpresa consegna giovani piante agli agricoltori che raccolgono i semi, li maciullano ed estraggono lolio che viene acquistato dalla compagnia per raffinarlo e trasformarlo in carburante verde. Si tratta di integrare il mondo contadino in posizione semplicemente esecutiva, in totale dipendenza dalle compagnie il cui interesse di aumentare i margini di profitto e quindi di controllare i costi. Esiste anche un modello di sviluppo diverso che si appoggia sulla produzione contadina ed destinato a soddisfare i bisogni locali, soluzione che ha anche il merito di rispettare la biodiversit. dunque completamente diverso da quello che noi abbiamo descritto, che viene messo in piedi rapidamente senza tenere in considerazione gli effetti ecologici e sociali. In effetti la jatropha curcas che avrebbe potuto svilupparsi in funzione degli interessi locali della popolazione e sotto il controllo pubblico delle coltivazioni su terre non utilizzabili per lalimentazione, gi caduta nelle mani degli interessi economici di imprese agricole spesso multinazionali. Non solo non viene rispettata la biodiversit e terre arabili vengono spesso trasformate in monocoltura, ma, secondo un rapporto di Oxfam internazionale sulla Tanzania, si osservano gi espulsioni di gruppi socialmente vulnerabili. Una volta introdotta in questa logica, la coltivazione della jatropha riproduce linsieme dei meccanismi ecologici e sociali gi descritti prima a proposito della canna da zucchero e della palma oleaginosa. Bisogna aggiungere che non esistono ancora complete garanzie di studi scientifici approfonditi e che in certi casi conseguenze non previste, come la proliferazione di certi insetti nocivi, potrebbe rimettere tutto in questione. Durante la conferenza internazionale sulla posta in gioco e le prospettive degli agrocarburanti, che si tenuta a Uagadogu tra il 27 e il 29 giugno 2007, la tavola rotonda sulla jatropha aveva posto pi problemi di quanto avesse trovato risposte. una pianta che ha futuro per i grandi sfruttamenti agroindustriali o per lo sfruttamento familiare? Di quanta acqua ha bisogno? Che concorrenza ha con le altre piante? Che variabilit presenta nella produzione? Quali variet utilizzare? Che tasso di riuscita hanno le piantagioni? Come condurre la coltivazione? Che resistenza presenta agli insetti (termiti)? Come si comporta nelle piantagioni industriali43
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Quale pu essere il suo impatto sulleco sistema? Tutte questioni che ancora non hanno risposta. Si rivelano indispensabili anche analisi sulla tossicit, infatti lIstituto di ricerca per lo sviluppo di Numea, nella Nuova Caledonia, riferisce di casi di intossicazione dai semi di jatropha i cui principali rischi, aggravati per i bambini, sono la disidratazione, il collasso cardiovascolare e una depressione del sistema nervoso centrale, anche se sembra che non siano stati formalmente rilevati casi mortali per luomo. Il dr. Kurt Hostettmann segnala che la pianta contiene esteri di forbolo con propriet tossiche, soprattutto irritanti per gli occhi e la pelle. Questo stato confermato in laboratorio da ricercatori delluniversit di Graz in Austria nel 1999. Come si pu constatare, linsieme di queste considerazioni obbedisce a una esigenza diversa da quella del semplice profitto ed appartiene alla doppia logica dei bisogni da una parte e delle precauzioni dallaltra. Le piante simili alla jatropha curcas. Nei paesi del Sud non solo la jatropha curcas presenta dei vantaggi per produrre agrodiesel. C anche la moringa oleifera e la millettia pinnata (karanj) le cui caratteristiche vengono illustrate nei riquadri seguenti.
************************************************************** Moringa oleifera La moringa oleifera, spesso chiamata semplicemente moringa, un albero che arriva a misurare fino a dieci metri, della famiglia delle moringacee. originario dellIndia del nord ed ora diffuso in quasi tutte le regioni tropicali, resiste bene alla siccit ed ha una crescita rapida. In India la moringa una pianta coltivata per i suoi frutti che si mangiano cotti e vengono esportati freschi o in conserva. Nel Sahel le foglie della moringa oleifera vengono consumate come verdura e quelle della moringa stenopetala costituiscono il pasto base del popolo konso in Etiopia. Analisi nutrizionali hanno mostrato che le foglie di moringa oleifera sono pi ricche di vitamine, minerali e proteine della maggior parte delle verdure. Costituiscono un alimento completo perch contengono due volte pi proteine e calcio del latte, tanto potassio quanto le banane e tanta vitamina A quanto la carota, tanto ferro quan148

to la carne di bue e le lenticchie e due volte pi di vitamina C di una arancia. Molti programmi utilizzano le foglie di moringa oleifera contro la malnutrizione e le malattie associate (cecit, ecc.), inoltre i semi di moringa contengono un polielettrolita cationico che si mostrato efficace nel trattamento delle acque (eliminazione della opacit), sostituendo il solfato di allumina e altri flocculanti. Doppio il vantaggio dellutilizzo di questi semi. Prima di tutto la sostituzione di floccolanti importati con un prodotto locale facilmente accessibile, cosa che permette un importante risparmio valutario per i paesi del sud; questo floccolante, contrariamente al solfato di allumina, totalmente biodegradabile. Poi da questi grani si pu comunque estrarre un interessante olio alimentare, soprattutto in Africa dove molti paesi sono privi di oli alimentari. Si tratta anche di una materia prima interessante per lindustria cosmetica (sapone, profumi). possibile un utilizzo misto di moringa per la produzione di olio e di agente floccolante, perch il residuo della produzione di olio conserva le sue capacit floccolanti. Questo albero anche un efficace parafuoco. Ma c anche unaltra campana che si fa sentire. Il 18 giugno 2003 David Sonnenburg dellAfrica Eco Foundation in occasione del Summit della Terra, ha segnalato la possibilit che 20.000 veicoli funzionino per 60giorni con lolio di moringa e lolio di jatropha. Lobiettivo della sua visita in India era di sondare la possibilit di produrre su grande scala la moringa per produrre olio e polvere di semi.44 **************************************************************

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************************************************************** Millettia pinnata (karanj) La millettia pinnata (karanj) un albero della famiglia delle fabacee a crescita rapida, fissatore di azoto, molto resistente alla siccit, che spunta in pieno sole su terreni difficili, anche salati, e produce olio. pi conosciuto con il nome di pongamia pinnata. Recenti studi genetici gli accreditano anche il nome di millettia pinnat. Per iniziativa del Himalayan Institute of Yoga Science and Philosophy, sono stati lanciati in Uganda e in Camerun (nella regione di Kumbo) dei programmi di piantagione di questo albero che ha un forte potenziale di lotta contro la desertificazione, in particolare nella zona del Sahel. Si possono piantare 200 alberi per ettaro e ogni albero permette di produrre a partire dal sesto o settimo anno da 25 a 40 kg di frutti il cui tenore in olio del 30-35%. Ogni persona pu raccogliere ogni giorno con otto ore di lavoro 180 kg di frutti. Nel decimo anno i rendimenti medi sono di 5 tonnellate per ettaro allanno. Contrariamente alla jatropha curcas per la quale bisogna aspettare tre anni per avere lolio, la millettia pinnata lo fornisce dai primi anni. Gli scarti che rimangono dopo lestrazione dellolio sono degli ottimi fertilizzanti. **************************************************************

Le altre coltivazioni perenni che suscitano interesse sono la palma babassu (Orbigniya speciosa), la palma da cocco, il karit, la pianta di olio castor (Rucinus communis), lalbero neem (Azadirachata indica), il legno ferro o albero argan (Argania sideroxylon) e il cardo (Cynara cardunculus)45, albero graminaceo come il panico eretto o switchgrass che promette molto: resiste alla siccit e richiede meno interventi del mais46 per la produzione di etanolo. Normalmente viene impiegato per controllare lerosione nel Midwest americano nel quadro del Conservation Reserve Program. Allordine del giorno c anche la produzione di agrocarburanti (etanolo e granuli) 47. Come si vede, le fonti di olio utilizzabili come carburante sono abbondanti. Tutto dipende dalla loro condizione di sfruttamento.

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Gli effetti collaterali degli agrocarburanti Gli agrocarburanti sono percepiti sempre pi oggi come una soluzione molto parziale allesaurimento delle riserve mondiali di energie fossili e alla crisi climatica che il pianeta sta conoscendo. Il loro sfruttamento su scala planetaria presenta effetti perversi che riducono la loro efficacia e possibilit reale di applicazione, sul piano sia ecologico che sociale, come abbiamo potuto constatare nel corso di queste pagine. Ricordiamo brevemente di cosa si tratta. Gli effetti ecologici degli agrocarburanti La distruzione delle foreste primarie e in generale linstallazione delle monocolture hanno conseguenze ecologiche significative sui sistemi delle piogge e delle falde freatiche, sui terreni e sullambiente. Questa situazione si aggravata in questi ultimi anni con lemergere di nuove fonti agricole per lapprovvigionamento di carburanti. Gli effetti sulle acque La trasformazione delle foreste primarie (bacino del Congo, Amazzonia e la foresta dellAsia del sud est) in piantagioni, sconvolge lecosistema e quindi il ciclo dellacqua, alterando contemporaneamente il livello pluviometrico nelle regioni interessate e anche in quelle pi lontane. Il ricorso alla monocoltura induce anche allutilizzo massiccio e intensivo dei fitofarmaci (pesticidi, fungicidi, ecc.) e di fertilizzanti, per lo pi minerali. Si tratta soprattutto dellutilizzo di diurone, di metalsulfurone, glifosato, cipermetrina, ecc. I fertilizzanti e i pesticidi utilizzati nelle monocolture (palma da olio per esempio) sono anche alla base della contaminazione delle acque sia di superficie che sotterranee, come si constatato in Indonesia e in Malesia.48 Anche la riduzione della falda freatica ne una conseguenza, in numerose localit in Brasile e in Indonesia, in funzione della monocoltura della palma da olio e della canna da zucchero. Gli effetti sui terreni La sostituzione della foresta primaria con la foresta secondaria (palma da olio, eucalipto) o altre coltivazioni (canna da zucchero, mais) per la produzione di agrocarburante, induce una rottura dellequilibrio suolo-acqua. Questi due elementi della natura vivono in sim151

biosi. Il suolo infatti protetto dagli alberi dalla caduta brutale della pioggia. Questa rottura ha come conseguenza lapparizione di punti di erosione sui terreni lasciati nudi o non completamente ricoperti dalla monocoltura.49 La presenza della foresta contribuisce alla stabilizzazione dei suoli e quindi alla riduzione degli effetti erosivi dellacqua di pioggia e ruscellamento. Negli Stati Uniti si osservato che la monocoltura di mais comportava pi erosione di ogni altra coltura. I fattori del Midwest che avevano abbandonato la rotazione delle coltivazioni a vantaggio della soia e del mais, hanno visto aumentare la possibilit di erosione del suolo. La mancanza di rotazione delle colture ne ha determinato la vulnerabilit alle diverse malattie, con la necessit di un utilizzo sempre crescente di pesticidi, pi che in ogni altra coltura. Negli Stati Uniti il 41% degli erbicidi e il 17% degli insetticidi sono utilizzati nella coltivazione del mais. La messa a coltura di certe terre comporta la loro salinizzazione e la loro acidificazione. Un rapporto pubblicato sulla rivista Science nel 2005 da Robert Jackson e al., spiega che la sostituzione delle foreste nella pampa argentina con eucalipti comporta la salinizzazione del suolo, perch le piante vanno a pescare lacqua in profondit riportando in superficie i sali minerali sotterranei. Le conseguenze sono ancora pi drammatiche nella stagione secca in cui si verifica una riduzione sostanziale della corrente e del livello dei corsi dacqua che si trovano vicini ai campi coltivati. anche il caso del Brasile nel Minas Gerais. Secondo questo stesso autore ne risulta uno squilibrio nei nutrimenti minerali del suolo che porta da una parte allesaurimento del calcio, del magnesio, come del potassio perch troppo utilizzati dalle piante e dallaltra a un arricchimento in sodio che porta a terreni sempre pi salini50 e quindi inadatti allagricoltura. Daltra parte, numerose misurazioni effettuate su diversi terreni in Africa, in Asia e in America latina, hanno mostrato che lutilizzo intensivo di pesticidi e fertilizzanti nelle piantagioni della palma da olio, del mais e di altre monocolture per la produzione di agrocarburanti, porta veramente allacidificazione dei suoli, rendendoli per lungo tempo inadatti ad ogni altro utilizzo. Gli effetti sullambiente globale. Questi effetti si traducono anche in un
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cambiamento climatico su scala planetaria che causa la distruzione massiccia degli ecosistemi tropicali.51 La messa a coltura delle foreste tropicali induce a medio e lungo termine cambiamenti climatici non trascurabili su scala planetaria. Esiste infatti una interazione tra i tre elementi: acqua, foresta, clima. La loro simbiosi delicata tanto che una manipolazione poco giudiziosa delluno o dellaltro comporta uno squilibrio del sistema nel suo insieme, a volte anche con conseguenze incommensurabili. Linterazione di questi componenti pu avere implicazioni su larga scala. Cos, secondo uno studio condotto allUniversit di Oxford, risulta che la deforestazione selvaggia del bacino del Congo comporta riduzioni della pluviometria fin nella regione dei Grandi Laghi negli Stati Uniti (approssimativamente dal 5 al 15%), in Ucraina e nel nord del Mar Nero (Russia).52 Il cambiamento climatico, a sua volta, colpisce seriamente le foreste tropicali, in cui si osserva in questi ultimi anni una diminuzione delle precipitazioni. La conclusione di un altro studio condotto in Svizzera che la produzione e la fabbricazione degli agrocarburanti rischiano di essere ancora pi nocive della benzina e del diesel di origine fossile. Le loro conseguenze sullambiente sono liper fertilizzazione delle coltivazioni e lacidificazione dei suoli agricoli, con la conseguente perdita della biodiversit delle specie.53 Segnaliamo anche che , secondo lo stesso studio, uno degli attentati degli agrocarburanti allambiente si colloca a livello della produzione della stessa materia prima. NellAfrica tropicale, per esempio, uno dei metodi usati per lestensione della coltivazione della palma oleaginosa la pratica dellagricoltura sui terreni bruciati, la cui conseguenza immediata lemissione di una grande quantit di CO2 e di fuliggine che aumentano linquinamento dellaria. Nel Minas Gerais in Brasile, si segnala un fenomeno simile a proposito della trasformazione degli eucalipti in carbone di legno per lindustria siderurgica. Questa pratica agricola provoca una riduzione della fauna del suolo, importante per la sua struttura e per la fissazione dellazoto atmosferico, scopre il suolo e lo rende suscettibile di erosione e infine provoca la diminuzione della fertilit e anche la desertificazione in caso di una applicazione intensiva e prolungata.
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In Indonesia, la trasformazione della foresta primaria in piantagioni di palma da olio una fonte notevole di liberazione di CO2 nella natura. Come abbiamo visto, vengono utilizzate due zone, quelle secche e quelle paludose. Infatti, dopo essersi sviluppate nelle zone pi secche risultate dallabbattimento della foresta, le piantagioni si spostano verso le zone paludose sulle torbiere. Seccandosi, queste ultime liberano pi ossido di carbonio nellatmosfera di quello assorbito dagli alberi. In Indonesia stata segnalata nel regno animale una riduzione notevole della popolazione degli orangutan. Stimati in 300.000 individui alla partenza, ne restano solo 50.000. Nel corso di 20 anni l80% del loro habitat stato trasformato in piantagioni di palma da olio.54 I rinoceronti di Sumatra, le tigri, i gibboni, i tapiri, le nasiche e migliaia di altre specie animali dAfrica e dAmerica latina, potrebbero seguire la stessa strada. Ricordiamoci che secondo un rapporto pubblicato dagli Amici della terra nel 2008, si calcola che tra il 1985 e il 2000, lo sviluppo delle piantagioni di palma da olio stato responsabile dell87% della deforestazione in Malesia. A Sumatra e nel Borneo, circa 4 milioni di ettari di foreste sono stati convertiti in piantagioni di palma da olio. Anche il famoso parco Nazionale di Tan Jung Puting nel Kalimantan stato fatto a pezzi dai piantatori. Sfortunatamente niente sembra fermare il processo e gli effetti a lungo termine rischiano di danneggiare pesantemente la situazione climatica di questi pozzi di carbonio che sono le foreste tropicali. Gli effetti sociali degli agrocarburanti Abbiamo constatato anche che gli effetti sociali della produzione degli agrocarburanti sono particolarmente gravi. Siccome le situazioni variano molto da una regione allaltra, le affronteremo da due punti di vista diversi: quello dei paesi del sud e quello dei paesi del nord. Gli agrocarburanti sono in genere ben accolti dagli agricoltori e dai decisori politici dei paesi del nord, perch producono posti di lavoro e sono considerati una opportunit per le agricolture familiari e soprattutto come un mezzo per ridurre la loro dipendenza da un barile
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di petrolio sempre pi caro e in pi prodotto allestero. Alcuni agricoltori del nord sono soddisfatti perch gli agrocarburanti trascinano laumento del prezzo delle materie prime agricole per il produttore (mais negli Stati Uniti) dopo parecchi anni di stagnazione dei prezzi. Essi permettono anche lutilizzo di terre arabili lasciate a maggese secondo le quote di produzione imposte dalla politica agricola comune (PAC) dellUnione Europea. Altri per constatano che questo provoca uno stato di dipendenza sempre pi forte dalle grandi imprese che controllano i prezzi e i meccanismi del mercato. Si ha dunque una doppia reazione di cui lesatta misura non ancora stata stabilita. Tuttavia nel sud che gli effetti saranno pi nocivi, perch l che avr luogo la maggiore produzione, poich sui 16 milioni di ettari di cui lEuropa ha bisogno per rifornire le sue fabbriche di agrocarburanti e nutrire i capi di bestiame consumati dalla sua popolazione, solo il 13% si trovano sul suo territorio (Amici della terra).55 La domanda sempre crescente di agrocarburanti su scala planetaria, prima o poi entra in conflitto con la gestione generale del pianeta. LUnione europea, con il suo obiettivo del 10% di agrocarburanti da incorporare nel diesel entro il 2010 e il 20% di energia rinnovabile entro il 2020, avr ulteriore necessit di seminare distese agricole per raggiungere gli obiettivi. Ma non dispone di spazi sufficienti e dovr ricorrere ai paesi del sud che forniscono attualmente pi del 50% degli agrocarburanti su scala mondiale. Questa ambiguit pone la questione degli spazi arabili supplementari da assegnare alle coltivazioni destinate agli agrocarburanti, sapendo che i paesi del sud si trovano sempre davanti lo spinoso problema della sicurezza alimentare. Del resto questa situazione allorigine di espulsioni ed espropriazioni di numerosi contadini e in particolare delle popolazioni autoctone dalle terre dei loro avi. Ogni resistenza allespulsione e allespropriazione si conclude con la repressione e a volte con la morte di uomini, notoriamente ad opera dei paramilitari. Questo provoca, come gi visto, movimenti massicci di popolazione verso i grandi centri urbani dove i contadini vanno a ingrossare il numero dei disoccupati nelle bidonvilles e vivono per lo pi nella pi grande precariet.
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Secondo il Forum permanente della Nazioni Unite sulla questione degli autoctoni, circa 60 milioni di individui nel mondo corrono il rischio di espulsione dalle loro terre per far posto alle colture che necessitano agli agrocarburanti.56 il caso dei 5 milioni di persone della regione indonesiana del Kalimantan ovest. Altri dovranno rimanere a lavorare nelle piantagioni in condizioni subumane e deplorevoli, che non rispettano i diritti fondamentali dei lavoratori. Le lavoratrici sono ancor pi discriminate e ancor meno pagate degli uomini. Le espulsioni dei contadini sono incominciate evidentemente prima dellespansione degli agrocarburanti. Negli anni settanta, per esempio, stato il caso del Paran (Brasile) in cui 2,5 milioni di persone furono spostate per la coltivazione della soia utilizzata come fonte di olio alimentare o del Rio Grande do Sul in cui 300.000 persone dovettero lasciare la loro terra per la stessa ragione. In tutti i continenti del Sud e soprattutto in America latina e in Asia del sud est, si rilevano casi circostanziati illustrati dai rapporti del Movimento per le Foreste tropicali la cui sede si trova in Uruguay (www.wrm.org.uy). il caso del Kalimantan occidentale in Indonesia, delle distruzione dei giardini dei Dayaks. Questi ultimi producono legno, miele, piante medicinali, frutta, ma da ora in avanti dovranno coltivare la palma da olio. Le popolazioni dapprima hanno visto le loro entrate diminuire e poi fluttuare secondo i prezzi del mercato internazionale. Nello stesso paese, a est di Sumatra, ci sono 10.800 famiglie che sono state costrette ad emigrare dallimpresa PT Citra Mandiri Vidya Nusa, propriet dellex ministro dellagricoltura. Nel Camerun alcune popolazioni furono spostate dalla loro terra senza consultazione e reinsediate in zone nuove con promesse, non mantenute, di indennizzo da parte delle compagnie. Non venne rispettato il diritto tradizionale e una parte dei capi furono comperati o ingannati. In Cambogia, due anni dopo linizio dello sfruttamento della palma, le popolazioni spostate dalla compagnia Mong Rethihy Investment Cambodia Oil Palm, non avevano ancora ricevuto terre. Questa pratica provoca numerosi conflitti. In Cambogia nel 2004, i contadini coinvolti dai casi citati, hanno bruciato 500 palme, causando alla compagnia una perdita di 70.000 USD. In Indonesia, a Kuala
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Batu nel 1998, i contadini hanno incendiato un accampamento di lavoratori e furono arrestati in 49. Quattro impiegati della compagnia Sarawak Oil Palm (di fatto membri delle compagnie private di sicurezza) furono uccisi e i Dayaks accusati condotti in giudizio. Nello stesso paese sono i militari che intervengono per cacciare la gente dalle loro terre a vantaggio delle compagnie Tanjung Katung Sejaktera e PT Dasa Anugeran Sejati. Casi simili si segnalano in Malesia, nelle Filippine, in India, in Nigeria, nel Ghana, in Papuasia Nuova Guinea. In Colombia, nella regione di Curvarado, descritta precedentemente, hanno luogo dei veri e propri massacri. I popoli indigeni sono tra le popolazioni pi vulnerabili. Abbiamo gi parlato dei Dayaks a Sumatra, ma nella stessa isola, nella zona del parco nazionale di Bukit Tiga Puluk, gli indigeni hanno perso 3000 ettari, cosa che ha portato a un conflitto serio tuttora irrisolto. Nel Paraguay la deforestazione illegale dellAroleyo avviene su territori indigeni. Nel sud Bolivar, in Colombia, sono oggetto di espulsione le comunit di discendenza africana. Nel Myanmar nel 2006, la compagnia Yan Maing Myint ha espulso delle minoranze etniche con laiuto dellesercito e la preparazione delle terre per le piantagioni si realizza attraverso il reclutamento forzato. Bisogna segnalare anche le penose condizioni di lavoro nelle piantagioni e gli effetti sulla salute. Prima di tutto c il ritmo e la lunghezza della giornata di lavoro. Nel Salvador i lavoratori tagliano dalle 5 alle 12 tonnellate di canna al giorno.57 In Brasile le cifre sono spesso superiori. Nel primo caso il lavoro copre 7 giorni su 7, per un salario che equivale a 2,5 dollari al giorno. In Malesia le donne forniscono il 50% della mano dopera sotto forma di lavoro temporaneo nello spargimento dei concimi e dei fitofarmaci, lavoro nocivo. Si segnala un gran numero di incidenti e di malattie. I fusti della canna e le foglie delle palme sono molto taglienti e il lavoro pericoloso per gli occhi. C pochissimo controllo medico. Si riscontrano spesso malattie della pelle, infiammazioni genitali, stati di affaticamento, mali di testa, causati dai prodotti chimici utilizzati come pesticidi e come concimi e dalle lunghe giornate di lavoro senza riposo. I sindacati sono per lo pi proibiti, sia in Asia che in America latina e quando esistono sono sottoposti a misure repressive che impedi157

scono loro di realizzare il loro compito di difesa degli interessi dei lavoratori. In Colombia numerosi dirigenti sindacali di questi settori sono stati assassinati. Nello Stato di San Paolo nel giugno 2007 stato organizzato uno sciopero dei tagliatori di canna per chiedere la settimana di 30 ore e il pagamento a metro e non a tonnellata. Nel settembre 2008 scesero in sciopero pi di 200.000 lavoratori della canna da zucchero nella valle del Cauca in Colombia, per ottenere condizioni di lavoro pi umane e per protestare contro lestensione della monocoltura della canna da zucchero che andava ad occupare le zone di produzione di riso e la foresta tropicale. Come si vede, le conseguenze sociali dellestensione degli agrocarburanti sono molto serie. Il processo segue la logica dello sfruttamento della mano dopera in quanto fattore di produzione a basso costo. Proprio come la distruzione ecologica, gli effetti sociali appartengono alle collateralit del calcolo economico e sono le esigenze dellaccumulazione del capitale che determinano le decisioni. Occorre infine aggiungere che nei paesi del sud, la messa a coltura di diversi tipi di agrocarburanti (palma da olio, eucalipto, ecc.) costituisce una fonte di introiti a breve e medio termine non trascurabile per gli Stati che non esitano a promuoverli a dispetto delle loro conseguenze sociali. Il risultato un rafforzamento delle diseguaglianze sociali e una fonte in pi di corruzione. Prima di trarre delle lezioni da queste constatazioni, affronteremo le dimensioni socio-economiche dellagroenergia.
Note 1. 2. 3. J.W.B. Vidal, Brazil-Civilizaao suicido, Brasilia, 2002, 25-28 Ecoactif, 17.06.07 Agrawal, 2005 4. www.wikipedia.org 5. Prieur-Vernat, His, Les biocarburants dans le monde, Paris, IFP, 2007 6. Maurice Luneau, La documentation franaise, Paris, 1982 7. Ibidem 8. Lesterificazione una reazione chimica tra un olio e un alcol, che produce lestere della glicerina e degli acidi grassi 9. J.D.Pellet e E. Pellet, Jatropha curcas, le meilleur des biocarburants, Paris, Favre, 2007 10. Ballerini 2007
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CAPITOLO 5 LE DIMENSIONI SOCIO-ECONOMICHE DELLAGROENERGIA Il modello agricolo alla base degli agrocarburanti Dato che oggi lagroenergia si sviluppa nel quadro della logica capitalistica, non inutile ricordare le condizioni generali della produzione agricola come fattore di accumulazione. La produzione di alimenti evidentemente essenziale per la sopravvivenza dellumanit. Ma oggi alcuni esprimono seri timori sulla possibilit di nutrire tutti gli esseri umani in un futuro a breve termine. La FAO daltra parte sicura che la terra pu nutrire 12 miliardi di persone. Avevamo gi affrontato questo problema nel 1963 con Michel Cpde, delegato francese alla FAO, e con Linus Grond, segretario generale della FERES, Federazione internazionale degli Istituti di ricerche socio-religiose.1 Le proiezioni demografiche prevedono una popolazione da 9 a 10 miliardi di abitanti per il 2050, con una stabilizzazione delle cifre a partire da quel periodo. Ma come possibile che oggi su 6 miliardi di persone, pi di 800 milioni soffrano la fame e che ogni 4 secondi un essere umano muoia di fame?2 Senza pregiudicare alcune cause naturali, si pu affermare che il fattore dominante di ordine economico-politico. Lo sostiene Fred Magdoff, professore di agronomia allUniversit del Vermont, negli Stati Uniti: La malnutrizione cronica e linsicurezza alimentare sono causate essenzialmente dalla povert e non dalla mancanza di produzione alimentare.3 Porre queste domande ha un senso importante per la questione degli agrocarburanti, perch essi faranno inevitabilmente concorrenza alla produzione alimentare e perch si inquadrano nella logica dominante dellattivit agricola. Quale dunque il modello di economia agraria favorito dal sistema economico contemporaneo? Largomento chiave precisamente quello dellalimentazione mondiale. Di fronte alla dimensione del fenomeno della fame, il ragionamento consiste nel dire che solo una
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produzione accresciuta potr soddisfare i bisogni. Ma, sempre secondo lo stesso sistema di pensiero, la piccola unit contadina si rivela del tutto inefficiente da questo punto di vista. Bisogna quindi dare impulso a unagricoltura capace di produrre in massa, cosa tanto pi necessaria, in quanto le abitudini alimentari si trasformano e diventano uniformi in regime di mondializzazione, e dallagricoltura non si ricavano solo gli alimenti ma anche ingredienti industriali per le imprese farmaceutiche o cosmetiche, mentre oggi infine esplode la domanda di agrocarburanti. Come rispondere dunque alla doppia esigenza di nutrire lumanit e di produrre materie prime e combustibili verdi? La risposta relativamente semplice nel quadro di questa logica. Bisogna estendere la monocoltura, il che permette di ridurre i costi per mezzo di economie di scala e di diminuire lutilizzo di manodopera grazie alla meccanizzazione. Bisogna dunque concentrare la propriet della terra e procedere a controriforme agrarie. Esiste anche la necessit di accrescere la produttivit, da cui derivano luso intensivo dei concimi per arricchire il terreno, lapplicazione di prodotti chimici per distruggere i parassiti e lutilizzo delle tecniche degli OGM per rendere le piante pi resistenti ai rischi naturali o artificiali. Daltra parte risulta anche vantaggioso universalizzare alcune razze di bestiame, grande, medio o piccolo, perch ci facilita la vendita sui mercati. Dato poi che la manodopera agricola abbondante, pu restare poco costosa. la legge del mercato. Il trattamento industriale dei prodotti agricoli e dellallevamento permette la razionalizzazione dei tempi di manipolazione e la loro distribuzione pu allora entrare nei circuiti internazionali, allo stesso titolo dei prodotti industriali. Tutto ci permette di creare progressivamente un mercato agricolo mondiale che allinea i prezzi sul pi efficiente e contribuisce cos a razionalizzare leconomia agricola. Si tratta di unautentica rivoluzione verde, analoga alla rivoluzione industriale. Per realizzare compiti cos erculei, allo scopo ricordiamolo bene di nutrire fra 9 e 10 miliardi di individui alla met del XXI secolo, solo delle imprese di grandi dimensioni e capaci di trascendere le frontiere degli Stati sono in grado di rispondere ai bisogni e di vincere la sfida. Questa in breve la posizione del modello capitalistico. Sulla base di queste
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premesse, il discorso diventa moralistico e quasi messianico, soprattutto quando affronta il tema degli agro combustibili. Il carattere meno inquinante di questi combustibili rispetto allenergia di origine fossile e dunque meno distruttivi del clima, permette infatti di definirli biocombustibili, nel senso simbolico del termine. Questo linguaggio non manca di logica, ma le zone dombra sono rilevanti. Anzitutto, come in ogni ragionamento economico capitalistico, non si prendono in considerazione le esternalit. Finch linquinamento dei terreni, dellacqua e dellatmosfera, o ancora il costo collettivo dellurbanizzazione selvaggia o la resistenza dei contadini allontanati e dislocati non mettono a rischio i profitti degli investimenti, linsieme di quei fattori viene ignorato. I mercati agricoli differenziati che rispondono alle necessit della sovranit alimentare o alle abitudini culturali, o la propriet collettiva della terra da parte di comunit contadine o indigene (lejido in Messico, le terre collettive in Vietnam o in Cina, la propriet comunale nello Sri Lanka), costituiscono delle eresie per uneconomia di mercato capitalistica e devono lasciare il posto a soluzioni pi razionali e pi efficienti dal punto di vista economico. Questo per il punto dolente: efficienti in funzione di che? Lequilibrio ecologico del pianeta o il benessere dei contadini che ricordiamolo - costituiscono ancora circa la met della popolazione mondiale; la sostenibilit della produzione agricola o infine laccumulazione di capitale, che non solo da mezzo diventa fine e si rinchiude nel breve e medio termine? Questultima preoccupazione cancella dal panorama tutto ci che non contribuisce al profitto e ai suoi componenti inseparabili: mercatizzazione di tutte le attivit umane (ridotte al loro valore di scambio), redditivit finanziaria obbligatoria, competitivit senza tregua, spirito di impresa legato esclusivamente alla propriet privata dei beni di produzione, centralit del denaro divenuto anchesso una merce. Si tratta veramente di una perversione di ci che si potrebbero chiamare le costanti delleconomia. vero che alcuni elementi non vanno trascurati: il mercato un buon regolatore della domanda e dellofferta, quando il rapporto sociale fra i diversi partner equo; una redditivit che includa tutti i parametri del benessere umano permet163

te di evitare gli sprechi; la competizione esclude i monopoli paralizzanti e rafforza lefficienza dei processi produttivi. Infine lo spirito imprenditoriale deve poter essere appannaggio di tutti gli esseri umani iscrivendosi nel quadro di unappropriazione socializzata dei beni di produzione (il che non significa un semplice ampliamento dellazionariato, n necessariamente la statalizzazione di tutti i settori). Quanto allutilizzo di uno strumento universale di scambio di beni e servizi come la moneta, essa un utile mezzo di transazione, ma non lunico. Tutto ci significa che gli elementi costitutivi dellattivit economica sono subordinati a un criterio superiore che attribuisce loro un senso e un posto nella struttura del sistema di produzione e di scambio. In un primo modello, questo criterio costituito dal bene comune dellumanit, cio la vita fisica, culturale e spirituale dellinsieme degli esseri umani nel mondo. A questo punto viene privilegiato il valore duso (cio il contributo alla vita e alla sua riproduzione) e si introduce positivamente lidea che alcuni settori non vengano assimilati alle merci e non si possano misurare sul metro della pura redditivit finanziaria e non vengano subordinati a brevetti e a competizione monetaria. Si tratta per esempio dellacqua, delle sementi, dei servizi pubblici, in particolare sanit ed istruzione. Ogni societ deve definire democraticamente le frontiere di questo ambito di bene comune, che daltra parte possono evolvere secondo il tempo e lo spazio. Nellaltro modello, il parametro di base dato dallaccumulazione del capitale, intesa come motore principale del funzionamento delleconomia. Il discorso identifica allora le diverse componenti delleconomia secondo quel criterio, come se non potessero esistere altrimenti. Da qui il dogma del mercato, che arriva a ci che si chiamato il pensiero unico e la forza di convinzione di coloro che pretendono che non ci siano alternative. Meglio ancora, il sistema naturalizzato, rifiutandogli cos ogni carattere di costruzione sociale. E tuttavia le diseguaglianze sociali espresse nel famoso grafico del PNUD a forma di coppa di champagne che illustra la distribuzione del reddito nel mondo (il 20% dei pi ricchi assorbono l82% delle ricchezze mondiali e il 20% dei pi poveri se ne divide l1,6%) indica chiaramente che solo una esigua minoranza, su scala
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mondiale, monopolizza il consumo e il potere decisionale delleconomia, mentre le folle inutili sono ridotte alla sopravvivenza e alla miseria. La produzione di ricchezza nel mondo potrebbe invece permettere a tutti non solo di godere la vita, ma anche di essere attori capaci di contribuire al benessere di tutti. Come si traduce questo nellambito dellorganizzazione delleconomia agraria? Samir Amin riassume assai bene la questione: Lagricoltura capitalistica, rappresentata da una nuova classe di contadini ricchi, cio di latifondisti modernizzati, o da terre sfruttate dalle transnazionali dellagrobusiness, si appresta a dare lassalto allagricoltura contadina. Ne ha avuto via libera alla riunione dellOMC di Doha. La produzione divisa fra due settori la cui natura economica sociale perfettamente distinta. Lagricoltura capitalistica, diretta dal principio della redditivit del capitale, localizzata quasi esclusivamente in America del nord, Europa, nel cono sud dellAmerica Latina e in Australia, impiega solo qualche decina di milioni di agricoltori che non sono pi veramente dei contadini. Ma la loro produttivit, funzione della motorizzazione e della superficie di cui ognuno dispone, si muove fra 10.000 e 20.000 quintali di equivalenti cereali per lavoratore e per anno. Le agricolture contadine si dividono a loro volta fra quelle che hanno beneficiato della rivoluzione verde (concimi, pesticidi e sementi selezionate), tuttavia assai poco motorizzate, la cui produzione oscilla fra 100 e 500 quintali per lavoratore e quelle che si situano prima della rivoluzione, la cui produzione soltanto intorno ai 10 quintali per persona attiva. Il divario fra la produttivit dellagricoltura meglio attrezzata e quella dellagricoltura contadina povera, che era di 10 a 1 prima del 1940, oggi di 2.000 a 1.4 Questa descrizione della situazione attuale ci rimanda ai meccanismi messi in funzione per arrivare a tale risultato, e che ci limitiamo a citare: priorit allesportazione, inaccessibilit del credito per i piccoli contadini, importazione di prodotti alimentari, disboscamento massiccio, monocultura e concentrazione della propriet. Un personaggio di questo ambiente, Blairo Maggi, governatore del Mato Grosso in Brasile e grande produttore di soia, afferma senza ambagi: Tutta leconomia tende alla concentrazione. I prezzi unitari cadono e si ha
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bisogno di volumi enormi per sopravvivere.5 Le conseguenze sociali sono gigantesche. Abourahmane Ndiaye, dellUniversit di Bordeaux, le sintetizza con unespressione contundente: Venti milioni di produttori efficienti che dispongono di un consistente apparato di produzione, fabbricano 5 miliardi di esclusi. La dimensione creativa delloperazione rappresenta solo una goccia dacqua rispetto alloceano di distruzione che essa esige. Questi fenomeni sono stati acutamente analizzati da autori come Samir Amin, gi citato, Marc Mazoyer o Jacques Berthelot, in una letteratura copiosa e in gran parte sintetizzata nel numero di Alternative Sud su Questione agraria e mondializzazione (Vol. IX, 2002, n. 4; tr. it., Questione agraria e globalizzazione, Edizioni Punto Rosso, 2004). Si poi compiuto un nuovo passo con lacquisto di gigantesche concessioni nei continenti del Sud, soprattutto in Asia e Africa. Per esempio, una societ norvegese ha acquistato 38.000 ettari da un capo tradizionale del Ghana. La societ sudcoreana Daewoo ha concluso un contratto daffitto di 99 anni su pi di un milione di ettari in Madagascar, la met delle terre arabili del paese, che James Petras definisce colonialismo su invito6. Nel Laos, ci sono trattative analoghe per due o tre milioni di ettari. In Cambogia il gruppo cinese Haining ha ottenuto 21.250 ettari nella provincia di Kampong Speu. In Africa si segnalano delle concessioni attribuite a imprese giapponesi, cinesi e statunitensi per piantagioni alimentari o di agro combustibili. La FAO parla di un nuovo colonialismo. Rivoluzione verde, riforma agraria, prendono in questo contesto significati ben specifici, destinati a promuovere lagrobusiness. I sussidi agli agricoltori in periodi di eccedenti, che secondo Jean Ziegler nel 2005 raggiungevano i 349 miliardi di dollari allanno, erano diventati in gran parte un mezzo per far passare il denaro pubblico ai privati e di privilegiare coloro che entrano nella logica del capitalismo agrario. E infine lelemento principale sottaciuto in tutta la questione che la trasformazione dellagricoltura contadina in agricoltura produttivista anche e forse soprattutto - una delle nuove frontiere del capitalismo, che permette di affrontare le crisi di accumulazione nei settori industriali e finanziari. Se ne vede una conferma in Francia, dove a partire dal 2006 con laumento dei prezzi dei
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cereali, gli investitori si interessano improvvisamente alle materie prime agricole e la speculazione in parte responsabile della brutalit del rialzo7. La domanda di alcuni paesi emergenti ha permesso di liquidare gli stock e lUnione Europea ha proposto di sopprimere il maggese nel 2008. Lo sviluppo dellagroenergia, deciso anche dalla stessa Unione Europea, fa da acceleratore, al punto che alcuni tornano a porre la questione dellalimentazione mondiale: Bisognava gestire degli eccedenti, adesso dovremo certamente gestire dei deficit, scrive Laeticia Claveul. Stessa storia per il mais in America Latina o il riso in Asia. pur vero che, come ricorda il professor Hans Christoph Binswanger, dellUniversit di San Gallo, in Svizzera, il valore aggiunto generato dallagricoltura sistematicamente inferiore a quello dellindustria8. Le ragioni sono diverse: una domanda quasi anelastica (i prodotti sono sempre gli stessi); condizioni di aumento produttivo pi costrittive, ammortamenti pi lenti delle macchine utilizzate al ritmo delle stagioni, limiti dei coadiuvanti, concimi e pesticidi pericolosi per la salute o la fertilit dei terreni; una concorrenza che si pu fare solo sui prezzi e margini molto deboli fra prezzi e costi. Come si pu vedere, le differenze con lindustria sono notevoli, senza parlare poi della logica dei mercati finanziari. Allora lagricoltura come pu diventare una nuova frontiera per laccumulazione del capitale? Ci pu verificarsi solo con un aumento della domanda e a questo scopo sono possibili tre meccanismi. Il primo potrebbe essere la soddisfazione quantitativa dei bisogni alimentari dellimmenso gruppo di popolazione mondiale che non mangia a saziet. Ma questo non affatto allordine del giorno, giacch il modello di crescita privilegia lo sviluppo del 20% della popolazione mondiale, trascurando coloro che possono contribuire solo marginalmente a produrre valore aggiunto e non sono in grado di diventare consumatori a breve o medio termine. Lemergenza di paesi come la Cina o lIndia ha certamente un impatto sulla domanda, dato che si tratta di paesi molto popolati: se il 20% dei cinesi o degli indiani mangiassero un po pi pane o carne, diventerebbero una buona massa di clienti, capaci di contribuire almeno indirettamente allesaurimento delle scorte europee, americane o asiatiche, e di dare un colpo di frusta agli al167

levamenti di bestiame in Argentina, Brasile o Colombia. Ma per il momento lessenziale della domanda viene soddisfatto con le risorse interne dei paesi emergenti. La seconda soluzione consiste nel diversificare i prodotti in funzione di un cambiamento qualitativo della domanda. Sul piano alimentare, si tratta in generale di processi relativamente lunghi (consumo di carne, per esempio), salvo quando la rivoluzione nei trasporti permette una nuova offerta pi attraente. Larrivo sui mercati occidentali di primizie o di prodotti esotici trasportati per aereo ha trovato degli sbocchi fra gli strati a reddito superiore o medio. Da qui lo sviluppo quasi industriale di certe produzioni (i fiori, per esempio) in regioni della periferia, che hanno provocato costi ecologici notevoli e condizioni sociali per lo pi deplorevoli. Si tratta infatti di paesi che non si preoccupano affatto di questi aspetti della questione. Basta che ci sia un ritorno di divisa estera per retribuire il capitale locale e per mantenere o accrescere, con le importazioni, il livello di consumi delle classi alte e medie. Bisogna tuttavia aggiungere che si tratta per lo pi di investimenti stranieri, che lasciano solo un posto ridotto a una borghesia che funge da intermediario (compradora), ma che ha molta influenza nellambito politico nazionale. La terza soluzione una nuova domanda non alimentare, per diversi tipi di industria e pi precisamente oggi per quella degli agrocarburanti che arrivano al momento giusto per rianimare il prezzo dei prodotti agricoli e la loro funzione di rifugio finanziario in situazione di crisi. a questo punto che interviene la maniera di produrre pi efficientemente, in modo che i costi vengano ridotti al minimo e i guadagni massimizzati: cio la monocoltura. Questa infatti trasforma enormi spazi di agricoltura contadina o di foresta, trasformandoli per la produzione di un vegetale unico, soia, eucalipto, palma da olio, canna da zucchero, mais, grano, con tutti gli svantaggi ecologici e sociali che questo tipo di attivit agricola comporta. Ecco perch lagroenergia si inquadra anchessa nella nuova frontiera del capitalismo, con il doppio vantaggio di contribuire allaccumulazione e di rispondere apparentemente alle preoccupazioni ecologiche diventate imprescindibili. Ma bisogna assicurarsi che i due obiettivi siano compatibili.
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Gli agro combustibili: la posta in gioco sul piano economico e finanziario Il settore degli agrocarburanti ha dunque suscitato grande interesse negli ambienti economici. Come abbiamo visto, per un tempo abbastanza lungo,la prima reazione stata il rifiuto di ammettere le cause e le conseguenze dei cambiamenti climatici. Quando il problema ha abbandonato lambito delle esternalit per entrare in quello dellaccumulazione, le prospettive sono cambiate. Lavvicinarsi ai picchi di produzione dellenergia fossile e laumento del prezzo del petrolio si sono sommati ai guasti climatici e sono sfociati sullinteresse per gli agrocarburanti. Lopinione pubblica, allertata dalle relazioni scientifiche, dalle decisioni politiche e dai mezzi di comunicazione di massa, era pronta a legittimare ogni misura in grado di diminuire le emissioni di CO2 nellatmosfera e di risolvere la crisi energetica. Daltra parte, varie grandi potenze mondiali, come gli Stati Uniti e lUnione Europea, senza parlare poi dei paesi emergenti come India e Cina, si preoccupavano sempre pi per la loro dipendenza in fatto di energia fossile dal Medio Oriente o da altre regioni instabili, in Africa o in America Latina. Ci ha spinto gli Stati del Nord, ma anche del Sud, a dare impulso al settore delle energie rinnovabili con una serie di misure che vanno dal sussidio diretto alla detassazione o alla diminuzione dei dazi doganali. Esisteva dunque un contesto favorevole alla possibilit di investimenti redditizi nelle energie verdi e in particolare negli agrocarburanti. Infatti le tecnologie della prima generazione di etanolo e di agrodiesel erano ormai a punto, il che permetteva un rapido ritorno degli investimenti. Le ricerche su una seconda o terza generazione (uso di rifiuti vegetali e poi della cellulosa, cio del legno) erano state avviate, con speranza di risultati rapidi. Le ricerche erano daltra parte ampiamente finanziate con fondi pubblici. Era anche loccasione per dare impulso a nuove tecnologie, monopolizzate da gruppi poderosi, in particolare nel settore degli OGM. Il settore degli agrocarburanti presenta dunque numerose sfaccettature nellambito degli interessi economici. Mentre nel caso del petrolio e del gas le imprese pubbliche hanno ripreso il sopravvento,
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lasciando ai privati le raffinerie e la distribuzione, anche se certe imprese di Stato sono dominate a volte dal capitale privato come nel caso di Petrobras in Brasile, gli agrocarburanti entrano invece direttamente nel settore privato fin dalla tappa della produzione. Alcune imprese multinazionali o grandi proprietari acquistano enormi quantit di terreni. In generale, si tratta di imprese locali che a prima vista sembrano godere di autonomia finanziaria, perch hanno uno status giuridico proprio. Ma sono spesso legate fra loro mediante azionisti comuni, individuali o istituzionali, oppure fanno parte di gruppi pi complessi che le riportano nellambito del capitale internazionale, quando non siano semplicemente il nome locale di unimpresa transnazionale. il caso della palma da olio o della soia. Nelle regioni tropicali letanolo in genere legato alle grandi piantagioni di canna da zucchero ancestrali, dellantica oligarchia convertita al capitalismo agrario. il caso del Brasile o delle Filippine. Ma vi si ritrovano anche gli investimenti internazionali, sia da parte degli iper-ricchi in cerca di nuovi piazzamenti redditizi a breve, come Bill Gates o George Soros, gi citati, sia da parte delle multinazionali dellautomobile, della chimica e dellagricoltura. Era dunque importante affrontare la materia delle poste in gioco sul piano economico e finanziario, che ci che facciamo ora, occupandoci successivamente delle nuove dimensioni dellagrobusiness, degli investimenti privati e pubblici e delle reti internazionali del capitale impegnate nel settore degli agrocarburanti. Le nuove prospettive dellagrobusiness Con gli agrocarburanti, lagroenergia prende nuovo slancio. Gi da pi di un secolo le grandi imprese multinazionali erano interessate alla produzione e alla distribuzione di prodotti agricoli. Poi si sono aggiunte le sementi, soprattutto da quando stato possibile applicare la genetica ai settori agricoli e allo sviluppo degli OGM. Lindustria chimica ha messo sul mercato dei fertilizzanti e dei pesticidi per aumentare o proteggere i rendimenti agricoli. Si sono creati dei legami fra questi diversi settori, e alcune societ come per esempio la Monsanto combinano varie funzioni. Visto lo sviluppo degli agrocarburanti, si interessano allagricoltura
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due nuovi settori, cio le societ petrolifere e quelle automobilistiche. Nel primo caso, si tratta di mantenere i monopoli stabiliti sulle risorse energetiche, nel secondo di mantenere il controllo sui nuovi combustibili adattandoli al ritmo richiesto dalle tecnologie applicate ai motori. Alcuni esempi concreti permettono di capire le molteplici implicazioni e le alleanze che si annodano intorno a questa nuova attivit. Praticamente tutte le societ petrolifere oggi si interessano agli agrocarburanti. Si notano i nomi della Total in Africa, della Shell che investe nelle ricerche per la produzione di etanolo a partire dalla cellulosa, della BP e della Exxon, ma anche di imprese pi giovani, come Petrobras in Brasile o Repsol in Spagna e in America Latina, o ancora di Ecopetrol in Colombia, che possiede il 50% del capitale di sette imprese produttrici di palma e che ha investito 23 milioni di dollari nellimpresa Ecodiesel Colombia s.a. Sono evidentemente le imprese dellagrobusiness le pi interessate alla nuova attivit. Ma un certo numero di quelle stabiliscono stretti legami con imprese petrolifere o automobilistiche, per non parlare degli accordi che si stabiliscono nellambito del settore. Ci limiteremo a citare qualche caso, per illustrare la dinamica in corso. Archer, Daniel e Midland (ADM), uno dei giganti dellagrobusiness, ha concluso degli accordi con Cargill e Bunge per la produzione di agrocarburanti. Queste due grandi imprese sono direttamente impegnate nel settore. La Cargill, impresa statunitense, possiede 2,6 milioni di ettari di soia transgenica in Paraguay. Non si tratta unicamente di produrre agro combustibili, ma la nuova tendenza privilegia quel settore. Limpresa Central Energetica do Vale de Sapucai (Cevasa), nello stato di So Paulo, riunisce gli interessi di varie multinazionali. La Cargill ha anche costruito in Paraguay un megaporto per il trasporto della soia, con una capacit di esportazione di un milione di tonnellate allanno. Lo stesso ha fatto a Santarm del Parana, in Brasile, per mezzo della societ Cargill Agricola s.a., che ne la filiale brasiliana. Recentemente limpresa ha perduto un processo contro lo stato del Parana per una questione di controllo fiscale. La Bunge, pure statunitense, impegnata nellesportazione di zucchero e alcool dal Brasile. A questo scopo ha acquistato limpresa
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Santa Juliana di Minas Gerais e ha cercato di acquistare la Vale do Rosario, la terza fabbrica del paese per la produzione di etanolo. Con un altro gigante, la Dupont, ha creato unimpresa locale, chiamata Treus, destinata a produrre mais e soia ibridi e si impegnata anche con la BP per produrre etanolo a partire dalla canna da zucchero. La multinazionale svizzera Syngenta molto attiva in America Latina, in particolare nello sviluppo di enzimi per il mais ibrido (mais 3.272). Ha concluso un accordo decennale con la Diversa Corporation per la produzione di enzimi transgenici per letanolo. Limpresa Monsanto, che con Syngenta e Dupont controlla il 44% della vendita di sementi nel mondo, ha stabilito accordi per la produzione di biocombustibili a base di OGM; ne ha stabiliti inoltre con la Dow Chemicals per produrre sementi di mais resistenti a otto erbicidi e con la BASF per la ricerca di nuove forme transgeniche di mais, soia, cotone e cannella: linvestimento di 1,5 milioni di dollari. Un altro accordo stato stabilito con la Cargill per costituire insieme limpresa Renessen, destinata a produrre forme transgeniche di mais e soia per gli agrocarburanti e per il foraggio. Queste alleanze, da parte della Monsanto, hanno lo scopo di costruire una strategia competitiva con Syngenta e Dupont. Altre imprese di dimensioni minori sono pure presenti in questi settori, e non possiamo darne che qualche esempio. Si tratta fra laltro di Global Food, impresa statunitense che in Brasile si alleata con la Santa Elisa per costituire la Compania Nacional de Azucar et Alcool (CNAA) con un investimento di 2 miliardi di real per la costruzione di quattro fabbriche a Goias e Minas Gerais. Se lasciamo il continente latinoamericano per sbarcare su altre rive, possiamo citare in Africa, per esempio, la Socit Franaise de Caoutchoucs (Sofinal s.a.), una holding con sede in Lussemburgo, che possiede piantagioni di palma in Liberia, Costa dAvorio, Indonesia, Camerun e Nigeria. La Socit de Caoutchoucs de Grand Bereby (SOGB) con laiuto della Socit financire internationale (SFI), uno degli organismi che costituiscono la Banca mondiale, ha investito 6 milioni di dollari per piantagioni di palma in Costa dAvorio. Anche la Socit Camerounaise de Palmeraies (Socapalm), che appartiene al gruppo francese Bolor, investe in Africa nelle piantagioni di palma. In Papuasia
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stata creata unimpresa mista, la Pacific Palm Plantation Ld., con il 20% di partecipazione del governo, per lo sfruttamento di 23.000 ettari di palma da olio. Alcune imprese sia chimiche che farmaceutiche si sono pure interessate al settore degli agrocarburanti. Si tratta della Bayer, della Dow Chemical, della Dupont, che ha concluso laccordo con BP per la distribuzione delletanolo in Inghilterra, e anche della BASF. peraltro interessante vedere fino a che punto le strategie industriali si costruiscono sulla base di interessi totalmente diversi. Labbiamo appena constatato con la molteplicit dei grandi settori tradizionali. Ma ci sono anche gruppi e personalit che vedono in questo settore in crescita unopportunit di guadagni finanziari. il caso del Peter Cremer Gruppe, che ha investito 20 milioni di dollari a Singapore in una raffineria per la produzione di agrodiesel. Vi sono coinvolte altre imprese finanziarie, come la Kidd and Company degli Stati Uniti, che controlla limpresa Coopernavi in Brasile, della Merril Lynch, della Stark e Och-Zit Management, fondi di investimento attivi in Brasile, e della Infinity di Londra, che ha immesso capitali in quattro fabbriche che producono etanolo in Brasile. Vi si possono aggiungere la francese Louis Dreyfus, che ha iniettato capitali in quattro fabbriche del gruppo Tavares di Melo in Pernanbuco, e la Tereos, pure francese, che ha investito nella Cosan e nella Franco-Brasileira de Azucar, sempre in Brasile. Ricordiamo di nuovo che anche un certo numero di persone, ben note negli ambienti finanziari, si sono impegnate in questo settore. Si tratta per esempio di George Soros, azionista della Adecoagro di Minas Gerais e del Mato Grosso in Brasile, o di James Wolfensohn, ex direttore della Banca mondiale e amministratore della Brenco (Brasil Sun Renewable Energy Company) fondata da Andr Philippe Reichstuk, ex presidente di Petrobras, nella quale ha investito 2 miliardi di dollari. Vi si ritrova con Vinod Khosla, dellimpresa Sun Microsystem, uno dei fondatori di Google e pure azionista della Brenco. Carlos Slim, il principale uomo daffari messicano e, secondo Forbes, la seconda fortuna a livello mondiale, ha investito negli agrocarburanti in Paraguay. Bisogna infine citare Bill Gates, azionista dellimpresa Pacific Ethanol, attiva in Brasile. In Europa, la Nord
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Zucker-Sud Zucker e in India la BHL investono nel settore degli agrocarburanti. Questo genere di investimento ha cominciato a interessare anche i Fondi pensionistici, con il rischio, come segnalava il Wall Street Journal del 26 agosto 2006, di far rientrare gli agrocarburanti nellambito della speculazione. Dato che si tratta di un settore di punta, con ulteriori prospettive di sviluppo, altri tipi di imprese si impegnano a loro volta nel settore. il caso di alcune imprese del legno, come la Stora Enso, lAracruz, lAranco, la Botnia, impegnate in America Latina. Va ricordato che letanolo di seconda o anche di terza generazione prevede lutilizzo di cellulosa, cio di prodotti forestali. Si aprono infine orizzonti del tutto nuovi per la creazione di organismi viventi artificiali, capaci di produrre energia. Si tratta di superare la dimensione puramente vegetale per tentare di entrare nel nuovo settore del vivente, come fa limpresa Sinthetic Genomics degli Stati Uniti (EcoPortalnet, 21/9/07). La collaborazione dei poteri pubblici Abbiamo gi avuto loccasione di segnalare lintervento dei poteri pubblici, nazionali e internazionali, nel settore della produzione di agrocarburanti. Essi agiscono non soltanto con gli strumenti abituali degli Stati, cio per esempio la defiscalizzazione, applicata in Papuasia-Nuova Guinea alla produzione di palma da olio, o negli Stati Uniti per letanolo a partire dal mais, le concessioni accordate a imprese nazionali o internazionali, ma anche il cofinanziamento della ricerca e della produzione. Lo Stato colombiano, per esempio, ha apportato un aiuto finanziario sotto forma di prestito a tasso molto basso, a varie imprese impegnate nella produzione di palma. il caso per esempio di Urapalma, che ha sviluppato delle piantagioni nella regione del Choc, a volte addirittura in maniera illegale, come ha dimostrato un tribunale del paese. interessante notare che lappoggio a questo tipo di piantagioni inserito nel piano Colombia, che finanzia in particolare lutilizzo del glifosato prodotto dalla Monsanto e applicato localmente dalla Dyncorp, un erbicida spesso usato indiscriminatamente e in dosi molto forti.9 Anche largomento dellapplicazione del pro174

tocollo di Kyoto viene usato per appoggiare liniziativa della Monsanto, per mezzo della Compania Agricola Colombiana Ltda., in particolare per produrre mais transgenico, capace di dare etanolo con la tecnologia M810. La DuPont Colombia gode di favori analoghi. USAID ha investito 700.000 dollari di fondi anti-droga per finanziare le piantagioni di palma, nel quadro del Colombian Agrobusiness Partnership Program. Questo programma destinato, secondo la sua definizione, ad appoggiare attivit di privati allo scopo di favorire la produzione o la trasformazione di prodotti agricoli legali e redditizi nelle regioni o nei luoghi prossimi alle produzioni illecite. Le imprese che hanno beneficiato dellaiuto sono in particolare Uraba, Union of Palm Growers e Urapalma.10 In Papuasia-Nuova Guinea, la Banca asiatica di sviluppo stima che questo tipo di produzione sia il mezzo migliore per ridurre la povert e ha deciso di finanziarla11. Quando alla Banca mondiale, per mezzo del CFI destinato a sostenere il settore privato dei paesi poveri essa finanzia le piantagioni di palma in Costa dAvorio. La ragione addotta la moltiplicazione dei posti di lavoro, il miglioramento del livello di vita, lapporto di divisa estera e la preoccupazione per lambiente. Secondo il World Rain Forest Movement, la realt ben diversa, sia sul piano ecologico che sociale12. Dallinsieme di questi esempi si pu dunque constatare non solo la reciproca implicazione dei diversi settori economici interessati al fenomeno, ma anche lappoggio dei poteri pubblici, nazionali e internazionali. Gli agrocarburanti rappresentano un settore di punta, particolarmente interessante per gli investitori in un momento di crisi finanziaria. Hanno tutto per riuscire: tecnologie gi a punto o in pieno sviluppo, misure statali che esigono proporzioni sempre crescenti di combustibili di origine vegetale e un accordo universale sulla necessit di ridurre lenergia fossile. Daltra parte, esistono scambi costanti fra il sistema economico e quello politico, che rendono le frontiere assai permeabili e contribuiscono a rafforzare il potere del primo sul secondo. Le personalit passano dalluno allaltro in maniera sistematica. Le lobbies parlamentari e governative hanno assunto proporzioni gigantesche. Le istituzioni politiche non si possono quindi considerare indipendenti
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o come un autentico contrappeso al potere economico. Lautonomia molto relativa. Ci vale anche per il settore degli agrocarburanti. Si tratta di ci che negli Stati Uniti chiamano leffetto revolving doors (porte girevoli). Solo a titolo desempio, giacch uno studio sistematico sarebbe ancora molto pi illuminante, faremo i nomi di alcuni amministratori di imprese multinazionali citate in questopera e rilevate da Geoffrey Geuens, dellUniversit di Liegi (Palme, finance et pouvoir politique, giugno 2007). La Archer, Daniels Midland (ADM) degli Stati Uniti include fra i suoi amministratori presenti o passati le seguenti personalit: Brian Mulroney, ex primo ministro del Canada; Robert S. Strauss, ex presidente del Comitato democratico nazionale ed ex ambasciatore degli USA in Russia; John R. Block, ex segretario dellagricoltura negli Stati Uniti; Richard Burt (repubblicano), ex ambasciatore nella Repubblica federale tedesca; Andrew Young (democratico), ex ambasciatore USA allONU. Se prendiamo lUnilever, ritroviamo fra gli amministratori o ex tali Lord Brittan, ex vicepresidente della Commissione Europea; la baronessa Chalker of Wallasey, parlamentare del partito conservatore ed ex ministro dello sviluppo internazionale; Wim Dik, ex ministro olandese del commercio estero; Lord Simon of Highbury (laburista), ex ministro del commercio e della competitivit in Europa, ex consigliere di Tony Blair, ma anche amministratore di Suez e consigliere della Deutsche Bank, di Allianz e della banca Morgan Stanley International; Onno Ruding, ex ministro delle finanze dei Paesi Bassi e amministratore del Gruppo Robeco (Robobank), di RTL, Pechiney e Citybank; Claudio X. Gonzalez, ex senatore del PRI in Messico ed ex consigliere speciale del Presidente messicano, ma anche amministratore della Kellog, di General Electric, Kimberly-Clark, Banamex, Telmex e JP Morgan Chase; Oscar Fanjul, ex segretario generale del Ministero dellindustria e dellenergia in Spagna, nonch consigliere di BBVA, Ericcson, Marsh e McLennan; George J. Mitchell (democratico) ex leader della maggioranza del Senato USA, PDG della Walt Disney e amministratore di FedEx, Xerox e Staples. Segnaliamo anche la BP, il cui presidente era nel 2007 Peter Sutherland, ex Commissario europeo alla concorrenza ed ex
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direttore dellOMC, membro del Comitato consultivo internazionale della Coca Cola e presidente di Goldman Sachs International. La Royal Dutch/Shell, da parte sua, ha per vicepresidente Lord Kerr of Kinlochard, ex capo del servizio diplomatico britannico ed ex ambasciatore dellUnione Europea negli USA; Wim Kok, ex primo ministro ei Paesi Bassi; Sir Anthony Acland, ex sottosegretario di Stato al Foreign and Commonwealth Office ed ex ambasciatore negli USA. La BASF ha come amministratore il visconte Etienne Davignon, ex vicepresidente della Commissione Europea ed ex presidente dellAgenzia internazionale dellenergia, nonch amministratore di Suez, Total e Unicore. Nella Dupont si ritrovano Sean OKeefe, ex direttore della NASA e direttore aggiunto al budget negli USA; e Goran Lindhal, che stato consigliere speciale di Kofi Annan, Segretario generale dellONU. In Indonesia, limpresa PT Austindo Nusantara Jaya, attiva nella produzione di palma, ha per amministratori Arifin Siregar, ex ministro indonesiano del commercio, ex ambasciatore negli Stati Uniti ed ex rappresentante del suo paese al FMI e alla Banca Mondiale; Adrianto Machribie, amministratore della Freeport McRohan, impresa americana associata al gruppo indonesiano, dove siedono J. Bennett Johnston, ex senatore repubblicano; Roy J. Stapleton, ex Segretario di Stato per la ricerca e linformazione ed ex ambasciatore a Singapore, in Cina e in Indonesia, nonch amministratore della ConocoPhillips. E anche Henry Kissinger, democratico, ex Segretario di Stato negli Stati Uniti. Si potrebbe anche procedere in senso inverso e rilevare nelle diverse amministrazioni, Commissioni e governi quali siano i membri di grandi gruppi economici che sono stati reclutati, come per esempio Condoleeza Rice, ex Segretario di Stato dellamministrazione di George W. Bush ed ex amministratore della Chevron. O Kathleen B. Cooper, ex economista della Exxon, diventata sottosegretario al commercio degli Stati Uniti. Citando tutti questi nomi non abbiamo lintenzione di proporre una teoria del complotto o di mettere in questione lintegrit degli individui, ma solo di mostrare le conseguenze di una logica e di un sistema che banalizzano le differenze e tendono a unificare gli interessi. dunque difficile stabilire i limiti delle competenze e credere allin177

dipendenza delle decisioni politiche. I contrappesi sono deboli in rapporto alla potenza degli apparati economici e alla loro logica. Gli agrocarburanti e la crisi alimentare In questi ultimi tempi non sono mancate le grida di allarme sulla crisi alimentare. Come ben si sa, essa dovuta alla mancanza di mezzi per procurarsi i viveri e non gi alla mancanza di capacit della terra di produrre e di nutrire la sua popolazione. Ricordiamo che secondo la FAO, le possibilit di produzione agricola possono assicurare la sussistenza di circa 12 miliardi di individui, mentre le previsioni demografiche delle Nazioni Unite parlano di una popolazione mondiale di 9.300 milioni di persone nel 2050, dimostrando cos che la terra dispone delle risorse necessarie per nutrire tutta quella gente. Ci non impedisce peraltro che secondo la Banca mondiale, i bisogni siano destinati a raddoppiare da qui al 2050. Secondo Jean Ziegler, ex relatore speciale delle Nazioni Unite, nel 2008 ci sarebbero nel mondo 854 milioni di persone che soffrono la fame a causa della povert, e due miliardi che soffrono di malnutrizione. Secondo il direttore generale della FAO, Jacques Diouf, in una conferenza tenuta allUniversit dellAvana nel luglio 2008, il 2007 ha visto un aumento di 50 milioni delle persone che soffrono la fame. La stessa cifra prevista per il 2008. Il che significa che laumento dei prezzi degli alimentari ha avuto un effetto diretto sul fenomeno della fame nel mondo. Ora, escluso lo zucchero, tutti i prodotti alimentari sono aumentati di prezzo dallinizio del XXI secolo, con un aumento molto forte dal 2007. Ci ha causato gi in vari paesi, come ad Haiti e alcuni paesi africani (Senegal, Burkina Faso, Egitto ecc.) delle rivolte provocate dalla fame, per non parlare di numerose reazioni sociali in molte altre regioni del mondo. Limpatto stato evidentemente molto pi forte sui paesi poveri che dipendono quasi interamente dallestero per la loro alimentazione. Secondo la FAO, citata da Laeticia Clavreul (Le Monde, 20/10/07) le importazioni di cereali i cui prezzi sono esplosi hanno fatto crescere il paniere alimentare del 90% nei paesi in sviluppo, contro il 22% nei
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paesi pi ricchi. Nello stesso tempo, le grandi imprese agro-alimentari vedevano esplodere i loro profitti. La Cargill annunciava un profitto in crescita dell86% per il primo trimestre del 2008 in rapporto allanno 2007. In quale misura lo sviluppo degli agrocarburanti esercita uninfluenza sullandamento dei prezzi degli alimentari? I partigiani dei combustibili di origine agricola affermano che sono altri i fattori che entrano in gioco, mentre gli avversari affermano al contrario che questo fattore rappresenta una causa fondamentale. Per chiarire il problema ci baseremo sulleccellente studio delleconomista francese Jacques Berthelot, specialista delle questioni agrarie e che verte precisamente sullesplosione dei prezzi agricoli.13 Come indica lautore, alla base dellaumento del prezzo dei cereali si trovano due cause fondamentali, che riguardano lofferta da una parte e la domanda dallaltra. Per la domanda, egli cita laccresciuta produzione mondiale di agrocarburanti che in certe regioni riduce il volume di cereali disponibili per lalimentazione degli esseri umani come degli animali; laumento del consumo alimentare nei paesi emergenti come la Cina, lIndia o il Brasile; la crescita demografica mondiale e la speculazione su settori delleconomia che si sostituiscono ad altri settori attualmente in crisi. Per quanto riguarda lofferta, Jacques Berthelot cita tre fattori: i cali di produzione, dovuti a fattori climatici; laumento del prezzo del petrolio, che agisce sui costi di fertilizzanti e pesticidi, nonch dei trasporti, e le restrizioni allesportazione di paesi che desiderano garantire la propria sicurezza alimentare. Lo stesso autore aggiunge che bisogna evidentemente distinguere le cause strutturali da quelle congiunturali. Per il primo aspetto, si possono includere fra laltro i cambiamenti climatici, la mancanza di investimenti nel settore agricolo e il cambiamenti progressivo del regime alimentare nei paesi emergenti. Le cause congiunturali sono invece, per esempio, le cattive condizioni climatiche (in particolare in Australia nel 2007), la diminuzione degli stock e il rapido sviluppo degli agrocarburanti, fattore che evidentemente potrebbe diventare strutturale. La risposta della Banca mondiale in questo caso perentoria. Secondo i calcoli dei suoi esperti (Don Mitchell in particolare)
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gli agrocarburanti sono responsabili per il 75% dellaumento dei prezzi dei prodotti alimentari. In un settore pi specifico, quello del mais, secondo il FMI, si tratta del 70%, per non parlare degli effetti indiretti che tale aumento pu avere su altri cereali, dato che gli agricoltori degli Stati Uniti abbandonano altre colture per dedicarsi al mais. In questo settore gli Stati Uniti hanno una responsabilit importante, viste le dimensioni della loro produzione. Un aumento del prezzo del mais a causa degli agrocarburanti si ripercuote sul corso mondiale del prodotto, comportando linsicurezza alimentare delle popolazioni che se ne nutrono. Il Messico in particolare ne ha fatto amara esperienza. Infatti, in base al Trattato di libero commercio con Stati Uniti e Canada, il paese diventato un grande importatore di mais. Il decollo dei prezzi stato tanto pi notevole in quanto la produzione di etanolo a partire dal mais si rivela unautentica eresia economica e si pu mantenere solo con i sussidi statali. Le vere ragioni di questa situazione sono da ricercare da una parte nellaspetto politico, con il desiderio di diminuire la dipendenza energetica dagli Stati Uniti; ma anche nellaspetto economico, con linfluenza e la potenza dei grandi gruppi dellagrobusiness. La produzione di mais passata da 607 milioni di tonnellate nel 2006-2007 a 776 milioni nel 2007-2008, in maggior parte destinato alla produzione di etanolo. In Europa la pressione altrettanto forte, dato che per raggiungere nel 2010 lobiettivo del 10% di agrocarburanti, da miscelare con il carburante fossile delle auto (oggi rimesso in discussione perfino entro la Commissione) bisognerebbe dedicare il 20% delle terre arabili alle colture destinate agli agrocarburanti. Certo a partire dal 2008 i prezzi sono bruscamente caduti, mettendo in luce il carattere speculativo del fenomeno, ma in rapporto allinizio del decennio si manifesta comunque un rialzo. Risulta dunque chiaro che gli agrocarburanti, se non sono lunica causa dellaumento dei prezzi alimentari, ne costituiscono un fattore importante. Se in alcune regioni, come per esempio il Brasile, la disposizione dei terreni permette in teoria di portare avanti una politica alimentare insieme con lo sviluppo degli agrocarburanti, le situazioni sono di fatto molto diverse. Le monocolture della soia e del180

leucalipto, sommandosi a quella della canna da zucchero, determinano la dislocazione di alcune colture alimentari e dellallevamento, il che a sua volta si ripercuote sulla riduzione delle zone forestali. In altre regioni del mondo, soprattutto nel Sud, lestensione delle monocolture determina la riduzione delle foreste. Daltra parte, Jacques Berthelot ha dimostrato che lIndia e la Cina non erano affatto un fattore determinante nellaumento dei prezzi dei prodotti alimentari, perch fino ad ora quei due paesi hanno soddisfatto con le proprie risorse i bisogni di un maggiore consumo interno. Di fronte a questo accumulo di contraddizioni e agli effetti negativi dellaumento degli agrocarburanti, ci si deve dunque interrogare sulle ragioni che spingono a svilupparli in maniera tanto intensiva. Gli agrocarburanti e la riproduzione del capitale Ci sono evidentemente varie maniere di affrontare il problema degli agrocarburanti, sia dal punto di vista tecnico che da quello dei consumatori. Noi abbiamo voluto mettere laccento sulla funzione economica di questa produzione e in particolare sul ruolo che essa svolge nella riproduzione del capitale, in particolare in questo periodo di crisi finanziaria e di crisi produttiva. La riflessione conduce infatti a concludere che il brusco aumento nella produzione di agrocarburanti si inserisce anzitutto nella logica del capitalismo ed questa che spiega il rapido sviluppo di un settore ben preciso del sistema economico, quello dellenergia, che strategico per il complesso delle attivit umane. Questa constatazione non rappresenta una grande scoperta, data legemonia della logica capitalistica sullinsieme delleconomia mondiale. Ma la questione tanto pi fondamentale in quanto lutilizzo intensivo dellenergia si trova proprio al centro del modello di sviluppo veicolato dal capitalismo, nel momento in cui si annuncia il picco dellenergia fossile e in cui la coscienza del cambiamento climatico diventa un problema politico. Infatti, come abbiamo visto nel corso di questo lavoro, lenergia fossile presenta un duplice problema. Anzitutto, il progressivo esaurirsi delle fonti di energia, in particolare il petrolio e il gas, pi a lungo
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termine il carbone, e oggi stesso la fonte minerale che luranio. Per certe fonti, soprattutto il petrolio e il gas, il massimo delle riserve possibili gi stato raggiunto o superato. il caso in particolare degli Stati Uniti e di alcuni paesi europei. Da qui il problema della dipendenza da altre regioni del mondo per la fornitura di energia fossile. Ci costituisce la preoccupazione fondamentale dei responsabili delleconomia capitalistica. Senza nuove risorse energetiche e, nellimmediato, senza il controllo delle risorse energetiche attuali, il sistema non in grado di riprodursi. Ne deriva quindi la necessit di assicurare anzitutto lapprovvigionamento proveniente dalle regioni controllate politicamente e militarmente dallOccidente, e poi quella di superare rapidamente il ciclo dellenergia fossile. qui che gli agrocarburanti assumono il loro significato, come parte integrante delle energie rinnovabili. Si tratta evidentemente di una questione reale e oggettiva, che ammette peraltro varie risposte: si possono trovare soluzioni che rispondono allesigenza del valore di scambio, base del sistema capitalistico, oppure preoccuparsi del valore duso, cio del benessere delle popolazioni. Torneremo su questa questione nelle conclusioni del volume. Il secondo problema quello dei danni climatici provocati dai combustibili fossili e lurgenza di prendere misure nei confronti dellambiente. Il capitalismo ha considerato i problemi ecologici come esternalit, fino al giorno in cui la gravit della situazione ha cominciato a ledere il processo di accumulazione, un fenomeno relativamente recente, ma che si impone sempre di pi e che deve esser preso in considerazione, perfino entro la logica del capitale. Anche qui sono possibili diverse risposte; alcune valutano linsieme del ciclo energetico degli agrocarburanti e dei suoi effetti, altre guardano solo al fattore immediato della loro applicazione tecnica a livello della produzione energetica. Prima di affrontare pi dettagliatamente il tema della riproduzione del capitale, opportuno domandarsi quale sia la parte degli agrocarburanti nelle nuove politiche energetiche. Il posto degli agrocarburanti nelle nuove politiche In primo luogo constatiamo che gli agrocarburanti vengono utilizzati soprattutto per i trasporti. Ma questo settore rappresenta solo il
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14% delle emissioni di gas-serra (10% per i trasporti su strada, 2% per quelli marittimi e 2% per il trasporto aereo, con gli ultimi due in fase nettamente ascendente). Lindustria entra per il 31% e il settore residenziale e i servizi per il 19%. Per queste ultime attivit, si tratta soprattutto di utilizzo del diesel, ma anche di elettricit fornita in gran parte da carbone ed energia nucleare. Lagricoltura, da parte sua, entra per circa il 18% nella produzione di gas-serra, ed in particolare il caso dellallevamento, che emette da 70 a 75 milioni di tonnellate di gas allanno. A questo punto importante ricordare che il consumo di carne, soprattutto a causa delle trasformazioni alimentari dei paesi emergenti, potrebbe raddoppiare per il 2050. I trasporti quindi entrano in misura relativamente modesta, anche se non trascurabile, nel problema del clima. Ricordiamo poi che in Europa e negli Stati Uniti la parte di energie rinnovabili nei trasporti dovrebbe passare al 20% per lanno 2020. Ci significa che l80% dellenergia sar ancora di origine fossile. Se si trasformasse la met delle terre arabili europee per la produzione di energia di origine agraria, ci risponderebbe solo in parte al bisogno previsto, e probabilmente appena allaumento della domanda da qui al 2020. Daltra parte il processo completo di produzione e distribuzione degli agrocarburanti non risolve il problema climatico. Infatti il loro rendimento relativamente minore e bisogna dunque produrne di pi per ottenere lo stesso risultato. Inoltre, lemissione di CO2 in maniera diretta o indiretta non sembra inferiore a quella derivante dallenergia fossile, se si prende in considerazione linsieme del ciclo di produzione, trasformazione e distribuzione. Anche se questi fattori possono migliorare con i progressi tecnologici, risulta chiaro che gli agrocarburanti sono solo una parte minoritaria della soluzione. Allora, ancora una volta, perch il capitale vi porta oggi tanto interesse? Gli agrocarburanti come elementi della riproduzione del sistema economico capitalistico a breve e medio termine Di fronte ai problemi climatici, il discorso neoliberista si limitava in un primo tempo a negare lesistenza del problema o a minimizzarlo, con una delegittimazione e un disprezzo del discorso scientifico dei
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climatologi. Come in molti altri casi della storia del capitalismo, la reazione che segu fu di trasformare il problema in opportunit, portando avanti un discorso ottimistico: la scienza e la tecnologia riusciranno a trovare delle soluzioni. Venne infine il turno del discorso ecologico e perfino di ci che si potrebbe definire la menzogna verde, che consisteva nel dimostrare fin a che punto le recenti tecnologie industriali, i miglioramenti nella combustione dei veicoli e le nuove miscele di benzina o diesel contribuissero alla protezione della natura e al miglioramento del clima, mentre in realt quelle misure prolungano un consumo che distrugge lambiente, sia pure in proporzioni minori e che per di pi una gran parte dei loro vantaggi sono assorbiti dallaumento del bisogno di energia. Daltra parte la prima reazione alla diminuzione delle fonti di energia fossile stata di sfruttare nuove riserve, in particolare nelle zone di biodiversit, e poi di esplorare le altre fonti di produzione energetica, come il nucleare e gli agrocarburanti, sempre con lidea di mantenere lattuale modo di consumo. Nel corso degli ultimi anni la ricerca intensiva di nuove frontiere per laccumulazione del capitale si intensificata a causa in particolare delle crisi di produzione, delle crisi finanziarie e del calo dei tassi di profitto. I servizi pubblici sono stati sempre pi privatizzati, permettendo la loro trasformazione in merce, e lagricoltura contadina si trasformata in impresa capitalistica. Oggi quattro gruppi di imprese transnazionali agiscono in sinergia: sono i gruppi del petrolio, della chimica, dellagrobusiness e dellautomobile. Ci permette loro di mantenere o di recuperare il controllo della produzione e della distribuzione dellenergia in settori nuovi, e di ampliare cos le loro fonti di accumulazione. Non si tratta affatto di un complotto, ma semplicemente del risultato della logica interna del sistema economico, che favorisce gli oligopoli. ci che vogliamo spiegare pi in dettaglio. Elementi molteplici intervengono infatti per fare degli agrocarburanti un fattore importante dellaccumulazione del capitale. Il controllo della propriet della terra, base della produzione. Lorigine della produzione di etanolo o di agrodiesel di ordine vegetale. Allo sco184

po di dominare il settore, il controllo della terra avviene in maniera diretta o indiretta. La prima soluzione consiste nellacquisto di terre, e il Brasile ne un esempio. La seconda si realizza con il controllo del lavoro dei piccoli contadini, che mantengono la propria terra e, per mezzo di contratti, entrano alle dipendenze delle grandi imprese dellagrobusiness. il caso della Monsanto, in particolare con lintroduzione degli OGM, ma anche quello di alcune imprese che sfruttano la palma da olio. La sussunzione del lavoro dei contadini da parte del capitale si realizza con meccanismi diversi: la fornitura di sementi o di piante, la vendita di fertilizzanti e pesticidi, lacquisto dei prodotti ed eventualmente i prestiti usurari alle famiglie contadine indebitate. Quanto ai prezzi offerti, essi permettono appena di riprodurre il livello di sussistenza delle popolazioni interessate. Si tratta del fenomeno che alcuni hanno definito la cattura dei piccoli agricoltori. Si assiste dunque alla costituzione di una delle basi del sistema capitalistico, il controllo degli elementi necessari alla produzione, sia per acquisizione diretta della propriet, sia per la subordinazione totale del lavoratore che resta proprietario della terra. Lo sfruttamento del lavoro. Il livello di sfruttamento dei lavoratori resta fisicamente estremo soprattutto al Sud. In certi casi, si tratta di forme schiavistiche, come in molte piantagioni di zucchero in Brasile o in Colombia. In altri paesi, il lavoro viene pagato a un livello minimo, senza previdenza sociale n pensioni. I sindacati sono esclusi o neutralizzati dalla repressione o dalla corruzione. Nel caso di piccoli contadini, raramente si supera il livello di sussistenza, sottomettendoli a un regime molto simile al servaggio. Quanto alla monocoltura, essa elimina una parte importante del lavoro, provocando la migrazione verso le citt e permettendo di ridurre rigorosamente al minimo le preoccupazioni legate allutilizzo della manodopera. In breve, lo sfruttamento massimo del lavoro un fatto diffuso e corrisponde alla logica del capitale, che consiste nellesercitare pressione sui diversi elementi che intervengono nel costo di produzione allo scopo di massimizzare i guadagni e appropriarsi cos del plusvalore. I costi sociali delloperazione non sono compresi nella contabi185

lit del capitale e devono essere sopportati dalla collettivit o dagli individui. La produzione di nuove tecnologie di grande rischio ecologico, ma ad alta redditivit. Si tratta in particolare dellimpulso dato agli OGM, in particolare per la soia e il mais, con interventi analoghi destinati agli alberi, il giorno in cui la tecnologia permetter di utilizzarli per produrre energia di origine vegetale. Si conoscono i rischi degli OGM, che migliorano la resa dei vegetali e anche degli animali, ma la cui estensione in forma di monocolture rischia di mettere in pericolo numerose specie, e i cui effetti a lungo termine non sono stati veramente calcolati. Questa attivit dominata da alcuni giganti della chimica e dellagrobusiness: Monsanto, Cargill, Bunge, Bayer ecc. Molti governi hanno posto dei freni allutilizzo delle modificazioni genetiche, ma spesso i loro sforzi sono contrastati sia dalla potenza delle imprese multinazionali, sia dal fatto che le sementi vengono trasportate senza possibilit di controllo da una regione allaltra ad opera del vento, degli insetti o di altri animali. Bisogna poi aggiungere che questo tipo di coltura in genere utilizza molta acqua e che alcuni effetti collaterali per esempio sui terreni non sono affatto trascurabili. Laumento della produttivit grazie alle nuove tecnologie, in una congiuntura di prezzi in crescita, permette evidentemente un aumento dei profitti, coerentemente con la logica dellaccumulazione del capitale. Lesclusione dei costi delle esternalit. Come abbiamo gi detto precedentemente a proposito delle migrazioni di contadini verso le citt, una serie di costi vengono trasferiti alla collettivit o riversati sugli individui. La distruzione della biodiversit, dei pozzi di carbonio, linquinamento dellacqua, la contaminazione dei terreni, la sterilizzazione dei mari comportano dei costi molto importanti, non contabilizzati finch non ledono la riproduzione del capitale. Sono le collettivit che devono sopportare a medio o lungo termine gli effetti di quelle pratiche. Lenorme estensione della monocoltura finisce per creare zone di desertificazione, esaurire i terreni, ridurre la falda freatica e distruggere la biodiversit. Questi disastri naturali sono risultato di186

retto delleliminazione di quei costi dalla contabilit delle operazioni produttive. Ma un giorno qualcuno dovr subirne le conseguenze, comprese quelle finanziarie. il caso degli Stati, nella misura in cui ne siano capaci, o altrimenti molto semplicemente il benessere dei cittadini che verr rimesso in discussione. Abbiamo gi fatto cenno allespulsione dei contadini, che provoca unurbanizzazione selvaggia nei continenti del Sud. Allorigine del fenomeno non si trova lo sviluppo delle funzioni urbane o industriali, bens fondamentalmente il surplus demografico delle campagne, causato non tanto dallaumento della popolazione quanto dallespulsione sistematica dei piccoli contadini per lo sviluppo dellagricoltura capitalistica. Si sa anche quali sono gli effetti delle migrazioni forzate nel mondo. Il muro costruito alla frontiera fra Messico e Stati Uniti per impedire ai contadini impoveriti di emigrare verso il nord ne una dimostrazione. Ogni anno vi si contano pi morti che in tutta lesistenza del muro di Berlino. In Europa, ne sono testimoni i cadaveri degli africani sparsi per le spiagge italiane e spagnole. Le cause possono essere diverse da un luogo allaltro - la concentrazione sistematica della terra, o gli effetti dei cambiamenti climatici ma il risultato sempre lo stesso: sono popoli interi che pagano il prezzo della logica dello sviluppo economico, di cui tutti questi fattori sono esterni al calcolo economico. Daltra parte, individuare le responsabilit un altro tratto del pensiero e della prassi neoliberista. Le migrazioni verso le citt o verso lestero sono attribuite a decisioni personali. In Colombia, per esempio, il presidente Uribe pensa che il problema delle persone trasferite (i migranti interni, in maggior parte a causa della concentrazione dei terreni) debba essere risolto caso per caso (mentre si tratta di una logica sociale) in funzione di decisioni amministrative e non giudiziarie. Ci permette dunque di nascondere le vere responsabilit, di evitare di farne un problema di diritto e di sancire definitivamente lespropriazione delle terre. Rendere individuale il problema diventa allora un meccanismo dellesternalit. Il trasferimento di fondi pubblici verso interessi privati. La produzione di agrocarburanti per il momento non ancora redditizia, anche in
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questo periodo di aumento del prezzo del petrolio, e perci per renderli competitivi con lenergia fossile sono necessarie delle misure come sussidi alla produzione, detassazione alla vendita e diminuzione delle tariffe doganali. Certamente laumento rapido del prezzo del petrolio e del gas ha un poco diminuito limportanza dei trasferimenti. Ma nella maggior parte dei casi resta molto importante la necessit di sussidi da parte dei poteri pubblici. Lanalisi contabile mostra che la parte maggiore degli aiuti statali viene monopolizzata dalla grandi imprese. Gli agrocarburanti riproducono dunque il meccanismo classico, che si ritrova in altri settori, in particolare quello degli armamenti o dei sussidi allagricoltura, sia negli Stati Uniti che in Europa. Lo si potrebbe definire un neo-keynesismo verde. La logica sempre la stessa. Nella misura in cui alcuni settori non sono redditizi o in caso di crisi finanziaria, il capitale fa appello allo Stato, che utilizza i fondi pubblici per dare impulso agli investimenti a rischio o per salvare i capitali finanziari dalla rovina. I fondi pubblici sono il patrimonio comune che, con il pretesto dellefficienza economica, si trasforma in bene privato, fonte di accumulazione. Bisogna ricordare anche limportanza degli investimenti pubblici per le infrastrutture necessarie alla nuova industria: le strade, le ferrovie, i porti, i magazzini necessari non solo alla produzione ma anche alla distribuzione degli agrocarburanti. Vengono effettuate spese rilevanti anche in questi settori, che poi spesso vengono a loro volta privatizzati. La riproduzione della dipendenza Nord-Sud. I principali bisogni di nuove fonti di energia si situano nei paesi del Nord, ai quali oggi si possono aggiungere alcuni paesi emergenti, come lIndia o la Cina. Il grosso della produzione di agrocarburanti invece si trova nel Sud, che si vede costretto a subire i costi ecologici e sociali delloperazione. Infatti letanolo si produce in Brasile, Ecuador, Argentina o nelle Filippine, mentre lagrodiesel pi diffuso in Colombia, Malesia, Indonesia, Africa centrale, Papuasia-Nuova Guinea. Le raffinerie invece si costruiscono soprattutto al Nord, come nella regione spagnola delle Asturie, o negli Stati Uniti. Viene quindi riprodotto di nuovo il modello di dipendenza econo188

mica, con i capitali del Nord che prendono le decisioni senza considerare le esternalit del Sud, se non il giorno in cui queste ledono il ritmo o lentit dei trassi di profitto. Anche se per un certo numero di paesi la produzione di agrocarburanti rappresenta una fonte di divisa estera, ci non equivale automaticamente a uno sviluppo autonomo, n a vantaggi socialmente distribuiti. Infatti la rendita agricola, come quella del petrolio o delle miniere, favorisce localmente la costituzione di una classe sociale elitistica orientata verso lestero. Essa svolge un ruolo di intermediario fra le imprese multinazionali e la popolazione locale e non costituisce unautentica borghesia nazionale, pronta a investire in iniziative di produzione destinate in primo luogo alla popolazione. Il modello fondamentalmente teso allesportazione. Gli interessi di questa lite locale tendono ad accrescere le esportazioni come fonte di divisa, di cui una parte importante serve alla crescita di importazioni destinate a procurare un livello di vita simile, se non superiore, a quello delle stesse classi sociali dei paesi industrializzati. Al massimo una classe media superiore pu godere dellapporto di beni acquistati allestero, senza peraltro che linsieme della popolazione e soprattutto i pi poveri possano vedere un miglioramento reale della loro sorte. Come nella logica neoliberista, lo Stato stato amputato di numerose funzioni sue proprie, in particolare nella redistribuzione della ricchezza, e le diseguaglianze sociali non fanno che crescere. Tutto ci rientra nella logica del sistema capitalistico, che ha ogni vantaggio nello sviluppare intensamente il potere dacquisto di una minoranza in grado di procurarsi beni ad alto valore aggiunto, piuttosto che produrre beni ordinari per la maggioranza della popolazione. La speculazione. La previsione di una crescita dei prezzi delle produzioni agricole per effetto della crescita della domanda, dovuta in parte agli agrocarburanti, ha scatenato immediatamente una serie di pratiche speculative. Il capitale finanziario aumenta cos i suoi guadagni e i fondi pensionistici non vi sono estranei. Lapporto degli agrocarburanti alleconomia virtuale ha dunque una certa importanza. Allinizio del 2000 si assistito a un trasferimento della specula189

zione dal petrolio e da altri settori delleconomia verso i prodotti alimentari. Anche se allorigine del fenomeno si trovano diversi fattori, gli agrocarburanti non vi sono estranei e hanno svolto un ruolo non irrilevante. La nuova legittimazione del capitalismo. Un nuovo discorso si messo in luce oggi, quello delleconomia verde. Quasi tutti i settori della produzione e della distribuzione si sono messi allunisono. Si costruita una nuova egemonia sul consenso dellopinione pubblica, oggi particolarmente sensibile ai problemi del cambiamento climatico. Gli attori economici appaiono come i benefattori dellumanit, il che crea loro una nuova legittimit. vero che lindustria ha compiuto degli sforzi per diminuire le emissioni di CO2 e anche altri settori cercano di evitare gli sprechi. Ci ha avuto un effetto reale e benefico. Tuttavia si molto lontani dal conto. Infatti lindustria ha compiuto i suoi sforzi nel momento in cui lemissione di gas-serra diventava un costo reale e non soltanto una esternalit. Bisognava quindi agire su questo fattore, frutto del costo delle difficolt ecologiche o risultato delle misure prese dagli Stati in applicazione del Protocollo di Kyoto. Dato che la sanzione economica dellinquinamento diventava una pratica costante, costa meno caro prendere liniziativa di diminuire le emissioni nocive che continuare a inquinare. La nuova legittimazione suppone anche un ricorso massiccio allindustria della pubblicit e dunque ai mezzi di comunicazione sociale. Vengono spese somme enormi per pannelli pubblicitari, che lodano il carattere ecologico delle imprese e dei loro prodotti, e per far passare annunci nella stampa, alla radio o alla televisione. La creazione del consenso ha questo prezzo. I mezzi di comunicazione di massa dipendono per la loro sopravvivenza da questo apporto finanziario, il che riduce in qualche maniera la loro capacit critica relativamente alla realt del contenuto della pubblicit. Tutto ci rientra nella logica del capitale, che ha anche bisogno di una base ideologica, senza mai preoccuparsi molto della rispondenza fra il discorso e la realt: ne fanno fede le diverse condanne subite dalla Monsanto e da varie altre imprese per i guasti provocati allambiente.
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Da tutte queste considerazioni si pu dunque concludere che la funzione dello sviluppo degli agrocarburanti quella di favorire un profitto rapido, fonte sicura di accumulazione a breve termine. Infatti il contributo al problema del clima debole o nullo, e lapporto al consumo di combustibile solo marginale. Solo una produzione massiccia su centinaia di milioni di ettari potrebbe significare un apporto sostanziale alla crisi energetica, e si pu sperare che le resistenze popolari e politiche non lo permettano. Sono invece rilevanti i danni ecologici e gli effetti sociali negativi degli agrocarburanti. Anche se si tratta di risultati economici che sono positivi solo per alcuni settori degli interessi capitalistici, questi possiedono ramificazioni multiple in luoghi strategici delleconomia capitalistica mondiale, che ne beneficia nel suo complesso. La speculazione ne un esempio. La funzione principale dello sviluppo industriale degli agrocarburanti si riassume dunque nella riproduzione e nellaccumulazione del capitale a breve e medio termine. Gli agrocarburanti e il modello di sviluppo Dobbiamo fare ancora un passo avanti per entrare in una prospettiva pi ampia, quella del modello di sviluppo in s. Infatti i progressi notevoli nellutilizzo dellenergia grazie alle fonti fossili il carbone prima e poi il petrolio e il gas hanno costruito le basi materiali dellutopia del secolo dei Lumi. Essa consisteva in un progresso lineare dellumanit verso un avvenire senza limiti in cui il genere umano avrebbe affermato il suo dominio sulla natura. La scienza doveva svolgere un ruolo chiave e le notevoli applicazioni tecnologiche hanno permesso di decuplicare queste possibilit, grazie alle nuove risorse energetiche. Il sistema economico capitalistico ha separato la produzione dal lavoratore per mezzo della divisione del lavoro e dellindustrializzazione, facendo del capitale lelemento motore dellattivit economica. Ci ha permesso di realizzare rapidi progressi nella offerta di beni e servizi, con un uso sempre pi massiccio di unenergia a buon mercato, come fattore decisivo non solo della produzione ma anche del191

la distribuzione. Ne risultato un modello di sviluppo che liquida o marginalizza ogni altra forma di produzione, e che trae legittimit dal proprio successo, il che gli permette di imporre la propria logica come una realt inconfutabile. A partire dalla met del XX secolo il passaggio massiccio al petrolio ha aumentato notevolmente la produttivit del lavoro e ha originato una maggiore fluidit nella produzione e distribuzione di beni e servizi. Ha dato origine anche allo sviluppo dellagricoltura industriale e ha permesso lo slancio del capitale finanziario con lesplosione della sfera monetaria e la creazione di denaro bancario. Ha inoltre trasformato i metodi militari e la maniera di condurre le guerre. Di fronte alla doppia crisi delle fonti energetiche fossili in via di estinzione e della distruzione climatica che vi legata, il ruolo preponderante dellenergia ha condotto a rimettere in questione il modo di sviluppo in s, con tutte le sue componenti, le condizioni materiali, le ripercussioni sociali e il modo di consumo che lo caratterizza. Il problema sapere fino a quando lumanit potr concepire lo sviluppo capitalistico come suo unico avvenire, mentre si accumulano le contraddizioni e si precisano le analisi critiche che lo rimettono in discussione. Uno degli ostacoli a soluzioni nuove consiste nellimportanza delle posta economica in gioco, che rende ciechi gli attori attuali, preoccupati anzitutto per la riproduzione di un sistema che accorda loro una posizione dominante materiale, politica e culturale; essi hanno inoltre talmente interiorizzato il modello che identificano i loro interessi con il benessere dellumanit. Gli agrocarburanti, di cui non mettiamo in dubbio lutilit relativa, permettono loro una fuga in avanti, giacch appaiono o sono presentati come una soluzione che consentir di riprodurre lo stesso modello ricorrendo a nuovi mezzi. Mentre la crisi energetica e climatica sembra indicare sempre pi chiaramente la fine del modello, limmaginario quello di una continuit. Si cercano soluzioni che non intaccano minimamente i rapporti di potere sulle decisioni economiche, n la maniera di produrre, n il modo in cui le ricchezze mondiali vengono distribuite, n il modo di consumo. Tutto invece indica che non si potr sostenere lo stesso ritmo di utilizzo dellenergia, e che le energie nuove interessa192

no solo una parte relativamente modesta dellespansione dei bisogni di energia, secondo le previsioni odierne. Daltra parte i costi economici, sociali, ambientali e politici delle nuove soluzioni sono molto gravosi e finiscono per mettere in dubbio la loro reale efficacia per migliorare il clima e rispondere ai bisogni energetici. Non si tratta certo di favorire un pessimismo assoluto, n di credere come fanno alcuni che lumanit abbia gi scritto la data della sua fine, ma piuttosto di riconoscere la realt. Da una parte, la doppia crisi energetica e climatica significa il termine dellillusione di una crescita senza limiti, e dallaltra le diseguaglianze hanno creato su scala mondiale un sistema sociale economicamente e moralmente insopportabile. La logica dellaccumulazione del capitalismo incapace di rispondere a queste sfide, e continua a considerare come esternalit tutto ci che non entra direttamente nel calcolo del valore di scambio. Il modo di produzione e di distribuzione legato a questa logica non sostenibile, perch orientato a un sovrautilizzo delle materie prime e dellenergia con la fabbricazione di prodotti usa-e-getta o di breve durata, con lestensione dei trasporti dovuta alla delocalizzazione e alla dispersione dei luoghi di produzione e con la liberalizzazione degli scambi che avvantaggia i pi forti. Quanto al consumo, esso si stabilisce allinterno di un modello dettato dalla logica dellaccumulazione, dunque dal valore di scambio piuttosto che dal valore duso. Infatti, al contrario dellidea generalmente accettata che il cliente il re e che la domanda condiziona lofferta, si verifica esattamente lopposto. Il consumo condizionato dalla struttura della produzione economica e dallinsieme dellapparato ideologico che laccompagna, per legittimarlo e per spingere allacquisto di beni e servizi offerti dal mercato. La scienza e le tecniche troveranno ancora numerose risposte concrete, e questo un bene. Si faranno indubbiamente altri progressi importanti nei prossimi anni in termini di risparmio di energia e di utilizzo di nuove fonti energetiche. Lenergia fossile a buon mercato, il cui ciclo sta terminando, non aveva affatto contribuito a incoraggiare la ricerca e gli investimenti in questo settore. Oggi invece si moltiplicano i progetti e fioriscono le nuove esperienze. Ma non
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questo il problema fondamentale. Oggi c in gioco tutta la filosofia dello sviluppo. Alcuni parlano di decrescita, termine gi usato dal Club di Roma nel corso degli anni sessanta e poi ripreso da Ramon Fernando Durn, membro degli Ecologisti in azione, in un suo notevole lavoro sul petrolio (La historia tragica del petroleo en el mundo), scritto per il Congresso mondiale del petrolio di Madrid (giugno 2008). Lautore, constatando la fine del ciclo dellenergia fossile e dellillusione di una transizione energetica che mantenga il modello di crescita e di accumulazione attuale, conclude che proseguire il progetto neoliberista conduce ad approfondire la crisi e a uno sbocco inevitabile verso la guerra. Risulta dunque necessario un cambiamento radicale, che Duran chiama la transizione post-fossile per mezzo della decrescita, che dovrebbe inoltre risultare di grande vantaggio per il clima. Piuttosto che parlare di decrescita, termine difficilmente vendibile presso unopinione pubblica fortemente influenzata dal consumo contemporaneo, noi preferiamo parlare della sostituzione di una crescita quantitativa con una qualitativa. Infatti non si tratta di diminuire il benessere, ma di favorirlo con una migliore qualit di vita. Torneremo su questo nelle conclusioni. Le resistenze alla presentazione degli agrocarburanti come risposta alla doppia crisi contemporanea non si sono fatte attendere. La coscienza del costo sociale e individuale delle esternalit del modello si sviluppata rapidamente, sia sul piano ecologico che su quello sociale. Sono sorti una serie di movimenti, contadini, ecologisti, di lavoratori e poi sono intervenuti anche i poteri attuali. Gli argomenti che abbiamo sviluppato in queste pagine sono stati usati dagli uni e dagli altri per dimostrare i limiti dellutilizzo degli agrocarburanti come mezzo per lottare a favore del clima e per denunciare gli effetti negativi sullambiente naturale e sulle popolazioni contadine. Queste reazioni hanno raggiunto anche i livelli governativi, soprattutto in Europa, dove stato messo un freno ai primi slanci, in modo da indurre i governi dei paesi membri dellUnione a moderare i propri entusiasmi. Anche i movimenti pi radicali, come quello dei Sem Tierra in Brasile, non hanno adottato posizioni che escludono completamente lutilizzo degli agrocarburanti. Ci confermato dalla
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Commissione Cramer dei Paesi Bassi (2006) e dal Rapporto delle Nazioni Unite sullenergia (2007). chiaro per tutti che il ciclo dei combustibili fossili sta arrivando alla fine e che i loro effetti sullambiente sono nocivi. Bisogna trovare quindi delle soluzioni alternative. Lutilizzo di agro combustibili entra in questa logica, ma in maniera molto meno decisiva di quanto si immaginasse agli inizi. Le condizioni poste dai movimenti ecologici e sociali per accettare la produzione di agrocarburanti si riassumono in cinque punti: 1. rispettare la biodiversit, cio rinunciare alla soluzione delle monocolture, per privilegiare piantagioni diversificate che non mettano a rischio le specie vegetali e animali esistenti. 2. Limitare la frontiera agricola, cio evitare di intaccare le foreste, in particolare quelle originarie. Ci significa lutilizzo di terreni disponibili e la protezione legale dei pozzi di carbonio e delle zone di biodiversit o di residenza di popolazioni indigene. 3. Rispettare i terreni e le falde freatiche, il che vieta luso massiccio di fertilizzanti e di pesticidi chimici per privilegiare unagricoltura di tipo organico. 4. Dare impulso allagricoltura contadina, permettendole di perfezionare i metodi di lavoro, di accedere al credito e di commercializzare i prodotti. 5. Combattere il monopolio delle imprese transnazionali. Rispettando tali parametri, la produzione di agrocarburanti verr orientata anzitutto verso i bisogni delle popolazioni locali. Infatti possibile rispondere a tali bisogni con una produzione che rispetti i cinque principi enunciati. Ma chiaro che ci significa una negazione radicale della logica del capitale e una subordinazione delleconomia ai bisogni umani di base. Altre soluzioni, definite di seconda o terza generazione, potranno senza dubbio aumentare la parte degli agrocarburanti nella soluzione dei problemi energetici e climatici, ma bisogna guardarsi da eccessivi entusiasmi riguardo alle prospettive future. La possibilit di produrre anche dei surplus energetici per le popolazioni urbane e quella di utilizzare certi spazi per una pro195

duzione intensiva da destinare ai bisogni collettivi resta evidentemente aperta, ma con precisi limiti ecologici e sociali. Non si potr trovare alcuna soluzione globale se non si rimette in discussione il modello di sviluppo contemporaneo e se non si pone la questione delle alternative.
Note 1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. 8. 9. 10. 11. 12.
13.

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CAPITOLO 6 I PERCORSI VERSO LA SOLUZIONE DELLE CRISI CLIMATICHE ED ENERGETICHE E IL POSTO DEGLI AGROCARBURANTI Esiste qualche soluzione a ci che oggi appare come una situazione senza risposte reali e in questo caso quale pu essere il posto degli agrocarburanti? Le nuove tecnologie permettono di portare avanti gli sforzi per ridurre i consumi? A quali condizioni la definizione dei bisogni potr cambiare? Di questo ci occuperemo nelle pagine che seguono. I percorsi previsti e i loro limiti Per rispondere alla duplice crisi di cui abbiamo diffusamente parlato nelle pagine precedenti, cio quella dellesaurirsi del petrolio e quella del riscaldamento climatico, si prospettano tre percorsi principali: la riduzione del consumo di energia fossile, lutilizzo di fonti di energia rinnovabili non agricole grazie al progresso tecnologico e il ricorso agli agrocarburanti. La riduzione del consumo di energie fossili Dato che la questione oggi ben conosciuta grazie alle intense campagne, ci limiteremo a ricordare i principali orientamenti. Fra le iniziative in corso che vanno nel senso della riduzione dei consumi di energie fossili, si pu segnalare in particolare oltre agli sforzi compiuti dallindustria per ridurre le emissioni di CO2 lutilizzo pi intenso dei trasporti in comune, lisolamento delle case allo scopo di ridurre le perdite termiche e il loro corretto orientamento rispetto al movimento dei raggi solari. Lutilizzo di lampadine a basso consumo, di pompe a calore sia per limitare luso di clorofluorurati e del riscaldamento a gas o gasolio, per produrre acqua calda sanitaria e per laria condizionata. In questa ottica per esempio circa quindici citt fra cui New York, Chicago, Tokyo, Toronto e Karachi hanno firmato un ambizioso programma del valore di 5 miliardi di dollari
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per modernizzare gli edifici pi vecchi per renderli pi efficienti dal punto di vista energetico1. In molte altre citt si avviano piani clima. Le energie rinnovabili non agricole e le nuove tecnologie Ricordiamo che una energia si definisce rinnovabile quando per un ciclo naturale si ricostituisce su base costante e non si esaurisce con il suo consumo immediato. Fra le fonti non agricole si ritrovano diversi settori: lenergia idroelettrica, lenergia solare, lenergia eolica, lenergia proveniente dai rifiuti, lenergia della pila a idrogeno e la geotermia. Non entreremo nei dettagli tecnici, limitandoci a indicare ci che esse possono significare per la soddisfazione dei bisogni energetici e sulla loro efficienza ecologica. Infatti, come scrivono Yves Scania e Nicolas Cevossus, le energie rinnovabili presentano seri difetti. Il primo: non sono verdi al 100%. Il secondo autentico peccato originale, che le caratterizza tutte, la loro debole densit energetica2. Bisogna essere coscienti che secondo Greenpeace, solo un terzo del consumo energetico del 2030 potr provenire da fonti rinnovabili, di cui il 19% dalla biomassa, l11% da fonti idrauliche e il 2% da altre fonti. Lidroenergia. Lenergia idroelettrica si ottiene convertendo lenergia idraulica di diversi flussi dacqua (fiumi, cascate, correnti marine ecc.). Lenergia cinetica della corrente dacqua viene trasformata in energia meccanica da una turbina, poi in energia elettrica con un alternatore. Lenergia idroelettrica unenergia rinnovabile. anche considerata pulita, bench a volte sia oggetto di contestazioni ambientali a causa del suo grande impatto e anche, pi recentemente, per il suo bilancio in termini di carbonio. La costruzione di dighe sui fiumi, allo scopo di far funzionare le turbine, iniziata veramente solo intorno al 1920. La met di quelle che esistevano allinizio del secondo millennio erano state costruite fra il 1920 e il 1975, laltra met fra il 1975 e il 2000. In altri termini, lera neoliberista ha segnato unimportante accelerazione del fenomeno. Dopo questa data, e pi precisamente dopo il 1990 si nota un rallentamento nella costruzione. Infatti le difficolt tecniche e le resistenze popolari aumentano e lacqua comincia a mancare3. Daltra
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parte, i siti sono spesso molto lontani dai consumatori, imponendo la necessit di linee ad alta tensione molto lunghe. Nel 2004 lidroenergia rappresentava il 16% della produzione elettrica mondiale. In Francia, essa equivaleva al 92% di tutte le energie rinnovabili del paese. Ma la storia recente delle grandi dighe sempre pi movimentata, dalla Cina allIndia, dal Brasile al Sudafrica. I guasti ecologici provocati dalla loro costruzione sono stati oggetto di critiche sempre pi severe: per esempio la diga di Assuan in Egitto ha provocato lerosione del delta del Nilo. Quanto alle manifestazioni di opposizione, ormai non si contano pi fra le popolazioni trasferite a forza, i popoli autoctoni cacciati dai loro territori, i villaggi minacciati dalle inondazioni. stato il caso in particolare in Cina per la diga di Pubugu. Ma lesempio pi spettacolare in quel paese stato evidentemente la diga delle Tre gole sul fiume Yangtse. Si suppone che abbia la capacit di generare 18.200 MW (megawatt) di elettricit, e linsieme del progetto si estende su 600 chilometri di lunghezza. Entro il 2025 dovrebbero nascere un centinaio di dighe sul corso settentrionale del fiume, ma questi progetti sono messi severamente in forse dalle forti siccit che hanno investito la regione nel 2007 e 2008. Si sono dovuti inondare 1.000 km2 e sar necessario spostare 1.300.000 persone. La loro sorte non certo invidiabile, sia sul piano dellhabitat che per le condizioni generali di vita. Quanto alla diga di Xilnu, la seconda in ordine di importanza, essa doveva diventare operativa nel 2015, ma anche questa suscita delle resistenze. Quanto allAmerica Latina, ci sono stati numerosi conflitti, soprattutto in Brasile intorno al fiume San Francisco. Si pu concludere che lidroenergia basata sulla costruzione di grandi dighe ha raggiunto il suo vertice e in futuro non costituir una soluzione n potr seriamente superare la proporzione attuale. Invece il moltiplicarsi di opere di piccole dimensioni, che causano danni limitati e destinate a fornire acqua dirrigazione ed energia per regioni circoscritte, potr rispondere a vari bisogni. Solo la piccola idraulica sembra avere un qualche avvenire, soprattutto nei paesi del Sud, per il servizio di comunit locali. Anche gli oceani come fonte di energia sono stati oggetto di speri199

mentazioni. Le correnti di marea come fonte energetica erano conosciute gi nel XII secolo, ma solo nel 1996, a Rance, in Francia, si applicato il principio su base industriale. La Gran Bretagna ha investito decine di milioni di euro nei programmi di energia marina. Ma sembra difficile raggiungere le condizioni minime di redditivit. Unaltra tecnologia consiste nel captare lenergia delle onde utilizzandone il movimento. Si sono fatti degli esperimenti nellisola di Runion, ma le installazioni sono state spazzate via da un ciclone. In entrambi i casi non ci si possono attendere risultati allaltezza delle sfide mondiali dellenergia. Lenergia solare e le celle fotovoltaiche. Lenergia solare allorigine delle principali energie esistenti e costituisce la maggiore speranza per il futuro. Sotto questa rubrica parleremo specificamente delle celle solari fotovoltaiche, ricordando peraltro che c anche la fotosintesi che sta alla base della produzione di biomassa utilizzata come fonte di energia verde. Le celle fotovoltaiche sono dei semiconduttori capaci di trasformare direttamente la luce in elettricit. Il fenomeno venne scoperto da Antoine Becquerel nel 1839, ma si dovuto attendere quasi un secolo perch gli scienziati potessero approfondirlo e sfruttarlo. La tecnologia fotovoltaica in pieno sviluppo. Ai quattro angoli del mondo si studiano e si sperimentano varie possibilit di sfruttamento nella speranza di una futura commercializzazione. La complessit dei procedimenti di fabbricazione dei moduli fotovoltaici e il basso rendimento della produzione comportano costi elevati che frenano il volume delle vendite. Si pu sperare per che la tecnologia fotovoltaica arrivi a maturit (procedimenti semplificati, migliori rendimenti della produzione) e che laumento di volume della produzione riduca il costo dei moduli. Malgrado queste difficolt, levoluzione della tecnologia fotovoltaica si presenta globalmente positiva. I metodi di fabbricazione sono migliorati. Attualmente, il 90% della produzione totale dei moduli si fa in Giappone, negli Stati Uniti e in Europa ad opera di grandi societ come la Siemens, la Sanyo, la Kyocera, la Solarex e la BP Solar, che detengono il 50% del mercato mondiale. Il restante 10% della pro200

duzione fornito da Brasile, India e Cina, principali produttori di moduli nei paesi in via di sviluppo. Negli Stati Uniti, un piano ambizioso battezzato un milione di tetti solari entro il 2017 stato lanciato in California4. Lobiettivo di costruire nuovi edifici (o adattare quelli vecchi) a zero elettricit, in grado di autoalimentarsi di corrente elettrica per mezzo del sole, a zero inquinamento, e usando materiali non tossici. Sono stati proposti anche dei progetti di grandi dimensioni, come installare nel Sahara un parco di pannelli solari di molti chilometri quadrati in grado di alimentare lEuropa, ma se la soluzione tecnicamente possibile, pone anche problemi politici che rischiano di renderla difficilmente realizzabile e in ogni caso molto vulnerabile. A termine, lenergia solare si profila come una soluzione reale, essenzialmente per la vita domestica e per i trasporti locali. Nel 2008, una vettura mossa da energia solare ha fatto il giro del mondo. Ricordiamo anche lUnione del Mediterraneo (UPM) ha raccolto pi di 60 progetti per un Piano solare.
************************************************************** La composizione di una cella fotovoltaica La cella fotovoltaica composta da un materiale semiconduttore che assorbe lenergia luminosa e la trasforma direttamente in corrente elettrica. Il principio di funzionamento di questa cella si basa sulle propriet dellirraggiamento e su quelle dei semiconduttori. La cella singola, unit di base di un sistema fotovoltaico, produce una potenza elettrica assai debole, da uno a tre watt, con una tensione inferiore a un volt. Per produrre una potenza maggiore, le celle vengono assemblate per formare un modulo (pannello). La connessione in serie di parecchie celle aumenta la tensione per una stessa corrente, mentre la messa in parallelo aumenta la corrente mantenendo la tensione. La maggior parte dei moduli in commercio sono composti da silicio cristallino, connesso in serie per applicazioni a 12 volt. Linterconnessione dei moduli in serie o in parallelo per ottenere una potenza ancora maggiore, definisce la nozione di campo fotovoltaico. Il generatore fotovoltaico composto
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da un campo di moduli e da un insieme di elementi che adattano lelettricit prodotta dai moduli ai recettori specifici. Questo complesso, chiamato anche bilancia di sistema (BOS) comprende tutte le attrezzature poste fra il campo dei moduli e la carica finale, cio la struttura rigida (fissa o mobile) per posare i moduli, il cablaggio, la batteria in caso di stoccaggio e il relativo regolatore di carica, e anche il convertitore, quando gli apparecchi funzionano a corrente alternata. **************************************************************

Lenergia eolica. Una parte dellirraggiamento solare, ricadendo sulla terra e le acque, riscalda latmosfera in maniera diseguale, creando cos delle zone di alta e bassa pressione che mettono in movimento delle masse daria. Fra i poli e lequatore, il sole riscalda quindi il globo terrestre in maniera fortemente differente. Il divario di temperatura che ne deriva provoca differenze di densit nelle masse daria delle zone ad alta pressione, che si spostano verso le zone a bassa pressione. un movimento che costituisce il fenomeno generale dei venti sulla superficie del pianeta. Il vento dunque una massa daria in movimento che trasforma in energia cinetica lenergia termica che la massa daria ha ricevuto dallirraggiamento solare. Il vento caratterizzato da due parametri fondamentali. Il primo, determinante per la quantit di energia che in grado di fornire, la velocit; il secondo la direzione del suo spostamento. Inoltre, la velocit e la direzione dei venti possono essere fortemente influenzate dalle condizioni locali del luogo di impianto, in particolare i rilievi e gli ostacoli della zona, che possono creare turbolenze importanti. Una centrale eolica trasforma lenergia cinetica del vento in energia meccanica. Questa energia viene utilizzata direttamente, come nelle centrali eoliche di pompaggio o negli antichi mulini a vento, oppure viene trasformata in elettricit per mezzo di un generatore. In questi casi si parla di aerogeneratori. Sono possibili due tipi diversi di utilizzo: il principale laccoppiamento dellaerogeneratore con la rete. la direzione su cui si sono realizzate finora la maggior parte di ricerche e sperimentazioni, dato che la pi efficace. Il secondo lu202

tilizzo dellinstallazione come gruppo elettrogeno eolico. Questo caso riguarda soprattutto le zone isolate. Secondo Lester R. Brown, per coprire il 40% della domanda di energia nel mondo, bisognerebbe impiantare un milione e mezzo di turbine eoliche da 2 MW. Di fronte ai 65 milioni di auto prodotte annualmente, egli stima che non sia un compito impossibile; evidentemente una scelta politica. Ci sono tuttavia dei limiti. Per coprire il fabbisogno di energia della Francia, bisognerebbe utilizzare due interi dipartimenti, e la Germania, con le sue 20.000 installazioni eoliche arriva al limite del possibile nel contesto delle attuali possibilit.
************************************************************** Tipi di centrali eoliche Oggi esistono due grandi famiglie di generatori eolici, a pala verticale o ad asse orizzontale. I generatori ad asse verticale non esigono sistemi di orientamento in rapporto alla direzione del vento, ma sono in genere di concezione abbastanza complicata. I generatori ad asse orizzontale (a elica) sono di concezione pi agile e hanno un rendimento elevato. Per questo sono pi diffusi. La loro caratteristica comune di essere montati sulla cima di un pilone e di essere fornite di un sistema di orientamento rispetto al vento. Sulla base del numero di pale che conta lelica, si possono distinguere due gruppi: a rotazione lenta multipla, o a rotazione rapida, aerogeneratori. Le centrali eoliche a rotazione lenta multipla, da qualche tempo relativamente diffuse nelle campagne, per esempio in Francia, servono esclusivamente per il pompaggio dellacqua. Le centrali eoliche a rotazione rapida, a due o tre pale, sono quelle attualmente pi in voga e sono fondamentalmente destinate alla produzione di elettricit, da cui il loro nome di aerogeneratori. Da una certa potenza in poi queste centrali eoliche in genere sono fornite di unelica a passo variabile. In questo caso, linclinazione delle pale rispetto alla direzione del vento pu essere modificata, permettendo di mantenere un rendimento elevato quali che siano la velocit del vento e la velocit di rotazione delleolica.5 **************************************************************
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Di fatto linstallazione di centrali eoliche deve rispettare le condizioni seguenti: essere situate su un pianoro o su una collina dal pendio dolce (la velocit del vento aumenta con laltezza), su una superficie aperta e regolare, a una distanza sufficiente (almeno 100 metri) da ostacoli naturali (alberi, dislivelli) o artificiali (case, muri, pali ecc.). Gli ostacoli creano vento e quindi delle turbolenze che perturbano notevolmente la rotazione regolare delle pale e possono provocare la distruzione della macchina dopo un breve periodo di utilizzo. Infine, esse vanno orientate verso i venti dominanti, da qui linteresse di misurare oltre alla velocit del vento anche la sua direzione. Il rendimento energetico di una centrale eolica varia in funzione della velocit del vento al cubo. Attualmente uneolica pu sopportare venti di 200 km allora, mentre due anni fa non sopportava venti superiori ai 90 km orari. C stato quindi un netto progresso. Tuttavia lenergia eolica ha bisogno di unenergia di appoggio, per i giorni meno ventosi, e di un dispositivo di stoccaggio (batteria) per accumulare lenergia prodotta. Oltre ai numerosi vantaggi che essa condivide con le altre fonti di energia rinnovabili, lo sfruttamento dellenergia del vento presenta una serie di caratteristiche proprie: modulabile e pu essere perfettamente adattata al capitale disponibile e ai bisogni di energia. Non ci sono quindi investimenti superflui. Le spese di funzionamento sono abbastanza limitate dato lalto livello di affidabilit e la relativa semplicit delle tecnologie in azione. I prezzi di un impianto eolico sono inoltre destinati a diminuire nei prossimi anni, grazie alle economie di scala nella loro fabbricazione. Tecnicamente a punto, le centrali eoliche sono convenienti nelle regioni ben ventilate. Bisogna poi aggiungere che il periodo di alta produttivit, situato spesso in inverno quando i venti sono pi forti, corrisponde al periodo dellanno in cui massima la domanda di energia. E daltra parte si possono anche impiantare offshore. Ci sono per anche degli inconvenienti. Bench in netta diminuzione, il costo di installazione resta ancora elevato, quindi fuori portata per i paesi in sviluppo. Linstallazione deve essere precisa e rigorosa, giacch implica la messa in opera e lassemblaggio di una torre alta da 10 a 30 metri. poi molto importante lesposizione a un vento
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regolare (forza e direzione), perch unirregolarit o unassenza di vento per parecchi giorni pu porre dei problemi. Bisogna dunque prevedere una grande capacit di stoccaggio, cio un gran numero di batterie. Infine lutilizzo di abbondanti materiali di costruzione (metallo, cemento ecc.) risulta costoso anche in termini ecologici. Al momento della pianificazione, vanno considerati con molta attenzione gli effetti degli impianti eolici sullambiente locale. In generale, limpatto pu venir superato con soluzioni tecniche ed estetiche che non ostacolino la praticabilit del progetto. Su scala regionale, gli studi che mettono in relazione le potenzialit dei venti con i valori ambientali permettono di identificare le zone privilegiate per la localizzazione di impianti eolici e quelle in cui sarebbero di pregiudizio allambiente. Ci sono dunque in questo settore delle soluzioni valide, ma pur sempre limitate rispetto alla domanda mondiale di energia. Lidrogeno. La pila a idrogeno si presenta come uno dei mezzi di sostituire il petrolio nel campo dei trasporti. Infatti lidrogeno lelemento pi abbondante delluniverso. vero che bisogna produrre la molecola di idrogeno (H2), al contrario del petrolio che va semplicemente estratto dal sottosuolo. Il gas idrogeno entra nella fabbricazione di una pila usata come fonte di energia elettrica.
************************************************************** Composizione e funzionamento della pila a idrogeno La pila a idrogeno una pila a combustibile che utilizza la molecola di idrogeno e quella di ossigeno con produzione simultanea di corrente elettrica, di acqua e di calore secondo una reazione chimica che allo stato naturale d unesplosione, e pu essere controllata e utilizzata per produrre energia sfruttabile. Ogni cella elettrochimica elementare fornisce circa 1,2 volt di tensione. Lintensit dipende dalla qualit della materia (le molecole di idrogeno e di ossigeno) introdotta. Ma queste celle elettrochimiche non sono sufficienti per alimentare un motore dauto. Le si associa quindi in serie o in parallelo allo scopo di aumentare la potenza fornita. Le plac205

che bipolari permettono di assemblare le celle elementari; esse hanno la funzione di distribuire il gas (H2 e O2), di recuperare lacqua, di raffreddare il cuore della pila (la membrana) e di raccogliere la corrente elettrica. Il complesso delle celle elettrochimiche elementare che costituiscono la pila comunemente chiamato modulo o stack. 2 H2 (gas) + O2 (gas) H2O (liq) + calore + elettricit (Fonte: http//fr.wikipedia.com) **************************************************************

Mentre le pile classiche trasformano direttamente lenergia chimica in energia elettrica con un funzionamento discontinuo, la pila a combustibile punta a trasformare lenergia chimica in energia elettrica, ma in maniera continua e con combustibili meno cari. Le prime pile a combustibile sono state sviluppate per alimentare le capsule spaziali Gemini, il cui volo senza astronauti ebbe luogo l8 aprile 1964 e la prima missione con astronauti il 23 marzo 1965. Lindustria aeronautica e lindustria spaziale restano le principali utilizzatrici di questo tipo di generatori. La pila a idrogeno o pila a combustibile presenta numerosi vantaggi. In primo luogo, anche prodotta a partire da combustibili fossili, unenergia pi pulita che il petrolio, e permette quindi di lottare contro linquinamento. Essa d come scarto lacqua, quindi nulla di inquinante. La molecola di idrogeno possiede anche un potere energetico molto pi elevato del petrolio (120 MJ/kg. per lidrogeno, contro i 45MJ/kg. per il petrolio). Ci sono per anche degli inconvenienti: lidrogeno non ancora un combustibile perfetto; comporta sempre parecchi problemi non risolti. Attualmente viene prodotto al 95% partendo da combustibili fossili, perci non rinnovabili. Inoltre lidrogeno pi difficile da immagazzinare del petrolio, giacch bisogna o comprimerlo ad alta pressione, usando serbatoi voluminosi e pesanti, oppure liquefarlo a bassa temperatura (con i relativi problemi di isolamento termico). Inoltre lo stoccaggio complicato da alcune sue propriet fisiche (infiammabilit a contatto dellaria, per esempio). Se le pile a combustibile non sono ancora competitive sul piano
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economico, in particolare per il prezzo dellinsieme EME (elettrodomembrana-elettrodo), esse hanno per un vantaggio sulle altre tecnologie, in quanto hanno un miglior rendimento energetico (generalmente il 50% contro il 30% circa per i motori termici), causano un minor inquinamento e minor rumore. La pila a idrogeno una tecnologia gi a punto: esistono gi delle pile e le ricerche attuali ne miglioreranno le caratteristiche. Inoltre la pila a idrogeno emette solo acqua, e quindi un suo ampio utilizzo permetterebbe di risolvere i problemi legati ai gas-serra. Bisogner per sviluppare dei mezzi puliti per produrre la molecola di idrogeno e costituire uninfrastruttura distributiva, certo costosa ma necessaria. La pila a idrogeno potrebbe dunque permettere allautomobile di raggiungere lindipendenza dal petrolio. I passi scientifici sono stati fatti, resta quello dellapplicazione, con le sue componenti economiche e politiche. Lelettricit prodotta con questa tecnologia pu essere usata per alimentare unauto. Con un partenariato fra Total e BMW, si costituito un gruppo di ricerca per costruire una vettura ibrida che funzioni a benzina e idrogeno. Lauto messa a punto possiede unautonomia di 200 chilometri; oltre, entra automaticamente in funzione la benzina. Alcuni paesi sono molto avanti in questo settore. La Germania disponeva gi nel 2007 di stazioni di servizio a Monaco, Amburgo e Berlino. Nella capitale tedesca, nello stesso anno il parco auto doveva passare da sedici a varie centinaia di veicoli, grazie a un partenariato pubblico/privato6. Per un costruttore come la BMW, la soluzione ecologica risulter da formule miste che associno economie denergia, agrocarburanti di seconda o terza generazione, motori ibridi, idrogeno ed elettricit. Secondo lAccademia delle Scienze degli Stati Uniti, la produzione di auto potrebbe mettere in circolazione 2 milioni di vetture a idrogeno entro il 20207. Lidrogeno costituisce una delle principali possibilit per il futuro, ma passeranno vari decenni prima che il suo uso si generalizzi. Lenergia dai rifiuti. I rifiuti di origine agricola, casalinga o industriale possono servire come materia prima per la produzione di corrente elettrica e di gas metano, che dopo un trattamento pu avere parecchie applicazioni. Ricordiamo anzitutto che lincinerazione di rifiuti casalinghi permette solo di recuperare una parte dellenergia che
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stata usata per la loro produzione: il che mette in evidenza che sarebbe meglio limitare la loro produzione alla fonte, allo scopo di evitare sprechi energetici. I rifiuti si possono raggruppare in due categorie: i rifiuti industriali che sono residui di idrocarburi, catrami, solventi usati e altri fanghi prodotti dallindustria, che con inceneritori speciali possono essere trasformati in calore o elettricit; e rifiuti agricoli e agroindustriali. Si tratta in particolare della paglia dei cereali pi coltivati nel mondo: grano, mais, riso. Si possono ottenere da due a sei tonnellate di paglia per ettaro. Quanto ai rifiuti agroindustriali, provengono soprattutto da zuccherifici e oleifici. I rifiuti subiscono un trattamento di decomposizione con il calore (pirolisi) che produce gas combustibili. Questi vengono bruciati a una temperatura di 800-900 gradi in una camera di post-combustione. Ci vogliono da cinque a sette tonnellate di rifiuti per produrre lequivalente di una tonnellata di nafta. Lenergia del forno di incinerazione viene captata per riscaldare lacqua, produrre vapore e generare elettricit, oppure venir sfruttata in cogenerazione (calore ed elettricit). I rifiuti vengono trasformati in energia seguendo due strade possibili: lincinerazione, quando i rifiuti vengono bruciati per produrre calore, elettricit o entrambi (co-generazione) e la metanizzazione (fermentazione anaerobica), oppure la trasformazione dei rifiuti di origine biologica in metano e gas carbonico (bio-gas).
************************************************************** La metanizzazione della materia organica La metanizzazione una digestione anaerobica, o fermentazione metanica, che trasforma la materia organica complessa in compost, metano e gas carbonico ad opera di un ecosistema microbico complesso che funzione in assenza di ossigeno. La metanizzazione permette di eliminare linquinamento organico consumando poca energia, producendo pochi fanghi e generando unenergia rinnovabile: il bio-gas. Il metano rappresenta dal 55 all85% del volume dei bio-gas prodotto e si pu utilizzare come fonte di energia: 1 m3 di metano (8,750 kcal) equivale a un litro di nafta. **************************************************************
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Il gas metano (bio-gas) pu essere utilizzato come il gas naturale, dopo trattamento. Fornisce un combustibile industriale per produrre elettricit e calore, carburante per auto o pu venir distribuito come gas di citt. Lincinerazione dei rifiuti presenta per dei grandi inconvenienti per lambiente: inquinamento atmosferico (polveri, gas acidi, diossina, metalli pesanti ecc.) ed effetto serra. I residui della depurazione dei fumi sono rifiuti tossici. Si pu per operare questo stesso procedimento allinterno di un depuratore per disinquinare i rifiuti di materia organica, sempre producendo energia sotto forma di metano. Alcuni studi esaminano le possibilit di sfruttamento e di utilizzo del gas metano delle miniere di carbone, chiamato normalmente gris. Si sono realizzate delle prospezioni nei bacini della Lorena in Francia e in Vallonia nei siti minerari di Charleroi e del Borinage, considerati come le culle minerarie europee8. Questi rappresentano delle potenzialit reali, ma evidentemente limitate alle riserve esistenti. La geotermia. La geotermia, dal greco geo (terra) e termia (calore) la scienza che studia i fenomeni termici interni del globo terrestre e la tecnica che mira a sfruttarli. Per estensione, la geotermia indica anche lenergia geotermica prodotta dalla terra e convertibile in calore9. Questa proviene dalla disintegrazione di elementi radioattivi presenti nelle rocce e nel nucleo terrestre, che generano un flusso di calore verso la superficie. Maggiore la profondit, pi il calore elevato, e aumenta circa di 3 gradi ogni 100 metri. Ma questo gradiente geotermico pu essere molto pi elevato in alcune configurazioni geologiche particolari. Nelle zone sismiche o vulcaniche, il gradiente termico pu essere fino a dieci volte pi importante e anche raggiungere i 100 gradi in alcuni luoghi.

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************************************************************** I tre tipi di geotermia - La geotermia poco profonda o a bassa temperatura corrisponde a temperature comprese fra 30 e 100 gradi. Queste fonti si trovano a profondit comprese fra 1.000 e 2.500 metri in formazioni rocciose permeabili riempite dacqua, situate principalmente in bacini sedimentari di dimensioni molto grandi. Linvestimento in geotermia dellordine di 400.600 euro per kw installato, ma il costo di funzionamento molto basso: da 0,05 a 0,1 centesimi di euro per kw termico. - La geotermia profonda ad alta temperatura, o media, corrisponde a fonti di acqua calda sotto pressione la cui temperatura compresa fra 90 e 180 gradi. Possono trovarsi a una profondit di poche centinaia di metri, ma anche di chilometri. Oggi possibile montare delle installazione che permettono di produrre delle quantit di elettricit che vanno da pochi kw ad alcuni MW, che a loro volta corrispondono a un investimento compreso fra 1.000 e 4.000 euro per kw installato e a una durata da 30 a 50 anni. Le fonti si trovano in bacini sedimentari, zone privilegiate della geotermia a bassa energia, ma a maggiori profondit, da 2.000 a 4.000 metri, in numerose zone ben localizzate. Si tratta per lo pi di acqua calda che rimonta dalle profondit per dei giochi di faglie. - La geotermia molto profonda ad altissima temperatura, o alta energia, sfrutta giacimenti di vapore secco o umido (mistura di acqua e vapore) posti fra 1,500 e 3.000 metri di profondit in zone vulcaniche o di frontiera di placche in cui la geotermia particolarmente intensa, e la cui temperatura compresa fra 200 e 350 gradi circa. Il costo di ogni Kw/h prodotto varia secondo i metodi utilizzati, fra 4,5 e 7 centesimi di euro. **************************************************************

I tre tipi di geotermia, secondo la rispettiva profondit, prelevano il calore contenuto nel suolo. Questa energia sfruttata da migliaia di anni nelle reti di riscaldamento e dacqua calda in Cina, nella Roma antica e nel bacino mediterraneo. Laumento del prezzo dellenergia e i bisogni di ridurre le emissioni di gas-serra oggi la rendono pi allettante. Essa gi utilizzata in molti paesi, come il Nicaragua, nei
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pressi del vulcano Momotombo e nellisola di Runion. Il vantaggio di questa fonte denergia che gratuita, rinnovabile e il suo sfruttamento non costa caro. Le installazioni che utilizzano la geotermia non inquinano latmosfera. La co-generazione, cio la produzione di elettricit unita a quella di calore, pu aumentare ancor pi il suo interesse. Si tratta per di unenergia poco trasportabile, che deve essere utilizzata sul posto. Gli investimenti per pompare lacqua calda sono in molti casi assai importanti. Luso principale il riscaldamento di abitazioni ed edifici in genere. Ma la geotermia pu anche servire a scaldare serre, vasche per piscicoltura10, o luoghi di allevamento di animali, per essiccare prodotti agricoli, per scongelare le strade (serpentine di acqua calda sotto lasfalto), per laria condizionata o per la refrigerazione. Lenergia geotermica ha un debole impatto sullambiente. Emetto poco CO2. Esige per di prendere in considerazione i gas contenuti nellacqua, ma che possono essere estratti: metano, idrogeno solforato, CO2 Bisogna infine fare attenzione a non riversare lacqua geotermica nellambiente perch contiene sali e metalli pesanti. I rischi sono bassi se lacqua viene iniettata nel sottosuolo. Una volta ancora, questa soluzione tecnicamente interessante resta limitata nella sua applicazione. Gli agrocarburanti frutto della fotosintesi Gli agrocarburanti entrano sicuramente nella prospettiva delle future soluzioni, ma in misura molto minore di quanto previsto allinizio., Infatti, come abbiamo constatato, il loro sviluppo sfrenato comincia a provocare una crescente contestazione e il loro interesse sempre pi rimesso in discussione. Lo scoglio principale anzitutto il bilancio energetico della loro produzione, cio la differenza fra la quantit denergia necessaria per un ciclo completo di produzione e la quantit di energia restituita dagli agrocarburanti al momento del loro utilizzo. Diversi studi hanno approfondito la questione, ma con risultati divergenti. La differenza dipende dal tipo di agrocombustibile studiato (etanolo, EMHV ecc.), dal tipo di pianta (grano, mais),
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dal metodo di produzione (luogo di trasformazione prossimo al campo o meno), dal luogo di produzione (Europa, Brasile, Indonesia). Secondo uno studio pubblicato su Science nellagosto del 2007 e realizzato da Renton Righelato del World Land Trust e da Domonick Spracklen dellUniversit di Leeds, sarebbe anche pi vantaggioso sul piano dei gas-serra proteggere e reintegrare le foreste e le praterie che non utilizzare la stessa superficie per produrre agrocarburanti. Di pi, con laiuto di una simulazione realizzata su 30 anni, si stimato che la sostituzione delle foreste con colture destinate a rifornire le auto di flex-fuel libererebbe CO2 in misura nove volte maggiore sulla stessa durata. Seri ammonimenti sugli agrocarburanti sono stati lanciati anche da Paul Cruntzen, premio Nobel per la chimica 1995, dellistituto tedesco Max Planck. Il suo studio, firmato insieme con una squadra internazionale di ricercatori e pubblicato sulla rivista Atmospheric Chemistry and Phisics Discussion nel settembre 2007, afferma che la produzione di un litro di agrocombustibile pu contribuire alleffetto serra due volte pi che la combustione della stessa quantit di combustibile fossile. La squadra di ricercatori si particolarmente dedicata allo studio delle emissioni di protossido dazoto (N2O), gas-serra emesso dallagricoltura intensiva e 296 volte pi potente del biossido di carbonio (CO2). Infatti una parte non trascurabile dei concimi azotati utilizzati per aumentare i rendimenti agricoli si degrada come N2O. Un ulteriore avvertimento proviene dallOrganizzazione di Cooperazione e Sviluppo Economico (OCDE), che nel 2007 comunicava le sue preoccupazioni in occasione di una tavola rotonda sullo sviluppo sostenibile. LOCDE stima che fra le tecnologie attuali, solo gli agrocarburanti prodotti a partire dalla canna da zucchero, dalla cellulosa, dai grassi animali e dagli oli commestibili esausti possono ridurre sensibilmente i gas-serra rispetto alla benzina e al diesel. Le altre tecniche di produzione possono teoricamente comportare una riduzione del 40% delle emissioni di GES, ma se si prende in considerazione lacidificazione dei terreni, luso dei concimi, la perdita di biodiversit e la tossicit dei pesticidi, lincidenza globale delletanolo e dellagrodiesel sullambiente eccede rapidamente quella della
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benzina e del diesel, per non parlare degli effetti sociali di cui abbiamo parlato a lungo. Da tutto questo si pu concludere che le alternative allenergia fossile non permetteranno in alcun modo di sostituirla a breve e medio termine. Essa rester predominante negli anni futuri, con una parte almeno dell80%. In altri termini, lenergia fossile continuer ad esercitare i suoi effetti climatici negativi, anche se nuove tecnologie permetteranno di attenuarli. Malgrado i progressi in vista, linsieme delle energie alternative non pu garantire la scomparsa progressiva dellenergia fossile, almeno a medio termine, ed esse inoltre determinano perfino delle preoccupazioni. Lo sviluppo degli agrocarburanti secondo il modello previsto aggrava i problemi ecologici e sociali ed imperativo stabilire un limite. Non resta che una soluzione valida a lungo termine, cio cambiare il modo di consumo dellenergia, il che si rivela in contraddizione con la logica economica contemporanea. Da qui la necessit di porre il problema di un modello di sviluppo alternativo di fronte a quel che si pu definire unautentica crisi di civilt. Una logica postcapitalistica delleconomia e un nuovo modo di sviluppo Per risolvere il problema dellenergia necessario non soltanto avviare dei processi a breve termine, ma anche prevedere una transizione che permetta di trasformare lattuale modo di sviluppo, basato sullo sfruttamento sconsiderato delle risorse energetiche, e nello stesso tempo di scoprire e sviluppare nuove risorse e nuove tecnologie. Una cosa deve andare con laltra e sarebbe illusorio credere che i miglioramenti scientifici e tecnici possano risolvere il problema nellambito della logica del capitalismo. Ci porter necessariamente, in modo pi o meno veloce, a orientarsi verso una logica postcapitalistica. Farlo in maniera razionale, piuttosto che aspettare di esservi costretti da una crisi globale, sembra la via pi ragionevole. Di qui la necessit di un quadro globale al cui interno inscrivere la soluzione dei problemi energetici.
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Questo progetto si articola intorno a quattro assi che corrispondono agli elementi fondamentali dellesistenza umana. Sono indivisibili e interdipendenti. Si tratta dellutilizzo sostenibile delle risorse naturali, della priorit del valore duso sul valore di scambio, della generalizzazione della democrazia e dellinterculturalit. Lutilizzo sostenibile delle risorse naturali In un lasso di tempo molto breve abbiamo assistito a unautentica esplosione di una coscienza collettiva, cio che lutilizzo indiscriminato delle risorse naturali mette a rischio la continuit della vita fisica e biologica. Lumanit deve affrontare non solo lesaurirsi di alcune ricchezze naturali, ma anche la distruzione di elementi essenziali per la vita, come lacqua, i terreni, laria, latmosfera, il clima. Le societ industrialmente pi sviluppate consumano da tre a quattro volte le possibilit teoriche di rinnovamento ecologico del pianeta. Ristabilire un equilibrio nellutilizzo delle risorse naturali dunque diventato una questione di sopravvivenza. Daltra parte, le risorse non rinnovabili, in particolare nellambito dellenergia, non si possono lasciare alla sola logica del mercato, e dunque dellaccumulazione del capitale, e bisogna poterle gestire collettivamente, per contribuire in maniera razionale al bene comune dellumanit. Tutto ci significa una nuova filosofia del rapporto fra gli esseri umani e la natura. Si tratta di passare dalla nozione di sfruttamento a quella di simbiosi. Dunque il contrario dellidea di progresso senza fine, con una natura inesauribile, secondo leredit del secolo dei Lumi. Ci significa anche ritrovare alcuni valori sostenuti dalle societ precapitalistiche, in particolare quella dellunit fondamentale fra lumanit e il mondo naturale, e la solidariet come base della costruzione sociale. Evidentemente i riferimenti vanno fatti tenendo in considerazione il progresso reale di un pensiero analitico che torni a situare le causalit e i meccanismi di funzionamento della natura e delle societ nel campo fisico o sociale, superando un pensiero mitico, che identifica il simbolo con la realt. Questa prospettiva significa anche prendere le distanze dal socialismo del XX secolo, molto influenzato dal pensiero scientista e da una visione lineare del progresso. La fine del XX secolo stata segnata da una critica della modernit,
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che si trasferita nelle scienze sociali sotto linflusso dei nuovi orientamenti delle scienze naturali, in particolare lintroduzione del concetto di complessit e dincertezza (Prigogine), che evidenzia il ruolo del caso e dellaleatorio, sia nelle scienze fisiche e biologiche che nelle scienze sociali (Edgar Morin). Morin ha sviluppato una posizione critica, evitando il postmodernismo radicale che nega lesistenza di sistemi e di strutture per privilegiare la storia immediata costruita dagli individui e che oppone le piccole narrazioni alle grandi narrazioni, cio alle teorie esplicative. Lautore riconosce naturalmente la realt dellaleatorio e dellincertezza nelle scienze sociali, ma afferma lesistenza di un paradigma fondamentale che si ritrova nel mondo fisico, biologico e antropologico, cio il passaggio costante dal disordine allautoriorganizzazione, o la continuit della vita. Secondo Edgar Morin, oggi c in gioco proprio la possibilit di riorganizzazione. Lattivit umana produce effetti irreversibili, che hanno conseguenze catastrofiche sul contesto naturale e sui gruppi umani. Il sociologo e filosofo francese giunge a conclusioni assai pessimistiche, pensando che sia probabilmente gi troppo tardi per cambiare il corso delle cose. Non necessario per arrivare a tali estremi, per prendere coscienza della necessit di una reazione radicale. Ci pone evidentemente un problema etico: la necessit di garantire il processo di riorganizzazione nei diversi settori. Si tratta della vita in s, come ha ben dimostrato Enrique Dussel nella sua opera Letica della Liberazione11. Lo hanno capito anche alcuni attori sociali quando nel 2004 hanno lanciato a Citt del Messico la Rete di intellettuali e artisti per la difesa dellumanit. La questione dellenergia direttamente legata a questi problemi. Nella misura in cui la sua produzione e il suo utilizzo contribuiscono ad aggredire la vita e la sua riproduzione, lenergia non pu sfuggire alla questione fondamentale del rapporto con la natura. Dare la priorit al valore duso rispetto al valore di scambio Questi concetti sono stati elaborati da Marx e sono passati nel linguaggio comune. Il valore duso quello che i prodotti e i servizi hanno per lutilizzo che ne fanno gli esseri umani, e il valore di
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scambio quello che essi acquistano quando entrano nel mercato. caratteristica del capitalismo di privilegiare il valore di scambio come motore dello sviluppo economico. logico, dato che solo il valore di scambio permette di fare profitti e dunque di generare un processo di accumulazione. Ne risulta una percezione del mercato come fatto naturale, e non pi come un rapporto sociale. La priorit del mercato diventa un dogma, da cui tutto il resto deriva in maniera automatica. Il mercato impone la sua logica allinsieme dei rapporti umani collettivi e a tutti i settori di attivit. La sua legge si applica anche in settori quali la salute, listruzione, lo sport, la cultura. Questa logica esclude ogni parametro che non sia quello dello scambio economico; esclude in particolare i parametri di tipo qualitativo, come la qualit della vita o quelle che sono definite esternalit, cio tutto ci che precede o segue il rapporto di mercato e che permette a un insieme di costi di non venir contabilizzati, compresi quelli per la produzione di energia. Dare la priorit al valore duso significa dunque privilegiare lessere umano rispetto al capitale. Tale priorit comporta una serie di conseguenze. Possiamo citarne alcune. Se il valore duso predominante, si allungher la durata di vita dei prodotti, il che secondo Wim Dierckxsens, un economista olandese che lavora in Costarica, comporta numerosi vantaggi. Infatti la vita dei prodotti stata ridotta per accelerare la rotazione del capitale e contribuire alla sua accumulazione. Lallungamento permetterebbe di utilizzare meno materie prime e meno energia, di produrre meno rifiuti e dunque di proteggere meglio lambiente naturale. Diminuirebbe anche linfluenza del capitale finanziario. La stessa logica permetterebbe di accettare prezzi differenziati per gli stessi prodotti, industriali o agricoli, secondo le regioni del mondo. Attualmente la legge del mercato esige che ci si allinei mondialmente sui prezzi pi bassi, in particolare in agricoltura, cio sui prezzi delle regioni che hanno adottato unagricoltura produttivista di tipo capitalistico (spesso sussidiati e che praticano il dumping). Invece gli argomenti legati al valore duso possono giustificare prezzi diversi, che contraddicono il dogma del mercato. Perch il riso deve avere lo stesso prezzo negli Stati Uniti e nello Sri Lanka, se in
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questultimo il riso fa parte della storia e della cultura e la sua produzione unesigenza della sovranit alimentare? Queste considerazioni non entrano nei conti della logica di mercato, ma in quelli del valore duso. Si potr cos rilocalizzare la produzione ed evitare numerosi costi di trasporto, che sono nocivi allambiente e provocano in molte zone del mondo la congestione delle vie di comunicazione e perfino la paralisi di strade e autostrade. Valorizzare il valore duso permetter anche di favorire lagricoltura contadina, che a sua volta pu offrire posti di lavoro. Nel settore dei servizi, leducazione sar ridefinita prioritariamente in funzione delle persone e non del mercato, e la produzione di medicinali dovr tener conto delle malattie esistenti e non sar in funzione della redditivit della vendita. Dare priorit al valore duso significa dunque concentrarsi sulla vita umana. Sar impossibile ignorare la sorte del 20 o 30% della popolazione mondiale che vive nellindigenza. Si potr anche evitare di rendere vulnerabile il resto della popolazione, al di fuori dei privilegiati, perch i bisogni umani diventeranno il motore delleconomia. Il che significa inevitabilmente stabilire dei meccanismi di redistribuzione della ricchezza e generalizzare i sistemi di sicurezza sociale. Lenergia da parte sua diventa un valore duso, destinato - garantendo anzitutto il principio del rispetto della natura a soddisfare i bisogni reali degli esseri umani e non a servire allaccumulazione del capitale. Questa prospettiva esige evidentemente una nuova filosofia delleconomia. Non si pu pi definirla semplicemente come unattivit che produce valore aggiunto, ma bisogna considerare che la sua funzione come abbiamo gi detto di produrre la base materiale necessaria alla vita fisica, culturale e spirituale di tutti gli esseri umani nellinsieme delluniverso. Infine tutto ci sfocia su unetica della vita, cio sullesigenza di garantire la base vitale per tutti. Generalizzare la democrazia Generalizzare la democrazia significa prendere in considerazione linsieme dei rapporti umani. Evidentemente il primo campo di applicazione la politica. Oggi in molte regioni del mondo la democrazia rappresentativa nettamente deficitaria e ha raggiunto il pun217

to di non credibilit. Ci si manifesta in particolare con un alto livello di astensione, laddove il voto non obbligatorio. dunque indispensabile integrare la rappresentanza con altri meccanismi che oggi chiamiamo partecipativi. Anche se questo concetto diventato indistinto e ambiguo, per labuso che se ne fatto, il contenuto resta fondamentale: si tratta di estendere lo spazio della responsabilit dei cittadini. Ci sono numerose formule possibili, da quella ben nota del bilancio partecipativo, come iniziato a Porto Alegre, fino al controllo regolare degli eletti da parte degli elettori, per mezzo di processi di rendicontazione e anche di referendum. Ci suppone anche la soppressione delle lobbies, nonch la fine del predominio del denaro per potersi candidare a posti pubblici; poi naturalmente necessaria la trasparenza dei processi di composizione delle liste elettorali e dei meccanismi di funzionamento dei partiti. La democrazia peraltro si deve poter generalizzare non solo in campo politico, ma in tutti i luoghi dove si costruiscono rapporti sociali, a partire dai rapporti di genere che devono basarsi sulleguaglianza, fino al funzionamento dei movimenti sociali e infine ai rapporti di produzione. Nulla pi antidemocratico dellorganizzazione capitalistica delleconomia, e ci si evidenzia sia nella singola impresa che negli organismi finanziari internazionali. Ovunque domina la medesima logica, quella del predominio del valore di scambio e dunque del potere decisionale quasi esclusivo del capitale. Un procedimento democratico non potr pi legare la decisione economica alla propriet privata dei mezzi di produzione. Ci sono evidentemente molte maniere di progettare il processo democratico in economia, non necessariamente legate alla nazionalizzazione di tutti i settori. Le forme cooperative, le associazioni di produttori, le comunit locali a propriet indivisa sono tante maniere diverse di garantire un funzionamento democratico. Da qui limportanza di ridefinire lo Stato e le sue funzioni. Una volta di pi lenergia al centro del problema, giacch il suo controllo collettivo ai diversi livelli di potere lunica garanzia di un suo uso razionale. dunque necessario un nuovo approccio filosofico. La democrazia caratterizzata dalla dialettica fra creativit e organizzazione. Essa esclude o relativizza fortemente le avanguardie. Essa considera lin218

sieme dei diritti umani come una possibilit di partecipazione, senza ignorare che il primo diritto umano quello alla vita. Questa filosofia ricrea immediatamente la centralit del soggetto individuale e collettivo. Quanto alla dimensione etica di questo terzo asse, essa riguarda il rispetto della democrazia allinterno di ognuno dei sistemi di rapporti sociali, nei partiti politici come nelle imprese, nei movimenti sociali e in tutte le istituzioni culturali, senza dimenticare i rapporti di genere. La multiculturalit Il quarto asse riguarda la multiculturalit e linterculturalit o la partecipazione di tutte le culture, i saperi, le filosofie, le religioni alla costruzione del nuovo mondo possibile. Si tratta allora di andare contro legemonia culturale dellOccidente, non solo sul piano economico, che impone il modello capitalistico, ma anche sul piano dei valori. Non si pu pensare linterculturalit se non inserendo gli altri tre assi gi descritti, dato che la loro unit indispensabile. Non sarebbe possibile accettare una filosofia che veicola principi razzisti o una religione che predica linferiorit delle donne. La maniera di rappresentarsi lenergia nelle diverse tradizioni e lo sviluppo etico che le accompagna costituiscono un enorme patrimonio in grado di riproporre la questione del suo ruolo nello sviluppo dellumanit. Abbiamo cercato di dimostrarlo in uno studio realizzato per lUnesco 12. I temi principali sono il rispetto della natura, la moderazione nei consumi e letica della solidariet. Nellambito di questi quattro grandi principi, necessario il rispetto di tutte le culture e delle maniere specifiche di leggere la realt, permettendo a tutte le ricchezze culturali dellumanit di contribuire al bene comune, evitando di ridurle a un isolamento da ghetto. Una posizione del genere esige evidentemente una filosofia dellinterculturalit come dinamica culturale, cio una concezione aperta della cultura e delle sue possibilit di trasformazione. Ci suppone anche una concezione laica dello Stato come garanzia della partecipazione interculturale. Infine in questo ambito letica si tradurr in rispetto mutuo, con dialogo e collaborazione nelle varie iniziative sociali e culturali.
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Costruire questo modello postcapitalistico, che alcuni definiscono il socialismo del XXI secolo, uniniziativa che beneficia sia delle esperienze del passato che delle nuove sensibilit veicolate dai movimenti sociali della nuova generazione, e che mette laccento sui valori e gli aspetti qualitativi della vita, sulla democrazia come mezzo e non solo come fine. Nello stesso tempo, si tratta di una costruzione nella continuit, giacch esistono un pensiero e delle pratiche accumulate, che sono ricchi di insegnamenti. In questa prospettiva il progetto pu suscitare speranze ed entusiasmi, andando molto oltre i calcoli meschini dellazione di parte. Vale dunque la pena proseguire una lotta che conduce a costruire possibili alternative e a sviluppare il pensiero critico necessario. La soluzione alla duplice crisi dellenergia e del clima si trova non solo in un insieme di misure tecniche, ma in una visione globale del cambiamento di civilt. Soltanto a questo prezzo lumanit potr avviarsi su una strada che le permetta di sopravvivere. Combinare questo cambiamento radicale della societ con le misure immediate che permettono di risparmiare energia utilizzando le nuove fonti rispettose della natura e dei rapporti sociali, costituisce la base della politica da seguire.
Note 1. 2. Science et Vie, n. 1086, marzo 2008, 56. Michel Destot e a., Energie et Climat, Parigi, Fondation Jean Jaurs et Plon, 2006, 45. 3. Le Monde, 2-6-2007. 4. Le Monde, 25-11-2008. 5. Guy Cloes, Guide des nergies renouvelables, Ministre de la Rgion Wallonne, Bruxelles, 2007 6. Le Soir, 4-6-2008. 7. The New York Times, 29-11-2008. 8. Le Soir, 24-9-2006. 9. www.futura-sciences.com. 10. Nella Gironda dal 1992 la geotermia riscalda una vasca per lallevamento di storioni, dove si pensa di produrre presto del caviale. 11. Enrique Dussel, LEthique de la Libration, Parigi, LHarmattan, 2004. 12. Franois Houtart e Genevive Lemercinier, Culture et Energie, LHarmattan, Paris, 1982.
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GLOSSARIO Questo glossario riprende i termini utilizzati nel corso dellopera, allo scopo di facilitare la lettura degli aspetti tecnici. Acidificazione: fenomeno causato dallemissione di ossido di azoto, ossido di zolfo e ammoniaca per reazione con lacqua al momento della messa a coltura. Agricoltura biologica: tipo dagricoltura che non fa uso di concimi chimici. Agrocarburante: combustibile da usare nei motori a scoppio, ottenuto dalla trasformazione di prodotti vegetali con tre metodi: le colture oleaginose che permettono di ottenere olio puro (per esempio dai semi di colza e girasole) e utilizzabile direttamente nel diesel, la trasformazione dellolio vegetale e la fermentazione dello zucchero di vegetali che produce alcool (etanolo). Agrodiesel: diesel ottenuto a partire da oli vegetali di colza, palma, girasole, soia, ecc. Albedo: percentuale di irraggiamento solare riflesso dalla superficie terrestre. Amido: glucido immagazzinato negli organi di riserva dei vegetali (frutti, tubercoli) sotto forma di granulati. Auto elettrica: auto in cui lenergia principale fornita da una batteria che immagazzina elettricit. Autotrofo: vegetale capace di elaborare da s la propria sostanza organica a partire da elementi minerali. B20: carburante composto al 20% di agro diesel e per l80% di gasolio. B100: agro diesel puro. Bagassa: residuo vegetale della lavorazione della canna da zucchero, che pu essere utilizzato per la produzione di corrente elettrica. Barbabietola: pianta saccarifera, alla base della produzione di etanolo (7.000 litri di agroetanolo per 1 ettaro di barbabietola). Barile di grezzo: unit di misura per il petrolio grezzo. Batterie al litio: apparecchio che permette di immagazzinare elet221

tricit, costruito a base di litio. Sono chiamate micro batterie, con un diametro di 1 mm. Biobutanolo: miscela di agrocarburanti e petrolio Biocombustibile: vedi agrocombustibile. Biodiesel: vedi agro diesel. Bioeconomia :attivit economica basata su unenergia ottenuta a partire da risorse rinnovabili o dallattivit agricola. Bioetanolo: combustibile prodotto a partire da materie vegetali come la canna da zucchero, il mais, il grano ecc. Biogas: gas derivante dalla fermentazione della materia organica in assenza di ossigeno, per lazione di batteri, che pu servire ad alimentare pile a combustibile. Loperazione permette di ottenere il 90% di gas e il 10% di CO2 e acqua. Biomassa: insieme di materia viva proveniente da legname o steli di piante, da rifiuti vegetali, da lettiere o deiezioni animali, da rifiuti domestici o delle industrie agroalimentari, che produce del gas per fermentazione per lazione di microrganismi, e in grado di produrre calore o energia. Bioplastica: plastica prodotta a partire da materie rinnovabili o di origine agricola. Bioprospezione: utilizzo di enzimi naturali (per esempio termiti che mangiano il legno) per liberare lo zucchero del legno e produrre etanolo. Bioraffineria: impianto che produce combustibili a partire da materia vegetale Bitume: miscela di carburi di idrogeno che si presenta allo stato solido o liquido. I bitumi artificiali sono ottenuti nella distillazione o nellossidazione del petrolio. Carbone vapore: equivalente in carbone di calore o elettricit. Catione: ione che ha perduto uno o pi elettroni. Cella fotovoltaica: pannello destinato a captare lenergia solare per trasformarla in energia elettrica o calore. Fabbricato in un primo momento con cristalli di silicio, pi recentemente si fa con polimeri film solare? Cellulosa: materia costitutiva della membrana cellulare dei vegetali.
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Centrale termica a fiamma: centrale elettriche che utilizza la combustione di carbone, gas o carburante. CH4: gas metano contenuto nellatmosfera, che contribuisce alleffetto serra. Cherosene: carburante utilizzato dagli aerei. Co-generazione: produzione simultanea di calore ed elettricit. Si parla di micro-cogestione quando un privato produce per i propri bisogni domestici e per la rete. Colza: pianta oleaginosa che pu essere alla base della produzione di agrodiesel (1.500 litri per ettaro). Combustibile fossile: combustibile alla cui origine c il carbone, oppure il gas o il petrolio. Componente aromatico: componente odoroso la cui struttura presenta un nucleo benzenico. Corrente di marea: energia prodotta a partire dalle maree marittime, come a Rance in Francia. CO2: biossido di carbonio, gas di origine naturale o risultante dalla combustione di combustibili fossili o biomassa, come dai cambiamenti di destinazione dei terreni e da altri processi industriali. il principale gas-serra causato dallattivit umana, e influisce sul bilancio netto dellirraggiamento sulla superficie della terra. anche il gas di riferimento in rapporto al quale si misurano tutti gli altri gas-serra, e che dunque ha un potenziale di riscaldamento globale pari a 1. Dendroenergia: energia prodotta a partire da combustibili lignei. La legna e il carbone di legna sono i combustibili pi utilizzati nellindustria di trasformazione dei prodotti alimentari per cuocere, affumicare e seccare, nonch per la produzione di elettricit. E85: carburante costituito da una miscela di etanolo (85%) e benzina senza piombo (15%). Effetto serra: riscaldamento del pianeta terra, degli oceani e dellatmosfera dovuto alla ritenzione, da parte di un certo numero di costituenti gassosi, di una parte del calore fornito dai raggi solari. Elettrolisi: produzione di reazioni chimiche grazie a unattivazione elettrica.
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Endosolfano: sostanza attiva di prodotto fitosanitario (o fitofarmaceutico, o pesticida) che presenta un effetto insetticida e che appartiene alla famiglia chimica degli organo clorati. Estere metilico: prodotto della trans-esterificazione dei trigliceridi degli oli vegetali (di palma, colza, girasole ecc.). LEMHV (estere metilico di olio vegetale) miscela olio di colza o girasole con alcool metilico, ottenuto per fermentazione, sia a partire dallo zucchero (di canna o barbabietola), sia a partire da amidi (grano) e che per idrolisi d del glucosio. Attualmente viene utilizzato come additivo della benzina in attesa della commercializzazione di altri tipi di motori. Esteri: corpi chimici risultanti dalla reazione fra un acido (per esempio, gliceridi) e un alcool, con eliminazione di acqua. Etanolo: carburante prodotto a partire da piante alcoligene quali mais, canna da zucchero, barbabietola, grano ecc. ETBE (Etil Tertio Butil Etere): composto chimico ottenuto per sintesi chimica, mediante addizione catalitica di etanolo allisobutene. LETBE pu essere incorporato nella benzina fino al 15% di volume. Euforbia: pianta perenne (euforbiacee) che rinchiude un succo lattiginoso che annerisce a contatto con laria e che pu produrre olio (per esempio, liatropa). Eutrofizzazione dellacqua: in origine designava la ricchezza in elementi nutritivi, senza connotazioni negative. Dal 1970 il termine viene utilizzato per indicare il degrado delle grandi distese dacqua, causato da un eccesso di nutrienti. Floculant: un polimero (cio una molecola lunga costituita dalla ripetizione di un motivo di base) che imprigiona le materie colloidali agglomerate e forma cos dei fiocchi voluminosi che si depositano per sedimentazione. Fotosintesi: sintesi degli idrati di carbonio effettuata dai vegetali con clorofilla per effetto della luce solare. Furfural: battericida, antimicotico e insetticida naturale, che viene in specie dalla palma africana, le cui foglie lo contengono in misura del 17%. Gas-serra (GES): insieme di gas (biossido di carbonio, metano, vapore acqueo, protossido dazoto ecc.) contenuti nellatmosfera che,
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assorbendo e riemettendo i raggi infrarossi emessi dalla terra, contribuiscono a elevarne la temperatura. Gasolio: diesel prodotto a partire da energie fossili. Gasificazione: azione di gasificare, trasformazione del carbone in gas nelle miniere. Giacinto dacqua dolce: pianta acquatica di fiumi, laghi e canali nelle regioni tropicali. Gliceridi: sono lipidi formati dal legamento (estere) fra uno, due o tre acidi grassi da una parte e da un alcool il glicerolo - dallaltra. Idro-Gen: ruota a pale galleggianti per produrre elettricit. Idroelettrica: elettricit prodotta a partire da fonti idriche in movimento. Idrogenazione catalitica: reazione chimica che consiste nel fissarsi di due atomi di idrogeno sul doppio legame per creare cos un legame semplice. necessario utilizzare catalizzatori metallici come il platino (Pt), il nichel (Ni) e il palladio (Pd). Idroliana: stazione di produzione di elettricit che sfrutta le correnti marine e fluviali. Le pale girano secondo un asse orizzontale o verticale. La prima installazione rimonta al 2006, sul mare dIrlanda. Idrolisi: scomposizione per mezzo di acqua. ITER: reattore sperimentale a fusione termonucleare installato a Cadarache (Bouche du Rhone, in Francia). Jatropha curcas: pianta della famiglia delle euforbiacee che cresce nelle zone aride e dai cui semi si pu trarre un olio; il residuo serve come concime organico. Joule: unit di lavoro equivalente a 10 alla settima erg (CGS). Energia spesa in un secondo da una corrente di un ampre che passa attraverso una resistenza di un ohm (simbolo J). Kyoto (Protocollo di): risultato della Conferenza delle Nazioni Unite sul clima organizzata nel 1997 nellomonima citt giapponese, che impegna i firmatari a ridurre la produzione e lemissione di gasserra da qui al 2012. Gli Stati Uniti non lhanno firmato. La Cina e lIndia e un centinaio di paesi del Sud lhanno firmato, ma senza ob225

bligo di ridurre. La Conferenza stata seguita dalla Conferenza di Bali del 2007. Ligno-cellulosa: componente fondamentale del legno, della paglia, dellerba. Lpg: gas del petrolio liquefatto, che non emette particelle e produce una minore quantit di biossido di carbonio rispetto al carburante fossile. Monocoltura: coltura di una specie vegetale unica per molti anni. Montreal (Conferenza di): riunione per la revisione del Protocollo di Kyoto svolta nel 2005, che ha prolungato il Protocollo oltre il 2012. Mosaico africano della manioca: malattia virale provocata dalla mosca bianca (Bemisia tabaci L.) che attacca le foglie della manioca. un virus di tipo gemini chiamato African Cassava Mosaic Virus (ACMV), che si sviluppa nella manioca (Maniot esculenta) e in altre euforbiacee, in particolare la Jatropha multifida. Membrana di scambio: membrana destinata a scambiare ioni e protoni nelle pile. Metanolo: alcool ottenuto per fermentazione a partire dallo zucchero fornito dai vegetali, chiamato correntemente alcool di legna. Motore ibrido: motore che recupera energia termica perduta dal veicolo per mezzo di uno stoccaggio di elettricit in batterie durante la discesa o la frenata. Nanotecnologia: utilizzo dellinfinitamente piccolo. Nedo: organizzazione giapponese per lo sviluppo delle energie nuove e delle tecnologie industriali. Neem: un albero sacro dalle numerose virt, originario dellIndia e pi precisamente della regione a sud dellHimalaya. Adatto a terreni poveri, tollera le alte temperature e la scarsit di pioggia. Cresce rapidamente e raggiunge unaltezza di 20 metri; vive 200 anni. La mandorla che si estrae dal frutto viene trasformata in olio e usata come fertilizzante, pesticida e insetticida. Oggi lolio usato per produrre agrocarburanti.
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N-P-K: concime minerale composto da azoto, fosforo e potassio come elementi attivi. Oleoproteaginoso: olio vegetale destinato allalimentazione. Oro verde : agrocarburante. Ozono troposferico: forma allotropa di ossigeno che contiene tre atomi nella molecola (O3), gas blu odoroso che si forma nellaria quando lossigeno percorso da una scarica elettrica. Panello: sottoprodotto solido del trattamento di semi oleaginosi (arachide, per esempio), usato come alimento per il bestiame e ricco di proteine. Petrolio di sintesi: petrolio prodotto per fermentazione. Petrolio grasso: agrocarburante. Petrolio offshore: petrolio estratto o sfruttato in alto mare. Pianta oleaginosa: pianta il cui frutto serva a produrre olio. Pila a combustibile: serbatoio di energia che pu utilizzare lidrogeno come combustibile per produrre corrente elettrica. Pirolisi: scomposizione chimica per azione del calore. Polielettrolisi: elettrolisi di vari composti chimici (vedi catione per polielettrolisi cationica). Polimerizzazione: unione di pi molecole di un composto per formare una grossa molecola. Potere calorico: energia massima che si pu teoricamente trarre da un chilo di materia. Prodotto fitosanitario: prodotto utilizzato per la cura dei vegetali. una sostanza attiva o unassociazione di varie sostanze chimiche o micro-organismi, di un legante ed eventualmente di un solvente. Protossido dazoto (N2O): potente gas-serra con un potere di riscaldamento globale (PRG) su 100 anni 310 volte pi alto di una massa equivalente di CO2. La causa prima delle emissioni di N2O proviene fondamentalmente da fenomeni naturali di nitrificazionedenitrificazione dei terreni coltivati, di fatto in particolare dallutilizzo di concimi minerali azotati e dalla gestione di deiezioni animali. Round-up: erbicida a base di glifosato prodotto dalla Monsanto e dichiarato pulito e biodegradabile al 100%. La societ stata con227

dannata in Francia a 15:000 euro di multa per pubblicit menzognera. Gli studi effettuali negli Stati Uniti, in Danimarca, Colombia e Argentina confermano il carattere tossico del Round-up. Scramjet: super-reattore a propulsione ipersonica che funziona con idrogeno e utilizza lossigeno dellaria. SUS-CIT, Sustainable cities : programma dellUnione Europea per favorire lo sviluppo sostenibile nelle citt. Taxon: entit concettuale che raggruppa tutti gli organismi viventi che possiedono in comune certe caratteristiche tassonomiche o diagnostiche ben definite. TEP: tonnellata di equivalente petrolio. Termodinamica: parte della fisica e della chimica che studia le relazioni fra lenergia termica (calore) e meccanica (lavoro), e le leggi generali dei fenomeni che implicano scambi o trasformazioni termiche. Transesterificazione: reazione di un estere e di un alcool per dare un altro alcool. una reazione reversibile, catalizzata da un acido o una base. Per rendere la reazione pi completa, si introduce un eccesso di alcool R-OH che serve anche da solvente. Treethanol: espressione inglese che indica letanolo prodotto a partire dalla legna. Trigliceridi : gliceridi in cui in tre gruppi idrossili del glicerolo vengono esterificati da acidi grassi. Sono costituiti da oli vegetali e grassi animali. Torbidit: stato di un liquido torbido. Veicolo carbo-modulabile: veicolo in grado di funzionare con diversi tipi di carburante. Via campesina: movimento internazionale composto da organizzazioni contadine di piccoli e medi agricoltori, di lavoratori agricoli, di donne, di comunit indigene dAsia, Africa, America ed Europa. un movimento autonomo, pluralista e indipendente da ogni movimento politico, economico o di altro genere. Vi partecipano anche organizzazioni nazionali. Il movimento si organizza in otto regioni:
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Europa, Asia del nord-est e del sud-est, Asia meridionale, America del Nord, Caraibi, America centrale, America del Sud e Africa. Watt: unit di potenza elettrica (simbolo W) che corrisponde al consumo di un joule al secondo (J/s). Zona morta: zona delloceano dove manca lossigeno a causa del riversarsi di nitrati nei corsi dacqua o che provengono dai concimi azotati usati in particolare per la coltivazione del mais o della canna da zucchero. I nitrati sono alla base dello sviluppo di alghe che morendo calano sul fondale e si decompongono consumando la quasi totalit dellossigeno e impedendo cos la vita acquatica. Zucchero: sostanza di riserva nella canna da zucchero o nelle barbabietole che pu essere usata per produrre etanolo.

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NOVIT EDIZIONI PUNTO ROSSO


Franois Houtart RELIGIONE La sua funzione sociale Prefazione di Fernando Martinez Heredia Questo piccolo libro risponde a una necessit molto importante: quella della conoscenza del fenomeno religioso; e conoscere sempre passare dallapparenza e dalle convinzioni che si hanno su ci che si conosce al terreno dellessenziale e arrivare a porsi le vere domande che costringono continuamente ad approfondire. Significa anche, e pu avere risultati vantaggiosi, abbandonare i pregiudizi e passare dal dominio emotivo al processo cognitivo. (dalla Prefazione di Fernando Martinez Heredia). Collana I tascabili, pagg. 232, 7 euro AMERICA LATINA DAL BASSO Storie di lotte quotidiane A cura di Marco Coscione Prefazione di Jos Luiz Del Roio Tra le mani non ti ritrovi un altro saggio teorico sui movimenti sociali latinoamericani, ma un vero e proprio album fotografico, o forse un quaderno per gli appunti. Indubbiamente, questo libro rappresenta un modo per dare spazio allAmerica Latina che si racconta da sola, che vuole raccontarsi, ed anche contare. Leggendo queste storie, scoprirai che qualcosa continua a muoversi e a rigenerarsi in quel continente un tempo desaparecido e adesso cos vergognosamente descritto e fotografato. Queste storie non pretendono di tirare le somme, offrendoci solo una parte della realt, piuttosto ci accompagnano in un cammino fatto di lotte, resistenze e nuove costruzioni che sottolineano la diversit e la ricchezza di questo movimento di movimenti, in difesa del diritto alleducazione e della Pacha Mama; con un maggior protagonismo cittadino e pi informazione dalla base; tra eguali ma differenti; occupando, resistendo e producendo, riaffermando la propria anima indigena, in pace e senza dimenticare Affinch unaltra America sia possibile! Marco Coscione laureato in Scienze Internazionali e Diplomatiche (Universit di Genova), con un Corso di perfezionamento su Il Futuro dell'Unione Europea e le sue relazioni con America Latina (Universidad de Chile) ed un Master Ufficiale in America Latina Contemporanea e le sue Relazioni con la UE: una cooperazione strategica (Universidad de Alcal - Instituto Universitario de Investigacin Ortega y Gasset, di Madrid). Varie esperienze di studio, lavoro e volontariato in Europa (Italia, Germania e Spagna) ed America Latina (Cuba, Cile, Per, El Salvador). Nel 2007 ha curato la pubblicazione di Micro-historias. Santiago del Cile vista da otto caschi bianchi italiani (Il Segno dei Gabrielli Editore) e nel 2008 ha pubblicato El Comercio Justo. Una Alianza estratgica para el desarrollo de Amrica Latina (Los Libros de la Catarata). Collana Materiali Resistenti, Co-edizione con Carta, pagg. 312, 15 Euro
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Franois Houtart e Samir Amin ALTERMONDIALISTA Delegittimare il capitalismo, ricostruire la speranza. Per la Quinta Internazionale In appendice un saggio di Samir Amin sul Forum Sociale Mondiale di Nairobi 2007 Il libro raccoglie due corposi saggi di Franois Houtart e Samir Amin. Il lavoro di Houtart (Delegittimare il capitalismo, ricostruire la speranza) ripercorre in modo efficace tutte le tematiche fondamentali della critica alla globalizzazione, con anche un capitolo specifico sulle prospettive della teologia della liberazione, cercando di dare corpo alle diverse opzioni politiche presenti nel movimento e indicando nuove vie per la trasformazione sociale. Il lavoro di Amin (Per la quinta internazionale) illustra una proposta politica di prospettiva per la lotta contro il neoliberismo e per il socialismo del XXI secolo. Il risultato un quadro di descrizione e di discussione per il futuro del movimento altermondialista. Collana Libri FMA, pp 240, 13 Euro CAMBIAMENTI CLIMATICI Problemi e prospettive Leffetto serra il simbolo di tutti gli sconvolgimenti imposti allambiente in nome della logica dellaccumulazione. Decine di miliardi di tonnellate di CO2 vengono emesse ogni anno con la combustione del carbone, del petrolio e del gas. I cambiamenti climatici vanno a danneggiare gli ecosistemi, la catena alimentare, lacqua, la salute degli uomini e in particolare le popolazioni pi vulnerabili. I principali responsabili continuano per a esportare il loro modo di sviluppo, mentre ormai inconcepibile un mondo in cui ogni abitante inquinasse quanto uno statunitense. Nel 1992 la comunit internazionale ha adottato una convenzione sui cambiamenti climatici, rafforzata nel 1997 dal Protocollo di Kyoto. Ma il Nord ha accumulato un tale debito climatico rispetto al Sud che questo renitente a partecipare agli sforzi di riduzione delle emissioni di gas serra finch il Nord non prender misure serie ed efficaci. Peraltro, se non si riduce drasticamente luso dei combustibili fossili, avremo un clima pi caldo di quanto lumanit abbia mai conosciuto e centinaia di milioni di persone ne saranno danneggiate. I paesi ricchi devono ridurre urgentemente le loro emissioni, promuovere uno sviluppo mondiale adeguato e aiutare il Sud ad adattarsi ai cambiamenti climatici diventati inevitabili. Collana Quaderni di Alternatives Sud, pp 175, 11 Euro

AA.VV SOCIALIST REGISTER ITALIA NUMERO 1 Pubblicata dalle Edizioni Punto Rosso, da oggi anche in Italia e in italiano, la storica rivista della sinistra alternativa internazionale Il Socialist Register, punto di riferimento intellettuale della sinistra internazionale dal
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1964, stato fondato da Ralph Miliband e John Saville a Londra come ricognizione annuale di movimenti e idee, nello specifico contesto della New Left britannica. Attualmente a cura di Leo Panitch e Colin Leys, il Socialist Register, i cui singoli volumi sono incentrati, di anno in anno, su un tema di particolare attualit, ha perseguito con coerenza la strada dell'impegno teso a sviluppare una relazione indipendente con il marxismo, libera da prese di posizione settarie e dogmatiche. Il primo numero di Socialist Register Italia contiene i saggi migliori degli ultimi anni Indice. Ursula Huws, La nascita del cibertariato? Il lavoro virtuale in un mondo reale (2001). Amy Bartholomew e Jennifer Breakspear, I diritti umani come spade dellimpero (2004). Dorothee Bohle, LUE e lEuropa Orientale: Il fallimento del test di migliore potenza mondiale (2005). Patrick Bond, Limpero americano e il sub-imperialismo sudafricano (2005). Paul Cammack, 'Segni dei tempi': Capitalismo, competitivit, e il nuovo volto dellImpero in America Latina (2005). Vivek Chibber, Risuscitare lo Stato sviluppista? Il mito della borghesia nazionale' (2005). John Grahl, Il potere di Unione Europea e America a confronto (2005). Leo Panitch e Sam Gindin, La finanza e limpero americano (2005). Atilio Boron, La verit sulla democrazia capitalista (2006). Colin Leys, Lo Stato cinico (2006). Greg Albo, I limiti dellecolocalismo: scala, strategia e socialismo (2007). Neil Smith, La natura come strategia di accumulazione (2007) Collana Socialist Register, pagg. 265, 13 Euro. Uscita maggio 2009 Raffaele K. Salinari IL CASTELLO DI SABBIA Limmagine profana: un bambino costruisce un castello di sabbia sulla spiaggia in riva al mare. LImmagine: egli il sacerdote di un rito, sacro e pagano al tempo stesso, che celebra il mito della creazione del mondo. In questa appartenenza al contingente ed alleterno, allinfanzia ed alla vecchiaia, al cosmogonico ed al mondano, risiede lessenza stessa del mito, di ogni Immagine simbolica e del rito che ad esso rimanda. In ogni gesto quotidiano, in ogni momento della nostra vita, in ogni gioco, in ogni situazione del nostro esserci, possiamo dunque cercare e ritrovare lImmagine simbolica che manifesta il suo mito. Limmagine diventa allora Immagine attraverso la carica empatica e lo stupore che essa suscita; lutilizzo consapevole di questa combinazione, questo intento, che apre per noi la parentesi del Grande Tempo, il sacro che ci chiama ad officiare il sacrificio del ricongiungimento tra lumanit ed il Cosmo. Co-edizione con Carta - Collana Materiali Resistenti. Uscita maggio 2009. ----------------------------------------------------------------Edizioni Punto Rosso Via G. Pepe 14, 20159 Milano Tel. e Fax 02/875045 02/874324 edizioni@puntorosso.it www.puntorosso.it
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