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IRRIGAZIONE IN VIVAIO
Per ulteriori informazioni consultare i manuali presenti sul sito TORO PRATOVERDE
http://irrigazione.pratoverde.it/index.php/documentazione/manuali-irrigazione
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PREMESSA
L’irrigazione nel vivaio moderno risulta indispensabile per la buona riuscita della
produzione, non solo per il vivaio in contenitore, ma anche per quello in piena terra, in
quanto l’aleatorietà degli andamenti climatici di questi ultimi decenni porta a numerosi
stress idrici che richiedono sempre più interventi di emergenza.
Il migliore apporto idrico permette di favorire una crescita più equilibrata della produzione
vegetale e un migliore e più economico utilizzo di prodotti fertilizzanti tramite la
fertirrigazione.
1. CENNI AGRONOMICI
L’ACQUA E LE PIANTE
L’acqua costituisce circa l’85% del volume occupato dai tessuti vegetali ed assolve in una
pianta sia funzioni di trasporto degli elementi della fertilità e dei prodotti elaborati tramite la
fotosintesi, sia funzioni fisiologiche e di stabilità.
L’acqua presente nella soluzione circolante del terreno viene assorbita dalle radici per
osmosi, in base alla differenza di concentrazione di sali fra l’esterno e l’interno della pianta
e va a costituire il flusso di linfa grezza che poi sale per capillarità all’interno dei vasi di cui
è costituito il legno vivo, quello più esterno, vicino al cambio. La linfa grezza è costituita da
acqua e sali minerali presenti nel terreno.
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L’acqua assorbita viene distribuita nelle cellule dei vari tessuti vegetali per riempirle,
renderle incomprimibili e turgide e costituire una soluzione in cui permettere le complesse
attività fisiologiche delle cellule stesse.
L’acqua assorbita viene poi espulsa dalla pianta per lo più tramite aperture presenti sulle
foglie, gli stomi, in minima parte tramite piccole aperture presenti sui tessuti significati, le
lenticelle.
Solo una piccola parte di acqua viene trattenuta all’interno della pianta per rimpiazzare
perdite dovute alla traspirazione e per essere scissa in idrogeno e ossigeno nell’ambito dei
processi fotosintetici.
Come è noto, nell’ambito della fotosintesi l’idrogeno dell’acqua viene legato al carbonio e
all’ossigeno provenienti dall’anidride carbonica assorbita dall’ambiente, allo scopo di
sintetizzare i carboidrati (glucosio e derivati) che costituiscono la materia prima per la
costruzione di tutti gli esseri viventi.
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I carboidrati fotosintetizzati a livello delle parti verdi della pianta sono poi ridistribuiti in tutti
i tessuti vivi, per permetterne le attività fisiologiche di sviluppo e di mantenimento. Si
stabilisce infatti un flusso discendente, chiamato linfa elaborata, costituita da acqua e
glucosio o derivati, una specie di sciroppo zuccherino.
All’interno della pianta l’acqua funge anche da vettore delle sostanze di scarto che
vengono depositate tramite i raggi parenchimatici nella zona centrale del legno di rami,
tronchi e radici, prima della morte delle cellule di cui sono composti.
Nel caso in cui la soluzione idrica del terreno diminuisca per essiccazione del terreno,
l’assorbimento radicale si riduce progressivamente fino a bloccarsi: non funziona più
l’osmosi in quanto la concentrazione dei sali nel terreno aumenta fino a pareggiare la
concentrazione di sali all’interno della pianta.
La progressiva riduzione di assorbimento di acqua non impedisce la fisiologica perdita di
acqua dalla parte aerea della pianta, anche se quest’ultima ha provveduto alla chiusura
degli stomi e delle lenticelle.
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In tale caso i primi segni di disseccamento della chioma si notano a partire dai bordi delle
foglie, per poi evidenziarsi nel progressivo disseccamento dell’intero lembo fogliare, fino al
collasso dei rametti più teneri ed erbacei. Successivamente si verifica il disseccamento dei
rametti più lignificati, e poi dei rami sempre più grossi, fino al disseccamento definitivo del
tronco.
Nella parte radicale il processo di disseccamento avviene allo stesso modo,
progressivamente a partire dalle zone più estreme e meno indurite fino alle radici più
lignificate e datate, vicine al colletto.
Ogni pianta ha esigenze diverse in funzione della specie, della fase di sviluppo,
dell’ambiente in cui si trova e dell’andamento climatico. Le moderne tecnologie e
l’informatizzazione dei sistemi di irrigazione può permettere di calibrare il giusto dosaggio
di acqua irrigua al momento opportuno soprattutto in condizioni artificiali spinte come
nell’ambito della coltivazione in contenitore.
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L’ACQUA E IL SUBSTRATO
Il substrato in cui la pianta affonda le proprie radici può essere il terreno, se coltivata in
piena terra, oppure il terriccio, se coltivata in contenitore.
La composizione del terreno in natura può essere la più varia, sia per composizione
chimica che per granulometria dei frammenti di roccia di cui è composto.
Ciò che determina le caratteristiche fisiche di un terreno sono le particelle sotto i 2 mm di
diametro.
Al di sopra di 2 mm di diametro troviamo ghiaie fini e grosse, sassi, ciottoli e pietre, che
costituiscono il cosiddetto scheletro. Lo scheletro ha solo proprietà positive di
incomprimibilità e quindi di mantenimento del volume di partenza: lo si usa infatti per
realizzare ad esempio le massicciate. Lo scheletro non trattiene né acqua, né elementi
della fertilità, però disgregandosi può liberare sostanze fertili in esso contenute.
Ciò che determina nel terreno la presenza di spazi pieni e vuoti e la capacità di trattenere
acqua e sali minerali necessari alla vita delle piante, è costituito dall’insieme di particelle
sotto i 2mm di diametro.
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Tali particelle si differenziano in
- sabbia (diametro da 2 a 0,02 mm),
- limo (diametro da 0,02 a 0,002 mm)
- argilla (diametro minore di 0,002 mm)
La struttura del terreno è costituita dal rapporto quantitativo che esiste tra tutte le
componenti sopra citate e le modalità in cui si compongono, dando vita a spazi vuoti più o
meno ampi (pori) che sono parte integrante della struttura stessa.
Avremo così dei terreni sabbiosi, se prevale l’elemento sabbia, argillosi, o limosi. Se
le tre componenti fondamentali sono presenti in percentuale quasi uguale con un
prevalenza della sabbia e del limo, chiameremo questa struttura di medio impasto
(a=20%; s= 30-50%; l=30-50%).
Per i tappeti erbosi si preferisce una tessitura più sabbiosa (a + l = 10%; s.g. = 70%
; s.f. = 20%).
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Il terreno, o il substrato artificiale, si può considerare come un recipiente dal quale
le piante traggono acqua ed elementi nutritivi e che si compone da un punto di vista fisico
di una parte solida (la tessitura),una parte liquida o in soluzione (l’acqua e l’insieme dei
sali in essa disciolti) e la parte gassosa (aria e gas prodotti da fenomeni biofisici). In
funzione delle quantità di soluzione liquida nel terreno avremo queste condizioni:
• il riempimento di tutti gli spazi vuoti da parte della soluzione liquida del terreno,
che determinerà la saturazione e sarà indicata come “Capacita idrica massima”.
Se si continua l’apporto di acqua il terreno non è più in grado trattenerla e sgronda
verso gli strati più profondi e se ciò non avviene con una certa rapidità si possono
creare fenomeni di asfissia radicale;
• quando il fenomeno di sgrondo, che permette un riequilibrio delle parte gassosa,
rallenta e diventa irrilevante, l’acqua ha la possibilità di essere trattenuta per lungo
tempo a disposizione delle piante. Tale condizione é definita come “Capacità
idrica di Campo”;
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• l’evaporazione e la traspirazione delle piante ridurranno nel tempo la quantità di
soluzione liquida presente nel terreno, costringendo le piante ad uno sforzo sempre
maggiore per estrarre acqua dal terreno. Quando tale sforzo non sarà più in grado
di vincere le tensioni che trattengono l’acqua nel terreno, l’assorbimento diventa più
difficoltoso fino al punto in cui le piante entrano in una condizione detta “stress
visibile”. Tale livello di umidità viene definito come “Punto di appassimento”;
• la frazione di acqua contenuta fra i suddetti limiti, ossia tra la capacità idrica di
campo e il punto di appassimento, rappresenta la cosiddetta “Acqua disponibile”.
Alla luce di quanto finora esposto possiamo quindi affermare che l’acqua non è un
elemento statico nel terreno, ma si muove. Dovremo allora più correttamente affermare
che l’acqua non è contenuta ma trattenuta nel terreno.
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La pianta per estrarre la soluzione circolante deve eseguire un lavoro. Infatti tale
soluzione è trattenuta nel terreno dalle forze di coesione che regolano il contatto fra solido
e liquido; nel caso delle argille entrano in gioco anche altre forze soprattutto legate al
carattere colloidale delle stesse e alle proprietà di dielettrico dell’acqua. Queste forze di
attrazione dell’acqua dipendono dalle caratteristiche fisico chimiche e geometriche della
superficie solida, che costituisce la cosiddetta matrice del terreno.
In linea di massima possiamo affermare che l’acqua si muove nel terreno dai punti in cui è
meno trattenuta a quelli in cui lo è maggiormente per una tendenza a riequilibrare le forze
che si manifestano nell’ambito del terreno fra le diverse componenti: solida, liquida e
gassosa.
Introduciamo un ultimo concetto, quello di permeabilità, che definiremo come la
tendenza di un terreno a lasciarsi attraversare più o meno velocemente dall’acqua: essa
cambia in funzione della struttura del terreno. E’ maggiore in terreni sabbiosi e minore in
quelli argillosi.
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2. TIPOLOGIA DI IMPIANTI DI IRRIGAZIONE
IMPIANTI MOBILI
- Ali mobili, barre di tubo in acciaio zincato o in alluminio collegate tra loro con appositi
giunti detti sferici, composti da una parte femmina e da una parte maschio. Tali tubazioni
vengono posizionate sull’appezzamento che si intende irrigare e spostate di volta in volta
in funzione delle lavorazioni da effettuare o della disponibilità idrica.
- Tubi flessibili, cioè comuni tubi in PVC retinato o semplice, detti “di gomma”,
normalmente utilizzati per irrigazioni manuali. Possono essere facilmente riavvolti in
carrelli o su se stessi. Normalmente sono utilizzati in accoppiata con irrigatori su picchetto
o slitta.
IMPIANTI FISSI
Gli impianti fissi possono essere costituiti da impianti fissi a pioggia o per aspersione,
composti di una rete di distribuzione generalmente interrata, che alimenta irrigatori con
caratteristiche molto variegate in funzione dello scopo dell’irrigazione e della sua
collocazione in un ambito produttivo. In entrambi i casi l’acqua viene distribuita da punti
fissi e lanciata nell’aria per ricadere sul terreno.
A tale scopo si utilizzano irrigatori STATICI quando l’irrigazione interessa
contemporaneamente tutta la superficie bagnata, oppure irrigatori DINAMICI quando
l’irrigazione interessa la totalità della superficie bagnata in tempi successivi.
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In funzione degli erogatori abbiamo:
- impianti a pioggia con irrigatori normalmente montati su colonnine, con gettate dai 7 ai 17
m di raggio;
- in microaspersione con erogatori con gettate inferiori ai 7 m. Tali erogatori poi sono
suddivisibili a loro volta per la modalità di funzionamento in statici e dinamici;
- impianti fogger ad alta e bassa pressione.
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3. CONCETTI BASE DI IDRAULICA
Alcuni fondamentali concetti idraulici come portata, pressione, perdita di carico e velocità
sono alla base della progettazione degli impianti di irrigazione.
PORTATA
siano
Su= superficie unitaria = 1 mq
Lu= lunghezza percorsa nel tempo unitario = 1 m
Tu= tempo unitario = 1s
Vu= Lu/Tu velocità = 1 m/s
Qu = portata unitaria
avremo
Qu = Su x Lu= 1 mq x 1 m = 1 mc
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PRESSIONE
2
Kg/cm ATM BAR m.c.a. KPa
2
Kg/cm 1,0000 1,0332 1,0197 0,1000 0,0102
ATM 1,0332 1,0000 1,0132 10,3323 101,3249
BAR 1,0197 0,9869 1,0000 10,1972 100,0000
m.c.a. 0,1000 0,0968 0,0981 1,0000 9,8066
Kpa 0,0102 0,0099 0,0100 0,1020 1,0000
Ossia se consideriamo uno strato di area A posto a profondità h dal pelo libero,
esso subisce il peso P dell’acqua sovrastate. Ora se V è il volume e Ps il peso specifico
dell’acqua, abbiamo:
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P = V x Ps = A x h x Ps
p = P/A= A x h x Ps /A = h x Ps
e poiché Ps = 1
p=h
Si può notare che la pressione idrostatica non dipende in alcun modo dalla
superficie dello strato, ma esclusivamente dalla distanza di questo dal pelo libero e dal
peso specifico.
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Nel caso della pressione dinamica, altri fattori interagiscono fra loro quando l’acqua
si pone in movimento all’interno di una condotta.
PERDITA DI CARICO
La perdita di carico
La perdita di carico è dovuta all’insieme delle forze (scabrosità dei materiali, dislivelli,
curve e derivazioni), che in una condotta forzata oppongono una resistenza allo
scorrimento dell’acqua.
La perdita di carico si misura come la pressione.
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Possiamo definire due tipi di perdite di carico:
• Continue, dovute alla qualità dei materiali (ruvidezza o scabrosità) e alla lunghezza
delle condotte
• Accidentali o occasionali, dovute alla variazione di direzione del flusso, del
diametro, alla presenza di valvole o strumenti di controllo
Per il calcolo delle perdite di carico accidentali non esistono formule o abachi, ma
semplicemente ogni elemento, sia esso un raccordo o una valvola, ha una propria tabella
in cui è riportata la perdita di carico relativa ad una certa portata.
Per il calcolo delle perdite di carico continue esistono invece delle formule dalle quali sono
stati ricavati grafici o abachi, che pur non garantendo una precisione, permettono dei
conteggi abbastanza attendibili.
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Mediante la formula di Hazen-Williams possiamo calcolare le perdite di carico continue
dovute al tipo di materiale e alla dimensione della conduttura.
Dove
Esempio
Q= 5 mc/h
C= 150
D= 35.2 ( Ø 40 PN6)
L= 30 m
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Risolviamo ora lo stesso problema con l’abaco.
Con l’aiuto di un righello ipotizziamo di tracciare una linea che colleghi tra loro i 5
mc/h ed il diametro interno pari a 35.2. Il proseguimento di tale linea ci indicherà la perdita
di carico in m/km.
A questo punto moltiplicheremo per la lunghezza e divideremo per 1000 per
ottenere la misura in m.
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La perdita di carico risulterà la seguente:
VELOCITA’
Essendo l’acqua un liquido non comprimibile, se introduciamo una certa quantità d’acqua
da A in una condotta di sezione variabile A, B, C, D come riportato nella figura successiva,
qualunque sia la forma e la lunghezza della condotta troveremo che in A, B,C e D transita
la medesima quantità di acqua, ma a velocità diversa, come ottenuta dalla formula:
Q x 354
V = ------------------
D2
V = velocità
Q = portata
D = diametro interno
354 = coefficiente
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4. STRUTTURA DI UN IMPIANTO DI IRRIGAZIONE
APPROVVIGIONAMENTO IDRICO
- Acquedotto, che fornisce acqua sostanzialmente pulita (salvo qualche piccola impurità
dovuta ad incrostazioni o a depositi lungo la rete) e con una pressione positiva differente
in funzione dell’ente erogante e del punto di prelievo. In genere viene garantita una
pressione minima di 25/28 m.c.a.
- Pozzo, che fornisce acqua generalmente pulita con possibile presenza di sabbia,
soprattutto se il pozzo non è stato ben realizzato. Nei calcoli di dimensionamento si dovrà
considerare che qualora non si usi una pompa sommersa avremo dei limiti di aspirazione.
- Fiumi, bacini, vasche e canali, che forniscono generalmente acque sporche con
presenza di alghe, argilla, melma in quantità variabili.
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PRESSURIZZAZIONE
Solo ove l’acqua proviene da un acquedotto e quindi è già in pressione, non è necessario
avere pompe, ma ove necessiti di sollevare acqua da cisterne o pozzi, è indispensabile
una pompa, che in tale caso risulta essere il cuore dell’impianto di irrigazione.
La scelta di una pompa adeguata è fondamentale per il buon funzionamento dell’impianto;
si può scegliere fra pompe a stantuffo, a membrane, a ingranaggi, centrifughe, queste
ultime con buone prestazioni e modesto consumo.
Le pompe possono essere alimentate da motore elettrico o a scoppio, queste ultime meno
preferite per rumorosità, intermittenza dell’erogazione, impossibilità di automatizzare
l’impianto.
Le elettropompe possono essere di vari tipi:
- centrifughe ad asse orizzontale, più adatte per il pompaggio da cisterne superficiali o
pozzi poco profondi, oppure per abbinamento con autoclavi.
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- sommerse, impiegate per prelevare acqua da pozzi trivellati ad una certa profondità ed in
alcuni casi per il prelievo da cisterne. Posseggono una maggiore resa rispetto alle
orizzontali, ma sono più costose e sensibili alle acque sporche;
- sommergibili, piccole pompe per piccole portate e basse prevalenze, utilizzabili in piccoli
vivai, adatte a pompare da cisterne con limitata altezza d’acqua e con prelievo di periodico
prosciugamento;
- centrifughe ad asse verticale, di grande potenza, adatte per pozzi molto profondi non
artesiani e a cisterne interrate.
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- la prevalenza totale, espressa in metri di colonna d’acqua, in caso di pompe si può
considerare come somma di prevalenza in aspirazione (dislivello fra pompa e livello
minimo dell’acqua d aspirare, al massimo di 7-8 metri) e prevalenza di mandata
(differenza di altezza fra asse della pompa e punto più alto a cui l’acqua può essere
sollevata);
- la potenza assorbita, viene espressa in kilowatt (kW);
- il rendimento esprime in percentuale la qualità di energia utilizzata per pompare l’acqua,
mentre la parte rimanente viene dispersa per attriti e per muovere le parti meccaniche
della pompa stessa.
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Si ricorda che la prevalenza fornita da una pompa è massima quando la portata è vicina
allo zero e che con l’aumentare della portata la prevalenza diminuisce gradualmente; la
potenza assorbita risulta minima a portata zero e aumenta lentamente fino a un valore
massimo ove si stabilizza; esiste una fascia di maggiore rendimento all’interno della quale
è conveniente l’impiego della pompa.
La scelta del modello della pompa si basa su prevalenza e portate necessarie all’impianto
di irrigazione.
- La portata necessaria si ottiene dalla somma delle portate dei singoli irrigatori che
verranno azionati contemporaneamente in ogni linea o settore irriguo da un’elettrovalvola.
- La prevalenza necessaria è data dalla somma del dislivello di aspirazione (dislivello
massimo fra pelo libero dell’acqua e asse della pompa), del dislivello di mandata (dislivello
massimo tra l’asse della pompa ed irrigatore posto nel punto più alto), pressione
d’esercizio necessaria agli irrigatori, somma delle perdite di carico causate dall’attrito sulle
pareti delle tubazioni e in corrispondenza di elettrovalvole, gomiti, derivazioni, ecc.
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L’ autoclave è un sistema automatico utilizzato per mantenere costante la pressione nelle
tubature degli impianti, una specie di ammortizzatore idraulico. E’ costituito generalmente
da un serbatoio, in cui viene pompata aria a pressione, e da un pressostato, che
determina l’accensione e lo spegnimento del motore della pompa in modo che la
pressione risulti essere sempre entro valori prestabiliti. L’aria contenuta nel serbatoio
ammortizza gli sbalzi di pressione dovuti al funzionamento intermittente della pompa e
risulta indispensabile quando la pompa debba servire anche altri piccoli consumi in
contemporanea. Per piccoli prelievi non viene così messa in moto la pompa, ma l’acqua
viene prelevata direttamente da un serbatoio debitamente proporzionato. L’autoclave è
anche usata per ridurre i colpi di ariete permettendo la completa apertura delle valvole
prima della messa in moto della pompa.
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FILTRAZIONE
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- Filtri a graniglia, costituiti da un serbatoio in acciaio o in vetroresina parzialmente
riempito di graniglia quarzifera. L’acqua introdotta nella parte superiore viene filtrata da
questo strato sabbioso che assolve alla funzione di elemento filtrante.
- Idrocicloni, detti anche separatori di sabbia. Funzionano col principio della forza
centrifuga. L’acqua viene infatti introdotto tangenzialmente al cono che compone il filtr,
spingendo le particelle più pesanti verso l’esterno del filtro. Tale dinamica necessita
quindi di mantenere costanti portata e velocità e pertanto esclude la possibilità di
ampie variazioni nei consumi dell’impianto.
- Filtrazione “chimica” o di trattamento acque, sistemi di filtrazione atti a fermare
elementi in soluzione o di natura batterica, come addolcitori, deferrizzatori, sistemi ad
osmosi inversa e trattamenti U.V.
La scelta del modello di filtro si basa sulla portata indicata dalla casa costruttrice.
Conviene scegliere precauzionalmente il modello i cui valori minimi (e non massimi)
corrispondano alle necessità di portata e pressione dell’impianto.
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Un leggero sovradimensionamento dei filtri permette un esercizio dell’impianto più
durevole e con minori oneri, in quanto i filtri si mantengono puliti più a lungo.
La pulizia dei filtri deve essere periodica e più o meno frequente in rapporto alle
imputirtà presenti nell’acqua e secondo le dimensioni dei filtri stessi. Pulizie troppo
frequenti segnalano una progettazione non corretta del sistema di filtrazione.
FERTIRRIGAZIONE
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Il sistema della fertirrigazione si basa sul posizionamento di una valvola (iniettore) sulla
tubazione, in modo da creare una differenza di pressione tra monte e valle della valvola
stessa. In pratica si inserisce una sorta di bypass sulla linea, costituito da una presa
prima della valvola correlata da un tubicino che porta ad un contenitore esterno da cui
l’acqua preleva il fertilizzante liquido e lo immette a valle della valvola stessa. La quantità
di concime immessa in circolazione dal dosatore è in proporzione al flusso dell’acqua e la
percentuale di concentrazione è tarabile appositamente. Generalmente nell’acqua di
irrigazione non si deve superare la concentrazione di fertilizzante di 100-200
grammi/ettolitro, vale a dire 1-2 grammi/ litro di acqua. Buona norma è quella che al
termine del trattamento in fertirrigazione conviene effettuare il lavaggio dell’impianto di
irrigazione, per evitare il formarsi di depositi e incrostazioni all’interno delle tubazioni.
Se l’acqua utilizzata nell’impianto di irrigazione è fornita dall’acquedotto, bisogna installare
una valvola antisifone a monte dell’impianto di fertirrigazione, per evitare contaminazioni in
risalita.
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RETE DI DISTRIBUZIONE
- tubi in acciaio zincato, forniti in barre di 6 m. Normalmente sono utilizzati filettati fino al 3”
(DN80) . Dal DN60 si trovano in agricoltura dotati di raccordi sferici. A causa della loro
limitata maneggevolezza e tempi più lunghi di montaggio sono sempre meno utilizzati, se
non per tratti brevi e all’interno di locali. Sono infatti soggetti a corrosione da umidità, sia
all’esterno a contatto col terreno, che all’interno favorendo il distacco di scaglie di ruggine
che possono creare problemi di ostruzione agli irrigatori e danni alle pompe ed
elettrovalvole. Inoltre lo scorrimento di acque dure provoca maggiori depositi di calcare
rispetto a tubi in materiale plastico.
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I tubi in PE si distinguono sia per la resistenza alla pressione (PN), sia per la densità (alta
o HD e bassa LD) che si traduce in spessori ed elasticità differenti. Il tubo in alta densità
risulta infatti più rigido anche se di spessore inferiore e risulta più indicato per gli impianti
interrati. Per impianti a goccia per i sistemi di collegamento allo stesso di tubetti e
gocciolatori, è indispensabile l’uso dei tubi a bassa densità. I tubi in PE sono quelli
maggiormente utilizzati in vivaio, in quanto di facile posa in opera. I raccordi per tubi in PE
sono presenti sul mercato in una gamma molto ampia per qualsiasi necessità progettuale.
- tubi in polivinilcloruro o PVC, in barre da 6 o 12 m, utilizzati nel vivaismo per lo più nei
diametri superiori ai 40-50 mm e per impianti con sviluppo planimetrico abbastanza
lineare, cioè con pochi cambi di direzione e derivazioni dei tubi. Si tratta di tubi semirigidi
che consentono di creare anche linee aeree.
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Il PVC diventa economicamente conveniente qualora si debbano installare tubi con un
diametro superiore al 125. Tale materiale è però soggetto ai raggi ultravioletti e alle basse
temperature, che provocano il fenomeno di cristallizzazione, che rende nel tempo il PVC
alquanto fragile. Inoltre è soggetto a dilatazioni importanti e fra estate ed inverno ad
esempio una tubazione di 50 metri può allungarsi e accorciarsi fino a 10 centimetri.
Conviene quindi su tratti diritti e lunghi installare giunti a bicchiere, non incollati ma
provvisti di guarnizione che consenta lo scorrimento. Il montaggio dei tubi in PVC richiede
l’uso di collanti o la filettatura. Le raccorderie si trovano disponibili sia per l’incollaggio che
per l’attacco filettato.
- tubi in alluminio, spesso utilizzati per impianti aerei di microirrigazione, dove vengono
esaltate le caratteristiche di leggerezza e rigidità del metallo.
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TABELLA CORRISPONDENZA DIAMETRI
Ø DN pollici
diametro esterno
in mm diametro nominale diametro in pollici (")
25 20 3/4"
32 25 1"
40 32 1 1/4"
50 40 1 1/2"
63 50 2"
EROGATORI
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Le valvole possono essere con comando elettrico (elettrovalvole), con comando idraulico
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I programmatori o centraline agiscono sull’apertura e chiusura delle elettrovalvole.
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Sensori esterni permettono l’automatismo completo degli impianti di irrigazione.
Si tratta di strumenti a contatto elettrico che rilevano alcuni parametri climatici come
pioggia, umidità del terreno, vento, temperatura.
Quelli maggiormente usati sono i sensori relativi ai mm di pioggia caduta per ogni evento
meteorico e all’umidità rilevata costantemente nel terreno o nel substrato, soprattutto
nell’ambito della coltivazione in contenitore.
Il sensore di umidità del terreno o del substrato è chiamato tensiometro ed è in pratica
costituito da un cilindretto in plexiglas con una estremità in ceramica porosa, riempito
d’acqua ed infisso nel terreno. L’acqua esce progressivamente fin quando il substrato si
asciuga, creando una depressione nel cilindretto la quale è registrata da un manometro.
Un contatto elettromagnetico dà il segnale di irrigare al raggiungimento di un valore
predeterminato di umidità relativa.
Il sensore di pioggia invece è costituito da una vaschetta, lontana da irrigatori e in pieno
sole, provvista di contatti elettrici che interrompono il comando di irrigare sul
programmatore al raggiungimento di un’altezza d’acqua predeterminata. L’acqua raccolta
nella vaschetta poi evaporerà, e la vaschetta comunicherà il segnale di ripristino dei
comandi di programmazione dei turni di irrigazione.
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SERBATOI E CISTERNE
In vivaio quindi la presenza di cisterne e serbatoi è frequente, sia interrati che fuori terra.
Assicurano una riserva d’acqua indispensabile per le attività di coltivazione.
I serbatoi e le cisterne sono generalmente prefabbricate utilizzando strutture in resina,
laminati e teli impermeabili. Più rari sono serbatoi e cisterne in cemento prefabbricato o
costruito in loco, in quanto per la loro installazione necessita una licenza edilizia.
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Il bordo più alto del serbatoio o della cisterna non viene mai fatto tracimare, tramite il
posizionamento di uno sfioratore appena sotto tale limite, oppure mediante un tubo di
troppo pieno ad altezza regolabile posto sul fondo, utilizzabile anche come scarico per
periodiche svuotature atte alla rimozione di eventuali depositi.
Un tubo di presa d’acqua, provvisto di filtro di protezione dalle impurità e da una valvola di
non ritorno, viene collocato a qualche decina di centimetri dal fondo della cisterna o del
serbatoio.
Per garantire che la pompa non giri mai a vuoto, cioè a cisterna asciutta, è indispensabile
installare un galleggiante che tramite teleruttore stacchi l’alimentazione della pompa
stessa nel caso in cui il livello dell’acqua scenda sotto un certo limite di pescaggio.
Nel caso di serbatoio o cisterne coperti, si dovranno realizzare botole di accesso per
consentire ispezioni di manutenzione, nonchè sfiatatoi per lo sfogo dell’aria.
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5. CENNI DI PROGETTAZIONE DI IMPIANTI IN VIVAIO
RACCOLTA DATI
Una precisa raccolta di tutti i dati necessari è la premessa per una scelta delle
seguenti dati:
Una volta completata la raccolta dei dati si procede alla determinazione delle
tipologie di impianti (aspersione, goccia, microaspersione, umidificazione) in funzione di
come è impostato il vivaio, ossia della sua composizione (serre, bancali, pieno campo,
vasetteria) e delle funzioni che si vogliono assolvere tramite gli stessi (irrigazione,
fertirrigazione, controllo della temperatura e umidificazione).
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Tipologia di Sistema di irrigazione Possibilità di utilizzo
prodotto
Taleaggio e Mist Irrigazione e umidificazione
propagazione Fogger alta e bassa
pressione
Barre su carrello
Vasetteria in Microaspersione Irrigazione e fertirrigazione
ambiente protetto Goccia
Flusso controllato ( su
bancali )
Vasetteria in Aspersione Irrigazione
pieno campo Microaspersione Fertirrigazione (solo a goccia)
Goccia
Pieno campo Aspersione Irrigazione
Goccia Fertirrigazione (solo a goccia)
SISTEMA DI FILTRAZIONE
valvole e negli apparecchi di distribuzione, siano essi irrigatori (con passaggi interni
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Da ciò la necessità di dotare ogni impianto di irrigazione di filtri adeguati e
Come si può notare i filtri a graniglia sono sempre sostituibili con filtri a dischi
avendo entrambi un tipo di filtrazione tridimensionale. L’unico accorgimento è quello
di prevedere per i filtri a dischi un grado di filtrazione leggermente più alto di quello
previsto per quelli a graniglia.
SISTEMA DI FERTIRRIGAZIONE
Una volta completata la raccolta dei dati, si procede alla distribuzione sul disegno
degli irrigatori e dei sistemi a goccia, scegliendo tra le seguenti disposizioni:
• a triangolo
• a quadrato
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Avanzamento in triangolo
Avanzamento in quadrato
Tenendo conto delle caratteristiche tecniche degli irrigatori, della gettata massima e
del rapporto di irrigazione, si sceglierà il tipo di irrigatore, di microirrigatore, di gocciolatore
o di ala gocciolante più adatto.
Per quanto concerne gli irrigatori, il raggio di azione dello stesso dovrà sovrapporsi
per almeno l’80% (sarebbe buona norma sovrapporre al 100%) a quello dell’irrigatore
successivo, per assicurare una uniformità di distribuzione.
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Nella distribuzione dei microirrigatori il principio di sovrapposizione viene portato
all’estremo, per ottenere delle precipitazioni che raggiungano un coefficiente di uniformità
superiore al 90%. Per tale ragione le sovrapposizioni possono raggiungere il 400%.
Per quanto riguarda gli impianti a goccia, la scelta sui singoli prodotti si
incentra sostanzialmente su due punti:
• la precisione si distribuzione
• la lunghezza delle ali
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Un esempio:
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AUTOMATISMI
Determinato il numero delle linee, è possibile automatizzare gli impianti tramite delle
elettrovalvole comandate da un programmatore, che determina per ciascuna zona tempi
di funzionamento differenziati.
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6. COME USARE UN IMPIANTO
TEMPI DI IRRIGAZIONE
T1 = R.I. : 5
R.I. = 6000/100 = 60
T1 = 60 : 5 = 12
FREQUENZA DI IRRIGAZIONE
Infatti in un terreno sciolto con forte capacità drenante occorrerà utilizzare frequenti
irrigazioni di breve durata per mantenere costante la disponibilità idrica alle radici, mentre
in un terreno argilloso che abbia grande capacità di trattenimento, tali irrigazioni dovranno
essere meno frequenti per evitare fenomeni di ristagno e asfissia radicale.
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D’altro canto sarà importante verificare che l’acqua giunga effettivamente alla
profondità utile alla nostra pianta, e ciò differisce da essenza a essenza. Per questa
ragione sarebbe consigliabile adottare sistemi differenti per l’irrigazione di essenze
diverse.
Quando invece operiamo su piante in vaso e con impianti a goccia è necessario
prestare attenzione alla concentrazione di sali che si potrebbe creare nel terreno con la
fertirrigazione. A tale scopo si consiglia di prevedere l’irrigazione per un tempo tale che
almeno il 20% dell’acqua distribuita fuoriesca dal vaso. Inoltre si dovranno prevedere ogni
tanto dei monitoraggi sulle acque di sgrondo, per il controllo dell’elettroconducibilità .
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7. FORMULE
2
Q= VxD
345
D = √ ( 345 x Q )
V
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INDICE
Premessa
1.CENNI AGRONOMICI
- L’acqua e le piante
- L’acqua e il substrato
7. FORMULE
- Velocità, portata, diametro
- Perdite di carico
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