Documenti di Didattica
Documenti di Professioni
Documenti di Cultura
AA 2009-2010
CARENZA IDRICA E PRODUZIONE AGRICOLA
Nel mondo agricolo c’è, in generale, la crescente necessità di evidenziare con rigore
scientifico quali siano gli effetti dell’irrigazione sulla crescita delle piante, sullo sviluppo, sulla
produttività e sulla qualità dei frutti. Questo è dovuto, da un lato, alla continua espansione delle
zone di coltivazione anche in regioni con precipitazioni limitate e mal distribuite, dall’altro ad una
graduale riduzione delle disponibilità idriche dovute a cambiamenti climatici e alla riduzione delle
equilibrio vegeto-produttivo attraverso una gestione oculata e razionale delle risorse, principalmente
dell’acqua.
Lo stress idrico ha una maggiore influenza sulla crescita del germoglio e, in generale, lo
sviluppo vegetativo è più sensibile allo stress idrico che non la crescita del frutto (McCarthy et al.,
2002).
essenziale stabilire una serie di obiettivi e determinare quale impatto possa avere su di essi la
gestione dell’acqua. Tra questi è possibile includere il controllo della vigoria della pianta, la
prevenzione di occasionali periodi di stress idrico, il tentativo di gestire lo sviluppo del frutto o di
modificarne la qualità attraverso l’influenza sul contenuto di solidi solubili, pH o acidità titolabile
Nel continuum suolo-pianta-atmosfera l’acqua nella sua forma liquida passa attraverso il
suolo nelle radici delle piante ed è assorbita e trasportata attraverso i vasi alle foglie, dove evapora e
viene persa nell’atmosfera per traspirazione. Lungo questo percorso la forza motrice è una
differenza di potenziale idrico, e l’acqua si muove sempre da zone a più alto verso zone a più basso
potenziale, attraverso una serie di resistenze. La tessitura del suolo, l’umidità e la densità radicale
simplastica o apoplastica.
conducibilità del suolo dovuta alla progressiva disidratazione in prossimità della radice (Delrot et
al., 2001). Nei suoli asciutti, in piante che non traspirano, le radici non si equilibrano con il
potenziale del suolo, indicando una bassa conducibilità radicale. Il tessuto xilematico costituito da
vasi di grandi dimensioni garantisce un’elevata conducibilità che può diminuire nei periodi
stomatica varia molto nell’arco della giornata e al variare dello stato idrico, grazie all’efficiente
regolazione dell’apertura degli stomi. La quantità di acqua che viene persa per evapotraspirazione è
fisiologia della pianta. La radiazione solare è la maggiore fonte di energia utilizzata per il processo
fogliare determinano un aumento della traspirazione che è nulla durante il riposo invernale e cresce
dopo la schiusura delle gemme. L’intercettazione della radiazione è alta al mattino e raggiunge un
Il deficit di pressione di vapore (VPD) è la forza che guida il movimento del vapore d’acqua
dall’interno della foglia verso l’esterno ed è data dalla differenza tra la pressione di vapore della
foglia e quella dell’aria esterna. I valori che si registrano all’interno della foglia sono sempre
prossimi alla saturazione tanto che a grandi cambiamenti di potenziale fogliare corrispondono
piccoli cambiamenti di pressione di vapore (a 20°C se il potenziale fogliare passa da 0 a -2,7 MPa,
la concentrazione del vapore d’acqua passa da 100% a 98% della saturazione) (Delrot et al., 2001).
Quanto più alto è il valore del VPD tanto maggiore è la perdita di acqua per traspirazione. Sembra
che il VPD esplichi anche un effetto diretto sui movimenti stomatici. Il vento influisce sulla
traspirazione poiché al suo aumentare viene ridotto lo strato limite che circonda la foglia ed
aumenta il movimento di aria all’interno della chioma. Il vento può anche fornire maggiore energia
riscontrato anche un effetto opposto dovuto al raffreddamento della foglia e alla riduzione del VPD.
CO2 negli spazi intercellulari del mesofillo e nell’aria esterna alla foglia, dall’equilibrio vegeto-
produttivo e dal contenuto idrico del suolo. La quantità di acqua che viene consumata dipende dallo
sviluppo dell’area fogliare, dal momento della schiusura delle gemme alla piena espansione, e dalla
forma d’allevamento. Quando il potenziale idrico del terreno scende e si riduce l’acqua disponibile
per la pianta, vengono innescati dei meccanismi di difesa che prevedono in primo luogo la riduzione
dell’acqua (WUE), ossia ad un minore consumo idrico per chilo di sostanza secca prodotta.
L’aumento della WUE sta alla base di alcuni strategie d'irrigazione di deficit controllato. Andando a
somministrare l’acqua in maniera localizzata ad una parte dell’apparato radicale è possibile indurre
una parziale chiusura stomatica che porta ad una diminuzione della traspirazione. Il rapporto tra
traspirazione (E) e fotosintesi netta (Pn) non è lineare ma curvilineo. Mentre per valori bassi esiste
una quasi proporzionalità fra risposta traspiratoria e fotosintetica, ai livelli più elevati di apertura
stomatica la pianta tende invece a perdere acqua in maniera di molto superiore rispetto all’aumento
di Pn (Alpi et al., 2000). Quindi quando gli stomi si chiudono la Pn viene inibita proporzionalmente
meno rispetto alla E, provocando un aumento della WUE. Il raggiungimento della massima WUE
Per stress idrico si intende quella situazione in cui l’acqua diventa un fattore limitante per la
riferimento a carenze di acqua, anche se è possibile che si verifichi lo stress da eccesso idrico.
L’insorgenza del deficit nella pianta è dovuta ad un tasso di assorbimento più basso rispetto alla
perdita di acqua per traspirazione ed è caratterizzato da un decremento del contenuto idrico, del
turgore e del potenziale idrico, da una parziale o completa chiusura degli stomi e da una
Le risposte delle piante al deficit idrico possono essere molte e di una certa complessità.
Esse dipendono dalla quantità d'acqua perduta, dal tasso di perdita e dalla durata dello stress.
Quando la perdita di acqua è limitata (<10%) il danno è reversibile e il recupero della funzione può
essere totale al ristabilirsi dell’equilibrio; il danno invece è irreversibile quando la perdita di acqua è
più intensa (30-40%) e il recupero della funzione, a seguito di una ottimale re-idratazione, è
convogliare tutte le sostanze di riserva negli organi riproduttivi per garantire la sua sopravvivenza.
(abilità a funzionare durante la disidratazione), che a volte vengono definiti come tolleranza alla
siccità a potenziali idrici rispettivamente alti e bassi (Taiz e Zeiger, 2002). Una terza categoria, la
fuga dalla siccità, comprende le piante che compiono il loro ciclo biologico durante la stagione
umida, prima dell’arrivo della siccità. Questa classificazione è analoga a quella fisiologica che
all’aumentare della domanda evaporativa durante la giornata, ed è minore nelle piante stressate
rispetto a quelle con un adeguato rifornimento idrico. Nel secondo gruppo sono comprese quelle
piante che mantengono un potenziale fogliare quasi costante durante il giorno e che non risentono
morfologiche e funzionali proprie della pianta, come lo sviluppo delle radici, la forma e
dovuto a differenze nella percezione dell’ABA. L’ormone proveniente dall’apparato radicale è il più
probabile candidato come segnale suolo-radice nel controllo stomatico (Schultz, 2003).
sensibilità all’ABA dovuta all’influenza che l’alta domanda evaporativa, l’alta temperatura o il
potenziale fogliare hanno sulla sensibilità stomatica nelle isoidriche ma non nelle anisoidriche.
Il controllo della conduttanza basato esclusivamente sulle relazioni idriche non è tuttavia
sufficiente per spiegare alcuni comportamenti. In condizioni di crescente stress idrico i cambiamenti
diurni di resistenza stomatica non sono necessariamente associati ad un cambiamento del contenuto
maggior misura, la perdita di acqua, portando ad una maggiore WUE. In piante ben irrigate la
chiusura degli stomi si ha nel tardo pomeriggio in risposta ad una riduzione del livello di luce.
Questo non è il caso delle piante stressate, dove la conduttanza stomatica rimane molto bassa e
costante durante la giornata (Maroco et al., 2002). Come risultato le piante stressate hanno una
E’ stato proposto un modello (Schultz, 2003) che integra gli aspetti idraulici e chimici della
1. la sintesi del segnale chimico a livello radicale dipende dallo stato idrico della radice,
potenziale fogliare.
In condizioni di siccità, alta irradianza e alta domanda evaporativa, l’elevata resistenza
suolo-radice porta ad un abbassamento del flusso idrico, a un declino del potenziale idrico radicale,
ad un’alta concentrazione di ABA nello xilema e ad un elevato flusso di ABA verso le foglie, che
sono diventate più sensibili a causa dell’abbassamento del potenziale idrico (Düring et al., 1996).
Gli scambi gassosi e i processi di crescita sono influenzati sia dalla durata dello stress che
dalla sua intensità. Solo in condizioni di carenza idrica elevata le foglie iniziano a sintetizzare ABA,
concentrazione di ABA e la riduzione della conduttanza stomatica siano le prime risposte ad una
condizione di stress idrico, entrano in gioco altri aspetti che possono essere correlati con i
precedenti. In condizioni di stress idrico moderato è presumibile che la fotosintesi venga influenzata
negativamente quasi esclusivamente a causa della riduzione della chiusura degli stomi.
In condizioni più gravi di stress possono intervenire meccanismi di inibizione non stomatica.
rigenerazione del RuBP e l’utilizzazione dei triosi fosfati decrescano in piante sottoposte a stress
idrico e siano sensibilmente minori rispetto a piante ben irrigate (Maroco et al., 2002; Medrano et
al., 2003).
Quando vengono esposte a stress idrico, le piante limitano il flusso d’acqua riducendo la
stomatica sia la componente fondamentale, può manifestarsi un aumento della resistenza al flusso di
altri segmenti del percorso traspiratorio. La conduttanza xilematica è determinata dalla struttura,
dalla grandezza dei vasi e dalla loro efficienza. E’ ormai accertato che le piante sottoposte a stress
idrico vadano incontro a fenomeni di cavitazione che determinano una riduzione della conduttanza
fenomeni di cavitazione, dall’altro ad una modificazione della grandezza dei vasi. La riduzione del
flusso dovuta ad embolie può indurre anche la chiusura stomatica, la quale a sua volta evita ulteriori
effetti negativi dovuti alla formazione di bolle d’aria all’interno del sistema conduttore.
Quando lo stress idrico è moderato la pianta risponde attraverso una riduzione della
grandezza degli elementi xilematici, mentre a stress più elevati si ha l’insorgenza di embolie, poiché
la riduzione della conduttanza stomatica non è più sufficiente a mantenere il potenziale idrico al di
sopra dei valori minimi ai quali avvengono questi fenomeni. Questi due meccanismi differenti di
risposta allo stress non sono però indipendenti tra loro. La riduzione del diametro dei vasi può
essere un meccanismo che da un lato limita il flusso idrico, dall’altro previene la perdita di
Un’altra risposta alla carenza idrica, comune a diverse piante, è la diminuzione del
potenziale osmotico. Questa diminuzione può essere dovuta ad una perdita di acqua e quindi ad un
aumento passivo della concentrazione dei soluti, oppure a un loro accumulo attivo. In quest’ultimo
caso si parla di aggiustamento osmotico, che consente il mantenimento del turgore cellulare anche
in condizioni di stress e con un basso contenuto idrico relativo. I composti coinvolti in questo
Generalmente le modalità con cui si manifesta lo stress idrico influiscono sulla capacita
della pianta di reagire con questo meccanismo, e il deficit graduale sembra favorirlo. Gli ioni
inorganici (Ca2+, K+, SO42-, NO3-), a differenza dei composti organici, rappresentano la componente
più importante che contribuisce all’aggiustamento osmotico (Patakas et al., 2002). La produzione di
osmoliti organici rappresenterebbe un costo per la pianta che in questo modo va incontro ad un forte
risparmio energetico, che gli permette di crescere in condizioni meno favorevoli. Tuttavia nelle
specie che sintetizzano polialcoli come prodotto primario della fotosintesi, questi ultimi possono
carboniosa di pronto utilizzo al ristabilirsi delle condizioni idriche favorevoli. Il mantenimento del
abbassamento del potenziale, potrebbero far pensare che la pianta mantenga inalterata l’apertura
stomatica. In realtà la conduttanza stomatica (gs) dipende molto dal contenuto idrico del suolo e
dalla sintesi, a livello radicale, di ABA che viene successivamente traslocato. La buona correlazione
spesso riscontrata tra gs e potenziale dello stelo e del suolo, e la bassa correlazione con il potenziale
fogliare avvallano questa ipotesi oramai consolidata. Nelle specie o varietà con aggiustamento
osmotico radicale può essere soppressa la sintesi di ABA e può essere mantenuta l’apertura
Una delle risposte primarie e più evidenti allo stress idrico da parte delle piante è la modifica
dell’accrescimento che va verso una riduzione della lunghezza dei germogli e dell’area fogliare, con
Questo è dovuto da un lato alla riduzione del contenuto idrico della pianta e quindi del
potenziale di turgore dei tessuti che è indispensabile per la distensione e divisione cellulare,
dall’altro a una riduzione dell’assimilazione netta e quindi della sostanza organica prodotta e del
supporto energetico necessario per la crescita. La carenza di acqua nel terreno e la conseguente
riduzione del flusso idrico attraverso la pianta portano inevitabilmente ad un ridotto assorbimento di
Come riportato da diversi autori (Wample e Smithyman, 2002; Düring et al., 1996; Saliang
Gu et al., 2004; Fregoni, 2005) il deficit idrico porta anche ad una riduzione della produzione, che
permette alla pianta di raggiungere un nuovo equilibrio tra fase vegetativa e produttiva con un
La forza motrice per la perdita di acqua dalla pianta è la differenza nella concentrazione del
vapore acqueo tra l’esterno e l’interno della foglia (Taiz e Zeiger, 2002). Invece della
rappresenta la pressione esercitata dal vapore acqueo su una superficie. E’ possibile distinguere tra
la pressione di vapore reale (e) e la pressione di vapore alla saturazione (es). La differenza (e-es) tra
questi due valori rappresenta il deficit di pressione di vapore (VPD), mentre il loro rapporto
l’umidità relativa (Mugnai, 2004). Il VPD regola il funzionamento stomatico ed è la forza motrice
che guida il processo traspiratorio. L’aumento di VPD, determinato dall’innalzamento di
temperatura e dalla radiazione solare, provoca un aumento della traspirazione con conseguente
può rifare al VPD o al gradiente di pressione di vapore (VPG) tra la foglia e l’ambiente circostante.
Il VPD può essere calcolato utilizzando la formula: VPD = SV * (1-RH) dove con SV si intende la
pressione di vapore alla saturazione (KPa) ad una data temperatura, e per RH l’umidità relativa (%).
Per il VPG si può ricorrere alla formula: VPG = SVf – (RH * SVa) dove SVf rappresenta la
pressione di vapore alla saturazione alla temperatura della foglia e SVa la pressione di vapore alla
saturazione alla temperatura e umidità relativa dell’aria. Il valore del VPD dà un’indicazione sulla
domanda evaporativa dell’ambiente e quindi sulla tendenza a perdere acqua da parte della pianta e
Indicatori fisiologici
Ci si potrebbe aspettare che le misure dirette dello stato idrico della pianta siano le più
indicatore deve però essere definita tenendo conto della variabilità dei comportamenti fisiologici
che caratterizzano le diverse specie o varietà. Molte piante riescono a mettere in atto dei
meccanismi che permettono loro di tollerare periodi più o meno prolungati di siccità. Molte specie
sono in grado di autoregolare il proprio contenuto idrico in modo che non scenda al di sotto di un
certo livello, anche in condizioni di carenza idrica e di forte domanda evaporativa dell’ambiente.
Nel lungo periodo questo controllo è ottenuto attraverso cambiamenti nell’area fogliare e nelle
radici, mentre nel breve periodo attraverso cambiamenti nell’angolo di inserzione della foglia, nella
gs e nelle proprietà idrauliche del sistema di trasporto (Jones, 2004). Nelle piante isoidriche, lo stato
idrico fogliare viene mantenuto stabile anche in condizioni di stress e quindi le misure dirette sono
poco indicative. Mentre nella piante anisoidriche le misure dirette dello stato idrico possono fornire
risultati positivi (Schultz, 2003). C’è anche da considerare che spesso uno dei prerequisiti necessari
affinché abbiano luogo i meccanismi di autoregolazione è proprio un cambiamento nello stato
idrico.
Analisi visiva
E’ il metodo più pratico e di facile utilizzo per la determinazione delle condizioni di stress di
una coltura, anche se approssimato e legato alla soggettività del rilevatore. Inoltre spesso i sintomi
di segnali di stress potrebbe quindi essere troppo tardiva e portare alla constatazione di una
situazione di deficit idrico già avanzato. Un metodo empirico nel caso della vite è quello di valutare
lo stato dell’apice vegetativo (Gily, 2004). Se l’apice è tronco e il viticcio secco o caduto vuol dire
Dopo l’invaiatura questo è normale, mentre in altre fasi fenologiche è sintomo di grave
stress. Se chiudendo l’apice tra le dita, il viticcio supera in altezza l’ultima foglia, vuol dire che è in
pieno accrescimento. Se sono allineati, l’accrescimento si sta fermando, e potrebbe essere sintomo
Potenziale idrico
Il potenziale idrico è un buon indicatore per verificare lo stato di salute della pianta ed in
particolare per determinarne lo stato idrico. I metodi principalmente utilizzati nel monitoraggio del
potenziale sono lo psicrometro e la camera a pressione. Il potenziale idrico fogliare e dello stelo
possono variare significativamente durante la giornata al variare delle condizioni ambientali, che
Singh, 2001; Patakas et al., 2005; Girona et al., 2006; Choné et al., 2001; Améglio et al., 1999).
Nella determinazione del contenuto idrico di un tessuto, e quindi del suo potenziale, hanno grande
influenza le condizioni idriche della pianta. E’ quindi possibile, attraverso la misurazione del
potenziale, andare a definire lo stato idrico della coltura. E’ una tecnica piuttosto semplice ma
laboriosa, soprattutto per le misure all’alba, e non è sfruttabile per l’automazione dei sistemi irrigui
(Jones, 2004). Alcuni considerano il potenziale fogliare misurato all’alba (PD Ψw) come il migliore
indicatore di stress idrico, a causa della forte influenza che le condizioni ambientali esercitano sul
potenziale durante il giorno (Améglio et al., 1999; Remorini e Massai, 2003). Altri indicano nel
potenziale dello stelo misurato a mezzogiorno (MD Ψs) l’indicatore più idoneo per il monitoraggio
dello stato idrico, a causa della migliore correlazione con la conduttanza stomatica (Patakas et al.,
2005; Choné et al., 2001). La sensibilità del PD Ψw e del MD Ψs come sensori per la stima dello
stato idrico della pianta dipende dalle caratteristiche fisiologiche della specie o della varietà, dalle
Il contenuto idrico dei tessuti può essere messo in relazione con lo stato idrico della pianta,
essendo influenzato dalle disponibilità di acqua. E’ direttamente correlato con il turgore cellulare
che è il processo che guida l’espansione delle cellule. Il fatto che lo stato idrico della pianta, e
specialmente il contenuto di acqua della foglia, è generalmente controllato dalla chiusura stomatica
e da altri meccanismi di regolazione, gioca a sfavore dell’uso di queste misure, soprattutto nelle
specie fortemente isoidriche (Jones, 2004). E’ possibile esprimere il contenuto idrico dei tessuti
come contenuto di acqua relativo (RWC) a quello presente al massimo turgore: RWC = (peso fresco
- peso secco) / (peso turgido - peso secco). L’RWC può essere efficacemente utilizzato qualora le
variazioni del contenuto idrico siano significative. Per variazioni di piccola entità ha scarsa validità.
Lo stato di idratazione dei tessuti può essere espresso come valore percentuale del loro contenuto in
acqua, riferito al peso secco o fresco. Il valore riferito al peso fresco ha scarsa validità, a causa delle
grandi variazioni a cui può andare incontro il contenuto idrico dei tessuti durante la giornata. Il
valore riferito al peso secco è un parametro poco attendibile perché presenta una grande variabilità
sia nell’arco della giornata, a causa del movimento e della continua sintesi di carboidrati, sia
durante la stagione, a causa della variazione dello spessore e della composizione delle pareti
cellulari.
L’acqua pura (deionizzata, degassata) può sopportare tensioni nell’ordine di –300 bar a
20°C, ma in condizioni reali la resistenza alla rottura, e quindi alla cavitazione, delle colonne
d’acqua nello xilema è molto minore (Alpi et al., 2000). Comunque, per un albero di 100 m si
calcola che basti una tensione di –20 bar per vincere sia la forza di gravità, sia le resistenze che si
oppongono alla salita dell’acqua fino alla cima. La formazione di bolle d’aria all’interno dello
xilema si può riscontrare nel periodo estivo, quando la tensione interna è elevata a causa dell’alto
tasso traspiratorio, o a fine inverno, quando a causa del riscaldamento dell’acqua fredda si possono
liberare gas in soluzione (Alpi et al. 2000). Lo stress idrico tende ad accentuare questo fenomeno
attraverso un aumento della tensione xilematica, necessaria per richiamare acqua dal suolo. Se lo
stress non è eccessivo la conducibilità può essere ripristinata con apporti idrici o durante il periodo
evidenziata attraverso metodi acustici che utilizzano frequenze audio o ultrasuoni (Jones, 2004).
Sembra che queste tecniche possano essere utilizzate come indicatori di stress idrico, anche se
l’analisi ad ultrasuoni dà valori che possono derivare da cause diverse dall’embolismo. Sebbene sia
una tecnica affermata per lo studio dell’architettura idraulica della pianta, necessita di ulteriori
Temperatura fogliare
Una foglia con uno spessore effettivo di acqua di 300 µm si riscalderebbe fino a 100 gradi
ogni minuto, se tutta l’energia solare fosse assorbita e non ci fosse dissipazione di calore (Taiz e
Zeiger, 2002). Questo elevato carico termico viene dissipato attraverso la perdita percettibile di
calore e attraverso la perdita di calore per evaporazione (o latente). In coltivazioni ben irrigate la
traspirazione è alta e la perdita di calore latente elevata. In colture sottoposte a stress da carenza
idrica si innescano dei meccanismi volti alla conservazione dell’acqua e quindi alla riduzione del
foglia tende a riscaldarsi e a dissipare calore sensibile. E’ possibile utilizzare metodi termici, basati
su termometri a infrarosso, in grado di monitorare lo stato idrico della pianta. Aumenti significativi
della temperatura della chioma rispetto a quella dell’aria, sono indicativi della chiusura stomatica e
quindi di uno stato di stress. La temperatura fogliare dipende molto dalla temperatura dell’aria,
dall’irradianza, dal vento, dall’umidità e dalle caratteristiche della coltura. Le differenze maggiori
tra piante ben irrigate e piante sottoposte a stress sono riscontrabili in giornate calde, soleggiate e in
Conduttanza stomatica
di concentrazione per l’assorbimento della CO 2 è molto più piccolo del gradiente di concentrazione
che porta alla perdita di acqua (Taiz e Zeiger, 2002). La soluzione al problema è la regolazione
stomatica, che permette alla pianta di assorbire CO2 durante il giorno e di risparmiare acqua di
può anche essere indotta da carenza idrica o da tassi traspiratori eccessivamente elevati durante
l’arco della giornata. La resistenza stomatica (r s) è l’ultimo fattore che controlla il flusso idrico nel
stomatica. Queste funzionano come valvole idrauliche e sono sensibili a molti fattori come
di CO2 (Taiz e Zeiger, 2002). Quando il flusso traspiratorio è elevato, il tasso di assorbimento
radicale può non essere sufficiente per rimpiazzare le perdite di acqua, soprattutto quando le
disponibilità idriche del suolo si riducono. Una delle risposte che la pianta può mettere in atto nel
breve periodo è la regolazione della chiusura stomatica, che provoca un innalzamento di r s. Si può
parlare di chiusura idropassiva, che avviene preferibilmente con aria a bassa umidità, quando la
perdita diretta di acqua dalle cellule di guardia avviene troppo rapidamente per essere bilanciata. Un
secondo meccanismo, definito chiusura idroattiva, avviene quando la foglia intera o la radice si
disidratano (Taiz e Zeiger, 2002). L’ormone principalmente responsabile della chiusura stomatica è
l’ABA (Cifre et al., 2005; Behboudian e Singh, 2001; Düring et al., 1996). In condizioni di stress si
ha un aumento della sintesi di ABA nelle foglie e soprattutto nelle radici, un rilascio dell’ABA
presente nelle cellule del mesofillo e un aumento della sensibilità all’ormone nelle cellule di
guardia. Il grado di diffusone del vapore d’acqua è inversamente proporzionale alla resistenza
di rs.
potenzialmente essere un buon indicatore della necessità di irrigazione (Jones, 2004). Per la
determinazione di gs può essere utilizzato il porometro, costituito da una camera fogliare provvista
di sensori di umidità che, applicata alla superficie della foglia, consente di determinare il tempo
richiesto per aumentare, all’interno di una cuvetta di volume noto, l’umidità tra due livelli
Fluctuation: TDF) o dei frutti mostra delle fluttuazioni periodiche, una parte delle quali può essere
messa in relazione con lo stato idrico della pianta (Huguet, 1985). Il fenomeno essenziale, che è
stato messo in evidenza durante la stagione vegetativa, è una fase di riduzione del diametro che, in
una giornata assolata, viene innescata all’inizio del mattino per terminare, con un’ampiezza totale di
qualche centinaio di micrometri, nel pomeriggio (Huguet, 1985). Dopo avere raggiunto il minimo si
innesca una fase di crescita regolare tale da riportare, durante la notte, l’organo preso in esame alle
massime dimensioni del giorno precedente, per poi continuare a crescere di qualche centinaio di
micrometri e raggiungere un nuovo massimo prima di riprendere una nuova fase di diminuzione.
Queste variazioni dipendono dallo stato idrico, dalla crescita dell’organo e da variazioni termiche.
La crescita degli organi vegetali è determinata da un aumento del numero o della dimensione delle
cellule. L’espansione cellulare è un fenomeno dipendente dal turgore, che quindi ha luogo
preferibilmente nel tardo pomeriggio, durante la notte e nelle prime ore del mattino, quando i tessuti
sono al massimo dell’idratazione. La temperatura può avere degli effetti diretti sulle dimensioni. La
dilatazione termica del diametro di una mela è di circa 150 µm, per un aumento di 20°C della
temperatura dell’aria e per una mela di 70 mm di diametro (Huguet, 1985). Fusto e stelo
Nel corso della giornata le contrazioni indicano gli organi dai quali l’acqua è mobilizzata a favore
della traspirazione delle foglie. L’ampiezza delle variazioni rivela una situazione provvisoriamente
negativa del bilancio idrico della pianta. Maggiori sono queste contrazioni, maggiore è lo squilibrio
idrico. Lo stress determina contrazioni più ampie a causa della richiesta di acqua necessaria per
sostenere la traspirazione fogliare. Le fluttuazioni osservate negli organi legnosi sono dovute
essenzialmente a variazioni d’idratazione dei tessuti corticali; lo xilema non subisce praticamente
variazioni di diametro. E’ dunque possibile determinare, per una categoria d’organo e per una
specie, un valore limite della contrazione diurna che riveli il bisogno di irrigazione (Huguet, 1985).
L’interpretazione delle contrazioni e dilatazioni deve però tenere conto dei principali fenomeni
coinvolti. Il principale vantaggio di questa tecnica è che i sensori impiegati non richiedono grandi
Flusso xilematico
Lo sviluppo di metodi attendibili basati sull’impulso di calore (Heat Pulse Velocity: HPV) e
sull’emissione di calore in modo continuo (Stem Heat Balance: SHB) hanno proposto un approccio
alternativo per la gestione dell’irrigazione e la stima dei consumi idrici in agricoltura, permettendo
di misurare il flusso xilematico (Sap Flow: SF). Con queste tecniche viene fornita una stima
realistica e diretta delle perdite di acqua della pianta o di un germoglio, senza perturbare l’equilibrio
della pianta stessa (Jones, 2004). Il SF è strettamente correlato con l’attività traspiratoria della
pianta e, conseguentemente, con la conduttanza stomatica. Yunusa et al. (2000) hanno trovato una
buona coincidenza fra la traspirazione stimata con la tecnica ad impulso di calore e la traspirazione
per la stima dei consumi idrici. La variazione della traspirazione, di cui SF dà una stima, è
suolo in modo da soddisfare le esigenze idriche delle colture, evitando loro condizioni di stress, e
ottenere così il massimo rendimento (Baldini, 1988). Decidere quando e quanto irrigare richiede
una profonda conoscenza dei fattori che contribuiscono a determinare lo stato idrico della pianta e
degli effetti che le varie strategie di gestione dell’acqua hanno sullo sviluppo e sulla produttività del
frutteto. Per un uso efficiente ed efficace dell’acqua, che possa permettere da un lato l’ottenimento
che sta assumendo sempre maggiore importanza da un punto di vista ambientale e sociale, è
Per il calcolo del volume stagionale ci si può rifare alla formula del bilancio idrico:
utilizzabile, considerando che l’irrigazione viene effettuata nel periodo estivo caratterizzato da
apporti di falda spesso trascurabili e che un sistema efficiente di irrigazione non dovrebbe
potenziale (ETP), attraverso la valutazione dell’insieme dei parametri ambientali di un dato periodo
o attraverso l’utilizzo di evaporimetri. Anche se una coltura si trova in ottime condizioni idriche,
l’ETE non corrisponde all’ETP, ma è solamente una frazione di essa. Sono disponibili dei
Oggi la tendenza è quella di andare verso metodi irrigui che non forniscano alla coltura quantità di
In questo modo è possibile fornire acqua ad un volume di suolo limitato con una forte riduzione dei
evidenza come apporti idrici inferiori all’ETE, soprattutto in certe fasi del ciclo vegeto-produttivo,
portino addirittura ad aumenti della qualità. Per una corretta modulazione della somministrazione di
acqua è necessario utilizzare i giusti metodi irrigui, che permettano un controllo preciso dei volumi
Il secondo problema da affrontare nella gestione degli interventi di irrigazione riguarda la frequenza
comprensori viene fatta, attraverso periodi brevi di irrigazione intervallati da periodi lunghi di
oggi quella di utilizzare bassi volumi di adacquamento e di aumentare la frequenza d’intervento. Per
la determinazione della quantità di acqua da somministrare con un intervento irriguo si può ricorrere
alla formula: q = V * (Cc - Ur) / 100 dove q è il volume di adacquamento, V è il volume di suolo
esplorato dalle radici o comunque quello al quale deve essere fornita acqua, Cc è la capacità di
campo (%) e Ur la disponibilità idrica residua (%). La determinazione di Ur deve tenere conto della
coltura, del tipo di terreno e degli obiettivi produttivi che devono essere raggiunti. Come concetto
generale si può affermare che si deve irrigare quando il bilancio idrico del sistema suolo-pianta si
sposta da un punto di equilibrio, non riuscendo il sistema stesso a far fronte alla perdita di acqua per
1. Metodi che si basano sulla misura dei fattori fisici e ambientali relativi al terreno,
scende al di sotto di un punto critico predefinito corrispondente all’Ur, oltre il quale non si
La definizione del livello minimo di potenziale deve tenere conto delle caratteristiche della
piante arboree l’inizio dello stress si verifica quando l’umidità scende al di sotto di un livello
utilizzato nella pratica irrigua, è quello basato sul calcolo dell’evapotraspirazione. Richiede
un continuo aggiornamento del bilancio idrico in modo tale da poter effettuare l’adacquata
quando il terreno ha perso una quantità di acqua che non si ritiene debba essere superata. La
stima dell’evaporazione può essere fatta utilizzando metodi diretti o indiretti, che possono
predefiniti, più o meno complessi, e richiedono la conoscenza di uno o più fattori climatici. I
metodi diretti si basano sul calcolo dell’ETP per mezzo dell’evaporazione osservata da un
Ke * E
2. Metodi basati sull’esame della pianta. Sono sistemi, più o meno complessi, attraverso i quali
è possibile valutare lo stato idrico della coltura. Sono basati sul presupposto che
un’alterazione del bilancio idrico si riflette sulla possibilità di idratazione dei tessuti e su
La riduzione delle risorse idriche e la necessità di ridurre i costi di produzione hanno portato
gli agricoltori ad orientarsi verso strategie di gestione dell’acqua che permettano di aumentarne
l’efficienza d’uso. La messa a punto di sistemi di irrigazione localizzata ha dato una spinta ulteriore
a questa tendenza, ma c’è la necessità di abbinarvi delle accurate tecniche di distribuzione, come il
deficit idrico controllato (RDI) e l'irrigazione di una porzione della zona radicale (PRD).
L’effettiva possibilità di operare con queste modalità dipende anche dalla definizione di
sistemi di monitoraggio in grado di determinare il bisogno di acqua della coltura in tempo reale o ad
intervalli frequenti. E’ possibile fare una classificazione dei principali metodi che vengono utilizzati
per determinare lo stato idrico di una coltura e programmare l’irrigazione (Fregoni, 2005; Jones,
2004):
1. Metodi basati sulla misura di fattori fisici e ambientali relativi al terreno o all’atmosfera. I
fattori fisici relativi al terreno permettono di avere una stima del potenziale idrico del suolo
(tensiometri, psicrometri, ecc.) e del contenuto idrico del suolo (sonda a neutroni,
riflettometria nel dominio del tempo, ecc.); i metodi basati sui dati meteorologici prevedono
dell’ambiente;
2. Metodi basati su misure dirette sulla pianta. Rappresentano l’approccio più moderno e
quello che potenzialmente potrebbe dare le stime più accurate e permettere una migliore
gestione degli interventi irrigui. Comprende metodi basati sulla stima dello stato idrico dei
tessuti (analisi visiva della pianta, camera a pressione, psicrometro, contenuto idrico dei
tessuti, cavitazione dello xilema) e metodi basati su risposte fisiologiche della pianta
provocate dal cambiamento dello stato idrico (misure di scambi gassosi, temperatura
fogliare, misure di flusso xilematico, misure di variazione del diametro del tronco). Non è
all’individuazione dello stato idrico della pianta. La loro reale possibilità di utilizzo deve
tenere conto della specie o varietà coltivata, delle condizioni ambientali e delle
problematiche di carattere pratico, prime fra tutti il costo e la possibilità di utilizzo da parte
inevitabilmente sul comportamento fisiologico della pianta, che mette in atto degli accorgimenti
necessari per adattarsi all’ambiente. Le misurazioni del contenuto idrico del suolo danno
un’indicazione sulle disponibilità di acqua e, solo indirettamente, sullo stato idrico della coltura. Le
misure di evapotraspirazione stimano la quantità di acqua consumata dalla coltura, fornendo delle
indicazioni sulla disponibilità residua e quindi, indirettamente, sulle condizioni della pianta. Questi
indicatori, di grande utilità e praticità per la gestione dell’irrigazione, non riescono a stimare con
precisione lo stato idrico della coltura se non integrati con l’utilizzo di indicatori fisiologici.
percentuale di acqua per unità di massa o di volume di terreno, oppure per mezzo del potenziale
idrico. Quest’ultimo rappresenta la forza con cui l’acqua è trattenuta negli interstizi, e quindi il
lavoro necessario per allontanarla dal suolo. Quanto minore è il valore di potenziale idrico tanto
1. Metodo gravimetrico;
2. Metodo tensiometrico;
3. Metodo conduttometrico;
4. Metodo elettromagnetico;
5. Metodo neutronico.
Comunemente, per la misurazione del contenuto idrico di un campione di terreno, viene utilizzato il
metodo gravimetrico che permette di calcolare la percentuale di acqua sul peso secco (P s) o sul peso
umido (Pu). Il campione, prelevato ad una certa profondità, viene pesato in modo da trovare il peso
umido (Pu) e successivamente essiccato in stufa a 105-110 °C per 12-48 ore, fino a peso costante
Lo strumento classico per la misura del potenziale idrico del terreno è il tensiometro (Giardini,
1995). Gli elementi costituenti dello strumento sono: una coppa porosa (solitamente di porcellana),
porosa viene messa nel terreno, facendo in modo che aderisca bene alla massa di suolo circostante.
Se nel terreno esiste un potenziale negativo, si ha una fuoriuscita di acqua dallo strumento, nel quale
si forma una depressione. Quando questa depressione si equilibra con il potenziale del terreno, cessa
il flusso idrico ed è possibile leggere sul manometro il valore della pressione. Con terreno troppo
asciutto entra aria all’interno della capsula e le misure risultano imprecise. Questo metodo si adatta
quindi a colture che richiedono il mantenimento di un’umidità elevata. Il potenziale, per poter
utilizzare lo strumento, non dovrebbe scendere sotto il valore di –1 bar. Considerando che alla
capacità di campo il potenziale della maggior parte dei terreni è di circa –0,3 bar (-30 KPa) e che il
punto di appassimento corrisponde a –15 bar (-1500 kPa), gran parte del range di umidità non può
Il terreno essendo un mezzo poroso costituito da materia solida, liquida e soluti, ha una certa
capacità di condurre elettricità, che dipende dal contenuto di acqua e di sostanza disciolte. Su questo
gesso trattato con sostanze particolari) all’interno dei quali sono posizionati due elettrodi collegati
ad un ohmmetro (Giardini, 1995). L’elemento poroso viene immesso alla profondità voluta, avendo
I blocchetti si inumidiscono fino a quando il potenziale al loro interno non diventa uguale a quello
del terreno. La resistenza incontrata dalla corrente elettrica, per il passaggio da un elettrodo
all’altro, è tanto minore quanto maggiore è l’umidità del mezzo che li separa. La corrente viene
immessa nel circuito da uno strumento portatile che misura anche la resistenza. Alcune curve di
taratura permettono di trasformare questo valore in potenziale idrico e, con una certa
approssimazione, in % di umidità.
Il metodo elettromagnetico più utilizzato per la stima dell’umidità del suolo è la riflettometria nel
dominio del tempo (Time Domain Reflectometry: TDR), che si basa sulla misura della costante
dielettrica (K) del terreno mediante la misura della velocità di propagazione di un segnale
elettromagnetico (nella banda 1 MHz – 1 GHz). La costante dielettrica dell’acqua è molto maggiore
(81,5 a 20°C) rispetto a quella del terreno secco (2-3). I valori misurati sono quindi proporzionali al
contenuto di acqua all’interno del suolo. Possono essere utilizzate diverse tipologie di sonde in base
alla profondità alla quale si desidera effettuare le misure. Il segnale elettromagnetico viene dato da
uno strumento portatile opportunamente collegato alle sonde, che è in grado di elaborare il segnale
La sonda a neutroni è invece uno strumento costituito da una sorgente di neutroni veloci, da un
rilevatore di neutroni lenti e da un contatore, che fornisce il numero di neutroni lenti nell’unità di
tempo. I neutroni veloci emessi dalla sorgente urtano i nuclei atomici presenti nel terreno riducendo
la loro energia cinetica. I nuclei dell’idrogeno sono quelli che portano alla massima perdita di
energia. I neutroni lenti che tornano verso la sonda vengono rilevati e contati. Poiché l’acqua è la
principale fonte di atomi di idrogeno, con questo metodo è possibile stimare indirettamente il
contenuto idrico del terreno. La sonda è in grado di rilevare le variazioni di umidità a varie
profondità, poiché la sorgente di neutroni può essere fatta scorrere all’interno di tubi metallici
Il termine RDI è stato coniato negli anni ’70 a Tatura nello stato di Victoria, in Australia, e
si basa sul presupposto che esiste una relazione lineare tra l’Evapotraspirazione (ET) e la
produzione delle colture perché, nella traspirazione, al movimento del vapore dall’interno della
avviene attraverso la medesima apertura, quella stomatica. Infatti è stato spesso detto che le piante
cedono acqua per ricavare carbonio e, se l’obbiettivo è massimizzare l’assunzione del carbonio per
limitazione della traspirazione (stress idrico) è stata spesso associata a perdite di produzione e
minori profitti per gli agricoltori. Mentre ciò è vero per la maggior parte dei seminativi e delle
piante erbacee in genere, non è necessariamente vero per le arboree e per la vite. La scarsità di
acqua (deficit idrico) riduce lo sviluppo vegetativo delle piante, ma non necessariamente si traduce
in una produzione ridotta di frutti nelle piante arboree e nella vite, così come avviene per la maggior
parte delle erbacee e dei seminativi (con l’eccezione del cotone). Perciò è possibile ridurre la
traspirazione delle piante arboree e della vite, senza ridurre le rese, variando l'apporto idrico in
Molti studiosi hanno posto la propria attenzione alla tecnica di irrigazione RDI, riconoscendo
l’importanza del risparmio idrico in agricoltura. La tecnica e stata testata su diverse specie fruttifere
e ortive, studiandone oltre che gli aspetti produttivi anche le alterazioni fisiologiche che RDI
provoca nelle piante, trovandosi spesso di fronte a risultati contrastanti con le osservazioni di altri
ricercatori. Ad esempio alcuni ricercatori (Marsal, et al., 2000) hanno studiato la tecnica di
irrigazione RDI in un impianto di pero per due anni consecutivi sempre su piante diverse da un
anno all’altro. Dalle osservazioni effettuate hanno constatato che alla raccolta i frutti delle piante
irrigate con tecnica RDI erano più piccoli dei frutti delle piante irrigate normalmente.
Contrariamente a quanto ci si aspettava non vi era stato nessun recupero della crescita del frutto
dopo il periodo di irrigazione di deficit come invece e stato osservato da altri studiosi.
La medesima tecnica è stata approfondita da altri ricercatori (Mills e Behboudian, 1996) i quali
hanno studiato le relazioni idriche, la crescita e la composizione dei frutti di melo 'Braeburn'
stress precoce è stato imposto da 55 GDF (giorni dalla fioritura) fino a 185 GDF (trattamento D 1) e
un secondo trattamento tardivo imposto da 105 GDF fino a 185 GDF (trattamento D 2), entrambi
confrontati con un controllo normalmente irrigato (C). Dai risultati è emerso che rispetto a C, sia D 1
che D2 hanno riportato minori tassi fotosintetici, minore Ψ della foglia e minore g s durante il
periodo di stress. La crescita della circonferenza del tronco e risultata ridotta nelle piante sottoposte
a stress D1 e D2. L’area fogliare e la lunghezza dei rami è stata ridotta solo nel trattamento D 1.
Invece i solidi solubili sono aumentati sia in D 1 che in D2. Il contenuto in K+ e l’acidità titolabile
da una riduzione del potenziale osmotico e quindi la pressione di turgore è stata mantenuta durante
tutto il periodo di campionamento. A prescindere dal mantenimento del turgore del frutto, il peso
dei frutti di D1 e risultato ridotto a partire dal 135 GDF. Invece il peso, la concentrazione zuccherina
e la relazione idrica dei frutti in D 2 non sono stati influenzati da l’imposizione dello stress. Quindi le
imposto all’inizio della stagione. Tuttavia se il deficit viene imposto tardivamente ha un impatto
Studi analoghi sulla stessa cultivar di melo hanno dimostrato che il deficit idrico tardivo può essere
utilizzato per migliorare la qualità dei frutti in termini di solidi solubili totali, consistenza della
polpa, zuccheri solubili e intensità del sovracolore, senza conseguenze negative sulle dimensioni del
frutto e sulla produzione (Kilili, et al., 1996). Ancora su mele 'Braeburn' e stato condotto uno studio
(Mpelasoka, et al., 2001) finalizzato alla valutazione della qualità dei frutti delle piante sottoposte a
RDI.
L'irrigazione di deficit tardivo ha determinato un anticipo della maturazione, cosa che non avviene
in piante con irrigazione di deficit precoce. Inoltre in tutti i trattamenti di deficit, sia tardivo che
precoce, si e avuto un incremento dei solidi solubili totali e della consistenza della polpa, mentre
Nell'applicazione delle tecniche RDI su piante di albicocco (cultivar Bulida) (Torrecillas, et al.,
2000) sono stati individuati due momenti fortemente penalizzanti per l’interruzione dell’irrigazione;
il primo nella seconda fase di crescita rapida del frutto che ha determinato una riduzione delle rese
dovute a una minore dimensione dei frutti alla raccolta, facendo registrare anche una maturazione
anticipata rispetto alle piante di controllo. Il secondo periodo critico è stato individuato
immediatamente dopo la raccolta, dove lo stress ha determinato una riduzione significativa della
produzione dell’anno successivo manifestatosi con un aumento della cascola dei frutticini e una
ridotta allegazione. Mentre uno stress imposto durante la I e II fase di crescita del frutto a
evidenziato un diametro inferiore dei frutti durante il periodo di imposizione del deficit, ma un
In piante di mango della cultivar Kent (Pavel e de Villiers, 2004) sono stati messi a confronto un
controllo, un RDI e due trattamenti di irrigazione progressivamente ridotta PRI 1 e PRI2 rispetto al
controllo, che hanno dato risparmi idrici variabili dal 32 al 58%. Tassi fotosintetici
significativamente ridotti si sono registrati in PRI2 nel periodo estivo, mentre gs è stata
significativamente più bassa in RDI rispetto agli altri trattamenti. I tre trattamenti di deficit (PRI 1,
PRI2 e RDI) hanno ridotto anche la crescita vegetativa rispetto al controllo. Le rese, di contro, non
sono state influenzate significativamente dai vari trattamenti irrigui e differenze nella media delle
produzioni tra i trattamenti sono imputabili al numero dei frutti, indice del fatto che l’irrigazione
ridotta potrebbe avere avuto un impatto predominante prima della fioritura o durante gli stadi
iniziali di crescita del frutto, piuttosto che nelle fasi più tardive.
L'imposizione dello stress controllato su piante di meloni (Cucumis melo L.) nelle diverse fasi
fenologiche ha fortemente influenzato sia le rese che gli aspetti qualitativi (Fabeiro, et al., 2002).
Infatti il deficit imposto durante la fioritura ha determinato una riduzione quantitativa delle rese,
solo la qualità del prodotto lasciando inalterate le rese. Mentre in piante di pomodoro da industria
('Petoprode') RDI ha determinato un incremento della concentrazione dei solidi solubili pur
Il mandorlo sottoposto a deficit controllato in pre-raccolta presenta una riduzione del peso del frutti
e minore percentuale di sgusciato, anche se non si riscontrano riduzioni significative nel carico dei
frutti rispetto all'irrigazione di controllo (Goldhamer, et al., 2006). Significativa è anche la riduzione
della chioma, che ha determinato un incremento della densità di fruttificazione. L'imposizione del
deficit in post raccolta sembra invece determinare un drastico calo del carico dei frutti nell'anno
seguente. Risultati migliori, in termini di dimensioni e carico dei frutti, si possono ottenere con
l'imposizione dello stress per tutto il periodo, evitando le ampie oscillazioni dello stress. Per quanto
riguarda il pesco, l'imposizione di uno stress in post raccolta con la restituzione del 50% dell'ETc
sembra un'ottima soluzione, sia in termini di produzione che di risparmio idrico (Dichio et al.,
2004).
L'applicabilità del metodo di irrigazione RDI nei diversi fruttiferi sembra essere condizionato dalla
dinamica di sviluppo del frutto. Infatti sappiamo che le fasi di accrescimento dei frutti variano in
funzione della specie considerata, in particolare nelle pomacee e drupacee le cui fasi di sviluppo
produttivo
Il principio guida di RDI è di variare l’apporto irriguo a seconda della domanda idrica e di
fotoassimilati delle piante, durante i diversi stadi fenologici. Le drupacee sono, fra le produzioni
frutticole, quelle che rispondono meglio a RDI. Per descrivere come RDI viene applicato in campo
può rivelarsi utile spiegare come crescono e si sviluppano le drupe (Fig, 4).
frutto si sviluppa seguendo una curva di crescita a tre fasi. La crescita del frutto nella fase 1 è il
risultato di una combinazione fra rapide divisioni cellulari e moderata espansione delle cellule
stesse. La crescita durante la fase 3 è dovuta interamente all’espansione delle cellule esistenti.
Durante la fase 2 il frutto cresce lentamente, il seme comincia la sua maturazione, ed i frutti
competono meno con i germogli e le foglie per i fotoassimilati. Si presume quindi che in questo
periodo i germogli crescano rapidamente e l’espansione della parte vegetativa sia al massimo.
Nella Goulburn Valley, in Australia, alcuni studiosi hanno scoperto che il deficit idrico deprime lo
Normalmente i germogli dovrebbero crescere rapidamente all’inizio dell’estate e i frutti già allegati
dovrebbero essere nella fase di crescita rallentata (Fig. 4). In condizioni di stress moderato lo
Per esempio nella sopra citata Goulburn Valley, per la pesca da industria ‘Golden Queen’, è stato
osservato che le fasi 1, 2 e 3 durano rispettivamente circa 68, 50 e 56 giorni, e che circa ¾
dell’incremento di volume del frutto avviene durante la fase 3. David Chalmers e un gruppo di
ricercatori di Tatura ne hanno dedotto che la fase 2 rappresenta una finestra di tempo nella quale
intervenire per limitare il vigore delle piante, come risultato dello stress idrico, senza mettere a
rischio la produzione frutticola (Mitchell et al., 1989). Risultavano altri due benefici dal fare ciò:
primo, una chioma più compatta significava che la penetrazione della luce solare veniva
successiva. Secondo, una chioma più piccola, a parità di carico produttivo, rappresentava un
Per esempio, la traspirazione dalle piante di pesco è stata dimezzata durante l’applicazione di RDI
come conseguenza della riduzione della conduttanza stomatica e dell’area fogliare. L’uso di acqua
continuava ad essere inferiore del 30% rispetto alle altre piante sottoposte a trattamento irriguo
Complessivamente, il volume irriguo stagionale veniva ridotto fino a 2000 m 3/ha, che equivale ad
una riduzione del 25-30% dell’acqua utilizzata con i metodi irrigui tradizionali. Esistevano poi dei
benefici addizionali dall’applicazione di RDI all’inizio dell’estate. I frutti delle piante RDI non
erano più piccoli. In effetti si verificavano anche casi in cui la pezzatura dei frutti addirittura si
incrementava. Così non è per la vite e le bacche sono generalmente più piccole a seguito di RDI.
Ulteriori ricerche hanno spiegato il motivo. I primi stadi di crescita dei frutti sono sostenuti dalla
divisione cellulare; durante queste fasi i frutti giovani sono meno sensibili allo stress idrico rispetto
alle foglie giovani. Mentre le prime fasi di crescita del frutto possono essere influenzate meno
all’inizio dell’estate dall’imposizione di RDI (Fig. 5, fase RDI), la crescita dei germogli è
maggiormente ridotta. Durante le ultime fasi della crescita del frutto l’espansione cellulare diventa
predominante, ma a quel punto la crescita dei germogli rallenta per altri motivi, inclusa la
stadio avanzato e consentire l’espansione cellulare per effetto del turgore (Fig. 5). Questo può
avvenire più velocemente del normale a causa del materiale osmoticamente attivo accumulato nel
Risultati simili sono stati ottenuti da Jerie et al. (1989) che hanno misurato in continuo la crescita di
frutti nel pero, a Tatura, tramite dei trasduttori e dei data logger ed hanno registrato crescite
giornaliere dei frutti simili tra RDI e irrigazione convenzionale. In entrambi i trattamenti, i frutti si
restringevano durante il giorno per poi espandersi rapidamente nel tardo pomeriggio; faceva poi
seguito una crescita lenta ma costante durante la notte. La pressione osmotica dei frutti era di 2,4
MPa nelle piante RDI e appena 1,7 MPa nelle piante con irrigazione convenzionale. L’incremento
di pressione spiega la crescita accelerata dei frutti di pero (Fig. 6) quando RDI viene alternato con
l’irrigazione convenzionale. Ogni piccola restrizione dell’accrescimento del frutto durante le prime
fasi è compensata da una crescita accelerata nella fase finale di espansione cellulare. RDI di
conseguenza fornisce un sistema per limitare il vigore vegetativo ed incrementare la WUE della
colture arboree, identificando numerose specie nelle quali una significativa quota di acqua può
essere risparmiata, senza avere impatti negativi sulla produzione e sui profitti degli agricoltori. È
stato osservato che, mentre la relazione tra le rese lorde (media di tre anni) e i volumi irrigui
apportati era quasi lineare, la relazione tra le entrate lorde e i volumi di irrigazione era
completamente differente. Molti dei regimi RDI fornivano entrate lorde maggiori di quelli di
meno. Questo era dovuto ad una percentuale significativamente inferiore di frutti raggrinziti
(maggiore qualità dei frutti), specialmente con uno stress applicato all’inizio della stagione. Questo
dimostra una differenza importante tra colture erbacee e arboree. Fra queste ultime il mandorlo è la
specie che rappresenta la migliore opportunità di accoppiare RDI con una gestione colturale
modificata non solo con l’obbiettivo di ridurre il consumo idrico, ma anche di risolvere alcuni
problemi insiti nella tecnica colturale utilizzata negli impianti intensivi californiani. Questi sono
viene operata meccanicamente, tramite appositi scuotitori. Le drupe vengono fatte cadere a terra e
lasciate lì ad asciugare prima di essere raccolte. Tutto ciò crea problemi igienico-sanitari non
Applicando RDI si riesce a moderare lo sviluppo vegetativo (con risparmi notevoli sui costi di
frutto sull’albero, che consente di eliminare la fase di asciugatura a terra delle drupe, con notevoli
vantaggi economici, oltre che di carattere igienico-sanitario. Unico punto a sfavore è la pezzatura
dei frutti, che sembra diminuire leggermente. Contemporaneamente, però, aumenta il numero dei
frutti per pianta; questo dato, se unito a quanto detto in merito al vigore vegetativo (le piante
avranno una taglia minore), dà la possibilità di infittire gli impianti, così da superare il problema
La vite (Vitis vinifera L.) è un’altra coltura nella quale lo stress può influire sensibilmente sulla
qualità dei frutti. L’irrigazione dei vigneti è stata, di recente, addirittura proibita per legge in alcuni
paesi europei, tra i quali la Spagna, a causa di una relazione negativa (reale o percepita) tra la
Un certo stress, infatti, ha un effetto positivo in quanto riduce la pezzatura degli acini,
incrementando così il rapporto tra buccia e volume del frutto. Questo è molto importante per i
produttori vinicoli, in quanto nell’epicarpo sono contenute molte sostanze ritenute fondamentali
nella determinazione della qualità del vino in termini di aromi, colore e composizione chimica.
Utilizzando le loro ricerche e quelle di altri e facendo una stima prudenziale delle pratiche correnti
nei frutteti e nei vigneti, Goldhamer et al. (2006) hanno calcolato un range di risparmio idrico per le
principali colture arboree e i vigneti della California. Queste stime sono basate su regimi di RDI che
I risparmi idrici, quelli che si crede siano attualmente raggiungibili, ammontano, come minimo, a
circa 1.233 milioni di metri cubi. Se includiamo l’adozione di RDI associato ad una tecnica
metodi di monitoraggio dello stress delle piante migliori e più precisi, si pensa che possano essere
frutticola per unità di acqua irrigua apportata. Per esempio Mitchell e Chalmers nel 1982 riportano
un incremento di WUE negli impianti di pesco nella Goulburn Valley (Australia) da 4,9 a 8,0 t ×
1000 m3 di acqua, come risultato di RDI in pesche da industria con produttività media di 48 t/ha.
Dati corrispondenti per le pere ‘William Bon Chretien’ mostrano che la WUE si incrementa da 12,5
risparmio di acqua di irrigazione nel pesco, applicando RDI, si risparmiano fino a 3000 m 3/ha,
mentre nel pero circa 2000 m3/ha. Altri grandi risparmi sono stati constatati per il pesco in Cina,
dove l’irrigazione è stata ridotta da 3000 a 1400 m3/ha, senza sacrificare le rese.
Per comprendere facilmente l’adattabilità delle singole specie e cultivar alle tecniche di RDI si
può fare riferimento alle curve di crescita dei frutti. Questa nel pero segue un aumento
approssimativamente esponenziale del peso fresco nel tempo (Fig. 5), invece la crescita dei
frutti di pesco avviene in due fasi, intercalate da una fase di stasi nell’incremento di peso
In contrasto con le curve di crescita del pero, con la sua fase lenta iniziale, e del pesco, con la sua
fase di stasi intermedia, il melo mantiene un incremento in volume costante dall’allegagione alla
la vigorosa crescita dei germogli sia chiaramente associata ad una riduzione nella crescita dei
frutti.
Alcuni effetti del deficit idrico sullo sviluppo vegetativo di meli ‘Cox’s Orange Pippin’ sono stati
descritti. Comunque, sono state pubblicate solo alcune linee guida per la gestione del melo in RDI,
che raccomandano che il potenziale idrico del suolo dal risveglio vegetativo alla raccolta sia
mantenuto tra 8 e 40 kPa. RDI potrebbe avere conseguenze significative sulla produzione del melo,
ma qualche beneficio di RDI è possibile, nella misura in cui i profitti degli agricoltori non sono
legati alla pezzatura dei frutti. Per esempio la cultivar Pink Lady rende circa 3000$/t per il consumo
fresco, contro i 400$/t di frutti di pezzatura inferiore, destinati all’estrazione del succo.
Come abbiamo visto i diversi studiosi nei propri lavori si sono posti come primo obiettivo la
determinazione dello stato idrico della pianta, in modo da individuare il momento in cui la stessa
entra in stress per poter intervenire con l'irrigazione prima che subisca danni irreversibili.
Esempi di queste determinazioni sono il potenziale idrico del ramo (Marsal et al., 2000), potenziale
idrico della foglia e conduttanza stomatica (g s) (Xiloyannis et al., 1980; Mills et al., 1996;
Torrecillas et al., 2000; Einhorn e Caspari, 2004; Pavel e Villiers, 2004), contenuto idrico del suolo
(Mpelasoca et al., 2001), livello di soglia del contenuto idrico del suolo (Girona et al,. 2002), etc.
Conoscere lo stato idrico della pianta è quindi fondamentale per una corretta applicazione delle
carattere scientifico e di conoscenze approfondite delle dinamiche idriche della pianta. Non tutti gli
precisione sia le fasi fenologiche delle piante che lo stato idrico critico dove intervenire con
non facile applicazione. Queste osservazioni, ed altre simili, hanno indotto vari ricercatori a ritenere
difficoltosa l'applicabilità al melo della tecnica RDI e a spostare l’attenzione verso altre tecniche di
gestione dell’irrigazione controllata. Fra queste assume particolare importanza quella denominata
Irrigazione Parziale della Zona Radicale (Partial Rootzone Drying, PRD), che viene di seguito
Il PRD (Partial Rootzone Drying - irrigazione parziale della zona radicale) si sviluppa a
partire dagli esperimenti sullo stress idrico nella vite (Dry et al., 1995; Dry e Loveys, 1998),
condotti dall’australiano Brian Loveys, un ricercatore del settore dell’Industria Vegetale della
occupa di ricerca scientifica in diversi settori, fra cui quello agronomico, con diverse sedi in
Australia e nel resto del mondo. Il potenziale di questa ricerca per la riduzione dell’uso dell’acqua
L’intuizione nacque nel 1990, quando John Possingham attirò l’attenzione di Brian Loveys su un
filare di viti vicino ad una linea di alberi a Blewitt Springs nel sud dell’Australia. Quelle viti non
erano riuscite a crescere vigorosamente. Era insensato fare riferimento allo stress idrico per spiegare
questo fallimento, perché le viti erano irrigate spesso. La parziale asciugatura dell’apparato radicale
delle viti, in risposta alla domanda idrica delle radici dei vicini Eucaliptus, sembrava più plausibile.
Dato che queste viti dall’accrescimento rallentato non mostravano altri sintomi evidenti dello stress
idrico, si suppose che l’asciugatura parziale dell’apparato radicale si fosse tradotta in una chiusura
degli stomi ed in una crescita rallentata delle viti, che restavano comunque turgide. Dato che era
risaputo che l’applicazione dell’ormone acido abscissico (ABA) alle foglie turgide induce la
chiusura degli stomi, e visto che le piante sottoposte a stress idrico generano massicce quantità di
ABA, si è compreso come questa connessione tra l’ormone e il funzionamento degli stomi fosse una
caratteristica delle piante sottoposte a stress idrico. Il fatto che piante non influenzate da stress
idrico producessero comunque ABA, che comporta la chiusura parziale degli stomi, e quindi una
crescita rallentata, sembrava non avere senso. Ponendo la questione in altri termini, sembrava che la
produzione dell’ABA e la fisiologia degli stomi non potessero essere separate dalle alterazioni che
lo stress induce al funzionamento idrico della pianta. Mancava quindi l’evidenza di una separazione
funzionale in un rapporto pubblicato nel 1990 (Gowing et al., 1990). Lo studio descriveva come
eliminando l’acqua da un lato di una piccola pianta di melo, con l’apparato radicale suddiviso in
due parti, si otteneva una risposta stomatica che era indipendente da qualsiasi riduzione del
potenziale idrico fogliare, e che, rimuovendo quelle radici tenute in asciutto si eliminava la risposta
di chiusura degli stomi. A supporto ulteriore della tesi, l’ABA applicato all’esterno delle piante
turgide imitava l’effetto delle radici in asciutto sulla conduttanza stomatica. Questo dimostrava che
un sistema radicale parzialmente in asciutto era sufficiente per provocare la chiusura degli stomi in
Studiando simili meccanismi nella vite, alcuni ricercatori di Adelaide, diretti da Brian Loveys e
includenti Peter Dry, dell’Università di Adelaide, e Michael Mc Carthy, del South Australia
Research and Development Institute Nuriotoopa, hanno messo a punto un sistema con radici
separate, applicato a piante innestate e autoradicate. Un lato dell’apparato radicale era lasciato in
asciutto, mentre l’altro veniva irrigato. In questo modo le viti mantenevano il turgore, ma erano
anche soggette all’influenza fisiologica dei fenomeni caratteristici delle piante stressate, dovuti alle
sostanze provenienti dal lato in asciutto. I ricercatori hanno notato che la ripresa della crescita
vegetativa sembrava anticipare il riumettamento (come se ciò fosse dovuto ad un ritmo interno,
Un quadro dal quale emerge come l’ABA si accumulava nella parte asciugata dell’apparato
radicale, e veniva poi traslocato nei germogli, a seguito dell’irrigazione dello stesso lato o del lato
opposto. Alternando cicli di umettamento e asciugamento tra questi due lati si ottenevano quindi viti
con sufficiente riserva idrica e un flusso continuo di ABA. Questo si traduceva in una riduzione
della perdita di acqua (parziale chiusura degli stomi) ed una minore estensione dei germogli.
Il gruppo tentò allora di dimostrare che la riduzione del livello di citochinine nella linfa xilematica
in entrata nei germogli (correlata alla presenza di ABA) era probabilmente responsabile della
In un particolare gruppo di esperimenti, dove gli apparati radicali separati, di viti in produzione
crescita dei germogli era fortemente ridotta, ma senza alcun effetto negativo sulla crescita e lo
sviluppo dei frutti. Questa importante osservazione aprì la strada agli esperimenti in campo di oggi,
dove interi vigneti sono mantenuti con impianti di irrigazione a goccia che umettano
alternativamente i due lati dell’apparato radicale. Studi eseguiti da Dϋring e Loveys (1996) hanno
confermano il fatto che la concentrazione di ABA aumenta nelle radici stressate e viene poi
trasportato alle foglie per via xilematica, dove riduce leggermente la fotosintesi mentre limita
La comunicazione chimica tra radice e parte aerea è parte integrale dei processi di adattamento che
portano ad una riduzione delle perdite di acqua prima che lo stato idrico delle viti diminuisca. I
risultati degli ultimi anni hanno confermato l’ampia applicabilità di questo metodo irriguo. Sono
stati documentati sostanziali risparmi idrici, mentre la crescita delle piante è stata contenuta in
impianti ad elevato input energetico (in termini di risorse). Confrontando il PRD con l’irrigazione
convenzionale, per una data regione, la WUE irrigua delle colture si è virtualmente raddoppiata in
alcuni casi.
A partire dal lavoro iniziale del 1990 sono stati tracciati profili comprensivi della fisiologia di base e
studiate applicazioni pratiche di quello che è oggi conosciuto come PRD. Utilizzando queste
conoscenze, gli studiosi (Loveys et al.,2000) sono stati capaci di sviluppare un sistema irriguo
commercialmente valido per la vite, concepito per ridurre il vigore vegetativo ed aumentare la
WUE. Hanno chiamato la tecnica Partial Rootzone Drying e questa richiede che le radici siano
simultaneamente esposte a zone umide ed asciutte. Questo si traduce nello stimolo di alcune
risposte normalmente associate con lo stress idrico, come la riduzione del vigore e della
traspirazione, ma non comporta variazioni nello stato idrico della pianta. La produzione frutticola è
relativamente immutata. La messa a punto e l’applicazione della tecnica PRD sono piuttosto
semplici, dato che richiedono solo che l’impianto irriguo sia modificato per permettere l’alternanza
commerciale sono tuttora in corso, unitamente ad altri studi sui meccanismi coinvolti nella modifica
In una tipica installazione PRD (Fig. 9) due ali gocciolanti provvedono all’apporto irriguo
alternativamente sui due lati che vengono alternati periodicamente. Durante ogni intervallo l’acqua
deve essere assicurata ad uno dei due lati per garantire il recupero dell’acqua persa per
traspirazione, e quindi evitare gravi riduzioni nella percentuale di acqua disponibile nel suolo dal
lato irrigato. Se l’intero apparato radicale della pianta arriva ad asciugarsi si perdono gli effetti del
Altre ossevazioni effettuate (Stoll et al. 2000) su piante di vite sottoposte a trattamento PRD hanno
mostrato, a conferma dei lavori precedenti, che la concentrazione di ABA nelle radici in asciutto è
aumentata di 10 volte mentre l’incremento di ABA nelle foglie ha avuto un incremento del 60% con
una conduttanza stomatica significativamente ridotta rispetto alle piante irrigate normalmente. Le
piante di vite completamente in asciutto mostrano un riduzione della g s simile alle piante PRD
mentre l’incremento di ABA nelle foglie aumenta di 5 volte rispetto alle piante irrigate
normalmente. Nelle piante irrigate con tecnica PRD è stato riscontrato un aumento di ABA e di pH
nello xilema entrambi probabilmente responsabili della riduzione della g s, mentre una riduzione
della concentrazione di zeatina e di zeatina-ribiside è stata osservata nelle radici, negli apici dei
germogli e nelle gemme. Questo può contribuire alla riduzione della crescita vegetativa delle piante
L’effetto principale delle piante irrigate con la tecnica del PRD consiste nella produzione di
segali chimici nelle radici in asciutto che vengono trasportate alle foglie dove causano una riduzione
della conduttanza stomatica (Gowing et al. 1990; Dϋring et al.1996). Il primo problema che sorge
riumettamento del suolo. Nelle prime installazioni di PRD, nella zona di Adelaide e nell’Australia
meridionale, la durata dei cicli di asciugamento e riumettamento tra le due porzioni di rizosfera era
impostata a 10 – 14 giorni (Stoll et al., 2000), ma veniva a volte ridotta a 5 giorni a metà estate. Per
contro, una combinazione di alti tassi di evapotraspirazione delle piante e un range più ristretto di
acqua disponibile nel suolo (franco-sabbioso) nei dintorni di Karadoc (stato di Victoria, Australia)
ha indotto a ridurre la durata dei cicli di PRD, per la maggior parte dell’estate, a 7-8 giorni o anche
franco-sabbioso a Karadoc), nonché per caratteristiche climatiche; il sito di Karadoc presenta infatti
un innalzamento delle temperature in primavera più precoce di quello di Adelaide. Tutto ciò
dimostra come non esista un intervallo standard ma la frequenza di alternanza dipende dalla velocità
di asciugamento del suolo (Kang and Zhang 2004), tenendo conto quindi, delle peculiarità del sito
pur avendo lo stesso apporto irriguo. E' quindi importante considerare la distribuzione delle zone
umide, la profondità del suolo e l’espansione delle radici nella gestione dell’irrigazione localizzata
(Girona et al., 2002). Solitamente si hanno tassi di infiltrazione bassi in suoli con bassa RAW (Real
Available Water – acqua realmente disponibile), calcolata per differenza tra la capacità di campo ed
il punto di appassimento permanente. Si tratta solitamente di suoli con strati fortemente argillosi;
tuttavia, si possono avere tassi di infiltrazione piuttosto bassi anche in suoli alluvionali, una volta
che questi siano completamente asciutti, così come quando stanno trattenendo molta acqua. Alti
tassi di infiltrazione sono caratteristici di suoli franco-sabbiosi, con spessi strati superficiali.
Il PRD sembra dare risultati migliori nei suoli che garantiscono alti tassi di infiltrazione e sviluppo
in profondità delle radici. Si noti, comunque, che la profondità della zona radicale non è
necessariamente correlata in maniera diretta con il tasso di infiltrazione. Tassi di infiltrazione bassi
possono essere associati sia ad apparati radicali superficiali che profondi. Sono documentati, infatti,
casi in cui il PRD ha dato risultati soddisfacenti con differenti tipologie di suolo. Il suolo quindi, pur
avendo un rilievo non indifferente, non sembra, da solo, in grado di determinare l’applicabilità del
PRD.