in agricoltura biologica
il presente disciplinare che si intende adottare presso gli operatori biologici
ha lo scopo di regolare le principali tecniche agronomiche consentite e/o
consigliabili in agricoltura biologica per il raggiungimento degli obiettivi di
produzione e qualità. coltivare con il metodo dell'agricoltura biologica,
significa operare in un agroecosistema aziendale e territoriale in cui
l'operatore deve improntare l'attività di produzione agricola nel rispetto della
vocazionalità pedoclimatica della zona e attraverso la programmazione di
interventi non aggressivi nei confronti dell'ambiente.
agroecosistema mandorleto
in agricoltura biologica è indispensabile conoscere gli elementi che
caratterizzano l'agroecosistema e i meccanismi che ne regolano gli equilibri
al fine di renderlo produttivo e protettivo nei riguardi dell'ambiente in cui si
opera. il raggiungimento di tale equilibrio avviene attraverso una serie di
interventi che hanno lo scopo di: garantire un elevato grado di mantenimento
e conservazione del suolo e della sua fertilità; ripristinare e/o conservare la
biodiversità; valorizzare le capacità intrinseche di varietà idonee
all'ambiente; utilizzare in maniera ottimale le risorse naturali; riciclare la
materia organica aziendale e ridurre l'utilizzo di energia ausiliaria. inoltre è
fondamentale salvaguardare le aree marginali non coltivate tipo siepi, aree di
rifugio e muretti a secco dove numerosi organismi utili possono trovare
rifugio.
biocenosi
sistema suolo
sistema climatico
gestione agronomica
agroecosistema
elementi di naturalità
sistema acqua
vocazionalità pedoclimatica
una determinata area possiede nei riguardi della coltivazione del mandorlo una
vocazionalità pedoclimatica, quando le caratteristiche del suolo e del clima risultano
ottimali per la produzione della coltura. e' opportuno accertarsi prima dell'impianto che la
zona prescelta sia vocata, al fine di evitare eccessivi interventi tecnici e potenziare le
caratteristiche intrinseche della coltura (sviluppo resistenze).
là dove si manifestano fattori ambientali non ottimali, è possibile individuare i fattori
limitanti rispetto ai quali indicare le più idonee pratiche agronomiche al fine di ottenere i
migliori risultati produttivi.
fattori climatici
quando la temperatura, le precipitazioni e la velocità del vento si manifestano con
frequenza e intensità coincidenti con le esigenze fisiologiche del mandorlo ci troviamo in
un area con caratteristiche climatiche ottimali. diversamente il clima può diventare un
fattore limitante tale, da indurci a ritenere non idonea una determinata area alla
coltivazione della specie.
fattori climatici esigenze fisiologiche fattori climatici resistenze
limitanti
temperatura • fabbisogno in freddo • temperature inferiori a 10 • resistenza ai freddi
da molto basso a ÷12°c, pioggia, vento, e tardivi oltre -20°c
basso cielo coperto sono capaci durante il periodo di
• fabbisogno in caldo di interrompere l’attività dormienza degli
modesto pronuba alberi
• temperature per qualche • bassissima
ora di poco inferiori a 0°c resistenza ai freddi
(da -1,5 a -2,0°c) dal tardivi
rigonfiamento delle
gemme all’allegagione,
possono uccidere fiori e
frutticini
• durante la fioritura
pr possono favorire
ec l’insorgenza di attacchi
ip di crittogame ai fiori
it • a fine estate possono
az complicare le operazioni
io di raccolta, smallatura ed
ni essiccazione soprattutto
delle cultivar a
maturazione tardiva
• l'assenza di piogge con
prolungati stati di siccità
tra giugno e agosto
possono causare il
disseccamento dei malli
o semi
• favorisce l'attività • non deve superare i
vento degli insetti pronubi 35/40 km/h
determinante nella
fecondazione
il clima in puglia è in grado di fornire dalle 500 alle 700 ore di temperature
invernale minore o pari a 7.2°c, pertanto, non esistono problemi per il
soddisfacimento del fabbisogno in freddo di tutte le cultivar della specie, anche
di quelle più esigenti, come cristomorto e ferragnès.
tabella
esempio di fabbisogno in freddo di alcune importanti cultivar di mandorlo
cultivar di mandorlo con fabbisogno in freddo (numero di ore ≤7,2°c)
fattori pedologici
impianto
prima dell'impianto
l'esistenza di un arboreto determina nel terreno un peggioramento della
struttura ed una sindrome conosciuta col nome di stanchezza. in un terreno
stanco, cioé impoverito di elementi utili, la nuova piantagione tende a
manifestare stato di sofferenza progressivo, con rallentato accrescimento e
ritardata entrata in produzione fino alla morte delle piante. un po' tutte le
specie arboree da frutto sono sensibili al fenomeno, con drupacee, vite,
pomacee e agrumi nell’ordine particolarmente sensibili.
consigli pratici
non impegnare nell’immediato lo stesso terreno con una nuova coltura
frutticola, ma provvedere al suo disinquinamento ed a ricreare condizioni di
vivibilità per le nuove radici attraverso:
a) lavorazioni profonde di scasso, con le quali ossigenare il terreno e
asportare i residui radicali della vecchia coltura, fonte di inoculo dei funghi
agenti dei marciumi radicali;
b) riposo per un adeguato numero di anni, utilizzandolo nel frattempo con
opportune rotazioni di colture erbacee disinquinanti, prime fra tutte alcune
graminacee.
fertilizzazione di pre-impianto
la fertilizzazione di pre-impianto deve essere intesa come occasione unica
ed irripetibile per l’arricchimento degli strati di terreno che, nel corso della
vita dell’arboreto, saranno esplorati dalle radici. essa perciò deve essere
effettuata prima dello scasso, in modo che il successivo rovesciamento degli
strati porti la sostanza organica alla profondità desiderata.
aratura di scasso
con l’aratura di scasso alla profondità di 80-100 cm si effettua il
capovolgimento
degli strati di terreno nel modo seguente:
• si inviano in profondità gli strati superficiali, ricchi di ossigeno e di flora
microbica aerobica ed arricchiti di sostanza organica e di elementi
fertilizzanti apportati con la concimazione di fondo;
• si portano in superficie, per l’ossigenazione e il disinquinamento, gli
strati profondi poveri d’ossigeno e di elementi fertilizzanti, ricchi di flora
anaerobica, di fitotossine, di nematodi, di radici morte della vecchia
coltura, ricovero di agenti (armillaria, rosellinia) dei marciumi radicali.
la lavorazione fondamentale deve essere eseguita di preferenza nell’estate
precedente alla messa a dimora degli alberi, per darle tempo e modo di
esplicare la sua benefica, complessa azione.
la messa a dimora
per impianti da realizzare nei mesi invernali, vale la regola di tutte le
caducifoglie secondo la quale le piante vanno messe a dimora con le radici
nude. un’eccezione, sebbene non usuale è quella dei mandorleti realizzati
in primavera inoltrata, con gli alberi in piena attività vegetativa: in questo
caso si consiglia l’impiego di piante con radici provviste di pane di terra
mentre si ritiene indispensabile sostenere ripetutamente le piante con
somministrazioni di acqua per il superamento della inevitabile e forte crisi
di trapianto dopo la messa a dimora.
tipo d'impianto
nei terreni preventivamente sottoposti a lavorazione di scasso, prima della
messa a dimora degli alberi si dovrà aver cura di aprire buche con
dimensioni di circa 40 x 40 x 40 cm, con sesti d’impianto che possono
variare in funzione della disponibilità irrigua, del vigore del portinnesto e
della cultivar. considerati tutti i parametri coinvolti, la densità di
piantagione di un nuovo mandorleto specializzato è compresa tra un
minimo di 238 ed un massimo di 404 piante/ha.
periodo di piantagione
la messa a dimora dovrebbe precedere di un paio di mesi l’epoca di
germogliamento poiché la ripresa dell’attività degli apparati radicali è in
anticipo rispetto alla chioma il mandorlo è specie a fioritura e
germogliamento precoci ed il momento più appropriato per effettuare la
piantagione è il periodo tra fine autunno e inizio inverno, tra novembre e
dicembre, coincidente col periodo di più profonda dormienza invernale dei
giovani alberi.
potatura di trapianto
ha lo scopo di sollecitare l’emissione di nuove radici e stimolare l’ attività
radicale e si esegue all’atto della messa a dimora delle piante. l’operazione
consiste nel raccorciamento delle radici laterali molto lunghe, nel taglio di
quelle spezzate o comunque lesionate in seguito all’erstirpazione dal
piantonaio oppure dal nestaio, nel taglio di raccorciamento della radice
principale o fittone dei portinnesti da seme. la potatura delle radici si
prefigge anche il compito di riproporzionare o ristabilire l’equilibrio tra gli
organi (ipogeo e epigeo), che viene inevitabilmente rotto all’atto della messa
a dimora con la riduzione del numero di gemme della parte aerea attraverso
il taglio o capitozzatura del solo portinnesto oppure dell’astone.
piantamento
nelle condizioni ambientali dell’italia meridionale (alte temperature ed
all’inaridimento degli strati superficiali di terreno durante l’estate) si
consiglia di utilizzare una profondità di piantagione tra 25 e 35 cm a seconda
se trattasi di terreno più o meno pesante. il compito del frutticoltore deve
essere quello di assecondare (e non di forzare contro natura) la tendenza
delle radici ad approfondirsi nel terreno. profondità superiori a possono
comportare un rallentamento della crescita e ritardo dell’entrata in
produzione; possono aggiungersi stati più o meno gravi di sofferenza per
principi di asfissia, indebolimento complessivo e, pertanto, anche maggiore
predisposizione agli attacchi di funghi agenti dei marciumi radicali.
la propagazione
il mandorlo non risponde all’autoradicazione (talea, micropropagazione,
propaggine, margotta, polloni), per cui la sola possibilità di diffusione delle
cultivar della specie si può avere con:
• innesto in pieno campo su portinnesti originati dal seme
• innesto in pieno campo su portinnesti clonali (propagati vegetativamente)
• innesto in vivaio su portinnesti originati da seme o clonali propagati
vegetativamente
il più comune portinnesto della mandorlicoltura mediterranea è il franco di
mandorlo da seme.
seme
nel caso dell’innesto in campo (o a dimora), l’elemento di partenza può
essere il seme (semina diretta) oppure un semenzale.
la semina diretta è metodo molto antico, che sopravvive in alcune plaghe di
mandorlicoltura meno progredita del mediterraneo, essa consiste nell’aprire
delle piccole buche nel terreno, alla distanza stabilita, nelle quali seminare
da 3 a 4 mandorle in guscio, alla profondità di qualche centimetro.
delle piantine che nasceranno si selezionerà la migliore che verrà
successivamente innestata con le cultivar desiderate.
la semina viene effettuata tra autunno ed inverno e le germinazioni
cominciano in primavera. l’innesto viene praticato, al più presto, alla fine
dell’estate del secondo anno (innesto a gemma dormiente) oppure alla fine
dell’inverno, prima della ripresa del terzo anno (innesto a spacco diametrale
con due marze).
vantaggi
può tornare utile l’impiego di mandorle amare perché offrono maggiori
garanzie di sopravvivenza in campo alle “attenzioni” da parte di uccelli e di
vertebrati predatori e di parassiti animali.
svantaggi
possibilità di mancate o irregolari germinazioni, con conseguente disformità
e disetaneità dell' impianto, possibili fallanze d’innesto a dimora.
semenzali
in questo caso viene messo a dimora un semenzale, prodotto in proprio
oppure, più spesso, acquistato presso un vivaio. il semenzale sarà innestato
con la cultivar desiderata nell’agosto-settembre del primo anno di
vegetazione se l’innesto è gemma dormiente oppure nel gennaio-febbraio
successivo se l’innesto è a triangolo o a spacco diametrale con due marze.
questo modo di realizzare i mandorleti è ancora il più diffuso negli ambienti
mediterranei.
svantaggi
possibilità di fallanze (del portinnesto prima, dell’innesto poi), che può
portare ad ottenere mandorleti disformi e disetanei. in genere, caratteristiche
genetiche e stato sanitario del materiale di propagazione “selezionato” in
proprio dal mandorlicoltore non sempre sono sufficientemente noti e
garantiti e ciò può tradursi, nel medio termine, in deludenti prestazioni
degli impianti derivati.
astone
per astone s’intende una pianta innestata, costituita dal portinnesto
(solitamente di 2 anni d’età) e dalla cultivar (con vegetazione di 1 anno).
le operazioni per l’ottenimento di una pianta innestata in un vivaio dell’italia
meridionale sono le seguenti: semina a righe in nestaio in autunno-inverno
alla distanza di circa 10-15 cm sulla fila e di 70-90 cm tra le file;
germinazione dei semi in primavera ed accrescimento dei semenzali in
estate; innesto ad “occhio” a gemma dormiente tra agosto e settembre del
primo anno; alla ripresa vegetativa, capitozzatura del soggetto per stimolare
l’accrescimento del germoglio dalla gemma innestata durante la primavera-
estate ed eventuale ripasso delle fallanze mediante innesto a marza (a spacco
oppure a triangolo). estirpazione in autunno-inverno della piante innestate
per la vendita. il ciclo completo di produzione, dalla semina dei portinnesti
all’estirpazione delle piante innestate copre dunque l’arco di 2 anni.
vantaggi
la realizzazione di un mandorleto a partire da piante innestate non comporta
il rischio della fallanza d’innesto, rischio del quale si fa evidentemente
carico il vivaista, ma solo quello eventuale dell’intera pianta innestata. l’uso
dell’astone è inoltre l’unico possibile quando si tratti di cultivar nuove,
coperte da brevetto e con diritto di vendita ceduto in esclusiva ai vivaisti,
singoli oppure associati.
la fretta di realizzare nuovi mandorleti può portare ad utilizzare,
nell’illusione di guadagnare tempo, piante innestate due-tre mesi prima e con
la gemma innestata ancora in stadio di dormienza: riteniamo doveroso
segnalare l’inopportunità di ricorrere a detto metodo per l’ alta quota di
rischio di mancato sviluppo della gemma innestata ed anche di morte
dell’intera pianta.
i portinnesti
il franco di mandorlo vantaggi svantaggi considerazioni generali
in ordine di importanza: • sono più vigorosi e più gli ibridi pesco x mandorlo
• gf677 f longevi del pesco sono nati da programmi di
• “hansen2168” usa • tollerano il calcare miglioramento genetico
• “hansen 536” usa attivo (fino al 10%) più condotti in francia ed in usa
del pesco da seme, ma circa 30-35 anni addietro: si
• “titan” usa
meno del franco di tratta di portinnesti clonali
mandorlo propagabili in prevalenza
• l’affinità con le cultivar vegetativamente (talea,
di mandorlo non crea micropropagazione);
problemi mostrano considerevoli
potenzialità come
• non si evidenziano
portinnesti del mandorlo,
differenze di
tanto in irriguo quanto in
comportamento, in
asciutto
coltura asciutta, tra
franco di mandorle
dolci e gf 677 su
accrescimento e
produzione
la scelta varietale
l’antica pratica di realizzare mandorleti partendo dalla semina a dimora non
sempre seguita dall’innesto dei semenzali, ha dato origine alle centinaia di
cultivar di mandorlo di cui è nota l’esistenza in puglia e, più in generale, nel
mediterraneo. rispetto ad altri fruttiferi, la quasi totalità dell’esistente
patrimonio genetico mandorlicolo vanta origine naturale e sono poche e
recenti le cultivar artificiali, cioé licenziate da programmi di miglioramento
genetico della specie.
• caratteristiche fenologiche
epoca di fioritura
cultivar a fioritura 50% dei fiori aperti entro cultivar (esempi)
molto precoce seconda metà di gennaio cavaliera, jordanolo, achaak
precoce prima metà di febbraio mallardi, ne plus ultra, sannicandro
intermedia seconda metà di febbraio catuccia, nonpareil, filippo ceo
tardiva prima metà di marzo cristomorto, mission, tuono.
• comportamento biologico
comportamento biologico cultivar (esempi)
autofertili falsa barese, genco, sannicandro, scorza verde, tuono,
autosterili ferragnès, marcona, nonpareil, mission, pizzuta d’avola
dimensione
piccolo ≤1,25 nonpareil, retsou, sannicandro
medio 1,25÷1,50 falsa barese, filippo ceo, marcona,
grande ≥ 1,50 cristomorto, fournat de brezenaud, tuono
criteri di scelta varietale
i criteri di scelta varietale da utilizzare in agricoltura biologica per
individuare le cultivar da preferire o da evitare sono i seguenti:
cultivar con presenza di semi cultivar con produzione di semi i semi doppi in quanto di forma
doppi tra 0 e 5% doppi superiore al 10-15% irregolare, male si prestano alla
pelatura meccanica o ad
utilizzazioni per le quali la forma
del seme è importante.
cultivar con resa in sgusciato cultivar con resa in sgusciato i gusci si presentano molto sottili
tra il 30 e 40% molto elevata (superiore al e spesso incompleti. i semi di
50%) queste cultivar sono appetiti da
uccelli e roditori, sono sede di
ovideposizione di insetti,
costituiscono substrato per la
produzione di tossine cancerogene
metabolizzate da funghi.
cultivar di mandorlo da impiegare in agricoltura bioogica
l’ampio patrimonio varietale del mandorlo è stato suddiviso in cinque
gruppi di cultivar in base alla preferenza all'impiego in agricoltura biologica.
la potatura di formazione
la potatura di formazione per l’allevamento del mandorlo a vaso a media
impalcatura è impostato sui seguenti criteri:
• inverno
al momento della messa a dimora di un astone, bisogna capitozzare le piante
al di sopra del punto d’innesto ad un’altezza tra 60 e 100 centimetri.
• primavera
dalle gemme svilupperanno numerosi germogli, dei quali se ne sceglieranno
3, giustamente sterzati (120°). per conferire maggiore solidità alla struttura,
praticare l’inserzione dei singoli germogli sfalsata in verticale di circa 10-15
centimetri. i germogli selezionati sono destinati a diventare le branche
primarie di prim’ordine: essi costituiranno l’impalcatura dell’albero. nelle
cultivar con portamento assurgente può tornare utile aprire l’angolo
avvalendosi di contrappesi o di cavalletti. e’ preferibile che gli altri germogli
non destinati a diventare branche siano spuntati in primavera piuttosto che
eliminati. solo in ambienti particolarmene fertili e dotati di risorse, sui
germogli in accrescimento è possibile selezionare già nel primo anno, in
posizione dorsale o laterale, i germogli destinati a diventare le branche
secondarie.
• termine del primo anno di vegetazione
i 3 rami destinati diventare branche vanno raccorciati a circa 2/3 della loro
lunghezza con taglio al di sopra di una gemma che guardi verso l’esterno.
ciò favorirà l’ulteriore apertura della struttura nell’anno successivo.
• primavera del 2° anno
si svilupperanno i germogli destinati a diventare le branche primarie di
second’ordine e che, in quanto tali, a fine stagione andranno raccorciate
ancora una volta a 2/3 circa della loro lunghezza con taglio immediatamente
al di sopra di una gemma esterna. nel corso dello stesso anno, dei germogli
nati in posizione dorsale oppure anche laterale sulle branche primarie di 1°
ordine, si selezioneranno quelli destinati a diventare branche secondarie: essi
vanno opportunamente ed alternativamente sterzati (a destra oppure a
sinistra), ma quelli dello stesso ordine nella medesima direzione, in modo da
assicurare con le loro successive cacciate il corretto riempimento dello
spazio.
• terzo anno
le operazioni vanno ripetute allo stesso modo.
• quarto anno
la struttura scheletrica essenziale del vaso è stata così formata, in primavera
estate, la chioma di un mandorlo allevato a vaso apparirà avere forma di
cilindro, internamente vuoto, sollevata di alcune decimetri dal terreno. alla
potatura di formazione succederà, in continuazione, quella di produzione.
la potatura di produzione
la potatura meccanica
la potatura meccanica del mandorlo si basa sull’azione di lame rotanti e con
le quali conferire alla chioma degli alberi forma piramidale oppure clindrica:
lame lavoranti in obliquo (pyramid), oppure in orizzontale per abbassare
l’albero (topping) e in verticale sui fianchi della chioma (hedging). i primi
tentativi di potatura meccanica del mandorlo sono stati compiuti in
california, ma non sembra che la pratica si sia diffusa nei mandorleti
commerciali di quello stato. alla potatura meccanica viene imputata la
mancanza di selettività, con l’emissione di ricacci disordinati ed
eccessivamente vigorosi e quindi l’esigenza di correzioni manuali. da
ricerche condotte nella contea di kern è risultato un forte calo di produzione
nel primo anno dopo la potatura meccanica, calo che gli alberi non avevano
ancora pienamente recuperato nel biennio successivo. non è dato ancora
sapere il ritorno, in termini di costo-benefici, della potatura meccanica del
mandorlo. la questione è dunque ancora aperta ed in attesa di migliore
definizione.
la gestione della fertilita’ nel mandorleto
un corretto piano di fertilizzazione del mandorleto deve essere fondato
innanzi tutto sull’adozione di pratiche agronomiche conservative come
l’impiego di coperture vegetali, di lavorazioni ridotte, l'impiego di materiale
organico di origine vegetale o animale.
in casi di constatata carenza di alcuni elementi nutritivi potrà essere
consentita la somministrazione di fertilizzanti ausiliari di origine minerale
ammessi in agricoltura biologica.
coperture vegetali
in mandorlicoltura come nelle altre colture arboree, l'utilizzo delle coperture
vegetali può essere realizzato rivalutando sistemi colturali che prevedono la
presenza di piante erbacee da destinare a sovescio totale o parziale con
funzione fertilizzante durante la fase produttiva dell'impianto. per quanto
attiene all’approvvigionamento annuo d’azoto, un’ottima fonte è costituta
dal sovescio primaverile di leguminose a semina autunnale.
alla copertura del fabbisogno annuo in fosforo e potassio può provvedere,
seppure non indefinitamente, il graduale rilascio dei due elementi da parte
della sostanza organica, qualora si sia provveduto ad effettuare una adeguata
fertilizzazione di fondo realizzata con letame.
in un terreno con buona dotazione di sostanza organica le esigenze
nutrizionali del mandorlo sarebbero integralmente coperte con la buona
pratica di sovescio.
gli apporti di azoto al terreno da biomassa di leguminose sono:
biomassa di alcune colture erbacee da sovescio e
relativi apporti di azoto al terreno
biomassa (q/ha) azoto (kg/ha)
specie
favetta 350÷450 220÷250
lupino 300÷350 190÷220
trifoglio 150÷250 100÷150
incarnato
veccia 250÷300 230÷290
fonte: baldini, 1986
lavorazioni ridotte
le lavorazioni vanno sempre effettuate valutando in anteprima le
caratteristiche fisiche e chimiche del terreno, la vigoria delle piante, la loro
struttura radicale e le condizioni climatiche. una errata impostazione in
termini di profondità, intensità e frequenza può creare condizioni negative
per il mantenimento della fertlità del suolo e compromettere lo sviluppo
delle piante. in particolare le lavorazioni frequenti determinano un
progressivo impoverimento del tenore di humus e quelle energiche
comportano alterazioni nella struttura del suolo con il rischio di
compattamento. diventa importante razionalizzare le lavorazioni ordinarie
con riduzione del numero, profondità ed intensità .
considerato lo sviluppo nel terreno delle radici, con le lavorazioni ordinarie
non si dovrà andare oltre i 20 centimetri di profondità per rispettare
rigorosamente la rizosfera. le lavorazioni profonde potrebbero danneggiare
gli apparati radicali del mandorlo che, come quelli delle altre drupacee,
reagiscono negativamente a tagli, traumi e lesioni.
per quanto attiene alla ripetitività delle lavorazioni ordinarie, in uno scenario
che non preveda l’inerbimento permanente, ma solo quello temporaneo
(sovescio) a fini di fertilizzazione del mandorleto, il ciclo annuo delle
lavorazioni (arature e erpicature meglio delle fresature) inizierà in autunno.
esse provvederanno all’immagazzinamento delle acque piovane ed a
preparare un buon letto per le leguminose da sovescio. in primavera, con una
nuova aratura bisognerà provvedere all’interramento della biomassa da
sovescio. lavorazioni molto superficiali dovranno essere eseguite tra
primavera ed estate per contenere le perdite di acqua dal terreno (per
evaporazione) e da parte delle infestanti (per traspirazione).
impiego di materiale organico
vengono somministrati a questo scopo diversi tipi di materiale organico di
origine vegetale o animale. fra i fertilizzanti organici sono indicati il letame,
le deiezioni di altri animali, i rifiuti domestici differenziati e i residui
colturali. la scelta del tipo di fertilizzante da usare segue le esigenze
nutrizionali e la fase del ciclo colturale del mandorlo. nella fase
dell'impianto è indispensabile effettuare una concimazione di fondo con
sostanza organica.
la sostanza organica per eccellenza adoperata è il letame bovino che risulta
avere una composizione in elementi nutritivi variabile con grado di
maturazione.
correttivo calcareo 35
marna 25
sospensione di calcare 20
correttivo calcico solfo-magnesiaco 8 30 12
correttivo calcareo-magnesiaco 8 35
dolomite 17 40
solfato di magnesio 15 28
kieserite 24 45
solfato di magnesio per uso agricolo 15 30
soluzione di cloruro di calcio 12
solfato di calcio (gesso) 25 35
calce di defecazione 20
sale grezzo di potassio 5
solfato di k contenente sale di mg 8 3
kieserite con solfato di potassio 8 3
STATO NUTRIZIONALE DEL MANDORLETO
l'impostazione di una corretta nutrizione del mandorleto deve basarsi sia sulle conoscenze
delle disponibilità di elementi nutritivi nel terreno (analisi chimico-fisiche del terreno),
sia delle esigenze e stato di nutrizionale della coltura. i metodi utilizzati possono essere di
due tipi:
• diagnostica fogliare
• calcolo delle asportazioni
uno strumento che consente al mandorlicoltore di conoscere lo stato nutrizionale del
proprio mandorleto è la diagnostica fogliare. essa ci dice quando il contenuto di un dato
elemento scende fino ad avvicinarsi al livello di carenza, ma fornisce poche informazioni
sulla quantità di elemento da somministrare con i piani di fertilizzazione. la messa a
punto di metodi diagnostici ha permesso di accertare il livello ottimale di alcuni elementi
all'interno dei tessuti dell'albero in funzione delle esigenze nutritive della pianta.
una componente essenziale per la mandorlicoltura biologica è che la coltura si trovi nelle
migliori condizioni di vegetazione. uno degli aspetti più importanti è il suo stato
nutrizionale. infatti, evidenti carenze e/o eccessi avrebbero ripercussioni sulla pianta.
asportazioni di principali elementi da parte della coltura del mandorlo per una
produzione di 15 q/ha di seme (corrispondente a 200 q/ha di frutti interi
freschi)
asportazioni (kg/ha/anno) azoto fosforo potassio calcio magnesio
frutti + legno di potatura 94 10 61 53 7
fonte: huguet, 1978
.
inerbimento
nell’ambiente classico di diffusione del mandorlo trova larga
applicazione la copertura del terreno con essenze vive in modo
temporaneo.
le possibilità d’applicazione di una copertura permanente sono
decisamente maggiori a latitudini più alte, per l’esattezza dove:
• la piovosità è maggiore. la presenza del cotico erboso diventa
importante perché consente di aumentare la portanza dei terreni e
quindi rende il frutteto percorribile dai mezzi meccanici,
soprattutto in autunno-inverno;
• a causa della maggiore piovosità e/o della superficialità delle
falde acquifere, il cotico erboso può svolgere anche utile
funzione di drenaggio dei surplus di acqua dal terreno evitando lo
scorrimento superficiale.
• le disponibilità idriche (naturali e/o artificiali) sono tali da
assicurare, per quantità e costo, il giusto soddisfacimento delle
esigenze estive della coltura arborea e del cotico erboso, senza
che debbano insorgere pericolosi e controproducenti fenomeni di
competitività nei riguardi del rifornimento idrico.
e' preferibile l'inerbimento polifitico per le possibilità che offre di
ricovero e riproduzione a numerose specie d’insetti utili, predatori
e/o parassiti di insetti dannosi del mandorlo.
nell’ ambiente mediterraneo di coltura del mandorlo, volendo
applicare il metodo di produzione biologica ed intendendo arricchire
la dotazione annua d’azoto del terreno, invece che sull’inerbimento
permanente diviene giocoforza ripiegare su quello temporaneo
(autunno primaverile), preferendo ilsovescio di leguminose.
la pacciamatura
la raccolta
armillaria (armillaria funghi del genere temperature del suolo consentono di attu
mellea (vahl:fr.) kummer) trichoderma superiori a 26°c sono prevenzione, unica f
ritenute poco favorevoli controllo valida.
all’infezione e alla durante lo scasso asp
evoluzione della malattia. tutte le vecchie radic
in pratica l’andamento evitare di introdurre
climatico è ininfluente sul l’inoculo in campo t
micelio nei tessuti legnosi il terreno di riporto.
poiché risente poco degli attendere 5-6 anni
estremi termici. reimpianto su suo
terreni ben drenati, hanno ospitato
evitando l’asfissia radicale, infette; in tale
esaltano le resistenze effettuare lavorazion
opposte dai tessuti radicali per sfruttare l
all’infezione. devitalizzante
dell’irraggiamento
sul patogeno.
nell’arboreto in
produzione esti
e bruciare prim
possibile le pian
malate, lasciand
aperte le buche
esporre il terren
all’irraggiamen
solare.
monilia (monilia spp.) le alte temperature estive con la potatura
possono rendere invernale elimina
momentaneamente inattivo
frutti mummificat
il fungo che resta latente
nei tessuti. rami con cancri
il clima secco limita le corticali; bruciare
infezioni, al contrario di residui di potatura
primavere piovose o con nella scelta v
nebbie persistenti. considerare che le
mandorlo che fiorisc
dardi a mazzetto pot
subire danni maggio
infezioni in fioritura