Sei sulla pagina 1di 40

14544444disciplinare di produzione del mandorlo

in agricoltura biologica
il presente disciplinare che si intende adottare presso gli operatori biologici
ha lo scopo di regolare le principali tecniche agronomiche consentite e/o
consigliabili in agricoltura biologica per il raggiungimento degli obiettivi di
produzione e qualità. coltivare con il metodo dell'agricoltura biologica,
significa operare in un agroecosistema aziendale e territoriale in cui
l'operatore deve improntare l'attività di produzione agricola nel rispetto della
vocazionalità pedoclimatica della zona e attraverso la programmazione di
interventi non aggressivi nei confronti dell'ambiente.

agroecosistema mandorleto
in agricoltura biologica è indispensabile conoscere gli elementi che
caratterizzano l'agroecosistema e i meccanismi che ne regolano gli equilibri
al fine di renderlo produttivo e protettivo nei riguardi dell'ambiente in cui si
opera. il raggiungimento di tale equilibrio avviene attraverso una serie di
interventi che hanno lo scopo di: garantire un elevato grado di mantenimento
e conservazione del suolo e della sua fertilità; ripristinare e/o conservare la
biodiversità; valorizzare le capacità intrinseche di varietà idonee
all'ambiente; utilizzare in maniera ottimale le risorse naturali; riciclare la
materia organica aziendale e ridurre l'utilizzo di energia ausiliaria. inoltre è
fondamentale salvaguardare le aree marginali non coltivate tipo siepi, aree di
rifugio e muretti a secco dove numerosi organismi utili possono trovare
rifugio.

biocenosi
sistema suolo

sistema climatico
gestione agronomica
agroecosistema
elementi di naturalità
sistema acqua

vocazionalità pedoclimatica
una determinata area possiede nei riguardi della coltivazione del mandorlo una
vocazionalità pedoclimatica, quando le caratteristiche del suolo e del clima risultano
ottimali per la produzione della coltura. e' opportuno accertarsi prima dell'impianto che la
zona prescelta sia vocata, al fine di evitare eccessivi interventi tecnici e potenziare le
caratteristiche intrinseche della coltura (sviluppo resistenze).
là dove si manifestano fattori ambientali non ottimali, è possibile individuare i fattori
limitanti rispetto ai quali indicare le più idonee pratiche agronomiche al fine di ottenere i
migliori risultati produttivi.

fattori climatici
quando la temperatura, le precipitazioni e la velocità del vento si manifestano con
frequenza e intensità coincidenti con le esigenze fisiologiche del mandorlo ci troviamo in
un area con caratteristiche climatiche ottimali. diversamente il clima può diventare un
fattore limitante tale, da indurci a ritenere non idonea una determinata area alla
coltivazione della specie.
fattori climatici esigenze fisiologiche fattori climatici resistenze
limitanti
temperatura • fabbisogno in freddo • temperature inferiori a 10 • resistenza ai freddi
da molto basso a ÷12°c, pioggia, vento, e tardivi oltre -20°c
basso cielo coperto sono capaci durante il periodo di
• fabbisogno in caldo di interrompere l’attività dormienza degli
modesto pronuba alberi
• temperature per qualche • bassissima
ora di poco inferiori a 0°c resistenza ai freddi
(da -1,5 a -2,0°c) dal tardivi
rigonfiamento delle
gemme all’allegagione,
possono uccidere fiori e
frutticini
• durante la fioritura
pr possono favorire
ec l’insorgenza di attacchi
ip di crittogame ai fiori
it • a fine estate possono
az complicare le operazioni
io di raccolta, smallatura ed
ni essiccazione soprattutto
delle cultivar a
maturazione tardiva
• l'assenza di piogge con
prolungati stati di siccità
tra giugno e agosto
possono causare il
disseccamento dei malli
o semi
• favorisce l'attività • non deve superare i
vento degli insetti pronubi 35/40 km/h
determinante nella
fecondazione

fabbisogno in freddo del mandorlo in puglia

il clima in puglia è in grado di fornire dalle 500 alle 700 ore di temperature
invernale minore o pari a 7.2°c, pertanto, non esistono problemi per il
soddisfacimento del fabbisogno in freddo di tutte le cultivar della specie, anche
di quelle più esigenti, come cristomorto e ferragnès.

tabella
esempio di fabbisogno in freddo di alcune importanti cultivar di mandorlo
cultivar di mandorlo con fabbisogno in freddo (numero di ore ≤7,2°c)

molto basso basso medio elevato molto elevato


(<150h) (150÷220h) (220÷300h) (300÷350h) (>350h)

bartre desmayo ferraduel filippo ceo cristomorto


cavaliera marcona primorskyi tuono ferragnès
neplusultra mission
nonpareil
fonte: tabuenca, 1977.

fattori pedologici

fattori pedologici esigenze pedologiche fattori limitanti resistenze


• terreni leggeri, • risposta al calcare • in ambienti difficili
tipo di terreno profondi e ben attivo in funzione con terreni poveri e
drenati del portinnesto scarse
scelto precipitazioni
• ristagno idrico e
terreni scarsamente
drenati
• terreni argillosi

risposta al calcare attivo

portinnesto terreni con risposta


contenuto in
calcare attivo

pesco da seme fino al 5% insoddisfacente

ibridi pesco x fino al 10%; media


mandorlo
mandorlo da seme oltre il 10%. massima
dolce che amaro

impianto

la fase dell'impianto è caratterizzata da una serie di scelte tecniche come:


tipo d'impianto, densità, scelta varietale, sistemazioni e lavori di
preparazione del terreno, fertilizzazione, che possono pregiudicare il buon
esito della coltura se non sono supportate dalla conoscenza dei rapporti che
intercorrono tra la coltura e gli elementi dell'agroecosistema.

prima dell'impianto
l'esistenza di un arboreto determina nel terreno un peggioramento della
struttura ed una sindrome conosciuta col nome di stanchezza. in un terreno
stanco, cioé impoverito di elementi utili, la nuova piantagione tende a
manifestare stato di sofferenza progressivo, con rallentato accrescimento e
ritardata entrata in produzione fino alla morte delle piante. un po' tutte le
specie arboree da frutto sono sensibili al fenomeno, con drupacee, vite,
pomacee e agrumi nell’ordine particolarmente sensibili.

consigli pratici
non impegnare nell’immediato lo stesso terreno con una nuova coltura
frutticola, ma provvedere al suo disinquinamento ed a ricreare condizioni di
vivibilità per le nuove radici attraverso:
a) lavorazioni profonde di scasso, con le quali ossigenare il terreno e
asportare i residui radicali della vecchia coltura, fonte di inoculo dei funghi
agenti dei marciumi radicali;
b) riposo per un adeguato numero di anni, utilizzandolo nel frattempo con
opportune rotazioni di colture erbacee disinquinanti, prime fra tutte alcune
graminacee.

periodo d’attesa consigliato per la successione (in anni) tra mandorlo ed


altre specie e viceversa

se stesso albicocco ciliegio pesco susino agrumi vite olivo


mandorlo 3-4 3-4 3-4 3-4 3-4 3-4 ? ?

fonte: rielaborazione da zucconi e monaco,1987

i lavori di preparazione del terreno


tra gli interventi da suggerire prima della realizzazione del frutteto e da
effettuare in sequenza, ricordiamo: la fertilizzazione di pre-impianto e
l'aratura di scasso alla profondità di 80 e 100 centimetri.

fertilizzazione di pre-impianto
la fertilizzazione di pre-impianto deve essere intesa come occasione unica
ed irripetibile per l’arricchimento degli strati di terreno che, nel corso della
vita dell’arboreto, saranno esplorati dalle radici. essa perciò deve essere
effettuata prima dello scasso, in modo che il successivo rovesciamento degli
strati porti la sostanza organica alla profondità desiderata.

aratura di scasso
con l’aratura di scasso alla profondità di 80-100 cm si effettua il
capovolgimento
degli strati di terreno nel modo seguente:
• si inviano in profondità gli strati superficiali, ricchi di ossigeno e di flora
microbica aerobica ed arricchiti di sostanza organica e di elementi
fertilizzanti apportati con la concimazione di fondo;
• si portano in superficie, per l’ossigenazione e il disinquinamento, gli
strati profondi poveri d’ossigeno e di elementi fertilizzanti, ricchi di flora
anaerobica, di fitotossine, di nematodi, di radici morte della vecchia
coltura, ricovero di agenti (armillaria, rosellinia) dei marciumi radicali.
la lavorazione fondamentale deve essere eseguita di preferenza nell’estate
precedente alla messa a dimora degli alberi, per darle tempo e modo di
esplicare la sua benefica, complessa azione.

la messa a dimora
per impianti da realizzare nei mesi invernali, vale la regola di tutte le
caducifoglie secondo la quale le piante vanno messe a dimora con le radici
nude. un’eccezione, sebbene non usuale è quella dei mandorleti realizzati
in primavera inoltrata, con gli alberi in piena attività vegetativa: in questo
caso si consiglia l’impiego di piante con radici provviste di pane di terra
mentre si ritiene indispensabile sostenere ripetutamente le piante con
somministrazioni di acqua per il superamento della inevitabile e forte crisi
di trapianto dopo la messa a dimora.

tipo d'impianto
nei terreni preventivamente sottoposti a lavorazione di scasso, prima della
messa a dimora degli alberi si dovrà aver cura di aprire buche con
dimensioni di circa 40 x 40 x 40 cm, con sesti d’impianto che possono
variare in funzione della disponibilità irrigua, del vigore del portinnesto e
della cultivar. considerati tutti i parametri coinvolti, la densità di
piantagione di un nuovo mandorleto specializzato è compresa tra un
minimo di 238 ed un massimo di 404 piante/ha.

distanze di piantagione (in metri) per un mandorleto in


funzione dell’irrigazione, del portinnesto e del vigore della
cultivar.
irrigazione portinnesto cultivar
debole medio vigore vigorosa
non irrigato mandorlo 6,0 x 5,0 6,0 x 5,5 6,0 x 6,0
(alberi/ha n) (333) (303) (277)
pescox mandorlo 6,0 x 5,5 6,0 x 6,0 7,0 x 6,0
(alberi/ha n) (303) (277) (238)
irrigato mandorlo 6,0 x 4,5 6,0 x 5,5 6,5 x 5,5
(alberi/ha n) (370) (303) (280)
pescox mandorlo 6,0 x 6,0 6,0 x 6,0 6,5 x 6,6
(alberi/ha n) (277) (277) (256)
pesco 5,5 x 4,5 5,5 x 5,0 6,0 x 5,0
(alberi/ha n) (404) (364) (333)
fonte: barbera e monastra, 1989.

periodo di piantagione
la messa a dimora dovrebbe precedere di un paio di mesi l’epoca di
germogliamento poiché la ripresa dell’attività degli apparati radicali è in
anticipo rispetto alla chioma il mandorlo è specie a fioritura e
germogliamento precoci ed il momento più appropriato per effettuare la
piantagione è il periodo tra fine autunno e inizio inverno, tra novembre e
dicembre, coincidente col periodo di più profonda dormienza invernale dei
giovani alberi.

potatura di trapianto
ha lo scopo di sollecitare l’emissione di nuove radici e stimolare l’ attività
radicale e si esegue all’atto della messa a dimora delle piante. l’operazione
consiste nel raccorciamento delle radici laterali molto lunghe, nel taglio di
quelle spezzate o comunque lesionate in seguito all’erstirpazione dal
piantonaio oppure dal nestaio, nel taglio di raccorciamento della radice
principale o fittone dei portinnesti da seme. la potatura delle radici si
prefigge anche il compito di riproporzionare o ristabilire l’equilibrio tra gli
organi (ipogeo e epigeo), che viene inevitabilmente rotto all’atto della messa
a dimora con la riduzione del numero di gemme della parte aerea attraverso
il taglio o capitozzatura del solo portinnesto oppure dell’astone.

piantamento
nelle condizioni ambientali dell’italia meridionale (alte temperature ed
all’inaridimento degli strati superficiali di terreno durante l’estate) si
consiglia di utilizzare una profondità di piantagione tra 25 e 35 cm a seconda
se trattasi di terreno più o meno pesante. il compito del frutticoltore deve
essere quello di assecondare (e non di forzare contro natura) la tendenza
delle radici ad approfondirsi nel terreno. profondità superiori a possono
comportare un rallentamento della crescita e ritardo dell’entrata in
produzione; possono aggiungersi stati più o meno gravi di sofferenza per
principi di asfissia, indebolimento complessivo e, pertanto, anche maggiore
predisposizione agli attacchi di funghi agenti dei marciumi radicali.
la propagazione
il mandorlo non risponde all’autoradicazione (talea, micropropagazione,
propaggine, margotta, polloni), per cui la sola possibilità di diffusione delle
cultivar della specie si può avere con:
• innesto in pieno campo su portinnesti originati dal seme
• innesto in pieno campo su portinnesti clonali (propagati vegetativamente)
• innesto in vivaio su portinnesti originati da seme o clonali propagati
vegetativamente
il più comune portinnesto della mandorlicoltura mediterranea è il franco di
mandorlo da seme.

seme
nel caso dell’innesto in campo (o a dimora), l’elemento di partenza può
essere il seme (semina diretta) oppure un semenzale.
la semina diretta è metodo molto antico, che sopravvive in alcune plaghe di
mandorlicoltura meno progredita del mediterraneo, essa consiste nell’aprire
delle piccole buche nel terreno, alla distanza stabilita, nelle quali seminare
da 3 a 4 mandorle in guscio, alla profondità di qualche centimetro.
delle piantine che nasceranno si selezionerà la migliore che verrà
successivamente innestata con le cultivar desiderate.
la semina viene effettuata tra autunno ed inverno e le germinazioni
cominciano in primavera. l’innesto viene praticato, al più presto, alla fine
dell’estate del secondo anno (innesto a gemma dormiente) oppure alla fine
dell’inverno, prima della ripresa del terzo anno (innesto a spacco diametrale
con due marze).
vantaggi
può tornare utile l’impiego di mandorle amare perché offrono maggiori
garanzie di sopravvivenza in campo alle “attenzioni” da parte di uccelli e di
vertebrati predatori e di parassiti animali.
svantaggi
possibilità di mancate o irregolari germinazioni, con conseguente disformità
e disetaneità dell' impianto, possibili fallanze d’innesto a dimora.
semenzali
in questo caso viene messo a dimora un semenzale, prodotto in proprio
oppure, più spesso, acquistato presso un vivaio. il semenzale sarà innestato
con la cultivar desiderata nell’agosto-settembre del primo anno di
vegetazione se l’innesto è gemma dormiente oppure nel gennaio-febbraio
successivo se l’innesto è a triangolo o a spacco diametrale con due marze.
questo modo di realizzare i mandorleti è ancora il più diffuso negli ambienti
mediterranei.
svantaggi
possibilità di fallanze (del portinnesto prima, dell’innesto poi), che può
portare ad ottenere mandorleti disformi e disetanei. in genere, caratteristiche
genetiche e stato sanitario del materiale di propagazione “selezionato” in
proprio dal mandorlicoltore non sempre sono sufficientemente noti e
garantiti e ciò può tradursi, nel medio termine, in deludenti prestazioni
degli impianti derivati.

astone
per astone s’intende una pianta innestata, costituita dal portinnesto
(solitamente di 2 anni d’età) e dalla cultivar (con vegetazione di 1 anno).
le operazioni per l’ottenimento di una pianta innestata in un vivaio dell’italia
meridionale sono le seguenti: semina a righe in nestaio in autunno-inverno
alla distanza di circa 10-15 cm sulla fila e di 70-90 cm tra le file;
germinazione dei semi in primavera ed accrescimento dei semenzali in
estate; innesto ad “occhio” a gemma dormiente tra agosto e settembre del
primo anno; alla ripresa vegetativa, capitozzatura del soggetto per stimolare
l’accrescimento del germoglio dalla gemma innestata durante la primavera-
estate ed eventuale ripasso delle fallanze mediante innesto a marza (a spacco
oppure a triangolo). estirpazione in autunno-inverno della piante innestate
per la vendita. il ciclo completo di produzione, dalla semina dei portinnesti
all’estirpazione delle piante innestate copre dunque l’arco di 2 anni.

vantaggi
la realizzazione di un mandorleto a partire da piante innestate non comporta
il rischio della fallanza d’innesto, rischio del quale si fa evidentemente
carico il vivaista, ma solo quello eventuale dell’intera pianta innestata. l’uso
dell’astone è inoltre l’unico possibile quando si tratti di cultivar nuove,
coperte da brevetto e con diritto di vendita ceduto in esclusiva ai vivaisti,
singoli oppure associati.
la fretta di realizzare nuovi mandorleti può portare ad utilizzare,
nell’illusione di guadagnare tempo, piante innestate due-tre mesi prima e con
la gemma innestata ancora in stadio di dormienza: riteniamo doveroso
segnalare l’inopportunità di ricorrere a detto metodo per l’ alta quota di
rischio di mancato sviluppo della gemma innestata ed anche di morte
dell’intera pianta.

i portinnesti
il franco di mandorlo vantaggi svantaggi considerazioni generali

portinnesto proveniente da • i semenzali da • in terreni ben drenati,


seme dolce: mandorla dolce col franco di mandorlo,
i preferiti sono mission in crescono di più e sono da seme dolce che
usa, flour en bas in francia, più vigorosi di quelli da amaro, si ottengono
don carlo italia puglia. mandorla amara impianti longevi,
tolleranti alla siccità ed
al calcare attivo (oltre il
10%). il franco rimane
ancora oggi il migliore
portinnesto del
mandorlo per la coltura
asciutta, ma al tempo
stesso, anche meno
produttiva in condizioni
irrigue.

portinnesto proveniente da • il seme amaro è più • l’abbondante emissione


seme amaro resistente a predatori e di rami anticipati
parassiti animali, come costituisce aspetto
vertebrati roditori indesiderato per la
(lepri, scoiattoli, conigli propagazione in vivaio
selvatici, topi, ecc.), perchè rallenta
uccelli (gazze, l’accrescimento e
cornacchie, merli, storni l’ispessimento del fusto
ecc.) ed insetti (capnode (riducendo la
o capnodis percentuale di
tenebrionis)grazie al semenzali innestabili
suo contenuto in acido alla fine del primo
cianidrico anno) e rende più lenta
• le piantine presentano l’individuazione di una
caratteri di maggiore zona sufficientemente
rusticità e selvatichezza ampia e liscia di tronco
consistenti nella elevata per l’esecuzione degli
emissione di rami innesti a gemma in
anticipati lungo il fusto, vivaio.
spesso spinescenti, da
intendere come
ancestrale sistema
autoprotettivo dagli
attacchi dei roditori.

pesco da seme vantaggi svantaggi considerazioni generali

• gli alberi di mandorlo • gli alberi di mandorlo


innestati su pesco e innestati su pesco sono
coltivati in irriguo meno longevi (fino a 25
crescono più anni) e poco resistenti
rapidamente, al calcare attivo (fino a
forniscono produzioni 5%).
iniziali più consistenti • il pesco da seme è da
che su altri portinnesti sconsigliare per la
• le radici di pesco sono coltivazione in asciutto,
relativamente più giacché gli alberi
tolleranti all’umidità di risultano meno
quelle di mandorlo produttivi e la longevità
• l’affinità con tutte le degli impianti si riduce
cultivar di mandorlo ulteriormente, non
salvo rare eccezioni è superando 10-12 anni.
ottima.
• in terreni infestati da
nematodi (meloidogyne
incognita e m. javanica)
risulta conveniente
l’uso di peschi da seme
di determinate linee
resistenti, come
“nemaguard” e “lovell"
gl
i
ib
ri
di

in ordine di importanza: • sono più vigorosi e più gli ibridi pesco x mandorlo
• gf677 f longevi del pesco sono nati da programmi di
• “hansen2168” usa • tollerano il calcare miglioramento genetico
• “hansen 536” usa attivo (fino al 10%) più condotti in francia ed in usa
del pesco da seme, ma circa 30-35 anni addietro: si
• “titan” usa
meno del franco di tratta di portinnesti clonali
mandorlo propagabili in prevalenza
• l’affinità con le cultivar vegetativamente (talea,
di mandorlo non crea micropropagazione);
problemi mostrano considerevoli
potenzialità come
• non si evidenziano
portinnesti del mandorlo,
differenze di
tanto in irriguo quanto in
comportamento, in
asciutto
coltura asciutta, tra
franco di mandorle
dolci e gf 677 su
accrescimento e
produzione

altri portinnesti vantaggi svantaggi considerazioni


generali
• ottima risposta in • scarsa o nulla affinità • non innestare il
gruppo dei susini terreni argillosi, pesanti, d’innesto con la maggior mandorlo sul ciliegio
• mirabolano,prunus umidi e mal drenati parte delle cultivar di e specie a questo
cerasifera, • resistenza ad armillaria mandorlo; gravi vicine, come ad
• damaschino e s. mellea, il principale dei problemi di disaffinità esempio p. mahaleb
giuliano, p. insititia due funghi agenti dei ritardata sorgono poi (megaleppo o anera),
marciumi radicali quando si voglia usare in quanto, sebbene
• susino europeo, p. l’albicocco come ascritte dai botanici
considerevole attitudine alla
domestica propagazione portinnesto del alla stessa tribù, tra
• marianna, p. marianna, vegetativa mandorlo: dopo alcuni mandorlo e ciliegio
ibrido naturale tra p. anni, gli alberi di quella ogni possibilità di
cerasifera e p. combinazione tendono a affinità è inesistente.
munsoniana spezzarsi nel punto
d’innesto.
gli alberi di mandorlo
innestati sui susini
sviluppano meno; dal
momento che le radici
dei susini sono molto
superficiali, gli impianti
devono necessariamente
essere sostenuti
dall’irrigazione nei mesi
estivi.

la scelta varietale
l’antica pratica di realizzare mandorleti partendo dalla semina a dimora non
sempre seguita dall’innesto dei semenzali, ha dato origine alle centinaia di
cultivar di mandorlo di cui è nota l’esistenza in puglia e, più in generale, nel
mediterraneo. rispetto ad altri fruttiferi, la quasi totalità dell’esistente
patrimonio genetico mandorlicolo vanta origine naturale e sono poche e
recenti le cultivar artificiali, cioé licenziate da programmi di miglioramento
genetico della specie.

classificazione delle cultivar


la classificazione delle cultivar viene fatta in base alle caratteristiche
fenologiche, al comportamento biologico e alle caratteristiche dei frutti.
per gli ambienti di coltura mediterranea è stata adottata la seguente
classifica:

• caratteristiche fenologiche
epoca di fioritura
cultivar a fioritura 50% dei fiori aperti entro cultivar (esempi)
molto precoce seconda metà di gennaio cavaliera, jordanolo, achaak
precoce prima metà di febbraio mallardi, ne plus ultra, sannicandro
intermedia seconda metà di febbraio catuccia, nonpareil, filippo ceo
tardiva prima metà di marzo cristomorto, mission, tuono.

durata della fioritura


durata giorni cultivar (esempi)
breve meno di 10 genco, mission, trianella
intermedia meno di 14 filippo ceo, supernova, tuono
lunga oltre 14 cristomorto, pizzuta d’avola, neplusultra

• comportamento biologico
comportamento biologico cultivar (esempi)
autofertili falsa barese, genco, sannicandro, scorza verde, tuono,
autosterili ferragnès, marcona, nonpareil, mission, pizzuta d’avola

• caratteristiche dei frutti


sapore del seme
sapore del seme cultivar (esempi)
dolce nonpareil, pizzuta d’avola, tuono, genco
amaro cicerchia, gaetanuccia, padula, pizzolantonio

percentuale di semi doppi


produzione di semi doppi
cultivar (esempi)
tipo %
assente ≤5 nonpareil, ferragnès, genco
bassa 6÷15 cristomorto, supernova, tuono
media 16÷30 mission, ne plus ultra, rachele grande
alta ≥ 30 catuccia, filippo ceo, zaaf

consistenza del guscio e rendimento in sgusciato


tipo di guscio rendimento cultivar (esempi)
in sgusciato
moltoduro ≤ 30% marcona, pizzuta d’avola, sannicandro
duro ≥31%≤% ferragnès, filippo ceo, genco,
semiduro ≥41%≤% mission, mollar de tarragona, tuono,
semitenero ≥51%≤% ardechoise, morskoy, retsou
tenero ≥61% fournat de brezenaud, nonpareil, thompson

forma del guscio


forma rapporto tra gli assi cultivar (esempi)
sferoide tutti e tre più o meno uguali sannicandro, catuccia

cilindroide il longitudinale maggiore dei falsa barese, ferraduel


trasversali
amigdaloide tutti e tre diversi pizzuta d’avola, fragiulio

dimensioni del seme


peso (g) cultivar (esempi)

dimensione
piccolo ≤1,25 nonpareil, retsou, sannicandro
medio 1,25÷1,50 falsa barese, filippo ceo, marcona,
grande ≥ 1,50 cristomorto, fournat de brezenaud, tuono
criteri di scelta varietale
i criteri di scelta varietale da utilizzare in agricoltura biologica per
individuare le cultivar da preferire o da evitare sono i seguenti:

cultivar da preferire cultivar da evitare motivazioni


cultivar a fioritura media o cultivar a fioritura molto sono esposte a rischi climatici
tardiva precoce o precoce (diretti e indiretti) maggiori di
quelle a fioritura tardiva.
eccezioni sono tuttavia tollerate
per produzioni di tipo del tutto
particolare (es. sannicandro)

cultivar con presenza di semi cultivar con produzione di semi i semi doppi in quanto di forma
doppi tra 0 e 5% doppi superiore al 10-15% irregolare, male si prestano alla
pelatura meccanica o ad
utilizzazioni per le quali la forma
del seme è importante.

cultivar autofertili cultivar autosterili per problemi di gestione del


mandorleto e di esigenza delle
consociazioni varietali

cultivar con resa in sgusciato cultivar con resa in sgusciato i gusci si presentano molto sottili
tra il 30 e 40% molto elevata (superiore al e spesso incompleti. i semi di
50%) queste cultivar sono appetiti da
uccelli e roditori, sono sede di
ovideposizione di insetti,
costituiscono substrato per la
produzione di tossine cancerogene
metabolizzate da funghi.
cultivar di mandorlo da impiegare in agricoltura bioogica
l’ampio patrimonio varietale del mandorlo è stato suddiviso in cinque
gruppi di cultivar in base alla preferenza all'impiego in agricoltura biologica.

cultivar consigliabili senza riserve in quanto hanno falsa barese


dimostrato da tempo la loro validità negli ambienti di ferragnes
genco
coltura meridionale e presentano i caratteri preferiti per
mission
l’impiego in agricoltura biologica pepparudda
supernova
tuono

cultivar consigliabili con riserva per l’impiego in cristomorto


agricoltura biologica in quanto non altrettanto valide, per fascionello
ferraduel
difetti di alcuni caratteri oppure per diverso livello di
fragiulio grande
adattabilità nei diversi ambienti meridionali di coltura pizzuta d’avola
sannicandro
trianella

cultivar sconsigliate per la scarsa adattabilità agli ambienti catuccia


di coltura meridionali per il possesso di caratteri negativi filippo ceo
ne plus ultra
molto evidenti indesiderati in agricoltura biologica
nonpareil

nuove cultivar autofertili in corso di valutazione ayles


guara
cultivar interessanti, ma di recente ottenimento e lauranne
pertanto non ancora sufficientemente valutate negli moncayo
ambienti di coltura meridionale steliette

cultivar a seme amaro d’origine pugliese andria amara


cicerchia
autofertilicultivar a seme amaro d’origine pugliese gaetanuccia
autofertili, come possibili alternative alle cultivar a seme padula di ruvo
dolce per produzioni di nicchia. santeramo amaro
forme di allevamento e potatura

il mandorlo è specie dall’entrata in produzione precoce che si verifica al


terzo o più raramente al quarto anno dall’impianto, con una produttività che
aumenta coll’aumentare dello sviluppo dell’albero per stabilizzarsi intorno a
8-10 anni dall’impianto. la forma d’allevamento proponibile per il mandorlo
è il vaso a media impalcatura, sia per la facilità ed i bassi costi di
realizzazione che per la buona risposta alla raccolta meccanica. vaso a media
impalcatura si imposta ad altezza da terra tra 50 e 100 cm con tre branche
primarie di prim’ordine correttamente sterzate di 120° ed inclinate rispetto
alla verticale (35°÷ 45°). sulle branche primarie dovranno essere inserite
quelle secondarie e terziarie con portamento progressivamente sempre più
aperto, tendente all’orizzontale. con l’impostazione dell’albero tra 50 e 100
centimetri le parti più basse della chioma risulteranno giustamente sollevate
dal terreno e la presenza del tratto di tronco tra livello del terreno e
impalcatura consentirà la presa delle pinze del vibratore, nel caso che
s’intenda procedere alla raccolta meccanica delle mandorle.

la potatura di formazione
la potatura di formazione per l’allevamento del mandorlo a vaso a media
impalcatura è impostato sui seguenti criteri:
• inverno
al momento della messa a dimora di un astone, bisogna capitozzare le piante
al di sopra del punto d’innesto ad un’altezza tra 60 e 100 centimetri.
• primavera
dalle gemme svilupperanno numerosi germogli, dei quali se ne sceglieranno
3, giustamente sterzati (120°). per conferire maggiore solidità alla struttura,
praticare l’inserzione dei singoli germogli sfalsata in verticale di circa 10-15
centimetri. i germogli selezionati sono destinati a diventare le branche
primarie di prim’ordine: essi costituiranno l’impalcatura dell’albero. nelle
cultivar con portamento assurgente può tornare utile aprire l’angolo
avvalendosi di contrappesi o di cavalletti. e’ preferibile che gli altri germogli
non destinati a diventare branche siano spuntati in primavera piuttosto che
eliminati. solo in ambienti particolarmene fertili e dotati di risorse, sui
germogli in accrescimento è possibile selezionare già nel primo anno, in
posizione dorsale o laterale, i germogli destinati a diventare le branche
secondarie.
• termine del primo anno di vegetazione
i 3 rami destinati diventare branche vanno raccorciati a circa 2/3 della loro
lunghezza con taglio al di sopra di una gemma che guardi verso l’esterno.
ciò favorirà l’ulteriore apertura della struttura nell’anno successivo.
• primavera del 2° anno
si svilupperanno i germogli destinati a diventare le branche primarie di
second’ordine e che, in quanto tali, a fine stagione andranno raccorciate
ancora una volta a 2/3 circa della loro lunghezza con taglio immediatamente
al di sopra di una gemma esterna. nel corso dello stesso anno, dei germogli
nati in posizione dorsale oppure anche laterale sulle branche primarie di 1°
ordine, si selezioneranno quelli destinati a diventare branche secondarie: essi
vanno opportunamente ed alternativamente sterzati (a destra oppure a
sinistra), ma quelli dello stesso ordine nella medesima direzione, in modo da
assicurare con le loro successive cacciate il corretto riempimento dello
spazio.
• terzo anno
le operazioni vanno ripetute allo stesso modo.
• quarto anno
la struttura scheletrica essenziale del vaso è stata così formata, in primavera
estate, la chioma di un mandorlo allevato a vaso apparirà avere forma di
cilindro, internamente vuoto, sollevata di alcune decimetri dal terreno. alla
potatura di formazione succederà, in continuazione, quella di produzione.
la potatura di produzione

la potatura di produzione i prefigge gli scopi di mantenere l’equilibrio tanto


tra gli organi (radici-chioma) che tra le funzioni (vegetativa e produttiva)
dell’albero attaverso tagli con i quali provvedere all’eliminazione di rami e
branchette esaurite, ammalate o morte, alla stimolazione della formazione di
nuovi rami, all’apertura della chioma per favorire l’illuminazione. gli
equilibri vanno ripristinati annualmente, donde l’esigenza d’intervenire ogni
anno con la potatura di produzione.
non è possibile dettare norme precise circa il modo d’intervenire con la
potatura di produzione, giacchè questo è subordinato alla concomitante
azione di numerose variabili, tra le quali ricordiamo non solo la fertilità
naturale del terreno, ma soprattutto le risorse aziendali (disponibilità irrigua)
e la discendente possibilità di intensificare i piani di fertilizzazione, l’età e lo
stato sanitario degli alberi. e’ evidente infatti che, quanto più l’ambiente è
fertile ed in grado di dare, oppure quanto più gli alberi sono nel pieno del
loro vigore, tanto più la potatura di produzione potrà essere ricca, il numero
di gemme a frutto per albero maggiore e la produzione attesa per albero, di
conseguenza, più elevata. in ambienti poveri e privi di risorse, la potatura di
produzione dovrà invece essere necessariamente più severa e con essa si
dovrà anzi provvedere, in uno con la riduzione degli apporti di elementi
fertilizzanti, a limitare lo sviluppo dell’albero in modo tale da contenere la
sua produttività potenziale.
di norma, nella potatura di alberi adulti dovrebbero essere eliminati i rami
interni e diradati e/o raccorciati quelli laterali. si conviene che, in un
ambiente fertile, con la potatura annua di produzione si dovrebbe tagliare
non più di 1/5 (cultivar vigorose) oppure di 1/3 (cultivar deboli) del legno
prodotto nell’anno. inoltre, molta cura deve essere riposta nel tenere la parte
centrale dell’albero libera da fogliame in modo da favorire la penetrazione
della luce.
la potatura di produzione eseguita in autunno-inverno, su alberi in riposo o
che si avviano al riposo invernale ha effetto rinvigorente; la potatura
eseguita in primavera-estate, prima che le foglie abbiano restituito l’energia
assorbita, ha effetto debilitante e nanizzante: la sua esecuzione dovrebbe
essere limitata agli ambienti di coltura più fertili, ricchi ed irrigui.
occorre inoltre ricordare che ci sono alcune cultivar, come ad esempio
quelle di origine pugliese, che tendono a fruttificare prevalentemente sui
dardi a mazzetto così come ce ne sono altre, come ad esempio le
californiane, che tendono a distribuire la produzione anche sui rami misti.
con la potatura di produzione bisognerà assecondare il naturale habitus delle
cultivar esaltando, a seconda dei casi, la formazione di un tipo piuttosto che
di un altro tipo di ramo fruttifero: ad esempio, potando in maniera più o
meno leggera, diradando oppure raccorciando i rami, rispettivamente.
la potatura di produzione invernale di un mandorleto adulto specializzato
richiede tra 35 e 50 ore/ha.
il materiale di risulta della potatura costituisce molto spesso ricettacolo di
numerosi patogeni, in specie crittogame (monilia, fusicocco ecc.). buona
norma sarà allora quella di mettere accuratezza nel taglio dei rami infetti
(potatura “chirurgica”) e nell’ allontanare e bruciare il legno potato. simile
comportamento è fortemente coadiuvante per il mantenimento di uno stato
sanitario soddisfacente degli alberi e porta ad una interessante riduzione dei
trattamenti fitosanitari invernali e degli attacchi di crittogame in primavera.

la potatura meccanica
la potatura meccanica del mandorlo si basa sull’azione di lame rotanti e con
le quali conferire alla chioma degli alberi forma piramidale oppure clindrica:
lame lavoranti in obliquo (pyramid), oppure in orizzontale per abbassare
l’albero (topping) e in verticale sui fianchi della chioma (hedging). i primi
tentativi di potatura meccanica del mandorlo sono stati compiuti in
california, ma non sembra che la pratica si sia diffusa nei mandorleti
commerciali di quello stato. alla potatura meccanica viene imputata la
mancanza di selettività, con l’emissione di ricacci disordinati ed
eccessivamente vigorosi e quindi l’esigenza di correzioni manuali. da
ricerche condotte nella contea di kern è risultato un forte calo di produzione
nel primo anno dopo la potatura meccanica, calo che gli alberi non avevano
ancora pienamente recuperato nel biennio successivo. non è dato ancora
sapere il ritorno, in termini di costo-benefici, della potatura meccanica del
mandorlo. la questione è dunque ancora aperta ed in attesa di migliore
definizione.
la gestione della fertilita’ nel mandorleto
un corretto piano di fertilizzazione del mandorleto deve essere fondato
innanzi tutto sull’adozione di pratiche agronomiche conservative come
l’impiego di coperture vegetali, di lavorazioni ridotte, l'impiego di materiale
organico di origine vegetale o animale.
in casi di constatata carenza di alcuni elementi nutritivi potrà essere
consentita la somministrazione di fertilizzanti ausiliari di origine minerale
ammessi in agricoltura biologica.

coperture vegetali
in mandorlicoltura come nelle altre colture arboree, l'utilizzo delle coperture
vegetali può essere realizzato rivalutando sistemi colturali che prevedono la
presenza di piante erbacee da destinare a sovescio totale o parziale con
funzione fertilizzante durante la fase produttiva dell'impianto. per quanto
attiene all’approvvigionamento annuo d’azoto, un’ottima fonte è costituta
dal sovescio primaverile di leguminose a semina autunnale.
alla copertura del fabbisogno annuo in fosforo e potassio può provvedere,
seppure non indefinitamente, il graduale rilascio dei due elementi da parte
della sostanza organica, qualora si sia provveduto ad effettuare una adeguata
fertilizzazione di fondo realizzata con letame.
in un terreno con buona dotazione di sostanza organica le esigenze
nutrizionali del mandorlo sarebbero integralmente coperte con la buona
pratica di sovescio.
gli apporti di azoto al terreno da biomassa di leguminose sono:
biomassa di alcune colture erbacee da sovescio e
relativi apporti di azoto al terreno
biomassa (q/ha) azoto (kg/ha)

specie
favetta 350÷450 220÷250
lupino 300÷350 190÷220
trifoglio 150÷250 100÷150
incarnato
veccia 250÷300 230÷290
fonte: baldini, 1986

lavorazioni ridotte
le lavorazioni vanno sempre effettuate valutando in anteprima le
caratteristiche fisiche e chimiche del terreno, la vigoria delle piante, la loro
struttura radicale e le condizioni climatiche. una errata impostazione in
termini di profondità, intensità e frequenza può creare condizioni negative
per il mantenimento della fertlità del suolo e compromettere lo sviluppo
delle piante. in particolare le lavorazioni frequenti determinano un
progressivo impoverimento del tenore di humus e quelle energiche
comportano alterazioni nella struttura del suolo con il rischio di
compattamento. diventa importante razionalizzare le lavorazioni ordinarie
con riduzione del numero, profondità ed intensità .
considerato lo sviluppo nel terreno delle radici, con le lavorazioni ordinarie
non si dovrà andare oltre i 20 centimetri di profondità per rispettare
rigorosamente la rizosfera. le lavorazioni profonde potrebbero danneggiare
gli apparati radicali del mandorlo che, come quelli delle altre drupacee,
reagiscono negativamente a tagli, traumi e lesioni.
per quanto attiene alla ripetitività delle lavorazioni ordinarie, in uno scenario
che non preveda l’inerbimento permanente, ma solo quello temporaneo
(sovescio) a fini di fertilizzazione del mandorleto, il ciclo annuo delle
lavorazioni (arature e erpicature meglio delle fresature) inizierà in autunno.
esse provvederanno all’immagazzinamento delle acque piovane ed a
preparare un buon letto per le leguminose da sovescio. in primavera, con una
nuova aratura bisognerà provvedere all’interramento della biomassa da
sovescio. lavorazioni molto superficiali dovranno essere eseguite tra
primavera ed estate per contenere le perdite di acqua dal terreno (per
evaporazione) e da parte delle infestanti (per traspirazione).
impiego di materiale organico
vengono somministrati a questo scopo diversi tipi di materiale organico di
origine vegetale o animale. fra i fertilizzanti organici sono indicati il letame,
le deiezioni di altri animali, i rifiuti domestici differenziati e i residui
colturali. la scelta del tipo di fertilizzante da usare segue le esigenze
nutrizionali e la fase del ciclo colturale del mandorlo. nella fase
dell'impianto è indispensabile effettuare una concimazione di fondo con
sostanza organica.
la sostanza organica per eccellenza adoperata è il letame bovino che risulta
avere una composizione in elementi nutritivi variabile con grado di
maturazione.

composizione del letame bovino in relazione al grado


di maturazione
azoto anidride potassa
letame fosforica
‰ ‰ ‰
fresco 3,9 1,8 4,5
mezzo maturo 4,5 2,3 5,9
maturo 5,8 2,7 6,5
ultramaturo 6,5 4,1 8,5
fonte: pantanelli, 1953

oltre al letame, i fertilizzanti da impiegare devono essere


preferibilmente quelli disponibili in azienda: in un contesto di
riduzione degli input esterni, e quindi di valorizzazione delle risorse
interne all'azienda è valutabile una tecnica di fertilizzazione che
utilizzi meglio i residui del ciclo colturale del mandorlo come: il
materiale di potatura, i malli e i gusci legnosi dei frutti.
FERTILIZZANTI AUSILIARI
in casi di constatata carenza di alcuni elementi nutritivi potrà essere
consentita la somministrazione di fertilizzanti ausiliari di origine minerale
ammessi dal regolamento ce 2092/91 e successive modificazioni.

caratteristiche di altri concimi e correttivi ammessi in agricoltura biologica


prodotto mgo cl cao so3 cao+mgo

correttivo calcareo 35
marna 25
sospensione di calcare 20
correttivo calcico solfo-magnesiaco 8 30 12
correttivo calcareo-magnesiaco 8 35
dolomite 17 40
solfato di magnesio 15 28
kieserite 24 45
solfato di magnesio per uso agricolo 15 30
soluzione di cloruro di calcio 12
solfato di calcio (gesso) 25 35
calce di defecazione 20
sale grezzo di potassio 5
solfato di k contenente sale di mg 8 3
kieserite con solfato di potassio 8 3
STATO NUTRIZIONALE DEL MANDORLETO

l'impostazione di una corretta nutrizione del mandorleto deve basarsi sia sulle conoscenze
delle disponibilità di elementi nutritivi nel terreno (analisi chimico-fisiche del terreno),
sia delle esigenze e stato di nutrizionale della coltura. i metodi utilizzati possono essere di
due tipi:
• diagnostica fogliare
• calcolo delle asportazioni
uno strumento che consente al mandorlicoltore di conoscere lo stato nutrizionale del
proprio mandorleto è la diagnostica fogliare. essa ci dice quando il contenuto di un dato
elemento scende fino ad avvicinarsi al livello di carenza, ma fornisce poche informazioni
sulla quantità di elemento da somministrare con i piani di fertilizzazione. la messa a
punto di metodi diagnostici ha permesso di accertare il livello ottimale di alcuni elementi
all'interno dei tessuti dell'albero in funzione delle esigenze nutritive della pianta.

valori di riferimento dei livelli nutrizionali delle foglie di mandorlo


elemento livello (sulla sostanza secca)
deficiente buono eccessivo
azoto <2,0% 2,2÷2,5% >2,7%
fosforo <0,1% 0,1÷0,3%
potassio <1,0 >1,4%
calcio <1,5 >2,0%
magnesio >0,25%
sodio >0,25%
cloro >0,3%
boro <30ppm 30÷65ppm >300ppm
rame >4ppm
manganese >20ppm
zinco <15ppm
fonte: brown e uriu, 1996

una componente essenziale per la mandorlicoltura biologica è che la coltura si trovi nelle
migliori condizioni di vegetazione. uno degli aspetti più importanti è il suo stato
nutrizionale. infatti, evidenti carenze e/o eccessi avrebbero ripercussioni sulla pianta.

elemento ruolo carenze eccessi


azoto esigente stimola l’attività vegetativa ridotta crescita dei germogli, sviluppo vigoroso della
(formazione di germogli) e, attraverso fogliame pallido, vegetazione vegetazione a scapito della
questa, l’attività produttiva rada, indebolimento generale formazione di gemme a fiore,
(differenziazione di gemme a fiore sui dell’albero, incapacità dei fiori e quindi della funzione
germogli, formazione dei fiori, di evolvere in frutti, riduzione produttiva
accrescimento dei frutti). della produzione.
fosforo la presenza nel terreno e nell’albero è
importante perché esso, in combinazione
con l’azoto ed il potassio, concorre
nell’aumentare la produttività
potassio ben dotati la maggior parte dei terreni la carenza di potassio si
dell’italia meridionale. manifesta con foglie più
piccole e clorotiche, necrosi
degli apici dei germogli,
minore accrescimento dei frutti
in guscio.
calcio assunto in grande quantità dal mandorlo specie tollerante ad elevati non si conoscono casi di
contenuti di calcare attivo nel carenza di questo elemento
terreno. grazie anche alla
dotazione naturale di calcio dei
terreni meridionali
magnesio entra a far parte della molecola della
clorofilla e tuttavia la sua presenza negli
alberi di mandorlo molto raramente si
abbassa al di sotto della soglia ottimale,
tanto da richiedere specifici interventi con
questo elemento.
boro, rame, sono indispensabili alla vita della pianta per di essi ci si occupa
zinco, il compimento di specifiche funzioni in esclusivamente nel caso di
manganese bassissime concentrazioni consolidati stati di carenza con
relative espressioni
sintomatologiche specifiche
sodio e cloro sono tollerati all’interno dell’albero in contenuti nelle foglie
quantitativi minimi. superiori al 2-3 ‰ del peso
secco esercitano azione
tossica con espressioni
sintomatologiche specifiche

elementi NUTRITIVI asportati


il criterio del reintegro delle asportazioni, necessita di prudenti correttivi per
la evidente difficoltà di quantificare le asportazioni. in mancanza di esempi
applicabili alla situazione mediterranea e riguardanti il mandorlo, un
riferimento sono le asportazioni di elementi nutritivi prelevati dalle drupacee
per produzioni di frutta fresca pari a 200 q/ha, corrispondenti, nel caso del
mandorlo, a circa 15 q/ha di seme commerciale. ai detti quantitativi bisogna
aggiungere la quota immobilizzata dagli organi permanenti, valutata intorno
al 30-40% di quella asportata dai frutti e dal legno di potatura. per una
corretta valutazione sarebbe necessario conoscere la dotazione di elementi
nutritivi disponibili nel terreno. un pratico riferimento sono il limite minimo
dei contenuti nei principali elementi, inclusa la sostanza organica, nello
strato di terreno esplorabile dalle radici.

asportazioni di principali elementi da parte della coltura del mandorlo per una
produzione di 15 q/ha di seme (corrispondente a 200 q/ha di frutti interi
freschi)
asportazioni (kg/ha/anno) azoto fosforo potassio calcio magnesio
frutti + legno di potatura 94 10 61 53 7
fonte: huguet, 1978
.

gestione delle risorse idriche

la coltivazione del mandorlo in puglia si svolge prevalentemente in


condizioni di disponibilità idriche naturali e di accorgimenti da adottare per
attenuare od evitare i danni da siccità. le tecniche agronomiche mirano ad
immagazzinare l'acqua di pioggia, a limitare l'evaporazione del terreno, a
fare uso di varietà meno esigenti in acqua o più resistenti alla siccità.
nelle zone mandorlicole dove sussiste la possibilità tecnica di irrigare,
l'apporto artificiale di acqua può essere una tecnica colturale in sintonia con
le pratiche attuabili in agricoltura biologica quando realizzata con metodi
irrigui razionali.

apporti idrici naturali


la puglia è situata nella fascia delle regioni temperate con clima
mediterraneo, caratterizzate da inverni raramente rigidi e lunghi, da estati
soleggiate e calde, da precipitazioni medie annue non elevate in assoluto
(450-600mm) e per l’80% circa concentrate tra autunno e primavera, da
ottobre ad aprile.
nell’area mediterranea, il mandorlo è da sempre considerato, insieme con
l’olivo ed il fico, la specie frutticola meglio in grado di valorizzare ambienti
semi-aridi od aridi e comunque privi di risorse irrigue.
considerato il modello di accrescimento dei frutti si può dire che la domanda
del mandorlo in fatto di rifornimento idrico è massima per un periodo
piuttosto breve, da marzo-aprile fino alla metà di giugno. una volta che i
frutti abbiano raggiunto il massimo sviluppo e che i germogli abbiano
condotto a buon punto il loro accrescimento, la funzione dell’acqua è
prevalentemente quella di impedire la disidratazione dei medesimi, e di
favorire la regolarità di formazione e differenziazione delle gemme a fiore,
preparando la produzione dell’anno successivo.
disponendo perciò delle sole risorse idriche naturali l'attenzione
dell'operatore deve essere volta ad attuare compatibilmente con il tipo
d'impianto, le pratiche agricole con le quali conservare l'acqua per i periodi
di maggior richiesta.

svantaggi della coltura in asciutto


la povertà di precipitazioni estive è il principale fattore condizionante il
rendimento quali-quantitativo dei fruttiferi. si stima che la quantità di
prodotto, come seme commerciale, che si riesce a ricavare da un ettaro di
mandorleto pugliese asciutto è assai bassa (tra 1,5 e 2,0 q/ha),
indubbiamente, sulla bassa o bassissima produttività dei mandorleti pugliesi
giocano ruoli importanti anche altri fattori, quali sesti d’impianto
eccessivamente ampi, errata scelta di cultivar, mancata conoscenza e quindi
mancato rispetto delle loro esigenze in fatto d’impollinazione, trascuratezza
nel controllo dei parassiti, età avanzata degli impianti, ecc.

ottimizzare gli apporti

sistemi per immagazzinare acqua


• sistemazione della superficie mediante arginelli o conche
• le lavorazioni in generale, in particolare quella di fine estate,
profonda nel terreno compatto e poco profonda in terreni sciolti
• le colture di copertura che impediscono al terreno di perdere acqua
per evaporazione prima della stagione secca
• le colture da sovescio migliorano la struttura e aumentano
l'igroscopicità del terreno mantenendolo umido e fresco durante la
stagione secca, restituiscono al terreno una certa quantità di acqua
assorbita dalla coltura stessa.

sistemi per limitare l'evaporazione del terreno


• piantare frangiventi per ostacolare l'azione evaporante dei venti
• ombreggiare le colture
• coprire il suolo con paglia o stoppie (pacciamatura) o con altro
materiale naturale e non
• interrompere con una lavorazione superficiale del terreno l'evaporazione
dell'acqua per capillarità
• eliminare le malerbe
pratiche agricole che influenzano le disponibilita' idriche
• bassi investimenti di alberi per unità di superficie.
• potature severe accompagnate da bassi livelli nutrizionali per
“costringere” gli alberi a produrre non più di quel tanto compatibile con
le limitate risorse naturali dell’ambiente.
• con il sovescio si consegue un aumento della capacita' di assorbire e
trattenere l'acqua di ruscellamento tramite il miglioramento dell'efficacia
degli apporti idrici naturali e non.
• le pacciamature riducono le perdite di acqua durante i periodi
secchi, mantengono la sostanza organica molto meglio di un terreno
nudo ma aumentano il pericolo d'icendio.
• il letame migliora la struttura, aumenta la capacita' di ritenzione
dell'acqua e favorisce lo scambio gassoso nel terreno.

apporti idrici esterni


il metodo irriguo consigliato è l'irrigazione localizzata, a zampillo o a
goccia. e’ sufficiente che un terzo degli apparati radicali venga interessato
all’assorbimento d’acqua nella zona costantemente umettata perché sia
l’intero albero a beneficiarne, grazie al trasporto incrociato del mezzo
liquido nei vasi. rispetto ai metodi convenzionali (infiltrazione da solchi,
aspersione) con l’irrigazione localizzata lo sviluppo delle erbe infestanti
risulta inoltre sensibilmente più contenuto.
la gestione del suolo

inerbimento
nell’ambiente classico di diffusione del mandorlo trova larga
applicazione la copertura del terreno con essenze vive in modo
temporaneo.
le possibilità d’applicazione di una copertura permanente sono
decisamente maggiori a latitudini più alte, per l’esattezza dove:
• la piovosità è maggiore. la presenza del cotico erboso diventa
importante perché consente di aumentare la portanza dei terreni e
quindi rende il frutteto percorribile dai mezzi meccanici,
soprattutto in autunno-inverno;
• a causa della maggiore piovosità e/o della superficialità delle
falde acquifere, il cotico erboso può svolgere anche utile
funzione di drenaggio dei surplus di acqua dal terreno evitando lo
scorrimento superficiale.
• le disponibilità idriche (naturali e/o artificiali) sono tali da
assicurare, per quantità e costo, il giusto soddisfacimento delle
esigenze estive della coltura arborea e del cotico erboso, senza
che debbano insorgere pericolosi e controproducenti fenomeni di
competitività nei riguardi del rifornimento idrico.
e' preferibile l'inerbimento polifitico per le possibilità che offre di
ricovero e riproduzione a numerose specie d’insetti utili, predatori
e/o parassiti di insetti dannosi del mandorlo.
nell’ ambiente mediterraneo di coltura del mandorlo, volendo
applicare il metodo di produzione biologica ed intendendo arricchire
la dotazione annua d’azoto del terreno, invece che sull’inerbimento
permanente diviene giocoforza ripiegare su quello temporaneo
(autunno primaverile), preferendo ilsovescio di leguminose.
la pacciamatura

la pacciamatura consiste nella copertura artificiale totale del frutteto,


del solo filare oppure del solo interfilare con materiali diversi allo
scopo di ostacolare la crescita delle infestanti e ridurre le perdite
d’acqua per evaporazione dal suolo. i materiali di copertura possono
avere origine organica di basso costo e di facile reperibilità (paglia,
segatura, trucioli, sarmenti triturati, sanse e graspi pretrattati ecc.)
oppure origine inorganica (sabbia, pietrisco). anche più costosi
materiali sintetici (film plastici, tessuti permeabili) possono essere
adoperati per la pacciamatura del fruttetto. sebbene non su mandorlo,
interessanti esempi di pacciamatura della sola striscia del filare con
materiali organici (in particolare trucioli e graspi) sono visibili in
paesi anche molto distanti da quelli mediterranei, come australia e
california.
la pacciamatura totale non consente l’inerbimento a fini di sovescio e
pertanto male si concilia con la conduzione del mandorleto con
metodo biologico. interessante può invece risultare la pacciamatura
permanente del solo filare, per una striscia di larghezza di circa 1
metro. il metodo risulta inoltre coadiuvante nella riduzione delle
perdite per evaporazione dell’ acqua.
controllo della flora spontanea

la flora spontanea erbacea ospita sia insetti utili per il controllo di


alcuni parassiti del mandorlo oltre che insetti e funghi dannosi. la
convenienza o meno di tenere in vita oppure di eliminare la flora
spontanea erbacea è dunque oggetto di valutazione relativa alle
diverse situazioni.
negli ambienti tendenzialmente aridi e con poche e costose risorse
irrigue, come quelle pugliesi, alle specie infestanti viene imputato di
svolgere azione concorrenziale nei riguardi della coltura arborea in
fatto di cattura di nutrienti, di luce, ma soprattutto di acqua.
oltre che con le lavorazioni periodiche, con la pacciamatura e con
l’irrigazione localizzata, il controllo delle infestanti può essere
ottenuto dal pirodiserbo.

la raccolta

tempi e modi di raccolta


i frutti di mandorlo possono essere raccolti in tre diversi momenti:
• in primavera, prima dell’inizio della lignificazione (o
indurimento) del guscio, per il consumo come frutti interi freschi
(mandorle mangiatutto);
• all’inizio dell’estate, quando i semi hanno raggiunto lo stato
solido, per il consumo come seme fresco, previa smallatura e
sgusciatura;
• a partire dalla piena estate, quando i frutti hanno raggiunto la
maturazione sull’albero, segnata dalla deiscenza dei malli, per il
consumo come seme secco intero o lavorato, previa smallatura e
sgusciatura.
la raccolta nei primi due momenti avviene con il distacco manuale
dall'albero ed ha interesse limitato e locale, il terzo momento invece,
è quello più importante, perché riguarda il 90% ed il 95% della
produzione mondiale di mandorle. la mandorlicoltura mediterranea e
asiatica, costituite da impianti di dimensioni in genere ridotte e
facenti ricorso a manodopera molto spesso familiare oppure a basso
costo, non hanno finora sentito stimoli per la ricerca di soluzioni del
problema della raccolta delle mandorle mediante l’applicazione di
tecniche diverse da quelle tradizionali. al contrario, la
mandorlicoltura californiana, caratterizzata da aziende di dimensioni
decisamente maggiori (la superficie media dei mandorleti
californiani è all’incirca di 25 ettari) ed in situazione di forte carenza
di manodopera ha elaborato un modello meccanizzato.
il modello mediterraneo di raccolta

di regola, nell’area mediterranea, così come in quella asiatica, il


distacco delle mandorle dagli alberi è effettuato mediante
bacchiatura da operatori che, da terra o su scale, percuotono le
branchette fruttifere con pertiche di legno provocando la caduta dei
frutti su reti sottese agli alberi. la mandorle vengono quindi travasate
in sacchi oppure caricate su carri o rimorchi e portate al centro
aziendale. si stima che, data una squadra di 4 persone, la produttività
del lavoro del singolo operaio nell’arco di 6 ore lavorative sia la
raccolta da 15-20 alberi con produzioni medie di 15 kg di mandorle
in guscio: detta produttività corrisponde a 250-300 chilogrammi di
mandorle in guscio. considerata una resa in sgusciato media del 30%,
la produttività di lavoro giornaliera corrisponde a sua volta alla
raccolta di 75-100 kg di seme commerciale.
nelle 24-48 ore successive, i mandorlicoltori completano quindi la
smallatura con apposite macchine (macchine smallatrici) in grado di
separare i malli dai gusci.
le mandorle smallate, dette anche mandorle in guscio, vengono
quindi poste al sole ad essiccare, affinchè il contenuto di acqua nei
gusci, ma soprattutto nei semi scenda a livelli compatibili con la
sicura conservazione del prodotto fino al momento della vendita. di
norma i mandorlicoltori non provvedono alla sgusciatura, ma, previo
apprezzamento della resa in sgusciato, vendono il prodotto sotto
forma di mandorle in guscio ad intermediari o industriali di settore,
che provvederanno alla loro sgusciatura, con macchine di tipo
industriale, per la liberazione dei semi e la loro separazione dai
gusci. risulta che i gusci vengano utilizzati dall’industria estrattiva,
mentre, per quanto riguarda i malli, non risulta che si sia riusciti
finora a trovare destinazione diversa dalla distruzione mediante
bruciatura.
il modello californiano di raccolta

in california, la raccolta delle mandorle procede con l’applicazione


del seguente diagramma operativo in sequenza:
• spianamento dell’interfilare mediante eliminazione delle
infestanti e rullatura meccanica;
• distacco delle mandorle operato da macchine vibratrici e caduta
delle stesse sul terreno;
• essiccazione al sole per alcuni giorni del prodotto caduto tal
quale;
• andanatura delle mandorle essiccate al centro dell’interfilare
mediante macchine andanatrici;
• raccattatura mediante macchine raccattatrici delle mandorle
disposte in andane e caricamento del prodotto in grossi
contenitori portati dalle stesse;
• conferimento del prodotto ai centri di lavorazione per la
liberazione dei semi mediante smallatrici-sgusciatrici meccaniche
combinate di tipo industriale e successive fasi di selezione,
lavorazione, trattamento, confezionamento, vendita.
tenuto conto dei tempi (tra 2 e 5 secondi/albero quelli di
vibrazione e intorno a 20 secondi/albero quelli totali), il singolo
operaio e la macchina sono in grado di operare, nell’arco delle 6 ore
lavorative, il distacco delle mandorle da circa 1.000 alberi. la
produttività del lavoro nella raccolta meccanica è totalmente
disaggregata dalla produzione degli alberi. ammettendo tuttavia
produzioni per albero di 10 kg di mandorle in guscio, ma con resa in
sgusciato del 60%, la produttività del lavoro di solo distacco dei
frutti risulta pari a cica 6.000 kg al giorno di seme commerciale per
operaio.
ai vibratori, ideati, realizzati ed in uso in california per la raccolta
meccanica delle mandorle (così come per quella delle noci) si
ispirano le macchine, dapprima importate, poi realizzate in italia,
dove però trovano impiego esclusivo per la raccolta delle olive.
nell’industria mandorlicola della california, malli e gusci insieme
costituiscono sottoprodotti ricchi di carboidrati che, ridotti in farine,
vengono utilizzati nell’alimentazione dei bovini.
controllo dei parassiti
il controllo dei parassiti in agricoltura biologica va effettuato in un’ottica di
potenziamento delle interazioni esistenti tra gli organismi che caratterizzano la biocenosi
di un determinato agroecosistema. la conoscenza dei cicli biologici dei principali
organismi dannosi ed utili consentono di esaltare al meglio le interazioni tra essi esistenti
e sfruttare l’azione di limitazione naturale che esercitano i fattori climatici ed agronomici
(vedi allegato 1)

principali organismi della biocenosi nell’agroecosistema


mandorleto
organismi insetti: monosteira, afidi
dannosi funghi: armillaria, monilia
organismi utili crisopidi, coccinellidi, sirfidi, miridi, antocoridi, orius, forficule, ditteri cecidomidi,
aphidius, aphidoletes, lysiphlebus, praon, ephedrus, , monoctonus, trioxys, aphelinus,
formiche, ragni, funghi del gen entomophtora e trichoderma
prede alternative afidi, acari

piante utili la presenza di essenze con fioritura anticipata rispetto al mandorlo


incrementa la popolazione di pronubi nell’arboreto e ne assicura una buona
impollinazione; inoltre, un agroecosistema ricco in essenze diverse offre
agli organismi utili, rifugio, fonte di alimento e prede alternative.
(allegato 1)

fattori di limitazione degli organismi dannosi


fitofago nemici naturali fattori pedoclimatici fattori agronomici
monosteira (monosteira predatori: crisopidi, le temperature oltre i 35°c nella scelta v
unicostata muls. et rey) coccinellidi, orius, miridi, provocano cali di considerare la m
forficule, formiche, ragni. popolazione adulta e suscettibilità della c
la loro azione in genere non giovanile. rispetto alla filippo
è in grado di mantenere il abbondanti piogge genco.
fitofago sotto della soglia primaverili disturbano
di dannosità. l’attività degli adulti con
conseguente riduzione delle
infestazioni estive.
afide verde del mandorlo predatori: crisopidi, sirfidi, le elevate temperature concimazioni ed irri
(brachycaudus ditteri cecidomidi, miridi, estive associate all’assenza equilibrate rendono
amygdalinus (sch.) ) antocoridi, coccinellidi. di pioggia provocano una piante meno appetite
afide verdastro piccolo parassitoidi: aphidius, considerevole diminuzione fitofago rispetto a pi
del susino e dei crisantemi praon, ephedrus, delle colonie afidiche. lussureggianti, sulle
(brachycaudus helychrisi lysiphlebus, monoctonus, i temporali esercitano viene anche ritardata
(kalt.)) trioxys, aphelinus. un’azione dilavante delle comparsa delle alate
funghi: entomophtora spp. colonie afidiche con l’abbandono dell’osp
gli organismi utili, sebbene temporanea riduzione delle utili possono rivelars
numerosi, non riescono a infestazioni; inoltre frenano taglio e la distruzion
frenare velocemente le la diffusione delle alate succhioni sui quali g
infestazioni afidiche se le migranti. si sviluppano in
condizioni climatiche abbondanza e dai qu
favoriscono il fitofago. a tal diffondono l’infestaz
fine è indispensabile
anticipare la presenza dei
nemici naturali (es.
impiantando siepi) in modo
che siano attivi già con
basse popolazioni di afidi.

armillaria (armillaria funghi del genere temperature del suolo consentono di attu
mellea (vahl:fr.) kummer) trichoderma superiori a 26°c sono prevenzione, unica f
ritenute poco favorevoli controllo valida.
all’infezione e alla durante lo scasso asp
evoluzione della malattia. tutte le vecchie radic
in pratica l’andamento evitare di introdurre
climatico è ininfluente sul l’inoculo in campo t
micelio nei tessuti legnosi il terreno di riporto.
poiché risente poco degli attendere 5-6 anni
estremi termici. reimpianto su suo
terreni ben drenati, hanno ospitato
evitando l’asfissia radicale, infette; in tale
esaltano le resistenze effettuare lavorazion
opposte dai tessuti radicali per sfruttare l
all’infezione. devitalizzante
dell’irraggiamento
sul patogeno.
nell’arboreto in
produzione esti
e bruciare prim
possibile le pian
malate, lasciand
aperte le buche
esporre il terren
all’irraggiamen
solare.
monilia (monilia spp.) le alte temperature estive con la potatura
possono rendere invernale elimina
momentaneamente inattivo
frutti mummificat
il fungo che resta latente
nei tessuti. rami con cancri
il clima secco limita le corticali; bruciare
infezioni, al contrario di residui di potatura
primavere piovose o con nella scelta v
nebbie persistenti. considerare che le
mandorlo che fiorisc
dardi a mazzetto pot
subire danni maggio
infezioni in fioritura

Potrebbero piacerti anche