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Quella del cappero è una coltivazione molto frequente nei paesi a clima mediterraneo, basti pensare

all’isola di Pantelleria, dove viene prodotto il cappero IGP (Indicazione Geografica Protetta).

Oltre a donare un prodotto molto apprezzato dal punto di vista gastronomico, il cappero è una
pianta molto apprezzata anche per il suo valore ornamentale: un folto cespuglio in grado di ingentilire
muretti a secco e aree aride del giardino con il suo bel fogliame e i suoi splendidi fiori.

Capparis spinosa, specie appartenente alla famiglia delle Capparidaceae, se coltivata nelle giuste
condizioni climatiche, è una pianta molto generosa che si accontenta di poche cure.

Il cappero è una specie perenne a portamento cespuglioso ricadente e a sviluppo relativamente ridotto (le
sue dimensioni raramente superano il metro). Coltivata generalmente a ridosso di muretti a secco,
allunga i suoi steli semilegnosi verso il basso; le foglie sono di forma tonda o leggermente ovale, di
consistenza carnosa e colore verde omogeneo.

I capperi sono boccioli commestibili


A primavera si formano i boccioli dei fiori, piccoli e tondi, che vengono raccolti ancora ben chiusi
per essere conservati sotto sale e utilizzati a fine culinario: sono quelli che vengono chiamati in
cucina, appunto, i capperi.

L’asportazione dei boccioli, ovviamente, limita lo spettacolo della fioritura del cappero. I fiori estivi, infatti,
sono di una bellezza unica alla quale difficilmente si rimane indifferenti: 4 grandi petali bianchi si aprono
mettendo in evidenza un folto ciuffo di stami rosa-violacei.

I frutti veri e propri si chiamano cucunci


I frutti del cappero, chiamati “cucunci”, sono anch’essi commestibili. Si formano e ingrossano in
seguito alla caduta dei petali e hanno la forma di un piccolo ovale allungato (1-2cm) di colore verde e
portato da un lungo picciolo. Vengono conservati sotto aceto e consumati come aperitivo o usati per
insaporire esattamente come i boccioli, ovvero i capperi.
I capperi sono i boccioli non ancora aperti, i cucunci i frutti formati dopo il fiore.

Quanta acqua serve alla pianta del cappero?


La pianta del cappero è una specie estremamente rustica e povera che, al contrario di molte altre
piante, soffre se oggetto di troppe cure. Poca acqua e nessun intervento di concimazione: il cappero vive
bene in terreni aridi e poco fertili, soffrendo molto gli eccessi e i ristagni idrici.

È di fondamentale importanza coltivare questa specie in un substrato perfettamente drenante e in


posizione soleggiata e protetta. Il suo efficiente apparato radicale, formato da un profondo fittone e una
fitta rete di radichette secondarie, le permette di raggiungere l’umidità accumulata in profondità tra le
pietre dei muretti a secco o di terreni sassosi e calcarei. Bagnature più frequenti sono necessarie solo alle
piantine giovani, appena messe a dimora (il periodo migliore per la messa a dimora del cappero è marzo),
così da permettere loro di affrancarsi al terreno.

È comunque molto importante evitare che si formino accumuli e ristagni idrici, che provocherebbero
la sofferenza e morte delle piante. Le piante adulte, già ben affrancate, richiedono apporti idrici sporadici,
da eseguire secondo le necessità, verificando le condizioni del terreno: bisogna intervenire solo quando
questo appare particolarmente asciutto per evitare che secchi completamente ma, allo stesso tempo
evitando di inumidirlo eccessivamente: il cappero è in grado di procurarsi l’acqua di cui ha bisogno da
solo, dall’umidità ambientale e da quella presente in profondità nel terreno.

La raccolta dei frutti


Chi vuole godere della bellezza dei fiori ovviamente dovrà rinunciare al prelievo dei boccioli da utilizzare
in cucina. Potrà però rifarsi, gustando i frutti che si formano in seguito alla fioritura, la cui raccolta può
cominciare adesso e proseguirà fino a ottobre.

La raccolta dei frutti è la strada scelta soprattutto nel caso di impianti familiari, non indirizzati alla
produzione di capperi su grande scala. I cucunci, ovvero i frutti, vengono raccolti manualmente dalla
pianta con il loro picciolo man mano che raggiungono lo sviluppo e le dimensioni giuste, ben prima che
inizino ad aprirsi e a far uscire i semini, numerosi, piccoli e neri, immersi in una polpa bianco-rosata. Si
tratta di una raccolta scalare che prosegue per tutto il corso dell’estate fino all’autunno inoltrato, man
mano che maturano. Una volta raccolti vengono sbollentati in acqua e aceto (in ragione di metà volume),
quindi lasciati raffreddare su un panno pulito e asciutto. Infine, vengono conservati entro un vasetto di
vetro per molti mesi, immersi in acqua e aceto, o anche sotto sale.

Prelevare i semi
Nel caso ci si volesse cimentare nella semina di questa pianta, per ottenere nuove piantine, è possibile
procurarsi i semi, in questo periodo.
Lasciando alcuni cucunci sulla pianta, questi matureranno e si apriranno: all’interno ci sono i semi che si possono
raccogliere e conservare dentro un sacchettino di carta per la semina la prossima primavera.

Per moltiplicarli da seme


Tra la fine di febbraio e marzo si potranno mettere i semi in terra a germinare, dopo averli mantenuti
immersi per un paio d’ore in acqua a temperatura ambiente. Allo scopo bisognerà utilizzare un substrato
composto da terriccio universale miscelato con sabbia grossolana (metà volume), entro una cassetta.

I semini vengono distribuiti in maniera uniforme nella cassetta, e ricoperti da circa 1cm di terriccio. Si
bagna con delicatezza e si conserva in ambiente semiombreggiato per favorire la germinazione dei semi
e la nascita delle piantine. Quando queste avranno raggiunto lo sviluppo di circa 8-10 cm, verranno
trasferite in vasetti singoli o trasferite direttamente all’esterno, a dimora, dove proseguiranno,
lentamente, il loro sviluppo. Per vedere fiorire la pianta ci vorrà molto tempo, almeno un paio di anni dopo
la semina.

Riproduzione rapida per talea


Se si vuole ottenere, invece, una pianta produttiva in tempi più rapidi, è meglio procedere con
la moltiplicazione per talea. Il periodo estivo è quello giusto per prelevare le talee da utilizzare per la
propagazione vegetativa.

Con una forbice da potare dalle lame ben pulite e affilate, si recide da una pianta adulta, sana e vigorosa,
una porzione di fusticino legnoso o semilegnoso, lunga circa 10 cm e dotata di più nodi. La talea viene
conservata per una giornata in acqua, così da mantenere i suoi tessuti ben turgidi e imbibirli di
acqua. Nel frattempo si prepara il vasetto con il substrato di crescita. Un vasetto in terracotta del diametro
di 10-12 cm è sufficiente allo scopo.

Al suo interno si dispongono, partendo dal basso, uno strato di 2 cm di materiale drenante costituito da
argilla espansa, ghiaia o semplici cocci rotti, quindi il substrato composto da un mix tra terriccio universale
(metà) e sabbia grossolana (altra metà) per garantire sofficità e drenaggio allo stesso tempo.

Prima di essere messa nel substrato, la talea deve essere privata delle foglie più basse, quindi, la
sua estremità basale viene trattata per immersione in un prodotto radicante (costituito da ormoni
rizogeni). Mantenuta in posizione semiombreggiata e calda, la talea radicherà nel giro di poche settimane.
Per la sua messa a dimora all’esterno, bisognerà aspettare la primavera successiva.

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