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Sistemazioni fluviali
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INTRODUZIONE
Nell’ultimo secolo diversi corsi d’acqua europei sono stati soggetti ad interventi antropici che hanno
interessato direttamente o indirettamente il loro corso: sistemazioni idraulico-forestali, dighe, escavazioni in
alveo, derivazioni irrigue, cambiamenti di uso del suolo (in particolare l’aumento della copertura boschiva),
riduzione della zona di pertinenza fluviale.
Queste attività possono influenzare in maniera più o meno rilevante la dinamica fluviale, specialmente il
regime idrologico, l’apporto di sedimento e la morfologia del corso d’acqua, favorendo dei processi
sfavorevoli all’uomo stesso.
Anche in molti corsi d’acqua pluricursali dell’Italia settentrionale è stato riscontrato il verificarsi di processi
di restringimento e incisione dell’alveo a causa dell’influenza esercitata da strutture antropiche quali
arginature, protezioni di sponda, strutture di attraversamento fluviale ed in particolare da attività estrattive in
alveo. Il restringimento del sistema pluricursale ha comportato una sensibile riduzione dello spazio di
deflusso laterale degli alvei che prima competeva alle libere manifestazioni dell’attività fluviale, infatti si è
riscontrata la preclusione di rami secondari e la congiunzione dei margini delle isole fluviali più esterne con
il territorio rivierasco.
Tuttavia, a partire dagli anni ’90, in alcuni corsi d’acqua dell’Italia centrosettentrionale è stata osservata
un’inversione di tendenza che ha portato ad un aumento della larghezza dell’alveo e l’aggradazione di
sedimento attraverso processi di erosione spondale o di riattivazione di originarie superfici fluviali e
ramificazioni periferiche abbandonate da tempo.
In particolare l’erosione di sponda costituisce un importante fonte di sedimenti per il trasporto solido,
elemento indispensabile alla naturale modellazione dell’alveo. L’allargamento in alcuni casi può essere
associato all’aggradazione, ma la relazione tra l’ampiezza dell’alveo 10 e la variazione del livello del letto
non è così forte come la precedente fase di restringimento ed incisione. Questa recente evoluzione
morfologica è attribuibile ad una maggior sensibilizzazione ai problemi del territorio da parte della comunità
e alle recenti restrizioni imposte sulle modalità di estrazione di inerti (con pressoché totale azzeramento della
loro asportazione dal letto dei corsi d’acqua). Ciò ha portato ad una rinnovata disponibilità di sedimento in
alveo, garantendo un più naturale equilibrio tra portate liquide e carico solido.
Il rimodellamento della geometria di un alveo, infatti, si innesca in concomitanza al verificarsi di piene
eccezionali, ma la capacità dei deflussi di modificare le forme fluviali secondo una tipologia d’alveo a più
canali è efficace solo se ai volumi idrici si associa una disponibilità di sedimenti da movimentare, in
particolare la dimensione del materiale che costituisce il letto alluvionale è uno dei fattori più importanti nel
controllare la morfologia e il funzionamento idraulico del canale, sia per quanto riguarda la resistenza al
flusso e l’inizio del moto, ma anche per l’ecologia stessa del fiume.
LE SISTEMAZIONI FLUVIALI
I CORSI D’ACQUA ALLUVIONALI
I corsi d’acqua possono essere distinti in due categorie, rispettivamente, con alveo:
1. a fondo fisso;
2. a fondo mobile (o alluvionali).
I secondi, scorrono direttamente sulla roccia e la loro morfologia dipende quasi esclusivamente dalle
caratteristiche geologiche del substrato inciso. Il termine alluvionale, invece, è riferito ai canali che scorrono
su sedimenti che loro stessi hanno precedentemente depositato e a canali in grado di modificare la loro
morfologia, realizzando adattamenti morfologici (dimensioni, forma, tracciato, pendenza), che dipendono da
diversi fattori ed in particolare dal regime di deflusso liquido e dagli apporti e dalla distribuzione
granulometrica del sedimento. Dunque una caratteristica fondamentale di un alveo alluvionale mobile, a
differenza degli alvei confinati, è quella di essere libero di auto-modellarsi, cioè di scegliere la propria
forma sia in senso altimetrico che planimetrico.
L’abilità di un fiume di modificare le sue caratteristiche morfologiche dipende dal bilanciamento tra le forze
di erosione esercitate dal fiume stesso e la resistenza all’erosione dei materiali che lo costituiscono.
La dinamica evolutiva di un corso d’acqua alluvionale, in assenza di disturbi, tende a raggiungere una
condizione di equilibrio adattando la morfologia alle condizioni esterne.
Una volta raggiunto l’equilibrio, le grandezze geometriche del corso d’acqua mantengono rapporti costanti
nel tempo in modo tale da non dare luogo a fenomeni erosivi e/o di deposito.
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proporzionale al raggio di curvatura, agisce sulla corrente causando la formazione di una sopraelevazione del
pelo libero verso la sponda esterna. Le correnti secondarie trasversali inducono erosione sulla sponda esterna
e deposizione su quella interna, favorendo così la formazione di barre di meandro all’interno della curva
e pool all’esterno;
Forme di fondo - Il fondo non è mai piano, la corrente lo modella creando una successione di forme,
specialmente su granulometrie fini. Le forme di fondo hanno importanti conseguenze sulla resistenza al
flusso, infatti la resistenza di forma che esse inducono deriva da sforzi aggiuntivi di natura turbolenta che si
sommano a quelli che derivano dalla sola scabrezza di grano. Per velocità crescente della corrente si
distinguono le seguenti forme di fondo: increspature (o ripples), dune con ripples sovraimposti, dune, fondo
piano, antidune, antidune con frangimento d’onda.
Uno stesso tratto può quindi essere classificato in modi diversi, a seconda del criterio adottato.
Due delle classificazioni più conosciute sono quelle di Billi, che si basa su criteri geometrici, e di
Montgomery-Buffington, che si basa sulle forme di fondo.
Billi raggruppò le possibili tipologie morfologiche dei corsi d’acqua in cinque categorie, basandosi sulle loro
caratteristiche geometriche:
1. Corsi d’acqua rettilinei - Piuttosto rari e con formazione prevalentemente in zone montane. Di
solito non si riscontrano tratti rettilinei di lunghezza superiore a 10 volte la larghezza dell’alveo e il
filone principale segue un percorso leggermente sinuoso legato alla presenza di barre alternate.
Questi corsi d’acqua si trovano su pendenze elevate e sono comuni gli affioramenti rocciosi;
2. Corsi d’acqua pluricursali a canali intrecciati (braided) - Categoria piuttosto comune, che si
sviluppa in un’ampia varietà di ambienti. In ambiente alpino si trovano spesso in zona montana al
fondo delle valli glaciali fino alla zona pedemontana, dove l’alveo è prevalentemente formato da
ghiaia. La formazione di corsi a canali intrecciati è favorita da condizioni energetiche (pendenza)
sostenute, portate molto variabili, elevato trasporto solido di fondo e sponde non coesive. Presentano
alvei molto ampi, costituiti da due o più canali di dimensioni simili, che si intersecano separati da
barre longitudinali e isole. Il rapporto larghezza/profondità è generalmente superiore a 40 ed arriva
fino a 300.
3. Corsi d’acqua pseudomeandriformi (wandering) - Categoria intermedia tra i fiumi braided e
quelli meandriformi. Sono caratterizzati da barre laterali alternate, generalmente con forma a mezza
luna, e da un solo canale attivo principale, ma sono presenti anche canali secondari aderenti ad una
delle due sponde. Se questi canali sono attivi vengono chiamati canali di taglio, viene detto invece
canale di morta la parte terminale di un canale ormai inattivo, alimentato solo durante le piene con
acqua stagnante per portate medio- basse.
4. Corsi d’acqua meandri formi - Il tracciato planimetrico di questa tipologia fluviale è costituito dal
susseguirsi di meandri in modo abbastanza ripetitivo e regolare. I corsi d’acqua meandriformi
generalmente presentano granulometria sabbiosa (ma anche ghiaia) e si trovano in aree con pendenze
molto basse. Sono frequenti nei fiumi meandriformi fenomeni di avulsione, ovvero l’abbandono di
un precedente tracciato in seguito ad erosione spondale durante un evento di piena, con formazione
di un nuovo alveo all’interno della piana alluvionale.
5. Corsi d’acqua anastomizzati - E’ una tipologia fluviale piuttosto rara, che si trova in aree con
pendenze bassissime dove il corso d’acqua tende ad accrescere i processi deposizionali. Si tratta di
fiumi pluricursali formati da due o più canali relativamente stabili, i cui rami sono separati da
porzioni di piana alluvionale con dimensioni molto maggiori alla larghezza del canale. I singoli
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canali morfologicamente sono spesso dei corsi meandriformi e la sinuosità è variabile, ma rispetto a
questi la loro dinamica è molto più lenta a causa dell’elevata coesione delle sponde che rendono
l’alveo molto stabile.
Tutti questi alvei hanno delle morfologie differenti perché l’interazione tra il flusso idraulico e il processo di
sedimentazione, e in particolare la quantità di energia dissipata dal moto turbolento, differisce tra un
caso e l’altro.
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Meno frequentemente la cunetta si costruisce con calcestruzzo; se la corrente in cunetta raggiunge velocità
eccessive nella sistemazione a cunetta si inseriscono salti di fondo.
Fra i diversi tipi di briglie esistono quelle aperte, che possono essere a finestra, reticolari, a pettine o a
fessura. Inoltre, esistono briglie filtranti, cioè dotate di fori di drenaggio, ad arco, selettive, frangicolate a
speroni e per la trattenuta di materiali galleggianti.
Le briglie selettive, a differenza di quelle classiche che trattengono nel primo periodo tutto il materiale
trasportato, permettono invece la sua selezione granulometrica, trattenendo solo i sedimenti di maggior
diametro e rendendo meno incisivo l’intervento di sistemazione. Esse sono briglie dotate nella parte centrale
di un’apertura di notevole dimensioni che può essere fornita di una griglia a maglie larghe per la trattenuta
dei materiali grossolani come tronchi e arbusti.
Le briglie frangicolate a speroni sono adottate nelle zone interessate da colate di fango, riducendo l’energia
delle colate stesse e favorendo il deposito di sedimenti. La struttura di queste ultime briglie è costituita da ali
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radicate alle sponde: la zona centrale ospita una serie di speroni di conglomerato cementizio o d’acciaio con
luci libere tra loro di 2-3 m.
L’intera struttura della briglia, con le specifiche della geometria sopra elencate, deve essere soggetta ad
opportune verifiche di stabilità. Qualora una delle verifiche non è soddisfatta, occorre di conseguenza andare
a diversificare alcune grandezze geometriche della briglia. Nel dimensionamento statico, la briglia viene
considerata come un muro a gravità, il cui stato di equilibrio globale può indagarsi con la statica dei corpi
rigidi.
Le verifiche di stabilità di una briglia vanno eseguite con riferimento a tre diversi stati di vita dell’opera.
Appena completata a monte della briglia è l’acqua ad esercitare la spinta idrostatica ed è questo il primo stato
di vita dell’opera da prendere in considerazione per le verifiche. Una ulteriore nuova condizione si raggiunge
quando la briglia a monte dello sbarramento risulterà riempita di sedimenti.
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idrico, oppure posti a una certa distanza da questo. In questo secondo caso, la fascia di terreno compresa tra
l'alveo attivo e l'argine prende il nome di golena.
I muri di sponda (o di contenimento), costruiti in calcestruzzo armato o in pietrame, hanno stessa funzione
degli argini e sono costruiti solitamente nelle zone urbane. Così come per gli argini, i muri di sponda, che
presentano opportune fondazioni, devono essere progettati in modo da avere un franco di circa 1 m al
passaggio di una portata di piena ad associato tempo di ritorno di progetto.
CASSE DI ESPANSIONE
Le casse di espansione sono opere che consentono di ottenere la riduzione della portata al colmo di un’onda
di piena attraverso il temporaneo invaso di una parte del suo volume. Sul dimensionamento di queste opere
influiscono sostanzialmente la capacità da assegnare alle casse per ottenere una laminazione prefissata, cioè
una derivazione della portata da quello dell’alveo, e le caratteristiche geometriche e idrauliche dei manufatti
di imbocco e sbocco.
Le casse possono essere classificate in due categorie:
in linea - invasano il volume mediante il rigurgito provocato da un’opera trasversale realizzata in
alveo, in genere una briglia o una traversa munita di luci a stramazzo o a battente che controllano la
portata effluente in funzione del livello nella cassa;
in derivazione - consentono di ottenere una più efficace diminuzione dell’idrogramma di piena a
parità di volume invasato. Esse sfruttano porzioni di territorio che si sviluppano parallelamente
all’alveo, in generale aree di pertinenza fluviale, alle quali sono idraulicamente connesse attraverso
soglie tracimabili, sifoni od altri sistemi idraulici collocati nel corpo dell’argine fluviale.
DIVERSIVI E SCOLMATORI
I diversivi sono canalizzazioni artificiali effettuate lateralmente ad una sponda fluviale che opera con
continuità una derivazione di portata dal corso d’acqua principale (laminazione, e quindi, riduzione, della
portata di piena). Gli scolmatori agiscono sfiorando una portata idrica dal corso d’acqua da un incile con o
senza paratoia, quando il livello supera una determinata soglia prefissata. Funzionano quindi solo durante le
piene, modificando poco o niente il regime idrometrico del fiume nell’asta principale.
TRAVERSE
Una traversa fluviale è un manufatto, solitamente in calcestruzzo armato, che è costruito per far provocare
un rigurgito della corrente idrica e con lo scopo di addurre acqua dall’alveo fluviale.
Essa può essere definita come una piccola diga di sbarramento. A differenza delle dighe, le traverse
presentano un’altezza non superiore a 10 m e la creazione di un invaso non superiore a 100.000 m3 di acqua.
L’adduzione dell’acqua avviene o sul corpo stesso della traversa con una griglia posta sulla parte superiore di
essa, o dalle sponde subito a monte del manufatto attraverso paratoie fisse o mobili, o sfioratori laterali. Dal
punto di vista idraulico, la traversa si comporta come uno stramazzo a larga soglia.
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A valle di essa, si costruisce, per la protezione dall’erosione creata dal corso d’acqua, una platea in
calcestruzzo e, successivamente, un gradino rialzato per far sì che il risalto idraulico, nel caso di corrente
lenta, avvenga subito a valle della traversa.
Un manufatto come la traversa segue gli stessi criteri di stabilità della briglia, in cui risulta necessario il
soddisfacimento delle verifiche a ribaltamento, scorrimento, schiacciamento e sifonamento.
GABBIONI
I gabbioni sono particolari strutture adottate per la protezione delle sponde dall’erosione indotta dalla
corrente fluviale o nella costruzioni di opere fluviale quali briglie e pennelli. Essi sono strutture aperte e
modulari, costituite da reti metalliche a forma di prisma parallelepipedo o di materasso o ancora di sacco,
riempite di pietrame di opportuna pezzatura e caratteristiche.
La rete è di filo di ferro zincato a maglie esagonali con collegamenti a doppia torsione, per ridurre il pericolo
di apertura del gabbione in caso di rottura del filo metallico. I bordi dei gabbioni sono rinforzati con filo
metallico di spessore maggiore per facilitare il piegamento nella messa in opera e per dare maggiore
resistenza. I singoli elementi vengono legati tra di loro ad assumere le forme previste dall’opera di progetto.
Con tale elemento costruttivo modulare molto spesso si erigono muri di sostegno, rilevati stradali e
ferroviari, sbarramenti fluviali in alveo, difese di sponda e per il mantenimento di terreni franosi.
Tra le caratteristiche tecniche essenziali del gabbione (dettaglio in Fig. 46.4) si segnalano:
la deformabilità, che li rende adatti a terreni franosi;
la resistenza a trazione, funzionando la rete da armatura;
l’effetto drenante, che riduce le spinte idrostatiche;
la modularità, che permette l’eventuale modifica della struttura secondo esigenze future;
la riparabilità, essendo ricucibili e rifasciabili con pezzi di rete nuova.
PENNELLI
Un pennello (o repellente) è una struttura ben ammorsata alla sponda che si protende in alveo in senso
approssimativamente trasversale alla corrente con una prevalente dimensione lineare, costruito con lo scopo
di accentrare la corrente evitando l’erosione della sponda ed il divagamento dell’alveo.
Concretamente, la difesa di una sponda fluviale con tale sistema richiede la progettazione di una serie (o
batteria) di pennelli, costituendo pertanto nel complesso un’opera di difesa longitudinale delle sponde
naturali o artificiali che tende a stabilizzare le sponde stesse allontanandone la corrente e riducendo la
sezione trasversale dell'alveo.
I diversi tipi di pennelli che in genere vengono utilizzati si schematizzano a seconda dell’orientamento
rispetto alla direzione della corrente:
normali alla corrente,
controcorrente,
a favore di corrente;
Infine, meritano un particolare cenno i materiali geotessili, che rappresentano prodotti tessili applicati nel
campo dell’ingegneria geotecnica.
I geotessili possono assolvere nel campo idraulico e della meccanica delle terre diverse funzioni: controllo
dei processi di filtrazione e drenaggio, separazione di fasi terrose a diversa granulometria e rinforzo delle
terre.
I principali vantaggi che hanno portato questi materiali ad essere sempre più utilizzati per le difese fluviali
riguardano la possibilità di evitare di impiegare materiali a granulometria differenziata che si richiedono per
la realizzazione di filtri nelle zone di raccordo tra materiali a granulometrie diverse, di evitare o ridurre
operazioni di drenaggio e bonifica del terreno di fondazione, e di ridurre i costi di manodopera,
manutenzione e ripristino.
BONIFICHE
CANALI DI BONIFICA
Col nome generico di bonifica si indica il complesso di quei lavori che si eseguono allo scopo di rendere
coltivabili e salubri vaste aree altrimenti improduttive e malsane a causa di scarso drenaggio e conseguente
ristagno delle acque. Ci sono due modi per eseguire le bonifiche:
per prosciugamento - quando si raccolgono le acque di cui il terreno è imbevuto o coperto, e si
recapitano entro un alveo naturale;
per colmata - quando, per mezzo dei depositi alluvionali di acque limose deviate da un corso d'acqua
naturale, si rialza la superficie del suolo depresso e paludoso, in modo da rendere possibile il
drenaggio e la sistemazione.
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BONIFICHE PER PROSCIUGAMENTO
La bonifica per prosciugamento si compie essenzialmente costruendo una rete di canali di scolo, che
seguono le linee più depresse del terreno, e man mano confluiscono, sino a recapitare le acque in un
collettore principale, che le allontana dalla zona bonificata, e le scarica nel recipiente. La rete presenta quindi
procedendo dal basso verso l'alto:
il canale primario (collettore principale od emissario) che corre lungo la linea più bassa della zona da
bonificare;
i canali secondari che, dalle singole superfici in cui la zona suddetta è suddivisa, conducono le acque
al canale primario;
i canali terziari, che si scaricano nei secondari, o talvolta anche direttamente nel collettore principale
e verso monte si dividono man mano in canaletti minori, sino alle ultime ramificazioni, costituite da
semplici fossetti a fior di terra, o da condotti o tubi sotterranei di drenaggio.
CRITERI PROGETTUALI
A livello di progettazione di sistemi di bonifica, occorre dimensionare la quota massima del canale di
bonifica. In questo contesto bisogna determinare il cosiddetto franco di bonifica, ovvero il valore da
attribuire al dislivello che si vorrà ottenere fra la superficie del terreno e il livello normale dell’acqua nei
fossi di scolo. Esso deve tener conto del franco di coltivazione e del franco di sicurezza (o di piena).
In particolare, il franco di coltivazione è la distanza minima ammissibile fra la superficie del terreno e la
falda freatica per garantire ovunque nel terreno il mantenersi di condizioni di umidità più favorevoli per le
varie colture. Il franco di piena rappresenta invece il livello minimo del franco di bonifica che si ammette
possa verificarsi, limitatamente a brevi periodi, in occasione della massima piena di progetto.
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