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Idraulica e Costruzioni Idrauliche

Sistemazioni fluviali

Candidato: Andrea Renzullo

ORIENTA CAMPUS – Università Telematica ‘eCampus’

Form 29 – Corso di Laurea in Ingegneria Civile e Ambientale

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INTRODUZIONE
Nell’ultimo secolo diversi corsi d’acqua europei sono stati soggetti ad interventi antropici che hanno
interessato direttamente o indirettamente il loro corso: sistemazioni idraulico-forestali, dighe, escavazioni in
alveo, derivazioni irrigue, cambiamenti di uso del suolo (in particolare l’aumento della copertura boschiva),
riduzione della zona di pertinenza fluviale.
Queste attività possono influenzare in maniera più o meno rilevante la dinamica fluviale, specialmente il
regime idrologico, l’apporto di sedimento e la morfologia del corso d’acqua, favorendo dei processi
sfavorevoli all’uomo stesso.
Anche in molti corsi d’acqua pluricursali dell’Italia settentrionale è stato riscontrato il verificarsi di processi
di restringimento e incisione dell’alveo a causa dell’influenza esercitata da strutture antropiche quali
arginature, protezioni di sponda, strutture di attraversamento fluviale ed in particolare da attività estrattive in
alveo. Il restringimento del sistema pluricursale ha comportato una sensibile riduzione dello spazio di
deflusso laterale degli alvei che prima competeva alle libere manifestazioni dell’attività fluviale, infatti si è
riscontrata la preclusione di rami secondari e la congiunzione dei margini delle isole fluviali più esterne con
il territorio rivierasco.

Tuttavia, a partire dagli anni ’90, in alcuni corsi d’acqua dell’Italia centrosettentrionale è stata osservata
un’inversione di tendenza che ha portato ad un aumento della larghezza dell’alveo e l’aggradazione di
sedimento attraverso processi di erosione spondale o di riattivazione di originarie superfici fluviali e
ramificazioni periferiche abbandonate da tempo.

In particolare l’erosione di sponda costituisce un importante fonte di sedimenti per il trasporto solido,
elemento indispensabile alla naturale modellazione dell’alveo. L’allargamento in alcuni casi può essere
associato all’aggradazione, ma la relazione tra l’ampiezza dell’alveo 10 e la variazione del livello del letto
non è così forte come la precedente fase di restringimento ed incisione. Questa recente evoluzione
morfologica è attribuibile ad una maggior sensibilizzazione ai problemi del territorio da parte della comunità
e alle recenti restrizioni imposte sulle modalità di estrazione di inerti (con pressoché totale azzeramento della
loro asportazione dal letto dei corsi d’acqua). Ciò ha portato ad una rinnovata disponibilità di sedimento in
alveo, garantendo un più naturale equilibrio tra portate liquide e carico solido.
Il rimodellamento della geometria di un alveo, infatti, si innesca in concomitanza al verificarsi di piene
eccezionali, ma la capacità dei deflussi di modificare le forme fluviali secondo una tipologia d’alveo a più
canali è efficace solo se ai volumi idrici si associa una disponibilità di sedimenti da movimentare, in
particolare la dimensione del materiale che costituisce il letto alluvionale è uno dei fattori più importanti nel
controllare la morfologia e il funzionamento idraulico del canale, sia per quanto riguarda la resistenza al
flusso e l’inizio del moto, ma anche per l’ecologia stessa del fiume.

LE SISTEMAZIONI FLUVIALI
I CORSI D’ACQUA ALLUVIONALI
I corsi d’acqua possono essere distinti in due categorie, rispettivamente, con alveo:
1. a fondo fisso;
2. a fondo mobile (o alluvionali).

I secondi, scorrono direttamente sulla roccia e la loro morfologia dipende quasi esclusivamente dalle
caratteristiche geologiche del substrato inciso. Il termine alluvionale, invece, è riferito ai canali che scorrono
su sedimenti che loro stessi hanno precedentemente depositato e a canali in grado di modificare la loro
morfologia, realizzando adattamenti morfologici (dimensioni, forma, tracciato, pendenza), che dipendono da
diversi fattori ed in particolare dal regime di deflusso liquido e dagli apporti e dalla distribuzione
granulometrica del sedimento. Dunque una caratteristica fondamentale di un alveo alluvionale mobile, a
differenza degli alvei confinati, è quella di essere libero di auto-modellarsi, cioè di scegliere la propria
forma sia in senso altimetrico che planimetrico.
L’abilità di un fiume di modificare le sue caratteristiche morfologiche dipende dal bilanciamento tra le forze
di erosione esercitate dal fiume stesso e la resistenza all’erosione dei materiali che lo costituiscono.

I processi fisici nei fiumi sono determinati generalmente da quattro fattori:


1. Il volume e il tempo di scorrimento dell’acqua;
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2. Il volume, la distribuzione temporale e le caratteristiche dei sedimenti nel
3. canale;
4. La natura del materiale attraverso cui il fiume scorre;
5. Il gradiente topografico che caratterizza il corso d’acqua.

La dinamica evolutiva di un corso d’acqua alluvionale, in assenza di disturbi, tende a raggiungere una
condizione di equilibrio adattando la morfologia alle condizioni esterne.
Una volta raggiunto l’equilibrio, le grandezze geometriche del corso d’acqua mantengono rapporti costanti
nel tempo in modo tale da non dare luogo a fenomeni erosivi e/o di deposito.

FORME E SUPERFICI DEL TRACCIATO FLUVIALE


Un corso d’acqua è caratterizzato da diversi elementi che dipendono dalla dinamica fluviale. Questi possono
avere origine erosiva, deposizionale o mista ed essere soggetti ad erosione e/o deposizione a seconda del
tirante idrico e dell’entità e tipologia dell’alimentazione solida.
L’insieme di questi elementi determina la fisionomia e l’idraulica dei corsi d’acqua e la maggior parte sono
interconnessi, nel senso che uno determina la formazione di altri e ne è a sua volta influenzato.
Sulla base di una serie di elementi (morfologia, sedimentologia, vegetazione, processi) in un alveo fluviale si
possono distinguere differenti forme e superfici:
Alveo – E’ costituito dall’insieme dei canali, delle barre e delle isole. I limiti dell’alveo possono essere ben
definiti dalle sponde, ma possono talvolta risultare morfologicamente più sfumati. Il limite dell’alveo si fa
coincidere con il cosiddetto livello ad alveo pieno, cioè quel livello idrometrico associato alla massima
portata che può essere contenuta in alveo senza il verificarsi di fenomeni di esondazione al di fuori delle
sponde;
Sponda - Superficie con pendenza generalmente elevata che delimita lateralmente l’alveo; solitamente la
sponda (“bank”) separa l’alveo dalla piana inondabile o da un terrazzo;
Piana inondabile - E’ un elemento di origine deposizionale, adiacente al corso d’acqua, formato dalla
progressiva sedimentazione sia all’interno che all’esterno dell’alveo. Per la sua formazione devono dunque
avvenire due fenomeni, o la migrazione laterale del corso d’acqua o la deposizione durante le esondazioni;
Terrazzo fluviale - Superficie non costruita dal fiume nelle sue attuali condizioni di regime, rimasta
topograficamente più in alto dell’attuale piana inondabile a causa di un abbassamento dell’alveo. In base ai
meccanismi di generazione, si distinguono terrazzi di origine climatica e antropica;
Barre - Sono corpi sedimentari presenti all’interno dell’alveo. La loro origine è deposizionale, ovvero i
sedimenti che le compongono, dopo essere stati mobilitati a monte, vengono depositati in zone a minor
velocità di corrente. A seconda dell’entità del trasporto solido e alla pendenza del canale esistono
diverse tipologie di barre, che vengono classificate in base alla loro disposizione: longitudinali, trasversali,
diagonali, laterali, mediane;
Raschi (riffles) - Sono delle macro-forme di fondo di origine deposizionale che rappresentano degli “alti”
topografici nel profilo longitudinale di un alveo. Spesso i raschi sono strettamente legati alla presenza di
barre alternate, formandosi alla testa di esse dove la sezione presenta un restringimento e generando, in
condizioni di magra, delle oscillazioni della corrente da una sponda all’altra; in altri casi invece, i riffles
possono essere considerati come delle barre sommerse trasversali che, quindi, provocano sbandamenti della
corrente in senso laterale;
Salti (steps) - Sono strutture deposizionali formate dalla corrente stessa che si trovano nei corsi d’acqua
montani, dove la granulometria dell’alveo presenta elementi di grandi dimensioni. In molti casi però i salti
sono determinati da fattori non alterabili dalla corrente, almeno in tempi brevi, come affioramenti rocciosi o
tronchi d’albero. Si parla in questi casi rispettivamente di rock step e log step. Una cascata può essere
considerata uno step con un salto maggiore di 3 metri;
Pozze (pools) - Sono zone dell’alveo che presentano tiranti idrici maggiori rispetto alle zone adiacenti.
Derivano da un’azione erosiva localizzata che si genera quando la corrente accelera per una pendenza locale
del fondo maggiore (riffle), per la presenza di salti (step) o per un restringimento della sezione (barre,
affioramenti rocciosi). Nelle pool la velocità media della corrente è minore e i forti gradienti di velocità
presenti favoriscono la formazione di vortici ad asse verticale ed orizzontale e una forte dissipazione
energetica, per cui le pozze possono essere viste come i “freni” di un corso d’acqua;
Meandri - Possono essere definiti come una regolare successione di anse che si formano in un corso d’acqua
ad andamento planimetrico sinuoso, che si formano quando le sponde sono erodibili. La forza centrifuga,

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proporzionale al raggio di curvatura, agisce sulla corrente causando la formazione di una sopraelevazione del
pelo libero verso la sponda esterna. Le correnti secondarie trasversali inducono erosione sulla sponda esterna
e deposizione su quella interna, favorendo così la formazione di barre di meandro all’interno della curva
e pool all’esterno;
Forme di fondo - Il fondo non è mai piano, la corrente lo modella creando una successione di forme,
specialmente su granulometrie fini. Le forme di fondo hanno importanti conseguenze sulla resistenza al
flusso, infatti la resistenza di forma che esse inducono deriva da sforzi aggiuntivi di natura turbolenta che si
sommano a quelli che derivano dalla sola scabrezza di grano. Per velocità crescente della corrente si
distinguono le seguenti forme di fondo: increspature (o ripples), dune con ripples sovraimposti, dune, fondo
piano, antidune, antidune con frangimento d’onda.

LA CLASSIFICAZIONE DEI SISTEMI FLUVIALI


In letteratura esistono numerose classificazioni dei corsi d’acqua che si differenziano per i diversi criteri
utilizzati:
 la localizzazione all’interno del bacino (tratto montano, pedemontano, vallivo);
 la geometria dell’alveo (canali meandriformi, intrecciati, ecc..);
 le caratteristiche sedimentologiche (corsi d’acqua in roccia, ghiaiosi, sabbiosi, ecc..);
 la dinamica evolutiva (tratto di scavo, di deposito, di trasporto);
 le forme di fondo (tratto a gradinata, aletto piano, a dune, ecc..);
 metodi combinati.

Uno stesso tratto può quindi essere classificato in modi diversi, a seconda del criterio adottato.
Due delle classificazioni più conosciute sono quelle di Billi, che si basa su criteri geometrici, e di
Montgomery-Buffington, che si basa sulle forme di fondo.

Billi raggruppò le possibili tipologie morfologiche dei corsi d’acqua in cinque categorie, basandosi sulle loro
caratteristiche geometriche:
1. Corsi d’acqua rettilinei - Piuttosto rari e con formazione prevalentemente in zone montane. Di
solito non si riscontrano tratti rettilinei di lunghezza superiore a 10 volte la larghezza dell’alveo e il
filone principale segue un percorso leggermente sinuoso legato alla presenza di barre alternate.
Questi corsi d’acqua si trovano su pendenze elevate e sono comuni gli affioramenti rocciosi;
2. Corsi d’acqua pluricursali a canali intrecciati (braided) - Categoria piuttosto comune, che si
sviluppa in un’ampia varietà di ambienti. In ambiente alpino si trovano spesso in zona montana al
fondo delle valli glaciali fino alla zona pedemontana, dove l’alveo è prevalentemente formato da
ghiaia. La formazione di corsi a canali intrecciati è favorita da condizioni energetiche (pendenza)
sostenute, portate molto variabili, elevato trasporto solido di fondo e sponde non coesive. Presentano
alvei molto ampi, costituiti da due o più canali di dimensioni simili, che si intersecano separati da
barre longitudinali e isole. Il rapporto larghezza/profondità è generalmente superiore a 40 ed arriva
fino a 300.
3. Corsi d’acqua pseudomeandriformi (wandering) - Categoria intermedia tra i fiumi braided e
quelli meandriformi. Sono caratterizzati da barre laterali alternate, generalmente con forma a mezza
luna, e da un solo canale attivo principale, ma sono presenti anche canali secondari aderenti ad una
delle due sponde. Se questi canali sono attivi vengono chiamati canali di taglio, viene detto invece
canale di morta la parte terminale di un canale ormai inattivo, alimentato solo durante le piene con
acqua stagnante per portate medio- basse.
4. Corsi d’acqua meandri formi - Il tracciato planimetrico di questa tipologia fluviale è costituito dal
susseguirsi di meandri in modo abbastanza ripetitivo e regolare. I corsi d’acqua meandriformi
generalmente presentano granulometria sabbiosa (ma anche ghiaia) e si trovano in aree con pendenze
molto basse. Sono frequenti nei fiumi meandriformi fenomeni di avulsione, ovvero l’abbandono di
un precedente tracciato in seguito ad erosione spondale durante un evento di piena, con formazione
di un nuovo alveo all’interno della piana alluvionale.
5. Corsi d’acqua anastomizzati - E’ una tipologia fluviale piuttosto rara, che si trova in aree con
pendenze bassissime dove il corso d’acqua tende ad accrescere i processi deposizionali. Si tratta di
fiumi pluricursali formati da due o più canali relativamente stabili, i cui rami sono separati da
porzioni di piana alluvionale con dimensioni molto maggiori alla larghezza del canale. I singoli
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canali morfologicamente sono spesso dei corsi meandriformi e la sinuosità è variabile, ma rispetto a
questi la loro dinamica è molto più lenta a causa dell’elevata coesione delle sponde che rendono
l’alveo molto stabile.

La metodologia proposta da Montgomery e Buffington costituisce un tentativo di sviluppare un sistema di


classificazione più articolato delle unità morfologiche che caratterizzano i corsi d’acqua montani.
Montgomery e Buffington proposero un sistema di classificazione composto da cinque tipologie di alveo:
1. Rapida (cascade) – Si intende un tratto del corso d’acqua caratterizzato da una corrente a velocità
sostenuta in cui il flusso presenta un’alternanza di getti in caduta e risalti idraulici e separazione
della corrente sopra o attorno ai grossi clasti;
2. Step-pool - Sono caratterizzati dall’alternanza di step (gradini) e dipool (pozze). Gli step sono
costituiti da un gruppo di massi fortemente incastrati fra loro e posti di traverso rispetto alla corrente
in modo tale da costituire una sorta di gradino. Lo spazio fra uno step e l’altro è occupato dalle pool,
che essendo composte da materiale più fine, evidenziano una differenziazione granulometrica molto
netta rispetto agli step.
3. Letto piano (plane bed) – Questo termine è utilizzato per indicare dei tratti d’alveo con un profilo
longitudinale regolare e senza brusche variazioni altimetriche. I tratti a letto piano si instaurano in
corsi d’acqua con pendenza da moderato ad alto, manifestandosi in tratti relativamente rettilinei.
4. Riffle pool - Un aspetto di molti corsi d’acqua è rappresentato dalla successione di tratti a pendenza
più sostenuta e profondità di flusso modeste (riffle) con tratti a profilo più piatto e tiranti d’acqua più
elevati (pool). L’alternanza di questi due elementi caratterizza la maggior parte dei corsi d’acqua
naturali di fondovalle e pedemontani ed è accompagnata dal susseguirsi ritmico di barre longitudinali
alternate in prossimità dei riffle e delle pool. Questa è una caratteristica tipica dei corsi d’acqua
ghiaiosi, dove generalmente sono presenti queste macro forme di fondo (riffle e pool) assenti altre
microforme di fondo su piccola scala, come le dune, le increspature e le antidune. I riffle sono zone
in regime subcritico-critico, con locali instabilità della superficie dell’acqua e piccoli risalti idraulici
lungo il tratto attraversato. La sequenza di riffle e pool è un aspetto caratteristico dei fiumi ghiaiosi
nei tratti a pendenza modesta, sotto un limite superiore di 0,01 m/m. I sedimenti dei riffle sono più
grossolani e meglio assortiti delle adiacenti pool, poiché i sedimenti fini sono vagliati nei raschi e
vengono depositati nelle pozze.
5. Dune ripple - I corsi d’acqua aventi una pendenza modesta e con materiale d’alveo costituito
prevalentemente da sabbia possono sviluppare una morfologia a dune-ripple, ovvero delle piccole
dune o increspature sul fondo. La configurazione del letto a dune-ripple dipende dalla profondità e
velocità della corrente, dalle dimensioni del materiale dello strato superficiale e dal tasso di
trasposto, dalla planimetria del corso d’acqua.

Tutti questi alvei hanno delle morfologie differenti perché l’interazione tra il flusso idraulico e il processo di
sedimentazione, e in particolare la quantità di energia dissipata dal moto turbolento, differisce tra un
caso e l’altro.

SISTEMAZIONI IDRAULICHE NEI TERRENI MONTANI


SISTEMAZIONE CON BRIGLIE E SOGLIE
Nelle zone montane, i torrenti cosiddetti di scavo presentano problemi di erosione del fondo alveo e delle
sponde e la sistemazione dell’alveo si ottiene in genere ricorrendo ad una serie di sbarramenti trasversali del
tronco fluviale montano mediante i quali si attua una sistemazione a gradinata del tronco, favorendo la
naturale tendenza del fiume a raggiungere pendenze minori, definite di equilibrio o di compensazione.
In pratica queste opere, denominate briglie di consolidamento per la loro capacità di rinforzare i versanti
indeboliti dall’erosione al piede, permettono al fiume di raggiungere la pendenza finale non più erodendo il
fondo bensì depositando materiale a monte di esse.
Laddove non si possa controllare l’erosione dei torrenti di scavo con la sistemazione a gradinata fornita dalle
briglie di consolidamento, come nel caso dei centri abitati montani in cui si aumenterebbe in tal modo il
pericolo di esondazione fluviale, si può effettuare una sistemazione a cunetta rendendo inerodibile l’alveo
con pietrame di grossa pezzatura legato con malta.

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Meno frequentemente la cunetta si costruisce con calcestruzzo; se la corrente in cunetta raggiunge velocità
eccessive nella sistemazione a cunetta si inseriscono salti di fondo.

STIMA DELLA PENDENZA DI EQUILIBRIO


Per la progettazione delle briglie e delle soglie in un tronco fluviale occorre preliminarmente determinare la
pendenza finale raggiunta la quale il fiume ritrova un suo equilibrio.
In realtà, il concetto di equilibrio si particolarizza in funzione del tipo di alveo in cui può essere raggiunto.
Per alvei montani caratterizzati da materiale grossolano proveniente da litotipi fortemente disgregati e
notevole trasporto solido di fondo, si parla di pendenza di compensazione dell’asta fluviale.
In paesaggi fluviali formati da litologie integre si parla invece di pendenza di pendenza di equilibrio a cui
dovrebbe tendere naturalmente la prima delle due pendenze.
Per la pendenza di equilibrio esistono formula sperimentali che valgono per fiumi in equilibrio stabile, come
i bacini alpini italiani, da utilizzare con qualche cautela per la situazione prevalente di equilibrio dinamico in
cui invece si trovano per molti corsi d’acqua.
Fra i metodi per la valutazione della pendenza di equilibrio o di compensazione, si ricordano:
 formula di Valentini;
 formula di Lelli.

STRUTTURA DELLE BRIGLIE


La briglia è un’opera trasversale al corso d’acqua, sporgente dall’alveo nel quale è fondata, costruita per
fissare col coronamento la quota dell’alveo stesso e determinare, col materiale che va accumulandosi verso
monte, la modifica della pendenza iniziale del fiume.
Le briglie, dal punto di vista statico, sono soggette a fenomeni di instabilità dovuti alla loro fondazione, agli
aggiramenti dovuti ai moti di filtrazione intorno alle spalle, ai sifonamenti, allo scalzamento al piede e agli
scavi a valle. Le briglie, in una prima fase, fino al completo riempimento di materiale solido a monte, si
comportano come modeste dighe di sbarramento. Esse presentano un’altezza massima solitamente inferiore a
10 m.
Una struttura classica di una briglia, in calcestruzzo o in pietrame, è costituita da un muro a sezione trapezia,
con paramento di monte spesso verticale, con adeguate fondamenta in alveo e sulle sponde nelle quali in
muro stesso è ammorsato. Il bordo superiore del muro è interessato dal deflusso di piena solo nella parte
centrale, la cui sommità è quindi più depressa. La sezione centrale, di forma trapezia, è detta gàveta, che ha
la funzione di mantenere concentrato il deflusso di piena nella parte centrale del corso d’acqua. Le parti del
muro poste a fianco della gàveta sono denominate ali della briglia.
A valle della briglia è necessario proteggere il fondo del torrente dall’erosione provocata dalla caduta
dell’acqua. Per attenuare l’energia cinetica della lama stramazzante, si ricorre o a rivestimenti del fondo con
materiale di grossa pezzatura o alla creazione di cuscini d’acqua tramite controbriglie, ottenuta con un muro
esteso a tutta la larghezza del torrente oppure con due muri radicati sulle sponde e un’apertura centrale.

SCHEMI E TIPOLOGIA E DI BRIGLIE


Diversi sono i tipi di briglie che si possono progettare:
 in calcestruzzo a gravità;
 in cemento armato;
 in gabbioni.

Fra i diversi tipi di briglie esistono quelle aperte, che possono essere a finestra, reticolari, a pettine o a
fessura. Inoltre, esistono briglie filtranti, cioè dotate di fori di drenaggio, ad arco, selettive, frangicolate a
speroni e per la trattenuta di materiali galleggianti.
Le briglie selettive, a differenza di quelle classiche che trattengono nel primo periodo tutto il materiale
trasportato, permettono invece la sua selezione granulometrica, trattenendo solo i sedimenti di maggior
diametro e rendendo meno incisivo l’intervento di sistemazione. Esse sono briglie dotate nella parte centrale
di un’apertura di notevole dimensioni che può essere fornita di una griglia a maglie larghe per la trattenuta
dei materiali grossolani come tronchi e arbusti.
Le briglie frangicolate a speroni sono adottate nelle zone interessate da colate di fango, riducendo l’energia
delle colate stesse e favorendo il deposito di sedimenti. La struttura di queste ultime briglie è costituita da ali

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radicate alle sponde: la zona centrale ospita una serie di speroni di conglomerato cementizio o d’acciaio con
luci libere tra loro di 2-3 m.

VERIFICHE DI STABILITA’ DI UNA BRIGLIA


Vanno determinate le condizioni d’alveo, se a debole o a forte pendenza, andando a calcolare l’altezza di
moto uniforme e l’altezza critica, in modo da individuare le condizioni di moto. Inoltre, va effettuato il
dimensionamento idraulico della gàveta, in cui si determina il tirante idrico sopra di essa, considerandola
come uno stramazzo a larga soglia.
Per il predimensionamento della briglia, una volta fissata l’altezza dalla gàveta al fondo alveo, occorre
determinare nell’ordine:
 spessore del coronamento;
 pendenza del paramento di valle e di monte (se esistenti) e che rappresentano la base della briglia
stessa;
 altezza della fondazione;
 profondità di escavazione al piede di valle della briglia.

L’intera struttura della briglia, con le specifiche della geometria sopra elencate, deve essere soggetta ad
opportune verifiche di stabilità. Qualora una delle verifiche non è soddisfatta, occorre di conseguenza andare
a diversificare alcune grandezze geometriche della briglia. Nel dimensionamento statico, la briglia viene
considerata come un muro a gravità, il cui stato di equilibrio globale può indagarsi con la statica dei corpi
rigidi.

Le forze instabilizzanti (ribaltanti) agenti su una briglia in generale sono:


 la spinta orizzontale idrostatica e del terreno a monte della briglia;
 la sottospinta idraulica;
 le forze statiche e dinamiche occasionali di diversa natura (ghiaccio, getto di corrente veloce, azioni
sismiche, spinte dovute a terreno franato);
 le spinte laterali dei versanti instabili;
 le sollecitazioni per depressione della vena stramazzante.

Le forze stabilizzanti agenti sulla briglia sono invece:


 il peso proprio della briglia;
 la componente della spinta idrostatica e della terra sul paramento di monte inclinato;
 il peso della lama stramazzante (peso dell’acqua sulla gàveta);
 la spinta dell'acqua sul paramento di valle;
 la spinta passiva del terreno sul paramento di valle e sulla fondazione.

La configurazione di carico più usuale è costituita da:


 spinta idrostatica;
 peso proprio;
 peso della lama d’acqua stramazzante.

Le verifiche di stabilità di una briglia vanno eseguite con riferimento a tre diversi stati di vita dell’opera.
Appena completata a monte della briglia è l’acqua ad esercitare la spinta idrostatica ed è questo il primo stato
di vita dell’opera da prendere in considerazione per le verifiche. Una ulteriore nuova condizione si raggiunge
quando la briglia a monte dello sbarramento risulterà riempita di sedimenti.

SISTEMAZIONI IDRAULICHE NEI TERRITORI MEDIO-VALLIVI


ARGINI E MURI DI SPONDA
L'argine è un'opera di difesa passiva del territorio atta ad impedire lo straripamento dei corsi d'acqua. Esso è
generalmente costituito da un rilevato impermeabile in terra simile ad una diga che può raggiungere altezze
anche considerevoli. Gli argini possono essere disposti in froldo, ovvero a diretto contatto con il flusso

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idrico, oppure posti a una certa distanza da questo. In questo secondo caso, la fascia di terreno compresa tra
l'alveo attivo e l'argine prende il nome di golena.

I muri di sponda (o di contenimento), costruiti in calcestruzzo armato o in pietrame, hanno stessa funzione
degli argini e sono costruiti solitamente nelle zone urbane. Così come per gli argini, i muri di sponda, che
presentano opportune fondazioni, devono essere progettati in modo da avere un franco di circa 1 m al
passaggio di una portata di piena ad associato tempo di ritorno di progetto.

CAUSE DI DISSESTO DEGLI ARGINI


Le più comuni cause di dissesto arginale sono:
 il sormonto - dovuto a diverse cause, tra cui le principali sono il superamento della portata di
progetto, la sottovalutazione della scabrezza dell’alveo, l’assestamento del rilevato, la subsidenza del
terreno;
 il sifonamento - consiste nell’asportazione di materiale sciolto nei punti in cui il moto filtrante
emerge alla superficie dalla parte del lato campagna;
 il franamento - può essere dovuto a varie cause che generano l’instabilità dei paramenti, in
particolare del paramento di monte, che più a lungo rimane immerso in acqua ed è soggetto talvolta
all’erosione al piede;
 lo sfiancamento - si verifica quando nella massa del materiale arginale, saturatosi, si sviluppano
pressioni interstiziali che possono rendere l’argine cedevole al piede;
 l’erosione - può interessare il paramento interno dell’argine per l’azione erosiva ed abrasiva della
corrente. La protezione del paramento si può effettuare con materassi Reno o con un rivestimento a
massicciata robusta.

CASSE DI ESPANSIONE
Le casse di espansione sono opere che consentono di ottenere la riduzione della portata al colmo di un’onda
di piena attraverso il temporaneo invaso di una parte del suo volume. Sul dimensionamento di queste opere
influiscono sostanzialmente la capacità da assegnare alle casse per ottenere una laminazione prefissata, cioè
una derivazione della portata da quello dell’alveo, e le caratteristiche geometriche e idrauliche dei manufatti
di imbocco e sbocco.
Le casse possono essere classificate in due categorie:
 in linea - invasano il volume mediante il rigurgito provocato da un’opera trasversale realizzata in
alveo, in genere una briglia o una traversa munita di luci a stramazzo o a battente che controllano la
portata effluente in funzione del livello nella cassa;
 in derivazione - consentono di ottenere una più efficace diminuzione dell’idrogramma di piena a
parità di volume invasato. Esse sfruttano porzioni di territorio che si sviluppano parallelamente
all’alveo, in generale aree di pertinenza fluviale, alle quali sono idraulicamente connesse attraverso
soglie tracimabili, sifoni od altri sistemi idraulici collocati nel corpo dell’argine fluviale.

DIVERSIVI E SCOLMATORI
I diversivi sono canalizzazioni artificiali effettuate lateralmente ad una sponda fluviale che opera con
continuità una derivazione di portata dal corso d’acqua principale (laminazione, e quindi, riduzione, della
portata di piena). Gli scolmatori agiscono sfiorando una portata idrica dal corso d’acqua da un incile con o
senza paratoia, quando il livello supera una determinata soglia prefissata. Funzionano quindi solo durante le
piene, modificando poco o niente il regime idrometrico del fiume nell’asta principale.

TRAVERSE
Una traversa fluviale è un manufatto, solitamente in calcestruzzo armato, che è costruito per far provocare
un rigurgito della corrente idrica e con lo scopo di addurre acqua dall’alveo fluviale.
Essa può essere definita come una piccola diga di sbarramento. A differenza delle dighe, le traverse
presentano un’altezza non superiore a 10 m e la creazione di un invaso non superiore a 100.000 m3 di acqua.
L’adduzione dell’acqua avviene o sul corpo stesso della traversa con una griglia posta sulla parte superiore di
essa, o dalle sponde subito a monte del manufatto attraverso paratoie fisse o mobili, o sfioratori laterali. Dal
punto di vista idraulico, la traversa si comporta come uno stramazzo a larga soglia.
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A valle di essa, si costruisce, per la protezione dall’erosione creata dal corso d’acqua, una platea in
calcestruzzo e, successivamente, un gradino rialzato per far sì che il risalto idraulico, nel caso di corrente
lenta, avvenga subito a valle della traversa.
Un manufatto come la traversa segue gli stessi criteri di stabilità della briglia, in cui risulta necessario il
soddisfacimento delle verifiche a ribaltamento, scorrimento, schiacciamento e sifonamento.

GABBIONI
I gabbioni sono particolari strutture adottate per la protezione delle sponde dall’erosione indotta dalla
corrente fluviale o nella costruzioni di opere fluviale quali briglie e pennelli. Essi sono strutture aperte e
modulari, costituite da reti metalliche a forma di prisma parallelepipedo o di materasso o ancora di sacco,
riempite di pietrame di opportuna pezzatura e caratteristiche.
La rete è di filo di ferro zincato a maglie esagonali con collegamenti a doppia torsione, per ridurre il pericolo
di apertura del gabbione in caso di rottura del filo metallico. I bordi dei gabbioni sono rinforzati con filo
metallico di spessore maggiore per facilitare il piegamento nella messa in opera e per dare maggiore
resistenza. I singoli elementi vengono legati tra di loro ad assumere le forme previste dall’opera di progetto.
Con tale elemento costruttivo modulare molto spesso si erigono muri di sostegno, rilevati stradali e
ferroviari, sbarramenti fluviali in alveo, difese di sponda e per il mantenimento di terreni franosi.
Tra le caratteristiche tecniche essenziali del gabbione (dettaglio in Fig. 46.4) si segnalano:
 la deformabilità, che li rende adatti a terreni franosi;
 la resistenza a trazione, funzionando la rete da armatura;
 l’effetto drenante, che riduce le spinte idrostatiche;
 la modularità, che permette l’eventuale modifica della struttura secondo esigenze future;
 la riparabilità, essendo ricucibili e rifasciabili con pezzi di rete nuova.

PENNELLI
Un pennello (o repellente) è una struttura ben ammorsata alla sponda che si protende in alveo in senso
approssimativamente trasversale alla corrente con una prevalente dimensione lineare, costruito con lo scopo
di accentrare la corrente evitando l’erosione della sponda ed il divagamento dell’alveo.
Concretamente, la difesa di una sponda fluviale con tale sistema richiede la progettazione di una serie (o
batteria) di pennelli, costituendo pertanto nel complesso un’opera di difesa longitudinale delle sponde
naturali o artificiali che tende a stabilizzare le sponde stesse allontanandone la corrente e riducendo la
sezione trasversale dell'alveo.
I diversi tipi di pennelli che in genere vengono utilizzati si schematizzano a seconda dell’orientamento
rispetto alla direzione della corrente:
 normali alla corrente,
 controcorrente,
 a favore di corrente;

A seconda della morfologia del pennello:


 ad asta semplice,
 a martello,
 a baionetta

A seconda della tipologia di costruzione:


 rigidi (pietrame e malta),
 semirigidi (elementi di calcestruzzo),
 flessibili (gabbioni, gettate di blocchi).

TECNICHE DI INGEGNERIA NATURALISTICA


L'ingegneria naturalistica è una disciplina tecnico-scientifica che studia le modalità di utilizzo, come
materiali da costruzione, di piante viventi, di parti di piante o addirittura di biocenosi vegetali, spesso in
unione con materiali non viventi, come pietrame, terra e legname.
In questo contesto, si tenta di valorizzare l'effetto stabilizzante che alcune specie vegetali sono in grado di
esercitare sul suolo.
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A seconda del modo e del tipo di costruzione, possono assumere importanza primaria i seguenti effetti:
 tecnico: protezione dell'area della sponda da erosione superficiale, causata dalla corrente, dalle
precipitazioni, dal vento e dal gelo. Aumento di stabilità delle sponde per la creazione di un sistema
fibrorinforzato terreno-radice e per il l'effetto drenante delle piante.
 economico: diminuzione delle spese di costruzione e di manutenzione;
 estetico-paesaggistico: inserimento delle costruzioni e delle opere nel paesaggio; recupero delle aree
paesaggisticamente degradate.
 ecologico: bilanciamento degli estremi di temperatura e di umidità nello strato aereo vicino al
terreno e con ciò creazione di condizioni favorevoli allo sviluppo della vegetazione; miglioramento
del bilancio idrico del terreno (drenaggio o immagazzinamento) tramite l'intercettazione,
l'evaporazione, l'evapotraspirazione e la capacità di immagazzinamento; preparazione del terreno e
formazione di humus a seguito della caduta e della decomposizione dei resti vegetali.
 corsi d'acqua: gli interventi possono riguardare il consolidamento delle sponde, con relativo
rinverdimento; azioni per limitare il trasporto solido o per rallentare la corrente; costruzione di
briglie e pennelli; creazione di rampe di risalita per agevolare la presenza dell'ittiofauna.
 zone umide: realizzazione di ambienti idonei alla sosta ed alla riproduzione degli animali.
 versanti: consolidamento ed inerbimento di pendici, sistemazione di frane. .

Fra le tecniche di ingegneria naturalistica più diffuse si ricordano:


 viminate, dette anche palizzate, graticci o staccionate (pali in larice o castagno conficcati nel terreno
tra i quali s’intrecciano vimini di salice fresco);
 fascinate (simili alle viminate, con la differenza che la loro struttura, anziché essere costituita da un
graticcio di vimini, è formata da parecchie fascine sovrapposte);
 massi con talee di salice (le talee sono segmenti di fusto di specie arbustive e arboree in grado di
produrre radici; infatti, lo sviluppo dell’apparato radicale dei salici crea un collegamento fra gli
scogli e il terreno; l’ingrossamento del tronco delle talee crea una compressione tra i massi vicini,
con un miglioramento della stabilità);
 cotici erbosi;
 talee-arbusti;
 coperture diffuse.

Infine, meritano un particolare cenno i materiali geotessili, che rappresentano prodotti tessili applicati nel
campo dell’ingegneria geotecnica.
I geotessili possono assolvere nel campo idraulico e della meccanica delle terre diverse funzioni: controllo
dei processi di filtrazione e drenaggio, separazione di fasi terrose a diversa granulometria e rinforzo delle
terre.
I principali vantaggi che hanno portato questi materiali ad essere sempre più utilizzati per le difese fluviali
riguardano la possibilità di evitare di impiegare materiali a granulometria differenziata che si richiedono per
la realizzazione di filtri nelle zone di raccordo tra materiali a granulometrie diverse, di evitare o ridurre
operazioni di drenaggio e bonifica del terreno di fondazione, e di ridurre i costi di manodopera,
manutenzione e ripristino.

BONIFICHE
CANALI DI BONIFICA
Col nome generico di bonifica si indica il complesso di quei lavori che si eseguono allo scopo di rendere
coltivabili e salubri vaste aree altrimenti improduttive e malsane a causa di scarso drenaggio e conseguente
ristagno delle acque. Ci sono due modi per eseguire le bonifiche:
 per prosciugamento - quando si raccolgono le acque di cui il terreno è imbevuto o coperto, e si
recapitano entro un alveo naturale;
 per colmata - quando, per mezzo dei depositi alluvionali di acque limose deviate da un corso d'acqua
naturale, si rialza la superficie del suolo depresso e paludoso, in modo da rendere possibile il
drenaggio e la sistemazione.

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BONIFICHE PER PROSCIUGAMENTO
La bonifica per prosciugamento si compie essenzialmente costruendo una rete di canali di scolo, che
seguono le linee più depresse del terreno, e man mano confluiscono, sino a recapitare le acque in un
collettore principale, che le allontana dalla zona bonificata, e le scarica nel recipiente. La rete presenta quindi
procedendo dal basso verso l'alto:
 il canale primario (collettore principale od emissario) che corre lungo la linea più bassa della zona da
bonificare;
 i canali secondari che, dalle singole superfici in cui la zona suddetta è suddivisa, conducono le acque
al canale primario;
 i canali terziari, che si scaricano nei secondari, o talvolta anche direttamente nel collettore principale
e verso monte si dividono man mano in canaletti minori, sino alle ultime ramificazioni, costituite da
semplici fossetti a fior di terra, o da condotti o tubi sotterranei di drenaggio.

BONIFICHE PER COLMATA


Per questo sistema di bonifica occorrono i canali di colmata, che portano le acque torbide dal fiume a
riversarsi sulla zona da bonificare, ed i canali di scarico i quali raccolgono le acque dopo che abbiano
depositato i materiali in sospensione e le riconducono all'alveo da cui furono tolte, od in altro ricevente.
La zona da bonificarsi, detta bacino o cassa di colmata, deve essere delimitata con arginature sufficienti a
contenere la maggior altezza d'acqua che vi si voglia immettere durante i periodi di piena del fiume.
Se il bacino è molto ampio conviene dividerlo in parecchi scomparti da riempirsi in fasi successive del
lavoro, e la divisione si ottiene mediante argini interni che servono pure come vie di comunicazione; si
bonificano prima i terreni più vicini al fiume da cui si deriva l'acqua, e poi quelli più lontani.
La presa delle acque dal fiume si fa con apposito edificio a paratoie; la velocità dell'acqua nel canale
derivatore deve essere sufficiente a garantire che non si verifichino interrimenti prima di giungere sulla zona
da bonificare.

CRITERI PROGETTUALI
A livello di progettazione di sistemi di bonifica, occorre dimensionare la quota massima del canale di
bonifica. In questo contesto bisogna determinare il cosiddetto franco di bonifica, ovvero il valore da
attribuire al dislivello che si vorrà ottenere fra la superficie del terreno e il livello normale dell’acqua nei
fossi di scolo. Esso deve tener conto del franco di coltivazione e del franco di sicurezza (o di piena).
In particolare, il franco di coltivazione è la distanza minima ammissibile fra la superficie del terreno e la
falda freatica per garantire ovunque nel terreno il mantenersi di condizioni di umidità più favorevoli per le
varie colture. Il franco di piena rappresenta invece il livello minimo del franco di bonifica che si ammette
possa verificarsi, limitatamente a brevi periodi, in occasione della massima piena di progetto.

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