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INTRODUZIONE

Ecologia: studio degli organismi nel loro ambiente e le interazioni che hanno tra di loro e l’ambiente stesso.
Si parla di sistemi complessi costituiti sia da elementi abiotici che biotici: sono sistemi aperti che hanno
proprietà collettive (deducibili da quelle dei sottosistemi presenti) e proprietà emergenti (non deducibili dai
sottoinsiemi ma derivanti dalla loro interazione).
Vi sono continui scambi con l’atmosfera, continui scambi di biomassa ed energia, catene trofiche e
alimentari complesse.
Il tipico ecosistema marino vede acqua, fondali, animali, energia solare e vari scambi con l’atmosfera in cui è
presente ossigeno (proveniente da organismi fotosintetici del mare e dall’atmosfera: non è solo il mare a
donare ossigeno all’atmosfera ma anche il contrario), anidride carbonica ecc.

Importante suddivisione delle acque (vedi foto sotto) e dei fondali in cui vi sono 2 domini: il pelagico e il
bentonico.
Il dominio pelagico vede una provincia neritica e una provincia oceanica.

Andando in profondità diminuisce la luce: i fotosintetici sono svantaggiati


La piattaforma/crosta continentale è la zona compresa nei primi 120m di profondità (le croste continentali
e quelle oceaniche sono differenti e quelle continentali stanno sopra le oceaniche).
A seguire c’è la piattaforma/crosta oceanica più o meno estesa.
A 120m circa c’è la rottura di pendenza con l’inizio della scarpata continentale.
Scendendo il colore è più scuro perché c’è meno luce per l’effetto di filtro dell’acqua, fondamentale perché
da ciò dipende la presenza di organismi fotosintetici e quindi influenza la vita.
Quindi c’è una zona fotica con presenza di luce e una afotica senza luce (mesofotiche = con luce ma in meno
quantità).
Andando verso il basso troviamo la zona batipelagica (scarpata fino a 200 metri) poi c’è zona
abissopelagica (piana abissale a 3000 metri) e al di sotto si trovano fosse oceaniche (adopelagica).

BENTONICO
Si verifica il fenomeno della variazione di marea (il mediterraneo ha una variazione di marea piccola, di
circa 30cm, il mare adriatico anche attorno a 1m). La marea media del pianeta è intorno a 2-3 metri per gli
oceani.
Vi sono quindi zone di marea continuamente soggette ad allagamento ed emersione, gli organismi devono
essere adattati (il numero di ore di tali fasi fa la differenza tra le forme di vita presenti).

Sopralitorale: zona poco bagnata


Mesoliterale o interditale: dove c’è alta/bassa marea.
Infralitorale: sotto la bassa marea (qui troviamo organismi sempre sommersi e diventa importante il fattore
luce che distingue infralitorale e circalitorale (dipende dalla presenza di fitoplankton che modifica la

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filtrazione della luce e quindi per distinguere i due si analizza specie caratteristiche come la posidonia
oceanica o altre alghe fitofaghe e in particolare il loro limite inferiore).
Le specie sciabile sono specie che preferiscono avere poca luce.
Più in profondità c’è il piano batiale poi abissale e adale.
Si arriva ad un punto di compensazione della luce al di sotto di quel livello gli organismi non riescono più a
crescere).

Le 3 grandi categorie delle forme di vita marine sono:


1. Plancton: organismi che vivono trasportati dalle correnti
- Fitoplancton
- Zooplancton
2. Necton: organismi che vivono nuotando liberamente
- Olo- e meronecton
- La vita in banchi
3. Benthos: organismi che vivono in stretta relazione col fondale
- fitobenthos
- zoobenthos
- vagili, sessili (epibionti, endobionti, endolitici)
- predatori, detritivori, filtratori
- zonazione orizzontale e verticale
Vi sono poi delle situazioni più intermedie.

STRATEGIE ADATTATIVE
Gli abitanti marini hanno dovuto sviluppare vari adattamenti e specializzazioni alle condizioni ambientali e
alle loro variazioni durante il loro ciclo vitale. Vi sono varie motivazioni relative a:
• Densità dell’acqua (830 volte quella dell’aria)
• Temperatura (-1.9 – 400 °C)
• Salinità
• Luce
• Trasmissione del suono

Le strategie adattative possono essere riproduttive, comportamentali, morfologiche, fisiologiche o


biochimiche.

Taglia
Gli organismi che vivono in mare beneficiano della spinta idrostatica (principio di Archimede) che dipende
anche dalla salinità dell’acqua: gli organismi hanno meno necessità di sostenere il peso. Non a caso gli
organismi più grandi esistenti sono marini (balenottera azzurra lunga 35m, 190 tonnellate).

Galleggiamento
Varia in base alla densità che dipende da vari parametri:
• Acqua 1,02 – 1,04 g cm-3
• Citoplasma animale 1,03 – 1,10 g cm-3
• Tessuti dei pesci 1,07 g cm-3
• Frustuli silicei delle diatomee 2,60 g cm-3
• Gusci e placche calcaree 2,70 – 2,90 g cm -3
I vari adattamenti, inoltre, vantaggiano o svantaggiano la caduta. Le forme che frenano l’affondamento sono:
• Riduzione delle dimensioni,
• Aumento superficie corporea,
• Forma a campana.
La riduzione della densità corporea aiuta il galleggiamento tramite strutture come:
• Sacche aeree,
• Riserve lipidiche (0,86-0,91 g cm-3) dato che i grassi sono meno densi dell’acqua,
• Vescica natatoria/aerocisti.

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Nuoto
Anche il nuoto attivo è importante soprattutto per i pesci che non hanno la vescica natatoria. Vi sono varie
tipologie di nuoto, tra cui quello vero e proprio utilizza le pinne. Le specializzazioni sono volte a percorrere
grandi distanze (elevata capacità di costanza nel mantenere velocità, come il tonno), ad accelerare (per
catturare prede, per esempio, come lo sgombro) o in alternativa vi sono pesci specialisti in manovra (come il
pesce farfalla). Ovviamente in base al caso le pinne hanno caratteristiche differenti. Alcuni pesci quindi sono
specializzati nell’infossamento, nel salto, negli scatti, nel volo (organismi marini che possono uscire
dall’acqua). Vi sono poi pesci con caratteristiche comuni, delle vie di mezzo.

Dispersione della specie


Altro adattamento alla vita acquatica è quello della capacità dispersiva degli organismi (in particolare per
organismi con scarsa capacità di movimento). Avviene in diversi modi:
- fasi di vita che permettono il trasporto, come ad esempio le fasi dispersive (fasi giovanili planctoniche
ma anche prodotti sessuali o larve lasciate in acqua)
- farsi trasportare da altri organismi (foresi)
- Sfruttare oggetti galleggianti (bottiglie, tronchi, foglie) in questi casi si parla di individui adulti che poi si
riproducono in un altro posto e ciò ha influenzato le disposizioni delle specie marine e portano agli
ambienti marini che conosciamo oggi.

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ADATTAMENTI
Gli adattamenti degli organismi includono varie sfaccettature (fisiche, chimiche, morfologiche…). Seguono
vari esempi.

Trasporto
Una forma di adattamento è relativa al trasporto. Le correnti marine sono i nastri trasportatori della vita in
mari e oceani. Si hanno vari modalità di trasporto:
- Fasi dispersive si parla di plancton, specie sessili o sedentarie (nelle loro varie Fasi di vita,
spesso larvali o per propaguli);
- Foresi animali trasportati da altri animali (ad esempio le balene che trasportano organismi che
si attaccano sul loro corpo);
- Rafting animali trasportati da oggetti (come plastiche, tronchi, foglie).

Strutture di sostegno e protezione


Un'altra forma di adattamento è relativa alle strutture di sostegno e protezione che si sono evolute per
resistere alla pressione o per la difesa dell’organismo (scheletri ed esoscheletri, spine, per calcificazione dei
tessuti, spicole, scleriti...).
Spesso ci sono organismi che producono carbonato di calcio piuttosto che silice: ci sono anche molte specie
vegetali che sviluppano calcificazione sia per difesa che per sostegno (è il caso di tante alghe che risultano
anche meno commestibili se dure e calcaree). Vengono realizzati sedimenti di grande importanza.
Nel caso degli esoscheletri è probabile che servano per accrescere l’organismo.
Un buon esempio è quello dei coralli: ci sono i coralli “duri” calcificati ma anche anemoni che hanno una
struttura non rigida ma che contengono ugualmente strutture di questo tipo (spicole). Anche per le spugne il
discorso è analogo in quanto ci sono spugne molto robuste calcaree e altre con delle spicole: queste strutture
servono a mantenere la sua struttura e forma, noi per classificarle abbiamo bisogno di una analisi del suo
DNA.

Biocostruzione
La deposizione di carbonato di calcio è molto importante e dà luogo a biocostruzioni, vere e proprie strutture
e substrato secondari prevalentemente costituiti da carbonato di calcio; è il caso della barriera corallina (la
“grande barriera corallina” in australia è la struttura più grande che c’è). Ci sono alcuni coralli in simbiosi
con le zooxantelle (alghe fotosintetiche) molto importanti alla formazione di substrati di roccia.
I coralli, come già detto, sono biocostruttori ma sono presenti anchealtri organismi quali:
- alghe calaree, soprattutto le alghe rosse sono organismi calcari con velocità di crescita più lent dei
coralli. Le alghe corallinacee hanno un tasso di calcificazione variabile: nel nostro mare il tasso di
calcificazione è 1/10 di quello dell’australia, per esempio, che in un secolo apporta 1m di spessore
aggiunto. Da ciò ne deriva un diverso tasso di recupero a seguito di perdita di calcificazione.
- policheti ci sono i serpulidi (che fanno tubini di carbonato di calcio, si accrescono e formano strutture
rilevanti visibili anche sulle basi delle navi o anche su intere isole) e i aabellaridi (che realizzano la
propria protezioni con particelle di sabbia. Le strutture sono anche abbastanza grandi e tipicamente in
prossimità di estuari e canali di scolo, molto diffusi in ambienti temperati. Accolgono una moltitudine di
crostacei, pesci, alghe…)
- bivalvi ci sono i cosiddetti “banchi di ostriche” attualmente in riduzione (nel mediterraneo sono
scomparse da secoli) a causa delle pesche distruttive, dalla diffusione di patogeni e da altri vari impatti.
Si sta valutando di riinsiediare questi banchi di ostriche riportando le ostriche originarie nelle rispettive
località.

Le varie biocostruzioni del mediterraneo quindi comprendono in superfice:


- strutture sebellarie
- terrazzamenti costieri realizzati da vermetidi (molluschi)
- Lithopyllum reefs  costituito da alghe calcaree che costituiscono un “marciapiede” a bordo della costa.

In profondità:

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- Coralligenous reefs (dai 30m in giù prevalentemente)  in cui aumentano le alghe calcaree, il termine
indica le zone in cui si andava a pescare il corallo rosso; in questo caso però il biocostruttore principale è
un’alga calcarea. Il coralligeno mediterraneo si distingue in:
- Terrazzamenti rocciosi sottomarini presenti lungo pareti rocciosi e le alghe tendono a crescere su
rocce preesistenti e tendono a sporgersi verso la colonna d’acqua creando dei terrazzamenti
sommersi. Sotto i terrazzamenti sporge il corallo rosso rivolto verso il basso.
- Incrostazioni e banchi calcarei sulle piattaforme continentali: le alghe aderiscono ad un substrato già
consolidato o da altre alghe calcaree dette rodoliti (alghe corallinacee che crescono come forme
libere e, trasportate dalle correnti, formano il substrato rigoso) o da sedimenti cementati per altre
ragioni (per esempio a causa di flussi di acque dolci che trasportano sabbia silicea che si cementa,
sono importanti le comunità batteriche che stabilizzano la sabbia che verrà incrostata). Spesso il
processo coinvolge batteri che catturano le particelle di sabbia, la stabilizzano e a seguito altri
organismi la incrostano.

La biocostruzione subisce continuamente processi di bioerosione: la biocostruzione è un processo


continuamente variabile in base alle condizioni esterne e di bioerosione. Si passa dalla fase alfa, poi beta e
gamma: la fase finale in cui la bioerosione ha consumato tutto il carbonato di calcio è la fase gamma.
I bioerosori sono le spugne, i policheti (come ad esempio i datteri di mare) e i bivalvi che tendono a
prevalere in condizioni disturbate.

Alimentazione
Gli adattamenti relativi all’alimentazione riguardano diverse modalità e di conseguenza si parla di organismi:
- Filtratori o sospensivori i sospensivori acquisiscono cibo dalla colonna d’acqua, ci sono
micropredatori come il corallo che non inala l’acqua ma ha dei polipi urticanti sulla sua
superfice che vanno a catturare gli organismi in sospensione.
- Detritivori o limivori decompongono e rimaneggiano la sostanza organica
- Necrofagi si alimentano di particelle molto piccole; sono compresi spugne, policheti
- Predatori ed erbivori
- Microfagi e macrofagi

Temperatura
Ci sono organismi che hanno buona capacità di adattamento alle variazioni di temperatura e si parla di
euritermi; ci sono poi, al contrario, organismi che si adattano meno facilmente e prendono il nome di
stenotermi.
Per esempio in una laguna è più facile che ci siano euritermi dato che si verifica spesso una variazione di
temperatura (sia giornaliera che annuale). In ambienti tropicali o ai poli invece essendoci sempre una
temperatura molto alta o molto bassa ci saranno specie stenoterme che non hanno sviluppato la necessità di
adattarsi a variazioni di temperatura.
Ci sono ice-fish che hanno una molecola antigelo nel sangue: riescono a bloccare la formazione di cristalli di
ghiaccio nel sangue che provocherebbe la loro morte: è una forte forma di adattamento alle basse
temperature.

Vennero svolti esperimenti su cozze: i ricercatori hanno prelevato le cozze da un ambiente a 15°C e hanno
poi verificato il loro adattamento una volta poste in ambienti a temperature più alte. Si notò che le cozze in
ambiente caldo hanno subito accelerato il loro metabolismo a differenza di quelle in temperature più basse
che invece hanno ridotto il loro metabolismo. Nel giro di alcuni giorni però il loro metabolismo torna a
stabilizzarsi tornando alla condizione primitiva, ovvero quella da cui sono state prelevate nonostante
continuassero a vivere nell’ambiente imposto dai ricercatori.

Ossigeno
L’ossigeno disciolto nell’acqua in forma gassosa e quindi respirabile è poco rispetto alla quantità
atmosferica. L’ossigeno si misura in ml/L d’acqua o come percentuale di saturazione calcolata rispetto alla
quantità massima di solubile data la capacità di dissoluzione del gas nell’acqua che dipende dalla
temperatura e dalla salinità. Acque calde contengono meno ossigeno, acque salate contengono meno
ossigeno.

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Gli organismi adottano strategie per ottimizzare l’estrazione di ossigeno: molti respirano tramite la pelle, altri
hanno branchie sviluppate (alcuni policheti hanno estroflessioni per espandere la superfice), altri hanno
pigmenti accessori (si tratta di emoglobine, emoeritrina, emoavanadina, emocianine e clorocrurine).
Sono utili processi di simbiosi con organismi che riescono più facilmente a procurare ossigeno ed è il caso
dei coralli e zooxantelle: le alghe producono ossigeno di giorno e favoriscono la deposizione di carbonato.
Ci sono processi metabolici anaerobici (temporanei) che favoriscono l’assunzione di ossigeno.

Esposizione all’aria
Ci sono organismi adattati alla vita fuori dall’acqua. Le strategie sono relative al mantenimento dell’acqua, le
cozze per esempio si chiudono, altri si infossano, altri respirano l’aria (come i dipnoi).

Salinità
Ci sono organismi con tanta tolleranza alle variazioni di salinità e si parla di eurialini, al contrario altri sono
stenoalini. Gli animai che vivono nelle pozze di marea sono eurialini, l’acqua che arriva è salata ma poi
evapora lasciando i Sali marini sul substrato e la salinità aumenta tanto: l’organismo deve essere adattato.
Nelle lagune le acque sono salmastre (con caratteristiche sia del mare che del fiume) e la salinità è variabile
quindi gli organismi devono essere eurialini. Ci sono poi specie anadrome e specie catadrome adattate al
passaggio dall’acqua dolce a quelle salate o viceversa. La variabilità è in relazione alla profondità e alla
posizione globale: l’acqua dolce dei fiumi nei delta sta sopra a quella del mare salata, c’è forte
stratificazione; altre stratificazioni sono in relazione al termoclino per esempio, quindi le condizioni sono
continuamente variabili.
Ci sono organismi osmoconformi che conformano la concentrazione di sale intera con quella esterna (è il
caso dei policheti) e osmoregolatori, organismi più evoluti (pesci), che mantengono la concentrazione di sale
indipendentemente dalle condizioni esterne.
I pesci bevono acqua salata ma riescono a espellere i Sali in eccesso dalle branchie e dai reni tramite urine
ipertoniche.

Pressione
Gli organismi anche costituiti di materiali incomprimibili risentono della pressione. Ci sono specie che
riescono a vivere ad alta profondità, altri solo in superfice e altri che hanno la capacità di spostardsi. Si parla
di specie stenobate se riescono a vivere ad alta profondità, diversamente si parla di specie euribate.

Luce
L’acqua ha un enorme effetto a filtro luce blu e lascia passare la luce blu
trattenendo le altre frequenze. La luce rossa si perde subito in superfice. Queste
variazioni comportano conseguenze per la fotosintesi. Tutti gli organismi
hanno clorofilla a (colorazione verde) ma hanno anche pigmenti accessori che
consentono di sfruttare l’energia luminosa a diverse intensità: si parla di
zoonazione verticale (di vegetali tendenzialmente). Le variazioni sono
immediatamente percettibili. Dentro una grotta la vegetazione compare subito.
L’effetto filtro è sempre più rilevante scendendo.
I vari pigmenti comprendono:
- Clorofilla a cattura la luce nel rosso e nel viola
- Clorofilla b cattura il giallo e il blu
- Clorofilla c, rara
- Carotenoidi e altri pigmenti accessori
Frazione di energia luminosa fotosinteticamente attiva è compresa tra i 400 e i 700nm. Tutti gli organismi
fotosintetici posseggono la clorofilla a, mentre per il resto:

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Le alghe sono di vario tipo: ci sono le alghe verdi fotofile in superfice, seguono le specie più brunastre e più
in profondità quelle rosse. La loro distribuzione dipende anche dalla torbidità e di possibilità di
alimentazione.
Grande porzione dei nostri mari è priva di luce ma si sono evolute specializzazioni per organismi marini
affinché sia possibile una sorta di visione. Un esempio è la bioluminescenza, processo biochimico operato
da una serie di specie attraverso una reazione chimica che coinvolge la proteina luciferina e altri enzimi
come la luciferasi con produzione di energia luminosa usata in 2 modi:
- Consentire la visione
- Sistema difensivo (abbagliare altri organismi)
Organismi bioluminescienti possono essere fitoplancton ma anche teleostei: ci sono varie modalità in base
alla specie, alle sue caratteristiche e necessità. Esistono anche delle alghe eterotrofe che non fanno più
fotosintesi bioluminescenti.

Conducibilità elettrica e organi di senso


Alcuni organismi posseggono occhi giganti adattati ad alte profondità: è il caso dei calamari giganti che
arrivano anche in superfice, hanno bisogno di vedere a diverse profondità anche non totalmente buie (di notte
usano la bioluminescenza).
Altri animali riescono a misurare la conducibilità elettrica: la presenza di sale nell’acqua permette la
conducibilità e gli organismi in questione hanno dei recettori per l’elettrorecezione (i vari organi di senso
ovviamente sono diversi in base alla specie).
Altri animali riescono poi a percepire i rumori grazie ai quali riescono a muoversi, orientarsi, comunicare,
predare, difendersi ecc.
I rumori sono onde meccaniche che si propagano nell’acqua; la densità dell’acqua è maggiore di quella
dell’aria quindi in acqua la propagazione è più veloce (fino a 1500 m/s).
La linea laterale dei pesci è una serie di meccanocettori che percepiscono le variazioni di pressione
nell’acqua: un’onda meccanica genera delle variazioni di pressione che, a seconda della frequenza, viene
percepita diversamente.
Questo consente:
- il nuoto sincronizzato di branchi di pesci,
- locomozione e movimento anche per migrazioni e lunghi tragitti
- l’individuazione di oggetti/prede,
- comunicazione tra i pesci
Tanti pesci, crostacei, i bivalvi ecc producono tantissimi suoni in vari modi: alcuni crostacei sbattono le
chele, altri le sbattono contro le rocce, alcuni pesci producono fischi, altri dei click ripetuti, alcuni bivalvi
producono suoni muovendo le valve.
Noi in mare non percepiamo rumore ma in realtà il mare è un luogo rumoroso e chiassoso in cui organismi di
varie specie comunicano anche con onde sonore emesse da loro stessi e che poi di scontrano contro
oggetti/altri pesci/substrati garantendo movimento, orientamento e predazione.
Tutti questi fenomeni prendono il nome di Bioacustica e avviene anche tramite urti e sbattimenti,
sfregamenti (per crostacei e pesci), emissione di bolle, vibrazioni della vescica natatoria, vocalizzazioni
muscolari nei cetacei.
L’emissione di suoni avviene per 2 scopi essenzialmente:

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- ecolocalizzazione: emettono l’onda meccanica e ascoltano il rimbalzo per orientarsi o
individuare qualcosa
- comunicare tra loro anche a distanze elevate

Proprio per questi motivi le azioni rumorose umane che avvengono nell’ambiente marino vanno a impattare
tantissimo sui pesci e sugli altri organismi (ricerca idrocarburi, utilizzo esplosivi, bombe d’aria ecc…).

1. PLANCTON
I plancton non hanno capacità propria di movimento, non riescono ad opporsi al moto delle correnti e si
fanno trascinare. Il grande gruppo dei plancton comprende dei sottogruppi:
- fitoplancton
- zooplancton
- oro- e mero- plancton
e avvengono spesso delle migrazioni nictemerali. Come già accennato oltre al grande gruppo del plancton
c’è anche il Necton e il Benthos.

La biodiversità, che comprende sia forme vegetali che animali, è enorme e ne conosciamo solo una porzione
limitata.

Alcuni esempi
Tra i plancton ci sono varie specie tra cui molluschi, pesci, uova, tanti stadi larvali, crostacei, alghe, batteri,
cianobatteri, diatomea (le diatomee si dividono in centrales e pennales) ...
Sono inoltre inclusi anche virus, batteri, microplancton (tra questi troviamo i protozoi e i metazoi),
microalghe, ma anche grandi animali gelatinosi come le meduse.
Ci sono alcune alghe che riescono a raggiungere in pochi giorni una densità molto elevata tale da conferire
colore all’acqua.
Ci sono poi alcuni organismi come i foraminiferi che hanno gusci calcarei e si accumulano sui sedimenti; a
causa della pressione si sposta l’equilibrio dei carbonati e la dissoluzione prevale sulla sedimentazione,
raggiunte certe profondità non c’è carbonato di calcio e non possono esserci organismi che dipendono da
quei substrati (come tanti policheti).
Ci sono poi i copecodi che sono molto importanti perché alla base di tante catene alimentari).
Alcune larve planctoniche hanno una bolla d’aria come riserva alimentare da utilizzare fino allo stadio
successivo.
Anche la larva di un icefish è planctonica (gli icefish abitano in zone fredde e riescono a non far congelare il
sangue).
Anche gli ctenofori sono plantonici e hanno pareti ciliate lungo i raggi rifrangenti.
La larva delle anguille, alcuni crostacei come gamberetti sono altri esempi.
Ci sono anche microalghe unicellulari flagellate: alcune sono importanti per la produttività primaria, altre
sono tossiche.
Ci sono poi sargassi galleggianti in superfice che arrivano anche a costituire grandi distese.
Ci sono poi schiume (si notano anche a riva) che sono dovute all’accumulo di sostanze grasse e proteiche che
tendono a creare schiuma in superfice ma sono realizzate da organismi marini.
Esiste poi il caso di mucillagini, sostanze schiumose prodotte da alghe planctoniche tramite alcune attività
biologiche naturali che magari in un particolare periodo sono più intense. Sono fenomeni naturali di norma
che però potrebbero aumentare a causa dell’inquinamento. Da ciò ne deriva a volte una iper produzione
planctonica. Il Tirreno ogni anno è invaso dalle mucillagini, al loro interno si possono sviluppare comunità

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batteriche e si formano gas che le portano in superficie mentre se non si creano si depositano sul fondo
ricoprendo i fondali e gli organismi che vi vivono (in realtà nelle giuste quantità sono processi naturali, a
meno che il mare non sia stato inquinato da fertilizzanti, che favoriscono la produzione fitoplanctonica).

CLASSIFICAZIONI
Il plancton viene classificati in base a:
- funzioni (fito, zoo)
- dimensioni (si parla di dimensioni che variano da quelle di batteri a quelle di animali molto grandi)
- distribuzione (batimetrica)
- ciclo vitale ci sono organismi oloplanctonici che trascorrono tutta la vita da plancton, altri invece solo
una parte e sono detti meroplancton.
- stagionalità

I gruppi trofici principali sono:


- fitoplancton
- zooplancton
- micoplancton
- bacteriopancton
- virioplancton
Il fitoplancton costituito da microalghe autotrofe anche se ci sono anche eterotrofi, zoo plancton è la
componente animale ma c’è anche micoplancton (funghi) bacterioplancton (batteri) virioplancton (virus).

Classi dimensionali
Le dimensioni sono variabili e le distinzioni dimensionali sono antropocentriche messe a punto sulla base di
tecniche di studio di questi microrganismi.

Il numero di individui per unità di volume di acqua tende a diminuire all’aumentare della taglia.
Il virioplancton e il batterioplancton raggiungono abbondanze di 10 8-1011cel/L. Componenti del fitoplancton
invece, come diatomee e dinoflagellate, presentano abbondanze fra 10 3-105cel/L. Il mesozooplancton invece
supera raramente abbondanze di 10 2 ind/L. in tabella sono elencate le caratteristiche di altri gruppi. I
cianobatteri costituiscono la componente maggiore, segue il picoplancton eucariotico, il nanoplancton e le
proclorofite.

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Ingerendo accidentalmente acqua di mare si ingeriscono 100 milioni di virus (batteriofagi). L’abbondanza
dei batteri negli oceani è maggiore di quella delle stelle dell’universo. La massa totale di procarioti marini
supera la massa di zooplancton e pesci messi insieme ed è la principale biomassa del pianeta.

Ciclo vitale
I cicli vitali delle diverse specie sono variabili:

Nozioni varie
I virus sono una componente relativamente nuova. I virus, con le loro infezioni, possono avere un ruolo
fondamentale nel controllo della produzione primaria e secondaria planctonica, sono il principale sistema di
regolazione di tutta la vita sul pianeta. Molti sono batteriofagi: controllano i batteri e si duplicano grazie ad
essi.
I virus cortocircuitano il flusso di carbonio e di sostanze nutritive dal fitoplancton e dai batteri verso i più alti
livelli della catena trofica attraverso la lisi cellulare e “smistano” il flusso di materia organica disciolta
(DOM) e particellata (POM). Il risultato è una maggiore respirazione, che porta a una diminuzione
dell’efficienza energetica nelle reti trofiche marine.

Ci sono batteri che si aggregano tra loro e raggiungono dimensioni fino a migliaia di cellule e sono visibili ad
occhio nudo: si vede come una nevicata che fluttua (il fenomeno è detto “marine snow”). I cladoceri si
vedono anche al microscopio a basso ingrandimento e il bollinopsis addirittura arriva a dimensioni intorno ai
20cm.

I fitoplancton invece a volte creano catenelle, si agganciano tra di loro creando delle strutture più complesse.
Tra i fitoplancton troviamo dinoflagellati, diatomee centrales (con forma a disco si impilano a formare
dischetti), diatomee pennales (con forma allungata si attaccano per gli apici formando catenelle a zig-zag).
Dinofisis poi forma delle tossine.

PRODUTTIVITA’ PRIMARIA
La produttività primaria è realizzata dalla fotosintesi e avviene negli strati superficiali della colonna d’acqua.
La sua distribuzione non è omogenea.

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Il colore va dal blu, al verde e fino al rosso e questa scala cromatica rappresenta la concentrazione di
clorofilla. Durante la primavera nell’emisfero settentrionale la distribuzione della clorofilla coincide con la
produzione algale e con la radiazione solare.

Nutrienti e nutrimento non identificano la stessa cosa: i nutrienti sono Sali minerali, il nutrimento sono
composti organici.

I fenomeni di risalita di nutrienti (upwelling) si verificano principalmente nelle coste in base a regimi di venti
costieri che spingono verso il largo le acque costiere che poi vanno verso il basso. Ciò avviene ad esempio
nelle coste del Cile nei periodi di meno produttività. La maggior parte dei nutrienti arrivano a mare
trasportati dalle acque superficiali provenienti dal terreno (soprattutto nelle zone con maggior attività umana)
o anche dai fiumi in corrispondenza delle foci.

Il mediterraneo, mare ricco di biodiversità, è un mare povero di produttività: ha scarso apporto di nutrienti.
Le zone di maggiore produttività è in corrispondenza della foce del Po. L’Adriatico, proprio per il trasporto
di nutrienti dal Po provenienti dall’agricoltura e dell’industria, ha aumentato i livelli di nutrienti fino a livelli
eccessivi (è il caso delle mucillagini per esempio).
L’Italia sta cercando di ridurre il carico trofico di nutrienti per migliorare le condizioni del nostro mare.

Guardando una mappa dei nutrienti, si nota che alla foce del Nilo non è registrata alcun apporto di nutrienti
nel mediterraneo, come è possibile? I terreni affianco al Nilo sono tra i terreni più fertili che esistono, il Nilo
rilascia tanti nutrienti al terreno durante il suo tragitto verso la foce. La maggior parte dei nutrienti non arriva
al mare e si disperde prima. La ragione principale è la diga di Assuan: il fiume è bloccato e dopo la diga
l’acqua è distribuita con una fitta di canali piccoli fino alla sua foce.

Anche la foce del Reno in Francia arricchisce il mediterraneo così come il Danubio.

Temperatura delle acque superficiali, direzione e densità dei venti influiscono sulla produttività primaria. È il
caso anche del mediterraneo in cui si registrano varie zone di produttività di densità diverse.: nelle zone della
Sardegna in cui ci sono venti particolari si dice che c’è il triangolo dei cetacei
in cui è possibile avvistare facilmente del cetacei proprio perché c’è più
produttività.

Si ha diversa disponibilità di luce in base alla latitudine, ai tropici


l’illuminazione è disponibile tutto l’anno a differenza dei poli. Varia la
produttività: la produttività tropicale è pressoché costante con piccoli picchi
stretti, alle medie latitudini (come il caso dell’Italia a 44-45°) si hanno due
picchi in corrispondenza dell’inizio della primavera e la fine dell’estate.

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Spostandosi da un lato all’altro del pianeta in diversi periodi, si hanno differenze di produttività. Ci sono
varie tipologie di alghe:

Paradosso del Plancton


Il plancton sfugge alla competizione con altre specie: la competizione dovrebbe avvenire per risorse di
nutrienti ma ciò non avviene perché c’è una continua alternanza di popolazioni quindi sfruttano le risorse in
tempi diversi non occupando l’area contemporaneamente.

È facile che le maree si verifichino con eccesso di nutrienti: se non ci fosse un livello così alto di
eutrofizzazione (artificiale) non si verificherebbero così spesso.

ZOOPLANCTON
Sono compresi da organismi molto piccoli fino a organismi grandi tra cui ci sono predatori e prede: le catene
alimentari acquatiche sono più complesse di quelle terrestri, ci sono più livelli e intrecci. Al gruppo di
zooplancton appartengono protozoi, cnidari, ctenofori, anellidi, tunicati, vari crostacei…

Ci sono alcuni organismi animali OLOPLANCTONICI che trascorrono tutta la loro vita nel plancton: sono
compresi gli organismi come policheti che vivono sui fondali e oloturie sul fondo e sui substrati anche ad
alta profondità. Tra gli oloplancton ci sono anche tante alghe (uni- e pluri- cellulari), cnidari, ctenofori…

Ci sono poi gli organismi MEROPLANCTONICI che trascorrono solo una parte della loro vita, quella
dispersiva, in forma planctonica. Spesso la fase planctonica è utilizzata per la colonizzazione e comprende
sia animali che vegetali. I meroplanctonici hanno cicli molto complicati, a volte si alternano le fasi sessuate e
quelle asessuate (come il caso delle meduse che producono larve ciliate – tramite processo sessuato - che
raggiungono il fondale, ciascuna forma un polipo che a sua volta si divide e forma tante piccole nuove
meduse tramite processo asessuato).
Le capacità di distribuzione delle larve dipende da:
- durata della fase larvale,
- correnti che le trasportano (si passa da pochi a tantissimi km)
- temperatura dell’acqua
- predazione

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- salinità
- profondità
- pressione
- disponibilità di cibo (alcune larve sono autosufficienti con una loro riserva mentre altre invece
no).
La larva si dice competente quando deve attaccarsi/appoggiarsi al substrato. Ci sono anche meccanismi
biochimici che consentono alle larve di “scegliere”: se trovano il substrato adatto accelerano il loro processo
di metamorfosi, se il substrato non è adatto lo rallentano sperando di trovare un substrato migliore.
Alcun specie sono gregarie e tendono a creare popolazioni dense e fitte (si parla anche di vere e proprie
biocostruzione come nel caso dei policheti). Le specie gregarie tramite processi biochimici innescano la
metamorfosi larvale proprio quando la larva arriva in prossimità della popolazione insediata.

Ci sono altri organismi detti PLEUSTON che vivono nell’interfaccia con l’aria in acque superficiali. Hanno
sacche aeree come alcuni idrozoi (come la Velella Velella che ha sviluppato una sorta di vela che sta fuori
l’acqua affinché il vento la trasporti).

Altri sono i NEUSTON, organismi adattati a vivere a contatto con la pellicola superficiale (prodotta dalla
tensione superficiale dell’acqua); sono suddiviso in:
• epineuston  organismi che vivono al di sopra (insetti, famiglia dei Gerridi e del genere Halobates)
• iponeuston  organismi che vivono al di sotto della pellicola superficiale (idrozoi, molluschi,
copepodi, isopodi, crostacei decapodi, pesci e alghe del genere Sargassum).

DISTRIBUZIONE SPAZIALE DELLO ZOOPLANCTON


C’è una ovvia corrispondenza con la
distribuzione del fitoplancotn: lo zooplancton
spesso si ciba di fitoplancton quindi di
conseguenza dove il fitoplanton è più
presente ci saranno anche più individui
zooplanctonici. C’è zooplancton in zone
costiere a forte risalita di upwelling ma anche
in mezzo all’oceano.
La distribuzione dello zooplancton a oceano
aperto è dovuto alle correnti e si parla in
scale temporali anche di anni.

El Niño–Southern Oscillation (ENSO):


L’ENSO è il fenomeno ciclico che vede un’alternanza episodica di eventi climatici estremi a livello
dell’Oceano Pacifico centro meridionale. Si tratta di un progressivo riscaldamento delle acque nella regione
indopacifica equatoriale, che si estendono verso l’America Latina lungo la fascia equatoriale. Nell’Oceano
Pacifico si verifica un incremento della temperatura di circa 0.5-3.0 °C delle acque superficiali, che si
mantiene per oltre 5 mesi. Queste condizioni portano a un rallentamento della corrente di Humboldt, che è
associata ai fenomeni di upwelling di acque profonde lungo il margine continentale tra Cile e Perù, con
conseguente abbassamento della profondità del termoclino. L’abbassamento della profondità del termoclino
impedisce l’usuale verificarsi dell’upwelling, con un conseguente blocco del rifornimento di nutrienti dagli
ambienti profondi e un abbattimento dei tassi di produzione primaria e secondaria, influenzando quindi
anche la pescosità delle coste peruviane.

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MIGRAZIONI NICTEMERALI
Si tratta di migrazioni legate al ciclo diurno. In genere le specie fitoplanctoniche per esempio al mattino si
portano verso la superficie attratte dalla luce e ridiscendono alla sera, alcune si spostano verso il basso anche
nelle ore centrali per sfuggire all’eccessiva illuminazione, al contrario molte specie zooplanctoniche salgono
verso la superficie al tramonto e ridiscendono all’alba. Addirittura alcuni Crostacei sono in grado di risalire
in superficie da oltre 800 m di profondità.

Ci sono differenze tra stadi giovanili e stadi adulti, i giovani


hanno una capacità di migrazione minore (vedi grafico a destra).

Ci sono poi specie emipelagiche con variazioni tra i primi 200-


300m di profondità, poi specie mesopelagiche che raggiungono
profondità più alte e in ultimo ci sono specie batipelagiche che a
profondità di 1400 metri salgono di notte in superfice (o in
alternativa sono sessili).
I vari organismi vanno verso la superfice per la disponibilità ci
cibo sfruttando al meglio la risorsa microalgale.
I fitoplancton nelle zone temperate hanno i picchi nelle stagioni
primaverili, lo zooplancton segue: i copepodi per esempio nel
periodo primaverile con disponibilità di fitoplancton si portano in
superfice anche di giorno.
C’è quindi una continua alternanza che innesca processi a cascata
anche su altre specie.

Quando poi il fitoplancton cala in base alle stazioni, cala


anche lo zooplancton. Il fitoplancton nelle zone temperate
ha due picchi, come già detto, e lo zooplancton a volte
segue lo stesso andamento mentre altre volte ha un picco
unico (sfrutta prima il primo picco poi si allunga fino al
secondo picco). Vedi grafico sotto.
Ovviamente in base alla tipologia, specie, dimensioni e
necessità ci sono tante differenze. L’acqua è spesso stratificata a causa di termoclini e aloclini e dà
riflettività; altre volte la riflettività è data dalla densità di organismi in sospensione. Si registra quindi una
stratificazione che varia anche giornalmente, alcuni microrganismi sprofondano dalla superfice al fondale in
orari e a profondità diverse.

Campionamento
Per questo tipo di analisi e campionamento si utilizza un tubo con 2 tappi alle estremità: si riesce a prelevare
un campione d’acqua stratificato. Altri sistemi utilizzati, soprattutto in acque basse, sono tubi di gomma
aperti che intrappolano l’acqua (a non più di 30-40m).

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Questi campionamenti raccolgono microplancton e organismi anche con dimensioni minori. Per zooplancton
invece sono utilizzate reti/calze con maglie più o meno strette: le reti sono trainate a volte dalle navi per
alcuni km a velocità contenute. Infondo alla calza c’è un tubo che impedisce la fuoriuscita dell’animale
catturato. La rete può essere utilizzata per campionamenti orizzontali o verticali.
Un altro strumento più sofisticato comprende 2 calze filtranti vicine e arrotolate: i campioni vengono
intrappolati e arrotolati in queste calze con l’avanzamento dello strumento.
Un altro strumento molto sofisticato è una sorta di microscopio che registra ciò che incontra nel suo
avanzamento.

Analisi
I microscopi inverti sono indicati per lo studio del microplancton che si trova sospeso: se venisse posto su un
fondale potrebbe perdere le sue caratteristiche. Il microscopio osserva il campione dal basso verso l’alto
evitando di schiacciarlo sul fondo.
È stato relativamente facile adottare sistemi di intelligenza artificiale che potessero riconoscere in autonomia
particelle planctoniche in autonomia.

2. BENTHOS
Con Benthos si intende un insieme di organismi, vegetali (fitobenthos) e animali (zoobenthos), che vivono
in stretta relazione con il fondale marino (per l’intero ciclo vitale o parte di esso).
Gli organismi vegetali ed animali che vivono sopra al substrato costituiscono rispettivamente l’epiflora e
l’epifauna. Gli organismi che sono fisicamente attaccati al fondale si dicono sessili. Quando organismi
vegetali o animali colonizzano altri organismi si parla di epibionti, per distinguere tra quelli che colonizzano
i vegetali o gli animali si usano rispettivamente i termini epifiti ed epizoi. Gli organismi animali che vivono
all’interno del substrato si dicono invece endobionti (endoflora ed endofauna o infauna) ed in particolare

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endolitici se sono in grado di penetrare nelle rocce o nei gusci calcarei (ci sono diverse modalità quali la
dissoluzione chimica o la perforazione meccanica per esempio).

L’ambiente è tridimensionale e si distinguono:


- Fondi molli (possono essere grossolani ma anche fini, fanghi) caratterizzati da una certa mobilità delle
sue particelle,
- Fondi duri caratterizzati da rugosità e conformazione mineralogica, supportano meglio gli organismi
che vivono all’esterno che vi si attaccano (coralli).
Esistono substrati artificiali fatte spesso da cemento, metallo, acciaio: è il caso di navi, infrastrutture,
piattaforme che si comportano come fondi duri.

Caratteristiche del sistema bentonico


 Scala temporale i processi di rinnovamento (turn over) sono lenti e i cicli vitali lunghi
 Successione temporale le strutture di comunità sono il risultato di processi ed avvenimenti
«storici» in cui gli organismi si influenzano molto a vicenda (parliamo eventualmente anche di
avvenimenti umani esterni).
 Bilancio energetico deficitario gli input arrivano dall’esterno (si parla soprattutto delle specie
algali che stanno in superfice se dipendenti dalla luce – alghe verdi - e più in profondità se non ne
necessitano – alghe brune).

Le varie comunità bentoniche si affidano alla cascata di nutrimenti proveniente dall’alto o dalle correnti;
inoltre è importante anche il plancton che viene utilizzato come forma di alimentazione tramite varie
tecniche (predazione, filtrazione…) da parte di vari organismi bentonici.
Ci sono poi altri casi, come quello del corallo, che tramite i suoi polipi coi tentacoli riesce a predare (è detto
infatti micropredatore) e riesce a catturare in questo modo le prede nonostante sia sessile.

Dimensioni

Tra microbenthos e meiobenthos c’è


sovrapposizione: il microbenthos entra nel
meiobenthos. Del meiobenthos si studia la
meiofauna solitamente.

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Le dimensioni vanno da quelle di virus e batteri fino a megabenthos, visibile a occhi nudo; ovviamente in
base alle dimensioni varia lo studio e il campionamento.
In base anche al fondo dure o molle che sia si usano tecniche diverse. si cerca di utilizzare tecniche poco
invasive (come tecniche fotografiche piuttosto che di estrazione).

Analizzando la biodiversità specifica si nota una relazione inversa tra la taglia e la diversità. Più si va nel
piccolo più aumentano le specie presenti (virus e batteri). I taxa riconosciuti e classificati sono pochissimi in
confronto a tutti quelli esistenti.
L’abbondanza degli organismi nei sedimenti tende a diminuire all’aumentare della profondità, soprattutto se
si parla di organismi grandi. I procarioti invece non sono soggetti a questo meccanismo. Più un organismo è
grande più necessita di risorse che, scendendo in profondità, non ci sono.

Considerando un esempio di spettro taglia - biomassa per le comunità bentoniche in ambiente intertidale, i
diversi simboli si riferiscono a diverse stazioni. Si è notato che ci sono 3 picchi di abbondanza di individui di
3 gruppi diversi che sfruttano modalità diverse per vivere:
- Microbenthos: si parla di patine coloniali che ricoprono le particelle di sedimento molto più
grandi di loro formando come delle pellicole;
- Meiobenthos: Le loro dimensioni sono più piccole dei granelli di sabbia e sono in grado di
vivere nell’interstizio;
- Macrobenthos: Questi organismi sono in grado di scavare spostando il sedimento. Le particelle
sul fondo sono più piccole di loro

In termini assoluti le biomasse diminuiscono con la profondità, ma in termini relativi domina la macrofauna
scendendo fino ai 200-2000m di profondità oltre i quali poi la maggioranza diventa quella dei procarioti.
Oltre i 4000 metri invece troviamo principalmente procarioti affiancati da macro e microfauna.

Il gruppo dei FEMTOBENTHOS comprende perlopiù virus batteriofagi ma includono specie che possono
infettare anche piante, macrorganismi e persino l’uomo, la loro abbondanza è legata alla disponibilità di
ospiti. Vengono studiati con metodi molecolari. I virus tendono ad essere abbondanti in superfice piuttosto
che in profondità (a differenza di alcuni batteri). La loro abbondanza nei fondali e negli organismi bentonici
si stima 1-2 ordini di grandezza superiore a quella nella colonna d’acqua e nel plankton. La biomassa
complessiva di virus nei mari si stima di 12’000 magatonnellate. Rappresentano la maggiore causa di

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mortalità degli organismi marini e possono influenzare l’intero funzionamento della biosfera terrestre. La
loro abbondanza nei sedimenti tende a calare con la trofia del sistema e quindi con la profondità.

Sedimento
Il sedimento è costituito da una zona ossica chiara sovrastante ad una anossica scura. La quantità di ossigeno
nel sedimento dipende dalla possibilità che l’acqua circoli: più il sedimento è grossolano più è facile che
circoli, i sedimenti fini sono più impermeabili. Nel circolare l’acqua hanno ruolo importante anche gli
organismi che ci vivono dato che si spostano, nutrono e vivono e si parla di bioturbazione dei sedimenti: una
turbazione meccanica attraverso la scavazione di gallerie e il rimaneggiamento del sedimento (hanno un
ruolo meccanico importante gli organismi grandi) mentre i batteri che vivono nella superfice hanno un
importante ruolo biochimico: fanno la decomposizione microbica della sostanza organica rimettendo in
gioco i nutrienti

Tra i NANOBENTHOS e i MICROBENTHOS la distinzione è artificiosa, non ha valenza tassonomica o


operativa. Questo range di taglie comprende prevalentemente eucarioti, sia autotrofi che eterotrofi, ma anche
alcuni procarioti di grandi dimensioni (e.g. solfobatteri e batteri filamentosi). Comprendono soprattutto:
• dinoflagellati
• diatomee bentoniche (sono una delle componenti autotrofe più importanti sopra a sedimenti della zona
fotica.)
• funghi
• nanoflagellati
• amebe
• ciliati

I MEIOBENTHOS come già detto vivono negli interstizi tra u granelli di sabbia; hanno cicli riproduttivi
che vanno da 1 anno a massimo 3 anni. Questa comunità è quindi dinamica, più dinamica rispetto alla
macrobenthonica. Sono compresi:
- gli acari,
- i chinorinchi,
- i copepodi (oltre che plantonici esistono anche bentonici),
- nematodi, tra le componenti più importanti e diffuse, il loro studio è complicatissimo perché è
difficile distinguere le specie, vengono distinti i gruppi trofici in base alla modalità di
alimentazione basata su caratteristiche e strutture della loro cavità boccale, (lavoro difficile da
fare dato che l’organismo è grande pochi mm)
- tardigradi
la piccola taglia del meiobenthos presenta difficoltà di studio e notevole sforzo di identificazione.

La componente del MACROBENTHOS invece aria notevolmente a seconda dell’ambiente e delle


caratteristiche del substrato. Sono comprende principalmente macroalghe e piante che costituiscono 18 dei
34 phyla animali.

Nei fondi mobili i policheti solitamente sono il gruppo più abbondante e diversificato (50%), seguiti da
crostacei, molluschi bivalvi ed echinodermi. Tra i crostacei è importante il gruppo degli anfipodi con corpo
schiacciato lateralmente. Gli echinodermi affondati nei sedimenti spesso hanno tentacoli orali che escono
all’esterno (come le ofiure). Le tecniche di alimentazione sono varie, alcuni fanno circolare l’acqua in canali,
altri emettono sifoni, alcuni filtrano…
Alcuni organismi scavano il sedimento e lo rimaneggiano: lo mantengono vivo, ossigenato e rinnovato e ciò
permette di ricomporre la sostanza organica.
Alcuni organismi poi forano il sedimento come alcuni cnidari, ci sono ochiurdi

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Nei fondi duri oltre a policheti, crostacei, molluschi bivalvi ed echinodermi, diventano importanti tutti i taxa
tipicamente sessili: alghe, poriferi, cnidari, tunicati, alcuni bivalvi…
Le cozze per esempio hanno dei filamenti utili all’adesione: è tramite questi filamenti che le cozze
camminano e spostano. Si possono trovare vari coralli, spugne, ascidie coloniali, alghe (calcaree o non)…
Si può distinguere quindi un endobenthos all’interno del substrato, un epibenthos all’interno della superfice e
un iperbenthos sopra.
Molte specie sia vegetali che animali formano colonie più o meno estese costituite da tanti “moduli”
interconnessi fra loro derivanti da fenomeni di riproduzione asessuata, quindi geneticamente identici. Fra gli
animali che formano colonie vi sono ad esempio Poriferi, Cnidari, Briozoi, Tunicati, ecc. In questi casi si
identifica come “individuo” l’insieme dei vari moduli interconnessi; in realtà spesso ognuno è in grado di
distaccarsi ed originare una nuova colonia per conto proprio.
Gli organismi macrobenthonici hanno sviluppato varie strategie per l’alimentazione:
- sospensivori (suspension feeders) o filtratori (filter feeders) catturano l’alimento dall’acqua, spesso sono
sessili ed utilizzano varie appendici come antenne piumose, cirri e tentacoli per catturare le prede ed
ingerirle (es.: cnidari, crostacei, policheti sedentari, ecc.) oppure filtrano grandi quantitativi d’acqua
facendola passare al loro interno e trattenendo, con opportuni filtri, tutto il materiale presente in
sospensione (es.: poriferi, bivalvi, ecc.).
- detritivori (deposit feeders) catturano l’alimento dai sedimenti; in quest’ultimo caso, se viene ingerito
anche il sedimento, si dicono limivori.
- “brucatori”, che vanno alla ricerca di organismi sessili, e “predatori” che cacciano attivamente le loro
prede. Gli apparati boccali di ciascuna specie e di ciascun stadio di vita sono perfettamente adattati al
tipo di alimentazione.

Molti organismi macrobentonici hanno una prima fase del ciclo vitale planctonica che, grazie al trasporto
delle correnti, permette la dispersione su vaste aree e la colonizzazione di zone lontane. Spesso i giovanili
necessitano di zone di “nursery”, luoghi in cui trascorrono la loro infanzia. Alcuni esempi sono gli ambienti
costieri, poco profondi e illuminati (con maggiore disponibilità di cibo). I vari ambienti sono più o meno
favorevoli in base anche al clima, alle temperature e quindi in base alle stagioni.

Le larve
La riproduzione degli organismi sessili avviene liberando i prodotti sessuali in acqua; per assicurare
un’elevata fecondazione è necessaria una particolare sincronizzazione nell’emissione dei gameti. Le oloturie
per esempio si erigono dal fondale e espellono i prodotti sessuali e la fecondazione avviene libera nell’acqua:
maggiore è il sincronismo maggiore è la probabilità riproduttiva.
Sono in particolare 2 gli elementi che condizionano:
- Temperatura
- Fotoperiodo, dato sia dalla durata del giorno rispetto alla notte e dalla luna con i suoi cicli
Soprattutto per la fase larvale ci sono tante componenti che possono comportare variazioni delle varie fasi;
alcune hanno bisogno di specifiche sorgenti di cibo, altre devono nutrirsi da sole per completare il loro ciclo,
alcune sono legate strettamente al correndo genetico dei genitori; alcune larve possono nutrirsi di plancton,
oppure avere nei propri tessuti le riserve necessarie per superare questa fase. Nel momento in cui le larve
discendono verso il fondo alla ricerca di un punto in cui insediarsi, se non incontrano il substrato adatto
muoiono.
Molte larve sono predate e in alcuni casi anche dai loro spessi genitori (è il caso dei coralli e di molti altri
filtratori).

Non è detto, inoltre, che le larve riescano a giungere nel luogo in cui dovranno insediarsi e crescere. La
selezione dell’habitat avviene in base al tipo di substrato (rocce, fondale molle…) e in seguito si ha
l’insediamento. Non è detto che le larve riescano a sopravvivere anche se si sono insediate: ci sono tanti
fattori che potrebbero comportare la loro morte.
Tutte le fasi giovanili sono più delicate di quelle adulte.

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La competizione per lo spazio
Per gli organismi che necessitano di substrati duri esiste il problema di trovare uno spazio libero. La
competizione infatti in questi ambienti è fortissima e molti si sono adattati a vivere gli uni sugli altri. I
substrati liberi sono rarissimi, possono formarsi naturalmente a causa di frane sottomarine o di mareggiate
lungo le coste, che possono rivoltare le pietre o distaccare gli organismi dalle rocce. I substrati liberi
artificiali comprendono invece nuovi pontili e porti, scafi di navi, piattaforme, cavi e condotte sottomarine e
per finire i relitti.

Zonazione verticale
C’è variazione dei popolamenti in base alla profondità. Le zone intertidali sono dominate da bivalvi,
crostacei, alghe…
Scendendo si ha principalmente una componente vegetale nelle zone illuminate; scendendo la componente
diminuisce e aumentano gli animali.
Si individuano dei piani all’interno dei quali si hanno faces diverse in base al tipo di popolazione che
colonizza il luogo.

Successione di colonizzazione
I primi organismi incrostanti che colonizzano questi substrati vengono indicati col termine inglese fouling e
il loro insediamento segue una precisa successione di eventi. Nella prima settimana si forma una patina
algale, poi iniziano ad insediarsi alghe calcaree, Idrozoi, Briozoi e Policheti sedentari. I Balanidi compaiono
dopo 1-3 mesi a seconda della stagione e delle caratteristiche delle acque (temperatura, profondità, ecc.).
Dopo 5-6 mesi si ha lo sviluppo di macroalghe e il substrato appare completamente incrostato. La velocità di
colonizzazione e la successione delle specie è condizionata anche dalla stagione, dalla disponibilità di spore
e larve nonché dalla ricchezza di nutrienti e plancton.
Questi processi avvengono anche alla base delle imbarcazioni.
Ci sono organismi in grado di costituire dei letti: ci sono alghe calcaree (rodoliti) che assumono
conformazioni sferiche e vivono sui fondali mobili. Queste costituiscono poi dei substrati più duri, si
incrostano e diventano dei reefs sottomarini su cui si insediano altri organismi costituendo dei letti.

Il termine biocenosi (in parte equivalente a quello di comunità) fu proposto inizialmente da Möbius, nel
1877, per indicare le associazioni di specie che si verificano nei banchi di ostriche ed indica “un
raggruppamento di organismi viventi, animali e vegetali, che per la composizione di specie e per il numero di
individui corrisponde in modo stabile a determinate condizioni medie di un dato ambiente”.
Sono comprese nell’insieme delle specie caratteristiche dominanti, le specie accompagnatrici e le specie
occasionali. Lo studio venne fatto su letti di ostriche che risultavano molto simili in diversi ambienti, c’erano
delle specie dominanti e altre meno presenti.
Pérès e Picard identificarono e divisero le varie biocenosi in funzione del piano e del tipo di fondale nel
Mediterraneo. Questa classificazione generale trova però innumerevoli eccezioni in funzione delle situazioni
locali: condizioni chimico-fisiche, disponibilità di risorse, interazioni trofiche fra le diverse specie, e così via.
I popolamenti bentonici generalmente mostrano un’elevata eterogeneità, soprattutto a piccola scala spaziale,
legata a fenomeni di aggregazione delle specie, e all’eterogeneità del substrato e delle condizioni ambientali,

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inoltre mostrano variazioni temporali, spesso stagionali. Tutto questo rende difficile e spesso arbitraria la
definizione dei limiti delle biocenosi. Oggi i ricercatori studiando le comunità bentoniche tendono a rifiutare
questo tipo di approccio descrittivo e rigido ma l’imponente lavoro di Pérès e Picard resta un importante
quadro di riferimento.

La società italiana della biologia marina divide il mare italiano in 9 settori (il 4 è una
zona molto limitata con condizioni particolari). La divisione è utile fino ad un certo
punto, possono esserci specie aliene o variazioni in base alle condizioni climatiche e
ambientali spesso variabili. I traffici marittimi e tante attività antropiche inoltre
trasportano tante specie da una zona all’altra.

Le distribuzioni delle specie hanno origine antiche, sia storicamente che


geologicamente. La deriva dei continenti (250milioni di anni fa) è avvalorata dalla
presenza di alcune specie in zone diverse della terra. Un esempio importante è quello
della posidonia oceanica: la posidonia ha altre 7 specie presenti unicamente in Australia. Il progenitore è
comune e da esso si sono differenziate le varie specie nel corso degli anni a causa del movimento delle
placche e di tante altre condizioni.

Inoltre ricordiamo che il mediterraneo è un mare ricco: ha specie antichissime come la posidonia, specie
atlantiche, specie (nel nord adriatico) che sopravvivono al freddo…
Concludendo quindi si può dire che per vari fattori naturali e non il Mediterraneo è ricco di specie autoctone
e non è possibile stilare una classificazione in base al luogo.

Vengono stilate varie mappe del mediterraneo: alcune sono amministrative e stilano i confini nazionali, altre
sono biogeografiche, altre sono indicative per la pesca, altre indicano le ecoregioni e le province marine.

HABITAT E COMUNITA’

Intertidale roccioso

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Gli ambienti intertidali di substrato duro sono presenti in zone limitate del nostro pianeta, sono i bordi dei
continenti e baie dei paesi che si affacciano sul mare. La sua ampiezza varia in base alle variazioni di maree
(30 cm Mediterraneo e11 m Canada per esempio).
Negli oceani si distinguono zone di alta, media e bassa marea; nel mediterraneo non si fa questa distinzione e
si parla della zona superiore (colpita dalle onde) e dalla zona inferiore (in cui sono presenti onde e maree).
Si nota zonazione nell’intertidale roccioso che si divide in:
- Zona intertidale superiore con patelle, licheni, alghe, litorine, gasteropodi…
- Zona intermedia che a sua volta si divide in:
- Zona superiore con balanidi,
- Zona inferiore con cozze e macroalghe.
- Zona intertidale inferiore dominata da macroalghe di varie specie.

Focalizzandoci nella zona intermedia si possono trovare differenziamenti delle specie presenti. Un esempio
riguarda la specie chthamalus e la specie balanus: i due normalmente potrebbero colonizzare l’intera fascia,
tenderebbero ad occupare tutto lo spazio ma quando sono presenti entrambi competono. Ne deriva che il
chthamalus si tiene più in superfice in quanto riesce meglio a sopravvivere all’essiccamento mentre invece il
balanus sta più sul fondo

Negli ambienti fotofili del mediterraneo ci sono tante specie algali diverse. Alcuni esempi:
- Ombrellino di mare specie che in fase vegetativa è pressoché invisibile e nel momento della
riproduzione forma un filamento sottile che poi si struttura nell’ombrellino; l’ombrello poi si segmenta in
petali che vengono poi fecondati dai nuovi nuclei generati.
- Alghe verdi,
- Padina pavonica,
- Caulerpa,
- Alghe brune.

Spostandoci dal mediterraneo agli stati uniti si vedono delle foreste di grosse e alte alghe che rimangono
sorrette ed erette grazie a sacche d’aria. Si parla delle foreste di Kelp all’interno delle quali si creano zone
d’ombra e vegetazione sciafila dovuta al fatto che la maggior parte della luce è trattenuta dalle feofite
Ci sono fenomeni antropici che portano alla sovra densità di ricci che mangiano le alghe: se i ricci sono
troppi le alghe vengono eliminate (si parla infatti di deforestazione di alcune zone a causa di questo
brucamento) e di conseguenza i vari habitat e ambienti vengono intaccati e impattati.

Praterie di posidonia
Un altro ambiente sottomarino ricco nei primi metri è quello delle fanerogame marine che variano in base
agli ambienti (nel mediterraneo ci sono le posidonie) e creano vere e proprie praterie (le praterie di

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posiodonia sono delle “seagrass meadows”). La profondità varia in base alla trasparenza dell’acqua e alla
luce.
Questi habitat sono importanti perché di produzione primaria, di ossigeno, accumulano sostanza organica,
hanno effetti sui cambiamenti climatici, sequestrano carbonio dall’atmosfera… in scala planetaria
l’importanza non è enorme. Dal punto di vista ecologico e trofico sono importanti per la biodiversità che
ospitano, molte specie agi stadi giovanili approfittano della protezione e della ricchezza trofica di queste
piante.
Inoltre proteggono le coste: laddove sono presenti queste praterie si verificano meno frane, erosioni… (si
sfaldano avvicinandosi alla riva).
Questi ambienti sono molto minacciati dagli impatti antropici soprattutto per:
- Perdita di qualità delle acque preferiscono ambienti oligotrofici,
- Limpidità delle acque impattata da inquinanti di vario tipo,
- Effetti meccanici la pesca a strascico è il principale responsabile della perdita di queste
praterie.
(sono stati imposti parametri da rispettare per evitare di distruggere queste praterie).

Le tecniche di ripristino degli habitat delle praterie di posidonia sono state sviluppate recentemente da alcuni
scienziati: si parla della ristoration ecology. Bisogna prima però capire se ci sono le giuste condizioni
ambientali affinché la pratica possa avere successo e per attuare l’ecological shift. La comunità europea
finanzia azioni di questo tipo.

Coral reefs
Si tratta di biocostruzioni marine, le più clamorose ed efficienti sono quelle relative a coralli in simbiosi con
le zooxantelle, alghe fotosintetiche che producono ossigeno rimuovendo anidride carbonica dal corallo con
cui sono in simbiosi.
I coral reefs sono gli ambienti maggiormente studiati nei riguardi dei cambiamenti climatici e tanti altri
campi, sono tra gli ambienti maggiormente a rischio a causa dei cambiamenti climatici e dell’inquinamento.
Le temperature delle acqua sono i principali determinanti per la distribuzione dei coralli che spesso si
trovano in ambienti caldi: essi spesso tendono a occupare gli strati più superficiali (avendo bisogno della luce
nel caso di simbiosi con le zooxantelle).
Altri coralli vivono anche a basse temperature e questi sono quelli più a rischio all’innalzamento delle
temperature. Nel caso di stress termico i coralli non riescono a mantenere le zooxantelle e vengono espulse:
se lo stress dura poco le possono riacquisire ma altrimenti dopo un po’ il corallo muove. Il primo effetto è lo
sbiancamento.
Il coral triangle è l’unica area del pianeta ancora abbastanza salvaguardata, poco impattata.
È difficile ricostituire questi habitat, gli organismi sono protagonismi nell’isolamento e formazione di tanti
ecosistemi e biocostruzioni.

Ci sono biocostruzioni anche più profonde, si tratta del coralligeno, reef biogenici creati dalle corallinacee
(alghe calcaree): viene svolto lo stesso ruolo dei coralli calcificanti. L’efficienza non è più bassa di quella dei
coralli.

Spesso affianco a queste alghe calcaree


(nell’immagine sono quelle viola) sono
presenti ascidie coloniali (bianche), ascidie
solitarie (nere), spugne (gialle), policheti
sabellidi, ofiure….
Dal punto di vista trofico in questo
ecosistema non ci sono grandi predatori, ci
sono molti detritivori e filtratori: la catena
trofica è basata in gran parte sulla caduta
di particelle dalla colonna d’acqua e gli
organismi operano un trasferimento tra il
compartimento pelagico e quello
bentonico.

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Foreste di gorgonie
Quando non c’è un forte impatto umano si formano foreste di gorgonie (anche nel mediterraneo, non solo in
ambienti tropicali). Non si tratta di zone calcaree. Ci sono molte forme di vita. La principale fonte di cibo
deriva dalla colonna d’acqua. C’è grande effetto narsal (?).
Anche le foreste di gorgonie sono impattate dall’uomo, in particolare dalla pesca (con reti, a strascico…).
L’innalzamento delle temperature nel caso delle gorgonie non impatta la biocostruzione perché non ne fanno,
ne sappiamo ancora poco sugli effetti della temperatura ma sicuramente porta a morie massive.
Il microbioma ha un funzionamento d’insieme dato che è costituito da tantissimi organismi diversi tutti in
equilibrio tra loro: quando l’equilibrio cambia a causa di fattore esterno vari fattori variano e non tutti i
meccanismi sono riconducibili.
Alcuni organismi facenti parte di questo microbioma vanno in dormienza estiva: in primavera accumulano
energie tramite la cattura di microprede bentoniche dalla colonna d’acqua mentre d’estate non c’è la stessa
disponibilità e quindi utilizzano l’energia precedentemente accumulata per i processi riproduttivi (spesso a
fine estate). In primavera si nutrono e in estate si riproducono.
Anche il fenomeno della stratificazione varia la distribuzione degli organismi che si trovano spesso più in
profondità rispetto alla superfice. Ultimamente coi cambiamenti climatici l’acqua superficiale si riscalda e
sprofonda causando rimescolamenti. L ‘acqua calda è anche meno ossigenata quindi impatta sugli organismi
di profondità che vengono investiti da queste acque.

Deep-sea corals
Mano a mano che si scende in profondità gli effetti umani sono meno percepiti. La pesca a strascico arriva
però anche a diverse centinaia di metri di profondità. I sedimenti sono fini. Ci sono alcuni organismi che
stanno all’interno del fondale e altri che si ergono verso l’esterno, tra cui i coralli bianchi che creano piccole
foreste anche ad elevate profondità (il fatto che sono bianchi spiega la correlazione con la luce).

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3. NECTON
Si intendono organismi che nuotano e si oppongono al moto delle correnti. Sono compresi pesci, cefalopodi,
molluschi, alcuni crostacei, rettili, mammiferi e alcuni uccelli. Si considerano zone diverse in base alla
profondità:
- Zona fotica presenza di luce (anche se non è per forza necessaria al necton). È presente il
maggior numero di specie,
- Zona disfotica,
- Zona afotica,
- Fondo.
Alcuni organismi appartengono alle acque più superficiali ma esplorano anche quelle più profonde e
viceversa.

DEFINIZIONI
- plancto-necton (forme di piccole dimensioni ma veloci, compresi giovani di pesci, oppure organismi
grandi ma lenti);
- eunecton (necton vero e proprio);
- necto-benthos (nuotano attivamente in vicinanza del fondo);
- xeronecton (ovvero rettili, uccelli e mammiferi);
- meronecton Parte del ciclo vitale nectonico, la restante come benthos;
- olonecton Intero ciclo vitale nella colonna d’acqua (anche se i giovanili possono considerarsi
plactonici).

BIODIVERSITA’ DEL NECTON


Si tratta di più di 16.700 specie marine note (58% del totale) di cui i condroitti (cartilaginei) sono più di
1.000.
Vengono continuamente scoperte nuove specie e si stima che 10.000 siano ancora da descrivere.

Pesci
I pesci si distinguono per varie forme e adattamenti: prendiamo come esempi il pesce luna mola mola e i
carangidi, sono 2 pesci con forme completamente opposte e con diverse capacità di movimento e predazione.

Esistono pesci ossei detti bento-nectonici che sfiorano o si appoggiano al fondale, a volte sono mimetici,
piatti: questi pesci nascono come normali pesci con simmetria laterale ma poi crescendo si modificano
assumendo conformazioni tali da divenire pesci piatti.

I pesci si differenziano tra loro anche per le diverse modalità di predazione, si distinguono diverse fasi
dall’incontro all’assunzione della preda:
 individuazione della preda
 distinguerla dal resto dell’ambiente
 fase decisionale dell’azione il pesce magia quello che vuole
 vari step per la cattura esistono varie soluzioni adottate, tra cui:
- la suzione e la rapida apertura della bocca fa sì che l’acqua venga risucchiata all’interno della
cavità e trascini con sé la preda;
- scontro con la preda, che può quindi essere ferita;
- raschiamento delle alghe da una superficie solida (pesci pappagallo e chirurgo);
- schiacciamento delle conchiglie o di strutture scheletriche (es ricci di mare);
- filtrazione di zooplancton (squali elefante);
- pulizia di carogne, come avviene per gli sparidi;
- cattura attiva delle prede (squali, tonni, sgombri).

Banchi e branchi
I condroitti hanno spesso comportamenti gregari formando branchi (detti school) e banchi (detti shoal).

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Il banco è un gruppo di pesci che nuota in sincronia, con stessa velocità e direzione; i pesci mantengono la
stessa distanza con i pesci immediatamente adiacenti (NND, Nearest Neighbour Distance). Sono in stretta
comunicazione tra loro.
I banchi sono addensamenti caotici di pesci che si ritrovano in una determinata zona per, ad esempio, cibarsi.

La strategia del branco, tipica degli osteitti, garantisce:


- minor probabilità di cattura del singolo individuo;
- maggiore disponibilità di organi di senso per percepire predatori, questi pesci percepiscono
l’ambiente circostante e lo comunicano. Vanno a creare forme che possono generare difficoltà al
predatore;
- difficoltà di scelta da parte del predatore;
- manovre di fuga, elusione ed evasione coordinate.

Pesci cartilaginei
I pesci condroitti comprendono la grande categoria degli elasmobranchi (squali, razze, torpedini, pesci
sega…) e degli olocefali (pesci che vivono nei fondali abissali che hanno perso la pinna dorsale nel corso
dell’evoluzione e hanno una pelle nuda, priva di squame tipica degli elasmobranchi).
Tra i condroitti ci sono grandi predatori (squalo bianco) ma anche filtratori (si tratta per esempio dello squalo
elefante, delle mante).
Gli squali sono fortemente minacciati dall’uomo: sono tendenzialmente pochi quelli che attaccano l’uomo
(ad esempio lo squalo bianco), sono solitamente le specie pelagiche che hanno poche occasioni di incontro
con l’uomo. L’uomo non fa parte della dieta degli squali che si cibano, per esempio, delle foche: lo squalo
scambia accidentalmente i serfisti per esempio per le foche.
A volte nei periodi delle piogge gli estuari sono pieni di squali, in queste acque torbide lo squalo attacca
qualunque preda ed è pericoloso anche per noi. Inoltre lo squalo percepisce il sangue nell’acqua e ne è
eccitato.
Complessivamente però lo squalo non attacca l’uomo normalmente, ma nonostante ciò sono stati fortemente
cacciati dall’uomo che ha portato alcune specie all’estinzione o quasi.
Lo squalo è considerato un piatto prelibato, soprattutto per la zuppa di pinna di squalo. Sono considerati cibi
afrodisiaci, simbolo della predominanza dell’uomo sulla natura.

Molluschi e cefalopodi
Ricoprono un ruolo importante con circa 1miliardo di specie. Sono compresi calamari, seppie, nautili e polpi
che vivono anche a 5000m di profondità. Le dimensioni superano anche i 15m, altri sono piccolissimi (come
il polpo Grimpoteuthis che vive ad altissime profondità). Alcui esempi sono:
- Loligo vulgaris
- Nautilus diffuso in aree calde, vivono a 400-600m di profondità. Compie migrazioni verticali
verso la superfice durante la notte per predare: queste migrazioni sono possibili grazie alla
conchiglia concamerata che contiene gas che, variato di volume, permette di modificare il pero
specifico e quindi favorisce lo spostamento;
- Argonatura argo con conchiglia più sottile;
- Seppia in regioni tropicali diventa anche molto grande;
- Polpo a cerchi blu passa la maggior parte del tempo nascosto, contiene una tossina
paralizzante e letale, è sconsigliato camminare sugli scogli anche per questo.

Le popolazioni di cefalopodi rispondono molto velocemente alle variazioni ambientali naturali e antropiche
degli ecosistemi marini. L’adattabilità comportamentale e del ciclo biologico conferiscono una buona
resilienza. Ricoprono un ruolo chiave nel trasferimento di energia nella rete trofica bentonica nei sistemi
costieri e, soprattutto, in quelli profondi.

Rettili marini
Sono compresi:
- serpenti circa 100 specie note,
- tartarughe 8 specie,
- coccodrilli 2 specie (?),
- iguana marina 1 specie,

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per un totale di circa 110 specie.

Serpenti marini
I serpenti, di origine molto antica, sono i più adattati, passano tutta la loro vita in acqua, alcuni escono per
riprodursi. Alcuni sono particolarmente velenosi (ma hanno la bocca particolarmente piccola), solitamente
con una muta si risolve il problema. Le specie marine hanno la parte terminale appiattita per favorire il
nuoto, sono ottimi nuotatori. Come quelli terrestri mutano con una certa periodicità: utile perché in ambiente
marino si incrosterebbe.

Tartarughe
Tra le tartarughe la Caretta caretta è la più diffusa. Tutte le specie sono fortemente a rischio per vari motivi
quali la pesca, i traffici marittimi, le plastiche, mancanza di luoghi di nidificazione, inquinamento
luminoso… La fase più delicata è quella della deposizione delle uova, sempre più difficile perché esistono
sempre meno zone in cui non ci sono turisti, infrastrutture ecc. Anche l’inquinamento luminoso è molto
impattante perché le tartarughe, appena uscite dalle uova, hanno la tendenza ad andare in acqua (e ciò
dovrebbe avvenire al buio) orientandosi grazie alla luce della luna che si riflette sull’acqua: l’inquinamento
luminoso impatta su questo processo disturbandole e confondendole. In alcune zone le ovideposizioni
vengono tutelate.
In passato le tartarughe sono state fortemente pescate per alimentazione ma anche per sfruttare la loro
corazza (ciò ancora avviene ma non è il motivo principale del loro rischio che è invece la frammentazione
dei loro habitat).

Coccodrilli marini
Si tratta di specie terrestri adattate a trascorrere molto tempo in acqua (oltretutto alcune specie preferiscono
le acque dolci). Si distinguono tra alligatori e coccodrilli. I più pericolosi sono i coccodrilli d’estuario (nella
parte nord dell’australia).

L’unica specie esistente d’iguana marina è l’Amblyrhynchus cristatus, animale erbivoro che si ciba di
macroalghe che crescono sui fondali rocciosi. Vivono in ambienti freddi e passano molto tempo al sole ferme
per mantenere la giusta temperatura corporea.

Uccelli marini
Si parla di specie che hanno abbandonato totalmente le capacità di volo e hanno acquisito quelle per il nuoto:
si tratta dei pinguini. La specie più grande è quella del pinguino imperatore. Tutte le specie sono
nell’emisfero meridionale, non in quello settentrionale.
In alternativa si hanno uccelli volatili con capacità natatorie: vivono in ambienti costieri e traggono la
maggior parte della loro dieta dal mare. Si parla di gabbiani, albatri, pellicani, procellari, sterne, cormorani,
alche che si nutrono di pesci che avvistano in volo; si fiondano in acqua catturando il pesce. I gabbiani
mangiano anche le cozze, le staccano dai pali, si spostano sui pontili, le lasciano cadere sperando che si
aprano.

Mammiferi marini
Sono compresi:
- sirenidi (4 specie). Sono compresi manati e dugonghi, animali erbivori che pascolano sui prati
di fanerogame. Sono specie in via di estinzione e in riduzione: il loro ciclo vitale è lungo e la
proliferazione è ridotta (un cucciolo ogni 3 anni);
- carnivori (44 specie). Sono compresi pinnipedi, focidi (tra i pinnipedi meglio adattati al
nuoto), otaridi (più abili a terra), odobenidi (comprendono i trichechi che vivono nelle stesse
zone dei leoni marini) in climi da temperati a freddi;
- cetacei balene e delfini (87 specie).

Sono specie evolute grazie all’ambiente terrestre e all’aria ma ci sono mammiferi, come i cetacei, che non
sono più adattati all’ambiente terrestre (anzi verrebbero schiacciati dal loro stesso peso). Sono quindi
campioni di immersioni in apnea e le eseguono ad alte profondità: le strategie adottate sono differenti da
specie a specie. L’immagazzinamento di area non è la strategia migliore perché, oltre al problema del

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galleggiamento, si hanno i gas accumulati (azoto) che tendono a sciogliersi nel sangue arrivando ai tessuti:
gli animali in questo modo corrono il rischio di embolia, nella risalita il gas va rilasciato.
In fase di discesa di ha compressione dato l’aumento di pressione: ciò determina variazione del setto,
perdono la spinta di Archimede. È quindi più vantaggioso buttare fuori l’aria prima dell’apnea: come si
accumula quindi l’ossigeno? La riserva è tessutale: muscoli e sangue sono ricchi di mioglobina che trattiene
grandi quantità diossigeno (a differenza dell’emoglobina).

Altre strategie (utilizzate anche dall’uomo) sono:


- la bradicardia meccanismo automatico neuronale che riduce il battito cardiaco al fine di
migliorare la circolazione sanguigna e opporsi all’aumento di pressione. Nell’uomo il riflesso è
legato al nervo vago e avviene appena si ha un contatto con l’acqua.
- il bloodshift è un processo legato alla pressione esterna, si sposta il sangue in zone protette da
strutture rigide (scatola cranica e gabbia toracica) contrastando lo schiacciamento causato
dall’aumento della pressione. Questo aumenta la protezione degli organi vitali.

Nel mediterraneo (in Grecia, Albania e poche segnalazioni in Puglia e Sardegna) è presente la foca monaca,
animale in via di estinzione: sono state sterminate nell’antichità per carni e pellicce. Vivono in cavità marine,
sono studiate con videotrappole.

Alcuni cetacei sono mesopredatori, a livelli intermedi della catena trofica, bilanciano e regolano il sistema:
un esempio sono le foche. Tra i cetacei distinguiamo (per differenze basate sull’alimentazione):
- misticeti balene e balenottere, si nutrono di krill e zooplancton con sistema boccale costituito
da fanoni (ingeriscono acqua con il cibo di interesse e poi rigettano fuori l’acqua)
- odontoceti animali con denti, si tratta di delfini, balene dentate… sono predatori di pesci ma
anche di otarie e foche.

DISTRIBUZIONE DEL NECTON (principalmente dei pesci)


La distribuzione della diversità del necton varia: tendenzialmente è maggiore ai tropici e diminuisce verso i
poli. L’emisfero meridionale è più ricco del settentrionale. L’atlantico è quello con il numero di specie
minore rispetto all’indiano e al pacifico. La distribuzione batimetrica è importante per la diversità delle varie
specie. La distribuzione superficiale è più ricca: si ha una forte riduzione oltre i 500-1000m di profondità. Il
termoclino (oceanico) influisce molto, si aggira sui 200-250m di profondità.

Movimenti migratori
Si tratta di:
- movimenti locali e stagionali legati ad alimentazione e riproduzione,
- fasi di dispersione e colonizzazione legati al ciclo riproduttivo, spesso dovute alle correnti,
- migrazioni vere e proprie tra aree geografiche ben definite, servono a sfuggire a condizioni ambientali
avverse; utili alla riproduzione e alimentazione.
Alcune sono caotiche, locali e irregolari come quelle delle tartarughe nel coral triangle. Altre migrazioni
sono su lunghe distanze come quelle del salmone e delle anguille. Il salmone atlantico, per nutrirsi, si sposta
nella Groenlandia e per la riproduzione torna nei luoghi d’origine per risalire i fiumi. Le anguille
normalmente abitano gli ambienti dolci (fiumi e lagune) e al momento della riproduzione di spostano verso
l’oceano atlantico sincronizzando queste migrazioni con la giusta temperatura dell’acqua. Le anguille
europee e quelle americane vanno entrambe a riprodursi nel mare di sargassi, i giovani vengono poi
trasportati come plancton dalla corrente del golfo: quando poi sono abbastanza grandi abbandonano la
corrente e questo periodo di tempo è diverso tra quelle europee e quelle americane.
Le sardine poi migrano nell’adriatico: le popolazioni del nord adriatico si riproducono al largo di ancora,
quelle che vivono più a sud si riproducono a sud del Gargano.
Alcune migrazioni seguono le stagioni e le variazioni di temperature.
La megattera ha popolazioni meridionali e settentrionali: a seconda della stagione e del periodo riproduttivo
si spostano ed essendo sia a nord che a sud hanno migrazioni opposte dato che le stagioni sono opposte.

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Il ruolo ecologico dei predatori apicali
Nel mare si possono avere controlli top down e botton up.
I grandi predatori hanno un ruolo importante nella catena trofica: il loro ruolo è top down, regolano
l’abbondanza delle loro prede. Tra i grandi c’è anche l’uomo con l’attività della pesca: agisce in maniera
indiscriminata, gli abitanti del mare si regolano in base alle esigenze mentre noi invece prediamo più del
nostro bisogno e con tecnologie non sostenibili. L’uomo inoltre pesca tendenzialmente i gradi predatori
apicali del mare e va a impattare l’equilibrio delle varie catene trofiche, diminuiscono le taglie delle specie
presenti, aumenta il plancton gelatinoso che preda le larve dei pesci e ci sono anche impatti indiretti sui
fondali. Il controllo umano è quindi top down. La pesca distrugge le reti trofiche marine.

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CAP4: METODI DI CAMPIONAMENTO
BENTHOS
Si distinguono campionamento distruttivi e non distruttivi:
- distruttivi qualunque prelievo di campionamento per successive analisi in laboratorio (è il caso dei
plankton). Non significa distrugger necessariamente l’ecosistema, ma sicuramente vengono arrecati
micro danni. Il problema poi è la ripetibilità dei campionamenti: anche se un campionamento è poco
distruttivo preclude la possibilità di ricampionare gli stessi organismi in un tempo successivo
(interazioni, alimentazione, riproduzione…): sono quindi richiesti campionamenti non distruttivi.
- Non distruttivi svolte attraverso misurazioni, registrazioni e osservazioni in campo.

I campionamenti possono essere svolti su fondi mobili o fondi duri.

Fondi mobili
Spesso nei fondi mobili i microrganismi vivono all’interno del sedimento, alcuni escono di notte per
riproduzione o alimentazione (e non si è esposti a predatori). Se il sedimento è particolarmente fine il fondale
viene a volte perturbato e sospeso. Gli operatori in immersione devono fare microcampionamenti,
prelevando piccole porzioni di fondale (soprattutto se è di granulometria grossolana) con piccoli tubi di
plastica detti carotieri. Il tubo viene inserito e viene estratto un campione di fondale. In alternativa si usano
siringhe se il campione è piccolo. A volte al carotiere si aggiunge uno stantuffo che rimane fermo mentre la
carota penetra nel sedimento. Bisogna poi velocemente chiudere lo strumento: più il sedimento è grossolano
più sarà sciolto e tenderà a scivolare via.

In alternativa si usano sorboni ad aria o


ad acqua. In una sorbona ad aria il tubo è
legato ad una sorgente d’aria che viene
immessa alla base: l’aria tende a risalire
verso l’alto creando una depressione
all’imboccatura del tubo. Le sorboni ad
uso biologico sono tendenzialmente ad
aria, strumenti leggeri e delicati. Anche le
sorboni ad acqua aspirano ma con forza
superiore (e anche pericolosa). Il
materiale viene quindi trasportato verso
l’alto in cui c’è un retino che trattiene
materiale e organismi lasciando passare
l’acqua e l’aria. Può essere di varie
calibrate in base al materiale da dover
raccogliere.
Quelle ad acqua ad uso archeologico
hanno tubi che portano acqua dentro grandi ceste che possono trovarsi a bordo della nave.

Si usano anche dei microsensori per le proprietà chimico fisiche dei sedimenti, l’operatore deve essere
specializzato.
Si usano poi delle camere bentiche, dei cilindri che vengono appoggiati (o inseriti) sui fondali per effettuare
esperimenti in situ. Si crea una camera sul fondale (spesso trasparenti per garantire il passaggio di luce)

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concamerando del fondale su cui effettuare delle sperimentazioni: modificare la concentrazione di nutrienti,
la presenza della luce, l’acidità ecc… L’operatore deve avere una certa manualità ed essere sul fondo.

Ci sono sistemi di operamento a distanza: sono compresi campionatori di sedimenti (fauna e flora) tra cui:
- Draga gabbie metalliche che vengono trascinate sul fondale, operano come strumenti da pesca
a strascico. Raschiano i fondi detritici o con granulometrie con clasti grandi. La gabbia metallica
termina con un sacco a rete (di grandezze variabili in base al materiale da voler raccogliere). È
un campionamento distruttivo finalizzato tendenzialmente alla raccolta di megabenthos.
- Benna Van Veen è costituita da ganasce che so richiudono l’un l’altra. Lo strumento è calato
aperto, ha bracci o catene. Quando arriva sul fondo si sgancia un gancio che tiene aperti i bracci.
Quando i bracci si chiudono la benna raccoglie del sedimento. La benna ha sulla parte superiore
degli sportellini liberi di aprirsi: penetrando in profondità è importante che non si sposti troppa
acqua. L’efficacia è piuttosto bassa: se il sedimento è duro o compatto non si riescono ad usare,
se il campione è troppo pesante è difficile portarle a bordo. In condizioni ottimali è gestibile ma
su nave con mare mosso è difficile che l’operatore dalla nave riesca a far toccare appena lo
strumento e poi subito chiuderlo e portarlo su nave. Servono strumenti migliorativi.
- Box corer strumenti più complessi, sistemi simili a carpaggio verticale, tubo zavorrato nella
parte superiore e un telaio intorno appoggiato sul fondale (consente allo strumento di rimanere in
piedi). Il telaio è il puto di appoggio del campionatore: il telaio si appoggia e rimane attorno da
supporto, il campionatore penetra nel sedimento. È anche qui presente un sistema di sgancio (di
varie tipologie) che libera il meccanismo di chiusura sfruttando il peso stesso della zavorra. Il
vantaggio è che il campionatore entra bene in perpendicolare, ciò che viene riportato su è
indisturbato. Riportando il campionatore a bordo si può ispezionare la superfice del campione
grazie alla presenza di sportelli che si possono aprire (si possono anche vedere organismi vivi).
In alcuni casi c’è una cameretta di plexiglass che mostra il campione per valutare se è stato reso
bene. È più costoso e più difficile da maneggiare. È migliore di quelli sopra elencati.
- Multi corer tubi lanciati dalla superfice, calati in acqua fino vicino al fondale poi lasciati
cadere liberamente. Il tubo (max 10cm) entra nel sedimento e ha una chiusura automatica. La
parte terminale è detta “naso”. Sono spesso usati dai geologi, si riesce ad analizzare la carota
all’interno della carota stessa vedendo gli strati: c’è un controtubo di plastica, si riesce ad
estrarre il campione e analizzarne i vari strati (con eventuali organismi vivi). È usato anche dai
paleologici.
- Carotieri motorizzati poco usati perché il sedimento è abbastanza perforabile senza l’uso di
trapani. Vengono a volte usati piccoli carotieri per le praterie di feranogame dato che ci sono gli
apparati radicali. Servono quindi tubi di alluminio con un naso dentellato: l’operatore fa
movimenti circolatori avanti e indietro (come una sega) sulle radici e si riesce così ad estrarre un
campione. Si deve usare poi un tappo e un controtappo altrimenti il campione tende ad uscire dal
tubo.
- Sediment Profile Imaging (SPI) sono box corer modificati che si poggiano sul fondale, la
parte centrale sprofonda nel fondale sotto il peso della zavorra poi, senza sistema di chiusura, c’è
un piano inclinato trasparente di plexiglass con una videocamera. Si riesce ad avere quindi una
fetta di fondale da guardare. È bene acquisire una immagine fissa o registrare nel tempo i
movimenti in quel tratto. Non viene molto usato perché costoso e complicato e inoltre mostra
quella zona e poca comunità.

Solitamente i campionamenti vengono fatti per la macrofauna e spesso le maglie variano in base alle taglie. I
campioni vengono poi lavati e ciò che rimane sul setaccio viene messo da parte, spesso si usava la formalina
(cancerogeno) o l’alcol denaturato (rosa e bianco). Si usa altrimenti alcol puro o il congelamento del
campione che permettono alcune analisi come quelle tassonomiche e molecolari. Per le tassonomiche il
congelamento non va bene perché spappola tutto. Si cerca di usare la formalina solo per il primo fissaggio e
poi si lava il tutto con l’alcol.

- Remotely Operated Vehicle (ROV) permettono di acquisire immagini anche ad alta


profondità.
- Autonomous Underwater Vehicle (AUV) funzionano bene per le indagini geofisiche, per il
biologico sono poco utili perché non permettono di acquisire immagini specifiche.

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Fondi duri
I fondali in questione hanno scogli, grotte, pinnacoli, pareti di roccia. È più difficile il campionamento. Si
mandano giù dei ROV solitamente, oppure anche sottomarini e batisfere. Anche gli AUV sono utilizzati:
spesso vengono calati per visualizzare prima il fondale e le sue caratteristiche per poi procedere con gli altri
strumenti. È sconveniente utilizzare l’AUV a volte, capita che scontra contro le rocce e non si riesce
nemmeno più a spostare ne a rintracciare (le onde radio non sono utilizzabili, si usano le onde meccaniche).
Si effettuano campionamenti non distruttivi con:
- Censimenti visivi osservazioni da annotare su tablet, matita e lavagnetta,
- Fotografie,
- Video.
Tra le tecniche distruttive si usano:
- Sorbone (ad aria/acqua), di dimensioni varie. Alcune hanno filtri per raccogliere alghe che
vivono sui coralli. Si tratta di microprelievi.
- Martello e scalpello.
E si possono combinare: si può prima sorbonare l’area e poi lavorare con martello e scalpello. I campioni poi
possono essere raccolti sempre dalla sorbona. Bisogna coordinarsi molto bene.
Il materiale è bene prepararlo prima (ad esempio le etichette).
Si possono poi usare poi sensori: si posizionano per un certo periodo di tempo in alcune località per
raccogliere dati estesi in un certo intervallo di tempo. Si usano per monitorare ad esempio i cambiamenti
climatici, le temperature.
Si possono realizzare esperimenti manipolativi molto più complessi e articolati: mettere pannelli per vedere
i processi di colonizzazione di organismi, creare situazioni particolari ecc…

NECTON
Si parla tendenzialmente di animali in grado di muoversi autonomamente, ma si possono suddividere tra
quelli che tendono a vivere vicino ai fondali e quelli che vivono in mare aperto (più difficili da studiare). Si
usano:
- Censimenti visivi operatore immerso che compie osservazioni e identificazione di specie. Si
cerca poi di contare gli individui osservati. Si usano lavagnette anche preimpostate per annotare,
contare e stimare abbondanza ed eventualmente anche le grandezze e taglie. Si usano questi
campionamenti nelle aree protette per valutare le specie presenti, la loro distribuzione e
modifiche comportamentali. In alcuni casi gli animali cambiano comportamenti tra fondale e
superfice e anche in vicinanza all’operatore. Le cernie brune per esempio si trovano solo in
profondità (anche se il loro habitat potrebbe essere la superfice) e appena vedono un subacqueo
scappano; in aree protette si vedono più cernie anche in superfice e non tendono a scappare allo
stesso modo.
- Con tracciatiA volte si fanno campionamenti muovendosi su un tracciato, un transetto
virtuale andando in avanti e indietro: in andata si analizzano le specie a maggior mobilità
(bentonectoniche) e al ritorno con più calma si osservano le specie criptiche e nectoniche che
vivono tra le alghe, le fessure e le rocce.
- Punti di osservazione fissa (con operatore) l’operatore sta fermo e osserva fino ad una certa
distanza attorno a se (in una area rettangolare/circolare…) e si esplora un certo volume d’acqua
calcolabile sapendo i limiti dell’area osservata.
- Postazioni fisse di videoripresa, con o senza escheIn altri casi al posto dell’operatore ci sono
videocamere all’interno di contenitori con esche, cibo per gli animali nella zona. È il caso degli
animali e pesci che si muovono come per gli squali. A volte però è difficile investigare l’area di
interesse perché gli animali potrebbero giungere da aree più distanti essendo attratti dalle esche.
Sono stati fatti esperimenti su una isola greca: erano presenti praterie di posidonia e zone di
roccia. Usando postazioni fisse senza esca le popolazioni ittiche si comportano diversamente,
con l’esca le due comunità ittiche si comportano allo stesso modo in quanto attratti dal cibo.
- TaggingCon organismi di grandi dimensioni catturabili e rilasciabili si usano tecniche di
cattura, marcatura e ricattura. Sono usate per studiare gli stock delle specie di interesse, dinamica
di popolazioni, taglie, accrescimento… nel tempo la probabilità di ricattura è in funziona del
numero di individui presenti: si può calcolare la dimensione dello stock in base a quanti marcati
si hanno, quanti si ricatturano e quanti non si ricatturano.

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- Data logger e radio-trasmettitoriSi misurano poi le variazioni dei parametri. Si utilizza con
cetacei e anche nautili. Si usano sensori sottopelle che vengono letti con lettori anche a metri di
distanza con sonde utilizzate sotto l’acqua monitorando pure gli spostamenti. Per i nautili si
usano piccole trapanazioni non dolorose sulla conchiglia. Si effettua anche per tartarughe, rettili,
cetacei: per gli animali che stanno anche in parte in superfice si usano sonde con antenne e nel
momento in cui sono all’aria la sonda funziona indicando la posizione, quando l’animale è
immerso vengono comunque misurati altri dati (salinità, profondità, densità dell’acqua…).
- Pesca scientifica si effettua per organismi non facilmente avvicinabili, a volte si usa per la
capacità di pesca dei pescatori. Non si effettua per la vendita, se ne pescano pochi.
- Tecniche di indagine indirette sono usate tecniche acustiche usate per banchi di pesci, per
esempio, per il plankton. Gli strumenti sono dotati di algoritmi che elaborano il segnale e
indicano se si tratta di pesci singoli o banchi. Si riesce ad attribuire quindi una certa
identificazione (non di specie, ma a volte si sa quale specie faccia un certo tipo di banco).
Spesso le tecniche di campionamento acustico e quelle di pesca scientifica vengono combinate: mentre la
nave avanza e pesca si utilizzano le tecniche acustiche per raccogliere dati. Si possono anche intanto
effettuare metodi visivi ma non si tratta tendenzialmente di una efficace osservazione.

La pesca, che può essere sportiva, scientifica e commerciale, si effettua tramite tecniche come:
- Piccola pesca,
- Reti da posta fisse (imbrocco e tramaglio),
- Strascico,
- Circuizione,
- Palangari,
- Pesca con lenze leggere.

Si possono poi effettuare immersione in mare aperto ma spesso non si tratta di raccolte dati molto efficaci.

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