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CHIMICA INDUSTRIALE

APPUNTI DELLE LEZIONI


A.A. 2007/08

PROF. ING. MASSIMO PACI


2

IDROGENO

Il settore energetico attualmente in un periodo di transizione. Le riserve di


combustibili fossili diminuiscono gradualmente ed il loro impiego reso difficile da
questioni ambientali ed economiche. Lutilizzazione di combustibili fossili, con le
emissioni dei residui di combustione nellatmosfera e la loro accidentale fuoriuscita
nelle acque di mari, fiumi o laghi, sta provocando effetti dannosi al sistema
ecologico. La soluzione del problema con lintroduzione di dispositivi anti-smog e
combustibili cosiddetti "verdi" non ha risolto il problema ma ha solo contribuito ad
aumentare i costi dellintero settore energetico. Il futuro di tale settore, quindi,
dipende dallo sviluppo di nuove, economiche, non inquinanti fonti energetiche come
lidrogeno.
L'idrogeno non pu essere propriamente definito una fonte d'energia: la sua
produzione, deriva dall'elaborazione di altre sorgenti energetiche, per cui esso viene
pi frequentemente definito come forma o vettore d'energia. Si tratta, quindi, di una
forma di energia particolare, che negli ultimi decenni ha richiamato particolare
attenzione in quanto ha sintetizzato caratteristiche particolari che consentono di
coprire campi nei quali risulta meno agevole l'applicazione di altre forme d'energia.
La gamma di utilizzazione dell'idrogeno decisamente vasta e le possibilit che si
aprono sono numerose. In realt il passaggio ad un'economia energetica basata in
larga parte sull'idrogeno potr avvenire solo gradualmente attraverso le prime
applicazioni per usi particolari (in campo chimico), seguite poi da quelle siderurgiche
(riduzione diretta di minerali e ferro), per giungere infine all'uso allargato
dell'idrogeno quale combustibile su larga e piccola scala (Ciborra, 1999).

1. Propriet dell'idrogeno
L'esistenza dell'idrogeno nota da secoli, ma la sua vera natura comincia ad
emergere solo intorno al XVI secolo quando Paracelso per primo descrisse un gas
infiammabile prodotto per reazione dell'acido solforico con il ferro. In seguito, nel
1766, Henry Cavendish approfond gli studi sulle propriet e la preparazione
dell'idrogeno dall'acqua Nominato inizialmente "aria infiammabile" da Joseph
Priestley, nel 1783 Lavoisier diede a questo gas il nome di idrogeno, che significa
"generatore di acqua" (dal greco hydor e geno, "generatore d'acqua").

Esso rappresenta l'elemento pi abbondante nell'universo, come risulta dall'analisi


spettrale della luce emessa dalle stelle, che rivela che la maggior parte di esse sono
costituite principalmente da idrogeno; ad esempio nel sole, la stella a noi pi vicina,
presente per circa il 90%. Con l'ossigeno ed il silicio uno degli elementi pi diffusi
(0,9% in peso) sulla crosta terrestre. Molto raro l'idrogeno allo stato elementare sul
nostro pianeta in quanto l'attrazione gravitazionale terrestre, minore di quella delle
stelle e dei grandi pianeti, insufficiente a trattenere molecole molto leggere come
quelle dell'idrogeno. L'idrogeno (cos come il gas naturale) tende a salire
velocemente essendo pi leggero dell'aria, mentre il propano e i vapori di benzina
rimangono sul suolo essendo pi pesanti dell'aria. Lidrogeno si trova libero nelle
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emanazioni vulcaniche, nelle sorgenti petrolifere, nelle fumarole e nell'atmosfera ad


un'altezza superiore ai cento chilometri. Particolarmente abbondante invece allo
stato combinato: con l'ossigeno presente nell'acqua di cui costituisce l'11,2% in
peso; combinato con carbonio, ossigeno ed alcuni altri elementi uno dei principali
costituenti del mondo vegetale ed animale, l'organismo umano ne contiene circa il
10% del suo peso. Nel solo campo della chimica organica sono noti milioni di
composti contenenti idrogeno che vanno dal pi semplice degli idrocarburi, il
metano, alle gigantesche proteine dei carboidrati con un enorme numero di atomi di
idrogeno.
Nella tabella 1 sono riportate alcune importanti propriet dell'idrogeno.
L'idrogeno a temperatura ambiente un gas incolore, inodore e praticamente
insolubile in acqua. Dopo l'elio il gas pi difficile a liquefarsi. E' un discreto
conduttore del calore e dell'elettricit, viene facilmente assorbito da taluni metalli.
Generalmente poco attivo a freddo, l'idrogeno d luogo, a caldo o in presenza di
catalizzatori a numerose reazioni chimiche.
Tab. 1 Propriet dell'idrogeno.
Peso molecolare 2,016
3
Densit Kg/m 0,0838
Potere calorifico superiore MJ/Kg 141,90
MJ/m3 11,89
Potere calorifico inferiore MJ/Kg 119,90
MJ/m3 10,05
Temperatura di ebollizione K 20,3
Densit come liquido Kg/m3 70,8
Punto critico K 32,94
temperatura bar 12,84
pressione Kg/m3 31,40
densit
Temperatura di auto-ignizione K 858
Limite di ignizione aerea (vol. %) 4-75
Miscela stechiometrica aerea (vol. %) 29,53
Temperatura di combustione aerea K 2,318
Coefficiente di diffusione cm2/s 0,61
Calore specifico KJ/(kg K) 14,89
Fonte: Frano Barbir, 1999.

Esso si combina direttamente alla maggior parte dei non metalli e dei metalli alcalini
e alcalino-terrosi.
La combinazione con ossigeno, per dare acqua, avviene spesso con esplosione a
temperatura elevata o in presenza di un catalizzatore.
Con lo zolfo si combina intorno ai 250 C; la reazione con azoto, che d luogo
all'ammoniaca, richiede l'uso di catalizzatori, alta temperatura ed alta pressione.
Con il carbonio reagisce verso i 1100 C per generare metano. Insufflando idrogeno
in un arco elettrico si ottiene un gas dotato di propriet riducenti eccezionali detto
"idrogeno atomico", che riduce tutti gli ossidi e si combina a freddo con la maggior
parte dei non metalli.
1 kg di idrogeno contiene la stessa quantit di energia di 2,1 Kg di gas naturale o di
2,8 Kg di benzina. L'idrogeno brucia nell'aria a concentrazioni volumetriche
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comprese nel range del 475% (il metano brucia in un range del 5.3-15% e il
propano del 2.1-9.5%). La pi alta temperatura di ignizione dell'idrogeno pari a
2318C raggiunta alla concentrazione volumetrica del 29%, mentre, in un'atmosfera
ricca di ossigeno, pu raggiungere temperature di ignizione fino a 3000C (le
temperature di ignizione pi alte in aria sono 2148C per il metano e 2385C per il
propano). La minima energia di ignizione richiesta per una miscela stechiometrica
combustibile/ossigeno, 0.02 mJ per l'idrogeno, 0.29 mJ per il metano e 0.26 mJ per
il propano. Le temperature per la spontanea combustione dell'idrogeno, del metano e
del propano sono 585C, 540C e 487C rispettivamente. La regione di esplosivit
per l'idrogeno e per il metano compresa tra il 1359% per il primo e tra il 6.314%
per il secondo. Il range di esplosivit dell'idrogeno chiaramente molto pi ampio,
laddove il metano gi esplosivo a concentrazione molto pi bassa.

L'idrogeno ha il pi alto contenuto di energia per unit di massa di tutti gli altri
combustibili, il potere calorifico superiore 141,9 MJ/Kg.

2. Impieghi dell'idrogeno
L'idrogeno un gas industriale di primaria importanza. Fu per lungo tempo utilizzato
per il gonfiamento degli aerostati; ma a causa della sua infiammabilit, che provoc
gravissimi incidenti (Akron, Hindenburg, ecc.), stato sostituito dall'elio,
leggermente pi pesante ma non infiammabile. L'idrogeno usato come materia
prima in un gran numero di operazioni chimiche. La pi importante la sintesi
dell'ammoniaca, ma vanno anche ricordate l'idrogenazione degli oli di pesce e delle
nafte, la fabbricazione del metanolo e dei carburanti sintetici.
Attualmente, l'unico impiego dell'idrogeno come combustibile, avviene nei
programmi spaziali della NASA. Idrogeno ed ossigeno liquidi, vengono combinati
per ottenere il combustibile necessario per lo space shuttle ed altri razzi. Le celle a
combustibile a bordo inoltre, sempre combinando idrogeno ed ossigeno, producono
gran parte dell'energia elettrica richiesta. L'unico materiale scaricato dalle celle
acqua pura, utilizzata dall'equipaggio per dissetarsi (National Renewable Energy
Laboratory, 1995).
Oggetto delle pi recenti ricerche, l'impiego dell'idrogeno nelle celle a
combustibile. L'obiettivo quello di realizzare un sistema energetico basato
sull'idrogeno, con la costruzione di impianti per la produzione di energia che
utilizzino l'idrogeno prodotto dall'elettrolisi dell'acqua marina.
Anche se la ricerca ha raggiunto apprezzabili traguardi, tutte le tecnologie relative
all'uso dell'idrogeno, sono ancora da sviluppare e perfezionare e notevoli sono gli
ostacoli da superare affinch tale visione diventi realt.

3. L'idrogeno come fonte d'energia


L'interesse all'idrogeno come fonte denergia, risale ai primi anni 1970, durante la
prima crisi petrolifera. Fu proprio con il verificarsi di tali condizioni, che diversi
studiosi cominciarono a considerare il ruolo fondamentale che l'idrogeno avrebbe
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potuto giocare in campo energetico. Esso poteva essere agevolmente prodotto con
l'impiego di energia elettrica, tramite elettrolisi, ed essere quindi immagazzinato e
trasportato in diversi modi. La visione di un sistema energetico basato sull'idrogeno,
per, era strettamente correlata, nella realt, con la disponibilit di energia elettrica a
basso costo, unico vincolo alla realizzazione di un sistema efficiente e competitivo.
Metodi per la produzione di idrogeno alternativi all'elettrolisi, erano comunque legati
alla disponibilit di combustibili fossili e ci rafforz ancor pi la convinzione che
senza la possibilit di disporre di energia elettrica poco costosa, non vi erano altre
concrete possibilit di far fronte, nel breve termine, all'impellente crisi energetica. Di
conseguenza, i progetti di ricerca legati all'energia dall'idrogeno furono
progressivamente abbandonati.
Nel corso degli anni 1980, furono fatti notevoli passi avanti nello studio delle
tecnologie relative alle risorse rinnovabili e all'efficienza energetica, tanto che la
ricerca su sistemi energetici altamente efficienti basati su idrogeno e fonti
rinnovabili, apparve sempre pi interessante. In particolare, si intensificarono gli
sforzi per lo sviluppo di tecnologie che rafforzassero il legame tra idrogeno e fonti
rinnovabili, al fine di ridurre, se non eliminare del tutto, la dipendenza dai
combustibili fossili tradizionali (National Renewable Energy Laboratory, 1995). Il
raggiungimento di un sistema completamente basato sul ciclo di vita dellidrogeno,
presuppone infatti limpiego di fonti rinnovabili per la produzione didrogeno da cui
risulterebbe un impatto ambientale nullo dato che da tali processi di produzione
residuerebbero solo ossigeno ed acqua. Successivamente lidrogeno verrebbe
immagazzinato e trasportato per poi essere utilizzato nelle diverse possibili
applicazioni.
Attualmente, anche se la ricerca ha compiuto ulteriori, notevoli passi, le sofisticate
tecnologie oggetto dei recenti piani di studio necessitano ancora di quei
perfezionamenti che consentiranno il graduale passaggio ad uneconomia basata
sullidrogeno.

4. I vantaggi dell'idrogeno
Lidrogeno ormai considerato come il combustibile del futuro, le sue particolari
caratteristiche infatti, ne fanno una fonte d'energia ideale.
L'idrogeno pu essere prodotto, come l'elettricit, da qualsiasi fonte d'energia,
comprese quelle rinnovabili: la materia prima fondamentale per la produzione
dell'idrogeno l'acqua, che disponibile in abbondanza; l'idrogeno una fonte
completamente rinnovabile dato che il prodotto della sua utilizzazione, sia tramite
combustione sia attraverso conversione elettrochimica, acqua pura o vapore
acqueo. L'idrogeno quindi compatibile con l'ambiente, poich la sua produzione
dall'elettricit (o direttamente dall'energia solare), il suo immagazzinaggio e
trasporto, ed il suo utilizzo finale non producono alcun agente inquinante (eccetto
alcuni NOx se bruciato con l'aria) o qualsiasi altro effetto nocivo per l'ambiente. Esso
inoltre non produce alcun gas serra, in particolare CO2 (Barbir,1999).
Esso pu essere immagazzinato in forma gassosa (conveniente per
l'immagazzinaggio in larga scala), in forma liquida (conveniente per il trasporto
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aereo e terrestre) o in forma di idruri di metallo (conveniente per l'applicazione sui


veicoli o per altre richieste di immagazzinaggio su scala relativamente ridotta) e pu
essere trasportato lungo enormi distanze attraverso oleodotti o tramite navi cisterna
(nella maggior parte dei casi pi economicamente ed efficientemente dell'elettricit).
Un altro vantaggio dellidrogeno la possibilit di convertirlo in altre forme
d'energia in diversi modi, per esempio tramite combustione catalitica, conversione
elettrochimica, creazione di idruri, ecc..
L'idrogeno pu essere combinato con benzina, metanolo, etanolo e gas naturale;
aggiungendo appena il 5% di idrogeno alla miscela aria/benzina in un motore a
combustione interna si possono ridurre le emissioni di ossido di azoto del 30%-40%.
Un motore convertito per bruciare idrogeno puro produce solo acqua ed una minore
percentuale di ossidi di azoto come gas di scarico (National Renewable Energy
Laboratory, 1995).
Lidrogeno potrebbe rappresentare per il futuro la base di un sistema energetico
indipendente dalle fonti di energia convenzionali. Le tecnologie chiave in tale
sistema sono quelle legate alla produzione, all'immagazzinaggio, al trasporto ed
all'utilizzazione dell'idrogeno. Nei prossimi paragrafi tali tecnologie saranno
illustrate considerando lo stato attuale e gli sviluppi della ricerca.

5. Tecnologie di produzione dell'idrogeno


Attualmente, in tutto il mondo sono commercializzati circa 500 miliardi di Nm3 di
idrogeno la cui maggior parte trae origine da fonti fossili. Esso prodotto
principalmente come "co-prodotto" dellindustria chimica, in particolare dei processi
di produzione del polivinile di cloruro (PVC), che forniscono il 38% dellidrogeno
mondiale, e di raffinazione del petrolio greggio, che contribuisce al 2% circa della
produzione (Zittel e Wurster, 1996).
Per quanto riguarda invece il suo impiego come fonte denergia, attualmente esso
avviene solo in piccoli impianti che servono prevalentemente industrie del settore
petrolchimico. Per il futuro, considerata lattuale evoluzione del settore energetico, si
prevede un notevole incremento della domanda di idrogeno. Essa sar determinata
principalmente dalle conseguenze che avranno i numerosi vincoli imposti dalla
legislazione ambientale e dalla necessit di trovare altre fonti di energia. La
produzione di idrogeno incontra nella pratica numerosi problemi soprattutto riguardo
l'alto costo della sua produzione e la selezione dei migliori processi di produzione e
immagazzinaggio.
Le principali tecnologie di produzione dell'idrogeno sono:

Elettrolisi dellacqua.
Steam reforming del gas metano.
Ossidazione parziale non catalitica di idrocarburi.
Gassificazione del carbone.
Altri metodi.
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Le tecnologie di produzione sono meno sviluppate rispetto a quelle


dimmagazzinaggio e trasporto ed un loro miglioramento si tradurrebbe in una
notevole riduzione dei costi dinvestimento del settore energetico. Inoltre, progressi
nelle tecnologie di produzione dell'idrogeno consentirebbero di ottenere significativi
miglioramenti nelle infrastrutture necessarie per un uso diffuso dell'idrogeno.
Oltre al miglioramento dellefficienza dellelettrolisi dellacqua e degli altri metodi
gi sfruttati commercialmente, l'attenzione della ricerca rivolta a progetti per
metodi innovativi quali processi di fotoconversione come sistemi fotobiologici e
fotoelettrochimici, oltre a processi termochimici come gassificazione e pirolisi
(National Renewable Energy Laboratory, 1995).

5.1. L'elettrolisi dellacqua

L'idrogeno pu essere ottenuto tramite lelettrolisi dell'acqua (Fig. 2). Questo


processo fu applicato per la prima volta da Sir William Grove, nellanno 1839.
L'elettrolisi richiede il passaggio di corrente elettrica attraverso l'acqua. La corrente
entra nella cella elettrolitica tramite il catodo, un elettrodo caricato negativamente,
attraversa l'acqua e va via attraverso l'anodo, un elettrodo caricato positivamente.
L'idrogeno e l'ossigeno cos separati confluiscono rispettivamente verso il catodo e
verso l'anodo.
L'elettrolisi il metodo pi
comune per la produzione
di idrogeno anche se
incontra notevoli ostacoli
per la quantit limitata di
idrogeno prodotta e per i
costi, ancora troppo elevati,
dovuti all'impiego di
energia elettrica.
Attualmente, solo il 4%
della produzione mondiale
di idrogeno avviene per
elettrolisi dell'acqua e solo
per soddisfare richieste
limitate di idrogeno
estremamente puro (Padr e
Putsche, 1999).

Fig. 2 L'elettrolisi.
Per risolvere questo problema, si prevede lapplicazione dellelettrolisi con vapore ad
alta temperatura (900-1000 C). Lalta temperatura del sistema accelera le reazioni,
riduce le perdite denergia dovute alla polarizzazione degli elettrodi ed accresce
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lefficienza complessiva del sistema. Questa tecnologia offre lopportunit di ridurre


il consumo di elettricit al 35% di quella utilizzata dagli attuali elettrolizzatori in
commercio. Questa notevole riduzione dei costi, e lelevata efficienza di conversione
stimata (circa il 90%), consentirebbe allelettrolisi di essere competitiva anche con lo
steam reforming, che richiede notevoli investimenti strutturali (Hydrogen R&D
Program, 1999).
In ogni caso, prima che le nuove tecnologie vengano perfezionate e divengano
completamente operative, il costo per la produzione dell'idrogeno dall'elettrolisi il
pi alto rispetto a qualsiasi altra tecnologia. I costi maggiori sono rappresentati dai
sistemi fotovoltaici ed eolici i quali, nonostante i miglioramenti tecnologici previsti
per i prossimi anni, richiedono e richiederanno ancora costi elevatissimi per la
produzione di energia da impiegare nell'elettrolisi. Un altro aspetto da valutare che
l'idrogeno attualmente viene prodotto in sito e su domanda, vengono quindi trascurati
i costi di magazzinaggio e trasporto che renderebbero il prezzo dell'idrogeno
"consegnato", anche se in quantit ridotte, ancor meno competitivo. Nellambito
delle applicazioni pratiche i costi per l'elettrolisi tramite celle a membrana polimerica
si prevede che siano minori dei sistemi con celle alcaline.
L'elettrolisi, nonostante le ancora insormontabili barriere dei costi, resta comunque il
procedimento che riveste maggiore interesse e su cui la ricerca punta maggiormente.
E questo il motivo che spinge la ricerca allo studio di sistemi che impieghino fonti di
energia alternative a quella elettrica.
IDROGENO PER VIA ELETTROLITICA
L'acqua pura pochissimo dissociata e praticamente non conduce l'elettricit. Per
poter realizzare l'elettrolisi e perci necessario aggiungere un elettrolita che di solito
KOH. Si preferisce l'idrato di potassio rispetto a quello di sodio perch la velocit
di migrazione degli ioni K+ maggiore di quella degli ioni Na+ . Il massimo della
conducibilit si ottiene con soluzioni di KOH al 25%. Le reazioni di scarica che si
hanno agli elettrodi sono le seguenti;

Elettrolisi KOH s.a. (1M) su elettrodi di Pt platinato

Specie presenti:
[K+]= [OH-]=1M, [H+]=10-14M, H2O

- catodo
E E ?
1 K+ + e-=K -2,92 -2,92
2 2H+ + 2e- =H2 0 -0,827 (*)
3 2H2O+2e-=H2+2OH- -0,828 -0,828
9

(*) 0+
0,059
2
(
log 10 14 )
2

+ anodo (scritte nel senso della riduzione, ma ..........


E E ?
per decidere
1 O2+2H2O+4e-=4OH- 0,4 0,4 -0,4
2 O2 +4H++4e-=2H2O 1,23 0,403 -0,403

f . e. m .= Ean Ecat
E=1,23

Sovratensione (Es):

La scarica di un gas agli elettrodi spesso un fenomeno non reversibile, pertanto non
avviene al valore della tensione anodica o catodica calcolata, ma ad una tensione
maggiore. La sovratensione agli elettrodi dipende da vari fattori come il materiale e
lo stato fisico degli elettrodi, la natura chimica di ci che si deposita. In pratica
esistono tre tipi di sovratensioni:

1. sovratensione per deconcentrazione ionica


2. sovratensione per deposito del metallo su se stesso
3. sovratensione gassosa

Mentre la sovratensione per la deposizione di metalli generalmente trascurabile,


quella per i gas sensibile e ci dipende dal fatto che il gas, depositandosi
sull'elettrodo, viene adsorbito in forma monomolecolare poi desorbito. Se
ladsorbimento facile la sovratensione bassa, altrimenti elevata. Ci
dimostrato dal fatto che la sovratensione generalmente trascurabile quando
lelettrodo costituito da un metallo che agisce da catalizzatore nelle reazioni in cui
partecipa il gas. Ad esempio, la sovratensione di H2 con elettrodo di Pt pressoch
nulla, mentre con elettrodo di Fe 0,2 0,6 volt, e con Hg 0,8 1 volt. In tabella
sono indicati i valori di alcune sovratensioni:
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Sovratensioni per sviluppi gassosi


Sovratensione di H2 su: Sovratensione di O2 su:

Pt platinato - 0.005 V Ni 0.06


Au - 0.020 Co 0.24
Fe - 0.08 Pt platinato 0.25
Pt liscio - 0.09 Fe 0.25
Ag - 0.15 Pb 0.31
Ni - 0.21 Ag 0.41
Cu - 0.23 Cd 0.43
Cd - 0.48 Pt liscio 0.45
Sn - 0.53 Au 0.53
Pb - 0.64
Zn - 0.70
Hg - 0.78

Occorre notare che la sovratensione non costante per un dato elettrodo. Essa infatti
dipende anche dalla densit di corrente impiegata (aumenta con essa) e quindi dalla
superficie degli elettrodi a parit di corrente. La sovratensione di O2 generalmente
minore, ed particolarmente bassa con elettrodo di nichel; per questo motivo gli
anodi di queste celle si fanno di ferro nichelato.

Nel nostro caso, se il catodo di ferro e lanodo di Fe/Ni:

Ea=0,403+0,06= 0,463
Ec= - 0,828 - 0,08= - 0,908
E = 1,37

Quindi il processo elettrolitico rappresentato nel suo insieme da:

H2Ol = H2g + O2g

Il calcolo del consumo di energia e della tensione da applicare alla cella, nel caso
ideale di trasformazione reversibile, si conduce mediante considerazioni
termodinamiche. Il lavoro elettrico reversibile che dobbiamo spendere uguale al -
G della trasformazione, essendo

G = - west
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west = q E

G = - q E

G = -Ne E

F F = 6,02*1023 1,602*10-19 = 96500 coulombs
Per n moli di elettroni:
G = -n F E

coulombs volt = J = watt x sec
G(J) = -n 96500 E

Indicando con Q lenergia necessaria che dobbiamo spendere:

- G = west = Q = nFE

La ragione del segno negativo (- G) sta nel fatto che il G di una trasformazione
reversibile rappresenta il lavoro che il sistema compie, mentre nel nostro caso noi
dobbiamo fornire lavoro al sistema.

- G = Q = 237 kJ/mole di idrogeno


Il consumo energetico per Nmc di idrogeno sar:

237.1000
Q= = 3kWh / Nmc
3600.22,4

La tensione teorica da applicare alla cella sar data da:

G 237.1000
E= = = 1,23Volt
nF 2.96500

avendo usato i seguenti fattori di conversione:

1 kWh = 3600 kJ 1kJ = 1000 watt . sec


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In pratica, la tensione applicata agli elettrodi maggiore (2 2,5 volt) ed il consumo


di energia 4 5 kWh . Per questo motivo si parla di rendimento di tensione, come
rapporto tra la tensione teorica e quella effettiva. Nel caso dellelettrolisi dellacqua il
rendimento sar quindi:

1,23
t = = 60%
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Vari sono motivi che rendono la tensione necessaria maggiore di quella teorica. Oltre
alla sovratensione, di cui si gi parlato occorre considerare:

La resistenza interna della cella (E=IR)


Per diminuire questa resistenza occorre fare l'anodo e il catodo il pi vicini possibile
compatibilmente con le condizioni di sicurezza (possibilit di esplosione della
miscela tonante. Oltre che dalla distanza la resistenza chimica dipende dalla mobilit,
e dalla quantit di ioni presenti. Per diminuire tale resistenza si pu agire sulla
temperatura; infatti all'aumentare di essa aumenta la mobilit degli ioni e diminuisce
la viscosit della soluzione. Normalmente la temperatura della soluzione tenuta
intorno a 50C. Non conviene andare oltre perch le soluzioni alcaline a caldo sono
corrosive ed inoltre si hanno perdite di acqua per evaporazione. La resistenza del
cella inoltre aumentata dall'aggiunta di diaframmi che hanno lo scopo di impedire il
mescolamento dei gas.

Deconcentrazione ionica (Ep )


In vicinanza agli elettrodi si vengono a creare dei gradienti di concentrazione degli
ioni e di conseguenza delle f.c.e.m. Si pu ovviare in parte a questo inconveniente
agitando moderatamente il bagno e studiando la forma degli elettrodi.

Sommando tutti questi fattori si ottiene la tensione totale:

E = ( E a Ec ) + E s + E + E p

Inoltre, cosi come si definito un rendimento di tensione si pu definire un


rendimento di corrente (c) che tiene conto delle perdite di energia che si hanno in
correnti e reazioni parassite.

Perci il rendimento totale :

= tc (comunemente ) 50%
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CELLE ELETTROLITICHE
Le celle elettrolitiche si suddividono in due tipi fondamentali; celle multipolari e
celle bipolari. La differenza tra le due sta nel fatto che nelle celle multipolari gli
elettrodi sono collegati in parallelo e ciascuno di essi collegato alle sbarre
portacorrente, mentre nelle celle bipolari la tensione applicata solamente agli
elettrodi terminali in modo che gli elettrodi intermedi si caricano per induzione. Le
celle per l'elettrolisi dell'acqua sono molto ingombranti, dovendo lavorare con densit
di corrente limitate perch altrimenti si riducono troppo i rendimenti ed aumentano le
sovratensioni. Le celle possono essere chiuse o aperte. Ci in relazione al fatto che
la CO2 dellaria tende a sciogliersi nella soluzione alcalina formando carbonato e
modificando il pH della soluzione. Le celle chiuse vanno mantenute in lieve
pressione per evitare che penetri aria e si formi una miscela esplosiva. Nelle celle
aperte occorre provvedere alla decarbonatazione della soluzione estraendo con
continuit una parte di essa e trattandola con latte di calce:
K2CO3 + Ca(OH)2 = CaCO3 +2 KOH
Si cercato di risolvere il problema anche ricoprendo la soluzione con olio minerale
ma si avuto l'inconveniente di una ossidazione dell'olio all'anodo. L'impianto di
elettrolisi costoso perch, oltre alle celle, comprende dispositivi per la circolazione
dell'elettrolita, sistemi di recupero dei gas sviluppati, impianti di depurazione
dellelettrolita, di produzione dell'acqua distillata, reintegro.

Celle multipolari
Nella figura 2 riportato lo schema di una cella multipolare Fauser costituita da un
cassone parallelepipedo in ferro, sostenuto da isolanti che poggiano su basi di
cemento. Nella
soluzione alcalina sono
immersi
alternativamente gli
anodi di ferro nichelato
ed i catodi di ferro,
sotto forma di lamiere.

Fig.2 Sezione di una


cella multipolare
Fauser: A corpo in
lamiera di ferro, B-
isolatori, D- elettrodi,
H- sacchi di tela, G-
raccolta gas, P ed R-
conduttori ()
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Ogni elettrodo costituito da due lamiere parallele distanziate di un piccolo spazio.


Questa disposizione ha lo scopo di favorire la circolazione dell'elettrolita in quanto
mentre le bollicine di gas salgono lungo la parete esterna della lamiera,
nellintercapedine la soluzione assume un moto discendente. Ogni elettrodo
circondato dal sacco di tela (un tempo si usava amianto, oggi si impiegano membrane
polimeriche) e fa capo ad un sistema separato di raccolta dei gas. Le singole celle
possono essere disposte in serie fino ad una tensione di 600-700 volt. La tensione
applicata agli elettrodi, di 2,5 volts circa ed il consumo di 4,8 kWh/m3 H2.

Celle bipolari
Sono adatte a grandi produzioni di idrogeno (oltre 500 m3/ora) ed hanno il vantaggio
di essere pi leggere e meno ingombranti di quelle multipolari. Per la loro forma
vengono anche chiamate "celle a filtro pressa". Il loro nome (bipolari) deriva dal fatto
che la tensione viene applicata solamente alle estremit, mentre gli elettrodi
intermedi si caricano per induzione. Sono costituite da una serie di lamiere ondulate
di ferro, fra le quali sono interposti i diaframmi costituiti da membrane ed il tutto
tenuto assieme come in un filtro a pressione. In figura 3 riportato lo schema di una
cella bipolare. Delle
tubazioni disposte
opportunamente servono a
raccogliere separatamente
H2 e O2. Altri vantaggi
della cella bipolare sono
le minori perdite chimiche
per il minor numero di
connessioni elettriche, il
miglior rendimento di
tensione perch si possono
adottare tensioni pi'
elevate (E = n x 2,5) e il
risparmio nei conduttori.
Il punto debole sta nel
fatto che se va fuori uso
un elemento la cella
smette di funzionare.

Fig.3
15

5.2. Steam reforming del gas metano (SMR)

Lo steam reforming del metano un processo ben sviluppato ed altamente


commercializzato e attraverso il quale si produce circa il 48% dell'idrogeno
mondiale. Tale metodo pu essere applicato anche ad altri idrocarburi come l'etano e
la nafta. Non possono essere utilizzati idrocarburi pi pesanti perch essi potrebbero
contenere impurit. Altri processi, invece, come l'ossidazione parziale, sono pi
efficienti con idrocarburi pi pesanti (Padr e Putsche, 1999).
Lo SMR implica la reazione di metano e vapore in presenza di catalizzatori a base di
Ni. Tale processo, su scala industriale, richiede una temperatura operativa di circa
800 C ed una pressione di 2,5 MPa. La prima fase consiste nella decomposizione del
metano in idrogeno e monossido di carbonio (reforming del metano):

CH4 + H2O = CO + 3 H2 H = 206,16 kJ S = 214,76 J/K

Nella seconda fase, chiamata "shift reaction", il monossido di carbonio e l'acqua si


trasformano in biossido di carbonio ed idrogeno (National Renewable Energy
Laboratory, 1995).

CO + H2O = CO2 + H2 H = - 41,16 kJ S = - 42,4 J/K

La composizione del gas prodotto dipende in modo sensibile dalla temperatura


perch il vapor dacqua, che solitamente si aggiunge in eccesso, pu reagire col CO
per dare CO2. Al di sopra di 970K, per, lequilibrio della fase di shift (gas dacqua)
spostato verso il CO e quindi, operando sopra tale temperatura, la quantit di CO2
che si forma minima.

SMR

250
G

200

CH4 + H2O = CO + 3 H2
150

100

50

0
0 200 400 600 800 T, K 1000 1200
-50
CO + H2O = CO2 + H2
-100
16

Il contenuto energetico dell'idrogeno prodotto , attualmente, pi elevato di quello


del metano utilizzato ma l'enorme quantit d'energia richiesta per il funzionamento
degli impianti fa scendere il rendimento del processo a circa 65% (Morgan e Sissine,
1995). In altre parole, lidrogeno prodotto pi costoso del metano di partenza e il
suo impiego come combustibile al posto del metano non sarebbe conveniente.
Tramite assorbimento o separazione con membrane, il biossido di carbonio
separato dalla miscela di gas, la quale viene ulteriormente purificata per rimuovere
altri componenti. Il gas rimanente, formato per circa il 60% da parti combustibili,
utilizzato per alimentare il reformer (Zittel e Wurster, 1996). I processi di questo tipo
su scala industriale avvengono alla temperatura di 200C o superiore, e richiedono
l'impiego di calore per dare avvio al processo.
Il costo del gas naturale incide fortemente sul prezzo finale dell'idrogeno, secondo
alcune analisi costituisce il 52%68% del costo totale per impianti di grosse
dimensioni, e circa del 40% per impianti di dimensioni minori (Padr e Putsche,
1999).
I costi dello SMR sono notevolmente inferiori a quelli dell'elettrolisi e competitivi
con quelli delle altre tecnologie, esso comporta inoltre un ridottissimo impatto
ambientale. Alcuni autori, sostengono che la tecnologia SMR pu essere
conveniente, se combinata con l'alimentazione di veicoli, per l'applicazione su celle a
combustibile prodotte su scala ridotta.
La tecnologia SMR inoltre, stata ampiamente sperimentata nella produzione
combinata di idrogeno, vapore ed energia elettrica tramite un sistema integrato di
produzione. Dopo le prime installazioni negli Stati Uniti dAmerica ad opera di
compagnie come la Mobil, la Texaco, la Air Products e centrali di grosse dimensioni
come quelle sulla costa occidentale, questi impianti si stanno diffondendo anche in
Europa, uno tra i pi importanti situato a Pernis, vicino Rotterdam.
Il funzionamento principale di tali sistemi quello descritto in precedenza con la
particolarit che il calore prodotto grazie alla alte temperature operative, viene
opportunamente recuperato ed impiegato nelle fasi di preriscaldamento e
desulfurizzazione del metano, riscaldamento dellacqua e generazione di vapore.
Lidrogeno prodotto impiegato direttamente per la produzione di energia elettrica
che verr poi erogata dallimpianto stesso.
Tali sistemi integrati presentano numerosi vantaggi rispetto al caso di impianti
separati per la produzione di idrogeno, vapore ed energia elettrica. Innanzitutto,
consentono di realizzare risparmi gi al livello di progettazione in quanto un unico
progetto coinvolge tre strutture: proprio lintegrazione consente di risparmiare fino al
50% dei costi operativi e di ridurre notevolmente lincidenza dei costi fissi
allaumentare della produzione; basta considerare il fatto che gli investimenti iniziali
costituiscono il 60% dei costi per la costruzione di un impianto isolato per la
produzione di energia. Un altro aspetto fondamentale riguarda limpatto ambientale
ridotto di tutta la tecnologia che comporta una riduzione del 50% delle emissioni di
NOx mentre il CO prodotto dalle turbine a gas viene bruciato allinterno del
reforming stesso. In futuro, il funzionamento continuo ed il perfezionamento di
questi impianti consentir di migliorarne lefficienza e laffidabilit.
17

Gli impianti attualmente funzionanti, si limitano alla fornitura di energia elettrica ad


industrie del settore chimico e petrolchimico con delle piccole reti di trasmissione ma
si prevede che nei prossimi decenni possano svilupparsi e sostituire gradualmente le
attuali centrali (Terrible et al., 1999).
Altre innovazioni invece, riguardano pi in particolare lo SMR stesso. Uno degli
obbiettivi della ricerca , infatti, quello di migliorare il tradizionale processo SMR
con il perfezionamento di un nuovo processo denominato Sorbtion Enhanced
Reforming (SER). Rispetto al tradizionale SMR tale processo implica la produzione
di idrogeno a temperatura particolarmente bassa e labbinamento di un processo di
rimozione selettiva dellanidride carbonica rilasciata. Il vantaggio principale del SER
quindi, consiste nellottenere direttamente dei flussi separati, estremamente puri, sia
di idrogeno che di CO2 senza ricorrere a costosi sistemi di purificazione. Questo
nuovo processo ha dunque la possibilit di prevalere rispetto ai processi
convenzionali, e di favorire lintroduzione a breve termine dellidrogeno, non solo
per i ridotti costi operativi che esso comporta ma anche per il contributo alla
riduzione della concentrazione dei gas serra nellatmosfera.
Le attivit di ricerca sono ovviamente volte allindividuazione dei materiali pi
idonei allassorbimento di CO2, alla dimostrazione della validit tecnica dei sistemi
sperimentali e allanalisi dei relativi vantaggi economici.
Anche il tradizionale processo di cracking dei combustibili fossili sta subendo delle
notevoli innovazioni. Le nuove tecnologie di decomposizione termocatalitica degli
idrocarburi, in assenza di aria o ossigeno, eviteranno di sostenere costi per la
purificazione dellidrogeno prodotto tramite leliminazione della produzione degli
ossidi di carbonio. Ci avverr tramite lidentificazione e la modificazione di
opportuni catalizzatori a base di carbonio e la successiva ottimizzazione del processo
di produzione tramite limpiego di combustibili liquidi o gassosi. Lobbiettivo
primario , inizialmente, quello di aumentare il contenuto di idrogeno a pi dell85%
e di ridurre notevolmente le emissioni di gas inquinanti. Nel 2005 si prevede la
sperimentazione dei primi impianti abbinati a celle a combustibile di modesta
potenza.

5.3. Ossidazione parziale non catalitica di idrocarburi


L'idrogeno pu essere ottenuto dall'ossidazione parziale non catalitica, ad una
temperatura che varia tra 1300-1500 C, di molti idrocarburi da quelli leggeri a quelli
pesanti, come lolio pesante (quello che, erroneamente, viene chiamato nafta):

CnH2n+2 + nH2O = nCO + (2n+1)H2


CnH2n+2 + n/2O2 = nCO + (n+1)H2

Le frazioni leggere sono pi facili da trattare perch lasciano meno deposito


carbonioso e sono facilmente vaporizzabili. Pi difficile con lolio pesante, nel qual
caso si preriscaldano solo il vapor dacqua e lossigeno, mentre lolio viene spruzzato
a bassa temperatura, per limitare fenomeni di cracking con formazione di nerofumo.
18

In ogni caso l'efficienza complessiva del processo (50%) minore di quella ottenuta
dalla tecnologia SMR (65%-75%). Lossigeno necessario alla reazione, infatti,
quello contenuto nellatmosfera per cui mescolato con una grande quantit di azoto.
Dunque con lossidazione parziale si ottiene un flusso di idrogeno impuro fortemente
contaminato dallazoto. Nel caso si utilizzi del metano, l'efficienza di questo
processo raggiunge solo il 70% di quella dello steam reforming. Tramite una
reazione controllata tra combustibile e ossigeno, si ottiene anidride carbonica,
ossigeno e molto calore. Un sistema rapido che consente per di ottenere modeste
quantit didrogeno, tanto quanto ne contiene il combustibile di partenza. I reformer
per l'ossidazione parziale utilizzano in genere solo combustibili liquidi. Attualmente
solo due compagnie, la Texaco e la Shell, hanno la disponibilit, a livello
commerciale, di queste tecnologie di conversione (Padr e Putsche, 1999).
I costi per la produzione di idrogeno tramite combustibili pesanti sono sensibilmente
pi alti, per stesse quantit di materia impiegata, di quelli relativo all'utilizzo di gas di
cokeria. Questo dovuto alla necessit di sostenere il trattamento e la rimozione
delle impurit derivanti dal processo. Nel caso dell'utilizzo di gas di cokeria
possibile, attualmente, realizzare economie di scala che si riflettono in una notevole
riduzione del prezzo finale dell'idrogeno. Simili risultati sono attesi per l'impiego di
combustibili pesanti.
Anche se i costi di questa tecnologia non sono particolarmente elevati rispetto a
quelli degli altri processi, bisogna anche considerare i costi aggiuntivi per l'eventuale
pulizia degli impianti, a cui conseguirebbe un aumento del prezzo finale
dell'idrogeno.

5.4. Gassificazione del carbone


In generale, il processo di gassificazione consiste nella parziale ossidazione, non
catalitica, di una sostanza solida, liquida o gassosa che ha l'obiettivo finale di
produrre un combustibile gassoso, formato principalmente da idrogeno, ossido di
carbonio e da idrocarburi leggeri come il metano (Chiacchierini, 1992).
Tramite la gassificazione il carbone viene convertito, parzialmente o completamente,
in combustibili gassosi i quali, dopo essere stati purificati vengono utilizzati come
combustibili, materiali grezzi per processi chimici o per la produzione dei
fertilizzanti.
Le reazioni sono:
C + H2O = CO + H2
Con altro vapore a 500C ed un catalizzatore a base di ossidi di ferro si pu ottenere
idrogeno anche dal CO
CO + H2O = CO2 + H2

La produzione di idrogeno mediante gassificazione del carbone una tecnologia che


trova numerose applicazioni commerciali, ma competitiva con la tecnologia SMR
solo dove il costo del gas naturale molto elevato (per esempio: Repubblica Popolare
di Cina e Sud Africa). Nel settembre del 2000 stato siglato dallENEA e dal
Ministero della Scienza e della Tecnologia (MOST) della Repubblica Popolare di
19

Cina, un Accordo Tecnico di collaborazione tecnico-scientifica per lo sviluppo


congiunto della ricerca sullidrogeno. Come ben noto, nella Repubblica Popolare di
Cina, i problemi associati allinquinamento atmosferico allinterno delle citt e, pi
in generale, lingente quantit di emissioni di CO2 legato alluso massiccio del
carbone, sono estremamente gravi ed urgenti. Si prevede infatti che nel 2020 la
Repubblica Popolare di Cina brucer ben tre miliardi e mezzo di tonnellate di
carbone allanno, contribuendo a pi di un quarto delle emissioni planetarie di
anidride carbonica. Nel programma di cooperazione con lENEA, il carbone, in
presenza di acqua, trasformato in idrogeno e CO2. Lidrogeno poi bruciato con
emissioni zero, mentre la CO2 "sequestrata" permanentemente in forma liquida
nelle profondit della terra, senza apprezzabili emissioni nellatmosfera. E quindi
possibile trasformare anche il carbone in un combustibile pulito e quasi ad "emissioni
zero".
Per quanto riguarda la gassificazione, vengono utilizzati principalmente tre metodi:
fixed-bed (letto fisso), fluidized-bed (letto fluidificato) e entrained-bed (letto
trascinato) (Padr e Putsche, 1999). Tutti questi metodi impiegano vapore, ossigeno
o aria, per ossidare parzialmente il carbone ed ottenere come risultato del gas. I
gassificatori a letto fisso producono, a basse temperature (425-650 C), un gas
contenente prodotti "devolatilizzati" come metano, etano ed un flusso di idrocarburi
liquidi contenente nafta, catrame, oli e fenolici. I gassificatori a letto trascinato
producono gas ad alta temperatura (>1260 C), che essenzialmente elimina i prodotti
devolatilizzati dal flusso di gas e dagli idrocarburi liquidi. Questo metodo, infatti,
consente di ottenere un prodotto composto quasi interamente da idrogeno, monossido
di carbonio e biossido di carbonio. I gassificatori a letto fluidificato, infine,
producono pressappoco dei prodotti intermedi, nella composizione, rispetto ai due
precedenti ed agiscono a temperature medie (925-1040 C).
Il calore necessario per la gassificazione fornito principalmente dall'ossidazione
parziale del carbone. Generalmente le reazioni di gassificazione del carbone sono
esotermiche, cos al gassificatore vengono di solito abbinate delle caldaie per il
riscaldamento dei rifiuti da smaltire. La temperatura, e quindi la composizione del
gas prodotto, dipendono dalla quantit dell'agente ossidante e del vapore, nonch dal
tipo di reattore utilizzato nell'impianto di gassificazione.
I gassificatori producono delle sostanze inquinanti (principalmente ceneri, ossidi di
zolfo e ossidi di azoto) che devono essere eliminate prima che entrino a far parte del
gas prodotto. Il loro livello dipende sia dal gassificatore utilizzato sia dalla
composizione del combustibile. Esistono due tipi di sistemi per la separazione delle
impurit: sistemi a caldo e sistemi a freddo. La tecnologia di separazione a freddo
sfruttata commercialmente e sperimentata da diversi anni mentre i sistemi a caldo
sono ancora in fase di sviluppo. La ripulitura dei gassificatori a letto trascinato,
comporta una serie di operazioni in base alla diversa natura dei residui con una
perdita di efficienza, affidabilit ed un aumento rilevante dei costi di questi sistemi.
Per questa tecnologia, il costo della materia impiegata raggiunge quasi il 25% del
prezzo dell'idrogeno prodotto. Costo del capitale, manutenzione dell'impianto e
smaltimento dei rifiuti solidi, costituiscono altri costi da sostenere. Rispetto alle altre
20

tecnologie quindi, sempre escludendo l'elettrolisi, i costi sono leggermente pi elevati


ed, allo stato attuale, non ancora possibile realizzare delle particolari economie di
scala.
La presenza di numerose riserve in diverse parti del mondo, fa del carbone il
possibile sostituto di gas naturale ed oli come materia prima per la produzione di
idrogeno (Padr e Putsche, 1999).

Altri metodi di produzione


Oltre ai metodi analizzati nei precedenti paragrafi, la ricerca attiva in diversi settori
riguardanti la produzione dellidrogeno. Essa si muove fondamentalmente in due
direzioni: migliorare le tecnologie esistenti e sperimentare nuovi metodi.
Lobbiettivo principale quello di abbattere i costi delle tecnologie ormai in uso
riducendo la quantit dei materiali impiegati e aumentando quindi i rendimenti di
conversione degli impianti esistenti. In secondo luogo, si cerca di perfezionare nuovi
sistemi che consentano di risolvere la questione dellimpatto ambientale delle
tecnologie basate sullimpiego degli idrocarburi. In particolare, si sta puntando molto
su sistemi che consentano la produzione di idrogeno tramite limpiego diretto
dellenergia solare, in sostituzione dellenergia elettrica necessaria per lelettrolisi
dellacqua.
Uno di questi, la produzione dell'idrogeno per fotoconversione, associa un sistema di
assorbimento della luce solare ed un catalizzatore per la scissione dell'acqua. Questo
processo usa l'energia della luce senza passare attraverso la produzione separata di
elettricit richiesta dall'elettrolisi. Ci sono due classificazioni principali di tali
sistemi: fotobiologico e fotoelettrochimico.
Un altro esempio dellinterazione tra energia solare e produzione dellidrogeno
fornito dalle centrali fotovoltaiche a idrogeno le quali costituiscono, attualmente,
lunico esempio fattibile di impiego di fonti rinnovabili per la produzione di
idrogeno.
Si tratta, tuttavia, prevalentemente di tecnologie in fase sperimentale, le cui attivit di
laboratorio richiedono ancora notevoli perfezionamenti.

Tecnologie fotobiologiche

I processi di produzione fotobiologici riguardano la generazione dell'idrogeno da


sistemi biologici, che usano generalmente la luce solare. Alcune alghe e batteri sono
in grado di produrre idrogeno sotto specifiche condizioni. I pigmenti delle alghe
assorbono l'energia solare e gli enzimi nella cellula agiscono da catalizzatori per
scindere l'acqua nei suoi componenti di idrogeno e ossigeno.
La ricerca sta analizzando i meccanismi dettagliati di questi sistemi biologici. In ogni
caso si ai primi stadi ed il livello di efficienza di conversione in energia (rapporto
tra l'ammontare di energia prodotta dall'idrogeno e l'entit della luce solare
impiegata) basso, circa il 5%. Per la produzione di idrogeno su larga scala, questi
processi richiedono efficienza pi elevata e riduzione dei costi.
21

Esistono numerose attivit di ricerca che hanno lo scopo di adeguare i sistemi di


produzione fotobiologica a tali difficolt. A breve termine si prevede
lidentificazione di batteri e sviluppo di un sistema che possa produrre idrogeno puro
a temperatura e pressione ambiente, nell'oscurit. Attualmente, sono state isolate
circa 400 specie di questo tipo di batteri, capaci di combinare, nell'oscurit,
monossido di carbonio ed acqua per produrre quantit piuttosto elevate di idrogeno e
biossido di carbonio. L'analisi dettagliata di 25 tra queste specie, ha dimostrato che
esse sono in grado di produrre idrogeno da circa il 100% del monossido di carbonio
impiegato ma un solo tipo di sistema, basato sull'azione di alcune specie di
cianobatteri, ha dato risultati soddisfacenti (Rossmeissl, 1995).
I cianobatteri possono crearsi semplicemente allinterno delle miniere di sale con la
luce solare come fonte denergia, lanidride carbonica come fonte di carbonio e
lacqua come fonte di elettroni. Sempre nellambito delle sperimentazioni riguardanti
i cianobatteri, sono allo studio alcuni progetti per la modificazione genetica di alcune
di queste specie, in grado di produrre quantit elevate di idrogeno. Esse verrebbero
modificate tramite i geni clonati di enzimi in grado di produrre reversibilmente
molecole di idrogeno da ioni di idrogeno.

Tecnologie fotoelettrochimiche

I sistemi fotoelettrochimici usano degli elettrodi semiconduttori in una cella


fotoelettrochimica per convertire energia ottica in energia chimica. Un materiale
semiconduttore utilizzato sia per assorbire l'energia solare sia per agire da elettrodo
per la scissione dell'acqua. Questa tecnologia ancora ai primi stadi del suo sviluppo
sebbene l'efficienza di conversione dell'energia sia cresciuta da meno dell'1%,
nellanno 1974, all'attuale 8%.
La ricerca attualmente si sta occupando di migliorare l'efficienza di conversione in
energia di tali celle, della loro durata e della riduzione dei costi, a tale scopo vi sono
progetti per lidentificazione di nuovi materiali semiconduttori ad alta efficienza e
stabilit.

Centrali fotovoltaiche ad idrogeno

Come gi detto, le fonti rinnovabili costituiscono la base per la produzione di


combustibili di sintesi, in particolare di idrogeno, come sistema di accumulo. Nel
campo della produzione di energia elettrica infatti, si prevede la produzione
dell'energia dalla luce solare tramite una cella fotovoltaica la quale fornisce
l'elettricit necessaria per la produzione d'idrogeno tramite elettrolisi.
Indubbiamente, tali sistemi rivestono interesse per i loro benefici ambientali ma due
sono le principali barriere alla loro realizzazione: l'elettricit solare non trova sempre
applicazione diretta, per esempio nei motori a combustione, ed difficile e costosa da
immagazzinare. Bisogna quindi confrontare questa possibilit di produzione con le
22

altre, in termini di costi, impatto ambientale ed efficienza. Il vantaggio fondamentale


dei sistemi fotovoltaici ad idrogeno quello di soddisfare la richiesta di corrente
continua necessaria per l'elettrolisi; d'altro canto la produzione di idrogeno tramite
steam reforming di idrocarburi, il metodo che consente di ottenere l'efficienza di
conversione pi elevata (Morgan e Sissine, 1995).
Obbiettivo della ricerca, a breve e medio termine, principalmente quello di
sviluppare la potenzialit dei sistemi fotovoltaici, tramite lo sviluppo di sistemi
integrati, che comprendano, oltre al generatore fotovoltaico, anche un sistema di
accumulo stagionale dell'energia previsto per particolari applicazioni o nicchie di
mercato.
Uno dei primi Paesi che ha creduto, sin dagli anni 1980, al potenziale di sfruttamento
dellenergia solare con un sistema di accumulo lArabia Saudita. Risale infatti ai
primi anni 1990 la costruzione della prima centrale solare a idrogeno. Anche se nella
prima fase di attuazione si sono verificati dei problemi, la centrale attualmente
funzionante; con una potenza di 350 kW e capace di produrre 463 m3 di idrogeno al
giorno, essa in grado di fornire energia elettrica al cosiddetto "Solar Village",
presso Riyadh in Arabia Saudita, costituito da un agglomerato di zone rurali con
circa 4000 abitanti. Questo progetto realizzato in collaborazione con ricercatori
tedeschi che a stanno realizzando una centrale di questo tipo a Stoccarda. Altri
progetti che coinvolgono produzione di idrogeno ed energia solare sono realizzati in
collaborazione con il Department of Energy Statunitense (Huraib, 1999).
Anche lENEA sta compiendo da alcuni anni numerosi studi relativi alla produzione
di idrogeno da sistemi fotovoltaici.
Questo modello di centrale fotovoltaica composta da un generatore fotovoltaico, da
un sistema di produzione elettrolitica e di stoccaggio dell'idrogeno e da un sistema a
cella combustibile per il suo successivo utilizzo, potenzialmente capace di
competere sul piano tecnico con le centrali elettriche convenzionali. In questo modo
le centrali fotovoltaiche potrebbero gradualmente sostituire gli impianti di potenza
convenzionale, aggiungendo al valore del kWh prodotto, altri vantaggi in termini di
risparmio di combustibile e capacit di potenza.
Il funzionamento della centrale, in termini di flusso di energia, schematizzato nella
figura 4. L'energia solare, che cade sui pannelli fotovoltaici, viene trasformata in
energia elettrica in tempo reale. Durante le ore di buona insolazione, una parte
dell'energia elettrica viene inviata direttamente ad alimentare il carico, mentre la
parte eccedente le necessit istantanee dell'utenza viene trasformata in energia
chimica sotto forma di idrogeno ed immagazzinata nel serbatoio di accumulo.
23

Fig. 4. Schema di una centrale fotovoltaica ad idrogeno.

Durante le ore di buio e nei giorni di scarsa insolazione, l'energia chimica


dell'idrogeno viene ritrasformata in elettricit nella cella a combustibile ed inviata a
soddisfare le esigenze del carico. La possibilit di immagazzinare energia solare per
lunghi periodi e di usarla in tempo differito al momento della richiesta consente di
garantire la continuit temporale dell'alimentazione dell'utenza, portando la centrale
fotovoltaica ad idrogeno sullo stesso piano delle centrali a combustibili fossili.
Le centrali a idrogeno fotovoltaico possono quindi rappresentare unottima soluzione
tecnica per superare il ruolo marginale in cui il fotovoltaico si viene a trovare a causa
della intermittenza della generazione di energia. Inoltre, i costi aggiunti al kWh
fotovoltaico dalla produzione ed accumulo dell'idrogeno possono essere mantenuti
entro limiti accettabili, in considerazione dell'alta efficienza energetica dello stadio
intermedio di condizionamento della potenza (Barra e Coiante, 1993).
Gli studi relativi a questo tipo di centrale sono ormai numerosi, il che fa ben sperare
in una prossima effettiva realizzazione, con costi accessibili, di tali tecnologie il cui
pregio principale senz'altro l'impatto ambientale praticamente nullo. Per il
momento si prevede la loro diffusione nel mercato attraverso lapplicazione di
impianti di dimensioni modeste per alimentare utenze situate in zone lontane dalla
rete centrale (isole, montagne, basi militari ecc.). Ovviamente, nel lungo termine lo
sviluppo di tali sistemi sar fortemente condizionato anche dal parallelo
perfezionamento dellintera tecnologia e riduzioni dei costi si potranno ottenere solo
con laumento della taglia degli impianti e con loperativit continua.
24

Le celle a combustibile (fuel cells)

Struttura e funzionamento
La cella a combustibile un dispositivo elettrochimico che, come una normale
batteria, trasforma energia chimica in energia elettrica in corrente continua,
utilizzabile direttamente per alimentare un carico elettrico (ad esempio un motore
elettrico).
La differenza principale, rispetto ad un normale accumulatore che, mentre in questo
l'elettrodo stesso viene consumato durante la scarica e va quindi rigenerato durante la
ricarica, nella fuel cell la "pila" continua a funzionare finch viene fornito reagente
agli elettrodi, che in questo caso non si consumano, ma costituiscono solo il supporto
sul quale avvengono le reazioni chimiche.
Pi precisamente la fuel cell
(in questo caso parliamo di
una fuel cell cosiddetta
"PEM") costituita da due
elettrodi, un anodo e un
catodo, separati da un
elettrolita, che invece di
essere liquido, solido e
costituito da una sottile
membrana polimerica, la
quale consente il passaggio
solo dei protoni H+ dall'anodo
al catodo ("PEM" significa
appunto "Proton Exchange
Membrane").
All'anodo viene fornito
idrogeno gassoso (puro) e qui,
per mezzo di un catalizzatore
(platino), viene separato in
protoni ed elettroni. A questo
punto, mentre i protoni migrano
verso il catodo attraverso la
membrana polimerica, gli
elettroni, non potendo
attraversare la membrana,
arrivano al catodo passando
attraverso un circuito esterno,
generando una corrente elettrica. Al catodo, contemporaneamente, arriva ossigeno
(che pu essere quello contenuto nell'aria) e qui si ricombina, sempre con l'aiuto di
un catalizzatore (platino anche qui), con i protoni provenienti dalla membrana e con
gli elettroni provenienti dal circuito esterno, formando acqua.
25

Poich una singola cella fornisce ai morsetti una tensione di circa 0,6 V, necessario
collegare pi celle in serie, fino ad ottenere la tensione desiderata. Naturalmente ad
ogni cella andr fornito idrogeno all'anodo e ossigeno, o aria, al catodo. Una struttura
di questo tipo viene definita "Stack". Oggi esistono stack di celle PEM costituiti
anche da 200 celle collegate in serie.

Confronto con altri sistemi


Rispetto ad altri sistemi di conversione di energia le fuel cells presentano vantaggi e
svantaggi

VANTAGGI SVANTAGGI
Zero Emissioni: un veicolo alimentato con Fuel Idrogeno: uno degli svantaggi maggiori nel
cells ha come unica emissione acqua, se operato fatto che l'idrogeno un gas ancora molto costoso
con idrogeno puro, mentre se si utilizza un da acquistare, anche se facile trovare soluzioni
reformer a bordo bisogna tenere conto delle sue economiche di auto-produzione o produzione da
emissioni. Il funzionamento perfettamente fonti rinnovabili; inoltre un gas potenzialmente
silenzioso, se si eccettua il rumore generato dagli pericoloso e necessita di particolari accorgimenti
ausiliari necessari per il suo funzionamento; per lo stoccaggio a bordo;
Alta efficienza: una fuel cell ha un'efficienza Impurezze: allo stato attuale le fuel cells
molto pi alta di un normale motore a risentono molto di eventuali impurezze presenti
combustione interna, in quanto, non risentendo nel combustibile (per la presenza del
dei limiti di Carnot come tutte le macchine catalizzatore), per cui necessario utilizzare
termiche, ha un rendimento che non limitato idrogeno sufficientemente puro; questo obbliga
dalla massima temperatura raggiungibile (v.fig.). ad utilizzare idrogeno prodotto da elettrolisi
Questo discorso vale anche e soprattutto ai dell'acqua o a depurarlo se prodotto tramite
carichi parziali, dove spesso un motore a reforming;
combustione interna ha difficolt ad operare alla Catalizzatore costoso: attualmente il
massima efficienza; catalizzatore usato agli elettrodi Platino, che
Rapida risposta al carico: una fuel cell ha una un metallo molto costoso e costituisce una delle
risposta rapidissima alle variazioni del carico voci di costo principali della fuel cell;
proprie di un veicolo stradale; inoltre in grado Ghiaccio: per l'umidificazione delle membrane
di autoregolarsi al variare delle richieste di carico, (che resta ancora uno dei punti pi critici per il
mantenendo sempre la massima efficienza; buon funzionamento delle fuel cells) si utilizza
Bassa temperatura operativa: le fuel cells di acqua pura, eventualmente sfruttando anche
tipo PEM operano a temperature intorno ai 70C, quella prodotta al catodo; questo significa che a
molto pi basse delle temperature operative dei basse temperature c' il rischio che si formi del
motori a combustione interna. Questo rende ghiaccio all'interno della cella, danneggiandola;
l'impianto e il loro utilizzo sul veicolo molto pi Tecnologia nuova: la tecnologia delle fuel cells
semplice; stata approfondita soltanto da pochi anni,
Trasformazioni energetiche ridotte: come si pertanto, pur avendo di fronte senza dubbio
vede dalla figura in basso, una fuel cell opera lo notevoli passi avanti da compiere, ancora allo
stesso numero di trasformazioni energetiche di un stato iniziale, e perci risulta essere (anche a
motore a combustione interna, ma con efficienza causa della totale assenza di economie di scala)
maggiore, per cui non c' un decremento di ancora molto costosa;
rendimento complessivo dovuto a trasformazioni Assenza di infrastrutture: un altro problema che
energetiche aggiuntive; frena lo sviluppo di veicoli ad idrogeno
Tempo di rifornimento: un veicolo equipaggiato l'assenza di un'infrastruttura per
con una fuel cell, contrariamente ai normali l'approvvigionamento, che oggi risulta ancora
veicoli elettrici, ha tempi di rifornimento difficile da realizzare a costi competitivi
("ricarica") del tutto confrontabili con quelli dei
veicoli endotermici tradizionali; inoltre
l'autonomia operativa non limitata dalle
dimensioni del pacco batterie, ma solo dalle
dimensioni del serbatoio, esattamente come i
veicoli tradizionali.
26

Applicazioni

Attualmente le fuel cells di tipo PEM sono utilizzate per sistemi per la trazione di
veicoli (stradali o navali), ma anche in applicazioni stazionarie di piccola potenza,
come gruppi di continuit e piccoli generatori indipendenti
27

6. Il trattamento dell'idrogeno
Dopo la produzione, l'idrogeno richiede ulteriori processi di purificazione.
Successivamente esso verr quindi compresso (quindi il livello di pressione
dipender dal tipo di applicazione o immagazzinaggio) o liquefatto (idoneo al
trasporto o per soddisfare la domanda di sistemi ad alta densit d'energia).
Secondo il tipo di impurit presenti ed il grado di purezza richiesto, vengono
applicati diversi metodi. Se l'idrogeno prodotto tramite reforming, ossidazione
parziale o processi di pirolisi, le sostanze estranee possono essere rimosse
direttamente al momento della produzione per cui l'idrogeno prodotto sar gi
parzialmente purificato, solo i grossi impianti di produzione sono dotati di tali sistemi
mentre nella maggior parte dei casi ci si affida a delle strutture decentralizzate.
Inoltre, se l'idrogeno prodotto da oli, carbone, gas naturale, possibile applicare
questi processi direttamente alle materie utilizzate, prima della produzione tramite
reforming o ossidazione parziale. Si procede, quindi, alla rimozione delle polveri dai
gas di carbonio, alla desulfurizzazione del gas naturale ed alla rimozione del biossido
di carbonio. La possibile presenza di cloro o il contenuto di metalli pesanti (per es.
mercurio) pu, come anche lo zolfo, danneggiare i catalizzatori degli impianti di
reforming, per cui essi vengono rimossi in una fase di pre-pulitura.
I separatori per la rimozione delle polveri, anche se con efficienza del 98%, hanno
una limitata applicazione in quanto con questo metodo vengono rimosse solo le
particelle con uno spessore maggiore di 5mm. Per ottenere una raffinazione pi
elevata, in base al materiale trattato e al grado di purezza richiesto, devono essere
utilizzati dei filtri appropriati come filtri elettrostatici, filtri reticolari e filtri a nastro.
Il processo di desulfurizzazione particolarmente necessario nella fase preliminare
del reforming del gas naturale per evitare danni o la disattivazione dei catalizzatori al
nickel o al platino (l'odore del gas naturale provocato da una sostanza contenente
zolfo). Per questo scopo sono state sviluppate intere catene di processi fisici e
chimici molti dei quali sono attualmente disponibili in grandi impianti di reforming,
mentre sono ancora in fase di sviluppo metodi specifici da applicare nei piccoli
impianti decentralizzati. Nel campo della purificazione del gas naturale esistono tre
processi, ormai ben collaudati, conosciuti come processo MEA, MDEA e Purisol. I
primi due processi applicano tecniche di assorbimento chimico (soluzioni di sali
costituiti da basi forti e anione debole K2CO3), mentre il processo Purisol consiste in
un lavaggio fisico mediante il quale i composti di COS (carbonio, ossigeno, zolfo)
sono prima convertiti in H2S e successivamente assorbiti da un solvente.
Per l'eliminazione del biossido di carbonio, i processi di assorbimento chimico si
basano sullimpiego di soluzioni alcaline deboli (K2CO3).
Nella fase di ripulitura successiva alla produzione, avviene la separazione delle
sostanze estranee direttamente dall'idrogeno. Con questi sistemi (catalitici, ad
assorbimento, a membrana, ad idruri di metallo) vengono rimossi i prodotti del
reforming incompleto.
I processi catalitici, a differenza degli altri, servono esclusivamente alla rimozione
del monossido di carbonio tramite ossidazione, metanizzazione e conversione. Le
efficienze realizzabili dipendono dai parametri di reazione quali temperatura,
28

pressione, flusso volumetrico, concentrazione del gas grezzo e materiale


catalizzatore.

CO + 3H2 = CH4 + H2O

La reazione viene fatta su catalizzatore di Fe o Ni a 400C e 10 atm. Essa linverso


della reazione di reforming del metano e viene spesso usata a monte del circuito di
sintesi dellammoniaca per ridurre il tenore di CO a livelli trascurabili. Per questo
motivo viene detta anche reazione di precatalisi e pu essere realizzata anche a
pressioni elevate (200 400 atm) in quanto la pressione favorisce lequilibrio.
Il pi elevato grado di purezza dell'idrogeno, fino al 99,99%, ottenuto con il
metodo di assorbimento a pressione discontinua. Con questo metodo, l'idrogeno
grezzo costretto ad attraversare sotto pressione un filtro al carbonio attivo o un
reticolato di molecole di carbonio. Il processo discontinuo perch ad intervalli
regolari necessaria la rigenerazione del filtro tramite pulitura. Il metodo di
assorbimento a temperatura discontinua invece, seppure con ampie possibilit di
applicazione, scarsamente utilizzato.
I processi con membrane si servono delle caratteristiche di trasmissione del materiale
membrana per diverse molecole per cui i materiali pi efficienti sono anche i pi
costosi (membrane al palladio). Grazie alla loro estrema purezza, esse vengono
utilizzate attualmente nell'industria chimica e microelettronica. Recentemente stato
sviluppato dalla CJB-Development Limited un piccolo purificatore con membrana ad
argento e palladio.
I purificatori di gas basati sulle leghe di metallo vengono principalmente usati per la
produzione di gas puri per l'industria dei semiconduttori. Essi necessitano, per
innalzare ulteriormente il livello di purezza, di gas pre-trattati con altri metodi di
pulitura.

STOCCAGGIO DELL'IDROGENO
COMPRESSIONE DELL'IDROGENO: l'idrogeno in forma gassosa pu essere
immagazzinato in appositi contenitori a pressioni molto alte, nell'ordine di 20-
25MPa, attraverso adeguati compressori. Ci necessita ulteriore energia e costi
aggiuntivi, senza dimenticare che oltre a comprimerlo, l'idrogeno va mantenuto a tali
pressioni. Per contenere il gas sono usate bombole in grafite/fibra di carbonio ad alta
pressione, che hanno il difetto di essere molto voluminose, nonostante il loro peso
relativamente esiguo. In alternativa l'idrogeno pu essere immagazzinato, come gas
compresso, all'aperto oppure sotto terra, in caverne. Quest'ultima metodologia pi o
meno conveniente, in termini di costi, secondo che si sfruttino strutture preesistenti
(miniere saline, pozzi di gas svuotati ecc.) o ne sia necessaria la loro creazione (pozzi
artificiali ecc.).La pericolosit e' simile a quella del gas metano. L'idrogeno gi a
contatto con l'aria forma miscele esplosive che possono scoppiare, a differenza del
metano per, grazie alla maggior leggerezza, l'idrogeno si disperde prima
diminuendo il rischio di concentrazione critica.
29

LIQUEFAZIONE DELL'IDROGENO:
I processi di liquefazione usano una combinazione di compressori, scambiatori di
calore, motori di espansione e valvole a farfalla per ottenere il raffreddamento
desiderato. Il processo di liquefazione pi semplice il ciclo Linde o ciclo di
espansione Joule-Thompson. Tramite questo processo, il gas compresso a pressione
ambiente e quindi raffreddato in uno scambiatore di calore prima di passare
attraverso una valvola in cui sottoposto al processo di espansione Joule-Thompson
producendo del liquido. Una volta rimosso il liquido il gas ritorna al compressore
tramite lo scambiatore di calore. L'idrogeno pu essere liquefatto per la produzione
stazionaria di energia sia per il rifornimento di veicoli. Successivamente, nella
maggior parte dei casi, viene immagazzinato ad una temperatura di -253 C. L'unico
inconveniente di questo sistema l'eventuale fuoriuscita di parte dell'idrogeno
liquido ed il notevole dispendio energetico dell'intero processo. Infatti circa il 30%
dell'energia dell'idrogeno necessaria per il suo raffreddamento Inoltre sono
necessarie particolari attrezzature per il mantenimento dello stato liquido. Una delle
preoccupazioni maggiori legate a questo processo quindi, quella della riduzione
delle fuoriuscite di liquido. Dato che l'idrogeno immagazzinato ad una temperatura
che corrisponde al suo punto di ebollizione, qualsiasi passaggio di calore attraverso il
liquido causa l'evaporazione di una parte dell'idrogeno e qualsiasi evaporazione si
riflette in una perdita dell'efficienza del sistema. L'impiego di contenitori criogeni
isolati invece, pu far fronte al problema del calore generato per conduzione,
convezione ed irraggiamento. Tali contenitori sono progettati in modo da evitare
qualsiasi trasmissione di calore dalla parete esterna al liquido, per cui sono tutti
costituiti da un doppio rivestimento il cui interno vuoto per impedire il passaggio di
calore per conduzione o convezione. Per prevenire l'irraggiamento diretto di calore
invece, tra la parete interna ed esterna del contenitore sono installati dei pannelli
protettivi a bassa emissione di calore a base di plastica ed alluminio. La maggior
parte dei contenitori di idrogeno liquido hanno forma sferica perch quest'ultima ha
la pi bassa superficie per il trasferimento di calore per unit di volume. Inoltre, al
crescere del diametro dei contenitori il volume aumenta pi velocemente della
superficie esterna per cui contenitori pi grandi, in proporzione, provocano minori
perdite per trasferimento di calore. I contenitori cilindrici, invece, sono preferibili per
la loro facilit ed economicit di costruzione. Anche se sottoposto con cautela
all'irraggiamento solare, una parte dell'idrogeno pu evaporare ed essere destinata ad
aumentare la pressione nel contenitore o riciclata nel processo di liquefazione
oppure, in alcuni casi, semplicemente liberata. Riguardo questa tecnologia, il costo
operativo maggiore dovuto all'elettricit necessaria per la compressione per cui,
attualmente, si stanno analizzando alcuni metodi per la riduzione della quantit di
energia elettrica richiesta. Una delle possibili soluzioni, la liquefazione magnetica,
in fase di sviluppo. Per quanto riguarda il rifornimento di veicoli, quello
dell'idrogeno liquefatto potrebbe sembrare uno dei metodi pi adatti. Comunque
bisogna considerare i notevoli rischi legati, solo per fare un esempio, alle perdite di
carburante o ai problemi di sicurezza dovuti allo spazio ristretto a disposizione dei
parcheggi.
30

IDRURI DI METALLO E IDRURI CHIMICI:


Gli idruri di metallo sono dei composti che trattengono idrogeno nello spazio
interatomico di un metallo. La loro origine risale all'anno 1866 quando Graham not
l'assorbimento di consistenti quantit di idrogeno da parte del palladio ma fino agli
anni 1960 furono poche le applicazioni degli idruri di metallo. Il motivo di questo
disinteresse era dovuto al fatto che gli idruri conosciuti erano di tipo "binario" cio
composti solo da un metallo e dall'idrogeno e anche quando furono sperimentati i
primi idruri di tipo "ternario" fu inizialmente quasi impossibile controllare le loro
propriet meccaniche e termodinamiche. Questi problemi rimasero irrisolti fino a
quando, in seguito ai lavori pionieristici di S.R. Ovshinsky, si crearono i primi idruri
a base di leghe di metalli le cui diverse propriet furono adeguatamente impiegate e
le applicazioni pratiche degli idruri rese cos possibili. Gli idruri si formano ed
agiscono attraverso due fasi: l'assorbimento ed il rilascio dell'idrogeno.
L'assorbimento dell'idrogeno nello spazio interatomico (idrogenazione) un processo
esotermico che richiede raffreddamento mentre la sottrazione di idrogeno
(deidrogenazione) un processo endotermico che richiede calore. Quando la
pressione dell'idrogeno viene inizialmente aumentata l'idrogeno si dissolve nel
metallo e quindi comincia a legarsi con esso. In questa fase la pressione operativa
rimane costante fino al raggiungimento del 90% della capacit di
immagazzinamento. Al di sopra di questo limite necessario operare con pressioni
elevate per raggiungere il 100% della capacit. La dispersione di calore durante la
formazione dell'idruro devono essere continuamente rimosse per evitare che l'idruro
si infiammi. Se l'idrogeno viene estratto da un altro gas, una parte di esso pu essere
liberata in modo che porti via gli elementi estranei che non si legano al metallo. Con
la deidrogenazione invece, si spezza il legame formatosi tra il metallo e l'idrogeno e
la pressione operativa aumenta all'aumentare della temperatura. Inizialmente si opera
a pressione elevata e viene rilasciato idrogeno puro quindi in seguito alla rottura del
legame con il metallo la pressione si stabilizza fino a ridursi drasticamente quando
nell'idruro residua circa il 10% dell'idrogeno. Quest'ultima parte di gas molto
difficile da rimuovere essendo quella pi saldamente legata al metallo e quindi
spesso non pu essere recuperata nel normale ciclo di carico e scarico. La
temperatura e la pressione di queste reazioni dipendono dalla composizione specifica
dell'idruro. Il calore di reazione pu variare da 9.300 fino a 23.250 kJ/kg di idrogeno
e la pressione pu anche superare i 10 MPa. La temperatura di deidrogenazione a sua
volta pu superare i 500 C. Considerato questo vasto campo di temperatura e
pressione, la costruzione di unit d'immagazzinamento presenta notevoli difficolt.

SISTEMI BASATI SUL CARBONIO:


A temperature criogene (70113 K) e pressioni moderate (4254 atm) il carbonio
reso radioattivo, pu assorbire, reversibilmente, 0,0430,072 kg H2/kg di carbonio. Il
National Renewable Energy Laboratory (NREL) ha recentemente raggiunto una
capacit d'immagazzinamento gravimetrica del 5- 10%, a temperatura normale,
usando nanotubi al carbonio. Attualmente, sono numerosi gli studi relativi a sistemi
31

che consentano d'immagazzinare, a temperatura normale, attraverso tali tecnologie,


notevoli quantitativi d'idrogeno. Le nanostrutture al carbonio possono rappresentare
la risposta tecnologica alla richiesta di un sistema che renda realizzabile il progetto di
veicoli alimentati ad idrogeno. Le due nanostrutture al carbonio che rivestono
maggiore interesse sono nanotubi isolati
singolarmente e nanofbre di grafite. I nanotubi al
carbonio, pori allungati con diametri di dimensioni d
molecolari, assorbono idrogeno, con un'azione
capillare a temperature non-criogene. I sistemi con
nanostrutture al carbonio potrebbero essere
realizzati con costi particolarmente bassi, ma la L
ricerca ancora ai primi passi e non possibile
effettuare analisi precise. Attualmente, infatti, L
= 10 10
4 5

nessuno di questi sistemi pu essere sfruttato d

commercialmente. SWNT
ideale
MICROSFERE DI CRISTALLO:
oltre ai numerosissimi studi sullo sviluppo delle nanostrutture, la ricerca sta
indirizzandosi verso altre soluzioni. Una di queste potrebbe essere
l'immagazzinamento dell'idrogeno in microsfere di cristallo. Esse consistono in
piccole sfere di cristallo, vuote, con un diametro che varia da 25 a 500 micron ed uno
spessore di un solo micron. Attualmente in commercio ne sono disponibili numerosi
tipi di diversa taglia, spessore e composizione dei cristalli. Le microsfere vengono
trattate e trasportate commercialmente sotto forma di polvere fluida. Possono essere
utilizzate su grossi basamenti per immagazzinare idrogeno ad alta pressione.
L'incapsulamento dell'idrogeno realizzato tramite il riscaldamento di un letto di
microsfere vuote in un ambiente denso di idrogeno. L'idrogeno si introduce nelle
sfere attraverso il sottile involucro esterno di cristallo reso permeabile dalle alte
temperature alle quali avviene il processo (da 200 C a 400 C). Tale processo si
conclude quando l'idrogeno, all'interno delle sfere, raggiunge la stessa pressione
esterna. Alla fine il letto viene raffreddato e l'idrogeno non incapsulato viene liberato
o trattenuto per altre applicazioni. L'efficienza del processo quindi, dipende da
determinate caratteristiche quali: pressione dell'idrogeno, temperatura e volume del
letto, dimensioni e composizione chimica delle microsfere. Una volta raffreddate a
temperatura ambiente le sfere trattengono al loro interno l'idrogeno, successivamente
vengono ricoperte, immagazzinate in recipienti a bassa pressione e trasportate sotto
forma di una sottile polvere. L'estrazione dell'idrogeno dalle microsfere avviene
tramite il loro riscaldamento, successivamente vengono nuovamente ricoperte e
riciclate per altri incapsulamenti. Il rilascio dell'idrogeno pu essere provocato anche
con la rottura delle sfere, con lo svantaggio, per, di non poterle pi riutilizzare. E'
stato dimostrato che questo metodo d'immagazzinamento, opportunamente
accessoriato e modificato, pu risultare pratico e conveniente per l'applicazione su
veicoli. Sono state anche individuate le microsfere pi idonee, per composizione e
dimensioni, a tale applicazione. Esso inoltre pi conveniente degli idruri di metallo,
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ha la loro stessa sicurezza e non presenta problemi in caso di esposizione all'aria.


Tale metodo ha buone prospettive di prevalere rispetto agli altri sia per le
caratteristiche tecniche sopra descritte sia per la sua competitivit a livello
economico.

TRASPORTO
TRASPORTO DELL'IDROGENO COMPRESSO O LIQUEFATTO:
L'idrogeno come gas compresso pu essere trasportato in cilindri ad alta pressione,
autocisterne e gasdotti. I cilindri ad alta pressione (40 MPa), pur consentendo un
minore ingombro sono molto pericolosi da maneggiare e trasportare. Le autocisterne
invece, sono spesso composte da diversi cilindri in acciaio montati su di
un'intelaiatura protettiva e possono contenere da 63 kg a 460 kg di idrogeno
compresso ad una pressione di soli 20 MPa. Attualmente il trasporto ferroviario
dell'idrogeno sotto questa forma non viene ancora effettuato. Inoltre questo metodo
comporterebbe la costruzione di particolari vagoni con materiali idonei al trasporto
dell'idrogeno con conseguente notevole incremento dei costi di trasporto. L'idrogeno
liquido immagazzinato in contenitori isolati, come gi detto, viene trasportato tramite
autocarri ed altri automezzi in quantit elevate e con modeste perdite per
evaporazione (0,3-0,6% al giorno). Per quanto riguarda il trasporto navale, a causa
dei lunghi periodi di tempo che richiede, impiegato solo per l'idrogeno liquido. Il
Canada ha sviluppato numerosi progetti di navi per il trasporto transoceanico
dell'idrogeno. Uno di questi prevede l'impiego di cinque piccole chiatte trasportate in
una nave pi grande, che possono essere separate alla fine del viaggio. Ciascuna di
esse trasporterebbe 21.200 kg di idrogeno senza alcuna perdita durante 50 giorni di
viaggio. Altri progetti prevedono invece l'impiego di diversi contenitori sferici o di
una singola petroliera con la capacit di 7000 tonnellate. Nessuna di questa navi
stata ancora realizzata ma quelle dedicate al trasporto di gas naturale liquefatto sono
in grado di trasportare gi 125000 m3 di gas (equivalenti a 9000 tonnellate di
idrogeno).

TRASPORTO IN GASDOTTI:
Formalmente l'idrogeno, essendo un aeriforme, pu essere gestito, con opportune
precauzioni, in una struttura analoga a quella usata per il gas naturale. Le opportune
precauzioni consistono nel tenere conto di taluni aspetti: il contatto dell'idrogeno con
acciai speciali provoca un loro infragilimento; necessario prevedere sistemi, visivi
ed olfattivi, per l'individuazione di eventuali fughe; inoltre sono da considerare
necessario le ovvie precauzioni per evitare inneschi di combustione (materiali e
sistemi antideflagranti) dati i caratteri chimico-fisici di facile innesco a combustione
di questo gas . Per far s che questi impianti vengano ampiamente utilizzati, quindi, il
primo problema da risolvere quello dell'infragilimento di tubi e guarnizioni, con la
conseguenza della rottura dell'impianto, provocato dal contatto dell'idrogeno con i
materiali di cui essi sono costituiti, Al momento esistono gi delle tecnologie in
grado di ovviare a tale inconveniente ma la loro applicazione contribuisce ad
aumentare i costi di distribuzione. Paragonato alle centinaia di migliaia di chilometri
33

coperti dalle reti esistenti per il trasporto del gas naturale, la rete di gasdotti per
l'idrogeno molto piccola: circa 750 km negli Stati Uniti d'America e pi di 600 km
nel nord Europa e servono per il rifornimento di idrogeno direttamente dal produttore
al consumatore o ad intere aree industriali. Esse coprono distanze di oltre 100 km ed
operano da pi di 50 anni senza particolari problemi.

SCELTA DEI SISTEMI DI TRASPORTO:


Gli elementi principali che influenzano la scelta del sistema di trasporto dell'idrogeno
sono la quantit e la distanza. Per grossi quantitativi di idrogeno il metodo pi
conveniente quello dei gasdotti che, dopo gli investimenti necessari per la loro
costruzione, richiedono costi operativi molto bassi. Questa modalit conveniente
rispetto al trasporto dell'idrogeno liquido che diversamente, non comportando costi
d'impianto, conviene nel caso di trasporto transoceanico. Per modeste quantit
d'idrogeno i gasdotti non sono competitivi mentre l'idrogeno compresso pu
rappresentare in alcuni casi l'alternativa all'idrogeno liquido i cui costi operativi sono
molto elevati. Come accennato in precedenza per, il trasporto del gas compresso, a
causa della sua bassa densit energetica, presenta notevoli svantaggi per cui pu
essere indifferente rispetto al trasporto dell'idrogeno liquido solo per piccolissime
distanze. La distanza infine, l'altro elemento che gioca a favore dell'idrogeno
liquido o compresso in quanto all'aumentare di essa i costi per la costruzione dei
gasdotti subiscono notevoli incrementi ed anche se questo metodo non comporta il
sostenimento di costi per la liquefazione, questa viene comunque preferita. L'unico
caso in cui si potrebbe preferire la costruzione di gasdotti quello della
contemporanea distribuzione di energia elettrica in quanto essi non comportano le
notevoli perdite d'energia causate dagli impianti di trasmissione solitamente
impiegati.

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