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Capitolo 1- Contestualizzazione

1.1 Il settore estrattivo


Il settore estrattivo è un settore economico-produttivo il quale si occupa di estrarre e
trasformare parzialmente le materie prime energetiche e non energetiche. Tra queste rientrano
gli idrocarburi, qualigas naturali, greggio, petrolio di scisto proveniente da giacimenti a
permeabilità minima, oltre che i minerali, come ad esempio il carbone, la ghiaia, l’argilla o il
marmo. Queste materie prime vengono prelevate da giacimenti presenti all’interno della
crosta terrestre, attraverso tecniche di estrazione che variano conformemente alla natura del
materiale. L’estrazione degli idrocarburi e del carbone trova la sua principale finalità nella
produzione di energia tramite combustione, dalla quale è possibile ricavare elettricità, calore o
combustibile per alimentare macchinari. Queste risorse energetiche formatesi a partire da
millenari resti di sostanze organiche decomposte sono di tipo non rinnovabile, il che comporta
l’esauribilità dei loro giacimenti. I gas naturali e il petrolio sono composti da miscele di
idrocarburi. Mentre il gas è principalmente composto da metano (fino al 95%) il petrolio è
costituito da idrocarburi aromatici, alcani e ciclo alcani. Il carbone è composto quasi
interamente da carbonio e contiene tracce di idrocarburi e minerali come il ferro. L’estrazione
del greggio consiste nel prelevare dai giacimenti in cui sono stati scavati pozzi petroliferi le
miscele di combustibili fossili. Con l’ausilio di specifici procedimenti vengono separati gas e
particelle solide dalla parte che comprende idrocarburi liquidi, così da preparare la materia
prima per la successiva raffinazione. Il gas viene estratto per mezzo della trivellazione dei
giacimenti, dai quali fuoriesce naturalmente grazie all’elevata pressione a cui è sottoposto.
L’estrazione del carbone e altri minerali solidi avviene invece in cave o miniere, che possono
essere a cielo aperto oppure situate più in profondità nella crosta terrestre, e prevede
l’asportazione di grandi quantità di materiale che successivamente vengono trasportate in
stabilimenti preposti alla lavorazione.

1.1.1 Caratteristiche generali dell’estrattivismo energetico

Negli ultimi decenni alcune importanti tendenze hanno caratterizzato l’evoluzione del settore
estrattivo, condizionandone sia l’aspetto produttivo che commerciale. Le proiezioni
dell’International Energy Agency designano l’area asiatica come futura principale
consumatrice ed importatrice di combustibili fossili nel 2030. L’asse del commercio
energetico si starebbe spostando verso la regione asiatico-pacifica, attualmente meno soggetta
all’applicazione di policies governative volte a promuovere la sostenibilità ambientale. Sono
infatti le suddette restrizioni che entro la fine del prossimo decennio dovrebbero favorire la
transizione verso una Green Economy da parte dei paesi membri dell’OCSE. Ciononostante,
secondo le previsioni i combustibili fossili manterranno il loro predominio sul mercato
energetico almeno fino al 2035, e per quell’anno la domanda globale di petrolio ammonterà a
circa 101.4 mb/d. La Cina è destinata a diventare la principale nazione importatrice di greggio
nel 2030 con una quota di consumo giornaliero di circa 16 mb/d, superando gli U.S.A. Questi
ultimi manterranno nel prossimo decennio il primato di produttori ed esportatori di gas
naturale e petrolio leggero di scisto (LTO o “light tight oil”), ottenuto a seguito
dell’introduzione di tecniche specifiche per estrarre gli idrocarburi da riserve non
convenzionali.Questa innovazione ha permesso di ampliare le risorse di gas globalmente
utilizzabili fino a 900 tcm (trilioni di metri cubi), facendo sì che la produzione e il commercio
di gas naturale subissero un forte incremento a partire dal 2010 soprattutto in Nord America.
Le ingenti riserve non convenzionali di idrocarburi situate sotto il suolo statunitense hanno
consentito che il paese si avviasse verso l’autosufficienza energetica già dal 2012, riducendo
sensibilmente le quote di greggio, gas e carbone importate. La regione asiatica nel prossimo
futuro si configurerà come nuovo polo di importazione e consumo di carbone, oltre che di
idrocarburi, con l’affermarsi del ruolo guida dell’India e dell’Indonesia nella produzione di
questa materia prima. Il commercio del carbone passerà in secondo piano nei paesi OCSE,
mantenendo però la sua rilevanza a livello intraregionale nel sud e nell’est dell’Asia grazie
alla sua enorme disponibilità. Il 55% delle riserve fossili globali è infatti costituito da carbone.
Nel 2013 queste ammontavano a 1040 miliardi di tonnellate, una quantità tale da far
ipotizzare una cospicua produzione futura.

L’implementazione di progetti di natura estrattiva può generare enormi e diversificati impatti


sui territori. Innanzitutto, è necessario soffermarsi sulle trasformazioni che questo settore è in
grado di imprimere da un punto di vista ambientale, sociale ed economico ai luoghi più
direttamente interessati dalle attività di estrazione, e alle comunità ivi risiedenti. L’estrazione
di combustibili fossili può contribuire al benessere economico dei paesi in cui operano le
compagnie petrolifere, qualora i governi coinvolti abbiano le capacità per gestire
correttamente queste entrate. Le compagnie estrattive sono tenute a pagare tasse molto elevate
per poter avere accesso alle riserve di idrocarburi, le quali costituiscono ingenti trasferimenti
monetari a favore delle istituzioni statali. Queste somme possono essere impiegate con lo
scopo di migliorare la qualità di servizi e infrastrutture all’interno del paese ospitante. Il
settore estrattivo crea inoltre numerosi posti di lavoro dal salario medio-alto, in modo tale che
i lavoratori possano vivere secondo standard adeguati, e favorisce lo stimolo dell’economia
interna grazie all’ assunzione di aziende e compagnie locali. Non di rado le compagnie
petrolifere stesse finanziano il settore dei servizi pubblici per contribuire al benessere
economico e sociale delle popolazioni residenti nei territori in cui vengono realizzati i
progetti.

Il settore estrattivo, per quanto fornisca alle comunità i mezzi per accedere ad elevati standard
di vita garantendo servizi e innovazioni tecnologiche, comporta il verificarsi di scenariche
hanno spesso un impatto irreversibile sulle risorse naturali e la biodiversità dei luoghi
interessati dall’estrazione di materie prime. Questo è dovuto alle pratiche fisiche di
lavorazione e prelievo dei materiali che finiscono per deturpare inesorabilmente la fauna e la
flora limitrofe ai siti nei quali sono messe in pratica, ma anche all’impiego di materiali
altamente inquinanti utilizzati nei procedimenti estrattivi. Questi impatti negativi hanno effetti
permanenti a livello locale, sulla salute delle comunità autoctone che subiscono danni fisici,
economici, oltre che potenzialidanni morali legati alle violazioni dei loro diritti (ad esempio
nel caso venga loro impedito l’accesso a luoghi di culto). Più in generale, l’inquinamento
provocato dal settore estrattivo, le cui pratiche trovano applicazione su scala globale, produce
effetti nocivi sugli ecosistemi del mondo intero. I versamenti accidentali di petrolio
danneggiano la flora e la fauna sia marina che terrestre, rendono inutilizzabili campi per la
produzione agricola, e possono inquinare falde acquifere e riserve di acqua potabile
fondamentali per le comunità. Qualora una qualsiasi specie animale venga a contatto con
miscele di idrocarburi come il petrolio, le conseguenze possono essere estremamente gravi e
condurre l’esemplare alla morte per asfissia, per ingerimento di componenti chimici, oppure
per ipotermia dovuta al danno che il greggio provoca alle pellicce o al piumaggio che
consentono l’isolamento termico dell’animale.L’inquinamento acustico e dell’aria, generato
dal rilascio di composti organici volatili, monossido di carbonio, solfato di idrogeno e altre
sostanzecostituiscono ulteriori conseguenze negative e dannose dei processi estrattivi. Vi è
inoltre il rischio che gli agenti chimici e inquinanti iniettati nei giacimenti possano intaccare
l’integrità delle risorse idriche potabili e non potabili.

Per arginare il verificarsi di incidenti potenzialmente disastrosi, le compagnie petrolifere


hanno iniziato ad implementare politiche volte a rispettare l’ecosistema dei territori in cui
operano, oltre che a tutelare la sicurezza e la salute degli operatori e delle comunità presso le
quali vengono realizzati progetti energetici. Sempre più frequentemente sono le compagnie
stesse a fornire informazioni di questo tipopubblicandole nei loro report annuali. Questa
pratica prende il nome di “corporate citizenship or environmental, social and governance
(ESG) reporting”. Ciononostante, rimane auspicabile una più profonda maturazione in termini
di policy mirate ad incrementare la sostenibilità del settore estrattivo. Allo stato attuale sono
infatti riscontrabili incongruenze con leggi e direttive sulla tutela della salute e dell’ambiente,
quali ad esempio le leggi federali statunitensi “Clean Air Act” e “Clean Water Act”.

Le origini storiche del settore estrattivo risalgonoagli inizi della colonizzazione europea,
fenomeno scaturito dalle grandi scoperte geografiche del XXVI secolo. Per quanto oggigiorno
si estraggano combustibili fossili su scala globale, è di fondamentale importanzaprendere in
considerazione gli impatti che le pratiche estrattive hanno avuto sulle comunità fin dagli
albori del sistema coloniale, poiché in molti casiessi perdurano nel presente. Esaminando
alcuni degli effetti nefasti che questo settore ha avuto su numerose realtà territoriali nel corso
del tempo, è possibile riuscire a identificare quali siano le pratiche estrattive da considerare
non sostenibili, dannose e discriminatorie nei confronti delle popolazioni indigene. Queste
considerazioni costituiscono inoltre un’ottima base di partenza per l’elaborazione di best
practices che mirino a incrementare la sostenibilità del settore estrattivo. In molti casi le
risorse naturali e minerarie di paesi come l’Africa e l’America Latina, colonizzati dagli
europei, furono sfruttate intensivamente ed estensivamente dalle rispettive madrepatriecon lo
scopo di finanziare lo sviluppo industriale e tecnologicodelle nazioni economicamente più
sviluppate. La massiccia esportazione di materie prime ha penalizzato i mercati interni dei
paesi colonizzati, comportato fluttuazioni dei prezzi e svalutazioni dei beni non esportabili.
Facendo largo affidamento sul settore estrattivo come fonte primaria di entrate, le istituzioni
dei paesi in via di svilupponon sono state in grado di integrare questo aspetto nel più ampio
quadro economico delle rispettive nazioni per favorirne la modernizzazione e
diversificazione. Gli scarsi investimenti nelle tecnologie necessarie a realizzare
autonomamente i processi di trasformazione delle materie primehanno condannato questi
paesi a dipendere dall’importazioni di manufatti dall’estero. L’inefficienza delle istituzioni ha
portato inoltre alla creazione di sistemi politici ed economici clientelari, spesso autoritari e
violenti nonché repressivi nei confronti dell’opposizione, basati su una distribuzione diseguale
e oligarchica della ricchezza. Ciò ha esasperato le disuguaglianze all’interno della
popolazione, finendo per esacerbare tensioni latenti nelle dimensioni sociali più
penalizzatedal settore estrattivo. Frequentemente queste comunità non vengono coinvolte né
consultatein relazione alla realizzazione di progetti estrattivi a livello locale, che comportano
il rincaro del costo della vita e l’impoverimento delle popolazioni stesse. Di rado vengono
proposti posti di lavoro o compensazioni sufficienti a riparare i danni ambientali, fisici ed
economici subìti. Si è quindi andato consolidando il mito della “maledizione dell’abbondanza
di risorse naturali”, concetto elaborato per descrivere la correlazione negativa che sembra
instaurarsi tra il grado di sviluppo di un paese e la quantità di risorse naturali di cui esso è
dotato. Le nazioni che sin dagli albori del sistema estrattivo hanno costituito la fonte da cui
estrarreed esportare tonnellate di materie prime si caratterizzano tuttora per tassi di crescita
ridotti e maggiori difficoltà nel portare a termine il percorso di sviluppo economico.In questa
sede è però necessario operare una distinzione tra i paesi la cui economia è interamente
dipendente dall’esportazione di risorse naturali e i paesi che, pur disponendo di queste ultime,
fanno affidamento su un settore economico diversificato. Laddove le istituzioni si impegnino
a dare vita ad un sistema economico integrato, equilibrato, multisettoriale, le cui potenzialità
non siano drenate da corruzione e disuguaglianze sociali è possibile che l’estrattivismo
determini risvolti positivi nella realtà socioculturale, economica e ambientale dei paesi.

1.1.2 Il settore estrattivo degli idrocarburi

Oggigiorno gli idrocarburi soddisfano circa il 57% del fabbisogno energetico mondiale e
rappresentano il 15% delle esportazioni a livello globale. Circa il 10% delle azioni
internazionali è investito nel settore del gas e del petrolio, i qualisono largamente utilizzati in
campo chimico, energetico, dei trasporti, edile e petrolchimico. Allo stato attuale, questi
combustibili fossili costituiscono una fonte energetica imprescindibile per il mondo intero. Il
gas naturale (in particolar modo lo “shale gas”) ha assunto più recentemente grande rilevanza
sul mercato energetico, anche alla luce della incrementale disponibilitàdi risorse
considerateirrecuperabili fino a qualche decennio fa. Il minore impatto ambientale generato
dal suo sfruttamentoincentiva il consumo di questo combustibile fossile soprattutto negli
U.S.A., già principali produttori ed esportatori di gas non convenzionale dal 2015, che
secondo le stime IEA potrebbero arrivare a una produzione totale di 600 miliardi di metri cubi
nel 2035. Il consumo di gas avviene prevalentemente in prossimità del luogo di produzione,
viaggiando attraverso reti commerciali principalmente regionali. Le tecnologie attualmente a
disposizione rendono complesso il trasporto di sostanze gassose, che devono essere sottoposte
a procedimenti di liquefazione (trasformazione in LNG o gas naturali liquefatti) e successiva
rigassificazione. I principali giacimenti gassosi tendono a concentrarsi in zone ben definite, il
Medio Oriente, la Russia e gli Stati Uniti possiedono congiuntamente quasi la totalità delle
risorse in questione.L’elevata concentrazione territoriale del gas naturaleinduce a considerare
il concetto di sicurezza energetica, e ad esaminare le implicazioni sociali, politiche ed
economicheche potrebbero scaturire da una crisi di fornitura di questo
combustibile.Particolarmente interessati da questa dinamica geopolitica sono l’Asia,
fortemente dipendente dalle importazioni mediorientali, e l’Europa, la cui sussistenza
energetica dipende in larga parte dalle importazioni di gas naturale Russo.Nel primo caso, la
questione della sicurezza energetica si pone in quanto la maggior parte dei paesi asiatici ad
esclusione di Corea e Giappone non fa partedell’Organizzazione per la Cooperazione e lo
Sviluppo Economico (OCSE). In caso si verificasse un’interruzione della fornitura di gas da
parte del mercato mediorientale, paesi come Cina ed India non sarebbero tutelati
dall’Emergency Response Mechanism ideato dalla IEA (organo sussidiario dell’OCSE) che
assicura una fornitura di scorta per le emergenze, rischiando di imbattersi in una grave crisi
energetica.Nel secondo caso, la vulnerabilità energetica dell’Unione Europea è apparsa
lampante a seguito dell’interruzione della fornitura di gas Russo per una durata di 13 giorni
nel gennaio del 2009, provocata da una controversia tra l’operatore russo Gazprom e quello
ucraino Naftogaz. Da questa vicenda, che ebbe impatti severi soprattutto sul sostentamento
energetico dei paesi del sud-est europeo, è emersa la necessità di evitare il ripresentarsi di un
simile scenario. Accordi commerciali tra Russia e Germania hanno reso possibile la
realizzazione del gasdotto Northstream, il cui tracciato si dirama sotto il mar Baltico, e
l’ideazionedel Gasdotto Trans-Adriatico (TAP) che collega la provincia di Lecce, in Puglia,
alla frontiera greco-turca. L’esecuzione di questi progetti ha permesso di diversificare le fonti
di approvvigionamento di gas naturale necessari al sostentamento energetico europeo.

L’introduzione di policies governative volte a limitare le emissioni di gas inquinanti avrà con
ogni probabilità un effetto penalizzante sul settore petrolifero nel lungo periodo.
Ciononostante, secondo le previsioni la domanda di greggio è destinata ad aumentare
ulteriormente nei prossimi decenni, arrivando a sfiorare i 101.4 milioni di barili al giorno nel
2035. Negli ultimi 10 anni la grande richiesta di greggio ha determinato un incremento dei
prezzi, che potrebbero raggiungere i 128 dollari a barile nel prossimo ventennio, ed ha
favorito importanti investimenti nel settore dello sviluppo tecnologico. La spinta alle
esplorazioni di nuovi giacimenti ha permesso di scoprire nuove riserve e risorse a livello
globale, che rispettivamente nel 2013 ammontavano a 1700e 3000 miliardi di barili. Grazie
all’utilizzo di tecniche come la Enhanced Oil Recovery (EOR) sarebbe possibile recuperare
almeno 300 miliardi di barili di greggio aggiuntivi dai giacimenti.

Negli ultimi decenni, l’industria estrattiva ha investito molto in tecnologie avanzate che
consentissero di estrarre una tipologia di greggio definita petrolio leggero di scisto. Questa
miscela di idrocarburi, conosciuta anche come “light tight oil” o LTO, è situata in giacimenti
non convenzionali costituiti principalmente da rocce metamorfiche quali scisti argillosi
(shalesformations) o siltosi (tight formations). Contrariamente alle risorse convenzionali che
fluiscono con maggiore facilità verso i pozzi di estrazione, queste risorse non convenzionali
necessitano di specifiche tecniche estrattive per essere prelevate. Ciò è dovuto alla
conformazione geologica delle rocce scistose, impermeabili e a bassa porosità, che rende
difficoltosa e meno efficiente l’applicazione della tradizionale tecnica di perforazione
verticale dei pozzi. In simili formazioni geologiche, gli idrocarburi sono intrappolati
all’interno della roccia stessa e non tra i diversi strati rocciosi. Alla luce della complessità di
estrazione del cosiddetto “shale oil”, l’industria ha introdotto innovative e più sofisticate
tecniche di perforazione orizzontale dei giacimenti e la tecnica di fratturazione idraulica
conosciuta anche come “fracking”. Queste tecniche consentono rispettivamente di estendere
le trivellazioni anche per diverse miglia sotterranee, favorendo una maggiore esposizione
delle rocce, e di fratturare gli scisti in cui è contenuto il greggio grazie all’azione erosiva di
getti d’acqua a pressione estremamente elevata.

L’interesse dell’industria per questa tipologia di petrolio è giustificato dalla redditività del
processo estrattivo in quanto simili riserve non convenzionali, pur necessitando di ingenti
investimenti per essere sfruttate, rappresentano in ogni caso una sicura fonte di
approvvigionamento di petrolio rispetto al futuro. Le risorse convenzionali, infatti, soprattutto
per la maggiore semplicità che ne caratterizza il processo estrattivo, sono sempre sfruttate
preferibilmente per prime. Questa tendenza potrebbe comportarne un esaurimento precoce,
creando una discrepanza tra domanda e offerta di greggio alla luce del crescente consumo di
idrocarburi su scala mondiale. Da alcune proiezioni risulta che per soddisfare la domanda
globale di petrolio nel 2035 la produzione giornaliera dovrebbe ammontare a circa 101mb/d.
L’introduzione di tecniche innovative come il “fracking” fornisce quindi la possibilità di
attingere a giacimenti che in passato non potevano essere sfruttati, incrementando così la
totalità delle riserve di petrolio a disposizione del pianeta. Si stima infatti che queste riserve
possano fornire un contributo considerevole alla produzione petrolifera globale. Secondo un
report dell’agenzia statunitense EIA nel 2013 le risorse globali di petrolio leggero di scisto
tecnicamente sfruttabili ammontavano a 350 miliardi di barili, di cui la maggior parte
concentrati negli U.S.A., in Russia, Cina e Argentina. Tra questi, 76 miliari di barili sarebbero
situati nella formazione geologica di Bazenhov in Russia, e 58 negli Stati Uniti, in particolare
nelle formazioni geologiche di Bakken e di Eagle Ford.
1.1.3 Il petrolio dal giacimento di Bakken e la “shalerevolution” negli USA

La cosiddetta “shale revolution”, introducendo tecniche come il fracking e la trivellazione


orizzontale, ha permesso lo sfruttamento di ingenti quantità di gas e petrolio intrappolate nelle
formazioni geologiche di scisti a bassa permeabilità. Questo processo ha interessato
principalmente gli Stati Uniti a partire dai primi anni dello scorso decennio. L’estrazione del
cosiddetto “shale tight oil” ha consentito agli U.S.A. di arrivare a produrre fino a un milione
di barili di greggio al giorno nel 2010.L’agenzia EIA degli USA stimava nel 2013 la presenza
di circa 58 miliardi di barili di petrolio nel sottosuolo degli Stati Uniti, in netto aumento
rispetto alle stime dell’anno precedente che si assestavano su 35 miliardi di barili.Considerato
che negli Stati Uniti gas naturale e petrolio coprono il 62% del fabbisogno energetico della
popolazione, questo eventoha permesso al paese di raggiungere un livello di sostentamento
energetico quasi totalmente autogenerato e di diminuire in modo sostanzialela dipendenza
dalle importazioni di greggio e gas che gli U.S.A. avevano manifestato sin dagli anni ‘90.Le
implicazioni in termini di sicurezza energetica che derivano da questa dinamica non possono
cherafforzare l’economia interna statunitense evalorizzare la posizione del Nord America in
politica estera. Gli U.S.A. beneficiano quindi di una fornitura di idrocarburi quasi
integralmente autoprodotta, a prezzi competitivi e ridotti, al riparo da potenziali crisi del
commercio petrolifero internazionale. Nel 2014 gli Stati Uniti sono ufficialmente diventati i
maggiori produttori ed esportatori di gas e greggio a livello internazionale, primato che
secondo le previsioni potrebbe essere mantenuto almeno fino al 2035.

I fattori che hanno reso possibile un simile boom produttivo ed estrattivo sono tipicamente
endemici del sistema legale e imprenditoriale statunitense. Alla base della “shale revolution”
vi è innanzitutto una giurisprudenza imperniata sulla proprietà privata, principio cardine della
legge americana, che consente ai privati di acquistare i diritti di sfruttamento delle risorse
minerali soggiacenti le loro proprietà. Nella maggior parte delle nazioni sono i governi, o le
compagnie petrolifere statali, a detenere i diritti di sfruttamento delle risorse sotterranee
(incluse quelle minerarie). L’86% delle riserve mondiali comprovate di combustibili fossili
sono di proprietà dello stato o di compagnie statali.Il sistema imprenditoriale statunitense ha
favorito la nascita di numerose compagnie estrattive indipendenti che competono per avere
accesso alle risorse, investendo nella ricerca e nello sviluppo di tecniche estrattive
innovative.Inoltre, la possibilità per i privati di essere direttamente coinvolti nel processo
estrattivo costituisce un incentivo ad accettare i potenziali danni ambientali e fisici connessi a
tecniche intrusive come il fracking. Peraltro, quest’ultimo non è praticabile universalmente
ma deve esserne valutata la pericolosità a seconda della formazione geologica che si vuole
sottoporre al processo. Per tutte queste ragioni, recenti stime indicano che fino al 2030
l’estrazione di petrolio leggero di scisto rimarrà essenzialmente dominata dagli Stati Uniti e in
misura minore dal Canada.

Secondo il report IEA (WEO 2013) la formazione geologica di Bakken figura tra i giacimenti
da cui è stata estratta la maggiore quantità di “light tight oil” nell’ultimo decennio. Si tratta di
una formazione geologica di scisto siltosodi circa 520.000 chilometri quadrati, situata nella
zona a cavallo sul confine che separa Canada e Stati Uniti. Principalmente essa si estende
sotto la superficie dello stato del Nord Dakota, e in parte minore sotto la zona settentrionale
del Sud Dakota e la zona orientale dello stato del Montana. Nel territorio canadese interessa le
province di Manitoba e Saskatchewan. La U.S. Geological Survey stima che la riserva
contenga dai 3 ai 4 miliardi di barili di petrolio, il che renderebbe la formazione di Bakken la
seconda riserva petrolifera degli Stati Uniti dopo quella situata nella regione di North Slope in
Alaska. Solamente nello stato del Nord Dakota, la produzione giornaliera nel luglio del 2013
ammontava a 800 kb/d (mille barili al giorno). La scoperta delle riserve non convenzionali
nella formazione di Bakken e l’intensa attività estrattiva che ne è conseguita hanno generato
un enorme impatto sulla comunità e sull’ecosistema del Nord Dakota.La costruzione di quasi
mille pozzi petroliferi nell’arco di pochissimi anni, dovuta all’esplosione della “shale
revolution”, ha del tutto scalzato la predominanza delsistema agricolo che da sempre aveva
costituito la principale fonte di occupazione e redditodello stato. L’impatto maggiormente
positivo di tale cambiamento ha interessato la creazione di decine di migliaia di nuovi posti di
lavoro già dalla seconda metà degli anni 2000. Questa dinamica ha trasformato il Nord
Dakota nello stato U.S.A. con il minor tasso di disoccupazione, il quale si assesta intorno al
2.6%.

Nonostante irisvolti economici nettamente positivi conseguiti grazie alla “shale revolution”,
l’estrazione intensiva di “light tight oil” ha comportato la deturpazione dell’ambiente e il netto
peggioramento della qualità della vita in Nord Dakota.La tecnica estrattiva di fratturazione
idraulica delle rocce, o “fracking”, utilizzata per consentire l’estrazione del greggio dagli
scisti che costituiscono la formazione di Bakken, è estremamente intrusiva. Il procedimento
prevede l’utilizzo di una quantità ingente di acqua e agenti chimici (svariate decine di milioni
di litri, in quantità variabile), che deve essere convogliata nel pozzo petrolifero da potenti
compressoriad una pressione variabile dai 200 ai 1000 bar approssimativamente. La potenza
del getto è tale da far esplodere la roccia, permettendo il rilascio degli idrocarburi presenti al
suo interno. Successivamente possono essere iniettate nel pozzo elevate quantità di sabbia e
sostanze chimiche per mantenere aperte le fratture rocciose. La tecnica della fratturazione
idraulicaè vietata in alcuni paesi, come la Francia, a causa della sua intrusività e dell’impatto
che essa ha sulle risorse minerarie. Secondo alcuni studi il fracking sarebbe in grado favorire
il verificarsi di sismi e frane in territori già esposti per loro natura a questi rischi. Inoltre, i
fluidi chimici che vengono iniettati nei pozzi possono contenere sostanze tossiche e altamente
cancerogene tra cui la formaldeide, gli idrocarburi policiclici aromatici (PAH)e il benzene.
Qualora un pozzo petrolifero non sia sigillato correttamente è possibile che alcune perdite
contaminino le falde acquifere circostanti. La legge federale americana non impone alle
compagnie petrolifere di rendere noti gli agenti chimici utilizzati nei processi di fracking, né
di ottemperare alla legge “Safe Drinking Water Act” che disciplina la preservazione delle
risorse idriche. L’emanazione di queste normative viene considerata una prerogativa statale.
Sono note le testimonianze di abitanti del Nord Dakota che lamentano un significativo
peggioramento della qualità della vita e della loro salute. Prelievi effettuati da laboratori
privati e dal North Dakota Health Department hanno rilevano in alcuni casi la presenza di
sostanze cancerogene nell’acqua comunemente utilizzata nelle abitazioni, così come nell’aria
circostante. Alcuni residenti hanno riportato sintomi di avvelenamento da sostanze tossiche
come l’arsenico, difficoltà respiratorie e motorie. Gli effetti sulla salute del bestiame
all’interno degli allevamenti sono altrettanto nocivi, e non di rado alcuni esemplari muoiono
dopo essersi ammalati di polmonite da polvere. Anche il trasferimento in una località più
salubre è reso complesso dalla presenza dell’industria estrattiva, in quanto la vicinanza ai
pozzi petroliferi riduce sensibilmente il valore commerciale delle proprietà e ne impedisce la
vendita sul mercato immobiliare. In ogni caso, molti proprietari terrieri non possiedono i
diritti di sfruttamento minerario delle loro proprietà poiché questi sono stati acquistati da
compagnie petrolifere private decenni prima dell’avvento della “shale revolution”. In base
alla costituzione dello stato del Nord Dakota i residenti non possono contestare le operazioni
delle compagnie che operano nelle vicinanze delle loro fattorie o abitazioni, poiché queste
agiscono esercitando regolarmente e legalmente i propri diritti. Nel complesso, la redditività
delle estrazioni petrolifere in Nord Dakota sembra aver acquisito un’importanza fondamentale
all’interno del settore economico ed energetico statunitense al punto che, per preservarne
l’efficienza, gli U.S.A. sembrano disposti a mettere a repentaglio la salute e la vita degli esseri
umani che vi abitano.

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