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INTERROGAZIONE ARISTOTELE

1. LA VITA E LE OPERE
Vita. Nasce a Stagira nel 384 a.C., quindi non ebbe pieni diritti ad Atene. Eredita dal padre la professione
medica ma in seguito eredita la passione per lo studio degli organismi viventi. A diciotto anni entra
nell’Accademia di Platone e, con il passare del tempo, sviluppa la sua filosofia, che è una critica e revisione
della filosofia di Platone. Alla sua morte, Aristotele lascia Atene perché chiamata da Filippo II per educare il
figlio Alessandro Magno. Aristotele accetta, ma dopo poco abbandona perché per lui non aveva senso
insegnare l’educazione greca ad un non greco.

Scritti e stile. I suoi scritti si dividono in essoterici e acroamatici o esoterici. Quelli essoterici sono quelli
destinati alla fruizione pubblica e ne abbiamo solo alcuni frammenti. Quelli esoterici sono funzionali
all’insegnamento e destinati all’ascolto. Ne abbiamo molti trattati in prosa. Negli esoterici Aristotele impone
il trattato in prosa come forma primaria d’espressione filosofica, con uno stile asciutto e solido.

Organizzazione del sapere. Gli scritti di Aristotele vengono suddivisi da Andronico in sezioni chiamate libri,
secondo un principio di classificazione delle scienze. Le scienze teoriche perseguono una conoscenza fine a
sé stessa, disinteressata. Le scienze pratiche puntano a guidare e valutare i comportamenti umani,
individualmente e collettivamente. Le scienze produttive o poietiche che concernono la produzione di un
certo tipo di oggetti: le scienze di Aristotele concernono i testi. Per raggiungere una conoscenza scientifica
serve risolvere le aporie, che a loro volta per raggiungerle bisogna padroneggiare degli strumenti, affrontati
nell’Organon o logica.

2. METAFISICA
Teorie. La metafisica presenta quattro teorie. La teoria dell’essere che si interroga su cosa c’è e su che cosa
significa. La teoria della sostanza che si chiede come è fatto ciò che è. La teoria delle cause che considera
che cosa fa sì che qualcosa sia. La teoria teologica che considera il divino inteso come primo motore
immobile.

Ontologia. Al centro della ricerca filosofica di Aristotele c’è una ricerca sull’essere attuata dalla “filosofia
prima”, spiegata in 14 libri della Metafisica. Cerca di spiegare “che cosa c’è, che cosa esiste e che cosa
significa che qualcosa c’è”. Per questo è definita ontologia.

Essere e il verbo essere. Per Aristotele, il linguaggio tende a rispecchiare la realtà. Per questo, il fatto che
l’essere sia la nozione più fondamentale è rispecchiato dal ruolo che il verbo essere svolge nel nostro
linguaggio. Il termine essere è usato in molte accezioni: possiamo ricorrere al verbo essere per attribuire un
predicato a un soggetto o per affermarne l’esistenza.

Categorie. Per Aristotele i termini del linguaggio possono essere raggruppati in dieci categorie o contenitori.
La sostanza (uomo), la quantità (50 cm), la qualità (bianco), la relazione (maggiore di), il dove (in piazza), il
quando (ieri), lo stare (sta seduto), l’avere (ha le scarpe), l’agire (tagliare) e il subire (essere tagliato). Le
categorie sono state concepite in modo che per ogni termine del linguaggio ci sia un contenitore, per
catalogare tutto ciò che conosciamo, gli elementi della realtà.

Sostanze e accidenti. Le categorie non sono sullo stesso piano, la sostanza è molto più importante delle
altre nove, che vengono raggruppate in una macrocategoria, l’accidente. Per Aristotele, sono sostanze tutte
le cose che hanno un’esistenza autonoma, gli accidenti invece esistono solo come caratteristiche di essa,
senza la sostanza gli accidenti non ci sarebbero. L’indagine sull’essere raggiunge un punto fondamentale:
l’essere è innanzitutto sostanza.
Individuale e universale. Si definisce individuale qualcosa che si indica con un dito, qualcosa che una
propria posizione nello spazio e nel tempo. Ciò che soddisfa questi criteri è definito sostanza prima o
individuale e le sue caratteristiche accidenti individuali. Si definisce universale qualcosa che non ha un’unica
localizzazione nello spazio e nel tempo, e può trovarsi in un certo luogo e istante solo per il tramite di
qualcosa di individuale che lo realizzi. Un’universale caratterizzato da più sostanze viene definito sostanza
seconda o universale. Un’universale realizzato da vari accidenti viene definito accidente universale. Per
Aristotele esiste prima di tutto ciò che è individuale, in quanto senza esso non esisterebbero gli universali.

Addio alle idee. Per Platone la modalità primaria di esistenza è quella delle idee. Per Aristotele, invece, a
esistere in senso primario sono gli individui concreti con le loro caratteristiche. Il mondo di Aristotele è un
mondo di individui, non di idee.

Materia e forma. Per capire che cosa significa che qualcosa è, bisogna capire come è fatta la sostanza.
Aristotele caratterizza la sostanza individuale come sìnolo, una combinazione di materia e forma. La materia
è ciò che rende possibile l’esistenza di una certa sostanza, la forma è ciò che rende una sostanza ciò che
effettivamente è. Una sostanza inizia ad esistere quando si acquisisce una determinata forma da parte di
una materia e finisce quando perde quella forma. La forma è un principio di organizzazione delle parti
materiali che fa sì che una sostanza sia ciò che è. La materia è quello che continua ad esistere anche senza la
forma. Aristotele chiama materia prima la materia considerata di per sé. La forma è rilevata dall’aspetto
esteriore, ma non va confusa con questo perché, anche cambiando il suo aspetto, la forma resterà sempre
la stessa. Ogni sostanza ha una sua forma individuale. Queste caratteristiche costituiscono l’essenza della
sostanza individuale, ciò che fa sì che essa sia il tipo di cosa che è.

Potenza e atto. Aristotele introduce un ulteriore distinzione, quella tra potenza e atto. Qualcosa è in
potenza quando essa potrebbe esistere, ma ancora non esiste. Qualcosa è in atto quando esiste realmente.
Quello che determina l’essere di una sostanza non è ciò che potrebbe essere ma ciò che effettivamente è in
base alla sua forma. Ciò che determina il passaggio da potenza ad atto è la forma, per cui la dimensione
primaria della sostanza è la forma.

Le quattro cause. La causa è l’azione che interviene concretamente sulla materia per attribuire la forma
mentre il fine è ciò che guida questa azione e ciò verso cui questa tende. Materia, forma, causa e fine sono
le quattro nozioni che Aristotele ritiene necessarie per spiegare l’essere delle sostanze. Si parla della
“dottrina delle quattro cause”. La causa efficiente, ciò che dà inizio all’esistenza di una sostanza; la causa
materiale, la materia di cui una certa sostanza è fatta; la causa formale, la forma di cui una sostanza è
provvista e che la rende ciò che è; la causa finale, il fine a cui una sostanza tende.

La priorità di forma e fine. Fra le quattro cause, le più importanti sono la causa formale e la causa finale, in
quanto le cause materiale ed efficiente, sono solo mezzi attraverso i quali si attualizza una certa forma o
fine. Le priorità delle nozioni di atto, forma e fine si dispiegano nella caratterizzazione della sostanza come
entelechia, che indica che una sostanza è compiutamente in atto; quindi, ha una certa forma ed esiste,
soltanto quando realizza pienamente il fine che le è proprio. Un uomo sarà compiutamente tale quando nel
suo sviluppo avrà realizzato l’essenza che lo contraddistingue.

3. LA LOGICA
Linguaggio, pensiero, essere. Dopo aver esaminato l’essere, bisogna considerare il pensiero e il linguaggio.
Aristotele sa che gli esseri umani formulano pensieri scorretti e usano impropriamente le parole. Dunque,
l’Organon non spiega solo come il pensiero funziona ma anche come dovrebbe funzionare. Si tratta di capire
come bisogna pensare per raggiungere il verso sapere. Da qui, ne risulta un apparato di regole.
Le opere dell’Organon. Il linguaggio e il pensiero si sviluppano dal semplice al complesso. Questo percorso
inizia da concetti, per passare a giudizi, per poi arrivare ai ragionamenti. Le opere dell’Organon sono
ordinate in un determinato modo. Le Categorie trattano dei concetti espressi linguisticamente in termini. Il
Dell’Espressione studia come i concetti si compongono a formare giudizi, espressi in proposizioni. Gli
Analitici primi analizzano come i giudizi si compongono a formare i ragionamenti. Gli Analitici secondi si
chiedono su quali giudizi si debbano costruire le premesse per iniziare i ragionamenti. I Topici si occupano
dei ragionamenti dialettici le cui premesse sono probabili. Le Confutazioni sofistiche trattano degli errori che
invalidano i ragionamenti.

Termini e concetti. I termini del linguaggio hanno una duplice funzione, si riferiscono a qualcosa che esiste
ed esprimono qualcosa di pensato, un concetto. La prima opera dell’Organon mostra in quali macrogruppi si
possono classificare i concetti di sostanze individuali, i concetti di sostanze universali e i concetti di accidenti.
Un concetto di sostanza individuale si riferisce solo a quella sostanza mentre un concetto di sostanza
universale si riferisce a tutte le sostanze individuali che ne appartengono. I concetti di sostanza universali si
possono suddividere in specie e generi. La specie è un concetto che raggruppa le sostanze individuali
cogliendone l’essenza comune. Il genere è un concetto che raggruppa sostanze universali corrispondenti alla
specie (genere animale comprende la specie umana, gatto, coccodrillo etc…). L’insieme degli individui
raggruppati da un concetto universale costituisce la sua estensione; invece, le caratteristiche comuni che
raggruppa quegli individui costituiscono la sua intensione.

Giudizi e proposizioni. Un giudizio è formato da un soggetto e da un predicato e, in quanto espressioni di


giudizi, le proposizioni posso essere sia vere sia false. Sono vere se congiungono linguisticamente termini
riferiti a cosa reali. Sono vere anche se separano termini riferiti a cose separate dalla realtà. Oggetto
dell’Organon sono soltanto frasi assertive, cioè vere o false, alla base della conoscenza e della scienza.
Queste frasi vengono chiamate apofantiche, dicono come la cosa è o non è.

Tipi di proposizioni. Le frasi apofantiche si distinguono in base alla qualità e alla quantità. Per qualità posso
essere affermative o negative. Per quantità possono essere singolari, se il soggetto è singolo, particolari, se il
soggetto è più di un singolo individuo della stessa classe, e universali, se il soggetto è universale, indica tutti
gli individui di tutte le classi. Possono essere caratterizzate dall’uso dei quantificatori, che indicano a quanti
individui è attribuito un predicato. Quelle universali ricorrono a quantificatori universali (tutti, ogni,
nessuno), quelle particolari usano quantificatori esistenziali (alcuni, molti, pochi).

Relazioni tra preposizioni. Ci sono relazioni tra proposizioni universali e particolari che vengono sintetizzate
in uno schema in cui le proposizioni vengono designate attraverso le vocali dei verbi adfirmo e nego. La
lettera A è attribuita alle proposizioni universali affermative, la lettera I a quelle particolari affermative, la
lettera E alle universali negative e la lettera O alle particolari negative.

Data una preposizione universale affermativa, si definisce contraria la sua corrispondente universale
negativa. Possono essere entrambe falsa ma non entrambe vere. Ogni proposizione universale è legata ad
una particolare definita la sua subalterna. Se la prima è vera anche la seconda lo sarà. Due proposizioni
particolari contrario sono definite subcontrarie. Possono essere entrambe vere ma non entrambe false. Una
universale e una particolare, legate diagonalmente, si dicono contraddittorie. Non posso essere né
entrambe vere né entrambe false.

Il principio di non contraddizione. Il principio di non contraddizione dice che, date due proposizioni
contraddittorie, è impossibile che siano entrambe vere o false. Aristotele considera questa legge il
fondamento del pensiero e del linguaggio. Al principio logico di non contraddizione corrisponde il principio
ontologico di non contraddizione, ovvero la legge fondamentale dell’essere, che stabilisce che per una
sostanza sia impossibile avere e non avere un certo accidente.

I ragionamenti. Un ragionamento è costituito da giudizi solo quando il giudizio finale, la conclusione, è


ricavato dai giudizi iniziali, le premesse. Negli Analitici primi, Aristotele usa i sillogismi, un ragionamento
basato su due premesse e una conclusione. Le due premesse sono espresse da proposizioni che hanno in
comune un termine detto “medio” e si differenziano in quanto agli altri due termini.
Tutti gli animali sono mortali
Tutti gli uomini sono animali
Tutti gli uomini sono mortali
Le due premesse hanno animali come termine medio e si differenziano dal termine proprio (mortali nella
prima e uomini nella seconda). Tra le due premesse la prima è definita maggiore e la seconda minore. La
prima è maggiore perché il suo termine proprio (mortali) ha un’estensione maggiore del termine proprio
della seconda (uomini).

Sillogismi: modi e figure. Nella prima figura, il termine medio è soggetto nella premessa maggiore e
predicato nella premessa minore, da cui si ricava la conclusione secondo cui il termine proprio della
premessa minore diventa il soggetto e il predicato della premessa maggiore resta predicato nella
conclusione. Nella seconda figura, il termine medio è predicato sia nella premessa maggiore che nella
minore (Tutti gli uomini sono animali + Tutti le pietre non sono animali ---> Tutte le pietre non sono uomini).
Nella terza figura, il termine medio è soggetto sia nella prima premessa che nella seconda (Tutti gli uomini
sono animali + Tutti gli uomini sono razionali ---> Qualche animale è razionale). C’è una quarta figura, in cui
il termine medio è predicato nella premessa maggiore e soggetto nella premessa minore (Tutti i fiori sono
vegetali + Tutti i vegetali sono esseri viventi ---> Tutti i fiori sono essere viventi).

Sillogismi: validità e verità. Un sillogismo ben costruito costituisce sempre un ragionamento valido, in cui
dalle premesse segue necessariamente la conclusione. Un sillogismo può essere valido senza essere vero:
questo accade se c’è una premessa falsa (Tutti gli uomini sono biondi + Socrate è un uomo ---> Socrate è
biondo). La prima premessa è falsa, quindi il sillogismo stesso risulta falso.

La logica come teoria della conoscenza. Nella seconda parte dell’Oragon, Aristotele si chiede come deve
funzionare il pensiero per produrre conoscenza e per costruire una scienza. Per questo, la logica sfocia in
un’epistemologia della conoscenza scientifica.

Premesse e condizioni. Poiché i sillogismi si basano su premesse con termini e proposizioni universali,
bisogna conoscere e chiarire i concetti universali che entrano a far parte delle premesse, fornendone una
definizione. In primis si focalizza sulla definizione della specie. Il genere prossimo raggruppa la specie da
definire in un insieme che contiene il numero più piccolo possibile di altre specie (il genere prossimo di
uomo è animale non essere vivente). La differenza specifica è quella caratteristica che permette agli
individui di una specie di diversificarsi da individui di altre specie presenti nello stesso genere prossimo. La
definizione si può applicare anche sugli universali. Gli unici a non poter essere definiti combinando genere
prossimo e differenza specifica sono i “generi sommi”, ovvero le dieci categorie.

Intuizione e induzione. Noi conosciamo solo l’esperienza individuale, quindi per afferrare il concetto di
pensiero universale bisogna portare l’attenzione sull’intuizione, la capacità di cogliere l’universale, la verità
assoluta. Un esempio è il principio di non contraddizione. Nella concezione scientifica le premesse vengono
definite assiomi mentre le proposizioni teoremi. Aristotele introduce un ragionamento che permette di
passare da premesse particolari a conclusioni universali. È chiamato induzione, si contrappone al sillogismo,
chiamato deduzione. Le conclusioni dell’induzione sono probabili, non necessarie come nella deduzione.

La dialettica. Gli esseri umani hanno spesso intuizioni contrastanti, perciò serve una pratica che ci permette
di risolvere i conflitti tra intuizioni per scegliere le premesse giuste. Questa pratica è chiamata dialettica. Qui
viene ribadito che le nostre intuizioni non sono sempre vere, per cui bisogna metterle alla prova. Da qui
emergono le aporie. Affrontare le teorie rende la dialettica la tecnica peculiare della filosofia. Essa si serve
del sillogismo dialettico, basato su premesse probabili. La dialettica è ciò che ci fa selezionare i vari principi
ottenibile da intuizione e induzione, individuando quelli da cui dobbiamo partire.

4. LA FISICA
Il divenire. Aristotele ritiene che la natura sia il regno del divenire, per cui la fisica aristotelica è la scienza
del divenire. Nella “Fisica”, Aristotele dice che osservando scopriamo che tutto è in trasformazione e che il
divenire è fondamentale. Aristotele è positivo sul divenire, lo considera una trasformazione in cui qualcosa
cambia e altro rimane uguale. Ciò che non cambia è chiamato sostrato che garantisce la realtà e la
conoscibilità del divenire.

La varietà del divenire. Il divenire si presenta in quattro nodi. Il mutamento d qualità, il mutamento di
quantità (crescita o diminuzione), il mutamento di spostamento e l’inizio dell’esistenza di un individuo, la
generazione, e la fine dell’esistenza di un individuo, la corruzione. I primi tre modi si possono spiegare
tramite la sostanza e l’accidente (cambiano gli accidenti e la sostanza è la stessa). Per spiegare il quarto
modo, Aristotele ricorre alla distinzione tra materia e forma. La materia è il sostrato, la sua generazione
indica l’acquisizione di una forma e al contrario la sua corruzione. Quindi la generazione comporta
l’acquisizione in atto di una trasformazione che aveva solo in potenza. Il mutamento e l’attualizzazione di
una certa potenza.

Teoria dei luoghi naturali. Tutti i cambiamenti che avvengono nel mondo sono causati da spostamenti,
riconducibili ai movimenti spaziali o locali. Quello locale si differenzia in rettilineo dall’alto al basso e dal
basso all’alto e in rettilineo circolare. I primi due caratterizzano le sostanze terrestri che hanno come fine il
raggiungimento del loro luogo naturale. Il terzo caratterizza le sostanze celesti, fatte di un quinto elemento,
l’etere.

Spazio e tempo. Per Aristotele lo spazio è l’insieme dei luoghi occupati dai corpi, in cui il luogo è sempre il
luogo di qualche cosa, la porzione dello spazio occupata dall’oggetto. Il luogo deve essere immobile rispetto
all’oggetto che contiene. Il tempo è definito come il numero del mutamento secondo il prima e poi.
Osservando un mutamento percepiamo le sue varie fasi secondo un ordine determinato da precedenza e
successione. Il tempo ordina i mutamenti che osserviamo.

Le caratteristiche del cosmo. La realtà naturale è un unico processo continuo che ha luogo nel cosmo,
spazio privo di vuoti. Per Aristotele il vuoto non esiste perché, in quanto lo spazio è l’insieme dei luoghi
occupati dai corpi, non può esistere un qualcosa senza luogo. Per Aristotele l’infinito esiste soltanto in
potenza, ad esempio l’insieme dei numeri non ha un limite. Oltre che pieno e finito, l’universo è eterno, la
specie che lo popolano non hanno fine.

L’architettura del cosmo. L’universo aristotelico è un’enorme sfera al cui centro sta la terra. Oltre questa
sfera ci sono le sfere concentriche dei cieli. La prima sfera è la Luna, da cui la Terra viene chiamata mondo
sublunare, poi Mercurio, Venere, Sole, Marte, Giove e Saturno. L’ottava sfera è chiamata stelle fisse, limite
esterno dell’universo. Il moto circolare di esse non ha un precedente e un successivo, però, dato che nel
cosmo aristotelico tutto quello che si muove è stato mosso e ogni movimento ha una causa, anche le sfere
celesti devono averla. La soluzione di Aristotele consiste nel rincorrere la sostanza soprasensibile, il motore
immobile, che agisce da fine a cui tendere.

Lo studio delle sostanze viventi. Le sostanze soggette al divenire si suddividono in inorganiche, viventi e
artificiali, prodotti fatti dai viventi. La biologia e la psicologia si focalizzano sulle sostanze viventi. Tutte le
sostanze viventi hanno un’anima per cui studiare l’anima significa studiare la vita. Il De Anima è uno dei
capolavori di Aristotele, in cui intende nutrimento non solo l’alimentazione ma anche la respirazione.
Questo permette alle sostanze viventi di preservare sé stesse. La facoltà della riproduzione permette di
generare altre creature. Questo fa sì che le sostanze viventi abbiano un senso più compiuto delle
inorganiche.

L’anima come forma. La materia di una sostanza vivente è il suo corpo, un organismo munito di parti in
grado di svolgere specifiche funzioni. La forma di una sostanza vivente, il principio di organizzazione dei suoi
organi materiali che ne rende possibile la vita, è la sua forma. Dato che materia e forma si possono definire
atto e potenza, l’anima è “l’atto primo di un corpo naturale che ha la vita in potenza. Il corpo ha la vita in
potenza nel senso che è munito di organi capaci di svolgere funzioni, l’anima trasforma questa potenza in
atto svolgendo queste funzioni. L’anima è il principio di funzionamento del corpo, e studiarla significa
studiare come faccia funzionare la vita tramite le facoltà fondamentali: vegetativa, sensitiva e intellettiva.

Facoltà vegetativa e facoltà sensitiva. La facoltà vegetativa dell’anima presiede al nutrimento e alla
riproduzione. L’anima animale è diversa da quella vegetale in quanto possiede una facoltà sensitiva. La
sensibilità consiste nella capacità di ricevere le forme delle sostanze separatamente dalla loro materia. Per
Aristotele ciò che accomuna gli animali è il tatto. Ci sono animali superiori, hanno tutti i sensi, e inferiori,
hanno solo il tatto. La facoltà sensitiva degli animali superiori deve essere in grado di coordinare le
sensazioni provenienti da diversi sensi e unificarle, questa funzione è chiamata senso comune. L’altezza di
qualcosa è una caratteristica che può essere condivisa da più sensi, appartiene al senso comune, ed è un
sensibile comune. Ciò che viene riconosciuto da un solo senso è un sensibile proprio. La facoltà sensitiva
presiede alla funzione appetitiva, la capacità di avere desideri. La fame e la sete sono i desideri
fondamentali, che spingono gli animali a nutrirsi. In questo senso la funzione appetitiva è connessa alla
locomotoria. Legate alla facoltà sensitiva sono la memoria e l’immaginazione.

La facoltà intellettiva. Mentre la sensazione ci fa conoscere solo realtà individuali, l’intelletto permette di
accedere alla conoscenza degli universali. Questo avviene tramite l’astrazione, che permette di selezionare
dalla memoria e dall’immaginazione solo gli elementi che determinano l’essenza delle cose, elaborandone il
concetto. La concezione che ne risulta si può considerare una forma di empirismo (fa derivare ogni
conoscenza dall’esperienza) e di anti-innatismo (nega che vi siano conoscenze innate che precedono
l’esperienza).

Intelletto passivo e intelletto attivo. Aristotele afferma che l’intelletto è duplice. L’intelletto passivo (o
potenziale) che, anche se separato dalla facoltà sensitiva, ne risulta inscindibile da essa. L’intelletto attivo (o
agente) che è isolato dalle altre facoltà e di sussistere dal corpo. L’intelletto passivo è passivo nel senso che
ha la capacità di cogliere gli universali che si realizzano negli individui ma richiede un agente che gli
consenta di passare in atto, la conoscenza effettiva. Questo agente è l’intelletto attivo, paragonato alla luce.
L’intelletto attivo permette al passivo di cogliere dei concetti che avrebbe soltanto la possibilità di
conoscere, permette la conoscenza degli universali come la luce permette la visione degli individui.

5. L’ETICA E LA POLITICA
L’animale razionale. Per Aristotele l’uomo è un animale razionale. Dato che la forma dell’essere umano è la
sua anima, cui tratto fondamentale è la razionalità, un uomo esiste in senso pieno solo quando la sua
razionalità si realizza. La razionalità è un fine da raggiungere, raggiungibile solo tramite La conoscenza del
buon comportamento e dell’agire consonamente. Ciò che chiarisce queste azioni è l’etica.

Felicità e virtù. Le due nozioni principali dell’etica sono la felicità e la virtù. La felicità è la condizione che
accompagna la realizzazione della propria natura. Nell’uomo, dato che la realizzazione della propria natura è
la razionalità, coincide con l’esercizio della ragione. I modi con cui l’uomo persegue la razionalità sono
identificati come virtù. Le virtù sono disposizioni d’animo, tratti del carattere che fanno fare alcune azioni.
Aristotele dice che le virtù sono potenzialmente nella nostra vita ma vanno sviluppate tramite l’acquisizione
di abitudini, imitando esempi. Le virtù sono capacità pratiche che si apprendono tramite l’esperienza. Gli
uomini virtuosi possono prendere cattive decisioni e avviene quando, praticando la virtù, la volontà non
supporta il sapere. È chiamato acrosia, debolezza di volontà.

Virtù etiche e dianoetiche. Le virtù etiche riguardano il controllo della ragione sugli istinti (facoltà
intellettiva su sensitiva). Le virtù dianoetiche riguardano l’esercizio della ragione. Le virtù etiche servono
per scegliere il giusto mezzo, evitando eccesso o difetto. La giustizia è la virtù etica fondamentale, divisa in
distributiva (giusta distribuzione dei beni alle persone) e regolatrice (regola i rapporti tra le persone e mira
all’equilibrio). Le virtù dianoetiche consistono nella possibilità di cogliere la verità tramite la conoscenza. Le
principali sono la saggezza e la sapienza. La saggezza consiste nell’uso della ragione per prendere decisioni
di vita pratica, la sapienza per la ricerca del sapere. Essere un uomo razionale significa avere un perfetto
equilibrio tra saggezza e sapienza. Gli uomini sapienti vivono di autosufficienza, con una vita paragonabile a
quella divina.

L’amicizia. L’amicizia è il legame dei buoni e dei simili nella virtù, quindi rafforza la virtù. Esistono tre forme
di amicizia, fondata sull’utile, sul piacere e sul bene. Nei primi due l’amico è considerato come un qualcosa
che da vantaggi, durano poco perché una volta cessata l’utilità si tende a liberarci di lui. La vera amicizia è
basata sul bene, in cui l’amico è apprezzato come persona. La vera amicizia è favorita dalla vita comune in
comune con poche ma buone persone.

L’animale politico. Per Aristotele un uomo vive razionalmente solo vivendo politicamente, all’interno di una
comunità. Solo una divinità può esercitare la razionalità senza relazionarsi con gli altri.

Famiglia e Stato. La forma elementare di aggregazione è la famiglia, fatto sociale basato su relazione tra i
componenti. Non costituisce un canto, ma solo lo Stato lo è. Lo Stato è un organismo che esiste per
conseguire un fine, la felicità dei cittadini. Uno Stato esiste pienamente solo se assolve questa funzione. La
politica si occupa di stabilire in quali condizioni uno Stato funziona appropriatamente. Uno Stato deve avere
le giuste dimensioni, per cui lo Stato ideale è la polis.

Le principali costituzione. Lo Stato come organismo deve darsi una propria forma, stabilire un sistema di
norme. Quest’ultimo è chiamato Costituzione, divisa in base al numero di persone a cui si riferisce. Per una
sola persona è chiamata monarchia, per poche persone è chiamata aristocrazia e per molte persone è
chiamata politeia (amministrazione della cosa pubblica). A queste tre forme corrispondono tre forme
degenerate. La tirannide rappresenta la monarchia, l’oligarchia rappresenta l’aristocrazia e la democrazia
rappresenta la politeia.

Cittadini e classi. Lo Stato è una comunità di cittadini. Essi sono tutti gli uomini liberi che abitano nella polis
e che possono dedicarsi alla vita politica. Non sono considerati cittadini i contadini e gli artigiani perché non
hanno il tempo di non dedicarsi alle attività politiche. Lo Stato di Aristotele è suddiviso in un sistema
gerarchico che divide i cittadini in classi in cui ogni individuo ha un ruolo preciso. Se è vero che lo Stato per
essere felice deve essere abitato da cittadini virtuosi e lo sono se educati opportunamente, è vero che una
simile educazione è possibile solo se ci sono ottime condizioni di benessere e sicurezza, compiute da
persone educate a svolgere mansioni pratiche.

6. LA RETORICA E LA POETICA
Linguaggio e persuasione. Il gruppo delle scienze produttive comprende l’ambito della produzione, le varie
tecniche e arti, tra queste si sofferma sulla retorica. Questa è l’arte di usare il linguaggio per costruire
discorsi persuasivi per convincere persone a fare determinate azioni. I discorsi sono gli effetti prodotti
dall’ingegno umano, non sono oggetti concreti ma eventi che accadono in una certa situazione.

Oratore e pubblico. Esistono tre tipi di discorso. Quello deliberativo ha lo scopo si esortare il pubblico a
compiere certe azioni in futuro, quello epidittico ha lo scopo di dimostrare il valore di una persona e quello
giudiziario ha lo scopo di accusare una persona riguardo a particolari azioni. La riuscita di essi si misura in
base agli effetti che produce. Ciò su cui Aristotele si basa sono le reazioni emotive.

Caratteristiche del testo. Nel discorso la forma coordina e tiene insieme le parole del testo. Un buon
discorso deve essere articolato in tre parti. Deve avere un proemio in cui si presenta la tesi da sostenere,
una parte centrale che difende la tesi mediante l’esposizione e l’argomentazione e infine un epilogo che
cerca di produrre un impatto emotivo sul pubblico. La parte centrale comporta l’uso dell’entimema e
l’esempio. L’entimema è una costruzione linguistica che esprime un ragionamento puntando alla concisione.
L’esempio è una descrizione linguistica orientata a far cogliere un tratto universale.

Linguaggio e finzione. La “Poetica” si concentra sull’uso del linguaggio per narrare vicende immaginarie. Si
distinguono due tipi di narrazione, l’epopea e il dramma. L’epopea narra una storia mediante un narratore. Il
dramma, di cui sono esempi le tragedie, narra una vicenda presentando dialoghi e azioni dei personaggi. Le
narrazioni devono avere una forma organica, deve costituire un intero. La narrazione si basa su una vicenda
incentrata su un problema che i personaggi devono affrontare, un nodo. Il principio è la fase in cui si
presenta il nodo, il mezzo è la fase in cui il nodo si stringe e la fine è la fase in cui il nodo si scioglie.

Mimesi e catarsi. Le narrazioni non devono avere solo la forma ma anche un fine. La narrazione ha la
funzione della mimesi, è costruito al fine di imitare le azioni umane. La catarsi indica invece che le narrazioni
hanno la funzione di suscitare emozione nello spettatore facendo si che egli subisca un cambiamento
interiore rilevante.

Il valore dell’arte per la conoscenza. Le narrazioni non si limitano a imitare e purificare ma permettono agli
spettatori di acquisire nuove conoscenze. Per Aristotele l’arte è un’imitazione del mondo concreto e non
un’imitazione dell’imitazione come per Platone. Questo perché per Aristotele il vero essere è innanzitutto
quello del mondo concreto. Per Aristotele l’arte non ha come oggetto il vero, ma il verosimile, ciò che
potrebbe accadere; quindi, fa capire agli uomini cosa potrebbe succedere e cosa potrebbero fare. L’arte
offre una forma di conoscenza intermedia tra la storia e la filosofia. La storia si occupa di quello che accade
effettivamente, la filosofia di quello che può o deve accadere. Quindi l’arte è più filosofica della storia
perché ci sposta dal piano degli individui a quello degli universali.

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