Vita
Aristotele nacque a Stagira nel 384 A.C. e a soli 17 anni diventa discepolo di Platone, entrando
nella sua scuola dove vi rimase per 20 anni, ovvero fino alla morte del maestro. In questo tempo
molto lungo Aristotele riuscì ad apprendere la filosofia del suo maestro e anche per realizzare la
sua personale teoria filosofica, che parte si discosta dalla filosofia del suo maestro, ma in realtà
Aristotele pur avendo creato un suo pensiero filosofico che si distacca dal pensiero di Platone, lui
rimane sempre legato al suo maestro, a cui era molto grato.
Quindi dopo la morte di Platone, lasciò la scuola per trasferirsi ad Asso, e costituire insieme ad altri
due scolari di Platone una piccola comunità platonica, dove incominciò a insegnare e scrivere le
sue opere di biologia.
Nel 342 A.C. Aristotele fu assunto dal re di Macedonia per educare suo figlio Alessandro, quindi
Aristotele insegna al futuro governatore Alessandro che la cultura greca era superiore a tutte le
altre e che grazie a una forte unità politica sarebbe stato possibile conquistare il mondo. Ma le
cose non andarono come sperava Aristotele, perché quando Alessandro salì al potere decise di far
assumere al suo governo la forma di un principato orientale. Per questo Aristotele tornò ad Atene
dopo bon 13 anni al suo servizio, ma mantenne comunque dei buoni rapporti con il re Alessandro,
e questa grande amicizia gli permise di avere molti strumenti per le sue ricerche filosofiche.
Nel 323 A.C. il re Alessandro morì e Aristotele scappò da Atene.
Aristotele morì un anno dopo nel 322 A.C. per una malattia allo stomaco.
Le opere
Le opere di Aristotele si dividono in due gruppi ovvero gli scritti esoterici e quelli essoterici:
-gli scritti esoterici, ovvero scritti scolastici che Aristotele compose come aiuto nell’insegnamento,
come appunti per le sue lezioni, i temi sono: logica, metafisica, fisica, storia naturale, matematica,
psicologia, etica, politica, economia, poetica e retorica;
-gli scritti essoterici, ovvero scritti in forma dialogica e destinati al pubblico dove Aristotele fornisce
in modo più approfondito le sue teorie. Ad esempio: Simposio, Politico, Sofista, Menessene, Grillo
o Della retorica, Protrettico, Eudemo o Dell’anima, Delle idee.
Aristotele dona pari dignità e autonomia a tutte le scienze che hanno una proprio finalità e un
proprio specifico settore di competenza.
Ma la filosofia è la scienza più importante, perché è la scienza che studi l’essere che è oggetto
comune a tutte le scienze, è il collante che tiene insieme e che organizza tutte le scienze
diventando quindi la regina delle scienze, colei che unifica e organizza tutte le scienze.
(esempio del puzzle).
Tipologie di scienze
La Metafisica
L’essere
1. la metafisica “studia l’essere in quanto essere” e abbiamo visto la metafisica ha come oggetto di
studio l’essere
2. l’essere non è per Aristotele univoco. Per univoco si intende che l’essere è sempre uguale in
tutte le sue occorrenze ossia in tutte le volte in cui l’essere è.
3. l’essere non è equivoco perchè, come suggerisce la parola, non è interpretabile ogni volta in
modo diverso a seconda del contesto perché questo genererebbe il caos.
4. secondo Aristotele, l’essere è polivoco perché, come sostiene lo stesso filosofo, “si dice in molti
sensi”.
5. l’essere deve essere concepito in parte in modo univoco e in parte in modo diverso a seconda
del contesto.
Aristotele critica la teoria di Platone perché si chiede come possano le idee, che sono fuori dal
mondo delle cose, ad essere la causa delle cose stesse. Se queste stanno nell’iperuranio come
fanno ad essere la causa delle cose che, invece, stanno nel mondo delle cose?
Secondo Aristotele, invece, la causa delle cose, l’essenza delle cose va ricercata dentro la cosa
stessa, nella sua forma che abbiamo detto essere l’essenza della sostanza. Invece che andare a
ricercare paradigmi trascendenti delle cose che stanno nell’iperuranio, Aristotele cala tutto nel
mondo reale, nella forma ossia nella struttura immanente di ogni cosa.
Questa forte critica nei confronti della filosofia platonica, sancì il distacco di Aristotele dal suo
maestro.
La concezione di Dio
Per Aristotele esiste Dio? Ebbene sì, esiste e lui lo vuole dimostrare attraverso la teoria del
movimento. Tutte le cose del mondo sono movimento e sono mosse da qualcos’altro un po’ come
un effetto a catena.
Quella cosa muove quell’altra che a sua volta muove quell’altra cosa, e via dicendo. Ma non
all’infinito perché, secondo Aristotele, c’è una primo motore immobile che è fa partire tutto il
movimento che è, appunto Dio. Lui è il principio primo di tutto.
Ma com’è il Dio aristotelico? Il filosofo attribuisce a Dio diverse caratteristiche, diversi attributi per
l’appunto:
1. innanzitutto, Dio è atto puro senza potenza. Ti ricordi che abbiamo detto che la potenza è quella
possibilità di dare forma alla materia. Dio è senza questa potenza perché se avesse potenza
dovrebbe essere soggetto al divenire mentre Dio non è soggetto al divenire, Dio è sempre e
comunque, è atto puro e immobile perché non è quindi soggetto ai movimenti delle cose sulla
terra.
2. quindi Dio non ha materia ed è quindi pura forma o sostanza incorporea proprio perché non ha
materia.
3. inoltre, per il fatto che Dio non è soggetto al divenire, egli è eterno ed è la causa di tutti i
movimenti.
Qui, però sorge un problema, o quanto meno è sorto nella testa di Aristotele. Come fa Dio, che
abbiamo detto essere un motore immobile, a muovere le cose del mondo? Aristotele risponde a
questo problema dicendo che Dio non è la causa efficiente (quindi non dà un impulso come un
macchinario) ma è la causa finale ossia lo scopo, l’obiettivo ed è oggetto d’amore. È un po’ come
quando l’oggetto amato, che rimane immobile, determina comunque il movimento dell’amante
che si muove verso l’oggetto amato. c’è quindi una ricerca spasmodica di Dio, un movimento che
spinge il mondo verso Dio. Quindi, nella concezione aristotelica, non è Dio che forma il mondo, ma
è il mondo che, aspirando a Dio, si auto-determina attraverso le varie forme del mondo.
L’obiettivo è sempre quello che dalla materia nasca una forma e che questa forma si muova verso
Dio perché Dio è l’entità perfetta, compiuta, eterna e pura alla quale anelare proprio perché è lì
che c’è la massima forma di intelligenza e di compiutezza perché Dio sa tutto e muove tutto.
La logica
La logica studia le forme del pensiero mentre la metafisica, studia la realtà. Tra queste due c’è un
rapporto necessario ma comunque la metafisica ha la “precedenza” rispetto alla logica.
Ma focalizziamoci sulla logica che studia appunto le forme del pensiero. Queste forme del
pensiero si articolano attraverso i cosiddetti “concetti” che sono gli oggetti del nostro discorso.
Questi concetti si inseriscono all’interno di una scala gerarchica in base alla maggiore o minore
universalità e vengono classificati in base al genere e alla specie.
La specie è il contenuto di un concetto più universale mentre il genere è il contenente di un
concetto meno universale. La specie è un concetto che contiene più caratteristiche ma può essere
riferito ad un minor numero di individui. Invece, il genere ha un minor numero di caratteristiche
ma può riferirsi a un maggior numero di individui. Un esempio è il concetto geometrico del
quadrilatero che è specie rispetto a quello del poligono e genere rispetto a quello del quadrato.
Abbiamo quindi, la comprensione e l’estensione. L’estensione è il numero di individui a cui quel
concetto fa riferimento mentre la comprensione è l’insieme delle caratteristiche di un concetto.
Quindi, scendendo dalla scala gerarchica, in alto troviamo il genere e in basso la specie. Se si
percorresse la scala dall’alto verso il basso, vedremmo un graduale aumento della comprensione e
una diminuzione dell’estensione fino ad arrivare al concetto di una specie, denominata da
Aristotele “specie infima” che ha la massima comprensione e la minima estensione possibile.
questo è l’individuo che è la “sostanza prima” che è da distinguere dalle “sostanze seconde”. La
sostanza prima è la sostanza nel vero senso della parola ed è l’unica sostanza che esiste
primariamente e che, senza di essa, le sostanze seconde non potrebbero esistere.
Il sillogismo
Per spiegare al meglio il sillogismo è doveroso fare subito un esempio. Abbiamo tre frasi:
1. ogni animale è mortale
2. ogni uomo è animale
3. ogni uomo è mortale
Questo sillogismo viene chiamato sillogismo-tipo ed è composto da tre proposizioni: le prime due
sono degli antecedenti della terza che funge da conseguente. La prima è la premessa maggiore
“Ogni animale è mortale”, la seconda è la premessa minore “Ogni uomo è animale” e la terza è la
conclusione “Ogni uomo è mortale”.
La dialettica
Per Platone la dialettica è la scienza più alta che il filosofo utilizza per mettere in discussione i
principi di tutte le altre scienze.
Per Aristotele, invece, la dialettica non solo non è la scienza più alta ma è anche un ragionamento
debole, caratterizzato da un ragionamento razionale ma non dimostrativo. Infatti, al contrario
delle scienze che dimostrano dei principi che sono necessari, la dialettica viene usata per principi
che sono solo probabili e non dimostrabili
Come abbiamo detto, quindi, la dialettica è un ragionamento debole perché deboli sono le
premesse dalle quali si parte per giungere ad una conclusione. Queste premesse sono deboli
perché sono solo probabili e non certe, come invece avviene con le scienze.
E allora perché mettere in atto ragionamenti dialettici? A cosa possono servire se il loro
ragionamento è debole? Secondo Aristotele, i ragionamenti dialettici servono per fare esercizio sul
ragionamento, oltre che per i discorsi politici e forensi.
La retorica
La retorica appartiene al mondo del probabile esattamente come la dialettica perché non è
scientifica. C’è però da dire che la retorica, a differenza della dialettica, tratta anche argomenti al
di fuori del razionale. Infatti, molti dei discorsi della retorica vanno al di fuori dell’ambito razionale
occupandosi, per esempio, anche di sentimenti visto che la retorica non può non tenere conto
degli uditori ossia di coloro che ascoltano il discorso e che sono quelli che vanno convinti del
discorso stesso.
Infatti, la retorica viene utilizzata per produrre discorsi persuasivi ossia che siano in grado di
convincere una o più persone di una determinata cosa e per questo motivo il discorso deve essere
necessariamente ritarato sulla base di chi lo ascolta, ossia dell’uditore o degli uditori. La retorica
viene utilizzata prevalentemente in ambito forense (ossia dagli avvocati) e in ambito politico.
Nella sua teoria sulla retorica, Aristotele si trova al centro tra i sofisti che, avevamo detto, usare la
retorica come persuasione pura, e Platone che invece voleva usare la retorica avulsa dall’inganno
e dalle parole vuote. Ecco Aristotele vuole abbandonare come Platone le parole vuote e
ingannatrici ma, allo stesso tempo, pone l’accento sulla natura debole dei discorsi retorici che,
come abbiamo visto poco fa, non sono scientifici e stanno nell’ambito del probabile e non del
certo.
La fisica
Per Aristotele, esistono 4 elementi chiamati “corpi semplici”: acqua, aria, terra e fuoco. Ogni
elemento ha nell’universo un suo proprio “luogo naturale” che viene determinato dal loro peso.
Al centro del mondo troviamo la Terra che è l’elemento più pesante e poi, attorno alla Terra, ci
sono gli altri elementi che in base al peso decrescente sono: acqua, aria e fuoco. Il fuoco è quindi
la sfera più lontana dove sopra c’è la prima sfera celeste che è la luna.
Secondo Aristotele, il mondo è perfetto perché possiede tutte e tre le dimensioni possibili ossia
altezza, larghezza e profondità. Ti ricordi che il numero tre era considerato il numero perfetto per i
pitagorici. Ecco, Aristotele riprende questa idea così come riprende dai pitagorici il concetto di
finito e infinito. Per il filosofo, il mondo è perfetto perché è finito ossia è compiuto. Come
sostenevano anche i pitagorici, infatti, l’infinito è qualcosa di incompiuto, di incompleto mentre al
mondo non manca nulla. In realtà, secondo Aristotele nessuna realtà fisica è infinita.
Secondo Aristotele, la felicità è il bene sommo al quale ogni individuo aspira e tutti gli altri beni
dipendono dalla felicità. Quando un uomo è felice secondo il filosofo? È felice quando la persona
adempie ai suoi compiti, alle attività che gli competono. E in questo Aristotele si avvicina molto al
suo maestro Platone.
Il compito dell’uomo non è quello di vegetare, quello lo fanno le piante. Vegetare significa
sopravvivere e basta senza uno scopo, senza un fine, senza una meta. E non è nemmeno la vita dei
sensi che l’uomo ha in comune con gli animali. Il compito dell’uomo è quello di vivere secondo
ragione, di usare la ragione e l’intelletto che sono la massima espressione dell’essere umano e che
ci contraddistingue dalle altre specie animali.
Ecco che l’uomo potrà essere felice solo se utilizza la ragione e in questo consiste la virtù umana.
Quindi la ricerca della felicità è una ricerca sulla virtù e passa anche attraverso il piacere che
accompagna l’uomo nelle sue attività.
Per Aristotele, i beni esteriori come la ricchezza, la bellezza e la potenza, sono solo degli aiuti per
essere felici ma non determinano la felicità. Sicuramente sono un grande aiuto ma non sono quelli
che decretano la felicità di una persona.
L’amicizia
Per Aristotele, l’amicizia è una virtù o, quanto meno, è congiunta alla virtù ed è fondamentale per
gli esseri umani tant’è che il filosofo dice che “senza amici nessuno sceglierebbe di vivere, anche se
possedesse tutti gli altri beni”. L’amicizia è quindi indispensabile per l’uomo, è necessaria per dare
un senso alla vita ma è anche una cosa bella.
Aristotele distingue tre tipologie di amicizia. L’amicizia fondata sull’utile, l’amicizia fondata sul
piacere e l’amicizia fondata sul bene.
L’amicizia di utilità è, come suggerisce la parola, è un’amicizia di interesse dove c’è interesse a
stare insieme per un obiettivo che può essere comune oppure di uno solo dei due. Di solito si dice
che, nel gergo comune, che quella è un’amicizia interessata ossia che c’è utilità nell’essere amici. E
questo tipo di amicizia è un’amicizia poco salda, facile a rompersi una volta che l’interesse
svanisce.
Secondo Aristotele, questo tipo di amicizia è tipologie delle persone anziane che hanno bisogno di
amicizie per sopravvivere mentre invece, la seconda amicizia, quella del piacere, è più tipica dei
giovani ma anche in questo caso è un’amicizia volubile, che può rompersi facilmente. In questo
caso non c’è un’utilità ma un piacere condiviso tra le parti che però può improvvisamente svanire
con l’età o modificarsi. Pensa alla tua esperienza, in base anche all’età che hai e pensa alle amicizie
che hai con le quali condividi dei piaceri che possono essere uno sport, un’attività ludica, un
hobby, una passione. magari, tra qualche anno, lo sport che ora pratichi non lo farai più e magari
molte di quelle amicizie che hai intessuto in quel contesto andranno perse. Ecco quelle sono le
amicizie di piacere.
Invece, l’amicizia di virtù è un’amicizia che dura nel tempo, che è stabile perché è fondata sul bene
reciproco ed è un’amicizia che esiste tra persone buone che amano gli altri. e questa amicizia è
ovviamente rara anche perché pochi sono i buoni ossia che amano gli altri a prescindere da un
secondo fine o da una passione. è un’amicizia che si costruisce con il tempo, è molto lenta nella
sua costruzione, ci dice il filosofo.
La politica
Secondo Aristotele, la vita sociale e quindi anche quella politica sono necessarie per l’essere
umano che, come abbiamo già detto in diverse puntate è un essere sociale che ha bisogno degli
altri per poter sopravvivere. Pensa ad un bambino piccolo, come potrebbe sopravvivere da solo.
Ma la stessa cosa vale per noi adulti perché abbiamo bisogno di lavorare all’interno di una società.
Ma la politica è necessaria non soltanto perché ci consente la sopravvivenza, ma anche perché ci
consente di essere virtuoso proprio attraverso il rispetto delle leggi dello Stato. E quindi, in ultimo,
essere felici proprio perché si è virtuosi.
Quindi, la vita sociale e politica è fondamentale tant’è che il filosofo sostiene: “chi non può entrare
a far parte di una comunità, chi non ha bisogno di nulla, bastando a se stesso, non è parte di una
città, ma è una belva o un dio”. (Politica, I, 2, 1253°, 27-30)
Quindi, la costituzione di uno Stato è necessaria sia alla sopravvivenza sia per la felicità dell’essere
umano. Ed è proprio per questo che la comunità politica non può essere costituita da schiavi o da
animali perché non possono partecipare non essendo liberi di scegliere, non potendo esercitare la
ragione che abbiamo detto essere il modo in cui un uomo raggiunge la felicità.
Esattamente come il suo maestro Platone, anche Aristotele distingue tre tipi di Stato: la monarchia
(che è il governo di uno solo); l’aristocrazia (che è il governo dei migliori), e la politìa (che è
l’attuale democrazia ossia il governo del popolo). Poi, però, ci sono anche delle forme patologiche
che nascono quando l’interesse non è più della collettività: è il caso della tirannide (il governo di
un monarca despota, un tiranno); l’oligarchia (che è il governo dei ricchi); la democrazia (in questo
caso Aristotele intendeva la demagogia ossia un governo che tiene in conto solo gli interessi dei
poveri.
Secondo Aristotele, la formula migliore è sicuramente l’attuale democrazia perché questa dà voce
alla classe media.
La concezione di bello
Secondo Aristotele, è bello ciò che adempie al suo scopo, che coincide con la sua forma. Ti ricordi
che in una videolezione dedicata abbiamo parlato della forma e della materia. La materia è ciò di
cui è costituta una cosa, e la forma è l’essenza della cosa. Abbiamo anche fatto l’esempio dell’uovo
che è materia che diventa forma nel pulcino. Secondo il filosofo, il bello avviene quando la materia
diventa forma.
Per esempio, la bellezza nell’essere umano è il raggiungimento dell’età adulto, l’essere diventato
adulto è sua forma.
Bisogna però ora fare una distinzione tra il bello artistico e il bello non artistico, ossia qualcosa che
troviamo in natura. In riferimento al bello non artistico, e quindi, naturale, Aristotele sottolinea
che ci sono delle cose che sono belle sin dal primo sguardo e altre che in apparenza sembrano
disarmoniche o addirittura brutte. In apparenza perché noi le vediamo così perché non stiamo
usando l’intelletto ma solo i nostri sensi. Se usassimo la ragione, allora riusciremmo a scoprire la
finalità di quella cosa e quindi la bellezza di quella cosa anche se in apparenza è ripugnante.
Per quanto riguarda il bello artistico, Aristotele sostiene che l’arte sia un’imitazione di qualcosa
attraverso un mezzo che, nel caso della pittura sono i colori e le forme, nel caso del canto è la voce
e nel caso della poesia è prima la scrittura e poi la voce che legge la poesia. Aristotele non vuole
però svilire l’importanza dell’arte perché, proprio perché è imitazione, rappresenta l’essenza delle
cose e quindi non è soltanto apparenza ma è un modo per conoscere la realtà che è oggetto di
sapere.