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ARISTOTELE CAPITOLO 1

La sua scienza è stata considerata l’enciclopedia del sapere scientifico da cui doveva partire ogni
studio e che non poteva essere messa in discussione.

Nacque nel 384-383 a Stagira, Aristotele rimase orfano e venne mandato a ultimare gli studi
all’accademia platonica. Negli anni dell’accademia, Aristotele non si dedicò solo alla dialettica e
alla retorica ma anche alla epistemologia, all’etica e alla politica.
Dopo la morte di Platone, Aristotele viaggiò fino a giungere alla corte di Filippo di macedonia per
fare da precettore al figlio Alessandro. Tornò ad Atene e fondò il Liceo o Peripato, una scuola che
gestì per circa dodici anni organizzando corsi di logica, fisica, metafisica, etica, politica. Alla morte
di Alessandro Magno nel 323, fu accusato di empietà e fu costretto a rifugiarsi a Calcide dove morì
pochi mesi dopo.

Scrisse due tipi di opere:


- Gli scritti essoterici, testi di carattere divulgativo pubblicati secondo la volontà dio
Aristotele, rivolti al pubblico esterno alla sua scuola.
- Gli scritti acroamatici o esoterici, trascrizioni delle lezioni che teneva o appunti che
utilizzava, non erano pubblici ma riservati ai discepoli della scuola.
Aristotele ritornava spesso nel riprendere i suoi appunti ed è presumibile che li ritoccasse alla luce
della maturazione del proprio pensiero. Il corpus di Andronico di Rodi tende a occultare
l’evoluzione del pensiero di Aristotele. Sono 19 dialoghi o testi che riprendono per lo più il modello
platonico.

Secondo Aristotele non esiste un mondo delle idee separato dal mondo sensibile e non ha
fondamento il dualismo ontologico di Platone quindi l’essere si presenta come un insieme di enti.
Aristotele adotta un metodo d’indagine Analitico, che procede scomponendo un problema nei suoi
elementi più semplici. È un processo induttivo che muove dalle cose più note all’uomo,
ricostruendo su una base empirica la natura di un problema.
L’osservazione della natura dove è convinto che si debbano accettare i dati dell’esperienza
ordinaria ed è insofferente nei confronti di chi ne nega il valore;
lo studio dell’uso comune del linguaggio in cui non sostiene la tesi di una perfetta coincidenza tra
linguaggio e realtà, tuttavia è sostanzialmente convinto che il linguaggio esprime il pensiero, che a
sua volta rispecchia la realtà e quindi l’esame dei nostri pensieri e discorsi sulla realtà può essere
di aiuto per comprenderla;
Con le opinioni generalmente ammesse che prendono il nome di endoxa Aristotele utilizza come
punto di partenza della propria speculazione sia le sue osservazioni che l’opinione che autorevoli o
perché generalmente condivise o perché affermate da soggetti degni di fede.
Aristotele credeva nella filosofia come ideale supremo di vita e come guida dell’intera vita pratica
quindi concepiva la filosofia come ricerca dei principi ultimi della realtà e praticava come metodo
la filosofia della discussione dialettica.

Aristotele perviene a una visione orizzontale dell’essere del sapere dunque tutte le realtà hanno
dignità ontologica e tutti i saperi hanno importanza.
Per Aristotele esistono molteplici scienze differenziate per l’oggetto, il metodo che adottano e il
fine che perseguono. L’insieme delle scienze forma nel suo complesso un’enciclopedia del sapere
che spiega l’essere da ogni punto di vista.
Aristotele ordina le scienze in tre gruppi: le scienze teoretiche come la matematica, la fisica e la
metafisica. Le scienze pratiche come l’etica e la politica. Le scienze poietica come le arti e le
tecniche.
Le scienze teoretiche hanno per oggetto il necessario ossia ciò che non può essere diverso da
come è, e come fine la conoscenza disinteressata ossia che non è volta a fini pratici. Utilizzano un
metodo dimostrativo che consiste nella capacità di riconoscere la relazione necessaria tra un
oggetto e la sua causa. La sapienza è la somma conoscenza teoretica poiché tutti gli uomini
aspirano per natura al sapere.
Le scienze pratiche hanno per oggetto il contingente ossia ciò che può essere diverso da come è, e
il loro fine e guidare l’agire degli uomini al bene dell’individuo e della città. Non possiedono il
rigore scientifico delle scienze teoretiche avendo il contingente come oggetto. Utilizzano un
metodo non dimostrativo che parte dall’esperienza o da ipotesi condivise.
Le scienze poietica hanno per oggetto il contingente e come fine la produzione pratica.si basano su
di un sapere empirico e il loro scopo è procurare all’uomo ciò che la natura non offre ossia i beni
essenziali per la vita.
La metafisica studia i principi primi, la fisica studia gli enti naturali, la matematica studia i numeri e
le forme geometriche, l’etica studia il comportamento dei singoli individui, la politica studia le
forme di vita sociale, le arti si occupano della produzione di opere, le tecniche si occupano della
produzione di oggetti.
La logica non rientra nella tripartizione in quanto studia le modalità con cui il pensiero elabora i
ragionamenti, è il presupposto metodologico in tutte le scienze poiché definisce la forma che deve
caratterizzare qualsiasi discorso.

ARISTOTELE CAPITOLO 2

La dialettica è l’arte di argomentare al fine di prevalere in una contesa verbale. Tutte le


proposizioni sono costituite da una relazione tra un soggetto è un predicato.si tratta di un punto
cruciale della riflessione di Aristotele, in quanto investe non solo la logica ma anche il modo di
intendere l’essere. Il pensiero e linguaggio riflettono la struttura della realtà dove l’essere può
essere analizzato attraverso le parole e un diverso modo di intendere la dialettica implica un
diverso modo di concepire la realtà.

La dialettica consiste in un’operazione divisione dei generi nel loro specie: i termini di genere e
specie sono strumenti che permettono di costruire le gerarchie di idee. Le idee sono disposte in
colonne alla cui base c’è l’idea più particolare mentre in cima si trova l’idea più generale. Il genere
è più esteso della specie E alla base delle colonne c’è l’individuo che è sempre e solo specie,
mentre il termine che si trova alla sommità della colonna è solo genere.

Secondo Aristotele il criterio corretto per classificare i concetti è induttivo: dal concetto più
particolare che è ricavato dall’esperienza, si procede verso quello più universale. Per farlo occorre
chiedersi il che cos’è di un ente ossia quali siano le sue proprietà essenziali e Aristotele dunque è
alla ricerca della definizione delle cose. Con un metodo analitico scompone un dato per
individuare i fattori che lo compongono e in questo modo si individuano i rapporti tra gli enti e di
conseguenza si ricostruiscono le colonne.
Solo in alcune proposizioni il predicato esprime il che cos’è del soggetto, mentre in altre le esprime
caratteristiche accidentali. Quando il predicato appartiene alla stessa Colonna del soggetto,
esprime il che cos’è dell’ente che funge da soggetto; mentre quando il predicato si trova su una
colonna diversa rispetto al soggetto, ne esprime una caratteristica accidentale.
Aristotele si convince che non è possibile giungere a un solo genere che esprima il che cos’è tutti
gli enti quindi non esiste un principio unico a cui tutto possa essere ricondotto. Rintraccia una serie
di generi universali (generi sommi) che chiama categorie ne identifica dieci: la sostanza, la qualità,
la relazione, la quantità, il tempo, il luogo, la situazione, l’avere, il fare, il patire.

La sostanza è ciò che di un ente non muta mai, ciò che è propriamente è primariamente è inteso
come elemento ineliminabile costituivo di ogni cosa per cui lo si distingue da ciò che è accessorio e
contingente. Aristotele individua un’altra distinzione tra sostanze prime e sostanze seconde.
Dal punto di vista linguistico le categorie rappresentano l’insieme dei predicati che possono essere
riferiti a un soggetto; dal punto di vista ontologico le categorie sono in grado di indicare tutti i
modi in cui l’essere può presentarsi.

LA METAFISICA
Le scienze hanno due fondamenti comuni: il metodo in cui organizzano pensieri e discorsi che
oggetto della logica; una scienza che identifica e descrive tali caratteristiche ovvero la medesima
concezione delle caratteristiche generali dell’essere. Questa scienza la indica come filosofia prima
o metafisica.
Secondo l’interpretazione di Andronico di Rodi il titolo metafisica deriverebbe dal fatto che i libri
che la contenevano sarebbero stati collocati materialmente dopo i libri della fisica. Attualmente si
pensa che questo termine risalga ai primi peripatetici e in questo caso il prefisso metà andrebbe
inteso come oltre e indicherebbe la metafisica come scienza che si occupa della realtà non
sensibili, che stanno aldilà del mondo fisico. Aristotele applicò il metodo di partire èndoxa e
raccolse scrupolosamente nel libro I le teorie dei pensatori precedenti: fu così il primo storico della
filosofia.
Aristotele propone quattro definizioni della metafisica: scienza dell’essere in quanto essere,
ontologia; scienza della sostanza, usiologia; scienza delle cause e dei principi primi, aitiologia;
scienza di Dio e della sostanza immobile, teologia.

La metafisica in quanto scienza dell’essere necessariamente scienza della sostanza. Negli endoxa
Aristotele esamina le risposte che i filosofi avevano dato a questa domanda: quella dei filosofi
naturalisti che identifica la sostanza con un codice di materiale; quella di Platone che la identifica
con un principio formale. Aristotele osserva che qualsiasi sostanza individuale presuppone nel
contempo un sostrato materiale è un principio formale. La sostanza è dunque un sìnolo (l’unione
inscindibile di materia e forma che costituisce un’unità e un tutt’uno indivisibile) ossia un insieme
di materie forma.
La materia aristotelica è priva di qualsiasi determinazione, dunque è l’essere dell’essenza;
la forma aristotelica è ciò per cui un ente e ciò che, dunque è l’essenza dell’essere.
Aristotele usa il termine sostanza anche per indicare la forma: la forma e anche la sostanzialità
(essenza) di un ente.

Le sostanze sono sottoposte al divenire e perciò mettere in discussione questo fatto è un non
senso. La spiegazione del divenire è un problema che la filosofia non può ignorare, soprattutto
dopo gli argomenti di Parmenide che lo hanno collegato al non essere.
Aristotele affronta questo tema introducendo i concetti di atto e potenza:
l’atto è ciò che un ente è, qui e ora;
la potenza è la possibilità da parte di quello stesso ente di assumere una nuova forma.
Aristotele specifica che atto e potenza sono termini che possono solo essere colti attraverso
esempi. Come esempio un seme che è innato è ciò che è, appunto insieme; in sostanza è una
pianta. La pianta è di fatto la realizzazione del seme, nel senso che rappresenta la perfetta
attuazione delle potenzialità del seme: per questo Aristotele chiama l’atto entelechia, per indicarlo
come realizzazione della potenza.

La coppia atto/potenza è strettamente collegata a quella materia/forma:


la materia corrisponde alla potenza in quanto è potenzialmente idonea a essere modificata dalla
forma;
la forma corrisponde all’atto perché è un ente è quello che è perfetto della forma che lo
caratterizza.
Gli enti sono un sinolo di materia e forma mentre il divenire consiste nella realizzazione della
potenza di un atto. Il divenire è semplicemente il passaggio da un atto all’altro.
L’atto ha una priorità logica, cronologica e ontologica nei confronti della potenza:
dal punto di vista logico si può conoscere una potenza solo in riferimento a un atto;
dal punto di vista cronologico l’atto di venire prima della potenza;
a livello ontologico deve preesistere un atto perché una potenza si realizzi.

Dovremo avere una pura forma e una pura materia in quanto l’esistenza di un sinolo implica che i
due componenti esistano di per sé; la catena atto-potenza-atto deve presupporre dei termini
estremi, un atto puro è una forma pura.

Aristotele identifica la pura forma che coincide con l’atto puro, con Dio.
La pura materia coincide con la pura potenza: Aristotele lo ammette come concetto teorico ma
nega che possa esistere di per sé, perché gli enti del mondo hanno tutti necessariamente una
forma.

Conoscere un ente significa sempre conoscere le cause necessarie che l’hanno determinato: la
filosofia è un sapere necessario e causale.
Aristotele individua quattro generi di cause:
la causa materiale, ovvero ciò che genera l’ente oppure ciò di cui esso è fatto come il bronzo in
una statua;
la causa formale, come l’essere stava per il bronzo;
la causa motrice o efficiente, ossia ciò da cui proviene l’inizio del movimento o della quiete, la si
ricava osservando il modo in cui le sostanze sono generate o modificate: gli enti naturali si
generano da un altro ente della stessa specie, quelli artificiali sono posti in essere dall’uomo;
la causa finale, ossia ciò in vista di cui avviene il mutamento, ed è evidente per gli oggetti artificiali.
Se la causa finale esiste nell’arte a maggior ragione esisterà in natura. Per Aristotele la natura
tende a un fine.

Le cause possono essere anche:


cause prossime, quelle che in modo più o meno immediato hanno provocato un fenomeno e
consentono al filosofo di acquisire verità che riguarda solo un determinato settore dell’essere,
sono oggetto delle scienze particolari;
cause prime, quelle da cui derivano tutte le altre cause ma che non dipendono da alcuna causa e
chi le conosce sa spiegare l’essere nella sua interezza è la scienza che le ricerca è la metafisica.
Per ognuno dei quattro generi di principi si dovrà trovare una causa che non dipende da altre
cause ossia la causa prima.
La causa prima materiale; è costituita da cinque elementi ossia terra aria acqua fuoco e Vetere li
compongono tutto ciò che esiste nell’universo;
La causa prima formale è l’essenza di ogni specie di ente ed è ciò che la differenzia dalle altre
specie;
La causa prima finale è la realizzazione perfetta della forma propria dell’ente;
La causa prima motrice ha come ricerca la condotta nel provare l’esistenza di una sostanza
immobile: il principio primo del movimento deve essere qualcosa che muove senza essere mosso
ossia un motore immobile.
Il discorso sulle cause sfocia in un altro tema: la sostanza immobile ossia Dio.

La metafisica conduce a definire la sostanza soprasensibile come motore immobile perfetto,


immateriale ed eterno.
Questa realtà soprasensibile si configura come un motore immobile e se è immobile è sottratto al
divenire, ovvero è una realtà perfetta, compiuta: non ha cioè potenze da realizzare, è atto puro.
La potenza coincide con la materia, questo principio sarà pura forma ossia immateriale.
In quanto immobile, non ha né inizio né fine, ed è eterno.

Il motore immobile provoca il movimento come causa finale del moto dei cieli e del divenire della
natura. Come l’oggetto d’amore muove l’amante, il motore immobile muove i cieli.
I cieli sono dotati di una sorta di intelletto, ossia un’anima che ammira la perfezione del motore
immobile e si muove in modo che più assomiglia all’immobilità, ovvero il moto circolare.
I cieli sono i motori mobili del mondo fatto di sostanze corruttibili.
Essendo il pensiero immateriale, la sostanza immobile e pensiero, un pensiero che pensa
all’oggetto più perfetto, ovvero se stesso.
Il primo motore immobile è quindi pensiero di pensiero.
Questo pensiero perfetto li conferisce puro piacere, vale a dire beatitudine.
Le qualità che sono attribuite al motore immobile sono quelle tipiche dell’idea: ossia il motore
immobile, il materiale, eterno, beato, puro atto e pura autocoscienza, è un essere divino. La
metafisica che lo studia si configura come teologia.

Aristotele concepisce il divino sia rispetto alla religione greca che a quelle monoteiste in modo
diverso:
l’esistenza delle divinità è dimostrata per mezzo della ragione;
non esiste un solo Dio, ma tanti esseri divini quante sono le sostanze immobili che a loro volta
sono tante quanti cieli;
Dio è persona: ovvero sostanza individuale fornita di ragione in quanto intende (pensando) e vuole
(infatti è beato);
Dio non ha creato il mondo perché non è la sua unica causa: Dio e come generale di un esercito,
responsabile del suo ordine ma non della sua esistenza;
Dio non provvede al mondo, in quanto non interviene attivamente su di esso.
Il primo motore immobile non è identificabile con il Dio della Bibbia.
Aristotele ha delineato l’idea di un Dio personale dotato di pensiero e volontà, che sarà funzionale
alle esigenze delle grandi religioni monoteiste nel momento in cui costruiranno la loro teologia
come il cristianesimo.
LA FISICA E LA MATEMATICA
La matematica indaga gli enti sensibili e separa per mezzo del pensiero gli aspetti quantitativi degli
enti dalla materia che costituisce; in questo modo definisce i concetti come punto, linea, volume,
superficie e numeri. Aristotele precisa la consistenza ontologica dei concetti matematici e
geometrici: sono caratteri degli enti ma non esistono come realtà separate.
La fisica studia le sostanze immobili in quanto caratterizzate da materia e movimento e
comprende anche la cosmologia, la psicologia, la biologia.
La fisica aristotelica pretende di spiegare perché la natura è organizzata in un certo modo e
individua la risposta in un’interpretazione finalistica del mondo.

Il movimento coincide con il divenire e può manifestarsi in varie forme:


Movimento sostanziale che indica la generazione o la corruzione, praticamente a seguito di un
movimento urente perisce e assume una nuova forma, come quando il tronco diventa cenere a
causa del fuoco;
Movimento qualitativo, ovvero l’alterazione;
Movimento quantitativo, l’aumento o la diminuzione;
Il movimento locale, che indica lo spostamento di un corpo.
Il movimento locale rappresenta il movimento in senso proprio e si può presentare in tre forme:
Movimento circolare, cioè intorno al centro dell’universo;
Movimento dal basso verso l’alto, cioè a partire dal centro dell’universo;
Movimento dall’alto verso il basso, cioè verso il centro dell’universo.
Il movimento è la via attraverso cui ogni ente tende alla realizzazione della propria essenza ossia la
via attraverso cui la potenza si realizza nell’entelechia.

Ogni ente tende a raggiungere il luogo più confacente alla sua essenza ossia il suo luogo naturale.
I quattro elementi compongono tutti gli enti terrestri, mentre i cieli sono costituiti da un quinto
elemento ossia l’etere.
Gli enti tendono verso il loro luogo naturale e ciò consente di distinguere tra:
moti naturali, quando il movimento è indirizzato verso il luogo naturale dell’ente;
moti violenti, quando contrasta la tendenza dell’ente verso il suo luogo naturale.
I moti naturali possono essere ulteriormente distinti in rettilinei e circolari:
i moti rettilinei sono quelli attraverso cui si realizza la generazione, l’alterazione, l’aumento la
diminuzione, ossia trasformazioni proprie degli enti mondani e questo movimento caratterizza
tutti gli enti costituiti dei quattro elementi;
il moto circolare è perfetto perché non ha né inizio né fine ed è dunque proprio di un elemento
perfetto e incorruttibile ossia l’etere che costituisce i cieli.

Aristotele ritiene che l’universo sia perfetto come dimostra il fatto che è uno, sferico ed eterno:
è uno (quindi unico) in quanto costituisce il tutto, ossia l’intero;
è un enorme sfera, costituito a sua volta le altre sfere concentriche;
è eterno: Aristotele non ritiene che ci sia una generazione del mondo quindi l’universo è
ingenerato e non ha né inizio né fine.al di fuori dell’universo non esiste alcun che nemmeno lo
spazio e il tempo. Questi sono alla misura del movimento, rispettivamente secondo il luogo (limite
del corpo) e secondo il prima e il poi. Non esiste il vuoto in quanto lo spazio è sempre l’uomo, cioè
spazio occupato da qualcosa.
In quanto perfetto l’universo è anche finito, poiché l’infinito è sinonimo di imperfezione, di
indefinito.
L’infinito è solo una realtà potenziale ma non può concretizzarsi in nessun ente.

L’universo aristotelico è geocentrico risulta diviso in due zone qualitativamente diverse:


il mondo terrestre o sublunare costituito da quattro elementi;
i cieli costituiti dall’etere.
I corpi celesti ruotano intorno alla terra secondo un moto circolare.
I cieli sono la causa motrice del mondo sensibile e determinano le stagioni in cui si situa il ciclo
vitale delle cose, ossia la loro generazione e corruzione.
Il bene desiderato dei cieli è il primo motore immobile-Dio dando origine al movimento, infatti i
cieli, attratti dal primo motore immobile, si muovono secondo un moto circolare e comunica il
movimento al mondo sensibile.

LA FISICA: PSICOLOGIA, GNOSEOLOGIA E BIOLOGIA

L’anima è la causa formale degli esseri viventi e la psicologia è intesa come la scienza dell’anima.
Aristotele vuol dire che:
Il corpo è capace di vivere grazie all’anima e quando questa situazione cessa, si ha un cadavere;
L’anima è tutt’uno con il corpo, infatti ne è la forma, che con la materia crea un sinolo inscindibile.

Nel de anima Aristotele esamina le funzioni vitali delle sostanze viventi al fine riconoscere i diversi
tipi di anima e loro caratteristiche:
Tutti gli esseri viventi si nutrono e si riproducono e si ha la forma più elementare di anima, quella
vegetativa;
Gli animali sono in grado di percepire di compiere spostamenti di luogo, si ha l’anima sensitiva;
Solo gli uomini pensano e agiscono in base al pensiero: solo essi possiedono l’anima intellettiva.
Le anime di tipo superiore sono in grado di svolgere anche i compiti propri di quelle inferiori infatti
l’uomo possiede solo quella intellettiva.
L’anima sensitiva e quella intellettiva possiedono una facoltà appetitiva, che si manifesta
rispettivamente come desiderio sensibile e razionale. Il desiderio è ciò che muove gli esseri viventi,
spingendoli ad agire per guadagnarsi ciò che ritengono sia un bene. Dunque l’anima è anche causa
motrice.

Le capacità gnoseologiche dell’uomo si articolano in tre momenti:


La sensazione permette di percepire la forma sensibile dei gesti attraverso gli organi sensoriali ed è
descritta come passaggio dalla potenza all’atto. Aristotele afferma la necessità di un senso
comune, cioè di una funzione che consente il coordinamento delle sensazioni quando si hanno più
percezioni contemporaneamente o relative a fenomeni che non sono riconducibili a nessun senso;
La facoltà dell’immaginazione consente di conservare delle immagini del percepito e l’esperienza è
proprio il prodotto dell’accumularsi di queste immagini e la memoria;
L’intelletto astrae da ogni realtà la sua forma intelligibile, ossia il concetto. Ha la capacità di
percepire l’essenza degli oggetti.
La conoscenza si forma attraverso un processo induttivo e Aristotele respinge la contrapposizione
platonica tra conoscenza sensibile e conoscenza razionale.

L’anima è una tabula rasa poiché Aristotele ritiene che non vi siano in essa conoscenze innate
perché tutto deve essere appreso attraverso l’esperienza.
Aristotele distingue la capacità di apprendere e l’effettiva apprensione:
La prima è costituita dall’intelletto passivo, ovvero l’intelletto in potenza ossia la capacità
dell’intelletto di assumere le forme intellegibili delle immagini memorizzate;
L’intelletto produttivo o attivo è la causa motrice della conoscenza ed è necessario infatti che vi sia
un atto in grado di realizzare con contemporaneamente la potenzialità dell’intelletto passivo delle
immagini dell’oggetto; Aristotele paragona l’intelletto attivo alla luce che è visibile all’occhio i
colori.

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