Allora, quello che sappiamo dell’aspetto di Augusto è grazie a varie fonti,prima fra queste Conoscenza per Aristotele
Partendo da Parmenide possiamo individuare un ‘analogia con Aristotele nel fatto che entrambi riconoscono
l’importante ruolo che giocano l’intelletto e la ragione per la conoscenza intesa dal filosofo eleatico come
vera. Tuttavia vi sono diverse differenze fra i due come il fatto che Parmenide rinnega completamente la
conoscenza sensoriale attribuendola a chi percorre la via della notte e si lascia abbagliare da opinioni fallaci.
(Inoltre tale sapere risulta accessibile ai più e non a tutti.)
Prendendo in considerazione un altro filosofo che ha trattato di gnoseologia cito Democrito. Egli, proprio
come Aristotele, rivaluta molto la conoscenza sensibile considerandola come punto di partenza per quella vera
e propria. Democrito ritiene che la conoscenza parta dalla percezione delle cose attraverso i sensi. Essa
avverrebbe mediante atomi piccolissimi che, staccandosi dall’oggetto e colpendo i rispettivi organi nel
soggetto , ne provocano le sensazioni e si organizzano nella precisa forma degli eidola o effluvi atomici.
Inoltre anche lo stadio successivo che prelude il pensiero deriverebbe dalla penetrazione in noi delle immagini
degli oggetti. Perciò possiamo affermare che la conoscenza per Democrito avvenga attraverso un metodo
induttivo ( part, generale). Tuttavia, lo stesso Aristotele riprende questa teoria, nel De sensu, criticandolo per
il fatto che riconduca l’attualizzazione della potenzialità dell’organo sensibile ad un contatto meccanico
quando invece è una grazie ad un mezzo finalizzato ad una recezione da parte della psyche. Oltre Democrito,
Lo Stagirita rivolge questa obiezione alla maggior parte dei fisiologi ,che non avendo una concezione di realtà
non materiale, ricorrevano all’idea di un’ unione effettiva fra soggetto e oggetto senza mai discostarsi da
termini meccanicistici del 5 secolo.
Andando avanti nel tempo ritroviamo Socrate che vede la conoscenza come primato della riflessione
individuale. Per Socrate infatti ogni conoscenza è vana se non viene ricondotta alla propria autocoscienza, a
quella voce dell'anima dotata di consapevolezza.La vera sapienza secondo lui nasce dal conoscere se stessi;
una tale conoscenza però non è insegnabile, né trasmissibile a parole, perché non è una tecnica. Il maestro
può solo aiutare l'allievo a partorirla da sé. Possiamo ritrovare il valore etico della conoscenza anche in
Aristotele dato che questa culmina in un’esperienza contemplativa, tipica di un sapere fine a sé stesso,
l'essenza della saggezza.
Analogamente ad Aristotele anche Platone riprende in parte l’esperienza sensibile. Secondo lui, tuttavia i
sensi servono a risvegliare in noi il ricordo delle idee, ossia di quelle forme universali con cui è stato plasmato
il mondo e che ci permettono di conoscerlo perciò per lui conoscere sarebbe un processo di reminiscenza di un
sapere già all’interno in noi. Se però per Platone conoscere vuol dire ricordare non è lo sesso per Aristotele.
La differenza sostanziale fra le due concezioni risiede nel fatto che mentre Platone predilige una forma di
innatismo, Aristotele è anti-innatista ed empirista dato che non concepisce conoscenze anteriori
Anche con Platone la conoscenza resta un'esperienza dal valore essenzialmente etico, poiché riguarda la
decisione dell'anima di accostarsi alla visione del Bene risvegliandone in sé il ricordo.
il
grande storiografo e biografo del suo tempo, Svetonio, nell’opera “Vite dei dodici Cesari” ha infatti descritto non solo
lui ma uno per uno, gli imperatori romani che l’hanno preceduto, da Cesare a Domiziano. LUI è una fonte attendibile
perché è oggettivo e inserisce anche eventuali difetti e aspetti negativi.
Dunque, stando a quanto racconta quest’ ultimo, Ottaviano Augusto era un ragazzo dall’aspetto piuttosto minuto dato
che usava portare scarpe rialzate ma,molto ben proporzionato e gradevole alla vista. In merito al volto,beh, aveva dei
lineamenti delicatissimi che lui definisce quasi femminili infatti dall’espressione non traspariva l’immagine di virilità
dell’epoca. Sulla fronte gli ricadevano i capelli biondi e lievemente ondulati che gli incorniciavano il volto insieme a
delle sopracciglia espressive ma probabilmente unite. Al centro del viso culminava il suo naso lievemente all’in giù
ma ciò che si notava a primo impatto di Augusto erano gli occhi: color azzurro intenso come il cielo che ispiravano
serenità e determinazione.
Quanto al carattere, Svetonio ci racconta che non fosse particolarmente vanitoso e non dava molto peso né
all’acconciatura né al modo di vestire tanto che quando doveva andare dal barbiere passava il tempo a leggere. Questa
caratteristica, ci viene detto,l o allontanava dal suo predecessore Giulio Cesare che curava meticolosamente il suo
aspetto rivelando una particolare attenzione per l’estetica.