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La prima costruzione del Pantheon venne iniziata nel 27 a.C. da Marco Vipsanio Agrippa
(63 a.C. – 12 a.C.) che ne affidò la realizzazione a Lucio Cocceio Aucto e la costruzione fu
terminata nel 25 a.C. Successivamente, nel 110 d.C., il Pantheon di Agrippa venne
completamente distrutto a seguito di un incendio generato da un fulmine e fu poi
integralmente ricostruito dall’imperatore Traiano e terminato dal suo successore Adriano.
Il Pantheon è uno dei monumenti più
interessanti a livello storico ed
architettonico che si può ancora visitare
oggi nel centro di Roma. È la più
importante testimonianza del grande
Impero Romano, oltre che l’edificio
meglio conservato. La cupola, in
particolare, è il punto fondamentale
dell’intero edifico.
Essa rappresenta infatti, con i suoi 43,30m di diametro, l’elemento architettonico principale
dell’edificio, perché sorregge l’intera struttura grazie alla sua forma semisferica e al
materiale utilizzato, il calcestruzzo (un impasto che in età romana era costituito da calce,
pozzolana, acqua e pietrisco) nella cui composizione, via via che ci si avvicina alla sommità,
sono presenti materiali sempre più leggeri (dal travertino iniziale fino alla leggerissima
pomice nella parte più alta).
Esternamente, la prima sezione
della cupola non è visibile in quanto
coperta dalle sette cornici cha hanno
lo scopo di compensare le spinte
orizzontali della costruzione
emisferica. Internamente, alla stessa
altezza è invece ben visibile la
curvatura della cupola, evidenziata
dai cassettoni che percorrono
l’intero diametro, 28 per ognuno dei
5 anelli.
Un oculo zenitale, del diametro di
quasi 9 metri, costituisce l’unica fonte di luce per il grande vano circolare. Esso è circondato
da una cornice in bronzo con dei tegoloni, che si protendono fino all’interno. L’occhio del
Pantheon è il foro che da luce alla torre. La luce del sole, infatti, passando dall’occhio è in
grado di illuminare le pareti, ricreando uno spazio illuminato lungo la base davvero
sorprendente.
La cupola è dotata di un oculo per varie
ragione tecniche e religiose. Ad esempio,
nell’immaginario di Adriano ciò che si
voleva ricreare era un monumento che in
tutto ricordasse il globo terrestre e gli altri
pianeti del sistema solare, ma era pur
sempre un’opera rivolta a tutti gli dei.
L’oculo rappresentava quindi l’occhio
attraverso cui le divinità potevano vegliare
sugli esseri umani. Quest’idea della forza
divina è rafforzata dalla luce che entra
prepotente all’interno dell’edificio.
CUPOLA DELLA
BASILICA DI SAN
PIETRO
Progettata dal celebre architetto e scultore Michelangelo
Buonarroti (1475-1564) a partire dalla fine del 1546, la
cupola fu interrotta alla sua morte, nel 1564, all’altezza
del tamburo. Dopo poco più di venti anni dalla sua
morte, il 19 gennaio 1587 Giacomo della Porta, assistito
da Domenico Fontana, ricevette da papa Sisto V
l'incarico di completare la cupola, riuscendo nell'impresa
in meno di due anni (1588-1590) e l’atteso evento fu
celebrato con una messa di ringraziamento e con fuochi d’artificio.
Durante il pontificato di Clemente VIII (1592-1605) venne completata la costruzione della
lanterna e la cupola venne rivestita con lastre di piombo. Il 18 novembre del 1593 venne
collocata sulla cuspide del lanternino la grande sfera in bronzo dorato sormontata dalla
croce, opera di Sebastiano Torrigiani. Infine,
Clemente VIII volle ricordare in un’iscrizione
sull’anello di chiusura della lanterna all’interno della
basilica quest’opera magnifica dedicata alla gloria di
San Pietro dal suo predecessore: “S. PETRI
GLORIAE SIXTUS PP. V. A. MDXC PONTIF. V”
(“A gloria di San Pietro, papa Sisto V, nell’anno
1590, il V del suo pontificato”).
Rispetto al progetto originario di
Michelangelo, la cupola ha una forma ogivale,
quindi più slanciata verso l’alto. L’imponente
struttura a doppia calotta si eleva su un
basamento diviso in tre parti sul quale si
impostano gli otto contrafforti del tamburo
costituiti da doppie colonne che inquadrano le
finestre, con timpani triangolari e semicircolari
disposti in maniera alternata. L’attico che
sovrasta la trabeazione, sostenuta dai
contrafforti aggettanti, è decorato da pannelli
con festoni vegetali, mentre alla base di ogni nervatura della cupola sono scolpiti i tre monti
simbolo dello stemma di Sisto V.
La lanterna è costituita da colonne binate su un alto basamento nella parte inferiore, mentre
da volute nella parte mediana e da candelabri nella parte superiore. Infine, la cuspide con la
sfera di bronzo e la croce slanciano verso l’alto l’intera struttura, di una solennità unica.
L’altezza da terra della cupola di San Pietro, se si considera anche la croce, è di ben 130,30
metri.
La decorazione interna della cupola è
spettacolare, realizzata secondo la tecnica del
mosaico, proprio come la maggior parte delle
raffigurazioni presenti nell’edificio, e venne
eseguita per volontà di papa Clemente VIII; essa
presenta scene col Cristo, i papi, i Santi e gli
apostoli. Infine, la scalinata che permette di
raggiungere la cima è stata realizzata in cotto
ferentinante, con un particolare disegno a listoni.
Dall’alto della cupola di San Pietro si può infine
ammirare tutta la bellissima città di Roma. Per
arrivare in cima della cupola, però, bisogna salire
537 gradini.
La cupola di San Pietro costituisce il simbolo
della Chiesa di Roma alla quale continuano a
giungere ogni giorno numerosissimi pellegrini
e visitatori provenienti da ogni parte del
mondo; inoltre è patrimonio culturale
dell’umanità e icona di Roma.
Piccola curiosità: sembra impossibile ma la
sfera in cima alla cupola è abitabile, vi
possono entrare poco più di 10 persone e fino
agli anni ‘50 si poteva visitare arrampicandosi
su una scaletta e passando per uno stretto ingresso.
CUPOLA DELLA CAPPELLA DELLA
SACRA SINDONE
Sin da quando la Sindone fu trasferita da
Chambéry a Torino nel 1578 per soddisfare la
richiesta di pellegrinaggio del cardinale di Milano,
Carlo Borromeo, il problema di una sede degna
per la preziosa reliquia fu al centro delle
preoccupazioni della dinastia sabauda. La
cappella, costruita a Torino alla fine del XVII
secolo, fu commissionata a Carlo di Castellamonte
dal duca Carlo Emanuele I di Savoia al fine di
conservare la preziosa Sacra Sindone che la nobile
famiglia sabauda custodiva da qualche secolo.
Il progetto originale venne modificato da Amedeo
di Castellamonte, figlio di Carlo, e dallo svizzero
Bernardino Quadri, che abbandonò la forma
dell’ovale a vantaggio di una rotonda sopraelevata,
posta al livello del piano nobile del palazzo ducale
e affacciata verso l’interno del duomo, oltre la
parete sfondata del coro: raggiungibile attraverso
due rampe di scale, la cappella diventava così il principale fulcro prospettico della chiesa.
Successivamente il progetto della Cappella della Sindone fu affidato all’architetto e monaco
Guarino Guarini, che dal 1666 si trasferì nella città sabauda. Dall’anno successivo Guarini
iniziò a lavorare alla cappella adottando il progetto a forma rotonda di Quadri. Egli apportò
qualche modifica ad alcune strutture focalizzandosi soprattutto nel rinforzo delle pareti. La
vera rivoluzione del progetto di Guarini fu però la cupola, alleggerita e con uno slancio
verso l’alto, composta da sei livelli di archi degradanti verso la sua sommità, creando
l'effetto ottico di una sua maggiore altezza. Gli archi, memori dell'eredità gotica, sono
strutture leggere da cui entra la
luce. Sopra la base si innalza un
tamburo in mattoni a pianta
poligonale con 6 grandi finestroni
ad arco, incorniciati da lesene e
protetti da un tetto che
morbidamente si adagia sugli
archi. Al di sopra vi è una
copertura a cappella sorretta da
costoloni su cui sono installate
numerose urne in pietra.
L’insolita struttura voltata, completata nel 1683, prende la forma di una specie di canestro
rovesciato scorciato verso l’alto, dove, sospesa a mezz’aria, una grande stella lapidea a
dodici punte filtra la luce proveniente dalla lanterna. La superficie lapidea dell’interno, in
marmo nero venato di grigio, è intessuta da una fitta trama di segni allusivi, dai capitelli
bronzei con i simboli della Passione delle paraste dell’ordine maggiore ai chiodi che
disegnano la faccia degli arconi del bacino d’imposta. I colori scuri dei marmi evocano il
sepolcro, per il tradizionale significato simbolico del colore nero con la morte. Il marmo si
fa via via più chiaro con l'elevarsi della cupola e questo effetto di evoluzione dal nero
mortuario alla luce della vita è sottolineato ed enfatizzato dalla luminosità naturale dovuta
alle aperture ad arco.
Dal 1694 fino agli inizi degli anni Novanta del XX secolo, la Cappella della Sacra Sindone
ha custodito il prezioso lenzuolo, attualmente conservato nel transetto della Cattedrale di
Torino. E fu inoltre dichiarata patrimonio mondiale UNESCO dal 1997.
EDEN PROJECT
L'Eden Project è un magnifico complesso botanico e centro
per i divertimenti che sorge a pochi chilometri dalla costa
meridionale della Cornovaglia, in Inghilterra. Con il progetto
Eden si è deciso di realizzare delle attività di educazione
ambientale all’interno della serra più grande al mondo. Spesso
chiamato “l'ottava meraviglia del mondo”, è una delle
attrazioni più popolari in Gran Bretagna con oltre 100mila
piante provenienti da tutto il mondo, spazi interni dedicati
all’educazione ambientale e più di due milioni di visitatori
all’anno.
La struttura si erge su una ex cava di caolinite, un derivato
dell’alluminio, ed è composta da una sequenza di otto cupole geodetiche interconnesse, che
si estendono per 23 mila metri quadri. La parte principale della struttura è quindi costituita
da queste grandi cupole che proteggono
due biomi, cioè ambienti che simulano le
condizioni climatiche di diverse zone della
Terra: più precisamente, un habitat
mediterraneo e una foresta pluviale. La
serra più grande è la “Rainforest”, dove
vengono riprodotte diverse zone
climatiche con la rispettiva vegetazione.
Lungo il percorso si nota che più si sale in
altezza e più diventa caldo tanto che lungo
la strada ci sono postazioni per le bevande
e “stanze fredde” nel caso in ci qualcuno si sentisse male.
Nell'ottobre 2014, all'interno del Bioma tropicale
è stata installata una mostra dal titolo "I popoli
della foresta tropicale", che raccoglie le
straordinarie immagini dei popoli indigeni.
L'Eden Project ha collaborato con Survival
International, il movimento mondiale per i diritti
dei popoli indigeni, per portare la mostra in
Cornovaglia, e ricordare così ai visitatori che “circa 200 milioni di indigeni dipendono dalle
foreste per sopravvivere”.
Al chiuso c'è anche un capannone con la simulazione di un viaggio nel sistema solare, una
stanza per pianeta/stella con ampie spiegazioni; molto interessante.
Oltre alle otto cupole del complesso, nel 2005
si è deciso di realizzare anche un’altra struttura
da dedicare alle attività didattiche, chiamata
“Core”. In questo edificio si trovano aule e
spazi espositivi progettati col fine di
comunicare ai visitatori il rapporto che c’è, che
c’era e che ci dovrebbe essere tra l’uomo e la
natura.
Le attività didattiche non si concentrano però
solo all’interno del Core, ma anche nel
giardino esterno che occupa il 75%
dell’intera superficie del complesso e dove si
trovano quasi duemila differenti tipi di
coltivazioni. Vi sono anche splendidi giardini
esterni con flora autoctona (è anche presente
un modello di ape gigante), sculture, attività
didattiche e molto altro.
Anche nella scelta della forma di questa
costruzione si è deciso di rispecchiare il forte
legame che Eden vuole avere con il mondo naturale: Grimshaw infatti, l’architetto che si è
occupato della progettazione, ha scelto per il tetto in legno di prendere ispirazione dal
mondo vegetale, dandogli una struttura fillotassica, che ricorda delle spirali derivate dal
modello di crescita delle piante.
Inoltre, le risorse che il complesso utilizza sono tutte ricavate cercando di non gravare sulle
risorse esauribili, ma cercando di ottimizzare le risorse naturali come acqua piovana e Sole.
Per esempio le enormi quantità di acqua necessaria per creare le condizioni di umidità del
Bioma tropicale sono tutte ricavate sterilizzando acqua piovana che altrimenti andrebbe
dispersa nell'ambiente senza essere utilizzata. L'elettricità che il complesso non può
generare ma deve acquistare dalla rete, proviene da un impianto eolico in Cornovaglia.
Dal 2001 in poi l'Eden Project ha
ospitato centinaia di avvenimenti,
concerti ed esibizioni di artisti
internazionali e no, arrivando a
essere conosciuto nel mondo.
L'evento più importante venne
ospitato il 2 luglio 2005 durante il
quale si esibirono decine di artisti
mondiali. Il complesso è stato usato anche come location per le riprese del film del 2002 di
James Bond, “Die Another Day”. Inoltre, dal 2002, l'Eden Project ospita una serie di
spettacoli musicali, chiamati “Eden Sessions”. Nel 2009 anche gli Oasis svolsero lì un loro
concerto. Dal 2005, da novembre a febbraio, è a disposizione una pista di ghiaccio. Dal
dicembre 2009, è anche possibile visitare gran parte del complesso tramite internet.