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Il Rinascimento:
Gli umanisti usarono l’espressione Rinascimento per indicare l’epoca che va dal ‘400 alla metà del ‘500 per
determinare un’epoca nuova rispetto al Tardogotico. Maggiori esponenti furono: Brunelleschi, Masaccio e
Donatello che elaborarono e rappresentarono una nuova visione del mondo grazie:
• Al Recupero dell’Antico attraverso lingue e testi classici;
• All’introduzione della Prospettiva centrale attribuita a Brunelleschi e sperimentata per la prima volta di fronte
al Battistero di San Giovanni (Firenze).
Questo metodo, è basato sull’individuazione del punto di vista (dove si trova l’osservatore), e sul punto di fuga
(dove convergono tutte le linee parallele).
In contrapposizione alla prospettiva centrale in Italia, troviamo la prospettiva empirica (basata sui sensi che
percepiscono) nel Nord Europa usata dai Fiamminghi. La profondità viene rappresentata non in modo
geometrico ma è basata sull’osservazione. Le opere fiamminghe sono più ricche di dettagli facendole apparire
più complesse rispetto a quelle del Rinascimento Italiano.
Un confronto tra Madonna del Cancelliere Rolin (Jan Van Eyck) e
Annunciazione (Beato Angelico) mostra la differenza tra
l’esuberanza del naturalismo fiammingo e il razionalismo della
pittura fiorentina. Nel Rinascimento, si è alla ricerca di un modello
di perfezione. L’Uomo Vitruviano (Da Vinci), è una sorta di
Manifesto del Rinascimento che rappresenta la figura umana al
centro e misura di tutte le cose.
Ghilberti e Brunelleschi:
Nel 1401, l’Arte di Calimala decreta un concorso per la
Madonna del Cancelliere Rolin Annunciazione
realizzazione della Porta Nord del Battistero di San Giovanni.
Ogni artista, doveva realizzare una formella rappresentante il
Sacrificio di Isacco. Parteciparono al concorso Ghilberti e
Brunelleschi.
• Ghilberti: (vincitore del concorso) rappresenta la scena come se
fosse un’istantanea: blocca i personaggi mettendo la scena in
pausa. Riprende la scultura classica come si nota dal bassorilievo
che decora l’altare su cui è inginocchiato Isacco, il nudo del
giovane, la morbidezza dei panneggi. L’osservatore s’incentra sui
dettagli dell’opera più che sulla tragicità della scena.
• Brunelleschi: le forme sono più sinuose e non s’incentra sulla Formella Ghilberti Formella Brunelleschi
basamento ma fu smantellato nella seconda metà del ‘500 (ne rimane una traccia
iconografica nella Pala di San Zeno di Andrea Mantegna). Fulcro dell’opera è la Vergine,
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seduta su un seggio affiancato da due Sfingi (segno di protezione). I 4 rilievi in bronzo, rappresentano i Miracoli
di Sant’Antonio in cui raffigura spazi urbani, complessi architettonici e gruppi di personaggi. Utilizza lo
stiacciato per creare diverse profondità all’opera. L’opera Deposizione, è realizzata con pietra calcarea e
mosaico per riprendere i rilievi funebri classici. Rappresenta Cristo che giace morto sul sepolcro (decorato da
forme geometriche). La scena tragica, allude ad una resurrezione che non avverrà.
Il Gattamelata:
Primo monumento equestre realizzato da Donatello tra il 1370 e il 1443, eretto in
onore del condottiero Erasmo da Narni (detto il Gattamelata), in cui Donatello
ripropone l’immagine dell’eroe classico simbolo di gloria. L’opera venne realizzata
per il sepolcro del condottiero. Nell'ideazione della statua equestre Donatello, si
distaccò dai tradizionali esempi gotici, facendo riferimento al monumento romano
di Marco Aurelio, mentre per il cavallo si ispirò ai Cavalli di San Marco a Venezia. Il
cavallo è ben fermo sulle zampe, una delle quali poggia su una palla di cannone. Il
cavaliere ha un’armatura di tipo romano ed è rappresentato con realismo, nel gesto,
nei lineamenti e nello sguardo fiero.
Il Gattamelata
Jacopo della Quercia:
Nacque a Siena nel 1371, rappresenta l’anello di congiunzione tra la cultura della sua
città, ancora tardogotica e i nuovi orientamenti artistici e culturali.
Il monumento funebre di Ilaria del Carretto:
Capolavoro indiscusso dell’artista, realizzato nel 1406, commissionato dal
signore di Lucca come sepoltura della coniuge. L’ opera inizialmente non era
posta nella Cattedrale ma nella chiesa di San Francesco dove si trovava la
Cappella di famiglia. Prima di essere spostata, l’opera aveva un basamento che
imitava i sarcofagi classici con putti e festoni, una cassa di marmo (perduta), il
coperchio della cassa che raffigurava il ritratto della defunta e un baldacchino
(anch’esso perduto). L’opera, mostra un richiamo all’Antico con riferimento
cristiano dato dalla croce raffigurata sul basamento. L’artista voleva conferire
all’opera una visione a tutto tondo, a differenza dei sarcofagi classici, lavorati su
tre lati. L’opera, lavorata in marmo, è realizzata in altissimo rilievo. Il cane, posto
ai piedi della donna, è simbolo di fedeltà coniugale. M.F. Ilaria del Carretto
La fonte Gaia:
Realizzata dall’artista tra il 1414 e il 1419, per la piazza principale della propria città (Siena). Le opere originali,
sono state danneggiate dal tempo e ora sono conservate nel Museo di Santa Maria della Scala, mentre in piazza
sono state sostituite da copie ottocentesche. Le figure sono morbide, accompagnate da panneggi abbondanti e
movimentati. La Sapienza (una delle opere) mostra caratteristiche Gotiche (raffinatezza) e Rinascimentali
(fisicità). Di grande impatto, è la lavorazione del mantello che conferisce all’opera un netto contrasto tra luci e
ombre.
Masaccio:
Nasce nel 1401 e fu uno degli iniziatori del Rinascimento a Firenze, rinnovando la pittura secondo una nuova
visione rigorosa, che rifiutava gli eccessi decorativi e le artificiosità dello stile allora dominante, il Gotico
internazionale. Le innovazioni di Brunelleschi, vengono tradotte in chiave pittorica soprattutto nelle sue opere
adottando il punto di fuga e la griglia prospettica, inoltre, dona ai suoi personaggi estremamente espressivi, forti
volumi rendendoli tridimensionali. Oltre a posizionare i personaggi in uno spazio, Masaccio sperimenta l’uso
dei gesti e delle posture per rappresentare al meglio le emozioni.
Il Trittico di san Giovenale:
Dipinto nel 1422, in cui Masaccio “sfonda” la prospettiva dell’opera
aggiungendo il trono (Giottesco) dove è seduta la Vergine, mentre ai lati,
posiziona due angeli inginocchiati con le spalle rivolte all’osservatore.
Queste due figure guidano il nostro occhio lungo il punto di fuga
riequilibrando il resto dell’opera. La difficoltà di unificare prospetticamente
la scena, ostacolata dalla struttura a tre scomparti dell’opera, viene risolta
da Masaccio grazie alle linee ortogonali del pannello centrale che
convergono verso i volti della Madonna e del Bambino, e alle linee del
pavimento, presente in tutti e tre i pannelli, che si riuniscono in un unico Il Trittico di San Giovenale
Si pensa che i pannelli mancanti raffigurassero alti santi. I volti dei personaggi
presentano grande forza emotiva grazie al gioco di luci e agli sguardi.
Masaccio e Masolino:
Nel 1424 Masaccio, insieme a Masolino, artista più anziano e ancora legato allo stile Gotico, decora la
Cappella di Santa Maria del Carmine a Firenze. Questo lavoro, commissionato da Felice Brancacci, sarà
interrotto a causa della partenza di Masolino per l’Ungheria. Il tema del ciclo pittorico sono le Storie di San
Pietro, il Peccato Originale (Masolino) e la Cacciata dei progenitori dal Paradiso
terrestre (Masaccio).
Il peccato originale e la cacciata dal Paradiso terreste:
Le due opere presentano forti differenze: le figure di Masolino sono eleganti,
composte e raffinate. L’artista mostra Adamo ed Eva in piedi, entrambi nudi, mentre
stanno per mordere il frutto proibito che il serpente dal volto di donna ha offerto loro.
L’opera di Masaccio, presenta elementi possenti con una forte tragicità nelle
espressioni. Nella Cacciata, Adamo che porta le mani al volto in segno di vergogna,
Eva consapevole delle sue nudità (a causa della perdita dell’innocenza), cerca di
coprirsi. L’angelo, rappresentato con ali rosse, brandisce una spada in segno di Cacciata Peccato O.
vendetta.
Il Tributo:
Affresco realizzato tra il 1425 e il 1428, rappresenta tre momenti dell’episodio
evangelico. Al centro vengono raffigurati Cristo e gli Apostoli invitati dal
Gabelliere (chi riscuoteva le gabelle per conto dell’autorità), a versare un
tributo per il tempio di Gerusalemme. In fondo a sinistra, Pietro raccoglie la
moneta dentro un pesce appena pescato, mentre a destra è rappresentata la
scena in cui Pietro paga il tributo. Masaccio pone i personaggi in uno spazio Il Tributo
sobrio ed essenziale, a destra mostra qualche edificio per evidenziare l’uso della
prospettiva e a sinistra dipinge un paesaggio naturale ma asettico, inoltre, raffigura la onde
per donare profondità all’opera.
La Sant’Anna Metterza:
Realizzata da Masaccio e Masolino tra il 1424 e il 1425, rende evidenti le differenze tra i
due artisti: Masolino dipinge Sant’Anna e gli angeli rappresentandoli esili e privi di volume.
Masaccio dipinge la Madonna, il bambino e l’angelo in alto a destra in modo compatto ma
espressivo. Masaccio si rifà a Giotto: Pone la Vergine in un cubo dove l’unica cosa che dona
tridimensionalità sono le ginocchia che s’intravedono dal mantello. L’Angelo di Masaccio ha
uno sguardo teso con le braccia allungate con forza mentre quelli di Masolino presentano
forme sinuose, privi di sforzo fisico. La disposizione delle figure è posta in maniera Sant’Anna
della veste di Maria. Il fondo oro e gli abiti preziosi che coprono il trono su cui sono
seduti conferiscono all’opera solennità.
L’adorazione dei Magi:
Realizzata tra il 1421 e il 1423, presenta un’elaborata cornice che imita i trittici.
Raffigura il corteo che partendo dall’orizzonte, conduce i Magi verso la Sacra
Famiglia. Il dipinto presenta tratti innovativi dell’arte Rinascimentale ma riprende a
tratti lo stile Gotico. La scena principale è quella centrale, dove vengono rappresentati
i Magi giunti dall’Oriente per adorare Gesù. L’opera è molto dettagliata (stile Gotico).
Lo scomparto centrale non presenta una struttura spaziale ordinata (stile
Rinascimentale), lasciando che siano i personaggi e i dettagli a costruire la scena.
Sopra sono poste tre lunette che raccontano momenti diversi del viaggio dei Magi.
Il Polittico Quaratesi: L’adorazione dei Magi
Impostazione Tardogotica, dipinto nel 1425, le pose dei personaggi sono disinvolte e
presenta particolare attenzione nei dettagli come nell’armatura di San Giorgio e
nell’abito di San Nicola.
Beato Angelico:
Essendo un monaco domenicano, influenza fortemente la sua pittura (di carattere devozionale). Il pittore
assimila velocemente le novità artistiche di Gentile da Fabriano e quelle rinascimentali
di Masaccio e Masolino.
L’Annunciazione di Cortona:
Realizzata nel 1430, evidenzia la sua capacità di unire le novità del momento e la
spiritualità. L’opera è di ispirazione classica, dipinta su tavola, presenta diverse scene:
la scena principale è l’Annunciazione che rappresenta l’arcangelo al cospetto della
Vergine. Presenta un’architettura elegante con arcate sostenute da colonne corinzie.
L’opera presenta un prato rigoglioso a differenza di quello gotico (prato fiorito). La
palma, simboleggia la madre di Gesù e il martirio. In alto è rappresentata la scena
della Cacciata dal Paradiso terrestre per evidenziare la differenza tra la Vergine (devota
al Signore) ed Eva (disubbidiente). L’Ann. di Cortona
Malatesta (Signore della città e sostenitore del progetto). Ispirato all’architettura antica
presenta un arco d’ingresso, affiancato da due arcate cieche (finte, senza entrata). L’artista
recupera l’ordine corinzio e posiziona sulle facciate laterali, delle arcate che ricordano
quelle degli acquedotti romani. Una medaglia realizzata da Matteo de’Pasti rivela che la
facciata, rimasta incompiuta, prevedeva due semitimpani (Timpano: superficie racchiusa
dentro la cornice del frontone) curvilinei. Inoltre, il progetto prevedeva una maestosa
cupola, come quella del Pantheon, che non venne però mai realizzata.
Le opere per Giovanni Rucellai: La Facciata del palazzo Rucellai:
A Firenze, L.B. Alberti lavora per Giovanni Rucellai (ricco mercante) per la progettazione di
alcuni monumenti unendo la cultura umanistica dell’artista e l’interesse per l’Antico del Palazzo Rucellai
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committente.
La Facciata di Palazzo Rucellai:
Edificio rivestito a Bugnato (motivo o rivestimento ornamentale architettonico costituito da bugne) e decorato
dai tre ordini: Dorico, Ionico e Corinzio posti su tre livelli sovrapposti. Il palazzo presenta
armonia decorativa e proporzioni equilibrate.
La Cappella Rucellai: il Tempietto del Santo Sepolcro:
Monumento funebre progettato per lo stesso Rucellai, nella chiesa di San Pancrazio,
Firenze. Alberti cerca di realizzare una copia del Santo Sepolcro di Gerusalemme
(tipologia architettonica diffusa nel Rinascimento). A ispirarne la costruzione, il Sancta
Sanctorum (edificio medievale di Roma) ammirato da Rucellai durante il soggiorno a
Roma. Sulla parte superiore del tempietto è posta un’iscrizione: 1467, data della
conclusione dei lavori. Sull’estremità del tempietto c’è una decorazione marmorea di
gigli fiorentini. Il monumento porta sulle facciate degli stemmi, tra questi, quello di
Rucellai: Una vela spiegata simbolo della fortuna che aveva accompagnato la sua
attività commerciale.
Facciata di Santa Maria Novella: Cappella Rucellai
suoi rapporti economici e politici con l’Europa. Le differenze tra arte rinascimentale e
fiamminga sono molte: mentre l’arte rinascimentale rivoluzionò un po’ tutte le arti
(architettura, pittura, scultura e le arti una volta definite minori), le novità dell’arte fiamminga riguardarono
esclusivamente la pittura. Un’altra differenza sostanziale è che l’arte rinascimentale fu molto più rivoluzionaria,
in quanto impostò una nuova visione artistica “moderna”, mentre l’arte fiamminga va vista soprattutto come
un’evoluzione dell’arte tardo gotica, intenta a conquistare solo maggior naturalismo. Non sono interessati a
studiare la profondità dello spazio nelle loro opere, ma concentrano la loro attenzione su figure, ambienti e
oggetti. I Fiamminghi perfezionarono e svilupparono la tecnica della pittura ad olio (già conosciuti e utilizzati
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senza successo nel Basso Medioevo) che, al contrario della tempera che asciugava rapidamente, permettevano
di sfumare più facilmente e di creare Velature (procedere per stati di colore più o meno trasparenti), rendendo il
dipinto brillante poiché asciugava lentamente, permettendo di ritoccare l’opera e di lavorare sui dettagli.
Molteplici sono stati i protagonisti dell’arte fiamminga. Tra di essi il più noto è Jan Van Eyck, indicato come
l’inventore di questo nuovo movimento artistico. In realtà, a far nascere il nuovo stile contribuì in maniera
determinante è un altro artista: Robert Campin (Maestro di Flémalle).
Robert Campin:
Il Trittico di Mérode:
Una delle opere più famose dell’artista, che rappresenta nel pannello
centrale l’Annunciazione, nei due pannelli laterali, rappresenta i due
committenti inginocchiati e nell’altro San Giuseppe falegname. Nella
scena principale, Maria siede a terra in segno di umiltà mentre legge testi
sacri che alludono alla continuità tra Antico e Nuovo Testamento. Intorno Trittico di Mérode
a lei, l’artista dipinge molti oggetti “domestici” ma che in realtà
nascondono significati: I Gigli, alludono alla sua verginità, i leoni sulla panca,
rimandano al trono di Re Salomone e al ruolo di Maria come Sedes Sapientiae (Maestà), la
candela appena spenta sul tavolo, indica un possibile rimando allo sposalizio tra Maria e il
Signore o l’attimo preciso in cui lo Spirito Divino feconda Maria. Dalla finestra dietro
l’Arcangelo, l’artista raffigura una miniatura di Gesù Bambino che porta una croce, che
allude al tema dell’incarnazione. Nel pannello di destra, san Giuseppe è intento a costruire
trappole per topi: si tratta probabilmente di una citazione di Sant’Agostino secondo la quale
l’incarnazione di Cristo avrebbe permesso di catturare il diavolo. Il Trittico di Mérode
costituisce una delle prime scene dell’Annunciazione in un interno.
Jan Van Eyck: Miniatura Gesù Bambino
Il più celebre esponente della pittura fiamminga, che rivela nella sua pittura uno
straordinario e innovativo naturalismo evidenziato soprattutto nei ritratti molto espressivi,
avvalendosi della tecnica della pittura ad olio.
La nascita di San Giovanni Battista:
Abile nel realizzare miniature, Jan Van Eyck dirige alcune opere del “Libro d’Ore” in cui rappresenta una scena
in un ambiente casalingo colmo di oggetti simbolici, i colori sono accesi e con la loro armonia cromatica
guidano l’occhio a scrutare ogni dettaglio dell’opera.
Il Polittico dell’Agnello mistico:
Dipinto nel 1432, è ritenuto il capolavoro di Jan Van
Eyck. L’opera, viene realizzata insieme al fratello
maggiore Hubert ed è composta da 12 pannelli di legno
di quercia disposti a libro (in modo che la pala possa
aprirsi e chiudersi mostrando dipinti su entrambi i lati).
Sui pannelli esterni, l’immagine principale è
l’Annunciazione, sotto sono raffigurati i committenti
inginocchiati e le figure di San Giovanni Battista ed
Evangelista dipinti in monocromo. All’interno, il polittico Polittico Interno
si apre su due livelli sovrapposti: quello superiore dove
vengono rappresentati Dio (al centro), affiancato da Maria e San Polittico esterno
Giovanni Evangelista, ai lati, gli angeli musicanti. Ai lati estremi dell’opera, vengono dipinti
Adamo ed Eva. Il livello inferiore raffigura in uno spazio paradisiaco, l’Agnello mistico (che
allude al sacrificio di Gesù), posto su un altare vicino alla fontana della vita. L’opera ha due punti di fuga, che
corrispondono agli angeli in ginocchio di fronte all’altare, che aprono l’orizzonte. In questo caso, il punto di
fuga non è posto su fulcro dell’opera (L’Agnello) per cui l’occhio è libero di vagare verso
uno spazio infinito a differenza della pittura rinascimentale.
Il Ritratto d’uomo con copricapo azzurro:
Jan Van Eyck nei ritratti mostra tutta la sua ricerca sull’espressività. Questo ritratto,
costituisce un esempio dell’abilità dell’artista in questo genere pittorico: concentra tutta
l’attenzione sul volto del personaggio, raffigurato leggermente di tre quarti, con una posa
che evidenzia i volumi grazie al forte contrasto chiaroscurale. Il copricapo e la pelliccia
fanno pensare che l’uomo ritratto sia benestante. L’anello allude ad una promessa di
matrimonio o al fatto che l’uomo sia un orefice. L’artista, dipinge in modo minuzioso i
particolari: la barba, le sopracciglia, la piega delle palpebre.
Il Ritratto dei coniugi Arnolfini:
Dipinto fortemente simbolico, tipico dell’arte fiamminga. Rappresenta due mercanti Ritratto d’uomo con c. azzurro
(nicchia nella quale viene conservata l’eucarestia) pronto Sepp. di Cristo (R.v.d.Weyden)
ad accoglierlo.
Hans Memling:
Pittore di origine tedesca, probabile allievo di Rogier van der Weyden. E’ l’artista fiammingo con più opere
realizzate (circa 90 dipinti). Il pittore si caratterizza per la forte vicinanza ad una committenza ricca e affermata.
I suoi dipinti non raffigurano scene drammatiche, ma hanno
un’espressività pacata. Per questo, le sue opere ricordano quelle
classiche, presentando affinità con il Rinascimento italiano.
Il Trittico di San Giovanni:
Dipinto nel 1479, raffigura la Madonna in trono affiancata da San
Giovanni Battista ed Evangelista, santa Caterina e santa Barbara.
L’ambientazione naturalistica sullo sfondo si intravede attraverso un
elegante colonnato classico. Ai lati due pannelli: a destra La visione di
San Giovanni Evangelista a Patmos (Grecia) e a sinistra La Decollazione Trittico di S.Giovanni
di San Giovanni Battista. Lo stile fiammingo si
ritrova nei particolari come le stoffe, le
architetture, il tappeto in primo piano.
I Ritratti:
Memling realizza una trentina di ritratti, spesso
dipinti su tavola doppia: da un lato rappresenta
il ritratto e dall’altro un’immagine devozionale.
Per esempio nel dipinto “Ritratto d’uomo e
natura morta”, presenta sul retro una natura
m o r t a c o n u n va s o d e c o r a t o c o n i l
monogramma (simbolo grafico ottenuto Ritratto d’uomo e natura m. Dettaglio vaso Ritratto d’uomo in preghiera
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sovrapponendo o combinando due o più lettere) di Cristo e i fiori che alludono alla Vergine. La colonna in
marmo pregiato raffigurata dietro al committente ci suggerisce il suo status agiato. Nel Ritratto d’uomo in
preghiera davanti a un paesaggio, è presente un contrasto tra la rappresentazione minuziosa dei dettagli e il
vasto orizzonte, infatti Memling nelle sue opere rappresenta solitamente uno spazio naturalistico.
Hieronymus Bosch:
L’immaginario vivace e fantastico di Hieronymus Bosch è ciò che lo distingue da altri artisti. I suoi dipinti
rappresentano temi biblici e sono colmi di creature
fantastiche e doppi significati.
Il Trittico del Giardino delle delizie:
Presenta un’apertura a libro, sui pannelli esterni,
raffigura un’ immagine dell’Universo Primordiale.
Al suo interno, nel pannello di sinistra l’Eden, dove
rappresenta la creazione di Adamo ed Eva. Nel
pannello di destra l’Inferno, in cui rappresenta
scene violente e di grande sofferenza. Nel pannello Giardino delle d. (Esterno) Giardino delle d. (Interno)
centrale, il Peccato.
Il Cristo portacroce:
La tavola è riempita dai volti dei personaggi che rappresentano il Bene e il Male.
Bosch adotta una pennellata morbida e sfuma i personaggi in modo da renderli
verosimili. La composizione, viene tagliata a metà dalla croce portata da Gesù, che
contrasta con la forma rotonda dello scudo in primo piano. A sinistra, compare un
tessuto su cui è impresso il sacro volto, facendo sì che l’immagine di Cristo compaia
due volte nel dipinto, creando uno spaesamento nell’osservatore. L’inquadratura
ravvicinata concentra l’attenzione di chi guarda sulla figura di Cristo, il cui volto
dolce e rassegnato, contrasta con quello dei suoi carnefici. Cristo portacroce
animali.
Il Cristo Morto:
Opera di proprietà dell’artista. Prende ispirazione da Donatello, dalle icone
bizantine e dalla scultura antica. Mantegna opta per un’inquadratura ravvicinata
mostrando il corpo di Cristo in primo piano. Taglia i volti delle pie donne e di San
Giovanni costringendo l’osservatore di incentrasi sulla realtà della morte. La
prospettiva, costringe lo spettatore a guardare prima le mani e i piedi trafitti, dopo il
torace e infine il volto piegato e privo di espressione. La stoffa, poggia sul marmo e
sul corpo evidenziando l’abilità di Mantegna nel rappresentare il drappeggio. Il Cristo Morto
dipinto offre parecchi punti di vista in modo da essere guardato da più prospettive.
Nell’opera, Mantegna non allude alla resurrezione, al contrario, mostra una realtà priva
di speranza.
Giovanni Bellini:
Nato da una famiglia di artisti: il padre Jacopo, possedeva una delle più affermate
botteghe di Firenze (in competizione con quella dei Vivarini). La bottega di Bellini era
aperta a una nuova visione moderna delle novità dell’arte Toscana mentre quella di
Vivarini si concentrava sulla visione dell’arte Bizantina, amata dalla committenza
tradizionalista. I taccuini di disegni di Jacopo, mostrano abilità nella prospettiva e nel
disegno. Anche il fratello maggiore, Gentile, seguì le tracce artistiche della famiglia,
collaborando con il fratello in diverse opere. L’arte di Giovanni Bellini è fortemente
influenzata da Dürer, da Mantegna (che aveva sposato la sorella di Bellini) e da
Antonello da Messina. La Pala Pesaro (Bellini)
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La Pala Pesaro:
Una pala a scomparto unico (quindi non un polittico), dedicata all’Incoronazione della Vergine. Posto sopra
una grande cornice lignea impreziosita da fregi e figure. La struttura viene realizzata a Venezia e montata a
Pesaro. Le figure sono rappresentate con grande realismo, sono espressive e mostrano grande capacità
prospettica. Alcuni tratti dell’opera come illuminazione e spazio, sono riconducibili a Piero della Francesca.
L’effetto prospettico del dipinto è realizzato attraverso il rapporto tra cornice, trono e paesaggio, quasi ad essere
un “quadro nel quadro”.
La Sacra Allegoria:
La scena si svolge su una terrazza che mostra un’architettura elegante. Il
pavimento è raffigurato da motivi geometrici che al centro compongono una
croce. A destra, sono raffigurati San Sebastiano e Giobbe entrambi mostrano
le nudità alludendo al martirio. A sinistra, la Madonna siede su un trono
affiancata da due donne. Al centro, Bellini rappresenta Gesù Bambino seduto
su un cuscino mentre tre putti giocano attorno all’albero della vita. Oltre al
recinto, ci sono San Paolo che sfodera una spada mentre San Giuseppe è La Sacra Allegoria
(quella su metallo). Amante della cultura classica, si reca in Italia per arricchire la propria
formazione, nelle sue opere spesso, si trovano parole o frasi dipinte con una calligrafia di
eccezionale qualità. A Venezia, con al quale Norimberga aveva importanti rapporti commerciali, Dürer si reca
due volte: la prima poco documentata, non gli consentì a causa della sua giovane età di stringere relazioni
importanti. Con la seconda visita, ebbe visibilità nella comunità. Lo testimoniano alcune lettere con varie
notazioni relative al suo incontro con Bellini.
La Festa del Rosario:
A Venezia, Dürer esegue la Pala della Festa del Rosario che allude al tema della
preghiera universale ispirata alla Vergine Maria, che appare nell’atto di distribuire
ghirlande di rose bianche e rosse. La folla si divide ai due lati del dipinto dietro alle
figure del Papa e dell’Imperatore. L’artista, dà prova del suo talento di ritrattista e
studioso della natura. Il verismo è frutto di talento ma anche di un rigoroso metodo
di disegno dal vero (come dimostrano i numerosi schizzi ad acquerello raffiguranti
animali o piante). Nell’opera, il giovane inserisce i suo autoritratto (In alto a destra),
con in mano un cartiglio con la sua firma e una scritta in latino che attestava il
tempo d’esecuzione del lavoro (5 mesi). Nonostante Dürer apprese i modelli Festa del Rosario
compositivi italiani (struttura piramidale, lo squarcio paesaggistico e il naturalismo),
l’opera presenta tratti nordici. In particolare, lo dimostrano i tratti grafici che
delineano ogni personaggio.
Il Cristo tra i dottori:
Opera che conferma la capacità di sperimentazione dell’artista tedesco. Alcuni studiosi
ritengono che l’opera venne donata allo stesso Bellini. Si tratta di un dipinto
espressivo, animato, che attraverso i libri, le mani gesticolanti e gli sguardi, costituisce
un codice linguistico nervoso e avvolgente. Ancora una volta emerge il senso grafico e
presenta una delicatezza nei particolari anatomici come capelli e linee dei volti, e una
qualità cromatica e luministica di alto livello. Il Cristo tra i dottori
Piero della Francesca:
Lo spazio nelle sue opere è rigorosamente geometrico, illuminato da una luce
priva di ombre, i personaggi non esprimono emozioni e appaiono come forme
incorruttibili. Nel 1439 l’artista partecipa alla decorazione della chiesa di
Sant’Egidio a Firenze dove apprende da Domenico Veneziano la “pittura di
luce”. Sin dalle opere giovanili, Piero definisce in modo geometrico corpi e
spazi, infatti i corpi sono immobili e presentano misure e proporzioni perfette.
Il Polittico della Misericordia:
Il polittico si compone di 21 dipinti venne realizzato per l’altare della chiesa di
San Sepolcro (Arezzo), al centro la figura dominante è la Vergine raffigurata in
maniera monumentale che con il suo mantello, offre protezione alle figure
Polittico della misericordia
inginocchiate. Il manto di Maria, forma un semicerchio, quasi una cupola,
concepita con razionalità architettonica donando tridimensionalità allo sfondo piatto
dorato. La perdita della cornice originale del Polittico, rende difficile visualizzare
l’intero complesso, perché sicuramente i suoi elementi architettonici e decorativi
completavano l’elaborato. Piero si occupava anche della manutenzione dell’opera (per
circa 10 anni). La Crocifissione a differenza del pannello centrale mostra l’influenza di
Masaccio e Donatello in cui si ha un’inclinazione drammatica che poi perderà in
seguito. I pannelli successivi soprattutto la Madonna mostrano conoscenze più
aggiornate, gli studiosi ritengono che Piero abbia appreso le novità fiamminghe,
soprattutto da Rogier van der Weyden.
Il Battesimo di Cristo:
Il corpo di Gesù immobile come una scultura, si affianca al tronco candido dell’albero
di noce. La scena, si svolge lungo le sponde del Giordano, dove San Giovanni Battista Il Battesimo di Cristo
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battezza Gesù. La colomba rappresentata su di esso, allude allo Spirito Santo. Tre angeli, simbolo della Trinità,
assistono al lato mentre un uomo si spoglia per accogliere il sacramento. Piero
costruisce la figura umana con un approccio geometrico, i piedi poggiano
saldamente a terra, le figure appaiono come solidi possenti.
La Flagellazione di Cristo:
Presenta un’architettura di ispirazione classica in cui appare Cristo alla colonna tra i
suoi carnefici. L’identità dei personaggi in primo piano non è conosciuta. Si presume
che l’opera si colleghi alla crociata del ‘400 per riconquistare Costantinopoli, presa
dai Turchi nel 1453. La Flagellazione di Cristo
La Leggenda della Vera Croce:
Piero, apprende la tecnica dell’affresco. La sua impresa più impegnativa è la decorazione
della Chiesa di San Francesco ad Arezzo. Il tema del ciclo è la Leggenda della Vera Croce, ovvero la storia della
croce di Gesù: da legno da cui fu costruita, fino al ritrovamento della reliquia. Piero non dispone le scene in
ordine cronologico e fa in modo che l’osservatore sia costretto a passare da una parte all’altra per seguire la
sequenza della storia. Per questo motivo, le battaglie sono affiancate anche se sono cronologicamente distanti
secoli. L’affresco presenta tratti dell’arte classica (assimilata dall’artista durante il suo soggiorno a Roma).
Nell’episodio Morte di Adamo, il figlio Seth riceve dall’arcangelo Michele il germoglio dell’albero della
conoscenza, dal quale nascerà il legno per la croce di Cristo e lo
pianta nella bocca del padre.
L’Incontro tra Salomone e la regina di Saba:
Opera che riprende l’arte classica. La maestosa colonna corinzia
separa il riquadro in due episodi: la regina appare due volte, a
sinistra mentre inginocchiata di fronte al ponte del fiume riconosce
la sacralità del legno, e a destra dove avviene l’incontro con
Salomone. Fortissimo in quest’opera, il contrasto tra lo scenario
naturalistico e quello architettonico, quasi una contrapposizione Salomone e la regina di Saba
tra spazio naturale (Fede) e spazio razionale (Politica).
Il Sogno di Costantino:
L’opera di dimensioni ridotte, è costruita attraverso la forma cilindrica della tenda, illuminata dal bagliore
prodotto dall’apparizione dell’angelo. Due soldati, introducono lo spettatore nell’episodio. L’effetto notturno
(uno dei primi nella storia dell’arte), è ottenuto grazie ai contrasti di luce e ombra e ai toni caldi. Lo scorcio da
cui esce l’angelo è un esperimento prospettico che sfonda il piano frontale. Costantino, in sogno, riceve
l’annuncio della vittoria nella battaglia di Ponte Milvio.
La Pala di Brera: (La Madonna con Bambino tra Angeli e santi)
Realizzata nel 1472 circa, prende in nome della galleria milanese dove è conservata.
Piero realizza la composizione di una chiesa, in cui inserisce in primo piano vari
personaggi. La Vergine è seduta sul trono, e le colonne che s’intravedono ai lati del
dipinto ci fanno dedurre che sia posta al di sotto di un’abside. Il Cristo Bambino, giace
disteso in grembo a Maria, alludendo al sacrificio che lo attende, mentre il corallo rosso
che porta al collo allude al sangue della Passione. Fondamentale nell’opera, è l’uovo di
struzzo sospeso al centro dell’abside: allude alla fecondità di Maria e la sua forma si
adatta perfettamente alla forma del suo volto, alla conca della conchiglia e alla
disposizione a mezzaluna dei personaggi. In primissimo piano è raffigurato il duca
Federico da Montefeltro inginocchiato con un’armatura lucente rappresentata con una
perfezione geometrica che ricorda le opere di Paolo Uccello. L’opera ha un’architettura La Pala di Brera
Antonello si ispira ai ritratti di Petrus Christus e alla loro forza espressiva, all’uso del
chiaroscuro e alla volumetria dei volti.
San Girolamo nello studio:
Considerato uno dei massimi capolavori di Antonello. Il dipinto, di dimensioni ridotte, è
un esempio delle abilità miniaturistiche dell’artista. La composizione è dominata dallo
spazio architettonico ponendo al centro il santo. Il pavimento, di maioliche colorate,
guida l’occhio negli spazi interni illuminati dalle ampie finestre sullo sfondo.
Protagonista simbolico della scena è il leone (simbolo di San Girolamo) in fondo a
destra. Questo, è uno dei pochi dipinti in cui in Santo è raffigurato mentre legge invece
che scrivere. All’interno dello spazio, sono posti tre figure simboliche che alludono alla San Girolamo
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figura di Cristo: il pavone (resurrezione), un recipiente (Passione) e un uccello chiamato Coturnice (allude al
ruolo di salvatore di Gesù). Ai piedi dello studio, sono raffigurate le scarpe di San Girolamo, salito scalzo in
segno di rispetto.
Vittore Carpaccio:
La sua produzione artistica è legata all’esistenza delle cosiddette “Scuole” formate da laici con comune
professione e/o provenienza. Erano distinte in Grandi o Piccole in base allo status sociale dei componenti (solo
i patrizi partecipavano alle Grandi). Le Scuole, costituivano centri di potere sia in ambito politico che
economico e furono oggetto di importanti commissioni artistiche. Una delle più note: la Scuola di San Rocco.
Due Dame:
L’arte di Carpaccio è influenzata da Antonello da Messina e da Bellini. La prima opera che
gli viene attribuita è le Due Dame: presenta due donne, una giovane e
promessa sposa, l’altra più matura, già coniugata. La giovane,
sfoggia delle perle al collo, simbolo di castità. Intorno a lei, alcune
figure simboliche: le tortore, che alludevano al controllo degli istinti,
l’arancia che allude alla figura della Vergine. Nel dipinto, Carpaccio
rappresenta due cani: uno docile simbolo di fedeltà matrimoniale e
l’altro più aggressivo che allude alla pressione del matrimonio.
L’opera originale, presentava un paesaggio lagunare che raffigurava
la lontananza e il lavoro dei mariti. Il messaggero, collega i due
mondi: quello dell’attesa femminile e quello del lavoro maschile.
I Teleri: Le Storie di Sant’Orsola: Paesaggio lagunare Due dame
Per le scuole, Carpaccio, realizza molti Teleri (grandi tele usate per la
decorazione di grandi ambienti). La scelta di questo materiale era dovuto alla difficoltà di ricorrere alla tecnica
dell’affresco, poco adatta agli ambienti umidi della laguna. Le Storie di Sant’Orsola sono forse le più coerenti e
ben costruite, anche grazie alla rappresentazione architettonica influenzata degli studi di Bellini. Orsola, è una
ragazza devota a Dio, promessa in sposa al principe pagano Ereo. In
sogno, riceve la visita di un angelo e rimanda le nozze. Intraprende
un viaggio in mare per recarsi a Roma e incontrare il Papa. Nel
rientro verso casa, viene uccisa dai Barbari dopo aver rifiutato il
matrimonio con il Re unno Attila.
Le Storie di San Giorgio:
Per questa narrazione, realizza due opere: Duello tra San Giorgio e
il drago e l’Uccisione del drago. Nella prima, la scena è raffigurata Duello tra S.Giorgio e il drago
in modo violento e crudo, l’eroe si scaglia senza indugio contro il
mostro. L’opera presenta molti dettagli tra cui teschi, cadaveri,
animali e paesaggi aridi. Invece. nella seconda opera, Carpaccio
rende la scena più formale. Rappresenta il mostro in fin di vita,
curando i dettagli dell’opera come turbanti e tessuti preziosi dei
personaggi in secondo piano.
Le opere di destinazione privata:
I due dipinti più noti: Meditazione sulla passione di Uccisione del drago
il contrasto tra presenze vive o inanimate e forme naturalistiche come animali e piante.
Il Ciclo dei Mesi di Palazzo Schifanoia:
Commissionato da Borso, è uno dei più famosi cicli rinascimentali a tema astrologico: si tratta del Ciclo dei
Mesi terminato in poco tempo, grazie alla partecipazione di una squadra di artisti. Presenta una sequenza di
pannelli disposti in verticale su tre fasce: nella fascia superiore, sono raffigurate le divinità pagane circondate da
scene mitologiche o di vita quotidiana, nella fascia intermedia sono raffigurati i segni
zodiacali e nell’ultima vengono rappresentati gli uomini in cui dipingono anche scene
celebrative in onore di Borso. Molti studiosi tentarono di decifrarne il significato, l’unico
fu Pellegrino Prisciani che scoprì, che il ciclo è una celebrazione del committente. Borso
era del toro e il ciclo è realizzato per favorire, da parte degli artisti, la sua ascesa (quindi
la fortuna). Il ciclo, raffigura la combinazione astrale visibile a Ferrara il 18 Maggio 1452
in cui Borso venne nominato Duca dall’imperatore Federico III.
Ercole d’Este e ampliamento di Ferrara:
Il Palazzo dei Diamanti:
Ercole d’Este decise di ampliare urbanisticamente Ferrara. Affidò il compito a Biagio
Rossetti che progettò un tracciato inspirato al reticolo della città romana, tenendo conto
della necessità di garantire omogeneità nelle architetture, rispettando per esempio, l’uso Palazzo dei Diamanti
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del cotto anche per i nuovi edifici. Capolavoro assoluto, è la progettazione del Palazzo dei Diamanti, realizzato
in Bugnato (Palazzo Rucellai (Pag.6)) che conferisce un netto chiaroscuro alla superficie. Agli angoli del
palazzo, Rossetti, pone dei motivi decorativi. Inoltre, privilegia la veduta angolare per esaltare il carattere
decorativo e accentuare la qualità plastica e luministica.
Federico da Montefeltro a Urbino:
Palazzo ducale e il cortile:
La Corte di Urbino, situata delle Marche, è governata dal duca Federico da
Montefeltro (incontrato nel dipinto “La Pala di Brera” di Piero della
Francesca (Pag.14)). Il duca, commissiona a Luciano Laurana la
progettazione del Palazzo Ducale. Si ispira alla città medievale, infatti, la
facciata costruita con tratti fiabeschi, è affiancata da due torri, conferendo
all’edificio l’aspetto di una fortezza. Per realizzare il cortile (di forte
ispirazione classica), concepito su pianta quadrata con ampie arcate a tutto
sesto (Lo Spedale degli innocenti (Pag.1)), si ispira ai Leon Battista Alberti (per Palazzo ducale
Gesù.
Pintoricchio:
Pintoricchio (cioè Piccolo Pittore), si forma nell’ambiente artistico perugino dove elabora un linguaggio molto
più articolato ricavato dallo studio della classicità. I suoi esordi si legano prevalentemente alla pratica della
miniatura. Già le prime opere presentano tratti dello stile fiammingo per i dettagli decorativi, inoltre usa modelli
che vengono ripetuti, cambiando la posizione, all’interno di una stessa opera. Pintoricchio a Roma lavora alla
Cappella di San Girolamo in cui l’affresco principale è l’ Adorazione del Bambino in cui raffigura un paesaggio
accogliente con un’impostazione di facile lettura.
La Cappella Sistina e la Sala dei Semidei:
Nella Cappella Sistina, Pintoricchio esegue il Battesimo di Cristo e la Circoncisione del figlio di Mosè. In
seguito, l’artista realizza il soffitto della Sala dei Semidei dove illustra personaggi mitologici e la Famiglia Della
Rovere.
La Cappella Bufalini e gli affreschi dell’Appartamento Brogia:
Pintoricchio decora la Cappella Bufalini raffigurando le Storie di San Bernardino da Siena mentre la seconda
decorazione riguarda gli affreschi dell’Appartamento Brogia. L’appartamento si compone di numerose stanze,
la cui struttura è ora poco visibile per la presenza dei Musei Vaticani che le ha trasformate in ambienti di
passaggio. Tema centrale del ciclo è la storia della salvezza dell’umanità attraverso la fede. Era previsto anche
uno studio privato del Papa nel quale veniva rappresentato l’incontro tra Ragione (scienza) e Fede. Per
realizzare il ciclo e finire la sua esecuzione rapidamente, l’artista ricorre all’aiuto di allievi e collaboratori. Il
recente restauro evidenzia l’impiego di nuovi materiali nella realizzazione, per accentuare l’effetto
tridimensionale nelle composizioni: carta pergamena, oro, spaghi, e stucco. Inoltre per un’esecuzione più
rapida, utilizzò pigmenti amalgamati con uovo, olio e colla (ricavando una gamma cromatica più ampia
rispetto a quella consentita dall’affresco) su intonaco a base di gesso, colla e biacca (pigmento biancastro
utilizzato nell’antichità).
Il secondo Quattrocento a Firenze:
Firenze raggiunse il massimo splendore nelle arti con Lorenzo de Medici detto il Magnifico. Gli artisti
operavano a contatto con gli umanisti, creavano iconografie simboliche, con richiami alla letteratura. Lorenzo
de Medici comprese inoltre come l’arte e la cultura fossero un ideale strumento di propaganda per mostrare la
grandezza di Firenze fuori dei suoi confini. Questo periodo di pace, finì nel momento in cui a Firenze, alla
morte del Magnifico, si aprì una grave crisi politica e religiosa. In città si diffuse un clima di turbamento
religioso causato da Girolamo Riario (Capitano delle armate della chiesa sotto Papa Sisto IV) che, dettò nuove
regole ispirate alla mortificazione e alla negazione dei piaceri, condannando l’arte profana (che non è sacra o
religiosa) e la letteratura umanistica. Gli artisti risentirono molto di questo clima e tornarono a creare soprattutto
opere sacre, ma rappresentate in modo drammatico o malinconico.
I Fratelli Pollaiolo:
La loro formazione è basata sull’oreficeria, sull’incisione, sulla pittura e la scultura, che caratterizzano le loro
opere. Piero Pollaiolo è legato più alle tecniche pittoriche mentre Antonio incentra la sua arte sull’incisione e la
scultura. Influenzati dall’arte classica, approfondiscono la monumentalità e il vigore del corpo nudo raffigurato
in modo dinamico. Antonio, il più noto tra i due, dopo aver lavorato a Firenze, fu chiamato a Roma dove eseguì
opere di grande prestigio.
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I temi mitologici:
Antonio realizza per Piero de’Medici, tre grandi tele a tema mitologico: Ercole e Anteo,
Ercole e l’Idra (Eseguita a Tempera su tavola, presenta misure ridottissime ma riesce a
trasmettere un senso di potenza e movimento) ed Ercole con il leone Nemeo.
Il Martirio di san Sebastiano:
Dipinto in cui collaborano entrambi i fratelli, nel quale lo slancio delle figure determinano
un forte effetto prospettico. La freccia che sta per essere scoccata, accentua la profondità
nello scenario naturalistico. Gli studiosi, credono che il dipinto sia una risposta alla
polemica sul confronto tra le arti e la competizione tra pittura e scultura. L’opera presenta
richiami all’arte fiamminga (nel paesaggio) e il monumento corroso Martirio S.Sebastiano
allude all’Antico.
Il Monumento funebre di Papa Sisto IV:
Considerata l’opera più nota dei due fratelli: Il monumento si presenta
come una grande struttura ammassata sulla quale il Papa è disteso,
circondato dalle personificazioni delle Virtù e delle Arti. Le figure sono
avvolte da panneggi ricchi che esaltano gli effetti del chiaroscuro.
Andrea del Verrocchio:
Andrea di Cione (detto Verrocchio) nasce a Firenze fra il 1434 ed il Monumento f. Sisto IV
1437 e fu uno scultore, orafo e pittore. Iniziò a lavorare come orafo,
nella bottega di Giuliano Verrocchi, dal quale prese il cognome per
dedicarsi alla pittura. Con il tempo, l’artista si affermò sempre più, aprendo un’importante Incredulità di San Tommaso
scuola d’arte (bottega) di Firenze in cui, oltre alla pittura e alla scultura, si realizzavano
armi, armature di pregio e oggetti. Nella sua bottega molti artisti del Rinascimento italiano
hanno studiato pittura e scultura come Leonardo da Vinci, Botticelli, ed il Perugino che, a sua
volta, divenne maestro di Raffaello.
L’incredulità di san Tommaso:
In quest’opera l’artista rivela l’interesse per la costruzione di immagini in grado di raccontare.
Notevole è la trovata di disporre la figura di Tommaso al di fuori dello spazio limitato della
nicchia, superando il limite e incontrando l’osservatore.
La Tomba di Piero e Giovanni de’Medici:
Inserisce una grata aperta che conferisce all’opera un aspetto vibrante e che in termine
simbolico, allude alla vitalità e al passaggio verso la vita eterna. L’intreccio della grata e la Tomba de’Medici
cura meticolosa della decorazione del sarcofago testimoniano le grandi doti di orafo
dell’artista.
Sandro Botticelli:
Nasce a Firenze, ultimo di quattro figli maschi, cresce in una famiglia modesta ma non povera, mantenuta dal
padre, che faceva il conciatore di pelli ed aveva una sua bottega. Il fratello Antonio era orafo, per cui è molto
probabile che il giovane Sandro abbia ricevuto una prima educazione presso la sua bottega. Il suo vero e
proprio apprendistato si svolge nella bottega di Filippo Lippi. Risultarono però determinanti nel suo percorso di
maturazione anche le influenze ricevute da Antonio del Pollaiolo e Andrea del Verrocchio, del quale potrebbe
aver frequentato la bottega dopo l’insegnamento di Filippo Lippi. Botticelli venne accolto dalla famiglia Medici,
che lo accolse dandogli la possibilità di creare opere di grandissimo prestigio.
L’Adorazione dei Magi:
Dipinta nello stesso periodo del Martirio di san Sebastiano dei fratelli Pollaiolo, che pur rappresentando
atmosfere molto diverse, presentano lo spirito della corte fiorentina. Nel Martirio, il tema è il paragone della
arti. I fratelli si ispirano all’arte fiamminga e ai richiami all’Antico. Nell’Adorazione, Botticelli mostra già alcuni
tratti della sua pittura: la linea sottile che sembra quasi incidere i contorni, la tavolozza brillante e luminosa
(che ricorda quella di Beato Angelico), la potenza grafica delle rocce e delle rovine che diventano quasi
protagoniste dell’opera.
La Madonna del Magnificat:
La composizione segue la forma circolare della tavola, infatti la postura dei personaggi
assume un andamento ricurvo. I volti dolci e giovani, danno forma ed espressioni
complici. Il blu e il rosso prevalgono nell’opera alternati da una luce chiarissima che
ricorda la tavolozza di Beato Angelico. Botticelli non utilizza la prospettiva di
Brunelleschi e crea un ambiente dove prevale un’impostazione astratta. Nel dipinto, le
immagini appaiono leggermente deformate come se fossero riflesse in uno specchio
ricurvo. Nel Magnificat (passo evangelico) Maria intinge la penna nel calamaio e Gesù
che mangia un melograno, simbolo di fertilità e passione.
Madonna del Magnificat
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Il Neoplatonismo a Firenze:
Durante il ‘400 il grande interesse per l’antichità classica spinse gli umanisti al recupero e alla rilettura delle
opere più significative del mondo classico in ambito filosofico, politico, scientifico e letterario. La riscoperta e
lo studio del pensiero di Platone sulla totalità delle opere lette in lingua originale, rappresentò un momento di
svolta. Determinante nella diffusione del platonismo fu il filosofo e umanista fiorentino Marsilio Ficino, che
rappresentò un vero punto di riferimento per gli intellettuali e gli artisti che, nella Firenze dell’epoca, ruotavano
all’interno della corte de’ Medici. L'influenza in ambito artistico fu profonda; i temi della bellezza e
dell'amore divennero centrali perché l'uomo spinto dall'amore poteva elevarsi dal regno inferiore (terreno) a
quello superiore (spirito). In questo modo la mitologia fu riqualificata e le venne assegnata la stessa dignità dei
temi sacri e ciò spiega anche il motivo per cui le decorazioni di carattere profano ebbero una così larga
diffusione.
La Primavera:
Offre un paesaggio rigoglioso, in cui è raffigurato un gruppo di personaggi e una
figura femminile isolata (Venere o Filosofia).La composizione, non raffigura una
scena di festa tra giovani, ma si pensa che Ficino, con una lettera, incoraggiava
Lorenzo di Pierfrancesco de’Medici (Cugino di Lorenzo il Magnifico) a seguire la
via indicata da Venere e Mercurio (come suggeriva il suo oroscopo). Infatti
nell’opera viene rappresentato Mercurio che scuote le nubi con un bastone,
Venere al centro, e su di essa, Cupido che sta per scagliare la sua freccia. A
destra, Zefiro che soffia e abbraccia la ninfa facendo nascere la Primavera. Le tre
La primavera
grazie, danzano alludendo al sentimento amoroso. La prevalenza della figura
umana ha uno scopo simbolico: ciascun personaggio racconta la propria storia
imponendo all’osservatore di interpretare ogni punto dell’opera. Nella composizione emergono tratti musicali
probabilmente per onorare Lorenzo de’Medici (appassionato di musica e compositore). L’opera è stata
realizzata su otto tavole di pioppo tenute insieme da due traverse di legno d’abete, per rendere omogenea la
superficie e colmare gli spazi di connessione, viene posta una tela di lino preparata infine con due mani di
gesso.
La nascita di Venere:
Simile alla Primavera, viene realizzata dopo il soggiorno romano dell’artista. In
questo dipinto, rappresenta ancora una figura femminile posta al centro della
scena, trascinata alla riva su una conchiglia. Ai lati, Zefiro abbracciato alla ninfa,
soffia una brezza che si propaga nell’aria e gonfia il mantello rosato, offerto alla
Venere, della fanciulla posta a destra che personifica le Ore (creature mitologiche
connesse al ritmo delle stagioni). Botticelli incide il profilo della Venere
rendendola perfetta nella sua bellezza ma allo stesso tempo lontana da ogni
accenno di sensualità ed erotismo. Nel dipinto, prevale un senso di leggerezza, La nascita di Venere
il fondo quasi trasparente , rispecchia la luce.
Pallade e il Centauro e Venere e Marte:
In Pallade e il Centauro, Botticelli raffigura la Sapienza (Pallade) intenta a
persuadere la creatura. Mentre in Venere e Marte, rappresenta sulla sinistra
Venere, dea della bellezza, sdraiata e tranquilla, che guarda Marte, il dio della
guerra mentre dorme. I committenti di quest’opera probabilmente furono i
Vespucci, una potente e famosa famiglia fiorentina, che commissiono molte opere
a Botticelli. Tale conclusione è stata addotta poiché nell’angolo in alto a destra
dell’opera, sono presenti alcune vespe, il simbolo della famiglia. Venere e Marte
Madonna con sant’Anna e il Bambino, Leonardo disegna un groviglio di linee e sul retro
dello stesso foglio, traccia il contorno, ricavando le linee essenziali per la composizione.
L’Adorazione dei Magi:
E’ l’opera di passaggio verso la maturità artistica dell’artista. La rotondità della
composizione, i personaggi disposti intorno alla figura della Vergine, il dinamismo,
costituiscono sperimentazioni e basi di lavoro sulle quali l’artista tornerà nel corso della
propria attività, approfondendo di volta in volta quesi aspetti. Nel 1481, l’artista lascia
Firenze per recarsi a Milano dove offre i propri servigi a Ludovico il Moro esercitando un
ruolo di artefice a tutto tondo. Leonardo si afferma a Milano, progettando edifici,
dipingendo ritratti, organizzando feste e spettacoli.
La Vergine delle Rocce:
Opera nella quale lo studio della natura, trova una prodigiosa espressione attraverso l’uso
della “Prospettiva aerea”, elaborata dal pittore per dare forma alla consistenza dell’aria.
L’uso accurato del chiaroscuro e delle velature permette a Leonardo di effettuare un
effetto “Sfumato” che dona rotondità alle figure, attenuando la linea del contorno quasi a
farla scomparire. Nel dipinto, Maria è al centro della composizione con il Bambino e San La Vergine delle Rocce (Parigi)
La Gioconda:
La Gioconda, in cui Leonardo ha conferito un aspetto “anonimo”, è un ritratto dal
carattere universale. Eseguito per la moglie di Francesco del Giocondo, il ritratto ha
perduto i caratteri identificativi probabilmente a causa della lunga elaborazione che portò
l’artista a trattenerlo con sé. La donna, ci osserva misteriosamente invitandoci a dialogare.
Sullo sfondo, un paesaggio nebbioso e lontanissimo. Protagonisti animati sono lo sguardo
che insieme al sorriso è ritenuto da molti enigmatico, e le mani che rivelano uno stato di
tensione interiore: la mano sinistra si chiude leggermente e la destra si sovrappone in
modo controllato. L’opera è considerata tra i massimi capolavori dell’artista, soprattutto
per l’effetto quasi ossessivo delle velature e dello sfumato.
Michelangelo Buonarroti:
Si forma a Firenze, presso la bottega di Domenico Ghirlandaio, un pittore che aveva La Gioconda
collaborato alla decorazione della Cappella Sistina. Nella sua bottega, Michelangelo pratica
l’arte del disegno e studia le stampe provenienti da Germania e Fiandre. In questi anni l’artista si
interessa ai grandi maestri del passato eseguendo schizzi delle opere pubbliche di Giotto e Masaccio e si
avvicina all’Antico. Accolto da Lorenzo il magnifico, frequenta la “scuola” dello scultore Bertoldo di Giovanni
dove esegue le sue prime opere scultoree in cui si distingue per la sua capacità di resa naturalistica.
Michelangelo mostra caratteristiche differenti da Leonardo: anche se puntano entrambi alla rappresentazione
della natura, Michelangelo si avvicina alla tradizione (Classica e rinascimentale) e mira ad un ideale di
perfezione, mentre Leonardo tende a sperimentare e ad acquisire il suo stile per mezzo dell’esperienza.
La Centauromachia:
Primo capolavoro di Michelangelo. Nel rilievo si evidenzia una piena padronanza del linguaggio classico e un
uso maturo del corpo nudo come massima espressione della tragedia dell’uomo. Il soggetto offre allo scultore
di imitare gli antichi, prendendo come modello la scultura funeraria (sarcofagi).
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La Madonna della Scala:
Le opere che realizza negli anni Novanta, mostrano un avvicinamento all’arte di
Donatello: nell’uso dello stiacciato e nell’impostazione prospettica. La Madonna della
Scala, si ispira a modelli classici in cui Michelangelo utilizza lo stiacciato per donare
leggerezza soprattutto nella resa del panneggio che avvolge il corpo di Maria. Gli elementi
di arredo sullo sfondo sono ridotti a forme geometriche per far risaltare le figure in primo
piano.
San Petronio e l’Angelo reggicandelabro:
Michelangelo si reca a Bologna dove gli viene commissionata un’opera da parte dei frati di
San Domenico. nella figura di San Petronio mostra la linea nervosa adottata da Madonna della Scala
alcune parti delle figure in cui mostra la pietra non lavorata. L’artista elaborò una teoria
legata alla formazione appresa nella cerchia di Lorenzo il Magnifico: secondo questa teoria è
la materia stessa (costituita dal blocco di marmo non lavorato), a contenere l’idea, quindi il ruolo dell’artista è
quello di rivelare l’idea liberandola dalla materia.
La Battaglia di Càscina:
Realizza il cartone di quest’opera posto accanto alla Battaglia di Anghiari di
Leonardo. Michelangelo rappresenta il passaggio dal blocco al movimento dei
personaggi. I soldati fiorentini, colti di sorpresa in un momento di riposo lungo la
sponda dell’Arno, reagiscono all’attacco del nemico.
Il Tondo Doni:
Il Tondo Doni di Michelangelo raffigura la sacra famiglia. Commissionato da Agnolo
Doni, rappresenta San Giuseppe, Gesù Bambino e la Madonna immersi in un
paesaggio all’aperto. La Vergine è seduta, in primo piano sul prato mentre compie
una torsione verso sinistra per prendere il bambino che si trova tra le braccia di San
Giuseppe. Le figure mostrano dei panneggi rigidi dai colori freddi che si
contrappongono ai colori accesi e brillanti del resto dell’opera. Sullo sfondo, un
muretto oltre al quale, sulla destra è raffigurato San Giovanni Battista che guarda la Tondo Doni
Sacra Famiglia. Dietro San Giovanni Battista, troviamo dei nudi (Secondo gli storici si
tratta di un riferimento alla nudità classica).
La tomba di Giulio II della Rovere:
Michelangelo torna a Roma dove Papa Giulio II gli commissiona la realizzazione di un
grande monumento per la propria sepoltura. L’esecuzione di questo monumento fu
una delle più complesse della storia dell’arte, Michelangelo la definì “tragedia della
sepoltura”. La prima impostazione dell’artista puntava ad un complesso grandioso, che
comprendeva circa quaranta statue e il monumento a forma tridimensionale, era
Schiavo Morente Schiavo Ribelle
organizzato su tre ordini sovrapposti. Al vertice, la figura del Papa sorretta da due
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angeli. Di quel progetto l’artista realizza, senza riuscire a completarle, alcune figure di “prigioni” (figure
allegoriche che rappresentano la natura umana ancorata allo stato terreno). Ci restano: lo Schiavo Ribelle e lo
Schiavo Morente poste al Louvre. Il Ribelle lotta tentando di liberarsi dalla prigionia del corpo che impedisce
allo spirito di tornare allo stato divino. Il Morente, si abbandona ad un sonno dolce, arrendendosi.
La decorazione della Cappella Sistina:
Giulio II chiede a Michelangelo di completare la decorazione ad affresco (tecnica con la quale l’artista non
aveva alcuna familiarità), della volta della Cappella Sistina. Si trattava di completare la decorazione realizzata
precedentemente dai pittori chiamati da Papa Sisto IV sotto la guida di
Perugino. Michelangelo riprese la superficie della volta con una struttura
di finte architetture, all’interno delle quali inserì nove episodi tratti dalla
Genesi. Essi presentano una prevalenza della figura umana, secondo una
visione eroica che esalta l’uomo anche nel peccato. Nel Peccato
Originale, Adamo ed Eva vengono rappresentati come nudità classiche:
nella loro nudità, risultano immaturi e incapaci di comprendere le
ragioni della condanna divina quando vengono cacciati dal Peccato Originale
Paradiso.
I cosiddetti Ignudi (figure di uomini nudi rappresentati nella
cappella), rappresentano il mondo antico e pagano, secondo una
visione tipicamente rinascimentale che ha l’intento di conciliare
cristianesimo e paganesimo come nell’insegnamento platonico. Le
figure delle Sibille e dei Profeti (come Il profeta Geremia o Sibilla
libica (della Libia)), che fungono da collegamento fra l’Antico e il
Nuovo Testamento e si connettono con il ciclo di pitture realizzato
da altri artisti al tempo di Sisto IV. Le Storie della Genesi (come La Il Profeta Geremia Sibilla libica
Raffaello Architetto:
Per Papa Leone X, Raffaello progetta una villa situata sul Monte Mario. Si tratta della Villa
Madama che però non fu mai completata: La pianta è ispirata al mondo Antico, presenta una loggia a tre
campate (archi). Le decorazioni a stucchi vengono attribuite a Giovanni da Udine e gli affreschi a Giulio
Romano.
Donato Bramante:
Nato da una famiglia povera ad Urbino (dove imparò la tecnica della prospettiva da Piero
della Francesca), diventò uno dei più noti architetti del Rinascimento. Con le sue opere
influenzò lo sviluppo dell’architettura del ‘500, anticipando il Manierismo, caratterizzato
dall'uso delle forme classiche e rinascimentali in maniera libera e fantasiosa. Fu il primo
architetto incaricato di progettare la nuova Basilica di San Pietro, dove le sue scelte furono
determinanti anche per Raffaello e Michelangelo.
Il Cristo alla Colonna:
Bramante si interessa alla prospettiva, al naturalismo e alla classicità. Il Cristo alla Colonna,
presenta una decorazione classicheggiante e una muscolatura possente. Il paesaggio si
ispira a quelli di Leonardo. Il corpo di Gesù esprime naturalismo mentre l’espressione
appare vuota e il colore livido della pelle evidenzia l’avvicinarsi della morte. Cristo alla Colonna
Santa Maria presso San Satiro:
Per la chiesa, realizza un falso coro, che illude l’osservatore dando un’impressione di
profondità e di sfondamento. L’edificio, presenta una pianta a T, priva di abside. Bramante realizza un effetto
Trompe l’oeil fingendo una volta cassettonata realizzata con stucco e pittura. Bramante si avvale delle
conoscenze prospettiche apprese da Piero della Francesca e Donatello.
La tribuna di Santa Maria delle Grazie:
La chiesa presenta una struttura articolata ispirata all’Antico. L’ingrandimento dello spazio, deriva dal modello
della Sagrestia Vecchia di Brunelleschi, in cui Bramante, affianca due ambienti quadrati di dimensione
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differente. L’uso della luce, accentua il senso di dinamismo poiché viene proiettata da numerosi oculi sulle
pareti.
Il Tempietto di San Pietro in Montorio:
Quando giunge a Roma, Bramante ha finalmente l’opportunità di ammirare e studiare dal vero le grandi
costruzioni del passato. Commissionato dal Re di Spagna, il tempio è costruito sul luogo del martirio
dell’apostolo. Si tratta di un edificio a pianta centrale che presenta un colonnato decorato da fregi, sormontato
da una ringhiera e una cupola. Il tempio, offre a Bramante la possibilità di realizzare e risolvere in modo
coerente il problema dell’edificio a pianta centrale che poco dopo fu ripreso per la progettazione della Basilica
di San Pietro.
San Pietro:
Papa Giulio II avviò il progetto per abbattere l’antica Basilica di San Pietro per ricostruirla. Il primo progetto
elaborato da Bramante propone una pianta a croce greca con una cupola di coronamento, però questa impresa
non si prestava alle esigenze di un tempio destinato ad accogliere migliaia di fedeli. Il progetto venne
abbandonato per fare posto alle idee di Raffaello, Michelangelo e Sangallo, che preferirono ritornare ad una
pianta longitudinale. Più tardi, Papa Paolo III affidò il cantiere a Michelangelo, che recuperò l’idea iniziale di
Bramante e progettò la cupola. All’inizio del ‘600 la basilica venne completata prolungando la pianta
rendendola longitudinale.
Il Cortile del Belvedere:
Papa Giulio II commissiona a Bramante la progettazione del cortile pensato per collegare gli edifici dei Palazzi
Vaticani. Qui l’artista, progettò un complesso sistema di scalinate e terrazze disposte su più livelli (come le ville
imperiali romane). Due lunghi corridoi delimitavano lo spazio permettendo il passaggio anche dall’interno
dell’edificio. Parte del cortile fu destinata per all’esposizione della collezione di statue del pontefice come il
Laocoonte e l’Apollo del Belvedere.
Il ‘500 a Venezia e nell’area padana:
L’incontro tra Venezia e l’arte rinascimentale avviene un po’ più tardi rispetto ad altre località italiane. Per
buona parte del ‘400 a Venezia prevale ancora lo stile bizantino. Nella seconda metà del ‘400 il Rinascimento
inizia a comparire grazie alla presenza a Venezia di Antonello da Messina e grazie ai contatti tra la famiglia
Bellini e Andrea Mantegna (sorella di Bellini sposata con Mantegna). Questo nuovo stile veneziano, consisteva
in un uso del tutto nuovo del colore, che diede vita a quella pittura definita tonale. Questa nuova tendenza, fu
interpretata e sperimentata prevalentemente da: Giorgione e Tiziano.
Giorgione:
Fu il primo artista a rinnovare lo stile della pittura veneziana del primo ‘500. Ispirandosi a
Bellini e Antonello da Messina (che avevano operato in laguna), crea un repertorio
iconografico con temi di soggetto profano. L’artista, si avvale esclusivamente di luce e
colore eliminando la linea di contorno. Dà vita così, ad una nuova concezione di pittura
chiamata “tonale”.
La Pala di Castelfranco:
Evidenzia i caratteri della pittura tonale. Presenta una composizione piramidale, incentrata
su tre personaggi: la Vergine in trono, San Francesco e San Liberale. La Pala fu realizzata
per la cappella della famiglia del condottiero Tuzio Costanzo per celebrare la morte del
figlio Matteo. Il sarcofago, è posto alla base del trono, su di esso è rappresentato lo stemma
della famiglia, mentre lo stendardo richiama la stirpe del committente. Il podio che
sostiene Maria, suddivide il dipinto in due parti: lo spazio terreno dove ci sono i santi e Pala di Castelfranco
quello divino dove è posta la Vergine, che appare spinta in profondità, verso il
paesaggio.
Le tre età dell’uomo:
L’opera presenta una pennellata calda e avvolgente che ricorda lo stile di Leonardo. Il
giovane al centro segue un percorso di apprendistato che va ben oltre la formazione
musica, diventando allegoria del cammino verso l’equilibrio e l’armonia. Nelle opere di
Giorgione oltre i temi sulla musica e sull’amore, si riscontrano spesso riferimenti
religiosi e astrologici. Le piccole dimensioni delle sue opere e le iconografie particolari, Le tre età dell’uomo
lasciano supporre che l’artista frequentasse circoli riservati ad intellettuali
esigenti.
Il fregio di Casa Pellizzari:
Un chiaro riferimento ai temi astrologici, ritenuta da alcuni un’opera che
anticipa il trasferimento del pittore a Venezia. Il fregio è composto da oggetti Fregio casa Pellizzari
sfidare le composizioni scultoree dell’epoca. L’opera presenta una particolare attenzione per gli
effetti della luce: nei bagliori del tramonto e nei riflessi delle armature.
Amor sacro e Amor profano:
Dipinto nuziale commissionato per il matrimonio delle famiglie di Aurelio e
Bagaratto (gli stemmi sono riconoscibili sul sarcofago e sul fondo del
recipiente appoggiato sul bordo della fontana/sarcofago). La Venere nuda con
il lume acceso, è simbolo di amore divino e persuade la giovane alla sua
sinistra, a prendere in sposo il figlio della famiglia Aurelio. Le due famiglie Amor sacro e Amor profano
erano in combutta per una precedente faida politica. La scena di lotta
rappresentata sul sarcofago rimanda al conflitto tra le famiglie, il bambino che gioca
con l’acqua della fontana intende temperare il dissidio e portare quindi la pace. Il paesaggio dolce, presenta
due conigli che augurano prole e unione matrimoniale.
I Baccanali:
Realizzati per lo studiolo di Alfonso d’Este a Ferrara, rappresentano erotismo che recupera
l’Antico ma con una luce calda che ricorda lo stile veneziano. L’opera allude al piacere
carnale, con rifermenti alla pittura di Raffaello e Michelangelo.
Il Trionfo di Bacco e Arianna:
Una delle più famose opere profane dell’artista, carica di sensualità ed esplicito erotismo. Il
corteo si compone di nudi e finisce nell’incontro tra Bacco e Arianna pronti a lanciarsi l’uno
nelle braccia dell’altro.
Il Martirio di San Lorenzo:
La lontananza da Roma non risparmia Tiziano dalle tensioni che portarono allo sfaldamento
del Rinascimento. L’anticlassicismo manierista si diffonde con rapidità, Tiziano trasforma il
suo linguaggio pittorico rendendolo cupo e drammatico. La forma si sfalda, la luce consuma
i corpi, annullando il disegno e incentrandosi solo sulle potenzialità del colore. L’opera è un Martirio San Lorenzo
schiena curva in segno di obbedienza. Ranuccio era stato destinato alla carica di
Cardinale, come il fratello, solo al fine di assicurare una seconda possibile successione.
L’Allegoria del Tempo governato dalla Prudenza:
Mostra la sovrapposizione di due composizioni: presenta tre ritratti, quello di Tiziano, del
figlio e del nipote. Sotto, tre figure che rappresentano un lupo, un leone, e un cane. L’opera
ruota attorno ai temi della saggezza, della successione e del trascorrere del tempo. I tre
animali, sono associati all’età dell’uomo e rappresentano: la Memoria (passato, lupo),
l’Intelligenza (presente, leone), la Previsione (futuro, cane).
La punizione di Marsia: Allegoria del tempo
Ormai anziano, i suoi dipinti mostrano il suo pessimismo, in cui si concentra sulla
conclusione del racconto invece che allo svolgimento narrativo. In quest’opera, Apollo
scortica il satiro che ha osato sfidarlo. La punizione, si svolge sotto gli occhi di Re Mida
(che possiede le fattezze di Tiziano), al ritmo di musica (in forte contrasto con l’omicidio).
La Venere di Urbino:
Nella storia fu modello per altri artisti come Édouard Manet che lo riprese nel suo dipinto
Olympia. La donna, nuda, in primo piano è distesa ed è dipinta con un'attenzione
estremamente realistica. Occupa interamente la porzione inferiore del dipinto. La Venere
è adagiata sopra un letto di materassi rosso porpora. Al di sopra è disposto un Punizione di Marsia
Lorenzo Lotto è un prodigioso ritrattista, che visse profondamente la crisi del proprio
tempo. La pittura di Lotto, si anima di personaggi spesso insoliti. L’ambito territoriale dove
l’artista riesce ad affermarsi, è quello dell’ambiente lagunare: prima Treviso poi Bergamo. Scarse sono le notizie
relative alla formazione dell’artista, comunque consapevole dell’arte del Bellini e di Giorgione. Inoltre è
importante la sua conoscenza dell’arte nordica: Dürer e i fiamminghi, ma anche la produzione grafica
dell’Europa Settentrionale.
La Pala di Asolo:
Si ispira a Bellini e ad Antonello da Messina ma inserisce già elementi di sorpresa come l’espressione del Santo
alla destra che alza il capo per contemplare la Vergine, infrangendo le caratteristiche compositive
dell’iconografia tradizionale. Lotto non rinnega l’uso del disegno, infatti nei suoi dipinti
usa la linea netta che ritaglia i personaggi.
La Deposizione di Jesi:
Lotto compie un viaggio a Roma, dove risulta attivo nei palazzi papali e forse, anche
se non è documentato, nelle stanze dipinte da Raffaello. Il confronto con il
Rinascimento romano, suscita nell’artista una reazione anomala: invece di apprendere
e accogliere l’ispirazione dalle figure di Michelangelo o l’armonia di Raffaello, si
orienta in uno stile del tutto personale allontanandosi dal classicismo. Le opere dipinte
subito dopo il soggiorno romano, documentano la ricerca più incentrata sul realismo
che sulla purezza e sull’equilibrio. In questo dipinto mette quasi a disagio l’osservatore La deposizione di Jesi
a causa delle sue pose poco armoniose: gli uomini che reggono il telo (uno lo tiene
con la bocca), la Vergine alza le mani al cielo senza alcun decoro classico, la Maddalena,
inginocchiata contempla la mano abbandonata di Cristo. A terra, gli elementi del martirio.
La Pala Martinengo:
Lotto si cimenta nella realizzazione architettonica, ponendo delle colonne classicheggianti che vengono
inghiottite dal buio della profonda navata. I personaggi appaiono distratti, persino assorti in pensieri lontani.
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La Pala di San Bernardino:
L’artista, pone un baldacchino verde al centro della composizione. Gli angeli tengono
il drappo per proteggere la Vergine. La serenità della madonna, si contrappone ai gesti
movimentati degli angeli. In primo piano, l’angelo intento a scrivere, improvvisamente
è distratto dalla nostra presenza e si volge verso di noi. La pittura di Lotto si fa
portatrice di una religiosità più umana, umile e concreta rispetto alle grandiose
composizioni del Rinascimento.
I Ritratti:
Tratto distintivo della pittura di Lotto, è l’attenzione psicologica dell’individuo. Di
solito i personaggi sono rappresentati in contesti non sobri ma articolati, spesso Pala San Bernardino
presentano oggetti significativi, e sono dipinti in pose naturali e
disinvolte. Esempi importanti sono: l’Andrea Odoni in cui la
posa con la mano al cuore rappresenta un uomo immerso nella
sua passione antiquaria. E il Ritratto di gentildonna nelle vesti
di Lucrezia, la donna, tiene in mano una stampa dell'eroina
romana Lucrezia, mentre lo sguardo è rivolto direttamente
verso lo spettatore. Anche l'iscrizione sul foglio sottolinea il
valore morale della vicenda storica: "Seguendo l'esempio di
Lucrezia, nessuna donna vivrà nel disonore”. Tra i ritratti più Ritratto di gentildonna Andrea Odoni
passione sembrano infatti delle stampe del maestro tedesco. Nonostante la grave
condizione degli affreschi, le immagini riescono a trasmettere ancora potenza e
drammaticità. Nel Cristo davanti a Pilato, il giovane che scende le scale, fa assumere al
dipinto una lettura che va dall’alto verso il basso.
Gli affreschi per San Lorenzo:
Gli ultimi anni di vita dell’artista, sono intensi e difficili. Realizza il ciclo di affreschi per il
coro della Basilica di San Lorenzo (purtroppo distrutti), pensati come una sorta di “risposta
fiorentina” al Giudizio universale dipinto da Michelangelo nella Cappella Sistina a Roma. Di
questo ciclo, ci restano solo dei disegni. Pontormo si dedicò a quest’impresa fino alla morte
lasciando a Bronzino il compito di completarla.
La Deposizione di Cristo:
Ha come tema centrale la resurrezione e la vita eterna. I personaggi sono quasi privi di Deposizione di Cristo
gravità, alcuni sono in punta di piedi anche se sorreggono il peso delle figure come quella del
Cristo. Domina la composizione la figura di Maria, avvolta in un ampio mantello. Pontormo
adotta la tavolozza fredda come nella pittura di Michelangelo. Nell’opera si manifesta un
certo disagio spaziale: i personaggi si piegano a causa della forma della tavola donando un
effetto claustrofobia al dipinto.
Rosso Fiorentino:
Allievo di Andrea del Sarto, il giovane pittore, è soprannominato Rosso, per i suoi capelli
rosso brillante.
La Deposizione:
La sua opera più rappresentativa, nel quale il pittore scompone le figure rendendole quasi Deposizione
geometriche. I personaggi si arrampicano sulle scale assumendo pose scomposte ed
espressioni grottesche. San Giovanni si copre il volto in segno di disperazione volgendo le
spalle alla scena principale. La Maddalena inginocchiata a terra abbraccia Maria piegata dal
dolore. La porzione superiore mostra le figure impegnate a trasportare il corpo di Cristo. In
basso, Rosso si incentra sul dolore e la disperazione. L’antinaturalismo dell’artista in questo
dipinto, non è una negazione dell’umano ma un’esaltazione della drammaticità.
Il Cristo morto sorretto dagli angeli:
Recatosi a Roma, dopo l’elezione di Papa Clemente VII, lavora alla decorazione della
Cappella Cesi in cui dipinge il Cristo morto sorretto dagli angeli (opera mai consegnata a
causa di un litigio sorto tra il pittore e il committente). In questo dipinto si evidenzia Cristo morto sorretto
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l’influenza della cultura romana: il corpo sinuoso, l’anatomia definita che rimanda agli
Schiavi di Michelangelo.
La Deposizione dalla Croce:
A causa del tragico evento del Sacco di Roma, Rosso fugge dalla città. Ad Arezzo, dipinge
la Deposizione dalla Croce in cui torna sul tema delle scale poste sullo sfondo ma si
concentra sulla drammaticità della rappresentazione. In primo piano, domina il corpo
livido di Cristo, raffigurato con precisione e riconducibile a uno studio dal vero. Intorno, le
figure dei santi. La figura della Maddalena, rappresentata in modo moderno, ha le braccia Deposizione dalla Croce
incrociate ed una capigliatura elaborata. Al centro della scena è posta la Madonna sorretta
da alcuni personaggi. Dal fondo scuro, emerge una figura dal volto mostruoso che alcuni
studiosi ritengono sia simbolo del male che si contrappone alla purezza della contemplazione
di Gesù.
Il Cristo risorto in gloria:
Si trasferisce in Francia dove produce poche altre opere come il Cristo risorto in gloria. Al
centro si trova il Cristo, affiancato da quattro sante, due per lato, in posizioni simmetriche, a
formare la tradizionale piramide compositiva. Le più vicine rappresentano la Vergine
Maria (sinistra) e Sant'Anna dal volto molto danneggiato. Nella parte inferiore, in cui sono
presenti zone non finite, si raffigurati vari personaggi che rappresentano le varie popolazioni
del mondo che ricevono il messaggio di Cristo. Il Cristo risorto in gloria
Parmigianino:
E’ stato un pittore italiano, fondamentale esponente della corrente manierista e della pittura
emiliana in generale. L'appellativo “Parmigianino", oltre che dalle origini, gli derivò dalla corporatura minuta e
dall'aspetto gentile. La sua formazione è legata alla figura di Correggio ma il suo stile
è opposto a quello del maestro.
La decorazione di Rocca San Vitale:
Il Parmigianino realizza la decorazione per la Rocca San Vitale in cui riprende il
tema dedicato a Diana (come nella Camera della Badessa di Correggio), imitandone
anche l’impostazione iconografica. Parmigianino ripropone la volta illusionistica in
cui sono inseriti dei putti. Il tema centrale è quello del mito di Diana e Atteone, nel
quale il cacciatore viene punito per aver osato osservare la dea e le sue ninfe durante
Rocca San Vitale
il bagno. Il ragazzo, per punizione, viene trasformato in un cervo e quindi sbranato
dai suoi stessi cani. Lo steccato dipinto sulla volta, ha un effetto di chiusura e non di
dilatazione spaziale in questo modo si ha la sensazione di non poter uscire dalla camera. Anche i putti
raffigurati dal Parmigianino, non accennano minimamente né alla possibilità e né al
desiderio di uscire. In questa come nel successive opere, si incentra sul dettaglio e sui
particolari. Al centro della volta, inserisce uno specchio che ha lo scopo di catturare
l’immagine e di rifletterla. Inoltre, lo specchio nega l’apertura verso l’esterno (come con
l’oculo), ma fa rimbalzare la visione verso il basso per poi riportarla indietro.
Il Ritratto di Galeazzo Sanvitale:
Dipinge un famoso ritratto che contiene riferimenti ermetici (Della filosofia e delle dottrine
scientifiche). Galeazzo siede su una savonarola (sedia pieghevole), posta di lato.
Parmigianino nelle sue opere sovrappone molto spesso i piani: sullo sfondo pone un muro
dove dietro rappresenta un’apertura naturalistica, avanti al muro, dipinge un’armatura
lucente. Nel dipinto è presente quasi uno scontro tra architettura e natura. Galeazzo Sanvitale
dell’effetto convesso usato dell’Autoritratto, conferisce alla scena Conversione San Paolo
un’espansione esterna in senso “concavo”.
La Madonna e santi:
Utilizza ancora una volta un’inquadratura dilatata. La figura a mezzo busto ci dà le spalle ma
questo non impedisce di entrare nella narrazione del dipinto. In fondo, sono posti un arco e
una colonna rivestita dai rampicanti che creano un senso di profondità.
San Girolamo in meditazione:
Rappresenta un uomo dalla barba foltissima ma il corpo è ancora muscoloso e vitale.
L’intensità dello sguardo, il capo appoggiato sulla mano chiusa in un pugno mentre l’altra tiene
un crocifisso, conferiscono al dipinto, forza espressiva e potenza stilistica.
Amore che fabbrica l’arco:
Dipinto a tema profano, in cui il Parmigianino adotta una pennellata liscia che rende i corpi
levigati. Il giovane si volge incuriosito a guardarci interrompendo il suo lavoro di carpenteria.
Sullo sfondo, due putti capricciosi sorpresi a bisticciare.
La decorazione di Santa Maria della Steccata: Amore che fabbrica l’arco
A causa dei molti ritardi accumulati dai lavori di questi affreschi, nascerà un litigio con il
committente, al punto che il pittore venne imprigionato dopo essere stato accusato di
disobbedienza. La decorazione della volta ha come tema principale l’esaltazione della
Vergine e dei suoi simboli, raffigurati attraverso gli elementi della terra, dell’aria, dell’acqua
e del fuoco.
La Madonna dal collo lungo:
L’opera rappresenta la Madonna col Bambino e alcune figure angeliche. Sullo sfondo, è
rappresentata la figura di San Girolamo che srotola un lungo rotolo vicino ad un edificio
classico. L’opera resta incompiuta. L’intera composizione è dominata dalla figura di Maria
che tiene in braccio il Cristo Bambino. Parmigianino si concentra sulla resa delle forme,
utilizzando una linea sottile e sinuosa. Le forme allungate del collo e della mano della
Vergine, del corpo del Bambino, e della gamba dell’angelo, conferiscono all’opera i tratti
dello stile manierista.
Madonna dal collo lungo
Giulio Romano:
Raffaello, a differenza degli altri protagonisti del Rinascimento come Michelangelo e
Leonardo, operò sempre in collaborazione con un numero elevato di allievi. Molti di questi artisti, dopo la
morte di Raffaello e a causa del Sacco di Roma, si trasferirono in altri regioni o addirittura all’estero per lavorare
individualmente. L’erede per eccellenza fu Giulio Romano, diventato suo allievo sin da giovanissimo, lavorando
prima alle inquadrature architettoniche e poi agli affreschi come l’Incendio di Borgo nelle Stanze Vaticane.
Giulio si afferma da subito come architetto, come testimonia il suo contributo alla progettazione di Villa
Madama, quindi alla morte del maestro divenne il suo erede e portò a termine le sue opere incompiute,
aggiungendo alcuni elementi di carattere manierista. Rispetto ai primi grandi interpreti del Manierismo
(Pontormo, Rosso, Parmigianino), che utilizzano la pittura per esprimere un disagio sociale e isolamento,
Giulio Romano affronta questa crisi cercando conforto in un mondo immaginario.
Le Storie di Costantino:
Nell’ultima stanza dei Palazzi Vaticani, affidata all’artista dopo la morte di Raffaello, Giulio
realizza una decorazione ricca ed elegante. Il tema è quello delle Storie di Costantino, che
rappresenta il momento di massimo trionfo della Chiesa e della sua alleanza con l’Impero.
Il Ritratto di Giovanna d’Aragona:
Per cogliere le differenze tra Raffaello e Giulio Romano, possiamo considerare il Ritratto di
Giovanna d’Aragona. L’impostazione è ispirata a quelle di Raffaello, ma l’opera presenta
un amore per il dettaglio e per l’ostentazione dello stato sociale dell’effigiato, che non
appartengono allo stile del maestro. Gli studiosi hanno evidenziato come, nei ritratti di
Giulio, i soggetti rappresentati non guardano mai lo spettatore a differenza di quelli di
Raffaello che cercavano il nostro sguardo in maniera quasi invadente. Inoltre, Giulio
Romano raffigura le sue opere come se fossero un “quadro nel quadro”, per l’apertura Ritratto Giovanna d’Aragona
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verso altre stanze o altri spazi in modo da far proseguire, non solo i luoghi, ma anche la storia del soggetto
raffigurato.
La Madonna della Quercia:
L’artista predilige il collegamento tra i personaggi, molto amato da Raffaello che a sua volta
lo acquisisce da Leonardo. Inserisce spesso la natura morta che rende familiari e vissute le
ambientazioni mentre a volte svolgono una funzione puramente compositiva. In
quest’opera, l’aggiunta della culla è piuttosto insolito nell’iconografia tradizionale, ma oltre
ad avere un significato simbolico, accentua il senso di profondità. L’opera fu lasciata
incompiuta. La figura della Vergine è ispirata alla scultura antica e si unisce alle rovine poste
al lato. Il dipinto mostra tratti di modernità e realismo e quindi l’artista non si concentra
sulla ricerca dell’armonia a differenza di Raffaello.
Palazzo Te: Madonna della Quercia
L’artista lascia Roma per recarsi a Mantova, in cui gli viene affidato il progetto per la
realizzazione del Palazzo Te, complesso residenziale ispirato all’architettura romana antica e destinato a
funzione di svago e di rappresentanza della corte di Gonzaga. Giulio progetta un complesso aperto sul
paesaggio, in cui unisce il gusto per l’antico e le necessità di una corte rinascimentale. Il palazzo, presenta una
struttura a quattro ali ed è composto dalla
decorazione in bugnato unita alla semplicità
dell’ordine dorico. In questa struttura rigorosa
ed ordinata, Giulio inserisce degli elementi
discordanti: la trabeazione, mostra dei
cedimenti improvvisi, del tutto simulati, che
rendono il palazzo non tradizionale sotto il
profilo rinascimentale. All’interno, Giuro
progetta la decorazione dei numerosi ambienti Trabeazione Palazzo Te
Cellini:
Un aspetto caratterizzante del Manierismo maturo è la continua ricerca della difficoltà
esecutiva: esibire il virtuosismo che gli artisti mettono in evidenza per dimostrare la propria abilità e la
superiorità dell’arte rispetto alla natura. Maggiore esponente è Benvenuto Cellini, che grazie alla sua esperienza
a Roma nella corte di Clemente VII e poi presso la corte del re di Francia, maturò un gusto prezioso e raffinato.
Le sue opere presentano sempre una ricerca per la perfezione tecnica e l’eleganza.
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Il Perseo:
Perseo è il gigante che nella sua perfetta anatomia e potenza
espressiva, ricorda lo stile dell’arte di Michelangelo e la raffinatezza
dei bronzi di Donatello. Da una parte, il Perseo si presenta come una
sintesi della tradizione rinascimentale fiorentina, dall’altra parte, il
gusto del dettaglio e la preziosità dei materiali, costituiscono elementi
caratteristici del secondo Manierismo.
La Saliera:
Di dimensioni più piccole, è un oggetto che manifesta eccezionale Perseo Saliera
Inverno Acqua