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Storia dell’arte Moderna: Dal Rinascimento al Manierismo

Il Rinascimento:
Gli umanisti usarono l’espressione Rinascimento per indicare l’epoca che va dal ‘400 alla metà del ‘500 per
determinare un’epoca nuova rispetto al Tardogotico. Maggiori esponenti furono: Brunelleschi, Masaccio e
Donatello che elaborarono e rappresentarono una nuova visione del mondo grazie:
• Al Recupero dell’Antico attraverso lingue e testi classici;
• All’introduzione della Prospettiva centrale attribuita a Brunelleschi e sperimentata per la prima volta di fronte
al Battistero di San Giovanni (Firenze).
Questo metodo, è basato sull’individuazione del punto di vista (dove si trova l’osservatore), e sul punto di fuga
(dove convergono tutte le linee parallele).
In contrapposizione alla prospettiva centrale in Italia, troviamo la prospettiva empirica (basata sui sensi che
percepiscono) nel Nord Europa usata dai Fiamminghi. La profondità viene rappresentata non in modo
geometrico ma è basata sull’osservazione. Le opere fiamminghe sono più ricche di dettagli facendole apparire
più complesse rispetto a quelle del Rinascimento Italiano.
Un confronto tra Madonna del Cancelliere Rolin (Jan Van Eyck) e
Annunciazione (Beato Angelico) mostra la differenza tra
l’esuberanza del naturalismo fiammingo e il razionalismo della
pittura fiorentina. Nel Rinascimento, si è alla ricerca di un modello
di perfezione. L’Uomo Vitruviano (Da Vinci), è una sorta di
Manifesto del Rinascimento che rappresenta la figura umana al
centro e misura di tutte le cose.
Ghilberti e Brunelleschi:
Nel 1401, l’Arte di Calimala decreta un concorso per la
Madonna del Cancelliere Rolin Annunciazione
realizzazione della Porta Nord del Battistero di San Giovanni.
Ogni artista, doveva realizzare una formella rappresentante il
Sacrificio di Isacco. Parteciparono al concorso Ghilberti e
Brunelleschi.
• Ghilberti: (vincitore del concorso) rappresenta la scena come se
fosse un’istantanea: blocca i personaggi mettendo la scena in
pausa. Riprende la scultura classica come si nota dal bassorilievo
che decora l’altare su cui è inginocchiato Isacco, il nudo del
giovane, la morbidezza dei panneggi. L’osservatore s’incentra sui
dettagli dell’opera più che sulla tragicità della scena.
• Brunelleschi: le forme sono più sinuose e non s’incentra sulla Formella Ghilberti Formella Brunelleschi

precisione dei dettagli ma sulla scena. Abramo afferra la gola del


figlio, Isacco si torce dal terrore, l’angelo afferra il braccio di Abramo per fermarlo.
Tra il 1425 e il 1452, Ghilberti realizza la Porta del Paradiso (nome dato da Michelangelo) e presenta formelle
quadrate che rappresentano scene dell’Antico Testamento.
Cupola di Santa Maria del Fiore:
Nel 1418 Brunelleschi vince un altro importantissimo concorso, per la realizzazione della cupola della
Cattedrale di Santa Maria del Fiore (Firenze). Il primo progetto per la cupola venne realizzato da Arnolfo di
Cambio che abbandonò il lavoro a causa delle sue difficoltà esecutive. Brunelleschi propone un sistema
innovativo basato sulla cupola autoportante a doppia calotta a forma ottagonale (con 8 vele che si congiungono
al vertice) mantenendo le caratteristiche della pianta disegnata da Arnolfo di Cambio. I Conci (pietre da
costruzione) sono posti a spina di pesce per permettere il mantenimento degli stessi, fornendo appoggio
all’anello superiore. Il sistema a doppia calotta, alleggerisce il peso della cupola e i due gusci sono separati da
un’intercapedine percorribile. Il vertice, presenta un’apertura chiamata serraglio, che chiude le due calotte. Sul
vertice, è presente una lanterna che rende stabile tutta la costruzione. Per la realizzazione vengono usati due
macchinari:
• Argano a tre velocità: solleva e abbassa i carichi (trainato da animali);
• Gru girevole: per costruire la lanterna (capace di ruotare a 360°)
Lo Spedale degli Innocenti:
Nel 1419, Brunelleschi fu chiamato per progettare la facciata dello Spedale degli Innocenti che ospitava orfani
e bambini abbandonati. Concepisce una loggia dove la luce entra in modo progressivo così da accompagnare il
visitatore in modo graduale. Essa è composta da nove arcate ispirate all’architettura classica dove Brunelleschi
riprende l’ordine corinzio. Brunelleschi accentua il contrasto tra l’intonaco bianco e la pietra grigia. Innovativo
anche l’arco a tutto sesto (sesto è il nome antico del compasso; l’arco è a forma semicircolare (180°)) che
permette una vista regolare e sinuosa rispetto al Gotico (arco a sesto acuto, che finisce a punta sul vertice).
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La sagrestia Vecchia di San Lorenzo:
Chiamata “Vecchia” per distinguerla da quella “Nuova” ideata da Michelangelo, è realizzata tra il 1419 e il
1428, Brunelleschi imposta una pianta divisa in due spazi:
• Uno cubico: più grande dove è posta una cupola a 12 spicchi;
• Una scarsella (abside rettangolare o quadrata): dove si trova l’altare
Anche qui viene utilizzato il contrasto tra pietre grigie e intonaco bianco per accentuare le linee geometriche
della struttura.
Basilica San Lorenzo e Cappella dei pazzi:
Realizzata tra il 1418 e il 1421, presenta una pianta a croce latina con la cupola all’incrocio dei bracci.
Brunelleschi, presenta la stessa struttura della sagrestia Vecchia (pianta divisa in due spazi) ma a pianta
rettangolare invece che quadrata per rendere lo spazio più grande.
Santa Maria degli Angeli:
Primo edificio rinascimentale a pianta centrale con spazio circolare (non verrà terminato). La struttura a pianta
centrale sarà importante per gli architetti successivi nel pieno del Rinascimento come Donato Bramante.
Santo Spirito:
Brunelleschi abbandona lo stile lineare per sperimentare di nuovo lo spazio circolare. Inizialmente progetta un
perimetro composto da cappelle semisferiche. Nella fase esecutiva, dopo la morte dell’architetto, il perimetro fu
realizzato in modo rettilineo.
Donatello:
Artista rinascimentale Italiano specializzato in pittura e scultura, contribuì anche grazie
ai suoi spostamenti, la diffusione dell’arte rinascimentale. Il suo viaggio più importante
fu quello fatto a Roma con Brunelleschi che lo face avvicinare al mondo cristiano e
all’Impero romano.
San Giorgio:
Uno dei suoi primi capolavori realizzato nel 1416. L’opera è composta dalla statua del
santo guerriero (guerriero di Dio) su una predella (base) a bassissimo rilievo
(stiacciato). Il suo volto lascia intravedere l’espressione eroica e spirituale. Il corpo è in
posizione rigida, con un braccio sostiene lo scudo. Donatello abbandona lo stile
Gotico (sculture eleganti) e si avvicina allo stile delle statue pubbliche romane
(esempio di virtù e modello civico). La predella raffigura San Giorgio che, sul suo
cavallo, uccide il drago. Per la realizzazione, adotta la prospettiva centrale di
Brunelleschi.
Il banchetto di Erode: San Giorgio

Realizzato tra il 1423 e il 1427 è un bassorilievo posto nel battistero di Siena e


rappresenta la consegna della testa del Battista al banchetto. I personaggi vengono
rappresentati con espressioni inorridite: alcuni sono increduli, altri portano le mani al
volto. Donatello separa gli invitati in due gruppi per portare la vista dell’osservatore
sullo sfondo, presentando un palazzo con delle arcate. Donatello arricchisce l’opera
con numerosi dettagli: i mattoni sullo sfondo, la tavola imbandita. Elementi
importanti sono mani e teste che ruotano accentuando il movimento.
La Madonna delle Nuvole:
Realizzata nel 1425 è rappresentata con la tecnica dello stiacciato. Maria occupa
tutto lo spazio nell’opera, le figure sono possenti. Banchetto di Erode
La Cantoria del Duomo di Firenze:
Realizzata per il Duomo di Firenze tra il 1433 e il 1439, raffigura dei putti mentre
danzano sotto a un loggiato in mosaico. La scena è dinamica grazie ai movimenti e
alle espressioni delle figure.
Il David:
Opera realizzata in bronzo nel 1440, rappresenta David, un ragazzo giovanissimo al
termine della sua faticosa impresa (uccidere il gigante). La scultura presenta degli
accenni gotici (si nota dall’inarcamento che contraddistingue le statue realizzate
durante il periodo gotico), ha una posa naturale in cui si accentuano i contrasti di
chiaroscuro creati dalle linee e dalle curve del suo corpo. Nella sua mano, è presente
la spada con la quale ha ucciso il gigante. Sotto al suo piede, è presente la testa
decapitata del suo nemico.
L’Altare del Santo nella Basilica di Sant’Antonio:
Composto da 7 statue, bassorilievi in bronzo e uno in marmo. Inizialmente il
complesso presentava una struttura architettonica composta da un baldacchino e un David

basamento ma fu smantellato nella seconda metà del ‘500 (ne rimane una traccia
iconografica nella Pala di San Zeno di Andrea Mantegna). Fulcro dell’opera è la Vergine,
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seduta su un seggio affiancato da due Sfingi (segno di protezione). I 4 rilievi in bronzo, rappresentano i Miracoli
di Sant’Antonio in cui raffigura spazi urbani, complessi architettonici e gruppi di personaggi. Utilizza lo
stiacciato per creare diverse profondità all’opera. L’opera Deposizione, è realizzata con pietra calcarea e
mosaico per riprendere i rilievi funebri classici. Rappresenta Cristo che giace morto sul sepolcro (decorato da
forme geometriche). La scena tragica, allude ad una resurrezione che non avverrà.
Il Gattamelata:
Primo monumento equestre realizzato da Donatello tra il 1370 e il 1443, eretto in
onore del condottiero Erasmo da Narni (detto il Gattamelata), in cui Donatello
ripropone l’immagine dell’eroe classico simbolo di gloria. L’opera venne realizzata
per il sepolcro del condottiero. Nell'ideazione della statua equestre Donatello, si
distaccò dai tradizionali esempi gotici, facendo riferimento al monumento romano
di Marco Aurelio, mentre per il cavallo si ispirò ai Cavalli di San Marco a Venezia. Il
cavallo è ben fermo sulle zampe, una delle quali poggia su una palla di cannone. Il
cavaliere ha un’armatura di tipo romano ed è rappresentato con realismo, nel gesto,
nei lineamenti e nello sguardo fiero.
Il Gattamelata
Jacopo della Quercia:
Nacque a Siena nel 1371, rappresenta l’anello di congiunzione tra la cultura della sua
città, ancora tardogotica e i nuovi orientamenti artistici e culturali.
Il monumento funebre di Ilaria del Carretto:
Capolavoro indiscusso dell’artista, realizzato nel 1406, commissionato dal
signore di Lucca come sepoltura della coniuge. L’ opera inizialmente non era
posta nella Cattedrale ma nella chiesa di San Francesco dove si trovava la
Cappella di famiglia. Prima di essere spostata, l’opera aveva un basamento che
imitava i sarcofagi classici con putti e festoni, una cassa di marmo (perduta), il
coperchio della cassa che raffigurava il ritratto della defunta e un baldacchino
(anch’esso perduto). L’opera, mostra un richiamo all’Antico con riferimento
cristiano dato dalla croce raffigurata sul basamento. L’artista voleva conferire
all’opera una visione a tutto tondo, a differenza dei sarcofagi classici, lavorati su
tre lati. L’opera, lavorata in marmo, è realizzata in altissimo rilievo. Il cane, posto
ai piedi della donna, è simbolo di fedeltà coniugale. M.F. Ilaria del Carretto

La fonte Gaia:
Realizzata dall’artista tra il 1414 e il 1419, per la piazza principale della propria città (Siena). Le opere originali,
sono state danneggiate dal tempo e ora sono conservate nel Museo di Santa Maria della Scala, mentre in piazza
sono state sostituite da copie ottocentesche. Le figure sono morbide, accompagnate da panneggi abbondanti e
movimentati. La Sapienza (una delle opere) mostra caratteristiche Gotiche (raffinatezza) e Rinascimentali
(fisicità). Di grande impatto, è la lavorazione del mantello che conferisce all’opera un netto contrasto tra luci e
ombre.
Masaccio:
Nasce nel 1401 e fu uno degli iniziatori del Rinascimento a Firenze, rinnovando la pittura secondo una nuova
visione rigorosa, che rifiutava gli eccessi decorativi e le artificiosità dello stile allora dominante, il Gotico
internazionale. Le innovazioni di Brunelleschi, vengono tradotte in chiave pittorica soprattutto nelle sue opere
adottando il punto di fuga e la griglia prospettica, inoltre, dona ai suoi personaggi estremamente espressivi, forti
volumi rendendoli tridimensionali. Oltre a posizionare i personaggi in uno spazio, Masaccio sperimenta l’uso
dei gesti e delle posture per rappresentare al meglio le emozioni.
Il Trittico di san Giovenale:
Dipinto nel 1422, in cui Masaccio “sfonda” la prospettiva dell’opera
aggiungendo il trono (Giottesco) dove è seduta la Vergine, mentre ai lati,
posiziona due angeli inginocchiati con le spalle rivolte all’osservatore.
Queste due figure guidano il nostro occhio lungo il punto di fuga
riequilibrando il resto dell’opera. La difficoltà di unificare prospetticamente
la scena, ostacolata dalla struttura a tre scomparti dell’opera, viene risolta
da Masaccio grazie alle linee ortogonali del pannello centrale che
convergono verso i volti della Madonna e del Bambino, e alle linee del
pavimento, presente in tutti e tre i pannelli, che si riuniscono in un unico Il Trittico di San Giovenale

punto di fuga, esterno alle tavole.


Il Polittico di Pisa:
Realizzato nel 1426 per la chiesa del Carmine, è rappresentato da un complesso di pannelli (alcuni andati
persi). Sono presenti:
• Il San Paolo;
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• La Crocifissione: Raffigurata su fondo oro, Masaccio usa toni saturi sui personaggi ai piedi della croce per
accentuare la drammaticità della scena. La gestualità contenuta di Maria e
Giovanni, si contrappone a quella di Maddalena, che inginocchiata ai piedi
della croce, porta le mani al cielo in segno di sconforto;
• Il Sant’Andrea;
• La Madonna col Bambino in trono e quattro angeli: le figure presentano
posture naturali, raffigura al centro la Madonna con in braccio il bambino, ai
piedi due angeli musicanti e dietro, per dare un senso di profondità alla scena,
inserisce due figure poste in scorcio che conducono visivamente al punto di
fuga posto al centro del dipinto. Masaccio scopre l’uso del panneggio per
costruire i volumi. Decora il trono con rose e colonnine in stile corinzio
ricordando elementi architettonici;
• Le Tavolette raffiguranti i Santi; Polittico di Pisa (Masaccio)

Si pensa che i pannelli mancanti raffigurassero alti santi. I volti dei personaggi
presentano grande forza emotiva grazie al gioco di luci e agli sguardi.
Masaccio e Masolino:
Nel 1424 Masaccio, insieme a Masolino, artista più anziano e ancora legato allo stile Gotico, decora la
Cappella di Santa Maria del Carmine a Firenze. Questo lavoro, commissionato da Felice Brancacci, sarà
interrotto a causa della partenza di Masolino per l’Ungheria. Il tema del ciclo pittorico sono le Storie di San
Pietro, il Peccato Originale (Masolino) e la Cacciata dei progenitori dal Paradiso
terrestre (Masaccio).
Il peccato originale e la cacciata dal Paradiso terreste:
Le due opere presentano forti differenze: le figure di Masolino sono eleganti,
composte e raffinate. L’artista mostra Adamo ed Eva in piedi, entrambi nudi, mentre
stanno per mordere il frutto proibito che il serpente dal volto di donna ha offerto loro.
L’opera di Masaccio, presenta elementi possenti con una forte tragicità nelle
espressioni. Nella Cacciata, Adamo che porta le mani al volto in segno di vergogna,
Eva consapevole delle sue nudità (a causa della perdita dell’innocenza), cerca di
coprirsi. L’angelo, rappresentato con ali rosse, brandisce una spada in segno di Cacciata Peccato O.
vendetta.
Il Tributo:
Affresco realizzato tra il 1425 e il 1428, rappresenta tre momenti dell’episodio
evangelico. Al centro vengono raffigurati Cristo e gli Apostoli invitati dal
Gabelliere (chi riscuoteva le gabelle per conto dell’autorità), a versare un
tributo per il tempio di Gerusalemme. In fondo a sinistra, Pietro raccoglie la
moneta dentro un pesce appena pescato, mentre a destra è rappresentata la
scena in cui Pietro paga il tributo. Masaccio pone i personaggi in uno spazio Il Tributo

sobrio ed essenziale, a destra mostra qualche edificio per evidenziare l’uso della
prospettiva e a sinistra dipinge un paesaggio naturale ma asettico, inoltre, raffigura la onde
per donare profondità all’opera.
La Sant’Anna Metterza:
Realizzata da Masaccio e Masolino tra il 1424 e il 1425, rende evidenti le differenze tra i
due artisti: Masolino dipinge Sant’Anna e gli angeli rappresentandoli esili e privi di volume.
Masaccio dipinge la Madonna, il bambino e l’angelo in alto a destra in modo compatto ma
espressivo. Masaccio si rifà a Giotto: Pone la Vergine in un cubo dove l’unica cosa che dona
tridimensionalità sono le ginocchia che s’intravedono dal mantello. L’Angelo di Masaccio ha
uno sguardo teso con le braccia allungate con forza mentre quelli di Masolino presentano
forme sinuose, privi di sforzo fisico. La disposizione delle figure è posta in maniera Sant’Anna

cronologica: dall’Antico al Nuovo Testamento quindi da Sant’Anna al Bambino. Il dettaglio del


braccio alzato di Sant’Anna verrà ripreso da Leonardo più tardi.
Trinità Santa Maria Novella:
Datata 1427, è un affresco che unisce pittura e architettura. L’occhio dell’osservatore
nota innanzitutto lo scheletro posto i primo piano per poi rivolgere lo sguardo più in
alto dove sono raffigurati i committenti: Berto di Bartolomeo e sua moglie inginocchiati
mentre pregano. Al centro dell’opera, viene rappresentata la Trinità composta da Cristo, Dio e
lo Spirito Santo (la colomba posta sul capo di Cristo). Ai lati, Maria (rivolta verso lo spettatore)
e San Giovanni Evangelista che compongono la classica iconografia della Crocifissione.
Masaccio adotta diversi punti di vista per quest’opera: Dio e Cristo (prospettiva frontale),
Maria e Giovanni (vengono visti dal basso), i donatori (vengono visti dall’alto). Trinità Santa Maria Novella
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La Cappella di Santa Caterina:
Realizzata da Masolino nel 1431, rappresenta la testimonianza che caratterizza l’arrivo del Rinascimento a
Roma. All’ingresso viene rappresentata l’annunciazione: l’angelo e la Madonna sono posti in un’architettura
ricca di colonne che ricordano una voliera.
Gentile da Fabriano:
Artista versatile e aperto alle novità, che ha saputo declinare il suo stile adattandosi alle
richieste dei clienti. Gentile da Fabriano punta sull’osservazione della natura in modo
attento e sensibile come nel tardogotico e allo stesso tempo si dedica agli effetti
illusionistici nelle finte architetture (come nell’adorazione dei Magi).
Polittico di Valle Romita:
Dipinta nel 1408, unisce all’osservazione del vero, il Gotico. Questa particolarità si
può osservare dalla raffinatezza dei dettagli e il naturalismo del prato fiorito su cui
sono raffigurati i santi ricordando l’arte del ‘300. Anche le decorazioni delle cornici e
l’uso dei caratteri gotici nelle iscrizioni riprendono il vecchio stile.
La Madonna col Bambino:
Realizzata nel 1419, G. d. F. si avvicina all’Umanesimo, infatti abbandona i caratteri
gotici per quelli latini. Il bambino indica con il dito la scritta MATER che orna il bordo Polittico V.Romita (G.d.F.)

della veste di Maria. Il fondo oro e gli abiti preziosi che coprono il trono su cui sono
seduti conferiscono all’opera solennità.
L’adorazione dei Magi:
Realizzata tra il 1421 e il 1423, presenta un’elaborata cornice che imita i trittici.
Raffigura il corteo che partendo dall’orizzonte, conduce i Magi verso la Sacra
Famiglia. Il dipinto presenta tratti innovativi dell’arte Rinascimentale ma riprende a
tratti lo stile Gotico. La scena principale è quella centrale, dove vengono rappresentati
i Magi giunti dall’Oriente per adorare Gesù. L’opera è molto dettagliata (stile Gotico).
Lo scomparto centrale non presenta una struttura spaziale ordinata (stile
Rinascimentale), lasciando che siano i personaggi e i dettagli a costruire la scena.
Sopra sono poste tre lunette che raccontano momenti diversi del viaggio dei Magi.
Il Polittico Quaratesi: L’adorazione dei Magi
Impostazione Tardogotica, dipinto nel 1425, le pose dei personaggi sono disinvolte e
presenta particolare attenzione nei dettagli come nell’armatura di San Giorgio e
nell’abito di San Nicola.
Beato Angelico:
Essendo un monaco domenicano, influenza fortemente la sua pittura (di carattere devozionale). Il pittore
assimila velocemente le novità artistiche di Gentile da Fabriano e quelle rinascimentali
di Masaccio e Masolino.
L’Annunciazione di Cortona:
Realizzata nel 1430, evidenzia la sua capacità di unire le novità del momento e la
spiritualità. L’opera è di ispirazione classica, dipinta su tavola, presenta diverse scene:
la scena principale è l’Annunciazione che rappresenta l’arcangelo al cospetto della
Vergine. Presenta un’architettura elegante con arcate sostenute da colonne corinzie.
L’opera presenta un prato rigoglioso a differenza di quello gotico (prato fiorito). La
palma, simboleggia la madre di Gesù e il martirio. In alto è rappresentata la scena
della Cacciata dal Paradiso terrestre per evidenziare la differenza tra la Vergine (devota
al Signore) ed Eva (disubbidiente). L’Ann. di Cortona

La decorazione del convento di San Marco:


Elabora il ciclo dell’opera con una squadra di collaboratori come Benozzo Gozzoli. I
personaggi mostrano dettagli iconografici soprattutto nei volti: nell’Adorazione dei Magi i volti più importanti
venivano trattati con precisione. Nel Cristo deriso San Domenico spicca per l’intensità dell’espressione, per i
suoi gesti e per la vivacità del panneggio. Nella Trasfigurazione la scena è priva di
drammaticità. Gesù viene rappresentato con le braccia aperte simulando la crocifissione
pervaso da una luce che abbaglia la scena. La luce, è presente in maniera dominante
nella pittura di Beato Angelico per evidenziare la sua fede.
L’incoronazione della Vergine:
Realizzata tra il 1434 e il 1435 presenta una composizione piramidale con base
adiacente alle figure inginocchiate in primo piano e il suo vertice è posto sul trono dove
siede Gesù. Luci e colori guidano l’occhio dell’osservatore alla lettura dell’opera.
Presenta una ricchissima varietà di tessuti e dei ricami, ed evidenzia marmi e i decori
dei gradini e del trono. Ogni personaggio, ha postura, abbigliamento ed espressione
L’incoronazione della Vergine
differenti.
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La Cappella Niccolina:
Beato Angelico realizza 4 cicli pittorici nei palazzi Vaticani (sopravvive solo quello conservato nella cappella
privata del pontefice). In questi affreschi, si nota la testimonianza del Rinascimento a Roma prestando
particolare attenzione alle architetture. Nella Lapidazione di santo Stefano sono rappresentate le Mura
Aureliane. Rispetto alle opere precedenti, Beato Angelico dimostra una maggiore padronanza della volumetria
soprattutto nei corpi che risultano più rotondi e pieni.
Paolo Uccello:
Formato nell’ambiente Tardogotico e del primo Umanesimo, dedicò la sua vita alla passione della prospettiva.
Le sue opere sono un connubio tra le novità compositive introdotte da Brunelleschi, Masaccio e Donatello e lo
stile fiabesco del Gotico Internazionale.
Ciclo pittorico della Battaglia di San Romano:
Capolavoro dell’artista realizzato nel 1438 per il palazzo di Salimbeni (Firenze) in onore della Battaglia di San
Romano del 1432 fra le truppe fiorentine e sinesi. Il pannello di sinistra, conservato a Londra mostra Niccolò de
Toletino che guida le truppe fiorentine all’attacco cogliendo di sorpresa l’esercito nemico. Nella tavola centrale
posta a Firenze è rappresentato il condottiero Bernardino della Ciarda (Sinese) che viene allontanato dai
fiorentini. Infine il pannello di destra posto al Louvre, mostra il momento decisivo della battaglia: l’arrivo delle
truppe fiorentine garantendo la vittoria. Abile uso della prospettiva, la composizione è priva di emotività e
sentimento. I cavalli, sono composti da forme geometriche ricordando delle marionette.
La storia della genesi e storie di Noè:
Dipinta in collaborazione con altre botteghe. A Paolo Uccello e ai suoi collaboratori vengono affidati gli
episodi raffigurati sul lato est come La Creazione di Adamo e degli animali, Peccato originale, Diluvio e
recessione delle acque e Sacrificio ed ebbrezza di Noè.
La Caccia notturna:
Ultima opera dell’artista. La prospettiva è data dalla fitta boscaglia nella quale si intravedono i cani, in primo
piano, i cacciatori a cavallo. Il rosso delle giubbe risalta nell’opera scura. I personaggi
sembrano dirigersi tutti verso il punto di fuga.
Domenico Veneziano:
La Pala di santa Lucia de’Magnoli:
Si forma nell’ambito della cultura Gotica. La sua pittura è chiamata “pittura luce” (per
l'uso di colori chiarissimi). La Pala di Santa Lucia de’Magnoli è considerata il lavoro
migliore di Domenico Veneziano, il dipinto nel quale l’artista ha saputo interpretare
al meglio le innovazioni dell’arte del primo Rinascimento fiorentino. Presenta una
prospettiva rigorosa inserendo un’apertura sul soffitto dell’opera che lascia entrare
luce dall’alto (che taglia lo spazio con un fascio chiaro, con ombra sul lato destro del Pala S.Lucia de’Magnoli
dipinto), lasciando intravedere gli alberi e il cielo. Maria e il bambino, sono circondati
da un’architettura sofisticata e geometrica.
Leon Battista Alberti:
E’ stato un architetto ma anche uno scrittore, matematico, filosofo, musicista,
archeologo ecc. insomma, fu una delle figure artistiche più poliedriche
del  Rinascimento. A differenza di Brunelleschi, si concentra più sull’attività teorica
che non sulla pratica (progettazione). Alberti, scrive diversi testi menzionando alcuni
canoni, ad esempio: nel "De statua" descrive le proporzioni del corpo umano, nel "De
pictura" fornisce la prima definizione della prospettiva  e infine nel "De re
aedificatoria" (opera cui lavorò fino alla morte, nel  1472), in cui scrive Tempio Malatestiano
dell'architettura moderna, sottolineando l'importanza del progetto e le diverse
tipologie di edifici a seconda della loro funzione. 
Il Tempio Malatestiano a Rimini:
Gli studi classici e la lunga permanenza a Roma, consentono ad Alberti di apprendere
i canoni estetici dell’architettura antica. Il Tempio Malatestiano (nome originale della
chiesa: Chiesa di San Francesco a Rimini) è denominato così in onore di Sigmondo Timpano

Malatesta (Signore della città e sostenitore del progetto). Ispirato all’architettura antica
presenta un arco d’ingresso, affiancato da due arcate cieche (finte, senza entrata). L’artista
recupera l’ordine corinzio e posiziona sulle facciate laterali, delle arcate che ricordano
quelle degli acquedotti romani. Una medaglia realizzata da Matteo de’Pasti rivela che la
facciata, rimasta incompiuta, prevedeva due semitimpani (Timpano: superficie racchiusa
dentro la cornice del frontone) curvilinei. Inoltre, il progetto prevedeva una maestosa
cupola, come quella del Pantheon, che non venne però mai realizzata.
Le opere per Giovanni Rucellai: La Facciata del palazzo Rucellai:
A Firenze, L.B. Alberti lavora per Giovanni Rucellai (ricco mercante) per la progettazione di
alcuni monumenti unendo la cultura umanistica dell’artista e l’interesse per l’Antico del Palazzo Rucellai
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committente.
La Facciata di Palazzo Rucellai:
Edificio rivestito a Bugnato (motivo o rivestimento ornamentale architettonico costituito da bugne) e decorato
dai tre ordini: Dorico, Ionico e Corinzio posti su tre livelli sovrapposti. Il palazzo presenta
armonia decorativa e proporzioni equilibrate.
La Cappella Rucellai: il Tempietto del Santo Sepolcro:
Monumento funebre progettato per lo stesso Rucellai, nella chiesa di San Pancrazio,
Firenze. Alberti cerca di realizzare una copia del Santo Sepolcro di Gerusalemme
(tipologia architettonica diffusa nel Rinascimento). A ispirarne la costruzione, il Sancta
Sanctorum (edificio medievale di Roma) ammirato da Rucellai durante il soggiorno a
Roma. Sulla parte superiore del tempietto è posta un’iscrizione: 1467, data della
conclusione dei lavori. Sull’estremità del tempietto c’è una decorazione marmorea di
gigli fiorentini. Il monumento porta sulle facciate degli stemmi, tra questi, quello di
Rucellai: Una vela spiegata simbolo della fortuna che aveva accompagnato la sua
attività commerciale.
Facciata di Santa Maria Novella: Cappella Rucellai

Anche in essa, si trova il simbolo della vela di


Giovanni Rucellai perché il mercante ottenne
dall’Arte della Lana (che ne aveva la custodia), il
consenso a commissionare i lavori della facciata.
Alberti, salvaguardia i sepolcri esistenti (Gotici)
completando l’insieme della facciata equilibrando il
nuovo con l’antico. Nella parte inferiore aggiunge
quattro semi colonne corinzie e tra le due centrali,
inserisce un portale che ricorda quello del Pantheon.
S.M.Novella Voluta
La parte superiore è circoscritta in un quadrato che
riprende la struttura modulare del Rinascimento. Al
centro, un rosone che riprende i cerchi nelle volute (particolare ornamento geometrico
di forma a spirale) e nel frontone (elemento architettonico di forma triangolare che racchiude il timpano).
Leon Battista Alberti a Mantova: San Sebastiano:
A partire dal 1459, Alberti lavora a Mantova per la famiglia Gonzaga in cui
sperimenta la creazione di un edificio a pianta centrale. Questo nuovo metodo
viene applicato per la costruzione della chiesa di San Sebastiano. Essa presenta una
pianta a croce greca rialzata su un podio da cui si accede ad una cripta (complesso
di ambienti sotterranei) preceduta da un pronao (colonne davanti alla cella del
tempio) classico. Inizialmente, l’edificio presentava una cupola ma è stata sostituita
da una volta a crociera. Il progetto era basato sul principio di un quadrato
(riprendendo l’impostazione di Santa Maria Novella), ma presenta differenze come
dimostrano i tre ingressi primi di accesso diretto. San Sebastiano
Sant’Andrea:
Dieci anni più tardi, Alberti progetta la chiesa di Sant’Andrea. La pianta è a croce
latina, con navata unica avente tre cappelle laterali per lato. Inserisce una struttura che
si alza al di sopra del timpano e che oltre a conferire slancio all’edificio, favorisce
l’illuminazione al suo interno grazie ad un grande oculo (Apertura o finestra
circolare). L’edificio risulta estremamente plastico con forti contrasti dei volumi che gli
conferiscono un aspetto quasi scultoreo. L’arco dell’ingresso della chiesa, presenta
una volta a botte cassettonata (ispirata all’antico) che rende lo spazio dinamico e
luminoso.
I Fiamminghi:
Nei primi decenni del ‘400, oltre al Rinascimento in Italia, nacque la pittura
Fiamminga, le cui opere si diffusero in un’area molto ampia, sia per la qualità dei
prodotti, sia per la posizione delle Fiandre (che comprendono Belgio e Olanda) e i Chiesa Sant’Andrea

suoi rapporti economici e politici con l’Europa. Le differenze tra arte rinascimentale e
fiamminga sono molte: mentre l’arte rinascimentale rivoluzionò un po’ tutte le arti
(architettura, pittura, scultura e le arti una volta definite minori), le novità dell’arte fiamminga riguardarono
esclusivamente la pittura. Un’altra differenza sostanziale è che l’arte rinascimentale fu molto più rivoluzionaria,
in quanto impostò una nuova visione artistica “moderna”, mentre l’arte fiamminga va vista soprattutto come
un’evoluzione dell’arte tardo gotica, intenta a conquistare solo maggior naturalismo. Non sono interessati a
studiare la profondità dello spazio nelle loro opere, ma concentrano la loro attenzione su figure, ambienti e
oggetti. I Fiamminghi perfezionarono e svilupparono la tecnica della pittura ad olio (già conosciuti e utilizzati
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senza successo nel Basso Medioevo) che, al contrario della tempera che asciugava rapidamente, permettevano
di sfumare più facilmente e di creare Velature (procedere per stati di colore più o meno trasparenti), rendendo il
dipinto brillante poiché asciugava lentamente, permettendo di ritoccare l’opera e di lavorare sui dettagli.
Molteplici sono stati i protagonisti dell’arte fiamminga. Tra di essi il più noto è Jan Van Eyck, indicato come
l’inventore di questo nuovo movimento artistico. In realtà, a far nascere il nuovo stile contribuì in maniera
determinante è un altro artista: Robert Campin (Maestro di Flémalle).
Robert Campin:
Il Trittico di Mérode:
Una delle opere più famose dell’artista, che rappresenta nel pannello
centrale l’Annunciazione, nei due pannelli laterali, rappresenta i due
committenti inginocchiati e nell’altro San Giuseppe falegname. Nella
scena principale, Maria siede a terra in segno di umiltà mentre legge testi
sacri che alludono alla continuità tra Antico e Nuovo Testamento. Intorno Trittico di Mérode
a lei, l’artista dipinge molti oggetti “domestici” ma che in realtà
nascondono significati: I Gigli, alludono alla sua verginità, i leoni sulla panca,
rimandano al trono di Re Salomone e al ruolo di Maria come Sedes Sapientiae (Maestà), la
candela appena spenta sul tavolo, indica un possibile rimando allo sposalizio tra Maria e il
Signore o l’attimo preciso in cui lo Spirito Divino feconda Maria. Dalla finestra dietro
l’Arcangelo, l’artista raffigura una miniatura di Gesù Bambino che porta una croce, che
allude al tema dell’incarnazione. Nel pannello di destra, san Giuseppe è intento a costruire
trappole per topi: si tratta probabilmente di una citazione di Sant’Agostino secondo la quale
l’incarnazione di Cristo avrebbe permesso di catturare il diavolo. Il Trittico di Mérode
costituisce una delle prime scene dell’Annunciazione in un interno.
Jan Van Eyck: Miniatura Gesù Bambino
Il più celebre esponente della pittura fiamminga, che rivela nella sua pittura uno
straordinario e innovativo naturalismo evidenziato soprattutto nei ritratti molto espressivi,
avvalendosi della tecnica della pittura ad olio.
La nascita di San Giovanni Battista:
Abile nel realizzare miniature, Jan Van Eyck dirige alcune opere del “Libro d’Ore” in cui rappresenta una scena
in un ambiente casalingo colmo di oggetti simbolici, i colori sono accesi e con la loro armonia cromatica
guidano l’occhio a scrutare ogni dettaglio dell’opera.
Il Polittico dell’Agnello mistico:
Dipinto nel 1432, è ritenuto il capolavoro di Jan Van
Eyck. L’opera, viene realizzata insieme al fratello
maggiore Hubert ed è composta da 12 pannelli di legno
di quercia disposti a libro (in modo che la pala possa
aprirsi e chiudersi mostrando dipinti su entrambi i lati).
Sui pannelli esterni, l’immagine principale è
l’Annunciazione, sotto sono raffigurati i committenti
inginocchiati e le figure di San Giovanni Battista ed
Evangelista dipinti in monocromo. All’interno, il polittico Polittico Interno
si apre su due livelli sovrapposti: quello superiore dove
vengono rappresentati Dio (al centro), affiancato da Maria e San Polittico esterno

Giovanni Evangelista, ai lati, gli angeli musicanti. Ai lati estremi dell’opera, vengono dipinti
Adamo ed Eva. Il livello inferiore raffigura in uno spazio paradisiaco, l’Agnello mistico (che
allude al sacrificio di Gesù), posto su un altare vicino alla fontana della vita. L’opera ha due punti di fuga, che
corrispondono agli angeli in ginocchio di fronte all’altare, che aprono l’orizzonte. In questo caso, il punto di
fuga non è posto su fulcro dell’opera (L’Agnello) per cui l’occhio è libero di vagare verso
uno spazio infinito a differenza della pittura rinascimentale.
Il Ritratto d’uomo con copricapo azzurro:
Jan Van Eyck nei ritratti mostra tutta la sua ricerca sull’espressività. Questo ritratto,
costituisce un esempio dell’abilità dell’artista in questo genere pittorico: concentra tutta
l’attenzione sul volto del personaggio, raffigurato leggermente di tre quarti, con una posa
che evidenzia i volumi grazie al forte contrasto chiaroscurale. Il copricapo e la pelliccia
fanno pensare che l’uomo ritratto sia benestante. L’anello allude ad una promessa di
matrimonio o al fatto che l’uomo sia un orefice. L’artista, dipinge in modo minuzioso i
particolari: la barba, le sopracciglia, la piega delle palpebre.
Il Ritratto dei coniugi Arnolfini:
Dipinto fortemente simbolico, tipico dell’arte fiamminga. Rappresenta due mercanti Ritratto d’uomo con c. azzurro

fiorentini trasferiti nelle Fiandre in procinto di scambiarsi la promessa di matrimonio. Di


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fronte a loro, è dipinto un cagnolino simbolo di fedeltà coniugale.
La scena si svolge nella loro abitazione in cui il colore dominante è
il rosso (colore caldo e accogliente). La stanza, è illuminata da una
finestra, in cui sono poste delle arance, simbolo di nobiltà. Le
ciabatte in primo piano, alludono alla vita domestica e al rispetto
della sacralità del luogo in cui si svolge la cerimonia. La candela
accesa sul lampadario, indica la presenza di Dio. Lo specchio posto
sul fondo, oltre ad evidenziare la precisione e la bravura dell’artista,
consente di avere due punti di vista offrendo allo spettatore
un’immagine riflessa che consente di osservare la parte opposta Specchio e firma Coniugi Arnolfini (J.V.Eyck)

della stanza. Infatti, mostra l’immagine riflessa dei due coniugi di


spalle e altri due personaggi: uno di questi era probabilmente l’artista,
testimone di nozze. Sullo specchio è posta la firma dell’artista con scritto “Jan Van Eyck è stato qui”.
Rogier van der Weyden:
Si ispira alle opere di Jan Van Eyck ma il suo stile è molto più drammatico rappresentando le sue figure in modo
scultoreo.
La Deposizione di Cristo dalla Croce:
I personaggi sono raffigurati con efficace naturalismo sono come racchiusi
all’interno di uno spazio delimitato, secondo un’impostazione che ricorda la
struttura dei “retabli” (grandi pale d’altare). Nella composizione di van der
Weyden, l’effetto chiuso della scena elimina l’orizzonte. Il fondo in oro accentua
la sacralità della scena. L’opera è colma di dettagli: le stoffe degli abiti, i
particolari anatomici, i gesti e le espressioni. I personaggi non appaiono solo in
posa, ma creano un complesso che dona drammaticità a tutta la scena.
La Deposizione di Cristo dalla Croce
Il Seppellimento di Cristo:
In occasione del Giubileo (1450), l’artista giunge in Italia
fermandosi a Roma e probabilmente a Ferrara, dove
apprese e venne influenzato dall’arte italiana. Il
Seppellimento di Cristo è l’esempio di questo
cambiamento. Dipinge il trasporto di Cristo nel sepolcro
raffigurando la scena frontalmente. L’opera ricorda la Pietà
di Beato Angelico. Infatti nel dipinto, non sono più gli
oggetti ad avere un significato simbolico ma la gestualità
delle figure e la composizione. Il corpo di Gesù allude
all’offerta eucaristica, il sepolcro ricorda un tabernacolo Pietà (B.Angelico)

(nicchia nella quale viene conservata l’eucarestia) pronto Sepp. di Cristo (R.v.d.Weyden)

ad accoglierlo.
Hans Memling:
Pittore di origine tedesca, probabile allievo di Rogier van der Weyden. E’ l’artista fiammingo con più opere
realizzate (circa 90 dipinti). Il pittore si caratterizza per la forte vicinanza ad una committenza ricca e affermata.
I suoi dipinti non raffigurano scene drammatiche, ma hanno
un’espressività pacata. Per questo, le sue opere ricordano quelle
classiche, presentando affinità con il Rinascimento italiano.
Il Trittico di San Giovanni:
Dipinto nel 1479, raffigura la Madonna in trono affiancata da San
Giovanni Battista ed Evangelista, santa Caterina e santa Barbara.
L’ambientazione naturalistica sullo sfondo si intravede attraverso un
elegante colonnato classico. Ai lati due pannelli: a destra La visione di
San Giovanni Evangelista a Patmos (Grecia) e a sinistra La Decollazione Trittico di S.Giovanni
di San Giovanni Battista. Lo stile fiammingo si
ritrova nei particolari come le stoffe, le
architetture, il tappeto in primo piano.
I Ritratti:
Memling realizza una trentina di ritratti, spesso
dipinti su tavola doppia: da un lato rappresenta
il ritratto e dall’altro un’immagine devozionale.
Per esempio nel dipinto “Ritratto d’uomo e
natura morta”, presenta sul retro una natura
m o r t a c o n u n va s o d e c o r a t o c o n i l
monogramma (simbolo grafico ottenuto Ritratto d’uomo e natura m. Dettaglio vaso Ritratto d’uomo in preghiera
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sovrapponendo o combinando due o più lettere) di Cristo e i fiori che alludono alla Vergine. La colonna in
marmo pregiato raffigurata dietro al committente ci suggerisce il suo status agiato. Nel Ritratto d’uomo in
preghiera davanti a un paesaggio, è presente un contrasto tra la rappresentazione minuziosa dei dettagli e il
vasto orizzonte, infatti Memling nelle sue opere rappresenta solitamente uno spazio naturalistico.
Hieronymus Bosch:
L’immaginario vivace e fantastico di Hieronymus Bosch è ciò che lo distingue da altri artisti. I suoi dipinti
rappresentano temi biblici e sono colmi di creature
fantastiche e doppi significati.
Il Trittico del Giardino delle delizie:
Presenta un’apertura a libro, sui pannelli esterni,
raffigura un’ immagine dell’Universo Primordiale.
Al suo interno, nel pannello di sinistra l’Eden, dove
rappresenta la creazione di Adamo ed Eva. Nel
pannello di destra l’Inferno, in cui rappresenta
scene violente e di grande sofferenza. Nel pannello Giardino delle d. (Esterno) Giardino delle d. (Interno)

centrale, il Peccato.
Il Cristo portacroce:
La tavola è riempita dai volti dei personaggi che rappresentano il Bene e il Male.
Bosch adotta una pennellata morbida e sfuma i personaggi in modo da renderli
verosimili. La composizione, viene tagliata a metà dalla croce portata da Gesù, che
contrasta con la forma rotonda dello scudo in primo piano. A sinistra, compare un
tessuto su cui è impresso il sacro volto, facendo sì che l’immagine di Cristo compaia
due volte nel dipinto, creando uno spaesamento nell’osservatore. L’inquadratura
ravvicinata concentra l’attenzione di chi guarda sulla figura di Cristo, il cui volto
dolce e rassegnato, contrasta con quello dei suoi carnefici. Cristo portacroce

Il Rinascimento nell’Italia centrale e settentrionale:


Il linguaggio del Rinascimento si diffonde con grande rapidità passando da Firenze al resto dell’Italia centrale,
alle corti dell’Italia settentrionale, ai centri del Sud, stabilendo contatti anche con l’Europa dl Nord. In questo
periodo, riprendono i commerci, aumenta la funzionalità di banche e università. Molti artisti stranieri giungono
in Italia come Rogier van der Weyden, Dürer giunge a Venezia, le opere di Jan van Eyck arrivano in Italia
influenzando vari artisti tra cui Antonello da Messina. Gli artisti, diventano veri e propri imprenditori: aprono
botteghe, un esempio Giovani Bellini. La produzione delle opere aumenta, oltre a lavorare per realizzare grandi
capolavori, iniziano a realizzare anche oggetti di uso quotidiano.
Andrea Mantegna:
Si forma a Padova, dove apprende il gusto per la tradizione antica. Fortemente influenzato da  Donatello,
imparò una precisa applicazione della  prospettiva. Mantegna si distinse infatti per la perfetta impaginazione
spaziale, il gusto per il disegno nettamente delineato e per la forma monumentale delle figure.
Il Polittico di San Luca:
Rappresenta in modo dominante la figura dell’Evangelista in trono, mentre ai lati pone i santi. Lo scomparto
superiore rappresenta Cristo affiancato dalla Vergine e da San Giovanni. Lo sfondo oro risalta la
tridimensionalità dei personaggi che deriva da Giotto e Masaccio.
Le Storie di San Giacomo e di San Cristoforo:
La prima importante commissione pubblica assegnata a
Mantegna, è un ciclo ad affresco realizzato per la Chiesa
degli Eremitani di Padova. I temi principali sono le storie
di San Giacomo e San Cristoforo in cui si evidenzia
l’architettura rispetto alla narrazione. L’intento è quello di
recuperare l’Antico, donando ai personaggi potenza
espressiva e presenza fisica come nelle statue classiche.
L’affresco di San Giacomo condotto al martirio, presenta San Giacomo San Cristoforo
una prospettiva rigorosa (lo dimostra l’effetto a
cannocchiale creato dalla profondità della volta a botte).
Mantegna, dipinge attentamente oggetti ed elementi decorativi (presenti in quasi tutte le botteghe di quel
periodo). Nel Martirio e trasporto del corpo di San Cristoforo, viene rappresentato il santo, dopo essere fuggito
dalle frecce dei soldati (sinistra), viene decapitato e il suo corpo appare sulla destra. In queste composizioni,
Mantegna fa uso di stratagemmi come l’illusione spaziale che in questo caso è data dalla colonna ionica posta
al centro dell’opera che funge da censura tra un momento e l’altro della narrazione.
Mantegna a Mantova: La Cappella del Castello di San Giorgio:
Arrivato a Padova, nel 1459, coincide con lo stesso periodo in cui i principi dell’impero attuano una nuova
crociata contro i Turchi che nel 1453 conquistarono Costantinopoli. A questo avvenimento è collegata la prima
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opera importante realizzata da Mantegna per Ludovico III Gonzaga: La Cappella del
Castello di San Giorgio. Rimangono quattro tavole: l’Adorazione dei Magi, la Circoncisione,
l’Ascensione di Cristo e la Morte della Vergine. Tutte le rappresentazioni ricordano
l’iconografia bizantina, perché la corte desiderava trasformare Mantova in una nuova
Bisanzio. La Morte della Vergine presenta elementi legati all’iconografia orientale. Il
paesaggio raffigura la vista che si poteva ammirare dal Salone del Marchese (chiamata
Camera degli Sposi).
Pala di San Zeno:
E’ uno dei massimi capolavori della produzione giovanile Morte della Vergine

dell’artista. L’opera ha una prospettiva rigida e i personaggi


vengono disposti in modo da sottolineare la profondità. La
loggia è dipinta in uno spazio rettangolare all’interno del quale
vengono rappresentate le figure. I particolari decorativi sono
inspirati all’Antico e, dipinti con estremo naturalismo, sono i
festoni sospesi tra le colonne in primo piano. Mantegna, cerca
di ispirarsi alla cultura classica ricreando la figura umana in
modo da farla sembrare una scultura antica. Nell’opera, Pala S.Zeno Crocifissione (Pala S.Zeno)

approfondisce l’osservazione della natura, come dimostrano i tre


pannelli disposti nel piano inferiore: Nella Crocifissione, mostra
un attento studio del paesaggio in cui le rocce hanno forza plastica ed espressiva.
La Camera degli Sposi:
La decorazione, si estende sull’intera superficie muraria in
cui applica giochi prospettici e Trompe l’oeil che illudono lo
spettatore. Nella stanza, sono presenti due importanti
episodi narrativi: La Corte dei Gonzaga: raffigura la
consegna di una lettera a Ludovico che gli comunicava le
condizioni di salute del figlio (Francesco Sforza) chiedendo
la sua presenza a Milano. Nell’opera sottolinea la
disinvoltura di Ludovico alla notizia mentre intorno viene Corte del Gonzaga

rappresentata la famiglia riunita. L’altro episodio è l’Incontro


di Ludovico Gonzaga con il figlio cardinale Francesco: in
cui mostra Ludovico con il figlio. L’aristocrazia è sottolineata
dalla presenza dei cani da caccia. L’affresco continua
attorno alla porta d’ingesso della camera e sopra di essa Ludovico G. e il figlio

vengono raffigurati dei putti che sollevano un’iscrizione. Per


il paesaggio, Mantegna raffigura i monumenti più importanti di Roma: Colosseo, Castel
Sant’Angelo e la Piramide Cestia. Sul soffitto della camera, è posto un oculo (trompe
l’oeil) che raffigura un cielo azzurro da cui si affacciano putti alati, personaggi e Soffitto

animali.
Il Cristo Morto:
Opera di proprietà dell’artista. Prende ispirazione da Donatello, dalle icone
bizantine e dalla scultura antica. Mantegna opta per un’inquadratura ravvicinata
mostrando il corpo di Cristo in primo piano. Taglia i volti delle pie donne e di San
Giovanni costringendo l’osservatore di incentrasi sulla realtà della morte. La
prospettiva, costringe lo spettatore a guardare prima le mani e i piedi trafitti, dopo il
torace e infine il volto piegato e privo di espressione. La stoffa, poggia sul marmo e
sul corpo evidenziando l’abilità di Mantegna nel rappresentare il drappeggio. Il Cristo Morto

dipinto offre parecchi punti di vista in modo da essere guardato da più prospettive.
Nell’opera, Mantegna non allude alla resurrezione, al contrario, mostra una realtà priva
di speranza.
Giovanni Bellini:
Nato da una famiglia di artisti: il padre Jacopo, possedeva una delle più affermate
botteghe di Firenze (in competizione con quella dei Vivarini). La bottega di Bellini era
aperta a una nuova visione moderna delle novità dell’arte Toscana mentre quella di
Vivarini si concentrava sulla visione dell’arte Bizantina, amata dalla committenza
tradizionalista. I taccuini di disegni di Jacopo, mostrano abilità nella prospettiva e nel
disegno. Anche il fratello maggiore, Gentile, seguì le tracce artistiche della famiglia,
collaborando con il fratello in diverse opere. L’arte di Giovanni Bellini è fortemente
influenzata da Dürer, da Mantegna (che aveva sposato la sorella di Bellini) e da
Antonello da Messina. La Pala Pesaro (Bellini)
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La Pala Pesaro:
Una pala a scomparto unico (quindi non un polittico), dedicata all’Incoronazione della Vergine. Posto sopra
una grande cornice lignea impreziosita da fregi e figure. La struttura viene realizzata a Venezia e montata a
Pesaro. Le figure sono rappresentate con grande realismo, sono espressive e mostrano grande capacità
prospettica. Alcuni tratti dell’opera come illuminazione e spazio, sono riconducibili a Piero della Francesca.
L’effetto prospettico del dipinto è realizzato attraverso il rapporto tra cornice, trono e paesaggio, quasi ad essere
un “quadro nel quadro”.
La Sacra Allegoria:
La scena si svolge su una terrazza che mostra un’architettura elegante. Il
pavimento è raffigurato da motivi geometrici che al centro compongono una
croce. A destra, sono raffigurati San Sebastiano e Giobbe entrambi mostrano
le nudità alludendo al martirio. A sinistra, la Madonna siede su un trono
affiancata da due donne. Al centro, Bellini rappresenta Gesù Bambino seduto
su un cuscino mentre tre putti giocano attorno all’albero della vita. Oltre al
recinto, ci sono San Paolo che sfodera una spada mentre San Giuseppe è La Sacra Allegoria

appoggiato al davanzale. Sullo sfondo, è raffigurato un paesaggio che mostra


altri personaggi che si muovono in lontananza.
Il trittico dei Frari:
Trittico che mostra al centro la figura di Maria in trono con il Bambino e due angeli
musicanti. I pannelli laterali mostrano le figure dei santi e sullo sfondo si scorge un
paesaggio naturalistico. L’opera è impreziosita da una cornice che contribuisce
monumentali alla composizione. Protagonista è la luce: calda e soffusa, nelle ore
di un tardo pomeriggio estivo. In quest’opera, Bellini recupera la tradizione della
pittura sacra Bizantina ricorrendo al fondo dorato dell’abside (spazio semicircolare
che si trova in fondo alla navata della chiesa) dietro la Vergine. I libri hanno un
significato fortemente simbolico: libro chiuso e aperto allude ad un sapere Trittico dei Frari

condiviso o non condiviso, diffuso o non diffuso, quindi


una verità raccontata o non rivelata.
Le Madonne con Bambino:
Bellini, dipinge molte opere avente questa tematica:
Nella Madonna Degli Alberetti, alcuni studiosi, hanno
interpretato la posa delle gambe incrociate come
un’allusione alla postura del corpo di Gesù sulla croce,
mentre la lastra marmorea su cui il Bambino appoggia
rimanderebbe al sepolcro. Nella Madonna del Prato, il
Bambino è disteso sul grembo della Vergine quasi a
ricordare la scena della Pietà. Il paesaggio è ricco di Madonna del prato Madonna degli Alberetti

significati e citazioni bibliche: il pastore che siede in modo


scomposto allude alla responsabilità, la battaglia tra la
cicogna e il serpente allude al bene e al male, la
cittadella fortificata, è simbolo della verginità di Maria.
Le allegorie mitologiche:
A Bellini, sono attribuiti quattro pannelli raffiguranti
allegorie mitologiche: Rappresenta figure reali e
fantastiche. La  Perseveranza (Tenacia)  mostra un
guerriero. Bacco, su un carro trainato da putti, gli offre
della frutta. L’  Incostanza (Instabilità), mostra una
donna su un'instabile imbarcazione circondata da
putti, che regge una sfera (come Atlante che sorregge Prudenza Maldicenza Perseveranza Incostanza

la terra). La  Prudenza  mostra una donna nuda con in


mano uno specchio, che invita lo spettatore a guardare sé stesso e la vanità delle cose terrene. La Maldicenza
(Infamia), è rappresentata da un uomo che esce da una conchiglia, avvolto da un serpente.
Il Festino degli Dei:
L’opera, realizzata da Bellini, è stata ritoccata da Tiziano nella zona del paesaggio. Abituato a rappresentare
soggetti e temi di carattere sacro, Bellini raffigura una tematica a lui sconosciuta, l’ambientazione mitologica.
L’Uccisione di San Pietro martire:
In quest’opera si evidenzia il cambiamento narrativo dell’inizio del ‘500, tuttavia Bellini non abbandona la
forza espressiva e la drammaticità presente nelle pale degli anni precedenti.
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La Pala di San Giovanni Crisostomo:
In quest’opera, sono raffigurati tre santi che compongono la scena insieme ad uno scenario
naturalistico. Questo dipinto chiude la su carriera artistica.
Albrecht Dürer:
All’inizio del ‘500, a Venezia, Giovanni Bellini incontra un giovane artista tedesco giunto
in Italia per studiare le antichità. Albrecht Dürer, nato a Norimberga (città della Germania),
aveva intrapreso la professione di pittore dopo aver fatto apprendistato presso la bottega del
padre, orafo di origine ungherese. Nel 1486, il giovane artista, entra nella bottega di
Wolgemut, pittore e xilografo. Apprende velocemente l’arte grafica che resterà un tratto
caratteristico della sua tecnica pittorica. Dürer, oltre alla pittura, pratica anche l’incisione Pala di S. Giovanni Crisostomo

(quella su metallo). Amante della cultura classica, si reca in Italia per arricchire la propria
formazione, nelle sue opere spesso, si trovano parole o frasi dipinte con una calligrafia di
eccezionale qualità. A Venezia, con al quale Norimberga aveva importanti rapporti commerciali, Dürer si reca
due volte: la prima poco documentata, non gli consentì a causa della sua giovane età di stringere relazioni
importanti. Con la seconda visita, ebbe visibilità nella comunità. Lo testimoniano alcune lettere con varie
notazioni relative al suo incontro con Bellini.
La Festa del Rosario:
A Venezia, Dürer esegue la Pala della Festa del Rosario che allude al tema della
preghiera universale ispirata alla Vergine Maria, che appare nell’atto di distribuire
ghirlande di rose bianche e rosse. La folla si divide ai due lati del dipinto dietro alle
figure del Papa e dell’Imperatore. L’artista, dà prova del suo talento di ritrattista e
studioso della natura. Il verismo è frutto di talento ma anche di un rigoroso metodo
di disegno dal vero (come dimostrano i numerosi schizzi ad acquerello raffiguranti
animali o piante). Nell’opera, il giovane inserisce i suo autoritratto (In alto a destra),
con in mano un cartiglio con la sua firma e una scritta in latino che attestava il
tempo d’esecuzione del lavoro (5 mesi). Nonostante Dürer apprese i modelli Festa del Rosario
compositivi italiani (struttura piramidale, lo squarcio paesaggistico e il naturalismo),
l’opera presenta tratti nordici. In particolare, lo dimostrano i tratti grafici che
delineano ogni personaggio.
Il Cristo tra i dottori:
Opera che conferma la capacità di sperimentazione dell’artista tedesco. Alcuni studiosi
ritengono che l’opera venne donata allo stesso Bellini. Si tratta di un dipinto
espressivo, animato, che attraverso i libri, le mani gesticolanti e gli sguardi, costituisce
un codice linguistico nervoso e avvolgente. Ancora una volta emerge il senso grafico e
presenta una delicatezza nei particolari anatomici come capelli e linee dei volti, e una
qualità cromatica e luministica di alto livello. Il Cristo tra i dottori
Piero della Francesca:
Lo spazio nelle sue opere è rigorosamente geometrico, illuminato da una luce
priva di ombre, i personaggi non esprimono emozioni e appaiono come forme
incorruttibili. Nel 1439 l’artista partecipa alla decorazione della chiesa di
Sant’Egidio a Firenze dove apprende da Domenico Veneziano la “pittura di
luce”. Sin dalle opere giovanili, Piero definisce in modo geometrico corpi e
spazi, infatti i corpi sono immobili e presentano misure e proporzioni perfette.
Il Polittico della Misericordia:
Il polittico si compone di 21 dipinti venne realizzato per l’altare della chiesa di
San Sepolcro (Arezzo), al centro la figura dominante è la Vergine raffigurata in
maniera monumentale che con il suo mantello, offre protezione alle figure
Polittico della misericordia
inginocchiate. Il manto di Maria, forma un semicerchio, quasi una cupola,
concepita con razionalità architettonica donando tridimensionalità allo sfondo piatto
dorato. La perdita della cornice originale del Polittico, rende difficile visualizzare
l’intero complesso, perché sicuramente i suoi elementi architettonici e decorativi
completavano l’elaborato. Piero si occupava anche della manutenzione dell’opera (per
circa 10 anni). La Crocifissione a differenza del pannello centrale mostra l’influenza di
Masaccio e Donatello in cui si ha un’inclinazione drammatica che poi perderà in
seguito. I pannelli successivi soprattutto la Madonna mostrano conoscenze più
aggiornate, gli studiosi ritengono che Piero abbia appreso le novità fiamminghe,
soprattutto da Rogier van der Weyden.
Il Battesimo di Cristo:
Il corpo di Gesù immobile come una scultura, si affianca al tronco candido dell’albero
di noce. La scena, si svolge lungo le sponde del Giordano, dove San Giovanni Battista Il Battesimo di Cristo
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battezza Gesù. La colomba rappresentata su di esso, allude allo Spirito Santo. Tre angeli, simbolo della Trinità,
assistono al lato mentre un uomo si spoglia per accogliere il sacramento. Piero
costruisce la figura umana con un approccio geometrico, i piedi poggiano
saldamente a terra, le figure appaiono come solidi possenti.
La Flagellazione di Cristo:
Presenta un’architettura di ispirazione classica in cui appare Cristo alla colonna tra i
suoi carnefici. L’identità dei personaggi in primo piano non è conosciuta. Si presume
che l’opera si colleghi alla crociata del ‘400 per riconquistare Costantinopoli, presa
dai Turchi nel 1453. La Flagellazione di Cristo
La Leggenda della Vera Croce:
Piero, apprende la tecnica dell’affresco. La sua impresa più impegnativa è la decorazione
della Chiesa di San Francesco ad Arezzo. Il tema del ciclo è la Leggenda della Vera Croce, ovvero la storia della
croce di Gesù: da legno da cui fu costruita, fino al ritrovamento della reliquia. Piero non dispone le scene in
ordine cronologico e fa in modo che l’osservatore sia costretto a passare da una parte all’altra per seguire la
sequenza della storia. Per questo motivo, le battaglie sono affiancate anche se sono cronologicamente distanti
secoli. L’affresco presenta tratti dell’arte classica (assimilata dall’artista durante il suo soggiorno a Roma).
Nell’episodio Morte di Adamo, il figlio Seth riceve dall’arcangelo Michele il germoglio dell’albero della
conoscenza, dal quale nascerà il legno per la croce di Cristo e lo
pianta nella bocca del padre.
L’Incontro tra Salomone e la regina di Saba:
Opera che riprende l’arte classica. La maestosa colonna corinzia
separa il riquadro in due episodi: la regina appare due volte, a
sinistra mentre inginocchiata di fronte al ponte del fiume riconosce
la sacralità del legno, e a destra dove avviene l’incontro con
Salomone. Fortissimo in quest’opera, il contrasto tra lo scenario
naturalistico e quello architettonico, quasi una contrapposizione Salomone e la regina di Saba
tra spazio naturale (Fede) e spazio razionale (Politica).
Il Sogno di Costantino:
L’opera di dimensioni ridotte, è costruita attraverso la forma cilindrica della tenda, illuminata dal bagliore
prodotto dall’apparizione dell’angelo. Due soldati, introducono lo spettatore nell’episodio. L’effetto notturno
(uno dei primi nella storia dell’arte), è ottenuto grazie ai contrasti di luce e ombra e ai toni caldi. Lo scorcio da
cui esce l’angelo è un esperimento prospettico che sfonda il piano frontale. Costantino, in sogno, riceve
l’annuncio della vittoria nella battaglia di Ponte Milvio.
La Pala di Brera: (La Madonna con Bambino tra Angeli e santi)
Realizzata nel 1472 circa, prende in nome della galleria milanese dove è conservata.
Piero realizza la composizione di una chiesa, in cui inserisce in primo piano vari
personaggi. La Vergine è seduta sul trono, e le colonne che s’intravedono ai lati del
dipinto ci fanno dedurre che sia posta al di sotto di un’abside. Il Cristo Bambino, giace
disteso in grembo a Maria, alludendo al sacrificio che lo attende, mentre il corallo rosso
che porta al collo allude al sangue della Passione. Fondamentale nell’opera, è l’uovo di
struzzo sospeso al centro dell’abside: allude alla fecondità di Maria e la sua forma si
adatta perfettamente alla forma del suo volto, alla conca della conchiglia e alla
disposizione a mezzaluna dei personaggi. In primissimo piano è raffigurato il duca
Federico da Montefeltro inginocchiato con un’armatura lucente rappresentata con una
perfezione geometrica che ricorda le opere di Paolo Uccello. L’opera ha un’architettura La Pala di Brera

rigorosa, dei decori raffinati e una luce radiosa.


La Resurrezione:
L’affresco, presenta una cornice classica (2 colonne corinzie ai lati e la cornice marcapiano di appoggio).
Nell’opera, ci sono due punti di vista: uno dal basso per il gruppo di soldati e uno frontale per la figura di Cristo
risorto. Piero, rappresenta le figure in modo scultoreo per conferire tridimensionalità. Il dipinto ha una funzione
politica (di protezione del Borgo) e una funzione religiosa (in quanto immagine devozionale). Sullo sfondo, un
paesaggio arido che presenta, a destra, alberi rigogliosi, e a sinistra, alberi spogli che alludono alla speranza.
Antonello da Messina:
Uno degli artisti rinascimentali più versatili e pronti all’apertura culturale in grado di inserire nelle sue opere
ogni stile e tecnica, partendo dall’arte fiamminga, a quella veneta, a quella prospettica di Piero della Francesca.
Nato in Sicilia, si formò nell’ambiente napoletano (Bottega di Colantonio). Nelle prime opere, Antonello
apprende la tecnica della volumetria del panneggio di Colantonio come dimostra il disegno Figure di Clarisse.
Negli anni successivi, presenta opere di grande qualità, curando ogni dettaglio (soprattutto nei tratti fisionomici
dei ritratti) e utilizzando al meglio la luce.
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Il San Benedetto:
Antonello si ispira moltissimo alle tecniche artistiche usate da Piero della Francesca, anche se un contatto
diretto tra i due non è mai stato documentato. Nel San Benedetto, si può notare la precisione nei dettagli e nei
volumi delle figure. L’opera, faceva parte di un polittico a cinque scomparti, che furono divisi.
La Pala di San Cassiano:
Realizzata nel 1474, risale ad un momento importante nell’evoluzione di Antonello e
segna una svolta anche nello sviluppo della pittura a Venezia. L’ambiente veneziano,
infatti, seppe trarre un enorme vantaggio dalle novità portate dall’artista, soprattutto nel
volume delle forme e nel rigore prospettico della composizione. La Pala di San
Cassiano, presenta una struttura piramidale, con la figura di Maria sopraelevata rispetto
agli altri personaggi (disposizione proposta già da Bellini). L’opera, era collocata nella
chiesa di San Cassiano, in seguito, fu spostata nella collezione di Bartolomeo della Pala di San Cassiano
Nave, infatti, venne smembrata in più pezzi che vennero dispersi. Quando il pannello
principale (Quello di Maria) venne restaurato, due frammenti vennero ricongiunti.
Nell’opera si evidenziano i particolari, come nell’arte fiamminga. Il lato sinistro, mostra un grande naturalismo
come evidenziato nella purezza cristallina del bicchiere d’acqua, nella morbidezza dei riccioli di Santa Lucia e
dalla barba di San Nicola. Antonello, in ogni sua opera, evidenzia l’espressività gestuale, come si nota dalle
mani di Maria (la destra è aperta in segno di disponibilità, la sinistra trattiene il bambino) e
degli altri personaggi.
Il Cristo alla colonna:
In queste opere, Antonello, si concentra sullo studio del naturalismo, sulla
resa della morbidezza dei corpi, sullo studio della psicologia dei
personaggi e sulla loro spiritualità. La sua pittura quindi s’incentra: Sull’arte
fiamminga (per i dettagli), cultura rinascimentale (riferimenti all’antico),
Piero della Francesca (per la semplificazione geometrica di spazi e figure),
e sulla cultura veneziana (naturalismo). Per il Cristo alla colonna, utilizza
modelli iconografici fiamminghi e italiani. L’opera è drammatica e
naturalistica e anticipa la pittura del secolo successivo. L’inquadratura Salvator Mundi Cristo alla colonna

ravvicinata allude ad una religiosità privata, intima.


Il Salvator Mundi:
Realizzato negli anni del Cristo alla colonna ma presenta
molte diversità presentando uno stile più arcaico (primitivo).
La Madonna Annunciata:
Connubio tra psicologia e astrazione, il velo realizzato in
modo geometrico, cade in pieghe pesanti sul tavolo ligneo.
La prospettiva è costruita dalle pagine del libro, la mano
della vergine è rivolta verso di noi quasi a chiedere silenzio.
La luce calda e avvolgente, evidenzia il volto pallido della Madonna Annunciata (Monaco)

Vergine. Nuova è l’iconografia di questo dipinto che mostra


Maria in dialogo con lo spettatore che interpreta il ruolo
Madonna Annunciata (Palermo)
dell’arcangelo. Antonello in un dipinto precedente, mostra la Vergine con lo sguardo
sottratto ad un incontro diretto, mentre nella Madonna Annunciata, la Vergine si rivolge
proprio allo spettatore.
Ecce Homo:
Poneva il Cristo e lo spettatore sullo stesso piano, portando a chi lo guarda, ad avere un
senso devozionale e identificativo con Gesù e il suo sacrificio.
I Ritratti:
Ispirati all’arte fiamminga, sfrutta la luce lasciando emergere i volti dal fondo scurissimo
quasi a sottolineare un ruolo rivelatore del dipinto. Questo, trasforma l’opera in un vero e
proprio incontro intimo tra l’osservatore e il personaggio ritratto. Nel Ritratto d’uomo Ecce Homo

Antonello si ispira ai ritratti di Petrus Christus e alla loro forza espressiva, all’uso del
chiaroscuro e alla volumetria dei volti.
San Girolamo nello studio:
Considerato uno dei massimi capolavori di Antonello. Il dipinto, di dimensioni ridotte, è
un esempio delle abilità miniaturistiche dell’artista. La composizione è dominata dallo
spazio architettonico ponendo al centro il santo. Il pavimento, di maioliche colorate,
guida l’occhio negli spazi interni illuminati dalle ampie finestre sullo sfondo.
Protagonista simbolico della scena è il leone (simbolo di San Girolamo) in fondo a
destra. Questo, è uno dei pochi dipinti in cui in Santo è raffigurato mentre legge invece
che scrivere. All’interno dello spazio, sono posti tre figure simboliche che alludono alla San Girolamo
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figura di Cristo: il pavone (resurrezione), un recipiente (Passione) e un uccello chiamato Coturnice (allude al
ruolo di salvatore di Gesù). Ai piedi dello studio, sono raffigurate le scarpe di San Girolamo, salito scalzo in
segno di rispetto.
Vittore Carpaccio:
La sua produzione artistica è legata all’esistenza delle cosiddette “Scuole” formate da laici con comune
professione e/o provenienza. Erano distinte in Grandi o Piccole in base allo status sociale dei componenti (solo
i patrizi partecipavano alle Grandi). Le Scuole, costituivano centri di potere sia in ambito politico che
economico e furono oggetto di importanti commissioni artistiche. Una delle più note: la Scuola di San Rocco.
Due Dame:
L’arte di Carpaccio è influenzata da Antonello da Messina e da Bellini. La prima opera che
gli viene attribuita è le Due Dame: presenta due donne, una giovane e
promessa sposa, l’altra più matura, già coniugata. La giovane,
sfoggia delle perle al collo, simbolo di castità. Intorno a lei, alcune
figure simboliche: le tortore, che alludevano al controllo degli istinti,
l’arancia che allude alla figura della Vergine. Nel dipinto, Carpaccio
rappresenta due cani: uno docile simbolo di fedeltà matrimoniale e
l’altro più aggressivo che allude alla pressione del matrimonio.
L’opera originale, presentava un paesaggio lagunare che raffigurava
la lontananza e il lavoro dei mariti. Il messaggero, collega i due
mondi: quello dell’attesa femminile e quello del lavoro maschile.
I Teleri: Le Storie di Sant’Orsola: Paesaggio lagunare Due dame

Per le scuole, Carpaccio, realizza molti Teleri (grandi tele usate per la
decorazione di grandi ambienti). La scelta di questo materiale era dovuto alla difficoltà di ricorrere alla tecnica
dell’affresco, poco adatta agli ambienti umidi della laguna. Le Storie di Sant’Orsola sono forse le più coerenti e
ben costruite, anche grazie alla rappresentazione architettonica influenzata degli studi di Bellini. Orsola, è una
ragazza devota a Dio, promessa in sposa al principe pagano Ereo. In
sogno, riceve la visita di un angelo e rimanda le nozze. Intraprende
un viaggio in mare per recarsi a Roma e incontrare il Papa. Nel
rientro verso casa, viene uccisa dai Barbari dopo aver rifiutato il
matrimonio con il Re unno Attila.
Le Storie di San Giorgio:
Per questa narrazione, realizza due opere: Duello tra San Giorgio e
il drago e l’Uccisione del drago. Nella prima, la scena è raffigurata Duello tra S.Giorgio e il drago
in modo violento e crudo, l’eroe si scaglia senza indugio contro il
mostro. L’opera presenta molti dettagli tra cui teschi, cadaveri,
animali e paesaggi aridi. Invece. nella seconda opera, Carpaccio
rende la scena più formale. Rappresenta il mostro in fin di vita,
curando i dettagli dell’opera come turbanti e tessuti preziosi dei
personaggi in secondo piano.
Le opere di destinazione privata:
I due dipinti più noti: Meditazione sulla passione di Uccisione del drago

Cristo e la Preparazione del sepolcro di Cristo.


Entrambi mostrano una rappresentazione simbolica.
Nella Meditazione, vengono raffigurati i santi
Giobbe e Girolamo ai lati, mentre Cristo, posto al
centro è offerto “eucaristicamente”. Il suo sacrifico è
rappresentato dalla scena del leopardo che sbrana il
cervo, mentre l’uccello che sta spiccando il volo
allude alla resurrezione. Nella Preparazione del
sepolcro, è rappresentato il corpo di Cristo disteso Meditazione Preparazione
sulla pietra in attesa della sepoltura. Dall’altra
parte, Giobbe seduto vicino ad un albero che
presenta un ramo secco e uno rigoglioso che punta verso il cielo. Essi alludono al passaggio tra l’Antico e il
Nuovo Testamento.
Pietro Perugino:
La sua arte, è incentrata sul tema devozionale. E’considerato un esecutore di opere di bottega ma in realtà ebbe
un ruolo importantissimo nel panorama artistico italiano del Rinascimento. Partecipò al ciclo della Cappella
Sistina dove esegue la “Consegna delle chiavi”. Inoltre, formò il giovane Raffaello. Perugino, mostra nelle sue
opere, tratti artistici dell’arte fiamminga e di Piero della Francesca. La vicinanza con la pittura fiorentina e
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l’ambiente artistico romano, rendono le opere dell’artista monumentali. Il suo soggiorno
a Roma, gli permise di conoscere artisti innovativi come Antoniazzo Romano e Melozzo
da Forlì.
Gli affreschi del Collegio del Cambio:
L’artista viene convocato a Venezia per dipingere il Palazzo Ducale. Successivamente,
rientrato a Perugia, il pittore esegue un importante ciclo di affreschi per la Sala delle
Udienze del Collegio del Cambio. Tema centrale è il Trionfo delle virtù cardinali e
teologali. Le prime, appaiono raffigurate da personaggi della storia antica mentre le
seconde sono episodi che testimoniano l’esistenza di Cristo. Con l’ausilio di un Trompe
l’oeil, Perugino, inserisce un proprio autoritratto dove simula un quadro dipinto.
Le tavolette con i Miracoli di san Bernardino:
Misterioso ciclo pittorico proveniente dalla chiesa di San Francesco al Prato di Perugia, Autoritratto Perugino

composto da otto tavole di piccole dimensioni collocate in una nicchia completata da un


celletto (Striscia di carta o di stoffa utilizzata per delimitare uno spazio). I temi rappresentati riguardano i
miracoli compiuti da San Bernardino e trattano la guarigione dei personaggi. Il ciclo, si basa su un attento
studio prospettico arricchito da importanti elementi architettonici.
L’arte delle corti Rinascimentali:
Durante il ‘400, si sviluppa e si diffonde una vera e propria “civiltà di corte”, ancora legata al tardogotico ma
apprende nuove ispirazioni e nuovi riferimenti. A differenza di quanto avveniva nel passato, le corti
dialogavano con il territorio ostentando opere ed eventi. I Mecenati (persone che proteggono e talvolta
finanziano poeti e artisti), in competizione tra loro, aumentano la produzione artistica e letteraria, ripongono
nelle Chiese dipinti e sculture e promuovono il collezionismo di antichità e oggetti rari. Oltre alle Università,
nascono le Accademie in cui si diffonde lo spirito dell’Umanesimo. Nascono anche le prime biblioteche
pubbliche mentre Gutenberg (artista tedesco), con l’invenzione della stampa diffonde la cultura scritta.
La corte degli Estensi:
L’arte sviluppata presso la corte di Ferrara, è caratterizzata da tratti nervosi, forte espressività, iconografie
insolite e originali. Le opere, presentano una vitalità così accesa da conferire dinamismo persino al mondo
inanimato: oggetti, tessuti ecc. Protagonisti di questo periodo furono i signori della corte ferrarese: i fratelli
Leonello e Borso d’Este ed Ercole I. La famiglia degli Estensi ebbe una committenza raffinata e stimolò la nascita
di un circolo locale chiamato “Officina ferrarese”, coinvolgendo artisti già affermati come Leon Battista Alberti
che scrisse il suo più noto trattato “De Aedificatoria” commissionato da Leonello.
La Bibbia di Borso d’Este:
Una delle tante opere di Borso, è un capolavoro formato da due volumi e seicento pagine
miniate, realizzate da una squadra di artisti che si ispirano all’arte fiamminga, al
naturalismo, e al gotico internazionale. La decorazione, combina soggetti religiosi a simboli
e temi che rimandano alla famiglia regnante.
Lo studiolo del Palazzo Belfiore:
Le numerose residenze degli Estensi a Ferrara, chiamate “Delizie” furono affrescate e
arredate da artisti affermati. Questi luoghi erano concepiti come spazi per l’aristocrazia. Per
il Palazzo Belfiore, Leonello commissionò uno studiolo. Tema principale, quello delle Nove
Muse. Nove tavole dipinte vennero eseguite da diversi artisti, tra i quali Cosmè Tura (uno dei
principali esponenti della pittura ferrarese del 15° secolo). Tura realizza Calliope con una
straordinaria innovazione compositiva: Colori brillanti, la cura dei materiali per accentuare Calliope

il contrasto tra presenze vive o inanimate e forme naturalistiche come animali e piante.
Il Ciclo dei Mesi di Palazzo Schifanoia:
Commissionato da Borso, è uno dei più famosi cicli rinascimentali a tema astrologico: si tratta del Ciclo dei
Mesi terminato in poco tempo, grazie alla partecipazione di una squadra di artisti. Presenta una sequenza di
pannelli disposti in verticale su tre fasce: nella fascia superiore, sono raffigurate le divinità pagane circondate da
scene mitologiche o di vita quotidiana, nella fascia intermedia sono raffigurati i segni
zodiacali e nell’ultima vengono rappresentati gli uomini in cui dipingono anche scene
celebrative in onore di Borso. Molti studiosi tentarono di decifrarne il significato, l’unico
fu Pellegrino Prisciani che scoprì, che il ciclo è una celebrazione del committente. Borso
era del toro e il ciclo è realizzato per favorire, da parte degli artisti, la sua ascesa (quindi
la fortuna). Il ciclo, raffigura la combinazione astrale visibile a Ferrara il 18 Maggio 1452
in cui Borso venne nominato Duca dall’imperatore Federico III.
Ercole d’Este e ampliamento di Ferrara:
Il Palazzo dei Diamanti:
Ercole d’Este decise di ampliare urbanisticamente Ferrara. Affidò il compito a Biagio
Rossetti che progettò un tracciato inspirato al reticolo della città romana, tenendo conto
della necessità di garantire omogeneità nelle architetture, rispettando per esempio, l’uso Palazzo dei Diamanti
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del cotto anche per i nuovi edifici. Capolavoro assoluto, è la progettazione del Palazzo dei Diamanti, realizzato
in Bugnato (Palazzo Rucellai (Pag.6)) che conferisce un netto chiaroscuro alla superficie. Agli angoli del
palazzo, Rossetti, pone dei motivi decorativi. Inoltre, privilegia la veduta angolare per esaltare il carattere
decorativo e accentuare la qualità plastica e luministica.
Federico da Montefeltro a Urbino:
Palazzo ducale e il cortile:
La Corte di Urbino, situata delle Marche, è governata dal duca Federico da
Montefeltro (incontrato nel dipinto “La Pala di Brera” di Piero della
Francesca (Pag.14)). Il duca, commissiona a Luciano Laurana la
progettazione del Palazzo Ducale. Si ispira alla città medievale, infatti, la
facciata costruita con tratti fiabeschi, è affiancata da due torri, conferendo
all’edificio l’aspetto di una fortezza. Per realizzare il cortile (di forte
ispirazione classica), concepito su pianta quadrata con ampie arcate a tutto
sesto (Lo Spedale degli innocenti (Pag.1)), si ispira ai Leon Battista Alberti (per Palazzo ducale

la progettazione) e Piero della Francesca (per la luce).


Lo Studiolo di Federico:
Spazio esclusivo del duca, decorato con intarsi lignei e ritratti di uomini illustri (sapienti, filosofi, ecc.), rispetto
ai quali Federico sentiva una certa affinità o debito di conoscenza. La stanza è costruita sul punto più elevato,
della facciata, fiancheggiata dalle due torri, e assume quindi il significato simbolico di un luogo di meditazione
ma anche di potere. All’interno, troviamo diversi Trompe l’oeil che simulano arredi e oggetti.
La biblioteca di Federico:
Conteneva molti codici miniati realizzati da miniatori e copisti che alloggiavano all’interno del palazzo
contribuendo alla crescita della raccolta ducale. Più nota, la Bibbia di Montefeltro, composta da trentacinque
tavole che presentano opere pittoriche di diversi miniatori, realizzata durante il periodo dello sviluppo della
stampa.
Milano sforzesca: L’architettura in Lombardia:
La cultura Milanese, con la famiglia Sforza, si apre nei confronti del mondo nordico (in particolare fiammingo).
I richiami all’Antico e all’arte rinascimentale si fondono; nelle architetture, a ricerche decorative raffinate. Primo
interprete di questo clima artistico è Antonio Averlino (detto il Filarete), che progettò l’Ospedale Maggiore di
Milano ispirandosi a Brunelleschi. La pianta a con il criterio della “crociera” (volte a crociera), ottimizza la
deposizione degli ambienti destinati ad accogliere gli ammalati. Le due ali (maschile e femminile), sono
separate da un cortile. L’edificio, presentava un sistema di deflusso delle acque per l’igiene.
I Solari: Santa Maria delle Grazie:
I Solari, rappresentano una vera e propria dinastia di costruttori: i loro progetti a Milano presentano strutture
sobrie ancora tardogotiche. Per i loro edifici usavano il Laterizio (mattone forato realizzato con argilla cotta).
Santa Maria delle Grazie, è uno dei monumenti più significativi de Rinascimento Italiano grazie a Bramante che
ne modificò l’abside e Leonardo che nel refettorio (L'ambiente destinato alla consumazione dei pasti) dipinse
l’opera il Cenacolo.
La Pittura di Vincenzo Foppa:
E’ uno dei massimi esponenti della pittura lombarda, uno dei suoi più importanti dipinti è la Crocifissione:
presenta un’arcata classica e ai lati tondi ispirati all’Antico. Il paesaggio, immaginario e fiabesco, è sicuramente
ispirato a quelli di Gentile da Fabriano. Per la Corte degli Sforza, esegue una serie di affreschi dedicati agli
imperatori e ai membri della dinastia regnante. Di questo ciclo resta solo Cicerone bambino che legge.
La Cappella Portinari:
Esegue degli affreschi nella Cappella Portinari a Milano, che rappresentano figure dei Dottori della Chiesa
Figure religiose) e storie sacre. Il soggetto principale degli affreschi (le storie di San Pietro Martire) presenta un
diretto collegamento con la reliquia della testa del santo situata nella chiesa.
La corte pontificia e l’arrivo del Rinascimento a Roma:
Il Rinascimento arriva a Roma. E’ a Papa Martino V, ritornato a Roma, che si deve il primo grande sforzo per
restituire il decoro urbano alla città. Riqualifica il patrimonio antico e rende più vivibili strade e infrastrutture.
Inoltre, è il primo pontefice a tentare di rinnovare il panorama artistico romano chiamando artisti come Gentile
da Fabriano, Masaccio e Masolino. Gentile garantì la sopravvivenza dei modelli tardogotici e meno evidente fu
l’effetto esercitato da Masaccio e Masolino. L’impegno di Martino V venne ripreso da Papa Niccolò V che
concentrò i lavori sulle aree del Vaticano e del Campidoglio. Tra le molte imprese avviate da Niccolò si possono
ricordare: l’aggiunta dei Bastioni (elemento difensivo tipico delle fortezze) di Castel Sant’Angelo, ricostruzione
parziale del Palazzo senatorio sul Campidoglio, i lavori all’acquedotto dell’Acqua Vergine, il restauro di alcune
chiese e la ricostruzione delle strade che collegavano il Vaticano alla città. Un’altra grande svolta nella
produzione artistica romana è rappresentata dall’arrivo di Beato Angelico che, dipinge per il pontefice la
Cappella Niccolina in Vaticano.
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Il Mecenatismo di Sisto IV:
Con Papa Sisto IV, il panorama artistico romano riceve nuove sollecitazioni come: la Decorazione della
Cappella Sistina e la produzione di affreschi della Basilica dei Santi Apostoli (Melozzo da Forlì).
La Cappella Sistina:
Voluta da Sisto IV, l’edificio presenta una pianta longitudinale con una volta a botte decorata da Pier Matteo
d’Amelia con un semplice cielo stellato che sarà poi ridipinto da Michelangelo. Sulle pareti sono rappresentati
episodi della vita di Cristo e di Mosè. Nella parte superiore, tra le finestre, vennero dipinte le figure di trenta
pontefici. Sulla parete di fondo, Perugino eseguì un’Assunta, distrutta per far posto al Giudizio Universale di
Michelangelo.
La Consegna delle chiavi a San Pietro di Pietro Perugino:
Tema che conferma il potere del Papa. Presenta una prospettiva rigida che
conferisce razionalità e chiarezza del disegno divino. Gli archi classici,
sottolineano la tradizione, mentre l’edificio centrale allude al ruolo
fondamentale della Chiesa. Perugino, pone i personaggi in primo piano
disponendoli in modo ordinato e simmetrico. L’artista tratta con attenzione i
dettagli come le pieghe dei panneggi trattati in modo scultoreo per conferire
maestosità alla scena. I personaggi rappresentati in secondo piano richiamano
due scene evangeliche: Il tributo della moneta e La tentata lapidazione di Consegna delle chiavi (Perugino)

Gesù.
Pintoricchio:
Pintoricchio (cioè Piccolo Pittore), si forma nell’ambiente artistico perugino dove elabora un linguaggio molto
più articolato ricavato dallo studio della classicità. I suoi esordi si legano prevalentemente alla pratica della
miniatura. Già le prime opere presentano tratti dello stile fiammingo per i dettagli decorativi, inoltre usa modelli
che vengono ripetuti, cambiando la posizione, all’interno di una stessa opera. Pintoricchio a Roma lavora alla
Cappella di San Girolamo in cui l’affresco principale è l’ Adorazione del Bambino in cui raffigura un paesaggio
accogliente con un’impostazione di facile lettura.
La Cappella Sistina e la Sala dei Semidei:
Nella Cappella Sistina, Pintoricchio esegue il Battesimo di Cristo e la Circoncisione del figlio di Mosè. In
seguito, l’artista realizza il soffitto della Sala dei Semidei dove illustra personaggi mitologici e la Famiglia Della
Rovere.
La Cappella Bufalini e gli affreschi dell’Appartamento Brogia:
Pintoricchio decora la Cappella Bufalini raffigurando le Storie di San Bernardino da Siena mentre la seconda
decorazione riguarda gli affreschi dell’Appartamento Brogia. L’appartamento si compone di numerose stanze,
la cui struttura è ora poco visibile per la presenza dei Musei Vaticani che le ha trasformate in ambienti di
passaggio. Tema centrale del ciclo è la storia della salvezza dell’umanità attraverso la fede. Era previsto anche
uno studio privato del Papa nel quale veniva rappresentato l’incontro tra Ragione (scienza) e Fede. Per
realizzare il ciclo e finire la sua esecuzione rapidamente, l’artista ricorre all’aiuto di allievi e collaboratori. Il
recente restauro evidenzia l’impiego di nuovi materiali nella realizzazione, per accentuare l’effetto
tridimensionale nelle composizioni: carta pergamena, oro, spaghi, e stucco. Inoltre per un’esecuzione più
rapida, utilizzò pigmenti amalgamati con uovo, olio e colla (ricavando una gamma cromatica più ampia
rispetto a quella consentita dall’affresco) su intonaco a base di gesso, colla e biacca (pigmento biancastro
utilizzato nell’antichità).
Il secondo Quattrocento a Firenze:
Firenze raggiunse il massimo splendore nelle arti con  Lorenzo de Medici  detto il Magnifico. Gli artisti
operavano a contatto con gli umanisti, creavano iconografie simboliche, con richiami alla letteratura. Lorenzo
de Medici comprese inoltre come l’arte e la cultura fossero un ideale strumento di propaganda per mostrare la
grandezza di Firenze fuori dei suoi confini. Questo periodo di pace, finì nel momento in cui a Firenze, alla
morte del Magnifico, si aprì una grave crisi politica e religiosa. In città si diffuse un  clima  di turbamento
religioso causato da Girolamo Riario (Capitano delle armate della chiesa sotto Papa Sisto IV) che, dettò nuove
regole ispirate alla mortificazione e alla negazione dei piaceri, condannando l’arte profana (che non è sacra o
religiosa) e la letteratura umanistica. Gli artisti risentirono molto di questo clima e tornarono a creare soprattutto
opere sacre, ma rappresentate in modo drammatico o malinconico.
I Fratelli Pollaiolo:
La loro formazione è basata sull’oreficeria, sull’incisione, sulla pittura e la scultura, che caratterizzano le loro
opere. Piero Pollaiolo è legato più alle tecniche pittoriche mentre Antonio incentra la sua arte sull’incisione e la
scultura. Influenzati dall’arte classica, approfondiscono la monumentalità e il vigore del corpo nudo raffigurato
in modo dinamico. Antonio, il più noto tra i due, dopo aver lavorato a Firenze, fu chiamato a Roma dove eseguì
opere di grande prestigio.
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I temi mitologici:
Antonio realizza per Piero de’Medici, tre grandi tele a tema mitologico: Ercole e Anteo,
Ercole e l’Idra (Eseguita a Tempera su tavola, presenta misure ridottissime ma riesce a
trasmettere un senso di potenza e movimento) ed Ercole con il leone Nemeo.
Il Martirio di san Sebastiano:
Dipinto in cui collaborano entrambi i fratelli, nel quale lo slancio delle figure determinano
un forte effetto prospettico. La freccia che sta per essere scoccata, accentua la profondità
nello scenario naturalistico. Gli studiosi, credono che il dipinto sia una risposta alla
polemica sul confronto tra le arti e la competizione tra pittura e scultura. L’opera presenta
richiami all’arte fiamminga (nel paesaggio) e il monumento corroso Martirio S.Sebastiano

allude all’Antico.
Il Monumento funebre di Papa Sisto IV:
Considerata l’opera più nota dei due fratelli: Il monumento si presenta
come una grande struttura ammassata sulla quale il Papa è disteso,
circondato dalle personificazioni delle Virtù e delle Arti. Le figure sono
avvolte da panneggi ricchi che esaltano gli effetti del chiaroscuro.
Andrea del Verrocchio:
Andrea di Cione (detto Verrocchio) nasce a Firenze fra il 1434 ed il Monumento f. Sisto IV
1437 e fu uno scultore, orafo e pittore. Iniziò a lavorare come orafo,
nella bottega di  Giuliano Verrocchi,  dal quale prese il cognome per
dedicarsi alla pittura. Con il tempo, l’artista si affermò sempre più, aprendo un’importante Incredulità di San Tommaso
scuola d’arte (bottega) di Firenze  in cui, oltre alla pittura e alla scultura, si realizzavano
armi, armature di pregio e oggetti. Nella sua bottega molti artisti del Rinascimento italiano
hanno studiato pittura e scultura come Leonardo da Vinci, Botticelli, ed il Perugino che, a sua
volta, divenne maestro di Raffaello.
L’incredulità di san Tommaso:
In quest’opera l’artista rivela l’interesse per la costruzione di immagini in grado di raccontare.
Notevole è la trovata di disporre la figura di Tommaso al di fuori dello spazio limitato della
nicchia, superando il limite e incontrando l’osservatore.
La Tomba di Piero e Giovanni de’Medici:
Inserisce una grata aperta che conferisce all’opera un aspetto vibrante e che in termine
simbolico, allude alla vitalità e al passaggio verso la vita eterna. L’intreccio della grata e la Tomba de’Medici
cura meticolosa della decorazione del sarcofago testimoniano le grandi doti di orafo
dell’artista.
Sandro Botticelli:
Nasce a Firenze, ultimo di quattro figli maschi, cresce in una famiglia modesta ma non povera, mantenuta dal
padre, che faceva il conciatore di pelli ed aveva una sua bottega. Il fratello Antonio era orafo, per cui è molto
probabile che il giovane Sandro abbia ricevuto una prima educazione presso la sua  bottega. Il suo vero e
proprio apprendistato si svolge nella bottega di Filippo Lippi. Risultarono però determinanti nel suo percorso di
maturazione anche le influenze ricevute da Antonio del Pollaiolo e Andrea del Verrocchio, del quale potrebbe
aver frequentato la bottega dopo l’insegnamento di Filippo Lippi. Botticelli venne accolto dalla famiglia Medici,
che lo accolse dandogli la possibilità di creare opere di grandissimo prestigio.
L’Adorazione dei Magi:
Dipinta nello stesso periodo del Martirio di san Sebastiano dei fratelli Pollaiolo, che pur rappresentando
atmosfere molto diverse, presentano lo spirito della corte fiorentina. Nel Martirio, il tema è il paragone della
arti. I fratelli si ispirano all’arte fiamminga e ai richiami all’Antico. Nell’Adorazione, Botticelli mostra già alcuni
tratti della sua pittura: la linea sottile che sembra quasi incidere i contorni, la tavolozza brillante e luminosa
(che ricorda quella di Beato Angelico), la potenza grafica delle rocce e delle rovine che diventano quasi
protagoniste dell’opera.
La Madonna del Magnificat:
La composizione segue la forma circolare della tavola, infatti la postura dei personaggi
assume un andamento ricurvo. I volti dolci e giovani, danno forma ed espressioni
complici. Il blu e il rosso prevalgono nell’opera alternati da una luce chiarissima che
ricorda la tavolozza di Beato Angelico. Botticelli non utilizza la prospettiva di
Brunelleschi e crea un ambiente dove prevale un’impostazione astratta. Nel dipinto, le
immagini appaiono leggermente deformate come se fossero riflesse in uno specchio
ricurvo. Nel Magnificat (passo evangelico) Maria intinge la penna nel calamaio e Gesù
che mangia un melograno, simbolo di fertilità e passione.
Madonna del Magnificat
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Il Neoplatonismo a Firenze:
Durante il ‘400 il grande interesse per l’antichità classica spinse gli umanisti al recupero e alla rilettura delle
opere più significative del mondo classico in ambito filosofico, politico, scientifico e letterario. La riscoperta e
lo studio del pensiero di Platone sulla totalità delle opere lette in lingua originale, rappresentò un momento di
svolta. Determinante nella diffusione del platonismo fu il filosofo e umanista fiorentino Marsilio Ficino, che
rappresentò un vero punto di riferimento per gli intellettuali e gli artisti che, nella Firenze dell’epoca, ruotavano
all’interno della corte de’ Medici. L'influenza in ambito artistico fu profonda; i temi della  bellezza e
dell'amore  divennero centrali perché l'uomo spinto dall'amore poteva elevarsi dal regno inferiore (terreno) a
quello superiore (spirito). In questo modo la mitologia fu riqualificata e le venne assegnata la stessa dignità dei
temi sacri e ciò spiega anche il motivo per cui le decorazioni di carattere  profano  ebbero una così larga
diffusione.
La Primavera:
Offre un paesaggio rigoglioso, in cui è raffigurato un gruppo di personaggi e una
figura femminile isolata (Venere o Filosofia).La composizione, non raffigura una
scena di festa tra giovani, ma si pensa che Ficino, con una lettera, incoraggiava
Lorenzo di Pierfrancesco de’Medici (Cugino di Lorenzo il Magnifico) a seguire la
via indicata da Venere e Mercurio (come suggeriva il suo oroscopo). Infatti
nell’opera viene rappresentato Mercurio che scuote le nubi con un bastone,
Venere al centro, e su di essa, Cupido che sta per scagliare la sua freccia. A
destra, Zefiro che soffia e abbraccia la ninfa facendo nascere la Primavera. Le tre
La primavera
grazie, danzano alludendo al sentimento amoroso. La prevalenza della figura
umana ha uno scopo simbolico: ciascun personaggio racconta la propria storia
imponendo all’osservatore di interpretare ogni punto dell’opera. Nella composizione emergono tratti musicali
probabilmente per onorare Lorenzo de’Medici (appassionato di musica e compositore). L’opera è stata
realizzata su otto tavole di pioppo tenute insieme da due traverse di legno d’abete, per rendere omogenea la
superficie e colmare gli spazi di connessione, viene posta una tela di lino preparata infine con due mani di
gesso.
La nascita di Venere:
Simile alla Primavera, viene realizzata dopo il soggiorno romano dell’artista. In
questo dipinto, rappresenta ancora una figura femminile posta al centro della
scena, trascinata alla riva su una conchiglia. Ai lati, Zefiro abbracciato alla ninfa,
soffia una brezza che si propaga nell’aria e gonfia il mantello rosato, offerto alla
Venere, della fanciulla posta a destra che personifica le Ore (creature mitologiche
connesse al ritmo delle stagioni). Botticelli incide il profilo della Venere
rendendola perfetta nella sua bellezza ma allo stesso tempo lontana da ogni
accenno di sensualità ed erotismo. Nel dipinto, prevale un senso di leggerezza, La nascita di Venere
il fondo quasi trasparente , rispecchia la luce.
Pallade e il Centauro e Venere e Marte:
In Pallade e il Centauro, Botticelli raffigura la Sapienza (Pallade) intenta a
persuadere la creatura. Mentre in Venere e Marte,  rappresenta sulla sinistra
Venere, dea della bellezza, sdraiata e tranquilla, che guarda Marte, il dio della
guerra mentre dorme. I committenti di quest’opera probabilmente furono i
Vespucci, una potente e famosa famiglia fiorentina, che commissiono molte opere
a Botticelli. Tale conclusione è stata addotta poiché nell’angolo in alto a destra
dell’opera, sono presenti alcune vespe, il simbolo della famiglia. Venere e Marte

La Punizione dei ribelli:


Realizzata da Botticelli per la Cappella Sistina, raffigura il tema della negazione
da parte dei sacerdoti ebrei di concedere autorità sul loro popolo a Mosè, e la
successiva punizione mortale inflitta a quest’ultimi da parte di Dio. La
successione degli eventi è raccontata da destra verso sinistra: sull’estrema destra si
vede Giosuè (personaggio biblico) che salva Mosè dalla lapidazione da parte dei
ribelli; al centro sullo sfondo si trova l’Arco di Costantino. Mosè al centro in
primo piano, alza in alto il bastone con cui invoca il fuoco divino che uccide i
sacerdoti ribelli, mentre sulla sinistra si apre una voragine che uccide i Sacerdoti. Punizione dei ribelli

Botticelli ama studiare la postura e l’atteggiamento di ogni singola figura, infatti il


dipinto, rivela un’attenzione particolare della gestualità: mani alzate, posture
contorte e volti assortiti.
La Calunnia:
Quest’opera fa parte dell’ultima fase della produzione di Botticelli, caratterizzata da una crisi interiore che lo
portò a trasformare il suo lo stile: forte plasticismo delle figure, chiaroscuro più deciso e forte teatralità dei
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personaggi. Sul trono Re Mida con orecchie d’asino, che alludono ad un giudice
cattivo; le due donne accanto rappresentano Ignoranza e Sospetto. L’uomo con il
cappuccio nero a cui allunga la mano è il Rancore che a sua volta tiene la mano
della ragazza che rappresenta la Calunnia. Le due ragazze che stanno
acconciando i capelli alla Calunnia, rappresentano Insidia e Frode. La Calunnia
trascina per i capelli uomo, che con le mani giunte, sembra chiedere clemenza.
La Calunnia, nell’altra mano ha una fiaccola, la quale però non fa luce: La Calunnia
rappresenta la finta conoscenza.  La vecchia rappresenta il Rimorso, mentre la
donna nuda più a sinistra che indica il cielo, allude alla Nuda Veritas, afferma che
solo il cielo può dare vera giustizia. Tutta la scena è posta all’interno di un’architettura classicheggiante e
decorata da sculture che sembrano animate.
La Natività mistica: 
Il dipinto celebra la nascita del Cristo e, allo stesso tempo, la liberazione del genere umano dal peccato
originale (danza degli angeli in cielo) e la sua riconciliazione con Dio (abbraccio angeli e uomini).
Piero di Cosimo:
Collabora agli affreschi della Cappella Sistina, per poi affermarsi a Firenze
soprattutto nella produzione di opere a soggetto allegorico e mitologico.
La morte di Procri:
Raffigura la figlia del re di Atene, rimasta uccisa involontariamente dal
suo sposo, Cefalo. Il paesaggio immaginario, asseconda l’atmosfera della
rappresentazione, mentre il dipinto posto in orizzontale, enfatizza il
corpo steso a terra. Il cane, che osserva la scena, replica la curvatura della Morte di Procri
schiena del Cefalo donando equilibrio all’opera.
Cicli mitologici sulla storia dell’umanità:
Eseguiti per Francesco del Pugliese, il Ritrovamento di Vulcano e il Vulcano ed Eolo, rappresentano temi della
glorificazione del Vulcano e della divinità che donò all’uomo il fuoco e la possibilità di domarlo. In Vulcano ed
Eolo appare una giraffa, che il pittore ammirò a Firenze, quando Lorenzo il Magnifico ne ricevette una in dono.
Anche in Caccia primitiva e Ritorno dalla caccia, il tema principale è il fuoco, poiché è presente in ogni dipinto
del ciclo, come elemento comune.
Luca Signorelli:
La sua prima formazione avviene ad Arezzo, dove collabora con Piero della Francesca. Il pittore sin da
giovanissimo entra in contatto con i più grandi artisti del suo tempo come: Verrocchio, Perugino, Bramante ecc.
La Flagellazione:
Partecipa alla decorazione della Cappella Sistina dove lavora alle Storie di Mosè: L’opera rappresenta la
Flagellazione, ambientata in uno spazio classicheggiante in cui riprende alcuni elementi delle opere di  Piero
della Francesca. L'opera si ispira anche novità fiorentine di  Antonio del Pollaiolo  e  Sandro Botticelli: linea
vibrante che fa da contorno dei corpi e nella costruzione della composizione
caratterizzata da un forte dinamismo, che lo allontanano dalla lezione di Piero.
L’Educazione di Pan:
Pan simbolo della dinastia dei Medici, siede al centro con un mantello stellato e
una luna crescente sul capo, circondato da una serie di personaggi allegorici i cui
movimenti e posture alludono al potere della musica (alcuni suonano strumenti a
fiato) e della parola (gli anziani che si protendono a Pan).
La Cappella di San Brizio:
Il suo più celebre capolavoro è la decorazione della Cappella di San Brizio, uno
spazio che Beato Angelico aveva già cominciato a dipingere cinquant’anni prima. L’Educazione di Pan

Signorelli, esegue ad affresco un ciclo apocalittico (catastrofico) che avrà un


enorme impatto sulla pittura successiva e in particolare su Michelangelo. Tema principale, è la dannazione e la
liberazione degli eletti interpretata in maniera eroica. Proprio con l’esaltazione dell’espressività del corpo nudo,
ispirata all’Antico, Signorelli ottiene un esito grandioso e sconvolgente. I corpi aggrovigliati, le espressioni di
violenza e dolore, che evocano le cantiche dantesche dell’Inferno.
Il Rinascimento Maturo:
Tra il 15° e il 16° secolo, in Italia fiorisce una nuova concezione d’arte: il suo ruolo come veicolo di messaggi
politici e culturali. Personaggi come Leonardo, Michelangelo e Raffaello segnano una svolta nel ridefinire il
ruolo dell’artista come intellettuale, capace di scegliere e orientare il gusto della propria epoca. L’esplosione del
Rinascimento però porta un crollo: negli artisti, nascono segni di disagio esistenziale che li condurrà a forme di
anticlassicismo e quindi alla nascita del Manierismo. Cresce la diffusione della cultura, grazie alla produzione
di libri con la nuova tecnica della stampa. I confini del mondo si estendono, e Cristoforo Colombo “scopre”
l’America offrendo all’Europa, nuove terre da conquistare espandendo l’economia e il commercio. Agli inizi del
‘500, Lorenzo il Magnifico muore, e Giulio II, diventato Papa, progetta un rafforzamento dello Stato pontificio e
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risistema Roma ricostruendo la Basilica di San Pietro e sistema i Palazzi Vaticani avvalendosi di artisti come
Michelangelo e Raffaello.
Leonardo da Vinci:
Inizia il proprio apprendistato a Firenze ed è proprio alla cultura fiorentina che rimarrà in gran parte legato sotto
il profilo stilistico. Leonardo viaggia costantemente e il suo spirito irrequieto lo porta ad una discontinuità e ad
un continuo girovagare, facendo dell’artista un genio sia nelle arti che nella scienza. Leonardo, come Botticelli,
si forma nella bottega fiorentina del Verrocchio.
Il Battesimo di Cristo:
Un dipinto in collaborazione con Andrea del Verrocchio: il tratto dolce di Leonardo, è
riconoscibile nell’angelo inginocchiato all’estrema sinistra che contrasta con il tratto
grafico e secco del maestro. La postura del fanciullo è leggermente ruotata accentuando
l’effetto di naturalismo e conferendo maggiore volumetria. Rispetto ai maestri del passato,
Leonardo riesce a rappresentare un modo davvero convincente la natura. Le figure sono
morbide e in armonia con lo spazio circostante esprimendo nella sua pittura una vera
fusione tra arte e natura.
L’Annunciazione: Battesimo di Cristo
E’ un dipinto acerbo dal punto di vista compositivo, mai in cui si evidenzia
già una sperimentazione della sua pittura. Infatti Leonardo, trasforma l’arte
del disegno in uno strumento per analizzare la natura. L’angelo e la Vergine
sono in primo piano. Leonardo li compone come figure autonome senza
immaginarli nella scena complessiva. Ha maggiore interesse per i dettagli del
paesaggio, i particolari botanici del prato e degli alberi sullo sfondo. Il leggio,
è distante da Maria che a fatica lo raggiunge allungando la mano. L’orizzonte
lontano, anticipa gli effetti a “perdita d’occhio” più evidenti nelle opere Annunciazione

successive. Il prato fiorito, richiama all’hortus conclusus (giardino recintato).


Il disegno come strumento per capire la realtà:
Nel corso della propria vita, Leonardo praticò esperimenti e indagini sui fenomeni della
natura, partendo dall’anatomia umana e animale (che studiò
attraverso la pratica diretta della dissezione dei corpi), al volo degli
uccelli, alla botanica, all’astronomia ecc. I suoi studi sono
documentati da taccuini di appunti accompagnati da schizzi.
L’ingresso presso la bottega del Verrocchio, è avvenuto attraverso la
consegna di alcuni disegni di Leonardo da parte del padre. I suoi
disegni sono composizioni articolate e caratterizzate da effetti Studio di panneggio

“pittorici”, specialmente nel chiaroscuro e nel volume. Un


esempio è lo Studio di panneggio posto al Louvre, dove adotta una
tecnica simile a quella di Piero della Francesca che consiste nel
riprodurre panneggi disegnando dal vivo. Leonardo fu uno dei
primi ad usare la sanguigna, ma nei suoi elaborati usava anche la Madonna con S.Anna e il Bambino
punta metallica, la penna e il pennarello. A volte nella stessa opera
usava anche una tecnica mista a seconda delle sue esigenze come
per esempio nell’affresco del Cenacolo. L’artista adottò un tratto ricurvo per rendere le
forme plastiche e rotonde come ad esempio nel Feto nell’utero materno. Nello schizzo di Feto nell’utero materno

Madonna con sant’Anna e il Bambino, Leonardo disegna un groviglio di linee e sul retro
dello stesso foglio, traccia il contorno, ricavando le linee essenziali per la composizione.
L’Adorazione dei Magi:
E’ l’opera di passaggio verso la maturità artistica dell’artista. La rotondità della
composizione, i personaggi disposti intorno alla figura della Vergine, il dinamismo,
costituiscono sperimentazioni e basi di lavoro sulle quali l’artista tornerà nel corso della
propria attività, approfondendo di volta in volta quesi aspetti. Nel 1481, l’artista lascia
Firenze per recarsi a Milano dove offre i propri servigi a Ludovico il Moro esercitando un
ruolo di artefice a tutto tondo. Leonardo si afferma a Milano, progettando edifici,
dipingendo ritratti, organizzando feste e spettacoli.
La Vergine delle Rocce:
Opera nella quale lo studio della natura, trova una prodigiosa espressione attraverso l’uso
della “Prospettiva aerea”, elaborata dal pittore per dare forma alla consistenza dell’aria.
L’uso accurato del chiaroscuro e delle velature permette a Leonardo di effettuare un
effetto “Sfumato” che dona rotondità alle figure, attenuando la linea del contorno quasi a
farla scomparire. Nel dipinto, Maria è al centro della composizione con il Bambino e San La Vergine delle Rocce (Parigi)

Giovannino, accompagnata da un angelo. I personaggi sono circondati da un paesaggio


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rigoglioso. Ne esistono due versioni: una conservata al Louvre di Parigi e una, in gran parte eseguita da
Ambrogio de Predis, posta alla National Gallery di Londra. Il progetto originario prevedeva la realizzazione di
un trittico: La Pala d’altare, nel progetto, era composta da dorature con interventi di falegnami e artigiani. Il
dipinto di Leonardo avrebbe avuto una funzione di “Coperchio” mobile posto davanti a una statua lignea
oppure il dipinto e la statua erano visibili contemporaneamente senza copertura. Dal punto di vista
iconografico, il soggetto dell’opera risulta insolito: la scelta di rappresentare Cristo e il
Battista bambini (tema poi ripreso da Raffaello), non è frequente in questo periodo (fa
riferimento all’episodio della fuga in Egitto). Inoltre, il paesaggio sembra riprendere
alcune simbologie bibliche: la roccia nella Bibbia ha un significato sacro poiché contiene
la presenza di Dio. L’acqua simbolo di purezza che nella Bibbia allude alla benevolenza
del Signore.
La Dama con l’Ermellino:
Ispirato all’arte fiamminga e alla ritrattistica di Antonello da Messina, la figura emerge
letteralmente dal fondo scuro, la luce, rivela le forme del corpo, esaltandone la sensualità
e la bellezza. Il volto, inclinato, segue la posizione del busto posto di tre quarti, mentre la
mano accarezza l’animale.
L’Ultima cena: Dama con l’Ermellino

A distanza di alcuni anni, Leonardo riceve un’importante commissione per il


Convento di Santa Maria delle Grazie. Su una delle pareti del refettorio
dipinge il Cenacolo, eseguito con una tecnica sperimentale (tecnica mista su
intonaco secco), in alternativa all’affresco, che risulterà inadeguata (per
l’eccessiva umidità). Leonardo, propone il tradizionale tema del Cenacolo
cogliendo il momento in cui Gesù annuncia il tradimento di Giuda. Cristo al
centro della scena ha le braccia aperte in segno di rassegnazione mentre gli
apostoli, disposti ai lati, presentano sguardi di sorpresa e terrore. Rispetto
all’iconografia tradizionale, l’artista non isola Giuda ma lo lascia tra i L’Ultima cena

personaggi chiedendo all’osservatore di riconoscerlo attraverso il linguaggio


emotivo.
La Battaglia di Anghiari:
Dopo la caduta degli Sforza a Milano, Leonardo si spostò prima a Mantova e poi a
Venezia. Più tardi, ritorna a Firenze dove resta per alcuni anni conoscendo così
Michelangelo già in piena attività. Con lui, realizza il dipinto murale La Battaglia di
Anghiari di cui ci restano solo repliche eseguite da artisti successivi. Più noto, il
disegno di Rubens. Il disegno rappresenta violenza e forza fisica, in cui i soldati
fiorentini combattono con quelli Milanesi. La Battaglia di Anghiari (Rubens)

La Gioconda:
La Gioconda, in cui Leonardo ha conferito un aspetto “anonimo”, è un ritratto dal
carattere universale. Eseguito per la moglie di Francesco del Giocondo, il ritratto ha
perduto i caratteri identificativi probabilmente a causa della lunga elaborazione che portò
l’artista a trattenerlo con sé. La donna, ci osserva misteriosamente invitandoci a dialogare.
Sullo sfondo, un paesaggio nebbioso e lontanissimo. Protagonisti animati sono lo sguardo
che insieme al sorriso è ritenuto da molti enigmatico, e le mani che rivelano uno stato di
tensione interiore: la mano sinistra si chiude leggermente e la destra si sovrappone in
modo controllato. L’opera è considerata tra i massimi capolavori dell’artista, soprattutto
per l’effetto quasi ossessivo delle velature e dello sfumato.
Michelangelo Buonarroti:
Si forma a Firenze, presso la bottega di Domenico Ghirlandaio, un pittore che aveva La Gioconda

collaborato alla decorazione della Cappella Sistina. Nella sua bottega, Michelangelo pratica
l’arte del disegno e studia le stampe provenienti da Germania e Fiandre. In questi anni l’artista si
interessa ai grandi maestri del passato eseguendo schizzi delle opere pubbliche di Giotto e Masaccio e si
avvicina all’Antico. Accolto da Lorenzo il magnifico, frequenta la “scuola” dello scultore Bertoldo di Giovanni
dove esegue le sue prime opere scultoree in cui si distingue per la sua capacità di resa naturalistica.
Michelangelo mostra caratteristiche differenti da Leonardo: anche se puntano entrambi alla rappresentazione
della natura, Michelangelo si avvicina alla tradizione (Classica e rinascimentale) e mira ad un ideale di
perfezione, mentre Leonardo tende a sperimentare e ad acquisire il suo stile per mezzo dell’esperienza.
La Centauromachia:
Primo capolavoro di Michelangelo. Nel rilievo si evidenzia una piena padronanza del linguaggio classico e un
uso maturo del corpo nudo come massima espressione della tragedia dell’uomo. Il soggetto offre allo scultore
di imitare gli antichi, prendendo come modello la scultura funeraria (sarcofagi).
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La Madonna della Scala:
Le opere che realizza negli anni Novanta, mostrano un avvicinamento all’arte di
Donatello: nell’uso dello stiacciato e nell’impostazione prospettica. La Madonna della
Scala, si ispira a modelli classici in cui Michelangelo utilizza lo stiacciato per donare
leggerezza soprattutto nella resa del panneggio che avvolge il corpo di Maria. Gli elementi
di arredo sullo sfondo sono ridotti a forme geometriche per far risaltare le figure in primo
piano.
San Petronio e l’Angelo reggicandelabro:
Michelangelo si reca a Bologna dove gli viene commissionata un’opera da parte dei frati di
San Domenico. nella figura di San Petronio mostra la linea nervosa adottata da Madonna della Scala

Michelangelo tipica dei pittori ferraresi. L’Angelo invece, è rappresentato in modo


elegante ed ha un perfetto controllo della postura.
La Pietà:
L’opera, segna il momento di gloria dell’artista. Conservata nella Basilica di San Pietro, la
statua rielabora una tipica iconografia dell’arte nordica. Maria siede su una struttura
rocciosa che rappresenta il Monte Calvario, tiene tra le braccia il corpo del figlio morto.
L’aspetto della Vergine è quello di una ragazza, molto più giovane di Gesù. Su di essa vi è
la firma di  Michelangelo. Il panneggio di Maria è molto complesso e crea un elaborato
chiaroscuro.
Il David: La Pietà
Realizzato da Michelangelo per la Repubblica fiorentina su commissione di Pier Soderini.
E’ una statua ricavata da un marmo precedentemente abbozzato da Agostino di Duccio.
Quindi non solo l’opera presentava difficoltà esecutive per la sua dimensione a anche
perché doveva essere scolpita su un blocco già lavorato. Alcuni studiosi collegano uno
schizzo posto al Louvre, al David. Anche se non è dimostrato, la rappresentazione del
braccio piegato e la mano chiusa riconducono alla famosa scultura. L’opera rappresenta il
David, personaggio biblico, nel momento in cui si appresta ad affrontare il gigante Golia.
L’artista, rispetto all’iconografia tradizionale, sceglie di rappresentarlo nell’attimo prima di
affrontarlo evidenziando la sua concentrazione e preparazione prima del lancio.
Altrettanto significativa, la scelta di rappresentare la figura nuda, per richiamare lo studio
dell’Antico (nudità eroica).
Spirito e materia:
Michelangelo contrasta la sua arte tra perfezione e imperfezione: la prima si incentra
sull’estrema levigatezza del marmo, mentre la seconda consiste nella mancata finitura di David (Michelangelo)

alcune parti delle figure in cui mostra la pietra non lavorata. L’artista elaborò una teoria
legata alla formazione appresa nella cerchia di Lorenzo il Magnifico: secondo questa teoria è
la materia stessa (costituita dal blocco di marmo non lavorato), a contenere l’idea, quindi il ruolo dell’artista è
quello di rivelare l’idea liberandola dalla materia.
La Battaglia di Càscina:
Realizza il cartone di quest’opera posto accanto alla Battaglia di Anghiari di
Leonardo. Michelangelo rappresenta il passaggio dal blocco al movimento dei
personaggi. I soldati fiorentini, colti di sorpresa in un momento di riposo lungo la
sponda dell’Arno, reagiscono all’attacco del nemico.
Il Tondo Doni:
Il Tondo Doni di Michelangelo raffigura la sacra famiglia. Commissionato da Agnolo
Doni, rappresenta San Giuseppe, Gesù Bambino e la Madonna immersi in un
paesaggio all’aperto. La Vergine è seduta, in primo piano sul prato mentre compie
una torsione verso sinistra per prendere il bambino che si trova tra le braccia di San
Giuseppe. Le figure mostrano dei panneggi rigidi dai colori freddi che si
contrappongono ai colori accesi e brillanti del resto dell’opera. Sullo sfondo, un
muretto oltre al quale, sulla destra è raffigurato San Giovanni Battista che guarda la Tondo Doni

Sacra Famiglia. Dietro San Giovanni Battista, troviamo dei nudi (Secondo gli storici si
tratta di un riferimento alla nudità classica).
La tomba di Giulio II della Rovere:
Michelangelo torna a Roma dove Papa Giulio II gli commissiona la realizzazione di un
grande monumento per la propria sepoltura. L’esecuzione di questo monumento fu
una delle più complesse della storia dell’arte, Michelangelo la definì “tragedia della
sepoltura”. La prima impostazione dell’artista puntava ad un complesso grandioso, che
comprendeva circa quaranta statue e il monumento a forma tridimensionale, era
Schiavo Morente Schiavo Ribelle
organizzato su tre ordini sovrapposti. Al vertice, la figura del Papa sorretta da due
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angeli. Di quel progetto l’artista realizza, senza riuscire a completarle, alcune figure di “prigioni” (figure
allegoriche che rappresentano la natura umana ancorata allo stato terreno). Ci restano: lo Schiavo Ribelle e lo
Schiavo Morente poste al Louvre. Il Ribelle lotta tentando di liberarsi dalla prigionia del corpo che impedisce
allo spirito di tornare allo stato divino. Il Morente, si abbandona ad un sonno dolce, arrendendosi.
La decorazione della Cappella Sistina:
Giulio II chiede a Michelangelo di completare la decorazione ad affresco (tecnica con la quale l’artista non
aveva alcuna familiarità), della volta della Cappella Sistina. Si trattava di completare la decorazione realizzata
precedentemente dai pittori chiamati da Papa Sisto IV sotto la guida di
Perugino. Michelangelo riprese la superficie della volta con una struttura
di finte architetture, all’interno delle quali inserì nove episodi tratti dalla
Genesi. Essi presentano una prevalenza della figura umana, secondo una
visione eroica che esalta l’uomo anche nel peccato. Nel Peccato
Originale, Adamo ed Eva vengono rappresentati come nudità classiche:
nella loro nudità, risultano immaturi e incapaci di comprendere le
ragioni della condanna divina quando vengono cacciati dal Peccato Originale

Paradiso.
I cosiddetti Ignudi (figure di uomini nudi rappresentati nella
cappella), rappresentano il mondo antico e pagano, secondo una
visione tipicamente rinascimentale che ha l’intento di conciliare
cristianesimo e paganesimo come nell’insegnamento platonico. Le
figure delle Sibille e dei Profeti (come Il profeta Geremia o Sibilla
libica (della Libia)), che fungono da collegamento fra l’Antico e il
Nuovo Testamento e si connettono con il ciclo di pitture realizzato
da altri artisti al tempo di Sisto IV. Le Storie della Genesi (come La Il Profeta Geremia Sibilla libica

Creazione di Adamo), raffigurano le origini degli uomini e la


nascita del rapporto tra l’uomo e Dio. Nella Creazione, la
composizione trova equilibrio nella contrapposizione tra le due figure
(Dio e Adamo). Il fulcro della scena è l’avvicinarsi delle dita.
Michelangelo contorna le figure con una linea decisa che conferisce
plasticità. La pennellata è corposa e segue i volumi dei corpi rendendoli
rotondi e vitali. La sua pittura è influenzata dalla sua esperienza di
scultore. L’intera volta è dominata dalla figura umana mentre la natura Creazione di Adamo

(che fa da sfondo alle scene), risulta piatta e priva di vita.


Il “Non Finito”:
Michelangelo, per i blocchi da lavorare, si recava personalmente alla Cava di Carrara.
Lo stato incompiuto di alcuni suoi marmi (da non confondere con la rinuncia o
l’abbandono dell’opera), evidenzia il contrasto estetico tra forma e materia grezza. Così
Michelangelo, esprime l’impossibilità di raggiungere la perfezione. Esempi sono I
Prigioni, statuette che testimoniano la pratica di Michelangelo del “non-finito”, in cui si
evidenziano i segni dello scalpello sulla superficie. Anche in questo caso la figura tenta
I Prigioni
di liberarsi dal marmo come lo spirito cerca di liberarsi dalla vita
terrena.
Il Cristo risorto:
Michelangelo, era molto attento alla qualità del marmo tanto da
abbandonare le opere che presentavano difetti della pietra, in
particolare venature scure che alteravano la superficie candida.
Esempio è Il Cristo risorto (o Cristo della Minerva), opera lasciata allo
stato di bozza. Di questa scultura è nota soltanto la seconda versione.
L’ identificazione della prima, è stata possibile grazie alla presenza di Venatura scura Cristo risorto
una venatura nera che dalla fronte attraversa tutto il viso fino al collo,
descritta dai documenti cinquecenteschi.
Le Tombe Medicee:
Michelangelo, nella Sagrestia Nuova nella Basilica di San Lorenzo a
Firenze, progetta l’impianto architettonico e decorativo delle Tombe
di Giuliano e Lorenzo de’Medici. L’artista sfrutta il contesto
architettonico in senso scultoreo. Le figure allegoriche del Giorno e
della Notte, del Crepuscolo e dell’Alba, vengono poste, sui sarcofagi
dei defunti, in nicchie profonde. A differenza della Sagrestia Vecchia
di Brunelleschi (più contenuta), quella di Michelangelo risulta più Sagrestia Nuova (Michelangelo) Sagrestia Vecchia (Brunelleschi)

armoniosa: l’architettura si fonde perfettamente con la scultura.


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Il Giudizio Universale:
Dipinto sulla parete di fondo della Cappella Sistina, fu commissionato
da Papa Paolo III Farnese. Michelangelo rinuncia alla struttura
architettonica utilizzata per la volta: le figure sembrano fluttuare sulla
superficie dipinta. L’esecuzione, coincide con il periodo oscuro in cui
l’Europa viene travolta dalla Riforma luterana (Riforma protestante che
produsse la frattura della cristianità in diverse comunità, gruppi o
sette) e dalle guerre di religione. Come i suoi contemporanei, Scorticato

Michelangelo manifesta il malessere, prediligendo una sorta di Giudizio Universale

anticlassicismo che deforma corpi e proporzioni. Cristo è al centro della


composizione: in questa versione, non c’è spazio per la pietà. Poco distante dal
Cristo, San Bartolomeo su una nuvola, ha in mano una pelle di scorticato (si presume
che sia proprio Michelangelo) ,simbolo del proprio martirio. I corpi si trascinano a
fatica, non c’è l’esaltazione della bellezza e l’armonia dei nudi. A differenza della
volta, che presentava una struttura architettonica, il Giudizio si compone
esclusivamente di figure. Uomini e donne costruiscono la scena, mentre le nuvole
appena accennate fungono da appoggio per alcuni personaggi. Nella parte inferiore Minosse

del dipinto, è presente un riferimento dantesco a Minosse: Dante lo colloca


nel  Canto V  dell'Inferno, come giudice dei dannati che indica loro a quale Cerchio
sono destinati. Minosse ha
una lunga coda che avvolge attorno al corpo tante volte quanti sono i Cerchi che il dannato deve discendere. 
La Decorazione della Cappella Paolina:
In tarda età, Michelangelo continua a scolpire e oltre a continuare la
Tomba di Giulio II, accetta anche di decorare la Cappella Paolina per
Paolo III Fernese. Dipinge la Conversione di San Paolo in cui raffigura
l’incontro tra dio e l’uomo e la Crocifissione di San Pietro in cui
rappresenta il momento del martirio.
Le Pietà realizzate negli ultimi anni:
Esegue sculture di grande sofferenza in cui stravolge la forma, non a
caso, il tema scelto è quello della Pietà con il quale Michelangelo si era
cimentato da giovanissimo in una versione perfetta ed equilibrata.
Nelle ultime, evidenzia il tema del contrasto tra vita e morte. Esempi Pietà Bandini Pietà Rondanini

sono: la Pietà Bandini e la Pietà Rondanini.


La Biblioteca Laureziana:
Lo stile scultoreo di Michelangelo, appare ancora più evidente nella Biblioteca Laureziana di Firenze: l’artista
progetta uno spazio aggiungendo elementi decorativi che ne accentuano il significato simbolico. La Biblioteca
posta nella Basilica di san Lorenzo ed è un ambiente molto luminoso, grazie alle molteplici finestre. Il contrasto
tra la pietra serena (pietra di colore grigio) e intonaco bianco, trasmette una sensazione di rigore.
La Piazza del Campidoglio:
Negli ultima anni, Papa Paolo III, commissiona a Michelangelo la sistemazione della Piazza del Campidoglio. Il
progetto di Michelangelo, ha un forte valore urbanistico perché la piazza, situata tra le rovine del Foro e gli
edifici simbolo di potere civico, è considerata una delle più importanti a Roma. Con l’aggiunta del Palazzo
Nuovo (dopo la morte di Michelangelo), la piazza assunse una forma trapezoidale data dalla disposizione degli
edifici. Michelangelo, progetta la nuova pavimentazione, decorata con motivi geometrici. Al centro, pone la
statua equestre di Marco Aurelio donando alla piazza un carattere Antico.
La Cupola di San Pietro:
Chiude il percorso dell’artista. L’esecuzione della calotta fu realizzata da Giacomo della Porta e Domenico
Fontana, che seguirono il progetto di Michelangelo. La cupola presenta un sistema a doppia calotta e presenta
una lanterna che ne accentua lo slancio verticale, come quella di Santa Maria del Fiore di Brunelleschi. Anche
quando viene osservata da lontano, la cupola si presenta come un corpo autonomo, un
aspetto che Bernini terrà in considerazione al momento di sistemare la piazza davanti alla
Basilica.
Raffaello Sanzio:
Nato ad Urbino, il pittore fu prima allievo del padre e poi frequentò la bottega del Perugino.
I principi di bellezza e armonia furono sempre al centro della riflessione artistica di
Raffaello. L’artista si ispira alle opere di Piero della Francesca e Perugino, rinnovandole in
un linguaggio classicheggiante.
Lo Sposalizio della Vergine:
Pala che si ispira ai modelli di Perugino. A differenza del maestro, Raffaello riesce a
conferire maggiore volumetria ai personaggi, dona loro espressività, e riesce ad ottenere un Lo Sposalizio (Raffaello)
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naturalismo più morbido. Rispetto a Perugino, Raffaello dona all’opera maggiore
profondità, distribuendo le figure in modo sapiente. Tra le arcate del Tempio, accenna
delle figure per rendere lo spazio vivo e convincente, rendendo più efficace l’illusione
della distanza. Inoltre, l’edificio a pianta centrale di Raffaello risulta più complesso a
livello architettonico. In primo piano, rappresenta delle figure armoniose che si
contrappongono al ragazzo che spezza con forza il bastone con il ginocchio (gesto
rituale che simboleggia la rinuncia degli altri uomini alla giovane sposa. Questo gesto è
presente anche nella Cappella degli Scrovegni di Giotto).
I Ritratti di Agnolo e Maddalena Doni: Lo Sposalizio (Perugino)

Quando Raffaello si reca a Firenze, Michelangelo aveva appena


completato il David e Leonardo aveva decorato, insieme a quest’ultimo, la
Sala del Maggior Consiglio di Palazzo Vecchio. Raffaello osserva e studia,
assimilando le novità di questo ambiente. Per Agnolo e Maddalena Doni,
committenti del Tondo Doni di Michelangelo, Raffaello dipinge due
ritratti. L’impostazione di tre quarti è chiaramente ispirata alla Gioconda di
Leonardo, ma presenta ancora una linea netta che contorna le figure e le
pone in modo netto sullo sfondo, esaltando lo status sociale attraverso
abiti e gioielli.
La Madonna del Cardellino:
Le opere devozionali eseguita a Firenze, rivelano studi leonardeschi Ritratto Agnolo Doni Ritratto Maddalena Doni

sulla struttura piramidale della composizione. Esempio è la Madonna


del Cardellino, dipinto che ha subito il crollo del luogo in cui era
conservato. Dalla radiografia sono visibili i frammenti del dipinto. A
differenza della concezione di Leonardo, qui il pittore adotta lo
schema piramidale non per accentuare il paesaggi ma per unire le
figure in un corpo compatto.
La Madonna del Prato:
La Vergine ha una forma monumentale, evidenziata da un disegno
deciso, lasciando che la forma prevalga sull’effetto atmosferico,
accentuato invece da Leonardo. Il busto di Maria si impone sul Madonna del Cardellino Madonna del Prato

paesaggio lontano e la sua postura si adatta a quella di bimbi: con le


braccia che si distendono in avanti, sostiene Gesù che a sua volta, afferra la croce offertagli
da San Giovannino.
La Sacra Famiglia Canigiani:
Le figure di San Giuseppe, Santa Elisabetta, la Vergine con Gesù e San Giovannino, si
dispongono nel paesaggio con pose rilassate e disinvolte. La disposizione dei personaggi
asseconda il plasticismo delle figure accentuandone l’espressività.
La Pala Baglioni: Sacra Famiglia Canigiani

Dipinto di destinazione funeraria rappresentate il Trasporto del Cristo morto. La Pala, è


stata smembrata e le sue parti si conservano in vari musei. I disegni preparatori
testimoniano l’elaborazione sofferente del pittore, che cerca di
ispirarsi all’Antico e la drammaticità delle figure di Michelangelo
(quelle del Tondo Doni o della Battaglia di Càscina). Nella Pala
Baglioni, le figure si fanno più monumentali e scultoree, i gesti
assumono solennità profonda. Dai disegni di Raffaello, è possibile
capire il percorso che lo spinse a passare dal tema del compianto a
quello del trasporto, avvicinandosi allo stile classico che anticipa il
suo stile una volta arrivato a Roma. Nella Pala riporta nella figura di Viso Laocoonte Pala Baglioni

Giuseppe d’Arimatea (uomo con la barba), le fattezze dei Laocoonte


(appena rinvenuto a Roma), Per rappresentare una delle pie donne, Raffaello si ispira al Tondo Doni, in
particolare alla torsione del corpo della fanciulla.
Il Trionfo di Galatea:
L’opera presenta un tratto grafico duro, con un’impostazione di diagonali ben precise. Si tratta di una
composizione ancora acerba, per quanto riguarda la costruzione dei gruppi. I personaggi, sembrano disgiunti
gli uni dagli altri. E’ stato inoltre osservato, che Galatea rappresenta una sorta di corrispettivo pagano della Pala
Baglioni.
Le Stanze di Raffaello:
Raffaello a Roma, venne subito coinvolto da Papa Giulio II nella decorazione dei nuovi appartamenti papali e
nel giro di pochi mesi ne divenne il principale artefice, creando intorno a sé un’attivissima bottega. Raffaello fu
anche un abile imprenditore e seppe creare la propria scuola. Diversamente dai propri colleghi, seppe stabilire
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dei rapporti di solida lealtà e collaborazione con i propri committenti. La grandiosa decorazione degli
appartamenti venne realizzata e completata grazie alla collaborazione degli allievi del pittore. Le stanze,
comprendo quattro ambienti: la Stanza della Segnatura (Tema dominante: Esaltazione del bello, del buono e del
vero); la Stanza di Eliodoro (Tema dominante: Gli interventi di dio a favore della Chiesa); la Stanza
dell’Incendio di Borgo (Tema dominante: La celebrazione del committente (Papa Leone X) e la Stanza di
Costantino (Tema dominante: Celebrazione della Chiesa nelle store di Costantino).
La Scuola di Atene:
L’episodio è posto nella Stanza della Segnatura. I soggetti rappresentati, sono i
filosofi più conosciuti della storia, impegnati a discutere tra loro, davanti ad un
edificio classico. Il grande numero di protagonisti presente in questo lavoro può
essere suddiviso in gruppi: Filosofi e studiosi si trovano a sinistra ed a destra dei
protagonisti centrali (Platone e Aristotele); In primo piano a sinistra, sono gli
studiosi e pensatori legati al mondo della natura e dei suoi fenomeni; A destra,
probabilmente, i protagonisti appartenenti al mondo della geometria. In sintesi, Scuola di Atene
la Scuola di Atene, rappresenta il rapporto tra la cultura e la religione.
La Cacciata di Eliodoro dal Tempio:
Posto nella Stanza di Eliodoro, è un dipinto movimentato. Raffaello,
consapevole delle straordinarie opere che Michelangelo crea nella Cappella
Sistina, realizza l’opera con toni più drammatici. Il vuoto che si apre al centro
della composizione, cattura l’occhio dell’osservatore portandolo alla posizione
del punto di fuga, in cui è rappresentato il sacerdote che chiede l’intervento
divino.
La Liberazione di San Pietro dal Carcere: Cacciata di Eliodoro

Posto nella Stanza di Eliodoro. Raffaello, rappresenta un vero e proprio


racconto che divide in tre momenti diversi: l’arrivo dell’angelo (al centro); la
fuga dal carcere (a destra); il risveglio dei soldati (a sinistra). Raffaello ponendo
il dipinto al di sopra una grande finestra, da il massimo rilievo all’apparizione
dell’angelo nella cella di Pietro.
L’Incendio di Borgo:
Posto nella Stanza dell’Incendio di Borgo. Ultimo affresco delle stanze, in cui
Raffaello rappresenta il miracolo che rese possibile fermare le fiamme nel Liberazione di San Pietro

quartiere di Borgo (nel Vaticano), grazie alla benedizione di Papa Leone X.


Raffaello si ispira all’arte classica e rievoca l’episodio dell’incendio di Troia. Il
colonnato corinzio accentro dell’opera, crea profondità e ricorda quello del
Tempio di Marte nel Foro di Augusto. L’artista, dona drammaticità all’opera:
l’uomo nudo che si cala dal muro per mettersi in salvo, la donna posta di
spalle che porta un’anfora sul capo, la donna inginocchiata in primo piano
che alza le mani al cielo come la Maddalena. Le figure perdono la grazia che
avevano nelle prime opere dell’artista, avvicinandosi allo stile di
Michelangelo (come la muscolatura possente).
Le Logge dei palazzi Vaticani: Incendio di Borgo
Con dei collaboratori, Raffaello lavora alla progettazione di un ciclo di
stucchi e affreschi nelle Logge dei Palazzi Vaticani. La galleria è lunga circa 65
metri ed è commissionata da Papa Leone X. Rispetto agli appartamenti, che rappresentano episodi di
propaganda, la loggia è decorata con piccole rappresentazioni, quasi miniaturistiche. Le scenette sono dipinte
sulle pareti e presentano preziosi stucchi di artisti che avevano studiato da vicino l’arte romana: come l’allievo
di Raffaello, Giovanni da Udine, specializzato nella resa naturalistica di soggetti floreali e
animali e nella realizzazione di stucchi di stile romano.
Ritratti di pontefici: Giulio II:
Il papa appare appesantito dagli anni e mostra un’espressione assorta. La postura rilassata
è adatta al ruolo di un uomo di chiesa e non lascia trasparire i tratti aggressivi e le
ambizioni di supremazia (aspetti ben descritti nei documenti). La barba, conferiva un tratto
feroce al suo volto. Nel dipinto sono rappresentati oggetti simbolici come: il fazzoletto
bianco che tiene nella mano simbolo di potere, le ghiande che ornano la spalliera del
trono alludono alla quercia, simbolo della famiglia papale. I tratti del suo volto
evidenziano la fatica e la tensione del ruolo che esercita mentre le mani sottolineano il
desiderio di azione. Questo dipinto, è la prima rappresentazione isolata di un pontefice. Ritratto Giulio II
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Leone X:
A distanza di pochi anni, Raffaello ritrae Papa Leone X e i suoi due nipoti. Il Papa siede in
posizione obliqua, secondo una tradizione del ritratto nordico, accanto a lui, Giulio
de’Medici e Luigi de’Rossi. L’opera fu realizzata per essere inviata a Firenze alle nozze di
Piero il Fatuo (figlio di Lorenzo de’Medici). Quindi il dipinto, aveva il ruolo di ostentare il
potere del Papa e della sua famiglia. Raffaello si concerta sui dettagli decorativi: il rilievo
della campanella, gli abiti raffinatissimi, il libro miniato. Sul pomello della sedia, Raffaello
dipinge il riflesso della finestra della stanza e delle spalle del pontefice. Le mani curate, si
rifanno al modello di Leonardo che riservava ad esse il compito di rivelare i tratti più
intimi. Ritratto Leone X

Un elefante per il Papa:


Nel 1514 il re del Portogallo inviò a Papa leone X un elefante bianco. Si trattava di un omaggio
per persuadere il pontefice a sostenere la sua battaglia con gli Arabi. La testimonianza
dell’animale, è documentata da schizzi e attestati. L’elefante morì dopo due anni. In onore
nell’animale, Raffaello realizzò un affresco su una porta vaticana accompagnato da un
epitaffio (perduto).
La Trasfigurazione e i prodromi del Manierismo:
La morte di Raffaello, determinerà lo scioglimento della bottega e la partenza di alcuni dei
suoi allievi. La sua ultima opera è la Trasfigurazione commissionata da Giulio de’Medici: un
dipinto enigmatico che anticipa il manierismo. La composizione è organizzata su due
livelli: In alto, Cristo circondato dalla luce e ai lati sono rappresentati Mosè ed Elia. Sotto
sono raffigurati gli apostoli accecati dal bagliore divino. Nella parte inferiore, l’artista
rappresenta personaggi agitati, che guardano il ragazzo indemoniato incapaci di guarirlo in
assenza di Cristo. La parte inferiore sinistra dell’opera presenta uno stile che si ispira a Trasfigurazione

quello di Leonardo, sfruttando la gestualità e il contrasto luce/ombra.


Resurrezione di Lazzaro di Sebastiano del Piombo:
Giulio de’Medici, oltre alla pala della Trasfigurazione di Raffaello, commissiona per la
stessa Cattedrale, un’altra Pala. In quella di Sebastiano, artista legato al canone di
Michelangelo, crea uno scenario composto e raffinato. I personaggi, hanno atteggiamenti di
particolare intensità: il vecchio che alza le mani in segno di orrore, la donna dietro Lazzaro
che alza le braccia volgendosi all’indietro. Gesù è rappresentato come se fosse una statua
classica, mentre Lazzaro, richiamato alla vita, si libera dalle bende. Lo sfondo presenta un
paesaggio notturno che evoca Roma e il Tevere. Raffaello, nella Trasfigurazione, sperimenta
un nuovo stile, aprendo l’età del Manierismo, mentre quella di Sebastiano si presenta come
un’opera accademica e misurata. Resurrezione

Raffaello Architetto:
Per Papa Leone X, Raffaello progetta una villa situata sul Monte Mario. Si tratta della Villa
Madama che però non fu mai completata: La pianta è ispirata al mondo Antico, presenta una loggia a tre
campate (archi). Le decorazioni a stucchi vengono attribuite a Giovanni da Udine e gli affreschi a Giulio
Romano.
Donato Bramante:
Nato da una famiglia povera ad Urbino (dove imparò la tecnica della prospettiva da Piero
della Francesca), diventò uno dei più noti architetti del Rinascimento. Con le sue opere
influenzò lo sviluppo dell’architettura del ‘500, anticipando il Manierismo, caratterizzato
dall'uso delle forme classiche e rinascimentali in maniera libera e fantasiosa. Fu il primo
architetto incaricato di progettare la nuova Basilica di San Pietro, dove le sue scelte furono
determinanti anche per Raffaello e Michelangelo.
Il Cristo alla Colonna:
Bramante si interessa alla prospettiva, al naturalismo e alla classicità. Il Cristo alla Colonna,
presenta una decorazione classicheggiante e una muscolatura possente. Il paesaggio si
ispira a quelli di Leonardo. Il corpo di Gesù esprime naturalismo mentre l’espressione
appare vuota e il colore livido della pelle evidenzia l’avvicinarsi della morte. Cristo alla Colonna
Santa Maria presso San Satiro:
Per la chiesa, realizza un falso coro, che illude l’osservatore dando un’impressione di
profondità e di sfondamento. L’edificio, presenta una pianta a T, priva di abside. Bramante realizza un effetto
Trompe l’oeil fingendo una volta cassettonata realizzata con stucco e pittura. Bramante si avvale delle
conoscenze prospettiche apprese da Piero della Francesca e Donatello.
La tribuna di Santa Maria delle Grazie:
La chiesa presenta una struttura articolata ispirata all’Antico. L’ingrandimento dello spazio, deriva dal modello
della Sagrestia Vecchia di Brunelleschi, in cui Bramante, affianca due ambienti quadrati di dimensione
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differente. L’uso della luce, accentua il senso di dinamismo poiché viene proiettata da numerosi oculi sulle
pareti.
Il Tempietto di San Pietro in Montorio:
Quando giunge a Roma, Bramante ha finalmente l’opportunità di ammirare e studiare dal vero le grandi
costruzioni del passato. Commissionato dal Re di Spagna, il tempio è costruito sul luogo del martirio
dell’apostolo. Si tratta di un edificio a pianta centrale che presenta un colonnato decorato da fregi, sormontato
da una ringhiera e una cupola. Il tempio, offre a Bramante la possibilità di realizzare e risolvere in modo
coerente il problema dell’edificio a pianta centrale che poco dopo fu ripreso per la progettazione della Basilica
di San Pietro.
San Pietro:
Papa Giulio II avviò il progetto per abbattere l’antica Basilica di San Pietro per ricostruirla. Il primo progetto
elaborato da Bramante propone una pianta a croce greca con una cupola di coronamento, però questa impresa
non si prestava alle esigenze di un tempio destinato ad accogliere migliaia di fedeli. Il progetto venne
abbandonato per fare posto alle idee di Raffaello, Michelangelo e Sangallo, che preferirono ritornare ad una
pianta longitudinale. Più tardi, Papa Paolo III affidò il cantiere a Michelangelo, che recuperò l’idea iniziale di
Bramante e progettò la cupola. All’inizio del ‘600 la basilica venne completata prolungando la pianta
rendendola longitudinale.
Il Cortile del Belvedere:
Papa Giulio II commissiona a Bramante la progettazione del cortile pensato per collegare gli edifici dei Palazzi
Vaticani. Qui l’artista, progettò un complesso sistema di scalinate e terrazze disposte su più livelli (come le ville
imperiali romane). Due lunghi corridoi delimitavano lo spazio permettendo il passaggio anche dall’interno
dell’edificio. Parte del cortile fu destinata per all’esposizione della collezione di statue del pontefice come il
Laocoonte e l’Apollo del Belvedere.
Il ‘500 a Venezia e nell’area padana:
L’incontro tra Venezia e l’arte rinascimentale avviene un po’ più tardi rispetto ad altre località italiane. Per
buona parte del ‘400 a Venezia prevale ancora lo stile bizantino. Nella seconda metà del ‘400 il Rinascimento
inizia a comparire grazie alla presenza a Venezia di Antonello da Messina e grazie ai contatti tra la famiglia
Bellini e Andrea Mantegna (sorella di Bellini sposata con Mantegna). Questo nuovo stile veneziano, consisteva
in un uso del tutto nuovo del colore, che diede vita a quella pittura definita tonale. Questa nuova tendenza, fu
interpretata e sperimentata prevalentemente da: Giorgione e Tiziano.
Giorgione:
Fu il primo artista a rinnovare lo stile della pittura veneziana del primo ‘500. Ispirandosi a
Bellini e Antonello da Messina (che avevano operato in laguna), crea un repertorio
iconografico con temi di soggetto profano. L’artista, si avvale esclusivamente di luce e
colore eliminando la linea di contorno. Dà vita così, ad una nuova concezione di pittura
chiamata “tonale”.
La Pala di Castelfranco:
Evidenzia i caratteri della pittura tonale. Presenta una composizione piramidale, incentrata
su tre personaggi: la Vergine in trono, San Francesco e San Liberale. La Pala fu realizzata
per la cappella della famiglia del condottiero Tuzio Costanzo per celebrare la morte del
figlio Matteo. Il sarcofago, è posto alla base del trono, su di esso è rappresentato lo stemma
della famiglia, mentre lo stendardo richiama la stirpe del committente. Il podio che
sostiene Maria, suddivide il dipinto in due parti: lo spazio terreno dove ci sono i santi e Pala di Castelfranco

quello divino dove è posta la Vergine, che appare spinta in profondità, verso il
paesaggio.
Le tre età dell’uomo:
L’opera presenta una pennellata calda e avvolgente che ricorda lo stile di Leonardo. Il
giovane al centro segue un percorso di apprendistato che va ben oltre la formazione
musica, diventando allegoria del cammino verso l’equilibrio e l’armonia. Nelle opere di
Giorgione oltre i temi sulla musica e sull’amore, si riscontrano spesso riferimenti
religiosi e astrologici. Le piccole dimensioni delle sue opere e le iconografie particolari, Le tre età dell’uomo
lasciano supporre che l’artista frequentasse circoli riservati ad intellettuali
esigenti.
Il fregio di Casa Pellizzari:
Un chiaro riferimento ai temi astrologici, ritenuta da alcuni un’opera che
anticipa il trasferimento del pittore a Venezia. Il fregio è composto da oggetti Fregio casa Pellizzari

motti in latino e immagini che alludono alla fortuna e alla saggezza.


La Tempesta:
Tra le opere più enigmatiche della storia dell’arte. Il paesaggio, accoglie personaggi misteriosi: un uomo vestito
in modo stravagante e una donna seminuda che allatta. Dietro le figure sono presenti due colonne e un corso
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d’acqua attraversato da un ponte che conduce ad una zona urbana. In cielo, nubi grigie e
lampi. Il tema del dipinto è il rapporto tra natura e uomo, o l’unione tra cielo e terra, ma
alcuni studiosi ritengono che i due personaggi raffigurino la Carità (la donna) e la Fortezza
(l’uomo). Un’altra ipotesi, è che possano essere Adamo ed Eva dopo la cacciata dal
Paradiso.
Venere Dormiente:
Opera realizzata da Giorgione ma completata da Tiziano dopo la morte dell’artista. Il
dipinto ritrae una donna nuda, addormentata all'aperto, distesa su un telo bianco e un
La Tempesta
cuscino coperto da un drappo rosso. Ponendola ai raggi infrarossi, si evidenzia come
Tiziano riparò alcuni danni: riduce il lenzuolo ed amplia il manto erboso, infine
aggiunge il drappo rosso. Sua è anche la roccia dietro donna. Nonostante
l’intervento di Tiziano, l'invenzione del soggetto è attribuita interamente a
Giorgione. Si tratta di un'atmosfera sensuale e sognante, molto diversa dalle
interpretazioni che daranno gli artisti successivi del tema, dove la donna sveglia si
rivolge allo spettatore, esibendo apertamente la propria nudità.
Tiziano: Venere Dormiente

Il percorso artistico di Tiziano, è di grande complessità che va dal Rinascimento maturo


all’età manierista. Considerato il principale esponente del  Rinascimento  veneziano. Tiziano
entrò nella bottega di Bellini, che gli insegnò a padroneggiare tecniche della pittura ad olio.
Durante quel periodo fece amicizia con Giorgione, anche lui allievo di Bellini. I due artisti
iniziarono a collaborare in varie opere come la decorazione ad affresco del Fondaco dei
Tedeschi nel palazzo posto sul Canal Grande (dove si svolgevano i traffici dei mercanti
nordici).
Il Ritratto d’uomo detto l’Ariosto:
Sin dalle sue prime opere, in particolare nei ritratti, Tiziano esprime una sensibilità nuova e
potente: i suoi personaggi, trasmettono una tensione interiore. Si mostrano complici,
osservano lo spettatore, entrano nello spazio reale. L’Ariosto, presenta una posa disinvolta,
con il braccio adagiato sulla ringhiera, proprio per accentuare questa entrata nel mondo L’Ariosto

reale. L’uomo si volge a noi invitandoci a dialogare.


Il Miracolo della donna ferita e del marito geloso:
La nuova pittura di Tiziano, è riconoscibile negli affreschi eseguiti a Padova, presso la
Scuola del Santo. L’episodio narrato, si riferisce a uno dei miracoli di Sant’Antonio: in
seguito a un attacco di ira del marito, una donna viene ridotta in fin di vita. Sullo sfondo,
viene rappresentata la scena in cui, il marito supplica pentito e la moglie viene riportata in
vita grazie alla benedizione del santo. Tiziano concentra la scena sul momento della
violenza: straordinaria è la forza drammatica, quasi teatrale in cui ci sono forti contrasti
cromatici. Tiziano inizia a scoprire anche la straordinaria forza del colore bianco, che
utilizzerà nella maggior parte delle sue opere.
Il Concerto campestre: Il Miracolo della donna ferita

Si ispira a Giorgione, dove riprende i temi dell’amore e dell’armonia, ponendo i


personaggi nella natura e utilizzando una pennellata veloce proprio come quella
dell’artista. Il dipinto è ambientato in una radura, in cui un gruppo di personaggi è
intento a suonare degli strumenti musicali. La fanciulla alla sinistra raccoglie l’acqua
da una fonte, gesto che allude al tema dell’armonia e della temperanza. Il ragazzo
dalla folta capigliatura, appare invece un elemento dissonante: ha appena lasciato il
gregge sullo sfondo e sembra rompere l’armonia. Il tema del dipinto, cioè
l’interruzione dell’armonia musicale, cela un significato politico che mira a esaltare le
cerchie esclusive e a evitare i mescolamenti sociali. Concerto campestre

Le tre età dell’uomo:


Un altro dipinto che riprende temi come l’amore e l’evocazione. Nel dipinto il
tema principale è quello musicale che allude però all’amore (la ragazza che
suona un flauto, spesso è associato all’erotismo). In questo caso però, è presente
anche un avvenimento moralistico: i due putti addormentati sotto il tronco
dell’albero, rappresentano i protagonisti da bambini, mentre sullo sfondo
ricompaiono come teschi nelle mani del vecchio, allusione alla Vanitas (in
pittura è la natura morta che allude al tema della fragilità della vita). Tre età dell’uomo

L’Assunta dei Frari:


E’ la prima impresa di Tiziano che presenta nuovi schemi compositivi elaborati nell’Italia
centrale. La pala d’altare, sfrutta l’aspetto emotivo, i gesti, le espressioni, per coinvolgere l’osservatore nello
svolgimento della scena. L’Assunta è una risposta al Rinascimento romano: Tiziano traduce in chiave coloristica
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il linguaggio figurativo elaborato alla corte papale. A differenza della Trasfigurazione di
Raffaello, dominata da un pathos e ispirata alla cultura classica, Tiziano predilige
l’emotività con cui rappresenta il divino senza complesse metafore.
La xilografia di Tiziano:
Tiziano tramite Bembo, aveva ricevuto un invito alla corte di Leone X ma scelse di
rinunciare (una presa di posizione che testimonia il suo desiderio di essere autonomo e di
poter affermarsi come pittore ufficiale alla corte di Venezia). Nella xilografia Il Trionfo di
Cristo, è raffigurata la pacificazione tra la Chiesa di Roma e la Repubblica veneziana.
L’utilizzo della stampa, è legata all’amicizia con Pietro Bembo. Un’altra xilografia è La
sommissione del faraone nel Mar Rosso, un’altra composizione con significato politico che
allude alla guerra dichiarata dalla Lega dei Cambrai per contenere l’espansione di Venezia
sulla terraferma.
Assunta dei Frari:
La Pala Pesaro:
Realizza un’altra pala d’altare, una composizione autocelebrativa della famiglia di Jacopo
Pesaro. I membri della famiglia appaiono in primo piano, inginocchiati e di profilo. L’opera
presenta una disposizione piramidale evidenziata nelle figure di Maria e del Bambino. Al
centro, San Pietro, con la chiave adagiata sul gradino inferiore. l’opera presenta uno
squarcio sullo sfondo, davanti, due colonne conferiscono monumentalità alla
composizione. San Francesco sulla destra, apre le braccia imitando la Croce (mostrata in
altro dagli Angeli), mentre guarda il piccolo Gesù protetto dal velo della madre.
Il Polittico Averoldi:
L’opera possiede cinque scomparti: in alto ai lati, l’angelo e la Vergine dell’Annunciazione,
nei due scomparti laterali inferiori, figure di santi e al centro, la Resurrezione di Cristo.
Ispirato a Michelangelo (muscolature possenti e posture articolate), e all’Antico (in
particolare al Laocoonte). Il dipinto mostra una composizione monumentale che tende a Pala Pesaro

sfidare le composizioni scultoree dell’epoca. L’opera presenta una particolare attenzione per gli
effetti della luce: nei bagliori del tramonto e nei riflessi delle armature.
Amor sacro e Amor profano:
Dipinto nuziale commissionato per il matrimonio delle famiglie di Aurelio e
Bagaratto (gli stemmi sono riconoscibili sul sarcofago e sul fondo del
recipiente appoggiato sul bordo della fontana/sarcofago). La Venere nuda con
il lume acceso, è simbolo di amore divino e persuade la giovane alla sua
sinistra, a prendere in sposo il figlio della famiglia Aurelio. Le due famiglie Amor sacro e Amor profano
erano in combutta per una precedente faida politica. La scena di lotta
rappresentata sul sarcofago rimanda al conflitto tra le famiglie, il bambino che gioca
con l’acqua della fontana intende temperare il dissidio e portare quindi la pace. Il paesaggio dolce, presenta
due conigli che augurano prole e unione matrimoniale.
I Baccanali:
Realizzati per lo studiolo di Alfonso d’Este a Ferrara, rappresentano erotismo che recupera
l’Antico ma con una luce calda che ricorda lo stile veneziano. L’opera allude al piacere
carnale, con rifermenti alla pittura di Raffaello e Michelangelo.
Il Trionfo di Bacco e Arianna:
Una delle più famose opere profane dell’artista, carica di sensualità ed esplicito erotismo. Il
corteo si compone di nudi e finisce nell’incontro tra Bacco e Arianna pronti a lanciarsi l’uno
nelle braccia dell’altro.
Il Martirio di San Lorenzo:
La lontananza da Roma non risparmia Tiziano dalle tensioni che portarono allo sfaldamento
del Rinascimento. L’anticlassicismo manierista si diffonde con rapidità, Tiziano trasforma il
suo linguaggio pittorico rendendolo cupo e drammatico. La forma si sfalda, la luce consuma
i corpi, annullando il disegno e incentrandosi solo sulle potenzialità del colore. L’opera è un Martirio San Lorenzo

capolavoro di luminismo: fiaccole in movimento, bagliori, fonti di


illuminazione che rendono l’opera dinamica. L’architettura classica, la
prospettiva e i corpi monumentali, rivelano il soggiorno romano compiuto dal
pittore poco prima dell’esecuzione dell’opera.
L’Incoronazione di spine:
Presenta due versioni che testimoniano il cambiamento dello stile di Tiziano:
La versione di Parigi, mostra ancora classicismo, nella postura di Cristo è
evidente il riferimento al Laocoonte, l’ambientazione ha riferimenti
architettonici dell’Antico. Il Cristo, circondato dai carnefici, sembra lottare e
resistere agli attacchi. Meno dinamica ma più commovente quella conservata a Parigi Monaco
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Monaco. Il dipinto, fu eseguito circa trent’anni dopo la tela di Parigi, e mostra ormai la dissoluzione delle
forme. Le pennellate sono pastose e le forme sono confuse, rappresentando le opere
come visioni, non più definite.
Paolo III e i suoi nipoti:
Viene rappresentato il pontefice, lo stesso che commissionò a Michelangelo la
realizzazione del Giudizio universale e la decorazione della Cappella Paolina. Il
ritratto, che lo rappresenta tra i due nipoti, è un manifesto politico che certifica
un’intento di successione. Il nipote sulla sinistra (Alessandro) ha un atteggiamento
fiero mentre il nipote alla destra (Ranuccio), appare più fragile e sottomesso, la Paolo III e i suoi nipoti

schiena curva in segno di obbedienza. Ranuccio era stato destinato alla carica di
Cardinale, come il fratello, solo al fine di assicurare una seconda possibile successione.
L’Allegoria del Tempo governato dalla Prudenza:
Mostra la sovrapposizione di due composizioni: presenta tre ritratti, quello di Tiziano, del
figlio e del nipote. Sotto, tre figure che rappresentano un lupo, un leone, e un cane. L’opera
ruota attorno ai temi della saggezza, della successione e del trascorrere del tempo. I tre
animali, sono associati all’età dell’uomo e rappresentano: la Memoria (passato, lupo),
l’Intelligenza (presente, leone), la Previsione (futuro, cane).
La punizione di Marsia: Allegoria del tempo

Ormai anziano, i suoi dipinti mostrano il suo pessimismo, in cui si concentra sulla
conclusione del racconto invece che allo svolgimento narrativo. In quest’opera, Apollo
scortica il satiro che ha osato sfidarlo. La punizione, si svolge sotto gli occhi di Re Mida
(che possiede le fattezze di Tiziano), al ritmo di musica (in forte contrasto con l’omicidio).
La Venere di Urbino:
Nella storia fu modello per altri artisti come Édouard Manet che lo riprese nel suo dipinto
Olympia. La donna, nuda, in primo piano è distesa ed è dipinta con un'attenzione
estremamente realistica. Occupa interamente la porzione inferiore del dipinto. La Venere
è adagiata sopra un letto di materassi rosso porpora. Al di sopra è disposto un Punizione di Marsia

lenzuolo con panneggio morbido ed elegante. La Venere nella mano destra ha un


mazzo di fiori, mentre con la mano sinistra si copre il pube. Ai piedi del letto si trova
un cagnolino che dorme, simbolo di fedeltà. La parte superiore, è occupata da una
scena domestica. Un’ancella cerca delle vesti all’interno di una cassapanca assistita
da una giovane donna. In alto, al centro, oltre un loggiato con al centro una
colonna, si intravede un paesaggio.
Lorenzo Lotto:
Contemporaneamente a Tiziano, a Venezia opera un’altro artista meno appariscente. Venere di Urbino

Lorenzo Lotto è un prodigioso ritrattista, che visse profondamente la crisi del proprio
tempo. La pittura di Lotto, si anima di personaggi spesso insoliti. L’ambito territoriale dove
l’artista riesce ad affermarsi, è quello dell’ambiente lagunare: prima Treviso poi Bergamo. Scarse sono le notizie
relative alla formazione dell’artista, comunque consapevole dell’arte del Bellini e di Giorgione. Inoltre è
importante la sua conoscenza dell’arte nordica: Dürer e i fiamminghi, ma anche la produzione grafica
dell’Europa Settentrionale.
La Pala di Asolo:
Si ispira a Bellini e ad Antonello da Messina ma inserisce già elementi di sorpresa come l’espressione del Santo
alla destra che alza il capo per contemplare la Vergine, infrangendo le caratteristiche compositive
dell’iconografia tradizionale. Lotto non rinnega l’uso del disegno, infatti nei suoi dipinti
usa la linea netta che ritaglia i personaggi.
La Deposizione di Jesi:
Lotto compie un viaggio a Roma, dove risulta attivo nei palazzi papali e forse, anche
se non è documentato, nelle stanze dipinte da Raffaello. Il confronto con il
Rinascimento romano, suscita nell’artista una reazione anomala: invece di apprendere
e accogliere l’ispirazione dalle figure di Michelangelo o l’armonia di Raffaello, si
orienta in uno stile del tutto personale allontanandosi dal classicismo. Le opere dipinte
subito dopo il soggiorno romano, documentano la ricerca più incentrata sul realismo
che sulla purezza e sull’equilibrio. In questo dipinto mette quasi a disagio l’osservatore La deposizione di Jesi
a causa delle sue pose poco armoniose: gli uomini che reggono il telo (uno lo tiene
con la bocca), la Vergine alza le mani al cielo senza alcun decoro classico, la Maddalena,
inginocchiata contempla la mano abbandonata di Cristo. A terra, gli elementi del martirio.
La Pala Martinengo:
Lotto si cimenta nella realizzazione architettonica, ponendo delle colonne classicheggianti che vengono
inghiottite dal buio della profonda navata. I personaggi appaiono distratti, persino assorti in pensieri lontani.
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La Pala di San Bernardino:
L’artista, pone un baldacchino verde al centro della composizione. Gli angeli tengono
il drappo per proteggere la Vergine. La serenità della madonna, si contrappone ai gesti
movimentati degli angeli. In primo piano, l’angelo intento a scrivere, improvvisamente
è distratto dalla nostra presenza e si volge verso di noi. La pittura di Lotto si fa
portatrice di una religiosità più umana, umile e concreta rispetto alle grandiose
composizioni del Rinascimento.
I Ritratti:
Tratto distintivo della pittura di Lotto, è l’attenzione psicologica dell’individuo. Di
solito i personaggi sono rappresentati in contesti non sobri ma articolati, spesso Pala San Bernardino
presentano oggetti significativi, e sono dipinti in pose naturali e
disinvolte. Esempi importanti sono: l’Andrea Odoni in cui la
posa con la mano al cuore rappresenta un uomo immerso nella
sua passione antiquaria. E il Ritratto di gentildonna nelle vesti
di Lucrezia, la donna, tiene in mano una stampa dell'eroina
romana  Lucrezia, mentre lo sguardo è rivolto direttamente
verso lo spettatore. Anche l'iscrizione sul foglio sottolinea il
valore morale della vicenda storica: "Seguendo l'esempio di
Lucrezia, nessuna donna vivrà nel disonore”. Tra i ritratti più Ritratto di gentildonna Andrea Odoni

insoliti, c’è il Triplice ritratto di orefice, dove il personaggio è


raffigurato visto frontalmente e ai lati i suoi due profili.
Elemosina di Sant’Antonino:
In cui rappresenta in alto la figura di Sant’Antonio intento nell’attività caritatevole
rivolta ai poveri sotto. Nella fascia centrale sono rappresentati due chierici che
accolgono le richieste d’aiuto. La fascia inferiore è popolata da un gruppo di
personaggi, alcuni dei quali, presentano lettere con le richieste di aiuto. La Triplice ritratto di orefice
composizione risulta dinamica ma anche rigorosa e ordinata, presenta una
composizione piramidale che ne mantiene il tratto devozionale.
Il Manierismo:
Il secondo ‘500 è un’epoca caratterizzata da lacerazioni politiche e religiose, un tempo di violenza ma anche di
bellezza che porta gli uomini a schierarsi su parti opposte. Fra le tante divisioni, prevale quella religiosa
introdotta dalla diffusione della Riforma luterana: cattolici e protestanti danno origine ad un’età di guerre e a
nuove strategie politiche e culturali. La Chiesa, scossa dalla Riforma, inizialmente faticherà a riprendersi, per
organizzare poi una difesa ed una presa di posizione che riaffermerà il dogma. Intanto, il mondo amplia i
propri orizzonti: Cristoforo Colombo scopre nuove terre, rivelando l’esistenza di nuove civiltà e dando vita a
nuovi imperi e soprattutto ampliando i commerci e quindi l’economia. Le arti figurative e l’architettura in
questo periodo svolgono un ruolo fondamentale: non soddisfano semplicemente i desideri del committente ma
rappresentano le opere interpretandole in maniera personale. Nel 1519, quando viene eletto imperatore Carlo
V, eredita dalla parte della madre, il Regno di Spagna, mentre da quello del padre, il Sacro Romano Impero,
avendo quindi nelle sue mani un territorio enorme. La vastità dei territori di Carlo V spaventa il re di Francia,
Francesco I, il quale cerca di rubargli il titolo di imperatore. Papa Clemente VII si schiera con Francesco I e
Carlo per punirlo recluta un esercito di mercenari che giungono a Roma e la saccheggiano. Il conflitto si
conclude dopo la morte di Francesco I. Carlo V cede la corona e divide la corona spagnola (affidata al figlio) da
quella imperiale (assegnata al fratello). Il termine Manierismo, indica un’arte che non cerca più di riprodurre la
natura, come nel Rinascimento, ma che vuole invece rifarsi alla maniera, cioè allo stile, dei grandi maestri
come Michelangelo, Raffaello e Leonardo. In queste opere si abbandona la prospettiva e le proporzioni delle
figure tipiche del Rinascimento: lo spazio è strano, le figure si allungano e si contorcono, i colori sono brillanti
e violenti, i volti diventano minacciosi.
Pontormo:
Rimase orfano di entrambi i genitori in età molto giovane. Grazie al suo talento studiò pittura presso le più
importanti botteghe dei maestri fiorentini tra cui quelle di Leonardo da Vinci, Piero di Cosimo, ed Andrea del
Sarto  del quale diventa allievo. Pontormo fu tormentato tutta la vita da un senso di solitudine e abbandono,
probabilmente dovuto alla sua infanzia, che lo portò a importanti sperimentazioni nell’ambito della pittura,
distaccandosi nettamente dal classicismo.
La Sacra conversazione:
E’un affresco ispirato allo stile di Leonardo e Raffaello. In quest’epoca, Pontormo si avvicina all’arte di
Michelangelo, probabilmente dopo aver studiato il cartone della Battaglia di Cascina (opera che rappresentava
una vera e propria “scuola” per le nuove generazioni di artisti).
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Santa Veronica e San Quintino:
Nell’opera Santa Veronica si individua una forte ispirazione al Tondo
Doni di Michelangelo (nella postura e nelle forme quasi scultoree). Negli
anni successivi, questo rapporto di dipendenza verso l’arte di
Michelangelo, viene confermato da altre opere come San Quintino che
sembra essere ispirato dallo Schiavo morente realizzato dal Buonarroti
per la Tomba di Giulio II.
La Pala Pucci:
Il soggetto è tradizionale, ma ci sono diversi elementi che si allontanano Santa Veronica
dalla tradizione: questo dimostra che il percorso inquieto dell'artista verso San Quintino

il Manierismo è già iniziato. Pontormo non organizzò i personaggi attorno al


fulcro centrale della Madonna col Bambino, ma li allontanò spargendoli su tutta la
superficie del dipinto. Inoltre, Maria non tiene in braccio il bambino ma è con San
Giuseppe. Lo sfondo è scuro, ed aumenta gli effetti di sfumato ed amplifica l’illuminazione
sulle figure. Le torsioni complesse, i gesti e l'animazione dei personaggi annulla la
simmetria, nonostante le due metà siano popolate dallo stesso numero di personaggi. 
Giuseppe in Egitto:
Pontormo offre una specie di sintesi della pittura fiorentina, inspirandosi ad artisti che
vanno da Giotto a Masaccio a Botticelli fino a Michelangelo e Andrea del Sarto.
Nell’opera passa dalla rappresentazione di figure piccolissime a figure monumentali. Pala Pucci

Inoltre, non dipinge una linea di orizzonte ma costruisce la composizione intorno


alla scala dell’edificio.
Gli affreschi per Poggio a Caiano:
Le pose sono insolite, i personaggi mostrano le abilità naturalistiche del pittore ma
conferiscono un ritmo spigoloso alla composizione. I personaggi appaiono
disarmonici e scoordinati, poco dialoganti e con espressioni inquiete.
Le Storie della Passione di Cristo:
Si tratta di un ciclo che si ispira molto all’arte grafica di  Dürer. Le Storie della Giuseppe in Egitto

passione sembrano infatti delle stampe del maestro tedesco. Nonostante la grave
condizione degli affreschi, le immagini riescono a trasmettere ancora potenza e
drammaticità. Nel Cristo davanti a Pilato, il giovane che scende le scale, fa assumere al
dipinto una lettura che va dall’alto verso il basso.
Gli affreschi per San Lorenzo:
Gli ultimi anni di vita dell’artista, sono intensi e difficili. Realizza il ciclo di affreschi per il
coro della Basilica di San Lorenzo (purtroppo distrutti), pensati come una sorta di “risposta
fiorentina” al Giudizio universale dipinto da Michelangelo nella Cappella Sistina a Roma. Di
questo ciclo, ci restano solo dei disegni. Pontormo si dedicò a quest’impresa fino alla morte
lasciando a Bronzino il compito di completarla.
La Deposizione di Cristo:
Ha come tema centrale la resurrezione e la vita eterna. I personaggi sono quasi privi di Deposizione di Cristo

gravità, alcuni sono in punta di piedi anche se sorreggono il peso delle figure come quella del
Cristo. Domina la composizione la figura di Maria, avvolta in un ampio mantello. Pontormo
adotta la tavolozza fredda come nella pittura di Michelangelo. Nell’opera si manifesta un
certo disagio spaziale: i personaggi si piegano a causa della forma della tavola donando un
effetto claustrofobia al dipinto.
Rosso Fiorentino:
Allievo di  Andrea del Sarto, il giovane pittore, è soprannominato Rosso, per i suoi capelli
rosso brillante.
La Deposizione:
La sua opera più rappresentativa, nel quale il pittore scompone le figure rendendole quasi Deposizione
geometriche. I personaggi si arrampicano sulle scale assumendo pose scomposte ed
espressioni grottesche. San Giovanni si copre il volto in segno di disperazione volgendo le
spalle alla scena principale. La Maddalena inginocchiata a terra abbraccia Maria piegata dal
dolore. La porzione superiore mostra le figure impegnate a trasportare il corpo di Cristo. In
basso, Rosso si incentra sul dolore e la disperazione. L’antinaturalismo dell’artista in questo
dipinto, non è una negazione dell’umano ma un’esaltazione della drammaticità.
Il Cristo morto sorretto dagli angeli:
Recatosi a Roma, dopo l’elezione di Papa Clemente VII, lavora alla decorazione della
Cappella Cesi in cui dipinge il Cristo morto sorretto dagli angeli (opera mai consegnata a
causa di un litigio sorto tra il pittore e il committente). In questo dipinto si evidenzia Cristo morto sorretto
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l’influenza della cultura romana: il corpo sinuoso, l’anatomia definita che rimanda agli
Schiavi di Michelangelo.
La Deposizione dalla Croce:
A causa del tragico evento del Sacco di Roma, Rosso fugge dalla città. Ad Arezzo, dipinge
la Deposizione dalla Croce in cui torna sul tema delle scale poste sullo sfondo ma si
concentra sulla drammaticità della rappresentazione. In primo piano, domina il corpo
livido di Cristo, raffigurato con precisione e riconducibile a uno studio dal vero. Intorno, le
figure dei santi. La figura della Maddalena, rappresentata in modo moderno, ha le braccia Deposizione dalla Croce
incrociate ed una capigliatura elaborata. Al centro della scena è posta la Madonna sorretta
da alcuni personaggi. Dal fondo scuro, emerge una figura dal volto mostruoso che alcuni
studiosi ritengono sia simbolo del male che si contrappone alla purezza della contemplazione
di Gesù.
Il Cristo risorto in gloria:
Si trasferisce in Francia dove produce poche altre opere come il Cristo risorto in gloria. Al
centro si trova il Cristo, affiancato da quattro sante, due per lato, in posizioni simmetriche, a
formare la tradizionale piramide compositiva. Le più vicine rappresentano la  Vergine
Maria  (sinistra) e  Sant'Anna  dal volto molto danneggiato. Nella parte inferiore, in cui sono
presenti zone non finite, si raffigurati vari personaggi che rappresentano le varie popolazioni
del mondo che ricevono il messaggio di Cristo. Il Cristo risorto in gloria

Parmigianino:
E’ stato un  pittore  italiano, fondamentale esponente della corrente  manierista  e della  pittura
emiliana in generale. L'appellativo “Parmigianino", oltre che dalle origini, gli derivò dalla corporatura minuta e
dall'aspetto gentile. La sua formazione è legata alla figura di Correggio ma il suo stile
è opposto a quello del maestro.
La decorazione di Rocca San Vitale:
Il Parmigianino realizza la decorazione per la Rocca San Vitale in cui riprende il
tema dedicato a Diana (come nella Camera della Badessa di Correggio), imitandone
anche l’impostazione iconografica. Parmigianino ripropone la volta illusionistica in
cui sono inseriti dei putti. Il tema centrale è quello del mito di Diana e Atteone, nel
quale il cacciatore viene punito per aver osato osservare la dea e le sue ninfe durante
Rocca San Vitale
il bagno. Il ragazzo, per punizione, viene trasformato in un cervo e quindi sbranato
dai suoi stessi cani. Lo steccato dipinto sulla volta, ha un effetto di chiusura e non di
dilatazione spaziale in questo modo si ha la sensazione di non poter uscire dalla camera. Anche i putti
raffigurati dal Parmigianino, non accennano minimamente né alla possibilità e né al
desiderio di uscire. In questa come nel successive opere, si incentra sul dettaglio e sui
particolari. Al centro della volta, inserisce uno specchio che ha lo scopo di catturare
l’immagine e di rifletterla. Inoltre, lo specchio nega l’apertura verso l’esterno (come con
l’oculo), ma fa rimbalzare la visione verso il basso per poi riportarla indietro.
Il Ritratto di Galeazzo Sanvitale:
Dipinge un famoso ritratto che contiene riferimenti ermetici (Della filosofia e delle dottrine
scientifiche). Galeazzo siede su una savonarola (sedia pieghevole), posta di lato.
Parmigianino nelle sue opere sovrappone molto spesso i piani: sullo sfondo pone un muro
dove dietro rappresenta un’apertura naturalistica, avanti al muro, dipinge un’armatura
lucente. Nel dipinto è presente quasi uno scontro tra architettura e natura. Galeazzo Sanvitale

Autoritratto allo specchio convesso:


L’artista giovanissimo, dipinge la propria immagine riflessa alterandone la forma a causa
della superficie curva dello specchio. Elementi principale sono: la mano deformata in
primissimo piano e la stanza rigonfia sullo sfondo, che rappresentano una visione
sproporzionata della realtà. Legato a questo dipinto, è il trasferimento del Parmigianino
a Roma in cui il pittore, appena ventunenne, si afferma grazie alla committenza di Papa
Clemente VII. Inoltre, conosce Rosso Fiorentino, da cui trova il coraggio di seguire il
proprio stile: allungamento e distorsione delle figure, riduzione dell’effetto di
profondità.
Ritratto d’uomo con libro: Autor. allo specchio convesso

Possiede alcuni tratti dell’arte classica e di Raffaello ma rivisitati in chiave manierista: il


taglio obliquo della composizione, lo sguardo quasi di sfida del personaggio, le dita affusolate, l’attenzione per
i dettagli.
La Visione di San Girolamo:
Testimonia l’interesse dell’artista per le opere di Michelangelo. I corpi in primo piano, ricordano le posture dei
profeti nella Cappella Sistina e i corpi possiedono una muscolatura forte quasi scultorea. Anche lo studio della
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luce, che parte dalla figura di Maria, crea effetti di chiaroscuro e
rende più naturalistici corpi e spazi.
La Conversione di San Paolo:
A causa del Sacco di Roma, Perugino si sposta a Parma, dove
dipinge la Conversione di San Paolo. Si tratta di un dipinto che
esprime ormai il linguaggio manierista. L’opera è ispirata alla
Cacciata di Eliodoro di Raffaello sia per la figura del cavallo
impennato e sia per la posizione del personaggio caduto a terra.
Nel dipinto del Parmigianino, le proporzioni sono alterate: invece Cacciata Eliodoro (Raffaello)

dell’effetto convesso usato dell’Autoritratto, conferisce alla scena Conversione San Paolo
un’espansione esterna in senso “concavo”.
La Madonna e santi:
Utilizza ancora una volta un’inquadratura dilatata. La figura a mezzo busto ci dà le spalle ma
questo non impedisce di entrare nella narrazione del dipinto. In fondo, sono posti un arco e
una colonna rivestita dai rampicanti che creano un senso di profondità.
San Girolamo in meditazione:
Rappresenta un uomo dalla barba foltissima ma il corpo è ancora muscoloso e vitale.
L’intensità dello sguardo, il capo appoggiato sulla mano chiusa in un pugno mentre l’altra tiene
un crocifisso, conferiscono al dipinto, forza espressiva e potenza stilistica.
Amore che fabbrica l’arco:
Dipinto a tema profano, in cui il Parmigianino adotta una pennellata liscia che rende i corpi
levigati. Il giovane si volge incuriosito a guardarci interrompendo il suo lavoro di carpenteria.
Sullo sfondo, due putti capricciosi sorpresi a bisticciare.
La decorazione di Santa Maria della Steccata: Amore che fabbrica l’arco
A causa dei molti ritardi accumulati dai lavori di questi affreschi, nascerà un litigio con il
committente, al punto che il pittore venne imprigionato dopo essere stato accusato di
disobbedienza. La decorazione della volta ha come tema principale l’esaltazione della
Vergine e dei suoi simboli, raffigurati attraverso gli elementi della terra, dell’aria, dell’acqua
e del fuoco.
La Madonna dal collo lungo:
L’opera rappresenta la Madonna col Bambino e alcune figure angeliche. Sullo sfondo, è
rappresentata la figura di San Girolamo che srotola un lungo rotolo vicino ad un edificio
classico. L’opera resta incompiuta. L’intera composizione è dominata dalla figura di Maria
che tiene in braccio il Cristo Bambino. Parmigianino si concentra sulla resa delle forme,
utilizzando una linea sottile e sinuosa. Le forme allungate del collo e della mano della
Vergine, del corpo del Bambino, e della gamba dell’angelo, conferiscono all’opera i tratti
dello stile manierista.
Madonna dal collo lungo
Giulio Romano:
Raffaello, a differenza degli altri protagonisti del Rinascimento come Michelangelo e
Leonardo, operò sempre in collaborazione con un numero elevato di allievi. Molti di questi artisti, dopo la
morte di Raffaello e a causa del Sacco di Roma, si trasferirono in altri regioni o addirittura all’estero per lavorare
individualmente. L’erede per eccellenza fu Giulio Romano, diventato suo allievo sin da giovanissimo, lavorando
prima alle inquadrature architettoniche e poi agli affreschi come l’Incendio di Borgo nelle Stanze Vaticane.
Giulio si afferma da subito come architetto, come testimonia il suo contributo alla progettazione di Villa
Madama, quindi alla morte del maestro divenne il suo erede e portò a termine le sue opere incompiute,
aggiungendo alcuni elementi di carattere manierista. Rispetto ai primi grandi interpreti del Manierismo
(Pontormo, Rosso, Parmigianino), che utilizzano la pittura per esprimere un disagio sociale e isolamento,
Giulio Romano affronta questa crisi cercando conforto in un mondo immaginario.
Le Storie di Costantino:
Nell’ultima stanza dei Palazzi Vaticani, affidata all’artista dopo la morte di Raffaello, Giulio
realizza una decorazione ricca ed elegante. Il tema è quello delle Storie di Costantino, che
rappresenta il momento di massimo trionfo della Chiesa e della sua alleanza con l’Impero.
Il Ritratto di Giovanna d’Aragona:
Per cogliere le differenze tra Raffaello e Giulio Romano, possiamo considerare il Ritratto di
Giovanna d’Aragona. L’impostazione è ispirata a quelle di Raffaello, ma l’opera presenta
un amore per il dettaglio e per l’ostentazione dello stato sociale dell’effigiato, che non
appartengono allo stile del maestro. Gli studiosi hanno evidenziato come, nei ritratti di
Giulio, i soggetti rappresentati non guardano mai lo spettatore a differenza di quelli di
Raffaello che cercavano il nostro sguardo in maniera quasi invadente. Inoltre, Giulio
Romano raffigura le sue opere come se fossero un “quadro nel quadro”, per l’apertura Ritratto Giovanna d’Aragona
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verso altre stanze o altri spazi in modo da far proseguire, non solo i luoghi, ma anche la storia del soggetto
raffigurato.
La Madonna della Quercia:
L’artista predilige il collegamento tra i personaggi, molto amato da Raffaello che a sua volta
lo acquisisce da Leonardo. Inserisce spesso la natura morta che rende familiari e vissute le
ambientazioni mentre a volte svolgono una funzione puramente compositiva. In
quest’opera, l’aggiunta della culla è piuttosto insolito nell’iconografia tradizionale, ma oltre
ad avere un significato simbolico, accentua il senso di profondità. L’opera fu lasciata
incompiuta. La figura della Vergine è ispirata alla scultura antica e si unisce alle rovine poste
al lato. Il dipinto mostra tratti di modernità e realismo e quindi l’artista non si concentra
sulla ricerca dell’armonia a differenza di Raffaello.
Palazzo Te: Madonna della Quercia

L’artista lascia Roma per recarsi a Mantova, in cui gli viene affidato il progetto per la
realizzazione del Palazzo Te, complesso residenziale ispirato all’architettura romana antica e destinato a
funzione di svago e di rappresentanza della corte di Gonzaga. Giulio progetta un complesso aperto sul
paesaggio, in cui unisce il gusto per l’antico e le necessità di una corte rinascimentale. Il palazzo, presenta una
struttura a quattro ali ed è composto dalla
decorazione in bugnato unita alla semplicità
dell’ordine dorico. In questa struttura rigorosa
ed ordinata, Giulio inserisce degli elementi
discordanti: la trabeazione, mostra dei
cedimenti improvvisi, del tutto simulati, che
rendono il palazzo non tradizionale sotto il
profilo rinascimentale. All’interno, Giuro
progetta la decorazione dei numerosi ambienti Trabeazione Palazzo Te

della reggia, ma di dedica con particolare attenzione


alla Sala di Amore e Psiche e alla Sala dei Giganti.
Sala di Amore e Psiche:
Giulio ripropone il tema della Loggia della Villa Farnesi decorata da Raffaello, in cui dipinge delle immagini
che si limitano a quello che rappresentano senza avere significati complessi. Dal punto di vista compositivo,
pone i personaggi in gruppi e li fa dialogare tra loro. Questo modo di costruire le immagini è stato definito da
alcuni studiosi “Sistema a costellazioni”, usato soprattutto nelle grandi composizioni ad affresco dove
compaiono molte figure.
La Sala dei Giganti:
In questa sala, l’artista crea un’unione tra ambiente architettonico e
decorazione. Rappresenta l’episodio della Lotta tra dei e giganti che
tentano invano di impossessarsi dell’Olimpo. Giulio trasforma la stanza in
una caverna, modificando il pavimento e arrotolando il soffitto per
accentuare l’illusione del crollo che travolge i giganti. Le figure grottesche
dei giganti, sono lontane a quelle di Michelangelo, diventando quasi
caricature e negano il principio della bellezza e della spiritualità.
Tintoretto: Sala dei Giganti Giganti

Fu il maggiore interprete della pittura manierista del secondo ‘500 a Venezia.


Frequentò per un tempo assai breve la bottega di Tiziano ma venne presto
allontanato a causa del suo talento e dei timori di competizione suscitati dal maestro. Le prime opere di
Tintoretto, presentano un grande equilibrio compositivo, il pittore studia con attenzione l’arte tosco-romana e
soprattutto l’opera di Michelangelo. Tintoretto usa moltissimo il disegno come strumento di studio, ideazione e
progettazione delle composizioni, più significativo per la complessità delle scene elaborate. I suoi lavori sono
ricchi di personaggi, e mostrano composizioni esplosive nell’espressività dei gesti e
delle posture.
Il Miracolo di San Marco:
La sua prima opera pubblica, ispirato all’episodio narrato nella Legenda aurea nella
quale san Marco salva dal martirio uno schiavo, accusato di aver venerato delle
reliquie. Il santo, piomba dall’alto, difendendo lo schiavo che giace a terra. In
quest’opera, si evidenzia la vocazione di Tintoretto per il teatro: la scena è
concepita come su un palcoscenico, i corpi possenti si inspirano a Michelangelo
ma la vivacità dei movimenti, testimonia la conoscenza della pittura dell’Italia
settentrionale. La luce è sia frontale che posteriore, e il colore contribuisce a Miracolo san Marco
guidare il ritmo della composizione.
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La Lavanda dei piedi:
Il dipinto presenta un’inquadratura prospettica rigorosa che rimanda
alle strutture e alle scenografie dell’architetto Sebastiano Serlio.
Tintoretto sposta la scena più importante al lato destro, con la figura
di Gesù intenta a lavare i piedi delle figure presenti nel dipinto, che
sono occupate a spogliarsi o a prepararsi al lavaggio. Il grande tavolo
della cena, accentua la fuga prospettica sottolineata anche dal
pavimento decorato da disegni geometrici. Lavanda dei piedi

Il Ritrovamento e il Trafugamento del corpo di san Marco:


Nelle opere successive, Tintoretto abbandona lo studio del
plasticismo dei lavori giovanili e si concentra sugli studi luministici e
sul movimento. Le figure si dimenano sempre in posture oblique, si
piegano e si volgono in ogni direzione, creando un andamento di
forme arrotondate che contrastano con le linee rigide degli elementi
architettonici e delle pavimentazioni. Il Ritrovamento del corpo di
san Marco e il Trafugamento del corpo di san Marco sono due dipinti
che mostrano una rigorosa inquadratura prospettica, con i
protagonisti in primo piano che catturano lo sguardo dell’osservatore Ritrovamento Trafugamento
portandolo nell’opera. Nel Ritrovamento, il pittore utilizza un fondo
scuro per risaltare le figure e l’architettura, che sembrano emergere dalla
composizione. Nel Trafugamento, invece, l’intervento divino è manifestato dalle ombre che oscurano il cielo,
che mette in fuga gli infedeli rendendo possibile la sottrazione del corpo.
La decorazione della Scuola Grande di San Rocco:
Tintoretto avvia una collaborazione, fondamentale per il resto della sua carriera, con la Scuola Grande di San
Rocco. Per le sale, realizzò un numero elevatissimo di tele (sessantuno). Grazie a questa impresa, che durò
venticinque anni, l’artista divenne membro della Confraternita di San Rocco.
La Crocifissione:
E’ una rappresentazione devozionale, in cui il pittore pone di nuovo al
centro la figura di Gesù. La croce emerge potente offrendo agli occhi del
fedele il corpo atletico del Cristo circondato di luce. Le croci dei ladroni
attendono l’elevazione, mentre i carnefici armeggiano con i chiodi e le funi
per sollevarle da terra. La scala che giace a terra in primo piano, sembra
offrirci una via verso il Signore. Il gruppo delle pie donne cerca conforto ma Crocifissione

appare stranamente distante dalla croce.


L’Orazione nell’orto:
Recupera i tre diversi momenti dell’episodio, riuniti nella stessa tela: Gesù avvolto nel bagliore del divino, gli
apostoli in primo piano e gli armati che sfilano in basso a sinistra. In quest’opera sfoggia una piena libertà di
pensiero e di narrativa.
Veronese:
Costruisce composizioni monumentali unendo perfettamente decorazione e architettura. Elemento chiave del
mondo figurativo dell’artista è l’esaltazione del colore, in cui utilizza i colori complementari per accentuarne il
grado di saturazione. L’artista, prende ispirazione da Tiziano, soprattutto per le forme piene, le figure statuarie e
classiche.
La Chiesa di San Sebastiano:
L’opera del Veronese è apprezzata per le sue decorazioni sia negli spazi pubblici che privati. L’artista dipinge
temi mitologici nel Palazzo Ducale, ma è nella chiesa di San Sebastiano che definisce i tratti stilistici del suo
linguaggio. La decorazione della chiesa interessa l’intero edificio, utilizzando anche diverse tecniche come
l’affresco e la pittura ad olio per le tele. Nell’arco di circa venti anni, il Veronese si dedica a questa
decorazione, le opere successive, rivelano un grande sviluppo: dall’iniziale compostezza, ad una composizione
dinamica e sfrontata.
Il Trionfo di Mardocheo:
Tra le opere più impressionanti, in cui l’eroe biblico salvò gli Ebrei dalla distruzione
ordinata da Aman (ministro di Assuero, re di Persia, nemico degli ebrei che attuò un piano
per il loro sterminio, ma Ester, giovane ebrea andata sposa ad Assuero, rivelò il piano al re,
che fece impiccare Aman come traditore). Il dipinto è caratterizzato dallo scorcio,
sorprendente è anche la trovata di “chiudere” la scena in un ovale che sembra contenere a
fatica le figure possenti e muscolose. Già in queste composizioni, il Veronese punta a
rappresentare una realtà parallela, molto credibile per l’aggiunta di elementi architettonici e
quotidiani, ma allo stesso tempo, fantastica, per gli scenari. L’artista sfrutta le sue
conoscenze prospettiche per creare effetti di illusionismo: sfonda le pareti per creare altri Il trionfo di Mardocheo
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mondi, in cui inserisce animali e personaggi. Le sue opere sono molto teatrali: a partire dal primo ‘500,
nell’area veneta si sviluppa il teatro, in particolare dedicato al genere della
commedia in lingua volgare.
La Cena in casa di Levi:
Il tema sacro dell’Ultima Cena fu trasformato dal  Veronese in una
rappresentazione di un banchetto signorile. La scena è ambientata all’interno di
un palazzo classico cinquecentesco. Spiccano le decorazioni, i bassorilievi, le
colonne e i capitelli decorati. Lo sfondo presenta edifici dell’epoca. I personaggi
indossano abiti contemporanei mentre Gesù al centro, indossa una veste coperta Cena in casa di Levi

da un mantello. Il Veronese fu costretto a cambiare il titolo al dipinto perché il suo


lavoro venne contestato dal Tribunale dell’Inquisizione a causa di alcune figure inserite nella scena: cani,
pappagalli, uomini ubriachi e nani. Cambiò quindi il titolo in Cena a casa di Levi (nome dell’esattore delle tasse
che organizzò la cena per festeggiare la chiamata di Cristo).
Le Nozze di Cana:
Il dipinto presenta un’ambientazione festosa che sfoggia materiali, vestiti, oggetti
preziosi e soprattutto un’elaborata cornice architettonica in stile classico. Al
centro, siedono alcuni personaggi intenti a suonare che presentano le fisionomie
di quattro pittori del tempo: Tiziano, Bassano, Tintoretto e lo stesso Veronese.
L’artista, sfrutta l’effetto di sfondamento della parete prodotto dalle colonne poste
sui lati. Il cielo accentua la luminosità dei colori e la ringhiera che separa i due
livelli della scena, obbligando lo spettatore a soffermarsi su ciò che avviene in Nozze di Cana

primo piano prima di osservare lo sfondo.


La collaborazione con Palladio: Villa Maser:
Collabora con l’architetto Andrea Palladio per la decorazione degli ambienti
della villa. Sceglie di realizzare degli affreschi con temi mitologici e celebrazioni
familiari. Il Veronese gioca con lo spazio reale dell’edificio (ispirato a modelli
antichi), aggiungendovi elementi illusori come colonne dipinte che incorniciano
scene mitologiche, realizzate in Trompe l’oeil: i personaggi, si affacciano dalle
ringhiere, sugli sfondi realizza scorci con cieli azzurri, giardini e spazi. La volta
della Sala dell’Olimpo, diventa una finestra sulla quale affacciano degli dei Villa Maser
antichi per osservare i mortali.
Bronzino:
Massimo ritrattista della corte dei Medici del ‘500, conosce in modo approfondito i grandi
maestri della pittura toscana come Michelangelo e Raffaello. I suoi dipinti sembrano forgiati
nel metallo, delineati da un tratto sottile ed elegante, degno di un orefice. Le forme morbide
derivano dall’Antico e dalla cultura rinascimentale ma sono prive di espressività.
Il Ritratto di Lucrezia Panciatichi:
La mancanza di dialogo e di espressività nei suoi personaggi, fa parte delle manifestazioni di
crisi che appartengono all’epoca manierista. Nell’opera, la donna indossa un abito e dei
gioielli lussuosi. Lucrezia, ci osserva enigmatica, il suo corpo è ingabbiato nella veste
aristocratica, la mano destra poggia sulla savonarola mentre la sinistra poggia su un libro Lucrezia Panciatichi
aperto.
L'Allegoria con Venere e Cupido:
La tavola raffigura Venere e Cupido che si abbracciano in primo piano, ma Venere allontana
la freccia scagliata da Eros e tiene in mano il pomo della discordia. In alto, il Tempo, rivela
la figura livida della Gelosia, che si strappa i capelli in segno di disperazione. Altre
immagini che alludono all’inganno sono: le maschere adagiate a terra, la figura con il volto
di bambina e il corpo di serpente che con una mano offre un dolce e nell’altra ha un
strumento di morte. Il tema esprime il senso di pericolo, le figure di Gelosia e Tempo, sono
ispirate a Michelangelo (precisamente a quelle del Giudizio Universale), il colore a Rosso
Fiorentino mentre le suggestioni ricordano quelle di Pontormo. Amore e Cupido

Cellini:
Un aspetto caratterizzante del Manierismo maturo è la continua ricerca della difficoltà
esecutiva: esibire il virtuosismo che gli artisti mettono in evidenza per dimostrare la propria abilità e la
superiorità dell’arte rispetto alla natura. Maggiore esponente è Benvenuto Cellini, che grazie alla sua esperienza
a Roma nella corte di Clemente VII e poi presso la corte del re di Francia, maturò un gusto prezioso e raffinato.
Le sue opere presentano sempre una ricerca per la perfezione tecnica e l’eleganza.
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Il Perseo:
Perseo è il gigante che nella sua perfetta anatomia e potenza
espressiva, ricorda lo stile dell’arte di Michelangelo e la raffinatezza
dei bronzi di Donatello. Da una parte, il Perseo si presenta come una
sintesi della tradizione rinascimentale fiorentina, dall’altra parte, il
gusto del dettaglio e la preziosità dei materiali, costituiscono elementi
caratteristici del secondo Manierismo.
La Saliera:
Di dimensioni più piccole, è un oggetto che manifesta eccezionale Perseo Saliera

manualità, sia per la difficoltà di realizzazione e sia per adattarla alla


funzionalità a cui era destinata. La saliera rappresenta la dea Terra mentre
con le sue gambe incontra Nettuno, dio del mare. Dall'incontro tra terra e
mare nasce il sale. Sotto le due raffigurazioni vi sono le allegorie delle fasi
del giorno di chiara derivazione michelangiolesca. Le pose dei due sono
in puro stile manierista, mosse, dinamiche e nello stesso tempo armoniose.
Giambologna:
Scultore fiammingo che si trasferisce in Italia, si ispira alla scultura monumentale
di Michelangelo (la sua arte lo impressionò a tal punto da spingerlo
all'emulazione e in seguito al superamento dei suoi modelli). Per esempio, nel
Ratto della Sabina, l’artista avvita le figure costringendo l’osservatore a girare
intorno all’opera. Nel Mercurio, si percepisce la leggerezza della postura nel
momento in cui il spicca il volo e sembra negare ogni principio di gravità.
Ratto della Sabina Mercurio
Il giardino Orsini:
Il  Sacro Bosco di Bomarzo, è un piccolo gioiello di arte manierista voluto
da Vicino Orsini. I Mostri, in realtà, sono figure mitologiche, e il giardino si sviluppa nella
forma di un percorso letterario, una vera e propria avventura da condividere con gli ospiti
del proprietario, come un gioco di società esclusivo.
Arcimboldo:
Nato a Milano, è uno dei più importanti rappresentanti del secondo Manierismo.
Si affermò soprattutto per il suo stile eccentrico e per il suo modo bizzarro di Giardino Orsini

ritrarre i suoi committenti. Nelle “teste composte”, l’artista sfruttava infatti


oggetti inanimati (ortaggi, frutta, libri) per riprodurre teste e volti. Le sue opere
più celebri sono le 8 tavole raffiguranti, in forma di ritratto  allegorico, le
quattro stagioni  (Primavera,  Estate,  Autunno  e  Inverno) e i quattro elementi
(Aria,  Fuoco,  Terra,  Acqua).  Questi dipinti si presentano come una sorta di
natura morta, ispirati agli studi fisiognomici di Leonardo e alle decorazioni
ritrovate nella Domus Aurea.

Inverno Acqua

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