Sei sulla pagina 1di 18

RINASCIMENTO

L’arte è un processo di conoscenza dell’intelletto umano.


L’artista gotico/romano ha capacità tecniche, mentre gli artisti rinascimentali si pongono davanti
alla realtà.
Leon Battista Alberti dice che l’artista si occupa del fenomeno, di guardare la realtà così com’è.
Leonardo, indagatore, dice che l’artista si occupa di ciò che sta dietro, secondo il metodo della
ricerca.
Botticelli aspira ad una visione idealista.
Piero della Francesca artista più classico.
L’artista indaga sulla realtà che lo circonda guardandola così com’è o guardando quello che c’è
dietro la realtà (subnatura).
La società cambia e si interessa a conoscere la natura e la storia costruita dall’uomo, il quale
riprenderà la concezione di spazio.

PROSPETTIVA
Nel mondo antico la prospettiva veniva vista secondo la gerarchia in modo:
- concettuale: aspetto reale degli oggetti;
- ottico: forma apparente.
In Grecia importante è l’uomo, con proporzione 1/8.
A Roma c’era la visione di Panovski del bulbo oculare in contrapposizione al quadro ottico
inteso come oggi.
Nel medioevo la prospettiva viene rovesciata e diventa simbolo.
Giotto usava una prospettiva a pettine.
Brunelleschi usava la prospettiva artificialis.
Alberto il metodo abbreviato.
Leonardo usava una prospettiva:
1. lineare: le cose diminuiscono man mano che ci si allontana;
2. di colore/aerea: variano i colori;
3. di spedizione: contorni offuscati man mano che ci si allontana.
Si ricerca la prospettiva per darsi delle regole e insieme all’integrazione della storia si arriva alla
concezione unitaria del mondo.
URBANISTICA: razionalizzazione dello spazio in cui si vive.
Studio delle proporzioni del corpo umano che riprende dagli ordini architettonici.
Studio dell’anatomia con la dissezione dei cadaveri.
Renovazio dell’antico: ripresa degli ideali antichi e rinnovamento di essi.

DONATELLO (scultore)
Da cui Michelangelo prenderà determinati elementi.
Donatello (Donato) nasce da Nicolò detto Bardi nel 1386 secondo la tradizione (costruzione del
Duomo di Milano) e muore nel 1466, ma al catasto è indicato che nel 1433 aveva 47 anni, quindi
sarebbe nato nel 1482.
Nel 1401 Donatello, Brunelleschi e Ghiberti avevano partecipato al concorso della porta del
battistero.
La sua formazione avviene, come quasi tutti gli scultori, nella bottega del Ghiberti fino al 1403.
Nel 1404 insieme a Brunelleschi si reca a Roma a studiare i monumenti antichi, ma Brunelleschi
per misurare e mettere a punto le opere dei monumenti antichi, mentre Donatello per imparare la
tecnica, quali:
• la tecnica del tuttotondo;
• dello schiacciato;
• dell’alto rilievo;
• del basso rilievo;
• del sottosquadro.

Nel 1408 lavora per il David di marmo.


Nel 1412 a Firenze si immatricola nell’albo professionale degli orafi e scalpellini.
Nel 1415 riceve da Brunelleschi (con cui aveva una forte amicizia che si sfalderà a causa
dell’ideologia brunelleschiana) la commissione di una figuretta in pietra dorata per il Duomo di
Firenze.

Opere
Prime opere di ascendenza classica e anticlassica.
Primo David di Donatello in marmo per il Bargello, riprende la tradizione tardo gotica.
Sbilanciamento della figura dato dal corpo che si inarca da una parte, guizzare della forma,
sforbiciamento dell’abito, del panneggio, da cui si intravede la gamba e con la tecnica del sotto
squadro crea giochi di luci e ombre.
Secondo David in bronzo al Bargello di tradizione classica sulla forma chiastica, cioè a x in cui ci
sono parti arsi (statica) e tesi (in movimento); ponderazione, ossia il peso che grava su una
gamba. Sotto c’è un’opera realizzata in bronzo dorato con la tecnica del sotto squadro.

La scultura può essere:


- tutto tondo: statua intera che si vede frontalmente, lateralmente e tergalmente;
- ad alto rilievo;
- a basso rilievo;
- stiacciato/schiacciato: disegno quasi sulla formella;
- tecnica del sottosquadro: l’artista entra all’interno della formella con la tecnica delle
sgorbie creando le differenze di distanze.
Donatello che nasce povero, si farà una cultura vastissima e userà tutte le tecniche e tutti i
materiali perché il suo linguaggio rispetto agli artisti precedenti cambia notevolmente e l’opera di
passaggio è proprio il David.
Lo stile di Donatello ha due principi essenziali:
• il disegno;
• l’animazione sono i moti dell’animo, non di Leonardo, ma è l’anima spirituale che si eleva
per raggiungere Dio, ma non è l’aspirazione divina di Michelangelo, ma è la ricerca
dell’uomo, che è la parte più importante in Donatello; per lui la classicità non è solo la
classicità classica, quindi equilibrio e armonia, ma sta anche nella radice classica italiana,
che per lui è quella Toscana.
L’arte antica quella greca, da cui si riprende per gli ideali di bellezza, armonia e perfezione, è
diversa dall’arte tuscanica, improntata al realismo da cui riprenderà l’arte romana in cui ci sono 2
componenti:
• quello realistico;
• quello idealizzante dell’epoca di Augusto.
Donatello va a Roma per studiare l’antico ma vede anche le opere toscane dell’epoca etrusca,
come la mamma con bambino di Chianciano da cui rimane colpito e capisce che la tradizione
fiorentina non può esulare da quella etrusca, quindi riprende nelle fattezze del popolo fiorentino
un’arte popolare; infatti i suoi santi li vuole identificare con le proprie radici e per lui quello è il
classico perché le sue radici sono quelle.

Aneddoto: Brunelleschi va a casa di Donatello e vede un crocifisso e gli dice che ha messo in
croce un contadino, così gli fa un altro crocifisso in cui fa vedere che le forme del cristo devono
essere state splendide.
Quando si rappresentavano i santi si rappresentavano nella forma ideale, quindi i soggetti non
erano dei popolari ma alto borghesi o nobili.

Cristo di Donatello: braccia, bicipiti, deltoidi fortemente esagerati come se fosse un contadino;
forma del corpo atticciata, ossia tozza, forma tipica del contadino; muscoli rappresentati con
deformazione; non vuole rappresentare però la tragedia (anticlassico, qualcosa di esasperato), ma
il dramma (qualcosa di contenuto, interiore).
Cristo di Brunelleschi per Santa Maria Novella: forme allungate, aggraziate, volto imperturbabile;
forme del corpo più sdutte (allungate).
Parte sotto del San Giorgio: rappresentata, con la tecnica del sotto squadro, San Giorgio che
uccide il drago e libera Trebisonda (mondo musulmano). Drago e San Giorgio rappresentati quasi
in alto rilievo mentre il resto con la tecnica del sotto squadro.

Ciclo mitologico.
Atis (104 cm): fanciullino, in bronzo dorato, con anaxirydes abbassati usati nell’epoca assira, da
cui escono i genitali, in mano tiene una freccia, dietro ha una specie di ampolla con degli
oppiacei/papavero, ali alle scapole e ai talloni, corda intorno al capo, serpentello ai piedi con strani
calzari aperti.
Molteplici interpretazioni: Priapo, Mercurio, Perseo, Amore e Cupido, Artocrate, Atis (fanciullo
amato da Cibele, dea della terra), piccolo fauno, Amore Ercole, dio Mitra, Eros e panzeos, ebrezza
(un’ebro, colui che beve e si fa gli oppiacei), figura protettrice di genio.

Davide Golia/Mercurio Argo: Golia aveva la fionda, ma qui c’è una spada. Sulla testa ha un
petaso, usato durante i viaggi, con ghirlanda. Se è Mercurio, quindi ha la testa di Argo, dovrebbe
avere 100 occhi, ma qui ce ne sono solo 2.
Bellissimo efebo, giovane, uno dei tanti amati da Donatello (a Firenze l’omosessualità era
tollerata), nella postura c’è equilibrio ma anche sbilanciamento trattenuto dalla gamba ma creato
dalla spada; il petaso scende e crea un velo di ombra, rimandando al concetto di furor fuciniano, lui
vince ma ha comunque un sorriso malinconico.
Mercurio/Argo essere mostruoso con 100 occhi di cui una 50ina sempre aperti anche durante il
sonno, era stato incaricato di sorvegliare Io, ninfa, trasformata da Zeus in Giovenca per sottrarla
alle ire di Era. Zeus mandò Ermes (Mercurio) a liberarla con il suono del flauto, ma Argo, che
aveva sempre gli occhi aperti, si addormenta e gli viene tagliata la testa. Era per onorare Argo
della sua fiducia mette i suoi 100 occhi sul suo uccello preferito, cioè il pavone.

Cantoria (dove salivano i cantori a cantare): i cantori (angeli) vengono trasformati da Donatello in
putti. Ritmo giambico, i putti corrono impazziti in questo furor che rappresenta l’anima in
movimento. Riga di putti danzanti con un ritmo giambico fatto di brusche imprese, tra pause
improvvise, sono genietti classici.
Il fondo è tutto dorato con la tecnica del niello, secondo i maestri cosnati, facendo capire che
conosce tutte le tecniche anche quelle delle tradizioni medievali.

Bucare alcune parti e mettere all’interno del piombo o dell’oro creando effetti quasi mosaicati →
tradizione fiorentina.

Cantoria di Luca della Robia: in terracotta invetriata, si vede la bellezza apollinea, l’equilibrio
classico, il panneggio creato gradualmente da luce, ombra, penombra, la ponderazione, l’armonia.

Donatello si reca a Padova e ci rimane per più di 10 anni, in cui troverà un terreno fertile per
esprimere le proprie idee e dove lavorerà per l’altare del santo Antonio.

Madonna: non è seduta, su un trono con sfingi, in testa una corona con cherubini (simbolo della
passione di Cristo), trattiene a stento il figlio perché sa che si deve sacrificare per la salvezza del
genere umano. Richiama una nicopoia orientale, ossia rappresentazione della vittoria, e richiama
anche la mamma con bambino, la quale anche lei ha delle sfingi che riportano agli antichi riti di
Ermete Trismegisto (3 volte saggio), che può essere il tote egiziano e il mercurio latino. Fatta in
tutto tondo, per essere vista solo davanti. Sincretismo tra:
• cavalbà ebraica;
• ermetismo;
• pitagorismo.

Andando a Padova si allontana dalla raffigurazione e riprende dallo storicismo padovano.

Altare: storicizza i miracoli di Sant’Antonio (francescano):


1. miracolo dell’asina: un’asina che aveva rifiutato il cibo si inginocchia davanti all’ostia offerta
da sant’Antonio e la mangia;
2. miracolo del neonato che parla: un lattante per difendere la madre accusata di adulterio
parla grazie a sant’Antonio per testimoniare che la madre era stata fedele;
3. miracolo del figlio pentito: un figlio aveva sferrato un calcio alla madre e pentito si taglia il
piede, la madre va dal santo e lo implora di ridare il piede al figlio perché si era pentito;
4. miracolo del cuore dell’avaro: il cuore di un avaro defunto fu trovato alla sua morte dentro
una cassapanca dove teneva tutti i suoi denari, allora il santo apre il cuore, ossia apre il
cuore agli altri non tenendo per sé tutto quello che ha.
Da una parte troviamo Sant’Antonio con giglio, dall’altra San Francesco con la croce e dall’altra
parte ancora San Ludovico da Tolosa, angiò che doveva diventare il re, ma lascia perché
abbraccia il saio francescano.
In prospettiva centrale riprende gli archi della basilica di Massenzio e inserisce i fatti miracolosi
secondo la tradizione classica.

Masaccio (tipologia plastica)


Nato a San Giovanni Valdarno nel 1401 e morì nel 1428 di veleno o peste a Roma, dove si era
traferito. Il suo nome era Tommaso, figlio del notaio Sergio Vanni di Mone di Andreuccio e di
Jacopa di Martinozzo di Dino.
Come primo insegnante ebbe Mariotto di Cristofano che sposò Caterina, sorellastra di Masaccio;
mentre suo fratello venne soprannominato “Lo scheggia”.
Ebbe come maestro Masolino da Panicale di Valdarno, ancora legato alla tradizione tardo gotica,
ma nella prima opera di Masaccio lo invoglia ad una nuova ricerca.

Opere
La madonna con bambino, detta la metterza (perché c’è anche Sant’Anna messa come terza): in
collaborazione con Masolino.
Il bambino e la madonna, l’angelo reggi cortina di destra sono di Masaccio, con iconografia meno
sdutta rispetto a quella di Masolino, il quale fece San’Anna e altri angeli.
La madonna riprende dalla prime opere da lui attribuite, ossia il Trittico di San Giovenale e del tipo
di madonna albina.
La metterza è rappresentata con il volto duro, legnoso, mentre le immagini di Masaccio sono
calate nel reale, anche dal punto di vista storico.
Questa opera richiama, per la forma ogivale della struttura della pala, la cupola del Brunelleschi.

Adorazione dei magi (Melchiorre, Baldassarre e Gasparre che portano i doni a Gesù): tema molto
importante in questo periodo a Firenze, che divenne una signoria. Allude all’omaggio dei potenti
della terra al dio nato in povertà, ma anche al favore di Dio per chi dotato di molti beni li impegna
per fini sacri.
• Di Lorenzo Monaco (frate camaldolese) del 1370: legato alla tradizione ascetica, la
interpreta in modo spiritualistico, con una bellezza disadorna, infatti la capanna è diventata
una chiesa, a indicare che su questo fatto si fonda la nuova chiesa, cioè il nuovo
testamento;
• di Gentile da Fabriano del gotico internazionale del 1423: bellezza ornata, con molti
personaggi, fatta per il più ricco di Firenze di quel tempo, ossia Pallastrozzi, il quale voleva
far vedere le sue ricchezze, tant’è che la cornice la fece il Ghiberti (diceva che per fare una
bella pittura non dovevano esserci più di 9 personaggi, ricchissima, dorata; i personaggi
arrivano con un corteo fino alla capanna, un po’ disadorna, per far notare la ricchezza dei
cavalieri, dei palafrinieri, dei gentiluomini, dei battitori, dei falconieri, in una natura con
infinità di sembianze;
• di Masaccio al Paliotto di Pisa del 1426: 9 personaggi, incluso lo stesso Masaccio che
guarda la scienza. C’è la madonna seduta sulla sedia curulis (sedia del comando),
tradizione toscana, vicino c’è una sella dell’asino, con la stessa importanza della sedia
curulis, indicando così che per Masaccio la realtà non ha categorie e gerarchie; la
madonna riceve l’omaggio dai re magi e 2 astanti, con il lucco nero, tipico del 1400, per dire
che l’atto religioso (l’adorazione dei magi) perdura nel tempo. Si vedono bene le ombre
portate che ci danno un’idea di spazio definito e certo, profondità.

PALIOTTO: sotto l’altare.


PREDELLA: base del polittico.

La trinità: la parte sotto venne un po’ rovinata perché le misero un altare, ma c’è uno scheletro e
sopra c’è scritto “Io fui già quel che voi siete e quel chi son voi ancor sarete” (io sono morto ma
tanto morirete anche voi). Sopra invece in maniera piramidale c’è la rappresentazione dei due
committenti, che amavano omaggiare dio, facendo costruire un bel monumento e mettendoci
sopra il proprio nome, come all’epoca di Giotto.
Nella rappresentazione della trinità c’è San Giovanni l’evangelista, la madonna, dio padre con la
colomba che rappresenterebbe lo spirito santo, cristo in croce sostenuto dal padre.
E’ un affresco che si trova in Santa Maria Novella.

C’è come boccascena la rappresentazione di due paraste (funzione portante) o lesene (funzione
decorativa), con capitello composito romano, con due medaglioni, arco a tutto sesto, sostenuto da
colonne a un capitello ionico e l’imposta dell’arco sporgente; all’interno ci sono dei lacunari (in
pietra) che degradano per effetto della prospettiva, servivano per decorare, che secondo alcuni
furono fatti da Brunelleschi, bravo nella prospettiva, ma c’è un errore perché la chiave di volta è
spezzata nel mezzo, cosa che non può essere fatta.
La trinità è un’idea dogma, il dogma è qualcosa di non dimostrabile, preso per vero e certo dai
cristiani; il dogma sta al postulato in geometria; non c’è dogma senza rivelazione e non c’è
rivelazione senza forma; il dogma è anche storia, per questo le figure sono reali, storiche, che
occupano uno spazio; per esempio fino ad allora dio padre non era mai stato rappresentato con
sembianze antropomorfe, ma o con la mano (nella cappella di Assisi) o con l’occhio racchiuso nel
triangolo.
Lo spazio che si rivela con il dogma deve essere uno spazio vero, certo, assoluto, storico, antico
(Gesù, la madonna, San Giovanni) e attuale (i 2 astanti), quindi rappresentare il dogma attraverso
la storia e attraverso la prospettiva (visione più reale). Quindi nel medioevo sarebbe stato
rappresentato in uno spazio piatto, con fondo oro.
Nella prospettiva la linea d’orizzonte coincide con gli astanti.

La maddalena alla Galleria nazionale di Capodimonte: più bell’esempio di dramma, dolore. La


maddalena venne messa successivamente e si nota in quanto il nimbo (aureola solo in testa) è
diverso rispetto a quello di san Giovanni, della madonna e del cristo. Il fondo è oro che ci dà l’idea
di una spazialità al di là, come uno specchio. Il corpo del cristo è di un realismo potente, perché
incassato, in quanto durante la crocifissione si incassavano nel corpo. La maddalena protende le
braccia in un gesto di disperazione, con linee oblique, che danno l’idea di instabilità.
Quest’opera si può confrontare con un altro gesto di dolore, quello del compianto del cristo morto
della cappella degli Scrovegni a Padova, in cui si vedono le pie donne e San Giovanni che alza le
mani, all’opposto della linea del monte scosceso, cercando di equilibrare il senso di dolore.

Ciclo cappella di Brancacci della chiesa del Carmine a Firenze: cacciata di Adamo ed Eva dal
paradiso terrestre e quella di Masolino sul pilastro davanti, che rappresenta i progenitori prima del
peccato, gli altri dopo il peccato.
Ci lavorarono Masaccio nella parte rossa (1, 2, 3, 5, 6), Filippino Lippi nella parte gialla e Masolino
nella parte verde.
Secondo alcuni il committente fu Felice Brancacci, impegnato politicamente insieme ai Medici, ma
dopo un po’ caddero in disgrazia con i Medici e venne mandato in esilio, perché i Medici divennero
l’incontrastata famiglia della signoria. La politica espansionistica di Brancacci portò i suoi commerci
verso l’oriente.
Le storie di san Pietro si legano all’esaltazione dell’antichità per le origini eremitiche medio-orientali
e all’ortodossia filo papale. A Firenze avvenne la conciliazione tra chiesa d’occidente, il paleologo e
la chiesa d’oriente. Ci fu anche una controversia tra la chiesa e l’ordine dei carmelitani per la
visione contrapposta tra la posizione papale e dei carmelitani.
I soggetti rappresentati nella vocazione di Andrea e Pietro, la navicella e il naufragio, rimandano
alla ricchezza che viene dal mare attraverso import-export. In questo periodo a Firenze
intercorsero delicati rapporti con la chiesa e lo stato, aggiunto al problema delle decime,
rimandando all’opera Tributo nella cappella. La chiesa chiedeva pesanti decime al popolo e al
clero, quindi nel 1427 venne elaborato il catasto.
A Cafarnao un gabelliere, dalla forma atticciata, va da Gesù e gli dice di pagare il tributo. Il volto
esterrefatto di Pietro a cui viene imposto di andare a prendere nel laghetto vicino una pietra d’oro
nella bocca del pesce e di darla al gabelliere → dai a Cesare ciò che è di Cesare
esplicito riferimento al catasto, quindi ai pesanti tributi richiesti.

Brunelleschi
Nacque a Firenze nel 1387 e morì a Firenze nel 1486.
A 24 partì prima come orafo poi abbandonò quest’arte dopo aver perso il concorso del 1401.
Il concorso del 1401 venne indetto a Firenze per la porta del Battistero che doveva essere una
losanga polilobata o a compasso e il soggetto era ‘il sacrificio di Isacco’ (Abramo viene messo
alla prova della sua devozione da Dio, sacrificando l’unico figlio, ma nell’atto di sacrificarlo Dio gli
sostituisce un agnello); a questo concorso parteciparono molti artisti come il Ghiberti in bronzo
dorato, che vinse il concorso, mentre Brunelleschi perse e da qui decise di abbandonare la
scultura. Il Ghiberti però vinse con uno stratagemma in quanto disse di averlo fatto con un’unica
fusione mentre si sono visti perni di fusione in tempi diversi. Altri artisti furono Simone da colle,
Jacopo della Quercia, Francesco di Valdambrina, Niccolò Lamberti. I giudici furono 34 e alla fine
vinse Ghiberti.
Ghiberti (tardo gotico con riferimenti classici) fece una mimesi del classico: la scultura era ancora
legata al tardo-gotico, quindi una ricerca di natura ancora descrittiva. Non c’è forza drammatica,
ma una descrizione minuta dell’avvenimento: l’angelo sta planando nel cielo e non prende come
nell’altra la mano di Abramo, perché l’atto è impotenza e non inazione. Descrisse la storia
riconducendosi al ‘sacrificio di Ifigienia’ (figlia di Agamennone, il quale dovendo partire per la
guerra di Troia, gli dei gli chiesero di sacrificare la figlia e la sacrificò). Il panneggio delle vesti
molto composto. L’ara sacrificale ben descritta nei minimi particolari, con le girali di classica
memoria riferendosi al classico; corpo di Isacco rappresentato nella sua bellezza e giovinezza,
descritto il monte, il vello dell’agnello. Descrisse lo spazio nel succedersi di piani, negli episodi.
Brunelleschi (rinascimentale) fece una rivoluzione del classico: più concitata. C’è forza
drammatica. Panneggio delle vesti concitato. Riferimento classico dello spinario, ossia schiavo che
si sta togliendo una spina, per far risaltare questo cambio di concezione dal tardo naturalismo alla
natura e al dramma rinascimentale. Abramo che sta brandendo la lama sul collo del figlio e
l’angelo che gli ferma il braccio in un nodo plastico → 3 volontà in contrasto: quella divina, quella
del padre e quella del figlio. Costruì lo spazio con la simultaneità dei modi.

Chi fu il più naturale? Ghiberti.


Chi fu il più studioso dell’antico? Ghiberti, con la componente classica data dal panneggio, dalla
rappresentazione del corpo di Isacco, dalla descrizione minuta dell’ara sacrificale.
Chi fu il più moderno? Brunelleschi, eliminando lo spazio naturale, creando un vuoto e costruendo
lo spazio, i corpi, l’azione → visione di architetto.

Dopo la sconfitta del concorso abbandonò la scultura.


Si recò a Roma compiendo il primo pellegrinaggio artistico di cui si ha memoria, per studiare le
sculture romane ancora visibili, accompagnato dall’amico Donatello (alla ricerca di una praxis). I
due cominciarono a fare i disegni, riprendendo le costruzioni romane, l’altezza le fondamenta,
Donatello le decorazioni e cornici, annotavano e misuravano su strisce di pergamena numeri e
caratteri comprensibili solo a Brunelleschi (studiare l’armonia, le proporzioni), che prendeva le
proporzioni, i motivi classici.
Secondo il suo biografo, Antonio Manetti, incominciò a pagare alcuni schiavi per fare degli scavi, in
quanto non si accontentava come Donatello di prendere la tecnica, ma andava alla ricerca delle
strutture sepolte.
Tornò a Firenze e nella costruzione della cupola, riprese dalla costruzione degli antichi romani la
struttura a spina di pesce.
Ospedale degli innocenti (per i trovatelli, cioè bambini abbandonati): terracotte invetriate di Luca
della Robbia.
Piazza in cui costruì 9 arcate, altre aggiunte posteriormente, con sopra un attico e alla base 9
gradini. Nelle epoche precedenti le volte venivano coperte a crociera, mentre qui usò la vela, ossia
una specie di fazzoletto tenuto ai lati; quindi la sua architettura si trasformò in linearistica, a
differenza di quella dell’Alberti, fortemente plastica, in quanto noi vediamo solo 4 linee, non si vede
la crociera. Creò questa forma cubica quasi gonfiante, come fu per la Cupola a Firenze.
Riprendendo la tradizione classica, le piazze non venivano chiuse con edifici chiusi, ma con stoai,
ossia porticati, creando un osmosi tra il vuoto della piazza e la cubatura dell’edificio, che si
inserisce in modo osmotico nel contesto della piazza. Il critico Marangoni diceva che nel medioevo
gli edifici erano delle rocche lupestri, mentre nell’epoca rinascimentale il signore voleva che il
palazzo facesse parte della vita cittadina.
Colonne esili che incorniciano e supportano l’arco a tutto sesto, ma al fondo lo chiuse con una
parasta. Gli antichi per sostenere un arco mettevano un pilastro o un setto murario, mentre lui ci
mise una colonna, ma quando inventò il dado brunelleschiano, sentì che non si poteva impostare
un imposta dell’arco sotto un capitello, quindi fece il dado come se fosse un architrave tagliato,
dando più slancio.
Quando fece l’ultima parte capì che la sua deroga del classicismo non andava bene, poiché ci
mise una parasta.

San Lorenzo: progettata nel 1419, mentre stava costruendo la Cupola. La pianta è longitudinale
con cappelle laterali che creando una pianta commissa, sacrestia nuova di Michelangelo e
sacrestia vecchia di San Lorenzo. In pietra serena aggettante nel suo fregio, con pareti bianche,
dado brunelleschiano, colonna e non pilastro. Voleva creare una specie di piramide visiva, così
che se si è al centro della navata e si guardano le cappelle laterali si vede digradare come una
piramide visiva, quindi intuì lo spazio, dato da lunghezza, altezza e larghezza → le 3 dimensioni.
Le due grandi superfici luminose della parte centrale, della navata centrale, sono piani di
proiezione, sezioni prospettiche; in ogni arco si scrive il vuoto di una campata, poi l’arco più basso
e la profondità della cappella con una degradazione di grandezza → piramide visiva.

Cupola (diametro 51m; altezza 15 m): la pianta di Santa Maria del Fiore (ha una pianta a forma di
fiore nella parte terminale) nacque sulla chiesa di Santa Reparata. Cominciata da Arnolfo di
Cambio, rimaneggiata da Francesco Talenti che ampliò la parte a fiore delle cappelle laterali.
Per risolvere il problema di come coprire la cupola, fecero un concorso del 1418, vinto da
Brunelleschi o exequo da Brunelleschi e Ghiberti.
Problematiche:
• tecniche: si era dispera la tecnica di creare delle grandi centine, ossia strutture lignee per
portare la cupola mentre viene voltata, oppure erano troppo care. Lui inventò una nuova
tecnica molto con argani mossi da muli che giravano e spostavano i pesi, senza ponteggi
appoggiati al suolo ma sulla parte terminale del tamburo della cupola. Stabilì di fare una
duplice calotta, una esterna (no funzioni strutturali) e una interna, e riprese la forma dal
Pantheon e dal Battistero fiorentino. 8 spicchi con calotta interna con costolone o sperone,
costoloni affogati, archi e oculi per dare luce all’interno, volte, serti di muro a 3 livelli,
mattoni a corda lenti, perché se li avesse tirati si sarebbe spezzata. Altro problema: come
chiudere la pianta a fiore? Mise delle tribune, diverse dalle altre costruzioni linearistiche, in
cui si vede una ricerca plastica data dallo scavo della nicchia che crea zone di luce, ombra
e penombra.
• urbanistiche
• ideologiche: a Milano nacque il Duomo nel 1386 e a San Marco c’era la Basilica cominciata
in epoca romanica e rifatta nella facciata nell’epoca gotica a causa di un incendio →
pennacoli. Da qui la questione del campanilismo, di creare una costruzione che sembri
coprire ideologicamente con la sua cupola tutti i popoli toscani.
La cupola riproporzionò lo spazio interno che era stato pensato dimensionale, in spazio
proporzionale. Lo spazio delle chiese gotiche è dimensionale → ma Brunelleschi lo rese
proporzionale, riproporzionando le lunghezze e larghezze attraverso la cupola autoportante, che
venne dipinta all’interno da Vasari.
La lanterna serve a illuminare l’interno con gli occhi del tamburo ma serve anche come scarico
delle forze; fece il particolare della voluta per raccordare la parte delle finestre con quella dei
costoloni. L’opera finì nel 1461, quando venne messa la palla da Andrea del Verrocchio, più piccola
rispetto a quella attuale, perché venne sostituita dopo un fulmine; questa palla venne messa per
staticità ma per non vedere la lanterna svettare, dando un senso dimensionale.
La sacrestia di San Lorenzo a pianta quadrangolare, copertura ad ombrello con decorazioni di
Donatello belle nei loculi, ma terribile nel resto → fine dell’amicizia tra lui e Brunelleschi →
architettura di Brunelleschi linearistica, ma con elementi decorativi che disturbano la sua
architettura.
Dalla parte opposta c’è invece la sacrestia nuova creata da Michelangelo.

Cappella Pazzi: costruita tra il 1430 e il 1444; preceduta da un portico, ha 5 fornici, ossia le
aperture degli archi di trionfo, colonne architravate con capitelli corinzi, cherubini decorati, arco a
tutto sesto, elementi strigilati, capitelli particolari nelle volute e nell’acantus, simile all’acantus
mollis, colonne che sembrano pilastri perché limoscapo e sommoscapo hanno quasi la stessa
dimensione, le decorazioni fatte da Donatello e da Desiderio da Settignano. Struttura
quadrangolare, copertura della volta ad ombrella, con tiburio esterno. All’interno scavo a scarsella
dove viene messo l’altare. Come materiale venne usata la pietra serena grigio-azzurro e bianco.
La cappella pazzi non venne terminata a causa della congiura con i Medici.

Santo Spirito: non terminata, pianta attuale fatta da Brunelleschi, mentre l’originale era più
grande, con esetre, aperture con moduli, multipli, minimi, sottomultipli, volte a vela.

I temi dell’epoca rinascimentale sono:


• religioso;
• civile;
• classico mitologico (Donatello, Alberti).

Leon Battista Alberti


Di origine nobile, nacque a Genova nel 1404, anche se fiorentino, perché la famiglia a causa delle
lotte tra Guelfi e Ghibellini andò in esilio.
Morì a Roma nel 1472.
Architetto, teorico.
Studiò lettere a Padova, giurisprudenza a Bologna e a questi aggiunse studi di matematica e
filosofia.
Nel 1428 la signoria fiorentina gli revocò il bando che lo condannò all’esilio e si recò a Firenze.
Dal ‘31 al ‘34 fu a Roma impiegato nella cancelleria apostolica e infatti divenne abbreviatore
papale, tanto da seguire nei vari spostamenti Papa Eugenio IV.
Dal 1436, quando Papa Eugenio IV consacrò il Duomo di Firenze, pubblicò il primo trattato “De
pictura”, in cui parla di come deve essere e le problematiche della prospettiva, del disegno, della
composizione e della luce.
La prospettiva parte dal quarto postulato di Euclide (per un punto al di fuori di una retta passa una
e una sola parallela alla retta data), con cui costruisce la piramide visiva, per creare i piani in
lontananza.
Non metterò mai mano all’opera, a differenza del Brunelleschi per verificare le proprie idee e i
mezzi tecnici.
Dimostra di essere un intellettuale già dalle prime opere, come la Chiesa di San Francesco
(tempio malatestiano, sorge su questa chiesa del ‘200), trasformata in modo mirabile, studiando
l’elemento involucrante. Inizia verso il 1447. Pianta longitudinale dimensionale. Voleva che fosse
inscritta in un quadrato, problematica che riprende da Vitrudio. Gli elementi di riferimento della
costruzione sono: l’arco trionfale di classica memoria a cui gli oppone il pilastro, con 3 fornici,
facciata e struttura complesse, manca la parte sovrastante, porta ianuaceli (porta del cielo),
colonne algheolate (incassate nella struttura) rastremate per dare idea di snellezza,
rappresentazione di una ghirlanda con I (Isotta, amante) e S, parte laterale desotta dagli
acquedotti romani, sotto sarcofagi con le spoglie degli antenati di Gismondo e dei rappresentanti
del suo governo.
Le opere del Brunelleschi sono linearistiche, mentre in Alberti si vede uno scavo profondo della
materia perché la sua architettura è in funzione plastica, recuperando dalla romanità le strutture
possenti.

Modelli di riferimento scritti nel “De re aedificatoria” del 1452 riprende dal “De architectura” di
Vitruvio, dall’uomo vitruviano, già stato ripreso dall’epoca greca.

Omo circularis: basso rilievo del IV secolo indica l’unità di misura del piede e dell’orgia (uomo con
braccia aperte).
Quello di Vitruvio: uomo con braccia aperte, con problematica se ad circulum o ad quadratum.
Predilige la forma ad quadratum e anche la forma circolare.
Il problema dell’architettura per lui è duplice: la visione dell’antropomorfismo dell’architettura stessa
e quindi lo studio della simmetria o concinnitas, suoi concetti dell’architettura.

Concetti dell’Alberti secondo la concinnitas classica:


• firmitas → fermezza nelle idee;
• soliditas → solidità;
• venustats → decoro;
• utilitas → funzionalità.
Oltre allo studio dello spazio, studiò anche l’antico.
Nel “De re aedificatoria” dice che non si diffonde molto sull’antropocentrismo, ne parla soprattutto
quando nel pano egilico del cerchio, come figura basilare del tempio, riprende il concetto
vitruviano, all’idea della divinità esprimibile mediante le misure dell’uomo fatto ad immagine e
somiglianza di Dio. Il simbolo perfetto del cerchio sarebbe quel segno che denota unione
dell’umano col divino, quindi l’uomo ad quadratum quando l’artista imbevuto di cultura ermetica,
esoterica, esotica e cosmologica.
I rapporti del corpo dell’uomo possono essere anche applicati in piante di chiese longitudinali, dove
la forma dell’uomo riprende in tutte le sue parti. Nel medioevo non c’era rapporto fra piante,
capitelli, colonne e l’uomo.
Riprende il vocabolario pitagorico, propone 3 medietà:
• aritmetica;
• geometria;
• armonica.
Da Platone riprende il timeo.

Santa Maria Novella: chiesa gotica. Pensa di riprendere per la tarsia dicroma il marmo verde di
Prato e bianco di Carrara, della statuaria per la facciata da San Miniato al Monte (chiesa romanica)
e dal San Giovannino di dantesca memoria. Recupera il concetto di bellezza e armonia,
riprendendo dalla sintesi tra timeo di Platone e la ricerca dell’aritmetica e dell’armonia di Pitagora.
Arti del trivio:
• dialettica;
• retorica;
• grammatica.
Arti del quadrivio:
• aritmetica;
• astronomia;
• musica;
• geometria.
Sommatoria di tutto nell’epoca medievale era la teologia.
Aritmetica e musica, perché per lui l’architettura doveva essere qualcosa di musicale, perché
tramite l’armonia se ne ricava un’armonia interiore.
Pitagora aveva sperimentato rapporti tra suoni e misura (polifonia):
• 1 sta a 2 per l’ottava (diapason) → 2 quadrati accostati;
• 2 sta a 3 per la quinta (diapente) → 1 quadrato e mezzo;
• 3 sta a 4 (diatessaron) → 1 quadrato e 1 terzo.
Base di questi rapporti sono anche i rettangoli aurei.
Facciata: esaminata tramite il percorso semiotico strutturale.
Completa nel 1470 con un finanziamento della famiglia Rucellai.
Impaginazione su rettangolo aureo, quadrato aureo, cerchio, triangolo.
Parti della facciata ricucite tra di loro in un disegno bilanciato, con elementi compositivi quali:
quadrato, rettangolo aureo e culmina nel cerchio secondo le teorie diffuse da Marsilio Ficino, del
sole raggiato personificazione pagana della divinità e simbolo cristiano di verità. Riprende i rapporti
dell’uomo con numero e cosmo.
La funzione del cerchio (cosmo) risiede drammatizzata attraverso l’interazione del quadrato,
emblema del reticolo terreno. Il cerchio iterato nel tondo del rosone accentua le forze
gravitazionali, diventa il peso (dove cade l’occhio) della composizione. Il tondo del sole è simbolo
cosmico.
Nel “De re aedificatoria” Alberti dice che il tempio è l’abitazione degli dei e per iterare questa
concezione divina dispone il timpano triangolare (simbolo della trinità).
Il palinsesto della croce, assicura il bilanciamento ottico; la porta rappresenta la ianuaceli (porta del
cielo).
La musica albertiana definisce la bellezza e dice “come l’armonia tra tutte le membra di un
complesso di cui fanno parte, fondata su una legge precisa, in modo che non si possa aggiungere,
togliere o cambiare nulla, se non in peggio.
Facciata saliente, quindi fa delle volute che raccordano in modo mirabile, con tarsia, emblemi a
rosone raggiato, anche nella parte in alto, per dare un senso di proporzione e non slancio.

Alberti va alla radice, a differenza del Brunelleschi.

Sant’Andrea a Mantova: parte superiore aggiunta del Juvarra. Pianta longitudinale con reticolo
basato sul quadrato; cappelle laterali che creano una strutturazione; navata e braccio trasversale
sono formati da 3 moduli quadrati, con ripetizione stereometrica.
Parte superiore coperta a volta a botte, con lacunari, alla maniera classica.
Esterno: uso di nicchie per scavare in senso plastico la materia, dando zone di luce e ombra.

Chiesa di San Sebastiano a Mantova: pianta a croce greca, inscrittibile in un quadrato; forma
esterna fatta secondo alcuni non su suo progetto. Secondo il progetto iniziale doveva essere con
ampio nartece, che ricordava il porticato classico.
La pianta secondo i critici riprende dall’edilizia classica etrusca e dalla planimetria delle chiese
bizantine.
Aria classica con nudità delle pareti, senza decorazioni, ambiente spoglio, gioco di rimando da
pieno a vuoto → l’uomo entra e si sente padrone dello spazio circostante, quindi centro misura di
tutte le cose, uomo che si sente anche parte di un cosmo infinito, dato dalla luce.

Sandro Botticelli (il fratello faceva il battiloro e il fratello era un po’ grasso come una botte)
Alessandro Filipepi detto Sandro, nato nel 1445 in Borgo Ognissanti a Firenze da Mariano di Vanni
d’Amedeo Filipepi, ultimo di 4 figli.
Il padre nel 1460 si ritirò dalla professione e la famiglia andò ad abitare vicino alla famiglia dei
Vespucci, che diedero aiuto a Botticelli.
Sandro all’inizio venne mandato tramite la conoscenza dei Vespucci alla bottega di Filippo Lippi
(frate che aveva un’amante che era una monaca) a Prato.
Nel 1467 lavorò nella bottega del Verrocchio, dove più avanti venne mandato Leonardo.
Lavorò per grandi famiglie come i Medici ed entrò in amicizia con il circolo neoplatonico (Marsilio
Ficino, Pico della Mirandola, Agnolo Poliziano).
Le sue opere si dividono in:
• religiose;
• mitologiche;
• ritratti;
• letterarie.
Prima lavorò con i Medici ma poi mise in dubbio questo lavoro e la propria religiosità a causa dei
Savonarola.
Nell’ultimo periodo fece opere che ritornavano all’epoca medievale.
Leonardo tornò da Milano e lo vide invecchiato, imbruttito, perché aderì a questo tipo di religiosità.

Tra le opere giovanili c’è la rappresentazione delle madonne dove si vede come prima di entrare
nella bottega del Verlocchio il ductus linearistico, l’immagine.. richiama anche dal punto di vista
della bellezza quella lippesca.
Tipologia delle madonne ripresa anche in modo edonistico.
Particolari di madonne in cui c’è un certo impaccio della linea nelle prime opere.
L’incontro con i Medici diventerà fondamentale per queste 10 opere commissionate al Pollaiolo, le
virtù toleogali e cardinali.
Fortezza: figura ripresa dal basso all’alto con un soppedaneo, con una prospettiva annullata.
Fortezza solida e aggettante, con una dura incidenza della luce; linea fluente anche nel panneggio.
Trono ad occhielli che richiama le modanature di questo periodo. Colata materica in cui sono
presenti i volumi, quindi uno strano sincretismo tra un ductus della linea di Lippi e quella del
Pollaiolo. Rovescia l’assunto di partenza dell’allegoria con la spada che vorrebbe rappresentare la
fortezza stessa.
Temperanza del Pollaiolo: spazialità; la luce è più graduale e la linea più dura
Lo stesso soggetto rappresentato in maniera molto diversa
A Botticelli interessava l’idea, che non si invera mai nella terza dimensione.

Dittico in tempera nel 1472, il cui soggetto è un soggetto biblico che rappresenta Giuditta ed
Oloferne. Si vede un furur malinconico tipicamente ficiniano.
Emblema del debole che ha la ragione sul forte per una giusta causa.
Ritorno di Giuditta a Betulia: l’ancella di Giuditta che porta la testa di Oloferne nel campo ebreo
e quindi i guerrieri ebrei ne traggono forza e vincono.
Furur malinconicus. La fanciulla sembra guardare nella propria interiorità, non è felice di aver
compiuto questo gesto. Linea fluttuante anche se il panneggio sono in funzione plastica. Nel fondo
le truppe che stanno aspettando, mentre in mano tiene un ramoscello di ulivo, simbolo della pace.
Scoperta del cadavere di Oloferne: i soldati ebrei accampati nel fondo cominciano ad essere
scoraggiati da questa lunga guerra, ma Giuditta va nella parte opposta e si introduce nella tenda di
Oloferne, il quale rappresentava la forza bruta, lo fa ubriacare e lo decapita. Gli ufficiali assiri, tra
cui Vagao, cercano di chiamarlo visto che Oloferne nonostante le trombe di guerra, non si fece
vedere. Lo trovano con la testa decapitata. L’orrore nel volto di Vagao e nei soldati assiri.
Fatto truce sottolineato dall’uso molto forte dei colori che ci attirano.

4 tavole in tempera che rappresentano un fatto del Decameron (vicende di un gruppo di nobili che
a causa della peste si erano rifugiati in una villa di campagna, ma prima di andare in questa villa
erano andati in Santa Maria Novella). La commissione di queste 4 tavole era di Lorenzo il
Magnifico per le nozze di Giannozzo Pucci e Lucrezia Bini.
Nastagio degli Onesti che vaga addolorato nella pineta di Ravenna e nel fondo si intravede la
famiglia Traversari con la figlia che aveva rifiutato Nastagio. Questo episodio rimanda ad un suo
parente, Guido degli Anastagi, che si era innamorato di una fanciulla che lo aveva respinto, allora
lui si era ucciso.
Un cavaliere insegue questa fanciulla che muore azzannata dai cani che gli mangiano il cuore. La
fanciulla poi risorge e scappa continuamente. Questa vicenda avviene tutti gli anni, tanti anni
quanti Guido fu innamorato della fanciulla.
Quando
vede il cavaliere che le strappa il cuore e lo da in pasto ai cani, Nostalgio ne rimane innordito. La
donna al centro nel fonde resuscita e l’inseguimento riprende, quindi la favola si ripete.
Nastagio allora invita al banchetto la famiglia Traversari con la figlia, mentre si perpetua questo
episodio. La figlia rimane inorridita e decide di sposare Nastagio degli Onesti.
Molte riminescenze dal punto di vista della linea e del colore della tradizione precedente.

Adorazione dei magi di Masaccio, Lorenzo Monaco e Gentile da Fabriano.


Dal punto di vista iconografico le rappresentazioni possono essere presentate in vari modi:
• quella di Masaccio che giace su vari piani;
• quella della vera e propria adorazione;
• quella di Gentile da Fabriano che si snoda in un corteo.
Botticelli sembra voler mettere insieme tutti e 3 gli elementi e si nota nella prima rappresentazione.
Non si sa se l’ha fatto Botticelli o Filippo Lippi poi proseguita da Botticelli e terminata da Filippino
Lippi, dato che ci sono alcuni elementi discordanti.
Da destra c’è la sacra famiglia che spazia ampiamente sul fondo della capanna dirupata;
preceduta da un portico a 3 pilastri (trinità).
Un gruppo di donatori fuori dall’invaso del dipinto.
Nell’altra adorazione dei magi di Botticelli c’è tutta la rappresentazione di Firenze, compresa la
famiglia Medici, Botticelli in primo piano.
Al centro Cosimo de Medici si inginocchia davanti al bambino e la madonna; il committente che è il
Lami, famiglia alto-borghese fiorentina; Lorenzo il Magnifico; Piero detto il Gottoso, in primo piano
con il mantello rosso; l’Argiropulo; Giovanni de Medici; Giuliano de Medici; Lorenzo Toranbuoni;
Botticelli; Agnolo Poliziano; Pico della Mirandola che discutono e che fanno parte del neo
platonismo, mentre gli altri sono alto-borghesi.
In una forma dirupata, con vesti dell’epoca attuale e dell’epoca di Gesù, come aveva fatto
Masaccio.

Calunnia di Apelle: opera che riprende dalla Calunnia di Apelle di Luciano. Apelle, secondo
l’antichità, insieme a Zeusi e Parrasio erano i più grandi pittori dell’antichità, tra cui c’erano delle
lotte nella rappresentazione del vero. Secondo una leggenda Parrasio avrebbe disegnato della
frutta talmente vera che un uccellino sarebbe andato a beccare l’uva; Zeusi rimane ammirato e fa
un’opera che rappresenta una tenda e Parrasio cerca di aprirla; Apelle pare fosse migliore dei due.
In questa architettura che fa da fondo ci sono 2 statue:
• il San Giorgio di Donatello;
• di Pippo Spano.
Su un trono il re Mida, vicino l’ignoranza e il sospetto, il livore, l’insidia, la frode, il rimorso e la
giustizia, la verità. Il re mida con orecchie d’asino cerca di dare ragione alla calunnia (qualcuno che
dice male di un altro senza giusta causa); il re invece di essere affiancato dalle virtù, ascolta questi
cattivi consiglieri (l’ignoranza e il sospetto), quindi quello che è stato calunniato viene preso per i
capelli dal livore e dalla calunnia. Vestita di nero il rimorso e dall’altra parte la verità nuda, perché
non ha bisogno di essere coperta, che guarda verso l’alto.

San Sebastiano: a carattere religioso. Personaggio martirizzato dalle frecce. Gli artisti prediligono
questa rappresentazione per mostrare le loro doti nel rappresentare il corpo umano, l’anatomia.
Matteo Marangoni dice “opera gradevole ma stereotipa”, perché il volto non soffre, si atteggia alla
sofferenza.
Quello di Cosmè Tura dell’ambito ferrarese in cui c’è l’efficacia della testa che non corrisponde
così efficacemente con la forma del corpo, perché la testa rappresenta il dolore, mentre il corpo è
una bella rappresentazione dell’anatomia.
Quello di Mantegna è un capolavoro per coerenza e unità stilistica; si trova a Ca doro a Venezia.
La sofferenza del volto data da 2 elementi, riprende dagli orbicolari e dal puccinatore
dell’espressione del dolore nella facciata di Adamo ed Eva di Masaccio. l’artista non si sofferma sui
particolari per mostrare la sofferenza.

Nel ‘400, ogni artista, a seconda della propria cultura, rappresenta degli elementi molto diversi tra
di loro. Andrea del castagno storicismo volontaristico; Beato Angelico la critica romantica lo
paragona a Botticelli fa parte del mistico che rappresenta visione celestiali.
In Botticelli c’è sempre una visione cristiana perché il neo platonismo è un sincretismo tra
cristianesimo, ebraismo, cabala ebraica, ermete trismegisto, visioni alchemico esoteriche,
esoterismo, quindi anche le opere più ludiche rimandando al cristianesimo.

Sandro con il suo continuo aspirare alla trascendenza inafferrabile è in contrasto con la certezza
formale di Piero della Francesca.
L’artista va alla ricerca o della natura, riprendendo la natura come figlia di dio (Piero della
Francesca, Raffaello), quindi non dubbi, incertezze, ma la certezza; mentre Botticelli e
Michelangelo aspirano non al bello ideale fine a se stesso, ma al bello che è dio → alla
trascendenza. Mentre Leonardo va alla ricerca non della natura, non del super natura, ma del sub
natura, ciò che si cela dietro il fenomeno.
Lo studio dell’iconologia avviene ad Amburgo nel 1926. I primi a studiare Panofsky, Cassirer,
Curtz, Wind.
Gli studi iconologici del ‘39 seguono quelli del ‘55 sul significato delle arti visive.
Un’opera va esaminata tramite:
1. descrizione dei valori formali e dei motivi, dei temi, delle storie (livello pre iconografico);
2. analisi dei temi e delle immagini, delle storie e delle allegorie (analisi iconografica);
3. analisi dei significati intrinsechi o contenuti (iconologia).

Opere mitologiche:
• Venere e Marte;
• La primavera;
• la Venere nascente dalle acque;
• Pallade ed il centauro.

Opere letterarie prese in considerazione:


• del Poliziano;
• di Wind;
• dell’Alberti;
• di Lucrezio.

Mercurio nel fiore della giovinezza, decide di prendere moglie. Gli piacerebbe Sofia, Mantica,
Psiche, ma nessuna è disponibile, perché Sofia (dea della sapienza) ha deciso di rimanere
vergine, Mantica si è unita ad Apollo, Psiche si è unita a Cupido. Allora la virtù suggerisce a
Mercurio di andare dall’unica non sposata, cioè Filologia che conosceva tutte le arti del trivio e
quadrivio, vastissima cultura.
Virtù consiglia di recarsi da Giove, ma prima va da Apollo che gli dice di scegliere Filologia; Virtù
consiglia di recarsi anche da Giove e Giunone e su richiesta di Atena viene convocato il consiglio
generale di tutti gli dei.
La madre di Filologia la prepara per salire al cielo al cospetto delle muse. Presso di lei si recano le
virtù cardinali e teologali e arriva anche Atanasia (dea dell’immortalità) perché la deve trasformare
da mortale a immortale, facendole vomitare tutta la conoscenza che ha di tutte le arti terrene.

Venere e Marte: indice della composizione dato dalla lancia e dalla siringa (ninfa di pan).
• Afrodite è sveglia, mentre Ares è addormentato, tormentato da dei paniscoi (satiri), di cui
uno soffia in una conchiglia (richiama il membro maschile e femminile) e un altro cerca di
far cadere la siringa. I paniscoi giocano con le armi.
• Intorno ci sono delle vespe, omaggio alla Vespucci.
• Afrodite ha un fermaglio della veste formato da 8 perle.
La critica ha posto l’attenzione su un passo del commento del Symposium in cui Ficino fornisce
un’interpretazione astrologica del mitico. Marte spicca tra i pianeti per la sua forza, perché rende
gli uomini più forti, ma venere lo domina, dunque venere si oppone a Marte (simbolo di odio e
discordia), ma tra i due nasce Armonia.

Plunkett:riprenderebbe dallo scrittore greco Luciano quando parla di un dipinto delle nozze di
Alessandro il macedone e Roxane.

Gombrich:
• il motivo delle api che sciamano raffigura l’allusione al nome della Vespucci e quindi al
marito.

Wind: mito idilliaco sulle tracce delle favole greche descritte da Plutarco.
• Venere con Marte → nasce Armonia, quindi l’amore riuscirebbe a creare equilibrio;
• i piccoli pan → paniscoi, satiretti che erano al seguito di Dionisio (natura più sfrenata);
• conchiglia nella sua forma vulvare è un riferimento all’elemento fecondante e fecondato e
alla equilibrio degli opposti alchemici;
• 8 perle: numero 8 sacro perché è l’unione tra il cerchio della terra e il cielo. Mentre la perla
veniva data nei matrimoni, perchè nasce dalla conchiglia e ha un significato rigenerativo;
• il sonno di Ares è un sonno di purificazione, in quanto l’amore di Venere è più potente delle
armi, dunque il dio sembra aver abbandonato il suo aspetto combattivo, ma il suono della
conchiglia lo sveglia che riprende la sua natura istintiva e quindi la sua immagine;
• la siringa, flauto a canna attribuito al dio pan, ottenuto dalla trasformazione dell’omonima
ninfa di cui si era invaghito Ares.

La primavera: ci sono degli aranceti (a Firenze), 99 tipi di piante e fiori → erbario armonizzante.
Warburg: fa riferimento alla Calunnia di Apelle di Alberti, quando si augura di poter vedere dipinte
anche le 3 grazie.
Zefiro (dio della potenza) feconda Cloris → nasce Flora che era in realtà Cloris.
1. Mercurio con il caduceo che sgombra le nubi che non portano alla verità, calzari e capelli neri
(Mercurio aveva i capelli biondi);
2. le 3 grazie viste du spalle;
3. Venere sopra la cui testa c’è un cupido che getta dei dardi verso le 3 grazie;
4. Primavera;
5. Flora;
6. Zefiro.

Wind: parte dalla costellazione Ficino – Poliziano – Botticelli, in particolare da Poliziano che aveva
ripreso dalle Odi di Orazio e dai fasti di Ovidio.
Trova la chiave di lettura nella dinamica triadica della dialettica del neoplatonismo, che parla di
emanatio (processione), converso (conversione) e remeazio (ritorno).
Riprende dalla metamorfosi in cui Cloris si trasforma in Flora.
Riprende anche dal concetto del Gombrich della venus umanitas, ma la identifica anche come
venere psichè, cioè è l’anima.
Dante parla della donna angelo, tra amore terreno e divino → afrodite come elevazione, la venus
umanitas come elevazione fino a diventare la celestis e l’urania.
1. Mercurio, inteso come divino mistagogo, ossia sacerdote dell’invisibile, perché svela i
misteri, apre la luce al trascendente, all’amore divino, e forza della ragione → uomo cultura;
2. 3 grazie: Voluptas (voluttà), Castitas (castità) e Pulcritudo (bellezza);
3. Venere nel suo giardino;
4. Cupido sarebbe la gente o l’esecutore degli ordini del guardiano;
5. Primavera → trasformazione di Cloris che diventa Flora;
6. Zefiro, forza della passione, uomo natura;
7. Cloris ingravidata da Zefiro.
Panofsky: riparte dalla giostra del Poliziano, dedicata a Giuliano de Medici, il quale non parla di
Mercurio.
Non sa dare una spiegazione molto esaustiva su Mercurio, che lo vede come egemone, guida alle
grazie → mette vicino le 2 opere, la Venus celestis che esce dalle acque e la Venus umanitas della
primavera, mentre Mercurio (la ragione) sarebbe tra queste 2 pale, legate tra di loro perché sono
nello stesso legno e formato, quindi sarebbe la rappresentazione della ragione che sta tra
subnatura (venus umanitas) e supernatura (Venus celestits, nasce dai genitali di Urano buttati nel
mar egeo → non nasce dall’unione di uomo e donna).

Gombrich: riprese dal Warburg e da tutti i precedenti, ma trovò una lettera scritta da Marsilio Ficino
per il 16esimo compleanno di Lorenzo Pierfrancesco de Medici (cugino di Lorenzo il Magnifico),
facendo una specie di oroscopo, leggendo gli astri di quando è nato, lettera mandata anche a
Vespucci, Naldo Naldi per fargliela assimilare. La lettera dice: “la luna che è il moto continuo
dell’anima e del corpo, Marte la loro velocità, Saturno la loro lentezza, il Sole rappresenterebbe
Dio, Giove la legge, Mercurio la ragione, Venere l’umanitas, la Luna il movimento della sua anima
e del suo corpo e quindi questo giovane dovrebbe cercare di evitare l’eccesso della velocità di
Marte e la lentezza del moto di Saturno → sei nato sotto una buona stella, cerca di approfittarne
mitigando e cambiando il tuo carattere.
1. Mercurio;
2. le 3 grazie;
3. la venus umanitas, interpretata come il Panofsky;
4. le ore.
La fonte può essere anche quella del Vento e degli Asolani, ma L’asino d’oro di Apuleio nel
momento del giudizio di Paride. Ecuba aveva 50 figlie femmine e 50 figli maschi, quando nasce
Paride, l’ultimo, bellissimo, pare che a Ecuba viene in sogno che il figlio sarebbe stato una
sfortuna per Troia e che avrebbe portato alla guerra → lo mettono sul monte Ida tra i pastori, in
modo che nessuno lo vedesse. 3 dee, Giunone, Venere e Atena, fanno un banchetto a cui invitano
tutti escluso Discordia, che butta sul banchetto un pomodoro. Cercano un giudice, il più bello,
Paride, lo trovano sul monte Ida, lo fanno scegliere e lui sceglie la dea della bellezza, sposa di
Menelao, fratello di Agamennone → combattono perché lei era stata presa da Paride e portata a
Troia → guerra.
Nella fiaba si parla delle 3 grazie che gettano fiori, della primavera, ma non parla di un cupido, ma
di più cupidi.
Secondo l’ideologia dell’Alberti non ci possono essere per la comprensione di un’opera più di 9
persone, ma qui ci sono.
Non chiude il circolo ermeneutico (interpretazione).

Nella Primavera cade la prospettiva e quello che è importante è il ductus della linea, fatta da
elementi segnici che costituiscono un brano di lettura molto fluente; questa linea è data con un
pennello mediante una tinta bruna che ondula la forma → ductus molto particolare. Il colore non è
un’aggiunta superflua alla linea, ma squilla, ma non prevalica la continuità della linea. La linea
viene considerata melodia, a differenza della linea di Piero della Francesca.
La prospettiva cade perché la linea, nel suo iterarsi, vuole essere la rappresentazione di un’idea,
che non si invera nella concretezza della prospettiva.
Si nota una certa tristezza, il furur malinconicus ficiniano.
La bellezza delle figure di Botticelli, è una figura ipertoroidea.

Lightbown: progetti interpretativi basati sulla celebrazione dei matrimoni ed eventi storici connessi
con la famiglia Medici.
Lorenzo di Pierfrancesco de Medici si sposerà con Semiramide D’Appiano, matrimonio di
convenienza impostogli da Lorenzo il Magnifico, che si era impadronito dei soldi di Pierfrancesco.

Mirella Levi d’Ancona: fa 2 supposizioni:


• 1983:
1. Mercurio nelle vesti di Pierfrancesco, perché nella lettera rinvenuta dal Gombrich, lui
nacque sotto il segno di Mercurio e Venere;
2. le 3 grazie nelle vesti di Semiramide Appiani;
3. Venere con Flora, Cloris e Zefiro.
• 1992 → cambia tesi e pensa che la tela sia stata commissionata da Lorenzo il magnifico
per Giuliano, che muore nel 1477 durante al congiura dei pazzi e che era sposato con
Oretta de pazzi (Flora → Floretta → Oretta) → sarebbe stata fatta come tavola per la
nascita del figlio Giulio, che nacque il 27 maggio 1478, sotto il segno della Primavera.
A quell’epoca, per rappresentare la fecondità, si metteva molta stoffa sul davanti.
1. Mercurio, ossia Paride (causò la guerra di Troia), nelle sembianze di Giuliano de Medici,
ritratto con le spalle girate rispetto alla moglie;
2. le 3 grazie: Giunone, Venere e Minerva;
3. Venere incinta nelle sembianze di Oretta de Pazzi in attesa di Giulio;
4. Flora incinta, simbolo del mese di maggio e della nascita di Giulio.

Il ramo cadetto (Pier Francesco) e il ramo principale (Lorenzo). Nel 1481 si ebbe un forte contrasto
tra le 2 famiglie, perché il magnifico si rifiutava di consegnare quanto del patrimonio spettava a
Lorenzo di Pier Francesco e fratello. Una sentenza arbitrale del 1485 lo fa pagare → perde il
magnifico, che deve dare la casa de Medici.
Michele Marullo (poeta e filosofo) dà l’appellativo di alloro a Pier Francesco.
Le fiammelle pentacostali.
Interpretazione dei mesi ripresa dai calendari romani
Settembre → Mercurio
Agosto
Luglio
Giugno
Maggio
Aprile → Venere
Marzo → Marte
Febbraio → Zefiro
Nel 1616 Girolamo Alejandro fu il primo ad interpretarla come le nozze di Filologia e Mercurio.
I fiori d’arancio erano stati portati dal paleologo quando venne a Firenze per colmare lo scisma tra
Oriente ed Occidente.

Mercurio nel fiore della sua giovinezza, sotto consiglio di sua madre Maya, di prendere moglie. Gli
piacciono Sofia, Mantica e Psiche, ma nessuna è disponibile → la virtù gli consiglia di prendersi
Filologia e di andare anche da Giove e presentarsi davanti al consiglio degli dei → si raduna.
Da Filologia si radunano le virtù cardinali: Prudenza, Giustizia, Temperanza, Filosofia, le 3 grazie.
Filologia aiutata da Atanasia (dea dell’immortalità) le toglie tutta la cultura terrena di cui era
imbevuta → Filologia diventa la protettrice delle arti del trivio e quadrivio.
Affresco in prossimità delle ville de Medici, che rappresenta le nozze di Mercurio e Filologia.

Bykov:
1. Mercurio;
2. le 3 grazie;
3. Calliope (epica), Satira (satira), Urania (poesia) → muse (9) delle arti liberali, protette dal
dio Apollo;
4. Filosofia.

La malfa:
1. Mercurio, dio dell’eloquenza;
2. le 3 grazie;
3. Venere celeste, simbolo della filosofia e teologia;
4. la musa di Firenze;
5. Filologia;
6. Atanasia → dea dell’immortalità.

Villa:
1. Mercurio;
2. le 3 grazie;
3. Filologia;
4. Retorica;
5. Flora;
6. Genio.

Pallade e Centauro: negli inventari del 1498 – 1503 c’è scritto “un quadro di ligname, di sopra
lusso, di anticamera, nel quale è dipinta Camilla con un satiro” → “un quadro di legno, sopra la
porta dell’anticamera, nel quale è dipinta Camilla e il centauro”.
In relazione con il quadro della Primavera, esposti nel palazzo di Firenze di Lorenzo.
Lettura in chiave politica: successi diplomatici di Lorenzo il Magnifico che aveva negoziato una
pace separata con il regno di Napoli (al fondo), scongiurando il pericolo di una sua partecipazione
nella lega anti - fiorentina, promossa da papa Sisto IV (messo contro Firenze, ma voleva allearsi
anche con Napoli. Lorenzo manda un’ambasciata a Napoli → scongiurando una lega tra Roma e
Napoli).
Nella alabarda c’è il simbolo di Firenze → vittoria e la destrezza politica di Lorenzo contro il papa.
Sul petto della pallade c’è il simbolo dei Medici ricamato.
Venere nascente dalle acque: secondo la mitologia greca Afrodite sarebbe nata dalla spuma del
mare nei pressi di Citera, ma alcuni ritengono che questa leggenda si possa collegare ad un mito
di un uovo, caduto nell’Eufrate, che covato dalla colomba avrebbe generato la dea e il cui guscio si
sarebbe trasformato in conchiglia.
Secondo Ficino invece Crono (Saturno) castrò Urano (cielo) e ne gettò i testicoli in mare, dalla cui
schiuma sarebbe nata Venere → potenza riferita alla fecondità di tutte le cose che circondano → le
spume del mare (onde schematiche perché a Botticelli interessa l’idea), i fiori.
Secondo la teogonia Venere è associata all’anima, intesa come bellezza, moto dell’anima, che può
portare alla conversione.
Pico della Mirandola distingue le veneri in:
• Afrodite pandemon, terrena;
• Afrodite urania, celestiale.
Chiave religiosa: il battesimo dell’uomo viene dato nelle acque.
La dea sopraggiunge dal mare trasportata da una conchiglia, sospinta da 2 venti, ossia i 2 Zefiri,
mentre a destra una ninfa le porge un manto, una pioggia di fiori, un connubio tra vento e acqua.
Rimanda al mito di Adone e Afrodite → la rosa profumata e l’anemone (vento) → soffio vitale da
cui nasce la primavera.
Secondo i padri della chiesa l’idea della vita umana è paragonata ad una bolla, ossia ad un soffio,
all’anima.
La figura della ninfa può essere l’ora che le porge un manto di fiori, di bellezza.
La conchiglia ha il significato dell’anima, perché all’interno viene tenuta la perla, simbolo di vita.

La cappella maxima del palazzo pontificio (Sistina perché costruita da Sisto IV nel 1475) ad opera
di Giovannino de’ Dolci, poi portata avanti dallo zio, Giulio II della Rovere. Secondo il Battisti la
struttura vuole richiamare il tempio di Salomone, che era molto sfarzoso, mentre Sisto IV chiama i
più grandi artisti di Firenze per dipingere la cappella tra 1481 – 1482 → dalla Toscana arrivano i
più grandi artisti, come Cosimo Rosselli, Domenico Ghirlandaio, Sandro Botticelli (dirimpetto a
quelle del Perugino). Secondo altri ci sarebbero andati anche Filippino Lippi, Bartolomeo della
Gadda, Andrea Aloisi, lo zoppo e Piero di Cosimo.
Il 17 gennaio del 1482 Giovannino de’ Dolci valuta le 4 storie, 250 ducati.
Il 15 marzo del 1482 4 pittori si incaricavano di dipingere decem istorias testamenti antichi et novi
cum cortinis inferius (10 storie del vecchio e nuovo testamento con la scritta inferiore).
Le storie sono di Mosè e di Cristo vista l’una come prefigurazione dell’altra.
Nelle prove di Mosè sotto c’è scritto “Tentazio moisi legis scripte platoris” (la tentazione di Mosè
portatore delle leggi scritte): lo schema iconografico è spiraliforme, scene slegate tra di loro.
Affresco mosso, articolato in varie scene a spirale, senza continuità spazio-temporale. Narra vari
episodi della vita di Mosè (preso nelle acque del Nilo), che pensava di essere egiziano:
• l’uccisione di un egiziano che aveva maltrattato un israelita, ma Mosè era dalla parte di
quest’ultimo;
• a destra la fuga di Madian e il soccorso delle figlie di Ietro, che stavano abbeverando il
gregge;
• ordine di Iavè (Dio) che gli parla dal roveto, spogliandosi prima dei calzari;
• esodo degli ebrei e di Mosè.
Scene molto slegate, ma icastica (realisitica), per farci vedere in un piccolo spazio le storie più
saliente → mostrare la vicenda religiosa di Mosè che prepara quella di Cristo → preesistenza della
religione cristiana nella religione ebraica.
Nella Cappella sistina Sisto IV vuole far vedere l’importanza della figura del pontefice, mandato da
Dio (Pietro, io su questa pietra, fonderò la tua chiesa).

Prove di Cristo “tentazio iesu cristi latoris evangelice legis” (Gesù cristo portatore del vangelo): 3
scene:
• in alto il diavolo travestito da francescano tenta Gesù Cristo, dicendogli di trasformare le
pietre in pane, sopra il tempio; sotto gli angeli preparano la messa eucaristica → sconfitta
dell’anticristo sul cristianesimo;
• bambino che schiaccia la testa ad un serpente (tentazione, demonio) con in mano un
grappolo d’uva (sangue di Cristo) → vittoria della Chiesa;
• punizione di Quorah, Dathan e Abiran, che si ribellano all’autorità del sacerdote Aronne,
mandato e inviato da Dio → papa inviato da Dio. “Conturbazio moisi legis scripte latoris”
(conturbazione) → condanna per chi tenta di usurpare la dignità sacerdotale, che solo Dio
consacra.
Al fondo l’arco di trionfo di Costantino, richiamo alla legittimità, dell’autorità papale incarnata da
Sisto IV.
Affastellarsi di persone; concitazione con la rivolta contro Mosè; Aronne; il tentativo di lapidazione
al centro; prova dell’incenso e del fumo, rivolto contro i ribelli che hanno osato ribellarsi contro
Aronne, mandato da Dio; sprofondare di Quorah.

Consegna delle chiavi del Perugino: al fondo un tempio greco chiuso (chiesa), con pianta
accentrata. Schieramento frontale di personaggi, con al centro Cristo che offre questa grande
chiave a Pietro inginocchiato. Schieramento degli apostoli, degli astanti nella parte posteriore e
una disposizione dello spazio prospettico vero, certo, rappresentato con la media proporzionale dei
personaggi → più grandi in primo piano, medi in secondo, piccoli al fondo. La natura, i tempi e gli
uomini sono degli zopoi che hanno la stessa importanza → non c’è gerarchia tra uomo e natura,
perché tutto è stato creato da Dio.
Fa coincidere spazio teorico (visione di Piero della Francesca) ed empirico (Paolo Uccello).

Botticelli era del circolo del Savonarola (arso al rogo dai Medici → tutte le profezie creano un
senso di angoscia).

Natività: tempera su tavola.


Rifiuto della prospettiva, infatti gli angeli neri dell’apocalisse e gli altri sono più piccoli rispetto alla
parte lontana → prospettiva medievale.
In basso personaggi che si abbracciano disperati.
Opera appacinante e apocalittica. Sotto scrive che cade la prospettiva, si ritorna alla prospettiva
inversa dell’epoca gotica e medievale; ci sono degli angeli vestiti di nero, che contrastano con gli
altri; quelli in primo piano che dovrebbero essere più grandi sono invece piccoli e quelli in alto
contengono il cartiglio con una scritta.
“Questo dipinto sulla fine dell’anno 1500, durante i torbidi di Italia, io Alessandro dipinsi nel mezzo
tempo dopo il tempo secondo l’undicesimo di San Giovanni nel secondo dolore dell’apocalisse
nella viperazione di 3 anni e mezzo del diavolo e poi incatenato nel dodicesimo con la scritta che
esalta questo misticismo che diventa esasperato.
Quando Leonardo tornò e lo vide turbato, si spaventò e scappò in Francia.

Crocefissione: città che sta per ardere al rogo e dalle insegne si capisce che è Firenze.
Maddalena che rappresenta l’umanità, posta in diagonale (ansia, tormento), con un piede
appuntellato nel suolo, che chiede perdono a Dio, il cui volto è sfatto, abbruttito dal dolore,
partecipe di questa umanità che si sta distruggendo.

Potrebbero piacerti anche