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STORIA DELL’ARTE CONTEMPORANEA

Percorso diacronico-cronologico su alcuni temi. Manuali: PDF del Professore.


Scopo: costruire una memoria visiva. L’esame sarà sui dipinti dei power point caricati dal professore.
Le date sono importanti.

Il nostro discorso inizia nel Settecento (prima del ‘’contemporaneo’’) passando dall’Ottocento per poi
concentrarsi sul Novecento (contemporaneo).
Corso dedicato al REALISMO: quando nasce, come si sviluppa, che declinazioni ha.
Partiamo dal Realismo Ottocentesco e vedremo come questo termine viene utilizzato fino ad arrivare
al fenomeno dei realismi nel periodo tra le due guerre mondiali.

LEZIONE 1
L’arte contemporanea (Ottocento-Novecento) si basa su un percorso della creatività umana dove le
arti sono espressione di un pensiero che ha origine nella cultura illuminista.
(nb dobbiamo circoscrivere la nostra attenzione all’arte europea e fare comunque una selezione al suo
interno)
Nel XVIII secolo trionfa la cultura barocca, rococò.
1711 poco lontano da Napoli (Regno dei Borbone) casualmente emergono dal suolo tufaceo delle
sculture antiche di età romana: è la scoperta del Teatro di Ercolano → questa scoperta entra nel
circuito di due fenomeni:
1) il mercato dell’arte: le opere d’arte sono un prodotto economico che fonde in sé dinamiche
sociali, politiche, psicologiche, morali, filosofiche, etiche, simboliche. L’Italia era da secoli il
mercato più importante di opere d’arte, un mercato di oggetti antichi. Purtroppo, questo
genera anche la diffusione dei falsi.
2) il Grand Tour, un fenomeno socio-culturale iniziato nel corso del Seicento, che diventa un
fenomeno prepotente nel Settecento1.
La scoperta di Ercolano fa scattare un interesse soprattutto da una donna: la Regina di Napoli, Maria
Amalia di Sassonia, originaria di Dresda, figlia di un gran collezionista. Lei spinge il marito, il re di
Napoli, a finanziare campagne di ricerca sul nuovo sito scoperto: cominciano i primi saggi che
diverranno sempre più sistematici.

1738 scoperta della Villa di Ercolano, dove vengono trovate anche delle sculture in bronzo e delle
pareti dipinte. Comincia un interesse di studio nei confronti di questi oggetti che fanno tesoro di
quello che le fonti antiche raccontano.

1748 scoperta di Pompei, di cui prima si avevano informazioni solo dalle fonti antiche.

Queste scoperte sono un fenomeno che diventa ‘’virale’’ perchè gli scavi di Ercolano e di Pompei
portano al diffondersi di un interesse storiografico. Questi oggetti archeologici diventano oggetti di
studio ma anche modelli di riferimento per l’arte contemporanea.

1
Il Grand Tour è una sorta di rito sociale appartenente alle classi alte che potevano permettersi di viaggiare, le
quali investono denaro per terminare l’educazione dei giovani che erediteranno il patrimonio famigliare. Anche
gli intellettuali/artisti viaggiano, spesati da qualche aristocratico. L’Italia per tradizione è il luogo dell’arte, della
storia, dell’antichità. Il Grand Tour seguiva delle regole precise: i ragazzi erano accompagnati da un tutore che
faceva anche da mediatore linguistico; c’erano anche dei ‘’ciceroni’’, esperti di arte che accompagnavano i
ragazzi a vedere le opere. Il viaggio prevedeva anche dei contatti di tipo sociale, i ragazzi dovevano vivere
pienamente le città italiane, intrecciare relazioni che gli sarebbero tornate utili.
Il mezzo utilizzato per diffondere delle immagini era la stampa, le incisioni: pittori, artisti, pagati per
andare sul sito degli scavi e riprendere con il loro disegno i reperti → dove non si possono acquistare
gli oggetti direttamente, si acquistano le riproduzioni.

A questo fenomeno succede una ulteriore questione determinante: tra il 1751-72 in Francia vengono
pubblicati gli 11 volumi della Enciclopedie accompagnati da 11 volumi di tavole incise illustrate.
L'Encyclopédie è un repertorio di immagini, la sintesi contemporanea delle competenze
tecniche-esecutive-tipologiche dei materiali relativo alle arti. Questa necessità di creare un repertorio
delle competenze ci fa capire che la cultura della metà del Settecento è una cultura nuova che sente la
necessità di avere in mano degli strumenti per comprendere il passato e dei modelli per il futuro.
Questi fenomeni determinano un tessuto culturale che da vita ad un nuovo volto dell’arte: le opere
d’arte diventeranno da un lato un oggetto di studio e uno strumento storiografico; dall’altro saranno
uno strumento fondamentale per una nuova arte, per chiunque, per tutti, non di una élite.
Nascono i musei: l’arte è a disposizione di un pubblico composto da classi sociali diverse → la cultura
illuminista fa passare l’idea che l’arte è un patrimonio comune, radice dell’esistenza contemporanea.
1753 apertura a Londra del British Museum, un museo statale sostenuto appunto dalla Corona e una
società di azionisti.

Nel 1751 a Londra esce un pamphlet filosofico di Edmund Burke che presenta un ragionamento sul
Sublime e sul Bello. Questo testo in realtà fa sintesi di discussioni che erano emerse negli anni
precedenti su cosa fosse il Sublime e la Bellezza in senso contemporaneo e questa corrente darà poi
luogo al Romanticismo.
Il Sublime nasce anche in conseguenza al fenomeno del Pittoresco (della prima metà del Settecento,
stessi anni delle scoperte di Ercolano e Pompei).
Nel 1747 era arrivato a Roma da Venezia Giovan Battista Piranesi, un giovane architetto a cui
dobbiamo una interpretazione del pittoresco, del sublime e del classico.
Nel 1755 arriva a Roma dalla Germania un intellettuale erudito appassionato dell'antichità: Johann
Joachim Winckelmann a cui dobbiamo la nascita della prima storia dell’arte dell’antichità, il
superamento delle fonti classiche.
Nel 1796 esce a stampa la prima storia dell’arte italiana dell’abate Luigi Lanzi il quale supera dopo
secoli la tradizione del Vasari: abbandona l’idea che la storia dell’arte sia fatta dalla vita degli artisti, è
fatta bensì da dei percorsi che sono oltre le vite individuali. nasce la storia dell’arte.
Nel Settecento sono cambiati i parametri del nostro rapporto con la storia e con la storia dell’arte.

Nel 1757 arriva a Roma PIRANESI con l’idea di fare l’architetto, ma


trova molta concorrenza (in quel momento Roma è la città dove gli
artisti vogliono andare). Roma è la città delle grandi committenze,
soprattutto cardinalizie. Piranesi inizia a produrre tavole incisi che
ritraggono i monumenti antichi. Piranesi realizza un enorme numero di
incisioni che, essendo su carta, viaggiano facilmente per tutta Europa.
Qui Piranesi viene ritratto in un clipeo incastonato in un cenotafio, un
ritratto che si rifà alla ritrattistica antica. In primo piano c’è il
frammento di una carta di Roma in pietra voluta da Augusto (di cui
esiste qualche frammento) che ricorda il lavoro di Piranesi: disegnatore
architetto dell’antichità romana. Questo modo di rappresentare l’antico
è un modo ‘’pittoresco’’, tipicamente Settecentesco, che fa delle
rovine antiche e del rapporto con la natura l’oggetto del proprio
interesse allo scopo di provare emozione, sentimenti di malinconia, la perdita.
‘’Invenzioni capricciose di carceri’’ (1747-50) → invenzioni
perché quello che vedo non esiste, sono elaborazioni fantastiche
di un ambiente che lui chiama carcere. Il termine capriccioso
nel Settecento ha un significato diverso dal nostro: il capriccio
è un’invenzione intelligente, inaspettata, originale, ironica,
un'invenzione in cui l’elemento dell’illusione le distingue.
Il carcere Mamertino da cui si è ispirato Piranesi si trovava sotto
il Campidoglio, scavato nel tufo. Piranesi trasforma questi
ambienti tenebrosi in un’ambientazione costituita da passaggi,
scale, corde, carrucole, come fosse qualsi una specie di sala di
tortura o cantiere in esecuzione. Per darci la misura di questa
invenzione capricciosa mette dei piccoli testimoni umani che ci
rendono subito una visione titanica di questo ambiente: suscita
un’emozione nello spettatore di terrore, di paura, di
claustrofobia ma anche di consolazione perché non ci si trova lì:
è il sublime, derivante dal pittoresco,è il piacere dell’orrido (tipico del pittoresco) che diventa il
sublime: qualcosa di orribile che procura piacere.

Il PITTORESCO viene identificato inizialmente con un’esperienza particolare nata in Gran


Bretagna: l’architettura del giardino. Il giardino è parte integrante dei progetti architettonici (in
particolar modo dal Quattrocento) e deve seguire delle regole geometriche, di modulazione degli
spazi. Con la realizzazione della Reggia di Versailles (Seicento), il modello diventa quello alla
francese: un parco giardino scenografico che si basa su un effetto prospettico di tipo barocco dello
stupore (non più ordine e rigore tipico del giardino italiano rinascimentale).
All’inizio del Settecento proprio in Gran Bretagna inizia il gusto del giardino all’inglese che è un
nuovo modo di concepire il rapporto architettura-spazio verde e che si lega ad una nuova visione del
rapporto uomo-natura. Il giardino non è più uno spazio organizzato, bensì si identifica con la natura
per quello che è, non governata dagli uomini, ma libera, selvaggia, dove l’effetto finale deve essere
quello che quel giardino non è organizzato da una mano umana, bensì è lì da sempre. Ogni passaggio
nel giardino, ogni angolo deve risultare ‘’inaspettato’’. Gli architetti dei giardini inglesi collocano
spesso in questi parchi delle presenze, delle piccole architetture, dei padiglioni, dei piccoli ambienti
chiusi che assumono forme di finte grotte, o finte rovine antiche, che fungono da riparo per la pioggia,
da luogo dove sedersi e riposare o leggere al riparo del sole, comunque luoghi che deve sembrare
siano sempre stati lì e che siano stati conquistati dalla natura
selvaggia.
Questi luoghi nascosti ed inaspettati nella natura erano studiati
apposta per suscitare emozioni in chi li trovava, in chi ci si
imbatteva passeggiando nel parco.

Piranesi, Tavole dedicate alle rovine antiche


Arco trionfale di Benevento 1778 - riproduce nel dettaglio il suo
stato conservativo. Lo ambienta tra altri ruderi antichi in mezzo
ad altri elementi vegetali: un effetto tipico dei giardini all’inglese,
ruderi ricoperti di vegetazione spontanea come succede per le
cose abbandonate. L’elemento vegetale, la natura selvaggia è
importante perchè manda un messaggio: noi vediamo la rovina,
proviamo emozione davanti alla grandezza dell’antico, sapendo che anche se solo una rovina è
testimone di una grandezza storica dell’epoca storica in cui è stato costruito, ora sopraffatta dalla
natura, è una scena quasi commovente. L’antico risulta quindi essere un modello forte, che dura nei
secoli, resiste, e deve essere preso come ispirazione.

La Piramide di Caio Cestio - trasforma un piccolo


mausoleo (che si trova a Roma) in una
piramide monumentale, che evoca le
titaniche piramidi egiziane.

Tavole dedicate agli ornamenti (sono il


suo ultimo lavoro prima della morte) -
Piranesi riproduce diversi elementi come
repertorio per gli artisti contemporanei
da cui potevano studiare e prendere
spunto.

JOHANN JOACHIM WINCKELMANN - era il bibliotecario del principe di Sassonia nel nord
della Germania. Il suo interesse per l’antico si sviluppa nello studio delle fonti classiche, nello studio
dell’italiano. Ad un certo punto il principe sassone decide di pagargli il Grand Tour in Italia: nel 1755
Winckelmann arriva a Roma.
1764 Dresda, pubblicazione del libro ‘’Storia dell’Arte Antica’’ → è la prima storia dell’arte classica.
Lui però non visitò la Grecia, ma si basò sulle copie romane delle opere greche; si basa sugli scritti.
Egli divide l’arte antica in 4 parti:
1) periodo arcaico - qui si forma l’idea di un’arte mimetica, che imita la natura, che si basa sulle
proporzioni del corpo umano
2) periodo classico - periodo dell’equilibrio
3) periodo del c.d. bello, l’ellenismo - momento in cui la scultura classica si riempie di
sentimenti, di movimenti, un coinvolgimento più potente del racconto.
4) periodo di decadenza, dell’imitazione, il periodo c.d. romano - Winckelmann attribuisce
all’arte romana un ruolo di chiusura a quella che fu l’esperienza dell’arte greca. Periodo in cui
l’arte romana si basa sostanzialmente sulla copia delle sculture greche.
Emergono due ossimori:
NOBILE SEMPLICITA’ - una grandezza di pensiero indiscutibile, monumentale, raffinata, nobile,
ma sono opere semplici, non ornamentali, non ricche di dettagli.
QUIETA GRANDEZZA - queste sculture, testimoni di un passato remoto, non
compiono azioni, ma anche se le compiono (v. Laocoonte), risultano immobili perfetti,
assoluti.
I due ossimori di Winckelmann diventano la parola d’ordine dell’arte neoclassica.

HEINRICH FUSSLI - compie un viaggio in Italia, era molto attratto dalla Divina
Commedia. Acquerello fatto sul suo taccuino di viaggio ‘’La disperazione dell’Artista
moderno davanti alla Grandezza degli Antichi’’ 1780 - due frammenti scultorei della
statua di Costantino il grande.
Il gesto della mano è quello che usavano gli imperatori per zittire la
folla. La figura umana è un autoritratto: è la disperazione che lui ha
provato davanti a dei frammenti di una scultura antica che per
quanto frammentati, per quanto rovinati, per quanto distrutti sono
grandiosi e irraggiungibili2.
VS
Winckelmann invece dice che questa grandezza può essere
riconquistata non imitandola, ma studiandola per fare un’arte
nuova.

Nel corso del Settecento fino al Novecento convivono queste due


correnti nate dal confronto con i classici:
● il Neoclassicismo (Winckelmann)
● il Pittoresco che sfocia nel Sublime e quindi nel mondo
protoromantico e poi nel Romanticismo (Fussli, Burke,
Francisco Goya, Caspar David Friedrich, Wutky)

Rinascimento → l’essere umano è il fulcro del mondo


Romanticismo → l’uomo è un millesimo rispetto alla forza del mondo, della natura. Si sposta l’asse.

Horace Walpole ‘’Il castello di Otranto’’ - è un romanzo di invenzione che ha come luogo l’Italia. è il
primo romanzo ‘’gotico’’ della storia della letteratura europea. Racconta episodi che intrecciano
elementi di magia, incubi, apparizioni, una storia di paura. Viene descritto un castello medievale che
si erge su una scogliera a strapiombo su un mare sempre in tempesta.

LEZIONE 3

Francia - irrompe un interesse per l’antico all’interno del consolidato stile rococò. Si stabilisce in
quest’area il Neoclassico, che fa dei modelli antichi i riferimenti assoluti della nuova arte. Francia di
Luigi XVI a ridosso della Rivoluzione - anni ‘70 emergono degli artisti che hanno un linguaggio
totalmente diverso rispetto a quello che accadeva prima (rococò e barocco): irrompe l’interesse per
l’antico, il classicismo si consolida nella lingua del nuovo stile denominato Neoclassicismo.

Il classicismo fa dei modelli antichi il riferimento assoluto. In


particolare emergono due architetti: Étienne-Louis Boullée e
Claude-Nicolas Ledoux, due architetti che partecipano a concorsi
pubblici indetti dalla corona per la realizzazione di edifici. Si
tratta però di concorsi che sembrano più degli esercizi stilistici che
in buona parte non verranno neppure realizzati, sono la sintesi di
una nuova sensibilità classicista e ideali illuministi.

2
La posizione di Fussli viene ripresa da EDMUND BURKE: l’impossibilità di raggiungere la grandezza degli
antichi. Il sublime è la grandiosità terribile di un vulcano che erutta lava, di un oceano in tempesta, del terrore.
L’uomo è piccolissimo e viene messo nell’opera per restituire l’immagine di una sovradimensione architettonica
o naturale.
(Michael Wutky dipinto del vulcano).
Étienne-Louis BOULLÉE - chiesa. La parte inferiore riprende il tipico tempio greco, mentre la parte
superiore riprende i modelli del Pantheon e della cupola di Michelangelo di San Pietro → è una
combinazione di classicismi (architettura classica antica + architettura classica rinascimentale). NB è
un mero esercizio di stile, non sarà mai realizzato.

Boullée - progetto per la biblioteca reale. Ricostruisce una


basilica romana attribuendogli un altro uso: è sempre un luogo
di incontro ma non religioso, bensì della sapienza (influenza
illuministica). La biblioteca è una biblioteca aperta che sorregge
l’edificio. Sono progetti realizzati allo scopo di creare modelli
per l’architettura del futuro.

Boullée - Cenotafio a Newton. è un monumento laico dedicato


alla scienza, alla cultura illuminista, alla ragione, che fa di
Newton il suo campione. Non è un monumento funebre. Una
grande sfera con l’interno vuoto, incastonata in un triplice giro
di murature concentriche, lo spunto è stato preso da una tavola
di Piranesi che ritraeva il mausoleo di Augusto e di Adriano. Lo
scopo di Boullée è di dare forza all’antico attribuendogli una
funzione nuova: da tomba a mausoleo della scienza, della
ragione. Le tre gigantesche muraglie sorreggono la sfera,
visione del mondo, dell’universo. Piante di alloro evocano la corona di alloro, ossia il riconoscimento
a Newton del titolo più alto.

In Italia si instaura un atteggiamento simile ma soprattutto nel campo della scultura (Canova).

LEDOUX - ripresa del tema della sfera collocata in una sorta di


vasca piena d'acqua, doveva essere il luogo di controllo della
guarnigione delle saline.

A Ledoux si devono alcuni caselli daziari collocati ancora oggi


alle porte di Parigi.

Ledoux - progetto urbanistico di forte influenza classica delle


città ideali. Progetta una città ideale che tesse insieme edifici politici,
economici, sociali, spazi verdi etc. L’idea è una struttura semicircolare
interrotta ritmicamente da strade radiali, un grande spazio pubblico (la
piazza). Di questo grande progetto venne costruito uno spazio molto più
ridotto ma che comunque segue la logica di Ledoux. Forte influenza
nelle facciate dello stile di Giulio Romano, Palazzo Te.

In altre realtà europee invece spicca una cultura protoromantica (fine Settecento).
HEINRICH FUSSLI - a cavallo tra Settecento ed
Ottocento, fece più fortuna a Londra dove si trasferì.
1781 The Nightmare - è un tema onirico, che non
appartiene al mondo reale. Il quadro rappresenta
qualcosa che non è visibile nell’esperienza
razionale: ecco qui la distinzione dello sviluppo
nella cultura illuminista che entra nel
Neoclassicismo, rispetto allo sviluppo della cultura
del sublime che sfocia nel Romanticismo. Fussli
dipinge lo stesso tema in altre tre versioni diverse.
L’immagine rappresenta una scena notturna
all’interno di un’alcova, una camera da letto,
dall’arredo
atemporale: un piccolo tavolino di gusto tardo barocco e un letto che
riprende i modelli romani.
La figura femminile indossa una veste antica, la donna è ripresa dal
pittore abbandonata in un sonno agitato, convulso, lo si coglie dalla
posizione del corpo, le braccia scomposte, è un sonno agitato. Il
pittore inserisce degli elementi che rendono palese l’incubo, dà una
forma all’incubo → per l’epoca è qualcosa di inedito, di nuovo, la
rappresentazione del non reale fino ad ora si era fermato alla
rappresentazione del divino, mai di un incubo. L’incubo è
rappresentato da due elementi: il primo seduto sul ventre della donna
addormentata (un lemure), esso guarda lo spettatore dritto negli occhi,
come dire ‘’eh beh? cosa vuoi?’’. Il lemure è posizionato sul ventre
della donna e questo dà un senso maggiore di un peso che schiaccia il
ventre della ragazza. Le cortine si aprono e entra una figura: una
cavalla dai globuli bianchi con la criniera di fiamme e fumo → è
questo il vero incubo, una cavalla che irrompe furiosa nel sonno degli umani e porta gli incubi. La
cavalla che entra furiosa contrasta con il corpo della fanciulla quasi statuario, abbandonato.
Il dipinto rappresenta una novità assoluta sul tema e sulla composizione dell’opera. La componente
teatrale è fortissima in queste composizioni, negli anni ‘80 Fussli diventerà uno dei più acclamati
illustratori dei testi di Shakespeare.

1783 Le Tre Streghe di Macbeth - nella storia


Shakespeariana Macbeth è una vittima che incappa in tre
streghe che gli comunicano delle profezie, tra le quali
quella che diventerà re d’Inghilterra che sarà anche la sua
rovina. Fussli rappresenta solo le tre streghe, non Macbeth
(che sarebbe il protagonista della tragedia): è un’immagine
sintetica senza tempo e senza luogo in cui le tre streghe
vengono immaginate da Fussli sovrapposte l’una all’altra
in modo tale che sembra quasi lo stesso profilo che si
moltiplica, come in una magia. Per rendere ancora più evidente il messaggio terribile che comunicano,
Fussli mette un punto di luce nei capelli bianchi dell’ultima strega illuminando una falena che porta
inciso un teschio, segnale di morte. Fussli ragiona come se avesse dipinto un bassorilievo all’antica,
come farà anche David nel giuramento degli orazi (1784).
Un altro protagonista del pre romanticismo è WILLIAM BLAKE, un illustratore inglese
visionario capace di interagire con i testi in particolar modo di Milton (Paradise Lost).

1795 Isaac Newton rappresentato in un luogo senza tempo,


nudo intento ad usare un compasso per disegnare le traiettorie
dei pianeti. Il gesto è ripreso da una riproduzione della scuola di
Atene di Raffaello (quindi ancora abbiamo la ripresa dei
modelli classici).

Altro protagonista inglese che sta a cavallo e apre la stagione del romanticismo è WILLIAM
TURNER, che in realtà dissolve la materia pittorica così tanto da diventare anche un proto
impressionista.
Bufera di neve (dipinto di paesaggio): Annibale
attraversa le Alpi (dipinto di storia) 1812.
Sta succedendo che i due titoli rivelano l’ambiguità
voluta del dipinto: da un lato il titolo di Annibale si
riferisce alla storia romana, Annibale è il cartaginese
che cerca di distruggere Roma scalando le alpi con gli
elefanti dall’Africa. Turner trasforma il tema con un
evento naturale: la bufera di neve → un nuovo tema, un
racconto di un paesaggio in cui un evento estremo della
natura fa di questo quadro un quadro in perfetta sintonia
con la sensibilità preromantica, è il sublime che mostra una natura mostruosa del tutto indifferente
all’umano. Non c’è applicazione delle regole accademiche: non c’è profondità, non c’è più la
definizione delle varie componenti. Questa pittura di Turner è priva di disegno, una pittura sfatta,
quasi liquida, che restituisce allo spettatore un effetto di impressione nell’occhio dello spettatore.
Tutto è un turbinio di sciabolate di luce ed ombre, che crea l’effetto del movimento del turbinio della
neve, della tempesta, dove gli esseri umani sono l’accampamento di Annibale ma piccolissimi rispetto
ad una natura che li sta travolgendo, indifferente alle esigenze umane.

Fine Settecento - Rivoluzione Francese 14 luglio 1789 presa della Bastiglia → rovesciamento della
struttura monarchica → questo cambiamento produce degli effetti anche nel mondo dell’arte.
In Italia i cambiamenti saranno meno violenti (esistevano tanti stati monarchici, non una unica
monarchia), ma irrompono le truppe napoleoniche che portano l’influenza dei nuovi modelli francesi.
Anche nell’Impero Tedesco Asburgico si sviluppa un’arte neoclassica.

La reazione a questo sistema classicheggiante derivante dalla Francia è il Romanticismo, come un


rifiuto dell’arte di Napoleone, dopo la sua sconfitta i popoli si ribellano anche dal punto di vista
artistico. Il linguaggio neoclassico era collegato a Napoleone per questo inizia ad essere rifiutato,
superato.
I romanticisti si rifanno non tanto alla cultura classica, bensì ai modelli medievali. Nell’arco di circa
un ventennio a cavallo tra Settecento e Ottocento abbiamo queste due correnti che si sovrappongono
dove il romanticismo non è altro che la maturazione del pittoresco, del sublime, del proto romantico e
simboleggia sentimenti, religione, nostalgia del passato medievale, paesaggi estremi. Non c’è più
nulla del Neoclassicismo. Questi elementi nutrono l’arte ottocentesca fino ad arrivare al Novecento
dove la cultura modernista metterà definitivamente in cantina sia il neoclassicismo sia il
romanticismo.

LEZIONE 4
FRANCISCO GOYA - pittore e incisore spagnolo (1746 - 1828). Diventa ritrattista di corte, tuttavia,
mostra la nuova sensibilità illuminista → allo scoppio della rivoluzione francese (di cui Goya
abbraccia gli ideali) assiste alle bruttezze dell’esercito napoleonico e produce una serie di disegni ‘’I
disastri della Guerra’’.
Goya aveva prodotto una raccolta di incisioni intitolate ‘’Capricci’’ 1792 e anni successivi - incisioni
ispirate a Piranesi, che narrano degli episodi che hanno come soggetti streghe, maghi, riti demoniaci,
sabba, sacrifici. Si chiamano capricci perchè sono invenzioni di cose che non esistono, sono
personaggi grotteschi, rappresentati con volti-maschere che
accentuano l’elemento spaventoso. Sono raccolte in un libro
con un frontespizio: l’artista è addormentato con le braccia
incrociate sul suo piano di lavoro, è un ritratto di Goya
stesso; essendosi addormentato attorno a lui, scaturiti dalla
sua mente, si materializzano delle entità dei fantasmi,
animali notturni, una lince (quella di Dante nella selva
oscura), pipistrelli, dei volti tra cui l’autoritratto di Goya
stesso sotto forma di maschera, deformato. In questi anni non
si parla ancora di inconscio, ma è quello che l’artista
rappresenta. Il tavolo da lavoro sembra un cenotafio. ‘’Il sogno della Ragione genera Mostri’’ - nella
cultura successiva (lo stesso surrealismo) riprenderà questo concetto di Goya in senso positivo: far
spegnere la ragione per lasciare libero sfogo a quello che è dentro ognuno di noi: l’inconscio, che è la
raccolta di tutte le esperienze, di immagini, che si manifestano nei nostri sogni e che i surrealisti usano
per la loro creatività (quindi acquista un senso positivo: l’arte contemporanea si nutre anche di ciò che
è dentro di noi).
Goya usa anche immagini derivanti dalla sue esperienze reali: la guerra
civile spagnola.

3 Maggio 1808 - dipinto romantico. I resistenti vengono fucilati dalle


truppe francesi. è un quadro che rinuncia ad un’idea di prospettiva: la
composizione rifiuta di far disperdere lo sguardo sul fondo del quadro. Il
paesaggio è ridotto a niente, è un fondo nero, la notte, senza profondità,
che schiaccia lo sguardo sulla prima scena. Lo sguardo deve concentrarsi
sul primo piano, sui due gruppi di personaggi. Per rendere ancora più forte
il contrasto tra i due gruppi Goya usa la contrapposizione in cui un gruppo
di sx rivela gesti e volti mentre il gruppo di dx non rivela alcun volto e compiono tutti lo stesso gesto
in modo ripetitivo (come le streghe di Macbeth). La lampada è un cubo coperto da pergamena, un
oggetto apparentemente estraneo a quello che noi vediamo, è un corpo solido perfetto, una pausa
geometrica che separa i due gruppi umani, è l’unica fonte luminosa del dipinto che si espande a cono
illuminando solo il gruppo a sx e mettendo in buio il gruppo a dx contrapponendo le azioni dei due
gruppi. Il personaggio con la maglia bianca ricorda l’agnello sacrificale, cristo → il quadro diventa
un’allegoria
- plotone disumanizzato
- l’uomo diventa l’agnello del sacrificio
- gesti mostruosi
sono la rappresentazione della brutalità della guerra.
Dal punto di vista tecnico Goya usa una pittura senza disegno: la tela di Goya è una tela grezza,
ricoperta di colore (un colore base scuro da fondale), su cui il pittore costruisce con il pennello le
forme, senza seguire sagome definite. è un pittura libera, materica.

LEZIONE 5 E 6
Mentre in Germania, in Inghilterra, in Spagna inizia a formare le sue radici un’arte romantica, in Italia
si consolida un linguaggio classicista, in linea con gli scritti di Winckelmann che legittimano questa
arte nuova legata all’arte antica.
ANTONIO CANOVA (Possagno, 1757 → seconda generazione di classicismo che travaricherà il
secolo) - figlio di un noto scalpellino, mostra fin da giovane un grande talento tanto che viene
mandato a Venezia a studiare all’Accademia delle belle arti. Festa della Sensa era una festa religiosa
che si svolgeva d’estate e prevedeva che in Piazza San Marco gli artigiani e gli artisti esponessero i
loro prodotti, è qui che Canova viene notato.
Orfeo ed Euridice 1775-1776 - sono le prime due sculture monumentali di Canova, in pietra di
Vicenza (una pietra utilizzata solitamente per le opere da posizionare all’esterno, che probabilmente
era il luogo a cui erano inizialmente destinate queste due opere). Orfeo decide di sfidare il destino e
avventurarsi nell’oltretomba da Ade per convincerlo a far tornare la moglie
Euridice nel mondo dei vivi. Vinta dal suono della musica suonata da
Orfeo, Persefone convince il marito Ade a lasciare andare Euridice: ma
Orfeo non avrebbe mai dovuto girarsi fino alla fuoriuscita dagli inferi, ma
quasi all’uscita, Orfeo non resiste e si volta. In quel momento Euridice
viene riportata via dai demoni nell’oltretomba.
Canova riprende i modelli dell’antico, ma non è più la stessa tecnica
scultorea: qui entra in scena la teatralità (si guardi la scomposizione dei
corpi dei personaggi). Euridice è coinvolta nella parte inferiore dai nuovi
dell’Ade, mentre Orfeo perde nell’agitazione il manto che lo copriva →
questa composizione è tipica della drammaticità, della teatralità delle composizioni del tardo rococò.
La capigliatura di Euridice è lavorata con un trapano che crea un effetto pittorico di ombre.

Dedalo e Icaro 1777-1779 - commissionato dal Cardinal Pisani per il suo palazzo. La
statua viene commissionata come valore etico: l’orgoglio degli umani può portarli alla
loro stessa rovina.
I miti assumono un valore morale per la nuova cultura settecentesca.
Le figure sono in movimento coordinato tra di loro. Il
volto di Dedalo mostra una tensione emotiva dovuta al
lavoro che sta facendo (come il David del Bernini). Il
contrasto espressivo tra il volto del padre e quello del
figlio (che dimostra leggerezza, irresponsabilità) serve
proprio per simboleggiare la storia stessa. Per questa
scultura Canova ottenne il pagamento di cento fiorini
d’oro (una cifra ragguardevole) → è un forte
riconoscimento per il lavoro di un’artista.

Queste sculture sono pensate per essere viste da più punti di vista.

Da Venezia si trasferisce quindi a Roma, luogo per eccellenza delle committenze (corte pontificia,
famiglie nobili). A Roma dagli anni ‘80 del Seicento opera l’Accademia reale di Francia in una stretta
connessione quindi Parigi - Roma.
Canova entra nell’Ambasciata Veneziana a Roma, dove viene ospitato dall’Ambasciatore, qui Canova
comincia a frequentare l'Accademia reale di Francia e aggiorna il suo studio del linguaggio antico.

Teseo e il Minotauro 1781-1783 - ancora la ripresa di un mito greco. Nella tradizione però Teseo era
sempre stato rappresentato in azione, mentre attacca il minotauro, qui invece Canova sceglie di evitare
di rappresentare il racconto nel clou dell’avvenimento (come aveva fatto invece con Orfeo ed
Euridice). Qui invece è una scelta di sedimentazione dell’azione, un momento di meditazione dopo
l’azione: è la nobile semplicità e quieta grandezza di cui parlava
Winckelmann. A Canova non interessa l’eroicità o la fisicità dell’eroe, la
figura di Teseo qui viene rappresentata seduta sul corpo del Minotauro
come vincitore ma completamente abbandonato: non c’è un muscolo in
tensione nel suo corpo. L’eroe è un eroe pensante, meditativo → fa
ragionare anche il pubblico sul destino degli esseri mortali. Il minotauro
che era l’essere più mostruoso e potente di Creta ora non è più niente, è
morto. La scultura è più compatta, l’attenzione di Canova a Roma si è
spostata più da una linea espressiva rococò (come nella teatralità di Orfeo
e Euridice), ad una linea espressiva più classica.

Canova ha aperto ora un proprio studio a Roma, vicino a Piazza del


Popolo, dove comincia ad avere degli aiutanti-allievi. La bottega è popolata, dove lavorano più
persone a livelli diversi, dove arrivano i grandi blocchi di marmo. Qui Canova abbozza la sua idea con
la terracotta, l’argilla → NB il modello in gesso rimane nell’atelier e grazie a questo gli allievi
possono poi riprodurre la stessa scultura.
Amore e Psiche 1787-1793 - Canova parte da un affresco pompeiano di un fano che sta per baciare
una ninfa. Equilibrio tra corpi, movimenti, sentimenti: è l’obiettivo di questo nuovo classicismo
maturo. Il gruppo è composto da un gioco di incastri, perfettamente circoscrivibile in una piramide. La
figura alata di Eros si propende in avanti, verso l’amata, mentre abbraccia il corpo di Psiche, sdraiata
in primo piano si propende verso l’alto verso l’amato. La connessione è
ancora più forte grazie alla connessione degli sguardi che rappresenta
l’attimo precedente al bacio tra i due amanti. Le tensioni dei due corpi
sono perfettamente circoscrivibili in una figura geometrica: è la quiete
grandezza di Winckelmann → la rappresentazione deve passare dentro
una idealizzazione, un equilibrio che blocca l’immagine.
Nella versione a San Pietroburgo la scultura viene posizionata su un
basamento girevole.

Monumento a Papa Clemente XIV - è un cenotafio in quanto non è qui che è sepolto il Papa. Questa
scultura ci mostra un Canova che guarda alla grande scultura Barocca di Bernini (v. monumento
dedicato ad Ottavo Barberini). Canova ragione in una composizione piramidale, presa dal monumento
berniano. La scelta di Canova è di irrigidire la scena: nessun elemento fuoriesce da un preciso schema
geometrico, il materiale è solo il marmo. L’effetto monocromo dato dal marmo bianco fa perdere al
monumento l’effetto pittorico.

Ercole e Lica 1795-1815 - commissionato dai principi di Aragona. La scultura era stata
pensata per essere collocata in una galleria in fondo in una nicchia quindi l’artista
aveva calcolato che l’opera avesse un punto di vista. Rappresenta Ercole in un
momento particolare della sua storia: il suo furore → un eroe accecato dal dolore e
dalla rabbia che compie un gesto terribile: scaglia nel mare da una scogliera Lica che
era in realtà il suo aiutante perchè quest’ultimo, inconsapevole, gli aveva fatto indossare una camicia
che la moglie aveva intriso del sangue di Nesso su inganno di questo e la veste in realtà aveva
provocato delle ustioni sul corpo di Ercole.
Canova fissa il momento di un’azione violenta, è il momento più tragico ma tutto questo è concentrato
e circoscritto dentro una forma geometrica (un triangolo) → anche l’azione più violenta, più dinamica,
più violente, in realtà si può bloccare ed irrigidire dentro uno schema.

Tomba di Maria Cristina d’Austria (nell’Augustinekirche di Vienna) 1798-1805 - Canova aveva fatto
anni prima un gesso per un cenotafio a Tiziano per la Repubblica di Venezia, l’idea era di costruire un
monumento funebre (elemento triangolare evoca la piramide egizia) e lo
schema era simile alla tomba di Clemente. Questo schema lo usa invece anni
dopo per la tomba di Maria Cristina d’Austria. Il monumento viene
realizzato in marmo di carrara: una piramide che esce dalla parete. La dedica
del committente ‘’Alberto alla sposa mai dimenticata’’, il ritratto all’antica
come una moneta di Maria Cristina, il serpente è simbolo di eternità, la
figura femminle alata la porta in cielo attribuendo a Maria Cristina una sorta
di beatitudine, una santificazione. La complessità del monumento sta nella
realizzazione delle figure. Il vecchio rappresenta l’umanità sofferente
(rappresenta le persone a cui Maria Cristina aveva dedicato la sua vita, le sue opere di beneficenza)
ma è anche l’ultima figura che entra nella tomba. La prima ad entrare è una bambina: una giovane vita
come Maria Cristina. A rendere ancora più reale la figura è il piede che si vede alzato da dietro.
Le altre figure femminili rappresentano la mansuetudine, la carità, tutte allegorie del carattere di
Maria Cristina vestite tutte all’antica.
Per creare un bilanciamento, nella parte dx, Canova colloca un leone addormentato (la forza quieta) e
sopra di lui un fanciullo alato che si tiene la testa come se a sua volta stesse per addormentarsi: è Ipno,
il sonno, fratello gemello di Thanatos, la morte → è il sonno-morte.

JACQUES LOUIS DAVID3 Il giuramento degli Orazi 1784 - viene presentata per la prima volta a
Roma e poi portata a Parigi. Il dipinto è costituito secondo delle regole aristoteliche di unità di luogo,
tempo e spazio; il riferimento all’architettura antica; elemento
narrativo costruito quasi come una scena teatrale. In alcuni dettagli
emergono però degli elementi realistici.
La composizione paratattica è scandita in tre blocchi sottolineati
dall’architettura sullo sfondo (tre archi-tre gruppi di personaggi).
Il giuramento degli Orazi è ripreso dalla storia dell’antica Roma: i
cittadini offrono la loro vita per salvare lo Stato.
I mattoni, le pareti, hanno delle brecce, come un'idea di rovina, la
volontà di rappresentare un luogo arcaico, la Roma etrusca, la prima
Roma quella più antica.

3
Jacques Louis David inizia la sua carriera con il regno di Luigi XVI vincendo il primo premio dell’accademia
reale, una pensione che gli permette di studiare a Roma i modelli antichi: Il Giuramento degli Orazi è la sua
‘’tesi di laurea’’ che viene comprato dal re, anche se per molti rappresenterebbe gli ideali rivoluzionari. Le opere
artistiche già ritraevano i cambiamenti che si percepivano negli anni precedenti alla rivoluzione vera e propria.
Lo studio dei tessuti è eccezionale, con un gioco di luce ed ombre di grande effetto, dettagli che
servono al pittore per enfatizzare la scena.

Omicidio di Marat 1793 - David crea una pala d’altare laica mettendo insieme modelli
ideali ed elementi perfettamente realistici. Ci sono oggetti realistici che entrano
prepotentemente in una immagine idealistica: la penna d’oca, il calamaio, il coltello
sporco del suo sangue → la ferocia dell’assassinio è resa ancora più forte dal fatto che
il pugnale è un coltello da cucina usato per uccidere, pugnale messo vicino alla penna
(oggetto leggero, il potere della parola, del pensiero, non della forza fisica).
La cassa di legno simboleggia la povertà, la modestia di Marat che non vive in una
casa ricca, a lui interessa il bene del popolo non il proprio.
La pittura di David rappresenta un vero e proprio passaggio dall’arte Neoclassica ai Realismi.

Leonida alle Termopili 1812 (in ricordo a suo figlio Eugene morto nell’esercito
Napoleonico) - David abbandona negli ultimi anni l’idea di riferimenti alla realtà per
consolidare gli schemi idealizzanti. I modelli di David diventano i modelli
dell’Accademia, della realtà non importa più nulla a nessuno.

GUSTAVE COURBET (1819 - 1877)- il giovane artista decide prima di altri


che l’arte deve abbandonare gli schemi idealizzanti classici, gli schemi
dell’accademia: L’ARTE AVEVA BISOGNO DI SPORCARSI LE MANI
CON LA REALTÀ. L’arte contemporanea deve fare i conti con il mondo
reale. La sua è una pittura si basava sul disegno ma era più materica, più
corposa, più vera.4

Questo secondo autoritratto del 1847 è diverso: il taglio di luce che colpisce il
viso dona un tono più intimo, il colore non segue più
il disegno, la pennellata è fatta da blocchi cromatici.

1849 Gli
Spaccapietre (a
noi rimane solo
una foto di
questo quadro
andato distrutto
durante la
seconda guerra mondiale) - Courbet
scrive una lettera a dei suoi conoscenti in
cui descrive una giornata in cui aveva
deciso di andare di dipingere fuori città
(inizia l’en plein aire), ad un certo punto si ferma ad osservare due uomini che spaccano pietre sulla

4
autoritratto del 1845
strada. Per Courbet questa è espressione di una forte miseria. Chiede a loro di andare nel suo studio e
da quel giorno si mette a lavorare al quadro, un quadro che verrà di grandissime dimensioni.
Da una parte vi è un vecchio di 70 anni curvo sul suo lavoro, le carni scottate dal sole, i pantaloni di
stoffa grezza rattoppati, gli zoccoli sgangherati di legno. A sx vi è un giovane dalla carnagione
grigiastra, la camicia sporca a brandelli, una bretella tiene su quello che rimane dei pantaloni, le
scarpe sono ridotte a brandelli. Il giovane trasporta con fatica le pietre. Il destino di questi esseri
umani è questo, è segnato. Attorno sono sparsi i loro attrezzi. Bisogna involgarire l’arte, smetterla di
fare un’arte perfetta che rimanda ai modelli classici dove anche i poveri sono lucidi e perfetti come le
statue antiche, no, basta, l’arte deve mostrare l’arte nella sua essenza.
Courbet rende questi due poveracci protagonisti di un dipinto, protagonisti di una storia, persone reali
in un paesaggio reale che hanno una dignità: hanno una vita loro, lavorano per la loro vita. Per
concentrare l’attenzione sui protagonisti rende il paesaggio scuro, lo sguardo viene così bloccato in
primo piano a vedere questa vita umile, misera, faticosa, senza riscatto, l’unico, piccolo, triangolino di
azzurro è in alto, non c’è un orizzonte, non c’è nulla di piacevole o di idealizzato.

Nel 1855 si sarebbe aperta a Parigi la prima esposizione universale nella storia della Francia (c’era già
stata The Great Exhibition a Londra). Courbet aveva fatto domanda per partecipare, ma aveva
ricevuto risposta negativa: i professori dell’Accademia avevano ritenuto che Courbet non rispettasse i
canoni dell’Accademia stessa. Gli dissero che doveva fare ‘’il bravo ragazzo’’.
Per tutta risposta l’artista allestisce, accanto ai padiglioni dell’Esposizione Universale, il Pavillon du
Réalisme, destinato ad ospitare una grande mostra antologica dell’autore.

LEZIONE 7
Prima di Courbet:
ROMANTICISMO E NATURALISMO (prima metà dell’Ottocento)
Il Romanticismo come fenomeno globale si estrinseca negli anni ‘10 dell’Ottocento5.
Il Romanticismo nasce dalla presa di coscienza della crisi della storia, dell’impossibilità del soggetto
di determinare valori di progresso e razionalità. Ciò porta ad una riflessione nei confronti del tempo,
della storia, della natura, quest’ultima sentita come luogo di tensioni, luogo delle emozioni → i temi
cari del Romanticismo diverranno quelli che vedono il soggetto in contrapposizione con la storia,
dove si evidenzia il rapporto drammatico tra uomo e natura.

THEODORE GERICAULT (1791 - 1824)


La zattera della medusa 1818-1819 - Il mare e il cielo in tempesta si stanno rischiarando alla vista di
una nave. Viene colto un attimo: il momento in cui i naufraghi sventolano i vessilli per farsi notare
dalla nave. In basso a sx sono accasciati i morti; un vecchio in posizione della melancholia saturnina
(o Il Pensatore di Rodin). I corpi sono molto michelangioleschi (si v. la cappella sistina). Costruzione
dinamica, ci sono questi gruppi di persone a dx e a sx che creano due aree contrapposte di peso.
NB questo è un fatto di cronaca realmente accaduto. Ciò che aveva suscitato un grande dibattito etico
era stato il cannibalismo avvenuto per via dei superstiti per sopravvivere.
Due chiave di lettura:
1. il fatto reale
2. la Francia che vive in un periodo storico di agitazioni
3. i diversi sentimenti che animano la Francia in quei tempi

5
(1815 Congresso di Vienna // Restaurazione e ritorno dell’ancien régime // Savoia a Torino // Borboni in
Francia e in Spagna)
Gericault conosce Etienne Georget, uno dei più noti alienisti del tempo, e
fra i fondatori della psichiatria francese. Questi riteneva esistere una
corrispondenza fra tratti fisionomici e alterazioni mentali. 1820 Gericault
esegue 10 ritratti rompendo con la tradizione rappresentativa del malato
mentale: non più un indemoniato, ma un individuo perturbato, senza
caricature → è un ritratto introspettivo, psicologico. è la prima volta che gli artisti si occupano di
questo tema.

EUGENE DELACROIX (1798 - 1863)


Altro tema del Romanticismo è quello letterario: le grandi narrazioni epiche, i classici della
letteratura. La barca di Dante 1822 - riprende molto la zattera di Gericault.

Il pittore romantico vuole esprimere il dramma della storia presente, coglierlo in un attimo e
imprimere quell’attimo drammatico sulla tela.

Scene dai massacri di Scio 1824 - massacri perpetrati dall’Impero ottomano sulle popolazioni greche
nell’Isola di Scio. Il dipinto sembra quasi tagliato, troncato a metà, non rispetta i canoni classici: per il
Romanticismo quel che si costruisce sulla tela lo decide il pittore. Il pittore può scardinare le forme, le
può far sfuggire, può creare una sua prospettiva, può non rispettare la simmetria. Il quadro è intriso di
emozioni: dell’anziana, dei bambini, delle famiglie straziate, sono emozioni riprese dagli artisti del
passato (Rubens, Tiepolo, …). Il quadro, secondo i principi romantici, mette in evidenza i valori
classici di nazione, patria, legami famigliari. Il massacro di Scio si legava alla cronaca
contemporanea: Delacroix si reca direttamente sul luogo del massacro. Il paesaggio infondo è un
paesaggio in rovina, incendiato, che si avvicina al realismo più che alla tradizione classica.
In primo piano Delacroix ritrae degli oggetti abbandonati per terra, su un terreno aspro, privo di vita.
Questi elementi realistici si mettono in relazione con il gruppo di personaggi in secondo piano. In
terzo piano i personaggi sono in controluce, in ombra. Con questi giochi l’occhio dello spettatore
percepisce i diversi piani di profondità.
Delacroix per rappresentare il dramma del popolo greco, utilizza delle formule compositive (topos):
- il soldato turco su un cavallo imbizzarrito (dinamismo) mentre trascina una giovanissima
donna greca (un nudo femminile che contrasta con la vecchia in primo piano).
- La vecchia in primo piano con il tipico costume greco viene abbandonata in mezzo ai
cadaveri mentre i soldati si concentrano sulle giovani donne.
- Il bambino neonato si aggrappa disperatamente al seno della madre morta.
- Nel centro in basso una donna e un uomo si abbracciano, simbolo di amore, si abbracciano
un’ultima volta.
- Il greco uomo caduto morto è tipicamente classico. Accanto a lui la donna riprende il modello
delle sibille di michelangelo nella sistina.

Al centro del dipinto non c’è il tipico eroe, gli artisti romantici svuotano il centro e spostano i gruppi
narrativi ai lati.
Il quadro è costituito a tavolino andando a prendere dei topoi della tradizione ma collocandoli con un
nuovo sistema, non più con il gruppo principale al centro, e arricchendo la composizione con degli
elementi realistici (oggetti per terra, fumo della città incendiata, etc.).
Morte di Sardanapalo - re della Siria che piuttosto di rinunciare ai suoi beni si fa uccidere insieme ai
suoi eunuchi e alle concubine.

Donne di Algeri - altro punto fondamentale del Romanticismo è l’orientalismo, l’esotico, i pittori
seguono i viaggiatori entrano nelle colonie per ritrarre questi popoli lontani e affascinanti.
L’uomo occidentale si incontra con altri usi e costumi.

La libertà guida il popolo 1830 - il Romanticismo si caratterizza anche per i ‘’dipinti manifesto’’,
quadri che si basano sulla cronaca diretta di quello che sta succedendo in quel momento.
Il pittore guarda anche al presente, alla storia vista come un momento tragico.
In primo piano i corpi stesi a terra dei cadaveri, adagiati sulle barricate; dietro sullo sfondo ci sono i
rivoltosi di ogni ceto sociale (da quello abbigliato in maniera signorile, a quello abbigliato in maniera
più povera) → il quadro vuole essere un quadro collettivo, che rappresenta una nazione, non è la
rivolta di una classe sociale ma è la rivolta di Parigi, di tutta la società.
L’allegoria della donna riprende l’idea dell’antica amazzone: è esposta (seno scoperto) ma è forte e va
avanti.
Sullo sfondo gli edifici di Parigi.

J. Auguste Dominique INGRES (1780-1867) Quel che accade con il


realismo dell’Ottocento è una presa di posizione contro l’accademismo dei
modelli neoclassici e romantici. Una figura che sta a metà tra la linea
neoclassica e quella romantica è Ingres. Questi, allievo di David, inizia con
un’arte neoclassica, nel passare degli anni la sua pittura evolve verso una
pittura romantica che si apre verso una forma più realistica degli altri
romantici.

1811 Madame Ingres - la donna del quadro è sicuramente idealizzata, ne


viene esaltata la bellezza e la ricchezza soprattutto nei dettagli (ricorda la
pittura fiamminga, Van Eyck). La stesura del colore dell’incarnato ricorda il marmo.

Giove e Teti 1811 - all’apparenza potrebbe essere visto come un quadro classico ‘’sbagliato’’ nelle
proporzioni anatomiche.
La Grande Odalisca - ogni arto sembra a sé stante.
MM de Senonnes - anche qui proporzioni anatomiche sbagliate.
Ingres sta cercando delle armonie interne all’occhio che non si basano sulla proporzione, sta creando
l’immagine. Ci si sta allontanando dall’idea dell’arte come mimesis della realtà.

Il Romanticismo è una corrente europea, arrivò anche in Italia (frammentata e nel pieno dei moti
risorgimentali) → qui si traduce in Romanticismo Storico, strettamente legato alla storia.
Francesco HAYEZ (1791-1882) - usa scene del passato per raccontare le passioni della cronaca
presente.
Il bacio 1859 - è un dipinto fortemente politico ma ‘’nascosto’’ dagli abiti medievali: si sta
ammiccando all’alleanza dell’Italia con la Francia che potrebbe portare alla sconfitta degli austriaci.

LA PITTURA DI PAESAGGIO DAL SUBLIME AL NATURALISMO


Joseph TURNER - in area inglese alla fine del Settecento emerge la teoria dell’impossibilità di
misurare la natura, troppo grande e sublime, l’uomo si può solo porre in termini di sfasamento delle
proporzioni. Paesaggio mistico-panico. Forza incommensurabile della natura vista attraverso la
propria individualità. Paesaggio = luogo del sentimento.

Il passo del diavolo al san Gottardo 1804 - il paesaggio ricopre tutta la tela completamente, la natura e
il terrore invadono la tela.
1817 Il declino dell’Impero di Cartagine - il pittore sta indagando non solo il fatto storico in sé
traslato nel presente, ma sta iniziando ad osservare il paesaggio, la luce. Il cielo, le nuvole, le
gradazioni di colore, i riflessi, gli astri → si comincia a guardare il paesaggio e i suoi fenomeni.
L’incendio della camera dei Lord - è una percezione psicologica del paesaggio, cosa percepiamo noi
del paesaggio, il colore, le sfumature, la luce che un paesaggio ci restituisce.
Pioggia, vapore e velocità 1844 - il titolo è completamente futurista. Il
protagonista assoluto di questo dipinto non è neppure il paesaggio: è
l’atmosfera. Tutto è invaso da questo pulviscolo di vapore e pioggia che fa
rifrangere la luce.
Turner si fa legare agli alberi della nave per assistere alla tempesta, lui vuole
entrare nella tempesta.
Vapore al largo di Harbour’s Mouth durante una tempesta di neve - lo spettatore viene immerso negli
elementi naturali.

John CONSTABLE - è più attento al disegno, alle forme, ma affronta a suo modo tutti i passaggi
tonali della luce, delle superfici. Constable diverrà famoso per i suoi studi sulle nuvole, prima non si
era mai visto un dipinto con come unico soggetto il cielo.
Studio di nuvole 1822 - Constable si focalizza su una porzione di cielo e inizia delle serie di tele
raffiguranti dettagli di cielo.

IL ROMANTICISMO TEDESCO
In Germania la dominante del R. è lo spiritualismo, la sacralità.
Caspar David FRIEDRICH - il pittore non deve dipingere solo ciò che vede davanti a sé, ma anche
quello che vede in se stesso. Se non vede niente dentro di sé allora cessi di dipingere quello che vede
davanti a sé. Altrimenti i dipinti assomiglieranno a dei paraventi → se non c’è un valore spirituale in
ciò che si vede, si dipingeranno sempre delle tele vuote.
Croce in montagna 1807 - è tutto orientato ad un paesaggio mistico, dove è dominante il valore
spirituale del paesaggio stesso.

Abbazia nel querceto 1810 - piccole ombre dei monaci: l’uomo è piccolo in confronto al paesaggio.
Abbazia e alberi sono scheletri, sono residui del passato. Il quadro è tagliato in orizzontale dalla luce e
dalla nebbia che si sta sciogliendo. La terra e il cielo, ombra e luce. Croce a terra e lapidi: un tempo i
morti si seppellivano attorno alle Chiese.

Il viandante davanti a un mare di nebbia 1818 - è un confronto impari tra l’uomo e la vastità del
paesaggio. L’uomo è al centro esatto delle direttrici del paesaggio.

Il mare di ghiaccio 1824 - le grandi spedizioni del nord. La cultura tedesca è una cultura che si slancia
verso il viaggio, la conoscenza, l’esplorazione. L’elemento naturale del ghiaccio rompe non solo le
sicurezze dell’uomo ma anche quel misero scafo con cui l’uomo pensava di vincere la natura.

VERSO IL REALISMO
Anni ‘40 dell’Ottocento si sviluppa una vera e propria ricerca del realismo, un vero e proprio
movimento. Già nel romanticismo e nel neoclassicismo comunque iniziavano a sorgere i primi
elementi di realismo.
Realismo - voluta e consapevole ricerca di reale e traduzione sul dipinto del reale.

Jean Baptiste Camille COROT (1796-1875) - era molto stimato a Parigi, circondato da altri artisti e
dai suoi adepti.
Il ponte di Narni 1826 - in questo dipinto dei primi anni Corot riflette ancora sul paesaggio, è un ponte
tra romanticismo e realismo. Vuole scattare una fotografia il più possibile coerente con il reale.
La Cattedrale di Chartres - forte studio cromatico
Donna con una perla

Théodore ROUSSEAU (1812-1867) - il colore traduce i valori percettivi e sensibili del paesaggio
che è una miniera di colori, di sfumature, di materia, di luce. Si comincia a creare delle forme anche
usando direttamente il colore, senza disegno.
Il paesaggio è essenziale per lo studio del colore e gli sviluppi degli anni successivi della pittura e
della pennellata.
Rousseau ha inaugurato presso il villaggio di Barbizon, ai margini della foresta di Fontainebleau, una
scuola che, dichiaratamente lontana dagli insegnamenti accademici, intende restituire alla pittura la
sua connotazione più viva e pura, nel diretto contatto con il paesaggio naturale osservato dal vero. La
registrazione del dato di realtà si accompagna alla rielaborazione soggettiva del tema naturalistico, in
un alternarsi di speculazione scientifica e contemplazione romantica che apre la strada alle riflessioni
estetiche dell’en plein air.

LA REALTA’ URBANA E LA STORIA → IL REALISMO


Il realismo è un movimento che parte dalla realtà urbana e dalla storia intesa come realtà
contemporanea, delle cronache, dei fatti.
Honoré DAUMIER - era un illustratore e caricaturista oltre che
pittore. Tratto grafico del disegno caratteristico.
Litografia 1834 - è una scena cruda che rappresenta un delitto, un
omicidio. Non c’è alcuna filosofia attorno questa
rappresentazione, ci presenta così il fatto nudo e crudo.

La realtà sta cambiando tantissimo, siamo in pieno svolgimento di


rivoluzioni: industriale, sociale, dei costumi, della comunicazione.
Questa generazione chiede agli artisti di guardare in faccia alla realtà per quello che è → questo si
traduce in una evoluzione della tecnica e della scelta di cosa dipingere.
Questo omicidio era un fatto di cronaca, Boudlaire afferma che Daumier si mostra un grande artista:
egli fa storia, ci presenta la realtà senza filtri, la morte è brutta e così deve essere rappresentata. Il
taglio della tela è il tipico taglio di una fotografia: taglio obliquo che taglia la scena, come la foto di
un crimine.

1865 Carrozza di terza classe - è l’alba dell’urbanesimo: prima si viveva nei campi ma ci si conosceva
tra vicini. Ora invece si viene catapultati in scene di vita comune ma dove tutti sono estranei di tutti.
Gli artisti si occupano ora anche di una società povera, non solo quella ricca e benestante. Sono opere
di impegno sociale, che riportano quello che sta succedendo nella società agli occhi di tutti (non
esistevano i telegiornali).
REALISMO
a. idea diversa della realtà rappresentabile (omicidio, povertà, funerali, lavoro)
b. visione percettiva contrapposta a quella a priori (non vengono più rispettati a bacchetta i
canoni artistici dell’accademia)
c. la restituzione percettiva implica una trasformazione sostanziale delle tecniche
rappresentative: abbandono definitivo del disegno come elemento prioritario della
rappresentazione (la rappresentazione non si fonda più sul disegno, sulla linea)
d. crisi dello spazio prospettico rinascimentale
e. importanza della fotografia (studio dello scatto fotografico)
f. rappresentazione sintetica
g. impegno nei confronti della realtà

Gustave COURBET (1819 - 1877) - la pittura è un'arte essenzialmente concreta e può consistere solo
nella rappresentazione delle cose reali ed esistenti. Il bello è nella natura. La pittura è un linguaggio
fisico, che ha per vocaboli oggetti reali.
‘’io non ho mai dipinto un angelo perché non l’ho mai visto’’
Questi sono gli anni in cui nasce il positivismo, l’importanza della scienza: tutto deve essere
empiricamente provabile, tutto deve essere provato dalla scienza.

GUSTAVE COURBET (1819 - 1877)- il giovane artista decide prima di altri


che l’arte deve abbandonare gli schemi idealizzanti classici, gli schemi
dell’accademia: L’ARTE AVEVA BISOGNO DI SPORCARSI LE MANI
CON LA REALTÀ. L’arte contemporanea deve fare i conti con il mondo
reale. La sua è una pittura si basava sul disegno ma era più materica, più
corposa, più vera.6

Questo secondo autoritratto del 1847 è diverso: il taglio di luce che colpisce il
viso dona un tono più intimo, il colore non segue più
il disegno, la pennellata è fatta da blocchi cromatici.

1849 Gli
Spaccapietre (a
noi rimane solo
una foto di
questo quadro
andato distrutto
durante la
seconda guerra mondiale) - Courbet
scrive una lettera a dei suoi conoscenti in
cui descrive una giornata in cui aveva
deciso di andare di dipingere fuori città
(inizia l’en plein aire), ad un certo punto si ferma ad osservare due uomini che spaccano pietre sulla
strada. Per Courbet questa è espressione di una forte miseria. Chiede a loro di andare nel suo studio e
da quel giorno si mette a lavorare al quadro, un quadro che verrà di grandissime dimensioni.

6
autoritratto del 1845
Da una parte vi è un vecchio di 70 anni curvo sul suo lavoro, le carni scottate dal sole, i pantaloni di
stoffa grezza rattoppati, gli zoccoli sgangherati di legno. A sx vi è un giovane dalla carnagione
grigiastra, la camicia sporca a brandelli, una bretella tiene su quello che rimane dei pantaloni, le
scarpe sono ridotte a brandelli. Il giovane trasporta con fatica le pietre. Il destino di questi esseri
umani è questo, è segnato. Attorno sono sparsi i loro attrezzi. Bisogna involgarire l’arte, smetterla di
fare un’arte perfetta che rimanda ai modelli classici dove anche i poveri sono lucidi e perfetti come le
statue antiche, no, basta, l’arte deve mostrare l’arte nella sua essenza.
Courbet rende questi due poveracci protagonisti di un dipinto, protagonisti di una storia, persone reali
in un paesaggio reale che hanno una dignità: hanno una vita loro, lavorano per la loro vita. Per
concentrare l’attenzione sui protagonisti rende il paesaggio scuro, lo sguardo viene così bloccato in
primo piano a vedere questa vita umile, misera, faticosa, senza riscatto, l’unico, piccolo, triangolino di
azzurro è in alto, non c’è un orizzonte, non c’è nulla di piacevole o di idealizzato.

Nel 1855 si sarebbe aperta a Parigi la prima esposizione universale nella storia della Francia (c’era già
stata The Great Exhibition a Londra). Courbet aveva fatto domanda per partecipare, ma aveva
ricevuto risposta negativa: i professori dell’Accademia avevano ritenuto che Courbet non rispettasse i
canoni dell’Accademia stessa. Gli dissero che doveva fare ‘’il bravo ragazzo’’.
Per tutta risposta l’artista allestisce, accanto ai padiglioni dell’Esposizione Universale, il Pavillon du
Réalisme, destinato ad ospitare una grande mostra antologica dell’autore.

Funerale a Ornans (1849) - è un dipinto enorme in cui viene esposta allo spettatore la scena di un
funerale. Ma non viene mostrato il morto bensì gli effetti che la morte può avere sulla società.
La scena ha un taglio orizzontale, nessuna rappresentazione cristiana ‘’piramidale’’, tutti sullo stesso
piano.

1855 L’atelier dell’artista

L’onda - continua lo studio della realtà dei fenomeni naturali già avviata da Turner e Constable. Non
c’è più nulla di reale, di romantico, nessuna luce idealizzata. Qui è il dato reale che si vuole restituire
con la pittura di puro colore.
‘’Io voglio vedere lo spettacolo del mare, non ho intenzione di rappresentare la nostra battaglia con il
mare, la lotta contro la natura’’. (si vuole superare, staccarsi, dalla realtà romantica).

Jean Francois MILLET (1814-1875)


Le Spigolatrici 1857 - le spigolatrici hanno il compito di raccogliere il grano
rimasto dopo la trebbia. La scena è assolutamente povera, popolare, tipico
soggetto della cultura realista.
Il realismo è una pittura politica, di impegno sociale.

‘’Come potete capire dai titoli non ci sono soggetti mitologici [...] a costo di
passare ancora più per socialista, è il lato umano quello che in arte mi tocca di più. Non farà nulla che
non sia il risultato di impressioni ricevute dall’aspetto della natura, sia essa paesaggi o figure.’’

L’angelus 1857-59 - l’artista va alla ricerca di queste situazioni calme, umili, povere. L’angelus è il
momento di pausa, di preghiera, durante il lavoro fatto per ringraziare Dio. Da analisi sul quadro
emerge che il pittore aveva dipinto al centro una piccola bara.
Il seminatore 1850 - la tesa è costruita con masse di colore, con la materia, non con il disegno.

Milleti riprende scene intime, quasi sacre, religiose, della vita delle persone più povere. Millet celebra
le semplici azioni della vita quotidiana.

I MACCHIAIOLI - il movimento si sviluppa in Toscana, siamo sempre in ambito realista.


Giovanni FATTORI (1825-1908)
Soldati francesi del ‘59 - rappresenta delle truppe francesi in Italia (tema storico contemporaneo).
Sono figure che si stagliano su uno sfondo, non stanno facendo nulla in particolare, ci sono solo luci
ed ombre, massi di colore. La costruzione dell’immagine viene realizzata attraverso macchie
cromatiche, attraverso il colore.

Il campo italiano dopo la battaglia di Magenta 1862 - il quadro raffigura un momento di assoluta
umanità. La stanchezza, il momento di pausa, il riposo, nessuna celebrazione nessun momento eroico
→ non c’è un eroe da esaltare, sono tutti eroi per il solo fatto di essere li.

1848 CONFRATERNITA PRERAFFAELLITA 1848-1853 (Inghilterra)


La corrente vuole recuperare lo spirito dell’arte e dell’uomo precedente a Raffaello dove il sentimento
sociale era più genuino, più puro. Torna questo rifugio nella letteratura e nel passato.
Dante Gabriel ROSSETTI
Ecce Ancilla Domini! 1850 - tema dell’Annunciazione.
Beata Beatrix - vesti medievali, luce simbolica non vera, è una luce interiore che non
esiste.
Proserpina - gli oggetti simbolici e il mito letterario. La figura è pura, dallo sguardo
sfuggente, basso.
Dante Gabriel Rossetti è un po’ il perno di aggregazione di diversi artisti che si
riconoscono in una pittura che rifiuta la tradizione dell’accademia neoclassica, che non
vuole essere romantica (non vuole diventare la pittura dei grandi sentimenti), e neppure
la pittura del movimento realista. Si chiameranno pre-raffaelliti perchè questi artisti riconoscono come
riferimento l’arte classica precedente il rinascimento.
I tempi di questa corrente sono prevalentemente temi letterari.
NB le figure femminili non hanno nulla a che fare con i modelli classici, con la statuaria greca e
romana, ma non sono neppure realistici. Sono corpi particolari, idealizzati, è chiaramente la ripresa di
una vaga idea di medioevo con atmosfere quasi mistiche → Rossetti si immerge in un’atmosfera
quattrocentesca (v. la pittura di Beato Angelico).
La visione è puramente idealizzata, in una pittura volutamente schematica, semplificata,
raffinatissima.

John MILLAIS Ophelia - tema tratto da Shakespeare. Momento di abbandono.

Le composizioni sono fortemente simboliche: gli oggetti, la scelta dei colori, le espressioni.

BURNE-JONES - pittore socialista fortemente interessato ai materiali, al lavoro artigianale, era


fortemente socialista.
VERSO L’UNITA’ DELLE ARTI: WILLIAM MORRIS (Inghilterra) Movimento Art and Craft -
un’arte comunitaria, collettiva, che si rifà all’idea di Cattedrale come macchina artistica composta da
architettura, pittura, scultura, letteratura, che lavorano insieme per un unico scopo.
Morris vede come soluzione alla disgregazione dell’arte la vecchia congregazione medievale, l’unione
e la collaborazione delle arti.

LEZIONE 9

DAL POST IMPRESSIONISMO ALLE AVANGUARDIE STORICHE


Negli anni ‘70-’80 dell’Ottocento si impone la linea impressionista. Gli impressionisti sono l’ultimo
sviluppo delle radici della cultura realista → una pittura frantumata, che si allontana da quella
accademica, non c’è un disegno sottostante. L’immagine esterna, la tela, l’occhio dell’artista e dello
spettatore non hanno mediazioni: l’artista vuole cogliere l’attimo, l’effetto visivo momentaneo, con
velocità esecutiva che ha urgenza di fissare sulla tela l’attimo fuggente.

MANET Impressione levar del sole 1872 è una visione del porto di Le Havre sull’Oceano Atlantico
all’alba. Del dipinto nulla è definito, è tutta una sagoma, non c’è differenza tra acqua e cielo. Un sole
colmo di colore sta uscendo dal mare. La superficie è fatta di verdi, blu, colori bruni, pennellate
sovrapposte. Quello che Monet presenta allo spettatore è un'impressione. Agli impressionisti non
interessa descrivere in modo dettagliato la realtà, loro vogliono restituire il movimento, lo scintillio, il
colore.
18747 La prima mostra impressionista viene fortemente criticata: è una ‘’impressione’’ (in senso
negativo), non è pittura. L’impressionismo è un fenomeno tipicamente francese che ha dei simili in
altri stati ad esempio la scapigliatura milanese o i macchiaioli toscani.
Gli impressionisti racconta storie che sono esperienze dirette del mondo dove vivono: paesaggi, città,
vita quotidiana (no storia antica, no soggetti religiosi). Gli impressionisti sono l’interfaccia artistica di
una nuova Francia, post napoleone III, post monarchie, post esperienza della comune, e sono
esattamente la corrispondenza artistica di un nuovo pubblico, quello della Repubblica francese, che è
un pubblico borghese (classe media). La pittura impressionista parla del qui, di adesso, del momento,
senza malinconia del passato.

Ritiratosi nella tenuta di Giverny, lontano dai clamori e dalle tensioni della vita cittadina, Monet inizia
a produrre una serie di dipinti legati a un singolo tema, come le quindici tele dedicate ai covoni di
grano (1890-1891), con l’obiettivo di fissare l’attimo istantaneo, ossia l’influenza dell’atmosfera sugli
oggetti e le variazioni luminose che ne derivano. Tra il 1892 e il 1894 l’artista dipinge trentuno tele,
del medesimo formato, dedicate alla Cattedrale di Rouen, città nella quale, nel febbraio 1892, egli
affitta una camera di fronte alla facciata occidentale della chiesa gotica che viene ripresa in diversi
momenti della giornata e nelle diverse stagioni. La cattedrale di Rouen, nelle sue diverse variazioni
cromatiche, diventa uno dei modelli di riferimento per la nascita della corrente astratta di Kandinskij e
per l’Informale.

In questo fervore, in questa visione ottimistica, in queste rivoluzioni scientifiche e sociali, emerge
un’altra corrente: IL SIMBOLISMO.

7
L’esposizione è quella che si apre il 15 aprile 1874 presso lo studio del fotografo Nadar, pseudonimo di
Gaspard-Félix Tournachon (1820-1910), in boulevard des Capucines.
Antefatti significativi del simbolismo sono delle esperienze letterarie: ad es Baudelaire, poeti che
utilizzano le parole non solo per raccontare qualcosa, ma per creare dei valori, per evocare in chi le
legge un effetto di cromie, effetti visivi → i termini non servono solo a dire una cosa, ma hanno un
reticolo di significati sottesi.

L’impressionismo aveva la capacità di fissare l’attimo fuggente, questo tipo di visione però a lungo
andare porta a porsi una domanda: cosa c’è oltre la realtà? L’arte è solo un fissaggio di visioni
momentanee o può andare oltre?

Sono anche gli anni in cui si avviano gli studi sull’inconscio, inaugurati da Sigmund Freud: il padre
della psicoanalisi teorizza infatti l’esistenza nella mente dell’uomo di impulsi che non possono essere
espressi e vengono quindi rimossi e confinati nella sfera dell’inconscio

1886 GEORGE SEURAT Domenica pomeriggio sull’isola della Grande Jatte - non è più un dipinto
impressionista. Questa opera è frutto di tre anni di studio, non di un momento. Il soggetto è in linea
con i temi impressionisti, ma ne ribalta la tecnica pittorica. Seurat per costruire il dipinto ci mette anni
di studio, non è più un dipinto en plein air sul momento, non è la costruzione di un momento, bensì la
costruzione di un mondo articolato su spazi ben studiati.
Seurat studia facendo delle incisioni graffiando il supporto, creando delle figure senza tracciarne la
sagome (come farebbe invece Durer).
La composizione è fatta da sagome disposte in modo da scalare le figure con un effetto prospettico.
La pittura è rivoluzionaria: una nuova pittura che sarà chiamata ‘’puntinista’’ perchè la tecnica usata si
basa sull’osservazione di come il nostro occhio percepisce i colori. Vengono accostati i colori primari
sulla tela per creare i colori secondari ma con un effetto di movimento, di ‘’aureola’’. Ogni centimetro
di questo dipinto è costituito da puntini di colori puri che da lontano creano gli altri colori e li creano
quasi fossero in fibrillazione, come degli atomi, in movimento.

1886-7 Le modelle // L’atelier - è una rappresentazione di interni (un atelier, lo studio dell’artista),
dove ci sono degli elementi che sono lontani da qualsiasi idea di arte naturalistica nel senso
tradizionale → lo spettatore è messo davanti ad uno spazio artificiale, costruito, che in realtà
nemmeno esiste. Nel quadro ci sono tre figure femminili messe di spalle, di fronte e di profilo → in
realtà è sempre la stessa persona ma in tre posture diverse che significa in tre momenti diversi
1) la modella che si spoglia
2) la modella in posa perfettamente al centro della tela
3) la modella che si riveste
Questa composizione suggerisce una composizione spaziale ma anche una composizione temporale,
una successione nel tempo e nello spazio ma in un’unica tela.
Seurat dipinge un quadro nel quadro: domenica pomeriggio alla Grande Jatte.
Questa nuova pittura rivela l’artificiosità dell’arte, che può ingannare, non per forza rispecchia
minuziosamente la realtà.
Monet aveva dato vita all’idea ‘’seriale’’ della pittura per suggerire un’idea plurima del reale

LEZIONE 10
Si apre l’interesse per mondi che non appartengono al reale, ma al mondo sensoriale, al mondo del
sogno, del simbolo, dell’ambiguità.
Si cerca un’opera d’arte totale. Nietzsche → cita l’elemento dionisiaco e l’elemento apollineo. Egli
sostiene che lo spirito umano, quindi anche l’arte, è costituito da un costante equilibrio e squilibrio tra
elemento razionale (apollineo) e elemento irrazionale (dionisiaco).
opera d’arte totale = razionalità + pura follia/genio artistico.
Un musicista cerca di applicare questa teoria: Wagner → Teatro di Bayreuth - un teatro all’antica in
cui il pubblico sarebbe stato avvolto dalla performance della tragedia, dove musica, parole, azioni,
costumi, personaggi, avrebbero raccontato una storia circondando il pubblico. Questa sarebbe stata
l’esperienza dell’opera d’arte totale.

Nel corso degli anni ‘80 viene elaborata l’utopia dell’opera d’arte totale anche nelle arti.

Un altro fenomeno caratterizza la fine del secolo: il c.d. modernismo internazionale, cioè quel sistema
di tecnologie (acciaio, ferro, vetro, cemento armato), ma soprattutto un linguaggio in codice che
attraversa l’Europa andando a caratterizzare l’aspetto delle città tra l’89-90 e arriva fino agli anni ‘10
del Novecento: è il c.d. Liberty.

Infine, vi è una presa di coscienza del proletariato, che corrisponde l’utopia dell’arte per tutti (che non
era per nulla ovvio al tempo, l’arte era per pochi privilegiati) → l’arte contemporanea deve parlare a
tutti, deve essere per tutti.

Fine Ottocento, due forti concetti:


> arte per tutti
> arte come esperienza totalizzante

Vincent VAN GOGH - non si incanala in alcuna corrente artistica.


Notte stellata 1889 - non è un paesaggio realistico, è un paesaggio simbolico creato dalle tensioni
emotive del suo animo, del suo cervello. Ci sono quelle due spirali di energia che incombono su
l'apparente calma del paesaggio. Per Van Gogh dipingere è terapeutico, è necessario per dar sfogo alle
sue tensioni, alle sue rabbie, alle sue paure. La sua pittura è fatta da spatolate di colore trascinato sulla
tela, il colore risulta in rilievo, sono quadri quasi tridimensionali.
Questo tipo di pittura è la partenza della pittura espressionista = è il contrario di impressionismo. Il
pittore impressionista prende con proprio occhio dalla realtà l’impressione visiva e la riporta sulla tela
// l’espressionista invece dall’interno della sua visione del mondo, le sue tensioni, le sue paura,
promana sulla tela una visione del reale che viene quindi deformato. L’opera d’arte racconta
l’interiorità dell’artista, è un percorso inverso rispetto all’impressionismo, si va dall’interno verso
l’esterno.

Altra corrente è il PRIMITIVISMO - le culture africane, le culture oceaniche, le frange di quella


cultura europea che non si erano trasformate nel tempo, attirano l’interesse degli artisti europei. In
Europa entrano testimonianze di opere di queste civiltà che comunicano valori diversi in forme
inaspettate. Nasce a Parigi uno dei primi musei etnografici (Museo Guimet) dove vengono raccolti
testimonianze, manufatti, di civiltà non europee.
GAUGUIN - i colori sono innaturali, puramente simbolici. Le forme sono ridotte a pochi elementi
essenziali.
1886 Visione dopo il Sermone - Gauguin dipinge qualcosa che lui immagina accada. Giacobbe che
lotta con l’angelo non è la realtà, è una proiezione mentale.
Le donne taitiane di Gauguin comunicano un ozio fecondo, tranquillità.

A fine Ottocento abbiamo visto emergere diverse ‘’opzioni’’ artistiche che sono sicuramente legate
con le correnti artistiche precedenti (per continuazione o per scontro), e che influenzano le arti che si
svilupperanno nel Novecento.

1880 - 1900 vediamo ora diverse esperienze di questi anni.


Tematiche, tecniche, elementi valoriali diversi ma tutti dentro la grande cornice del simbolismo, ma
ognuna di loro apre fronti diversi.

SIMBOLISMO
NB il Simbolismo non è un movimento vero e proprio, ma una grande
corrente di gusto che rinnova completamente il senso della percezione e
la visione della cultura europea a cavallo tra Ottocento e Novecento.
L’arte simbolista è un’arte colta che prende le mosse da un dichiarato
antimaterialismo; nega quindi la schiavitù dell’arte nei confronti della
realtà contingente e allo stesso tempo esprime anche un profondo
disagio esistenziale. Gli ambiti tematici che emergono sono il mistero,
il sogno, l’incubo, il segreto, la psiche, ma soprattutto l’eros, inteso
nella duplicità di amore e morte, l’androginia.
1876 l’apparizione Gustave MOREAU - comincia a proporre una pittura ‘’preziosa’’, nel senso
cromatico e tecnico del termine: la tela sembra un oggetto prezioso con gemme, luccichii.
Entrambi i dipinti hanno lo stesso tema: Salomè. Il soggetto fa parte di una tradizione narrativa
dell’antico testamento (uccisione di San Giovanni Battista). Salomè fa parte delle c.d. eroine bibliche
(Ester, Giuditta, Salomè) che nella cultura simbolista contengono un valore contemporaneo: un’eterna
figura femminile che è un’immagine volutamente avvolgente, coinvolgente, erotica, mortale. Nella
cultura simbolista la figura femminile è il contrario della cultura romantica (donna angelica), nella
nuova cultura femminile invece la donna è travolgente, affascinante, irresistibile, ma che inganna e
porta alla perdita della ragione o della vita.8
Queste due scene vengono prese da un testo francese di un critico d’arte, Karl Huysmans) che scrisse
appunto un romanzo su un racconto ‘’Controcorrente’’ : il protagonista è un uomo molto ricco che,
stanco della sua vita ricca di piaceri, decide di ritirarsi in una casa modesta fuori Parigi e trasforma
l’interno di questa casa diventando una specie di mappa concettuale che attribuisce ad ogni ambiente
un valore, un senso, un significato. Fa ciò con qualsiasi espediente di artificiosità messo a
disposizione. Ad esempio, fa incastonare delle pietre dure nella sua tartaruga di terra che colloca su un
tappeto orientale dove riflette la luce che entra dalla finestra: la stanza diventa un luogo magico della
fantasia. Lo scopo di questo romanzo è raccontare l'estetica del vivere di questo personaggio,
l’artificiosità. Il protagonista, quando vuole provare delle emozioni forti, entra nella stanza dove
conserva il dipinto di Salomè e si perde nelle immagini. Salomè è l’essenza di una femminilità che lui
non può possedere perchè è lontana nel tempo e rappresenta la morte.

Salomè rappresenta la trasformazione dei sentimenti, dall’amore all’odio (si era innamorata ma era
stata rifiutata da Giovanni Battista). Salomè convince il re con la sua bellezza, con il suo corpo, con il

8
È il tema della belle dame sans merci (“la bella donna senza pietà”) o della cosiddetta donna-vampiro, che
utilizza la propria bellezza e il proprio fascino per conquistare l’uomo, soggiogarlo al proprio potere erotico e
ammaliatore e infine distruggerlo.
suo fascino, ad uccidere il profeta. Dopo essere stata rinchiusa, Salomè riconvertirà il suo odio in
amore e bacerà la testa del morto.
Moreau coglie nei suoi dipinti l’esotismo, una tragedia che si svolge in un luogo remoto ed arcaico,
solo in un luogo del genere può svolgersi una storia così. Salomè entra nella sala del trono con questi
abiti ingioiellati e mentre balla le appare quello che sarà il risultato della sua scelta: compare solo a lei
in maniera misteriosa la testa di Giovanni Battista. Dalla testa mozzata colano pezzi di sangue che si
rapprende ai piedi di Salomè sui tappeti del palazzo del reale, il macabro, ma tutto questo lo vede solo
Salomè (e lo spettatore).

Moreau darà vita nella sue tele a dei mondi incredibili, terribili, mostruosi, ma straordinariamente
affascinanti.

PIERRE PUVIS DE CHAVANNES


Differente è la ricerca di Pierre Puvis de Chavannes (1824-1898), per il quale la fuga
dal presente corrisponde a una rinnovata attenzione per la classicità, ripensata come
uno spazio e un tempo lontani dal contemporaneo e immersi in un’atmosfera
rarefatta, cromaticamente pacata, abitata da figure dall’aspetto scultoreo.
1879 ‘’Tre donne in riva al mare’’ - la scelta del numero 3 è simbolista: è un
elemento che ritorna ossessivamente nella cultura simbolista. Considerato il numero
perfetto permette di restituire punti di vista diversi della stessa figura (v. Seurat tre modelle del 1887).
Puvis inserisce dei momenti legati allo studio della modella: l’anatomia fa vedere che ha studiato gli
antichi (figure della tradizione classica). Una delle tre figure è tagliata, un taglio contemporaneo, non
si ''tranciano'' così le figure prima.
Il paesaggio ha perso qualsiasi volontà prospettica, è costituito da sabbia, roccia, cielo e mare. Il
dipinto non restituisce una immagine vera. Si ritorna ad un’idea di volumi, di disegno, ma con una
sensibilità moderna.

La famiglia del povero pescatore 1881 - perchè è un dipinto simbolista? Non è


semplicemente il ritratto di una famiglia povera → i personaggi apparentemente
poveri nascondono un significato simbolico: il pescatore innanzitutto evoca la
fisionomia del cristo dolente; l’atteggiamento del pescatore sembra pregare. La sua
famiglia, che poi altro non è che la sacra famiglia, è composta da un bambino avvolto
da dei fasci che evocano gesù bambino nella natalità. Sono simboli che non hanno
nulla a che fare con le tecniche cromatiche di Moreau, di Seurat, di Van Gogh, piuttosto con i dipinti
di Gauguin.

MUNCH L’urlo 1889-90 - il quadro era pensato in un trittico. Munch era un artista norvegese. Egli ha
una pittura spessa, plastica, molto ricca di colore che stridono anche tra di loro e fortemente
espressiva.

Tre stadi della stessa scena (ancora l’elemento 3) - il ragazzo al centro in realtà è un autoritratto di
Munch e alle spalle i suoi giovani amici continuano a camminare. Munch si ferma sul ponte perchè
sente un rumore sordo che via via aumenta. Nel secondo dipinto lui si gira e guarda verso il ponte e il
cielo si fa sempre più rosso. Infine nell’ultimo dipinto tutto è sfocato, è un urlo primordiale, di panico,
è il senso del male di vivere.

Munch produsse anche diverse litografie


Madonna - potrebbe essere la madonna persa nell’estasi dell’annunciazione. Oppure
l’iconografia di Eva, la prima donna peccatrice → santità e peccato.
Il concepimento del cristo qui è eseguito in modo estremamente macabro con la
rappresentazione di un feto deforme nell’angolo della tela.

Autoritratto - simbolicamente Munch qui ha la testa mozzata, come Giovanni Battista. La


sua testa emerge su uno sfondo completamente nero. ad Incorniciare l’immagine
l’avambraccio e la mano di Munch ma ritratte come uno scheletro.

Nel 1902 Munch, che nel frattempo era diventato un pittore molto rinomato, socio della
Secessione di Berlino (un’associazione libera di artisti che fanno esposizioni annuali delle
loro opere), realizza una installazione. Costruisce uno spazio in cui lo spettatore avrebbe dovuto
muoversi e farsi coinvolgere nel racconto. Questa stanza era costituita di circa 30 tele collocate nella
parte alta della parete.

La danza della vita 1899-1900 - era il quadro centrale dell'installazione. è


una danza allegorica, una danza macabra: la danza della morte. Il
paesaggio è ridotto all’essenziale, a sole macchie cromatiche.
La pittura è fatta di macchie cromatiche, blocchi di colore.
In primo piano tre figure: a sx una donna giovane, apparentemente serena,
che sembra volare sopra l’erba verso lo spettatore, è l’amore (che muove la vita di tutti, una promessa
di vita), di fianco a lei infatti fiorisce una pianta. Al centro il compimento dell’amore: una coppia che
danza, la donna è la stessa donna sulla sx, vestita d'un abito rosso (passione) ma il vestito si trasforma
in una specie di colata lavica che avvolge completamente la base dove si appoggiano i piedi
dell’uomo (la donna quasi come una figura serpentina che uccide l’uomo, che viene infatti ritratto
quasi come un teschio, dal viso svuotato). A dx chiude la letture sempre la donna che qui ha i capelli
più scompigliati ed il volto triste, vestita di nero rappresenta la malinconia.
Il dipinto è intriso di elementi simbolici che rappresentano una concezione nichilista della vita, il male
di vivere che attraversa l’artista e i suoi quadri. Dalla tragedia iniziale alla tragedia finale.
Munch apre la strada che porta inevitabilmente a delle sensibilità tipicamente Novecentesche, una
pittura sempre più di espressione.

Altro contributo è l’arte che ruota attorno al SARCASMO, all’IRONIA


L’arte come strumento per poter ribaltare il senso della storia, i ruoli.
James ENSOR (pittore belga) L’entrata di Cristo a Bruxelles 1888 - il tema
sarebbe apparentemente un tema tradizionale (Cristo che entra trionfalmente
a Gerusalemme, identificato come il messia). Ma qui la scena è ambientata
in una città contemporanea, Bruxelles, questo fa capire che il pittore vuole
lanciare un messaggio: quello che si vede è qualcosa collegato a ciò che sta
accadendo a Bruxelles → omino vestito di rosso con l’aureola gialla (Cristo), la banda che suona in
una marcia trionfale, guardie del palazzo, personaggi in costume elegante, che acclamano l’ingresso di
Cristo accompagnato da una scritta: ‘’viva il socialismo’’.
Il socialismo viene portato in trionfo dai borghesi, dai nobili, che poi in realtà lo uccideranno (come
succederà a Cristo).
Tutti sono maschere, tutti fingono, l’unico inconsapevole è il signore con l’aureola, e sarà anche
quello che morirà.
Attraverso un’apparente felicità, si nasconde la tragedia.
NB non è un dipinto religioso, è un dipinto laico, il tema religioso viene usato, manipolato, per
nascondere un messaggio.

I REALISMI
Gustav KLIMT 1862-1918 - cosa c’entra con il discorso sui realismi? Qualcosa. La pittura di Klimt
ha delle relazioni con il rapporto tra arte e realtà del mondo contemporaneo. Le Secessioni sono dei
fenomeni di fine Ottocento (S. di Berlino, S. di Vienna, S. di Ca Pesaro9 a Venezia, etc.) che hanno
come protagonisti giovani artisti alla ricerca di nuovi linguaggi. Mettendo in relazione, in dialogo,
diversi artisti anche di diverse generazioni, le Secessioni sono un fenomeno che modifica ed evolve il
mondo artistico.
1901 Giuditta - la donna sirena, riprende il concetto ‘’negativo’’ della donna della tradizione
simbolista come in Moreau. è l’icona della donna (come la Marilyn di Warohl).

Ritratto di Adele 1907 - incredibile e innovativa commistione tra una scelta


volutamente anti accademica, anti naturalistica, volutamente bidimensionale, dove
il fondo dorato annulla qualsiasi tentativo di creare un effetto naturale di
profondità. L’oro rappresenta uno spazio metafisico, come nella tradizione
medievale. Inoltre, qui il fondo oro diventa parte integrante della figura, come se il
corpo di Adele venisse annullato in questo trionfo di luce assoluta. Ma questa
scelta metafisica, serve a mettere ancora più in evidenza i pochi elementi realistici:
le dita delle mani intrecciate tra di loro ed il volto. Questi elementi individuano la persona, sono parti
realizzate con una pittura più realistica → l’elemento reale ‘’esplode’’ dentro l’elemento surreale.
Klimt si pone il problema di come creare un dialogo tra questi due mondi.

Danae 1908 - giovane principessa che secondo la profezia avrebbe dato luce ad un figlio che avrebbe
ucciso il padre e sarebbe salito al trono. Il padre di Danae la rinchiude in una torre di bronzo, ma Zeus
riesce ad entrare, giace con lei in forma di luce dorata e nasce Perseo. La storia è
quindi tradizionale, classica, ma Klimt coglie Danae come una giovane donna
contemporanea. Trasforma il mito in uno studio di una modella contemporanea, in
una posizione fetale come fosse addormentata. L’elemento decorativo che la
avvolge in realtà sono gli elementi astratti che fanno risaltare lo studio
dell’anatomia del corpo della ragazza. Anche qui la formula dorata è volta a
sottolineare l’elemento reale.

Giuditta e Oloferne 1901 - la Giuditta di Klimt è una donna contemporanea, senza iconografie
tizianesche o michelangiolesche. Riporta il tema antico dentro una contemporaneità nervosa, piena di
tensioni. L’oro serve per creare contrasto e l’effetto di emersione degli elementi reali.

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fu mossa dal fatto che nel 1910 alla Biennale di Venezia, che da circa un decennio era diventata una vetrina
internazionale di arte contemporanea, aveva esposto Gustave Klimt. I giovani artisti veneziani vedono per la
prima volta con i loro occhi le opere di questo artista che fa cambiare loro il modo di ragionare.
Nuda veritas 1899 - è un dipinto che Klimt propone alla Secessione viennese. Vuole essere un dipinto
allegorico della verità, di una virtù. Klimt sceglie di ribaltare la tradizione immaginando la nuda verità
con il corpo e l’aspetto di una donna contemporanea, che non ha nessun tipo di proporzione estetica
classica. Cosce e fianchi sono larghi rispetto alla tradizione, le gambe sottili, le ginocchia lievemente
diverse l’una dall’altra, etc.

Pallade Atena - Klimt rappresenta Atena, la divinità protettrice della Secessione stessa. La donna è
ancora una donna contemporanea, non rispecchia i canoni della raffigurazione della dea classica.

Il realismo passa anche attraverso un confronto con il classicismo, e Klimt dà il suo contributo a
questo ponte.

Klimt propone una serie di tele (1909-11) caratterizzata da un ritorno al tema del paesaggio. I
paesaggi di Klimt sembrano costruiti con tessere di mosaico e sono stati fatti dopo un viaggio che
Klimt compì in Italia (Ravenna in particolare - dove Klimt rimase affascinato dalla tecnica del
mosaico). La costruzione della tecnica con mosaico evidenzia i volti dei personaggi.
La cesura dovuta alle proposte di avanguardia più radicale fa tacere questo rapporto tra arte e realtà in
chiave mimetica.

Si aprirà un nuovo realismo alla fine della prima guerra mondiale (1919-1939). Quando finisce la
prima guerra mondiale gli artisti che avevano partecipato al simbolismo, alle avanguardie, alla
Secessione che fine avevano fatto? Alcuni morti in guerra, altri morti per influenza spagnola (lo stesso
Klimt), altri emigrati. Quelli che sopravvivono si scontrano con un nuovo mondo: un mondo
sconvolto dal punto di vista psicologico, sociale, economico. Sono cambiate le esigenze e le
aspettative. Gli artisti cercano un nuovo linguaggio che non è più quello sperimentale (come nelle
avanguardie).

Pablo PICASSO ad esempio, dopo la guerra propone un linguaggio completamente nuovo rispetto al
cubismo che egli stesso aveva inventato. Picasso propone un ritorno all’ordine, una pittura quasi
tradizionale, la realtà irrompe di nuovo nei quadri di picasso (in senso mimetico, una riproposta delle
forme reali, oggettive, riconoscibili, in un contesto tridimensionale).
NB non cancella il cubismo, non è un passo indietro, ma un'ulteriore evoluzione conscia delle
esperienze precedenti.
Ritratto di Olga (sua moglie, ballerina russa) 1917 - l’artista riprende un modello che non ha nulla a
che fare con le avanguardie, è un modello ottocentesco: lui guarda ad Ingres. Picasso ha perfettamente
definito lo scialle. Il corpo, la testa, è ritratto in maniera realistica → ritorno all’ordine, ma non ad un
ordine in senso nostalgico, ma nel senso di una ricerca di un nuovo linguaggio per un mondo nuovo,
cambiato dopo il conflitto. Le avanguardie avevano un linguaggio quasi troppo ottimista, forti
dell’inizio del secolo, una spinta ottimistica che dopo il conflitto si è spenta.

1919 Carlo Carrà - nove anni prima aveva firmato il


manifesto della pittura futurista. In questo quadro non c’è
più niente di futurista. Le figlie di Loth - una pittura
tradizionale arcaica che ha come riferimento la pittura del
Trecento (Giotto, Paolo Uccello, Piero della Francesca) →
Carrà scrive che questi sono i suoi modelli perchè lui li
vede alla luce del moderno: l’essenzialità, il rigore. La
realtà viene filtrata attraverso un linguaggio volutamente essenziale, pulito, rigoroso.

1926 ceci ne pas un pipe di Rene


MAGRITTE - pittore surrealista e dei
realismi del novecento. La sua pittura
riproduce immagini della realtà senza
deformazioni, ma combina questi oggetti in
modo ambiguo, dando luogo a dei
cortocircuiti semantici.
‘’Il tradimento delle immagini’’ è il titolo
di questa opera - Magritte attribuisce alle
immagini un valore ambiguo: le immagini
tradiscono la nostra fiducia. Apparentemente
è un pipa, ma dal punto di vista della
comprensione dell’oggetto questa non è una
pipa, perchè non si può
usare/sfruttare/maneggiare → quindi questo oggetto è contemporaneamente una pipa e
contemporaneamente non lo è.

LEZIONE 13
LE AVANGUARDIE STORICHE
Sullo scadere del secolo, oltre a tutti gli elementi legati alla cultura simbolista, in Italia succedono una
serie di cose. L’Italia negli anni ‘90 non è più l’Italia del neoclassicismo o del romanticismo. La
penisola ha raggiunto una unità politica sotto l’egida dei Savoia (1861). Come capitale fu scelta
inizialmente Torino, poi Firenze per dieci anni, fino al 1870 quando i primi bersaglieri entrarono nella
breccia di Porta Pia a Roma e cadde il dominio secolare dei pontefici. Roma, nel 1871, divenne
capitale d’Italia.
Prima a Torino, poi a Firenze, si sviluppano delle correnti artistiche che hanno caratteristiche con
riferimenti con alcuni fenomeni affini che abbiamo visto in Francia o comunque nel resto d’Europa
- La Scapigliatura milanese, anni ‘60-’90 → caratteristiche affini a ciò che era accaduto con il
Realismo e l’Impressionismo francese, NB ciò non vuol dire che gli scapigliati milanesi
siamo impressionisti, ma anche loro propongono una tecnica pittorica che si gioca sulla
matericità della pittura. Eventi di storia contemporanea e vita quotidiana, paesaggi, sono tutti
temi tipici di questa corrente. Nella scultura viene proposta una demolizione della scultura in
senso accademico fino ad arrivare allo smontaggio dell’elemento plastico.
- Macchiaioli toscani, anni di Firenze come capitale → i temi sono sempre la contemporaneità,
la vita quotidiana. Rispetto alle posizioni dei puntinisti tipo Seurat in francia, i macchiaioli
scelgono la strada dell’arte del tardo trecento toscano (Beato Angelico, Masaccio, i c.d.
primitivi, pre rinascimento), per cui la loro pittura è fatta da campiture: cioè da blocchi di
colore (un po’ come la pittura di Gauguin nel periodo bretone). I macchiaioli elaborano
spesso delle piccole tavolette fatte en plein air, strette e lunghe come le tavolette di pale
d’altare di fine trecento, con un’evidente volontà di riprendere quei modelli e quelle forme.

A fine secolo in Italia non accade alcuna Secessione, come invece avvenne a Berlino o a Vienna, gli
artisti italiani inoltre in questi anni non hanno confronti con la poetica ad esempio di Munch, di Ensor,
neppure con il simbolismo belga, né con Moreau. Le linee di collegamento tra Italia ed estero è la
Francia: impressionismo e post impressionismo, e Vienna (perché parte dell’Italia era ancora
asburgica: trentino AA, Friuli, e gli artisti che nascono in questi territori non solo parlano tedesco ma
vanno anche a studiare a Vienna) inoltre, negli anni ‘90 inizia a Venezia la Biennale internazionale di
Arte (è qui che negli anni 1910 arriveranno Klimt, Munch e gli altri artisti).

La città che è forse più aperta alle novità linguistiche europee è Milano, dove da decenni esercita un
forte compito di formazione degli artisti l’Accademia di Belle Arti di Brera. Annualmente venivano
esposte le opere dei migliori insegnanti e dei migliori studenti (come delle tesi di laurea).

GAETANO PREVIATI ‘’Maternità’’ 1891 - tela simbolista. Previati fa parte di una triade di artisti
che verranno identificati dalla critica contemporanea come ‘’divisionisti’’, termine che identifica una
stagione dell’arte contemporanea italiana che fa da ponte tra le esperienze della scapigliatura e dei
macchiaioli e l’esperienza delle avanguardie. I divisionisti sono una sorta di ‘’genitori’’ dei futuristi
italiani.

Il tema è solo apparentemente religioso: è la ripresa


dell’iconografia della madonna con il bambino. Il dipinto ha
un altro valore, più squisitamente simbolico. Anche il titolo
‘’maternità’’ indica un livello semantico diverso: viene
celebrato il valore della maternità, un tema molto amato nella
pittura italiana. La rappresentazione infatti ha un carattere che non rispetta lo schema tradizionale: il
paesaggio non è un paesaggio specifico e riconoscibile, in realtà è una voluta mescolanza tra un
paesaggio reale e un paesaggio di sogno. L'elemento che chiarisce il valore simbolico dell’immagine è
la scelta delle fonti luminose: al centro del dipinto dietro all’angolo c’è un elemento indefinito che
ricorda un cerchio che promana una luce bianca che via via che si espande prende le luci della natura
che la circonda. Intorno alla parte centrale, ai lati, si dipanano degli elementi figurati che sono non
reali. Se la madre e il bambino da soli avrebbero potuto rappresentare una scena ‘’normale’’(come una
contadina con il neonato), le figure attorno indossano abiti all’antica e gli angeli. La schiera di angeli
però non vola, non canta, non suona, non crea un effetto di corte, questi angeli dormono in una
modalità di posizione che lega ritmicamente un corpo all’altro. Non c’è quasi separazione fisica tra un
corpo all’altro di questi angeli, è una linea ondulata delle ali che creano un effetto ritmico come
un’onda che collega in taglio orizzontale le figure → l’obiettivo dell’artista è di combinare il racconto
con un effetto ritmico, sensuale, armonico, avvolgente. Questa ritmicità viene data dalla tecnica
pittorica: la pittura viene scelta secondo le modalità espressive dei puntinismo (Seurat), i colori non
sono uniti ma accostati in sottili frammenti mantenendo così una luminosità ed una percezione visiva
brillante → sempre un luminoso pulviscolo che attraversa tutto. La pennellata è come un filamento,
una pennellata lunga, parte dal centro e si dipana come un cerchio che si muove dando forma a quello
che vediamo perchè non c’è alcun disegno sottostante.

GIOVANNI SEGANTINI 1891 Maternità - di origine trentina, più legato al realismo, all’idea di
rappresentare la vita quotidiana soprattutto delle campagne.

Diversamente da Previati, attenua l’effetto di un simbolismo


Secessionista. Segantini era il pittore italiano più amato da Klimt. Il
tema è simile a quello di prima, dove l’elemento simbolico è espresso
più sotto l’ombra del realismo, non con il panismo di Previati,
Segantini rappresenta la maternità in un luogo concreto (l’interno di
una stalla d’inverno) vicino a una mucca con il suo vitello (sono due maternità) → umanità e
animalità convergono in un unico sentimento che lega le madri ai figli. L’artificiosità che ci dice che
c’è qualcosa d’altro è data dalla luce artificiale quasi al centro del dipinto → Segantini evita il rischio
di creare un’immagine simmetrica infatti non mette la lampada al centro, la posizione della lampada a
petrolio è asimmetrica non vuole dividere la scena è l’elemento pittorico che definisce tutto il resto. Il
centro della lampada è di un bianco accecante, la luce uscendo dalla lampada allontanandosi dal punto
di partenza si scurisce perchè si compenetra con il buio della stalla come se la luce scacciasse via il
buio delle tenebre, si espande fino a definire i corpi nello spazio. Il tutto è studiato dal pittore in modo
da creare un effetto a cerchi concentrici, come se i cerchi dati dalla pennellata materializzassero le
figure. C’è un fortissimo studio della luce, dei suoi riflessi, delle ombre, della riflessione, la luce ci
restituisce uno spazio tridimensionale e i volumi dei soggetti che ci sono all’interno.
*compenetrare = sulla scorta dell’esperienza di Previati, di Segantini, nascono le esperienze dei
giovani Boccioni, Balla, cioè gli autori del futurismo la cui chiave di volta è la compenetrazione dei
corpi, la cui tecnica pittorica restituisce non solo la terza dimensione, i volumi, ma anche la quarta: il
tempo, che si compenetra con gli altri spazi.

Ave Maria a Trasbordo (Segantini) 1886 - la pittura della divisione cromatica è ancora più esplicita. Il
dipinto descrive un avvenimento qualsiasi dei ritmi della vita contadina in Lombardia, al tramonto,
dove un pastore traghetta gregge e famiglia su un barcone sul lago di
Pusiano vicino a Varese.

Il pittore fa qualcosa di diverso: isola l’avvenimento, il barcone è


esattamente nel cuore della tela, centralità che obbliga lo spettatore a
convertire lo sguardo su quel soggetto. La madre con il bambino, il
pastore, il gregge, hanno un valore simbolico, sembra la sacra famiglia
(evoca la fuga in Egitto). Ave Maria è la preghiera della sera, il
ringraziamento a Maria, il titolo segna l’ora del giorno. Il paesaggio sembra partecipare a questa
sacralità: un paesaggio immobilizzato a sostenere questa immagine impregnata di sacralità. La linea
dell'orizzonte non è perfettamente orizzontale, ma è lievemente arcuata per provocare un effetto di
profondità. L’elemento concavo è l’elemento circolare suggerito anche dagli elementi ad arco della
barca. L’elemento circolare diventa l’elemento trainante di tutta la composizione. Anche la
costruzione del riflesso nell’acqua segna questo ritmo circolare.
Un tema naturalistico diventa un tema simbolista.

Altro riferimento prima di passare alla Avanguardie - PAUL CEZANNE.


Paul Cézanne è un pittore francese che partecipa alla prima mostra degli impressionisti del ‘74, socio
egli stesso di Monet. A quella mostra esibì ‘’La casa dell’impiccato’’ - questo dipinto mostra fin da
subito un linguaggio diverso dagli altri impressionisti (non esporrà più con gli impressionisti).
Cezanne fa un percorso individuale, tiene anche una raccolta dei suoi pensieri, che egli stesso dice
essere stato un percorso alla ricerca di una lingua nuova, l’ha scoperta, ma non riesce ad andare oltre e
quindi lascia il testimone (senza saperlo, il successore sarà lo stesso Picasso).

Giocatori di carte 1890-1895 - Cezanne vuole raccontare il reale, ma la sua ricerca non vuole fissare la
momentaneità dell’immagine sulla tela, anzi al contrario, non vuole rimanere sulla superficie che è
mutevole e non dice nulla sulla vera sostanza della realtà. La pittura per Cézanne vuole essere uno
strumento per togliere il velo dell’impressione, per andare alle radici delle forme, per cercare i valori
sostanziali delle forme che costituiscono la realtà. La sua pittura è fatta di
strati, i colori non si separano anzi si mescolano e si sovrappongono. Il colore
è racchiuso in una linea, in una forma: la pittura di Cézanne guarda alla
forma, alla struttura.
Cezanne stabilisce dei criteri di gerarchie di spazi e volumi. La composizione apparentemente è
simmetrica, in realtà è tutto decentrato, messo in una posizione di ambiguità: la bottiglia di vino è
l’unità di misura (come l’uovo in piero della francesca), ma sposta la bottiglia dall’asse immaginario
del centro; il piano del tavolino è lievemente storto; la figura a dx è tagliata, non vediamo tutta la
sedie; la postura delle braccia dei due giocatori è diversa; etc. Il pittore rifugge il rischio di una
simmetria compositiva che avrebbe costituito un’immagine diciamo banale. Alle spalle sopra la
boiserie c’è uno specchio ma non vediamo riflesse delle immagini, solo delle figure non distinte, delle
macchie. I colori sembrano rispecchiarsi l’un l’altro, la giacca del signore a dx ad esempio ha delle
sfumature del colore del tavolo, e così la giacca del signore di sx.

Donna con caffettiera 1895 - il personaggio è ripreso in un momento in cui si rilassa,


prende una pausa dal lavoro, è un’immagine intima. L’immagine ha qualcosa di
instabile, le ambiguità sono molteplici: il volto di lei non è un ritratto, è un volto
ridotto ad una maschera dai tratti somatici volutamente semplificati quasi ad essere
inespressivi; l’ombra sul viso è azzurra, non nera, perchè prende il riflesso dell’abito;
disinteresse per la rappresentazione naturalistica del corpo: non c’è morbidezza ad
esempio nei tessuti dell’abito, sembra quasi anzi una corazza di metallo, le braccia
sono dei cilindri, è tutto ridotto a forme sostanzialmente geometriche, volutamente schematizzate;
caffettiera e tazzina sono corpi solidi, cilindri, che segnano uno spazio, riconoscibili come oggetti ma
ridotti a forme quasi pure; la porta della cucina e la parete decorata con un motivo a fiori sono storte
verso sx rispetto alla tela : l’immagine che fissa sulla tela Cézanne non è un fotogramma, il mondo si
muove continuamente. Il piano del tavolo non è inclinato secondo le regole della prospettiva
accademiche: Cézanne non vuole illudere lo spettatore di una realtà specifica, ma vuole restituire allo
spettatore un’altra realtà, profonda, che sta oltre alla superficie che noi vediamo.

Cezanne malato e anziano si ritira in provenza dove continua a studiare e


ripetere due soggetti: le bagnanti (i nudi femminili nel paesaggio, tipico tema
accademico) e il monte di Saint Victoire (1906). Cezanne è arrivato
all’essenzialità della forma, noi capiamo a mala pena che si tratta di una
montagna, è una sagoma fatta di frammenti, azzurra come il cielo (teoria
leonardesca che dice che nella lontananza il colore si disperde). Il cielo assorbe
anche il colore dei campi sottostanti. Tutto è ridotto a schemi cromatici che annullano l’effetto
illusorio della profondità e della descrittività del paesaggio.

Le bagnanti 1904-06 (anno della morte di Cézanne) - si può considerare l’avvio


della sperimentazione del linguaggio di quello che noi chiameremo cubismo e
portato poi avanti dal giovane Picasso.
Il quadro mostra un artista che alla fine della sua vita riprende l’antico mito delle
ninfe e del bagno di Diana. Cezanne svuota il centro, quello che è sempre stato il
posto del protagonista, un vuoto suggerito dai gruppi delle donne e dai tronchi
degli alberi che suggeriscono un effetto a navata. Le bagnanti hanno un corpo
privo di piacevolezza come i corpi classici, sono tutti macchiati come non finiti.
NB a questo dipinto si ispireranno in particolare Matisse (Fauves) e Picasso (Cubismo).

LEZIONE 14

1905 - 1917 LE AVANGUARDIE STORICHE


Determineranno una trasformazione non tanto dei soggetti (che in sostanza rimarranno i temi
tradizionali), ma nel modo di rappresentarli.
L’alta concentrazione di fermenti rivoluzionari in ambito artistico nel primo decennio del nuovo
secolo è frutto delle esperienze delle Secessioni. Gli artisti si sentono ormai in grado di rendersi
autonomi dal sistema delle accademie di belle arti e delle esposizioni ufficiali, aggregandosi in piccoli
gruppi autofinanziati o sostenuti da galleristi avveduti. Essi portano direttamente davanti agli occhi
del pubblico e all’attenzione dei collezionisti soluzioni formali, temi e modalità espressive
sperimentali non sottoposte ad alcun filtro estetico-formale preventivo. Inoltre i singoli gruppi, o
lievemente a posteriori (cubisti, espressionisti) o all’atto della fondazione (futuristi, dadaisti), si
dotano di manifesti teorici, dichiarazioni d’intenti, testi critici, in modo da confortare le scelte formali
attraverso una strutturata posizione teorico-critica.

A Parigi si enucleano una serie di eventi: l’esposizione universale del 1900; nel 1903 viene inaugurato
un terzo Salòn autunnale10; cominciano anche delle mostre private (ad es. nel 1901 venne organizzata
la prima vera grande mostra retrospettiva di Vincent Van Gogh nella Galleria Bernheim-Jeune). Ciò
che ha fatto esplodere il fenomeno delle avanguardie avvenne nel 1905.

Nel 1905, alla terza edizione del Salone d’Autunno, alla sala settima del Grand Palais, vengono
esposti i dipinti di Matisse, Rousseau (‘’Il Doganiere’’) e altri artisti che vedremo, la stanza venne
subito bollata dai critici come ‘’ignobile’’: il modo di dipingere di questi artisti era da bestie feroci
(fauves, appunto).
L’ESPRESSIONISMO DEI FAUVES (i Fauves sono considerati l’avvio delle avanguardie)11.

HENRI MATISSE - Luogo di incontro e di confronto per Matisse ed altri esponenti della corrente
dei fauves era stato, dal 1892, l’atelier del pittore simbolista Gustave Moreau, dal quale avevano
acquisito l’uso spregiudicato del colore, sia in senso materico sia dal punto di vista dell’allusione a
valori simbolici, e la sovrabbondanza degli elementi decorativi che
spesso sovrastano il soggetto in una sorta di arabesco visivo, affine a un
arabesco musicale, che tende a sciogliere le forme in macchie
cromatiche. Altre influenze sulla pittura di Matisse furono lo stile
primitivo e antinaturalista di Gauguin e di Rousseau e la tecnica di
Seurat.
Lusso, calma e voluttà 1904-5 - è un dipinto di paesaggio, è la costa del
mare mediterraneo (pini marittimi), una natura radiosa, vi è una
mescolanza tra la tecnica puntinista e divisionista e la pittura materica di Van Gogh. L’immagine
viene costruita con questo abbinamento e stratificazioni di tessere di colore, quasi fosse un mosaico.
Matisse era amico di Cézanne e infatti si notano subito i richiami alle bagnanti. Matisse sta citando
maestri che lo hanno preceduto ma trasformando i modelli in qualcosa di diverso, portato a un livello
di astrazione altissima.

10
Nella tradizione culturale parigina, l’accademia di belle arti di Francia organizzava ogni anno (dal Settecento)
l’esposizione chiamata ‘’Salon’’, cioè una esposizione delle opere migliori degli insegnanti e degli studenti. Nel
1863 il rifiuto da parte della commissione che sceglieva le opere di dipinti di persone estranee all’accademia,
provocò una tale reazione per cui l’imperatore Napoleone III decide di aprire un Secondo Salòn annuale (Salon
de Refusés che poi diventerà Salone degli Indipendenti). Nel 1903 nasce il Salone d’Autunno, non vincolato
all’Accademia, aperto a tutti gli artisti che intendono partecipare, che ospita le opere realizzate durante l’estate,
quindi la maggior parte di questi dipinti appartengono alla categoria dei paesaggi.
11
Il gruppo non ebbe mai caratteri unitari e comuni, né vita lunga, poiché nel giro di un paio d’anni ogni suo
membro intraprese una strada autonoma
La gioia di vivere 1905-1906 - È la scoperta del linguaggio di Gauguin,
durante la visita alla mostra personale del 1903, a far abbandonare a
Matisse la tecnica puntinista, evoluzione che si compie con la
realizzazione del dipinto La joie de vivre esposto al Salon des
Indépendants nel 1906. Nella fase preparatoria dell’opera le figure non
compaiono, sostituite da macchie di colore, e il paesaggio è quello di
Collioure, sulla Costa Azzurra, con la linea del mare incorniciata da
quinte di alberi. Nella stesura finale le figure via via si concretizzano
attraverso pennellate stese in campiture piatte e circoscritte da linee sottili e continue che rimandano a
un ritmo musicale. Ispirata alla pittura di Gauguin la pittura come strumento per raccontare una
visione ottimistica dell’esistenza, dove uomo e natura finalmente ricongiungono i loro destini e
ricomincia un’età dell’oro. Tornano anche qui le bagnanti del quadro di Cézanne: le quinte di alberi
creano una specie di navata che accompagnano l’occhio dell’osservatore. Anche qui il centro è vuoto
perchè mostra la linea del mare indaco e del cielo rosa. In mezzo sul fondo compare un cerchio di
sagome che danzano in tondo. Le figure sono appena delineate, solo suggerite. Le due donne la rossa
e la mora riprendono le ninfe della tradizione. Le donne mostrano la loro fisicità, la loro femminilità
senza problemi. In primo piano il gruppo di amanti: è l’amore e psiche di Canova che si allontana dal
modello classico per raggiungere questa idea di una fusione tra uomo donna e natura. Tradizione,
modelli del passato, vengono riletti ma con una tecnica pittorica nuova e innovativa. La pittura è
espressiva.
Qui sembra che l’elemento femminile sia il collegamento tra l’umanità e l’eden (è una utopia).
1909-1910 Matisse entra in contatto con Sergej Ivanovič Ščukin, un imprenditore collezionista d’arte
russo, il quale è affascinato dalla cultura dei fauves. Nella cultura visiva russa, una parte
preponderante, data l’appartenenza alla religione ortodossa, è l’icona. Le icone russe hanno immagini
stereotipate che si ripetono, volutamente anti naturalistiche, le immagini restano bidimensionali, dove
i colori squillanti e contrastanti tolgono le figure dalla realtà per elevarle ad un livello più alto. I colori
servono per far risaltare le immagini nel buio delle chiese. Sergej quindi è abituato a vivere un’arte
dove le figure sono si riconoscibili, ma non in maniera realistica. Sergej commissiona così a Matisse
una serie di tele per la sua casa di Mosca (casa diventata una casa Museo). I quadri vengono appesi
alle pareti, le riempiono.
Due opere fondamentali delle opere di Matisse (la danza e la musica) finiscono in questo Palazzo
Museo di arte contemporanea.
Sergej aveva acquistato anche ‘’La stanza rossa’’ 1908 (che oggi si trova all’Hermitage di san
pietroburgo) - una volta tutto quel rosso era blu e azzurro, ma durante una
visita di Matisse a Mosca i due decidono di cambiare il colore da blu ad
azzurro. Non esiste più una divisione in piani, ogni elemento è portato sullo
stesso piano e questo è ottenuto grazie alla tappezzeria che diventa
l’elemento primario del racconto. A Matisse interessa di più l’aspetto
ornamentale è dovuto al fatto che la sua era una famiglia di commercianti di
tessuti, e per tutta la vita Matisse tenne nel suo atelier un baule con ritagli di
stoffa. Questi frammenti di stoffa furono spesso motivo di ispirazione dei
decori e anche dei colori dei suoi quadri. Il paesaggio a sx potrebbe essere una finestra o un quadro
nel quadro → è l’illusione delle immagini (su cui ragionerà Magritte).
1917 rivoluzione bolscevica - la collezione viene statalizzata, ma Sergej riesce a rimanere nel palazzo
a fare da guida. Nel 1924 muore Lenin, il potere passa a Stalin e queste collezioni vengono smontate
dai palazzi e ridistribuite.
ANDRÉ DERAIN Donna in camicia 1906 - viene giocato tutto sull'effetto del colore, sul valore
simbolico del colore. I tratti del volto perdono una fisionomia precisa, sono
composti da pochi tratti di colore che vanno più a suggerire il carattere della
persona che non fa la sua fisicità.

HENRI ROUSSEAU
L’incantatrice di serpenti 1907 e Il sogno 1910
La foresta dove è dipinta Venere sembra quasi un libro di gioco per bambini. Rousseau non si era mai
spostato da Parigi e si inventa una giungla nera, è l’esotismo che arriva a inventare un esotico che non
esiste nella realtà. E in mezzo a questa giungla esotica c’è un divano su cui è stesa la donna.
Nell’incantatrice di serpenti la scena si svolge al chiaro di luna che fa riflesso per questo la figura è
nera.

Le opere di Rousseau non piacevano a nessuno, pochi artisti prendevano le sue opere (tra cui Picasso,
che solitamente non prendeva mai artisti di altre opere). Rousseau rappresentava quello spirito
infantile, quella ingenuità che rivelava un mondo nuovo.

CUBISMO
I. Fase - cubismo c.d. analitico (1907-1909) → una fase sperimentale di questo nuovo sistema,
una riduzione in forme geometriche del mondo reale (che in qualche modo rimane comunque
riconoscibile)
II. Fase - cubismo c.d. sintetico (1909-1910) → l’immagine viene frantumata, questi frammenti
di realtà sono ridotti a schegge geometriche ricomposte poi sulla tela come quasi un mosaico
dove però l’immagine resta frantumata, non viene ricomposta. Vengono tolti i colori, la
policromia si avvicina troppo alla realtà.

I primi sono Picasso e Braque.

PICASSO Prima Fase c.d. cubismo analitico - nel 1900, il pittore spagnolo Pablo Picasso
(1881-1973) si reca a Parigi dove entra in contatto diretto con le opere di Toulouse-Lautrec e di Henri
Rousseau. Nel febbraio del 1901, dopo un soggiorno a Madrid e profondamente colpito dalla notizia
del suicidio per una delusione d’amore dell’amico Carlos Casagemas, Picasso riparte per Parigi e
inizia il c.d. ‘’periodo blu’’: una scelta sostanzialmente monocromatica e una pennellata salda e
corposa. Inizia a proporre un rigore e l'essenzialità bidimensionale che prelude alla successiva fase
cubista. Il blu di Picasso è un colore freddo e, dal punto di vista simbolico, meditativo e sacrale;
attraverso esso l’artista intende esprimere una sopravvenuta malinconia, una visione del mondo
sempre più rigorosa e lontana dalle policromie e dalle brillanti atmosfere della Belle Époque.

A Picasso non interessava tanto la forza espressiva del colore, quanto piuttosto il volume, il blocco
che la figura occupa. Per questo dai suoi primi dipinti è facile immaginare il passaggio al cubismo
vero e proprio.
Demoiselle d’Avignon 1907 - dai bozzetti del dipinto emerge che il dipinto voleva raccontare
qualcosa, un’allegoria, qualcosa di fortemente simbolico: cinque donne nude in posture diverse e due
uomini vestiti (come in Manet, Déjeuner sur l'herbe) → questo contrasto tra uomini abbigliati e le
donne nude con il sipario che si apre rivela l’interno di un bordello, luoghi molto conosciuti all’epoca.
Le ragazze sono le ragazze del vicolo di Avignone, a Barcellona, dove le ragazze si prostituivano. La
natura morta e il teschio sono la rappresentazione della morte (molto diffuse all’epoca le malattie
veneree).
Ma cosa succede nel dipinto finale? Innanzitutto non è questo il manifesto del cubismo, è un quadro
che non vide nessuno perchè non venne mai finito, lo vide solo Picasso e qualche amico, era rinchiuso
nel suo atelier, un grande capannone che lui condivideva con Braque. La prima volta che viene
esposto pubblicamente sono ormai gli anni ‘30 (il cubismo era già stato superato).
Il quadro era una specie di blocco di appunti su cui Picasso continuava ad intervenire.
Il dipinto così come giunto a noi: la tenda rossa che apriva la scena è diventata un blocco color ocra,
quasi una presenza scusa, massiccia, che chiude a sx il quadro in contrapposizione alla parte chiara a
dx. I due uomini sono spariti perchè era troppo ‘’bordello’’, Picasso non vuole raccontare un dato di
realtà. Sparito anche il teschio. Rimasto in primo piano una natura morta ma ridotta a forme
geometriche (sfere, coni, elementi semicircolari). Le 5 donne hanno perso totalmente l’aspetto
organico che avevano i nudi di Cezanno o di Matisse, i corpi di queste donne via via si trasformano in
quasi sculture in pietra, le parti anatomiche sono come tagliati dentro una materia dura, plastica, e di
conseguenza anche i volti si trasformano. I volti sono maschere, gli occhi dilatati,
scavati, con la linea del naso e della bocca, sembrano maschere africane. La
figura femminile in basso a dx riprende le sirene bifide della tradizione romana
(allegoria della lussuria), il corpo è visto di schiena, la testa sembra quasi sia
stata tolta dal corpo, smontata completamente e riattaccata al contrario. La sua
faccia sembra ricomposta in frammenti, come uno specchio, viene ricostruita una
visione molteplice in una unica visione. Il cubista va oltre al velo della realtà, va
al nocciolo della questione: i corpi, gli spazi, l’aria non è vuota, viene ridotto
tutto a forme geometriche che possono essere scomposte e ricomposte.

Seconda Fase c.d. cubismo sintetico - Questa fase “sintetica” è caratterizzata dall’utilizzo della
nuova tecnica del collage (o papier collé), ossia dall’inserimento di frammenti di realtà applicati
direttamente nelle composizioni: articoli di giornale, immagini stampate, ma anche stoffe, carta da
parati, pacchetti di sigarette e una tela stampata come l’impagliatura di una sedia.

1937 Guernica, siamo nel pieno della gigantesca macchina di propaganda da parte di tutti i regimi
totalitari europei (Hitler aveva preso il potere nel ‘33), siamo a ridosso di un’altra tragedia.
Qualche anno prima in Spagna aveva preso il potere la Repubblica con un governo di sinistra, a questa
vittoria l’ex esercito regio aveva reagito sfociando in una guerra civile. Il governo spagnolo aveva
commissionato a Picasso un grande pannello lungo più di 8 m che doveva essere collocato nel
padiglione spagnolo dell’esposizione universale a Parigi del 1937 e doveva celebrare la nuova Spagna
democratica della repubblica. Nello stesso periodo la guerra civile spagnola continua facendo sempre
più vittime. Ad un certo punto i controrepubblicano guidati dal generale Franco si alleano con Hitler e
nel maggio del ‘37 degli aerei tedeschi bombardano la cittadina basca di Guernica da dove era partita
la resistenza. Il bombardamento uccide civili: donne, bambini, anziani. Picasso, colpito da questo
avvenimento decide di cambiare in pochi giorni la tela commissionata: non è la positività di una
nuova spagna, ma le tragedie della guerra.
Il quadro è costellato di simboli come la donna che tiene in braccio il figlio morto (come la Pietà di
Michelangelo) urlando verso il cielo, ma qui c’è solo sofferenza: è un grido sordo che non verrà mai
ascoltato, nessuno andrà in suo aiuto.
Picasso abbandona totalmente la policromia: l’opera non possiede alcun elemento che possa
edulcorare il contenuto, che possa renderlo piacevole. L’uso del bianco e nero ispirato dalle fotografie
dei giornali di cronaca, lo riporta nel quadro e crea l’impatto di un fotogramma di una tragedia. La
composizione mette insieme diversi elementi in chiave allegorica: il tema è il trionfo della morte.
Picasso è qui tornato al cubismo (dopo una fase intermedia di ripresa del realismo come il ritratto
della moglie). Guernica è una tela dipinta ad olio.
è un quadro importante per la corrente INFORMALE perché? In Spagna si conclude la guerra civile
con la costituzione della dittatura di Franco. Picasso rimane proprietario del quadro e quando la
mostra chiude decide che il quadro non venga restituito in Spagna. Nel ‘39 i Nazisti entrano in
Polonia, in quei mesi Picasso decide di mandare il quadro a Londra e nel ‘40 arriva negli Stati Uniti, a
New York nel MoMa. Il quadro rientrerà in Spagna alla fine degli anni ‘70 con la costituzione di una
Monarchia Costituzionale (oggi è al Museo Reina Sofia).
Il quadro rimane per decenni esposto al MoMa di New York e divenne modello di studio per
generazioni di artisti americani. Tra questi, JACKSON POLLOCK, uno dei maggiori protagonisti
dell’arte informale, chiamata anche espressionismo astratto.

LEZIONE 15

L’ESPRESSIONISMO DEI DIE BRUCKE - giovani pittori che vogliono essere dichiaratamente il
ponte tra un passato che rifiutano e il futuro.
L’Espressionismo, più che uno stile, è uno stato d’animo, un atteggiamento mentale e creativo nuovo:
se l’Impressionismo si concentrava sul lato fenomenico della visione, sul modo in cui la luce imprime
i colori sulla retina e – solo in seconda istanza – nella mente del pittore, il quale ne restituiva poi la
“momentaneità” e “l’atmosfericità”, l’Espressionismo inverte il percorso. Dalla mente dell’artista,
dalla sua esperienza esistenziale, dal suo inconscio, si proiettano sulla realtà, senza alcuna mediazione
o elaborazione, gli stati d’animo e i sentimenti che danno vita a una visione totalmente soggettiva, che
non descrive la realtà, ma la evoca e la metamorfizza. All’Espressionismo appartengono, dunque, non
solo i Fauves, ma anche i tedeschi del gruppo Die Brücke di Dresda e Berlino e Der Blaue Reiter (Il
cavaliere azzurro) di Monaco.
A Dresda nel 1903 era stata aperta una galleria d’arte che esponeva quadri francesi, per cui erano
entrati in contatto con Van Gogh, Cézanne, Gauguin, Picasso.
Die Brucke fa emergere la tragedia, il male di vivere della quotidianità.

Die Brücke, letteralmente “Il Ponte” (da un concetto ripreso dal filosofo Nietzsche e dunque inteso
come ponte fra la tradizione pittorica naturalista del tardo Ottocento e la modernità del linguaggio di
inizio secolo), è il soggetto dell’immagine-manifesto ideata in xilografia da Ernst Ludwig Kirchner,
nel 1906: uno stilizzato ponte giapponese sotto il quale corre un’iscrizione in caratteri gotici con cui si
inneggia alla giovinezza, alla libertà d’azione, all’immediatezza della rappresentazione. Del gruppo,
costituitosi a Dresda il 7 giugno 1905), oltre a Kirchner, facevano parte Erich Heckel e Karl
Schmidt-Rottluff, seguiti da Emil Nolde e Max Pechstein.
I riferimenti espressivi fondamentali per Die Brücke provenivano sia dal Postimpressionismo
francese, specie i Nabis, sia dall’esperienza fauve e dal Simbolismo nordico: la lezione sul colore di
van Gogh e la drammaticità dei soggetti e delle scelte cromatiche di Munch ed Ensor sono infatti i
protagonisti del panorama espositivo tedesco all’inizio del secolo. Il primitivismo, riconoscibile nei
dipinti del gruppo, si deve alla conoscenza di opere d’arte tribale, esposte da poco nelle collezioni del
Museo Etnografico di Dresda.

Una profonda trasformazione di Die Brücke avvenne nel 1911 quando Kirchner e altri esponenti del
gruppo si trasferirono a Berlino: la città contemporanea diventò il principale soggetto delle loro opere,
con i tram, la folla, le prostitute e i panorami notturni dei quartieri illuminati dalla luce elettrica.
LUDWIG KIRCHNER
Marzella 1909-1919 - è la ripresa della pubertà di Munch: una bambina si sveglia una mattina con la
consapevolezza di essere una donna. L’espressione del volto mostra una forte malinconia, una
consapevolezza in senso negativo della vita che ha davanti. Il modo di annullare la profondità è quello
di Matisse (La Moglie).
Kirchner scrive la storia del movimento die Brucke - ne viene fuori che lui è quello che ha avuto
l’idea, e ciò suscita la rabbia degli altri. In ogni caso, la loro esperienza semina nella cultura berlinese
una pittura polemica, sarcastica nei confronti della società contemporanea. I loro quadri tendono a
‘’mettere il dito nella piaga’’, ad obbligare il pubblico a vedere cose che non vorrebbe vedere.

Cinque Donne a Berlino 1913 - ponte tra i die Brucke alla nuova generazione di artisti tedeschi. Il
titolo è legato a Potsdamer Platz che era la piazza che si era costituita fuori dalle antiche mura della
Berlino vecchia, era una piazza dove confluivano diverse strade, dove arrivava la principale stazione
ferroviaria. Era un luogo anche dove la prostituzione era diffusissima: le cinque donne non sono delle
signore nobili come sembrerebbe, sono delle prostitute che si esibiscono davanti agli automobilisti (si
vedono le ruote delle macchine). Il quadro non vuole essere una celebrazione della prostituzione,
vuole essere un quadro di denuncia. La scelta del verde acido sottolinea l’asprezza, l’acidità
dell’immagine. Le sagome non riconoscibili sono una rappresentazione puramente simbolica, non un
ritratto di prostitute particolari individuabili.

NB tema degli espressionisti tedeschi è la condizione dell’uomo.

Dalla Germania l’Espressionismo si diffonde rapidamente nella vicina Austria, dove si intreccia alla
locale declinazione del Simbolismo secessionista. Rispetto a quello tedesco, l’Espressionismo
austriaco ricerca, sul piano formale, la raffinatezza del segno piuttosto che la violenza cromatica.
Diversi sono anche i temi affrontati: gli artisti austriaci trattano, con una
sensibilità spesso esasperata, temi in cui trovano espressione esperienze
soggettive e interiori.
EGON SCHIELE - Gli Amanti 1918 aveva suscitato molto scandalo
nella Vienna perbenista. La rappresentazione dei corpi nudi degli amanti
su questa specie di letto, di lenzuolo, che sembra il sudario che avvolge i
cadaveri. La tenerezza dell’abbraccio diventa una specie di groviglio di
corpi che galleggiano in questo fondo astratto. La visione tragica è sottolineata da una linea che
definisce i corpi, gli elementi → Schiele seguiva la linea di Klimt, cioè la sua modalità pittorica.

1918 - gli amanti nella tempesta di Oskar Kokoschka pittore russo ma


appartenente alla corrente dell’espressionismo austriaco che si autoritrae
con la donna amata che lo ha abbandonato. La bufera trascina i corpi dei
due amanti, i volti sono però riconoscibili. I personaggi nella visione del
pittore il turbine della passione e dell’amore infranto li avvolge
completamente e li mangia. I colori sono freddi, acidi, le pennellate sono
stratificate, le forme sono definite dai colori non dalle linee.

Sulla linea di una pittura che si riveste sempre più di un significato nuovo, che permetta agli artisti di
entrare profondamente come una lama nel tessuto sociale, emerge un altro artista: Wassily
KANDINSKIJ.
Con la Secessione del 1892, Monaco diviene un luogo di aggregazione di numerosi artisti provenienti
da altri paesi; in particolare, il gruppo di artisti russi che vi risiede si riunisce intorno alla figura di
Vasilij Kandinskij (1866-1944), qui giunto nel 1896 per studiare nell’atelier del simbolista Franz von
Stuck. Inizialmente, le sue opere si muovono tra espliciti riferimenti al Neoimpressionismo, fino al
1909, quando inizia a utilizzare pennellate più ampie e a prenderne le distanze.
Treno che corre 1909 - qua si percepisce già come le forme iniziano ad essere tolte dal quadro, è il
pennello, il colore che evidenzia delle presenze, ma le evoca solo come dei
fantasmi.

Negli anni successivi inizia a proporre un nuovo approccio alla pittura


sostenendo la necessità di liberarsi dalle forme per dare sfogo alla sfera
interiore, attraverso un linguaggio fatto di colori non più organizzati
secondo principi razionali
Fino ad arrivare al ‘’Primo acquerello astratto’’ che lui data nel 1909
(anche se in realtà sembrerebbe essere del ‘12) perchè voleva essere riconosciuto lui il primo a
fondare l’astrattismo. Si tratta del primo testo pittorico totalmente non figurativo dell’arte
occidentale e si presenta come un giocoso scarabocchio infantile, eseguito di getto per rispondere
all’esigenza di fissare sulla carta un impulso creativo, affidando solo ai segni e ai colori il compito di
catturare e trasmettere l’emozione senza descrivere alcunché. L’artista vuole restituire l’impressione
di una ‘’casualità di stesura’’ - bisogna guardare, non è necessario sapere, e questo guardare può
produrre effetti diversi da persona a persona, da cultura a cultura.
è un linguaggio permeato da elementi di musica, matematica, fisica → un tessuto di interrelazioni che
produce diversi effetti sullo spettatore. Deve produrre una reazione dentro allo spettatore.
Kandinskij amava la pittura di Rousseau perchè è primitivo, ingenuo, impersona perfettamente l’idea
di un artista autodidatta che non è condizionato nel suo modo di esprimersi da modelli e da forme del
passato, non è stato educato e quindi è libero e spontaneo come un bambino. Anche Kandinskij vuole
attingere a quelle forme pure di ispirazione che di solito diventando grandi, studiando, si perdono.
Kandinskij crede che tutti gli uomini hanno questa cosa dentro primordiale, che parlano tutti, quindi
lui vuole arrivare lì → in realtà non si può tornare indietro, la mente da adulto si forgia in modo tale
che è impossibile tornare alla libera spontaneità infantile. Se guardiamo con attenzione questo
acquerello astratto in realtà non è così spontaneo → la distribuzione di queste macchie sciolte di
colore seguono una logica che prevede un riempimento quasi simmetrico dello spazio che si ha a
disposizione. La parte centrale è giocata su un movimento circolare e gli angoli vengono riempiti
secondo una logica di simmetria che è il portato della cultura occidentale.
La scelta cromatica: verso il centro ci sono i colori freddi (blu e viola), verso l’esterno i colori caldi,
creando così un effetto centrifuga.
In altre parole, un quadro così un infante non avrebbe potuto farlo. Ma questa sperimentazione di
Kandinskij in qualche modo apre le porte ad un percorso nuovo: il superamento di qualsiasi parametro
strutturale, plastico, tridimensionale.

Kandinskij non dipinge guardando un soggetto, dipinge recuperando nella memoria i ricordi di
immagini, avvenimenti, luoghi, dai quali però toglie qualsiasi connotazione di riconoscibilità. La
pittura del russo è fatta di campiture molto diluite che trattengono i segni delle setole dei pennelli, è
una pittura morbida, abbastanza liquida. I colori freddi e caldi vengono accostati e creano dei nuovi
equilibri.

Il tema ricorrente dei pittori astratti è l’IMMAGINAZIONE. Bisognava fare in pittura come si fa in
musica: creare senza immagini. I segni, i colori, devono muoversi in autonomia, in assoluta libertà.
‘’Lo spirituale nell’arte’’1911 e ‘’Linea punto superficie’’1926 12(da ai colori una valenza simbolica e
spirituale) sono due testi scritti dall’artista.

L’artista era molto amico di un compositore Arnold Schonberg, il quale inventò una musica non
armonica, anti romantica. Il russo ascoltando la sua musica evocava delle immagini senza forma, delle
apparizioni di nebulose cromatiche che non avevano una definizione.
Tornando da un concerto dell’amico Kandinskij vede una luce su una tela, questa luce e le emozioni
che vibravano ancora dentro di lui vedono nell’immagine delle nuove valenze. I quadri che elabora
con queste esperienze hanno un titolo musicale (composizione 3, 4, etc.) dove l’esperienza uditiva si
fonde con l’esperienza visiva creativa.
La relazione tra musica e pittura apre a Kandinskij le porte all’astrazione: abbandonando il soggetto
figurativo, egli non fa che portare a compimento le teorie sull’importanza spirituale del colore, il cui
fine ultimo è affrancare l’artista dalla dipendenza del dato naturale.

IL FUTURISMO - è un'evoluzione di puntinismo francese, espressionismo,


di Previati, e Segantini. Ma dei gruppi precedenti, nessuno ebbe come
riferimento una teoria, una letteratura. Il futurismo italiano si riconosce in un
testo scritto da un letterato-poeta-giornalista che è Filippo Marinetti che
parla di una nuova era, di un nuovo stile che in realtà è un manifesto di vita,
un manifesto letterario, non di esecuzione artistica. Questo manifesto viene redatto nel 1908 e
Marinetti spedisce il testo a una serie di quotidiani italiani nel 1909, gli risponde solo un piccolo
giornale emiliano (La Gazzetta di Modena) che pubblica il manifesto. Marinetti decide di fare un
salto: si reca a Parigi e riesce a far pubblicare il manifesto su Le Figaro.
Sono undici punti, come un manifesto di guerra, prese di posizione che non ammettono discussione.
Il primo punto è una dichiarazione di guerra di carattere letterario. è un manifesto anti borghese.
Coraggio, audacia e ribellione sono elementi essenziali: il termine di riferimento è l’eroe nicciano.
IV.punto il mondo si è arricchito di una bellezza nuova: la bellezza della VELOCITA’ → la velocità
diventa un concetto, un termine, un’idea centrale nella pittura futurista. La velocità verrà intesa come
modernità, energia, spinta in avanti, penetrazione, diventa un mito. La velocità è un'automobile da
corsa, ruggente, che corre sulla mitraglia. L’arte deve essere provocatoria, aggressiva, violenta, è
l’unico modo per scuotere una società molle.

UMBERTO BOCCIONI (1882-1916)


Nel 1910 il giovane Umberto Boccioni scrive e pubblica il Manifesto della Pittura Futurista firmato
anche tra i quali Carrà, Balla, Severini (seguiranno fino agli anni ‘30 una trentina di manifesti turisti:
della scultura, della ceramica, della cucina etc.).
La città che sale 1910-1911 - è la città contemporanea, la metropoli, i futuristi si occupano solo di
fenomeni contemporanei. Si intuiscono due cavalli imbizzarriti che non riescono ad essere trattenuti
da degli uomini, sul fondo si intravede un edificio in costruzione e una ciminiera che fuma. L’episodio
che Boccioni racconta è banale, un incidente di cantiere, ma diventa un espediente per proporre la
rappresentazione pittorica del tema della velocità, dell’azione di movimento, della compenetrazione
dei corpi. I cavalli, gli uomini, si stanno come smontando, smaterializzando, davanti agli occhi dello
spettatore. La pittura è uno sviluppo dell’arte divisionista, la pittura si evolve verso segmenti più

12
Mentre nel saggio del 1911 egli analizzava l’elemento cromatico come sorgente della creazione spirituale
dell’opera d’arte, nel testo del 1926 individua nel punto e nella linea i due elementi geometrici che costituiscono
le origini della forma pittorica.
ritmici al punto tale che il cavallo centrale non solo assume un colore antinaturalistico (rosso=energia,
esplosione, forza incontrollabile), ma è completamente smaterializzato, è un
effetto visivo vorticoso.

Il tram entra nelle case (1911-12) - opera che rappresenta la compenetrazione


degli spazi. La madre di Boccioni è affacciata al balcone e guarda le strade,
intorno a lei la città sembra di collassare su di lei, le persone, le bancarelle, il
tram, passano tutti attraverso la madre di Boccioni. L’artista vuole fissare una
simultaneità di visioni e di compenetrazioni portando nella tela la visione
temporale, il trascorrere di un avvenimento.

Rappresentazione di una bottiglia appoggiata ad un tavolo 1912 - il mondo è in


movimento e tutto si compenetra e si trasforma in continuazione. La bottiglia non
viene rappresentata ‘’ferma’’, viene rappresentata nella sua continua trasformazione,
nel suo moto centrifugo insieme al mondo, come se ruotasse attorno al proprio asse e
mentre ruota si apre e si scioglie nel movimento rotatorio dell’universo.

Forme uniche nella continuità dello spazio 1913 - la forma è rappresentata nella
continuità dello spazio, nel suo continuo movimento inarrestabile13. La figura
sembra avere delle fiamme che escono dalla materia, il corpo sembra sciogliersi
davanti all’energia che deve contrastare, il corpo ha perso braccia e testa.
L’artista vuole restituirci la trasformazione continua della materia attraversata
dallo spazio e che a sua volta attraversa lo spazio, in continua compenetrazione.

Il movimento è l’elemento che caratterizza tutta la ricerca degli artisti futuristi, espresso tramite la
teorizzazione della simultaneità: rifacendosi alle teorie di Henri Bergson sul tempo e sulla
memoria, Boccioni infatti concepisce il soggetto come sintesi tra il ricordo, la visione e l’azione,
rappresentando simultaneamente differenti punti di vista e momenti di una medesima scena.

Nel 1911 Boccioni inizia il ciclo di trittici dedicato agli Stati d’animo, analisi della sfera emotiva
dell’uomo e testimonianza dell’interesse del pittore per le ricerche cubiste sui volumi e sulla
scomposizione delle superfici - Stati d’animo Gli Addii (1) // Stati d’animo. Quelli che partono (2) //
Stati d’animo. Quelli che restano (3)

.
Gli addii presentano una pittura materica, dalle linee orientate obliquamente con una forma ovoidale
al centro evocante la sagoma di una locomotiva; a sinistra si intravedono due figure. In Quelli che
vanno, le case, la città sembrano volare via davanti agli occhi del passeggero seduto nel vagone
mentre il treno è da poco partito dalla stazione: linee oblique blu, viola, azzurre imprimono alla
visione un’accelerazione dinamica. Infine, in Quelli che restano, dominano i colori freddi, i blu e i
verdi: sagome appena riconoscibili si muovono da sinistra verso destra, mentre una pioggia
inarrestabile di filamenti verdi sembra sommergerle completamente.

13
v. Rodin uomo nudo che cammina
GIACOMO BALLA (1871-1958).
La mano del violinista (1912) - l’attenzione si concentra sull’azione della mano del musicista e il
movimento dell’archetto, dando vita ad un ritmo sincopato.

Ragazza che corre sul balcone 1912 - è la figlia maggiore di Balla che corre sul balcone inseguendo
una palla. è un fotogramma del quotidiano, il padre ricostruisce nel quadro non solo il movimento
della figlia da sx a dx, ma ci sono anche degli elementi orizzontali e verticali che compenetrano la
bambina, sono corpi che si compenetrano gli uni negli altri.

Dal 1912 Balla firma le sue opere e si fa chiamare Futurballa. Famosi sono anche i suoi quadri sulle
macchine.

CARLO CARRA’
Nel gruppo futurista milanese Carlo Carrà (1881-1966) è il più vicino alla poetica di Boccioni. Nel
1911 realizza il suo primo dipinto compiutamente futurista, I funerali dell’anarchico Galli, episodio al
quale l’artista era stato presente e durante il quale la polizia aveva caricato violentemente la folla. Lo
spazio è interamente occupato da colori cupi e violenti e figure umane estremamente sintetizzate; il
centro della composizione è segnalato dal feretro intorno al quale la folla, agitata e scomposta, si
muove secondo differenti direttrici, accompagnata dal movimento delle bandiere che fendono l’aria.

GINO SEVERINI (1883-1966), trasferitosi nei primi anni del secolo a Parigi, è l’artista del gruppo
più vicino alle ricerche dei puntinisti. La sua pittura è costruita attraverso la frammentazione del
colore e della forma, riuniti dall’armonia dell’insieme compositivo. Il soggetto della danza e delle
ballerine mette in evidenza la scomposizione della luce e il frazionamento delle linee sintetizzate in
allegri e gioiosi vortici di colori puri. Lo studio sul movimento e sulla velocità porta Severini a
privilegiare intensità e irradiazioni luminose in una scintillante astrazione cromatica.

L’ENTRATA NEL PRIMO CONFLITTO MONDIALE

DADAISMO E DUCHAMP
Scoppiata la guerra nel 1914, i movimenti d’avanguardia si arrestano, muoiono molti artisti (in guerra
o per la spagnola). C’è un posto fuori dai conflitti: la Svizzera, dove si rifugiano degli artisti
giovanissimi provenienti da diverse parti d’Europa, i quali nel 1916 fondano in un caffè a Zurigo14
l’ultimo movimento delle avanguardie storiche: sono i dadaisti.
Scelta del nome → il nome non significa nulla, non lo spiegano mai, sembra una suono onomatopeico
legato all’infanzia, ai versi dei bambini. La parola non ha nessun significato in sè, ma proprio per
questo ha un suo perchè: la scelta del suffisso indica che l’arte è morta: il verso primordiale è la tomba
dell’arte del passato e la via dell’arte nuova.

DADAISMO: 5 Febbraio 1916 Zurigo (Svizzera) - 1921 (quando quegli artisti prende ognuno la
propria strada).
In questi 5 anni il Dadaismo elabora tutta una serie di linguaggi, idee, contenuti, totalmente
rivoluzionari.

14
Cabaret Voltaire
Cabaret Voltaire (omaggio al grande filosofo illuminista: nel pieno del furore della guerra citare un
padre dell'illuminismo significava dare un segno contrario alla guerra stessa). Cabaret Voltaire
prevede esposizioni diverse: teatrali, poetiche, pittoriche, che hanno chiaramente segnali di polemica
nei confronti in particolare della cultura e dell’arte borghese. Le modalità espressive sono originali,
nuove, sarcastiche.
Ad esempio l’uso di parole incomprensibili o parole inventate, combinazioni di parole, l’uso della
poetica dei rumori (della strada, delle macchine, a sostituzione degli strumenti musicali). Altra
caratteristica è l’uso della tecnica del collage che combina elementi dei giornali contemporanei
combinati su una tela in modo da creare nuovi significati. L’uso della tela con l’inserimento di
elementi estranei per superare la classica tecnica pittorica.
Il dadaismo prosegue in realtà quello che già i futuristi avevano messo in campo con momenti di
incontro con il pubblico in cui il movimento metteva in scena delle serate di recitazione, musica, etc.
1. ribaltamento del valore semantico delle immagini e del parole
2. nonsense: l’opera è slegata dalla riconoscibilità
3. performance = combinazione di parole, opere, luci, danze, etc cioè l’idea di un’opera
d’arte totalizzante
I dadaisti ironizzano sulla loro stessa denominazione e ironizzano sulla necessità di cercare di dare
sempre un ordine razionale a qualsiasi cosa.

La rivista Cabaret Voltaire diventa la rivista annuale dei dadaisti. Nel 1916 emergono quali sono i
caratteri comuni del gruppo: l’ironia, il gioco (che serve a ribaltare le relazioni), l’interesse per un
linguaggio anche insensato, la provocazione (l’obiettivo di mettere lo spettatore in difficoltà per far
scattare nella mente una riflessione).
Dal punto di vista politico, il dadaismo incarna lo spirito anarchico che si era venuto configurando sul
finire dell’Ottocento. I dadaisti sono lontani dalle utopie socialiste e ancor più lontano dai
nazionalismi.
La morte dell’arte → quello che i dadaisti fanno è qualcosa che uccide tutto quello fatto fino a quel
momento, e cercano di creare un evento e poi sparire.

Nel luglio del 1916 i dadaisti organizzano la prima serata dadaista in cui verrà letto il manifesto dada
e Hugo Ball reciterà una poesia da lui scritta costituita da parole onomatopeiche senza significato, il
tutto indossando un costume teatrale che gli impediva qualsiasi movimento come una camicia di
forza.

HAUSMANN Fotomontaggio - la composizione che propone è costituita da un collage di elementi


ritagliati dalla stampa, dalle riviste. L’opera ricrea quasi l’interno di una mostra fatta di oggetti che
non hanno senso tra di loro, combinazioni nonsense. Dada è il caos, la combinazione
casuale, ma soprattutto è un atteggiamento mentale (per questo la scritta dada anche
nella testa umana).
La combinazione macchina da scrivere - scarpa non hanno nulla a che fare l’uno con
l’altro → queste combinazioni verranno riprese anche dal surrealismo, Breton dirà che
l’arte surrealista combina cose diverse e inaspettate, attinge alla profondità della psiche
dell’artista. ‘’La bellezza assoluta surrealista consiste nell’incontro sul tavolo operatorio di un
ombrello e di una macchina da cucire’’ → il tavolo operatorio è la mente dell’artista, dove si
compongono le forme /ombrello, simbolo fallico, legato al mondo mascile / macchina da scrivere
legata al mondo femminile = la loro unione da vita ad un ermafrodita, all’androginia tipica del
surrealismo. Il superamento dei generi deve essere abbattuta.
L’opera d’arte dadaista è la sintesi dei due generi, la creazione di un nuovo genere.
Questo è il motivo per cui Duchamp si fece spesso fotografare vestito da donna e firmò anche qualche
opera Rose C’est la Vie.

I dadaisti che formazione precedente hanno?


Ad esempio MARCEL DUCHAMP
1913-14 Nudo che scende le scale - è un autoritratto di Duchamp che rende le sue forme dal cubismo
analitico di Braque e di Picasso. I volumi geometrici sono volutamente accentuati dando al suo corpo
la forma di una macchina industriale meccanica. Questo corpo antropomorfo si muove scendendo le
scale, moltiplicandosi nello spazio. Duchamp fonde elementi del cubismo con elementi del futurismo
creando una compenetrazione tra corpo e spazio. Nudo che scende le scale è in realtà autoritratto.
Quello che lo spettatore vede è un corpo di cui si percepisce poco: le braccia, le gambe, ma è evidente
che questo nudo è stato volutamente ridotto a delle forme geometriche basate sui solidi (un nudo
cubista). La figura compie un movimento ritmico, quasi come un robot, che scende velocemente le
scale (come nei futuristi). Duchamp fonde cubismo e futurismo. Questo dipinto fu inizialmente
subissato da critiche molto forti.
Questa situazione cubo-futurista di Duchamp dura pochissimo perchè dal 1916 entra nel gruppo Dada.

Con il nuovo Duchamp spariscono gli spazi e le immagini, le sue opere saranno fatte di altro.

FRANCIS PICABIA - come Duchamp comincia a trasformare i suoi soggetti dipinti: non
più rielaborazioni relativi comunque al rapporto uomo-spazio, ma il suo tema diventerà la
macchina industriale.
Nella contemporaneità dell’epoca, nell’evidente disumanizzazione dei rapporti sociali, le
macchine sostituiscono il genere umano iniziando ad avere una loro poesia. L’uomo non è
più al centro dell’universo: è la macchina.

Duchamp Macinino da caffè - Questo è un macinino meccanico che


macina i semi di cacao e produce la cioccolata. è la trasformazione della
natura attraverso i processi alchemici15 (di cui Duchamp è affascinato). è lo stesso
ragionamento della combinazione dei due generi che creano un terzo genere. La
macchina del cioccolato è in una forma simbolica la macchina dell’alchimista.

1920 Duchamp La sposa messa a nudo dai suoi celebranti - chi è la sposa? chi è la Marie? è la natura,
l’essenza della vita. I suoi pretendenti sono gli alchimisti i quali prendono i materiali della natura e
attraverso gli alambicchi arrivano alla soluzione finale, la terza materia inesistente in natura.

1913 RUOTA DI BICICLETTA - Duchamp sta lavorando sul tema delle macchine, degli ingranaggi,
su forme non antropomorfe per elaborare nuovi concetti. Molta arte del Novecento, e ancora oggi in
parte, utilizza ancora questa tecnica del READY MADE = l’artista sceglie un oggetto già fatto, un
oggetto che già esiste, che è nato per tutt’altro scopo e che l’artista combina in un modo nuovo
‘’risemantizzandolo’’, è l’applicazione del pensiero di André Breton (che farà negli anni successivi).
Duchamp fa un’operazione ambigua: intitola l’opera con quello che lo spettatore vede. MA quella non
è più una ruota di bicicletta, quella era una ruota di bicicletta, ora è un’altra cosa, quindi il titolo è un

15
gli alchimisti avevano la credenza, con le loro formule, di cercare la pietra filosofale che avrebbe trasformato
in oro qualsiasi metallo.
inganno. Duchamp mette insieme due mondi: la ruota e lo sgabello e crea un nuovo valore semantico.
In questo terzo elemento Duchamp inserisce una quarta dimensione: il movimento, l’elemento
temporale perchè la ruota se la si tocca si muove. Questa diventa così un idolo, un’immagine sacra. Lo
spettatore davanti a un’opera simile non può più essere passivo, è richiesta una sua partecipazione:
Duchamp vuole far ragionare lo spettatore, smuoverlo verso un’altra
visione del mondo.

Scolabottiglie il Riccio 1914 - Duchamp lo appende ad un soffitto in modo


che rifletta l’ombra su una parete. Anche qui lo scolabottiglie non è più
uno scolabottiglie perchè non serve più allo scopo per cui è nato; ora la sua
ombra sulla parete ci restituisce il corpo sintetico, cubista, di un riccio. Ha acquistato un altro
significato.

Ruota di bicicletta 1913 - tautologia: ti dico quello che vedo (viene usata spesso per intitolare le
opere dadaiste). Duchamp da il via a quello che per tutto il secolo Novecento fino ad oggi perdura:
l’opera d’arte concettuale → è un’opera che dichiara per sua stessa natura, per come è fatta, il fatto
che l’oggetto in sé non ha alcun valore. Quello che ha valore è l’idea data dall’osservazione di
quell’oggetto. L’oggetto di per sé potrebbe anche non avere nessun valore, può essere riproducibile
infinite volte. Il valore di quest’opera allora non è nell’oggetto, ma nel concetto.
Questo è un punto di non ritorno per l’arte, non si torna più indietro.

I dadaisti dichiarano che l’arte non esiste: L’ARTE E’ MORTA. Siamo nel 1916: l’Europa sta
affondando in uno dei più terribili conflitti che il mondo abbia mai vissuto.
I dadaisti inventano dei modi di esprimersi nuovi: ad esempio le prime opere d’arte totali dove gli
artisti compiono delle azioni in uno spazio, delle performance insomma. Oppure inventano la tecnica
frottage: prendere degli oggetti e appoggiarli su un tavolo, metterci un foglio e passare sopra con una
matita: rimane l'impronta dell’oggetto, è la pura fantasia dell’oggetto.
La scrittura automatica: prendere un foglio di carta, scrivere una parola, piegare il foglio e passarlo ad
un compagno che scrive a sua volta, e così via. Alla fine si srotola il foglio e si legge quello scritto.

Mai fermarsi alla prima impressione, andare sempre oltre. L’opera deve portare lo spettatore a farsi
delle domande. L’approccio non è più naturalistico, c’è stato un cambio di ragionamento.

Fuori dalle avanguardie (negli stessi anni): Chagall, Modigliani.

RITORNO ALL’ORDINE
L’idea occidentale di arte come mimesis della realtà era stata soppressa dalle avanguardie di inizio
Novecento. Fin dal 1916 questo ‘’ritorno’’ si era manifestato quando Picasso aveva cominciato a
produrre opere ispirate a Ingres e all’antica (Ritratto di Olga). Il richiamo all’ordine non era dunque
una conseguenza della guerra, non era il ritorno nostalgico e passivo ai valori del passato, bensì
l’espressione, dopo il decennio frenetico delle avanguartie, del bisogno di fondare l’arte su altre basi.
Il realismo magico è il tentativo di dare una risposta all’esigenza di decodificazione dei segni così
come gli oggetti quotidiani, i fiori, le piante, il volto umano, l’uomo nelle espressioni delle sue
occupazioni più consuete.
Magico - etimologicamente è la ‘’mageia’’, tutto ciò che si rifà al sapere segreto posseduto dai maghi.
Il realismo magico fa appello a facoltà segrete pratiche arcaiche, il realismo magico è in grado di
esercitare un incantesimo. Le apparenze del mondo sono i segni manifesti dei rapporti segreti che la
psychè intrattiene con le configurazioni del mondo visibile: bisogna dunque riprodurre con la
massima precisione l’aspetto del vicibile, il suo colore, la sua forma, la sua strttura, tutto ciò attraverso
cui comunica con i nostri sensi. Riveste il mondo di un’oggettività portatrice di un significato
nascosto che le leggi della pittura permettono di osservare e interpretare.
Lo specchio diventa il tema per eccellenza delle composizioni del realismo magico. Questa pittura che
rifletteva così perfettamente la realtà del mondo fino a rendere irreale il riflesso leggero e immateriale
nell’acqua dello specchio.
Il realismo recuperato nel 1915 da Picasso, de Chirico e Carrà non è affatto un ritorno a un’estetica
reazionario e conservatrice, è invece l’inizio di una interpretazione nuova della realtà che va ben oltre
la sua esteriore immagine fenomenica. Carrà e de Chirico non descrivevano in alcun modo la realtà
realmente esistente, ma prolungavano la realtà nella fantasia e a questo mondo della fantasia e del
sogno si riferivano come se fosse realtà. Le immagini della pittura metafisica sono ritratti, sono
realistiche rappresentazioni di sogni.
1909-1914 - ci sono dei segnali di sensibilità diversa da quella portata avanti dalle avanguardie più
radicali. Questi artisti cercano di dare una nuova interpretazione a certi modelli del passato, come una
chiave per aprire una nuova lettura del contemporaneo.
NB Cezanne sta al cubismo come de Chirico sta al realismo magico.

GIORGIO DE CHIRICO (1888-1978) E LA METAFISICA


L’autore della c.d. temperie metafisica. è una visione metafisica del reale. De Chirico era figlio di
italiani ma nato su un’isola greca a causa del lavoro del padre. Torna in Italia poi vive anche a
Monaco di Baviera, a Parigi, a Ferrara e a Roma fino alla sua morte.
Metafisica - termine di origine greca = oltre la natura. Il tema principale della metafisica è il ricordo.

De Chirico negli anni a Monaco si imbeve di temi della poetica dei simbolisti tedeschi, di immagini
dalla forte valenza naturalistica ma che nascondono sempre un messaggio simbolico, un significato
altro rispetto a quello che si vede.

Enigma di un pomeriggio d’autunno 1910 - è il tentativo di creare


un’immagine che non esiste nella realtà, un’immagine che assomiglia ad un
posto reale ma che in realtà è un'invenzione della mente. De Chirico ci da
l’impressione di guardare un paesaggio urbano, reale, ma ci sono degli
elementi che egli inserisce per contraddire questa realtà. La statua sembra un monumento con la
fontana, una coppia di persone, l’edificio classico (con il timpano le colonne i capitelli), una parete di
mattoni e una vela di una barca → ogni elemento è riconoscibile. Ma cosa si sta guardando realmente?
Sembrano tutti ‘’pezzi di cose’’ messi lì insieme.
Poi il titolo: enigma… si capisce che c’è qualcosa di misterioso. di un pomeriggio d’autunno...è una
frase poetica, che spiega il tipo di ombre. Le ombre sono precise nello spazio, sono ombre lunghe di
un tramonto autunnale. Dentro questa realtà fittizia, de Chirico inserisce degli elementi che fanno
nascere il dubbio: per esempio il fatto che questi edifici che sembrano templi classici sono privi di
profondità, sembrano quinte teatrali, non hanno neppure delle porte, hanno delle tende. Poi c’è
l’apparizione improvvisa di una vela di una nave, una vela gonfia, ma perchè la vela è gonfia se tutto
appare immobile in questa immagine. Le persone sono vestite all’antica, con una sorta di toga, con
una posizione che sembra la malinconia di Durer.
L’enigma del titolo è questo: cosa si nasconde dietro questa fittizia realtà che il pittore dipinge con
maestria. Tutto è perfettamente comprensibile, perfettamente disegnato, ma non c’è niente che vada
bene, è tutto enigmatico. Il mistero non è risolvibile, non si può sciogliere, è il mistero dell’esistenza,
ciò che crediamo di comprendere è in realtà del tutto incomprensibile.
Questa immagine emerge dell’inquietudine che non si riesce a spiegare: è il male di vivere.

Gli artisti surrealisti vedono nelle opere del pittore l’attuazione della poetica dell’inconscio e la resa
iconografica del significato oltre le forme del reale; tuttavia il sodalizio tra i surrealisti e de Chirico si
conclude piuttosto bruscamente nel 1926, quando il gruppo rifiuta la nuova evoluzione della ricerca
pittorica dell’artista, indirizzata verso il recupero delle forme ispirate alla pittura seicentesca di
Poussin e al realismo ottocentesco di Courbet.

I REALISMI - fenomeno europeo nel corso del Secondo Ottocento/Prima metà del Novecento. è un
lato dell’arte europea che non segue strettamente le avanguardie ma sceglie una strada alternativa a
questi ultimi.
1909 FELICE CASORATI Le Ereditiere - il dipinto ci fa capire come si sta
muovendo la pittura di questi giovani artisti italiani Secessionisti.
Qui il tema è il ritratto che sembra quasi rispettare le richieste dei canoni accademici: il
ritratto significa che una persona è in posa, seduta o in piedi, che guarda dritto davanti
a sé, con un telo alle spalle. Casorati però fa un'ulteriore operazione: sceglie un
momento antiretorico: i personaggi sono presi in realtà in un momento di relax, non in
posa ufficiale. La più giovane è totalmente accasciata su se stessa, in una posizione di
abbandono; la più adulta guarda insolente, infastidita da chi la sta guardando. Queste ragazze non
sono abbellite, quello che descrive Casorati è il vero, un reale non grandioso, non eroico,
è la banalità del quotidiano con i suoi difetti.

1911-12 Il sogno del Melograno - Nel 1910 alla biennale di venezia Casorati vede le
opere di Klimt. Una figura femminile addormentata come una specie di ninfa moderna
sotto una vite, in un paesaggio dalla luminosità squillante, dove ogni elemento sembra
incastonato come una pietra preziosa. Anche qui, come Klimt, emerge però il dettaglio
realistico: i piedi, il volto, il braccio.

1912 Le Signorine - anticipa il realismo magico che Casorati svilupperà


negli anni ‘20. Sono quattro donne che si trovano su un basamento che
sembra una tavola di legno, un tessuto, un punto di appoggio ambiguo e
pieno di oggetti. Alle loro spalle compare un grande abete ma solo a metà
del suo tronco, le radici devono essere più in basso, come se le donne
fossero su una piattaforma rialzata. Ogni donna ha una posizione, un vestito,
un sentimento diverso. Dolores, a sx, è vestita di nero in abito da zitella, da
lutto, con un’espressione di dolore. Vicino a lei la donna vestita di lilla
(Violante) tiene in mano un oggetto e guarda la donna nuda (è la rappresentazione dell’invidia). A dx
la donna vestita in rosso è contenta. Sono tutte allegorie di carattere. La signorina nuda (Bianca), con
un’anatomia da corpo acerbo, è la nuda verità. Il vero che sta tra gli atteggiamenti del dolore,
dell’invidia, della felicità. Gli oggetti in primo piano sono resi in modo molto realistico. Sotto ai piedi
di Bianca c’è uno specchio che riflette il retro della figura nudo (i richiami sono al dipinto di Klimt
della nuda verità).

1912 La ragazza sul tappeto rosso - tutti frammenti di realtà incastonati nel tappeto rosso che occupa
tutto lo spazio. Unico riferimento al dato di una spazio è la proiezione di luce della finestra.
Questo ritorno ad una raffigurazione realistica appartiene anche ad altri artisti:
-André Derain ritorna ad una forma di raffigurazione di tipo realistico (dopo la
guerra le avanguardie vengono appunto lasciate anche dagli stessi avanguardisti). Le
forme risentono comunque dell’esperienza passata cubista, si sente una volontà
schematizzante, ma è stato ripreso l’aspetto della natura, nel senso che si tornano a
riconoscere i soggetti.
-1916 Picasso dipinto sua moglie in maniera realistica. Il linguaggio delle
avanguardie si è esaurito, non produce più nulla di nuovo.

-1916 Gino Severini La Maternità - ex futurista. Sembra voler allontanarsi dal


Manifesto dei futuristi, Severini cerca di fare questa operazione: sta cercando di
trovare una strada italiana al cubismo (è egli stesso che lo scrive) per andare in
profondità nel reale. In questo trova appoggio nei grandi maestri dell’arte italiano
del Trecento (Piero della Francesca, Masaccio, Giotto): una pittura che racconta la
realtà ma in forme sintetiche, non naturalistiche ma legate al reale.

LEZIONE 22
RITORNO ALL’ORDINE (POST-AVANGUARDIE E CONFLITTO MONDIALE)
Negli anni compresi tra il 1915 e il 1918 alla distruzione della tradizione figurativa e all’estremo
sperimentalismo delle prime Avanguardie si sostituisce una diffusa volontà di recuperare un ordine
espressivo, metafora del desiderio di pace e di quiete di cui l’Europa è drammaticamente priva. Tale
orientamento si traduce in una diffusa tendenza definita “ritorno all’ordine”, che nella fase compresa
tra la seconda metà degli anni dieci e i primi anni venti esprime la necessità di un recupero delle
pratiche artistiche della tradizione locale, sia nei contenuti sia nelle forme.
La definizione “ritorno all’ordine” non identifica perciò una scuola o un movimento, ma un
orientamento di stile e di gusto comune a tutta l’Europa, che nella cultura e nell’arte successiva al
1915 rivendica la necessità di un ordine e di un rigore formali, rifiutati dalle Avanguardie di inizio
secolo
NB non significa un ritorno malinconico e nostalgico al passato della tradizione accademica.
L’appello all’ordine non è un grido di dolore, è un richiamo agli artisti di farsi coraggio, di fare
gruppo e di affrontare il problema che l’arte contemporanea ha bisogno di una nuova struttura:
l’Europa uscita dalla guerra non è l’Europa prima della guerra.
Prende ad esempio il pittore del cubismo: Picasso. Quest’ultimo aveva mostrato, proprio nel pieno
della crisi delle avanguardie, dei cambiamenti che andavano verso una nuova strada.

Picasso - Sipario per parade - è un Picasso post cubista. Nel 1917 la


magia del teatro è pienamente accolta dall’artista, la realtà del teatro
entra prepotentemente e non vediamo più i tratti cubisti che
annullavano le forme. Dentro ci sono dei personaggi dipinti non come
delle macchine, delle forme, ma sono figure prese dal reale che però
non sono dipinte con i canoni classici, sono quasi delle figure
allegoriche (e qui sta la magia del teatro). Un mondo delle stelle dietro
al quale c’è Pegaso, il cavallo alato nato dal sangue versato da Medusa, rappresentazione della
poesia16. A fianco un piccolo cavallo si nutre dalle mammelle del Pegaso alato, sopra una figura

16
secondo il mito con un colpo di zoccoli dal Parnaso fece nascere la fonte da cui si abbeverano i poeti.
femminile alata che sembra attaccarsi ad una scala che va verso un cielo su cui si arrampica una
scimmia. Sul lato dx c’è una visione invece popolare: rovine antiche con davanti un gruppo di artisti
intorno ad una tavola imbandita che fanno festa. I personaggi sono membri della commedia italiana
(ad es. c’è Arlecchino), c’è anche lo stesso Picasso che si autoritrae nel pittore.
Picasso nel 1917 espone il suo modo di vedere la pittura secondo dei parametri di una realtà che non
ha nulla di naturalistico ma si è allontanata mille miglia dalle sperimentazioni cubiste.

Negli stessi anni Picasso avvia anche un dipinto mai portato a compimento ‘’Il pittore e la modella’’ -
Picasso medita e ammira la sua modella. Il nudo della modella (Olga) non è un nudo classico, non è
un nudo realistico, ma non è neppure il nudo delle Demoiselle d’Avignon di dieci anni prima, segue
quindi una logica realistica e non più una logica di scomposizione e ricomposizione. Picasso è tornato
a dipingere secondo modalità che lo legano alla tradizione della pittura occidentale.

C’è un quadro però che sancisce una nuova classicità della pittura picassiana che
rivela tutto il debito dell'esperienza cubista: Tre donne alla fonte 1921 - sono
delle donne arcaiche, come fossero delle statue arcaiche che avessero ripreso
vita. C’è il filtro della sua esperienza cubista
Le tre figure occupano completamente la tela sia in altezza che in larghezza. I
corpi sono dei volumi essenziali, non sono naturalistici, sono dei volumi (e in
questo ritorno del cubismo). La forma dei corpi è essenziale ma reale, non
portata a delle forme di geometria pura.
I modelli classici sono rivisitati alla luce di un linguaggio essenziale.

Donna sulla riva del mare con otre d’acqua - riprende l’iconografia delle statue fluviali, allegorie di
una sorgente d’acqua. Il paesaggio marino ridotto all’essenzialità delle forme rimanda alla pittura di
Chavan.

A questa nuova visione è vicina la pittura di Giorgio de Chirico, che dal 1919 parla di ritorno al
mestiere nelle pagine della rivista “Valori Plastici”, e del pittore Gino Severini che, abbandonate le
ricerche futuriste, fin dal 1916 esegue alcuni dei più importanti dipinti della fase del rappel à l’ordre.
NB È importante notare come la Metafisica, in fondo, fosse sin dalle sue origini portatrice di alcuni
elementi caratterizzanti il “ritorno all’ordine” sia a livello iconografico (con l’evidente riferimento a
temi della classicità greco-romana) sia a livello di tecnica pittorica (con il recupero di molte ricette
medievali e rinascimentali di preparazione del colore).

De Chirico - 1920 Il congedo degli Argonauti - tema legato al mito classico. Il vecchio steso a terra è
l’indovino Tiresia. Gli elementi della storia ci sono ma sono ricomposti in una situazione che non ha
nulla a che fare con gli argonauti. è una piazza di un paese d’Italia, i corpi sono reali, ma avulsi da
qualsiasi contesto narrativo. Gli edifici non sono edifici antichi di una grecia arcaica, sembrano delle
quinte teatrali. Sembra esserci dell’aria suggerita dalla bandiera e dal tessuto, ma null’altro sembra
muoversi. è una visione ambigua.

La villa romana 1920 - De Chirico sembra ricostruire mentalmente un paesaggio urbano con delle
architetture antiche. Le strutture architettoniche hanno un rigore geometrico che sembra rimandare
agli edifici antichi del Palladio, ma tutto questo è combinato con persone vestite in abiti
contemporanei che interagiscono nel dipinto. Il tutto sembra schiacciato da una gigantesca rupe,
sembra un mostro marino, ha delle forme quasi organiche. Su una nuvola appare una divinità antica
ma che dietro di essa tira un aquilone. è la combinazione di elementi che non sono pertinenti alla
stessa epoca o ambienti, ma sono ricombinazioni della memoria.

Uno dei temi di questo ritorno all’ordine è il tema della maschera, cioè l’alter ego dell’essere umano.
JUAN GRIS - giovane catalano che ha lavorato da Picasso prima della guerra
1924 Pierrot che legge un libro - Pierrot è la maschera che non ha una sua tipizzazione, è un volto
bianco, è la morte, un fantasma, i suoi colori sono il bianco e il nero, la sua espressione è malinconica.
Qui Pierrot con la sua espressione malinconica consulta un libro come per cercare il senso della vita.

Questo è un tema che era stato affrontato in pieno illuminismo da Watteau (v. 1720 Pierrot di Watteau)
- un attore della commedia francese vestito da Pierrot con la maschera tirata indietro: è l’attore che
esce per un momento dai panni della recitazione e immobile rivela la sua parte umana ma anche la sua
assoluta malinconia e indifferenza rispetto a tutto ciò che gli accade intorno. Da alcune radiografie
emerge che il pittore aveva previsto anche la presenza di un piccolo demone alle spalle dell’attore.

Picasso - anni ‘20 serie di Arlecchini. L’espressione del bambino, la posizione delle mani, è una
immobilità che riprende il Pierrot di Watteau.

Severini riprende gli stessi argomenti 1924-25 Famiglia del povero Pulcinella - allegoria di una
famiglia contemporanea in chiave teatrale dove i personaggi impersonano la commedia dell’arte
italiana (Pulcinella è il corrispettivo del Pierrot francese). Arlecchino è un'altra immagine della morte
perchè il suo vestito è fatto dai frammenti dei morti. La storia è una storia legata alla realtà siciliana
italiana (si v. i vestiti regionali della donna), ma vestiti con i costumi della commedia dell’arte.

CARLO CARRA’
1919 Le figlie di Loth di Carlo Carrà - di nuovo qui troviamo una storia portata sulla tela secondo
delle modalità ambigue, cioè che non corrispondono alla nostra aspettativa rispetto al titolo che il
lettore legge. Vediamo due donne, una vestita all’antica che esce dalla casa, un’altra vestita all’antica
che fa la viandante, al centro un cane che sembra riconoscere la viandante. Il paesaggio è desertico
dove compare un elemento classico a dx (un basamento con sopra una pigna), un paesaggio desertico
e una struttura architettonica sul fondo di un edificio arcaico.
Loth è il fratello di Abramo che vive nella città di Sodoma (città del peccato) che Dio decide di
distruggerla, ma dentro quella comunità c’è un unico personaggio che ha mantenuto l’amore per Dio,
Loth, Dio manda un angelo sotto le vesti di un viandante che convince Loth a salvarsi abbandonando
la città accompagnato dalla moglie e dalle giovani figlie. Loro devono fuggire da Sodoma senza mai
voltarsi a guardare, altrimenti sarebbero trasformati in statue di sale.
La famiglia parte ma quando sono poco distanti sentono le urla della città che sta venendo distrutta,
Loth tiene la testa delle figlie, ma la moglie non ce la fa e diventa una statua di sale. Loth dopo questo
episodio viene ubriacato dalle figlie che giacciono con lui per non far interrompere la loro genealogia.
Carrà racconta quello che sembra un episodio a posteriori: sembra una delle figlie che ritorna da una
delle sorelle. A Carrà non importa di raccontare l’evento biblico, a lui interessa di usare uno stile
arcaico, primitivo, ispirandosi a Giotto (semplificazione delle linee, prospettiva precedente al
rinascimento).
L’arcaismo diventa il linguaggio, Giotto il modello, in una chiave moderna, mai naturalistica, bensì
come in un piano sospeso. Carrà dimostra di padroneggiare il nuovo linguaggio basato sul recupero
della tradizione pittorica italiana e sulla rilettura della figurazione in chiave plastica, evidenziando i
caratteri innovativi di questa tendenza: l’atmosfera è infatti immobile, sospesa, e il tema biblico
diviene un modo per descrivere la difficoltà dell’uomo contemporaneo a superare il profondo trauma
della guerra appena conclusa.
Da questa idea parte il realismo magico italiano.

Pino sul mare (1921) di Carlo Carrà, nel quale l’artista sintetizza la propria elaborazione di una “terza
via”, tra il Cubismo di Braque e Picasso e la Metafisica di de Chirico, come già aveva scritto nel
1916: “In questo momento che ogni azione artistica è annientata io lavoro calmamente a costruire e a
rivedere forme [...] Non ho più pregiudizi di sorta. Faccio ritorno a forme primitive, concrete, mi
sento un Giotto dei miei tempi”.

ACHILLE FUNI La Terra 1921 - Riprende uno schema rinascimentale, donna in posizione delle
antiche statue offerenti, gli elementi fisionomici sono realistici. Lei è come la terra che regge un
vassoio in metallo ricolmo dei frutti della terra retratti in modo iperrealistico. La natura morta rimanda
a Cézanne, la brocca di ceramica bianca, ma il piano del tavolo è ribaltato in avanti non con una
prospettiva realistica: ancora elementi realistici con elementi che non lo sono per niente.
C’è mistero, il mistero che soggiace sotto il velo di ciò che noi crediamo essere la realtà, la metafisica.

La maternità 1921 - Funi ambisce ad unire il modello iconografico tradizionale


della Madonna con il bambino con la pittura veneta quattrocentesca. Funi sta
facendo una ricerca sulle fonti della storia dell’arte italiana del secondo
quattrocento, ma rivestendo queste forme di espliciti riferimenti alla
contemporaneità: la donna indossa un abito contemporaneo, il bambino indossa
un grembiule d’asilo. Il paesaggio non è naturalistico, le nuvole sono quelle di
Mantegna che creano un’aureola suggerendo che l’immagine che vediamo è una
maternità sacra. L’edificio in lontananza ricorda un edificio popolare.
Sul davanzale in primo piano stanno appoggiati degli oggetti che rimandano alla
purezza di Maria (bocciolo di rosa) e la pera e la mela (Cristo).

ARTURO MARTINI - uno dei grandi scultori italiani del Novecento; ebbe una formazione da
ceramista, e poi aveva frequentato lo studio di altri scultori e a Milano sarà uno di quegli artisti che
metterà in campo un linguaggio di ispirazione giottesca, come Carrà nelle Figlie di Loth. L’elemento
arcaico è ciò su cui giocheranno questi artisti.
Elemento arcaico = è qualcosa che scorre nelle vene dell’arte europea e ogni tanto emerge.
L’arcaismo è una sorta di rifugio sotto il quale degli artisti (che hanno avuto le più varie formazioni)
riconoscono in quel modus operandi il valore fondativo dell’espressione artistica.
1919 Gli Amanti - si tratta in realtà di un auroritratto di Martini e la sua amante. Non è un ritratto in
senso naturalistico, ma è legato alla rappresentazione di due personaggi reali che compiono un gesto
riconoscibile all’interno di un contesto di paesaggio. Ma tutto questo non passa attraverso
una rappresentazione dettagliata e analitica, ma viene tutto semplificato, ridotto. Questo
altorilievo è fatto in gesso, patinato con effetto terracotta.
L’effetto è lo stiacciato di Donatello. L’effetto non è quello di guardare un’opera
contemporanea, ma quello di un altorilievo etrusco. La semplificazione linguistica e
stilistica corrisponde a quei momenti della civiltà antica.
1919-1921 gli artisti italiani vivono in un territorio comune, quello del realismo magico e del ritorno
all’ordine.

Arturo Martini e Achille Funi e Marco Sironi - sono tre artisti che in questa fase della loro attività
artistica risultano coerenti con il ritorno all’ordine e con il realismo magico italiano, che però
abbandonano subito dopo. Difatti, nel 1922 entreranno tutti e tre nella scuderia di Margherita
Sarfatti la quale, nella Galleria di Milano, organizza la mostra di alcuni artisti che lei sceglie di
associare e li chiama ‘’Il Novecento Italiano’’ → Margherita vuole diventare alfiere di
un’arte nazionale contemporanea. Questo Novecento italiano prenderà un’altra strada dal
realismo magico.

MARIO SIRONI 1922 L’allieva - è una sorta di ritratto di una modella che finge di
essere nello studio di un architetto. Nella composizione si trova una pulizia
dell’ambiente: ridotto a pochi elementi spaziali, pochi oggetti emblematici come ad es. la
squadra. Il vaso serve da unità di misura del corpo dell’allieva (come l’uovo di Piero
della Francesca).
In voluto contrasto tra realtà e modello, Sironi colloca alle spalle della donna una statua
classica. A sx compare una piramide a simboleggiare l’origine dell’architettura. Le anatomie sono sì
proporzionate, ma non sono reali in senso stretto, sono anatomie sintetiche, una schematizzazione che
si rifà all’avanguardia cubista.

Nel 1918 Alberto Savinio (fratello di de Chirico) pubblica ‘’Arte, idee moderne’’ - coglie il problema
dell’ambiguità delle avanguardie: tutti hanno cercato un modo di trovare il senso più drammatico delle
cose, l’essenza, ma tutti hanno dentro di loro una resistenza rispetto all’aspetto esteriore
dell’immagine.
Infatti, questo ritorno all’ordine post-avanguardie fa riemergere proprio questo retaggio della
sensibilità estetica raffinata.
Giorgio de Chirico ha penetrato il mistero della drammaticità moderna: egli giunge al di là
dell'oggetto stesso mettendo a nudo la metafisica → è il ‘’mago moderno’’.

1919 ‘’Il ritorno al mestiere’’ di de Chirico - l’artista attacca le avanguardie. La situazione italiana a
cavallo tra il ‘19 e il ‘21 si trova in una specie di limbo da cui fa fatica a identificare una via d’uscita.

Nel realismo magico italiano c’è sempre qualcosa di ambiguo, di incompleto, qualcosa che non va.

VIRGILIO GUIDI In Tram 1923 - se si guarda oltre l’apparenza, quello che si vede è ambiguo. Il
paesaggio non è una città, ci sono poi degli elementi architettonici che non hanno nulla a che fare con
un mezzo pubblico. Guidi si immagina di costruire un’allegoria della vita moderna in cui mescola
elementi della tradizione iconografica del passato ed elementi contemporanei.
Frontalmente ci sono tre figure femminili: una donna anziana con uno scialle
nero; una seconda donna più giovane che tiene in braccio un bambino; una
terza donna che raccoglie un uovo → apparentemente queste tre persone
sembrano reali, ed invece queste tre figure sono la rappresentazione allegorica
delle tre parche, il tutto però gestito in un apparente realismo contemporaneo.
Questa apparente realtà è però collocata in una situazione ambigua, non
chiara.
La figura di spalle centrale ha questo manto blu apposta per attirare l’occhio dello spettatore dentro
quel riquadro che sembra un quadro nel quadro. La figura a sx in fondo è in realtà l’autoritratto
dell’artista.

Gian Emilio MALERBA ‘’Le Maschere’’ 1922 - sembra il retroscena di un


teatro, degli attori che prendono un momento di pausa. Le due ragazze in primo
piano ridono: questa immagine in realtà non è il retro di un palco, ma altro non è
che l’interno di un bordello. Sono le Demoiselle d’Avignon all’italiana, dove le
donne sono costrette a vendere il loro corpo.
Le posture delle donne sono quasi volgari, informali, con espressioni ambigue,
di cosa ridono? Una ha ricevuto come omaggio da un suo cliente una pelliccia,
una un mazzo di fiori. La rappresentazione non è un fatto di cronaca reale, è un’allegoria. Ognuna di
queste persone ha una maschera: mostra ciò che non è.
Arlecchino è serissimo, non partecipa al gioco scherzoso delle donne, sembra un testimone che guarda
verso lo spettatore. Arlecchino presenta la morte davanti a l'insensatezza della vita umana.
La realtà è rimpolpata di significati allegorici.

Capolavoro assoluto del realismo magico: FELICE CASORATI è un pittore ormai maturo trasferito
a Torino dove ha aperto un atelier dove insegna privatamente pittura.
Nel 1923 viene esposto questo quadro di grandi dimensioni che si intitola Silvana Cenni. NB non
esiste nessuna Silvana Cenni, il nome è fittizio, non è un ritratto.
Tre livelli diversi:
- quello più in basso ci sono appoggiati per terra una serie di oggetti:
volumi, cartigli, rotoli, carta da disegno
- nel blocco centrale una figura femminile assisa su un arredo, una
poltrona, con un tessuto colorato
- terzo livello le pareti spoglie si aprono su un paesaggio che
effettivamente esiste (la collina di Torino dove si erge il monte dei
Cappuccini)

La giovane donna indossa una specie di tunica con un nastro in vita, è la casacca che si mettevano i
pittori che lavoravano nell’atelier. Probabilmente è una delle allieve di Casorati che fa in questo caso
da modella. Il volto non guarda lo spettatore, così la figura viene isolata come una divinità. La postura
riprende due modelli di Piero della Francesca (la Madonna della Misericordia di Borgo san Sepolcro e
la Madonna della Pala di Brera).
Casorati crea l’effetto di un'icona, i libri in primo piano ci danno un indizio: è la rappresentazione
della sapienza.
Le mani sono disossate, prive di vera fisicità, per rendere più distaccata l’immagine dalla realtà.
Il paesaggio viene rappresentato in maniera quattrocentesca: trasforma l’immagine vera in una forma
che permette si di riconoscere il paesaggio ma non è realistico pienamente.
La testa della donna è lievemente spostata rispetto all’asse centrale: l’idea della simmetria assoluta
viene messa in discussione → questa non perfezione rende l’immagine più vera.
Il quadro è stato usato come l’esemplificazione del realismo magico: il mettere insieme elementi
reali in cui però la resa finale è leggibile ma incomprensibile, ambigua.

UBALDO OPPI, pittore padovano


1924 Ritratto della moglie sullo sfondo di Venezia - sceglie il
blu ottanio, come se la figura della donna fosse intarsiata dentro
la laguna. La donna è nella posizione dei ritratti tardo rinascimentali-barocchi (tre quarti, mano
appoggiata, testa voltata), la donna indossa un abito contemporaneo. Le mani sono sproporzionate,
sono più grandi rispetto al resto del corpo: questa sproporzione accentua l’aspetto felino della figura
femminile. Il paesaggio comunica con la figura, tutto è al suo posto, immobile (è
ripreso da un dipinto di Carpaccio). Tutto è fermo: l’assoluta immobilità dell’azione
è uno degli aspetti più importanti del realismo magico. NB questa fermezza è una
scelta volutamente anti futurista, anti avanguardista.

Oppi propone delle opzioni espressive stilistiche diverse tra di loro:


1) ispirazione alle modalità espressive della Secessione viennese, in particolare
a Egon Schiele che utilizza un linguaggio grafico, dove gli elementi dell’immagine
non rispettano alcuna regola di tradizione accademica, lo spazio è destabilizzante perchè non
rispetta i canoni della prospettiva lineare. Nel Chirurgo (1919) troviamo un realismo lato, nel
senso che si riconosce la figura, ma non ha nulla di naturale: la struttura anatomica del
personaggio è ridotta a forme bidimensionali, con nessuna volontà di fingere naturalismo.
Non è più un’arte descrittiva in chiave naturalistica, anzi, è anti-naturalistico, lo si vede anche
dalla sintesi delle fattezze del volto che risente delle esperienze avanguardiste. Essenzialità,
bidimensionalità, linguaggio secessionista.
2) realismo magico (dipinto della moglie 1922) - Oppi qui ha aggiunto degli elementi
esplicitamente realistici mettendoli in forte contrapposizione con gli altri elementi del quadro
→ la figura della mano non fa ombra, eppure è una mano plastica, tridimensionale.Il ritratto
parte dalle fattezze reali del soggetto, e poi si inclina in chiave idealizzante. Lo sguardo è
senza sentimenti, distaccato. Le mani sono restituite in chiave iperrealistica, sono affusolate
che sembrano degli artigli, sono studiate in modo da restituirne tutta l’anatomicità (tendini,
vene, etc.); tuttavia, questi elementi vengono incastonati in uno spazio si riconoscibile, ma
privo di valore atmosferico, di profondità, non è un paesaggio naturale. La figura sembra
intagliata e incastonata nel paesaggio lagunare. Venezia è vera ma immobile, non naturale. La
scena è reale e irrealistica allo stesso tempo.
3) il Novecento di Margherita Sarfatti - qui non interessa la realtà domestica contemporanea del
qui e adesso, ma interessa di più il recupero di un'arte colta che fa tesoro della tradizione. Ne
Le Amiche (1924) Oppi non ci racconta una storia, è ancora un quadro velato dall’ambiguità;
sembra la stessa modella in posa con indosso abiti senza tempo (nè moderni nè antichi), i
tessuti sembrano dei pezzi di stoffa appuntati sui fianchi che rende un vestito fittiziamente
all’antica. Il modello è la figura femminile di Canova. I volti sono inespressivi, le figure
ideali, una sorta di idealizzazione del femminile. La statua classica alle spalle delle donne è
una copia dell’Amazzone ferita di Fidia.
Il quadro più criticato di Oppi fu proprio Le Amiche per la sua incomprensibilità.

IL GRUPPO DEI SETTE DI NOVECENTO - di Margherita Sarfatti, formato da Anselmo Bucci,


Leonardo Dudreville, Achille Funi, Emilio Malerba, Pietro Marussig, Ubaldo Oppi e Mario Sironi.
La prima esposizione ufficiale è organizzata nel 1922 presso la milanese Galleria Pesaro, alla quale fa
seguito la partecipazione alla Biennale di Venezia del 1924. In questa occasione il gruppo, che si
presenta come i Sei di Novecento, visto che il pittore Ubaldo Oppi partecipa con una sala personale,
espone una serie di dipinti che manifestano, seppur in maniera individuale e autonoma, un linguaggio
comune basato sul recupero della tradizione pittorica del Quattrocento italiano.
Nel 1925 espongono alla Galleria Lino Pesaro di Milano.

1924-25 è il punto di arrivo che segna la maturità del realismo magico italiano.
Il 1923 segna la creazione di un capolavoro di Casorati: Meriggio (comprata dal Comune di Firenze
dopo l’esposizione nel 1924 alla Biennale). La Biennale di quell’anno vede esposte una serie di
possibilità: il realismo magico di Felice Casorati, il realismo magico più arcaicizzante di Virgilio
Guidi, Ubaldo Oppi con le sue opere che come abbiamo visto toccano diverse sensibilità (il Chirurgo,
la Moglie, le Amiche), i pittori di Novecento della Sarfatti (solo sei, non più sette, perchè Oppi si era
tolto).
La realtà italiana è una realtà variegata che si muove dal realismo magico, al Novecento, con echi
arcaicizzanti e della secessione viennese.

1923 Meriggio - è un’immagine ambigua, che sembra voler raccontare qualcosa ma non conferma
nulla di quello che lo spettatore potrebbe dedurre. Chi sono queste donne? Cosa sono gli oggetti sparsi
per terra? La domanda principale riguarda il modo di rappresentare lo spazio: Casorati ha ormai
intrapreso la strada del non rispetto delle regole prospettiche della tradizione accademica. Lo spazio è
l’atelier di Casorati, lo spettatore è in piedi che guarda dall’alto verso il basso.
La donna a dx è stata ripresa dal Cristo morto di Mantegna con lo stesso
effetto scorciato del corpo. Il vaso bianco è l’unità di misura dei corpi.
La figura di schiena è reclinata su se stessa, il sesso non è identificabile, è
qualcosa di estraneo. Questa figura è in relazione con il cappello e le
pantofole in primo piano che risaltano sui tessuti su cui sono appoggiati.
Cappello e pantofole sono tipiche dell’abbigliamento vescovile: ci viene
suggerito qualcosa di ambiguo e che non si può raccontare. La possibilità
che lascia aperta questa ambiguità è scandalizzante.

1924 Concerto - Casorati presenta una moltiplicazione di una visione onirica dello spazio del suo
atelier. Spoglia la modella dalla ‘’santità’’ della Silviana Cenni, mostrando un nudo femminile in
diverse posizioni, tagli prospettici, giochi di luce. La modella moltiplicata sembra fare qualcosa ma
allo stesso tempo non fa nulla: quelli di Casorati sono esercizi di stile in una continua alternanza di
movimenti, a Casorati non interessa il valore del racconto, gli interessa piuttosto rendere la volumetria
dei corpi disposti in uno spazio dato. Il dipinto sembra un’immagine metafisica, come fosse il
cervello, le memorie di Casorati.

NB Casorati filtra la violenza della realtà attraverso una membrana di linguaggio arcaici del passato.
Persino Meriggio è inserito in un mondo astratto che elimina dall’immagine qualsiasi cosa possa
essere brutalmente di impatto per l’occhio dello spettatore. Tutto è reale nei dipinti, ma non
impattante. → questa è la grande differenza con la Neues Sachlichkeit tedesca.

Forse l’autore più vicino alla pittura tedesca della Nuova Oggettività è:
CAGNACCIO DI SAN PIETRO (Natalino Bentivoglio) - quando vede Meriggio di Casorati ha una
intuizione.
1928 Primo Denaro - annulla completamente qualsiasi suggerimento
spaziale, di luogo e di tempo: il tessuto blu annulla la prospettiva. La sua
compagna viene rappresentata come una tavola anatomica: il nudo di
questa giovane donna è ritratta in una torsione, una scomposizione del
corpo, ma con un corpo descritto dettagliatamente nella sua anatomia. Il
nudo di questa donna è iperrealistico, un nudo vero, un corpo femminile
brutalmente rappresentato dove viene meno qualsiasi componente
romantica. Viene tolto dal quadro qualunque piacevolezza: il corpo è un
oggetto che può essere comprato (si veda il piatto con i soldi a dx). La ragazza ha venduto il suo corpo
ed è destinata ad una vita di prostituzione.
Da 6 anni il fascismo è diventato l’istituzione statuale dell’Italia, esaldando la figura femminile come
l’angelo della famiglia negando la prostituzione. Un’immagine di questo genere era una scelta
fortemente critica.
Margherita Sarfatti, presidente della biennale del ‘28, storce il naso davanti a queste immagini.

1928 Zoologia - il titolo riprende il nome del libro aperto a dx.


L’azione che si sta compiendo all’apparenza sembra un atto di
violenza. Ma lei sta ridendo: quello che vediamo noi è in realtà
un gioco, una finta lotta.
Il libro abbandonato sul letto evoca la storia di Paolo e
Francesca, gli amanti incolpevoli che si innamorano leggendo le
storie di Lancillotto. Il libro nel quadro è un libro di scienza
sulla teoria darwiniana dell’origine dell’uomo dalla scimmia:
gli esseri umani sono condotti dagli istinti animaleschi.

1928 Dopo l’orgia - riprende lo schema di Meriggio di Casorati.


I soggetti sembrano appiccicati su un pavimento infinito senza
prospettiva. Gli elementi che dovrebbero definire la spazialità
sono collocati in modo ''sbagliato'' cioè non coerente con la
tradizione pittorica. Lo spettatore è in piedi che guarda dall’alto.
I corpi delle tre donne vengono rappresentati in posizione fetale,
rannicchiati su se stessi in un sonno assoluto, senza sogni. Le
posizioni mettono in evidenza la magrezza dei corpi. Gli oggetti
evocano i vizi: la lussuria (corpo nudo), l’alcool, il gioco, il
fumo.
Il nudo femminile non è l’esaltazione dell’amore, ma è un oggetto usato e scartato come tutti gli altri.
Cappello e guanti sono di un uomo di livello sociale alto. Al centro del dipinto il polsino della camicia
con un gemello (nella versione presentata alla biennale sul gemello era inciso un fascio littorio), il
signore doveva essere quindi un membro del partito fascista. Il simbolo fascista venne però abraso.
La Sarfatti caccia il quadro dalla Biennale.
Cagnaccio usa la pittura per provocare, una pittura affine alla contemporanea pittura tedesca della
NEUES SACHLICHKEIT, per questo il suo sguardo è gelido, oggettivo.

1935 L’Alzana - erano quasi schiavi che usavano la loro forza fisica per
trascinare i barconi nei canali della laguna dove l’acqua era molto bassa. Le
dimensioni della tela sono monumentali, le anatomie non rispettano alcuna
regola del classico. Qui Cagnaccio mostra due giovani uomini i cuoi corpi
sono intrisi dalle fatiche del lavoro: mani arteriose, piedi imbolsiti, un corpo
che mostra la terribile fatica per guadagnarsi da vivere. Il pittore ha tolto
qualunque retorica al mondo del lavoro: non c’è nulla di bello o di
celebrativo, è un mondo brutale.
Un terzo personaggio che fa da pilastro al realismo magico e inizia a dipingere nel 1922 ma diventa
conosciuto solo a partire nel 1926 è ANTONIO DONGHI.

Le lavandaie 1924 - Donghi inserisce i suoi racconti in un’atmosfera sospesa nel tempo. Ogni gesto è
bloccato. Le donne sono rappresentate un po’ deformate, senza grazia femminile. Donghi le colloca
creando un effetto di profondità. Tutto intorno a loro: tetti, solai, camino, gronda, la cesta con la
biancheria bagnata, tutto è fermo, immobile, anche le stesse donne. L’unica cosa che rompe queste
simmetrie di verticali e orizzontali è il filo da stendere che si piega sotto il peso del lenzuolo bagnato
(è l’unico dettaglio naturalistico).

Donghi è l’autore di una serie di opere in cui i


personaggi sembrano delle statuine, non hanno la
carnalità del Cagnaccio, sembrano dipinti dove si
nasconde la magia.
I modelli di Donghi sono i suoi famigliari, i suoi
vicini di casa, è un mondo che lui si inventa dove
quello che conta è la combinazione tra la perfezione
della resa del dettaglio e l’ambiguità del racconto.
Quello di Donghi non sembra una realtà, bensì un
teatro.

Il tema della maschera è un tema che attraversa tutto il secolo e viene ripreso anche da questi artisti.

SEVERINI 1923-24 Partita a carte - nel famoso libro di Franz Roh sul realismo magico uscito nel
‘25, questo dipinto è il primo che lo scrittore inserisce tra le opere che hanno dato vita al realismo
magico, così anche Roh riconosce ad un italiano la ‘’creazione’’ di una pittura magica.
Ad un tavolo giocano a carte quattro personaggi: un marinaio, un signore vestito in abiti quotidiani e
due maschere. Il personaggio che gioca a carte con i due ‘’normali’’ è pulcinella (rappresentazione
della morte) e ha un viso sardonico: ha in mano il gioco, ha in mano le carti vincenti, lui è la morte.
Arlecchino uno di questi personaggi muore e Arlecchino sarà colui che ucciderà la vittima. La
tensione è palpabile soprattutto sul viso dei due giocatori.

Donghi 1927 Giocoliere - mette in posa suo cugino e lo dipinge come un acrobata con gli abiti giocosi
dell’arlecchino. Il personaggio è rappresentato in un momento di relax nell’accampamento circense e
in mezzo alle gambe ha delle uova con cui si esercita nella sua abilità, ma sono le uova di Piero della
Francesca.
Donghi per tutta la sua carriera descrive narrazioni che raccontano pezzi di vita che però hanno
qualcosa che non funziona, qualcosa di strano, ambiguo.

Donghi ritrae spesso Arlecchino con un manganello in mano: aumenta l’ambiguità dell’immagine.

Ogni suo racconto è ricco di dettagli iperrealistici, ma la composizione, le figure, rendono sempre
qualcosa che stona, di strano, come ad esempio i personaggi che ritrae di spalle: chi sono, perchè sono
di spalle?
Nella pittura di Donghi come in Cagnaccio o in Casorati, troviamo dei pezzettini di storia ritratti in
ogni dettaglio, ma sono frammenti di storia messi lì e non spiegati.
1930 Il Battesimo - sembrerebbe ritrarre una foto di famiglia. Ma in questi personaggi non c’è felicità,
non c’è gioia, al contrario, l’artista vuole comunicare una separazione di sentimenti. La bambina ha
uno sguardo così freddo che sembra essere pronta ad uccidere tutta la sua famiglia.

‘’Il massimo dell’espressione, il minimo del gesto, [...]’’ → questa sensibilità realistica-magica serve
per far emergere le contraddizioni del reale che non è sicuro, non è certo, non è facile.
Questo male di vivere viene rappresentato senza tragedia, ma con una immagine come raggelata,
bloccata.

Le figure femminili di Donghi sono indipendenti, consapevoli di sé stesse, qualcosa che all’epoca era
mal sopportato, era strano. Donghi, come Cagnaccio, escono dagli schemi della società.

La consapevolezza anche nel volto delle donne di Cagnaccio rappresenta la consapevolezza, una
consapevolezza però drammatica: è il male di vivere.

L’ultimo quadro che chiude la mostra: 1930 Prima della canzone -


raccoglie in sé i valori del realismo magico. La cornice nera isola
l’immagine dal contesto e ha un'impostazione fotografica. Le due donne
indossano degli abiti di seta eleganti e sono sedute su un letto viola. Una
ha in mano una chitarra e sta cominciando a fare degli accordi e guarda lo
spettatore con un’aria interrogativa; l’altra con le braccia sulle gambe ha
un’espressione malinconica con le labbra socchiuse come se stesse per
succedere qualcosa. Donghi fissa un attimo, il microsecondo che precede
l’azione. Le immagini sono intrise di un dolore sordo sotteso. Ad aumentare l’ambiguità
dell’immagine c’è un particolare: alle spalle c’è una cornice dorata che rivela cosa? Uno specchio che
riflette la finestra e la luce davanti alle donne. è tutto così vero da non essere vero.
Nei suoi dipinti le figure appaiono sospese in un’atmosfera rarefatta, quasi in assenza d’aria, congelate
in pose che arrestano il fluire del tempo, immerse in quello che si potrebbe definire un silenzio
assordante

Questo realismo magico è un’evoluzione del realismo di Courbet (Spaccapietre, Funerali ad


Ornans): i valori del reale che irrompono sulle tele, buttando via l’idea che l’arte dovesse
basarsi su regole e modelli del passato. Courbet apre la strada al reale, ma quando si arriva nel
Novecento il reale rientra nella pittura attraverso una espressione tecnica che fa gara con la
oggettività della fotografia → l’abilità del pittore è di rendere la tela più reale della realtà
effettiva. Le immagini sono assolutamente realistiche ma non sono reali.

1930 è la data che segna la conclusione del movimento del realismo magico (proseguiranno solo
Cagnaccio e Donghi). Casorati nel 1928 cambia registro: realizza dipinti con un aspetto più
metafisico, si orienta verso una pittura più astrattizzante. Donghi e Cagnaccio proseguiranno invece
per tutti gli anni ‘30 questo tipo di pittura acida, precisa, iperrealistica e ambigua.
Nel 1930 anche il Novecento della Sarfatti è tramontato. Nel 1933 Sironi, capofila dei sette di
Novecento, aveva accentuato la sua scelta classicista monumentale e pubblica un manifesto della
Pittura murale come la vera pittura, come bibbia dei poveri.
Mussolini nel 1929 scrive una lettera alla Sarfatti dicendo che lei non deve usare il nome di un nome
del secolo per un gruppo di artisti che in realtà non c’entra nulla con il fascismo.
I pittori del Novecento si spargono, la maggior parte di loro si adatta alla nuova voce del fascismo e
dopo il crollo del fascismo chi non è morto ormai ha un marchio del fascismo.
Il realismo magico subì la damnatio dell’arte figurativa realistica che negli anni ‘30 divenne l’arte del
regime: l’arte fascista era figurativa e quindi dopo il conflitto mondiale venne condannata.

NEUE SACHLICHKEIT - NUOVA OGGETTIVITA’ TEDESCA


Sachlichkeit in tedesco è un’oggettività non solo relativa a ciò che vediamo esteriormente, ma ha
anche un valore di carattere etico, cioè la capacità di rappresentare ciò che vediamo senza giudicare,
senza filtri.
Due influenze principali
→ espressionismo tedesco (die Brucke) - grande forza espressionista, colore e coinvolgimento visivo
→ dadaismo - valore sarcastico delle immagini, polemizzante

1916-17 GEORGE GROSZ “Il funerale di Panizza” - la compenetrazione dei corpi,


degli avvenimenti, delle azioni, corrisponde alla poetica futurista. La trasformazione dei
soggetti in volti grotteschi in chiave ironica di influenza dadaista.

Manifesto delle Neues Sachlichkeit si deve a OTTO DIX con il dipinto


del 1922 ‘’Alla Bellezza’’ - si autoritrae in abiti borghesi in un locale
notturno. Coppie danzanti, prostitute, musica jazz, tutta la scena è
un’allegoria della vita contemporanea che sottintende che questa vita allegra e felice
nasconde una realtà tragica (la Germania che ha perso il primo conflitto mondiale, che
ha subito i trattati di Versailles, piena di debiti di guerra).
La spensieratezza nasconde cosa succede fuori dalle porte di quel locale.
La pittura realistica assume un valore di carattere allegorico.

1921 Heinrich Maria DAVRINGHAUSEN L’Imprenditore - ritrattistica


rinascimentale: ritrattato di fronte seduto ad una scrivania con una finestra aperta sullo
sfondo.
L’elemento dadaista fa si che la figura dell'imprenditore venga forzata, deformata, un
imprenditore senza collo e senza scrupoli. Un uomo che non si ferma di fronte a nulla e
cede ai vizi (alcool, fumo). Il ritratto è realistico ma in chiave ideologica e politica.
Nei tedeschi l’elemento ideologico e politico è molto forte e deforma le immagini (cosa che
in Italia non avviene).

FRANZ ROH 1924 usa il termine ‘’magico’’ in una mostra di Davringhausen - non un magico
legato alla realtà naturale, ma qualcosa di aggiunto dall’autore.
Nel 1925 pubblica un saggio ‘’Realismo Magico dopo l’Espressionismo’’ dove tratteggia un
panorama della situazione artistica contemporanea in Germania, in Italia e in Francia. Roh sostiene
che la nuova pittura si caratterizza non per essere legata alle avanguardie, ma per un modo per
approcciare il reale che è magico.
Bontempelli nel ‘28 utilizza l’ossimoro ‘’realismo magico’’ prendendo il concetto da Roh.

Nel 1925 viene organizzata nel Manheim, da Franz Hartlaub, una mostra della
pittura tedesca contemporanea intitolata Die Neue Sachlichkeit.
Otto Dix viene coinvolto nella mostra con una serie di opere.
1920 Ritratto dei genitori di Otto Dix - qui si capisce bene che l’artista fa molto
riferimento all’espressionismo: si deduce dalle pennellate dense e dall’uso del
colore. La pittura è mossa dal colore e non smonta le figure. I tratti fisionomici sono
resi in maniera realistica, i tratti anatomici, le pieghe delle mani, le dita gonfie, l’incavo delle guance e
degli occhi.

1920 George Grosz Automi repubblicani - rappresenta una città contemporanea ma resa in
chiave metafisica dove colloca degli automi, dei robot, vestiti da borghesi. Uno dei due è
mutilato come un reduce di guerra e nonostante questo celebra la gloria della germania. Grosz
va contro il progetto della Repubblica di Weimar che non ha nulla di democratico.
Gli automi non hanno volto, hanno la testa vuota, con dentro solo parole (sono forti qui i
richiami al dadaismo). L’atteggiamento di Grosz è sarcastico e ironizza contro i personaggi
della società tedesca della classe media e aristocratica che celebrano una
gloria della Germania che in realtà è sull’orlo del collasso.

Otto Dix - 1920 Prager Strasse - anche qui un’eredità dell’espressionismo di


Kirchner. Questi personaggi hanno qualcosa di mostruoso, come anche le vetrine
dei negozi vendono protesi umane. I due personaggi sono due reduci di guerra,
uno è un poveraccio senzatetto, cieco, dal corpo martoriato che chiede
l’elemosina; l’altro mutilato ha perso tutta la parte inferiore del corpo, ma
orgogliosamente sfoggia una onorificenza di guerra, sostiene ancora il valore
della guerra, il nazionalismo tedesco.
Dix fotografa una situazione contraddittoria della società tedesca, in una via
importante di Berlino queste contraddizioni sono ben visibili ma nessuno le vede.

1920 Venditore di fiammiferi - le persone camminano del tutto indifferenti a


questa visione. Il quadro viene sbattuto davanti agli occhi dello spettatore per
fargli realizzare quello che sta succedendo.

In Italia non abbiamo una pittura simile (si avvicina il Cagnaccio).


1921 Otto Dix Madre con il bambino - non c’è nulla di
piacevole, è un’immagine quasi insopportabile, angosciante. Il
realismo della resa dei muri è alla fiamminga. La madre è invecchiata anzitempo,
senza denti, smagrita e dal corpo deformato. Il bambino è malato, deformato.
L’immagine evoca la maternità in senso vagamente religioso, ma non ha nulla di
edulcorato, viene tutto sbattuto in faccia allo spettatore.

1921 George Grosz I pilastri della società - i volti sono deformati, sono degli orchi
come il giudice vestito in nero che sta invasando la folla. Sono tutti rappresentati delle
categorie che detengono il potere sul popolo e giocano con la carta del nazionalismo.
Alle spalle la città ha già preso fuoco e i soldati hanno già le armi sporche di sangue.
Grosz ha una visione e immagina attraverso questa allegoria la tragedia verso cui si
sta dirigendo la Germania.

GEORG SCHOLZ 1920 Famiglia di Contadini Arricchiti - la famiglia è tutta


impedita, in posa, che si fa ritrarre, convinti del loro ruolo sociale che hanno
raggiunto. Per prenderli in giro Scholz li deforma: il padre mostra con orgoglio la
Bibbia, valori su cui fonda il suo modello di vita, ma il volto è spaccato con la testa
piena di soldi (mostra la Bibbia ma tutto ciò che gli interessa è il denaro).
La moglie anch’essa sembra una gigantesca rana vestita da donna, l’espressione è
ebete con una vite infilata nella testa, tiene tra le braccia un maiale.
Il figlio è un essere mostruoso con la testa cava che succhia con la cannuccia dal corpo di un piccolo
mostro alla Bosch.
è la quintessenza della mostruosità ma dentro una casa di gente che si crede per bene.

Eredità dell’espressionismo si coglie da Max Beckmann La notte - è l’espressione di


violenza fisica, tutto avviene dentro una stanza chiusa claustrofobica. Tutto è trionfo di
violenza, dolore, brutalità.

Questi artisti tedeschi vogliono ritrarre la realtà, la vita, senza filtrarla, senza abbellirla,
vogliono essere oggettivi, senza filtri e illusioni.

Anche i ritratti di questi artisti assumono delle posizioni che rinunciano alla
ritrattistica tradizionale e dove il ritrattato è reso in maniera quasi grottesca, nella
sua fisicità oggettiva.
Grosz Ritratto di Herman Neisse

Otto Dix Ritratto della giornalista Sylvia von Harden 1926 - una
donna da sola, che fuma, con un modo di porsi anti femminile, anti
tradizionale. Rappresenta una figura alternativa e certo disturbante
per l’epoca. Sono tutte visioni di figure non edulcorate e che quindi
disturbano chi le guarda.

Otto Dix nel 1928-29 vince una cattedra per insegnare pittura all’Accademia di Belle
arti di Dresda.
Trittico della Metropoli (composizione su
tavola) 1928-31 - la tavola centrale è
un’esibizione di un luogo di divertimento,
un locale notturno alla moda, è una
fotografia di una visione della vita
indifferente a tutto ciò che accade fuori.
Sulla dx dentro un’architettura pseudo
teatrale sfilano delle figure inquietante che
sono delle prostitute, dei travestiti, a terra
un mutilato. A sx i bassifondi delle città
dove sotto un ponte ferroviario stanno due mutilati di cui uno morto, presi in giro da delle prostitute
che stanno litigando per prendersi un cliente.

Trittico della Guerra 1928 - rivela il destino di una società


irresponsabile, una guerra non eroica, che non ha nulla di
esaltante.
Dix vuole mostrare una germania in cui sta montando uno
spirito nazionalista che la porterà alla distruzione.
La visione è apocalittica: case bruciate, cadaveri decomposti,
rovine, alberi bruciati, qui trionfa solo la morte.
A sx il prima, cioè i soldati che partono all’alba. A dx quello
che avviene dopo, i soldati che cercano di scappare dalla morte certa.
La predella diventa una visione orrenda: l’interno di una cassa di legno da morto con dentro i cadaveri
dei soldati morti.

I due trittici erano posizionati uno davanti all’altro: la società non si rendeva conto verso ciò che stava
andando e il suo destino di quello che sarebbe successo.

Il direttore dell’Accademia, iscritto al partito nazista, pronuncia un discorso contro Dix che con quei
quadri offendeva lo spirito tedesco. L’anno dopo gli allievi ebrei vengono segnalati al partito e
vengono allontanati.

1927 CHRISTIAN SCHAD Autoritratto con modella che fa da congiunzione con gli italiani (Shad è
quello più vicino al realismo magico italiano) - Schad si ritrae con una pittura iperrealistica ma con
delle ambiguità: ad es indossa una camicia verde acido che ha un’allacciatura
all’antica, ma la camicia mostra quello che c’è sotto come fosse un tutt’uno con la
pelle (peli, capezzoli). La modella ha un corpo iperrealistico, con alcuni dettagli
come la calza, il nastro al polso, il volto non idealizzato anzi con una cicatrice, tutto
molto realistico. Per contrastare la brutalità dell’esecuzione, alle spalle di questa
Olimpia moderna si vede un fiore di narciso, dal bianco delicato.
I personaggi non interagiscono tra di loro, non c’è passione, il fondale è un
tendaggio nero che occulpa a mala pena lo skyline della città industriale: non c’è
nulla di bello.

1928 Ritratto del Conte - un personaggio molto conosciuto nella vita notturna della Berlino
degli anni ‘20. Un uomo di bassa statura, ma molto ricco, protagonista delle notti berlinesi
che si accompagnava con la moglie e un famoso travestito loro amico.
Il ritratto di Schad è un personaggio chiuso e isolato rispetto alla moglie e il travestito che si
guardano di traverso. I corpi vengono esibiti ma senza piacevolezza, senza desiderio, è la
foto di una realtà in decadenza. Una società contemporanea lontana dal capire quello che sta
succedendo che vive in un mondo fittizio.

Ubaldo Oppi 1932-34 I tre chirurghi - nel modo di dipingere riprende la lucidità e la perfezione
tecnica di Schad. Oppi dipinge come Schad, con un pennello da miniatore dove ogni dettaglio è
perfettamente descritto alla fiamminga. Ogni elemento analitico è descritto in modo iperrealistico in
un contesto però derivante dalla cultura metafisica.

1929 Schad L’uomo volante e la donna di colore - Agosta aveva una malattia genetica che aveva
sviluppato la cassa toracica al contrario e sembravano delle ali: l’uomo veniva pagato per esibire la
sua deformità. Asha, la donna di colore, si esibiva perchè era di colore.
Una coppia che creava stupore e ilarità e veniva derisa per denaro: è mostruosità e crudeltà quello che
ci mostra l’artista.

Otto Dix Il trionfo della guerra 1938 - il bambino sta a cavallo di una strega, ha la maschera
di Hitler (si riconosce dai baffetti). La società contemporanea è portata a una gigantesca
danza macabra della morte.
Nel 1933 Hitler prende il potere dopo l’incendio del Reichstadt per il quale vengono accusati i
comunisti.
Nel 1937 il ministro Goebbels organizza una mostra itinerante in cui vengono esposti da un lato i
pittori della nuova germania legati al regime, dall’altra parte invece viene esposta l’arte definita
degenerata e sono opere espressioniste e della Neues Sachlichkeit (Kirchner, Otto Dix, etc.)
accompagnate da scritte insultanti.

1941 Il trionfo della morte


La Neues Sachlichkeit arriva a ridosso dell’entrata in guerra.
Mentre in Italia ci si muove in un realismo che mantiene però sempre un distacco dai
valori di carattere polemico e politico, in Germania invece la scelta è proprio
dichiaratamente quella.

IL SURREALISMO
Il movimento surrealista si dota di una base teorica, elaborata da André Breton, e presentata in
Manifesto del Surrealismo, pubblicato a Parigi nel 1924. In esso Breton propone la definizione di
Surrealismo come “automatismo psichico puro con il quale ci si propone di esprimere, sia
verbalmente che in ogni altro modo, il funzionamento reale del pensiero, in assenza di qualsiasi
controllo esercitato dalla ragione gni preoccupazione estetica o morale”. In questi termini, il
movimento surrealista indica i suoi debiti verso gli studi sull’inconscio di Freud e si pone in netto
contrasto con le teorie artistiche precedenti, ivi comprese le Avanguardie cubiste ed espressioniste.
Inoltre, evidenziando l’inutilità della ragione nel processo creativo, il manifesto prosegue affermando
che “il Surrealismo si fonda sull’idea di un grado di realtà superiore connesso a certe forme
d’associazione finora trascurate, sull’onnipotenza del sogno, sul gioco disinteressato del pensiero.
Tende a liquidare definitivamente tutti gli altri meccanismi psichici e a sostituirsi a essi nella
risoluzione dei principali problemi della vita”.
I l gruppo, per quanto caratterizzato da pratiche artistiche individualmente differenti, condivide
l’approfondimento delle tematiche dell’inconscio e dell’automatismo. La materia e gli oggetti escono
dal loro contesto reale ed entrano in uno spazio surreale, in cui il significato, l’uso e la forma originari
non hanno alcun valore.
JUAN MIRO
SALVADOR DALI
RENE MAGRITTE

L’ARTE DEL POST SECONDO CONFLITTO BELLICO


Nel corso degli anni cinquanta la contrapposizione tra i due blocchi, denominata “guerra fredda”,
alterna inasprimenti a momenti di disgelo. In un tale clima di continua tensione, la cultura europea
non può che prendere atto dell’inevitabilità del proprio declino, sancito anche dall’avvio del processo
di decolonizzazione, con le rivolte per l’indipendenza nelle colonie asiatiche e africane, e il
conseguente emergere di nuove realtà socio-culturali di matrice extra-europea. In questi anni il
pensiero dominante è l’Esistenzialismo, una “filosofia della crisi” legata alla perdita di tradizionali
punti di riferimento sia morali, sia metafisici, già teorizzata negli anni trenta dai filosofi tedeschi Karl
Jaspers (1883-1969) e Martin Heidegger (1889-1976) e sviluppata successivamente da intellettuali
francesi, quali Jean Paul Sartre (1905-1980) e Albert Camus (1913-1960).
Poiché durante la guerra gli Stati Uniti erano diventati il rifugio per molti intellettuali e artisti
europei, nel corso del dopoguerra le idee, le proposte e le opere di costoro diventano un fertile
patrimonio culturale che viene acquisito e interpretato in una chiave tutta “americana” che non cesserà
di affascinare le generazioni successive. Gli anni della “guerra fredda” sono gli anni dello
spostamento definitivo dell’asse creativo dell’arte contemporanea da Parigi a New York, dell’imporsi
di Hollywood sul mercato cinematografico mondiale, del diffondersi della televisione, dei mass media
e della cultura di massa da questi diffusa, ma anche della ricerca scientifica e tecnologica, che produce
i primi computer e permette i primi viaggi nello spazio.

Fondamentale per la formazione degli artisti del secondo dopoguerra è l’eredità di alcuni grandi
maestri, come Pablo Picasso, Henri Matisse, Duchamp. Il primo, attraverso l’impegno civile di lavori
come Guernica (1937), esposto permanentemente a New York dal 1939; il secondo, con l’utilizzo dei
grandi collage monocromi e di forme figurative ridotte ai minimi termini.
Gli eventi più significativi del decennio sono però quelli basati su una nuova ricerca artistica che si
colloca in una posizione di forte polemica verso tutto ciò che può essere riconducibile a una qualsiasi
forma, figurativa o astratta che sia, e anche verso un approccio razionale sia nel realizzare sia nel
fruire un’opera d’arte. Ispirandosi ad alcuni temi già affrontati dai movimenti delle Avanguardie
storiche, in particolare, l’Espressionismo, il Dadaismo e il Surrealismo, molti artisti contemporanei
giungono a una concezione provocatoria, ironica e, allo stesso tempo, esistenziale e tragica dell’arte.
L’evento artistico, privato quindi di qualsiasi residuo valore formale, si esaurisce nell’atto stesso del
creare. Ciò che conta è il gesto creativo, l’azione dell’artista, il tempo che intercorre tra il pensiero
e il fare: di quell’evento resta testimonianza nell’opera costituita da un supporto sul quale la materia
pittorica colata, raggrumata, spatolata, incisa, stratificata, mescolata ad altri materiali restituisce allo
spettatore l’energia e la forza tragica del gesto creativo dell’artista. Questo nuovo linguaggio prende
avvio contemporaneamente: da un lato, a New York, dove più intensa era l’influenza dei surrealisti
europei e dei muralisti messicani, e poi sulla costa del Pacifico, dove più forte è l’influenza della
cultura giapponese, e viene definito Espressionismo astratto o Informale americano; dall’altro lato,
proprio a partire dalla fine del conflitto, si identifica in una serie di ricerche che si sviluppano in
Europa e che per comodità si raccolgono sotto l’etichetta di “Informale europeo”.

NB già il dadaismo aveva trasformato il linguaggio artistico. Ad esempio ‘’Fontana’’ di Duchamp è


un oggetto trasformato dal punto di vista semantico: è l’arte concettuale. Un oggetto su cui viene
fissato un significato. Con Duchamp abbiamo la distruzione dell’opera artistica tradizionale.

INFORMALE = definisce una espressione priva di forma ‘’tradizionale’’ definita. L’informale è


l’apertura di una strada che è quella della rinuncia definitva a qualsiasi regola/forma/materiale
precostituito.

L’ESPRESSIONISMO ASTRATTO O INFORMALE AMERICANO


Nel 1941 approdano a New York, da Parigi, André Breton e Fernand Léger, dall’Olanda Piet
Mondrian, da Londra Max Ernst e la moglie Peggy Guggenheim, famosa mecenate e collezionista
d’arte; nel 1942 è la volta di Marcel Duchamp.
I surrealisti si rivelano particolarmente attivi nel nuovo continente, animando il dibattito culturale con
articoli e conferenze e con alcune grandi mostre, alle quali partecipano occasionalmente anche i
giovani americani. È soprattutto Peggy Guggenheim a fare da cerniera fra i due mondi, attraverso lo
spazio espositivo che apre a New York, la Galleria Art of This Century, che inaugura nel 1942 e
gestisce fino al 1947, quando riparte definitivamente per l’Europa. Oltre a raccogliere, in due gallerie
separate, la collezione astratta e quella surrealista di Peggy, svolgendo così per gli artisti che la
frequentano un insostituibile ruolo formativo, la galleria propone, in un ambiente del tutto innovativo
con i dipinti sospesi al soffitto o appesi su pareti curve, le prime personali di artisti che saranno poi
protagonisti del nuovo linguaggio artistico newyorkese come Jackson Pollock (nel 1943), Mark
Rothko (nel 1945) e Clyfford Still (nel 1946). Il termine “Espressionismo astratto” non indica una
corrente artistica unitaria, ma viene utilizzato per riunire sotto un’unica definizione una serie di pittori
appartenenti alla stessa generazione e abitanti a New York (come Arshile Gorky, Jackson Pollock e
Mark Rothko). Tali artisti, pur molto diversi tra di loro, condividono un atteggiamento esistenziale di
rivolta contro ogni tradizione, comportamentale e artistica, e cercano una nuova libertà di espressione.
All’interno di questa corrente, contraddistinta dallo sviluppo di un linguaggio pittorico astratto,
non-figurativo, e dal ruolo centrale affidato all’individualità dell’artista, convivono quindi ricerche
anche molto diverse tra loro.

ARSHILE GORKY - artista georgiano fuggito negli Stati Uniti con la madre. Autoritratto con la
madre realizzato nel ‘38’39 in cui Gorky utilizza un linguaggio a metà strada tra il cubismo e
l’espressionismo.
1940-41 Giardino a Sochi - Gorky era rimasto colpito da Guernica e da Mirò. Lui
non descrive davvero un giardino, ma colloca sulla tela dei flash di ricordi fatti da
frammenti, macchie di colore, che compongono una specie di panorama onirico.
Gorky mescola il linguaggio surrealista con delle componenti espressioniste. La sua
evoluzione negli anni si sposta a una forma più consolidata dove l’elemento
espressionista è più forte (lo si vede dalla libertà del colore, non più chiuso in dei limiti, il colore è
una macchina che si espande nello spazio).

1947 Angoscia - espressionismo c.d. astratto NB è un ossimoro perchè


espressionismo indica un uso della pittura in una chiave fortemente
spontanea, urgente, dove l’immagine prodotta è mediata dall’occhio
dell’artista e le sue emozioni; se però si mette vicino la parola astratto,
acquista un nuovo valore, perchè l’astrazione è in realtà tendente a
costruire attraverso degli schemi una lingua astratta razionale. La
combinazione ossimorica spiega bene queste nuove opere: un elemento
razionale, della ragione, viene schiacciato dalla tensione emotiva. Gorky
spiega che cosa sono queste macchie informi: quando era bambino ed era assalito da incubi e ansie, si
rifugiava tra le braccia della madre la quale era di origine contadine e indossava sempre i tipici
costumi giorgiani da contadini. Gorky appoggiava la testa sul grembo della madre e il suo occhio
vagava sul suo grembiule per cui il suo mondo visivo diventava il grembiule pieno di strappi,
macchie, pieghe.
Nelle sue opere d’arte Gorky trova un modo di esprimere le sue angosce, ma non una cura. Gorky si
toglie la vita.

POLLOCK - durante la sua permanenza in Arizona entra in contatto con alcuni membri
degli indiani delle riserve. Pollock è affascinato dai riti di queste popolazioni autoctone
(cerimonie sacre, danze, canti, movimenti rituali, corpi dipinti) e si avvicina alla
cultura animista (lo spirito della natura, la luna come madre natura, etc.) questo tipo
di cultura si basa su forme, culture, energie.
Le prime opere hanno queste influenze, mediata dal cubismo ed espressionismo
europei.
Fase totemica - quando Pollock vede per la prima volta Guernica, la sua arte
comincia a cambiare.
1942 La donna luna - Pollock ha abbandonato qualsiasi legame al figurativo, e gli elementi dei segni
astratti prendono il sopravvento. La donna luna è una figura senza un corpo riconoscibile.

Movimento ritmico a onde continue da sx a dx. Nulla è riconoscibile. è l’espressionismo astratto. Il


colore perde qualsiasi connotazione formale ma mantiene il valore del gesto, cioè la tensione emotiva
della creazione.

Pollock negli anni successivi sviluppa il c.d. dripping (‘46-’47) → una stesura di colore su una tela
disposta a terra (non appoggiata sulla parete). Il rapporto esecutivo tra artista e tela non è più mediato
dal pennello, il distacco è totale: Pollock inizialmente prende dei barattoli che riempie di colore, li
buca e li fa dondolare sopra la tela. Quindi i colori colano sulla tela più o meno intensamente e il
disegno che viene a crearsi è sostanzialmente ingovernato dall'artista, è casuale.

Al dripping, che dura pochi mesi, subentra una nuova tecnica: l’action painting17. è un rapporto
personale individuale dell’artista con la propria opera irripetibile. L’opera d’arte non è la tela finita,
ma è la performance stessa della creazione dell’opera. Il rapporto artista-tela è come il rapporto tra
sciamano-paziente, è come se anche Pollock entrasse in trance durante la performance per entrare nel
divino.

Alchimia 1947 - la tela è riempita completamente di colore, non c’è un centimetro libero. Lo spazio
non è più razionalmente gestito, lo spazio è coperto da materia, dove i colori puri si combinano e si
sovrappongono.

Pali blu 1952 - è la resa informe di un antico ricordo di una lunga strada di
una città di provincia, percorsa in macchina, la natura e il paesaggio corre a
fianco degli occhi, l’unico elemento che sancisce lo spazio e il suo
trascorrere sono i pali della luce. Quindi qui in realtà non è vero che non c’è
la razionalità, non è vero che è tutto irrazionale come nel dripping, qui c’è
una razionalità, dietro l’action painting una ragione, quei segni che lascia
hanno un senso. Il senso è quello di testimoniare in modo visibile quello che è la sovrapposizione
mnemonica dell’esperienza.

Foresta incantata 1947 - tutti i titoli di Pollock evocano delle sensazioni, dei luoghi, dei
sentimenti. Non è un dipinto policromo, è la rappresentazione di uno spazio dove il pittore ha
compiuto una sorta di itinerario dove lui stesso si muove attorno a uno spazio da cui non riesce ad
uscire: le linee creano una specie di percorso che si sovrappone, si incrocia, torna indietro → è un
labirinto senza soluzioni di uscita.

Questi quadri sono un racconto di sé del pittore, hanno tutti riferimenti personali.
Una forte critica all’action painting fu infatti che sono tutte opere personali, che non si pongono
problemi sociali più ampi, non sono opere che testimoniano una storia contemporanea o fatti di
cronaca. Sono delle proiezioni puramente individuali.
17
“pittura d’azione” (action painting), un termine coniato dal critico statunitense Clement Greenberg, in cui la
tela non è più l’esito di una ricerca “formale”, di una qualche forma pittorica quindi, ma solo la trascrizione di
un’azione, di una serie di gesti prodotti dall’artista in un determinato tempo: il dipinto, in sostanza, ha valore
solo in quanto testimonianza di quell’azione.
FRANZ KLINE - non racconta nulla, da delle pennellate violente, lascia solo una traccia di questo
passaggio violento. Il suo obiettivo, come egli stesso dichiara, è annullare qualsiasi distinzione tra
pieno e vuoto nello spazio pittorico: “Io dipingo il bianco allo stesso modo del nero, e il bianco
acquista la stessa importanza”

Tutti loro fanno parte del c.d. INFORMALE IN AZIONE: l’opera d’arte è l’azione.

Un secondo tipo di ricerca individua, invece, nella flatness, ovvero nella “piattezza” della tela, e nel
modo in cui l’artista lavora per “campi di colore” (color fields), il valore formale assoluto, astratto,
dell’opera. Così la critica tende a distinguere tra un “Espressionismo astratto gestuale”, basato
sull’immediatezza dell’azione sul quadro (Action painting), e un “Espressionismo astratto di
inazione”, dove si accentua l’elemento meditativo e “spirituale” dell’opera d’arte.
A. FORMALE IN AZIONE = Arshile Gorky, Jackson Pollock, Willem de Kooning, Hans
Hoffmann e Franz Kline
B. FORMALE DI INAZIONE = Mark Rothko, Adolph Gottlieb, Clyfford Still e Barnett
Newman.

INFORMALE DI INAZIONE - stesura elegantissima di stratificazioni di colore diluito, non


materiche. I colori sono stesi a campiture perfette. L’opera d’arte è la parte finale di un percorso di
una meditazione. L’opera d’arte è pensata, un mantra.
La stesura cromatica è continua, fatta per strati che non restituiscono una pittura materica, l’approccio
all’opera è un approccio meditativo. Come se il pittore che realizza queste opere le avesse meditate a
lungo, senza andare a inserire azioni repentine nell’opera.
BARNETT NEWMAN realizza delle serie di pannelli di enormi dimensioni (5 metri, fino a coprire
intere pareti), questa è una caratteristica di tutti gli informali. Le grandi dimensioni rappresentano il
rapporto opera d’arte-spettatore per aumentare il coinvolgimento visivo e psicologico. Sono tele
pensate solitamente per creare un ambiente cioè diverse tele dello stesso tema da inserire in un
ambiente.
L’uomo eroico sublime 1950-51 - colori acrilici di produzione
industriale. Il colore rosso fuoco occupa tutto lo spazio suddiviso
da 5 linee verticali distribuite in modo proporzionale sulla
superficie, come fossero dei tagli cromatici. Davanti a questa
struttura sta l’opera ‘’il selvaggio’’, una tela strettissima dalla
base in gesso e tutta dipinta in bianco percorsa solo da una linea.
In mezzo alla stanza c’è una struttura che sembra una proiezione
fisica tridimensionale dei tagli.
Newman suggerisce allo spettatore le diverse posizioni dello
spazio di una stessa opera, dal bidimensionale al tridimensionale.

Si passa dal Color Field e per il Minimalismo, cioè la riduzione a corpi puri delle forme.
La tela bianca serve anche per spiegare allo spettatore che lo spazio del museo è uno spazio vivo,
dove lo spettatore percepisce delle esperienze, si muove.
La tela rossa ci da la percezione di uno spazio infinito, universale, in cui la ‘’zip’’ cioè il taglio
verticale è un’interruzione di un continuum visivo cromatico-temporale-spaziale → questa zip è una
suddivisione che richiama l’incipit della Genesi: il primo atto creativo di Dio è la distinzione tra luce
ed oscurità. Il rosso è interrotto dai tagli, i tagli sono Dio, non da intendere
in chiave esclusivamente religiosa.

1951 Composizione III - ci sono delle sfumature, non un color field piatto,
la tinta è un blu giglio e le sfumature creano una sorta di volume. Il taglio
bianco è ancora il taglio della luce di Dio.

MARK ROTHKO - ebreo russo. “Io dipingo quadri molto grandi. […] lo scopo per cui lo faccio
[…] risiede nel fatto che voglio essere intimo e umano. Dipingere un quadro piccolo significa porsi al
di fuori dell’esperienza, significa guardare a tutte le proprie esperienze contemporaneamente, come
attraverso una lente che rimpicciolisce. Quando si realizza un grosso quadro, si è al suo interno”.
Come per Pollock, e per molti altri espressionisti astratti, d’azione e non, il quadro è quindi un
ambiente e non uno spazio di rappresentazione.

1938 La metropolitana di New York - Rothko parte da un’arte figurativa.

1947-48 salto di qualità: tele abbastanza grandi completamente coperte di colore con titoli
numerici → i quadri non hanno più nessuna volontà di rappresentare qualcosa

I dipinti di Rothko sono dei Color Fields, ma sono campi dipinti con velature sovrapposte, il
colore acrilico è molto diluito (la tela è dipinta in orizzontale) ottenuto con stratificazioni molto
delicate in modo tale che i diversi livelli di colore abbiano i bordi che si sovrappongono come se il
colore dell’uno andasse sul colore dell’altro. Il limite visivo non è netto, non è tracciato da una
linea, ma è un passaggio di toni e di cromie che rende vibrante la superficie.
Questi quadri non sono mai pensati per essere singoli, ma il progetto era di creare opere
ambientali, diverse tele che compongono lo spazio. Qualcosa che porti in un altro luogo rispetto alla
realtà quotidiana.
è espressionismo astratto: è il colore che domina, non la forma.

1964 Cappella Rothko - cappella per la meditazione, aconfessionale, non è una chiesa, è un luogo
chiuso appartato, per il silenzio. Fu voluta per i coniugi De Menil, coppia di imprenditori molto
impegnati per i diritti civili. Fecero costruire questo luogo che accogliesse ogni diversità dove le
persone potevano trovare un momento di concentrazione, di pace, di pausa.
La forma architettonica a forma ottagonale è inscrivibile in un cerchio immaginario. Il lucernario fa
entrare di riflesso la luce naturale. Rothko realizza delle grandi tele da collocare sugli otto lati
dell’ottagono. Rothko vuole eliminare qualsiasi policromia, è l’annullamento dell’immagine e del
colore, il colore predominante è infatti il nero. Le tele diventano gli specchi delle sensazioni, delle
angosce, delle paure, dello spettatore → non esiste più l’arte come mimesis, come racconto della vita,
ma si è arrivati ad un altro livello dove l’arte è il riflesso dell’individuo ed è una macchina per
pensare,per astrarsi.

Cosa accade in Europa in risposta a queste esperienze che arrivano dagli Stati Uniti?
NB gli europei fanno più fatica a rinunciare alla materia nell’arte e anche alla figura.
Equivalente dell’Espressionismo astratto americano e risposta artistica europea alla profonda crisi
morale, politica e ideologica conseguente agli orrori della Seconda guerra mondiale, l’Informale
europeo è la formula che gli storici dell’arte adottano per delimitare un fenomeno assai complesso e
per nulla omogeneo. Poiché la ricerca dalla quale scaturisce è sostanzialmente individuale, lontana
quindi da qualsiasi teorizzazione o dichiarazione programmatica a priori, ma anche dall’idea di creare
un gruppo uniforme di lavoro, l’unico modo per dare una lettura unitaria al fenomeno dell’Informale è
quello di individuarne una sostanziale alterità e diversità rispetto alle forme artistiche del passato.

JEAN FAUTRIER Teste di Ostaggio 1942-1945 - sono delle tavole più o meno grandi sulle quali
stende delle paste colorate a strati e poi le lavora con le dita, con la spatola, con i manici dei pennelli,
creando delle forme antropomorfe: sono dei volti, delle maschere.
Fautrier era stato ricoverato in una clinica psichiatrica e in quei due anni (mentre fuori infuriava la
guerra), lui aveva assistito alle fucilazioni da parte dei nazisti dei prigionieri. Queste opere non sono la
descrizione dell’evento, non è la storia descritta da delle immagini, ma sono dei resti umani resi
poetici dai colori che in realtà sono gli stessi colori della putrefazione.

MATTHIEU Capetingi ovunque 1954 - è una pittura informe ma in chiave positiva, che si sgancia in
modo definitivo da qualsiasi necessità politica.

WOLS, fotografo e artista tedesco trasferitosi in Francia a partire dagli anni trenta
1946-47 Senza titolo, olio su tela. una volta stesi i colori, Wols è intervenuto con il
manico del pennello appuntito come uno stilo e ha graffiato la superficie lasciando dei
segni sulla superficie dipinta come ad annullare l’immagine. Wols traduce il proprio
pensiero e la propria visione del mondo senza alcuna mediazione razionale, tracciando
su sfondi rugosi e granulosi complicate matasse di segni filiformi, intercalati da chiazze
materiche.

TAPIES - artista catalano che negli ultimi anni non usa né tela né pennelli: usa il
cemento. Crea delle grandi composizioni con colate di cemento in casseformi di legno
(il colore è dato dai pigmenti colorati mescolati nel cemento). Prima che si solidifichi
Tàpies modifica il cemento con le mani, togliendo e spostando.
Great Painting 1958 - ‘’la poetica del muro’’ così chiamata dalla critica: il fatto cioè
che lui produce non un tema, non un racconto, ma bensì la materia stessa come opera
d’arte. Tagli, crepe, fori sembrano spontanei, come se raccontassero la storia di quel
muro indipendentemente dall’artista, come se l’artista avesse solo preso un pezzo di muro già
esistente. La storia della materia, la forza espressiva della materia: cosa è passato su quel muro, cosa
racconta quel muro.
Il muro è il testimone dei martiri e delle sofferenze inumane inflitte alle persone.
L’opera d’arte non è necessariamente qualcosa creato fisicamente dell’artista, l’opera d’arte deve
essere testimonianza del proprio vissuto, ecco allora come frammenti di parete, di cemento, diventano
delle opere d’arti che con le loro superfici raccontano la loro essenza.

BURRI - ‘’Sacchi’’ - 1950-53 Sacchi di juta che erano i sacchi con i quali arrivava la posta
dall’europa nei campi di prigionia. La tela fatta di sacchi è tirata su un telaio come fosse un quadro ma
non viene dipinta, la tela è quello che è, presenta se stessa nella sua crudezza. Le macchie rosse sono
date dalla tela che sta sotto che Burri ha dipinto in alcuni punti di rosso o di giallo. C’è un intervento
artistico nella scelta del materiale, nella combinazione del materiale e nell’intervento pittorico. I
sacchi di Burri testimoniano un tema: gli orrori della guerra e la forza della materia.
Gli interventi di colore creano una sorta di equilibrio percettivo che attenuano i colori delle sacche
scure, come a dare un ritmo compositivo. E poi hanno un colore simbolico: il rosso sangue delle ferite
inguaribili.
1965-68 ‘’Il grande rosso’’ - Burri continua con la sua sperimentazione della materialità
ma adoperando a questo punto materiali contemporanei più artistici. Ad esempio il
cellophane, un materiale plastico di recente invenzione: Burri prende una tela di tinta
monocroma (nera) dopodichè comincia a fare dei giri di cellophane intorno alla tela
facendo in modo di chiudere tra un foglio e l’altro delle vesciche di plastica di colore
rosso. Finito l’incartamento Burri buca le vesciche di colore che si disperde nella
composizione. Infine con una fiamma ossidrica crea del colore che scioglie il cellofan
che si restringe creando dei colori sulla superficie.La materia è l’opera d’arte che ha
reagito allo stimolo del calore del fuoco.

Anni ‘70 ‘’I cretti di Burri’’ - enormi composizioni fatte con


gesso e vinavil (colla inventata in quegli anni). Il cretto è la terra
arida, è la terra dove non nasce la vita: è la rappresentazione
della morte. L’elemento dominante è la materia che si esplicita
secondo forme proprie.
1984-89 Land Art - ultima opera realizzata da Burri ‘’Il cretto di
Gibellina’’, una grande installazione in Sicilia in provincia di Trapani colpita in quegli anni da un
forte terremoto che distrusse la città. Burri propone una colata di cemento con le macerie del paese e
in questa massa di cemento morbido ha fatto scavare delle fenditure che creano delle strade che
riproducono in pianta la struttura del paese distrutto.

LUCIO FONTANA - il suo rapporto con l’opera d’arte è conflittuale, ma quel taglio non deve essere
visto come un atto violento, ma anche come un gesto d’amore, creativo.
‘’Attese’’ - le sue opere raccontano della sua vita: di ciò che deve avvenire ma non avverrà. Fontana
realizza due tele una tirata sull’altra, sceglie dei colori monocromi che rendono piatta l’immagine. Il
taglio sottile, delicato, da bisturi, apre la tela slabbrandola lievemente. Dentro quel taglio si apre un
altro mondo, un’altra dimensione: l’opera d’arte non è la superficie, c’è sempre qualcosa dietro.

LEZIONE 25
NEW DADA anni ‘50 - ‘60
L’espressione “New Dada” si giustifica per una serie di legami effettivi – di linguaggio e di poetica –
con il Dadaismo degli anni venti, ma funziona più come indicazione di uno spirito che non come un
vero e proprio movimento organizzato. Si tratta, dunque, di uno spirito condiviso.
Questo movimento è figlio del dadaismo degli anni ‘20. Nasce in opposizione alla corrente
informale, il New Dada infatti riprende un interesse per l’esterno, per l’oggetto.
Gli artisti new dadaisti stravolgono il significato degli oggetti e rifiutano il concetto di fine-vita
dell’oggetto recuperando di continuo oggetti inutilizzabili.

Robert Rauschenberg (1925-2008) - Rauschenberg da nuova vita agli oggetti.


Nel 1954 nascono i primi Combine Paintings, dipinti assemblaggio in cui una pittura
gestuale, ma “fredda”, si coniuga a oggetti di uso quotidiano o spazzatura: animali impagliati,
sedie, corde, cuscini, pagine di giornale o altri frammenti cartacei, cartelli stradali.
1955 Odalisk - , è la pittura a sovrapporsi agli elementi di un assemblaggio pienamente
tridimensionale che rinuncia alla parete a favore del pavimento. L’oggetto si caratterizza
spesso come “rifiuto”, quasi sempre di origine bassa e industriale, e altrettanto spesso è
veicolo di un segno appartenente alla comunicazione popolare o al linguaggio dei segni dello
spazio pubblico.
1955 Letto - uno dei primi e più celebri Combine Paintings di Robert Rauschenberg, donato dal
gallerista Leo Castelli al MoMA, è un simbolo del New Dada statunitense. In quest’opera l’artista ha
assemblato le componenti di un letto (un cuscino, un lenzuolo e una trapunta) su una tavola
rettangolare di legno, per poi intervenire su di essi con una pittura gestuale, sporca e materica. A
quell’epoca, l’innesto nel quadro di elementi presi dalla realtà è praticato anche da alcuni protagonisti
dell’Informale, come Burri (che Rauschenberg studia con attenzione) e Tápies. Ma a segnalare che,
con Letto, si sta entrando in una nuova fase dell’arte contemporanea intervengono due fattori. In
primo luogo, gli oggetti non sono recuperati e sublimati simbolicamente in una chiave percettiva
“formale”, come in Burri, ma sono semplicemente se stessi: il cuscino è un cuscino, la coperta a
patchwork è una coperta e il modo in cui l’opera è stata assemblata fa pensare che l’artista abbia
imbrattato il proprio letto e poi l’abbia semplicemente portato in galleria. Dunque, la pittura gestuale
non è usata in chiave espressiva ed esistenziale, ma sembra piuttosto un commento ironico nei
confronti dell’Espressionismo astratto, essendo ricondotta al sudiciume e alle secrezioni corporee che
possono imbrattare un letto. In secondo luogo Letto, come gli altri Combines, aggira ogni possibile
distinzione tra pittura e scultura, dando vita a un linguaggio del tutto nuovo, che si sviluppa
nell’ambiente seguendo regole proprie, poiché tali composizioni testimoniano un inedito “realismo”
metropolitano, nel quale la “rappresentazione” viene rimpiazzata dalla “presentazione”, e in cui il
gigantismo, come già nell’Espressionismo astratto, non è un elemento accessorio, ma una componente
fondamentale di questo nuovo modo di pensare l’assemblaggio come un ambiente impossibile da
cogliere con un unico sguardo.

Jasper Johns (1930) - legato anche da rapporti di amicizia con Rauschenberg. Nelle opere di Johns
l’oggetto, più che essere “rappresentato”, è “presentato”: l’oggetto si identifica con il quadro.
1954-55 Tre bandiere - Il dipinto consiste di tre pannelli assemblati sui quali la bandiera americana è
stata dipinta a encausto su vari strati di carta di giornale. Verrebbe da pensare a un’opera hard-hedge,
ossia dai segni netti e chiari in antitesi all’Espressionismo astratto, se il soggetto non fosse tanto
banale quanto riconoscibile. In altri termini, Johns avvia con questi quadri una riflessione filosofica
sulla natura della rappresentazione: una riflessione, tuttavia, che impiega come mezzi solo quelli
dell’arte. A questo proposito, va notato che se da un lato è vero che la sua opera avrà un’influenza
determinante sull’arte concettuale, Johns è prima di tutto un creatore, che estromette sistematicamente
il pensiero dalla sua pratica artistica, confinandolo nei suoi diari. Alle influenze di John Cage e di
Marcel Duchamp, Johns affianca quella del filosofo Ludwig Wittgenstein, che lo aiuta a sviluppare la
sua riflessione sul linguaggio e sul rapporto tra oggetto e segno. Come per la pipa rappresentata in Il
tradimento delle immagini (1926) di René Magritte, che Johns aveva ben presente, Tre bandiere non
sono bandiere anche se lo sembrano. In un certo senso potremmo dire che siamo di fronte a un oggetto
che sembra una bandiera, ma non la rappresenta: piuttosto, entrambi – il quadro e la bandiera reale –
fanno riferimento a un comune oggetto mentale, il che ci induce a vedere tra di loro delle relazioni che
non esistono. Un discorso simile potrebbe essere fatto per Bronzo dipinto (1960, Colonia, Museum
Ludwig), la celebre coppia di lattine di birra Ballantine in bronzo dipinto: non si tratta di una
rappresentazione delle lattine, ma di una sorta di loro Doppelgänger, ovvero un sosia spettrale, che si
compiace della propria fedeltà all’originale, ma nello stesso tempo ironizza sulla propria natura di
opera d’arte, essendo le lattine poste enfaticamente su un basamento.

NEAUVEAU REALISME (anni ‘60) - corrente francese parallela al New Dada americano.
Fra le personalità principali del movimento, Yves Klein (1928-1962) ne incarna tutte le ambiguità: è
un mistico, ma sceglie come principale tramite del suo misticismo un pigmento blu indaco industriale
brevettato. Klein cercava un valore assoluto, cercava di fissare l’immensità del cosmo e dell’energia.
L’accord bleu (RE 10), 1960 - Alla ricerca di un pigmento che possa farsi veicolo potente di emozioni,
Klein individua una particolare tonalità di blu oltremare e brevetta l’International
Klein Blue (IKB) (Yves le Monocrome).

1960 Antropometria - Klein organizza nel 1958 un’esibizione privata di questo nuovo
suo approccio al dipinto. Una modella completamente nuda si ricoprì di vernice e
incominciò a strisciare e spargere vernice blu sulla tela seguendo fedelmente le
indicazioni che Klein le dava. La modella continuò fino a quando la tela fu
completamente coperta di vernice di fatto creando un vero e proprio monocromo blu. L’obiettivo di
questa performance era quello di sottolineare uno dei topos principali della pittura, ossia la complicità
tra la pittura e la carne. Nel 1960 Klein organizzò quindi delle intere serate dedicate alla creazione di
queste nuove antropometrie. Le serate furono delle vere e proprie performance artistiche. Mentre le
modelle incominciavano a spargersi di vernice petto, busto, torso e cosce; Klein indica ai musicisti
presenti di iniziare a suonare la Sinfonia monotona; una sinfonia la cui struttura basilare richiama alla
necessità di comprendere ciò che sta succedendo. Il risultato finale fu quello che Klein desiderava;
tele in grado di mostrare congiuntamente il rapporto tra carne e colore.
Le Antropometrie richiamano le pitture rupestri e la rappresentazione della vita, il ventre, le gambe, il
seno.

Aria, Acqua, Terra e Fuoco diventano i soggetti di Klein → c.d. COSMOGONIE


Ad esempio, su tele piene di colore fresco poste sul tetto dell’auto e iniziando a guidare. L’acqua e il
vento, la pioggia, intervenivano sulla tela.

IL NEW DADA IN ITALIA


Piero Manzoni (1933-1963) - nel 1956 Manzoni vede a Milano alcune opere di Yves
Klein che gli ispirano, a partire dal 1957, i primi Achrome, realizzati su pannelli di gesso
inciso. Nell’estate del 1958 compaiono i primi caolini, tele su cui Manzoni appoggia un
frammento di tessuto per poi inondarlo di caolino, in modo tale che quest’ultimo,
asciugandosi, raggrinzisca la stoffa sottostante.
Così le Linee da lui realizzate, in lunghezze diverse, su fasce di carta e di tela, e poi
arrotolate e vendute in eleganti confezioni cilindriche, non sono altro che la logica
conseguenza dell’Achrome: atti di libertà, innanzitutto, e poi frammenti di una continuità infinita
che non può essere rappresentata, ma solo, appunto, dispiegata per frammenti e, ancora, pure idee
che si concretizzano in oggetti fisici

1960-63 - uova firmate con la sua impronta digitale e confezionate nell’ovatta; quelle
bollite, firmate e offerte in comunione al pubblico durante le sue inaugurazioni
La Merda d’artista e il Fiato d’artista, con cui vende a peso d’oro le proprie emissioni
corporee.

Piero Manzoni vuole provocare nello spettatore delle reazioni che mettano in modo
dei ragionamenti. Nel ‘61 Manzoni presenta ‘’La Merda d’Artista’’ - è chiaro che l’oggetto in
sè è una provocazione. Esiste un mercato d’arte dove alla gente non importa in realtà nulla di
arte, ma nessuno si occupa più davvero dell’arte. Manzoni allora vuole vendere la sua merda perchè sa
di entrare in un mercato dove tanto tutti comprano tutto. Quello che conta è l’elemento concettuale.
L’opera d’arte che viene comprata è escremento, perchè la vera opera d’arte è l’idea che tanto non può
essere comprata. Manzoni vuoe affermare che l’opera d’arte è un concetto e non un oggetto.
Il New Dada ha avuto una interessante declinazione di interconnessione con artisti che si occupano di
altro: danza, musica, teatro. Questo avviene grazie alla Black Mountain College, una scuola aperta
alla sperimentazione, con artisti da diversi paesaggi culturali in continuo scambio. Uno degli artisti
chiamato a svolgere dei corsi fu proprio John Cage.
In questo tipo di contesto di incontri si incontravano dei personaggi che erano artisti, pensatori,
intellettuali, filosofi, ballerini, scultori che riescono a fare qualcosa di nuovo insieme → Cage +
Cunningham + Rauschenberg = ‘’The event’’, Theatre Piece No. 1 by John Cage 1952
Realizzarono senza rendersene conto, cioè senza chiamarlo così, il primo HAPPENING della storia,
vi parteciparono musicisti, coreografi, artisti e poeti. è un evento nella mensa del Black Mountain
College → è qualcosa che accade, un evento che loro decidono di attuare.

AUTOMOBILE TIRE PRINT 1953 Rauschenberg e Cage - è un’opera a quattro mani. è una striscia
messa a terra su cui passano sopra con la ruota di un’automobile intinta nel colore nero. è ancora il
ritorno dell’idea del fluire della realtà, infatti l’opera oggi non è una performance ma è stata una
performance nella sua realizzazione.

Anni ‘50 New School For Social Research - John Cage insegna Experimental Composition.
HAPPENING - New York 1959 primo happening organizzato da Allan Kaprow (allievo di Cage).
Invita gli amici alla collaborazione diretta per la realizzazione degli happening scrivendo <<Come
ognuna delle persone presenti sarà simultaneamente spettatore e protagonista>>.
Un Happening è un assemblage di eventi messi in scena o esperiti in più di uno spazio e di un tempo.
Il suo ambiente materiale può essere costruito, può approfittare di quanto esiste già o alterarlo
leggermente; come le sue attività, che possono essere inventate o comuni. Un happening, a differenza
del teatro, può avvenire in un supermercato, mentre si guida in autostrada, sotto un cumulo di stracci o
nella cucina di un amico, contemporaneamente o in sequenza. Se in sequenza, la durata temporale può
superare anche l’anno. L’happening è messo in scena a partire da un copione, ma senza prove,
pubblico o ripetizione. è un’arte, ma sembra vicino alla realtà.
(Allan Kaprow)

ENVIRONMENTS - la dissoluzione degli schemi si avverte anche nell’uso dei materiali, provenienti
dalla quotidianità (frutta, fogli di carta, fiammiferi, strumenti giocattolo, sacchi di tela) e destinati a
realizzare un ambiente globale, che con i performers e il pubblico creano un environment disordinato.
Il termine environment indica un’installazione ambientale che coinvolge l’intero spazio vissuto dallo
spettatore, comprensivo di tutti gli oggetti presenti, dove l’azione di svolge senza un momento iniziale
e uno conclusivo, spesso ripetendosi.

Si sta quasi sostituendo la vità ad un’opera d’arte: l’happening è un’azione che può avvenire in
qualsiasi environment con una durata indefinita.
1961 YARD - le persone vengono invitate a partecipare a questo happening: spostare gli pneumatici
nello spazio, è un’installazione ambientale cioè una installazione che vive grazie allo spazio.
L’happening molto spesso è fuori controllo, è un teatro dove da un ‘’copione iniziale’’ si lascia che
accada tutto quello che accade da quel copione iniziale.
L’opera d’arte è un environment: elementi messi insieme che creano un ambiente (anche se
disordinato) senza limite, si creano ambienti globali (non sono installazioni isolate), qui non ci può
essere isolamento, deve essere globale. Questo ha lo scopo di ridefinire l’ambiente, si modifica lo
spazio. Lo spettatore ha la possibilità di entrare in un ambiente che è un’opera d’arte, tutto è
opera d’arte, anche l’azione (gridare, strappare, etc.) compiuta dall’artista o dallo spettatore.

Si sta uscendo dal sistema delle gallerie. Non è un’opera vendibile, riproducibile, infatti rimangono le
foto dell’Happening.

L’Happening è nato come una specie di collage multisensoriale. Come un’esperienza che coinvolgeva
le diverse facoltà percettive: vista, udite, tatto, etc. In precedenza avevo lavorato (è Kaprow che parla)
avevo lavorato come un artista New Dada, che a poco a poco erano arrivati a integrarsi in un insieme.
Ma erano forme in qualche modo ancora statiche. Allora mi sono proposto di introdurre la dimensione
temporale, di far partecipare la gente, di occupare nuovi spazi (praticamente inserisce la vita).

I primi Happenings erano eventi complessi che si svolgevano in sedi non convenzionali e implicavano
la partecipazione di molte persone. Poi, attorno alla metà degli anni ‘60, sono arrivato ad una
chiarificazione concettuale. Osservavo il gioco dei bambini, in cui l’imitazione ha una funzione di
esplorazione dei comportamenti. Ho iniziato a lavorare su azioni semplici, cose che non hanno senso
al di là della loro immediatezza. O meglio, il loro senso è il gioco e l’obiettivo che si propongono è di
ampliare il gioco. La complessità che prima era spiegata nella costruzione di un contesto a più
dimensioni, ora è risolta nel tempo e nello spazio.

FLUXUS - nuovo movimento. Un gruppo-non gruppo.


VS performance ha una durata indicativa, viene stabilita dall’artista, è un’opera molto più progettata.
Lo spettatore partecipa solo in quanto esseri presenti ed emozionali alla performance.
Quando Gina Pane si taglia davanti al pubblico e fa per sfregiarsi la faccia, il pubblico la blocca (non
era previsto), il pubblico partecipa emotivamente.

FLUXUS - l’assunto chiave è che tutti possono fare arte e che tutto è arte: è un atteggiamento fluido,
liquido, sul filo della leggerezza. Fluxus è vivere l’arte, comprende personaggi multidisciplinari.
DICK HIGGINS Molvena Chart - mostra cerchi concentrici e sovraesposti che sembrano espandersi e
incontrarsi.
Fluxus non ha uno stile, gli artisti lavorano tutti a loro modo.
JOHN CAGE - considera la musica affermazione della vita, un modo di vivere la vita veramente.
Medita sul vuoto, coinvolto dal buddismo zen, la teoria del ma (cioè lo spazio tra una nota e l’altra,
una parola e l’altra, un’azione e l’altra, quello spazio non è vuoto: è attesa). John Cage fautore
dell’indeterminismo: vuole espellere la scelta dall’opera. L’artista ascolta la natura, non la domina.
ALLAN KAPROW - HAPPENING: è usato per la prima volta da Kaprow. è qualcosa che comincia
e inserisce il chaos come soggetto, la casualità. Ciò che importa di più a Kaprow non è ciò che accade
ma che qualcosa stia accadendo, i risultati sono imprevendibili perchè è tutto spontaneo.
GIUSEPPE CHIARI - fu musicista, pianista e artista visivo, sostenitore dell’interazione tra musica
linguaggio e immagine. La musica non è solo bella da ascoltare ma anche da guardare.
UGO CARREGA - artista e poeta italiano, uno dei principali esponenti della poesia visiva o c.d.
‘’nuova scrittura’’.
JOSEPH BEUYS - pittore, scultore, performer artist. A lui si deve il concetto di scultura sociale.
‘’Spiegare l’arte ad una lepre morta’’
Beuys è creatore di atteggiamenti anche di forte carattere ecologico (come piantare migliaia di querce)
per risvegliare i legami più profondi tra uomo e natura.
MERCE CUNNINGAM - considerato il più grande coreografo, indagò il movimento nello spazio e
nel tempo. Autore di spettacoli in cui usava musica ed elementi scenici che diventavano parte
dell’opera, molto spesso lasciandosi guidare dal caso.

Nel teatro si recita un ruolo.


Nella Performance l’artista non recita, è se stesso.
Nell’Happening tutto accade è opera d’arte. Il pubblico e le sue azioni fanno parte dell’opera d’arte.

Charles Dreyfus, La breve storia di Fluxus (articolo da leggere).

BODY ART
Marchel Duchamp 1924 si modifica il corpo con il sapone e viene fotografato. Non è una
performance, è body art.

Gunter Brus, Self Painting, Self mutilation, 1965 - per mostrare la violenza della società l’artista si
porta la violenza sul proprio corpo.

MARINA ABRAMOVIC - pone degli strumenti di piacere e di dolore su un tavolo danto la


possibilità al pubblico di usarli su di lei liberamente. Purtroppo pian piano esplose in uno spettacolo
incontrollato, lei finì semi nuda e venne anche tagliata. L’azione finì quando le fun puntata una pistola
carica.

Altra performance in cui le si sedette su una montagna di ossi di carne ancora sanguinanti spazzolando
la carne rimasta attaccata alle ossa.

Altra performance si mise seduta su una sedia e lo spettatore poteva sedersi davanti a lei e rimanere
quanto voleva. Quante emozioni devono essere passate in quegli sguardi? Quande angosce?

GINA PANE - tra i membri più estremi e violenti.

POP ART - è la riduzione a sintesi dell’arte popolare (popular art). La definizione nasce a Londra in
un istituto di arte e design, dove lavorava FRANCESCO PAOLOZZI a cui dobbiamo l’invenzione
di una serie di opere che denotano i caratteri fondativi di questa nuova arte.
Tra gli antefatti ci sono sicuramente i dadaisti, il cui obiettivo dichiarato era la distruzione dell’arte.
La pop art si occupa esclusivamente della pura contemporaneità, dello scorrere davanti agli occhi
della contemporaneità nei suoi aspetti più banali e più ripetitivi. Questi nuovi artisti stigmatizzano la
società contemporanea (NB non è proprio una critica diretta alla società). Anche secondo questi artisti
l’artista deve sporcarsi le mani con la contemporaneità e suggerire delle riflessioni (non di altissimo
carico teorico, ma comunque delle riflessioni).
Altro fattore proveniente dal dadaismo è l’utilizzo del collage: questi artisti pop inglesi si sganciano
dai materiali pittorici. Altro elemento fondamentale della composizione sono le parole: parole con dei
significati o suoni onomatopeici. Queste parole però non sono dipinte, o se lo sono, riproducono il
lettering utilizzato dai reclam, dai giornali, dalle riviste: la pop art si pone come un testimone diretto
di una realtà socio economica e culturale della Londra della fine degli anni 50 e inizio anni 60.
Nella società statunitense dell’epoca gli idoli da ammirare non si trovano più in Chiesa, ma si trovano
in televisione, sui cartelloni pubblicitari, nei supermercati.

Tra i padri della pop art: Edward Hopper.

1947 I was a rich man Paything - è una pin up che rappresenta l’ideale
erotico di quegli anni. Con un atteggiamento volutamente spensierato,
femminile. La scritta utilizza il titolo di una testata di una rivista di gossip
‘’intimate confessions’’. Dalla mano maschile esce il fumo del proiettile su
cui è scritto pop. Il messaggio che passa da questa arte è un messaggio affine
ad un racconto fumettistico, dei tabloid, non rappresentazioni di alto livello
filosofico.
In basso c’è un famoso oggetto di consumo a quei tempi: la coca cola18. Qui
la coca cola rappresenta la nuova generazione. Il disegno della bottiglia
evoca il profilo di una figura femminile: la bottiglia ha un corpo piacevole,
che evoca la sensualità femminile, qualcosa che attira. Dal punto di vista
pratico questa forma rende la bottiglia stabile e facilmente maneggiabile: la
forma svasata rende la presa più salda. La coca cola è un simbolo perchè la persona che la usa si
riconosce in una comunità.
Paolozzi mette in evidenza il senso del desiderio: bevanda eccitante, figura femminile sensuale,
violenza che diventa fumetto, l’aereo bombardiere → queste contraddizioni creano delle collisioni a
livello di immagine. C’è un racconto in senso giocoso del contemporaneo.

RICHARD HAMILTON Cosa rende le nostre case così piacevoli? 1956 - il


soggetto è l’interno di una casa borghese dove compaiono degli elementi
particolari. Ad esempio, in cima alle scale c’è una signora che passa un
aspirapolvere (un nuovo oggetto dell’epoca). La televisione, nuovo luogo che
crea i momenti di raccolta della famiglia (una volta era il caminetto). Il poster
di un film è appeso alla parete e diventa parte della famiglia come il ritratto
appeso del nonno. Su un tavolino c’è del prosciutto in scatola → la pop art
mette insieme linguaggi alti e linguaggi bassi. Sul divano è seduta una pin up
seduta mostrando le sue fattezze, ma messa lì così che senso ha? In realtà la pin
up è un sogno dell’uomo e della donna borghesi, un oggetto del desiderio, di
piacere. A dominare la scena sta un culturista che porta una racchetta con su
scritto pop.
Il collage di Hamilton evidenzia una mescolanza di generi in un’arte che non è più pittura, ma dove
ciò che conta è
- la contraddizione tra ciò che si vede e il significato,
- la combinazione di livelli alti e bassi di comunicazione,
- una messa in discussione dei principi dei valori che sostengono la società contemporanea.

Questi artisti al tempo non ebbero successo, molti si trasferirono a New York dove trovarono un
terreno più dinamico, più fertile per la loro arte.

18
coca cola e marchio Mc Donalds rappresentano la cultura espansionistica americana.
ANDY WARHOL (1928-1987) - nel 1962 Marilyn muore, era stata
un’attrice che impersonava nell’immaginario collettivo di quegli anni
l’ideale assoluto della femminilità. Un corpo femminile ma privo di
malizia: Marilyn supera l’idea della famme fatale della tradizione
precedente. Marilyn è una giovane donna tanto bella e tanto buona da non
saperlo, metteva insieme semplicità, simpatia, bellezza, charme. Warhol
prende l’immagine da una fotografia di un giornale fatta prima della morte
e pubblicata sui giornali nell’annuncio del suo suicidio. Warhol crea degli
stampi dell’immagine che stampa su delle tele e sui cui lui poi interviene
con colori acrilici → questa esasperazione del colore sancisce il passaggio di Marilyn a ICONA: è una
nuova madonna, un simbolo che può entrare in tutte le case.
Warhol utilizza i meccanismi della pubblicità, del commercio.

Nel 1964 Warhol comincia a creare delle grandi tele i cui soggetti non
sono più delle persone, ma sono degli oggetti-icona che a loro volta
sono diventati di uso commerciale e si trovano nella disponibilità di
tutti.
Queste bottiglie diventano delle file di presenze che perdono il valore di
pubblicità ma diventano il simbolo di una nazione, quella americana,
richiamando appunto la bandiera a stelle e
strisce.

Sono oggetti di facile consumo (ad esempio le zuppe in scatola della


Campbells), conosciuti e quindi riconoscibili da tutti.
Il cibo in scatola si era diffuso negli Stati Uniti perchè dopo la guerra molte
donne cominciano a lavorare e non sono più esclusivamente addette alla cucina di casa.
Anche le banconote diventano soggetti della pop art: il dollaro ad esempio è subito riconoscibile, è
diventato l’unità di misura della ricchezza di tutto il mondo dell’epoca → il
nuovo dio, la nuova icona, è il dollaro.

Il pubblico, proprio attraverso i mezzi di stampa, ha perso in poco tempo una


sua sensibilità nel guardare immagini anche tradiche. Warhol si pone il
problema di come l’arte sia in grado di edulcorare la tragedia: di come togliere
la tragedia dalla tragedia.
Car Crash 1965-66 - produce una serie di tele in cui parte
da un’immagine e la riproduce a stampa su una tela colorata
ma stampandola male, come non finita, come avesse voluto cancellare l’immagine
in una ripetizione ossessiva. Questo vuole togliere la bellezza dell’immagine: non
c’è nulla di bello nè come valore visivo nè come contenuto.

Warhol abbraccia una campagna popolare contro la pena di morte. L’artista


riproduce una fotografia con dimensioni oversize di una sedia elettrica appena usata, esibendo davanti
al pubblico quello che il pubblico non vuole vedere. Warhol mostra un oggetto di tortura, un oggetto
senza giustizia.
L’arte pop si trasforma da fotografia giocosa-sarcastica-divertente ad una vera e propria presa di
posizione di sensibilizzazione del pubblico verso qualcosa che il pubblico si rifiuta di guardare.
Nella fase finale Warhol fonda la Factory e il gruppo dei Velvet Underground a New York, un
gigantesco laboratorio artistico di fotografia, cinematografia. Questa Factory produceva a pagamento
fotografie dei ritratti su commissione e fotografie, performance, oggetti
decorativi, etc.

Questi grandi pannelli sono dei pannelli decorativi usati nei ristoranti, nei
negozi, dei pannelli su cui vengono stampate delle macrofotografie di fili
d’erba sui quali vengono stampati a loro volta dei fiori artificiali (ripresi da
Matisse) che non sono fiori veri. Sono opere con un grande impatto
decorativo.
La pop art è un’arte seriale perchè usa una tecnica che permette di riprodurre
all’infinito la stessa immagine con la stessa tecnica.

ROY LICHTENSTEIN - 1963 Ragazza che affoga riproduce


una scena di un fumetto in grandi dimensioni usando la pittura
(praticamente passa dalla stampa alla pittura, a differenza degli
altri artisti pop art che avevano fatto il percorso inverso). Le parole
dei personaggi sono inserite dal Roy creando dell’ambiguità.

L’artista riproduce quello che nei fumetti noi non vediamo:


riproduce i retini tipografici che creano quindi dei puntini
infinitesimali sulle immagini (che nei fumetti normali il nostro
occhio non percepisce ma che Roy invece riproduce nelle sue
opere).

GEORGE SEGAL -prende degli oggetti della realtà e costruisce una scena. La sua
opera diventa una INSTALLAZIONE, cioè un’opera d’arte tridimensionale che occupa
uno spazio e in cui lo spettatore interagisce. Segal utilizzava i calchi di persone vere.
Inseriva i soggetti in contesti ma ne toglieva l’identità: creava dei fantasmi solidi, delle
persone private del proprio poter decisivo.

CLAES OLDENBURG - trasforma oggetti-icona in dimensioni enormi (oversize) con materiali


plastici. Ad esempio il mega hamburger, il cono di gelato, etc.
Crea anche della gigantesche Land Art.

MARIO CEROLI - artista italiano che faceva sagome delle persone in legno grezzo (quasi il contrario
di Segal) contestualizzandole in giro.

TANO FESTA - si sofferma su Michelangelo interpretandole come immagini pubblicitarie colte, cioè
proponeva soggetti da osservare.

FRANCO ANGELI - dipingeva le simbologie del potere.

MARIO SCHIFANO - l’artista italiano più famoso nell’ambito della pop art. Le sue immagini di
pezzi parziali della coca cola che si sciolgono.
LAND ART
Espressione di arte contemporanea che prevede degli interventi umani nel paesaggio urbano o
naturale, comunque al di fuori dei luoghi dell’arte (cioè al di fuori di teatri e musei).
La Land Art occupa uno spazio specifico all’interno di un luogo aperto.
Nasce negli anni ‘60 come reazione all’informale (cioè la distruzione dell’immagine) e la ricerca di
un nuovo legame, un contatto, con il reale.
● uscire volutamente dal mercato dell’arte: l’artista non vende l’opera ad un gallerista o ad un
collezionista, ma l’opera viene realizzata a titolo gratuito o è legata a committenze pubbliche
o a raccolte di fondi (almeno inizialmente).
● l’opera d’arte assume una dimensione monumentale che la renda riconoscibile nel paesaggio.
● l’opera d’arte inevitabilmente subisce delle mutazioni dovute ai fenomeni atmosferici, agli
interventi umani, e quindi l’artista prevede anche la scomparsa dell’opera stessa con il tempo.
● molte di queste opere sono pensate perchè il pubblico le viva in
forma diretta muovendosi al loro stesso interno.

ARTE SELLA (in Valsugana) zona piena di opere di Land Art.

Nel 1969-70 Robert SMITHSON Spiral Jetty (lago salato dello Utah) -
questo segno oggi non è quasi più visibile.
Siamo nella grande famiglia dell’arte concettuale: ciò che conta è il
senso.
Le opere di Smithson sono le prime ma sono seguite da altri artisti negli anni successivi. A partire
dagli anni ‘90 ci sono opere di Land Art che in realtà vengono create anche per musei, gallerie.

Robert MORRIS Labirinto - crea un senso claustrofobico nel pubblico che partecipa all’opera, vi
entra.
Osservatorio - dovrebbe essere come un osservatorio da cui guardare il cielo stellato riprendendo
l’idea di Stonehenge.

CHRISTO (di origine bulgara) - noto per utilizzare un intervento temporaneo, ed è lo stesso artista
che decreta la fine dell’opera. I suoi interventi interagiscono con il paesaggio ma non lo modificano in
modo permanente. Gli interventi sono infatti fatti con materiali plastici o con dei tessuti che creano un
ostacolo visivo: il pubblico è spinto a farsi delle domande.
Valley Curtain - lo scopo è di ridare dignità a quella valle che veniva data per scontata, come un mero
spazio di passaggio. Christo vuole rendere una sorta di portale, per far riflettere e far riacquistare
valore a quel luogo.
Lago d’Iseo - l’idea era di creare un segno per collegare la riva del lago con l’isola: l’esperienza non
era più solo visiva come la stoffa nella vallata, ma era di creare un’esperienza vivibile diversa che non
sarebbe avrebbe più potuto essere vissuta, cioè camminare sulle acque.
Il tessuto scelto dava la percezione di camminare su un’epidermide, per questo bisognava camminare
scalzi, la sensazione era di camminare su qualcosa di vivo che si muoveva impercettibilmente.

MINIMALISMO (anni ‘60)


Sono interventi in spazi specifici c.d. SITE SPECIFIC (aperti o chiusi) in cui l’elemento inserito è un
oggetto ridotto a forme geometriche pure. Il minimalismo è infatti la riduzione il più possibile del
gesto artistico a forme essenziali.
I materiali usati sono sempre di tipo industriale (infatti il minimalismo si basa anche sulla serialità
cioè la riproducibilità).

DAN FLAVIN - minimalismo del neon. Il corridoio e alcune stanze sono illuminate
con neon colorati che cambiano la percezione dello spazio (che sarebbe assolutamente
banale). L’intensità della luce modifica la percezione dello spazio: le pareti si allargano
o si restringono, il soffitto si alza o si abbassa. La griglia luminosa annulla l’angolo e
fa percepire una curva.

JAMES TURRELL Roden Crater - progetto non ancora finito


nel deserto dell’Arizona (iniziato nel 1977). L’ambiente è quasi
una specie di tempio che da fuori è quasi impercettibile. è una
specie di città sotterranea fatta di gallerie illuminate da neon,
installazioni di vario tipo. L’opera d’arte nel suo insieme è
prevista sia vissuta per 24 ore di seguito.

DONALD JUDD, il più grande minimalista - grandi parallelepipedi


collocati nelle pareti. I moduli sono sempre uguali ma possono andare a
comporre cose diverse e possono essere fatti di materiali diversi.
Inizio anni ‘70 nel Texas trova e acquista una grande caserma che si trovava
nel deserto, caserma che era stata un campo di prigionia per i prigionieri
tedeschi. Il luogo è diventato un gigantesco museo all’aperto di arte
minimalista e di land art.
Judd inserisce dei parallelepipedi alti circa 3 metri di base 7 metri, in calcestruzzo, tutti uguali. Sono
vuoti all’interno. Questi oggetti sono stati collocati in un avvallamento e l’insieme è lungo quasi 2
km. Visti dall’alto creano una strada processionale legata alle stelle.
Dall’alto si ha una visione unitaria, scendendo e avvicinandosi a seconda delle ore del giorno l’aspetto
di questi parallelepipedi cambia perchè le superfici lisce mutano a seconda dell’incidenza della luce
solare. Inoltre, a seconda della posizione da cui si guardano, i parallelepipedi creano dei campi
prospettici e incorniciano il paesaggio come fosse un dipinto.
NB Judd ha utilizzato la prospettiva perfetta di Brunelleschi.

Dentro ai capannoni Judd ha aperto delle vetrate e ristrutturato l’interno


inserendo dei moduli, cento cubi di acciaio (1x1m) ma tutti diversi tra di
loro (hanno tutti delle particolarità diverse). Sono presenze inquietanti,
ordinatissime, perfette, uguali ma diverse come un esercito silente.

LEZIONE 31
ARTE POVERA E TRANSAVANGUARDIA
Si tratta in ambedue i casi di gruppi di artisti (più che di movimenti) creati agli inizi degli anni ‘70. La
nascita di questi gruppi, come era successo per il Novecento della Sarfatti, fu determinata dalla critica
che si prese la guida di dare una ‘’etichetta’’ a questi artisti.
Tra questi critici ricordiamo Germano Celant (per l’arte povera) e Achille Bonito Oliva (per la
transavanguardia).
Caratteri dell’arte povera (così chiamata da Celant):
- utilizzo di materiali non artistici in senso tradizionale
- sono per la maggior parte delle installazioni
- contemporaneità
- diventa un’arte internazionale
- arte concettuale

Caratteri transavanguardia:
- recupero della pittura
- polemica contro un avanguardismo che aveva demolito la figura
- 5 artisti che recuperano la tela, la tavolozza e la pittura.
- matrice più evidente: espressionismo

Questi due fenomeni non esistono più perchè oggi l’arte contemporanea si è sbriciolato in infiniti
orizzonti.

Nel 1967 Germano Celant pubblica su una rivista italiana di arte contemporanea un articolo intitolato
‘’Arte povera. Appunti per una guerriglia’’ → è la sintesi di tensioni artistiche dove la definizione
di arte povera indica la volontà teorica di portare l’arte fuori dagli atelier e fuori dalle gallerie (dal
commercio, dal mercato dell’arte) per portarla dentro la realtà delle strade, delle fabbriche, delle
scuole, delle proteste.
L’arte deve diventare uno strumento di azione culturale e politica. Celant aveva colto i segnali di
qualcosa che stava cambiando profondamento nel tessuto italiano dell’epoca.

1965 Mario MERZ, Che fare? - uno dei maestri dell’arte povera.
Viene ripreso l’uso del neon (materiale industriale che può essere
modellato). La parola è il soggetto dell’opera, sospesa su un
contenitore di cera d’api.
Da un lato è una domanda nei confronti dello spettatore (è un mezzo di
comunicazione). Dall’altro lato è anche una domanda all’arte: cosa fare
ora dopo la crisi della figura dovuta alle avanguardie e
all’informale?

1984 Il volo dei numeri (sequenza di Fibonacci) - il comune di Torino iniziò a sostituire le
luci di Natale con delle luci d’artista. Merz scelse la Mole Antonelliana19 su cui esibire la
Sequenza di Fibonacci.
è l’arte concettuale, cioè l’opera d’arte come concetto che deve suscitare dei ragionamento.

1964 PISTOLETTO, Uomo con pantaloni gialli - l’artista ragiona


sull’opera d’arte come specchio. Sono delle lastre di metallo sulle quali
l’artista incolla delle sagome grandi come un uomo vero.

19
sinagoga ottocentesca ebraica
1967-70 Venere degli stracci - è una installazione che consiste in una copia di una statua classica
(Venere nuda) in gesso o in polistirolo (simula una materia pregiata) collocata in modo non
tradizionale: è girata. Già questa operazione nega il valore normativo della scultura. La venere inoltre
è girata in mezzo a un ammasso di stracci. Gli stracci che evocano tutta una serie di questioni
politiche ed economiche si contrappongono alla figura (apparentemente) di valore, classica,
tradizionale, rigorosa.

Pistoletto scrive ‘’il libro del terzo paradiso’’ - il terzo paradiso è un simbolo disegnato dall’artista
riconfigurando il simbolo dell’infinito, un ideale superamento del conflitto distruttivo.

1966 PASCALI, Decapitazione della scultura - in realtà sta a metà strada tra il New Dada e l’Arte
povera. La scultura sembra un gigantesco insetto a cui lui taglia la testa.

1966 BOETTI, Rotolo di cartone ondulato - il titolo dell’opera dice esattamente ciò
che lo spettatore vede. Ma l’artista ha trasformato il rotolo tirandolo dal centro per
cui alla fine il rotolo evoca una scultura, una torre, un pilastro, una figura.

Lampada annuale - si accende per pochi secondi una volta all’anno. è


espressione dell’idea di avvenimento.

Io che prendo il sole a Torino il 19 gennaio 1969 - il corpo è costituito da


panini di cemento che creano una sagoma antropomorfa. L’unica variante
presente è che sulla testa è appoggiata una farfalla gialla, unico elemento
‘’credibile’’ che ricorda una giornata estiva.

1969 JANNIS KOUNELLIS, L’Attico, Cavalli - non espone delle opere


realizzate da lui, ma espone dei cavalli (veri). L’arte è portare la realtà
all’interno di uno spazio (è un’operazione concettuale).

1968 FABRO, Italia rovesciata - rappresentazione della penisola italiana nei


modi più vari. Crea contrasto, disequilibtio, inconsuetudine.

1968 ANSELMO, Torsione - è una reminiscenza dell’ideale


del movimento, della compenetrazione, dei futuristi. Questo è un gancio fissato al
muro in cui ha inserito un tessuto e al tessuto ha legato una sbarra di ferro che ha
girato finchè poteva. L’oggetto è immobile, il movimento è bloccato, ma all'interno
di sè ha concentrato una forza di torsione: se si dovesse sganciare il gancio la
tensione farebbe ruotare vorticosamente la sbarra.

1968 Scultura che mangia - è ancora un ragionamento delle tensioni che da un momento
all’altro potrebbero scatenarsi, sulla potenza in tensione. Essendo l’insalata degradabile,
l’opera deve essere continuamente controllata sostituendo la verdura.

Energia e tempo sono i due elementi di Anselmo.

1970 Infinito foto - l’artista sembra immerso nell’infinito (il bianco e nero aiuta alla resa
dell’idea).
PAOLINI, Mimesis - utilizza riferimenti alla tradizione classica ma creando delle situazioni
ambigue. Il titolo riprende il termine greco: è l’utilizzo di coppie in gesso della Venere di Fidia,
collocate su due basamenti in modo tale che le due figure si guardino negli occhi, diventando una il
riflesso (la mimesis) dell’altra → ma quale delle due è la realtà e quale delle due è imitazione.

PENONE (artista a cavallo anche con la Land Art) - opera che riprende il tronco di un albero
abbattuto al cui interno l’artista ha scavato sagomando un piccolo albero al suo interno, restituendo
la sua anima, la sua essenza, al tronco tagliato.

ARIENTI (nato nel 1961) - il suo stile si basa sulla rielaborazione di materiali e oggetti di uso
quotidiano. Crea delle installazioni, delle ambientazioni, dove lo spettore entra, si interroga e si
emoziona.

AURELIO FORTI (nato nel 1954) - non accetta più una limitazione dell’arte al solo aspetto visivo (in
questo è un po’ vicino a Fluxus).

TRANSAVANGUARDIA - ciò che coglie subito è il recupero della


pittura.
1984-88 CUCCHI, La deriva del vaso - ricca policromia di
derivazione espressionista.

1986 Paesaggio barbaro - teschi, paesaggio barbaro, uccesso di fuoco.


Sono opere che mettono insieme favole, mito, fantasia tutto con dei
colori accesi forti tipici delle correnti espressioniste tedesche.

PALADINO, Il visitatore - riprende il famoso dipinto Las Meninas di Velazquez.

1990 Montagna di sale - scultura con base in legno su cui viene fissato del sale sul
quale fissa sagome di cavalli di legno dipinti di nero. Cosa è? Il resto di una
battaglia.

Come Cucchi, anche Paladino riprende un mondo arcaico, passato.

SPUNTI SUI LINGUAGGI CONTEMPORANEI


JOSEPH BEUYS Chair - una sedia posta su un basamento, sulla parete una
foto della sedia in bianco e nero e un pannello in cui è riprodotto il lemma
‘’Chair’’. Tutto ciò che noi vediamo è sempre la stessa cosa, una sedia, ma
allo stesso tempo non è una sedia o meglio, non lo è secondo il suo utilizzo. è
l’idea di Magritte: il tradimento delle immagini (è un’opera concettuale).

Come spiegare la storia dell’arte ad una lepre? - è un po’ il tema dell’arte


contemporanea, l’arte contemporanea va spiegata? Perchè la maggior parte
delle persone dice che non capisce l’arte contemporanea? Il pubblico
contemporaneo non comprende un’espressione artistica che in realtà altro non è che l’espressione di
quel mondo contemporaneo. Volenti o nolenti siamo in un mondo relativistico, non più imitativo.

BANSKY - anche l’anonimato è una forma d’arte.


L’uccisione della cabina telefonica - l’evoluzione della tecnologia della comunicazione ha ucciso la
cabina telefonica (vecchia).

Ólafur Elíasson The Weather Project 2003

SECESSIONI
I l termine Secessione, che significa separazione, distacco, indica una serie di situazioni
artistico-culturali che vengono coagulandosi negli anni novanta dell’Ottocento in area
tedesco-austriaca. Il fenomeno riguarda d’acchito la pittura poiché il distacco, la secessione appunto,
avviene da parte di un gruppo di giovani artisti nei confronti dei maestri e delle regole, considerate
superate, delle accademie di belle arti.
La prima Secessione è quella di Monaco di Baviera nel 1892.
Non altrettanto vivace è invece il clima artistico, dominato dal gusto di stampo accademico e
tradizionale di cui la Künstlerhaus, associazione di artisti della città, si fa portavoce. Negli anni
novanta, tuttavia, il clima muta radicalmente. Nel 1896, a causa della ferma opposizione ai nuovi
linguaggi, si verifica la definitiva rottura all’interno della Künstlerhaus: un gruppo di artisti guidato da
Gustav Klimt abbandona l’associazione per fondare, nel 1897, la Secessione viennese.
Dopo l’atto di fondazione della nuova associazione, di cui Klimt è presidente effettivo, la città di
Vienna concede al gruppo un’area nella quale edificare la propria sede: nasce così il Palazzo della
Secessione, realizzato da Josef Maria Olbrich tra il 1897 e il 1898. Dal 1898 al 1900 la Secessione
viennese organizza sei esposizioni, presentando al pubblico le opere dei simbolisti belgi, francesi,
tedeschi, dei divisionisti italiani, in particolare Segantini, molto amato da Klimt, e una produzione di
oggetti ispirati al gusto Art Nouveau.

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