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(NOTO)
Il Barocco nel meridione d’Italia arriva un po’ in ritardo, verso la fine del Seicento.
Ha delle caratteristiche diverse dal Barocco italiano ed europeo, perché si unisce all’arte
Normanna già esistente nell’isola e all’originalità degli artisti locali.
La città di Noto venne ricostruita sotto la guida del Duca di Camastra che, per motivi di
sicurezza, la fece ricostruire otto kilometri più a valle, lontana dunque dalla Noto Antica di
struttura medioevale e normanna.
Per la ricostruzione della città vennero chiamati ingegneri militari, matematici e architetti
importanti. Il nuovo piano urbanistico (cioè l’organizzazione degli spazi) aveva strade più
ampie e rettilinee, dunque sicure in caso di crolli, vennero aumentate le dimensione degli
spazi pubblici come piazze e slarghi
si fece riferimento al Sistema cardo decumanico (cioè venne costruita come se fosse
una scacchiera, a griglia, cioè con incroci di strade, con una strada principale più larga –
Corso Vittorio Emanuele).
Lungo il corso principale, Corso Vittorio Emanuele, che è la via principale, ci sono una
serie di edifici barocchi, e tre piazze sulle quali si affacciano delle chiese.
Al centro della città, c’è piazza Municipio, che può essere definita come un quadro barocco
composto da tanti piccoli capolavori.
Da una parte c’è la Cattedrale di San Nicolò (simbolo della centralità religiosa) e di fronte
il Palazzo Ducezio, sede del Comune (simbolo dell’autorità civile). Vennero costruiti uno
di fronte l’altra volutamente, per rappresentare i due poteri.
Vicino a piazza Municipio, c’è via Nicolaci e il suo bellissimo Palazzo Nicolaci (oggi ospita
al suo interno la Biblioteca Comunale). È il più importante palazzo barocco di Noto,
caratterizzato da balconi “panciuti”, cioè hanno delle forme arrotondate e sinuose e sono
sostenuti da figure grottesche in pietra. (vedi immagini 9-10-11-12)
La facciata del palazzo è stata pensata per stupire, per questo è ricca di dettagli: cavalli,
leoni, maschere, sirene e il ritratto del padrone di casa, il barone Giacomo Nicolaci, che
regge nella sinistra un flauto, simbolo di saggezza.
È costruito in pietra arenaria, ricavata a Ispica. È una pietra morbida, è soggetta all’usura
nel tempo, e quindi rischia di rovinarsi e sgretolarsi.