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Scuola Statale Italiana di Madrid – Liceo Scien2fico “E.

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Corso di Disegno e Storia dell’Arte – Prof. Antonio Mar7re

romanica. Per questo mo0vo la datazione dei capitelli dell!abbazia di Cluny ha creato non pochi problemi.

Probabilmente lo s0le di queste opere è riconducibile alla tradizione dei maestri ar0giani che lavoravano l!avorio e

che erano maggiormente lega0 alla tradizione colta carolingia. Secondo lo storico dell!arte statunitense Meyer

Shapiro, lo scultore dei capitelli di Cluny è riuscito abilmente a reinterpretare la tradizione classica, fondendo il

"disegno complesso delle ar0 preziose dell!altare con la plas0cità […] degli intagliatori in pietra d!architeDura”.

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• 3.3 Lo s2le romanico nell!Italia se<entrionale

Lo sviluppo dell!architeDura romanica nell’Italia seDentrionale segue dei percorsi differen0. Se, infaK, l’area

emiliano lombarda è legata nelle forme e negli s0li maggiormente al romanico originale d’Oltralpe, a Venezia si
assiste ad una commis0one con la cultura bizan0na, grazie alla sua apertura verso l’Oriente dovuta ai traffici
commerciali.

# 3.3.1 La basilica di sant!Ambrogio a Milano

La basilica di sant!Ambrogio può essere considerata la madre delle chiese romaniche in Italia. Il primo progeDo

della basilica, di fondazione paleocris0ana, risale al IX secolo. La 0pologia previsto da tale progeDo era conforme

ai modelli paleocris0ani, con tre navate e tre absidi. Quando, nel corso dell!XI secolo, la chiesa è stata ricostruita, è

stata rispeData l!assenza del transeDo ed il sistema a tre absidi. L!elemento che colpisce di più è sicuramente il

grande quadripor0co, le cui dimensioni sono commensurabili con quelle della chiesa. Anche le divisioni degli spazi

risultano iden0che nel por0co e nella basilica; ma mentre all!interno l!elemento predominante è la forte

penombra, il quadripor0co è completamente immerso nella luce, essendo uno spazio aperto. L!elemento

architeDonico che fa da tramite tra ques0 due spazi, tanto simili nell!impianto planimetrico quanto diversi

nell!aspeDo, è la facciata della basilica che presenta, superiormente al nartece, lato frontale del por0co, un

loggiato alto e profondo. Secondo Argan il "contrasto aperto-chiuso o luce-penombra a parità di grandezza e di

struDura rifleDe la duplice funzione urbana, religiosa e civile, della chiesa”. Questo duplice aspeDo, che in

sant!Ambrogio è messo in evidenza aDraverso l!architeDura stessa della basilica, è 0pico per le chiese delle società

medioevali. La ricostruzione delle navate nella seconda metà dell!XI secolo ha dato alla basilica l!aspeDo aDuale.

Planimetricamente la navata principale è stata suddivisa in quaDro campate, ad ognuna delle quali corrispondono
due campate per le navate laterali. Gli elemen0 che segnano il ritmo delle campate principali sono dei grandi
pilastri composi0, ognuno dei quali è modellato plas0camente per poter accogliere le spinte di tre dei sei archi
delle volte a crociera sovrastan0. Tra ogni coppia di pilastri, nella parte laterale delle campate, si aprono quaDro

archi, due corrisponden0 al diaframma tra nave principale e nave laterale, e un!altra coppia corrispondente ai

matronei superiori. La forma architeDonica assume valore, nella chiesa di sant!Ambrogio, dall!evidenza

dell!impianto struDurale; e la luce gioca in tal senso un ruolo fondamentale. L!illuminazione della chiesa di

sant!Ambrogio proviene esclusivamente dalla facciata sul quadripor0co e dal 0burio, aggiunto solo verso la fine

del XII secolo. Le finestre che si affacciano sul quadripor0co donano un!illuminazione assiale che meDe

fortemente in evidenza le struDura dei pilastri composi0 ed in generale gli spigoli vivi delle par0 struDurali; il
risalto degli elemen0 struDurali risulta ancora più evidente a causa delle for0 zone di penombra corrisponden0

alle navate laterali e ai matronei superiori. Il "significato” dell!architeDura in sant!Ambrogio, che risiede nel gioco

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di spinte e controspinte delle par0 struDurali, messe chiaramente in evidenza plas0camente dal gioco di luci, è un

traDo "emblema0co” della produzione romanica lombarda.

# 3.3.2 La chiesa di san Michele a Pavia

La chiesa di San Michele a differenza di sant!Ambrogio, pur presentando con quest!ul0ma alcune affinità

nell!impianto planimetrico con tre navate ma due sole campate, ha uno sviluppo maggiore in altezza. Inoltre, la

facciata è una superficie quasi con0nua, le cui uniche profondità si esprimono aDraverso la loggeDa di
coronamento. San Michele godeDe di grande pres0gio in epoca medioevale, essendo fortemente legata al potere
imperiale: accolse, infaK, l'incoronamento di vari sovrani come Berengario I e Federico Barbarossa. Nel corso del

XII secolo fu ricostruita, assumendo l!aspeDo aDuale. Il pres0gio di cui godeva la chiesa è evidenziato dal forte uso

di un materiale dal notevole effeDo croma0co come l!arenaria. La scelta dell!arenaria era deData dalla necessità di

donare alla chiesa un aspeDo di lusso e farla risaltare all!interno della cornice urbana circostante, in cui l!elemento

primario u0lizzato era il coDo. A causa dell!estrema morbidezza della pietra arenaria e della sua forte sensibilità

agli agen0 atmosferici, purtroppo i meravigliosi ricami a bassorilievo delle decorazioni scultoreee in facciata sono

sta0 danneggia0 nel corso degli anni. La spiccata semplicità della facciata principale si oppone quasi all!impianto

molto complesso dell!interno. La scelta di una facciata molto semplice, autonoma dall!impianto delle navate

interne, era legata alla necessità di inserire la chiesa nel contesto urbano. La facciata principale si apre, infaK, su
di una strada alquanto streDa; per questo mo0vo il movimento della facciata non è affidato a mo0vi architeDonici,

che avrebbero necessitato di un maggior respiro prospeKco per poter essere apprezza0, bensì all!incredibile

impianto scultoreo, che trasformano la facciata della chiesa quasi in un libro miniato. Una delle caraDeris0che
uniche della chiesa di san Michele risiede nel transeDo, che cos0tuisce quasi una chiesa autonoma inserita

trasversalmente rispeDo alla chiesa principale. Il transeDo possiede, infaK, un!unica apertura a nord su di una

grande piazza, mentre a sud termina con un!abside ricavata nello spessore della parete. All!interno la chiesa è

suddivisa in tre navate. La zona absidale è ricavata sulla cripta soDostante e risulta sopraelevata rispeDo alla parte
restante del complesso. Lungo la navata principale, coperta con ardite volte a crociera, rimaneggiate,
probabilmente, più volte nel corso dei secoli, si aprono le struDure percorribili dei matronei e delle gallerie, che

consentono l!accesso al soDoteDo ed alla parte esterna dell!abside. All!incrocio tra navata principale e transeDo si

eleva un 0burio molto alto, elemento 0pico del romanico lombardo. Altra caraDeris0ca ricorrente nelle chiese

romaniche e che ritroviamo in san Michele è l!immenso repertorio figura0vo dell!impianto scultoreo che

arricchisce non solo la facciata, come già abbiamo osservato, ma anche i capitelli e gli archi dell!interno.

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# 3.3.3 La chiese di sant!Abbondio e san Fedele a Como

Nella chiesa di sant!Abbondio, datata intorno alla fine del secolo XI, la tradizione lombarda si fonde con quella

tedesca creando un modello molto diverso da quello milanese di sant!Ambrogio. La chiesa si presenta in pianta

con cinque navate; le laterali sono separate tra loro da colonne, mentre al0 pilastri cilindrici scandiscono il ritmo

della navata principale. La copertura è a travi, ma l!abside è scandita da costoloni. Così come nelle caDedrali di

Aosta e di Ivrea, ai la0 del coro si ergono due grosse torri. Inoltre, seguendo l!esempio del duomo di Spira, oltre

all!abside principale sono ricavate altre quaDro absidi nello spessore del muro.

San Fedele, del XII secolo, presenta un esempio differente, che dimostra l!ancor viva presenza di tradizioni tardo-

an0che. Sull!impianto basilicale della corta navata principale si innesta un transeDo lobato molto largo che

trasforma completamente l!asseDo longitudinale in schema centrale. Questa soluzione ha dei riscontri in Renania,

ma non ne troverà altri in Italia, rimanendo dominante, nella nostra penisola, lo schema basilicale.

# 3.3.4 La ca<edrale di Modena


Gli esempi derivan0 dalla prima fase del romanico emiliano che ci sono pervenu0 sono ben pochi, a causa del
terremoto del 1117 che distrusse gran parte delle costruzioni. Un esempio eccellente è rappresentato dalla

caDedrale di Modena, costruita dal 1099 al 1106 dal lombardo Lanfranco. L!impostazione della chiesa si differenzia

notevolmente dagli esempi lombardi. All!architeDura di massa, che era un traDo 0pico del primo romanico, nella

caDedrale di Modena si affianca quella di superficie. L!architeDo non cerca di esibire la forza della tecnica; infaK,

rinuncia alla classica copertura con volte a crociera. Le volte aDualmente presen0 risalgono al XV secolo. La

facciata riprende lo sviluppo in altezza dell!interno, diviso in tre navate e coro sopraelevato sulla cripta che si

affaccia con grandi archi in vista sulla navata principale. Ciò che colpisce nella facciata è il ritmo delle arcate, che si
alternano in più larghe e più streDe, creando una galleria che taglia il fronte e prosegue lungo i fianchi. I vari archi
principali della galleria accolgono nel loro interno tre archi minori che dividono lo spazio in tre par0 uguali. Questo

mo0vo è rispreso all!interno in corrispondenza degli affacci sulla navata principale dei fin0 matronei. La ricerca di

una nuova metrica composi0va che ritroviamo nella caDedrale di Modena trova ulteriori esempi anche in altre
architeDure romaniche emiliane e padane.
$ 3.3.4.1 Wiligelmo e il primo rilievo della Genesi

Accanto all!opera di Lanfranco si dis0ngue, nella caDedrale di Modena, quella legata alla decorazione

scultorea di Wiligelmo. Non è stato ancora accertato se i due ar0s0 avessero collaborato nel can0ere anche

per le par0 architeDoniche. Nella facciata del duomo è presente un!epigrafe sorreDa dai rilievi dei due profe0

Enoc e Elia in cui sono elogiate in un dis0co elegiaco in la0no le opere dello scultore. L!uso dei due profe0

vuole conferire all!opera di Wiligelmo l!immortalità, simbolo incarnato appunto da Enoc ed Elia, per essere

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sta0 assun0 in cielo direDamente, superando la morte. Le realizzazioni più note di Wiligelmo per il duomo di
Modena sono i quaDro rilievi della Genesi in facciata. Di Wiligelmo sono, inoltre, i cita0 rilievi con i due

profe0, che reggono la lastra commemora0va della fondazione della caDedrale, essendo posteriore l!epigrafe

dedicata allo scultore, ed i rilievi del portale maggiore. Nei rilievi della genesi l!ar0sta riesce a conferire alle

figure che emergono dal fondo un forte senso di plas0cità. La maledizione e la colpa per il peccato dei

progenitori dell!uomo sono fortemente soDolineate, ma allo stesso tempo è evidenziata la possibilità del

riscaDo aDraverso il lavoro. È questa una 0pica visione della società romanica, in cui l!opera creatrice

dell!uomo ed in generale l!esperienza lavora0va assumono grande importanza, essendo viste come il

proseguimento naturale dell!opera creatrice di Dio. Nel primo rilievo della genesi sono presen0 quaDro scene

in successione. L!elemento che colpisce immediatamente è il contrasto tra l!essenzialità della composizione e

la minuziosità scultorea di alcuni par0colari. La prima scena raffigura il divino Creatore racchiuso in una
mandorla sorreDa da due angeli. Segue una raffigurazione di Adamo che, soDo la mano di Dio, fleDe
leggermente le sue ginocchia. La terza scena è dedicata alla creazione di Eva da una costola di Adamo, il quale

è raffigurato giacente presso un corso d!acqua. Se analizziamo proprio il traDo delle acque no0amo come sia

ripreso perfeDamente il classico s0le grafico della scultura romanica, dalla forte connotazione simbolica e

poco naturalis0ca. Nell!ul0ma scena si assiste al peccato originale. È qui forse che meglio si esprime il genio di

Wiligelmo, grazie alla rappresentazione non solo della forza plas0ca di corpi che emergono fortemente dal

fondo, ma anche dell!espressività dei due vol0 di Adamo ed Eva. Gli effeK di chiaroscuro presen0 nel rilievo

sono fortemente accentua0 dall!uso del trapano. A coronazione di tuDa la scena c’è uno splendido fregio a

palmeDe di evidente ispirazione classica, così come classica è l!ispirazione per il sistema di archeK e colonne

che scandisce il ritmo delle varie scene in successione.

# 3.3.5 Antelami e la "Deposizione dalla Croce” nel duomo di Parma

BendeDo Antelami è stato uno degli ar0s0 più celebri aKvi in Italia verso la fine del XII secolo. Fu architeDo e
scultore e le sue opere mostrano uno streKssimo ed armonioso legame tra architeDura e scultura. Antelami

operò prevalentemente a Parma; il suo nome compare in un!iscrizione in la0no sulla lastra in calcare veronese

della Deposizione dalla Croce, una delle poche opere supers00 della caDedrale andata distruDa nel XVI secolo. Il
nome Antelami deriva probabilmente dai Magistri Antelami, una maestranza di costruDori provenien0 dalla valle

d!Intelvi sul lago di Como. In origine la Deposizione dalla Croce faceva parte di un pon0le della caDedrale, distruDo

nel 1500. La scena è inserita su tre la0 in una cornice realizzata con una tecnica par0colare di intarsio, in cui gli
spazi incisi sono poi colma0 con un impasto a base di argento, piombo, rame e zolfo. Inoltre, nella parte superiore
è presente una decorazione a roseDe molto sporgente. Analizzando il sogge<o osserviamo che il fulcro della

composizione è rappresentato dall!alta croce in tronchi di legno da cui il Cristo sta per essere deposto. Dalla sua

mano sinistra, ancora inchiodata, Nicodemo sta per estrarre il chiodo. Il braccio destro è gia libero ed è sostenuto

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dall!arcangelo Gabriele, che lo consegna nelle mani della Vergine. Giuseppe d!Arimatea sos0ene il corpo di Cristo

con le sue braccia. Tra la figura di Giuseppe e quella di Maria si inserisce la personificazione della chiesa; in
corrispondenza ritroviamo alla sinistra di Cristo la personificazione della sinagoga, il cui capo è chinato

dall!arcangelo Raffaele. Proseguendo la leDura verso destra incontriamo la figura del centurione e in successione

quelle di cinque uomini, che rappresentano forse il popolo ebraico. Infine, in primo piano è presente un gruppo di
solda0 romani sedu0 e inten0 a giocarsi le ves0 di Cristo. Sul lato sinistro della scena troviamo dietro la Vergine la
figura di san Giovanni Evangelista e quelle delle tre Marie. I due medaglioni presen0 in alto sui due la0 della
composizione racchiudono i vol0 della luna e del sole, elemen0 ques0 che esprimono un richiamo alla tradizione
classica. La composizione è scandita dal ritmo serrato delle linee ver0cali, corrisponden0 alle numerose figure

ereDe, e dalla linea orizzontale che, delimitando nella parte superiore l!intera scena, è tangente rispeKvamente ai

due medaglioni, alle ali degli arcangeli ed al braccio della croce. Questo ritmo serrato di ideali spinte orizzontali e
ver0cali è movimentato da una serie di direDrici oblique che seguono uno schema geometrico ben preciso. Il capo
di Cristo e quello della personificazione della sinagoga risultano piega0 entrambi verso sinistra; a questo

movimento si oppongono le inclinazioni dei due corpi di Giuseppe d!Arimatea e di Nicodemo, paralleli fra loro. Un

parallelismo è riscontrabile anche nelle posture del braccio destro di Cristo, di Giuseppe, di Nicodemo e

dell!arcangelo Raffaele. Anche il gruppo dei solda0 in primo piano esprime il gusto di Antelami per le composizioni

geometriche, potendo infaK essere inscriDo perfeDamente in uno schema piramidale. Ciò che maggiormente

colpisce di questo gruppo è la nota di spiccato realismo che l!ar0sta ha voluto affiancare al tema del dramma

divino. I solda0 romani sembrano, infaK, completamente astraK da ciò che alle loro spalle si sta compiendo, e
risultano immersi totalmente nella loro azione. Le ascendenze s2lis2che della Deposizione dalla Croce possono
essere ricercate in varie direzioni. Le 0pologie dei vol0, unitamente alla rigida struDura geometrica delle figure
scandite secondo linee ver0cali, derivano dalla tradizione scultorea provenzale, conosciuta da Antelami durante i

suoi soggiorni in Francia. Allo stesso tempo emergono dall!opera for0 legami con la tradizione classica,

puntualizza0 nell!equilibrio della composizione, nelle armature dei solda0 e nelle due figure incorniciate del sole e

della luna.

# 3.3.6 Venezia e la Basilica di san Marco

Lo sviluppo dell!architeDura a Venezia nell!epoca della nascita del romanico segue dei percorsi totalmente

differen0 dal resto dell!Italia. Venezia, con i suoi grandi traffici mariKmi, è streDamente collegata con l!Oriente;

allo stesso tempo la ciDà funge da fulcro tra la cultura bizan0na e la cultura nordica legata allo s0le nascente del

go0co. L!aristocrazia veneziana è un!aristocrazia aperta, faDa di mercan0 fieri, ben diversa quindi dall!aristocrazia

feudataria presente in altre par0 della penisola. Quando, infaK, nel 1063 Venezia decide di ricostruire la basilica di
san Marco, non guarda al nascente e vicino romanico lombardo, ma ben più lontano, alla chiesa dei San7 Apostoli

a Costan7nopoli, che era stata ricostruita nel VI secolo dagli stessi architeK di santa Sofia. Per realizzare l!opera

ardita sono chiama0 persino dei costruDori bizan0ni. L!impianto della basilica di san Marco è a croce greca, con

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quaDro bracci, ognuno dei quali suddiviso in tre navate. All!incrocio tra i due bracci si erge la meravigliosa cupola

aerea principale, cui fanno da cornice altre quaDro cupole minori che riprendono la stessa forma. All!interno gli

spazi sono separa0 da piccole strisce di volte a boDe, che appaiono come grandi archivol0. Nonostante l!impianto

completamente differente da quello di altri esempi italiani dello stesso periodo, san Marco fu una chiesa
romanica, con cripta soDostante ed un impianto scultoreo molto sviluppato; ma, mentre nel romanico lombardo
tuDo era masse, nodi plas0ci, linee marcate che chiaramente esprimevano il gioco di spinte e controspinte tra gli
elemen0 struDurali, in san Marco tuDo si distende, gli angoli si smussano e le superfici si spianano. E sono proprio

le superfici gli elemen0 predominan0 all!interno della basilica, superfici che accolgono lo splendido gioco dei

mosaici e dei marmi. I primi mosaici ad essere realizza0 furono quelli dell!abside e del portale principale, risalen0

all!epoca del doge Domenico Selvo. Lo spiccato linearismo figura0vo, 0pico dell!arte bizan0na, lo ritroviamo nelle

figure dei san0 patroni dell!abside realizzate nel 1094, anno corrispondente alla collocazione delle reliquie di san

Marco. Successivamente a questa prima fase, verso la fine del XII secolo fu decorata la cupola dell!Ascensione con

il mo0vo romanico dell!impersonificazione delle virtù. Seguono i pannelli con le storie di Passione, le altre cupole

e, infine, verso il XIII secolo, le decorazioni del por0co. La splendida facciata a quaDro portali meDe in

comunicazione l!interno della chiesa con la piazza an0stante; essa è separata dal vano della chiesa da una galleria

interna. I profili degli archi sono quasi una proiezione su di un piano delle figure delle cupole, che sembrano

rigonfie d!aria e pronte per volar via dalla copertura, tanto è il senso di leggerezza che trasmeDono. Questo senso

di estrema leggerezza che tuDo l!impianto di san Marco trasmeDe all!osservatore è in0mamente legato alla

condizione veneziana, dove gli edifici sorgono sull!acqua ed hanno fondazioni su pali. Prescindendo da mo0vi di

ordine sta0co Argan ha osservato come "un edificio di masse o volumi […] sarebbe [stato] un controsenso; sospesa

tra acqua ed aria, la costruzione deve librarsi in uno spazio luminoso […]. San marco è il 0pico esempio di

un!architeDura che, visivamente, non pesa sul terreno, ma levita nell!aria”.

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