Documenti di Didattica
Documenti di Professioni
Documenti di Cultura
Fermi”
Corso di Disegno e Storia dell’Arte – Prof. Antonio Mar7re
romanica. Per questo mo0vo la datazione dei capitelli dell!abbazia di Cluny ha creato non pochi problemi.
Probabilmente lo s0le di queste opere è riconducibile alla tradizione dei maestri ar0giani che lavoravano l!avorio e
che erano maggiormente lega0 alla tradizione colta carolingia. Secondo lo storico dell!arte statunitense Meyer
Shapiro, lo scultore dei capitelli di Cluny è riuscito abilmente a reinterpretare la tradizione classica, fondendo il
"disegno complesso delle ar0 preziose dell!altare con la plas0cità […] degli intagliatori in pietra d!architeDura”.
6
Scuola Statale Italiana di Madrid – Liceo Scien2fico “E. Fermi”
Corso di Disegno e Storia dell’Arte – Prof. Antonio Mar7re
Lo sviluppo dell!architeDura romanica nell’Italia seDentrionale segue dei percorsi differen0. Se, infaK, l’area
emiliano lombarda è legata nelle forme e negli s0li maggiormente al romanico originale d’Oltralpe, a Venezia si
assiste ad una commis0one con la cultura bizan0na, grazie alla sua apertura verso l’Oriente dovuta ai traffici
commerciali.
La basilica di sant!Ambrogio può essere considerata la madre delle chiese romaniche in Italia. Il primo progeDo
della basilica, di fondazione paleocris0ana, risale al IX secolo. La 0pologia previsto da tale progeDo era conforme
ai modelli paleocris0ani, con tre navate e tre absidi. Quando, nel corso dell!XI secolo, la chiesa è stata ricostruita, è
stata rispeData l!assenza del transeDo ed il sistema a tre absidi. L!elemento che colpisce di più è sicuramente il
grande quadripor0co, le cui dimensioni sono commensurabili con quelle della chiesa. Anche le divisioni degli spazi
risultano iden0che nel por0co e nella basilica; ma mentre all!interno l!elemento predominante è la forte
penombra, il quadripor0co è completamente immerso nella luce, essendo uno spazio aperto. L!elemento
architeDonico che fa da tramite tra ques0 due spazi, tanto simili nell!impianto planimetrico quanto diversi
nell!aspeDo, è la facciata della basilica che presenta, superiormente al nartece, lato frontale del por0co, un
loggiato alto e profondo. Secondo Argan il "contrasto aperto-chiuso o luce-penombra a parità di grandezza e di
struDura rifleDe la duplice funzione urbana, religiosa e civile, della chiesa”. Questo duplice aspeDo, che in
sant!Ambrogio è messo in evidenza aDraverso l!architeDura stessa della basilica, è 0pico per le chiese delle società
medioevali. La ricostruzione delle navate nella seconda metà dell!XI secolo ha dato alla basilica l!aspeDo aDuale.
Planimetricamente la navata principale è stata suddivisa in quaDro campate, ad ognuna delle quali corrispondono
due campate per le navate laterali. Gli elemen0 che segnano il ritmo delle campate principali sono dei grandi
pilastri composi0, ognuno dei quali è modellato plas0camente per poter accogliere le spinte di tre dei sei archi
delle volte a crociera sovrastan0. Tra ogni coppia di pilastri, nella parte laterale delle campate, si aprono quaDro
archi, due corrisponden0 al diaframma tra nave principale e nave laterale, e un!altra coppia corrispondente ai
matronei superiori. La forma architeDonica assume valore, nella chiesa di sant!Ambrogio, dall!evidenza
dell!impianto struDurale; e la luce gioca in tal senso un ruolo fondamentale. L!illuminazione della chiesa di
sant!Ambrogio proviene esclusivamente dalla facciata sul quadripor0co e dal 0burio, aggiunto solo verso la fine
del XII secolo. Le finestre che si affacciano sul quadripor0co donano un!illuminazione assiale che meDe
fortemente in evidenza le struDura dei pilastri composi0 ed in generale gli spigoli vivi delle par0 struDurali; il
risalto degli elemen0 struDurali risulta ancora più evidente a causa delle for0 zone di penombra corrisponden0
alle navate laterali e ai matronei superiori. Il "significato” dell!architeDura in sant!Ambrogio, che risiede nel gioco
7
Scuola Statale Italiana di Madrid – Liceo Scien2fico “E. Fermi”
Corso di Disegno e Storia dell’Arte – Prof. Antonio Mar7re
di spinte e controspinte delle par0 struDurali, messe chiaramente in evidenza plas0camente dal gioco di luci, è un
La chiesa di San Michele a differenza di sant!Ambrogio, pur presentando con quest!ul0ma alcune affinità
nell!impianto planimetrico con tre navate ma due sole campate, ha uno sviluppo maggiore in altezza. Inoltre, la
facciata è una superficie quasi con0nua, le cui uniche profondità si esprimono aDraverso la loggeDa di
coronamento. San Michele godeDe di grande pres0gio in epoca medioevale, essendo fortemente legata al potere
imperiale: accolse, infaK, l'incoronamento di vari sovrani come Berengario I e Federico Barbarossa. Nel corso del
XII secolo fu ricostruita, assumendo l!aspeDo aDuale. Il pres0gio di cui godeva la chiesa è evidenziato dal forte uso
di un materiale dal notevole effeDo croma0co come l!arenaria. La scelta dell!arenaria era deData dalla necessità di
donare alla chiesa un aspeDo di lusso e farla risaltare all!interno della cornice urbana circostante, in cui l!elemento
primario u0lizzato era il coDo. A causa dell!estrema morbidezza della pietra arenaria e della sua forte sensibilità
agli agen0 atmosferici, purtroppo i meravigliosi ricami a bassorilievo delle decorazioni scultoreee in facciata sono
sta0 danneggia0 nel corso degli anni. La spiccata semplicità della facciata principale si oppone quasi all!impianto
molto complesso dell!interno. La scelta di una facciata molto semplice, autonoma dall!impianto delle navate
interne, era legata alla necessità di inserire la chiesa nel contesto urbano. La facciata principale si apre, infaK, su
di una strada alquanto streDa; per questo mo0vo il movimento della facciata non è affidato a mo0vi architeDonici,
che avrebbero necessitato di un maggior respiro prospeKco per poter essere apprezza0, bensì all!incredibile
impianto scultoreo, che trasformano la facciata della chiesa quasi in un libro miniato. Una delle caraDeris0che
uniche della chiesa di san Michele risiede nel transeDo, che cos0tuisce quasi una chiesa autonoma inserita
trasversalmente rispeDo alla chiesa principale. Il transeDo possiede, infaK, un!unica apertura a nord su di una
grande piazza, mentre a sud termina con un!abside ricavata nello spessore della parete. All!interno la chiesa è
suddivisa in tre navate. La zona absidale è ricavata sulla cripta soDostante e risulta sopraelevata rispeDo alla parte
restante del complesso. Lungo la navata principale, coperta con ardite volte a crociera, rimaneggiate,
probabilmente, più volte nel corso dei secoli, si aprono le struDure percorribili dei matronei e delle gallerie, che
consentono l!accesso al soDoteDo ed alla parte esterna dell!abside. All!incrocio tra navata principale e transeDo si
eleva un 0burio molto alto, elemento 0pico del romanico lombardo. Altra caraDeris0ca ricorrente nelle chiese
romaniche e che ritroviamo in san Michele è l!immenso repertorio figura0vo dell!impianto scultoreo che
arricchisce non solo la facciata, come già abbiamo osservato, ma anche i capitelli e gli archi dell!interno.
8
Scuola Statale Italiana di Madrid – Liceo Scien2fico “E. Fermi”
Corso di Disegno e Storia dell’Arte – Prof. Antonio Mar7re
Nella chiesa di sant!Abbondio, datata intorno alla fine del secolo XI, la tradizione lombarda si fonde con quella
tedesca creando un modello molto diverso da quello milanese di sant!Ambrogio. La chiesa si presenta in pianta
con cinque navate; le laterali sono separate tra loro da colonne, mentre al0 pilastri cilindrici scandiscono il ritmo
della navata principale. La copertura è a travi, ma l!abside è scandita da costoloni. Così come nelle caDedrali di
Aosta e di Ivrea, ai la0 del coro si ergono due grosse torri. Inoltre, seguendo l!esempio del duomo di Spira, oltre
all!abside principale sono ricavate altre quaDro absidi nello spessore del muro.
San Fedele, del XII secolo, presenta un esempio differente, che dimostra l!ancor viva presenza di tradizioni tardo-
an0che. Sull!impianto basilicale della corta navata principale si innesta un transeDo lobato molto largo che
trasforma completamente l!asseDo longitudinale in schema centrale. Questa soluzione ha dei riscontri in Renania,
ma non ne troverà altri in Italia, rimanendo dominante, nella nostra penisola, lo schema basilicale.
caDedrale di Modena, costruita dal 1099 al 1106 dal lombardo Lanfranco. L!impostazione della chiesa si differenzia
notevolmente dagli esempi lombardi. All!architeDura di massa, che era un traDo 0pico del primo romanico, nella
caDedrale di Modena si affianca quella di superficie. L!architeDo non cerca di esibire la forza della tecnica; infaK,
rinuncia alla classica copertura con volte a crociera. Le volte aDualmente presen0 risalgono al XV secolo. La
facciata riprende lo sviluppo in altezza dell!interno, diviso in tre navate e coro sopraelevato sulla cripta che si
affaccia con grandi archi in vista sulla navata principale. Ciò che colpisce nella facciata è il ritmo delle arcate, che si
alternano in più larghe e più streDe, creando una galleria che taglia il fronte e prosegue lungo i fianchi. I vari archi
principali della galleria accolgono nel loro interno tre archi minori che dividono lo spazio in tre par0 uguali. Questo
mo0vo è rispreso all!interno in corrispondenza degli affacci sulla navata principale dei fin0 matronei. La ricerca di
una nuova metrica composi0va che ritroviamo nella caDedrale di Modena trova ulteriori esempi anche in altre
architeDure romaniche emiliane e padane.
$ 3.3.4.1 Wiligelmo e il primo rilievo della Genesi
Accanto all!opera di Lanfranco si dis0ngue, nella caDedrale di Modena, quella legata alla decorazione
scultorea di Wiligelmo. Non è stato ancora accertato se i due ar0s0 avessero collaborato nel can0ere anche
per le par0 architeDoniche. Nella facciata del duomo è presente un!epigrafe sorreDa dai rilievi dei due profe0
Enoc e Elia in cui sono elogiate in un dis0co elegiaco in la0no le opere dello scultore. L!uso dei due profe0
vuole conferire all!opera di Wiligelmo l!immortalità, simbolo incarnato appunto da Enoc ed Elia, per essere
9
Scuola Statale Italiana di Madrid – Liceo Scien2fico “E. Fermi”
Corso di Disegno e Storia dell’Arte – Prof. Antonio Mar7re
sta0 assun0 in cielo direDamente, superando la morte. Le realizzazioni più note di Wiligelmo per il duomo di
Modena sono i quaDro rilievi della Genesi in facciata. Di Wiligelmo sono, inoltre, i cita0 rilievi con i due
profe0, che reggono la lastra commemora0va della fondazione della caDedrale, essendo posteriore l!epigrafe
dedicata allo scultore, ed i rilievi del portale maggiore. Nei rilievi della genesi l!ar0sta riesce a conferire alle
figure che emergono dal fondo un forte senso di plas0cità. La maledizione e la colpa per il peccato dei
progenitori dell!uomo sono fortemente soDolineate, ma allo stesso tempo è evidenziata la possibilità del
riscaDo aDraverso il lavoro. È questa una 0pica visione della società romanica, in cui l!opera creatrice
dell!uomo ed in generale l!esperienza lavora0va assumono grande importanza, essendo viste come il
proseguimento naturale dell!opera creatrice di Dio. Nel primo rilievo della genesi sono presen0 quaDro scene
in successione. L!elemento che colpisce immediatamente è il contrasto tra l!essenzialità della composizione e
la minuziosità scultorea di alcuni par0colari. La prima scena raffigura il divino Creatore racchiuso in una
mandorla sorreDa da due angeli. Segue una raffigurazione di Adamo che, soDo la mano di Dio, fleDe
leggermente le sue ginocchia. La terza scena è dedicata alla creazione di Eva da una costola di Adamo, il quale
è raffigurato giacente presso un corso d!acqua. Se analizziamo proprio il traDo delle acque no0amo come sia
ripreso perfeDamente il classico s0le grafico della scultura romanica, dalla forte connotazione simbolica e
poco naturalis0ca. Nell!ul0ma scena si assiste al peccato originale. È qui forse che meglio si esprime il genio di
Wiligelmo, grazie alla rappresentazione non solo della forza plas0ca di corpi che emergono fortemente dal
fondo, ma anche dell!espressività dei due vol0 di Adamo ed Eva. Gli effeK di chiaroscuro presen0 nel rilievo
sono fortemente accentua0 dall!uso del trapano. A coronazione di tuDa la scena c’è uno splendido fregio a
palmeDe di evidente ispirazione classica, così come classica è l!ispirazione per il sistema di archeK e colonne
BendeDo Antelami è stato uno degli ar0s0 più celebri aKvi in Italia verso la fine del XII secolo. Fu architeDo e
scultore e le sue opere mostrano uno streKssimo ed armonioso legame tra architeDura e scultura. Antelami
operò prevalentemente a Parma; il suo nome compare in un!iscrizione in la0no sulla lastra in calcare veronese
della Deposizione dalla Croce, una delle poche opere supers00 della caDedrale andata distruDa nel XVI secolo. Il
nome Antelami deriva probabilmente dai Magistri Antelami, una maestranza di costruDori provenien0 dalla valle
d!Intelvi sul lago di Como. In origine la Deposizione dalla Croce faceva parte di un pon0le della caDedrale, distruDo
nel 1500. La scena è inserita su tre la0 in una cornice realizzata con una tecnica par0colare di intarsio, in cui gli
spazi incisi sono poi colma0 con un impasto a base di argento, piombo, rame e zolfo. Inoltre, nella parte superiore
è presente una decorazione a roseDe molto sporgente. Analizzando il sogge<o osserviamo che il fulcro della
composizione è rappresentato dall!alta croce in tronchi di legno da cui il Cristo sta per essere deposto. Dalla sua
mano sinistra, ancora inchiodata, Nicodemo sta per estrarre il chiodo. Il braccio destro è gia libero ed è sostenuto
10
Scuola Statale Italiana di Madrid – Liceo Scien2fico “E. Fermi”
Corso di Disegno e Storia dell’Arte – Prof. Antonio Mar7re
dall!arcangelo Gabriele, che lo consegna nelle mani della Vergine. Giuseppe d!Arimatea sos0ene il corpo di Cristo
con le sue braccia. Tra la figura di Giuseppe e quella di Maria si inserisce la personificazione della chiesa; in
corrispondenza ritroviamo alla sinistra di Cristo la personificazione della sinagoga, il cui capo è chinato
dall!arcangelo Raffaele. Proseguendo la leDura verso destra incontriamo la figura del centurione e in successione
quelle di cinque uomini, che rappresentano forse il popolo ebraico. Infine, in primo piano è presente un gruppo di
solda0 romani sedu0 e inten0 a giocarsi le ves0 di Cristo. Sul lato sinistro della scena troviamo dietro la Vergine la
figura di san Giovanni Evangelista e quelle delle tre Marie. I due medaglioni presen0 in alto sui due la0 della
composizione racchiudono i vol0 della luna e del sole, elemen0 ques0 che esprimono un richiamo alla tradizione
classica. La composizione è scandita dal ritmo serrato delle linee ver0cali, corrisponden0 alle numerose figure
ereDe, e dalla linea orizzontale che, delimitando nella parte superiore l!intera scena, è tangente rispeKvamente ai
due medaglioni, alle ali degli arcangeli ed al braccio della croce. Questo ritmo serrato di ideali spinte orizzontali e
ver0cali è movimentato da una serie di direDrici oblique che seguono uno schema geometrico ben preciso. Il capo
di Cristo e quello della personificazione della sinagoga risultano piega0 entrambi verso sinistra; a questo
movimento si oppongono le inclinazioni dei due corpi di Giuseppe d!Arimatea e di Nicodemo, paralleli fra loro. Un
parallelismo è riscontrabile anche nelle posture del braccio destro di Cristo, di Giuseppe, di Nicodemo e
dell!arcangelo Raffaele. Anche il gruppo dei solda0 in primo piano esprime il gusto di Antelami per le composizioni
geometriche, potendo infaK essere inscriDo perfeDamente in uno schema piramidale. Ciò che maggiormente
colpisce di questo gruppo è la nota di spiccato realismo che l!ar0sta ha voluto affiancare al tema del dramma
divino. I solda0 romani sembrano, infaK, completamente astraK da ciò che alle loro spalle si sta compiendo, e
risultano immersi totalmente nella loro azione. Le ascendenze s2lis2che della Deposizione dalla Croce possono
essere ricercate in varie direzioni. Le 0pologie dei vol0, unitamente alla rigida struDura geometrica delle figure
scandite secondo linee ver0cali, derivano dalla tradizione scultorea provenzale, conosciuta da Antelami durante i
suoi soggiorni in Francia. Allo stesso tempo emergono dall!opera for0 legami con la tradizione classica,
puntualizza0 nell!equilibrio della composizione, nelle armature dei solda0 e nelle due figure incorniciate del sole e
della luna.
Lo sviluppo dell!architeDura a Venezia nell!epoca della nascita del romanico segue dei percorsi totalmente
differen0 dal resto dell!Italia. Venezia, con i suoi grandi traffici mariKmi, è streDamente collegata con l!Oriente;
allo stesso tempo la ciDà funge da fulcro tra la cultura bizan0na e la cultura nordica legata allo s0le nascente del
go0co. L!aristocrazia veneziana è un!aristocrazia aperta, faDa di mercan0 fieri, ben diversa quindi dall!aristocrazia
feudataria presente in altre par0 della penisola. Quando, infaK, nel 1063 Venezia decide di ricostruire la basilica di
san Marco, non guarda al nascente e vicino romanico lombardo, ma ben più lontano, alla chiesa dei San7 Apostoli
a Costan7nopoli, che era stata ricostruita nel VI secolo dagli stessi architeK di santa Sofia. Per realizzare l!opera
ardita sono chiama0 persino dei costruDori bizan0ni. L!impianto della basilica di san Marco è a croce greca, con
11
Scuola Statale Italiana di Madrid – Liceo Scien2fico “E. Fermi”
Corso di Disegno e Storia dell’Arte – Prof. Antonio Mar7re
quaDro bracci, ognuno dei quali suddiviso in tre navate. All!incrocio tra i due bracci si erge la meravigliosa cupola
aerea principale, cui fanno da cornice altre quaDro cupole minori che riprendono la stessa forma. All!interno gli
spazi sono separa0 da piccole strisce di volte a boDe, che appaiono come grandi archivol0. Nonostante l!impianto
completamente differente da quello di altri esempi italiani dello stesso periodo, san Marco fu una chiesa
romanica, con cripta soDostante ed un impianto scultoreo molto sviluppato; ma, mentre nel romanico lombardo
tuDo era masse, nodi plas0ci, linee marcate che chiaramente esprimevano il gioco di spinte e controspinte tra gli
elemen0 struDurali, in san Marco tuDo si distende, gli angoli si smussano e le superfici si spianano. E sono proprio
le superfici gli elemen0 predominan0 all!interno della basilica, superfici che accolgono lo splendido gioco dei
mosaici e dei marmi. I primi mosaici ad essere realizza0 furono quelli dell!abside e del portale principale, risalen0
all!epoca del doge Domenico Selvo. Lo spiccato linearismo figura0vo, 0pico dell!arte bizan0na, lo ritroviamo nelle
figure dei san0 patroni dell!abside realizzate nel 1094, anno corrispondente alla collocazione delle reliquie di san
Marco. Successivamente a questa prima fase, verso la fine del XII secolo fu decorata la cupola dell!Ascensione con
il mo0vo romanico dell!impersonificazione delle virtù. Seguono i pannelli con le storie di Passione, le altre cupole
e, infine, verso il XIII secolo, le decorazioni del por0co. La splendida facciata a quaDro portali meDe in
comunicazione l!interno della chiesa con la piazza an0stante; essa è separata dal vano della chiesa da una galleria
interna. I profili degli archi sono quasi una proiezione su di un piano delle figure delle cupole, che sembrano
rigonfie d!aria e pronte per volar via dalla copertura, tanto è il senso di leggerezza che trasmeDono. Questo senso
di estrema leggerezza che tuDo l!impianto di san Marco trasmeDe all!osservatore è in0mamente legato alla
condizione veneziana, dove gli edifici sorgono sull!acqua ed hanno fondazioni su pali. Prescindendo da mo0vi di
ordine sta0co Argan ha osservato come "un edificio di masse o volumi […] sarebbe [stato] un controsenso; sospesa
tra acqua ed aria, la costruzione deve librarsi in uno spazio luminoso […]. San marco è il 0pico esempio di
12