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Le sue origini risalgono ai primi secoli del papato, ma il primo, importante impulso
organico lo riceve durante il pontificato di Niccolò V alla metà del ‘400. Nel 1450, infatti, egli
nominò un umanista del calibro di Giovanni Tortelli 1 responsabile della raccolta libraria, quando
già da alcuni anni i suoi messi viaggiavano per l’Europa e l’Oriente con l’ordine preciso di
acquistare manoscritti per la biblioteca. Alla sua morte, la biblioteca contava 800 codici latini e
350 greci e l’opera di raccolta venne continuata da Paolo II.
L’impulso decisivo venne tuttavia fornito da Sisto IV (1471-1484), che fornì alla
biblioteca il suo primo statuto separato, le destinò un bibliotecario – dapprima Andrea Bussi, poi
Bartolomeo Platina che ricopriva anche la carica di archivista - le riservò quattro sale e la
dichiarò pubblica.
SISTO V E LA BIBLIOTECA.
La costruzione del nuovo edificio bibliotecario è dovuta alla progressiva crescita della
collezione libraria. La fondazione della Biblioteca Vaticana risale infatti a oltre un secolo prima
del pontificato di Sisto V, ed è opera del suo omonimo Sisto IV che nel 1475 la istituì come
1
Si veda G. Mancini. Giovanni Tortelli cooperatore di Niccolò V nel fondare la Biblioteca Vaticana. «Archivio
Storico Italiano» LXXVIII (1920) v. II, p. 161-202.
2
Cesare Baronio, Francesco Barberini, Girolamo Casanate, Domenico Passionei, Angelo Mai e Lucas Holstenius
sono solo alcuni dei nomi che il corpus bibliotecario ha potuto vantare nei secoli.
3
Alfredo Serrai. Breve storia delle biblioteche in Italia. Milano; Sylvestre Bonnard. 2006, p. 93.
1
entità autonoma, fornendola di un suo statuto e di un suo bibliotecario (Bartolomeo Platina 4). La
Biblioteca, 100 anni dopo la fondazione, aveva ormai raggiunto i 20.000 volumi e mancava dello
spazio necessario alla consultazione agevole della raccolta ed alla sua conservazione. Sisto V
dunque concepì il progetto di una nuova sede da costruirsi nel cortile del Belvedere. I lavori
murari iniziarono nel 1587, come testimoniato da una lapide murata nella parte alta del muro del
nuovo edificio che si affaccia sul cortile interno. Dell’anno successivo è la lapide celebrativa
della nuova costruzione affissa alla destra dell’ingresso del Salone.
Nel febbraio del 1589 erano già pronti gli affreschi del Salone; nel maggio del 1590
vengono pagate le invetriate; il trasporto dei libri, opera di due persone, dura dal settembre del
1590 al marzo del 1591.
Il risultato di tale esplosione di energia fu l’allora e per lungo tempo più grande vaso
librario d’Europa, surclassando in dimensioni il salone dell’Escurial e apportando al modello da
questo offerto alcune modifiche nell’organizzazione libraria. I libri vennero sistemati all’interno
di 46 armadi, posti attorno ai pilastri e sotto agli affreschi, così da permettere l’apertura delle
finestre, differentemente dall’Escurial, dove i volumi vennero collocati a vista su scaffali
appoggiati alle pareti.
Il Vaso sistino misura 70.8 metri in lunghezza, 15.6 in larghezza e 9 in altezza. Gli otto
pilastri, due dei quali addossati alle pareti, sostengono le due navate gemelle. Le mura sono
adornate con pitture, decorazioni e iscrizioni, il cui programma iconografico venne elaborato a
grandi linee da Federico Ranaldi5, custode della biblioteca dal 1559 al 1590. La realizzazione dei
soggetti figurativi venne affidata al pittore modenese GIOVANNI GUERRA (1540-1613), mentre
l’orvietano CESARE NEBBIA (1536-1614) ne curò il disegno definitivo. L’ideazione del ciclo
pittorico sembra sia da ascriversi a Federico Ranaldi, il custode bibliotecario dell’epoca, mentre
Silvio Antoniano6 curò la disposizione dei singoli affreschi, oltre alla stesura delle iscrizioni
relative alle biblioteche dell’antichità, mentre quelle relative alle imprese urbanistiche di Sisto V
e ai Concili ecumenici7.
4
Piadena 1421 – Roma 1480.
5
Vittorio Frajese. Il popolo fanciullo. Silvio Antoniano e il sistema disciplinare della controriforma. Milano. 1987,
p. 124-130.
6
Silvio Antoniano (31 dicembre 1540 – 16 agosto 1603), cardinale e letterato italiano.
7
Otto orientali, otto occidentali: quelli orientali appaiono nel salone.
2
Anche in questo caso, la scelta operata per la Vaticana fu totalmente differente da quella
dell’Escorial, dal momento che all’interno di quel vaso librario, pure realizzato negli stessi anni,
i motivi allegorici tradizionali erano stati canonicamente rispettati. Questi cambiamenti
riflettevano l’ideologia controriformista, propria anche di Sisto V, che al riguardo
dell’istituzione-biblioteca si era impegnata a rifondarne valore e significato, collegandoli ed
asservendoli alle verità cristiane e alla loro tutela.
Il nuovo edificio della Biblioteca Vaticana, pur venendo realizzato sotto il pontificato di
Sisto V, ha la sua ispirazione negli auspici di Gregorio XIII. La sua realizzazione avvenne fra il
1587 e il 1588, ad opera di Domenico Fontana 8, e venne scelta come sede la gradinata del
“teatro” di Pio IV, tra il cortile inferiore del Belvedere e il giardino della Pigna.
La locazione non era casuale, bensì meditata: la Biblioteca veniva a prendere il posto del
teatro, luogo di giostre e manifestazioni ritenute da Sisto V disdicevoli 9. L’edificio si articola su
3 livelli: un basso loggiato, raccordato con quelli già esistenti, destinato ad ambienti di servizio
ed appartamenti dei bibliotecari; gli altri due livelli vennero riservati alla biblioteca vera e
propria, soprattutto l’ultimo piano.
8
Domenico Fontana (Melide, 1543 – Napoli, 1607) è stato un architetto svizzero di origine ticinese. Ha operato a
Roma e a Napoli nel tardo Rinascimento. Si recò a Roma prima della morte di Michelangelo e fece profondi studi
sulle opere dei maestri antichi e moderni. Ebbe in particolare la confidenza di Felice Peretti, il cardinale Montalto,
che in seguito divenne Papa Sisto V. Il cardinale nel 1584 lo incaricò di costruire a Santa Maria Maggiore una
cappella laterale, la Cappella Sistina (da non confondere con l'omonima cappella del Vaticano). La nuova cappella
incorporò la Cappella del Presepio di Arnolfo di Cambio. È una meravigliosa struttura a croce greca, ben bilanciata,
nonostante la profusione di particolari ed il sovraccarico di ricchi ornamenti, che in nessun modo interferiscono con
lo schema architettonico principale. È coronata da una cupola nello stile di S. Mario a Montepulciano. La cappella
era destinata ad accogliere la tomba di papa Sisto. Anche Pio V è sepolto qui.Per lo stesso committente costruì il
Palazzo Montalto vicino a Santa Maria Maggiore, con un'abile distribuzione delle masse e con uno schema
decorativo fatto di rilievi e dei festoni, impressionante per l'abilità con cui l'artista ha adattato il progetto allo spazio
a sua disposizione. Dopo il suo accesso al trono di San Pietro come Sisto V, nominò Fontana architetto di San
Pietro, concedendogli, tra altre distinzioni, il titolo di Cavaliere dell'Ordine dello Speron d'Oro Fontana aggiunse la
lanterna alla cupola di san Pietro e propose il prolungamento dell'interno con una navata ben definita.Più rilevanti
furono i cambiamenti che portò a San Giovanni in Laterano (verso il 1586), dove introdusse nella loggia della
facciata settentrionale una imponente doppia arcata di ampio respiro e probabilmente aggiunse il portico a due piani
alla Scala Santa. Fra le costruzioni civili il suo forte stile, con una forte influenza della scuola del Vignola, è
esemplificato meglio dal Palazzo del Laterano (iniziato nel 1586), in cui l'applicazione vigorosa dei principi
strutturali e di una potenza di coordinazione è innegabile, ma anche con una assoluta mancanza di immaginazione e
una monotonia di stile. Era caratteristico di Fontana rimanere soddisfatto con una singola soluzione di un problema
architettonico, come mostra il fatto che ha in seguito riapplicato il motivo del palazzo di Laterano in quella parte del
Vaticano che contiene l'attuale residenza papale e nelle aggiunte al palazzo del Quirinale.Fontana ha inoltre
progettato i bracci trasversali che separano i cortili del Vaticano. Nel 1586 innalzò l'obelisco di Piazza San Pietro, di
cui fa un resoconto nel libro "Della transportatione dell'obelisco Vaticano e delle fabriche di Sisto V" (Roma, 1590).
Inoltre usò la sua conoscenza della statica, che destò allora lo stupore universale, nell'innalzamento di altri tre
obelischi antichi in Piazza del Popolo, in Piazza di S. Maria Maggiore e in Piazza San Giovanni in Laterano.Dopo la
morte del suo patrono, continuò per un certo tempo a lavorare per il suo successore, papa Clemente VIII. Presto,
tuttavia, il malcontento per il suo stile, invidia e l'accusa di essersi appropriato di soldi pubblici, lo spinse a Napoli
dove, oltre alla progettazione dei canali, ha eretto il Palazzo Reale.
9
« La nuova fabbrica doveva sorgere sul sito occupato dai gradoni del cosiddetto Teatro di Belvedere,
congiungendo gli avancorpi dei corridoi est ed ovest che li affiancavano a guisa di quinte. Veniva così tagliato in
due il magnifico cortile (progettato da Bramante sotto Giulio II e realizzato tra il 1503-1513), dove non si sarebbero
potuti ripetere spettacoli come il famoso torneo del 1565, ritenuti dal Papa disdiscevoli alla dignità del Palazzo
Apostolico » (Deoclecio Redig de Campos. I palazzi vaticani. Bologna, 1967).
3
Sisto V volle la realizzazione della nuova Libreria Vaticana anche per rivaleggiare con le
biblioteche del mondo antico e costituirne la più autorevole eredità. Non a caso, nel ciclo
pittorico del salone Sistino, assieme alla Bibliotheca Pontificum appaiono anche la Bibliotheca
Alexandrina e la Bibliotheca Romanorum. In questo modo si pone l’accento sulla continuità
della tradizione bibliotecaria, rappresentando la Libraria papale come la custodia più autorevole
della sapenza cristiana e, assieme, la più veritiera interprete della sapienza antica 10. Ciò è
evidenziato dalla serie dei Litterarum inventores11 che adornano i sei pilastri centrali – a dividere
le due navate - che vanno ad aggiungersi ai due pilastri poggiati al muro che aprono e chiudono
la serie, rispettivamente con Adamo e Cristo. Nonostante la profonda avversione di Sisto V per il
paganesimo, non deve stupire la presenza di queste figure mitiche, dal momento che erano
esposte in luogo pubblico ed asservite ad un progetto allusivo che i selezionati fruitori della
Biblioteca non avrebbero faticato a cogliere.
Proprio la complessità delle decorazioni, la loro lettura a più livelli, indica un destinatario
sicuramente selezionato e di apprezzabile cultura. La Biblioteca dunque doveva essere riservata
ad una cerchia intellettuale di un certo spessore, escludendo il grande pubblico. La divulgazione
dell’intero programma figurativo era comunque garantita dai commentari del Pansa e del Rocca.
Muzio Pansa pubblicò la sua illustrazione della biblioteca quasi un anno prima del Rocca,
bruciandolo sul tempo. Il trattatello, in volgare, è dedicato al cardinale Scipione Gonzaga e
venne pubblicato probabilmente su impulso dello stesso Sisto, compiaciuto per l’opuscolo
poetico dedicatogli dal Pansa nel 158814.
IL VESTIBOLO.
La lettura dell’intero apparato iconografico allusivo della Libraria Vaticana non può che
cominciare dal vestibolo, la stanzetta che introduce all’interno del grande vaso librario. Questo
piccolo locale è caratterizzato da due lapidi e sei dipinti sulle pareti.
Le due lapidi, murate ai lati della porta che immette nel salone, ragguagliano il lettore
presentandogli la biblioteca (lapide di destra) 15 e lo ammoniscono a non sottrarre i volumi (lapide
di sinistra)16.
I sei dipinti, opera probabile di PROSPERO ORSI (1558-1633) e da PAUL BRILL (1554-
1626), sono la prima rappresentazione pittorica dei processi tecnologici e culturali che hanno per
oggetto il libro nei suoi vari aspetti:
Angelica. Papa Clemente VIII nel 1605 lo insignì della carica di Vescovo di Tagaste, città natale di
Sant’Agostino. Morì a Roma nel 1620.
14
Delle glorie di Sisto V. Rime di Mutio Pansa. Roma; Appresso Hieronimo Francini. 1588.
15
«Sixtus V. Pont. Max. Bibliothecam Apostolicam Sanctissimis prioribus illis Pontificibus qui B. Petri vocem
audierunt in ipsis adhuc surgentis Ecclesiae primordiis inchoatam, pace Eccleiae reddita, Laterani institutam a
posterioribus deinde in Vaticanum ut ad usus Pontificios paratior esset , translatam ibique a Nicolao V. auctam , a
Sisto IV. insigniter excultam quo fidei nostrae , et veterum ecclesiasticae disciplinae rituum documenta omnibus
linguis expressa et aliorum multiplex Sacrorum copia librorum conservaretur ad puram et incorruptam fidei, et
doctrinae veritatem perpetua successione in nos derivandam toto terrarum orbe celeberrimam cum loco depresso,
obscuro et insalubri sita esset aula per ampla , vestibulo, cubiculis circum et infra scalis , porticibus, totoque edificio
a fundamentis extructo subselliis ,pluteisq. directis, libris dispositis . in hunc editum, perlucidum , salubrem magisq.
opportunum locum extulit picturis illustribus undique ornavit liberalibusque doctrinis et publicae studiorum utilitati
dicavit anno M.D.LXXXVIII. Pontific. III»
16
«Sixti V. Pont. Max. Perpetuo hoc decreto de libris Vaticanae bibliothecae cnservandis quae infra sunt scripta
hunc in modum sancita sunto inviolateque observantor. Nemini libros, codices, volumina huius Vaticanae
bibliothecae ex ea auferendi, extrahendi aliove asportandi non bibliothecario neque custodibus scribiscq., neque
quibusvis aliis cuiusvis ordinis, ert dignitatis nisi de licentia summi Rom. Pont. Scripta manu facultas esto. Si quis
secus fecerit, libros partemve aliquam abstulerit extraxerit, depresserit, rapseritque concerpserit, corruperit dolo
malo, illico a fidelium communione ejectus maledictus anathematis vinculo colligatus esto a quoquam praeterquam
Rom. Pont. Ne absolvitor»
5
1. Fabbricazione della carta. In una zona si vede lo staccio a fili metallici su cui
viene stesa la pasta, in un’altra i fogli messi ad asciugare.
5. Biblioteca.
LE IMPRESE DI SISTO V
Il ciclo figurativo delle imprese urbanistiche di Sisto, posto nel salone in medaglioni
sormontanti gli affreschi, ha il doppio scopo di documentare il rinnovamento della città e di
esprimere la supremazia della Roma Felix sul passato. Tale supremazia si traduce anche nel
disprezzo delle vestigia del passato, spesso utilizzate come materiali di costruzione oppure
eliminate per fare posto alle nuove costruzioni che servivano alla costruzione di una città
strutturata in funzione liturgica. Sisto fu Sisto perché omnia ruitura sistit, scrisse alla sua morte
l’abate Angelo Grillo17 giocando sulla doppia valenza del verbo sisto-sistere, significante tanto
“sostenere” quanto “porre fine”. Che Sisto così intendesse l’antica città di Roma, al servizio della
cristiana, lo si intende assai bene da molti particolari delle sue imprese dipinte nella Biblioteca:
nella celebrazione della flotta pontificia, infatti, la raffigurazione della Roma felix è posta in
compagnia del Tevere e della lupa con i gemelli. Significativamente, il vecchio fiume e la dea
elmata sono collocati sul monte Vaticano.
Come un nuovo Mosè, Sisto donò alla città abbondanza di cibo e la liberò dalla sete
grazie all’acquedotto Felice. Di queste imprese si coglie traccia nell’Allegoria dell’abbondanza e
l’Acquedotto e Fontana del Mosè lungo la via Pia. Davanti alla fontana sono rappresentati i
lavatoi che il Papa volle come pubblica utilità. Molti furono i tentativi e gli accorgimenti di Sisto
per modernizzare e rendere più vivibile la città, arrivando anche a tentarne la trasformazione in
centro industriale18.
In concomitanza con il dipinto della planimetria della città, anch’esso facente parte del
ciclo delle imprese, viene raffigurata l’allegoria del leone sistino che protegge il gregge e mette
in fuga i lupi rapaci, parallelo evidente di una restauratio morale in corrispondenza di quella
urbanistica.
17
Angelo Grillo. Lettere dal molto reverendo Padre abbade D. Angelo Grillo. Venezia. 1608, p. 298, citato in
Angelo Zuccari. I pittori di Sisto V. Roma; Palombi. 1992, p. 58.
18
Installò una serie di aziende per il trattamento della lana e della seta. Il suo progetto, al tempo lungimirante, non
venne però seguito dai successori.
6
Tra le imprese ricordate, particolare rilievo è dato all’erezione dei quattro obelischi e alla
restaurazione delle due colonne coclidi, la traiana e quella antonina 19, fatte calcare dai piedi delle
due statue di Pietro e Paolo e con una benedizione incisa sul basamento. Gli obelischi invece
sono consacrati alla croce, posta sulla loro sommità come antidoto alle forze del male. Il tema
cruciforme è una costante dell’azione sistina e torna prepotentemente anche nel Salone: tanto gli
angeli sulla volta, quanto gli inventori dei vari alfabeti sui pilastri sono inclusi in cornici a forma
di croce. Gli stessi riquadri raffiguranti le varie imprese di Sisto sono racchiusi da queste
cornici.
La Roma Felix viene dunque liberata da ogni segno di idolatria e restituita al controllo
della vera fede, come testimonia la scelta di rimuovere dalla sommità del Campidoglio il gruppo
scultoreo di Giove tonante tra Apollo e Minerva. In questo caso si assiste al prevalere dello
spirito intransigente dell’inquisitore su quello dell’uomo colto, che pure aveva studiato i classici
e dimostrato di apprezzarli. Scarso è dunque il rispetto per le antiche vestigia romane, eliminate
senza troppi scurpoli o stravolte nella loro essenza fino ad essere ridotte a simboli della
cristianità, come nel caso della Minerva del gruppo scultoreo nelle cui mani venne posta una
grande croce di bronzo, trasformandola così nel simbolo della Roma cristiana.
5. ALLEGORIA DELL’ABBONDANZA
19
Sul basamento della colonna fece incidere: « SIXTVS V PONT MAX// COLVMNAM HANC// COCLIDEM IMP
// ANTONINO DICATAM // MISERE LACERAM // RVINOSAMQ PRIMAE // FORMAE RESTITVIT // A.
MDLXXXIX PONT IV»
7
8. IL PALAZZO E L’OBELISCO AL LATERANO. (1588). Il più grande ed antico obelisco
di Roma (32 m.). Eretto dall’imperatore Costanzo, proveniva dal Circo Massimo.
Alla sua sinistra è riconoscibile la scala santa, a destra le logge della benedizione e
il Battistero.
14. PONTE SISTO E L’OSPIZIO DI S. GIOVANNI CALIBITA , detto dei 100 PRETI.
La parte superiore del ciclo pittorico della Biblioteca è dunque riservata alle imprese di
Sisto, poste in una posizione di preminenza a sottolineare la volontà di controllo del loro
estensore. Il ciclo pittorico più strettamente collegato alla dimensione libraria è però quello che
adorna le pareti e i pilastri del salone, la cui lettura, come si vedrà è a un tempo semplice e
complessa, rimandando ad almeno tre differenti livelli interpretativi.
20
Ferdinando Fuga (Firenze, 1699 – Roma, 1782) è stato un architetto italiano che realizzò a Roma e a Napoli
quasi tutte le sue opere principali. Allievo di Giovanni Battista Foggini, Fuga si stabilì a Roma nel 1718. Nel terzo
decennio del secolo l'architetto si mise in luce con tre progetti che, se non ottennero un successo immediato, ne
misero in mostra l'abilità e la maestria: una proposta per la Fontana di Trevi (1723) e due disegni per facciate di
chiese (San Giovanni in Laterano, 1723, e Santa Maria sopra Minerva, 1725). La facciata della Basilica di Santa
Cecilia in Trastevere preannuncerà quella di Santa Maria Maggiore.
8
La parete sinistra del Salone, come già annotato, è occupata da nove affreschi, otto dei
quali rappresentano le biblioteche dell’antichità tanto profana quanto cristiana, mentre l’ultimo, a
suggellare la posizione di preminenza di chi custodisce la vera dottrina, rappresenta la Libraria
appena costruita.
1. BIBLIOTHECA HEBREA. Della Libraria de gli Hebrei. Nella parte sinistra Mosè
consegna il libro della Legge ai Leviti perché sia riposto nell’Arca del Testamento
e tramandato ai posteri (Deut. 31.26). L’iscrizione che accompagna la scena è la
seguente: Moyses librum Legis Levitibus in tabernaculo reponendum tradit. Nel
secondo riquadro è compreso il brano La biblioteca ripristinata da Esdra. La
scena è accompagnata dall’iscrizione Esdras sacerdos et scriba bibliothecam
sacram restituit. Si allude tanto alla restaurazione del testo del Pentateuco operata
dallo stesso Esdra21, nel libro a lui dedicato, quanto alla biblioteca di cui si fa
accenno in Macch. 2.13. L’autore dell’affresco, visto lo stile, deve essere uno dei
più stretti collaboratori/allievi di Cesare Nebbia
vede graziato.
10
Sybillinos tres, aliis a muliere incensis, tantidem emit. Il secondo riquadro mostra
Augusto in visita presso la Biblioteca Palatina, voluta da lui stesso e fatta
costruire sull’omonimo colle assieme al tempio di Apollo, cui aggiunse, appunto,
portico e biblioteca. Durante la visita, Augusto appare intrattenersi con Virgilio ed
Orazio, i due poeti laureati. L’iscrizione di accompagnamento recita: Augustus
Caesar, Palatina bibliotheca magnifice ornata, viros litteratos fovet.
24
?
«Ultimamente si vede dipinta la Libraria de Pontefici Romani, i quali imitando quei primi Santi Padri, che de libri
sacri hebbero tanta cura l’ampliarono, e la ingrandirono successivamente con tanta diligenza e studio, con quanto
hoggi si vede ornata, et abellita à nostri tempi, e massime nel Pontificato di Sisto V sotto di cui può ben dirsi, che
ella habbia pigliata una nuova forma di vita, e di perfettione: essendo stata da lui in così celebre luogo riposta, e di
tante pitture, e ornamenti quanti di sopra habbiam detto abellita; laonde si può meritamente chiamare la prima, che
sia hoggi in Europa per non dire nel Mondo tutto: perciochè ancor che varij, e diversi Prencipi si siano sforzati ne i
loro stati di farne delle altre, non hanno però giamai potuto arrivare alla gloria, et alla magnificenza di questa, si per
la quantità di libri, che sono in essa ritrovandovisene vicino à dodeci millia pezzi, si anco per la qualità essendo per
la maggior parte originali scritti di mano de proprij authori stessi, sendovene in tutte le sorti di linguaggi scritti, quali
per lo studio e la diligenza de Romani Pontefici sono stati ritrovati» (Muzio Pansa. Della Libraria Vaticana, p. 247).
11
dell’ortodossia e della verità proprio del pontificato. La realizzazione di questo
affresco sarebbe da attribuire ad un allievo del Nebbia, ossia Angelo da Orvieto 25,
di cui sarebbe anche la figura del papa, collocata in parallelo, che affianca il
Cristo del pilastro addossato al muro. L’iscrizione che accompagna l’affresco
recita: Romani pontifices apostolicam bibliothecam magno studio amplificant,
atque illustrant.
La parete destra del Salone è coperta dagli affreschi dei cosiddetti 8 concili orientali, una
serie di sinodi che trova nel corridoio la sua continuazione “occidentale” con altrettanti concili.
La disposizione speculare di questi affreschi rispetto alle biblioteche è estremamente
significativa del messaggio diretto allo spettatore: la conservazione e diffusione del sapere può
avvenire solo a patto che questo sia di natura ortodossa. Per garantire che ciò avvenga, la chiesa
vigila e, quando necessario, interviene per correggere, censurare e restaurare l’unica verità.
25
Tale attribuzione sarebbe corroborata dalla scelta di tratteggiare una figura solida, adorna di panneggi ampi e
brillanti secondo i gusti propri, appunto, di Angelo da Orvieto.
12
Damaso Papa, et Theodosio Sen. Imp. Spiritus Sancti Divinitas propugnatur.
Nefaria Macedonii haeresis extinguitur.
3. CONCILIO DI EFESO. (431) Contro Nestorio che negava che Maria fosse madre di
Dio. Si vedono in luogo più elevato i legati pontifici, tra i quali è riconoscibile
grazie alla mitra e al pallio S. Cirillo patriarca alessandrino. In alto Maria e il
bambino osservano la scena. Sulla sinistra si può notare un pellegrino che portò di
nascosto, per paura dei nestoriani, la lettera che S. Cirillo scrisse a nome del
Concilio ai vescovi. In lontananza si può riconoscere la processione che fecero i
padri efesini. Al centro della scena, simbolicamente e significativamente per il
contesto in cui l’affresco viene a trovarsi, i libri rappresentanti le tesi di Nestorio
giacciono sparsi per terra. Sotto all’affresco si legge: S. Caelestino PP. Et
Theodosio Iun. Imperat. Nestorius Christum dividens damnatur. B. Maria Virgo
Dei Genitrix praedicatur.
Le due volte del soffitto sono sostenute dalla serie di otto pilastri centrali, due addossati
alle pareti e sei a dividere il salone, a pianta quadrata, su cui sono dipinti alcuni personaggi tanto
storici quanto mitologici connessi con l’invenzione della scrittura e degli alfabeti più conosciuti.
La struttura di questi affreschi è comune: la figura è inscritta in una cornice cruciforme,
sormontata da un cartiglio nel quale sono dipinte le lettere connesse col personaggio e sostenuta
da un’iscrizione che presenta la figura. Spesso assieme al ritratto sono presenti alcuni attributi
caratterizzanti il personaggio, così da agevolarne la contestualizzazione ed il riferimento storico
o mitologico.
Questo ciclo, posto a divisione tra biblioteche e concili, fornisce un raccordo simbolico
tra le due sezioni, fornendo la chiave per l’ipotetica tripla lettura di significato che Alfredo Serrai
propone: «le convinzioni cabalistiche, le funzioni mediatorie del linguaggio e della scrittura nel
trasmettere le verità scientifiche e quelle religiose, la fiducia nel ruolo, combinato, di Mercurio
Trismegisto – insieme Mercurio e Mosè – venivano ad assumere nel Salone Sistino un’evidenza
clamorosa quale ponte, ma anche quale arco di supporto, fra la cultura umana e la rivelazione
divina: soltanto apparentemente distaccate nelle due pareti, sinistra e destra, in realtà coincidenti
ai loro due estremi, Adamo e Cristo, e attraverso la serie dei sostegni centrali simboleggianti il
linguaggio e le lettere. Sarebbe tuttavia una interpretazione limitata, quella che si riducesse ad
attribuire alla scrittura un mero ed esclusivo valore strumentale; i segni alfabetici – lo si vede nei
14
casi di Adamo, di Pitagora, di Cristo, ma anche in molti altri – posseggono un valore teologico e
mistico che oltrepassa la loro funzione di operatori linguistici. Analizzato in questi termini più
sottili ed ascosi, il Salone Sistino si rivela strutturato in tre realtà: la prima è quella, palese e
concreta, delle biblioteche depositi di libri e di conoscenze; la seconda è quella che si esprime
nel magisterio dogmatico riguardante le oscure verità della Fede; la terza, centrale, è quella che
adombra i segreti più occulti della vita dell’uomo. Essoteriche, trasmissibili, apprendibili le
prime due; esoterica, e quindi essenzialmente gnostica e sapienziale, la terza 26».
Il Salone dunque, se letto con questa chiave, non è più solamente un’allegoria del sapere
umano conservato, dif fuso, difeso e messo a disposizione, ma a un tempo sorvegliato e guidato
affinché non abbandoni la via della Verità e della Fede garantite dalla Chiesa. Più sottilmente
esso diviene anche un richiamo a quella sfera esoterica del sapere che non può essere trasmesso
ed insegnato liberamente, ma soltanto ai pochi iniziati in grado di capire il vero significato della
parola e dunque del messaggio.
Non è possibile stabilire con certezza se fosse intenzione di Sisto nascondere anche un
simile messaggio all’interno del Salone, eppure è un dato di fatto che egli, a dispetto della sua
intransigenza, coltivò sempre un’accesa passione per le civiltà pagane, soprattutto l’egizia.
Questa sua passione si riflette anche nelle varie imprese edilizie, con l’erezione e la
consacrazione di ben quattro obelischi. Proprio su questo aspetto Serrai si sofferma
ulteriormente, trovandovi rafforzamento per la sua visione cabalistica del Salone: «la passione di
Sisto V per gli aspetti esoterici della scrittura geroglifica, dovuta verosimilmente ad una sua
inclinazione filosofica di stampo neo-platonico e cabalistico […] doveva garantire le condizioni
di compatibilità e di armonia tra la rivelazione ebreaica, l’antichità classica, e le religioni dei
popoli antichi. In questa visione intellettuale, lo stesso innalzamento degli obelischi possedeva
un preciso valore, insieme culturale, spirituale e mistico, in quanto rappresentava la vittoria del
Cristianesimo, ma anche il compimento delle anticipazioni – che si erano avute in molte civiltà –
dell’attuale trionfo della verità nelle forme della fede rivelata 27».
1. ADAMO. Pilastro poggiato al muro. Raffigurato cinto di pelle e con zappa in mano.
Inventore delle lettere ebraiche. Iscrizione: Adam divinitus edoctus, primus scientiarum
et literarum inventor
2. I FIGLI DI SETH. Primo pilastro. Facciata rivolta verso le finestre di sinistra. Sono
rappresentati i due figli di Seth che, come narra Giuseppe Flavio, eressero due
colonne,una di marmo e una di mattoni, all’interno delle quali riposero i volumi con la
sapienza del mondo. Questo accorgimento avrebbe dovuto preservarli dall’acqua e dal
fuoco, dal momento che il loro avo Adamo aveva loro predetto la fine del mondo per
acqua e per fuoco. Nel cartello sovrastante vi è l’alfabeto ebraico. Iscrizione: Filii Seth
columnis duabus rerum coelestium disciplinam inscribunt.
26
Alfredo Serrai. Storia della Bibliografia. v. 5. Roma; Bulzoni. 1993, p.136-137.
27
Alfredo Serrai. Storia della Bibliografia. v. 5. Roma; Bulzoni. 1993, p.159.
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3. ABRAHAMO Primo pilastro. Rappresentato con la spada, per la guerra contro i cinque re,
e con la squadra e i sestanti in mano per aver insegnato la matematica agli egiziani
(sempre Giuseppe Flavio ne è la fonte). Nel cartello sovrastante, l’alfabeto siriaco.
Iscrizione: Abraham Syras et Chaldaicas litteras invenit.
4. MOSÈ. Primo pilastro. Dipinto con le tavole della legge poste sopra due libri. Eusebio
afferma che egli è anche autore dell’alfabeto Ebraico, dipinto nel cartiglio superiore.
Iscrizione: Moyses antiquas Hebraicas litteras invenit.
5. ESDRA SACERDOTE. Primo pilastro. Raffigurato con veste di sacerdote, con l’alfabeto
ebraico moderno e l’iscrizione: Esdras novas Hebraeroum litteras invenit.
7. MERCURIO EGITTIO. Pilastro sinistro. Ai suoi piedi, la testa di Argo dai cento occhi, da
lui recisa. Al suo fianco una piramide, a significare la tradizione per cui egli avrebbe
inventato i geroglifici. Sopra di esso, un alfabeto reputato usuale tra gli egizi. Iscrizione:
Mercurius Thoyt Aegyptiis sacras litteras conscripsit.
8. HERCOLE EGITTIO. Secondo pilastro. Ritenuto inventore delle lettere frigie. Ai suoi piedi
un fanciullo. Questa è un’allusione al racconto di Erodoto secondo il quale Ercole nutrì
un bimbo che pronunciò la parola Frigia significante il pane senza mai aver udito
parlare. Iscrizione: Hercules Aegyptius Phrygias litteras conscripsit.
10. CECROPE, PRIMO RE DEGLI ATENIESI. Terzo pilastro. Alla sua destra vi è un giogo e due
mani, simbolo della fede coniugale. La leggenda lo vuole infatti instauratore del
matrimonio. Questa istituzione avrebbe reso civile una vita altrimenti ferina. Per
rappresentare ciò, al suo fianco è dipinto un satiro, mezzo uomo e mezza bestia.
L’iscrizione lo indica come inventore delle lettere greche, rappresentate sopra di lui:
Cecrops Diphyes primus Atheniensium Rex Graecarum litterarum auctor.
11. PHENICE RE DI PHENICIA. Sul suo cimiero è rappresentata una fenice. Vestito di porpora
in quanto a Tiro, città fenicia, questo tessuto era un prodotto tipico. Sopra di lui le lettere
fenicie, mentre l’iscrizione recita: Phoenix literas Phoenicibus tradidit.
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12. CADMO. Terzo pilastro. Ai suoi piedi il drago. Sopra di lui, le lettere (16) greche che la
leggenda gli attribuisce assieme al fratello Fenice. L’iscrizione avverte: Cadmus
Phoenicis frater litteras sexdecim in Graeciam intulit.
13. LINO THEBANO. Terzo pilastro. Anch’esso reputato inventore delle lettere greche, è
rappresentato con la lira in quanto poeta. Iscrizione: Linus Thebanus litterarum
Graecarum inventor.
14. PALAMEDE. Quarto pilastro. Abbigliato alla foggia militare con sole, luna e una gru sullo
scudo. Molte altre gru volano intorno, a ricordare la leggenda per cui, durante l’assedio
di Troia, dimostrò che l’eclisse è un fenomeno naturale e dal volo delle gru ricavò la
disposizione di soldati e sentinelle. Egli è reputato l’inventore di quattro ulteriori lettere
greche, sopra incise, e l’iscrizione attesta: Palamedes bello Troiano Graecis litteris IIII
adiecit.
15. PITAGORA FILOSOFO DI SAMO. Quarto pilastro. Inventore della Y, la lettera che
simboleggia la vita dell’uomo che, divenuto adulto, deve compiere la scelta di un
percorso di vita facile (braccio di sinistra, più lungo) o virtuoso (braccio di destra). La
figura ha il dito sulla bocca, a comandare il silenzio che pretendeva dai suoi scolari nei
primi cinque anni del loro noviziato. Ha una stadera ai suoi piedi per richiamare il suo
motto Stateram ne excedas con cui invitava alla moderazione. Iscrizione: Pythagoras Y.
Litteram ad humanae vitae exemplum invenit.
16. EPICHARMO SICULO. Quarto pilastro. Poeta, raffigurato con la maschera scenica. Da
alcuni ritenuto inventore di ulteriori due lettere greche. Iscrizione: Epicharmus Siculus
duas Graecas addidit litteras.
17. SIMONIDE MELICO. Quarto pilastro. Ha in mano la lira, cui secondo la tradizione
aggiunse l’ottava corda. Secondo alcuni aggiunse all’alfabeto greco ulteriori quattro
lettere. Iscrizione: Simonides Melicus quatuor Graecarum literarum inventor.
18. NICOSTRATA CARMENTA. Quinto pilastro. Madre di Evandro, inventrice delle lettere
latine. Iscrizione: Nicostrata Carmenta Latinarum litterarum inventrix.
19. EVANDRO FIGLIO DI CARMENTA. Quinto pilastro. Anch’esso ritenuto inventore di alcune
lettere latine, dipinte sopra il suo capo. Iscrizione: Evander Carmentae filius Aborigines
litteras docuit.
20. CLAUDIO CESARE IMPERATORE. Quinto pilastro. Introdusse ulteriori tre lettere, due delle
quali andarono in disuso. Rimase la F. Iscrizione: Claudius Imp. tres novas litteras
adinvenit.
22. ULPHILAS VESCOVO. Sesto pilastro. Vescovo dei Goti e inventore delle loro lettere.
Iscrizione: Ulphilas Episcopus, Gothorum litteras invenit.
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23. S. GIOVANNI CHRISOSTOMO. Sesto pilastro. Autore dell’alfabeto armeno. Iscrizione: S.
Ioan, Chrysost. litterarum Armenicarum auctor.
25. S. CIRILLO Sesto pilastro. Autore di alcune lettere illiriche. Accanto a lui un’ancora, che
ne ricorda il martirio per annegamento, gettato in mare legato, appunto, a un’ancora.
Iscrizione: S. Cyrillus aliarum Illyricarum litterarum auctor.
26. CHRISTO. Ultimo pilastro, addossato alla parete. Il Cristo tiene in mano un libro con la
prima e l’ultima lettera dell’alfabeto greco, alludendo alle parole dell’Apocalisse: Ego
sum alpha et omega. Ai suoi fianchi S. Silvestro e Costantino, a simboleggiare
l’asservimento del potere spirituale e temporale. Il Cristo chiude la serie dei pilastri che
si era aperta con Adamo, in un itinerario che va dunque dall’uomo a Dio, a sua volta
novello Adamo.
Anche la disposizione delle varie scene non è del tutto casuale, e se è vero che l’ordine di
presentazione è quello cronologico, ad uno sguardo attento non sfuggono alcuni richiami che si
inseguono da una parte all’altra del Salone.
Come si è visto, la serie delle biblioteche si apre con il ritratto di Sisto V cui Domenico
Fontana presenta il progetto della nuova biblioteca. Significativamente, dall’altro lato della porta
d’ingresso si specchia la scena di Mosè che consegna le Leggi ai leviti, perché le conservino e le
trasmettano ai posteri. Sisto dunque si presenta come conservatore e trasmettitore della cultura
cristiana e la Biblioteca da lui costruita è un vero e proprio tabernacolo della vera sapienza, di cui
il papa è custode e assieme censore.
Questa doppia funzione è sottolineata più volte, con scene esplicite di libri rigettati, roghi
e fiamme purificatrici. Alla Biblioteca di Esdra, ad esempio, fa riscontro il Rogo dei libri ariani
che occupa la seconda parte del Concilio niceno. Colpisce per vivida simbolicità, in questa
scena, l’intervento diretto di Costantino, cui qui è riservato il ruolo di braccio secolare della
chiesa.
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necessario. Non è un caso che buona parte delle scene con assise conciliari siano frequentate
dall’imperatore e gruppi di soldati pronti a difendere con le armi la vera dottrina.
Non va d’altra parte dimenticato il ruolo di emendatore che Felice Peretti si ritagliò ben
prima del soglio pontificio. Egli era stato inquisitore a Venezia e, una volta divenuto papa,
impose la redazione di un nuovo indice dei libri proibiti, un indice che egli non vide completato,
ma che fu subito considerato troppo rigido, tanto da rendere necessari due interventi per
mitigarne la durezza.
Censura ed emendamento dell’errore sono dunque costanti che tornano all’interno del
Salone Sistino, e non solo per l’aspetto religioso della vita, ma anche per quello civile. Dopo il
Rogo dei libri di Fozio, uscendo dal Salone e dirigendosi verso la Galleria, compare il Concilio
lateranense III, nel quale è rappresentata la proibizione dei tornei sotto l’autorità di Alessandro
III. Sisto dunque mostra una personalità poliedrica e contraddittoria: modernità e arretratezza,
ortodossia esasperata e amore per la cultura classica convivono apertamente, articolandosi su
differenti livelli intellettuali e di azione. Egli è un uomo della controriforma che assomma in sé
le istanze e le contraddizioni sia della Riforma cattolica che di quella protestante.
Il concepimento del potere, per Sisto, avveniva in chiave sacrale e non soltanto politica.
Basti ricordare la nota vicenda della revisione della Vulgata, da lui condotta con l’ausilio di
Angelo Rocca28, uno dei punti chiave della riscossa ideologica contro i Protestanti e della quale
la biblioteca, la tipografia, gli indici dei libri proibiti, le edizioni delle opere dei Padri cui pure
Rocca prestò ausilio e la revisione del testo biblico erano strumenti. Ognuno di questi, infatti,
doveva essere utilizzato per riconquistare il mondo religioso e la sfera culturale.
La celebrazione di Pansa non si limita però alla semplice descrizione del nuovo edificio,
ma lascia anche alcune notizie di più specifico contenuto bibliografico e biblioteconomico di
grande rilievo, dal momento che si sofferma tanto sull’organizzazione libraria quanto sulla
tipologia delle opere contenute nella collezione:
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Di questa avventurosa edizione è nota la storia: nonostante il concilio di Trento si fosse pronunciato per
l’inviolabilità del testo della Vulgata, esso mostrava il bisogno di una profonda revisione. Sisto V non si tirò
indietro, e scavalcando l’apposita Congregazione dei Cardinali, si mise all’opera in prima persona con il solo aiuto
di Angelo Rocca e del gesuita spagnolo Francisco Toledo. Ne ordinò la stampa alla tipografia vaticana da lui stesso
allestita nel 1587 e affidata alla direzione di Domenico Basa. Sisto V correggeva freneticamente il testo, avvalendosi
dell’ausilio di Rocca giorno e notte e inviando i fogli da stampare uno dopo l’altro. La stampa venne ultimata il 2
maggio del 1590. Sisto però morì il 27 agosto dello stesso anno, e dopo soli otto giorni dalla sua morte la
Congregazione vietò la vendita della sua Vulgata. Due anni dopo, clemente VIII riaffidò alla Congregazione dei
Cardinali il compito di rivedere ed emendare il testo sistino, così da poterne definitivamente autorizzare la
diffusione. Angelo Rocca venne confermato quale consulente della Congregatio Bibliorum e Francesco Toledo
quale plenipotenziario del papa per la revisione.
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E Convenevole, che diamo hora, qualche breue raguaglio de i libri che in questa Libraria si
conseruano, acciòche si habbia perfetta cognitione di tutte le cose di essa. Arriuano questi quasi al
numero di XXII millia, e quel che è più mirabile la maggior parte di essi sono scritti à penna,
perloche si giudica, che siano i veri originali, ouero i più corretti transunti di quei primi Scrittori.
Questi erano nella Libraria Vecchia di Sisto IIII in diuerse stanze collocati, altri in Archiuij di legno
à questo vso fabbricati, altri ne i Plutei, ò banchi, che chiamano si dentro come fuora, sopra di essi, e
la maggior parte con chatene di ferro ligati, acciòche non si potessino leuar dal proprio loco, à capo
de quali si vedeuano alcune Tauolette, dove erano registrati tutti quei libri, che in quel banco si
conteneuano, perche si durasse minor fatica nel cercarli e ritrouarli 29.
Ve ne erano di tutte le professioni, da libri heretici in fuori, quali non giudicorono quei Santi
Pontefici degni d’esser conseruati, frà gli altri: mà più tosto bruciati bruciati, e dissipati per
esser contra la Chiesa santa, l’honor di Dio, e la authorità Pontifica, & occorre ben spesso, che
di vn medesimo authore più volumi, se ne ritrouino, il che fù fatto acciòche potessero molti
originali riscontrarsi insieme, se occoresse discordia per qualche cosa, per essere la maggior
parte de libri del nostro tempo scorretti, e male stampati, e tutti cortesemente sono ammessi à
vedere, & à cercar quelche vogliono dalla gentilezza di M. Federico [Ranaldi] Custode di quel
loco. E quel che accresce più la merauiglia si è, che ve ne sono di tutti i linguaggi, Greci,
Armeni, Arabi, Chaldei, Hebrei, Egittij, Phrigij, Phenicij, Iacobiti, Indiani, Gothi, Turcheschi,
Germanici, Anglici, Poloni, Francesi, Spagnuoli, Italiani, Latini e finalmente di tutte le lingue di
tutte le nationi, cosa che fa veramente merauigliare. Furono questi raccolti per studio e diligenza
de Romani Pontefici con lungo spatio di tempo da diuerse parti del Mondo, essendo constituiti
premij à chi qualche cosa di nuovo ritrouasse. Onde Quintiliano, Porfirione e M. Apicio à tempo
di nicola V si ritrouorono, dal quale fu questa libraria sopra modo accresciuta, & augumentata.,
Calisto III (come vogliono alcuni) la nobilitò assai de libri della Greca Libraria, ch’era in
Constantinopoli Città principalissima dell’Imperio Greco, i quali egli riscattò, e ricomprò dal
Turco al prezzo di XL millia scudi, dopo la presa di Constantinopoli. Ve ne sono anco molti,
che non sono dati alle stampe, de quali non ha hauuto il Mondo ancora cognitione alcuna, e
sono questi non pochi di diuerse persone, che scriuendo, e morendo non poterono cacciarli à
luce, ò pure cosi scritti à penna à quei primi Pontefici donati, quiui nella Libraria si
conseruauano, e per farli durabili, acciòche non si putrefacessero, & ammarcissero; à tutti
furono fatte le coperte di legno con corami di sopra de varij colori secondo il voler de Custodi,
che ne hanno cura, & acciòche l’humidità non vi potesse far danno alcuno, fece Sisto IIII
foderar le stantie tutte (perché erano vn poco terrene, & humide) di tauole sì di sotto, e di sopra,
come da lato, nelle quali fece per ornamento far diuerse pitture di fiori, & altre cose, come pur
hoggi si vedono30.
29
Muzio Pansa. Della Libraria Vaticana, p. 318-319
30
Muzio Pansa. Della Libraria Vaticana, p. 319-320.
20
La collezione libraria dunque si mostra già all’epoca di Sisto, e non potrebbe essere
altrimenti, come assai ricca e variegata, non respingendo nulla di quel che il mondo del libro e
della cultura scritta può offrire. Vista in quest’ottica, la biblioteca rafforza la sua natura di
strumento al servizio della riscossa cattolica, fornendo per quanto possibile ogni tipo di materiale
che possa servire alla confutazione di idee e tesi eretiche o semplicemente fuorvianti.
LE SALE PAOLINE
INTRODUZIONE
La struttura della Biblioteca non ebbe però compimento definitivo con Sisto V, dal
momento che successivamente venne ampliata con ulteriori due sale poste alla destra del salone
per volontà di Paolo V31 (1605-1621). Questi infatti, continuando l’opera di ristrutturazione
iniziata da Sisto, volle dividere la biblioteca dall’archivio 32e munirla di nuovi locali per poter
«distendere alcuni libri che erano rinchiusi in molte casse33».
Inizialmente la sala di nuova annessione doveva essere unica e il ciclo decorativo venne
suggerito a papa Borghese da suo nipote, il cardinale Scipione Caffarelli Borghese, nello stesso
31
Camillo Borghese, 1552 – 1621.
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Nel 1608 nominò Silvio de’Paoli archivista. Oggi, il sito ufficiale dell’Archivio Segreto Vaticano così presenta le
tre sale destinate alla raccolta documentaria da Paolo V: «fin dai primi mesi del suo pontificato Paolo V Borghese,
valendosi del consiglio del cardinale Bartolomeo Cesi e del giovane sacerdote al servizio di quest’ultimo, don
Michele Lonigo da Este, concepì il progetto di istituire un archivio centrale della Santa Sede, il futuro Archivio
Segreto Vaticano. Dopo aver attentamente studiato diverse soluzioni per individuare il luogo migliore dove poter
concentrare il materiale documentario, la scelta cadde sulle tre sale, dette appunto «Paoline», adiacenti al Salone
Sistino: in questi locali, già residenza dei cardinali bibliotecari, Paolo V fece trasferire registri di bolle e di brevi,
libri di Camera, diverse collezioni di documenti fino al pontificato di Pio V compreso. Il trasporto, stando alla
dettagliata relazione redatta da Michele Lonigo, nominato allora praefectus registrorum et bullarum Bibliotecae
Vaticanae, ebbe probabilmente inizio nel 1610, per proseguire negli anni successivi e concludersi entro il dicembre
1614. Le tre Sale Paoline per l’occasione furono ripulite, pavimentate, decorate ed affrescate con scene raffiguranti
atti di donazione compiuti da diversi sovrani europei alla S. Sede: gli affreschi che adornano le pareti della seconda
e della terza sala sarebbero da ascrivere, secondo Herwarth Röttgen, a Marzio o Marco Ganassini (circa 1560 - ✝
dopo 1621). Negli affeschi delle volte si riconosce la mano dei fratelli olandesi Paul e Mathijs Bril, che circa un
trentennio prima avevano decorato le pareti della Torre dei Venti. La documentazione fu riposta in armadi in pioppo
collocati lungo le pareti e corredati delle armi gentilizie della famiglia Borghese (il drago alato e l’aquila coronata).
Al centro di ciascuna sala furono collocati 20 piccoli armadi in tutto, 12 dei quali recavano impresso l’emblema
della famiglia Pamphili (la colomba con un ramoscello di ulivo nel becco), a cui apparteneva Innocenzo X
(Giovanni Battista Pamphili, 1644-1655); altri 2 armadi erano corredati dello stemma della casa Chigi (un monte a
sei cime sormontato da una stella a otto punte), famiglia da cui proveniva Alessandro VII (Fabio Chigi, 1655-1667),
a cui si deve la concessione del piano superiore del Palazzo per accogliere i carteggi diplomatici della S. Sede,
formanti il nucleo più antico dell’archivio della Segreteria di Stato; altri 6 armadi, infine, furono adornati con
l’immagine simbolica dello stemma gentilizio dei Pignatelli (tre pignatte), famiglia da cui proveniva Innocenzo XII
(Antonio Pignatelli, 1691-1700)» (http://asv.vatican.va/it/visit/p_nob/p_nob.htm).
33
Dodici lettere inedite di Baldassarre Ansidei letterato perugino del secolo XVI. Perugia; Tipografia di Vincenzo
Santucci. 1859, p. 14-15, citato da Beatrice Cirulli. L’affresco della riforma dei tribunali nelle sale paoline della
biblioteca apostolica vaticana: una proposta di lettura. «Roma moderna e contemporanea» 1 (1997), p. 144.
21
anno di fondazione della sala, ossia il 1608. La decorazione però ebbe inizio soltanto nel 1610,
quando Scipione Borghese venne nominato bibliotecario. Riprendendo in parte la struttura del
salone sistino, la prima sala paolina offre agli occhi dei suoi frequentatori tre cicli pittorici
distinti, composti da due serie di grandi affreschi poste sulle pareti più lunghe e sormontate da
alcune lunette.
All’interno delle lunette sono rappresentate le varie imprese per lo più edilizie di Paolo V,
mentre i cicli dei grandi affreschi , come nel salone sistino, si sviluppano su due tematiche ben
distinte. Sulla parete di destra, atti di Paolo V in favore della biblioteca; su quella di sinistra
ulteriori biblioteche dell’antichità.
Nel 1612 iniziò la decorazione della seconda sala, nel frattempo aggiunta alla prima,
all’interno della quale gli affreschi continuano le tematiche della prima, originando così un unico
ciclo pittorico omogeneo ed uniforme ad alcuni filoni argomentativi del salone sistino. Scopo
dell’intero programma iconografico è la celebrazione delle virtù e delle qualità di Paolo V,
accomunato a grandi figure del passato.
Le stanze, a destra del fondo del salone sistino, vennero ricavate all’interno del cosiddetto
Corridoio di Pirro Ligorio o di Pio IV. Il programma pittorico sarebbe stato redatto dal primo
custode della biblioteca e prefetto dell’Archivio Baldassarre Amidei, probabilmente coadiuvato
dal secondo custode Alessandro Ranaldi. La mano che si riconosce con più sicurezza è quella di
Giovan Battista Ricci da Novara, assieme al quale devono aver lavorato diversi pittori, dei quali
l’unico identificabile è Antonio Viviani di Urbino. Tutti questi pittori vennero scelti nella cerchia
degli artisti che già in precendenza avevano lavorato nei grandi cantieri pittorici di Sisto V e di
Clemente VIII. Tale scelta è alla base di una certa uniformità non solo tematica, ma anche
stilistica dei vari cicli.
Il colpo d’occhio d’insieme delle due sale è così riportato da Domenico Zanelli nella sua
trattazione storica sulla biblioteca vaticana:
E la sua munificenza questo pontefice estese anche alla biblioteca vaticana, a cui aggiunse le
sale del braccio destro, come si veggono al presente, ornandole di pitture, in cui sono effigiati
gli uomini più distinti della Grecia e di Roma antica: vi sono rappresentate, le opere segnalate di
Paolo V, cioè la Basilica Liberiana, il Legato del Re di Persia ammesso ai piedi del pontefice, la
facciata della Basilica Vaticana, il palazzo Quirinale, il papa quando visita l’infermo
ambasciatore del Re del Congo, il fontanone di S. Pietro in montorio etc. In quelle sale veggonsi
effigiati i diversi pontefici, che hanno accresciuta la biblioteca Vaticana; Ossimandua re di
Egitto, che seduto in trono osserva la pianta di una nuova libreria a lui presentata dall’architetto;
i tre re dell’Asia, che stabiliscono una biblioteca a Pergamo, l’imperatore Traiano, che apre al
pubblico la celebre biblioteca Ulpia, e finalmente Mattia Corvino, re d’Ungheria, ch ’una grande
biblioteca formò a Buda; sono dipinte le librerie del patrizio romano Lucullo, di Costantino il
grande, dell’imperatore Gordiano il giovane e dell’imperatore Zenone 34.
34
Domenico Zanelli. La biblioteca vaticana dalla sua origine fino al presente. Roma; Tipografia delle Belle Arti.
1857, p. 46-47.
22
Zanelli richiama dunque l’attenzione anche su una serie di elementi decorativi non
propriamente organici ai tre grandi cicli, ma comunque funzionali e alla caratterizzazione degli
ambienti in cui vengono a trovarsi e alla necessità di esaltazione di Paolo V, la cui cifra era,
come già visto, da ricercarsi nel suo accostamento a eminenti figure di uomini illustri greci e
romani. Ecco dunque che, tra le grottesche 35, appaiono ritratti di poeti, giuristi, oratori greci e
romani, mentre alcune piccole scene monocrome riportano episodi della vità di Abramo e di
Mosè, affiancate da figure di filosofi e allegorie del buon governo temporale. In questa atmosfera
generale vengono calati i tre grandi cicli pittorici di cui sarà opportuno dare descrizione
dettagliata.
Il primo ciclo di cui converrà dare notizia è quello delle lunette poste su tutte e quattro le
pareti di entrambe le stanze, a sormontare sui lati lunghi i grandi affreschi. All’interno della
prima sala le scene rappresentate sono le seguenti.
1. CANONIZZAZIONE DI SANTA FRANCESCA ROMANA. Situato sul primo lato breve della
sala (ossia quello dell’ingresso), questo dipinto rappresenta Paolo V. nel momento
della canonizzazione della santa, come spiega l’iscrizione che lo acompagna: Paulus
V. Pont. Max. Franciscam Romanam in numerum Sanctarum refert. Anno MDCIIX
Pont. IV.
2. SACRESTIA DELLA BASILICA DI S. MARIA MAGGIORE. Prima lunetta della parete lunga
di destra. Qui è rappresentata la fabbrica fatta allestire da Paolo V all’interno della
basilica. L’iscrizione così presenta il dipinto: Paulus V. Pont. Max. sacellum, et
sacrarium Sanctae Mariae ad Praesepe a fundamentis fecit anno MDCX Pontific. VI.
3. AMBASCIATA PERSIANA. Seconda lunetta della parete lunga di destra. Qui è ritratto
Paolo V assieme al cardinale Scipione Borghese, seduto alla sua sinistra, che riceve
l’ambasciatore persiano rappresentato nell’atto di baciargli il piede. L’iscrizione
recita: Paulus V. Pont. Max. Allgoi Bek Mordarxa Abbas Regis Persarum Legatum ad
pedum osculum admisit anno MDCIX Pontific. V.
35
Di solito dipinti esili e privi di prospettiva, adornati da decorazioni geometriche o naturalistiche, su sfondo
generalmente monocromatico. Le figure sono colorate e danno origine a cornici, effetti geometrici, intrecci e
quant'altro, ma sempre mantenendo una certa levità e ariosità, per via del fatto che in genere i soggetti sono lasciati
minuti, quasi calligrafici, sullo sfondo.
23
5. CANONIZZAZIONE DI S. CARLO BORROMEO. Situato sul secondo lato breve della sala
(quello dell’uscita), questo dipinto racconta la canonizzazione di Carlo Borromeo, e
l’iscrizione che l’accompagna così riferisce: Paulus V. Pont. Max. Carolum
Borromaeum S.R.E. Cardinalem Sanctorum numero adscribit. Anno MDCX Pontific.
VI.
7. AMBASCIATA DEL CONGO. Lunetta centrale della parete sinistra. Paolo V benedice il
legato del re del Congo caduto in malattia. L’iscrizione così presenta la scena: Paulus
V. Pont. Max. Antonium Emmanuelem Alvari Regis Congi Legatum ex longo et
difficili itinere aegrotantem in Vaticano excepit, paucisque post diebus morti
proximum invisit anno MDCIIX. Pont. IV.
8. CORTILE DEL PALAZZO DEL QUIRINALE. Lunetta della parete sinistra vicino
all’entrata. Il dipinto rappresenta il palazzo pontificio di Monte Cavallo con
l’iscrizione: Paulus V. Pont. Max. Palatio Quirinali magna parte a se aucto,
supremam manum imposuit an. MDCX. Pontific. VI.
Il ciclo delle lunette prosegue nella stanza successiva, anche si non di numero eguale dal
momento che le pareti dei lati lunghi ne presentano solamente quattro in tutto:
9. PORTO DI CIVITAVECCHIA. Sopra l’ingresso alla seconda stanza è posta la lunetta che
raffigura il porto di Civitavecchia e sotto l’iscrizione: Paulus V. Pont. Max.
Centumcellarum portus instauravit : aedes frumentis mercibusque condendis extruxit
an. MDCX Pontific. VI.
10. PALAZZO VATICANO. La prima lunetta della parete di destra rappresenta quella parte
del palazzo Vaticano che guarda verso la zecca, opera di Paolo V. L’iscrizione che
l’accompagna recita: Paulus V. Pont. Max. Palatium Vaticanum multis partibus
instauratum amplificatumque in meliorem statum redegit. Anno MDCIX Pontific. V.
11. FOCI DEL TEVERE. La seconda lunetta della parete destra ricorda la grossa opera
ingegneristica di sistemazione della foce del Tevere così da agevolare la navigabilità:
Paulus V. Pont. Max. dextero Tiberis laterre in novum alveum ducto, eiusque
faucibus laborioso opere longe intra mare porrecto utrinque munitis, tuttum navigiis
aditum praebuit anno MDCXI Pontific. VII.
24
12. PIANTA DI FERRARA. La lunetta che sovrasta l’uscita racchiude una pinata di Ferrara e
della sua cittadella. Al di sotto si legge: Paulus V. Pont. Max. arcem a Clemente VIII.
Ferrariae ad securitatem ditionis Ferrariensis, Bononiensis, ac Flaminiae destinatam
a fundamentis aedificandam curavit anno MDCXI.
13. GRANAI DI TERMINI. La lunetta della parete di sinistra vicina all’uscita rappresenta i
granai costruiti nei pressi delle terme di Diocleziano: Paulus V. Pont. Max. horrea a
Gregorio XIII. ad Diocletiani thermas extructa nova horreorum aedificatione
amplificavit anno MDCIX. Pont. V.
14. FONTANE DEI GIARDINI VATICANI. L’ultima lunetta della parete sinistra commemora
la messa in opera delle fontante degli orti vaticani: Paulus V. Pont. Max. hortos
Vaticanos fontibus atque saluberrime additis amoeniores feci anno MDCXI. Pont.
VII.
2. Sisto IV che consegna a Bartolomeo Platina il breve col quale lo nomina prefetto della
biblioteca: Sixtus IV. Bibliothecam Vaticanam veteribus codicibus ex omni Europa
advectis locupletat : Platinam Praefectum instituit.
3. Pio V, seduto con il cardinale Bonelli al suo fianco, si fa portare i libri provenienti da
Avignone e contenenti lettere di pontefici. La scritta sottostante riporta: Pius Papa V.
centum quinquaginta octo volumina litterarum diversorum Pontificum Avenione in
Bibliothecam Vaticanam asportari iubet.
4. Paolo V che consegna al cardinal Torres la bolla con cui attribuisce alla biblioteca un
appannaggio annuale. La scritta sottostante esplica: Paulus Papa V. Bibliothecae
Vaticanae amplum annuum redditum attribuit. Questo affresco è diviso in due scene, per
cui nella seconda parte vi è lo stesso papa col cardinale Scipione Borghese, cui mostra
una gran massa di libri a significargli la nomina a bibliotecario, come spiega il cartiglio
di accompagnamento: Paulus Papa V. magnam librorum copiam typis descriptorum
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Bibliothecae Vaticanae adiicit : Scipionem Cardinalem Burghesium ex sorore nepotem,
Sedis Apostolicae Bibliothecarium creat.
Nella seconda stanza, sempre sulla parete di destra, ulteriori quattro affreschi completano il
ciclo:
1. Paolo V porge a un prelato inginocchiato la bolla con cui invia le sue truppe in aiuto
di Rodolfo II. la spedizione, che papa Borghese fece del suo esercito nei primi anni
del Pontificato sotto la condotta del Cardinal Serra, generale commissario
dell'Apostolica Sede, era tesa a rinforzare l'armata dell'Imperatore dei Romani
Rodolfo II. Questi era impegnato in Ungheria a respingere gli assalti dei Turchi.
L’iscrizione di accompagnamento così esplica: Paulus V. Pont. Max. tria paeditum
millia Rodulpho Imperatori electo subsidium adversus Turcas Pontificii aerarii
sumptibus in Germaniam conscribi iubet, anno MDCV Pontific. I.
2. Paolo V stabilisce l’obbligo d’insegnamento delle lingue greca, latina e araba nelle
scuole regolari cattoliche. La scena ritrae il papa seduto e attorniato dai rappresentati
di vari ordini, mentre consegna al Domenicano la bolla d’istituzione
dell’insegnamento. La scritta sottostante così illustra: Paulus V. Pont. Max. linguam
Hebraicam, Graecam, et Arabicam in scholis Regularium ad Catholicae fidei
utilitatem doceri praecipit. Anno MDCX. Pont. VI.
3. Paolo V riforma i tribunali. La scena vede il papa seduto sul suo scranno che
consegna al Senatore di Roma la bolla con cui vengono ordinate le varie riforme.
Paulus V. Pont. Max. Urbis tribunalia in meliorem statum restitui mandat, anno
MDCXI Pontific. VII.
4. Paolo V dona diversi volumi alla Biblioteca Vaticana. La scena vede ritratto il
pontefice in piedi, con la mano sinistra su una tavola ingombra di libri, davanti due
uomini altrettanto carichi di libri. La scritta recita: Paulus V. Pont. Max.
Bibliothecam Vatcanam optimis codicibus manuscriptis Graecis Latinisque auget, an.
MDCX.Pontific. VII.
Come si può constatare, la maggior parte delle scene dipinte hanno come fulcro narrativo
la biblioteca o la parola scritta, ma a differenza del salone sistino l’illustrazione dei fatti ha il
sopravvento sull’allegoria, finendo per proporre agli spettatori un semplice racconto di alcuni
momenti salienti della vita della libraria, senza alcuna intenzione di ammaestramento o
ammonimento.
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IL CICLO DELLE BIBLIOTECHE ANTICHE
Il terzo ciclo di affreschi delle sale paoline è quello che riprende in maniera più evidente
le tematiche del salone sistino, creando una sorta di continuità. Essi è composto di otto dipinti
distribuiti sulle pareti sinistre delle due sale e rappresentanti altrettante biblioteche famose.
Anche in questo caso però le rappresentazioni non sono funzionali ad un’allegoria organica, ma
si limitano alla mera illustrazione. I cinque dipinti presenti sul lato destro della prima stanza
sono:
All’interno della seconda stanza il ciclo delle biblioteche antiche continua, sempre sulla
parete di sinistra, ma a differenza della prima sala gli affreschi sono solamente quattro:
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La biblioteca nel corso degli anni aveva più volte cambiato sede, finendo per essere ospitata, per ordine di
Giuliano, in una basilica vicino alla cisterna sotterranea costruita da Giustiniano I e detta Yerebatan Saray.
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Lucien X. Polastron. Libri al rogo. Milano; Sylvestre Bonnard. 2006, p. 47.
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BIBLIOGRAFIA
Agostino TAJA. Descrizione del Palazzo Apostolico Vaticano. In Roma; appresso Niccolo e
Marco Pagliarini. 1750, p. 413-452.
Alfredo SERRAI. Breve Storia delle Biblioteche in Italia. Milano; Sylvestre Bonnard. 2006, p. 91-
95.
Domenico ZANELLI. La biblioteca vaticana dalla sua origine fino al presente. Roma; Tipografia
delle Belle Arti. 1857
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