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Il Rinascimento Maturo

L’arte del Rinascimento nacque a Firenze, per poi divulgarsi in tutta la penisola.

Contesto storico
Il 500’ è il periodo del saccheggio di Roma (1527) e della sua conseguente umiliazione. Allora i
papi, proprio per riaffermare la loro potenza e grandezza, decisero di ricostruire la città. Proprio
come fece Pericle dopo la distruzione di Atene da parte dei Persi, così fecero i papi (Giulio II della
Rovere, Leone X, Clemente VII) con la città. Dunque, chiamarono a sé i più importanti artisti del
periodo, i soli in grado di fare di Roma la città di Dio. Questo è un ciclo continuo che si ripete nel
corso dei secoli: i papi chiedono di far abbellire le proprie residenze per manifestare opulenza e
l’importanza del loro potere. L’architettura dopotutto, è la manifestazione visibile del potere.
Per tutte queste ragioni, nel cinquecento, la caput mundi dell’arte si spostò a Roma, che rimase tale
fino al neoclassicismo (700’). L’arte fu principalmente romana da questo periodo in poi. Ciò,
grazie anche al contributo della famiglia dei Medici: da semplici banchieri diventò nobile, fino ad
avere anche dei papi sul soglio pontificio Romano (come Giovanni de Medici, ossia Leone X). I
Medici davano grande importanza all’arte, e sebbene non siano stati gli unici a dare un valore
importante al patrimonio artistico, diedero un grande contributo all’abbellimento di Roma.

La trattazione
Vasari scrisse un trattato importantissimo intitolato <<Le vite dei più eccellenti architetti, scultori
et pittori italiani, da Cimabue insino a’ tempi nostri>>. Scritto in volgare, tratta degli artisti da
Cimabue fino al 1500, a Michelangelo. Le Vite sono divise in tre età corrispondenti ai secoli XIV,
XV, XVI. Vasari spiega le tecniche susseguitesi negli anni delle tre discipline artistiche, disponendo
gli autori in una gerarchia di importanza con al vertice Michelangelo.
La terza maniera (Rinascimento maturo) è considerata da vasari come la perfezione delle arti. Tale
maniera viene fatta iniziare con Leonardo da Vinci, e continua con Bramante, Raffaello e
Michelangelo. Tutti sono importantissimi in quanto non solo hanno superato gli artisti del passato
per tecnica e innovazione, ma anche per la loro maestria. Michelangelo in particolar modo, è per
Vasari il più importante artista del mondo, perché eccelleva in tutti i campi (era un artista a
tuttotondo). Dopo Michelangelo non poteva esserci nessuna arte altrettanto perfetta, poiché già lui
era ritenuto insuperabile.
Parlando invece delle opere d’arte, qualunque elemento che rimandasse all’arte antica era oggetto di
acquisizione, di collezionismo eclettico. Gli stessi papi finanziavano scavi archeologici e
prendevano per le loro collezioni private opere dell’antichità. In primis, Giulio II della Rovere
aveva raccolto nel cortile del Belvedere in Vaticano ciò che faceva già parte della sua collezione
privata. In questo periodo viene ritrovato il gruppo del Laocoonte (sempre posto nel Belvedere da
Giulio II), ma anche la Domus Aurea (ai cui scavi partecipò anche Raffaello, da cui poi prese
ispirazione).

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Donato Bramante
Nacque vicino a Urbino nel 1444. Venne soprannominato Bramante dal soprannome paterno. Si
formò alla scuola del cantiere urbinate, e probabilmente viaggio a Mantova e a Milano, dove
iniziò a lavorare come architetto. Andò a lavorare a Roma, proprio come gli altri artisti
Rinascimentali, e fu per certo un amico strettissimo di Leonardo da Vinci. Durante il pontificato di
Giulio II, Bramante iniziò ad occuparsi di una serie di opere che avrebbero trasformato il paesaggio
urbano romano.
Da buon architetto, anche lui studiò i dieci tomi del De Architectura.
Prima i papi deprivavano le antiche costruzioni romane dei loro materiali da costruzione, per
realizzare nuovi edifici. Invece, con la nuova riscoperta del gusto per l’antico, i papi volevano
rendere rintracciabili tutte le opere sul proprio territorio di importanza artistica. Bramante dunque,
realizzò una mappa delle costruzioni antiche di Roma.
A lui fu commissionata anche la Basilica di San Pietro. Essa venne realizzata già da Costantino,
ma siccome la si voleva rendere più grandiosa, essa venne completamente demolita per costruirne
una nuova. La Basilica sorge sopra la tomba di San Pietro.
Oltre agli elementi decorativi, Bramante riprende il linguaggio classico e lo rinnova in chiave
moderna (il nome dell’edificio richiama la classicità).

Tempietto di San Pietro in Montorio


Venne commissionato nel 1502 dal re di Spagna per ricordare il luogo del martirio di San Pietro.
ESTERNO:
Un tempio a tolos e periptero (circondato da una fila di colonne). Questo tempietto si trova in un
cortile: inizialmente esso doveva essere a pianta circolare, proprio per esaltare l’idea di centralità;
alla fine, il cortile assunse una pianta rettangolare. Il tempio si erge su una sorta di crepidoma (3
gradini), con colonne di stile dorico e fusto liscio e piccola base, quindi colonne di ordine
tuscanico. Il fregio, con alternanza tra metopi e triglifi, ricorda l’ordine dorico, quindi abbiamo
tutta una serie di rimandi all’architettura greca. In particolare le metopi presentano bassorilievi
cristiani, con scene della Bibbia, mentre i triglifi rappresentano le solite scanalature verticali. Il
tempietto a forma circolare è circondato da una fila di colonne tuscaniche; la cella (naos) non
contiene la statua della divinità, essendo la struttura un piccolo tempietto cristiano. Esattamente in
asse con le colonne, sul tamburo della cella (ossia sulla sua base), troviamo delle paraste (sempre
sul piano terra del tempietto). Ci sono circa 16 colonne in tutto, e quindi 16 paraste
corrispondenti (paraste = semi pilastri addossati alla parete, di ordine corinzio). Le colonne sono
state prelevate da un antico monumento ignoto.
A dividere il primo livello con il secondo livello è presente la trabeazione (trabeazione =
architrave, fregio e cornice) composta solo di fregio. Sopra è presente una balaustra in marmo,
che circonda un corpo centrale scavato da una serie di nicchie alternativamente centinate
(semicircolari) e rettangolari (nicchie = rientranze). Sopra il corpo superiore si erge una cupola.
Vitruvio Pollione, quando catalogò gli ordini, identificò questo tipo di colonne con l’ordine
tuscanico in quanto presentano sia un fusto liscio che un capitello simile a quello dorico, solo più
piccolo.

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Leonardo Da Vinci
Nacque vicino a Firenze, a Vinci, nel 1452, come figlio illegittimo di un sir e di una paesana. Nella
sua opera, Vasari descrive Leonardo come un uomo estremamente curioso, tanto quanto mutevole
e impaziente. Un artista unico nel suo genere mai soddisfatto del suo lavoro, dedito a fare tante
cose contemporaneamente. Mentre Vasari pubblicava il trattato, Leonardo era morto da poco più di
trent’anni.

Leonardo da Vinci si definiva come un <<homo sanza lettere>>. Non conosceva né greco né latino,
e di sua spontanea volontà decise di non impararle per apprendere dall’indagine diretta, utilizzando
anche un sistema di scrittura che funzionava da destra a sinistra.
Fino a quel tempo i medici studiavano attraverso i trattati antichi, ma lui fu il primo artista a
comprare dei cadaveri (di uomini e animali), a portarli nella bottega e a squartarli per studiarli
interamente.
Tutto ciò che faceva però rimandava al disegno. Lui non era solo un pittore, anche un trattatista di
studi sulla natura, sull’anatomia umana e animale, sulla botanica. Intraprese studi su macchine
belliche come i carrarmati e le catapulte, studiò i sistemi per i primordiali elicotteri, studi di
urbanistica per le città…
Fu uno scienziato, una persona molto particolare, incline all’omosessualità. Una cosa tale non si
era mai vista, per questo era un uomo visto con diffidenza, troppo particolare. Per questo motivo
neanche i papi gli diedero incarichi.
Si formò alla bottega di Andrea Verrocchio, dove c’era anche Sandro Botticelli. Dopodiché fu a
Firenze, diventò amico di Bramante e dei Medici. Andò a Milano e a Roma, dove vengono eletti dei
pontefici della famiglia de Medici sperando in una raccomandazione da Bramante a Roma. Lui
rimase tre anni a Roma ma non ricevette nulla essendo considerato ambiguo e strano (carattere
mutevole, inclinazione omosessuale, studiare cadaveri). Poi venne chiamato in Francia
direttamente da Francesco I, e portò con sé la Gioconda. Rimase lì fino alla morte e le sue spoglie
(forse trafugate) vennero poste in una cappella vicino al Castello francese sua residenza (Cloux,
vicino Amboise).
Non riusciva a tradurre in pratica le idee che gli venivano in mente.
Inventò lo sfumato e il contrapposto:
 Sfumato. Quando noi realizziamo una linea di circoscrizione (diceva Alberti) era una linea
di contorno, ma essa non esiste effettivamente nella realtà. Quindi Leonardo non usa una
linea retta, ma infinite (rette) spezzate, un passaggio graduale e impercettibile
dall’ombra alla luce. È ottenuto o sfumando la matita o con una serie di linee spezzate che
passano dall’ombra alla luce.
 Contrapposto. Serve per rendere una figura il più naturale possibile: è la rotazione del
nostro corpo in senso opposto (contrario, contr-apposto) rispetto a un asse centrale. Le
gambe sono girate da una parte, il busto dall’altra. Una cosa del genere la fece Policleto
nell’arte greca, con il chiasmo.
Non visse una vita lunghissima, ma dignitosa. Ciò che si ricorda dal da Vinci pittore è la capacità di
dare emotività e realismo alle figure.

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La Vergine delle Rocce
È una tavola centinata (ricorda una centina). Si chiama così perché questa pala d’altare venne
commissionata dalla confraternita dell’Immacolata Concezione per la propria chiesa, situata in
un luogo dove secoli prima si trovava un cimitero che chiamavano <<Grotta>> (grotta = roccia.
La chiesa si trova sul cimitero distrutto). Ci sono varie versioni di questo dipinto: una è alla
National Gallery, un’altra al Louvre.
Al centro è presente la Madonna, che trattiene a mo’ di protezione un bimbo verso sinistra, un
piccolo san Giovanni. Di fronte al Santo c’è Gesù, che benedice il cugino.
L’angelo è dietro Gesù, ed è l’unico a guardare verso l’osservatore: lui infatti indica la scena, ma
sembra star cercando di entrare in relazione con lo spettatore. È presente un gioco di sguardi:
Madonna -> Gesù -> San Giovanni.
In primo piano la luce è calda, dorata. Le figure hanno dei movimenti aggraziati, che combinati ai
colori che li mettono in risalto danno una sensazione accogliente. Le figure sono messe insieme
secondo uno schema piramidale, con il vertice nella testa della Madonna. Le rocce su cui sono
appoggiate le figure sembrano cuscini. La luce che le mette in risalto (le rocce) è fredda, azzurra e
bianca.

L’ultima Cena
Anche essa si trova a Milano, e fu commissionata da Ludovico II Sforza, in dono al refettorio del
convento di Santa Maria delle Grazie, antistante alla Chiesa. Si trova su una delle pareti. Fino ad
allora l’iconografia dell’ultima cena era: Gesù a tavola, apostoli a destra e a sinistra, e Giuda sempre
posto dall’altra parte del tavolo. Il momento rappresentato era proprio quello dell’eucarestia.
Leonardo stravolse questo schema: rappresenta tutti gli apostoli insieme, senza isolare Giuda e
rendendolo simile agli altri. Lui rappresenta il momento in cui Gesù dice <<In verità, vi dico che
uno di voi mi tradirà>>. Quello rappresentato è un fatto umano, ossia il tradimento di un amico e
non un momento sacro: infatti, Giuda era un amico di Gesù.
Leonardo rappresenta la psicologia stessa dei personaggi: alcuni in sgomento, altri in stupore, altri
ancora in terrore. Ognuno reagisce secondo un proprio carattere, non hanno la stessa reazione. Poi,
Leonardo raggruppa questi soggetti tre a tre, lasciando da solo Gesù al centro tavola (proprio
come se stesse vivendo da solo un momento di sconforto e tristezza, il tradimento per l’appunto di
Giuda). La finestra dietro alle sue spalle lo mette in risalto, e ci fa riconoscere immediatamente la
figura del figlio di Dio (oltre agli abiti tipici con cui Gesù viene rappresentato durante il ciclo della
via crucis, con il drappo rosso). La prospettiva è centrale, i punti convergono tutti nella figura di
Cristo. Il soffitto è cassettonato, mentre sui muri laterali lati si trovano gli arazzi.
Leonardo provò nuovi pigmenti nel corso della realizzazione dell’affresco, lasciando un quadro
che attualmente necessita di continui restauri. I pigmenti si asciugavano subito, e per questo fu un
fallimento.

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La Monna Lisa
La Monna Lisa (o la Gioconda) fu uno dei pochi quadri che da Vinci portò con sé essendo molto
geloso di esso.
Il quadro è di formato rettangolare, e presenta in primo piano una donna seduta su una poltrona.
Dietro di lei vi è un bellissimo paesaggio, dove sono rappresentati gli studi di Leonardo in merito
agli eventi naturali (anche molto violenti, realizzando il codice hammer con gli schizzi di questi
eventi naturali). Il quadro è molto enigmatico: si ipotizza la donna fosse la moglie del Giocondo,
oppure anche la versione femminile del volto dell’artista.
Sicuramente abbiamo il contrapposto: una parte del corpo va in senso orario, il braccio poggia su
uno dei braccioli della poltrona, e il volto è ruotato in senso antiorario.
Troviamo anche lo sfumato: il nostro occhio non è preciso, commette degli errori; quando le figure
non presentano delle linee ben definite, l’occhio manda al cervello ciò che recepisce dall’immagine,
in modo incorretto.
Ad esempio, guardando il giallo e il blu per un po’ di tempo, ad un certo punto si vedrà il colore
verde, la fusione tra i due primari. Qui è la stessa cosa: come con l’entasi greca, per correggere
l’occhio, Leonardo sfuma la parte finale degli occhi e delle labbra della donna, tant’è che ad un
certo punto il volto della donna da la sensazione quasi che ci stia sorridendo e guardando. È una
sensazione suggerita dai contorni non definiti, lo sguardo rimane enigmatico. Inoltre, la donna è
leggermente strabica: un occhio va da una parte, l’altro dall’altra.
Sembra poi che dietro di lei ci sia una sorta di balaustra, a suggerire lei si torvi su un balcone. Lei
è messa in risalto da colori caldi in primo piano e da colori freddi in secondo piano.
Questi ultimi tendono ad allontanare l’oggetto. Questa è una tecnica per far risaltare le figure:
tramite il pulviscolo atmosferico (polveri infinitamente piccole), noi vediamo gli oggetti in
lontananza tendenti al grigio e all’azzurro. Questo è l’effetto della prospettiva aerea, che non si
verifica bene in giornate limpide (serve per raffigurare gli oggetti in primo piano e in secondo
piano: quelli in lontananza con colori freddi, quelli in primo piano con colori caldi).
Infine, sopra la spalla è presente in lontananza il ponte: esso rappresenta il desiderio dell’uomo di
dominare la natura.

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Michelangelo Buonarroti
Michelangelo visse una vita molto lunga, fino a 89 anni, e fu contemporaneo di Leonardo e
Raffaello. Buonarroti nacque vicino Firenze (a Caprese), figlio del podestà della città, nel 1455. La
sua formazione è fiorentina, ma i suoi committenti furono principalmente i Medici, per questo la
sua vita fu un eterno viaggio tra Roma e Firenze.
Dopo di lui, secondo il Vasari, non poteva esserci nessuno in grado di superare la sua eccellenza, e
questo valeva per tutte le discipline in cui Michelangelo eccelleva. Venne dipinto come un vero e
proprio genio, il sommo tra i sommi. Ma Michelangelo voleva essere soprattutto uno scultore:
questa sua passione fece sì che lui inserisse in pittura e architettura l’amore per la scultura.
o Pittura = i corpi erano da lui ritratti infatti più massicci, forti, voluminosi, massicci, ma
soprattutto tridimensionali. Non si dedicò mai ai paesaggi, ma si concentrò sulle figure
umane come nella scultura. Utilizzò colori intensi e forti, dando in questo modo l’effetto di
tridimensionalità delle sculture.
o Architettura = invece rese l’effetto scultoreo inserendo elementi scultorei (non è
un’architettura semplice come quella di Brunelleschi).
o Scultura = utilizzava solo il marmo bianco di Carrara. Questo perché, guardando il
marmo, Michelangelo già sapeva cosa ci fosse dentro, la figura intrappolata nel blocco.
Per questo Buonarroti si poneva l’intento di togliere l’eccesso del blocco, così da far
emergere la scultura (doveva scalpellare da un blocco, non aggiungere elementi come si
faceva con l’argilla. Lascia spesso dei non finiti, delle parti della scultura non completate per
far vedere non finito il finito).
Ci sono tre fasi della sua vita artistica:
1) Prima fase, Giovanile = [Scolpisce la Pietà, il David, ecc…] È il periodo in cui
Michelangelo va alla ricerca della perfezione e della bellezza ideale, come i Greci.
Attraverso la perfezione lui rappresenta Dio. Questo è il periodo della controriforma. Lui
era religioso, rappresenta la perfezione come identificazione del divino.
2) Seconda fase = In questo periodo Michelangelo pensa che la bellezza sia un modo per
raggiungere Dio, non per rappresentarlo. La bellezza diventa il tramite, guardi un oggetto
perfetto e vedi Dio. In questo periodo affrescò la volta della Cappella Sistina.
3) Terza fase = Vent’anni dopo, si pentì per l’eccessiva attenzione ai corpi perfetti, pensando
essa potesse allontanare gli uomini da Dio. Ora la bellezza viene vista come colei che
poteva allontanare gli uomini dal Divino. Per questo ebbe paura di essere condannato, e
realizzò il Giudizio Universale. Qui i corpi diventano tozzi, non vi è ricerca di perfezione.
La Pietà Rondanina (non finito voluto dal tempo).

La Pietà
Questa era in realtà un’iconografia (la posizione dei personaggi) molto utilizzata in nord Europa,
che rappresenta La Madonna con in braccio il corpo di Cristo morto. Questa pietà si trova a Roma
poiché fu commissionata da un cardinale Francese, Biliare, a Michelangelo. I corpi sono perfetti:
la Madonna è giovanissima, sembrano quasi fratelli lei e Cristo. Questo perché la Madonna non
poteva essere rappresentata, secondo il Michelangelo del periodo giovanile, vecchia, essendo

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perfetta, quindi è rappresentata da una fanciulla (ideale della perfezione). Il mantello è tutto
bianco, le pieghe creano degli effetti di chiaro-scuro poiché al loro interno si addensa il buio. Sul
tronco della Madonna è presente una specie di fascia che mette lievemente in risalto il suo seno, e
sempre qui sono presenti proprio il nome e il cognome di Michelangelo. La Madonna non piange,
non si dispera, la sua sofferenza è sommessa e pacata, essendo quasi un essere divino. Soffre con
dignità, con un volto dolcissimo e con un abito che mette in risalto il corpo del Cristo. Egli scivola
quasi con un effetto pittorico, il corpo è perfettamente levigato e la luce scivola su di esso. Il
drappeggio della Madonna mette proprio questo in risalto. La figura segue uno schema piramidale
convergente nella testa della donna.

Il David
Altra opera del periodo giovanile. Per tanti secoli ha campeggiato in piazza della Signoria, ora è
altrove. Venne commissionato dall’opera del Duomo, tutti i fedeli del duomo di Firenze che
avevano commissionato anche la cupola di Santa Maria del Fiore. Il David doveva essere messo
all’interno della Basilica, ma i cittadini rimasero talmente folgorati dalla sua bellezza e virtu’
(morale e fisica, vittoria del bene sul male) che lo misero nella piazza principale, davanti Palazzo
Vecchio. Il Vasari dice che Michelangelo ha fatto resuscitare un morto: egli utilizzò un blocco
unico di marmo che era già stato sbozzato da uno sculture minore. Questo blocco di marmo di
carrara (costoso) venne riutilizzato, e lo completò Michelangelo riuscendo a farlo resuscitare [da
incompleto (morto) a completo (vivo)]. Secondo Michelangelo già esisteva nel blocco la scultura,
l’importante era togliere il superfluo.
David è il futuro re d’Israele che ha sconfitto il male, il mostro, Golia (tema ricorrente, ripreso da
Donatello in passato). Si tratta di un nudo virile, è possibile notare la presenza di studi classici:
figura chiastica (gamba portante stante, braccio opposto alla gamba in movimento in posizione di
riposo). Il volto è leggermente ruotato, lo sguardo è pensoso e il momento è quello che precede il
lancio della fionda (massima attenzione).

Tondo Doni
Sempre della prima fase di Michelangelo. È l’unico dipinto di Michelangelo (lui ha lasciato solo
affreschi). Il tondo ha una forma tonda, commissionato da Agnolo Doni in occasione di un
matrimonio. Infatti i tondi venivano utilizzati come ornamento nelle camere da letto (e venivano
regalati). Agnolo era fiorentino. In primo piano è presente la Sacra Famiglia: Madonna, Giuseppe
e Gesù bambino. I colori sono sgargianti, accecanti. I corpi sono estremamente realisti, il
chiaro-scuro è marcato. I contorni delle figure sono netti, diversi da quelli di Leonardo. Il
paesaggio non è interessante e presente quanto con Leonardo, a lui interessavano i personaggi. Al
di là della famiglia sono presenti gli Ignudi, appoggiati ad una balaustra. Appoggiato al parapetto
tra gli ignudi (rappresentanti il mondo pagano) e la famiglia Sacra è presente la figura appoggiata di
San Giovanni, il quale rappresenta invece coloro che riescono ad avvicinarsi al cristianesimo
attraverso il battesimo. Infatti, San Giovanni è il Battista, e rappresenta l’unione tra il mondo
cristiano e quello pagano. I personaggi in primo piano hanno una grande valenza plastica
(tridimensionale), sembrano quasi scolpiti. Sono molto dinamici, l’impianto non è piramidale e
lineare. L’elemento che li contraddistingue è la forma spiraliforme, che parte dal piede destro della
Madonna, e gira intorno alle figure fino d arrivare alla testa di san Giuseppe. I corpi sono dinamici,
morbidi.
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Volta della Cappella Sistina


Nel 1508, Giulio II Incaricò Michelangelo di affrescare la volta della Cappella Sistina: uno degli
ambienti più importanti in Vaticano in quanto qui viene eletto il nuovo pontefice. Inizialmente essa
(che copre uno spazio di 15x36 m) era decorata con un cielo tutto blu e tante stelle in oro. Ma
Giulio II volle renderla ancora più grandiosa, affidando l’incarico a Michelangelo. Egli era
riluttante, ma infine accettò. Impiegò 4 anni per finirla e lavorò completamente da solo, essendo
geloso del suo lavoro.
Come fece ad affrescarla? Intanto organizza questo affresco con la tecnica della grisaglia, con
delle finte membrature architettoniche per suddividere gli spazi. La volta è un enorme
rettangolo: in senso trasversale lui realizza 10 arconi: questi arconi sono poi tagliati da una
cornice rettangolare che definisce 9 riquadri. Questi arconi continuano, andando a delimitare
delle vele triangolari. Tra un arcone e l’altro (tra una vela e l’altra) sono presenti dei personaggi,
alternativamente un uomo e una donna. Agli angoli poi sono presenti dei pennacchi angolari.
Al centro, questi nove riquadri rappresentano la storia della Genesi, la creazione (tra cui quella di
Adamo). Nelle vele triangolari sottostanti sono presenti le 40 generazioni di Cristo. Poi queste
figure di uomini e donne sono alternativamente profeti e sibille; ai quattro pennacchi angolari si
trovano quattro eventi miracolosi.
La creazione di Adamo
il paesaggio è quasi assente. Adamo ha un corpo ancora inanimato, seppur stupendo: è senza
anima. Ma viene rappresentato il momento in cui sta per acquisire vitalità. Dall’altra parte è
presente Dio, avvolto da questi Angeli e da un mantello che ricorda per la sua forma un cervello
umano (fede nella ragione). È stato tolto ora tutto il vapore acqueo che aveva scurito i colori della
cappella: i colori sono usciti più intensi, molto vivaci. Ad un primo acchito furono criticati, non
rispecchiavano i colori che tutti riconoscevano negli affreschi di Michelangelo. Raffaello era
curiosissimo di vedere le opere di Michelangelo, ma lui, gelosissimo delle sue opere, buttò fuori
tutti dalla Cappella Sistina per lavorare da solo. Ma Raffaello sbirciando riuscì a scorgere ciò che
lui faceva (per questo introdusse nella scuola di Atene Michelangelo).
Giudizio Universale
Siamo nell’ultima fase, con una bellezza che distrae da Dio. Gesù è al centro della composizione:
un dito spinge verso gli inferi i dannati, l’altra invece attira verso il cielo i beati (sembra come una
calamita). Nessuno sorride. La volta non è azzurra, invece il suffragio universale ne è pieno:
l’azzurro veniva allora realizzato tramite i lapislazzuli, per questo era molto costoso. Il papa
all’epoca doveva pagare sia Michelangelo che il materiale, per questo si ipotizza ci fosse così tanto
azzurro: Clemente VII li pagò, non Michelangelo. L’affresco si trova sull’altare.
Dio è al centro, con al fianco una Madonna triste (che sembra star nascondendo il viso). Tutto
intorno a loro una ghirlanda di Angeli e Beati. Sotto sono presenti i dannati, con Caronte che
batte il remo e i demoni che spingono i dannati giù. I colori sono putridi, il verde è forte.
Nelle lunette in alto invece, sono presenti i segni del martirio di Cristo: la colonna della
flagellazione, la corona di spine, la croce… Poi è presente un uomo che tiene la pelle nelle sue
mani: questo è il volto di Michelangelo, e si rappresenta come dannato pensando di aver sbagliato
tutto nella sua vita.
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Con il concilio di Trento, la Chiesa si irrigidì: quando il Giudizio venne esposto si notarono
tantissimi nudi, troppi. Allora fu considerato scandaloso. Quindi venne convocato il Braghettone
(Daniele da Volterra) per nascondere le nudità della Cappella Sistina. Alcune sono state tolte negli
anni 90, altre no.

Basilica di San Pietro


Il progetto venne iniziato da Donato Bramante. Dopo subentrò Raffaello, e poi passò ad altri
progettisti tra cui Michelangelo. Lui però si concentrò della parte absidale, quella finale della
Chiesa. Il tamburo è circolare e ritmato da una serie di colonne binate. A queste colonne sono
poggiati dei potenti contrafforti che irrigidiscono l’intera struttura. In mezzo a ogni coppia di
colonne binate, sostenute sempre dai contrafforti, si trovano immensi finestroni luciferi
alternativamente timpanati e centinati. La cupola è costituita da costoloni che confluiscono nella
lanterna cuspidata.
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Raffaello Sanzio
Nacque nel 1483 e morì giovane nel 1520 (mostra importantissima per celebrare i 500 anni dalla
morte). Il padre era un modesto pittore, e lui imparò da lui la pittura. È stato anche allievo del
Perugino, visitò la corte dei Montefeltro e fu molto amico di Donato Bramante: egli lo
raccomandò al papa Giulio II. A Roma, Raffaello rimase fino alla fine della sua vita. Nel 1504 si
trasferì a Firenze, e nel 1508 venne invitato a soggiornare a Roma.
Inizialmente lui si occupò di realizzare una mappa di tutte le opere presenti dell’Antica Roma, una
prima catalogazione dei beni culturali. Talmente venne ammirata poi la sua bravura, che gli venne
dato l’onore di dipingere le 4 stanze private del papa. Realizzò i 4 disegni per le 4 stanze, ma
dipinse solo la stanza della Segnatura prima di morire (le altre stanze sono state realizzate dai suoi
allievi seguendo i suoi bozzetti). La stanza della Segnatura era un importante ufficio del papa. Tre
concetti fondamentali: il vero, il bello e il bene/buono. In questa stanza lui rappresentò il vero, il
modo in cui era possibile raggiungere Dio attraverso la verità umana, ossia la filosofia (La scuola
di Atene).
Vero = verità = affermare la presenza del Divino tramite ragionamento.

Lo sposalizio della Vergine


Raffaello vs Perugino
Sono due tavole entrambe centinate, con uguale soggetto. La tavola di Raffaello è più piccola di
quella del Perugino.
I colori di Perugino appaiono più sbiaditi. La cupola del tempietto è tagliata. In Perugino non c’è
una grande profondità, e i personaggi sono tutti collocati sullo stesso piano orizzontale.
Raffaello salta subito all’occhio. I colori della sua tavola sono più intensi e caldi, ponendo in
evidenza l’effetto chiaro-scuro. Il tempietto in Raffaello si vede più distante e quasi interamente,
solo la lanterna cuspidata è tagliata. In quella di Raffaello, se si prolungassero le tarsie
marmoree del pavimento si arriverebbe a congiungersi con il centro di proiezione (che passa che
passa per la porta aperta del tempietto, è più alto), dando un senso di profondità. I personaggi di
Raffaello sono inoltre in primo, secondo e terzo piano in modo graduale, disposti in modo differente
e più naturale in una sorta di forma semicircolare (che, con l’aggiunta dei colori, rende un effetto
tridimensionale maggiore). San Giuseppe in Raffaello ha il piede avanzato, come se stesse per fare
un passo; il ragazzo dietro sta piegando una verga; il sacerdote ha il capo chino: tutto ciò dispone
maggiore dinamicità. Il tempietto ricorda quello di Bramante, proprio perché Raffaello era suo
amico e decise di fargli un omaggio.

La stanza della Segnatura


Raffaello dipinge di queste 4 stanze solo la prima, quella della Segnatura. Qui, l’unica certamente
affrescata da lui, vi sono le iconografie (metafore) del vero, del bene e del buono. La scuola di
Atene rappresenta il vero (Filosofia per arrivare a Dio. Dare forza alla sua esistenza attraverso il
ragionamento). La scuola di Atene è la rappresentazione di tutti i più importanti filosofi della
Grecia.
La scuola venne dipinta con la tecnica della grisaglia: i personaggi sono calati in un contesto e in
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una struttura del tutto romani (terme, basilica). I personaggi sono variamente disposti. Poi, sono
presenti come due bracci del transetto di una basilica, con delle volte a botte che presentano dei
lacunari esagonali e a rombi. I lacunari sono delle decorazioni molto simili a quelli della Basilica
di Massenzio (si trovano sotto le volte a botte).
In questo edificio sono disposti i più importanti filosofi della filosofia antica. Al centro tra Platone e
Aristotele è presente il punto di fuga.
 Platone = Leonardo da Vinci (che Raffaello conosceva), tiene il punto verso l’alto = la
realtà è solo una brutta copia della realtà superiore.
 Aristotele invece indica verso di noi, a indicare che la nostra realtà è quella vera.
 Euclide = Bramante.
 Eraclito = Michelangelo. Nel cartone preparatorio mancava il personaggio seduto sulla
scalinata: egli è Michelangelo, il quale venne aggiunto da Raffaello all’affresco terminato
dopo aver sbirciato dalla Cappella Sistina ciò che l’artista stava realizzando nella volta.
 Raffaello si pone con un autoritratto in maniera molto modesta, e guarda verso di noi.

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Il Tonalismo
Il 1500’ è il periodo in cui Il ricco ceto borghese Veneziano ha conosciuto uno dei momenti di
maggiore splendore economico e politico. La situazione di benessere e stabilità era, inoltre,
sostenuta dai vivaci ambienti intellettuali. Gli artisti erano particolarmente apprezzati e richiesti, in
tutte le arti e i campi.
Fu durante il 500’ che vennero messi in rilievo artisti di grande importanza quali Giorgione e
Tiziano Vecellio.
Ciascun artista veneziano lasciò un nuovo modo di percepire e di riprodurre la realtà. Ma ciò non
avveniva tramite il disegno, quanto tramite la rivalutazione del colore e della sua potenza
trasmissiva. In particolare, ciò che fu fondamentale era lo studio delle giuste giustapposizioni
(giustapporre = accostare bene; colori caldi-freddi; colori chiari-scuri) del colore e all’armoniosa
graduazione delle sue tonalità.

Giorgione
Fu un importante artista Veneto del 500’, nonché un esponente del Tonalismo veneziano. Nacque a
Castelfranco.

Venere Dormiente
Quella che ha dipinto Giorgione non è una dea, una figura divina, ma più semplicemente una donna
consapevole della sua umanità e della sua innocente nudità. Il suo volto è innocente e ruotato
frontalmente verso chi la guarda; le membra languide (stanche) sono rilassate, disposte
parallelamente alla diagonale del dipinto (dipinto di forma rettangolare = due diagonali).
La bellezza umana della dea è inoltre corrisposta (o correlata) dalla bellezza della natura e del
paesaggio circostante (che sonnecchiano con lei). Immersa in un prato fiorito, con alla sua destra un
villaggio abbandonato dai colori caldi, il quale, in contrasto con le nuvole bianche del cielo limpido,
sottolinea la dolce immobilità del pomeriggio estivo.
Dietro la Venere, seppur più lontano, si intravede un altro villaggio (o più banalmente un castello),
mentre al filo dell’orizzonte si scorgono delle montagne emerse dalle nebbie grigio-azzurrine.
Non è presente la prospettiva, tutto è dato semplicemente dai colori. L’incarnato rosato del corpo
della Venere risalta rispetto al lenzuolo bianco, che a sua volta emerge dalla natura verde
circostante.

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Tiziano Vecellio
Tiziano fu un famosissimo pittore Veneziano e un allievo di Giorgione. Nacque a Belluno e morì di
peste a Venezia (1488-90/1576). Tiziano maturò uno stile del tutto innovativo: i colori sono stesi in
modo rapido ed impreciso, senza disegni preparatori e con poca attenzione dei contorni, e ne deriva
una pittura di grande espressività e immediatezza.

La Venere di Urbino
Qui viene espresso benissimo il concetto del dare volume alle figure tramite il color: infatti Tiziano
passa dal colore che si fa luce, alla luce che diventa volume, rendendo realisticamente percepibili le
forme della fantasia. La giovane dipinta è nuda, semidistesa su un letto in primo piano. Sebbene alla
realizzazione della Venere Dormiente avesse lavorato lo stesso Tiziano (al paesaggio), questa
Venere presenta caratteristiche del tutto differenti.
L’ambiente in cui si trova la Venere è una ricca casa patrizia. Gli unici accenni alla natura si
scorgono tramite un’apertura colonnata (una sorta di finestra), dai rami di un albero e da una pianta
ornamentale.
La Venere non è sola: infondo sulla destra sono presenti due fantesche, una in piedi e l’altra
inginocchiata mentre cerca in una cassa di legno gli abiti da portare alla padrona.
Ai piedi della donna riposa un cane, simbolo della fedeltà coniugale.
Sebbene il titolo dell’opera citi la Venere, grazie al contesto in cui la signora è immersa è possibile
capire che lei non sia una vera e propria dea, ma una donna umana. Ma la differenza più grande tra i
due dipinti è che questa Venere non solo è consapevole della propria nudità, ma ne è anche
orgogliosa. Infatti, ella fissa l’osservatore senza alcuna vergogna, mentre è adagiata su un letto
disfatto.
Il volume del corpo è dato esclusivamente dal tonalismo, mentre esso è dolcemente composto lungo
la diagonale del dipinto. Le membra sono ambrate, e insieme al ricorrente biondo dorato dei capelli
creano un forte contrasto con il tendaggio verde scuro dello sfondo e con i grandi cuscini rossi
intravisibili sotto le coperte candide. Il colore determina la successione dei piani: in primo piano i
colori caldi del letto inondato da una luce dorata, e in lontananza i colori freddi del cielo e del
davanzale.
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Il Manierismo
Il Manierismo indica l’intento di voler realizzare opere d’arte basandosi sui modelli Rinascimentali,
quali ad esempio Michelangelo, Leonardo e Raffaello. Dipingere alla “maniera di”, per l’appunto.
Per questo il termine riprendeva in modo dispregiativo il significato di “imitare”. Un’opera
manieristica aveva il compito di ricercare:
 Grazia;
 Licenza della regola (dal latino licentia, ossia la possibilità di fare cose innovative);
 Il virtuosismo;
 La difficoltà;
 La bizzarria, l’eccentrico.

Rosso Fiorentino
La Deposizione
La tavola gli venne commissionata dalla Compagnia della Croce di Giorno per la chiesa di San
Francesco a Volterra.
È una tavola centinata attraversata verticalmente e trasversalmente dalla croce (pesante e tozza). A
essa si appoggiano tre scale di legno inclinate secondo direzioni diverse e in parte contrapposte:
questi elementi definiscono geometricamente lo spazio. Lo spazio è inoltre limitato e compresso,
per consentire l’azione dei personaggi come la Vergine (ammantata di blu e sorretta dalle pie
donne), la Maddalena (inginocchiata di spalle e rivestita da un abito rosso, asciutto e spigoloso dalle
pieghe quasi metalliche), San Giovanni piangente.
Una luce improvvisa (forse di un fulmine) accende e quasi sbianca alcuni risvolti dei panneggi,
accrescendo la sensazione di tragedia sospesa.
E’ visibile la tridimensionalità michelangiolesca. I colori sono sgargianti, le forme intense quasi
monumentali.
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