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10.

La Chiesa trionfante
Stile gotico:
● nasce nella Francia settentrionale;
● nasce verso la metà del XII secolo;

ARCO A SESTO ACUTO:


● con l’accostamento di due segmenti circolari nasce l’arco a sesto acuto; si è capito
che bastano pilastri snelli e costoloni stretti a reggere le nervature delle volte e che i
massicci muri sono diventati superflui;
● le costruzioni venivano fatte in pietra e questo richiede dei calcoli scrupolosi;
● l’apertura degli archi è variabile a seconda dei casi;
● non agisce solo la forza peso, ma vi sono anche le spinte orizzontali di archi e volte,
garantendo alla struttura la possibilità di elevarsi verticalmente;
● le pesanti pietre non premono solo verso il basso, ma anche verso i lati;
● la nervatura incrociata non era di per sé sufficiente per il rivoluzionario stile gotico.
● vengono costruite delle robusti cornici per tenere insieme l’intera struttura;vengono
introdotti gli archi rampanti (navata centrale) e i contrafforti (navati laterali), strutture
che permettono di sorreggere gli archi;
● il peso viene distribuito in maniera uniforme e questo permette una minore quantità di
materiale senza compromettere la solidità della struttura;
● questa novità nelle chiese portò a costruzioni enormi, facendo considerare codeste
architetture “chiese militanti”, ovvero di luoghi che offrissero riparo dalle forze del
male,
● le grandi cattedrali, le chiese dei vescovi del tardo XII e dei primi del XIII, erano
concepite su scala così ardita e magnifica che poche vennero condotte a termine
secondo i piani;
● le mura di queste costruzioni non erano fredde, ma ricche di vetri istoriati che
brillavano come pietre preziose;
● le cattedrali e le chiese gotiche vengono considerate le architetture che
rappresentassero al meglio le glorie del cielo.

Esempio di chiesa gotica: La cattedrale di Notre-Dame di Parigi,1163-1250


La cattedrale di Amiens(la navata fu costruita da Robert de Luzarches, 1218-1236. L'abside
fu portata a termine nel 1247)

La cattedrale di Chartres fa parte del tardo XII secolo. Dopo l’anno 1200 molte nuove e
magnifiche cattedrali sorsero in Francia, in Inghilterra, in Spagna e nella Renania.

LA SCULTURA:
● il maestro che lavorò al portale settentrionale della chiesa di Chartres infuse vita in
ciascuna delle sue figure;
● nelle statue dall’atteggiamento al drappeggio, devono rappresentare naturalezza e
leggerezza;
● ogni figurazione doveva essere riconoscibile da chiunque conoscesse il vecchio
Testamento;
● quasi ogni statua che affolla i portali delle grandi chiese gotiche è chiaramente
contrassegnata da un attributo, così che il suo significato e il suo messaggio
potessero essere compresi e meditati dai fedeli;
● nel loro insieme esse incarnano la dottrina della chiesa;
● ogni figura doveva essere doveva essere diversa da quella vicina; nell'atteggiamento
e nel tipo di bellezza e investita di una dignità individuale;
● ricerca dell’antica formula dei corpi drappeggiati;
● interesse dei problemi espressivi;
● scopo: narrare la storia sacra nella maniera più persuasiva possibile (al contrario dei
greci del V secolo che si interessavano soprattutto al modo di costruire un bel corpo).

OPERA: Melchisedec, Abramo, Mosè


● Cattedrale di Chartres, iniziato probabilmente
nel 1194, Portale della facciata settentrionale
● Abramo è il personaggio che avvolge con le
braccia il figlio Isacco pronto ad essere
sacrificato;
● Mosè è il personaggio che regge in mano le
tavole dei dieci comandamenti insieme alla
colonna con il serpente di bronzo di cui si è
servito per risanare gli Israeliti;
● Melchisedec è il re di Salem; la Bibbia ci narra
che fosse "sacerdote di Dio altissimo” e che offrì “pane e vino” ad Abramo in segno di
benvenuto dopo una battaglia vittoriosa. Tiene in mano un calice e un turibolo perché
era considerato, nella teologia medievale, il sacerdote che amministra i sacramenti.

OPERA: Morte della vergine,Cattedrale di Strasburgo,1230


● I dodici apostoli sono disposti intorno al
capezzale;
● Maria Maddalena è in ginocchio davanti a
Maria e si contorce le mani; vi è contrasto con
lo sguardo sereno della vergine;
● Cristo tiene in braccio l’anima di Maria.
● l’artista era preoccupato di mantenere la
simmetria del periodo antecedente: le teste
degli apostoli sono disposte attorno all’arco, i
due apostoli in piedi e al capo del letto sono in
posizione simmetrica e Cristo al centro;
● gli apostoli hanno lo sguardo intenso con
espressione dolorosa;

OPERA:Ekkehart e Uta, Cattedrale di Naumburg, 1260


L’opera rappresenta i fondatori della cattedrale di Naumburg in
Germania.
I fondatori per l’artista erano solo dei nomi perché erano morti parecchi
anni prima.
L’opera è contemporanea a Simon de Montfort.
LA PITTURA:
● ai pittori nordici era frequentemente affidato il compito di creare miniature per i
manoscritti; l’intensità delle espressioni e la regolare distribuzione delle figure sulla
pagina erano per l’artista più importanti di qualsiasi altro tentativo di renderle vive o di
rappresentare una scena reale;
● per l’artista è importante esprimere il sentimento che anima le figure;
● pur rispettando le forme tradizionali di una narrazione sacra, la loro ambizione era di
rendere le figurazioni più commoventi e più vive;
● l’artista non aveva l’intenzione di rappresentare le cose come le vediamo nella realtà,
la conoscenza che possedeva del corpo umano era infinitamente maggiore di quella
del miniaturista del XII secolo;
● all’artista non importava che i servi fossero assai più piccoli dei personaggi divini e
non ci dà alcuna informazione del luogo;
● nel XIII secolo gli artisti cominciano ad abbandonare i loro schemi canonici per
rappresentare ciò che li interessava.
● sappiamo quali fossero il tirocinio e l’educazione di un artista medievale: cominciava
facendo l’apprendista di un maestro, lo assisteva, eseguiva gli ordini, completava le
parti relativamente poco importanti di un quadro. A poco a poco imparava a
rappresentare un apostolo e a disegnare la Vergine. Imparava a copiare e riadattare
scene di libri antichi e ad inserirle entro composizioni diverse; infine acquistava tanta
abilità da riuscire ad illustrare una scena senza valersi di modello.
● nel medioevo non esistevano i ritratti come li intendiamo noi:l’artista si limitava a
disegnare una convenzionale figura con le insegna di una determinata carica (una
corona o uno scettro per un re) senza badare molto alla somiglianza reale con il
soggetto che andava a rappresentare. quanto più perché non erano ritenute
concezioni fondamentali ed importanti;
● è difficile che i pittori del XIII secolo rappresentassero qualcosa dal vero; infatti,
l’immagine di Matthew Paris, metà XIII secolo, rappresenta tale eccezione.

OPERA: Sepoltura di Cristo, da un salterio del XIII da Bonmont, 1250-1300,


biblioteca principale di Besançon.
la vergine si curva sul cadavere di Cristo e lo abbraccia;
San Giovanni si torce le mani dal dolore;
gli angeli superiori escono dalle nubi reggendo turiboli;
i servi con i cappelli a punta, simili a quelli degli ebrei, sollevano il corpo di
cristo;
l’espressività e la disposizione delle figure sono importanti per l’artista.

OPERA:Un elefante con il guardiano, storico Matthew Paris, Corpus Christi College,
Cambridge.
Elefante mandata da re di Francia a Enrico VIII nel 1255.

Opera che dimostra che gli artisti medievali conoscono le proporzioni, ma


non le considerano importanti.
La figura del servo non è molto convincente, nonostante ci venga dato il
nome: Henricus de Flor.
Un’ iscrizione latina tra le zampe dell’elefante comunica all’osservatore che dalle dimensioni
dell’elefante è possibile immaginare le dimensioni della bestia rappresentata.

Nicola pisano e Giotto


● Nel XIII secolo la Francia era il paese più ricco e più importante d’Europa.
L’università di Parigi era il centro intellettuale dell’Occidente.
● L’italia era suddivisa e debole e le idee dei grandi costruttori francesi, imitati dalla
Germania e dall’Inghilterra, non incontrarono grande successo.
● In Italia fu solo dalla seconda metà del XIII secolo che uno scultore italiano prese ad
emulare l’esempio dei maestri francesi e a studiare i metodi della scultura classica al
fine di rappresentare al meglio la natura: Nicola Pisano. (1220-1284)
● Egli apprese dagli antichi la tecnica che permette di rivelare le forme corporee sotto il
drappeggio, conferendo dignità e verità alle sue figure.
● I pittori italiani furono ancora più lenti nell’accogliere il nuovo spirito dei maestri gotici.
Città come Venezia erano in stretto contatto con l’impero bizantino e gli artisti italiani
guardavano a Costantinopoli per ricevere l’ispirazione;
● Nel XIII secolo le chiese italiane erano ancora decorate di mosaici solenni alla
maniera greca.
● Fu l’arte bizantina che permise finalmente agli italiani di valicare la barriera di
separazione tra scultura e pittura.
● La scultura riusciva a produrre più facilmente la natura perché non doveva
preoccuparsi, come per i pittori, di creare l’illusione della profondità mediante il
chiaroscuro o lo scorcio. La sua statua campeggia nello spazio reale e nella luce
reale;
● Uno dei geni che riuscì a trasferire le figure vive della scultura gotica nella pittura fu
Giotto di Bondone(1266?-1337); le sue opere più famose sono pitture murali o
affreschi ( ovvero dipinti sul muro mentre l’intonaco era ancora umido ) che ricoprono
le pareti di una chiesetta di Padova con storie della vita della Vergine e di
Cristo(1306); sotto vi dipinse personificazioni di virtù e vizi come quelle che talvolta
troviamo nei portali delle cattedrali nordiche.
● Giotto riuscì a creare su una superficie piatta l’illusione della profondità; questa
scoperta gli dava la possibilità di mutare l’intera concezione della pittura: invece di
usare i metodi dei miniaturisti poteva darci l’illusione che la storia sacra si svolgesse
proprio davanti ai nostri occhi. Non sarebbe più bastato guardare le rappresentazioni
più antiche di una certa scena per adattarle ad un nuovo uso;
● Giotto si formò al consiglio dei frati predicatori che esortavano il popolo a leggere la
Bibbia in modo diretto e rappresentarsi nella mente tutto ciò che avveniva, nel modo
più realistico possibile.
● Per questo motivo, dinanzi ai dipinti di Giotto, ci pare di essere testimoni reali di quel
dato evento come se fosse recitato su un palcoscenico;
● Nell’arte paleocristiana era tornata all'antica concezione orientale, secondo la quale,
per narrare chiaramente una storia, ogni figura deve essere rappresentata
interamente, quasi come nell’arte egizia.
● Giotto ci mostra la drammaticità e il dolore di una scena riflesso in ogni figura in
modo tanto persuasivo che lo avvertiamo perfino in quelle figure i cui volti restano
nascosti al nostro sguardo.
● Con Giotto si apre un nuovo capitolo della storia dell’arte, quello dei grandi artisti.
OPERA: Annunciazione, Natività e annuncio ai pastori, opera finita nel
1260, Pulpito marmoreo del battistero a Pisa
● L’artista seguiva la prassi medievale di unire più storie nello stesso
riquadro;
● L’angolo sinistro è dedicata all’annunciazione, il centro della
nascita di Cristo;
● La Vergine è sdraiata sul pagliericcio;
● Giuseppe è rannicchiato in un angolo e due servi stanno lavando il bambino.
● Le pecore fanno parte dell’annunciazione ai pastori; il bambino è nella mangiatoia.
● Vi sono particolari realistici(notare il drappeggio);
● Ogni scena è ben suddivisa nonostante la strana confusione; l’artista si è sforzato di
dare ad ogni episodio il suo giusto posto e fissarne i particolari più vivaci.
● Si vede come egli compiacesse di particolari realistici, come il caprone che
nell’angolo destra si gratta la testa con lo zoccolo, e si intuisce quanto dovesse allo
studio della scultura classica se si osserva la resa delle vesti e delle pieghe.

OPERA: Fede, Giotto, 1306, Cappella degli scrovegni, Padova


Una matrona regge in mano una croce e una pergamena. Assomiglia ad una
statua alle opere degli scultori greci. Essa non è una statua, ma una pitture
che grazie al suo volume dà l’illusione di una statua. Le braccia sono viste di
scorcio, la modellatura del volto e del collo, le ombre accentuate e le pieghe
fluenti del drappeggio.
Giotto riscopre l’illusione della profondità.

OPERA: il compianto sul cristo morto,Giotto, Padova, Cappella


degli Scrovegni, 1306
l’artista variò le dimensioni delle figure in modo da inserirle
bene nella pagina;
Tutto è schiacciato e l’artista ha curato poco lo spazio (bisogna
tentare di immaginare lo spazio tra le figure in primo piano e
san Giovanni sullo sfondo, con Cristo e la Vergine nel mezzo)
Ci sembra di essere testimoni dell’evento reale.
Egli ci dimostra il dolore della drammatica scena riflesso in ogni figura, perfino nei
personaggi rannicchiati.
11. Cortigiani e borghesi, il XIV secolo
Il Duecento è ricordato come il secolo delle grandi cattedrali, nelle quali tutte le arti si erano
trovate impegnate.
A metà del XII secolo, quando lo stile gotico si stava appena sviluppando, l’Europa era un
continente di contadini scarsamente popolato;
il centro di potere e cultura erano i monasteri e i castelli baronali;
l’ambizione delle grandi diocesi di avere possenti cattedrali fu il primo indizio, per le città, di
un risvegliato orgoglio civico;
150 anni dopo tali città divennero dei centri feudali di commercio, i cui borghesi si sentivano
sempre più indipendenti dal potere delle Chiesa e dai signori feudali;
i nobili si trasferiscono nelle corti della città;
non era più il mondo delle crociate e dei campioni della cavalleria
Il gusto del Trecento fu più volto al raffinato che al grandioso; in Inghilterra si fa una
distinzione fra lo stile gotico puro delle prime cattedrali conosciuto come gotico primitivo
inglese e il suo posteriore sviluppo, conosciuto come gotico fiorito.
I costruttori gotici del Trecento non si accontentarono della linea nitida e maestosa delle
cattedrali, ma amavano mostrare la loro abilità nella decorazione e nella complessità
dell’ornato. Esempio: la cattedrale di Exeter, completata intorno al 1400.
gli architetti non si interessano solo alle chiese, ma ad altri edifici per la crescita della città;
uno degli edifici più celebri e caratteristici di questo genere è il Palazzo Ducale di Venezia,
iniziato nel 1309, quando la potenza e la prosperità della Serenissima erano all’apice.

LA SCULTURA:
Le opere più caratteristiche della scultura sono i lavori più minuti in metallo prezioso e
avorio, nei quali eccellevano gli artefici del tempo.

OPERA:Vergine di Jeanne d’Evreux, orafo francese del 1349,Louvre di


Parigi
Queste tipo di opere erano destinate non alle chiese, ma a delle
cappelle private.
Opere del genere non servono per proclamare la verità in tono
solenne, quanto per ispirare amore e tenerezza.
L’orafo parigino penso alla Vergine come una madre reale e a Cristo
come un bambino vero e proprio, con la manina tesa verso il volto
della madre. Per evitare ogni impressione di rigidezza, l’artista ha
inclinato un po’ la figura.
La Vergine appoggia il braccio sul fianco per reggere il bambino e piega lievemente il capo
verso di lui, così che il corpo crei un’aggraziata curva. Tutti questi elementi erano quelli più in
voga. Il contributo personale fu la finitezza di ogni particolare, la bellezza delle mani, le
pieghe nel braccio del bambino, la superficie di argento e smalto e l’equilibrio della statua,
con la testa piccola e graziosa sul corpo snello e allungato.
Particolari come il drappeggio ricadente sul braccio destro mostrano la cura infinita
dell’artista nel realizzare linee aggraziate ed armoniose.
LA PITTURA:
L’amore dei pittori trecenteschi per la grazia e la delicatezza dei particolari si può constatare
anche in famosi manoscritti miniati, come il Salterio della regina Maria.

OPERA:disputa nel Tempio e Caccia con il falco 1310, Salterio della regina Maria, Londra,
British Museum.
Disputa di Cristo con gli scribi del Tempio. Cristo siede su un seggio altissimo e spiega
qualche punto della sua dottrina, rappresentato con il gesto che negli artisti medievali
caratterizzava il maestro. Gli scribi ebrei alzano le mani in atteggiamenti di meraviglia e di
sgomento, proprio come i genitori del Signore.
Secondo quanto dice la Bibbia, Cristo ha 12 anni;
l’artista non tenta di rappresentare le figure con dello spazio tra loro;
l’artista non ha le stesse capacità di Giotto nel rendere le scene vive;
le facce sono disegnate in maniera molto semplice, con le sopracciglia ad arco, la bocca
volta in giù, i capelli e la barba ricciuti.
In fondo alla pagine viene rappresentata un tema della vita quotidiana di quei tempi, ovvero
la caccia alle anatre con il falco. Vengono rappresentati un uomo e una donna a cavallo e un
ragazzo che li precede, il falco è appena calato su un’anatra, mentre le altre due stanno
fuggendo. Rappresentazione del sacro e del secolo di Chaucer.

Fu durante il corso del Trecento che la aggraziata narrazione e l’osservazione fedele


vennero gradualmente a fondersi, e forse ciò non sarebbe avvenuto tanto presto se non ci
fosse stata l’influenza dell’arte italiana, dove l’arte di Giotto, soprattutto a Firenze, aveva
mutato l’intera concezione della pittura.
L'arte bizantina parve ad un tratto rigida e superata. L'arte italiana, però, non si è staccata
del tutto dal resto d'Europa. L'arte di Giotto stava influenzando le regioni a nord delle Alpi e
gli ideali dei pittori greci cominciavano a influenzare i maestri meridionali.
A Siena il gusto e l’arte degli artisti nordici fecero una profondissima impressione; il grande
maestro della generazione di Giotto, Duccio di Buoninsegna, aveva tentato di immettere
nuova vita nelle vecchie forme bizantine anziché scartarle senz’altro.

OPERA: Annunciazione tra i Santi Ansano e Margherita


(1333) di Simone Martini(1285?-1357?) e Lippo Memmi
(morto nel 1344?)
L’opera è un pannello d’altare ed è situato negli Uffizi a
Firenze;
l’opera dimostra come gli ideali e l’atmosfera del Trecento
fossero stati accolti nell’arte senese;
l’arcangelo Gabriele giunge dal cielo per salutare la Vergine.
Possiamo leggere le parole che gli escono dalla bocca:”Ave
Maria, gratia plena”.
Nella mano sinistra regge un ramoscello d’ulivo, simbolo di
pace; la mano destra è alzata come se si accingesse a parlare.
la Vergine stava leggendo;
l’apparizione dell’angelo l’ha colta di sorpresa;
ella si ritrae con un moto di sgomento e umiltà, mentre si volge a guardare il messaggero
celeste;
Tra i due vi è un vaso di gigli bianchi, simboli di verginità, e in alto, nell’arco a sesto acuto, si
vede la colomba, simbolo dello Spirito Santo, circondata da due cherubini quadrati.
I maestri di quest’opera avevano in comune il sentimento lirico, la predilezione alle forme
delicate, amavano le curve gentili del drappeggio fluente e la grazia dei corpi snelli;
le figure sono stagliate su un fondo oro;
I pittori avevano imparato dalla tradizione medievale l’arte di distribuire le figure in uno
schema: le ali dell’angelo sono incorniciate dall’arco acuto di sinistra, la Vergine nell’arco di
destra, la colomba e il vaso al centro;
molti artisti sapevano infatti disporre i simboli delle storie sacre in modo abile e gradevole,
ma sappiamo che lo facevano ignorandone la forma reale e la proporzione delle cose,
dimenticandosi completamente dello spazio.
Gli artisti senesi si distinsero proprio per questo aspetto. Per esempio il vaso è un vaso vero,
appoggiato su un vero pavimento ed è possibile individuare l’esatta posizione dell’oggetto
rispetto all’angelo e alla Vergine. La stessa argomentazione vale per il banco e per il libro di
preghiere.

Giotto fu contemporaneo a Dante, che lo menziona nella Divina Commedia.


Simone Martini fu amico di Petrarca. Da alcuni sonetti in onore dI Laura apprendiamo che il
pittore fece un ritratto(perduto). All’epoca i ritratti non esistevano e gli artisti realizzavano
delle figure quasi convenzionali di uomo o donna scrivendoci sopra il nome della persona
rappresentata.

L’arte del ritratto che si sviluppò in questo periodo si deve forse a Simone Martini e al suo
modo di interpretare la natura e di osservarla in tutti i suoi particolari(Es. Il ritratto di Laura, la
donna citata da Petrarca)
Simone lavorò alla corte pontificia ad Avignone, Francia.
La Francia era ancora il centro dell’Europa.
La Germania era governata da una famiglia oriunda del Lussemburgo che aveva la sua
residenza a Praga.
La cattedrale di Praga ospita una meravigliosa collezione di busti risalenti a questo
periodo(1379-1386), che rappresentano i benefattori della Chiesa,e servono a un fine
analogo a quello creato dalle figure della Cattedrale di Naumburg. Nella serie che include
anche busti di contemporanei, tra i quali quello dell’artista cui era affidata l’opera, Peter
Parler il Giovane, che è il primo vero autoritratto di un artista a noi noto.
La boemia divenne uno dei centri dove l’influenza italiana e francese si diffuse in più larga
scala, giungendo fino a paesi lontani come l’Inghilterra, dove Riccardo II aveva sposato
Anna di Boemia.
L’Inghilterra commerciava con la Borgogna. L’Europa della chiesa latina era ancora una
grande unità.
Gli artisti e le idee passavano da un centro all’altro, e nessuno pensava a respingere una
conquista perché di origine straniera; allo stile sorto da questo scambio verso la fine del
Trecento gli storici hanno dato il nome di gotico internazionale.

OPERA:Dittico di Wilson House 1400 National Gallery di Londra


Anch’esso perpetua l’effigie di un personaggio storico,
Riccardo II. Questi è ritratto inginocchiato in preghiera
mentre San Giovanni Battista, Edoardo il confessore e
Sant'edmondo intercedono per Riccardo II presso la Vergine.
Il Bambino, circondato da cori angelici, si china in avanti come per benedire il re e
rassicurarlo che le sue preghiere sono state accolte.
L’arte del dittico di Wilson è legata alle opere di cui abbiamo trattato prima e condivide con
esse il gusto delle belle linee fluenti e dei motivi graziosi e delicati. La parte destra è
presentata alla corte celeste con Maria in primo piano e circondata da angeli. L’angelo visto
di spalle è la prova che l’artista ha guardato all’arte di Giotto. Il bambino è retto in braccio
dalla madre e si volta a benedire il re che si trova sulla parte destra. Ancora una volta
vediamo come l’artista desse prova della sua abilità nello scorcio e come si compiaccia di
fare uso degli studi dal vero nei molti fiori che adornano il paradiso.

Gli artisti del gotico internazionale applicarono lo stesso spirito di osservazione e lo stesso
gusto delle belle cose e delicate nel ritrarre il mondo che li circondava. Si era usato nel
Medioevo ornare i calendari con scene che illustrano le varie occupazioni dell’anno: semina,
caccia, raccolto.

È facile constatare come l’arte del dittico di Wilton House sia legata alle opere di cui
abbiamo trattato prima, forse anche perché nella consuetudine dei “ritratti di donatori”
sopravvive qualcosa dell’antica credenza nel potere magico delle immagini oppure l’abilità
nell’utilizzo dello scorcio

OPERA: Il mese di Maggio di Pol e Jean de Limbourg 1410, Chantilly,


Musée Condé
Calendario annesso un libro di preghiere che un ricco duca borgognone
aveva commissionato alla bottega dei fratelli Limbourg.
Esso è un calendario mostra come queste pitture dal vero avessero
guadagnato vivacità e spirito d’osservazione. La miniatura rappresenta la
festa di primavera che si celebrava alla corte ducale. I gentiluomini
cavalcavano in abbigliamenti vivaci e inghirlandati di fronde e fiori.
Vediamo come il pittore godesse lo spettacolo delle belle fanciulle nelle
loro vesti eleganti, e come fosse compiaciuto nel ritrarre lo sfarzo
multicolore. L’artista costruisce un quadro che si avvicina molto a una scena reale, ma non
del tutto. Poiché se osserviamo che l’artista ha chiuso lo sfondo con una sorta di cortina di
alberi dietro la quale spuntano i tetti di un castello, ci accorgiamo che egli non da
un’autentica scena dal vero. Anche quest’artista non riesce a creare lo spazio intorno alle
sue figure, e che raggiunge l’illusione della realtà attraverso un più intenso rilievo del
particolare. Gli alberi sono simbolici e i volti sono ancora sotto un'unica formula.

L’interesse per tutto ciò che la vita ha di splendido e di lieto dimostra che le sue teorie sullo
scopo della pittura differivano da quelle degli artisti del primo Medioevo. L’interesse si era
spostato verso una rappresentazione capace di rendere un aspetto della natura. Per l’artista
il compito era cambiato. Prima il tirocinio consisteva nell’imparare certi antichi schemi
corrispondenti ai principali personaggi della storia sacra e adattarli a combinazioni sempre
nuove. Ora il mestiere dell’artista richiede la capacità di fare studi dal vero e inserirli nei suoi
dipinti.

OPERA: Studi di scimmia in atteggiamenti diversi, 20 anni dopo Limbourg


,1430, Louvre
Disegno eseguito da un artista dell’Italia settentrionale, Antonio Pisano(1397?-1455?) detto il
Pisanello, mostra come gli artisti si dedicassero ormai con passione a studiare un animale
vivo. Gli artisti comunque non si accontentano più della maestria nel dipingere fiori o piante
dal vero. Volevano investigare le leggi dell'ottica e raggiungere una conoscenza tale del
corpo umano da poterlo rendere in statue e quadri come hanno fatto i greci e i romani. L’arte
medievale poté dirsi superata. Giungiamo così al periodo del Rinascimento.

12. La conquista della realtà, il primo Quattrocento


RINASCIMENTO significa rinascita e l’idea di questa rinascita aveva cominciato a diffondersi
in Italia fin dal tempo di Giotto.
Giotto era stato esaltato per aver fatto rinascere l’arte, ovvero la sua arte poteva stare alla
pari con quella dei famosi maestri elogiati dagli scrittori greci e romani.
Gli italiani sapevano che nell’antichità la loro terra, sotto la guida di Roma, era stata il centro
del mondo civile. La potenza e la gloria erano finite il giorno in cui le tribù germaniche, i goti
e i vandali, avevano invaso il paese e spezzato l’unità dell’Impero Romano. L’idea di
rinascita è nella mente degli italiani legata alla rinascita della grandezza romana.
Il periodo tra l’età classica e la nuova epoca di rinascita veniva chiamata “l’età di mezzo”.
Gli italiani accusavano i goti della caduta dell’impero romano, l’arte del periodo intermedio fu
per loro gotica, ossia barbarica;
gli artisti italiani del Trecento ritenevano che arte, scienza e cultura fiorite nel periodo
classico fossero state distrutte dai barbari del Nord e che fosse loro compito far rivivere il
glorioso passato aprendo un’era nuova.
Gli italiani accusavano i goti della caduta dell’Impero Romano ed è per questo che definirono
l’arte gotica “barbarica”, Ma circa 700 anni separavano i goti da ciò che veniva chiamato
gotico.

ARCHITETTURA:
Fu a Firenze, all'inizio del Quattrocento, che un gruppo di artisti volle creare un’arte nuova,
rompendo con le teorie del passato; a guidare questo eminente gruppo ci fu Filippo
Brunelleschi(1377-1446), architetto che lavorava al completamento del duomo.
Il duomo era gotico. Brunelleschi conosceva le innovazioni tecniche dello stile gotico.
L’architetto fa delle scoperte in ambito progettistico e della costruzione che presuppongono
la conoscenza dei metodi gotici di campare volte.
Fu chiamato a progettare nuove chiese o altre costruzioni e ruppe completamente con lo
stile tradizionale, abbracciando le idee di quanti aspiravano alla grandezza romana.
Si dice che si recasse a Roma per misurare le rovine dei templi e dei palazzi e che ne
rilevasse le linee e i motivi ornamentali.
Brunelleschi mirava alla creazione di una nuova maniera architettonica nella quale la forma
classica, usata liberamente, contribuisce a creare nuove espressioni di armonia e bellezza.
Per quasi cinquecento anni gli architetti d'Europa e d'America hanno seguito le sue orme.
Circa una generazione fa alcuni architetti cominciarono a discutere i metodi di Brunelleschi,
ribellandosi alla tradizione architettonica rinascimentale, proprio come egli si era ribellato alla
tradizione gotica.

OPERA:facciata della cappella della famiglia fiorentina dei Pazzi, 1430


combinò colonne, pilastri e archi secondo il suo personale gusto, raggiungendo un effetto di
leggerezza e grazia diverso da qualsiasi esempio precedente.
La cornice della porta con il suo frontone classico mostra con quanta cura avesse studiato le
antiche rovine. L’interno luminoso e ben proporzionato non rievoca i tratti tanto cari agli
architetti gotici: né altre finestre né snelli pilastri.
Studiò i modelli romani in cui non c’è nulla che possa rievocare tratti gotici.
Il muro bianco è ripartito da pilastri grigi, che richiamano l’idea di un ordine classico.

LA PITTURA E LA PROSPETTIVA
Non fu solo l’iniziatore del rinascimento in architettura, pare infatti che gli sia dovuta anche
un’altra importante scoperta: la prospettiva; fu infatti Brunelleschi a dare agli altri artisti i
mezzi matematici per risolvere tale problema. Gli artisti intorno a Brunelleschi desideravano
con tanto ardore un rinnovamento artistico che per realizzarlo si volsero alla natura, alla
scienza e ai ruderi dell’antichità. Fu in questo clima che si sviluppò il genio artistico di
Masaccio(1401-28), peggiorativo di Tommaso, che riuscì a rivoluzionare interamente la
pittura non solo nell’accorgimento tecnico della prospettiva, per quanto fosse una
straordinaria novità, ma furono la semplicità e la grandiosità delle sue figure ad
impressionare il pubblico. Pur non imitandolo, Masaccio ammira la grandezza drammatica di
Giotto.

OPERA:La santissima Trinità,la Vergine,San Giovanni e donatori,murale di una


chiesa fiorentina. Basilica di Santa Maria Novella 1427
Opera realizzata con l’aiuto di norme matematiche.
Questa pittura pareva avesse scavato un buco nel muro per mostrare al di là di
una nuova cappella sepolcrale. Furono ancora più stupiti della semplicità e
grandiosità delle figure che vi erano incorniciate.
Sono figure massicce e pesanti; non curve libere e fluenti, ma forme angolose e
solide, architettura austera e maestosa. Questa è considerata un’opera sincera e
commovente.
Il semplice gesto della Vergine che mostra il figlio crocifisso è toccante perché è
l'unico movimento che animi l’opera, più composta di statue che di figure. Questo
tipo di incorniciatura prospettica che rende l’effetto di statuaria solennità.

SCULTURA:
Il più importante scultore della cerchia di Brunelleschi fu invece Donatello(1386?-1466), che
volle sostituire alla squisita raffinatezza dei suoi predecessori una nuova a vigorosa
osservazione della natura. I maestri fiorentini del Quattrocento cominciarono ad osservare
attentamente negli studi e nelle botteghe il corpo umano, chiedendo ai modelli di posare per
loro negli atteggiamenti desiderati; è questo nuovo modo e interesse che conferisce a
Donatello una grande forza di persuasione.

OPERA:San Giorgio,patrono, destinata alla Chiesa fiorentina Orsanmichele,1416,


Firenze, museo nazionale
Opera chiesta dalla corporazione degli armaioli. Le statue gotiche venivano allineate
ai lati dei portali in teorie calme e solenni, simili a creature in un mondo diverso.
I suoi piedi sono piantati a terra. Il volto è diverso da quello medievale: è energico e
intento.
Non ha la bellezza vaga e serena dei santi medievali. Sembra scruti l’avvicinarsi del mostro
e ne misuri la grandezza, le mani appoggiate allo scudo, tutto teso in un atteggiamento di
sfida.
La statua è famosa come insuperabile espressione del coraggio e dell'impeto giovanili.
Benché la statua sia ricchi di movimento e di vita, essa rimane delineata e solida come una
roccia. Essa indica la volontà di Donatello di sostituire alla raffinatezza dei suoi predecessori
una nuova osservazione della natura. Alcuni particolari, come le mani o le sopracciglia,
mostrano una netta indipendenza dai modelli tradizionali, e sono frutto di un’autonomia e
nuova osservazione del corpo umano.

OPERA: Festino di Erode, rilievo in bronzo eseguito per il fonte battissimale di Siena,1427
Episodio della vita di San Giovanni Battista: la macabra scena in
cui Salomè ottiene dal Re Erode la testa del Santo.
Vediamo la sala regale del banchetto e, dietro, la tribuna dei
musicanti e una fuga di stanze e scale.
Il carnefice, appena entrato, si è inginocchiato dinanzi al re al
quale offre la testa del santo sopra un piatto. Il re si ritrae
levando le mani inorridito, i bambini piangono e fuggono, la
madre di Salomè, istigatrice del delitto, sta parlando al re per
spiegargli l’accaduto. Gli ospiti, indietreggiando, le fanno un
grande vuoto intorno. Uno di questi si copre gli occhi con una
mano, altri circondano Salomè che sembra aver appena
interrotto la sua danza. In quest’opera di Donatello tutto è nuovo.
Chi era abituato alle narrazioni chiare e aggraziate dell’arte gotica, rimane colpito da un
simile stile narrativo che ricorreva a un effetto di caos improvviso. Le figure sono dure e
angolose, come quelle di Masaccio. I loro gesti sono violenti e non c’è alcun tentativo di
mitigare l’orrore della storia.
La nuova arte della prospettiva accresceva ancora di più l’illusione della realtà. Donatello nel
rilievo rappresenta un palazzo antico, scegliendo per figure di sfondo tipi romani. A quei
tempi Donatello aveva intrapreso uno studio sistematico dei ruderi romani per la sua azione
volta a una rinascita artistica.
Gli artisti attorno al Brunelleschi desideravano con tanto ardore un rinnovamento artistico
che per realizzare i loro nuovi fini si volsero alla natura, alla scienza e ai ruderi dell’antichità.
La scienza e l’arte classica rimasero un dominio esclusivo degli artisti italiani.
La volontà di creare un’arte nuova, più fedele alla natura di tutte le precedenti, ispirò pure gli
artisti nordici di quella generazione.

Come la generazione di Donatello, anche uno scultore d’Oltralpe lottava per un’arte più
realistica e più diretta:CLAUS SLUTER che lavorò dal 1380 al 1400 a Digione, capitale del
ricco e prosperoso ducato di Borgogna.

La sua opera più famosa è un gruppo di profeti (un tempo basamento di un


grande Crocifisso che sormontava una fontana)
I profeti Isaia e Daniele, 1393-1402, Digione, Certosa di Champmol, cioè degli
uomini le cui opere furono interpretate come profezia della Passione. Reggono in
mano un rotolo di pergamena, in cui sono scritte le parole profetiche. Non sono
più le figure solenni e rigide allineate ai lati dei portali delle cattedrali gotiche,
assomigliano all’atteggiamento del San Giorgio di Donatello. L’uomo in turbante è Daniele, il
vecchio profeta a testa nuda è Isaia.
Sono più grandi del vero, variopinte e splendidamente dorate, non sembrano tanto
personaggi di sacre rappresentazioni medievali sul punto di recitare la loro parte.

Nel Nord non fu uno scultore ad attuare la conquista definitiva della realtà, poiché l’artista le
cui scoperte rivoluzionarie furono subito un elemento innovatore fu il pittore Jan van
Eyck(1390?-1441). Era legato alla corte dei duca di Borgogna, ma lavorò soprattutto in
quella parte dei Paesi Bassi che ora si chiama Belgio. La sua opera principale è il grande
polittico che si trova a Gand. Si dice che sia stato cominciato dal fratello maggiore di Jean,
Hubert, del quale si sa poco, e terminato da Jan nel 1432, in quello stesso decennio che
vide il completamento delle opere di Masaccio e Donatello.

OPERA:I giudici giusti e i cavalieri di Cristo fanno parte del polittico


dell’Agnello mistico, Gand, cattedrale di San Navone, Belgio.
Ci vengono mostrati santi santi e pellegrini che si recano ad adorare
l’Agnello mistico. Sembra che non molto diversa dalle miniature dipinte
per la corte borgognona circa una generazione prima. Ha delle
somiglianze con Il mese di Maggio dei fratelli Limbourg.

I Limbourg rappresentavano figure piacevoli e delicati particolari tratti


dall’osservazione della realtà. Amavano mostrare la loro abilità nel
dipingere fiori e animali, edifici, costumi sontuosi e gioielli, offrendo una vera festa all’occhio.
Non si interessavano alla proporzione delle figure e dei paesaggi. I loro disegni e la
prospettiva non erano molto convincenti.

L’osservazione del vero di Van era ancora più paziente, più dettagliata. Esempio gli alberi.
Gli alberi dì Limbourg erano piuttosto schematici e convenzionali. Gli alberi di Van sono reali
e il paesaggio portano alla città e al castello che si stagliano sull’orizzonte. La veridicità
dell’erba sulle rocce e i fiori nati nei crepacci non possono essere minimamente paragonati
al sottobosco dei fratelli. Ciò che vale per la natura vale anche per le figure. Esempio: il
cavallo dei fratelli è piatto, quello di Van è diverso per forma e atteggiamento.

Gli artisti meridionali i suoi contemporanei avevano perfezionato un metodo grazie al quale
la natura poteva venir rappresentata in un quadro con esattezza quasi scientifica, ma Van
Eyck si mise per la strada opposta, raggiungendo l’illusione del vero sommando
pazientemente un particolare all’altro, finché l’intero quadro apparisse come uno specchio
del mondo visibile. Le opere dove si eccelle nella rappresentazione della bellezza esteriore
degli elementi sarà di un artista nordico, più probabilmente di un artista dei Paesi Bassi. Una
Pittura dai contorni arditi, dalla prospettiva chiara e dalla sicura conoscenza del corpo
umano sarà italiano.

Inoltre egli inventò la pittura ad olio, ideando una nuova ricetta per la preparazione dei colori
(usando l’olio invece dell’uovo->pittura a tempera). Prima si utilizzava estrarre le tinte da
piante e minerali. Questo tipo di tecnica permette di poter lavorare
più lentamente e con maggiore precisione e di realizzare colori più
brillanti.
Nel celebre quadro Ritratto dei coniugi Arnolfini,1434,National Gallery di Londra,(Giovanni
Arnolfini, Giovanna Cenami) recatosi nei Paesi Bassi per commercio. Notare i particolari: il
tappeto, le pianelle, il rosario appeso alla parete, il piumino accanto al letto e la frutta
accanto alla finestra. Viene rappresentato lo sposalizio dei due. La giovane ha appena
messo la destra nella mano sinistra di Arnolfini. L’artista era presente,notare le parole latine:
Johannes de Eyck fuit hic (Van era presente). Nello specchio in fondo alla camera vediamo
tutta la scena riflessa a rovescio e lì pare si possa scorgere l'immagine del pittore e dei
testimoni.
paragonare l’impiego della pittura all'uso legale della fotografia: per la prima volta nella
storia l’artista diventa un perfetto testimone oculare del senso più vero del termine.

Forse meno noto fu lo svizzero Konrad Witz 1444 Ginevra,


Museo d'arte e Storia
Witz(1400?-1446?), Cristo cammina sulle acque, di cui
ricordiamo La pesca miracolosa, dedicata a San Pietro e
rappresenta l’incontro del santo con Cristo dopo la Resurrezione,
come viene raccontato nel Vangelo di San Giovanni, cap. XXI.
Alcuni apostoli e i loro seguaci erano andati a pescare nel lago
Tiberiade, ma non avevano preso nulla. Allo spuntar del giorno
Gesù si trovò sulla riva, ma essi non lo riconobbero. Disse loro di
gettare la rete dal lato destro della barca e la rete si riempì di
pesce. Uno degli apostoli urlò:"è il Signore". San Pietro si cinse il
camiciotto perché era uno e si gettò al mare. Gli altri discepoli andarono in barca. Witz
voleva presentare ai ginevrini la scena del Cristo ritto sulle acque. E così non dipinse un
lago qualunque , ma un lago che tutti conoscevano , il lago di Ginevra, con il massiccio del
monte Salève alto sullo sfondo. È un paesaggio reale, che esiste tutt’oggi. È forse la prima
rappresentazione esatta, il primo “ritratto” di una veduta vera . Su questo lago reale W.
dipinse i pescatori reali, non i contegnosi apostoli delle antiche pitture, ma volgare gente del
popolo. San Pietro sembra annaspare nell'acqua, Cristo si erge tranquillo e fermo sulle
onde. Deve essere stata una grande emozione per i fedeli ginevrini riconoscere in quegli
apostoli uomini simili a loro, con il Cristo risorto apparso miracolosamente sulla riva familiare
per dare loro aiuto e incoraggiamento.
CAP 13 - Tradizione e rinnovamento: I (il tardo Quattrocento in Italia)
Le nuove scoperte fatte dagli artisti d’Italia e di Fiandra all’inizio del Quattrocento avevano
causato un rivolgimento in tutta Europa. Fino al 1400 circa, l’arte nelle diverse parti d’Europa
si era sviluppata in modo analogo (“gotico internazionale” perchè, appunto, gli scopi erano
molto affini di nazione in nazione), ma tutto questo mutò progressivamente quando le città
divennero più importanti dei castelli baronali.
In questa fase, gli artisti e gli artigiani si organizzarono in corporazioni, alle quali vi accedono
attraverso una dimostrazione pratica delle proprie abilità. I giovani artisti fecero “scuola”
presso le botteghe di pittori conosciuti in città, inizialmente le loro mansioni erano quelle più
marginali (pestare i colori, preparare le tele e i pannelli), col tempo però l’apprendista se
mostrava talento e sapeva imitare alla perfezione la maniera del maestro, poteva addirittura
dipingere un intero quadro su disegno del maestro.

È interessante osservare come la generazione successiva a quella di Brunelleschi si sia


avvalsa e abbia applicato le scoperte fatte dai predecessori. Prendiamo il caso di
Brunelleschi che aveva avuto l’idea di reintrodurre le forme degli edifici classici nelle sue
chiese. La Chiesa di Sant’Andrea a Mantova del 1460, attraverso la sua facciata concepita
come un gigantesco arco trionfale in maniera romana, è la dimostrazione di come Leon
Battista Alberti(1404-1472) abbia voluto emulare l’architetto fiorentino.
Ma come potevano adattarsi queste forme ad una comune abitazione?
Alberti, nel progetto di Palazzo Rucellai,1460, disegnò un comune edificio a tre piani la cui
facciata aveva scarsa somiglianza a qualsiasi rovina classica, tuttavia seguì il programma di
Brunelleschi avvalendosi delle forme classiche per decorare la facciata (lesene, trabeazioni,
finti capitelli). I vari ordini in cui è tripartita la facciata ricordano quelli del Colosseo, dove
anche qui si aprono archi tra i pilastri, ma possiamo trovare un’altra rimembranza che però
ha a che fare con le tradizioni gotiche. Basta paragonare le finestre del palazzo con le
aperture della facciata di Notre Dame di Parigi, qui Alberti si è limitato a fondere il disegno
gotico con quello classico, smussando gli aspetti “barbarici” come quello del sesto acuto.
Questa di Alberti è una conquista tipica.
Il più grande fra i maestri fiorentini che riuscirono a conciliare le nuove conquiste con la
tradizione antica fu uno scultore della generazione di Donatello: Lorenzo
Ghiberti(1378-1455).
Il battesimo di Cristo(1427), rilievo destinato alla stessa fonte battesimale senese per cui
operò anche Donatello, di primo acchito non dimostra essere innovativa, poiché la
composizione ricorda quella di Reiner Van Huy a Liegi, mentre l’attenzione ai particolari (es:
drappeggi) rimanda alla Vergine con Bambino di Joan Evreux. Eppure, nel rilievo Ghiberti è
a suo modo vigoroso e concreto quanto Donatello. Anch’egli sa dare un carattere alle figure,
facendoci capire la parte che ognuna di esse rappresenta ( il gesto solenne ed energico di
san Giovanni, l’umiltà di Cristo). Non ci dà come Donatello la percezione di una profondità
spaziale, ma si limita a scagliare le figure principali su uno sfondo neutro.

Esattamente come Ghiberti, il pittore Beato Angelico(1387-1455) rimase fedele ad alcune


concezioni dell’arte gotica senza rifiutare le nuove scoperte del suo secolo.
Tra le opere più famose dell’artista troviamo gli affreschi realizzati per il convento fiorentino
di san Marco, a cui vi fa parte l’Annunciazione, 1440. Notiamo subito che la prospettiva non
costituisce più per l’Angelico una difficoltà, egli volle solo rappresentare la storia sacra in
tutta la sua bellezza e semplicità. Ma è proprio questa sua umiltà che ci commuove, l’umiltà
di un grande artista che, pur comprendendo a fondo i problemi proposti all’arte da
Brunelleschi e Masaccio, deliberatamente rinunciò a ogni ostentazione di modernità.

Possiamo studiare l’interesse e anche la difficoltà che presentano queste innovazioni


all’interno della Battaglia di san Romano,1450 di Paolo Uccello(1397-1475). Si trova al
National Gallery di Londra.
Il dipinto rappresenta un episodio della storia di Firenze, in particolare quando le truppe
fiorentine sconfissero i loro nemici. A primo acchito, la pittura può sembrare
medievaleggiante (cavalli e uomini un po’ legnosi, vivacità lontana dalla realtà della guerra,
scena tipica dei romanzi cavallereschi), ma attraverso una riflessione più profonda emerge
la dedizione dell’artista verso la prospettiva (frecce spezzate che convergono in un unico
punto di fuga). Il suo maggior vanto probabilmente fu la figura del guerriero steso a terra la
cui rappresentazione prospettica dovette offrire parecchie difficoltà, anche perché
un’immagine così non era mai stata dipinta in precedenza. Van eyck nel nord fondò
l’impianto spaziale/prospettico attraverso l’attenta osservazione della realtà, Paolo uccello
invece fa l’opposto, mediante la prospettiva tentò di costruire una scena concreta in cui le
sue figure avrebbero avuto un aspetto solido e reale (nonostante la durezza delle figure
soggette a mancanza di chiaroscuro).

Altri artisti invece, applicavano tranquillamente i nuovi metodi senza preoccuparsi troppo
delle difficoltà. Questo è il caso di Benozzo Gozzoli(1420-1497) il quale ricoprì le pareti della
cappella privata del palazzo dei Medici con un affresco rappresentante la Cavalcata dei Re
Magi verso Betlemme, 1459-63, Firenze, Palazzo Medici-Riccardi.
L’episodio biblico offrì l’opportunità di spiegare raffinatezze sontuose e sgargianti costumi
tipici di quegli anni sia a Firenze che in Borgogna.(Paese con il quale i Medici intrattenevano
strette relazioni commerciali).

Nel frattempo altri pittori, nelle città a nord e a sud di Firenze, avevano accolto il messaggio
della nuova arte. Ne è un esempio Andrea Mantegna(1431-1506), il quale contribuì a
diffondere il nuovo stile soprattutto nell’area lombardo-veneta.
In Cappella Ovetari a Padova, chiesa degli Eremitani, (vicina a Cappella Scrovegni dipinta
da Giotto) egli realizzò un ciclo di affreschi dedicati alle Storie di San Giacomo e San
Cristoforo, ma la chiesa fu gravemente danneggiata a seguito dei bombardamenti della
seconda guerra mondiale, cosicché la maggior parte di queste scene è andata distrutta.

Una di esse, San Giacomo si avvia al supplizio, terminato nel 1455, dimostra il tentativo di
Mantegna di concretizzare con perfetta chiarezza la scena creata nella sua immaginazione.
Giotto in questo caso si sarebbe focalizzato su come gli uomini si sarebbero mossi in questa
situazione, a Mantegna invece interessavano anche le circostanze esterne. A tal fine aveva
studiato con attenzione i monumenti classici (arco di trionfo, vesti e armature dei legionari),
ma non solo per le decorazioni, nell’intera scena rivive lo spirito dell’arte romana nella sua
scabra semplicità e al contempo maestosità. Nel caso di Gozzoli è visibile un ritorno al gusto
gotico internazionale, Mantegna invece continua nella direzione di Masaccio (figure
statuarie, uso prospettiva). Interessante è la composizione della pittura: l’arco incornicia la
scena principale (la scorta di san Giacomo di è fermata perchè uno dei persecutori, pentito,
si è gettato a terra ai piedi del santo per riceverne la benedizione) separandola dal tumulto
della folla che assiste.

Come Mantegna, anche Piero della Francesca(1416-1492) contribuì alla diffusione della
nuova arte fuori da Firenze.
Il sogno di Costantino, 1460, Arezzo, San Francesco, è il primo notturno della pittura
italiana, infatti l’episodio scelto dall’artista è la leggenda del sogno che indusse l’imperatore
Costantino ad abbracciare la fede cristiana. Come nei dipinti di Mantegna, Piero ha curato il
costume dei legionari romani, evitato i particolari gai (a differenza di Gozzoli) e adoperato la
prospettiva (angelo). Ma a questi accorgimenti, egli ne aggiunse uno: la luce, alla quale gli
artisti medievali non avevano dato importanza. Masaccio tentò di dare plasticità alle sue
figure attraverso il chiaroscuro, ma nessuno come Piero della Francesca seppe scorgere le
immense possibilità della luce. Grazie alle ombre percepiamo non solo la plasticità delle
figure ma anche la distanza tra esse e il volume della tenda. Inoltre, grazie al chiaroscuro,
riesce ad evocare l’atmosfera misteriosa dell’episodio, è questa impressione di semplicità
che fa di Piero della Francesca il più grande erede di Masaccio.Mentre questi e altri maestri
sviluppano le scoperte della grande generazione fiorentina, gli artisti a Firenze si facevano
sempre più consapevoli dei nuovi problemi che le scoperte stesse avevano suscitato. La
nuova concezione secondo la quale il quadro doveva essere uno specchio della realtà,
ostacolò le scelte degli artisti nella disposizione delle figure. Questo gravava su uno dei doni
più preziosi dell’artista: creare un insieme piacevole, armonioso e soddisfacente.

Il fiorentino Antonio Pollaiolo(1432-1498), In Martirio di San Sebastiano,1475, Uffizi, tentò di


risolvere il nuovo problema, forse non è un tentativo del tutto riuscito ma dimostra l’impegno
degli artisti fiorentini nell’andare oltre le difficoltà. Il gruppo si iscrive in un triangolo, ogni
figura a sinistra trova la sua corrispondenza a destra, creando quindi una composizione
simmetrica e rigida. Il pittore si accorse di ciò e quindi aggiunse un contrappunto di
movimenti (arcieri chini), ma nella pala l’artificio è usato ancora con troppa consapevolezza.
Inoltre, è vero che applicò la nuova arte della prospettiva al paesaggio toscano ma, il tema
principale e lo sfondo non si compenetrano (non c’è alcun sentiero che collega la scena in
primo piano con quella retrostante).
Fra gli altri artisti che tentarono di risolvere questi problemi, troviamo Sandro
Botticelli(1446-1510).
Uno dei suoi quadri più famosi è La nascita di Venere, 1485, Uffizi, dipinta per la villa di
Lorenzo di Pierfrancesco de' Medici.
Il quadro raffigura l’episodio del mito classico in cui la dea emerge dalle acque su una
conchiglia e viene condotta a riva dalle divinità dei venti in volo e successivamente accolta
da una delle Ore (o Ninfe). Le figure non hanno la correttezza di disegno di quelle del
Pollaiolo o di Masaccio (innaturale lunghezza del collo, spalle spioventi, braccio sinistro
raccordato male al corpo), malgrado ciò la composizione risulta estremamente armoniosa. Il
ricco mercante che commissionò il quadro a Botticelli, dava anche il lavoro ad un fiorentino
destinato a battezzare con il proprio nome un continente. Siamo così giunti al periodo che gli
storici posteriori scelsero come il limite “ufficiale” del medioevo.
CAP 14 - Tradizione e rinnovamento: II (il Quattrocento nordico)
La differenza fra il Nord e l’Italia è forse meglio segnata nell’architettura. Brunelleschi a
Firenze aveva messo fine allo stile gotico con il recupero di quello classico; gli artisti
d’oltralpe, invece, accentuarono il gusto dell’ornato, detto anche flamboyant. Ne è un
esempio il Palazzo di Giustizia di Rouen del 1482, edificio caratterizzato da un’infinita varietà
di decorazioni che conferiscono all’insieme un carattere fiabesco. Ma questo segnava un
punto d’arrivo, poiché si esaurirono le ultime possibilità di sviluppo dell’architettura gotica,
quindi anche senza l’influenza italiana i maestri nordici avrebbero sviluppato uno stile nuovo.
Tra le ultime tendenze, in Inghilterra troviamo il “gotico perpendicolare”, poiché nelle
decorazioni prevalgono le linee dritte su quelle curve, l’esempio più famoso è la cappella di
King’s College a Cambridge, iniziata nel 1446. Nell’insieme sembra più una sala di una
chiesa: non ha navate laterali, e quindi nemmeno archi rampanti e pilastri. La sobrietà della
struttura generale è contrastata dalle molteplici nervature che decorano la volta,
conferendole un motivo “a ventaglio”. La fantasiosa trina di curve ricorda i miracoli dei
manoscritti celtici e della Northumbria.

LA PITTURA
Possiamo dire che il Quattrocento nordico, nonostante le grandi innovazioni dei fratelli Van
Eyck, rimase legato all’arte medievale. Ma come Gozzoli e Beato Angelico avevano
rielaborato le innovazioni di Masaccio nello spirito del Trecento, vi furono artisti nel Nord che
applicarono le scoperte di Van Eyck a temi più tradizionali.

Tra questi troviamo il pittore Stefan Lochner(1410-51),che lavorò a Colonia, con la sua
Madonna del Roseto, 1440, dipinto che nella cura dei dettagli mostra la conoscenza dei
nuovi metodi di Van Eyck. La Vergine si trova sotto un pergolato di rose, circondata da
angioletti che suonano, lasciano cadere una pioggia di fiori oppure offrono frutta al Bambino
Gesù, sta a provare come il maestro conoscesse le tecniche di Van Eyck, esattamente come
Fra angelico conoscenze le novità di Masaccio.
Eppure questo quadro è più vicino al trecentesco Dittico di Wilton house,San Giovanni
Battista, Edoardo il confessore e Sant’Edmondo intercedono per Riccardo II presso la
Vergine, 1400, Nation Gallery of London A differenza di quest’ultimo, il maestro tedesco
Lochner è stato in grado di creare il senso di spazio attorno alla Vergine, nonostante si
scagli su un fondo oro. Egli ha persino aggiunto due angoli che reggono la tenda così che
sembri appesa alla cornice. Nel Dittico di House le immagini sono leggermente piatte.

Queste opere sprigionano tanto fascino per noi sono più


facilmente comprensibili che non le opere dei maestri medievali anteriori, di cui tuttavia
conservano lo spirito. Altri pittori nordici corrispondevano piuttosto a Gozzoli, specie per
autori di arazzi e miniature, ne è un esempio la miniatura di Jean le Tavernier,
contemporanea agli affreschi dell’artista italiano, in cui sono rappresentate scene di vita
quotidiana.

Arte nordica di metà ‘400, meno preoccupata dell’arte italiana di raggiungere armonia e
bellezza ideali, favorì sempre riproduzioni festose/ piene di vita di una città medievale.

➢ Jean le Tavernier, Pagina dedicatoria delle Chroniques et conquêtes de


Charlemagne,1460,Bibliothéque royal, Bruxelles
→ vita quotidiana popolo medievale ambientata in una specie di vestibolo: autore
porge opera mecenate; porta della ci^à un gruppo di cacciatori; uomo elegante con
un falcone; borghesi; bancarelle; mercanti/compratori…

➔ Errore pensare che queste 2 scuole di siano sviluppate indipendentemente l’una dall’altra
➢ Jean Fouquet(1420?-80?0), Étienne Chevalier con santo Stefano,1450, Berlino: Étenne
con affianco il
suo santo protettore, Santo Stefano, che indossa abito del suo grado (1° diacono) +
tiene libro con sopra sasso appuntito, simbolo della sua lapidazione → Jean Fouquet
torna da viaggio in italia colpito dal nostro modo di dipingere: la sua arte si
avvicina sempre più alla rappresentazione immediata della natura, figure quasi
scolpite (≠ Dittico di Wilton House, figure sembrano incollate sullo sfondo) + uso
della luce per dare l’idea di spazio reale (=Piero della Francesca); modo
rinascimentali italiano, MA interesse per materia e superficie oggetti, scelta temi è
tradizionalmente nordica, e collegata a Van Eyck

➢ Rogier van der Weyden(1400?-1464/ in pellegrinaggio nel 1450), Deposizione, 1435,


monastero dell’escorial, detto di San Lorenzo dell’Escorial, pala d’altare quindi doveva
essere visibile e
chiara anche da lontano → contorni e composizione chiari; minuziosa cura dei dettagli,
ma non scena reale: proscenio poco profondo e fondale neutro, ma scena non forzata
(≠ Pollaiolo, Martirio di san Sebastiano); descrizione: corpo di cristo in mezzo, donne
piangenti ai lati, San Giovanni chinato e Maria Maddalena cercano di sorregge la
vergine che sviene in reazione al corpo di Cristo che cade; esemplifica le idee
principali della pittura gotica e il motivo antico del fine religioso
➢ Hugo van der Goes(1440-1482), Morte della Vergine, 1480, Bruges, città del Belgio,
Museo comunale → sforzo di conciliare nuove esigenze e temi
religiosi: vasta gamma di reazioni (pensosità, passione, stupore…) + composizione ≠
Morte della Vergine, Cattedrale di Strasburgo (apostoli si somigliano tutti, no
prospettiva o illusione spaziale) → sforzo distribuzione figure: apostoli in primo piano
accompagnano all'apparizione della madonna nel centro, nonostante movimento un
po’ contorto, questo sforzo accresce eccitamento e tensione attorno alla figura della
Vergine + visione di Cristo che la accoglie

➢ Veit Stoss, Altare ligneo con la Morte e le Sette consolazioni della Vergine, 1477-89,
Cracovia, Santa Maria
ordinato dalla città di Cracovia in Polonia (sforzo di conciliare nuove esigenze e temi
religiosi):
gruppo centrale → morte vergine, inginocchiata in preghiera; gruppo
sopra → anima accolta da Cristo; gruppo in alto: incoronata da Dio e Cristo + intorno
comincia il ciclo delle Sette Consolazioni di Maria (sx-dx): Annunciazione, Natività,
adorazione Re Magi, Resurrezione di Cristo, Ascensione, discesa dello Spirito Santo a
Pentecoste + esattezza e espressività dei volti e mani

6. Invenzione della stampa e introduzione di due nuovi metodi: la xilografia e la calcografia.


➔ xilografia: ritagliare da un pezzo di legno tutte le parti che non dovevano risultare
nella stampa (cioè la parte bianca, il nero forma un piccolo rilievo) = timbro, si
spalma inchiostro Tipografico (olio + fuliggine) sulla superficie e si preme sul foglio;
matrici in legno potevano essere rilegare come un libro: incunaboli→ metodo
popolare e cheap: vennero create carte da gioco, caricature, immagini religiose…

➢ L’agonia del giusto, 1470, incunabolo usato dalla Chiesa come sermone figurato,
scopo: rammentare che l’uomo che possiede l’arte di ben morire, non deve
temere le potenze infernali, raffigurate da piccoli brutti demoni che
pronunciano parole fonte di distrazione per il morto; il quale, dovrebbe
concentrarsi su Cristo e i santi, rappresentati sullo sfondo
Gutenberg sostituisce le matrici in legno con caratteri mobili tenuti insieme in un
riquadro: torchio Tipografico → gli incunaboli cadono in disuso

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➔ Calcografia: metodo xilografico non si adattava alle esigenze/ambizioni degli artisti


del tardo medioevo (attenzione ai particolari e capacità di osservazione) → venne
sostituito il legno con il rame, inciso con uno strumento chiamato bulino. Si adotta il
procedimento inverso rispetto alla xilografia, incisione delle parti che dovevano
risultare nella stampa: la lastra incisa viene inchiostrata e poi ripulita affinché
l'inchiostro rimanga solo nelle parti precedentemente incise, poi viene collocata sul
torchio calcografico che preme la stampa su foglio

➢ Martin Schongauer(1453?-91), Natività,1475: spirito dei grandi maestri dei Paesi Bassi →
fissa
ogni particolare, attenzione alla materia e superfici oggetti(pietre, mattoni
rotti, edera, fiori, pelo animali) + composizione riprende motivi tradizione
cristiana: Vergine inginocchiata in una cappella in rovina (stalla); bambino
posato su un lembo; Giuseppe la guarda con espressione paterna; bue e
asino; pastori varcano la soglia, uno porta il messaggio dell’angelo; coro
angelico nell’angolo + motivo rinascimentale: ressa spaziale e imitazione del
vero che però non devono turbare l’armonia della composizione, per questo
sceglie come cornice una rovina → inquadra la scena, figure spiccano su
sfondo nero, testa Vergine=centro quadro

7. Invenzione stampa → diffusione/scambio idee → trionfo arte Rinascimento it. in Europa

CAP 15 - L’armonia aggiunta (La Toscana e Roma. L’inizio del Cinquecento)


Il Cinquecento è il periodo più famoso dell’arte italiana e prende il nome di “rinascimento
maturo”.
Era l'epoca di Leonardo, Michelangelo, Raffaello, Tiziano, Correggio e Giorgione, di Dürer e
Holbein nel Nord Europa. Ma quali condizioni resero possibile la fioritura tanto improvvisa di
questi geni? Queste condizioni cominciarono a crearsi sin dal tempo di Giotto, la cui fama
era tanto diffusa che il comune di Firenze volle che il campanile del Duomo fosse disegnato
da lui. Questo orgoglio delle città diede un grande incentivo all’emulazione fra gli artisti.
Inoltre, giunse il periodo delle scoperte matematiche, le quali fecero dell’artista un vero
maestro ormai non più un semplice artigiano. Lo snobismo e il pregiudizio però erano forze
possenti ed ad aiutare gli artisti a vincere i pregiudizi fu la ricerca della fama da parte dei
mecenati. C’erano in Italia molte piccole corti in cui urgeva acquistare reputazione e
prestigio, perciò si creò una sorta di competizione tra i vari centri per contendersi le
prestazioni dei maestri più famosi. Questo decretò un’inversione dei ruoli: ora era l’artista
che onorava un potente accettando un ordinazione. Così avvenne che gli artisti potevano
spesso scegliere il tema che preferivano per le loro opere, senza essere vincolati dai
capricci dei committenti. L’artista si era finalmente emancipato. In nessuna sfera questo
mutamento fu tanto sensibile quanto nell’architettura, qui il conflitto fra le esigenze dei
mecenati e gli ideali degli artisti fu più pronunciato. I dotti maestri aspiravano alla costruzione
di templi e archi trionfali, ma venivano loro commissionati solo palazzi e chiese. Leon
Battista Alberti tentò di conciliare l’utile al dilettevole (p.186), ma la vera aspirazione
dell’architetto rinascimentale era progettare un edificio senza preoccuparsi dell’uso cui fosse
destinato, ma solo per la bellezza delle proporzioni e la grandiosità imponente dell’insieme.
Fu un momento memorabile quando uno di loro trovò un patrono potente in vista della fama
che avrebbe ottenuto edificando una solenne costruzione destinata a gettare nell’ombra le
sette meraviglie del mondo. Fu papa Giulio II nel 1506 a decidere l’abbattimento della
basilica di san Pietro per riedificarla in modo da sfidare le tradizioni. L’uomo a cui affidò
questo incarico fu Donato Bramante(1444-1514). Il tempietto di San Pietro (p.187) mostra
fino a quale punto egli avesse assimilato i canoni dell’architettura classica. Per il progetto di
San Pietro, Bramante era deciso a non tener conto della millenaria tradizione dell’Occidente,
secondo la quale una chiesa di questo genere doveva essere una sala rettangolare in cui i
fedeli si trovassero volti ad oriente. Non lasciò un unico progetto definitivo della basilica, le
sue idee originarie prevedevano un impianto a croce greca (ideale richiamo ai primi martyria
della cristianità), caratterizzato da una grande cupola emisferica, posta al centro del
complesso, eretta da archi colossali. Tale configurazione si può desumere, in parte,
dall'immagine impressa su una medaglia di fondazione. Si diceva che l’architetto volesse
combinare gli effetti dei più vasti edifici antichi come il Colosseo e il Pantheon per le loro
rovine torreggianti. Ma il progetto bramantesco di San Pietro non era destinato a giungere a
compimento a causa degli alti costi di costruzione. San Pietro,come la conosciamo oggi, non
ha più molto in comune con il progetto originale, tranne le dimensioni monumentali.

Tra le botteghe fiorentini emergenti in questo periodo troviamo quella di Andrea


Verrocchio(1435-1488)
La fama del Verrocchio era vastissima, tanto che la città di Venezia gli commissiona il
monumento a Bartolomeo Colleoni,1479, Venezia, il condottiero più famoso del
Quattrocento. La statua equestre mostra come il Verrocchio sia un degno erede della
tradizione di Donatello, ne sono un esempio: l’attenzione all’anatomia del cavallo, la
muscolatura e l’atteggiamento del cavaliere.
In una bottega capace di produrre tali capolavori, si formò Leonardo da Vinci(1452-1519).
Sull’esempio dei suoi predecessori, egli riteneva che l’artista dovesse esplorare il mondo
visibile, infatti l’artista non accettava mai ciò che leggeva senza prima controllarlo con i
propri occhi. Tra i vari studi: esplorò i segreti del corpo umano sezionando i cadaveri;
analizzò il volo degli uccelli e degli insetti per valersene nel suo tentativo di creare una
macchina volante; studiò l’effetto dell’atmosfera sul colore degli oggetti distanti. Tutti questi
argomenti formarono l’oggetto di un’incessante ricerca che per lui doveva essere alla base
dell’arte. Era ammirato come artista ma pochi seppero intuire l’importanza delle sue idee,
anche perché Leonardo non pubblicò mai i suoi scritti e la loro esistenza era del tutto
ignorata.
Probabilmente il genio poliedrico non desiderava divulgare le proprie scoperte sia perché
temeva di essere considerato eretico, sia perché lo studio della natura era finalizzato alla
sua arte e non a divulgazioni scientifiche. Porre delle basi scientifiche alla propria arte
significava aumentare il prestigio.

Purtroppo però, i pochi lavori che Leonardo completò sono giunti a noi in cattivo stato, ne è
un esempio l’Ultima Cena(1495-1498): l’opera che copre la parete di una sala rettangolare
che serviva da refettorio ai frati del convento di Santa Maria delle Grazie a Milano.
Mai prima d’allora l’episodio era apparso così vicino e cos’ verosimile, forse i frati furono
colpiti dapprima dalla fedeltà con cui tutti i particolari erano stati ritratti al naturale, in
secondo luogo cercarono di capire come Leonardo avesse ricostruito l’episodio evangelico.
A differenza delle rappresentazioni passate, il nuovo affresco era molto diverso, vibrante di
drammaticità e di animazione. Cristo ha appena pronunciato le tragiche parole e tutti quelli
che gli sono al fianco si ritraggono inorriditi dalla rivelazione. Ma nonostante l’atmosfera
concitata creata dalle parole di Cristo, nell’affresco non c’è nulla di caotico. I dodici apostoli
sono suddivisi in gruppi da tre, legati tra loro da gesti e movimenti, c’è tanto ordine nella
varietà e tanta varietà nell’ordine. Riusciamo a capire a pieno la grandezza di Leonardo nel
formulare
questa composizione solo ripensando alla fatica a cui dovette fronteggiare il Pollaiolo nel
suo Martirio di san Sebastiano. Leonardo, appena più giovane, lo risolse con facilità.
Inoltre l’artista fiorentino, a differenza di Botticelli, non sacrificò la correttezza del disegno
alle esigenze compositive. Oltre agli aspetti tecnici, dobbiamo ammirare la profonda
intelligenza di Leonardo nell’individuare le reazioni dell’uomo, quella capacità che permette
di evocare la scena dinanzi ai nostri occhi.

Più famosa dell’Ultima Cena è il ritratto di una dama fiorentina di nome Lisa: La
Gioconda(1502), Louvre.
Ciò che colpisce di questo dipinto in primo luogo è l’intensa vitalità trasmessa dallo
sguardo e dal sorriso della donna. Le grandi opere dei maestri del Quattrocento hanno in
comune la rigidità espressiva, responsabile di questo effetto non fu la mancanza di pazienza
e di sapere ma la ragione sta nel fatto che, quanto più minutamente ritraiamo una figura,
tanto meno ci immaginiamo che essa possa mai essere viva. Il contorno evanescente e i
colori pastosi fanno confluire una forma nell’altra lasciando sempre un margine di
immaginazione allo spettatore. Questa è la famosa invenzione leonardesca detta lo
“sfumato”. Leonardo si è avvalso di questa tecnica soprattutto in quei due tratti che
determinano l’espressione del volto: gli angoli degli occhi e della bocca (ecco perché non
siamo mai sicuri dello stato d’animo con
cui Monna Lisa ci guarda). Inoltre, se osserviamo attentamente il quadro, vediamo che le
due metà non sono simmetriche. l’orizzonte sul lato sinistro appare più alto di quello a
destra, questo comporta che la donna appare più eretta e alta a sinistra rispetto al lato
destro. Nella paziente osservazione della natura, Leonardo poteva essere meticoloso come
qualsiasi predecessore ma non ne era più lo schiavo incondizionato.

Il secondo grande artista toscano del Cinquecento fu Michelangelo Buonarroti(1475-1564).


A soli 13 anni frequentò la bottega del Ghirlandaio(1449-1494), il cui stile si dimostra
armonico e morbido, con colori vivaci e linee di contorno delicate.

Una delle sue opere maggiori è la Nascita della Vergine, 1491, Santa Maria Novella : le
figure sono rappresentate in gruppi all’interno di un’abitazione in stile tardo
quattrocentesco, in fondo alla stanza, Ghirlandaio decise di dipingere un rilievo di putti
danzanti come simbolo di condivisione per i temi dell’arte antica.

Tra il maestro e il giovane studente però, le idee sull’arte erano divergenti, tanto che
Michelangelo preferì studiare le opere dei maestri del passato come Giotto e Masaccio e
tentò di assorbire le leggi dell’anatomia della scultura antica. Come Leonardo, Michelangelo
non si limitò all’osservazione dell’antico ma studiò il corpo umano attraverso un’analisi
diretta, sezionando cadaveri e disegnando modelli dal vero. Ma diversamente da Leonardo,
per il quale la figura umana era uno dei tanti enigmi della natura, Michelangelo decise di
sviscerare a fondo in modo da averne la piena padronanza. Atteggiamenti e angolazioni che
molti maestri del Quattrocento avrebbero esitato a introdurre nelle loro opere, non facevano
che stimolare le sue ambizioni artistiche. Verso i trent’anni, Michelangelo era già considerato
uno dei principali maestri dell’epoca, non inferiore , nel suo campo, al genio di Leonardo,
con il quale collaborò alla realizzazione di un affresco nella Sala del Maggior Consiglio a
Palazzo vecchio, ma l’opera non fu mai portata a termine. Nel 1506 Michelangelo ricevette
una chiamata da papa Giulio II, il quale lo volle a Roma per farsi erigere un sepolcro degno
del capo della cristianità.
L’artista fiorentino perciò si mise subito in viaggio verso le famose cave di marmo di Carrara
dove vi rimase più di 6 mesi, ma quando tornò per mettersi a lavoro, scoprì che l’entusiasmo
di Giulio II per la grande impresa era quasi svanito. Una delle ragioni principali fu quella che
il progetto della tomba era venuto in contrasto con quello della nuova San Pietro, il
mausoleo infatti era destinato alla vecchia costruzione. Perciò Michelangelo, contrariato,
abbandonò Roma per tornare nella sua Firenze. Malgrado la violenta lettera scritta da
Michelangelo rivolta al papa, Giulio II intavolò trattative ufficiali con il governo di Firenze per
convincere il giovane scultore a ritornare a Roma. Michelangelo accettò l’invito e il papa gli
commissionò un altro progetto: dipingere la volta della Cappella Sistina, 1508-1512.
Inizialmente l’artista volle rifiutare l’incarico poiché si sentiva più scultore che pittore, ma la
fermezza del papa lo condusse ad accettare. In soli 4 anni, Michelangelo, senza l’aiuto di
altri maestri, portò a termine l’opera. La ricchezza inesauribile della fantasia, la maestria
sempre vigile nell’esecuzione di ogni minimo particolare e la grandiosità di visione che
Michelangelo rivelò a quanti vennero dopo di lui hanno dato all’umanità una misura del tutto
nuova della potenza del genio.
La volta è stata concepita con il metodo del “quadro riportato”: inoltre sono disegnate scene
separate come se fossero tanti quadri. L’impianto compositivo è ovviamente condizionato
dall’architettura della volta, che ha una forma molto originale: in una struttura a padiglione,
sono inseriti quattro pennacchi nei quattro angoli, e otto vele triangolari (quattro per ognuno
dei lati lunghi) in
corrispondenza delle finestre. La forma architettonica della volta viene ulteriormente
arricchita da Michelangelo da finte membrature architettoniche dipinte. Con queste
membrature ottiene un grande rettangolo centrale, stretto e lungo, nel quale inserisce le
nove scene principali del programma iconografico tratte dal libro della Genesi. Le scene
hanno dimensioni differenti, alternandosi una grande e una piccola. Quelle piccole hanno ai
lati due medaglioni dipinti a finto bassorilievo con scene bibliche alle cui estremità sono
inserite le figure di "ignudi", i quali rappresentano il mondo classico prima dell’avvento del
cristianesimo. La veduta d’insieme
della volta risulta ardua e forse nelle intenzioni dell’artista non era un risultato importante. Le
immagini e le scene vanno intese più come elementi a sé che per il contributo che portano
all’insieme. In pratica Michelangelo in questa opera si comporta secondo la mentalità tipica
dello scultore: non crea scene ma figure. Infatti i risultati migliori li ottiene nelle figure dei
profeti e sibille, dove il loro isolamento accentua il carattere possente e monumentale delle
immagini.

Nelle scene centrali la più riuscita è sicuramente quella della creazione di Adamo (p.200),
proprio perché anche qui il tema è basato soprattutto sulla plasticità delle due figure di Dio e
del primo uomo. I colori usati da Michelangelo sono molto brillanti, funzionali soprattutto ad
accentuare il più possibile il chiaroscuro e quindi la plasticità delle figure. Michelangelo nel
1512 terminò il lavoro nella Cappella Sistina ma ben presto riprese il progetto della tomba di
Giulio II. L’artista prodigio decise di circondare con statue di prigionieri (come ne aveva visti
sui monumenti romani), e tra queste vi è la figura dello Schiavo morente,1516, Louvre
Tornato al suo materiale prediletto, la sua potenza fantastica si rivelò maggiore di prima.
Mentre in Adamo aveva raffigurato il momento in cui la vita entra nel corpo vigoroso di un
giovane, in Schiavo Morente scelse l’attimo in cui la vita sta per fuggire e il corpo sta per
abbandonarsi. Uno dei più mirabili segreti della sua arte è la fermezza, la calma,
l’abbandono delle figure, pur tese e contorte in movimenti violenti. La ragione di ciò è che fin
dall’inizio
Michelangelo le concepì come celate nel blocco di marmo e pensò che fosse suo compito
rimuoverne soltanto la pietra che le ricopriva. La sua fama fu maggiore di quella raggiunta
da qualsiasi artista prima di lui, ma questa non gli consentì di terminare quello che era stato
il suo sogno: la tomba di Giulio II. Mentre papi e signori si contendevano i servigi del
maestro, egli pareva sempre più chiudersi in se stesso e molte sue lettere ci rivelano che,
quanto più si
innalzava nella stima del mondo, tanto più si faceva amaro e scontroso. Questo sentimento
di superbia, lo prova ancor meglio il fatto che egli rifiutò l’ultima grande impresa: il
completamento della cupola di San Pietro, iniziata dal suo antico nemico Bramante.
Nel 1504, mentre Leonardo e Michelangelo emergevano sempre più, giunse a Firenze un
pittore umbro: Raffaello Sanzio(1483-1520). L’artista emergente si formò presso la bottega
del Perugino(1446-1523)che, come quelle di Ghirlandaio e Verrocchio, era molto attiva e
richiede un nutrito personale. I lavori del Perugino mostrano l’abilità nel dare il senso di
profondità senza sovvertire l’equilibrio della composizione e come avesse imparato a
modulare lo sfumato leonardesco per evitare ogni possibilità di rigidità nelle figure.

Tra questi troviamo la pala d’altare intitolata Apparizione della Vergine a San Bernardo,
1490, Monaco, un olio su tavola in cui la disposizione non potrebbe essere più semplice,
eppure non c’è niente di forzato in questo ordinamento quasi simmetrico. Fu in queste
lezioni che crebbe il giovane Raffaello,
impadronendosi ed assimilando la maniera del maestro. Giunto a Firenze, era deciso ad
imparare pur rendendosi conto di dover fronteggiare due grandi maestri, ma a differenza di
questi, Raffaello possedeva un'indole dolce tale da raccomandarsi ai mecenati influenti.

Nei dipinti di Raffaello traspare quel senso di spontaneità che esula ogni tipo di difficoltà
esecutiva, ma in realtà dietro al prodotto finale si cela una profonda meditazione di attento
calcolo. Un quadro come la Madonna del Granduca, 1505, Palazzo Pitti dimostra che al
mutare di un minimo particolare, l’intera armonia compositiva verrebbe meno. Il modo in cui
modella il viso della Vergine, il volume del corpo avvolto dal manto drappeggiato e la
saldezza con cui Maria regge il Bambino contribuiscono al perfetto equilibrio d’insieme.

Nel 1508, mentre Michelangelo lavorava per la Cappella Sistina, Giulio II affidò al giovane
Raffaello l’incarico di decorare le pareti di alcune stanze del Vaticano, dove diede prova della
sua perfetta padronanza del disegno e dell’equilibrio compositivo. Capacità riscontrabili
anche Trionfo di Galatea,
un affresco realizzato nella villa del ricco banchiere Agostino Chigi. L’opera, ispirata al
poemetto di Angelo Poliziano (lo stesso che ispirò Botticelli), rappresenta Galatea che,
cavalcando le onde sopra una conchiglia trainata da due delfini, ad un tratto si sofferma ad
ascoltare il canto di Polifemo a lei dedicato. In questo affresco, ogni figura sembra
controbilanciare un’altra, ogni movimento rispondere a uno contrario. Abbiamo osservato
questo metodo nell’esempio di Pollaiolo. Ma le sue soluzioni ci appaiono ben rigide e
monotone in confronto a quelle di Raffaello. Con questi mezzi, Raffaello, senza provocare
disordine o squilibrio, ha ottenuto in tutto l’affresco un effetto di moto continuo. Come
Michelangelo aveva raggiunto la padronanza perfetta del corpo umano, così Raffaello era
riuscito a toccare la meta verso la quale aveva teso la generazione precedente: la
composizione perfetta e armoniosa di figure in libero movimento. Un altro elemento
nell’opera di Raffaello è la pura bellezza delle figure, come il suo maestro Perugino, egli
abbandonò la fedele riproduzione della realtà per crearne un proprio archetipo.
Ma non vi è nulla di idealizzato invece nel Ritratto di papa Leone X, 1514, è facile indovinare
che i cardinali e il papa non si sentono a proprio agio in tutto quel lusso fatto di velluti e
damaschi. Proprio in quel periodo infatti Lutero aveva attaccato il papa per aver lanciato una
raccolta di denaro per la nuova basilica di San Pietro. Quest’ultima, dopo la morte di
Bramante, fu portata a termine proprio da Raffaello, egli divenne quindi anche architetto,
progettando chiese, ville e palazzi.

CAP 16 - Luce e colore (Venezia e l’Italia settentrionale nel primo Cinquecento)

Oltre a Firenze, un grande centro artistico in Italia fu Venezia. Questa città, una volta accolto
lo stile rinascimentale, iniziò a splendere come le grandi città mercantili del periodo
ellenistico.
Uno degli edifici più caratteristici di questi anni è la Libreria di San Marco (p.207), progettata
dall’architetto fiorentino detto il Sansovino. I ricordi dell’architettura classica romana sono
evidenti: come il Colosseo (p.73), nell’ordine inferiore le colonne sono di tipo dorico, mentre
su quelle superiori di tipo ionico. Inoltre, grazie a dettagli come la balaustra, le ghirlande e le
statue, l’edificio assume i caratteri dell’ornato che era stato in uso nelle facciate gotiche di
Venezia. Fondamentale fu la presenza dell’atmosfera lagunare che permise di elaborare
nuove teorie sul colore con più consapevolezza, a differenza dei pittori medievali e fiorentini
che si focalizzarono più sul disegno che sull’aspetto cromatico.
Entrando nella chiesa di San Zaccaria a Venezia e osservando la Madonna coi santi,
realizzata da Bellini(1431-1516) nel 1505, ci accorgiamo subito che l’uso del colore è diverso
rispetto a quello rinascimentale. Il trittico, nonostante la presenza di una cornice lignea che
tripartisce la pala, appare come una scena unitaria, resa possibile grazie all’uso della
prospettiva. Ma in questa opera di Giovanni Bellini c’è una tridimensionalità più evidente
data soprattutto da una maggiore attenzione alla luce che, con le valenze tonali del colore,
riesce a staccare con più forza i piani dell’immagine.
L’effetto appare molto evidente soprattutto nel pannello centrale, dove la figura della
Madonna sembra emergere con grande evidenza dall’abside retrostante. Giovanni Bellini
apparteneva alla stessa generazione di Verrocchio, Ghirlandaio e Perugino, e come loro
possedeva una bottega assai operosa, la quale formò due famosi pittori del Cinquecento
veneziano:
Giorgione(1478-1510) e Tiziano(1477-1576).

Giorgione giunge a noi come un artista enigmatico in quanto possediamo poche notizie sia
sulla biografia che sulle opere, nell’ultimo caso ne è un esempio La Tempesta (1508).
Non sappiamo con esattezza da dove Giorgione avesse tratto ispirazione per questo tema,
forse da uno scritto di qualche autore classico, ma in ogni caso non è il tema che fa di
quest’opera un capolavoro. La tela rappresenta una donna cacciata con il suo bambino dalla
città nelle selve, dove viene scoperta da un giovane pastore. Per quanto le figure non siano
disegnate con eccessiva cura e la composizione risulti piuttosto semplice, il dipinto
raggiunge la sua unità grazie alla luce e all’atmosfera che lo permeano: è luce misteriosa di
tempesta e, per la prima volta, pare che il paesaggio in cui gli attori si muovono non sia un
semplice sfondo ma abbia una sua autonomia e sia il vero soggetto del quadro. Sentiamo
che a differenza dei predecessori e dei contemporanei, il paesaggio crea un’unione
indissolubile con le altre figure. Da allora in poi la pittura fu molto più che la somma di
disegno e colore.

Giorgione morì troppo giovane per poter ampliare la sua grande scoperta, al suo posto lo
fece il più famoso di tutti i pittori veneti: Tiziano. La sua estrema abilità pittorica gli permise di
trascurare le venerate regole della composizione per concentrarsi sul colore, basti guardare
Pala Pesaro(1519-28) .
La posizione centrale solita della Vergine in questo caso viene occupata dai due santi
intercessori i quali costituiscono parte attiva del dipinto, la Vergine invece è dislocata sul lato
destro ma posta su un piano rialzato rispetto agli altri personaggi. La pittura fu eseguita in
ringraziamento per una vittoria sui turchi a opera di Jacopo Pesaro, il quale è ritratto
inginocchiato dinanzi alla Vergine mentre un porta-stendardo trascina dietro di sé un
prigioniero. Tutta la scena sembra svolgersi in una corte scoperta, caratterizzata da due
gigantesche colonne che si levano verso le nuvole. L’insolita composizione serve solo ad
animare il dipinto, e a non turbare l’armonia d’insieme ci pensa il colore. L’idea di bilanciare
la figura della Vergine con un semplice stendardo avrebbe probabilmente scandalizzato la
generazione precedente, ma questa bandiera con il suo colore caldo è un tale prodigio che
rese l’opera un successo.
La maggior fama di Tiziano si basò sui ritratti, basta guardare Giovane inglese (1540),
Palazzo Pitti. Qui non vi è più il modellato minuzioso della Gioconda (p.193), eppure questo
giovane è altrettanto vivo, pare fissarci con uno sguardo reale. Furono in molti a
commissionare al maestro veneto il proprio ritratto, in quando si
pensava che grazie alla sua arte si sarebbe vissuti in eterno. È proprio quello che accade
con il Ritratto di papa Paolo III (p.214), il vecchio pontefice si volge verso un giovane
parente, Alessandro Farnese, che sta per rendergli omaggio mentre il fratello Ottavio guarda
lo spettatore. L’incontro di questi personaggi è così realistico che non possiamo fare a meno
che domandarci di cosa stessero parlando.

Non solo nei grandi centri gli artisti progredirono nella scoperta di nuovi metodi, infatti, tra gli
artisti più “progressisti” troviamo l’emiliano Antonio Allegri detto il
Correggio(1489-1534).L’artista approfondì gli studi sul chiaroscuro di Leonardo ed ottenne
effetti completamente nuovi, destinati a influire le scuole posteriori.
In Natività (1530), Dresda, a prima vista, la composizione pare casuale: la scena affollata a
sinistra non sembra bilanciata da un gruppo corrispondente a destra. Ma Correggio sfruttò,
ancora più di Tiziano, la possibilità di equilibrare le forme mediante il colore e la luce e di far
convergere il nostro sguardo nei punti voluti. Ciò che del Correggio maggiormente imitarono
i secoli successivi fu il suo modo di dipingere volte e
cupole di chiese. Egli si sforzò di dare ai fedeli l’illusione che la volta fosse spalancata sulla
visione della gloria dei cieli. Quando si è nella oscura, tenebrosa cattedrale medievale di
parma e si guarda verso la cupola (p.217), indubbiamente l’impressione è grandiosa.

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