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Da: Lo Stato dell’Arte - l’Arte dello Stato.

Le acquisizioni del Ministero dei Beni e delle Attività


Culturali e del Turismo, cat. a c. di M. G. Bernardini, M. Lolli Ghetti, Roma 2015, pp. 58-59.

32. Domenico Corvi


(Viterbo 1721 - Roma 1803)
Sacrificio di Polissena
Olio su tela,
Inv. 4654
Roma, Galleria Nazionale d’Arte Antica di Palazzo Barberini

Il dipinto, proveniente dal mercato antiquario, è stato acquisito dalla Galleria Nazionale nel 2013,
per la somma di 25.000 euro, e costituisce il bozzetto preparatorio per la tela oggi conservata al Museo
Civico di Viterbo. La collocazione cronologica del modello nell’ambito della produzione di Domenico
Corvi dipende evidentemente dalla datazione della redazione finale, per la quale sono state
generalmente proposte date piuttosto avanzate: dopo il 1780 (Scavizzi 1983, p. 826), o più precisamente
intorno al 1785 (Lo Bianco 1998, p. 156), se non sul finire del secolo (Rudolph 1982, p. 44). Ipotesi
tanto più plausibili se si assume che l’opera potrebbe essere stata concepita come pendant del Compianto
sul corpo di Ettore, oggi nel Museo dell’Abbazia di Santa Maria di Monserrat, in Catalogna, realizzato da
Corvi appunto nel 1785 (Barroero 1984, p. 68).
Si tratta in effetti di un tema classicamente tragico, ancorché iconograficamente minoritario, almeno
fino al XVIII secolo, ambientato a conclusione della guerra di Troia, ma estraneo al materiale omerico e
noto soprattutto grazie all’Ecuba euripidea, che costituisce anche la fonte testuale primaria del dipinto.
L’episodio illustra il triste epilogo della storia della bella Polissena, figlia di Priamo ed Ecuba, amata da
Achille, il fantasma del quale, dopo la caduta della città, ne pretende il sacrificio, pena l’impossibilità per
le navi achee di far ritorno in patria. Rispetto al testo, tuttavia, Corvi ha organizzato la scena con una
certa libertà, tenendo a mente, semmai, il dipinto con lo stesso soggetto eseguito intorno al 1624 da
Pietro da Cortona per Marcello Sacchetti, oggi a Roma, ai Musei Capitolini, da cui desume una serie di
elementi compositivi: la figura di Agamennone a destra, con corona, lorica e mantello, e l’ufficiale
barbuto alle sue spalle – forse Ulisse, con il pileo, o Taltibio – che pensieroso si porta la mano al mento;
il vecchio sacerdote incappucciato e coronato d’alloro; i cipressi che svettano in secondo piano e, sullo
sfondo a sinistra, le navi greche pronte alla partenza. Piuttosto, la versione di Corvi coglie un momento
successivo dell’azione, quando ormai il drammatico sacrificio si è appena consumato, il corpo di
Polissena giace esangue di fronte alla tomba di Achille e le ancelle sono accorse a sostenerla e coprirla,
mentre la madre Ecuba si dispera lacerandosi le vesti e i capelli. Dietro il gruppo principale, nella
penombra, Neottolemo, il figlio di Achille, rinfodera il coltello sacrificale e il mesto sacerdote officia il
suo rito di fronte all’esercito attonito.
Piccole differenze di dettaglio, nel disegno e nel colorito, distinguono il modello preparatorio dalla
versione definitiva, che sembra caratterizzata in generale da un parato cromatico meno luminoso e
squillante. In entrambe le redazioni, comunque, l’impianto luministico è costruito per contrasti
progressivi tra l’eburneo, candido pallore di Polissena e le tinte più marcate e più scure delle figure di
contorno, fino al soldato in controluce, in primo piano all’estrema sinistra, cui “risponde” il mantello di
Agamennone a destra, e il severo Neottolemo, che chiude il gruppo alle spalle del sacerdote.

Michele Di Monte

Bibliografia:
I. Faldi, Pittori viterbesi di cinque secoli, Roma 1970, pp. 78-84; S. Rudolph, Primato di Domenico Corvi
nella Roma del secondo Settecento, in “Labyrinthos”, I, 1982, 1-2, pp. 1-45; G. Scavizzi, Corvi Domenico,
in Dizionario Biografico degli Italiani, XXIX, Roma, 1983, pp. 824-827; L. Barroero, Il “Compianto sul corpo di
Ettore” di Domenico Corvi, in “Paragone”, 417, 1984, pp. 66-71; A. Lo Bianco, scheda in Domenico Corvi,
catalogo della mostra, Roma, 1998, pp. 156-157.

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