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Rivista di Estetica. Falsi, contraffazioni e finzioni, n. s., 31, 1/2006, ed. Paolo DAngelo, pp.

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Michele Di Monte FATTI E CONTRAFFATTI. COSA VERAMENTE FALSO NELLA STORIA DELLARTE?
Qual , infine, limportanza di questa discussione sul fingere? Risponder subito, anche se non sono sicuro che limportanza sia importante: la verit lo . J. L. Austin, Fingere.

1. Vedere e (credere di) sapere Tanto per cominciare subito con un falso partiamo da una tipica situazione letteraria, per ci stesso fittizia, dunque, ma forse proprio per questo pi schematicamente esemplare. Prendiamo il Cyrano de Bergerac di Rostand. La storia nota: Roxane ama Christian ed affascinata da quella che lei crede (a torto) essere la sua poesia (ed invece la poesia di Cyrano). Le cose, per, non stanno semplicemente cos, poich possiamo pensare che in effetti Roxane ami Christian anche, se non principalmente, per (quella che lei ritiene) la sua poesia, tanto che nel momento in cui il giovane innamorato non riesce a mettere in fila due versi, la donna, indispettita, sembra perdere interesse per loggetto del proprio desiderio. Daltro canto, si potrebbe pure sospettare che la poesia di Cyrano venga apprezzata, almeno in parte, perch ritenuta (falsamente) frutto della passione del bel Christian; cos, persino quando Roxane ha la fortuita possibilit di ascoltarla direttamente dalla voce del suo vero autore in realt allaltro spasimante che ella pensa, ed questi, infatti, che infine ella bacia. Indubbiamente la poesia comunque autentica, nel senso che dettata da un sincero sentimento, e ugualmente autentico il sentimento provato dalla ragazza, ma cosa succederebbe invece se scoprisse come stanno veramente le cose, se scoprisse che lautore dei versi che la infiammano un uomo deforme mentre il bel sembiante delluomo che lattrae nasconde un animo da illetterato? Cambierebbe qualcosa nella percezione del pregio della poesia o dellavvenenza dellamante? Nellopera lagnizione arriva solo alla fine, quando ormai un po troppo tardi, ma la difficolt della domanda anche di l dagli intenti dellautore resta. Ed la difficolt cui si va incontro tutte le volte che si debba decidere in che rapporto sta ci che si sente (o, pi specificamente, si percepisce) con ci che si sa di un certo oggetto. Nel nostro caso la non facile questione ulteriormente complicata dallintervento della falsificazione. In realt, la variabile del falso si inserisce propriamente nello spazio aperto tra i due piani, e come tale a differenza di quanto talvolta sembra assumersi implicitamente non tocca n altera in maniera diretta i fatti percettivi, che restano semplicemente quello che sono (questi versi, questo aspetto fisico cos e cos): diversamente si tratterebbe di unallucinazione sensoriale. Ad essere interessate sono piuttosto le credenze che si possono intrattenere circa quei fatti, sicch falsi sono pi precisamente i rapporti dichiarati o esibiti quali che siano le finalit ultime di tali dichiarazioni tra oggetti di percezione e proposizioni oggetto di credenza, con lovvia conseguenza che quel che si sa (o si crede di sapere) non pertiene in realt a quel che si percepisce. Fin qui si ravviserebbe tuttal pi un problema di ignoranza. La vera difficolt dipende invece dallipotesi che come sembra insinuare anche la vicenda dei personaggi di Rostand le relazioni tra sapere e percepire possano acquisire una pi specifica connotazione causale, vale a dire dalla possibilit che le credenze riferite alloggetto modifichino, se non direttamente la percezione stricto sensu, almeno un certo tipo di giudizio che su questa si basa, come potrebbe essere nel caso di un giudizio di apprezzamento estetico o, eventualmente, 1

affettivo. Sempre che, naturalmente, si sia disposti ad ammettere che lapprezzamento estetico (o quello affettivo) includa una componente cognitiva almeno sensibile alle credenze, e dunque anche potenzialmente suscettibile di falsificazione, secondo una forma che possa contemplare asserti controfattuali e condizionali congiuntivi. In modo, cio, che sia possibile sostenere che il giudizio dato su un certo oggetto sarebbe stato (o dovrebbe essere) diverso se una particolare credenza circa lo stesso oggetto fosse stata (o venisse) rigettata, per esempio proprio perch rivelatasi falsa. Il caso di Cyrano, infine, torna utile anche per un altro motivo di interesse estetico, giacch almeno nella nostra lettura la storia suggerisce non solo una contaminazione ma forse anche una vera e propria circolarit tra investimento affettivo e apprezzamento estetico, una circolarit che, sia pure istituita e perci stesso minacciata da una falsa credenza, lascia nondimeno intravedere, non importa se involontariamente, persino la possibilit che i due tipi di esperienza possano condividere un analogo modello di funzionamento. Si dir che nellesempio che abbiamo scelto specificamente questione di poesia, ma se si fosse trattato di pittura o di scultura la situazione non sarebbe stata pi semplice, anzi, come si pu immaginare, avrebbe probabilmente presentato qualche difficolt supplementare, anche in ordine alle possibilit della falsificazione. In effetti, i problemi qui sommariamente accennati sembrano valere specialmente, se non persino prioritariamente, per le opere darte figurativa, in primo luogo in forza di uno statuto ontologico e fenomenologico sui generis di cui queste godrebbero non solo rispetto ad altri tipi di oggetti, ma anche, pi specificamente, rispetto ad altre forme di produzione artistica come la letteratura, la musica o larchitettura soprattutto laddove si consideri il punto di vista della disciplina che tradizionalmente si occupa della loro conoscenza storico-critica (del sapere, potremmo dire in generale, che le riguarda): la storiografia artistica. Pu essere allora istruttivo discutere la questione di una presunta permeabilit cognitiva della percezione estetica o artistica tenendo conto del modo in cui si comportano quegli oggetti particolari che sono appunto i dipinti, i disegni, le sculture e simili. Proprio per questa peculiarit, daltra parte, non sar pi sufficiente domandarsi se tra sapere e vedere esista semplicemente una qualche interferenza, genericamente intesa, ma bisogner piuttosto chiedersi quale sia la natura specifica di tale interferenza, e soprattutto in che misura, secondo quale regolarit e con quali effetti possa agire. Detto altrimenti, se ci interessa capire come funzionano lesperienza e lapprezzamento estetico delle opere darte figurativa, la domanda da porsi : cosa devo sapere (o, eventualmente, credere di sapere)? e perch?. In questa prospettiva il problema del falso assume implicazioni insieme estetiche e ontologiche. Se infatti non ogni credenza incide sul giudizio o sulla decidibilit dello statuto di un oggetto come in fondo sufficientemente intuitivo allora non ogni falsa credenza concernente quelloggetto, dimostrata tale, comporta gli stessi effetti. Si tratta perci di definire, per le opere darte figurativa, quali siano le appropriate condizioni di falsit, se cos possiamo dire, e se siano diverse per diversi tipi di opere. Se anche sapessimo per tornare ancora una volta al nostro esempio che una delle lettere indirizzate da Cyrano a Roxane fosse stata materialmente vergata da Christian, non per questo smetteremmo di considerarla una genuina produzione di Cyrano; ma se per caso Christian avesse realizzato materialmente un ritratto della donna molto probabilmente non saremmo propensi a ritenerlo opera di Cyrano, e se fosse stato spacciato come tale lo giudicheremmo appunto un falso. Si tratta di un giudizio corretto in linea di principio o solo per motivi contingenti? E quali conseguenze comporta in ordine alla nostra esperienza di quelloggetto? Per poter rispondere con qualche ragione non possiamo non interrogarci contemporaneamente sulle necessarie condizioni di autenticit, e prima ancora di identit e di individuazione, delle opere in questione. Cos come sarebbe pure opportuno definire lo statuto di nozioni contigue, ma spesso non sufficientemente distinte, come quelle di copia, replica, riproduzione. A questo scopo, una riflessione teorica sui confini del concetto di falso e sui relativi criteri di applicabilit pu rivelarsi strumento euristico non inutile, se ci consente di esplorare controfattualmente alcune di quelle condizioni e di portare allo scoperto, sul piano dellanalisi, molte intuizioni che di solito restano tacite, ma condizionano nondimeno il nostro modo di affrontare questi problemi. 2

Per quanto possa sembrare sorprendente, tuttavia, e a dispetto del fatto che la falsificazione in campo artistico, specie pittorico, ha acquisito non solo presso lopinione comune un rilievo quasi paradigmatico, unistanza di chiarificazione teorico-concettuale stata scarsamente recepita proprio nellambito della letteratura storico-artistica, dove pure si contano numerosi contributi sullargomento. Nella gran maggioranza dei lavori specialistici, pur con le debite eccezioni1, restano per lo pi dominanti preoccupazioni di ordine tecnico-filologico, indirizzate alla discussione di metodologie diagnostiche affidabili, ovvero di ordine storico-filologico, legate alla ricostruzione della trama culturale, sociale o ideologica di una casistica pi o meno variegata2. Su questa situazione, naturalmente, non intervengono solo comprensibili esigenze disciplinari di carattere pratico, da quelle della catalogazione a quelle della conservazione e del restauro, le quali, semmai, riflettono a loro volta convinzioni di fondo pi generali e pi radicate, ancorch raramente esplicitate, come si detto. Sono queste posizioni che bisogna discutere.

2. Autenticit, unicit, irripetibilit In un recente studio introduttivo dedicato al tema dellargomentazione (Iacona 2005), lautore illustra, tra le varie forme di fallacia logico-argomentativa, anche quella nota con il nome di ignoratio elenchi, in cui si incorre appunto quando, a sostegno di una tesi, si produce un argomento, magari corretto, ma di fatto irrilevante rispetto al punto in questione. La cosa che ci interessa il genere di esempio scelto nel testo per spiegare questo caso particolare, esempio che conviene riportare:
Due amici hanno un diverbio sulla bellezza della musica dei Beatles. Uno dei due dice: Le canzoni dei Beatles? Non ci trovo niente di speciale. Laltro, che a casa ha una collezione intera di dischi dei Beatles, lo apostrofa dicendo: La loro musica ha unimportanza fondamentale nella storia del rock, perch molti gruppi successivi hanno ripreso le loro idee e il loro modo di suonare. Largomento conclude lautore chiaramente inappropriato, perch ci che si deve dimostrare non che i Beatles sono importanti nella storia del rock, ma che le loro canzoni sono belle (p. 134).

Da notare, inoltre, che qui la fallacia considerata del tutto palese, perch facile rendersi conto del suo difetto a prima vista. Ma sempre davvero cos facile? In realt, proprio nellambito dei giudizi estetici, cui attinge espressamente lesempio appena citato, argomentazioni (o pseudoargomentazioni, se si concorda con Iacona) di questo tenore sono piuttosto correnti, per non dire canoniche. E lidea peraltro tanto largamente diffusa da render superflue citazioni di nomi e correnti che il pregio, il valore e persino lo statuto artistico di un oggetto dipendono sempre da circostanze storico-contestuali. Naturalmente, su una simile linea c il rischio anche questo facilmente rilevabile a prima vista di finire in un circolo vizioso, sostenendo che una certa opera un capolavoro perch ha acquisito una particolare importanza storica, ma ha acquisito quella particolare importanza appunto perch un capolavoro, e non per motivi accidentali, fortuiti o comunque estranei a ci che dovrebbe definire unopera artistica. Di solito, per, il rischio resta latente e viene neutralizzato (o occultato) ricorrendo a un principio complementare, di indole pi marcatamente storicistica, con il quale si suggerisce che il decisivo ruolo storico svolto da unopera dipende non gi semplicemente dalla sua storicit, che vale indifferentemente per tutte, quanto piuttosto dalla maggiore o minore capacit di interpretare, esprimere o incarnare compiutamente il senso, la direzione, se non proprio la necessit, dello sviluppo dellevoluzione artistica di unepoca. Cosa si debba intendere precisamente con questo senso o con questa necessit uno dei misteri insoluti (o, meglio, insolubili) della storia dellarte. Come che sia, in ragione di tale quid che si pu sostenere, per esempio, senza troppe argomentazioni, che unopera di Renoir
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Tra le quali si possono almeno ricordare i classici saggi di Tietze 1934 e di Kurz 1961. Si veda, a titolo puramente indicativo, lampia e documentata rassegna in Ferretti 1981.

(magari in quanto impressionista) artistica a maggior titolo di unopera di Grme (in quanto accademica), che pure incontestabilmente prodotto di un medesimo ambiente storico-culturale. Per lo stesso motivo possiamo supporre ci che qui ci interessa pi direttamente che se uno scolpisse oggi statue in stile fedelmente ellenistico, per quanto con piena cognizioni delle proprie ragioni storiche e tecniche, produrrebbe oggetti che difficilmente verrebbero considerate vere opere darte, e forse lui stesso verrebbe difficilmente considerato unartista. Non diversamente dovrebbero andare le cose anche per ci che sappiamo o possiamo pensare di scoprire a proposito di opere gi storicamente attestate, sicch se si appurasse, diciamo, che il gruppo del Laocoonte stato in realt scolpito da Fidia molto probabilmente se ne accrescerebbe il valore che dovrebbe poi pretendere unesperienza estetica proporzionalmente modificata laddove se si accertasse che si tratta invece di unopera ottocentesca di Antoine-Louis Barye verrebbe giudicato, nella migliore delle ipotesi, unesercitazione accademica di valore meno che modesto, nella peggiore un falso fraudolento di valore nullo (mentre pi difficile ipotizzare cosa succederebbe se venisse fuori che la scultura un falso originale di Duchamp). La convinzione sottesa a questo genere di considerazioni comunque che le circostanze storiche in cui unopera viene in essere sono irripetibili, se non proprio de facto ch non sarebbe possibile stabilirlo a priori proprio in ossequio a un principio di storicit almeno de iure, secondo un modello che sembrerebbe voler essere nello stesso tempo nomologico-deduttivo, nel senso di Hempel (1986), per intenderci, e insieme non normativo. A prescindere da come ci sia logicamente possibile, resta che la posizionalit contestuale della singola opera, lhic et nunc nellespressione di Benjamin (1966, p. 22) che ne fonda lesistenza unica e la sua autenticit, entra cos tra le determinazioni essenziali dellopera stessa. Come dire che fuori dal quel preciso momento e da quel preciso contesto lopera non pi lopera che , n pu essere apprezzata nel suo autentico valore se si prescinde da quel legame genetico. Qualunque nuova redazione, per quanto coscienziosa e quali che siano le intenzioni con cui stata prodotta, potr essere solo utilizzata come ausilio documentario o bollata come falso storico, o al massimo le due cose insieme. Salvo, eventualmente, lopportunit di riconoscere alla copia/falso un suo qualche pregio artistico, che comunque sarebbe da valutarsi come oggetto del tutto autonomo da un punto di vista storico ed estetico. Ma tanto un apprezzamento relativo quanto il disprezzo totale non fanno qui alcuna differenza, giacch entrambi sono tributari di uno stesso assunto, secondo il quale per citare unopinione autorevole la copia, limitazione e la falsificazione, rispecchieranno la facies culturale del momento in cui si eseguirono e ci che potranno restituire non sar mai lopera nella sua totale fenomenologia, ma questo o quellaspetto (Brandi 1977, p. 67, corsivo mio). Come si vede, una simile opinione mossa in primo luogo dalla preoccupazione, pi che di registrare, di garantire, possibilmente in perpetuo, una netta, evidente linea di demarcazione tra esperienza delloriginale ed esperienza del falso. Sennonch, per far questo, trasforma evidentemente una circostanza contingente, per ipotesi, in quella che si chiamerebbe, sulla scorta di William Dray (1974), una legge di copertura, con forza predittiva necessitante3; sorvola sulle possibilit della riproduzione meccanica e tanto pi sulla questione teorica di una indistinguibilit pratica ipotizzabile almeno in linea di principio; infine sembra ben poco compatibile con la situazione reale della conoscenza critica, poich se le cose stessero come si detto non solo tutti i falsi verrebbero scoperti appena fuori moda (e quanto durano le predilezioni o la moda del momento?), ma soprattutto dovremmo poter datare immancabilmente tutte le opere in quanto
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Dovrebbe essere chiaro che se un critico in grado di distinguere questo o quellaspetto particolari in quanto non esauriscono la totale fenomenologia di unopera, allora questa fenomenologia devessere accessibile, di fatto e di principio, (anche per un falsario) da un punto di vista che non soggiace esso stesso alle mode di una cultura storicamente determinata. A meno di voler supporre che la fenomenologia delloriginale cresca e si modifichi di generazione in generazione, ma anche in tal caso non si pu escludere la possibilit di una replica corretta, poich tutte le copie, ancorch parziali, sarebbero parziali cos come lopera stessa nella sua vita storica. Senza contare che in una prospettiva storicistica anche la fenomenologia della copia dovrebbe essere suscettibile di una percezione condizionata che simmetrica a quella delloriginale: tutti gli aspetti che eventualmente si scoprissero in questo si potrebbero scoprire anche in quella.

rispecchiamento delle facies di momenti particolari, ipotesi un po troppo ottimistica e purtroppo ben lungi dallesser vera. Nel frattempo, per giunta, non sapremmo che posizione prendere circa opere che oggi, a torto o a ragione, anche gli specialisti continuano a giudicare dei capolavori, pur non sapendo bene in quale contesto dorigine collocarle, come nel caso dei cavalli di San Marco a Venezia (originali greci? copie romane? rivisitazioni tardoantiche?), tanto per citare un esempio ben noto, o ancora nel caso degli affreschi di Castelseprio, per un esempio un po meno noto ma altrettanto eclatante (spostabili dal VI al IX secolo, forse impresa di artisti bizantini, forse di inauditi maestri locali o di chiss chi altri): opere che, a rigore e fino a prova contraria, le stesse divergenti interpretazioni e attribuzioni costituiscono come potenziali falsi storici. La minaccia che gli storici dellarte intravedono nelle conseguenze della riproducibilit non tanto facilmente esorcizzabile, oltretutto perch di riproducibilit si pu parlare in molti modi.

3. Allografia e autografia Lirripetibilit delle condizioni genetiche e la conseguente non replicabilit dellautentico, cos come le abbiamo genericamente definite, possono riguardare indifferentemente tutte le forme di produzione artistica o almeno questo quanto sostiene la posizione che stiamo esaminando. Tuttavia, possibile tracciare una pi specifica distinzione circa i modi e i gradi in cui queste condizioni interessano generi diversi di opere, in particolare le opere darte visiva, di cui qui ci occupiamo specialmente. Si tratta della distinzione fondamentale tra arti cosiddette allografiche e arti autografiche, per adottare i termini, ormai largamente invalsi, introdotti da Nelson Goodman (1976). chiaro che anche unopera letteraria, per esempio un sonetto di Dante, pu considerarsi originale, autentica o persino unica nel senso storico che abbiamo detto, allo stesso titolo di un dipinto di Giotto. Ma ci non significa che se qualcuno producesse oggi una copia conforme di quel sonetto creerebbe per questo unopera diversa dalloriginale di Dante, e tanto meno un falso, quandanche lo scrivesse in minuscola cancelleresca su una pergamena duecentesca. Inautentico potr essere tuttal pi il documento (materiale) manoscritto, qualora fosse attribuito alla mano di Dante, ma la forma e lidentit del sonetto saranno esattamente le stesse. Ed perfettamente ragionevole pensare che identiche saranno pure la fruizione del contenuto e lesperienza estetica che si danno nella lettura di questa come di una qualunque delle possibili, innumerevoli redazioni del medesimo testo. Per tale ragione, a proposito di testi letterari, si preferisce parlare, piuttosto che di copie o di repliche, di istanziazioni multiple o moltiplicabili. Quando pure, dunque, si volesse supporre che il sonetto di Dante un unicum irripetibile e le circostanze particolari del suo originario concepimento, poniamo nella Firenze del XIII secolo, siano essenziali allindividuazione della sua identit (e falso, o spurio, debba considerarsi invece un sonetto scritto nello stile di Dante e indebitamente riferito alla sua paternit e a quelle presunte circostanze), si dovr comunque ammettere che in ogni istanziazione ci saranno pur sempre componenti inessenziali, o irrilevanti, rispetto a questa stessa identit, come la morfologia dei caratteri del testo, le dimensioni, limpaginazione, o certe caratteristiche materiali, come il tipo o il colore dellinchiostro, la carta utilizzata e simili. Analogamente, dal punto di vista della fruizione, ci saranno aspetti certo indispensabili per una concreta ricezione dellopera che lopera stessa, per, non prescrive essenzialmente: il sonetto in questione si pu leggere, si pu ascoltare (ed indifferente che lo reciti, per esempio, una voce tenorile o baritonale), si pu persino mandare a memoria. comprensibile che sia cos, perch lidentit di cui parliamo lidentit di unentit astratta o, se si preferisce, unidentit di tipo (una type identity), naturalmente esperibile in uninfinit di tokens che possono essere diversi non solo da un punto di vista strettamente materiale, ma anche rispetto alla loro configurazione sensibile, purch conservino la struttura del type. In questo senso, come suggeriva Goodman, le forme allografiche sono replicabili senza perdita di identit ontologica ed estetica, e senza possibilit di falsificazione.

Lo stesso discorso vale, entro certi limiti, per quei generi artistici che, analogamente alla letteratura, possiedono una struttura notazionale, come la musica, in cui la partitura definisce lidentit dellopera e prescrive dei criteri di correttezza (o almeno di corretta riconoscibilit) per ogni concreta esecuzione. Ma vale anche, nellambito delle arti visive, per forme come la fotografia o la cinematografia, non meno che per la scultura a getto (per fusione) o per la grafica a stampa (incisione, acquaforte ecc.): per tutti quei tipi di opere, cio, il cui processo di produzione preveda la realizzazione e la successiva applicazione di una matrice che si tratti di un negativo, di uno stampo o di una lastra dalla quale derivino, per un rapporto causale meccanico, esemplari la cui configurazione sensibile stata loro impressa dalla matrice stessa4. In casi come questi, evidentemente, lidentit ontologica ed estetica dellopera non dipende da un codice astratto come la scrittura o la notazione musicale, motivo per cui non sono ammissibili repliche e riproduzioni che non siano ottenute tramite la matrice originale o conformemente alla sua concreta fisionomia5. Se qualcuno, per esempio, stampasse lincisione del San Gerolamo di Drer sostituendo la figura del teschio disegnata dallartista stesso con quella di un teschio disegnato, diciamo, da Wolgemut otterrebbe chiaramente unopera (sia pure solo parzialmente) diversa dalloriginale, ma altrettanto chiaro che se la stampa corretta non fa alcuna differenza, quanto al riconoscimento e allapprezzamento, che si tratti di un esemplare conservato a Basilea oppure a Roma, quale sia la provenienza della carta o la composizione chimica dellinchiostro, e neppure, in realt, che la stampa sia stata tirata da Drer in persona o con la sua autorizzazione. Una stampa non autorizzata o certificata personalmente dallautore potrebbe essere giudicata un falso da un punto di vista giuridico-legale (o diplomatico), ed eventualmente anche venale, ma resterebbe unistanziazione autentica non diversa, da un punto di vista fenomenologico ed estetico, da tutte quelle legalmente riconosciute, proprio in forza di un rapporto di dipendenza tipograficamente meccanico: il torchio, linchiostro e la carta non si comportano diversamente anche se lautore non daccordo. Fin qui abbiamo riassunto considerazioni abbastanza ovvie, che come tali non sollevano controversie soverchie, se non limitatamente ad aspetti particolari che in questa sede, almeno per i nostri interessi presenti, possiamo trascurare. C invece da chiedersi come vadano le cose, rispetto al problema dellistanziabilit multipla, per quelle forme darte considerate autografiche per antonomasia, vale a dire la pittura, il disegno, la scultura a scalpello, la plastica modellata e simili 6. In opere di questo genere non solo manca una struttura notazionale, ma non c neppure una matrice concepita in modo che possa trasferire in positivo la propria impronta, per un numero indefinito di volte, su un supporto moltiplicabile. Al contrario, proprio la diretta interazione fisica tra la mano dellartista e la materia cos conformata sembra escludere che qui si possa propriamente parlare di entit astratta, le cui condizioni identitarie siano fissate da un type rispetto al quale le caratteristiche materiali dei diversi supporti restino irrilevanti. Piuttosto si direbbe che in casi del genere il type o il norm kind, come pure stato definito (Wolterstorff 1980), coincida completamente con il singolo

Da questo punto di vista, generi come la video-arte o, pi propriamente, la computer-grafica occupano una posizione in certo modo intermedia, poich lidentit delle opere garantita da un programma (una serie di istruzioni), ma, a differenza della scrittura, la configurazione sensibile delle singole istanziazioni non notazionale e, a differenza della musica tradizionale (almeno), lesecuzione delle istruzioni puramente meccanica. 5 Non strettamente necessario che la matrice sia materialmente quella utilizzata la prima volta dallartista, in quanto proprio il rapporto di congruenza tra matrice e calco potrebbe permettere di riottenere la forma della matrice anche laddove quella originaria (la prima utilizzata) non fosse pi disponibile da uno degli esemplari prodotti, come nel caso di una scultura, oppure di replicarla grazie a un analogo processo di riproduzione, come potrebbe essere nel caso di una lastra incisoria duplicata tramite calco e fusione. 6 Anche nellambito dellautografia possono darsi casi sfumati, come le opere darchitettura, che prevedono normalmente un progetto, ma una volta edificate possono, almeno in certe circostanze, presentarsi come monumenti unici di cui non si prevede alcun altro esemplare. Anche il mosaico, che una forma pi vicina alla pittura, presenta aspetti meno strettamente autografici, e lo stesso potrebbe dirsi per la scultura in generale, indipendentemente dalle tecniche di lavorazione, dato che per sua stessa struttura meglio si presta alla derivazione di stampi e calchi, quandanche non originariamente previsti. In quel che segue utilizzeremo il caso della pittura come il genere autografico per eccellenza.

token in quanto oggetto concreto o, che lo stesso, sia esemplificato da una sola occorrenza individuata per identit numerica e materiale. Quando perci si dice che lopera darte non riproducibile ci si riferisce di norma e in senso proprio, anche se spesso solo implicitamente, a questultimo tipo di oggetti, che non soltanto chiamano in causa le particolarit di un contesto storico di produzione, ma si presentano come enti assolutamente singolari, nella forma, nella materia e nel numero. Tuttavia, anche queste ulteriori precisazioni e distinzioni non ci consentono come abbiamo in parte gi osservato di escludere in quanto storicamente impossibile, e tanto meno in quanto logicamente impossibile, che un dipinto o una scultura possano essere duplicati in una copia perfettamente indiscernibile dalloriginale. Naturalmente, si pu tagliar corto e assumere una posizione strettamente pragmatica per cui non dovremmo preoccuparci di questa eventualit finch non sar tecnicamente possibile ottenere copie di quel tipo. Ma, anche a non voler entrare nel merito delle possibilit tecniche e di una casistica pi circostanziata, se questa opzione pu momentaneamente tranquillizzare chi si occupa di attribuzioni e collezioni nulla toglie, per, alla legittimit del problema teorico. Problema che resta comunque inevitabile affrontare per decidere in cosa consista e in cosa non consista lidentit delle opere darte e come sia delimitato loggetto proprio delle nostre esperienze estetiche. In ogni caso proprio la presenza, diffusa e concreta, di copie e falsi proietta la difficolt su un piano reale, tanto pi se si suppone che gli uni e gli altri si distinguano solo per le intenzioni o le informazioni con cui vengono presentati a un pubblico. La questione, allora, non riguarda tanto la mera possibilit della riproduzione, che si pu ammettere senza troppe resistenze, quanto semmai una decisione circa la sostituibilit, linterscambiabilit tra originale e copia, ovvero, pi precisamente, circa lidea che questa sostituzione non sia mai possibile senza danno storico ed estetico (Brandi 1977, p. 46). Ci che dunque si deve appurare per riformulare in termini pi specifici gli interrogativi che abbiamo gi prospettato allinizio di questo saggio , in primo luogo, se e in che modo la riproduzione di unopera autografica in senso stretto (o almeno presunta tale, dovremmo aggiungere a questo punto) comporti un impoverimento dello status ontologico ed estetico dellopera stessa; in secondo luogo, se e in che modo la consapevolezza o la scoperta che si abbia a che fare solo con una riproduzione comporti un impoverimento sostanziale dellesperienza estetica corrispondente. Con lavvertenza importante, va aggiunto, che rispondere a queste domande non equivale necessariamente a dover decidere se la pittura e la scultura siano arti allografiche allo stesso titolo delle altre o se tutte le forme artistiche siano ugualmente allografiche sotto qualche rispetto. Per questo motivo opportuno, come vedremo, tenere distinti il piano ontologico e quello estetico.

4. Indiscernibilit percettiva Chiedersi sensatamente se una copia possa (o non possa) sostituirsi a un originale significa anche tener conto delle finalit della sostituzione. Un esperto sar in grado (anche se non sempre) di datare e attribuire esattamente un dipinto pur servendosi solo di una buona fotografia. Buona, si intende, per questo scopo. molto improbabile, infatti, che se lo stesso esperto volesse godere appieno dello spettacolo di un affresco di Tiepolo si servirebbe di una cartolina in bianco e nero13 x 18, bench questa potrebbe essergli ancora sufficiente per riconoscere un capolavoro del maestro o una maldestra esecuzione di bottega. Lo stesso tipo di fotografia, daltra parte, risulterebbe molto pi compiutamente informativa se fosse una copia 1 a 1, poniamo, di uno scarabocchio a china di Picasso. Datazione e attribuzione, cos come una valutazione sia pure approssimativa della qualit artistica, sono comunque giudizi che concernono propriet inerenti al dipinto e non certo alla riproduzione fotografica, ma sono evidentemente formulabili in modo corretto anche di fronte alla riproduzione. In tali casi si pu parlare di sostituzione riuscita, ancorch parziale e strumentale, senza escludere che abbia luogo anche una netta discriminazione. Anzi, come notava a suo tempo Panofsky (1990), la valutazione e lapprezzamento delloriginale attraverso il facsimile si basa

propriamente su una sensibilit differenziante in grado di riconoscere e interpretare i limiti tecnici della riproduzione in quanto tale. Ma non difficile immaginare casi in cui una sostituzione riuscita si realizzi attraverso una riproduzione che sia meno facilmente discriminabile o, al limite, non sia discriminabile affatto dalloriginale, proprio perch ne esibisce tutte le propriet percettivamente riconoscibili. N si vede come si possa sostenere che quanto pi [la linea di demarcazione tra i due oggetti] sar fine, tanto pi sar nitida (Panofsky 1990, p. 6). In realt sintomatico che uno storico dellarte come Panofsky nel contesto di un contributo peraltro assai equilibrato sul problema della riproduzione fosse disposto ad ammettere che si pu apprezzare anche esteticamente loriginale attraverso la copia, ma solo a patto di saper cogliere la differenza, e non prendesse neppure in considerazione lovvia circostanza che ci sono e possono esserci oggetti, per quanto materialmente e perfino sostanzialmente diversi, che restano (empiricamente) indistinguibili alla sensibilit, quandanche esercitata in senso differenziante. Di nuovo, quel che qui condiziona il punto di vista lassunto secondo il quale la copia per riuscita che sia, non potr mai trasmettere [] lesperienza di autenticit [] che si compie nelloriginale (p. 6). Sennonch dovremo concluderne che una tale esperienza, quale che sia, non trasmessa neppure dalle propriet sensibili possedute dalloriginale stesso. Non dovrebbe sembrare paradossale, ed anzi altrettanto sintomatico, che a una medesima conclusione conduca di necessit pure la posizione diametralmente opposta, che cerca di neutralizzare alla radice le conseguenze dellindiscernibilit assumendola addirittura come condizione di partenza. Il pi convinto sostenitore di questa tattica , come noto, Arthur Danto (1981), il quale disposto a privare i fatti estetici di qualunque rilevanza in ordine alla definizione dellidentit artistica delloriginale e al riconoscimento del suo valore, cos che la distinzione tra oggetti identici dipenda esclusivamente dallapplicazione di uninterpretazione concettuale istitutiva, per cos dire, la cui legittimit non arbitraria dovrebbe in definitiva fondarsi (esclusivamente ma circolarmente) sullinterpretazione dellautorit del Mondo dellArte che poi semplicemente lautorit della Storia dellArte (o del suo Spirito autentico). Quel che qui ci interessa il tentativo di risolvere il problema della sostituibilit tagliando fuori completamente il piano stesso (sensibile) su cui pu aver luogo. Una simile tesi, tuttavia, anche a prescindere dal fatto che si basa su una mossa puramente postulatoria, rischia di perdere, letteralmente, proprio la possibilit di identificare e reidentificare un singolo originale, percettivamente non distinguibile (per definizione) e quindi sempre sostituibile salva interpretatione nellesperienza empirica sensibile che sar pur sempre necessaria, se la fruizione non vuol essere solo mentale o immaginaria a meno di considerare tale originale come unentit puramente concettuale istanziabile allinfinito, al limite da qualunque oggetto. Forse non un caso che proprio i ReadyMades duchampiani, sui quali Danto ha soprattutto costruito la sua teoria, esibiti oggi nei musei, come opere si badi e non come documenti, siano in larga misura multipli o copie di originali perduti. Una posizione in certo modo intermedia tra gli estremi che abbiamo visto invece quella avanzata nel classico lavoro di Nelson Goodman (1976) e ripresa ancora assai di recente (Hopkins 2005). Secondo lipotesi di Goodman, anche ammettendo che si possa dare il caso di due quadri di fatto percettivamente indistinguibili, il solo sapere che uno autentico mentre laltro una contraffazione dovrebbe produrre una differenza estetica attualmente apprezzabile dal momento che
la conoscenza di questo fatto (1) sta a dimostrare che ci pu essere una differenza estetica fra di essi che io posso imparare a percepire, (2) assegna allatto di guardare presente un ruolo propedeutico in vista di una siffatta discriminazione percettiva, e (3) promuove ulteriori interrogativi che modificano e differenziano la mia esperienza presente nel guardare i due quadri (p. 96, corsivo mio).

Come si capisce chiaramente, anche qui si cerca di aggirare le inevitabili implicazioni dellindiscernibilit percettiva, chiamando in causa fattori esterni, credenze appunto, che dovrebbero poi riverberare, per cos dire, sul piano percettivo. Ma dovrebbe essere altrettanto chiaro 8

che loperazione non riesce molto convincente. In particolare, se la conoscenza in questione dimostra che una differenza pu esserci, e quindi potrebbe essere prima o poi rilevata, ammette anche, ovviamente, che potrebbe non esserci alcuna differenza da rilevare, n ora n mai. In tal caso che poi giusto il caso di oggetti ex hypotesi indiscernibili lesercizio propedeutico girerebbe a vuoto, a meno di voler supporre che laspettativa, o gli ulteriori interrogativi, creino la differenza percettiva. Cosa che senza dubbio qualcuno sarebbe disposto ad accettare, con linevitabile conseguenza, per, che allora non avrebbe pi senso distinguere tra originale e contraffazione, dato che aspettative, interrogativi e dubbi pi o meno scettici si possono nutrire anche di fronte a una medesima opera (magari in due occorrenze successive) e in questo modo si potrebbero anche percepire (realmente) i falsi come originali e viceversa 7. Analoghe osservazioni possono in fondo valere anche rispetto ai pi recenti tentativi di integrare la traccia di Goodman con lidea della dipendenza categoriale dei giudizi estetici formulata con altri obiettivi da Kendall Walton (1970). Se si assume che un medesimo oggetto pu apparirci diversamente se considerato sullo sfondo di categorie di pertinenza diverse, lo stesso pu dirsi di due oggetti indistinguibili, che in tal modo potrebbero venir esperiti in modi distinti pur restando non discriminabili percettivamente (Hopkins 2005, p. 122). Qui, innanzitutto, a far problema luso del termine apparire, giacch quando pure una diversa classificazione categoriale mettesse effettivamente capo a giudizi di merito divergenti (e bisogner poi decidere se rilevanti) non per questo potrebbe far apparire diverso nel senso percettivo o visivo del termine uno stesso oggetto o due oggetti uguali allapparenza8. Posso certo considerare un quadrato di Kandinsky, per esempio, piuttosto come forma geometrica che come forma colorata e quindi confrontarlo con triangoli, cerchi ecc. nella categoria delle figure geometriche: questo potr forse farmelo giudicare pi o meno regolare, pi o meno puro, ma non potr farmelo apparire di un altro colore. Il punto, perci, non tanto pensare o immaginare delle categorie opposte, come quelle di originale e copia, su cui proiettare gli oggetti, quanto poter disporre di criteri non arbitrari per
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Pu essere qui interessante analizzare un argomento goodmaniano (Goodman 1985) che lo stesso Goodman non ha per utilizzato a proposito di originali e contraffazioni ed stato variamente ripreso da altri autori (Lord 1977, Carrier 1980). Lo considero qui nella costruzione che ne ha fornito da ultimo Nozick 2002 (pp. 369-70). Largomento combina il problema logico delle propriet transitive con quello psicologico delle differenze appena discernibili e intende mostrare come lindistinguibilit percettiva non sia sufficiente per avere il medesimo valore estetico. Ci potrebbe essere infatti una serie di dipinti A, BZ per cui A indiscernibile da B, B da Ce Y da Z, ma A invece discernibile da Z e ha diverso valore estetico, laddove, per la transitivit di avere lo stesso valore estetico dovremmo aspettarci che questo sia appunto identico. Inoltre, stando cos le cose, dovrebbero esserci due dipinti adiacenti della serie che pur essendo indiscernibili hanno diverso valore estetico. Largomento, tuttavia, non sembra gran che conclusivo, innanzitutto perch assume e concede che A e Z hanno valori estetici diversi essendo infatti discernibili che non contraddice e anzi conferma la tesi che si vorrebbe confutare. In secondo luogo, poich il valore estetico (secondo la stessa tesi) dipende da propriet estetiche e non da un concetto astratto di indiscernibilit, la percezione di un identico valore vale per ogni coppia isolatamente considerata (percepita come identica), ma non contemporaneamente rispetto al primo o allultimo elemento della serie. Dunque anche la percezione del valore varia impercettibilmente da un elemento allaltro, ma diventa via via pi apprezzabile (percepibile) tenendo a memoria (o a riscontro) il primo elemento A. Cos, per spiegarci in termini concreti, una linea retta in un dipinto A, valutata come esteticamente pregevole, pu impercettibilmente ma progressivamente diventare curva nei dipinti BZ: forse non sapr dire se pi curva in B o in C, ma appena non sar pi percepibile come retta non avr pi lo stesso valore estetico. In ogni caso, non si dovrebbe sopravvalutare limportanza della condizione di indiscernibilit assoluta, giacch la percezione delle propriet estetiche (e del loro valore) ha fortunatamente un certo margine di tolleranza funzionale, che ci permette, ad esempio, di vedere lo stesso dipinto in condizioni di illuminazione variabili o in condizioni di conservazione diverse senza perdere di vista le stesse propriet rilevanti. Certamente alcune propriet (per esempio i rapporti di proporzione) sono per noi pi apprezzabili (percepibili) e pi importanti di certe altre (per esempio il valore assoluto di una radiazione cromatica). Per una critica dellargomento in questo senso si veda pure Currie 1989 (pp. 117-120). 8 Hopkins scrive (p. 122) che For sure, thinking of two doubles in different ways may lead them to look different, ma qui, appunto, non del tutto chiaro come dovremmo intendere questo to look, soprattutto se si vuole mostrare, come cerca di fare lautore, che possibile esperire diversamente due oggetti apparentemente identici senza discriminarli (experience and discrimination can come apart). N pi chiara lestensione del concetto di esperienza qui utilizzato, sicch si potrebbe essere indotti a credere che la frase sopra riportata si riduca a significare semplicemente che pensare due oggetti gemelli in modi diversi pu farceli pensare diversamente.

decidere a cosa applicarle e a cosa no. In altre parole, bisogna invocare un principio che impedisca, per esempio, di vedere anche il falso (per ipotesi indistinguibile dal suo gemello) sullo sfondo della categoria opere darte e di giudicarlo quindi come tale, il che significa ricorrere necessariamente, di nuovo, a elementi discriminanti. Che siano estrinseci, come un cartellino in un museo, o esterni, come un pedigree storico-documentario, non sufficiente, perch (a parte il fatto che il cartellino infrangerebbe la condizione di effettiva indiscernibilit) non sarebbe tanto facile escludere che contrassegni del genere non siano mai stati scambiati o che la storia individuale di un oggetto possa attribuirsi indifferentemente al suo gemello (Eco 1990). Propriet di ordine fisico-materiale esteticamente non rilevabili (a occhio nudo) potrebbero in effetti individuare selettivamente i candidati a diverse classificazioni categoriali ammesso che gli indiscernibili in questione non siano quei cloni molecola per molecola che talvolta compaiono negli esperimenti mentali su questo argomento (Pabst Battin 1979). Ma qual il nesso cogente tra una certa composizione fisicochimica e la classificabilit nella categoria giusta? Anche elementi del genere varrebbero solo in quanto indizi strumentali affidabili, ma indiretti, della corretta appartenenza di un oggetto alla classe delle opere darte originali, e non in quanto costituiscono essi stessi quella classe. Altrimenti non dovremmo dire, ad esempio, che possiamo distinguere un capolavoro di Tiziano da un falso recente grazie al rilevamento, nel primo, del bianco di piombo e nel secondo del bianco di titanio, ma dovremmo concludere invece che lopera di Tiziano un capolavoro perch presenta il bianco di piombo nella sua composizione, il che sarebbe non poco bizzarro.

5. Materia e storia Veniamo cos al problema di individuare delle categorie adeguate per fronteggiare, o comunque venire a patti, con il caso dellindiscernibilit, tanto imbarazzante quanto difficilmente liquidabile (almeno nei modi che abbiamo visto). La difficolt sta nel mostrare in maniera convincente come una propriet o un insieme di propriet non sensibili, e dunque non oggetto di discriminazione percettiva, possano essere determinanti e perci costitutive della struttura complessiva dellopera darte quindi anche della sua struttura sensibile e di conseguenza essere determinanti e costitutive dellesperienza che ne facciamo. A tali condizioni si potrebbe forse sostenere che unopera indiscernibile da unaltra ma carente di quelle propriet debba considerarsi o unopera incompleta nel caso di una copia derivata (o di un falso, se spacciato per autentico) o unopera autenticamente diversa nel caso di una creazione accidentalmente indipendente e dunque mettere capo a esperienze incomplete o diverse. I candidati pi ovvi e pi regolarmente invocati per la definizione di queste categorie confluiscono in quelle che possiamo chiamare identit materiale e identit storica delle opere9. Abbiamo gi rilevato alcuni dei problemi che ne affliggono il riconoscimento. A proposito della prima, chiaro che ogni particolare concreto abbia unidentit materiale diversa da quella di un altro particolare concreto numericamente distinto. Ma questo vero anche di due copie di una stessa edizione di un romanzo, di due esecuzioni musicali di una stessa partitura, di due stampe xilografiche della stessa incisione e via elencando. Anche in casi chiaramente allografici come questi le caratteristiche materiali delle singole istanziazioni non sono del tutto irrilevanti: evidente che un testo non trascrivibile su qualunque supporto cos come un calco non ottenibile in un materiale a piacere. Nondimeno le propriet di questo materiale sono rilevanti solo nella misura in cui istanziano correttamente il modello dellopera e lo rendono adeguatamente fruibile. Ora, sembra intuitivo che un criterio di rilevanza possa valere, sia pure entro limiti diversi, anche per opere
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Recentemente si parlato anche, a proposito di autenticit e falsificazione, di una expressive authenticity (Dutton 2003), che avrebbe a che fare con il valore che lopera assume allinterno di un contesto duso originario in riferimento a un insieme di credenze, per esempio nellambito di un culto. In questo senso, la questione rientra, da una parte, nel caso pi generale di una dipendenza storico-contestuale, dallaltra riguarda semmai il problema dellesperienza del sacro o del religioso, che esula dai limiti di una riflessione sullo statuto ontologico-estetico dellopera darte.

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autografiche che non esemplificano tipi generali. Qui opportuno distinguere il punto di vista ontologico da quello estetico. Ammettere che le propriet materiali di un dipinto o di una scultura ineriscano essenzialmente a quel dipinto o a quella scultura in quanto oggetti concreti non significa che tutte le propriet siano allo stesso modo determinanti per costituire quegli oggetti in quanto opere artistiche destinate a una fruizione estetica. Anche se si potesse sostenere che il Virgilio Vaticano essenzialmente una pergamena mentre la mia copia economica dellEneide essenzialmente cartacea, ci varrebbe per la struttura ontologica dei particolari esemplari e non per la struttura ontologica del testo (che in realt immateriale), motivo per cui posso dire giustamente che anche il testo del mio libro lEneide di Virgilio. Il fatto che questultima distinzione non sia possibile nel caso di un dipinto, perch il dipinto non esemplifica una struttura testuale immateriale, non comporta che non si possa comunque distinguere tra statuto ontologico delloggetto materiale e statuto dellopera. Dire, per esempio, che la Gioconda essenzialmente di pioppo significa pi precisamente riferirsi alla tavola su cui dipinta, la quale, per, in quanto supporto della Gioconda (e non in quanto quella tavola particolare), avrebbe anche potuto essere di quercia. Si dir che Leonardo ha scelto il pioppo per motivi giudicati essenzialmente determinanti per la riuscita dellopera cos com (o, meglio, comera), ma allora questa scelta deve poter essere rilevante per il risultato visibile, se non proprio direttamente apprezzabile in esso. Leonardo potrebbe aver acquistato una tavola credendola di pioppo bianco, poniamo, ma in realt rivelatasi di tremolo alle indagini diagnostiche moderne: questo dato potrebbe forse riuscire utile per smascherare un eventuale falsario, ma non si vede come lesser di tremolo della tavola possa considerarsi essenziale nellapprezzamento dellopera licenziata da Leonardo. Ci sono molte cose che i falsari non sanno, ma se non le sapevano neppure gli artisti non dovrebbero contare troppo nella valutazione dei loro raggiungimenti. ben vero che nel valore dei materiali e delle tecniche artistiche, cos come nella loro diversa incidenza sul modo di presentarsi dellopera, c una gradualit ed giusto precisare, come ricordava opportunamente Panofsky (1990, p. 9), che
un calco in gesso incolore di un pezzo doreficeria tardo-antica , per cos dire, men che niente; un calco in gesso incolore delle porte di bronzo di Hildesheim poco; un calco in gesso incolore del Diadumeno di Policleto sempre infinitamente meno delle copie romane in cui lopera ci pervenuta, ma comunque assai pi delle prime due.

Ma altrettanto vero che proprio la differenziazione di questi diversi gradi di adeguatezza si basa sul riconoscimento delle qualit sensibili del materiale, come lo scintillio delloro o la sobria lucentezza del bronzo. Per un artista medioevale, in particolare, queste potevano poi certamente caricarsi di ulteriori valenze, simboliche o allegoriche, magari rilevanti anche da un punto di vista formale: nel Medioevo matter mattered, come stato scritto con icastica, intraducibile concisione (Kessler 2004, p. 14). Nondimeno, quel che conta anche da questo punto di vista, proprio per esprimerci nei termini della Scolastica medioevale, la materia secunda piuttosto che la materia signata in quanto principium individuationis: se un calco delle porte di Hildesheim venisse fuso in bronzo, avremmo la stessa materia delloriginale, anche se non la stessa porzione di materia numericamente individuata. Per quel che la materia conta, si intende, giacch non affatto certo cosa lartista, o i committenti, avrebbero deciso di fare se, mettiamo, avessero potuto fondere lopera in oro invece che in bronzo. Analogo discorso vale per ogni materiale che presenti fenomenicamente le medesime caratteristiche, lo stesso sfavillio, la stessa incorruttibilit, la stessa lucentezza, pur senza essere lo stesso materiale da un punto di vista strettamente ontologico, fisicochimico o molecolare. Le considerazioni qui svolte a proposito dei fatti materiali possono estendersi anche alla valutazione dei problemi di identit storica. Senza entrare nel merito di un dibattito sulle possibilit e i limiti di un giudizio estetico puramente empirico-formale o puramente non-cognitivo, e pur ammettendo senzaltro che lapprezzamento estetico di unopera e il riconoscimento del suo valore 11

artistico non possono fare a meno di un certo numero di informazioni circa la storia e le circostanze di produzione dellopera stessa, restano comunque aperte le questioni relative ad adeguati criteri di rilevanza e di accessibilit. Di nuovo entra qui in gioco il ricorso allessenzialismo. Secondo vari autori (Levinson 1979, Dutton 1983, Sagoff 1983, per citare solo alcuni dei pi noti), e pi in generale come abbiamo accennato secondo lapproccio storico-artistico prevalente, le opere darte originali possiedono propriet essenzialmente legate alla loro storia di produzione, per le quali si dovrebbe escludere che un falso o una copia, mancando essenzialmente di quelle propriet, possano surrogare unesperienza paragonabile. Ma, come stato notato (per esempio Wreen 1983), il pi delle volte si evita di specificare precisamente quali circostanze contestuali contingenti debbano ritenersi essenziali (e necessarie) per lo statuto artistico di unopera e per la sua fruizione. Non diversamente che per la dimensione materiale, una precisazione, sia pure non troppo rigorosa, dovrebbe essere obbligatoria, dal momento che sarebbe implausibile ritenere che tutte le circostanze storico-contestuali siano ugualmente rilevanti. Qualche esempio pu essere utile. Per dipingere la grande tela delle Nozze di Cana, oggi al Louvre, Paolo Veronese percep cinquanta scudi di caparra sul prezzo pattuito: senza dubbio si tratta di un fatto strettamente attinente, forse persino indispensabile, alla materiale esecuzione dellopera, ma non affatto intuitivo in che senso dovremmo consideralo una propriet essenziale del dipinto o in che senso la sua conoscenza sia necessaria a unadeguata fruizione. Si potrebbe obiettare che lesempio scelto capzioso, ma il discorso vale in generale e implica una distinzione che conviene esplicitare (con un esempio forse meno capzioso). Una cosa sostenere, secondo una modalit de dicto, che (I) necessario che un dipinto sia realizzato da un pittore in un tempo T, altra cosa sostenere, secondo una modalit de re, che (II) la tela delle Nozze di Cana del Louvre stata necessariamente dipinta da Paolo Veronese nel 1562. La (II) assai pi discutibile, perch lautore del dipinto in questione potrebbe anche non essere Veronese o, per dirlo pi precisamente con una formula aristotelica, al pittore delle Nozze di Cana capita accidentalmente (symbbeke) di essere Veronese, cos come allo scultore di una statua, in quanto causa propria, pu accadere di essere Policleto, in quanto causa accidentale (Met. V, 2, 1013b 36-1014a 1). Di fatto, lopera rimarrebbe esattamente la stessa anche se scoprissimo che fu realizzata nel 1564 dalla bottega invece che dal maestro o persino da qualcun altro, per esempio Palladio. La notizia avrebbe certo un rilievo storico notevole, certo cambierebbe la nostra percezione e considerazione di Veronese e di Palladio, ma non si vede come potrebbe modificare sostanzialmente la nostra percezione dellopera o della sua bellezza: forse spiegherebbe pi direttamente la presenza dellelemento architettonico, magari ci indurrebbe a guardarlo con pi attenzione, ma non cambierebbe limportanza che esso ha di fatto (se ce lha) nella struttura visibile dellopera stessa. Da queste precisazioni, comunque, non segue neppure la tesi opposta, cio che tutte le informazioni sulla storia di produzione siano irrilevanti. Se venissi a sapere che la saliera di Cellini in realt una pepita cavata in una miniera il mio giudizio cambierebbe, giacch non sarebbe pi possibile (e corretto) valutarla come il frutto dellabilit e dellingegno umani e la bravura, labilit tecnica, lingegno profuso sono certamente componenti cognitivamente decisive (anche se per molti non necessarie) nellapprezzamento estetico delle opere darte. Un simile miracolo di natura sarebbe forse anche pi apprezzabile, ma appunto diversamente, in quanto oggetto naturale, tanto pi sorprendente perch parrebbe imitare, perfettamente ma casualmente, unopera darte che in realt non esiste. Per queste stesse ragioni pu essere importante la cognizione dei vincoli e delle difficolt che lartefice ha dovuto fronteggiare e risolvere in vista del suo risultato con i mezzi storicamente a sua disposizione, lungo quello che Gregory Currie (1989, p. 67) ha chiamato heuristic path e che in effetti pu considerarsi parte essenziale dellopera compiuta. Posto che anche in questo caso, naturalmente, si sia in grado di distinguere fra vincoli esteticamente decisivi e difficolt puramente accidentali o gratuite: se un documento rivelasse che Leonardo ha dipinto la Gioconda stando in equilibrio su un piede solo, ci non aggiungerebbe nulla n al dipinto n allesperienza che se ne fa, anche se potrebbe essere materia da Guinness dei primati.

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Ma se vero che alcune circostanze storicamente definite contribuiscono alla determinazione della struttura e del valore delle opere, resta per da chiedersi a quali pi specifiche condizioni tali informazioni, una volta che se ne disponga, possano risultare accessibili e rifondersi, per cos dire, nella concreta esperienza estetica delle opere, o piuttosto, per porre la domanda in termini pi stringenti, a quali condizioni non possano rifondersi in quella esperienza. Da ci dipende anche una diversa delimitazione del significato e della portata dei concetti di riproduzione e falso. Quanto abbiamo detto a proposito dellidentit storica di dipinti e sculture vale allo stesso titolo anche per le incisioni a stampa cos come per la letteratura e la musica. Se un heuristic path essenziale per la realizzazione di una tela lo non di meno, evidentemente, per la realizzazione di un sonetto o di una sinfonia, il che significa che la valutazione di quella componente deve essere accessibile e rilevante anche attraverso una fruizione di genere allografico. Ma allora in che modo lessenzialit della dimensione storica della produzione esclude la replicabilit o lesemplificazione multipla? La preoccupazione degli storici dellarte di salvaguardare il contenuto di verit storica delle opere non sembra giustificare, sotto questo profilo, i sospetti e la diffidenza nei confronti delle copie. Proprio quel contenuto, infatti, replicabile salva veritate, tanto che lo si consideri parte del contenuto rappresentazionale quanto che lo si giudichi come una sopravvenienza da quello dipendente. Che si tratti di un informazione storico-documentaria in senso stretto o che si tratti di un contenuto storico incarnato nello stile (e persino non riducibile proposizionalmente), qualunque copia presenti esattamente (e spesso anche meno che esattamente) le medesime propriet sensibili delloriginale deve essere in grado di mediare e rendere accessibile quello stesso contenuto 10. Daltra parte, ovvio che se la Weltanschauung che si rivela nellopera autentica non si rivela in egual misura in unopera da quella percettivamente indiscernibile, allora vuol dire che la Weltanschauung storica, qualunque cosa possa essere, non conoscibile attraverso la dimensione visibile o sensibile dellopera, e sar semmai da dovunque la si possa ricavare qualcosa di pensabile in concomitanza con la fruizione dellopera stessa. Cosa impedisca la concomitanza di questo pensiero con la fruizione di una copia indiscernibile non chiaro, a meno di voler considerare lesperienza delloriginale come il contatto mistico con una reliquia sacra o, forse meglio, con un oggetto magico, il cui potere inimitabile, per, garantito da qualcosa di pi della loro identit storica.

6. Ontologia e realismo estetico Dovremmo allora concludere da quanto abbiamo visto che anche la pittura, il disegno e la scultura sono arti allografiche, che non sussiste alcuna differenza di status tra un originale di questo tipo e una sua replica perfetta (una sua istanziazione corretta) e che dunque un siffatto originale non falsificabile almeno alla stessa stregua delle opere musicali o letterarie? Non necessariamente. Di nuovo, qui indispensabile considerare sotto rispetti diversi il piano ontologico e quello estetico. Quanto al primo, dovrebbe comprendersi come il fatto che un dipinto possa essere copiato o replicato senza perdita di informazione, per cos dire, non implica che venga con ci istanziato un modello astratto la cui prima concreta esemplificazione (il manoscritto o lo spartito originale, per esempio) non vale pi di qualunque altra e anzi pu persino essere meglio e pi chiaramente istanziata in esemplari successivi. Ci non dipende solo da problemi contingenti di tecnica
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Anzi, si pu dare (e si d in effetti) il caso che la copia o il falso riescano a mediare o a comunicare non solo il contenuto storico ma anche, pi comprensivamente, quello estetico molto meglio delloriginale, che pu essere ridotto in condizioni di parziale o totale non fruibilit. Che certe preferenze siano dettate pi da feticismo che da gusto estetico (Waetzoldt 1979, Eco 1990, p. 168) in fondo un problema personale. Se per esiste unautentica esperienza estetica del lacerto o della rovina quando questo non sia solo memento di qualche altra cosa allora bisognerebbe poterla distinguere come una sottospecie dellesperienza estetica che chiede oggetti particolari, e non considerarla come una componente essenziale dellesperienza dellopera darte, diversamente, ovvio, opere integre o nuove non sarebbero mai correttamente apprezzabili.

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riproduttiva che riguardano semmai la possibilit di copie effettivamente indistinguibili ma dal modo in cui un dipinto viene in essere. La copia conserva sempre rispetto alloriginale un rapporto di derivazione e come una funzione vicaria: qualcosa che implica una differenza di grado in quella che potremmo chiamare la scala di perfezioni dellessere. Non per niente lo stesso Currie (1989) che ha fornito la difesa peraltro pi puntuale e pi efficace dellistanziabilit multipla della pittura e di tutte le forme considerate autografiche deve ammettere tra le condizioni di replicabilit una dipendenza controfattuale della copia dalloriginale che riguarda lesatta configurazione sensibile di questultimo in quanto particolare concreto (pp. 99-101). Se il concetto di istanziazione cos come si intende normalmente per un testo o una partitura e il concetto di copia derivata (sia pure meccanicamente) cos come si intende per un dipinto catturano intuitivamente una certa differenza, forse conveniente non liquidarla. Per questo non esattamente lo stesso dire che la mia copia moderna della Divina Commedia (in senso strettamente ontologico) lopera scritta da Dante e dire che una riproduzione perfetta della Gioconda lopera dipinta da Leonardo. In questo senso, genetico-ontologico, per cos dire, si pu parlare di identit storico-materiale di un dipinto originale, individuato come un endurer, un continuante che esemplifica singolarmente sia pure, come abbiamo visto, attraverso una parte soltanto delle sue propriet fisiche lopera darte. E in questo stesso senso, ontologico, si pu pure parlare propriamente di falso, laddove si voglia far credere che la riproduzione sia loriginale11. Ma tutto questo ci autorizza anche a dire che la copia sempre un falso estetico e che lesperienza estetica della copia non pu mai essere paragonabile a quella delloriginale? La cosa tuttaltro che evidente. Se lesperienza adeguata di un dipinto si compie nellapprezzamento delle propriet estetiche, di ci che queste rivelano e con la concomitanza delle informazioni pertinenti, allora qualunque oggetto ci permetta di accedere a questi stessi elementi ci consente anche di fare una medesima esperienza. E che questa esperienza sia autentica a pieno titolo lo mostrano gli stessi esperimenti che insistono sulla permeabilit cognitiva del gusto. Se si assume che posso disingannarmi di fronte a un oggetto, smascherato come falso, che prima apprezzavo, bisogna chiedersi che cosa effettivamente (prima) apprezzassi. Non certo il falso in quanto tale, che per ipotesi non ha alcun valore. Ci significa che una genuina esperienza estetica (che effettivamente proviamo) non pu che avere come correlato oggettivo delle genuine propriet estetiche. Ed appena il caso di notare che questa opzione in favore di una forma di realismo estetico nel senso proposto da Philip Pettit (1983) tanto pi imprescindibile per gli stessi sostenitori dellunicit dellautentico, poich se si propendesse per qualche versione di soggettivismo la fruizione di ci cui ineriscono autenticamente certe qualit non avrebbe pi alcun titolo di preferenza. Di fronte a una copia, allora, e pur sapendola tale, posso fare unautentica esperienza perch ci che esperisco non propriamente la copia, ma loriginale, sebbene non in presentia (in senso ontologico) e solo attraverso la sua apparenza. Nel giudizio, la copia, in quanto singolo oggetto materiale, diventa trasparente e mi permette di accedere alle propriet che appartengono in realt (e prioritariamente) alloriginale: se ci regolarmente possibile, come abbiamo gi notato, per quelle propriet che mi consentono di individuare un autore, una data, uniconografia ecc., non si vede perch non dovrebbe essere possibile in linea di principio anche per le altre, secondo la loro rilevanza. In fondo, quando, guardando una foto, parliamo di un bel quadro sappiamo bene che loggetto proprio della nostra valutazione non affatto un semplice pezzo di carta. Daltra parte, se chiaro che esperire lapparenza delloriginale significa esperire qualcosa che delloriginale, sembrerebbe lecito supporre, nel caso di dipinti e sculture, unistanziabilit multipla almeno parziale, una moltiplicabilit limitata a ci che si potrebbe chiamare, sulla scorta
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Propriamente su questo piano ontologico possono decidersi le pi o meno improbabili questioni ipotetiche che vengono spesso proposte nella letteratura sullargomento: dal caso di due artisti che producono in modi e contesti indipendenti opere indiscernibili, a quello, decisamente pi arzigogolato, della falsificazione di unopera perduta, o addirittura immaginaria, che venga poi accidentalmente ritrovata e si riveli indistinguibile dal falso che la precede e non ne deriva. Tipicamente, problemi del genere riguardano tanto le arti autografiche quanto le altre. Si veda, per un esempio significativo, Kivy 2000 e 2002.

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della recente proposta di Dilworth (2004), il contenuto rappresentazionale delle opere, ammesso che con ci si possa intendere non soltanto, come di consueto, il soggetto raffigurato, ma ci che distingue loggetto concreto (artefatto materiale) e lopera darte che esso rappresenta. Il rapporto tra originale e ogni altra istanziazione parziale (corretta) non potr dunque essere un rapporto di identit nel senso in cui essa vale per le arti propriamente allografiche, unidentit formale in senso stretto, se non relativamente a un certo numero di propriet: una quality identity (McGinn 2002) che concerne per gli aspetti esteticamente rilevanti dellopera e garantisce cos laccessibilit cognitiva alla sua identit funzionale estetica12.

7. Conclusione Sicuramente c differenza tra ci che le opere sono e ci che le opere fanno, come ricordavano i critici dellaffective fallacy, tuttavia, se ci interessiamo tanto di ci che le opere sono anche per quel che esse fanno o possono (o, forse meglio, dovrebbero) fare. Anzi, come spesso succede, leffetto pu essere pi noto della causa, ed da quello che si deve allora partire. Lesperienza comune ci mostra che possiamo apprezzare oggetti che crediamo essere ci che non sono, come i falsi; possiamo apprezzare oggetti che sappiamo non essere ci che sembrano, come le copie; e possiamo infine apprezzare il che forse maggiormente istruttivo anche oggetti di cui non sappiamo gran che, sebbene proprio il fatto di apprezzarli ci spinga innanzitutto a saperne di pi, come tutte quelle opere che non hanno ancora trovato stabile collocazione nel sistema delle nostre credenze e dunque restano in bilico sul confine di un potenziale falso (sapere) storico, senza per questo metter capo a falsi (apprezzamenti) estetici. Come capita alla sfortunata protagonista del Cyrano per tornare unultima volta alla storia con cui abbiamo cominciato pu succedere che, senza saperlo, si nutra lo stesso vero sentimento per due oggetti diversi, ma non detto che, dopo aver saputo come stanno le cose, quel sentimento debba perdere la sua verit, sempre che si sia anche capaci, si intende, di nutrire diversi sentimenti per uno stesso oggetto.

BIBLIOGRAFIA: Benjamin, W., 1966, Lopera darte nellepoca della sua riproducibilit tecnica, Torino, Einaudi. Brandi, C., 19772, Teoria del restauro, Torino, Einaudi Carrier, D., 1980, Paintings, Conceptual Art and Persons, Philosophical Studies, 37, pp. 187195. Currie, G., 1989, An Ontology of Art, New York, St. Martins Press Danto, A. C., 1981, The Transfiguration of the Commonplace, Cambridge, Harvard University Press Dilworth, J., 2004, The Double Content of Art, Amherst (New York), Prometheus Books Dray, W., 1974, Leggi e spiegazioni in storia, Milano, Il Saggiatore Dutton, D., 1983, Artistic Crimes, in D. Dutton (ed.), The Forgers Art. Forgery and Philosophy of Art, Berkeley, Los Angeles, London, University of California Press, pp. 172-187.
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La posizione qui suggerita non coincide dunque perfettamente con quella di chi, come ad esempio Prieto (1991), considera la riproduzione corretta di un dipinto (che utilizzi loriginale come matrice) una istanziazione specificamente (formalmente) identica a quella originaria, e solo numericamente distinta. Lidentit specifica mi pare implicare inevitabilmente una dimensione ontologica, che per non strettamente necessaria per garantire unidentit funzionale. Pi articolata, e interessante per il nostro contesto, la posizione di Amie Thomasson (1999), la quale ritiene le opere darte abstracta rigidamente dipendenti da entit reali e circostanze storiche di produzione, ma contempla pure una sottoclasse di abstracta genericamente dipendenti, come un visual pattern o una melodia, che possono essere identici anche comparendo in opere non solo numericamente ma anche ontologicamente diverse (pp. 131-132).

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