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Michelangelo Merisi, detto Caravaggio (Milano, 1571 - Porto Ercole, 1610)*

San Giovanni Battista


Olio su tela, cm 97 x 131
Gallerie Nazionali di Arte Antica di Roma, Galleria Corsini, Roma
inv. 433

A giudicare dalla produzione nota, il tema del San Giovanni nel deserto dovette riuscire piuttosto
congeniale all’ispirazione del pittore o comunque – e l’una cosa non esclude l’altra – agli interessi e ai
gusti dei suoi committenti. Caravaggio affrontò infatti a più riprese questo stesso soggetto, a partire dai
primi anni del XVII secolo, elaborandone varianti contrassegnate da soluzioni figurative e iconografiche
innovative e persino inedite, sebbene accomunate da un profilo interpretativo, si può dire, coerente, se
non proprio unitario.
Da questo punto di vista, la tela Corsini rappresenta un momento particolarmente saliente, a
cominciare dall’uso del formato e dall’impostazione complessiva della composizione. Il protagonista
campeggia, com’è tipico in Caravaggio, in primissimo piano, ma qui l’inquadratura è talmente ravvicinata
che la figura entra a stento nello spazio dell’immagine. Ciò non dipende evidentemente dal mero
orientamento orizzontale della tela, ma dal fatto che il pittore ha intenzionalmente conferito alla sua
composizione una tensione centrifuga, una struttura gestalticamente “incompleta”, in termini non solo
plastici e spaziali, ma anche psicologici, che costringe l’osservatore a guardare oltre i limiti materiali del
dipinto. Di qui il carattere instabile, dinamico, persino sgraziato e anatomicamente non proprio
impeccabile della postura del santo, che tuttavia si traduce in una più efficace temporalizzazione della
scena, nel dischiudersi di un “momento transitorio” – com’è stato giustamente osservato (Greub-Frącz
2007, p. 18) – che anima l’azione in modo peculiare. Una tale temporalità dell’immagine non è però fine
a sé stessa, ma ne innerva intimamente la dimensione semantica e diegetica.
Il pittore riprende infatti, come negli altri dipinti dello stesso soggetto, il tema iconografico del giovane
san Giovanni nel deserto, un motivo extraevangelico che era penetrato nella cultura figurativa italiana
dall’ambito bizantino fin dal XIII secolo e aveva poi trovato larga diffusione, anche grazie alla letteratura
apocrifa e devozionale, in particolare la “Vita” leggendaria composta dal domenicano Domenico Cavalca
(1270-1342), soprattutto nella tradizione artistica toscana e fiorentina, da Donatello e Lippi a Raffaello e
Leonardo, fino ad Allori. Anche il Giovanni immaginato da Caravaggio è un anacoreta già adolescente,
che ha ormai da tempo optato per la via ascetica del “deserto”: non più fanciullo guidato dagli angeli, ma
neppure ancora l’irsuto profeta della più canonica tradizione figurativa. Il giovane eremita appare

*Scheda per la mostra “Dentro Caravaggio”, a c. di R. Vodret, Milano, Palazzo Reale, 29/9/2017-28/1/2018, Milano 2017,
pp. 124-131. Le foto in fondo al testo sono state aggiunte solo qui a scopo illustrativo.
1
piuttosto come una sorta di “proto-Battista” – volendo riprendere l’indovinata definizione di Aronberg
Lavin (1955, p. 94) – colto nel momento incipiente della sua personale agnizione e vocazione, all’inizio
del suo ministero pubblico, che, come ricorda espressamente il Vangelo, è ministero e “testimonianza”
di luce (Gv 1, 6-8), motivo che al Merisi non doveva certo restare indifferente.
Ciò aiuta a comprendere la particolare dinamica transitoria dell’immagine caravaggesca e la sua
esplicita struttura deittica, che fa visivamente di Giovanni una figura di passaggio o, meglio, una figura
dell’imminenza, peraltro in conformità all’esegesi biblica del tempo. Il Battista si leva, come destato
improvvisamente dal sonno, afferra quasi istintivamente la canna – che ancora non percepiamo
compiutamente come una croce – e rivolge il suo sguardo velato dall’ombra oltre lo spazio dipinto, verso
un luogo e un tempo ancora immersi nell’oscurità, ancora di là da venire, ma che già urgono. “Non
haverebbe potuto il mondo, il quale era involto in tenebre tanto horribili – scriveva il gesuita Pedro de
Ribadeneira (1527-1611) a proposito del “Precursore” – sostener di colpo quella soprana luce del sole di
giustitia senza accecarsi, se prima […] non havesse affissati gli occhi nell’accesa fiaccola di Giovanni che
glielo veniva a mostrare” (Ribadeneira 1604, p. 315).
Questo carattere di propedeutica incompletezza o ellissi figurativa può anche contribuire a spiegare
quella dimensione di ambiguità e di deficit di attributi iconografici riconoscibili che sono stati rilevati, in
varia misura, qui come nelle diverse redazioni del tema realizzate dal pittore (von Rosen 2007): ambiguità
indubbiamente intenzionale, ma non per questo gratuita rispetto ai contenuti dell’immagine. In questo
senso, anche i dettagli della scena, pur severamente ridotta all’essenziale, acquisiscono una significazione
“profetica”, ulteriore e persino duplice, a misura che rimandino al prima o al dopo rispetto ai quali
l’esperienza stessa di Giovanni è appunto crinale di passaggio e spartiacque.
Così, la natura morta, che non a caso giace ormai alle spalle del Battista, rimanda ai rigori dell’ascetica
permanenza nel deserto, all’acqua e al miele selvatico che si trova “nelle fissure delle pietre o nelle
concavità de’ tronchi” (Menochio 1652, p. 1) – addirittura oggetto di discettazioni erudite tra i biblisti
seicenteschi. Sennonché è pure, allo stesso tempo, un’allusione simbolica alla figura del nuovo Elia, che
come l’antico profeta veterotestamentario si era nutrito e aveva riposato sotto l’albero di ginepro (più
precisamente che il cipresso talvolta riconosciuto nel dipinto Corsini) prima di alzarsi e incamminarsi
verso il monte della Quarantena, prefigurato nell’Oreb (1 Re, 19, 5-8). Ma, in tema di prolessi, è difficile
non riconoscere nelle figure della ciotola, del tronco dissecato e delle pietre sparse anche e soprattutto
un richiamo alle parole dello stesso Giovanni, alla “vox clamantis in deserto” che chiama al pentimento,
alla palingenesi del battesimo dell’acqua, e avverte che “già la scure è posta alla radice degli alberi”, che
non c’è alibi per i discendenti di Abramo, “perché io vi dico che Iddio può da queste pietre far sorgere
de’ figliuoli ad Abramo” (Mt 3, 9-10; come in Lc 3, 9). L’immagine evocata dalle pericopi evangeliche era
peraltro già diventata un attributo iconografico indiretto del Battista (Strzygowski 1885, p. 21) – basti
pensare, per un caso didascalicamente iconico, fra i vari, alla tela di Jacopo del Sellaio oggi a Budapest –
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ed è frequentemente ricorrente non solo nella letteratura esegetica ma anche, com’è comprensibile,
nell’omiletica contemporanea, da Bellarmino a Panigarola, i cui scritti, in particolare, sono stati spesso
associati alla pittura di Caravaggio, a partire dal saggio seminale di Sivigliano Alloisi (1989). Non dovrebbe
sorprende, perciò, che lo stesso motivo del tronco reciso torni anche in altre versioni caravaggesche del
san Giovanni nel deserto, come quella tarda della Galleria Borghese.
Se dunque la retorica del san Giovanni Corsini è visivamente assai eloquente, tacciono ancora, per
contro, le fonti a proposito della storia materiale della tela, la cui presenza, come si sa, non è attestata
negli inventari corsiniani prima del 1784, sicché l’unica ipotesi plausibile tuttora in campo, ancorché non
suffragata da ulteriori elementi positivi, resta quella suggerita tempo fa da Alloisi (1999), per cui l’opera
sarebbe entrata nelle collezioni Corsini in occasione del matrimonio del principe Bartolomeo con Vittoria
Felice Barberini Colonna, nel 1758. Quanto invece all’attribuzione e datazione del dipinto, dopo qualche
sporadico dissenso, gli studiosi recenti sembrano concordi nel sottoscriverne una piena autografia,
laddove le oscillazioni di cronologia, tra 1606 e, secondo alcune ipotesi più recenti, 1603, sembrano
piuttosto frutto di una normale fisiologia della critica che dell’emergere di evidenze sostanzialmente
nuove.

Michele Di Monte

Bibliografia:

Per una comprensiva e aggiornata rassegna della bibliografia precedente, si veda la scheda di G. Leone
in Leone 2015, p. 18. Alloisi 1989; Alloisi 1999, pp. 28-29; Greub-Frącz 2007, pp. 17-19; von Rosen 2007,
pp. 67-68; Vodret 2015, pp. 33-43; Leone 2016, pp. 91-93.

Bibliografia estesa:

P. de Ribadeneira, Flos Sanctorum, cioè Vite de Santi, Venezia 1604;


G. S. Menochio, Delle stuore, Roma 1652;
J. Strzygowski, Iconographie der Taufe Christi: ein Beitrag zur Entwicklungsgeschichte der christlichen Kunst,
München 1885, p. 21;
M. Aronberg Lavin, Giovannino Battista: A Study in Renaissance Religious Symbolism, in The Art Bulletin, 37,
2, 1955, pp. 85-101;
S. Alloisi, Panigarola e Caravaggio: temi predicatori e pittura religiosa, in Caravaggio. Nuove riflessioni, Quaderni
di Palazzo Venezia, 6, 1989, pp. 15-46;
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S. Alloisi, scheda in Caravaggio e i suoi. Percorsi caravaggeschi da Palazzo Barberini, a c. di C. Strinati e R.
Vodret, Napoli 1999, pp. 28-29;
K. M. Greub-Frącz, Zur semantischen Bildstruktur von Caravaggios Johannes dem Täufer in der Galleria
Borghese in Rom, PhD, Universität Wien, 2007, pp. 17-19;
V. von Rosen, Ambiguità intenzionale: l’Ignudo nella Pinacoteca Capitolina e altre raffigurazioni del San
Giovanni Battista di Caravaggio e dei “Caravaggisti”, in Caravaggio e il suo ambiente: ricerche e interpretazioni, a c.
di S. Ebert-Schifferer, J. Kliemann, V. von Rosen, L. Sickel, Cinisello Balsamo, Milano 2007, pp. 59-85;
G. Leone, Il San Giovanni Battista nel deserto di Caravaggio nella Galleria nazionale d’Arte Antica in Palazzo
Corsini, in Caravaggio e Mattia Preti a Taverna: un confronto possibile, a c. di G. Leone e G. Valentino, Roma
2015, pp. 17-33.
R. Vodret, Il San Giovanni Battista Corsini: novità dalla diagnostica, in Caravaggio e Mattia Preti a Taverna: un
confronto possibile, a c. di G. Leone e G. Valentino, Roma 2015, pp. 33-43.
G. Leone, scheda in Da Lotto a Caravaggio. Le collezioni e le ricerche di Roberto Longhi, a c. di M. Gregori,
M. C. Bandera, Venezia 2016, pp. 91-93.

Caravaggio, San Giovanni Battista nel deserto, Gallerie Nazionali di Arte Antica, Galleria Corsini, Roma

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La predica del Battista e il Battesimo di Cristo, Werden Casket, Victoria and Albert Museum, Londra

Jacopo del Sellaio, San Giovanni Battista nel deserto, Szépmüvészeti Múzeum, Budapest
San Giovanni nel deserto, frontespizio da (D. Cavalca) La vita et morte di San Giovanni Battista, Firenze, 1555

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