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VENEZIA

ANTONIO VIVARINI, “polittico di San Zaccaria” (1444), chiesa di San Zaccaria (VE)
Venezia e il Veneto restano isolati per decenni, non vengono a contatto pieno con le novità rinascimentali,
perciò persiste la tradizione tardo-gotica, che prevede il moltiplicarsi dell’oro e della luminosità. La tecnica
della tradizione figurativa dei veneziani era il mosaico, che trasmette preziosità, eleganza, ricchezza e
spiritualità. Vasari ci dice che i veneti non erano abili a reimpostare il disegno, ma piuttosto ad utilizzare il
colore. Il tonalismo è tipico della pittura veneta: scelta di un colore dominante che va poi sfumando con
variazioni minime di colore.

Il polittico ha una cornice ricca di guglie e pinnacoli, che ricordano il pizzo, inoltre ci sono edicole con
sculture piccole e tavole lignee con il fondo oro, che trasmette una dimensione che va oltre quella terrena e
fa riferimento a quella empirea, divina, ultraterrena.
Un’altra opera di Vivarini tipica del gotico veneziano è la “Sacra conversazione” (1446) poiché il fondo è oro
e ci sono molte decorazioni e poca essenzialità.

JACOPO BELLINI
È veneziano e lui è capostipite di una bottega, destinata a diventare la più rinomata a Venezia a metà 1400.
La bottega mediò le novità con la tradizione. Egli aveva due figli: Giovanni, che si orienta verso la
modernità, e Gentile, che è ancorato alla descrizione descrittiva, ornamentale.

“Annunciazione” (1444) chiesa di San Alessandro, Bergamo


È commissionata da Bergamo, il ciò significa che era conosciuto al tempo. Lo spazio è calcolato sulla base
della prospettiva data dalla tettoia (formata a riquadri che scandiscono lo spazio) e dal tappeto. C’è l’utilizzo
di colori dorati ed eleganza degli abiti, che convivono con la cornice tipica veneziana, con legno levigato e
sorta di pizzi.
“Flagellazione” (1440-60) taccuino che si trova al Louvre
L’opera è ricca di elementi di architettura; è una sorta di esercitazione della prospettiva e degli elementi
architettonici. Il soggetto, Cristo sotto il portico, non è di importanza primaria, infatti è in secondo piano.

“Orazione nell’orto” -> le rocce di Mantegna sono segnate con una stratificazione di livelli, che ci
dimostrano il lato scultoreo, sono spigolose; quelle di Bellini sono più morbide, ma si vede che prende
Mantegna come maestro. I due avevano anche un rapporto di parentela perché la sorella di Jacopo si
sposa con Mantegna.

Il figlio Giovanni Bellini invece vivrà a lungo e assisterà anche al cambio del secolo. Aprirà una bottega dove
si formeranno Giorgione e il giovane Tiziano.

“Polittico di S. Vincenzo Severi”, chiesa SS Giovanni e Paolo, VE -> l’opera è divisa in più scomparti, la
cornice è grande, imponente, ma vengono tolti pinnacoli e pizzi, in modo che sia più sobria. Il contesto nel
primo registro è unitario, lo sfondo è lo stesso, stesso timbro di luce e colore, che rendono morbida la
struttura della composizione.

“Incoronazione della Vergine” (1471-74), musei civici Pesaro


La cimasa “imbalsamazione di Cristo” venne rimossa durante il periodo napoleonico, poi si è fermata a
Roma, infatti è ai musei vaticani oggi. Il formato non è verticale, come è solito delle pale d’altare veneziane,
ma orizzontale, tipico delle pale d’altare fiorentine. Sparisce ogni tentativo frammentante con una cornice.
C’è una cornice dentro una cornice, probabile per far entrare la luce dalla finestra, infatti è soffusa. Sullo
sfondo c’è un paesaggio realistico, naturalistico del centro Italia.
Giovanni Bellini è mai andato a Pesaro? Non si sa, l’unico motivo potrebbe essere per vedere il luogo dove
andava posta la pala; probabile che gli sia stato fatto vedere tramite un disegno in una lettera.

Bellini “Pala di Pesaro” per Pesaro


Piero d. Francesca “Pala di S. Bernardino” per Urbino
Antonello da Messina “Pala di S. Cassiano” per Venezia

Queste pale sono dello stesso periodo ed è probabile che c’erano elementi maturati allo stesso tempo,
probabile che non si conoscevano a vicenda.

“Pala di S. Giobbe” (1480) Bellini, gallerie dell’accademia (VE) -> la realizza dopo aver visto le due sopra
elencate e ne prende spunto: tiene conto di Piero per la rappresentazione della sacra conversazione
all’interno di una cappella, in uno spazio chiuso (volta a botte). Adotta il formato verticale; c’è maggior
naturalismo, lo spazio sembra percorribile; la luce è dorata, calda.

“Trittico dei frari” (1488), S. Maria gloriosa dei frari (VE) -> ritorna il trittico, probabilmente è il committente
che si vuole rifare alla tradizione; sembra dai lati, si possa accedere da dietro, c’è un varco vicino ai santi; la
struttura architettonica è assecondata.

-“Madonna con il bambino benedicente” (1510), pin. Brera, di Giovanni Bellini. Egli fu maestro di Giorgione
e Tiziano, ma morì giovane nel 1510. Il paesaggio è di stile raffaellesco ma c’è qualcosa di diverso: il
pannello verde che fa da schermo tra i personaggi e il paesaggio (molto ricorrente in Veneto).

GIORGIONE

Con lui entriamo nell’ambito dell’umanesimo veneziano; faceva parte di una cerchia elitaria, ristretta. È
legato al colore e alla luce, inoltre è attento al rapporto tra uomo e natura. Non gli interessa il pensiero, ma
ciò che si può toccare; ha una pittura pronta, immediata, caratterizzata da dolcezza e leggiadria (cit Vasari).
Non è connesso alla razionalità, al pensiero, ma ai sensi. Inoltre agisce senza disegno preparatorio, senza
una fase di meditazione, ma andava diretto a dipingere con i colori, senza studiare la composizione del
disegno: ciò restituisce freschezza, vivacità.

Tonalismo veneto: utilizzato in contrapposizione alla linea di contorno e del contrasto, che restituiscono
volume e plasticità dei corpi, è tutto basato sul colore, ovvero che la forma e la plasticità sono date dalle
infinite variazioni cromatiche che partono da un colore di fondo. il pittore seleziona un colore di fondo e in
base alla luce si usano altre varianti di colore, es: nella “sacra conversazione con ss. Francesco”, nella
cornice superiore del muretto ci arriva la luce e di conseguenza si utilizza un colore più chiaro. Non c’è
contorno, contrasto.

-“Sacra conversazione con ss. Francesco e Nicasio” (1500-05), Castelfranco veneto, duomo, pala di
Castelfranco. Fu commissionata dal condottiero Tuzio Costanzo. In primo piano c’è lo stemma della famiglia
ed i santi, mentre in secondo la Vergine ed il bambino immersi nel paesaggio.

-“Venere di Dresda” o “Venere dormiente” (1505) realizzata per le nozze di Girolamo Marcello e Morosina
Pisani. Non ci sono contrasti forti, ma aggiustamenti di colore sulla base delle variazioni; c’è dolcezza,
morbidezza, è paragonato alle elegie, mentre Tiziano i drammi.
Forse il mantello rosso fu realizzato da Tiziano perché nel 1520 Giorgione morì di peste.
-“La tempesta” (1505-10) fu chiamata così successivamente.
TIZIANO VERCELLIO

-“Miracolo del marito geloso” (1511), Scoletta del Santo (PD). Il miracolo consiste in Sant’Antonio che risana
la moglie uccisa dal marito. È forse il pittore di quest’area più idolatrato perché egemonizza la pittura
veneta. La plasticità è ottenuta tramite le sfumature di colore, come Giorgione, ma a differenza di
quest’ultimo in Tiziano c’è l’accentuazione della vivacità dell’energia.

-“Miracolo del neonato” (1511), Scoletta del Santo (PD). La luce è morbida e diffusa dal paesaggio; non
manca mai il riferimento all’antico (statua).

-“Assunta” (1516-18), S. Maria gloriosa dei Frari (VE). Tiziano riprende il modello della pala d’altare da
Bellini, ovvero caratterizzata dalla verticalità. L’opera è divisa in due parti: sotto, nella parte terrena, ci sono
gli apostoli, mentre i putti sembrano reggere a fatica il peso reale delle nuvole; sopra, nella parte celeste, vi
è la Vergine sopra le nuvole, circondata da angeli e accolta da Dio padre.
Lo spazio, che appartiene a Dio, è circolare, e le strutture circolari si rifanno a Raffaello nelle stanze
vaticane. C’è concretezza di corpi, pesi e ombre. La luce dorata sta appunto ad indicare la dimensione
divina.

-“Sacra conversazione” o “pala Pesaro” (1519-26), S. Maria gloriosa dei Frari. La famiglia Pesaro era
importante al tempo a Venezia. La scena è distribuita tutta in diagonale: la Vergine è sul gradino più alto
della scalinata, c’è poi S. Francesco e ancora più in basso S. Giuseppe. Attorno c’è una cornice
architettonica. Quest’opera e “l’Assunta” sono ancora nel luogo in cui erano contestualizzate
originariamente.

-“Amore sacro e amore profano” (1514-15), Galleria Borghi, Roma. L’opera fu commissionata a Niccolò
Aurelio in occasione delle sue nozze. A sinistra c’è una donna con un abito bianco, ben tirata e vestita bene
con dei guanti, e dietro c’è un paesaggio montuoso; mentre quella a destra è scostumata e lascia
intravedere il proprio corpo, il paesaggio dietro è piano. Questa è appunto la rappresentazione allegorica
dell’amore: a sinistra, quella celeste, rappresenta l’amore divino e la bellezza ideale, mentre quella a
destra, quella terrena, rappresenta l’amore umano e terreno. Il cupido in mezzo alle due figure ricorda il
principio della regolata mescolanza.

-“Venere di Urbino” (1538), Uffizi, commissionata da F. Maria della Rovere. Le forme sono morbidamente
costruite passando da una tonalità all’altra, con sfumature. C’è grande concretezza: la Venere guarda in
modo diretto, senza timore e vergogna. Ci sono inoltre diversi elementi: il cane è simbolo di fedeltà e forse
allude ad un rapporto amoroso da tenere stabile.

-“Polittico Averoldi” (1520-22), C. dei SS. Nazario e Celso, Brescia. Al centro c’è un cielo che solo un
veneziano può concepire, mentre a destra c’è S. Sebastiano, di cui la muscolatura è molto in evidenza e ciò
significa che Tiziano ne è venuto al corrente osservando le opere di Michelangelo.

-“Papa Paolo III con i nipoti Ottavio e Alessandro Farnese” (1545-46), museo di Capodimonte (NA).
L’apprezzamento di Tiziano è tale tanto da essere chiamato sia dal papa che dall’imperatore. Non lo fa con
molto piacere perché preferisce stanziare a Venezia, curando e facendo progredire la propria bottega; per il
papa però lo fa, giunge a Roma e ci resta pochissimo perché non si sentì a suo agio con il clima romano.
Probabilmente l’iconografia è suggerita dal papa. Il pontefice ha uno sguardo vivo, pungente e acuto, che
sembra rivolgersi con ironia ad Ottavio, colui che non proseguirà la carriera pontifica, ma darà continuità
alla famiglia Farnese. La qualità è raffinatissima: sembra di poter toccare il vestito del pontefice.

-“Danae” (1544-45), museo di Capodimonte (NA), commissionata dal cardinale Alessandro Farnese.

-“Carlo V a cavallo” (1548), Prado. Oltre al papa, attira anche l’interesse dell’imperatore, che si fa ritrarre
varie volte, qui in natura con elementi che lo qualificano come capo. Tiziano costruisce attraverso lo
sbattere della luce sugli oggetti, vedi corazza.
LORENZO LOTTO

Trova commissioni soprattutto in Veneto e nelle Marche perché a Venezia c’era il predominio di Tiziano.

-“Sacra conversazione” (Pala di S. Bernardino), 1521, S. Bernardino in Pignolo, Bergamo. Tutti sono
caratterizzati da volti modesti e atteggiamenti quotidiani; c’è un trono rialzato e un telone che separa il
paesaggio dal fatto sacro.

-“Annunciazione”-> il linguaggio è più immediato, diretto, semplice, meno dotto ed elitario. La Vergine fa
un gesto di stupore; l’ambiente è domestico, di una casa semplice; sullo sfondo ci sono elementi vegetali.

-“Cristo-vite e storie di S. Barbara” (1524) oratorio Suardi a Trescore Balneario. Siamo nell’Italia del Nord,
vicino le Alpi e c’è la paura che le eresie oltralpi possano influenzare il mondo cristiano. Al centro è infatti
raffigurato Cristo le cui dita sono rami che si congiungono alle cornice all’interno delle quali ci sono i santi.
A sinistra ci sono dei personaggi che tentano di recidere questi rami e ciò sta appunto a significare la paura
che la riforma protestante possa sconvolgere e recidere la cristianità. Ai lati di Cristo ci sono luoghi dove
sono ambientate le storie di S. Barbara.

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