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Mariarita Signorini

Il respiro del
Caravaggio
La presentazione in Duomo., 1 aprile 2016
Met settembre 1994, verso le due-due e mezza del pomeriggio: la scena si svolge a
Cremona, sui gradini di Santa Maria della Piet, in piazza del Vecchio Ospedale o, per
tutti di Cerri. Sylvia Ferino-Pagden, curatore dellarte italiana al Kunsthistorisches
Museum di Vienna, Giovanni Agosti, giovane ispettore della soprintendenza fiorentina,
e io siamo usciti, appunto, da Cerri, dove il pasto non era mai frugale, per recarci nella
grande navata gialla.

E sui gradini dellingresso eccole, le sorelle, non Anguissola ma Gregori: Luisa per
generazioni di allievi del Liceo Ginnasio Daniele Manin, e non solo, la Bandera e
Mina, la gran Mins de Cremona, come la chiamava Giovanni Testori. Entrambe
ignorano la Sylvia, esterrefatta, e aggrediscono Giovanni e me: parlerete male anche
di questa [mostra], lo sappiamo! (la Bandera a Giovanni: sar invece io a scrivere la
recensione, in effetti non molto tenera); e lei la deve smettere di andare in giro a dire
che il San Francesco una crosta! (la Mina a me). La piazzata di quelle storiche,
e infatti re e infatti rester negli annali come un vero e proprio must, diciamo cos,
della critica ster negli annali come un vero e proprio must, diciamo cos, della critica
darte in Italia.

Gianluca Galimberti
Sindaco di Cremona
conversioni
Marco Tanzi

Met settembre 1994, verso le due-due e mezza del pomeriggio: la scena si svolge a
Cremona, sui gradini di Santa Maria della Piet, in piazza del Vecchio Ospedale o, per
tutti di Cerri. Sylvia Ferino-Pagden, curatore dellarte italiana al Kunsthistorisches
Museum di Vienna, Giovanni Agosti, giovane ispettore della soprintendenza fiorentina,
e io siamo usciti, appunto, da Cerri, dove il pasto non era mai frugale, per recarci
nella grande navata gialla. Si sta allestendo la mostra di Sofonisba Anguissola e le sue
sorelle: Sylvia e Giovanni sono in veste ufficiale, accompagnano opere da Vienna e
da Firenze, mentre io arrivo da imbucato. E sui gradini dellingresso eccole, le sorelle,
non Anguissola ma Gregori: Luisa per generazioni di allievi del Liceo Ginnasio
Daniele Manin, e non solo, la Bandera e Mina, la gran Mins de Cremona, come
la chiamava Giovanni Testori. Entrambe ignorano la Sylvia, esterrefatta, e aggrediscono
Giovanni e me: parlerete male anche di questa [mostra], lo sappiamo! (la Bandera
a Giovanni: sar invece io a scrivere la recensione, in effetti non molto tenera); e lei
la deve smettere di andare in giro a dire che il San Francesco una crosta! (la Mina
a me). La piazzata di quelle storiche, e infatti rester negli annali come un vero e
proprio must, diciamo cos, della critica darte in Italia.
Il San Francesco poi quello del Museo di Cremona attribuito a Caravaggio. Non si fa
fatica, qualche anno pi tardi, a riconoscere il mio identikit in una nota su Paragone
(587, 1999, p. 82 nota 92) in cui la Mina, ricorda il dipinto che faziosi detrattori di
provincia persistono a definire una crosta. Io in verit non mi ero mai sognato di
definirlo una crosta, ci mancherebbe altro, so benissimo cos una crosta e se ne sono
viste davvero parecchie attribuite a Caravaggio: ero semplicemente attestato sulle
posizioni di Roberto Longhi che lo riteneva una copia fedelissima di un perduto
originale, riferibile allultimo periodo dellattivit del Maestro, di cui sembra riprodurre
i tratti fisionomici. Tutto qui: per quarantanni e nonostante il restauro del 1986 a opera

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del fiorentino Edo Masini niente e nessuno era riuscito a convincermi dellautografia
caravaggesca. E non credo proprio fosse per cocciutaggine: il San Francesco non
cantava, non mostrava nemmeno quei rari brani autentici ed emozionanti che emergono
dallo sfascio totale di alcune opere distrutte, come per esempio i quadri siciliani o il
Martirio di SantOrsola di Napoli. Quelle pennellate che ti fanno venire la pelle doca
e ti commuovono fino alle lacrime, facendoti riconoscere immediatamente la luce del
genio. Lho pensato e lho detto per tanto tempo, ci ho passato giorni davanti e cos, a
un certo punto, ho deciso che, basta, me ne sarei tenuto alla larga. Quindi non sono
andato a trovare la mia amica allieva della Bandera Mariarita mentre lo restaurava,
non mi interessava proprio; figuriamoci poi se vado alle presentazioni ufficiali: ero
come risentito dalla rinnovata attenzione, anche mediatica, sollevata da un quadro
che, negli anni, mi aveva provocato intensi disagi.
pi recente e delicato, solitario e silenzioso, lincontro con il San Francesco, a oltre
un anno dal restauro del 2016: ci sono solo io nelle sale poco ospitali del museo a
lambiccarmi in vista di un non facile allestimento per la mostra del Genovesino e me
lo ritrovo davanti come per caso, come se non avessi voluto sapere che era ed proprio
l. Ed unemozione vera: il dipinto canta, vibra, ha pe rso quellaspetto bituminoso e
gommoso di sempre, sono riemersi lumi, colori (quelle foglie dulivo!), sfrangiature,
particolari, minuzie. Respira: il santo ha laria che gli gira intorno. Lo dico ad alcuni
amici che restano sinceramente sconcertati della mia conversione caravaggesca e mi
decido a scrivere due righe a Mariarita; lei, addirittura, si commuove: destino far
piangere le donne, si vede.
Ma, forse, anche giusto cos: nel 2017 faccio la mostra di Genovesino il pittore per
antonomasia della Mina, al quale aveva dedicato la tesi di laurea, nel 1949 a Bologna,
proprio con Longhi e riconosco il suo Caravaggio allo stesso modo in cui, tanti
anni fa, mi era toccato riconoscere il suo Pampurino. Come dire, un vero highlander:
Gregori batte Tanzi 2-0.
Chapeau, signorina, ad multos annos!

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il mio san francesco
Mariarita Signorini

Quando nellestate del 2015 vidi il San Francesco in meditazione attribuito a Caravaggio,
ma non da tutti riconosciuto come tale, mi resi conto che non poco di questa mancata
comprensione dipendeva dal cattivo stato di conservazione in cui il dipinto versava.
Era infatti di difficile lettura per le sovrammissioni di vernici alterate e ossidate e di
vecchi ritocchi che lo rendevano piatto e sordo. Mario Marubbi, conservatore del
museo, mi disse che la tela sarebbe presto partita per unimportante mostra al Museo
Thyssen-Bornemisza di Madrid. Pensai che non si poteva inviare una delle opere pi
rappresentative della nostra citt in quello stato e, daccordo con lui, proposi di offrire
il restauro. Ci vollero mesi prima che maturasse la decisione di procedere al recupero
e fossero concessi i relativi permessi. Trovai nellamico Giuseppe Giambra lo sponsor
che mi assicur almeno la copertura delle spese vive per i materiali e per potermi
trasferire a Cremona nel tempo necessario al restauro. Finalmente ai primi di febbraio
2016 potei iniziare a lavorarci e fin dallinizio la riscoperta delleccezionale pittura del
Caravaggio mi dette unemozione profonda che non mi ha mai abbandonato nei mesi
intensi passati nel laboratorio di restauro del Museo Civico Ala Ponzone, confortata
dal supporto tecnico e dalla gentilezza di Michele Bernardi.
Nelle lunghe ore solitarie, interrotte solo da interviste e servizi televisivi che stavano
accendendo i riflettori sullintervento, potei trovare, in quel luogo appartato dal sapore
ottocentesco, la concentrazione necessaria per affrontare questa impegnativa impresa
ed entrare in totale simbiosi, come risucchiata in un vortice caravaggesco di forte
coinvolgimento emotivo, quasi in una sorta di triangolazione con il dipinto, il soggetto
e il suo autore. Ed questa lunica dimensione che ti permette di capire davvero lopera
che si sta restaurando. Lintervento stato ultimato in tempi incredibilmente brevi e
infatti il primo aprile 2016, a soli due mesi dallinizio del restauro, il Caravaggio stato
presentato nella sua nuova veste nella cattedrale di Cremona gremita dalla cittadinanza,

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alla presenza del Vescovo e del Sindaco. Nei giorni successivi stato possibile organizzare
visite guidate al Museo davanti al dipinto per illustrarne il recupero e i significati.

...

Sono grata a Giuseppe Giambra per laiuto prestato e a Mario Amedeo Lazzari per
laccurata campagna diagnostica e fotografica. Il lavoro stato svolto con la direzione di
Giovanni Rodella della Soprintendenza per i Beni Storici, Artistici ed Etnoantropologici
per le Province di Mantova, Brescia e Cremona e Mario Marubbi, Conservatore della
Pinacoteca del Museo Civico Ala Ponzone di Cremona.

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Michelangelo Merisi detto il Caravaggio
Milano 1571 Porto Ercole 1610
San Francesco in meditazione
Tela, cm 128 x 90
Cremona, Museo Civico Ala Ponzone, Pinacoteca, inv. 245

Il restauro
Il dipinto stato a pi riprese restaurato nel corso del XX secolo: sul finire degli anni
Venti stata fatta la rifoderatura con una nuova tela di supporto e questo rintelaggio
ha permesso al dipinto di mantenersi in buone condizioni. Nuovi interventi di parziale
pulitura, ritocco e verniciatura si sono succeduti nel 1949, nel 1955 e nel 1985; ma
ognuno di essi si limitato a intervenire sullopera in modo disomogeneo, con la ricerca
di una pulitura a effetto nelle zone in luce, tralasciando lo sfondo. Interventi non
risolutivi e di breve durata, dato il rapido degradarsi delle nuove vernici che venivano
sovrapposte ai vecchi strati.

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particolare durante il restauro
Con il restauro recentemente concluso (aprile 2016) si invece fatta la necessaria
pulitura, che rende finalmente merito alla straordinaria pittura del Caravaggio,
rimuovendo sovrammissioni e vecchi ritocchi che rendevano illeggibili la vegetazione
e gran parte dei passaggi tonali che caratterizzano la stesura pittorica. Ne sortita la
descrizione del bosco sul Monte della Verna, dove si svolge la meditazione di San
Francesco che a breve ricever le stigmate, uno sfondo che dipinto con grande
velocit e disinvoltura dallartista che, con pochi tratti decisi, traccia alberi, proietta
ombre, delinea rampicanti e con pennellate corpose illumina, con il verde delle foglie,
la vegetazione, altrimenti bruna e monocorde, frutto di una tavolozza gi volutamente
ribassata dallartista. Ma anche i colori pi chiari, che risultavano ingialliti e incupiti,
hanno ritrovato la loro luminosit, accentuando gli effetti chiaroscurali. In alcuni casi,
come lungo tutti i bordi, sono emerse delle pennellate vibranti, capaci di descrivere
con grande efficacia la vegetazione che incombe su San Francesco quasi a fagocitarlo,
come avviene col grande olivo cavo alle sue spalle; poich di olivo si tratta, dato che
le foglie, prima invisibili, ora sono chiaramente riconoscibili, per la loro forma e il

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ancora presente il vecchio ritocco, rimosso poi in fase di restauro

diverso colore della pagina superiore verde da quella inferiore grigia (fig. 2). Questo
dettaglio non trascurabile per meglio comprendere il pathos che ci comunica il
dipinto e la condivisione empatica dello stato danimo del santo che porta lartista a
immedesimarsi con lui: lolivo chiaramente citato in maniera simbolica, dato che
a quellaltitudine, in montagna, lolivo non attecchisce, quindi non pu che essere il
simbolo della pace, di quella pace tanto agognata in quel momento da San Francesco
e dallo stesso tormentato pittore in fuga dallo Stato della Chiesa.
Dalla pulitura sono emersi altri particolari struggenti, come la manica sinistra
sfrangiata e lisa del saio e dettagli del crocifisso, dipinto in unaudace prospettiva, dove
ora sindividua il cartiglio e il legno verticale della croce, le dita delle mani del Cristo
contratte dallo spasimo e i chiodi che le trafiggono. Non si era mai visto prima dora
il cordone del saio, stretto in vita con i tre nodi (fig. 3) che alludono verosimilmente
ai voti di Castit, Povert e Obbedienza.

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Un altro recupero molto significativo derivato dalla rimozione di un ritocco sul
cappuccio, che ha rivelato uno strappo romboidale dipinto sul saio: le indagini
scientifiche ci hanno confermato che si tratta del colore originale (fig. 5) alla fluorescenza
a infrarosso in falso colore.
Nella copia antica del dipinto, conservata nel Museo della Collegiata di CastellArquato,
di mediocre qualit pittorica ma molto fedele alloriginale, compare lo stesso strappo: si
conferma cos che il pittore intendeva proprio evidenziare questo dettaglio, mettendolo
in primo piano, accanto alla testa di San Francesco (fig. 6). Un particolare che era
invece stato cancellato con un grossolano ritocco durante un vecchio intervento di
restauro. Per il Caravaggio cremonese si tratta di un dettaglio importante, che allude
al travagliato ritiro dal mondo di frate Francesco sul monte della Verna, enfatizzando
quasi la concitazione della sua fuga, come se il cappuccio si fosse strappato rimanendo
impigliato in un ramo.

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Anche nella versione del San Francesco in meditazione proveniente dalla chiesa di
Carpineto romano (fig. 7a-b) e conservata alla Galleria Nazionale di Arte antica di
Palazzo Barberini a Roma, lartista pone in primo piano e in piena luce il particolare
del saio sdrucito, logoro e pieno di toppe sulla manica destra. Questo elemento segue
liconografia della Controriforma, che riproponeva un modello che si rifaceva allumilt
delle origini dellOrdine Francescano. Con la pulitura della superficie pittorica sono
stati infine rimossi anche altri vecchi ritocchi, che erano assai pi estesi di quanto fosse
necessario e coprivano, in molti casi, le pennellate originali dellartista, in particolare
sullo sfondo e lungo i margini dellopera. In occasione del restauro la cornice stata
sottoposta a trattamento antitarlo con la tecnica del sottovuoto, stata pulita, sono
stati stuccati i fori degli insetti xilofagi e le piccole lacune e sono stati eseguiti piccoli
ritocchi; infine stata verniciata e protetta con un leggero strato di cera vergine.

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Iconografia del dipinto e tratti autobiografici nellinterpretazione del soggetto
Nella tarda estate del 1224, Francesco aveva rinunciato da quattro anni alla direzione
dellOrdine dei Frati Minori e viveva un momento di difficolt nei rapporti con la sua
famiglia religiosa. Ce lo immaginiamo nel bosco di notte, scalzo, vestito di un saio
logoro, con lanimo fortemente turbato, poich lOrdine da lui fondato sembrava aver
perduto lispirazione di fondo e la vera letizia per seguire ambizioni mondane. Nel
momento della prova, Francesco avverte lesigenza di fare il deserto intorno a s, alla
ricerca di una condizione privilegiata per lincontro con Dio. Questo stato dangoscia
deve averlo provato anche Caravaggio, in fuga da Roma dopo lomicidio di Ranuccio
Tommasoni il 29 maggio 1606, a causa del quale sulla sua testa pendeva il bando capitale.
Che si tratti di un dipinto di Caravaggio indubbio, grazie allelevata qualit della pittura;
siamo inoltre in presenza di unopera particolarmente drammatica e commovente
dellultimo periodo della sua vita, connotata da un intenso travaglio interiore.
Il volto, in cui facile riconoscere lautoritratto del pittore, ha ritrovato il colorito
sanguigno e si sono accentuati gli sbattimenti di luce sulla fronte aggrottata (fig. 4),
che sottolineano la drammaticit dellespressione. Si pu anche ipotizzare, forse, che
oltre al sentimento di piena identificazione nella figura del santo angosciato, il fatto
di non poter contare sui suoi modelli da riprendere dal vivo, come a Roma, lo abbia
portato alla scelta di effigiarsi.

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Le indagini diagnostiche e tecnica pittorica
Prima e durante le operazioni di recupero, il dipinto stato sottoposto a indagini
scientifiche non invasive, come la fluorescenza UV, che hanno confermato la presenza
di spessi strati di vernici degradate e numerosi vecchi ritocchi. Luso delle pi
moderne tecnologie ha supportato e guidato il restauro corredato anche di unampia
documentazione fotografica; la campagna diagnostica e fotografica stata eseguita da
Mario Amedeo Lazzari e offerta al Museo Civico di Cremona dal gruppo Findonati.
Le ultime radiografie, effettuate durante il restauro, hanno rilevato la presenza di almeno
tre incisioni che hanno sostanzialmente confermato lipotesi gi formulata, durante
lintervento del 1986, dove erano cos descritte da Mina Gregori (1991, p. 296): due
solchi neri che sembrano essere tracce dincisioni: lungo langolo del braccio della croce
come ha gi visto a occhio nudo Keith Christiansen e nel profilo superiore del teschio.
Le incisioni servivano al pittore per inquadrare la scenografia dei suoi dipinti: esse
sono presenti su quasi tutte le opere del Caravaggio e ne siglano lautenticit (a volte
sono tracciate con la punta del manico del pennello). Grazie ai progressi tecnologici
raggiunti nel campo della diagnostica, queste ultime radiografie stabiliscono che si tratta
senza dubbio di due incisioni: per quanto riguarda quella lungo il braccio orizzontale
della croce (fig. 8a) e per quella che segna il margine superiore del vangelo squadernato
(fig. 8b), mentre per quella ipotizzata nel profilo superiore del teschio resta qualche
incertezza (fig. 10), come precedentemente sottolineato da Mina Gregori. Le radiografie
confermano la decisione e la velocit di esecuzione proprie del Caravaggio e concordano
con quanto si vede nella stesura finale, che non presenta modifiche importanti rispetto
labbozzo. Si rilevano quindi pochi pentimenti. Il confronto radiografico tra la stesura
pittorica del teschio e del crocifisso nel San Gerolamo di Malta e nel San Francesco di
Cremona non lascia adito a dubbi confermando lautografia caravaggesca dellopera
(Gregori 1991 p. 295).
Altri particolari che confortano lautografia sono, per esempio, la barba rada che lascia
trasparire lincarnato delle mani, non prevista nel primo abbozzo ma aggiunta alla fine
come nel San Francesco di Hartford, nellAbramo del Sacrificio di Isacco degli Uffizi,
nel Cristo dellIncoronazione di spine di Prato, nonch nel San Gerolamo Borghese e
in quello di Malta; lesecuzione della trama delle rughe e lespressione del volto.

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Tra i motivi che circoscrivono la datazione intorno al 1606 vi sono anche le molte
affinit stilistiche con altri quadri del periodo come la Madonna dei Palafranieri e il
San Gerolamo della Galleria Borghese (fig. 9), nel quale compare probabilmente lo
stesso teschio.
Lo sfondo dipinto con grande velocit e con poche pennellate decise tanto moderno
da ricordare la pittura di Courbet. Luso di colori puri, ricorda molto le due versioni
del San Giovanni Battista, in particolare quello della Galleria Corsini a Roma, databile
al 1606, dove il tronco dellalbero mostra poche varianti (fig. 11).
La preparazione appare stesa in maniera non uniforme, caratteristica delle opere
successive alla fuga da Roma, in particolare come per la Madonna del Rosario di
Vienna, le Sette opere di misericordia e la Flagellazione di Napoli.

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Unaltra conferma dellautografia di questopera sta nel fatto che sembrerebbe essere
della stessa mano anche la decorazione della cornice originale dellopera, come suggerito
da Mario Marubbi, che lha messa a confronto con le decorazioni che ornano il bordo
circolare della Medusa degli Uffizi un bordo decorato integrale al dipinto, non gi
una cornice , in cui palese la somiglianza del decoro a motivi arabescati. (fig. 12a-b)
Si concluso cos uno dei restauri pi appassionanti della mia vita. A volte dato il breve
lasso di tempo concessomi insieme al Caravaggio, quasi dubito di averci lavorato davvero.

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BIBLIOGRAFIA

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Roma, Palazzo Ruspoli, 26 marzo - 24 maggio 1992), a cura di M. Gregori,
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M. Marini, Caravaggio pictor praestantissimus, Roma 2005.
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ferer, J. Kliemann, V. von Rosen, L. Sickel, Milano 2007, pp. 99-109
La Pinacoteca Ala Ponzone. Il Seicento, a cura di M. Marubbi, Cinisello
Balsamo 2007.
2012
Corps et ombres. Caravage et le Caravagisme europen, catalogo della mo-
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2013
Caravaggio to Canaletto. The Glory of Italian Baroque and Rococo Painting,
catalogo della mostra (Budapest, Szpmvszeti Mzeum, 25 ottobre 2013
16 febbraio 2014), a cura di S. Dobos, Budapest 2013.
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A. Foglia Penitenza e preghiera. Liconografia francescana nelleta della Rifor-
ma, Cremona, cattedrale, 3 aprile 2016.
M. Signorini La luce nuova del Caravaggio di Cremona, Cremona, cattedra-
le, 3 aprile 2016.
Marco Tanzi e i suoi studenti dellUniversit del Salento nella Cappella Contarelli
in San Luigi dei Francesi a Roma

Finito di stampare nel mese di settembre 2017


da Service Lito Srl
la storia di un ritrovamento,
anzi pi duno.
Erano a scuola insieme,
la restauratrice e lo storico dellarte
si sono incontrati dopo quarantanni.
A lungo il San Francesco era rimasto nel limbo
delle attribuzioni controverse,
ma il restauro ne ha disvelato il colore.
E ora forse nessuno pi ne dubiter.
Perch certe epifanie accadano ci vuole del tempo
ma anche tanta pazienza, umilt
e benevole congiunture astrali.
E le canzoni che, dalla radio, accompagnano
le nostre lunghe giornate di lavoro:
Dicono che c un tempo per seminare
e uno pi lungo per aspettare
io dico che cera un tempo sognato
che bisognava sognare.

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