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In occasione del Festivaletteratura 2011, eni ha scelto di pubblicare

integralmente le lezioni di storia dellarte di Bertolucci, che rappresentano la


sintesi pi efficace e articolata di un progetto editoriale fortemente innovativo,
a met strada tra approfondimento e divulgazione, cultura e mediazione sociale.
Lintroduzione curata da Gabriella Palli Baroni, autorevole studiosa dellopera
poetica e saggistica di Attilio Bertolucci.


Insisteremo poi anche nella presentazione della
pittura, della quale era giusto far conoscere gli antichi capolavori, ma
altrettanto giusto presentare i contemporanei, tanto pi quanto meno
essi sono conosciuti e apprezzati

lezioni di storia dellarte


per Il Gatto Selvatico 1955-1964

Poeta, critico e giornalista, Bertolucci, nei primi anni, era stato allievo di
Roberto Longhi e professore di storia dellarte a Parma. Per questo motivo
fin dal 1956 sceglie di dedicare la controcopertina della rivista ad alcune brevi
lezioni dedicate ai grandi capolavori della pittura. I testi, dal taglio fortemente
divulgativo e accompagnati sempre dalla riproduzione dellopera a colori,
rappresentano una sintesi puntuale e appassionata dei principali protagonisti
e movimenti dai maestri del passato (Giotto, Leonardo, Caravaggio) fino
alle avanguardie del Novecento (gli ismi dellarte moderna, secondo una
definizione di Luigi Capuana).

dicembre 1956


Vorremmo tracciare un panorama dellarte, non
soltanto italiana, del nostro tempo, cos discussa e, ci pare, cos mal
conosciuta nelle sue origini, nelle sue tendenze, nelle sue personalit di
maggior rilievo. Le riproduzioni a colori aiuteranno a comprenderla e
giudicarla meglio di mille ragionamenti critici
febbraio 1957

inedita ener gia A ttilio B er tolucci


Nel luglio del 1955 usciva il primo numero della
nuova moderna rivista di eni Il Gatto Selvatico. Pagine a colori, vignette,
resoconti di vita aziendale, racconti di autori importanti e tante rubriche per la
famiglia: medicina, arredamento, moda, cucina, persino una sezione dedicata
ai neologismi. Attilio Bertolucci, scelto da Enrico Mattei come direttore della
rivista, aveva saputo raccogliere attorno a s un circolo di scrittori e intellettuali
di altissimo valore: Carlo Emilio Gadda, Giuseppe Dess, Natalia Ginzburg,
Goffredo Parise, Leonardo Sciascia e molti altri.

inedita ener gia


Vi abbiamo dato delle indicazioni per decifrare
il quadro che vi sta davanti, ma pu darsi che voi ne ricaviate tante altre
immagini e suggestioni: non scoraggiatevi n, se possibile, indignatevi:
questa pittura molto vicina alla musica, e voi non chiedete mai alla
musica di dirvi esattamente qualcosa
dicembre 1960

A ttilio Ber tolucci


lezioni di storia dellarte
per Il Gatto Selvatico 1955-1964
in copertina e nellintroduzione, foto di Attilio Bertolucci
per gentile concessione degli eredi

inedita ener gia

Attilio Ber tolucci


lezioni di storia dellarte
per Il Gatto Selvatico 1955-1964

29 i maestri della pittura

Racconto di storia dellarte a puntate:



Attilio Bertolucci e Il Gatto Selvatico

99 i ritratti, i paesaggi e le nature morte

3 introduzione

181 gli ismi dellarte moderna


di Gabriella Palli Baroni


La vera vita era quella dellopera darte,

insostituibile miracolo

Anna Banti

Educato nella piccola capitale di Parma; nutrito dalle opere
di Antelami, del Correggio, del Parmigianino; allievo a Bologna di Roberto
Longhi; sodale di Francesco Arcangeli, successore di Longhi alla cattedra bolognese; amico del critico Roberto Tassi, Attilio Bertolucci ha una lunga frequentazione con larte.
Esordisce con brevi cronache di eventi locali sui fogli della sua citt, Aurea
Parma, La Fiamma, per avviarsi con respiro pi ampio sulla Gazzetta di
Parma soprattutto a partire dal dopoguerra, affiancando gli interventi di critica
darte alla cronaca cinematografica e ad articoli su argomenti letterari. Larte figurativa, che inizia ad insegnare prima della guerra e riprende dopo il 46 presso
il Convitto Maria Luigia di Parma, occupa un posto importante tra gli interessi del poeta giornalista, che, mentre tiene saltuariamente sulla Gazzetta una
rubrica con lo pseudonimo di Cennino, firma alcuni reportage dalle Biennali
di Venezia del 1948 e 1950; si sofferma a lungo sulle mostre veneziane dedicate nel
49 a Giovanni Bellini; continua linsegnamento, una volta trasferitosi a Roma nel
1951, presso il Liceo Virgilio; scrive di mostre darte contemporanea tra il 56 e il
57 per la Fiera Letteraria e condivide con Tassi e altri amici la direzione della

rivista Palatina, negli stessi anni in


cui si avvia e si sviluppa la Storia dellarte del Gatto Selvatico.
La sua tastiera multiforme e il giornalismo il grande veicolo della sua
cultura. Una cultura sempre pi vasta
nel panorama internazionale, aperta
ai campi pi diversi, accompagnata
da viva sensibilit artistica, da grande
intelligenza critica mai esibita, ma
profonda, da linguaggio trasparente
e affabile, da modernit di sguardo su
persone ed eventi, su poeti, narratori,
pittori, raccontati con indipendenza di
giudizio, con verit umana.
Non solo. Se aveva coltivato la propria
pagina con molta attenzione a periodiAttilio Bertolucci nel 1934, dopo la pubblicazione
ci stranieri e nazionali, aveva anche pi
di Fuochi in Novembre
volte partecipato a progetti di riviste
letterarie, rivelando sin dal primo
tentativo, la rivista La Certosa di Parma, ideata negli anni 1928-29 visione non
provinciale, ricchezza di idee (parlare di cinema di pittura di tutto insomma)
e sguardo curioso e aperto sul mondo. Laspetto che il poeta pare tenere sempre
al centro del suo interesse sono la modernit degli argomenti e la risposta del
pubblico lettori di articoli o spettatori di film o visitatori di mostre darte che
Bertolucci considera interlocutore privilegiato e di cui si deve coltivare intelli-

genza e buon gusto con prodotti di alta qualit, utili e dilettevoli, secondo lantico
binomio illuministico. Per queste ragioni, per la grande curiosit per infinite
cose, qualit che deve essere propria di un giornalista, a lui si era rivolto Enrico
Mattei. E per Bertolucci fu linizio di unesperienza straordinaria:

stato un senso come di avventura pionieristica per me molto vitalizzante, in un


campo nuovo, moderno, che mi faceva sentire nel mio tempo, pienamente inserito; non come si dice dei poeti sempre chiuso nella torre davorio, ma, invece,
immerso nella realt viva e contemporanea.
Era il 1955 quando giunse ad Attilio Bertolucci, poeta e scrittore affermato,
linvito a dirigere il giornale aziendale che Enrico Mattei voleva realizzare per
la grande famiglia di Eni: un mensile dinformazione, di promozione aziendale,
di divulgazione culturale, che testimoniasse il grande momento espansivo della
compagnia petrolifera e costituisse il legame democratico tra uomini e donne
operai, tecnici e dirigenti nella comune appartenenza e identit. Il giornale
che faremo noi, precis Mattei, deve essere lo stesso, democraticamente possibile, cio leggibile, dal Presidente della Repubblica al pi lontano dei nostri
perforatori, anche fuori dItalia. E il consenso di Bertolucci fu pieno, tanto da
avviare una delle pi importanti esperienze nel campo delle testate industriali
italiane, che si affianc a Comunit , fondata da Adriano Olivetti nel 1946,
a Pirelli, diretta da Leonardo Sinisgalli dal 1948 e a Civilt delle macchine fondata dallo stesso Sinisgalli nel 1953, ma anche, per restare nel campo
economico proprio di Eni, a Esso Rivista della Standard Oil, rivista patinata
e destinata alle pubbliche relazioni, non certamente rivolta ai dipendenti, per
i quali si stampava, con le parole di Bertolucci, un misero bollettino. E se la

scelta grafica ed editoriale del rotocalco fu agile e moderna, il titolo estroso e


apparentemente enigmatico, consigliato dal poeta, apparve assai allegro e di
bel suono, allusivo comera sia ai pozzi petroliferi sia ai ricercatori di petrolio, uomini avventurosi e avventurieri. Il Gatto Selvatico piacque molto
a Mattei e ospit in ogni numero un disegno di Maccari, un vero e proprio
editoriale ironico e graffiante su fatti di costume. Si realizzava cos pienamente
lantico progetto bertolucciano di un giornale culturale: rubriche importanti e
impegnate, non brodetti, ma succhi dinformazione; settori di cultura affidati
a penne competenti e valide; documentazione sicura dei fatti del presente e della
realt viva, industriale e non; attenzione ad un pubblico vero.
Cos, se il rotocalco doveva avere un buon numero di pagine destinate alle attivit
di Eni, agli sviluppi della ricerca e dellespansione in Africa e in Medio Oriente,
agli accordi internazionali, alle prospettive in campo energetico e alle notizie
aziendali, molto spazio fu via via riservato agli argomenti di attualit e dinformazione, alle aperture interessanti sulla vita e sul mondo. Particolare fu lattenzione
pedagogica verso il lettore, che, non solo era invitato a partecipare negli spazi di
svago o di scrittura creativa, di cucina o di moda o di sport, ma era guidato verso
scelte letterarie di alta qualit, grazie alla penna di scrittori e poeti (da Gadda
a Caproni, Comisso, Bassani, da Gatto a Cassola e La Capria, per fare qualche
nome), a rubriche fisse dedicate a libri, al cinema, alla lingua italiana, e grazie a
incursioni nel territorio della letteratura classica e moderna anche straniera (Proust
nel maggio 1956 o Eliot nel dicembre 1957).
allinterno di questa grande proposta culturale, piacevole e istruttiva, che
nascono le controcopertine darte. Attilio Bertolucci le ricordava con malcelato
orgoglio:

Sempre la prima pagina era dedicata a qualche


attivit aziendale: ad uninaugurazione, ad un
evento del Gruppo. Nellultima e questa stata
un po una mia trovata, visto che era disponibile il
colore iniziata una interminabile storia dellarte divisa per generi e scuole, che ha avuto molto
successo. Tanto che lAssociazione per la libert
della cultura fondata da Silone, mi aveva chiesto
di poterne ricavare dei volumetti che avrebbe poi
fatto diffondere. Potevano essere un avvio a una
storia dellarte molto piacevole e non pedante.
Il che dimostra come questo giornale entrasse
anche in case come quella di un famoso scrittore
e quanto potesse essere apprezzato.
E finalmente, quello che stato a lungo e pi
volte comunicato a chi scrive, il desiderio di veder
pubblicate le pagine darte del Gatto Selvatico,
trova ora vita rinnovata.

Attilio Bertolucci mentre prepara


la lezione in classe al liceo Virgilio.
Roma, 1951


Attilio Bertolucci si sempre considerato, nelle conversazioni
e negli scritti, allievo di un connaisseur e storico dellarte di eccezionale valore,
Roberto Longhi. E certamente da lui apprese lo sguardo acuto del conoscitore,
impar a penetrare i segreti del laboratorio dellartista, quasi per riprodurre con

le parole, come osservava Emilio Cecchi, le forme e i modi dellarte. Storicismo, rapporti tra tradizione e innovazione, studio delle ragioni interne dellopera,
dei valori espressivi, compositivi e coloristici, dello stile sono allorigine della
sua interpretazione critica. Ma allorigine vi anche la sua inesausta e personale
ricerca nel campo dellarte pi vera del vero; quel saper riconoscere la poesia che,
coniugandosi con lartigianato della pittura o della scultura, potevano sollecitare il
suo animo e portarlo alla presa di coscienza dellintima sostanza dellopera, della
sua vita artistica assoluta.
Se nei primi interventi la sua tastiera si articola tra arte e letteratura con pochi
scritti su pittori locali come Carlo Mattioli (Mattioli a Bergamo) o su generi minori
e popolari come le Maest contadine (Sculture sullAppennino), altre collaborazioni
di maggior peso datano agli anni Cinquanta e testimoniano sia laffinarsi del suo
sguardo critico sia la nascita, soprattutto a partire dal 1948, della sua grande prosa
culturale. Sono dapprima itinerari critici darte contemporanea, passeggiate al
modo di Virginia Woolf, ora una Rassegna significativa di arte contemporanea, ora
reportage dalla Biennale di Venezia del 48 e del 50 sopra ricordati. Sono cronache
che non nascondono lentusiasmo del corrispondente della Gazzetta di Parma
davanti alla prima esposizione, la quale, dopo quello che egli chiam noioso
oscuramento fascista, si apriva alla moderna arte europea, ai Turner, agli amati
Impressionisti, a Manet, Renoir, Czanne, Degas, Picasso, Braque, Rouault, ai
metafisici italiani e allincantevole Morandi. Nella seconda Biennale il rosso dei
Fauves a entusiasmarlo, sono la felicit e il calore di Bonnard a commuoverlo,
perch in essi trova gli stessi temi della vita quotidiana che erano suoi: le stesse
ombre colorate, la stessa felicit non grossa, ma consapevole, seppur non sembri, della
propria fugacit. Ma datano al 49 anche gli articoli su Giovanni Bellini, che si

leggono ora in Aritmie e che mostrano sapienza nel rilevare i valori espressivi, spaziali e plastici di unopera, nel cogliere i rapporti tra visione naturale e invenzione
pittorica. Se si esclude un Picasso scritto per Paragone, di cui redattore dal 51
e poco altro, ma si considera il quotidiano insegnamento, che interruppe nel 54,
la Storia dellarte figurativa per il Gatto Selvatico, fu lesito naturale e quanto
mai desiderato di un metodo storico-critico non astratto, ma registrato per molti
anni in lezioni tenute a giovani liceali, che aveva coinvolto ed educato con la sua
passione, con la duttilit dei suoi raccordi, con i rapidi e illuminanti richiami di
letteratura, di cinema e di musica, che qui ritornano preziosi, con lindubbia capacit di trasformare in racconto una vicenda di vita e darte.
Il progetto giornalistico apparve subito assai interessante e originale per la sede cui
fu riservato, per il pubblico cui fu rivolto e per il risultato. Di Longhi Bertolucci
realizzava pienamente il metodo critico appreso durante le lezioni bolognesi e la
lunga frequentazione, ma lo raffinava e lo faceva pi suo grazie allesperienza
della poesia (sono gli anni in cui, pubblicata nel 1951 La capanna indiana, si avvia il
romanzo in versi La camera da letto). Il dettato di grande cordialit e naturalezza,
sul registro di un linguaggio medio mai accademico n sontuoso, privo di artifici
e del gusto arcaizzante ed espressionistico, filologico del maestro, pur essendo
sapientemente scandito dai termini tecnici necessari alla conoscenza artistica; un
dettato lucido e piano, inventivo, arricchito dal gusto della confidenza e della
variazione, che gli sono riconosciute come virt supreme.
Sono queste le caratteristiche salienti della sua prosa, dal colore vivo, addolcito dal
calore del suo sentire, da una vibrazione segreta desistenza, fermato su quanto gli
pi caro, su un passaggio di tempo, su un unintermittenza del cuore. Si rivolge
spesso ai suoi lettori, con un voi assai familiare e amichevole, chiamandoli di
frequente a osservare, a riflettere, a ritornare sul gi detto e a riprendere scuole e

La Storia dellarte, composta di 89 tavole, fu pubblicata sul mensile


dal dicembre 1955 al dicembre 1964, portata a termine da Attilio Bertolucci malgrado avesse lasciato la direzione del giornale dopo la tragica morte di Enrico

Mattei. Una sola tavola, Cristo deriso di Rouault, collocata nelle pagine interne
del numero di dicembre 57, dovendosi completare nellultima il disegno di Dino
Vignali in copertina. Bertolucci aveva manifestato il suo disappunto in occasione
della pubblicazione di una storia dellarte italiana, un Tutto Longhi, senza una sola
illustrazione, chiosando: Che risulta peggio che dimezzato, tradito, ridotto a
esempio di puro belletrismo, quasi esempio di sartoria, di pseudo eleganza per
dirla [] con le parole sottili e inappellabili del mio antico maestro. Era infatti
ben vivo in lui il ricordo durante le mattine nevose, nellaula delle proiezioni,
del commento del Maestro alle immagini nuove ed emozionanti della lanterna
magica, dei tagli inediti e fulminei, gi incontrati nella prima edizione del Piero
come cosa nuovissima, delle giornate intere che il grande connaisseur passava a
visitare con i suoi allievi palazzi e chiese mai prima visti da nessuno, a sfogliare
libri e scorrere montagne di fotografie.
Ecco pertanto decidere di costruire la propria pagina critica intorno a una riproduzione, che poteva conservare i colori e colpire immediatamente locchio
del lettore. E la scelta non poteva essere che nella direzione dei capolavori, dal
momento che egli credeva fermamente che soltanto la poesia fosse portatrice di
verit assolute, superando il contingente e il divenire s che, libera dalle scorie e
dai limiti del momento storico, potesse entrare, con le parole di Proust, nel tempo
allo stato puro.
Muovendosi tra storia, scienza dellarte, ricerca ed estro individuali nel segno
delle ragioni delluomo e della poesia, tracciando cronologicamente allinterno
di ogni sezione per i suoi lettori le linee portanti ed essenziali di epoche storiche
ed esperienze artistiche, Bertolucci parla della nascita di un genere; mostra i nodi
cruciali, le connessioni e le distanze; disegna una mappa, non dettagliata ma certamente esauriente, dei tempi e delle correnti, per giungere ogni volta allartista

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linee artistiche, a condividere infine la sua lettura. Questa che vedete scrive ad
esempio presentando la Madonna col Figlio della Sacra Rappresentazione di Bellini
una delle tante che Giovanni Bellini ha dipinto. Eppure guardatela; o ancora
(ma gli esempi possono essere molti), ricordando che spesso Leonardo e gli altri
grandi pittori tra Quattrocento e Cinquecento sono entrati nella cultura comune,
magari attraverso unoleografia appesa nella stanza da letto, aggiunge non senza
un sorridente lampo dironia: giusto che sia cos, ma augurabile che ormai,
con le tante forme di divulgazione che ci sono in giro, (mettiamoci pure modestamente anche le controcopertine del Gatto Selvatico) il gusto si vada allargando
e approfondendo, cos che locchio possa ugualmente godere, lanimo parimente
commuoversi, del morbidissimo, sapientissimo sfumato di Leonardo e del severo
chiaroscuro di Giotto.
Di pi, il non essere obbligato, proprio per la sede scelta, a considerazioni e
riferimenti biografici minuziosi accresce la libert critica e stilistica dello scrittore
e permette, proprio comegli aveva osservato in Cecchi, la giusta misura dellessay
a lui congeniale. Di questa giusta misura, contenuta in modo perfetto sulla
pagina, il poeta conservava un piacevole ricordo, vantando la perfetta rispondenza
dellarticolo, dettato alla segretaria, alla pagina, sulla quale si ammira lopera o il
particolare: Dettavo le controcopertine senza mai dover aggiungere o togliere una
singola parola o frase.
i

esemplarmente scelto e allopera singola che ne dimostri laltezza e loriginalit.


Quando, per esigenze della sua storia a puntate, Bertolucci deve riprendere fenomeni artistici gi presentati non mai ripetitivo, ma sa variare sia i suoi incipit a
carattere generale, in cui inserisce artisti importanti per lo sviluppo dellarte, sia
gli elementi di raccordo tra unepoca e laltra, disegnando panorami con semplicit
e fluidit, trasparenza e chiarezza. E se inevitabile richiamare nomi gi presenti
in articoli precedenti, lo scrittore sa sempre ricreare lo spirito del tempo e il carattere saliente dellacquisizione o della rivoluzione del singolo artista per il divenire
dellarte occidentale.
Scorrono quindi dinanzi al suo lettore, chiamato ad osservare e a condividere i
pregi e lessenza dellopera, i movimenti pi significativi della classicit e della
modernit, il loro pieno affermarsi e il loro affievolirsi per opera degli epigoni e dei
dilettanti, laffacciarsi del nuovo in polemica con lantico, il paese e la civilt che
lha generato, fino a considerare nuovi metodi come la fotografia, che contamina
positivamente con la sua obiettivit, i suoi tagli reali la pittura di un Courbet
(Signore sulla Senna), i cui quadri da unobiettivit allapparenza fotografica, raggiungono una severa monumentalit, un senso dassoluto e di necessario, mentre
una certa animalit malinconica, un certo peso greve del corpo fa pensare a Baudelaire. Non solo. Se consideriamo la sezione in cui Courbet inserito, Gli Ismi
dellarte moderna, appare subito la dote somma dello scrittore di percorrere esperienze complesse con penna sicura, sapendo perfettamente districarsi nel territorio
pi vivo e fertile dellarte otto-novecentesca. chiaro che su qualche movimento,
come il Romanticismo, il Realismo o lImpressionismo, egli torna ad insistere,
avendone gi parlato in altra sezione, ma quella anche loccasione per meglio
definire e soprattutto per presentare un pittore tralasciato in altra sede (Ragazza
che si pettina di Renoir avrebbe potuto essere collocata nella serie dedicata al ritrat-

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to), al quale non si voleva rinunciare, per la straordinaria rispondenza


tra il soggetto umile, la domestica
del pittore dorigine contadina nel
prof ilo leggermente camuso, e la
sublimazione della bellezza. Di altri
movimenti mostra tutta la novit,
facendo nomi di artisti coevi, rivelando debiti e distacchi, riferendo anche
i principi teorici che li hanno sorretti,
ma isolando il quadro che ha superato le teorie col fuoco dellimmaginazione e dellarte: il puntinismo
di Seurat (Pomeriggio domenicale sulla
Grande Jatte), che ricompone il quotidiano in unassorta sublime distanza; il fauvismo di Derain (Vigneto in
primavera), che ritrae la natura caricando i colori e tutto agitando in un
impeto di ebbrezza; lespressionismo di Macke (Passeggiata sul ponte),
che, risentendo della scomposizione
cubista, non cela la malinconia dellanima germanica; il surrealismo di
Dal (Giraffa che brucia), che insegue
un suo incessante immaginare (sogno

La famiglia Bertolucci al completo. Da sinistra in piedi


Giuseppe, Bernardo, Attilio e la moglie Ninetta. Parma, 1958

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o incubo?); lastrattismo di Kandinsky (Triangoli in curva), che mescola fantasia e


geometria in una partitura che si avvicina alla musica. Quella musica che, come la
letteratura, rintocca di frequente nei commenti di Bertolucci, indicando affinit e
superamento dei confini tra le arti.
Un discorso a parte merita larticolo sul Futurismo, perch ne riconosce la funzione di rottura nel panorama italiano e la risonanza internazionale, ma ne limita
la portata teorica (le enunciazioni di principio, formulate pi che altro da Marinetti, sono spesso confuse e qualche volta ingenue), salvando peraltro la tensione
coloristica, la scomposizione delle forme plastiche, il dinamismo della luce e il
fare della pittura uno strumento di conoscenza. Di questo lesempio pi alto il
quadro Stati danimo I - Gli addii di Boccioni, opera che, superando divisionismo e
cubismo, trasferisce in unit movimento, visualizzazione di sentimenti per onde
cromatiche e realt.


Lhumus in cui lartista si formato, gli studi e gli incontri,
le curiosit e le specializzazioni, sono la premessa storico-critica perch si entri
nella lettura-traduzione verbale del testo figurativo. Traduzione verbale che si
avvale s del linguaggio letterario, ma allo stesso tempo, con Longhi, di forme
di linee e colori. Non mancano le indicazioni delle somiglianze tra pittori anche
lontani del tempo, di fonti classiche nel moderno, di anticipazioni (Velzquez che
guarda a Caravaggio; El Greco ai bizantineggianti e ai Veneziani, al Tintoretto
in particolare; Goya che da radici accademiche giunge a unarte solo sua); di
accostamenti che possono apparire sorprendenti (tra le ombre dirupate e ferme
dellautoritratto di Czanne e il volto dellAdamo di Masaccio, ad esempio, o tra

i ritmi degli oggetti nello spazio di Morandi e la monumentalit di Giotto e di


Masaccio o, ancora, tra la poesia ampia e distesa degli operai di Lger e le serene
decorazioni a fresco delle cattedrali antiche); di approdi di grande novit morale
e stilistica preannunzio di modernit, come accade in Picasso che rende omaggio a
Las Meninas o in Monet , che rimanda, con esito meno potente, al Tre maggio 1808
di Goya. Ma riconoscere una tradizione, uno stile, suggerisce Marisa Volpi, era
proprio di Longhi come lo era leggere lopera nei mezzi despressione che fossero
luce, colori, composizione.
A Longhi e al suo storicismo stilistico risalgono certamente le due linee interpretative dellarte italiana: quella disegnativa, che si distende in linea plastica e
in linearistica, al cui centro luomo (linea umanistica), come osserviamo nei
primi testi su Cimabue, Giotto (con richiami a Masaccio), su Cosm Tura (con
richiami alla scultura di Donatello, a Mantegna e ad altri ferraresi, Ercole Roberti
e Francesco del Cossa) e, proseguendo nelle tavole, su Leonardo e Caravaggio
per giungere a Giovanni Fattori e a Pietro Longhi; quella coloristica, che ha al
suo centro la grande sintesi prospettica di forma e colore identificata da Longhi
in Piero della Francesca, da cui nasce la rivoluzione di Giovanni Bellini e dei
Veneziani e che prosegue, con variazioni dovute alle mutate condizioni storiche,
sino a influenzare lImpressionismo. Anche il testo su Canestra di frutta di Caravaggio, introdotto dal soffio impetuoso che trasforma il classicismo idealizzante
del Rinascimento in realismo di tale potenza da aprire la strada a tutta la pittura
europea del Seicento, trova nelle lezioni longhiane, la sua prima fonte. Non solo
quello che Longhi definisce specchiatura diretta della realt, qui diviene presa
diretta sulle cose, sugli uomini, che popolano quadri sacri e profani con la stessa
carica di vita e di sangue, ma la scelta della natura morta da presentare ai lettori
del Gatto Selvatico, che definisce la prima nella storia dellarte non in fun-

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zione di racconto, ma di soggetto del quadro, evoca la natura morta per s sola
di cui parla Longhi, ripetendone anche linterpretazione l dove scrive che ci
presenta un cestino vero, della frutta vera, anche bacata, delle foglie vere, anche
appassite. Non diversamente leggiamo in Caravaggio del maestro bolognese: Il
Caravaggio aveva invece dipinto la cestina comune dellaffittacamere colma di
frutta a buon mercato; dove perci accanto alla mela sana, non mancava mai quella
bacata; cos come nei pampini del Bacco, accanto alle foglie virenti, ci sono anche
quelle vizze e scolorite, come Dio manda.
Da queste linee portanti si diramano le sezioni dedicate alle diverse esperienze
europee dei secoli che vanno dal Quattro-Cinquecento al Seicento e ai secoli
seguenti, sempre con un occhio assai attento al rapporto tra civilt e suoi contrasti
e cambiamenti, vita individuale e opere. Le influenze del classicismo fiorentino
emergono subito nella pittura tedesca con Drer, che manifesta il bisogno di far
propria larmonia italiana, coniugandola con la natura aspra e dolente della sua
anima nordica; anima che prevale, senza compromessi con il bello, nel troppo
umano e nel sentimento religioso e tragico di Grnewald, mentre Altdorfer sente
la natura con un soffio cos grandioso da anticipare Hlderlin e Beethoven e ne
fa lo sfondo di un evento sacro svariante di tinte di grande forza poetica. Trattando
poi della pittura fiamminga naturale che sia sottolineata la natura pi empirica dellarte di Fiandra rispetto alla pi ideologica arte italiana. Eppure quanti
interscambi vengono alla luce dalla presentazione di Bertolucci s che limpronta
fiamminga si coglie nei quattrocentisti ferraresi, in Antonello da Messina, mentre
impronte francesi e della nostra arte si ravvisano in Van der Weiden e in Van Eych.
Nella lettura dei dipinti offerti allo sguardo dei lettori emergono, accanto al virtuosismo tecnico, la resa lenticolare della realt del Ritratto dei coniugi Arnolfini di
Jan Van Eych, divenuto pura contemplazione e astrazione; laderenza alla realt

di un giorno qualsiasi nei Cacciatori nella neve di Bruegel il Vecchio; gli umori
naturalistici e vitali e larmonia di contrastanti colori del Paesaggio con Filemone e
Bauci di Rubens.
Anche nella pittura spagnola acquisizione individuale e spirito dellet si connettono, s che El Greco accostato a Velzquez e a Goya, ma unico a rappresentare
la grande arte di chi ha dipinto, con sintesi visionaria e deformazione irrealista,
deformazione gi presente nellarte dai pittori senesi a Simone Martini a Modigliani, un ritratto (Frate Ortensio Paravicino) in cui si esprime il fuoco notturno di
un volto, in gara con la drammaturgia del Don Carlo di Verdi. Allo stesso modo
lillusionismo di Velzquez, che si rif a Caravaggio e pi indietro a Masaccio e a
Giotto, ferma in Las Meninas con una straordinaria verit un gruppo di famiglia
spassionato, privo di qualsiasi appiglio intellettuale, di qualsiasi intenzionalit,
s che pare che non sia larte a riprodurre la vita, ma sia la vita stessa ad aprirsi su
un giorno perduto. Goya infine rappresenta nel drammatico Tre maggio 1808 la
realt della violenza e della miseria nel suo farsi, ma la sublima investendola del suo
impegno morale e stilistico.
Altra laria che si respira al leggere le tavole della pittura inglese, con risultati alti
a partire dal Settecento e inoltrandosi nellOttocento da parte di artisti capaci di
rappresentare la societ del loro tempo. Ricorrono qui i nomi di poeti assai frequentati da Bertolucci, Coleridge e Wordsworth accanto ai pittori Turner e Constable per il sentimento e lelegia della natura che essi esprimono in sommo grado.

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Verit del reale e creazione artistica divengono lungo gli articoli un binomio indissolubile su cui insistono le predilezioni e le scelte di Ber-

tolucci; e certamente fu la frequentazione dellarte moderna e contemporanea a


influire sulla sua pagina, che si fa pi complice e appassionata quando si sposta tra
800 e 900. Allora si colgono alcune istanze che lo rendono pi vicino a Francesco Arcangeli nel lasciar affiorare, pur con tratti lievi e mai insistiti, referenti
psicologici ed esistenziali. A differenza di Longhi che, crocianamente, riteneva
che fosse il poeta a trasfigurare per via di linguaggio lessenza psicologica della
realt, mentre il pittore ne trasferisce lessenza visiva, era stato infatti Arcangeli
a spostare laccento sul valore esistenziale dellarte, sottolineando la condizione
e lessenza ultima dellarte come peso e necessit di vita, come coscienza della
condizione umana e del passare del Tempo. Aggiungeva inoltre che, se vi una
specificit dellarte per cui arte arte e non altra cosa, essa anche legata con
radice profonda a un certo esistere nella vita. Ed era stato Bertolucci a rammentare a Vittorio Sereni che Arcangeli in un bellissimo saggio sugli impressionisti
aveva parlato anche per la loro poesia: una poesia del tempo fisico, con Sereni
fedele al tempo vissuto e capace di rinnovare lo sguardo sulla natura e di mettere
a fuoco, sui dati dellesperienza, lampi di verit.
Il pensiero dellesistenza umana si accentua particolarmente quando affronta la
pittura americana e la pittura dellet industriale. Un terreno che conosce assai
bene, incontrato nei molti film da lui visti e nei molti romanzi letti, un mondo che
lo appassiona al pari dei grandi poeti anglosassoni che hanno determinato la sua
formazione. E se i cenni a Melville o a Stephen Crane sono rapidi, com giusto,
essi servono a dare sostanza di luoghi e di cultura al mondo artistico. DallAmerica emerge cos Homer, che, gi disegnatore dalla penna incisiva di istantanee di
guerra, anticipa il taglio cinematografico nella composizione di un Gioco di ragazzi
usando colori del tutto nuovi, caldi di terra e di legno: lora di un giorno qualunque rapita per sempre al flusso crudele del tempo, e divenuta, per lobiettivit

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estrema del pennello che lha colta, di un incanto


remoto, straziante. Torna il grande cinema
americano di Griffith e di Chaplin, capace di
rendere lintreccio di durezza e di speranza (il
Monello fu un film fondamentale della formazione di Bertolucci) nella lettura del Ponte di Willis
Avenue di Ben Shahn, non opera di denuncia ma
verit della solitudine, senza sentimentalismi o
ornamenti.
Non poteva una rivista come Il Gatto Selvatico, che aveva accompagnato come house organ
gli sviluppi di una grande compagnia industriale, tralasciare larte dellet delle macchine. E Bertolucci non si sottrae al compito, pur
avendo, come si detto, lasciato la direzione
dopo la morte di Mattei. Naturalmente registra il rifiuto di quei pittori che, contro la meccanizzazione, desiderano tornare alla natura;
manifesta, scrivendo del Futurismo, riserve per
gli esiti che portarono al Fascismo, ma presen- Attilio Bertolucci mostra un disegno di Zavattini
ta, per sottolineare il momento pi ottimistico esposto nella casa del regista in via Carini.
della rivoluzione industriale, il quadro Esperi- Roma, anni 70
mento con una pompa ad aria dellinglese Joseph
Wright. un artista minore, ma Bertolucci sa che talvolta i minori possono
illuminare unepoca, aggiungere, come in questo dipinto, umanit allesperimento scientifico nella desolazione dello sguardo di bambini. NellOttocento

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Turner a dipingere Pioggia, vapore e velocit con spirito naturalistico e romantico.


Ma lopera che Attilio Bertolucci predilige tra i quadri che raffigurano temi e
stazioni ancora un Monet, La stazione di Saint-Lazare, che non documenta ma
interpreta cromaticamente il tema.
Sembra che siano piuttosto gli innesti di poesia nella registrazione della vita contemporanea a colpire il critico darte: laeroplano che sinnalza nella ferma, stupefatta atmosfera di un pomeriggio di domenica di Pescatori con la lenza di Rousseau;
le macchine inutili, non prive di grazia di Parata amorosa di Francis Picabia; il
mostro che avanza, incubo o proiezione dellinconscio, vaga immagine duomo,
macchina inutile ornata da una assurda manica di pizzo dellElephant Celebes di
Max Ernst; la resa inedita, senza realismo polemico n patetismo, del quotidiano
degli operai nello studio per I costruttori di Lger; la sintesi di stile del Camion giallo
di Mario Sironi, stile impastato e doloroso che affianca al mezzo meccanico
le orbite vuote delle case delle periferie urbane, simbolo della triste condizione operaia; il trofeo di cucina tra pittura e scultura infine della Stufa di Claes
Oldenburg, la cui adesione alla Pop art significa documentare con ironia o forse
con critica spietata oggetti della societ dei consumi, oggetti delluso comune
che sopravvivono solo grazie al gesto dellartista. E si noti come anche dinanzi a
molte di queste opere, fortemente allusive alla modernit, Bertolucci porti sempre
il suo sguardo allindietro ora allarte classica ora alla moderna (le decorazioni a
fresco delle cattedrali antiche per Lger o i maestri italiani classici e Czanne per
Sironi).
In questo modo la Storia dellarte di Attilio Bertolucci trova uno sviluppo coerente
che abbraccia in una visione aperta e continuamente vitale le linee profonde, ma
mai perse, di un processo che per lo scrittore nasceva dalla vita e dallumano e,
con succhi ispiratori diversi e nuovi, alla vita tornava. Come Longhi gli aveva

insegnato: cavare sempre qualcosa di vero, un segno di vita e dunque darte, il cui
motivo unico, anche nellet di maggior formalismo [] la vita e non pu essere
altro (Lora della lezione).
Il ricorso ai principi della fedelt al vero e della libert creativa dellartista
evidente gi nelle prime tavole di Storia della pittura: se sullastratto fondo oro del
Profeta della Madonna in Maest di Cimabue la plasticit ridona forza morale alla
figura umana e anticipa lumana sintesi di Giotto, nel bellissimo pezzo su Piero
della Francesca chegli riconosce nel ritratto di Battista Sforza il vero trasposto
sul piano dellarte con una fedelt assoluta. Ma si rammenti: per Bertolucci
fedelt dellarte significa ricreazione e invenzione. la sua poetica ad essere
tangente a questo principio, cui rester legato durante tutta la sua opera, trasfigurando la vita nella poesia della grandiosa Camera da letto. Nel racconto darte
del Gatto Selvatico egli ritorna con insistenza alla fedelt al vero, accostando quei pittori che hanno saputo restituire visione e durata alla realt da essi
percepita e contemplata. dapprima Morandi, a lui carissimo, che nella Natura
morta senza scomporre il vero, come Picasso, deformarlo, come Modigliani, ha
saputo ricrearlo per noi in maniera miracolosa. Ma, dopo di lui inserito a buon
diritto nella Storia della pittura, vengono altri maestri, gli artisti vissuti tra 800 e
900 che aveva maggiormente ammirato nelle esposizioni veneziane, alle quali
si accennato, artisti i cui nomi si riaffacciano nelle tavole della rivista di Eni,
resi protagonisti di passi in cui pi vibrante e partecipe appare la sua esposizione.
Certe intime risonanze, vere e proprie intermittenze del cuore, si manifestano
con gli impressionisti e i paesaggisti, i pittori dinterni, i contemporanei. Anche
risultati pi duri calligraficamente (vedi lespressionismo di Macke) che fanno
pensare a fratture dellanimo, lasciano echi sulla pagina, mentre, daltro canto,
egli si rifugia nella freschezza e nella felicit incantevole dei fauves dallallegra

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fiammata, di tutti quei pittori supremi che hanno saputo dipingere un po di luce
vera, come recita lepigrafe da lui apposta ai suoi versi giovanili.
Quando apre la sezione Maestri della pittura moderna il suo consenso pieno per
quella liberazione dellartista da temi e da regole dobbligo, gi avviato in Italia
dai Macchiaioli e dal maggiore tra questi, Giovanni Fattori, ma portato avanti
da personalit pi spiccate in Francia. Ed Monet, il pi puro e a lui affine, ad
inaugurare la serie con Neve ad Argenteuil, in cui la resa precisa eppur poetica della
natura, colta nel fluire del tempo, nel mutare delle ore, nel trascolorare dei colori
sa dare eternit alla fugace ora del giorno con tanta verit e poesia, con tanta
poesia appunto perch con tanta verit. Ma anche Czanne, che dallimpressionismo si allontana per superarne la visione sensuale e istantanea, ricostruisce il vero
(I giocatori di carte) in una sintesi prima mentale, poi formale, poderosa, eterna.
Non lontano dalla libert degli impressionisti, da lui accentuata, Van Gogh, che
piegando la natura alle pi intense emozioni, cerca nello Scolaro uninteriore significazione, la verit psicologica di una solitudine che i colori rivestono; e ancora,
in questa serie di pittori di grande rinnovamento pittorico, Gauguin, che, dipingendo le Femme de Tahiti ou sur la plage dona forme semplici e colori interi a paesi
e volti primitivi; Matisse (Donna con la collana dambra) che fa squillare i colori
in accostamenti inusitati, trasferiti la linea e i colori reali in direzione simbolica;
Utrillo, i cui paesaggi e i cui angoli di Monmartre (Rue lAbreuvoir) sono inventati, anche se con fedelt al vero, e quasi sognati [] visione che dellanima prima
che dei sensi; Modigliani (Ragazza con trecce), che reinventa nella sua dolcissima e pura linea allungata quello che nella sua vita di maudit vede ogni giorno;
Chagall (Il gallo), che, partendo dal sogno arriva alla realt e la crea nel suo ritmo
teneramente fantastico, nella sua invenzione freschissima, nel colorismo candido,
barbarico e raffinato; il mistico Rouault (Cristo deriso), che ha rappresentato il

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sulla luce che poggiano alcune tra le interpretazioni pi
significative di Bertolucci, quella stessa luce che, nelle sue prime raccolte in versi,
rivela le cose, le illumina, bagna lintonaco, tenendo lontana lombra dalla soglia
della casa, il buio del dolore. Sono soprattutto le prove luministiche di Vermeer
a rivelare lintreccio di verit e poesia, la resa artistica del sentimento del Tempo.
Modello altissimo, del quale Bertolucci propone sia La donna che scrive una lettera
alla presenza della domestica sia La merlettaia, Jan Vermeer rappresent la quiete

dellanima seicentesca, offrendo una meditazione assorta, intensa, quasi metafisica, della vita domestica, nellimmobilit e nella relazione spaziale delle figure,
nella magia sapiente della luce che ora bagna la porosit dorata della parete, lincontrarsi di luce e ombra sul volto della ricamatrice, ora intride e modella col suo
miele la stanza e la scrivente della Lettera, mentre il Tempo si percepisce nel suo
lento scorrere. Ancora la luce e il Tempo sono il segreto sia della scena notturna
della Lampada a petrolio di Bonnard, lampada che rode loscurit del crepuscolo
tutto dorando e avvampando nel suo quieto, meraviglioso filare, sia del Duetto
di Braque, le cui scomposizioni cubiste lasciano riconoscere la forma delle cose
nel gioco di una luce capricciosa e insieme geometrica, nel passaggio prezioso
di luce-ombra e addirittura in una sonorit un po stridula, agra ma fresca. Luce
e ombra sono parte della tavolozza del poeta di Viaggio dinverno, la raccolta in
cui pi insistente si fa il pensiero della fine e della corsa inarrestabile del tempo
umano. Eppure allarte, ai suoi messaggi, che Bertolucci, il quale intitola un suo
componimento La consolazione della pittura, chiede non solo la perfezione della
forma, il sentimento delluomo e della natura, ma anche ristoro e conforto dallinesorabilit del transito perenne della vita. Anche nelle tavole del Gatto Selvatico si odono sparsi echi di un mondo lacerato, amari pensieri che riguardano il
presente, le sue contraddizioni, la precariet del divenire. Il passato ne investito,
come nel testo su Giotto: a Giotto, come a Dante, che possiamo chiedere
insieme la consolazione dellarte e il messaggio spirituale: perch la nostra epoca,
non meno dura di quella in cui essi vissero, ne sente, malgrado le apparenze,
profondamente lesigenza. O ancora in Tiziano, dove, dopo aver magistralmente
letto la Flora, cui il pennello carico di succhi e intriso di luce d unit, rendendola simbolo della bellezza e della giovent, annota: Al nostro occhio, e al nostro
animo di moderni, avvezzi ad unarte duramente impegnata a rappresentare un

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dramma della Passione spremendo dalla vita del suo tempo i motivi del dolore
e dellamore, della speranza; Mondrian (Albero rosso) infine, artista che chiude
lesperienza figurativa della natura per aprirsi allassoluto di forme astratte, accordi
chiaroscurati a scacchiera di colori, reticoli spezzati.
Il tema del vero, unito a quello della natura, percorre naturalmente, insito com
nel cuore e nella mente di Bertolucci, anche le altre sezioni ed in particolare quelle
dedicate al paesaggio: facendo scorrere davanti al suo lettore larte del paesaggio
attraverso i secoli, da quinta teatrale sublimemente semplice nellarte trecentesca
al lucido senso spaziale, narrativo e drammatico dellarte del Quattrocento, ai
paesisti veneti agli Impressionisti, supremi poeti della natura, lascia affiorare il
pensiero del rapporto con la propria terra, che il pittore, come il poeta, trasferisce
idealizzata sul piano dellarte. E mentre, passando al secolo dei Lumi, mette in
risalto lintelligenza razionale e lucida della natura e il rilievo dato alla precisione
ottica e cristallina (il nitore favoloso di Canaletto, ma lopera riprodotta, Veduta
della Gazzada, oggi attribuita al nipote Bernardo Bellotto), gi ci conduce, spostandosi allOttocento, nuovamente nel terreno impressionista.
i

mondo lacerato e ferito, la colata aurea di luce e colore che la Flora tizianesca pu
alle prime apparire lontanissima, irraggiungibile. Ma basta che ci lasciamo andare,
perch ne restiamo dolcemente sommersi, e, alla fine, consolati e come guariti.
Ma quando il poeta si avvicina al contemporaneo, pi frequente si fa il richiamo
ai turbamenti della vita, alla durezza della civilt di massa e delle megalopoli (si
leggano le parole dedicate ai relitti angosciosi del Ponte di Willis Avenue di Ben
Shahn). Basti ricordare quanto scrive sulla pittura americana, sullAction painting
e su Pollock in particolare, la cui pittura evocata, con Giovanni Raboni, dagli
effetti di colata informe e di sgocciolamento e oltraggio della sintassi di alcune
liriche di Viaggio dinverno.
Egli sa bene che la magia o il mistero dellarte fanno scoprire atmosfere impensate,
connessioni segrete tra ci che trascorso e limprovviso affiorare della memoria
involontaria, delle evocazioni e delle epifanie che interrompono il viaggio senza
ritorno. Sono larte e la poesia a salvarci, scrisse in una recensione ad una mostra
del pittore Pompilio Mandelli alla Medusa del 1957, commosso da una giornata
di una vita cos intensa da stordire, da una piena damore per la bella natura che
in questo momento cos, e cos non sar pi e nemmeno noi, se non ci fosse la
poesia, larte a salvarci. Sono quasi le stesse parole usate nellagosto 1961 per Las
Meninas di Velzquez finestra aperta su un giorno del tempo perduto (ma fermato
per sempre con una verit da stordire).
Allarte dunque il compito di dare ai luoghi, alle cose e ai volti, alle ore del giorno e
alle stagioni il colore e la forma dassoluto; il compito di arrestarli per sempre, di
rivelare il loro mistero, latemporalit del loro essere cos e non pi altro, lessenza
di Verit e Bellezza - Bellezza e Verit. il verso che chiude lOde su unurna greca
di Keats, verso che Bertolucci fece suo perch questo il privilegio dellarte: dare
eternit alle cose. Investite dal motivo del Tempo le opere darte, che la penna

del poeta descrive dallinterno, facendole esistere con le sue parole, portano tutte,
accanto alla perfezione tecnica e visiva di linee, volumi, spazi, forme e colori, il
segno di un mondo perduto e di un tempo senza tempo, che impregnato, come
scrive di Chardin, di una poesia tanto pi straordinaria quanto pi segreta e della
luce vera e perenne di un momento di vita e di poesia.

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Cimabue

Amedeo Modigliani

Giotto

Marc Chagall

Piero della Francesca

Georges Rouault

Giovanni Bellini

Piet Mondrian

Cosm Tura

Pieter Bruegel il Vecchio

Leonardo da Vinci

Hieronymus Bosch

Tiziano Vecellio

Rembrandt

Caravaggio

Jan Vermeer

i maestr i della pittur a


Pietro Longhi

Diego Velzquez

Giovanni Fattori

Francisco Goya

Claude Monet

Matthias Grnewald

Paul Czanne

Albrecht Altdorfer

Vincent Van Gogh

William Turner

Paul Gauguin

John Constable

Henry Matisse

Antonio Ligabue

Maurice Utrillo

dicembre 1955

Madonna in Maest

Cimabue
Galleria degli Uffizi - Firenze

La pittura italiana comincia con Cimabue, che nato a Firenze
nel 1240 e morto circa nel 1302, innesta sulla tradizione preziosa ma sterile del
bizantinismo, dominante da secoli non soltanto in Oriente ma anche in Occidente,
il vigoroso realismo della scultura romanica.
Il frutto supremo di questa sintesi sar la pittura di Giotto, del tutto compiuta nel
suo linguaggio formale, inconfondibilmente italiana come la poesia di Dante a
essa contemporanea.
In questo particolare della Madonna che sta agli Uffizi, la personalit di Cimabue
si afferma in tutta la sua severa grandezza: dal fondo oro, ancora astratto, secondo
la maniera simbolistica dei bizantini, ma gi reso concreto per il trono che vi si
inserisce dando una illusione nuova di profondit, il Profeta si stacca con una forza
indicibile.
La plasticit con cui resa la sublime figura del vecchio non un puro risultato tecnico di superamento della piattezza cui era ridotta la pittura precedente, ma unaltissima affermazione di forza morale. Cimabue, ridando corpo alla
figura umana, come avevano fatto qualche tempo avanti nella pietra e nel marmo
Benedetto Antelami e Nicola Pisano, libera la pittura dal formalismo calligrafico
dei bizantini.
Per molti italiani Cimabue rimane il mitico maestro di Giotto, il pittore gi
affermato e disinteressato che un giorno, per caso avendo scoperto un pastorello
intento a disegnare sulla pietra, lo porta con s e ne fa il pi grande pittore del
secolo. Non sappiamo quanto ci sia di vero nella leggenda, quel che certo che

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Cimabue rappresenta un momento necessario nella storia dellarte, fra la splendente ma fredda tecnica bizantina e la pittura di Giotto, umanissima anche se tutta
vibrante di sentimento religioso.
Purtroppo, di Cimabue rimangono pochissime opere sicure: gli affreschi notevolmente guasti della Basilica superiore di San Francesco in Assisi, la Madonna in
Maest da cui tratto il particolare che pubblichiamo, e qualche altro dipinto su
tavola.
i
febbraio 1956

Madonna di Ognissanti

Giotto
Galleria degli Uffizi - Firenze

Giotto nato a met del Duecento come Dante: la sua importanza per la storia della pittura non inferiore a quella che ha lautore della
Divina Commedia per la storia della letteratura. Entrambi avevano avuto, luno in
Guinizelli laltro in Cimabue, lavvio giusto: ma quanta strada in avanti dovevano poi percorrere. Tanta che noi oggi, guardando alle loro opere, sentiamo che i
secoli e le personalit, anche grandissime, venute dopo di loro, non hanno aggiunto nulla di essenziale alla loro compiuta perfezione.
Gi del tutto libero dalle astrattezze
a Giotto, come a Dante, che possiamo
bizantine, Giotto, rinarrando nei cicli
chiedere insieme la consolazione dellarte
di affreschi di Assisi e di Padova le
e il messaggio spirituale: perch la nostra
storie di san Francesco e di Ges, racepoca ne sente profondamente lesigenza.
conta sublimemente la storia delluo-

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Con Piero della Francesca siamo gi nel Rinascimento: la
pittura, che abbiamo visto in Cimabue liberarsi con difficolt dai legami della

sublime ma sterile astrazione bizantina, e in Giotto farsi di una concretezza tanto


pi assoluta quanto pi ferreamente armata di spirito religioso, ha gi avuto nei
primi del Quattrocento, in Masaccio, chi le ha dato la forza di poggiare del tutto,
intrepida, sulla terra.
LUmanesimo, con la riscoperta e lo studio degli antichi, ha fornito agli artisti gli
strumenti per misurare lo spazio, s da poter inserire luomo, per la prima volta
sentito nel suo peso corporeo ma equilibrato di consapevolezza spirituale, entro
la Natura. Che si apre, come vedete in questo paesaggio slontanante allinfinito
dietro il profilo cristallino della duchessa Battista Sforza, non pi scenario inventato dal vero ma vero trasposto sul piano dellarte con una fedelt assoluta.
Il volume del busto fermo e del volto impassibile, che fa pensare alla geometrica esattezza della scultura egizia, viene ravvivato dal tocco della luce meridiana che intride le perle della collana come, in una rispondenza perfetta, le
merlature dei castelli: cui il grande pittore ha dato insieme funzione simbolica
di emblema della signoria ducale e naturalistica di rappresentazione del paese
umbro-tosco-marchigiano.
Questo ritratto, che si trova agli Uffizi con quello, compagno, di Federico di
Montefeltro duca dUrbino e marito di Battista Sforza, fu dipinto dal pittore della
Francesca circa nel 1465. Piero della Francesca lespressione pi alta della maturit piena e dorata cui larte italiana giunta a met del Quattrocento: in questo
quadro piccolo eppure senza limiti confluiscono la plasticit di Masaccio e la luce
di Domenico Veneziano, la scienza prospettica di Paulo Uccello e persino il colorismo prezioso dei fiamminghi. Tutti questi precedenti, che rappresentano la varia
essenza del primo Rinascimento figurativo, al fuoco intellettuale della mente di
Piero, teorico oltre che creatore sommo, raggiungono una nuova, originalissima,
inimitabile sintesi.

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mo, le sue gioie, i suoi dolori, le sue angosce e la sua speranza. Infatti la divinit
non per lui superbamente stilizzata, ma umilmente resa nel suo peso corporeo,
veramente incarnata. Lo spazio, come si vede nel trono di questo particolare della
Madonna che sta agli Uffizi, appena segnato illusionisticamente sul fondo ancora
dorato; ma le figure, per effetto del chiaroscuro possente, risaltano con una plasticit mai prima raggiunta nella pittura. Severit e dolcezza si fondono in questi volti
presi nellestasi della contemplazione, eppure consapevoli della condizione umana.
Il colore, come sar in tutta la pittura fiorentina sino a Masaccio e a Michelangelo,
non squilla n splende, ma si distende quietamente entro la struttura monumentale
del volume, non gi a rivestirlo, ma a rivelarlo con maggior forza. Il pi antico dei
grandi pittori italiani anche il pi moderno: mentre la fastosa ricchezza coloristica
e il virtuosismo tecnico dei maestri del Rinascimento, pur suscitando in noi ammirazione e stupore, raramente ci commuovono, le figure gravi, gli sfondi essenziali, i
colori sobri di Giotto trovano la pi grande rispondenza nel nostro animo.
a Giotto, come a Dante, che possiamo chiedere insieme la consolazione dellarte
e il messaggio spirituale: perch la nostra epoca, non meno dura di quella in cui
essi vissero, ne sente, malgrado le apparenze, profondamente lesigenza.
i
marzo 1956

Ritratto di Battista Sforza

Piero della Francesca


Galleria degli Uffizi - Firenze

La lezione di armonia dellarte pierfranceschiana trover rispondenza soltanto in


Raffaello, che senza indebolirne la struttura, laddolcir miracolosamente.
i
aprile 1956

Sacra conversazione Giovannelli

Giovanni Bellini
Gallerie dellAccademia - Venezia

A met del Quattrocento, portata avanti dal supremo sforzo
conoscitivo e creativo dei maestri toscani, la pittura italiana fiorisce con una ricchezza mai prima raggiunta. E fiorisce un po dovunque, traendo dalla terra dorigine i succhi vitali che la nutrono e la differenziano, pur nella generale, aurea
misura del Rinascimento.
Gi in questo secolo la grande alternativa alla tradizione plastica toscana vien data
dai pittori di Venezia, compresi quelli che nellentroterra ricevono la mobile luce
naturale della laguna e il sublime riflesso del colorismo bizantino, tenacissimo qui
anche per il durare dei rapporti commerciali con lOriente.
La Madonna che riproduciamo, e che si trova nella Galleria dellAccademia di
Venezia, opera della prima maturit di Giovanni Bellini, figlio e fratello di
pittori, quasi simbolicamente rappresentativo, nella sua carriera dartista, di tutto
il cammino della pittura veneziana. Partito infatti dalla maniera ancora un po
chiusa nel formalismo protorinascimentale del padre Jacopo, divenuto poi pi
liberamente spaziale nella composizione e morbidamente naturale nella resa delle
figure, finir per toccare la nuova sintesi espressiva di luce e colore dei suoi grandi
scolari allalba del Cinquecento, da Giorgione al Tiziano.

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Quante Madonne sono state dipinte nellarte italiana, da Cimabue al Tiepolo.


Eppure, se anche vi si sono cimentati uomini della forza di Giotto e dellAngelico,
di Raffaello e del Correggio, bisogna dire che quelle di Giovanni Bellini hanno
saputo pi di tutte le altre darci quel senso di divino e umano insieme, di umile e
di regale che caratterizza per noi la figura della Madre di Dio. Questa che vedete
una delle tante che Giovanni Bellini ha dipinto, non neppure la pi famosa.
Eppure guardatela: spira dal suo volto di giovinetta-madre una tale dolcezza, dolcezza che si rivela anche nel gesto delle mani aperte a raccogliere il Figlio, da
lasciarci commossi sino al turbamento. E dietro di lei il paesaggio, sopito in una
luce di tarda primavera, ha gi lautonoma poesia che trionfer nel Cinquecento
veneziano e che trover i suoi ultimi, grandi poeti negli impressionisti.
i
maggio 1956

San Domenico

Cosm Tura
Galleria degli Uffizi - Firenze

Il Quattrocento in Italia non vede soltanto fiorire in pittura la
scuola severamente umanistica che da Masaccio porter poi sino a Michelangelo, e
la scuola pi apertamente naturalistica dei veneti, che da Giovanni Bellini si estender sino al glorioso meriggio tizianesco. Altre scuole pittoriche, sotto limpulso
del fecondo metodo di ricerca rinascimentale, si affacciano sulla scena artistica
italiana: fra queste, prepotentissima, quella ferrarese.
In essa si assommano e vengono mirabilmente potenziati quei caratteri di realismo espressivo che gi albeggiavano in tutta la pittura settentrionale del Trecen-

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to, differenziandone lo stile, pur nella comune ispirazione mistica, dalla solenne
maniera giottesca.
Su questa base tradizionale nel Nord Italia, e pi generalmente nel Nord Europa,
sinnesta nella prima met del secolo lalto insegnamento di Donatello, le cui
opere padovane, dalla statua equestre del Gattamelata ai rilievi bronzei per laltare di SantAntonio, saranno guida a tutti gli artisti settentrionali, compreso il
grande Mantegna. Ma i ferraresi, da Cosm Tura a Ercole Roberti a Francesco
del Cossa, nomi di personalit fortissime ma purtroppo non ancora giunte alla
cultura comune, possono conoscere e seguire altri pittori del tempo, come Piero
della Francesca e il fiammingo Rogier van der Weyden. Dal primo impareranno a
segnare gli spazi nella luce, dal secondo a inseguire la realt sin nelle sue minuzie.
Questo San Domenico che vi balza agli occhi, forse per la prima volta, dalla mirabile tavola degli Uffizi, una delle opere meritatamente pi famose di Cosm
Tura, e rappresenta in modo perfetto le alte qualit della pittura ferrarese del
Quattrocento. Pu darsi che la resa aspra del reale, in cui Tura maestro, possa alle
prime dispiacere. Ma non bisogna fermarsi alle apparenze: emulo in questopera
dei grandi scultori del suo tempo, il pittore ferrarese ha qui voluto e saputo modellare con il colore la forma del corpo umano, con tale vigore, che la figura del santo
sembra veramente uscir fuori dal fondo. Ma la durezza incisiva dei contorni, la
quasi rupestre anfrattuosit dei panneggi, la dolorosa povert del colore non sono
fine a se stesse. Non si tratta insomma duna fredda esercitazione di virtuosismo o
di bravura. La figura del santo infatti portata nel suo insieme, malgrado lestrema
finitura dei particolari realistici, su un piano di suprema spiritualit.
Nel ricco e vario panorama della pittura italiana del Quattrocento oltre il paesaggio
netto e puro dei toscani e il dolcissimo dei veneti, questa natura scoscesa e aspra dei
ferraresi ha ben diritto di venire considerata e ammirata, senza riserva alcuna.

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giugno 1956

Annunciazione

Leonardo da Vinci
Galleria degli Uffizi - Firenze

Nella seconda met del Quattrocento la pittura, dopo il vario
e arduo sperimentare dei maestri che, sullesempio degli antichi, avevano ripreso
possesso della natura dopo il lungo sogno mistico del Medioevo, si avvia a un
approfondimento sempre maggiore delle conquiste di prima. Inizia cio quel glorioso momento di assoluta padronanza dei mezzi formali che permetter a uomini
come Michelangelo e Leonardo, Raffaello e Tiziano e Correggio, di portare, in
maniera diversa ma arcanamente concorde, larte italiana a un punto di sublime,
unica pienezza e perfezione.
Il primo, e il pi rappresentativo anche se per linquietudine che lo muoveva in
tante direzioni di ricerca pot portare a compimento un minor numero di opere,
fu Leonardo da Vinci. Educato alla severa disciplina formale del Pollaiolo e del
Verrocchio, scultori oltre che pittori e scultori in un certo senso anche quando
dipingevano, Leonardo proprio per il magistero plastico da essi appreso, si spinse
infinitamente oltre, temperando la cruda luce del formalismo sino allora dominante, con la prima ombra di un poetico naturalismo. Il passaggio non brusco,
eppure a ben guardare in pochissimi anni il mutamento sostanziale, prodigioso.
Questo particolare dellAnnunciazione che sta agli Uffizi, e che si presume datare
agli anni 1470-75, quando ancora Leonardo lavorava nella bottega del Verrocchio, sembra nella figura dellangelo cos morbidamente, nuovamente sfumata,
simbolicamente annunciare il nuovo corso dellarte italiana. I profili dellangelo
e dei cipressi hanno ancora la purezza di linea della grande tradizione quattrocentesca fiorentina, ma sembra di vederli poco a poco intridersi di una lievissima

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bruma che dalle misteriose lontananze del fondo giunge sino ai bei fioretti del
prato. Questa bruma si addenser poi nelle opere pi mature di Leonardo, sino
a vincere del tutto la cristallina linearit che ancora si riconosce nello stupendo
angelo annunziante, la cui figura segna veramente il punto di passaggio da un
secolo allaltro, con quellanticipo che sempre i geni riescono ad avere sul tempo
del calendario.
Leonardo e gli altri grandi pittori del favoloso periodo di fioritura artistica che
va dalla seconda met del Quattrocento alla prima del Cinquecento, rientrano, se
pure un po superficialmente, nella cultura figurativa comune, magari per merito
di unoleografia appesa nella stanza da letto. giusto che sia cos, ma augurabile
che ormai, con le tante forme di divulgazione che ci sono in giro, (mettiamoci pure modestamente anche le controcopertine del Gatto Selvatico) il gusto
si vada allargando e approfondendo cos che locchio possa ugualmente godere,
lanimo parimente commuoversi, del morbidissimo, sapientissimo sfumato di
Leonardo e del severo chiaroscuro di Giotto.
i

Leonardo si spinse infinitamente oltre, temperando


la cruda luce del formalismo sino allora dominante,
con la prima ombra di un poetico naturalismo.

settembre 1956

Flora

Tiziano Vecellio
Galleria degli Uffizi - Firenze

Venezia, che gi nel Quattrocento, specie con Giovanni Bellini,
dispiega in pittura unattitudine unica alla resa coloristica del mondo naturale
e soprannaturale, nel Cinquecento porta, con Giorgione, Tiziano e Veronese,
questa sua misteriosa magia cromatica alle pi alte, estreme risultanze. Abbiamo

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detto mistero e magia non perch vogliamo tenere in scarsa considerazione il


fattore tecnico, negli artisti veneziani anzi fondamentale; ma perch tradizione bizantina, contatti con larte orientale, influssi del naturalismo fiammingo,
non basteranno mai a svelare lenigma di una pittura che, per esempio nel tardo
Tiziano, bruciati i vincoli del disegno rappresenta con interezza luniverso per
pura virt di colore.
Eppure, nato a Pieve di Cadore nel 1485, morto a Venezia nel 1576, Tiziano fu
un uomo semplice, nulla pi, allapparenza, di un artigiano supremo, pronto ad
accontentare tanto chi gli chiedeva soggetti sacri, quanto chi gliene sollecitava
di profani, con una versatilit incredibile. Lunit alle opere, arcanamente, la
dava col suo pennello carico di succhi e intriso di luce che in questa Flora degli
Uffizi ha saputo, da una disciolta chioma bionda, da un indumento intimo rilasciato, da una manciata di fiori freschi cavare una figura eterna, un simbolo
quasi della bellezza e della giovent umane.
Al nostro occhio, e al nostro animo di moderni, avvezzi ad unarte duramente
impegnata a rappresentare un mondo lacerato e ferito, la colata aurea di luce e
colore che la Flora tizianesca pu alle prime apparire lontanissima, irraggiungibile. Ma basta che ci lasciamo andare, perch ne restiamo dolcemente sommersi, e, alla fine, consolati e come guariti.
Si potrebbe, per Tiziano, riprendere il detto di Rossini su Mozart: non essere
egli il musicista pi grande (che forse era Beethoven) bens la Musica. Cos se
diremo che Giotto il pittore pi grande, lasciateci aggiungere che Tiziano
la Pittura.
i

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ottobre 1956

Canestra di frutta

Caravaggio
Pinacoteca Ambrosiana - Milano

Lo splendore meridiano del Rinascimento non poteva durare
in eterno: nella seconda met del Cinquecento le condizioni storiche mutate, e
soprattutto la nuova spiritualit, nata dallavvicendarsi drammatico di Riforma e
Controriforma, favoriscono lavvento di una nuova arte che prender il nome di
Barocco. Unarte che, discendendo da quella rinascimentale, linnova e trasforma, muovendola tutta col suo soffio impetuoso. In questo momento di crisi, ma
crisi estremamente creativa e salutare, il giovane Michelangelo Merisi (vissuto a
Caravaggio presso Bergamo nel 1573, morto tragicamente, dopo una vita avventurosissima, sul lido malarico di Porto Ercole nel 1610) sinserisce di prepotenza
con la sua personalit di una forza senza pari.
vero che quel realismo con il quale egli spazza via le ormai esaurite forme del
classicismo idealizzante era una tendenza antica e incorreggibile dellarte italiana
settentrionale, ma egli sa portarlo per la prima volta a risultati assoluti. Tanto che
nel Seicento tutta la pittura europea, assetata di realt, proceder per la strada aperta
da lui cos violentemente: non ricordiamo qui i notevoli, ma minori caravaggeschi
italiani, ma Rembrandt e Vermeer, Velzquez e i Le Nain. Il Caravaggio, con la
sua presa diretta sulle cose, sugli uomini, che popolano quadri sacri e profani con
la stessa carica di vita e di sangue, d via libera a tutta la pittura moderna, fino agli
impressionisti. E il taglio non prefabbricato, bens istantaneo delle scene, che luce
e ombra contrastanti animano con straordinaria evidenza, non trova conferma nel
miglior cinematografo, pur esso volto alla resa realistica, immediata del mondo?
Nel loro curiosare instancabile per le strade dellItalia secentesca, gli occhi del

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grande pittore lombardo, romano per necessit, non incontrarono soltanto vecchi
cenciosi da mutare in profeti, ragazzotti protervi da atteggiare a Bacchi o a Narcisi,
umanissime popolane da innalzare a Madonne. Cos un giorno si posarono su una
cestina di frutta (simmagina, con quegli ultimi fichi e quella prima uva che se
fosse di settembre, sarebbe del settembre 1595), e cos nacque la prima natura
morta. A guardar bene, di nature morte se ne incontrano anche di pi antiche,
nella storia dellarte, ma sempre in funzione di un racconto, che il vero soggetto
del quadro; qui, nel quadro, che sta allAmbrosiana di Milano, il racconto nella
natura morta medesima, che ci presenta un cestino vero, della frutta vera, anche
bacata, come quella mela in primo piano, delle foglie vere, anche appassite, come
quelle a destra. La natura morta che pi tardi, in mano a mestieranti, si far stucchevole esercizio di bravura, ritrover la sublime verit caravaggesca soltanto nel
secondo Ottocento, con Czanne, le cui mele un po agrette e ammaccate e i cui
umili piatti da cucina, stanno, come questa cestina dellAmbrosiana, allinizio di
una grande rivoluzione artistica.
i
dicembre 1956

Lo studio del pittore

Pietro Longhi
Ca Rezzonico, Museo del Settecento veneziano - Venezia

Il taglio istantaneo delle scene, che luce e ombra contrastanti


animano con straordinaria evidenza, non trova conferma
nel miglior cinematografo?
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Col Settecento la pittura a soggetto sacro e storico va sempre
pi svuotandosi di significato e di contenuto in una resa ufficiale di pure virt
decorative e scenografiche. Bisogna riconoscere che anche per questa strada senza
uscita la scuola veneziana riesce a dare, specialmente con il Tiepolo e il Piazzetta,

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delle opere duna grandiosit di impianto e duna ricchezza di colore non indegne
del passato.
Ma quella ormai era una direzione sterile: la miglior pittura europea del Seicento, dietro leroica spinta di Michelangelo da Caravaggio, sera volta verso la
realt, magari umile, della vita quotidiana, ottenendo poi i pi splendidi risultati
fuori dItalia nellOlanda di Rembrandt e di Vermeer. Da noi, nel Settecento,
per ragioni sociali ed economiche Venezia che pu con maggior libert profittare di questa apertura. Lo fa in tono minore, lasciando che il Tiepolo, con i
suoi soffitti memori del Veronese ma tanto pi vacui, ne rappresenti la tradizione
pi illustre.
Intanto per gli artisti autenticamente nuovi, quelli pi carichi di avvenire, saccontentano, come il Canaletto e il Guardi, di ritrarre la laguna o il Brenta, o di
fermare sulla tela, come fa Pietro Longhi, gli interni della vivacissima borghesia
e della piccola e media nobilt veneziana. Erano gli anni, non dimentichiamolo,
di Carlo Goldoni e del suo teatro intriso di realt sino alla punta dei capelli, una
realt colta nelle piazzette, nelle botteghe del caff, nei salotti e persino nelle
cucine, nei guardaroba, nelle stirerie. Nessuna meraviglia che il grande commediografo, tanto pi grande quanto pi pago di descrivere, apparentemente, il
piccolo, lodasse in modo esplicito il Longhi e il suo penel che cerca il vero.
Un vero che si poteva trovare molto vicino, nella sala del Concertino, o dove il
Maestro di ballo impartiva lezioni di minuetto, o il Sarto provava labito o, anche
pi vicino, dove il Pittore stesso attendeva al ritratto della dama. Come nel quadro
qui riprodotto che sta alla Galleria dellAccademia di Venezia.
Il pittore in zimarra verdastra al cavalletto, attento a rendere con fedelt (e non
senza una punta sorniona di ironia) la Dama una specie di pupattola in grande
abito di seta gialla che sembra sentir frusciare anche al pi piccolo movimento e

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il Cavalier servente in elegante costume nero oro e verde, la maschera forse fastidiosa tirata da parte con negligente eleganza.
Una cosa, pare, da nulla, ma con essa il pittore ha reso insieme lultima essenza di
una societ e il profumo di unepoca. Che chiedergli di pi? I migliori pittori del
secolo successivo, gli impressionisti e i macchiaioli, non si proporranno, n otterranno, di pi e di meglio.
i
gennaio 1957

Riposo

Giovanni Fattori
Galleria dArte Moderna - Firenze

Con Fattori siamo gi oltre la met dellOttocento: c stata la
rivoluzione francese e, non meno importante, la rivoluzione industriale, che sono le
due premesse fondamentali della democrazia moderna. Il pittore non dipinge pi,
o solo raramente, per ledificazione del fedele o per il piacere del principe, ma per
se stesso o per quel suo simile, che dovrebbe intenderlo appieno, che il borghese.
Ma lartista va avanti pi velocemente del suo pubblico, che lo raggiunger soltanto
quando lo sforzo per mantenersi integro e fedele ai propri ideali lo avranno portato
alla povert e alla morte. Questo non accade sempre, ma frequente nel secolo scorso,
cos creativo e ricco di novit non facili ad apprendersi subito nel campo dellarte.
Che, affrancatasi dai soggetti obbligati, si va affrancando pure dagli schemi stilistici e cerca nella realt della vita i suoi contenuti e insieme i suoi colori e le sue luci.
Esce allaria aperta, il pittore dellOttocento, sia nato in Francia o in Italia, e coglie
il mutevole volto delle cose con la freschezza di chi scopre il mondo per la prima

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Superato il formalismo e il descrittivismo minuto,


Fattori raggiunge una essenzialit di composizione,
una solidit di volumi e una forza di colore uniche.

volta. I risultati pi grandiosi di detta liberazione dellarte si hanno in Francia


con i pittori impressionisti, da Manet a Czanne. LItalia per non resta indietro. Mentre la cultura ufficiale premia i freddi narratori murali di lontani eventi
storici, Fontanesi in Piemonte, Gola in Lombardia, ma specialmente Fattori e
i suoi compagni macchiaioli in Toscana, affermano con sincerit e vigore le
ragioni dellarte nuova. Non vengono subito apprezzati, ma lentamente la loro
umile e pure profonda resa figurativa dalla realt contemporanea si afferma come
lespressione pi autentica della pittura del tempo.
Guardate questo Riposo di Giovanni Fattori. Il pittore uscito dallo studio nellora
bruciata della siesta e non ha dovuto cercarsi tanto intorno per trovare una materia
conveniente, gli bastato fissare intensamente un muro calcinato di sole alla cui
scarsa ombra i barrocciai si sono fermati, stanchi con le loro stanche bestie. solo
un momento della giornata, ma strappato al flusso del tempo, consegnato, per
cos dire, alleterno. Lepisodico il pittore lo supera del tutto, anche se le luci e
le ombre sono quelle precise dellora che lo ha visto uscire col cavalletto. La sua
umanit infatti gli fa sentire la condizione dei propri simili, e ci mette anche le
povere bestie da fatica, con una sorta di nuova religiosit che lo conduce a una
sintesi non indegna dellantica pittura della sua terra.
Superato il formalismo, ma pure ogni descrittivismo minuto, Fattori in questa e
nelle altre opere sue migliori, raggiunge una essenzialit di composizione, una
solidit di volumi e una forza di colore uniche. I suoi paesaggi non vuoti e disabitati ma dolorosamente, solennemente riempiti dalla presenza delluomo, sono fra
le pi alte espressioni della pittura, non soltanto italiana, dellOttocento.
i

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Neve ad Argenteuil


Nel principio era limpressionismo. Nel principio della pittura
moderna, sintende, per quanto, a voler esser sottili, non si finirebbe mai di retrocedere, nel cercare latto di nascita di questa benedetta pittura moderna, croce e
delizia di quanti, sia pur superficialmente, sinteressano ai quadri.
Limpressionismo infatti la scuola artistica che segna linizio della liberazione
dellartista da temi e da regole dobbligo: non a caso esso nasce nella Parigi del
secolo scorso, nellambiente cio pi adatto a superare i vincoli degli argomenti
nobili, adatti cio alla pittura, e delle proporzioni, coloriture, ombreggiature,
pure nobili, perch affermatesi nel corso dellarte classica. Qualcosa di simile, un
moto parallelo di affrancamento dai soggetti storici e dai canoni del bello ideale,
si ebbe in Italia coi macchiaioli. Ma la Francia nella seconda met dellOttocento
era, come gi lItalia nel Cinquecento, destinata a portare avanti con maggior
autorit, e per il suo peso storico e culturale e per la maggior ricchezza di personalit di primo piano, aspirazioni di rinnovamento comuni al secolo. Che, malgrado
tutto questo, Parigi, la ville-lumire, la citt faro, non fosse ancora pronta nel 1874 a
capire e gustare la nuova arte, lo dimostra il fatto che i maestri poi diventati famosi
dovettero esporre le loro opere nello studio di un fotografo amico e coraggioso,
Nadar, non in un Salone per esposizioni. E fu allora che gli intenditori, avendo
il pittore Claude Monet intitolato un suo quadro Impressione al levar del sole definirono tutti gli espositori, ironicamente, impressionisti. A eccezione di due o
tre, tutti i critici incoraggiarono il pubblico allo scherno e al disprezzo verso quei
pittori che avevano osato abbandonare gli eroi greci e romani per la gente di tutti

i giorni, i paesaggi dArcadia per i giardini pubblici, e, orrore, gli studi per laria
aperta. La battaglia per larte nuova, cominciata sotto auspici cos infausti, in pochi
anni venne vinta in maniera clamorosa e totale: alla fine del secolo non cera pi
pittore che non dipingeva allimpressionista.
Il pittore del quale oggi presentiamo questo delizioso Effetto di neve ad Argenteuil
proprio quel Claude Monet il cui quadro diede origine al nome della scuola. Altri
artisti del suo gruppo, douard Manet, Edgar Degas, Auguste Renoir ebbero
forse una maggiore capacit dinvenzione e un pi ampio respiro nella composizione, ma nessuno lo uguagli nella resa precisa eppure poetica della natura, colta
nel fluire del tempo, nel mutare delle ore, nel trascolorare della luce. In questo
senso egli il pi puro degli impressionisti, lunico forse cui lappellativo, non in
senso negativo, ma positivo, possa applicarsi senza incertezze.
Il quadro che presentiamo, e che del 1875, un anno dopo la famosa mostra da
Nadar, rivela bene il carattere dellarte monettiana. Che per essere volta, sia pure
con freschezza e immediatezza uniche, a rapire alla giornata appena un momento
qualunque, umilissimo, non affatto superficiale ed esterna. In quellaria grigia di
neve, vibrante di impercettibili riflessi che egli ha reso con incomparabile delicatezza, gli uomini sono delle piccole sagome scure, appena distinguibili da case, piante,
cespugli. Eppure come giusta la loro apparizione in questora del giorno, e la loro
solitudine: tale da dare un senso deternit alla fugace ora del giorno in cui sono stati
colti dal pittore con tanta verit e con tanta poesia. Con tanta poesia appunto perch
con tanta verit. Questo il dono della pittura impressionista allarte, dono tanto
pi grande nei suoi creatori. Col tempo anche il dipingere allaria aperta diventer
unabitudine, una maniera. Ma larte allora sar andata avanti in nuove direzioni, per
merito di altri artisti e proprio perch il senso pi vero della rivoluzione impressionista, la libert dellartista, doveva rimanere, e rimane, valida per sempre.

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marzo 1957

Claude Monet

The National Museum of Western Art - Tokyo

aprile 1957

I giocatori di carte

Paul Czanne

Muse dOrsay - Parigi

La seconda met del secolo scorso vede affermarsi le scuole artistiche, impressionismo in pittura, naturalismo e verismo in letteratura, che rompendo con le forme ormai fruste delle tradizioni classica e romantica, saccostano
agli uomini e alle cose direttamente e direttamente li rappresentano sulla tela e
sulla pagina. Da Manet a Monet a Renoir a Degas tutto un trionfo di colori, di
luci e di ombre, per la prima volta colorate come nella realt, in lode della vita nei
suoi aspetti pi incantevoli e fuggitivi.
Fu una scoperta e un accrescimento di gran valore per larte, che per non poteva
essere ridotta a una funzione puramente edonistica, di assaporamento cio della
bellezza e della gioia, senza seri pericoli di scadimento verso la superficialit.
Ma, come accade sempre nei momenti vivi e vitali, entro limpressionismo stesso
cerano le premesse di una evoluzione e di un approfondimento. Doveva toccare
al provenzale Paul Czanne di sentire drammaticamente questa esigenza e di portarla a risultati in s grandiosi e di incalcolabile peso per il futuro.
Formatosi nellimpressionismo e impadronitosi appieno dei suoi mezzi, Czanne
doveva ben presto isolarsi dalla vita parigina in cui gli altri pittori del suo tempo
trovavano i succhi per la propria arte, e confinarsi nella sua terra solitaria con la
mente e locchio volti ad andare oltre le apparenze, a estrarre lintimo significato
della realt e a tradurlo in forme e colori di una potenza e di una gravit pari a
quelle dei maestri antichi, da Giotto a Masaccio.
Guardate questi Giocatori, che il grande artista ha dipinto circa nel 1892. chiaro
che sono ispirati dal vero, ma altrettanto chiaro, specie se messi a raffronto dellu-

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manit colta istantaneamente dagli impressionisti contemporanei, che il pittore li


ha ripensati e, per cos dire, ricostruiti in una sintesi prima mentale, poi formale,
poderosa, eterna. Si detto, con frase felice ma un po sbrigativa, che Czanne fu
il solidificatore dellimpressionismo. La possiamo anche accettare, pur che non la
limitiamo al fatto che in lui la realt espressa in volumi solidi e fermi mentre in
Monet, mettiamo, tutta tremula e vibrante.
Il pulviscolo luminoso di Monet era lespressione di una visione sensuale della vita
che Czanne non poteva accettare. La sua, come risulta dai Giocatori (pensate alla
tentazione di fare laneddoto divertente con il tipo che bara, lingenuo che si lascia
imbrogliare) una visione della vita profondamente religiosa e sofferta. Con lui,
come in altro modo con Van Gogh, Gauguin e Seurat, dei quali parleremo, la
felice et dellimpressionismo entra in crisi, vengono gettati i semi della tormentata arte del nostro secolo.
i
maggio 1957

Lo scolaro

Vincent Van Gogh



Museu de Arte - San Paolo

Un recente film americano, Brama di vivere, ha popolarizzato
Van Gogh come nessun altro dei maestri, dei pionieri, che hanno aperto la strada
allarte nuova. La vita tormentata del pittore olandese, nato a Groot-Zundert nel
1853 e uccisosi in Francia con un colpo di rivoltella nel 1890, si prestava esemplarmente a divulgare in maniera accessibile a tutti il dramma del creatore nel
mondo moderno. Ma il racconto cinematografico ha esigenze di spettacolo cui

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non ci si potuti, con tutta la buona volont, sottrarre: il fatto positivo di Brama di
vivere resta, discutibili che siano situazioni e dialoghi, daver fatto fiorire, e sarebbe
meglio dire esplodere, sullo schermo, nei loro colori e linee deliranti, tanti capolavori del grande Vincent.
Il quale, in modo del tutto antitetico a Czanne, che abbiamo visto solidificare
limpressionismo, cercando di risolverne la crisi in una severa sintesi di volume
e di colori richiamante la pittura dei primitivi, va oltre limpressionismo in un
certo senso accentuandone la libert e sfrenandosi in una soggettivit assoluta. Ma
mentre gli impressionisti, con felice passivit, si accontentavano di ridare, esaltandone le meravigliose apparenze, le luci e le ombre della natura, in cui luomo si
perdeva quasi, Van Gogh doveva rovesciare i termini del rapporto. E in che modo?
Proprio rendendo la natura partecipe intera del suo dramma interiore, piegandola
quindi a esprimere, ora col giallo dei girasoli ora col verde cupo dei cipressi, le
emozioni intensissime della sua anima.
Non arriva alla deformazione, Van Gogh, n inventa o scompone e ricompone come faranno pi tardi Matisse e Modigliani, Picasso e Braque, ma fruga
nelluomo e nel paesaggio e ne estrae
la significazione interiore, ora duna
Mentre gli impressionisti si accontentano
vitalit quasi ebbra, ora duno squaldi ridare le luci e le ombre della natura,
lore tremendo. Gli basta un frutteto
Van Gogh rovescia i termini del rapporto
in fiore, un vecchio contadino con le
rendendo la natura partecipe intera
mani rapprese, un caff di notte, una
del suo dramma interiore.
sedia impagliata per dirci sullesistenza qualcosa di essenziale e di assolutamente nuovo, che ci arricchir per sempre.
passato il tempo che i suoi segni vorticosi, le sue sagome tagliate con laccetta
facevano scandalo; le quadricromie delle sue tele pi famose, attaccate al muro,

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magari con una puntina da disegno, sono un po nelle case di tutti, specie nelle
stanze dei giovani. Cos questo bambino che anni fa avreste trovato forse brutto, o
per lo meno per niente grazioso, non pu oggi non commuovervi profondamente
nella sua verit psicologica, non incantarvi nella gamma squillante dei colori che
ne rivestono con un contrasto tipicamente vangoghiano, limpaccio, la scontrosa
solitudine.
Si pu dire che lesempio di Van Gogh ha rappresentato un pericolo per tanti
artisti venuti dopo, che si sono sentiti autorizzati da lui a certi eccessi di forma e
di colore che potevano trovare una giustificazione soltanto nellautentico dramma
interiore sfociato nel colpo di rivoltella del tragico 27 luglio del 1890. Ma sia lui
sia Czanne hanno saputo aprire una via ai migliori, lasciando possibilit di esprimersi e di procedere avanti in maniera del tutto originale.
i
giugno 1957

Femmes de Tahiti ou sur la plage

Paul Gauguin

Muse dOrsay - Parigi

Compagno, per un certo periodo, di Vincent Van Gogh, e non
soltanto nelle battaglie artistiche ma anche nella vita domestica, Paul Gauguin ,
come il suo difficile amico, fra i continuatori e rinnovatori dellimpressionismo,
fra i fondatori della pittura moderna.
Giunto allarte abbastanza tardi, dopo esser stato avviato per una strada non sua,
egli doveva in un primo tempo seguire, nel dipingere, la naturalezza e la felicit
degli impressionisti, specie di Pissarro. Ma non era uomo, e artista, da acconten-

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Guardate le due fanciulle tahitiane colte nella loro monumentale


fissit, reali eppure simboliche, figure delleterna giovinezza
umana non ancora guastata dalla civilt.

tarsi di rapire, per dirla con Dante, lora del tempo e la dolce stagione; lo tormentavano ed esaltavano problemi di natura religiosa e morale cui avrebbe voluto
dare forma e colore con larte cui sera dedicato.
Gli sembrava necessario superare i limiti duna pittura che non andava oltre i sensi:
e in questo le sue esigenze coincidevano con quelle di Czanne e di Van Gogh. Ma
mentre gli altri due, artisti certamente pi originali e grandi di lui, trovarono in
se stessi, il primo in un approfondimento severo, il secondo in uno scatenamento
selvaggio, la via duscita, egli la cerc fuori, e la trov, ma naturalmente pi superficiale e meno duratura.
Preso infatti da unestrema scontentezza per il mondo civile in cui viveva, e che
gli appariva falso e corruttore di quanto per natura pi bello nelluomo, part
per Tahiti e vi si trapiant con decisione irrevocabile, sicuro di aver ritrovato il
paradiso perduto. Qualcosa di simile aveva fatto, emigrando nelle stesse plaghe
incantate del Pacifico meridionale, lo scrittore inglese Robert Louis Stevenson.
Decisamente i mari del Sud, sul finire dell800, erano considerati un toccasana,
dagli intellettuali europei.
Paul Gauguin nelle isole inselvatich quel tanto che gli permise di vivere assieme alla
bella gente indigena, a contatto della dolce natura del luogo, in una comunione di
grande importanza per la sua arte. Che a Tahiti fior rigogliosa, riuscendo non soltanto a descrivere paesi e figure, ma a interpretarli in forme semplici, in colori interi,
secondo la tradizione e il gusto primitivi di quei popoli cui egli sera mescolato.
Guardate le due fanciulle tahitiane colte nella loro monumentale fissit, reali
eppure simboliche, figure delleterna giovinezza umana non ancora guastata dalla
civilt. La spiaggia solitaria nei suoi piani ampi e immobili come un fondo di
bassorilievo contro cui i bronzei corpi delle donne severamente drappeggiate nelle
vesti di un rosso e di un viola arcani risaltano con grande suggestione. Sono questi i

risultati pi convincenti di Gauguin, che in altri suoi quadri corre pericoli opposti,
delleccessivo decorativismo e del troppo marcato simbolismo.

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luglio 1957

Donna con la collana dambra

Henry Matisse

Collezione privata


Con Matisse siamo ormai nel Novecento, anche se il grande
pittore francese, nato nel 1869, si form e diede le prime prove della sua schietta
e felice natura di pittore nel secolo scorso. Pi che gli impressionisti, che pure
sentiva vicini per lamore della vita, egli studi e segu i decadenti come Moreau e
i postimpressionisti, specie Van Gogh, lontanissimi da lui come spirito. Ma erano
moderni, nuovi, o tali a lui sembravano: il loro ripudio della linea e del colore reali
per una linea e un colore simbolici, in un certo senso astratti, lo sollecitarono a
tentare la nuova maniera che prese il nome di fauvisme. Come dire, traducendo
alla lettera, belvismo.
Il curioso appellativo venne trovato da un critico darte che, veduta alla prima
mostra del gruppo capeggiato da Matisse (si era nel 1903) una scultura di tipo
rinascimentale, scrisse che si trattava di un Donatello fra i fauves, o belve che
noi dir si voglia. Ben altre belve si dovevan presentare di l a poco nel campo
dellarte, ma le grandi pennellate di rosso e di nero, gli arabeschi di linea di Matisse
e dei suoi compagni allora sembrarono, a dir poco, ruggiti.
Oggi tutta lattivit pittorica e grafica di Henri Matisse, conclusasi soltanto
qualche anno fa dopo un corso lunghissimo e ricchissimo, ci sembra esemplare

per chiarezza di forma e limpidezza di colore, in un certo senso classica. Tale da


star vicina senza sfigurarci ai pi perfetti esempi darte decorativa del passato, dai
vasi greci alle vetrate gotiche, agli smalti limosini.
Non si vuole, parlando darte decorativa, limitare Matisse, ma fissarlo e intenderlo
il pi precisamente possibile. Si guardi questa Collana dambra: la figura femminile
non ha rilievo n lo sfondo profondit. Ma chi oserebbe rimproverarlo al pittore,
chi oserebbe rimproverare ai maestri di Ravenna daverci dato delle figure e degli
sfondi di unassoluta piattezza? Ma quali compensi nel colore, che squilli in questa
Collana dambra con una schiettezza, sia in s sia nei rapporti e negli accostamenti,
veramente e del tutto nuova. Il rosso, il bianco, il giallo e il nero sembrano trovati
per la prima volta dal pittore, inventati da lui; e il verde e il blu saccordano
mirabilmente, smentendo tutta una tradizione che li vuole nemici inconciliabili.
Sino alla fine, quando vecchissimo si dovr accontentare di ritagliar carte colorate
(ma con quale sapienza poi facendole figurare uccelli in volo, ballerine) Matisse
sar il pittore della gioia di vivere. Che anche il titolo di un suo famoso pannello
giovanile. Il pittore dei giardini assolati e delle stanze aperte sui giardini assolati
e delle donne che entro quelle stanze e quei giardini vibrano e splendono, belle e
indifferenti come palme rivierasche.
Partito dal drammatico Van Gogh, compagno di battaglia artistica del violento
Picasso, Matisse ha saputo dimostrare che anche nellet moderna possibile
unarte non drammatica, non violenta, ma dolce e felice, consolante.
i

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agosto 1957

Rue lAbreuvoir, Montmartre

Maurice Utrillo

Collezione privata

Maurice Utrillo, nato nel 1883 a Montmartre, dallacrobata,
modella e pittrice Suzanne Valadon e da padre ignoto, doveva morire nel 1955,
dopo una vita disordinata e sciaguratissima ma riscattata da unattivit artistica
miracolosamente pura e coerente. Il vizio del bere che laccompagn dalla prima
giovinezza alla morte non gli offusc il cuore n locchio, che mantenne limpidi
come quelli di un pittore primitivo.
Si voluto insistere pi del solito sui dati biografici dellartista, perch essi fanno
da sfondo contrastante e illuminante insieme a unopera che non potrebbe essere
pi quieta e dolce. Formatosi nel momento di trapasso dallimpressionismo al
post-impressionismo nelle sue varie diramazioni (espressionismo, cubismo),
Utrillo si crea uno stile del tutto originale, fatto di umile accettazione del vero
e di contemporanea, naturale trasfigurazione poetica del vero medesimo. Come
dire che egli accetta da un lato di cercare ispirazione nel piccolo mondo che lo
circonda, come avevano fatto con pi foga e vena gli impressionisti, dallaltro
riuscendo a intridere le sue casette, i suoi caffeucci e i suoi omini e donnine di
una candida stupefazione.
Varr la pena di ricordare a questo proposito un fatto singolare e significativo:
Utrillo, quando era pi intossicato dallalcool e non poteva uscire a dipingere le
sue predilette straducole e piazzette parigine, le copiava da certe cartoline da pochi
soldi. Metodo insensato, si direbbe. Eppure dal grigiore anonimo delle fotografie egli sapeva cavare una soavissima festa di colori e uno struggente senso della
poesia che nelle cose di tutti i giorni. In questo senso, pur senza deformare come

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gli espressionisti o scomporre come i cubisti, Utrillo un pittore del Novecento:


infatti i suoi paesaggi non sono captati oggettivamente dalla realt come quelli
impressionisti, ma inventati, anche se con fedelt al vero, e quasi sognati.
Si guardi la Rue lAbreuvoir, Montmartre che riproduciamo: tutto vi vero ma tutto
fissato in una visione che nellanima prima che nei sensi. La strada, presa da un
punto di vista qualsiasi (potrebbe esser anche quella dun fotografo ambulante)
resa anche pi deserta e silenziosa dalle figurine che la percorrono, indistinte
e patetiche come in un ricordo, o, appunto, in un sogno. Su questa trama umile
per, come lazzurro del cielo e il verde degli alberi e il blu di uninsegna e il rosa
o il bianco di una facciata o di una cupola suonano teneri e argentini e come si
accordano in una netta e libera armonia!
stato detto che Utrillo un artista religioso, e non a torto: la conversione al
cattolicesimo degli ultimi anni non che la conferma di un anelito spirituale
che nessuna intemperanza dei sensi riusc mai a vincere. Sta a dimostrarlo tutta la
pittura di Utrillo, che anche nei momenti pi bui della sua vita seppe dipingere
con il candore e la freschezza con cui dipingevano i pittori del Due e Trecento.
i
settembre 1957

Ragazza con le trecce

Amedeo Modigliani

Collezione privata

la prima volta che un nome italiano compare in questo nostro
rapido panorama sulla pittura moderna: un italiano che, purtroppo, visse la sua
intensa e dolorosa stagione artistica fuori dal suo Paese, in quella Parigi che dal

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secondo Ottocento al primo Novecento stata il centro pi vitale della civilt


europea. Ma, nato a Livorno nel 1884, per quanto trasferitosi in Francia poco pi
che ventenne, Modigliani rimarr sempre un pittore toscano, un erede e un rinnovatore della tradizione linearistica di Simone Martini.
A Parigi lavevano chiamato, risplendenti da lontano, personalit e movimenti del
postimpressionismo, da Toulouse-Lautrec a Czanne, dal Fauvismo al Cubismo, e
lo colp particolarmente lappena rivelata scultura negra, che tanto signific anche
per Picasso. Ma non si creda che tutto
Ancora sino a qualche anno fa
questo guazzabuglio intorbidisse il
cera chi rimproverava a Modigliani
suo limpido occhio italiano. Da cos
i suoi visi lunghi, le sue tinte piatte.
varie forme e stili e colori Modigliani
ricava per s quel tanto che gli serve
Vi sentireste voi di fare altrettanto?
per filare con la matita disegni duna
purezza incredibile, stendere sulla tela quadri duna sintesi suprema. I soggetti per
questo uomo umano, troppo umano sono quasi esclusivamente figure di amici e
di amiche, tuttal pi di bambini e bambine del quartiere dove vive: insomma quel
che egli vede ogni giorno nel suo lucido delirio (malato di tubercolosi aggrav la
situazione dandosi allalcool e alle droghe) e che rifiorir nella pagina di taccuino
o sulla tela in quella sua inconfondibile linea allungata, serpentina eppure dolcissima.
Per quattordici anni, dal 1906 al 1920, la sua fu unesistenza tutta dedicata allarte
e a quei paradisi artificiali con i quali cercava di dimenticare il male che aveva
dentro. Egli fu veramente un maudit (maledetto), e ci scherzava, poich gli
amici lo chiamavano Mod, che si pronunzia allo stesso modo. Per quanto
apprezzato negli ultimi tempi dai migliori, non riusc a sistemarsi e fin allOspedale della Carit il 25 gennaio del 1920. La moglie, Jeanne, non resistette e si

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uccise poco dopo. Ma guardate la Ragazza con le trecce qui riprodotta, e vaccorgerete come da una esistenza cos sciagurata sia potuto nascere un fiore tanto puro:
questo il miracolo eterno dellarte. Affondato nel disordine artistico e morale
della Parigi in cui visse, disordine per di vita e di fermenti creativi, egli ritraendo
la ragazzina di Montmartre, forse una figlia del suo portinaio, ci rid dopo secoli
quellemozione che soltanto i senesi, con la loro linea irreale e il loro colore puro
avevano saputo prima darci. Ancora sino a qualche anno fa cera chi rimproverava
a Modigliani i suoi visi lunghi, le sue tinte piatte. Vi sentireste voi di fare altrettanto?
i
Il gallo


Marc Chagall

Centre Pompidou - Parigi
ottobre 1957


Marc Chagall un altro straniero, come Picasso, come Modigliani, venuto a Parigi nei primi anni di questo secolo per aggiornarsi sulle nuove
mode artistiche. Come i primi due egli, lontanissimo da casa, non solo non
rinnega lo spirito della propria terra, ma, sollecitato dalla nostalgia, ne estrae i
succhi pi profondi inventando, per cos dire, una pittura russa che in Russia forse
non era mai esistita. Nato a Vitebsk nel 1887 da un piccolo mercante di pesce,
studi pittura alla scuola di Belle Arti di Pietroburgo, allora, come ora, retta da
maestri quanto mai accademici. La sua natura insieme rivoluzionaria e fantastica
non poteva piegarsi alle regole di meschino pseudonaturalismo della scuola; il
1910 lo vede gi a Parigi abbeverarsi alle torbide ma vitali linfe del fauvismo e del

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cubismo. Neppure queste scuole per, che pure esercitarono unazione positiva,
liberatrice, sul giovane pittore russo, possono insegnare molto a un artista cos
singolare, anche nei suoi limiti. Allo stesso modo Chagall non avr da insegnare
nulla di utile a nessuno: non si immagina senza fastidio qualcuno che imiti i suoi
colori irreali, le sue composizioni assurde, i suoi stravolgimenti.
La grande novit di Chagall rispetto agli artisti pi innovatori del suo tempo, sia
nel colore, come Matisse, sia nella resa dello spazio e della forma, come Picasso,
consiste nel fatto che mentre essi partono sempre dalla realt, sia pure per arrivare
poi chiss dove, il pittore russo invece parte sempre dal sogno. Non detto daltra
parte che nel sogno le cose debbano necessariamente modificarsi, quello che
certo che esse non obbediscono pi alle leggi della gravit e del tempo. Cos
in Chagall i fidanzati del piccolo villaggio russo volano senza accorgersene al di
sopra delle casette e delle cupole, mentre senza nessuno stridore dal fondo si profila
la sagoma della Torre Eiffel: il tutto canta in colori, dal rosa al verde allazzurro
al rosso allarancione, che non hanno nessun riferimento alle forme sulle quali
sono stesi. Colori simbolici, dunque, ma alla cui origine sono simboli dei quali
noi ignoriamo il significato. E anche questo rientra nella logica illogica dei sogni,
che ci deliziano o ci impauriscono sin che siamo addormentati, e non ci dicono
pi nulla appena svegli.
Cos, con la medesima libert con la quale vi lasciate incantare da un sogno mattutino (anche Dante diceva che sono i pi belli), abbandonatevi al sortilegio dipinto
di Marc Chagall che vi presentiamo: unopera fra le pi caratteristiche del maestro
nel suo ritmo teneramente fantastico, nella sua invenzione freschissima, nel suo
colorismo insieme candido, barbarico e raffinato.

novembre 1957

Cristo deriso

Georges Rouault

Museum of Modern Art (MoMA) - New York


Con tanti ismi che si sono succeduti vertiginosamente, quale
pi quale meno giustificato, sulla scena artistica da cinquanta anni a questa parte,
Georges Rouault non sapresti proprio a quale, sia pure alla lontana, assegnarlo.
Parigino che pi non si potrebbe (il pittore nacque a Rue de la Villette il 27
maggio del 1871) Rouault fu scolaro del simbolista Gustave Moreau, vicino ai
fauves, precursore degli espressionisti, ma in fondo lunico maestro che gli abbia
veramente insegnato qualcosa il vetraio Hirsch, presso il quale fu apprendista sui
quattordici anni. A Mastro Hirsch erano state portate allora, perch le riparasse,
delle vetrate antiche, e furono esse, come Rouault stesso doveva poi riconoscere, a
folgorarlo sulla via di Damasco. Tutta la lunga, operosa vita del pittore stata dedicata a dipingere quadri che savvicinassero alla solenne sintesi formale e coloristica
delle vetrate medievali, e soprattutto alla loro grandiosa suggestione mistica.
Perch, va detto subito, Georges Rouault vuol essere ed sinceramente e senza
sforzo un artista religioso. Precisiamo: cristiano. Come lo erano appunto i grandi
anonimi maestri, costruttori e scultori e vetrai, che innalzarono verso il cielo e
decorarono le sublimi cattedrali romaniche e gotiche. Questo parigino che non
s quasi mai allontanato da Parigi, e che la metropoli ha conosciuto in tutti i suoi
aspetti, non esclusi i pi orrendi, ha quasi sempre rinarrato nelle sue composizioni
il dramma della Passione. Ma non s ispirato che guardandosi attorno, spremendo
dalla realt quotidiana quei motivi di dolore e damore, di tragedia e di speranza che
formano linsostituibile messaggio del Vangelo. Le figure di Cristo e dei suoi carnefici vivono nelle sue tele come contemporanee a noi, nella loro tragica fissit, nel

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Piet Mondrian il pi assoluto e intransigente dei pittori
astrattisti, ed giusto con lui chiudere la serie dedicata alla pittura moderna, dato
che dopo lastrattismo non si vede che ci possa essere: forse soltanto la tela bianca o

macchiata dal colore spruzzato a caso dallalto (anche questo, state sicuri, s fatto,
ma a noi non interessa pi).
Mondrian invero non ha mai lasciato nulla al caso, se mai ha troppo fidato
sullintelligenza, troppo poco sul sentimento. Nato in Olanda, dopo un primo
periodo naturalista, del quale ci rimangono opere assai belle, come il Paesaggio con
nube rossa (1908) in cui la sintesi non ancora arrivata alla geometria, egli parte
per Parigi, meta obbligata di tutta, o quasi, la pittura giovane nel primo quarto del
nostro secolo.
Fauvismo, espressionismo, cubismo, tramontata la felice giornata impressionista
col finire dellOttocento, tengono vittoriosamente il campo. Ma Mondrian, coi
suoi occhialetti lucidi, pi da scienziato forse che da artista, non si butta allo
sbaraglio con gli uni o con gli altri: guarda, giudica, sceglie. E fa poi a modo suo.
A questo periodo desperienze varie e contrastanti appartengono alcuni capolavori
di Mondrian. Basti ricordare la serie dellalbero de LAia, un grande albero dalla
chioma amplissima che egli si porta nel cuore come unossessione e che ci d sulla
tela, sempre uguale e sempre diverso, con la fantasia e il rigore con cui i musicisti
del Settecento variavano un medesimo tema.
Quello che vedete Lalbero rosso, che si pu considerare laddio definitivo di
Mondrian alla natura e al figurativo. Comincia, dopo qualche non felice esperimento
cubista, il periodo neoplastico: pazienti ricerche di accordi a scacchiera con colori
chiari e scuri, composizioni di pi e di meno, reticoli spezzati. A questo punto,
nel sempre pi arduo cammino verso quello che egli considera lassoluto dellarte,
Mondrian decide, come uno scalatore di cime che si sbarazzi del bagaglio superfluo
per sopportare meglio laria rarefatta delle altitudini, di limitare le linee a verticali
e orizzontali, i colori a rosso, giallo e blu. E basta? Proprio cos, e niente di pi.
Tipica di tale orientamento la Composizione in rosso giallo e blu (1929) (notare

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loro colore spesso e severo che sillumina misteriosamente come quello delle vetrate
antiche. Oltre alle immagini ispirategli dalla fede, Rouault non ha quasi altro ritratto che pagliacci da circo e donne perdute, considerati con profonda, cristiana piet.
Il Cristo deriso del Museo darte moderna di New York vi colpir alle prime atrocemente, ma alla fine la profonda stanchezza e bont che emana dalla figura dellUomo-Dio non potr non commuovervi. Da molto tempo nessun pittore aveva
saputo esprimere con tanta autenticit e forza lessenza del cristianesimo. miracoloso, e giusto, che Rouault lo abbia saputo fare non isolandosi, ma vivendo nel
proprio tempo, non chiudendo gli occhi sul male, ma guardandolo senza paura,
nella certezza che il bene esiste.
Anche in questo il grande pittore francese si riallaccia alla tradizione pi antica e
alta dellarte del suo paese, che quella medievale.
Gli anonimi maestri che hanno fatto fiorire dalla terra di Francia le meravigliose
cattedrali, e le hanno adornate di statue e vetrate e affreschi e tavole sublimi di
trascendenza religiosa, serano ispirati alla vita entro la quale erano immersi, con
la stessa nuda, assoluta sincerit.
i
dicembre 1957

Lalbero rosso

Piet Mondrian

Gemeentemuseum - LAia

Mondrian decide, come uno scalatore di cime che si sbarazzi


del bagaglio superfluo per sopportare meglio laria rarefatta
delle altitudini, di limitare le linee a verticali e orizzontali,
i colori a rosso, giallo e blu.
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che Mondrian, a differenza di certi falsi astrattisti dellultima ora, non cerca di
gonfiare il significato dei suoi quadri con titoli simbolici. Si limita a indicazioni
di pura verit).
Non c molto da dire duna tela cos priva di qualsiasi appiglio naturalistico o
psicologico, bisogna contentarsi, se si pu, di goderne i colori puri, i ritmi di linee.
Sino alla morte, che lo colse a New York, dove sera trasferito dopo linvasione delle
sue due patrie, lOlanda e la Francia, Mondrian non fece che ripetere allinfinito
il suo alto gioco intellettuale di linee e di colori, portando la pittura ai limiti del
nulla, ma salvandosi. Dimostrando almeno, sempre, una seriet assoluta, e una
buona fede indubbia.
Non si vuole qui cercare di giustificare, tanto meno additare come esempio,
unarte cos impenetrabile ai non addetti ai lavori, cio a chi non critico o
artista egli stesso, in grado di apprezzare la sua nobilt e sottigliezza, di valutare la
sua suprema perfezione formale.
Forse limportanza pi grande di Mondrian sar in futuro da valutare rispetto
allinfluenza, enorme, avuta da lui sulla scuola darchitetti nordici che fond, si
pu dire, quello stile moderno, a superfici lisce, che dopo una lunga e non facile
battaglia sembra aver vinto dovunque.
Quando vedete uno stabilimento, o un palazzo duffici, o una villa che vi
convincono particolarmente per il gioco di superfici di colori e di linee, gioco in
cui non entra nessuno degli elementi che fecero grandi le architetture del passato,
ripensate a Mondrian, ai suoi quadri che probabilmente non vi hanno troppo
convinto. E riconoscetegli qualit anticipatrici e profetiche non comuni.
i

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febbraio 1961

Cacciatori nella neve

Pieter Bruegel il Vecchio



Kunsthistorisches Museum - Vienna

Il pi sorprendente forse, il pi attuale pittore della sorprendente
e attuale, anche se lontana negli anni, scuola fiamminga, Pieter Bruegel (15251569), comunemente conosciuto sotto il nome di Bruegel il Vecchio: la sua
famiglia infatti conta altri pittori assai notevoli, seppure nessuno che gli possa stare
vicino. La sua qualit pi singolare il rapporto diretto e profondo con la natura
e con gli uomini della terra in cui nato.
Vissuto in pieno Rinascimento, e sia pure entro una civilt un po eccentrica
rispetto allItalia, del Rinascimento culla indiscussa, Bruegel non soggiace
minimamente al fascino di quella idealizzazione che, giustificata nei sommi come
Raffaello e Michelangelo, aveva in s i pericoli della maniera e dellaccademismo.
Il nostro artista non rifiuta le conquiste che larte ha fatto nel suo secolo, ma non se
ne lascia neppure dominare, servendosene con tranquilla ma assoluta padronanza.
Gi i suoi soggetti, ben di rado di carattere ufficiale e celebrativo, significano
molto, nella loro aderenza alla realt. Si tratta di feste paesane, di proverbi
figurati, di stagioni dellanno, insomma di un materiale molto legato alla vita del
popolo da cui egli viene e dal quale egli non si distacca mai, ricavandone umori
e succhi ricchissimi per la sua fantasia. Cos, messo a raffronto con i pittori pi
rappresentativi del suo secolo, che sono, come abbiamo visto, volti a ottenere
lessenza sublime della realt, egli sembra a un tempo pi antico e pi nuovo, pi
simile agli artisti dellultimo Medioevo, scrupolosi osservatori del vero, e a quelli,
mettiamo, dellOttocento, di nuovo portati a stare vicini allumile, al quotidiano.
Eppure non c niente di pi fantastico e lirico, per esempio, dei paesaggi di Pieter

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Bruegel. Guardate questo che, dipinto nel 1565, sta al Museo di Storia dellArte di
Vienna. Il titolo, non sappiamo bene se originale o dato pi tardi, Cacciatori nella
neve; qualcuno lo chiama Linverno. Non ha molta importanza, quel che certo che,
ammesso pure che il soggetto principale del quadro sia la raffigurazione di cacciatori
che tornano stanchi verso casa, il tema profondo dellopera la vita delluomo, non
sentita allegoricamente, ma data con una verit incredibile, guardando con occhio
limpido lora di un giorno qualsiasi nella sua luce irripetibile. Non si finirebbe mai di
guardarlo questo paese nevoso e aperto nel quale non sta accadendo nulla di speciale:
cacciatori camminano seguiti da cani, contadini lavorano attorno a un fuoco, altra
gente si muove pi lontana, altra lontanissima pattina sul ghiaccio mentre un uccello
si stacca dai rami nudi, altri stanno fermi sui rami stessi che ancora orlano una neve
fresca. La composizione non ha nulla di preordinato, tagliata in modo che noi
possiamo cogliere uninquadratura essenziale, ma non lunica. Si fosse spostato a
destra o a sinistra, col suo obiettivo supremo, il pittore ci avrebbe dato altrettanta
verit e altrettanta poesia: c s equilibrio, ma senza simmetria, un equilibrio
ottenuto con una naturalezza che ha qualcosa di magico. E non un tale risultato il
pi alto che un artista possa ottenere?
i
aprile 1961

La nave dei folli

Hieronymus Bosch

Muse du Louvre - Parigi

Allinizio la differenza fra pittura (e civilt) fiamminga e pittura
(e civilt) olandese non rilevante. Poi, e possiamo precisare, nel Seicento, la pi

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settentrionale delle terre basse, appunto lOlanda, porta a una dorata, assoluta
maturit la sua vocazione borghese ed esprime una cultura artistica di originalit e
modernit sorprendenti, inconfondibili. Baster far due nomi, quello tempestoso
di Rembrandt e quello sereno di Vermeer, per evocare una delle punte pi alte
non soltanto della pittura europea ma dello spirito umano. Dopo leroico sforzo
del Rinascimento italiano, culminante e gi volto alla crisi in Michelangelo, era
fatale unalternativa (apparentemente) in minore, una discesa dallOlimpo nella
vita di tutti i giorni: vedi scuola danatomia, paziente ora di cucito (Rembrandt
e Vermeer). Luna e laltra, si capisce, sublimate dalla fantasia poetica, cromatica e
luministica, dei due maestri.
Fra la fine del Quattrocento e la prima met del Cinquecento, dicevamo, lanima
olandese non si era ancora formata, e placata, nella consapevolezza della propria
singolarit. Erano anni turbati e turbolenti. Riforma e controriforma segnavano
con il loro contrasto pugnace e vitale
il destino dellEuropa. In questo Non tanti anni dopo, William Shakespeare
interessantissimo momento della parla dun racconto privo di senso, pieno
storia dei paesi che si chiameranno di rumore e di furia, recitato da un idiota.
in seguito Belgio e Olanda nascono Non vi pare che siamo molto vicini
e fioriscono Pieter Bruegel il Vecchio a Hieronymus Bosch?
(del quale abbiamo parlato fra i
fiamminghi) e Hieronymus Bosch, le cui bizzarre invenzioni pittoresche risentono
certamente del processo di trasformazione spirituale in atto. Non facile scoprire
i nessi precisi che corrono tra ideologia e arte, specie quando si tratti di arte vera:
ma un fatto che i pacifici mostri popolanti le parabole e i proverbi figurati dei
due grandi pittori alludono enigmaticamente, eppure incontrovertibilmente, alla
congiuntura religiosa, politica e sociale in cui il mondo s venuto a trovare.

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Dei due lartista pi completo Bruegel, cui permessa una possibilit di riposi
e distensioni (descrizioni di paesaggio) che a Bosch non concessa. Ma entro i
limiti, non angusti, della sua commedia fantastica, Maestro Geronimo grande:
lui, in fondo, lunico vero surrealista della storia dellarte, ma non tale per vacuit
bens per pregnante forza intellettuale. Guardate a questo strano vascello,
dipinto circa nellanno 1500, e ora al Louvre. Da notare, subito, la smania da cui
preso il bel campionario dumanit meschina e goffa imbarcata nel barcherozzo
che non si muover mai in contrasto con la pace della natura che sta nel fondo. C
chi mangia e chi suona, chi sarrampica per una magra cuccagna e chi sfinito, nudo
come un verme, tenta dallacqua scura di aggregarsi; e c, assai significativo, chi
saffaccia come per rimettere. Insomma, senza che se ne possa trarre un significato
chiaro e razionale (ma come sarebbe possibile in tale materia?), riusciamo per a
leggere nel suggestivo quadro di Bosch unallegoria, una delle tante che un artista
pu concepire, della vita. Non tanti anni dopo un altro grande del Nord, William
Shakespeare, non doveva parlare dun racconto privo di senso, pieno di rumore
e di furia, recitato da un idiota?
Non vi pare che siamo molto vicini a Hieronymus Bosch?


Di tutti i grandi olandesi Rembrandt quello che, pur conservando e anzi potenziando i caratteri precipui della scuola cui appartiene, meno, a

prima vista, alla scuola stessa fa pensare. Cos accade, mettiamo, di Michelangelo
nei riguardi della tradizione fiorentina, senza la quale inimmaginabile, ma che
trascende in tal misura da non ricondurvici mai, se non dopo un esame lungo e
particolareggiato, minuto. Nelluno e nellaltro luniversalit, seppur nutrita di
succhi originari, preminente, e non soltanto un raggiungimento ma unaspirazione, unesigenza ansiosa, continua, insaziabile.
Rembrandt Van Rijn nasce nel 1606 e muore nel 1669, in pieno meriggio barocco,
ma a differenza di Rubens che assume le grandiose e qualche volta un po vacue
invenzioni formali provenienti dallItalia per riempirle di carne e di sangue,
insomma di natura, alla nordica, non si lascia troppo commuovere dalle novit. Se
c un pittore che gli insegna qualcosa Caravaggio, lantibarocco, la cui ricerca
luministica non mai fine a se stessa, anzi sempre portata avanti in funzione drammatica: umana, troppo umana, per dirla con Nietzsche.
Mentre la buona pittura olandese del suo tempo tende a specializzarsi, Rembrandt
non ha nessuna intenzione di farsi buon ritrattista, o paesaggista, o internista, o
naturamortista. Egli non si pone limiti di soggetti, passa dal religioso al profano,
dal mitologico al quotidiano, dalla vicenda biblica alla scena di genere, superandone ogni volta i limiti in una resa che ha, nella sublimazione del naturale e dellumano, un carattere universale assoluto. Parlavamo di Michelangelo: litaliano, erede
della classicit, idealizza luomo, lo deifica in un certo senso; Rembrandt, figlio
del naturalismo nordico, umanizza sino ai limiti pi simili la divinit, insomma
compie loperazione inversa. Per questo egli, nei tempi moderni, dal secolo scorso
in qua, ha esercitato una suggestione (pi che uninfluenza) senza pari, e tanto
sugli scrittori che sui pittori. I raggiungimenti pi alti del Realismo e dellImpressionismo, in letteratura e nelle arti figurative, quelleroico, e spesso riuscito, tentativo di portare alla poesia le cose e gli uomini di tutti i giorni non hanno in tutta

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maggio 1961

Cena in Emmaus

Rembrandt

Muse du Louvre - Parigi

la storia dello spirito creativo occidentale un precedente, un incoraggiamento pi


persuasivo dellopera immensa dellolandese. Nei grandi quadri densi di colore
come nei foglietti dalbum appena toccati dal segno infallibile della penna che con
un solo tratto apre linfinito dun cielo, Rembrandt sempre pervicacemente,
implacabilmente se stesso: un ricercatore instancabile e intrepido, ma pieno di
profonda piet, del vero. Chi non ricorda quei suoi vecchi, apostoli o mendicanti
(apostoli come mendicanti, mendicanti come apostoli), le cui rughe come dirupi
accolgono voragini dombra, i cui occhi ai limiti del buio eterno, raccolgono per
con disperata serenit un oro incredibile di luce terrena?
Non possibile dare con unopera idea della complessit e unicit di questo pittore,
perci, tralasciando le pi celebri, come la Ronda di notte o La lezione danatomia,
abbiamo scelto una scena sacra, che mostra pi evidente loriginale maniera che
Rembrandt ha di sentire a modo suo, traducendoli in una visione tutta interiorizzata, duna sintesi suprema, soggetti gi mille volte trattati dallarte precedente. Si
tratta qui della Cena in Emmaus che sta al Louvre, quella cena che i grandi veneti,
poco prima, avevano celebrato con tanto fasto, e che qui ridotta a cos povera,
eppure sublime, cosa. La presenza di Cristo risorto nellambiente corroso dallombra intride santamente lambiente stesso, e le figure, duna luce insieme spirituale
e vera, e il colore, da questo accordo, prende una sostanza ineffabile, ma sensibilissima. Lo spirito cos sincarna miracolosamente, si fa visibile, palpabile.
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giugno 1961

La merlettaia

Jan Vermeer

Muse du Louvre - Parigi


Se di quel secolo doro della pittura olandese che il Seicento Rembrandt rappresenta lanima inquieta e tempestosa, Vermeer rappresenta
proprio il contrario: la pazienza, la calma, laccettazione della piccola realt quotidiana, virt che sul piano sociale e storico si usano definire borghesi, magari con
una sfumatura dispregiativa. Eppure con le virt suddette, che in lui sono prima
morali che artistiche, Vermeer arriva, parallelamente a Rembrandt, a una profondit e a una perfezione che hanno dellassoluto.
Nato nel 1632 a Delft (di cui ha lasciato una Piccola veduta indimenticabile) e
morto, ancora giovane, nel 1675, dopo essersi mosso ben poco di casa, Vermeer
risente, come tutti i pittori europei del tempo, dellinfluenza, forse mediata ma per
questo non meno autentica, del Caravaggio, del quale accoglie soprattutto le scoperte in fatto di luce e dombra. Naturalmente come carattere e come ispirazione
non si potrebbero trovare due personalit pi distanti, antitetiche.
La riscoperta di Vermeer, apprezzatissimo in vita poi a lungo negletto, si ha a met
del secolo scorso, e il merito da attribuire a un critico francese, Thor-Brger: il
che si spiega con lImpressionismo, nascente appunto in quegli anni, e tendente a
dare il massimo valore allesaltazione del vero attraverso il colore e la luce, cio a
quanto il pittore olandese aveva saputo fare come nessun altro.
vero che i temi umili sono comuni nel Seicento, specie olandese: ma visti sotto
unangolazione pittoresca, anticipatrice di unarte di genere sono sempre in
pericolo di cadere nel banale. Mentre Vermeer, con la sua meditazione lenta e
assorta, riesce a trasporre temi come la ricamatrice, il pittore nello studio,

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Diego Velzquez

Museo Nacional del Prado - Madrid


Senza esser stato un teorico vero e proprio, Diego Velzquez
(1599-1660) ha, in una sua definizione alla buona della pittura, affermato che

questa devessere larte di combinare tocchi colorati su di una superficie bianca,


per il piacere degli occhi, fondando in tal modo, per cos dire, larte moderna.
Naturalmente non perch abbiano conosciuto la frase citata sopra che gli impressionisti, per parlare dei pi diretti e famosi eredi del grande pittore spagnolo, si
sono dimostrati tanto coerenti con essa, ma perch devono aver visto i quadri suoi
che ne provano in modo lampante la verit.
Profondamente legato alla terra in cui nacque e visse, la cui natura e il cui carattere
egli esprime nella propria arte con la stessa pienezza con cui Cervantes lesprime
nel suo libro immortale, Velzquez ha avuto per gli occhi e la mente ben aperti
su quanto la pittura europea, specie litaliana, andava producendo di pi nuovo e
vitale in quegli anni. indubbio che lintrepida rivoluzione realistica del Caravaggio ha contato molto nella sua formazione, altrettanto indubbio che i suoi risultati
sono diversissimi da quelli del nostro.
Il Caravaggio essenzialmente, se non esclusivamente, drammatico: a tale scopo
egli, pur ponendosi di fronte alle cose con una presa diretta, libera da ogni schema
intellettuale e formale, tende a una sintesi, appunto drammatica, e perci riduce,
elimina quanto non serva allefficacia del suo possente teatro. E in questo, scavalcato il classicismo cinquecentesco, si ricongiunge a Masaccio, che a sua volta si
ricongiunge a Giotto.
Velzquez invece, con una sorta di olimpica passivit, vede tutto e riproduce tutto,
arrivando a un illusionismo tale da impaurire chi guardi i suoi quadri, restando
dubbioso e incerto, non sapendo bene se quello che gli sta davanti larte riproducente la vita o la vita stessa nel suo impassibile fluire.
Velzquez ha dipinto quadri religiosi e mitologici, ritratti di grandi e di mendicanti, persino paesaggi puri e semplici. Ma il soggetto non ha mai contato per lui
che, per esempio, Venere e Vulcano se li cercati fra la gente, e che poi non ha

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la stradina dellospizio a un cielo fermo, spassionato, quasi metafisico, che fa


pensare alla sublimit di Piero della Francesca, mettiamo, cio al meno pittoresco
degli artisti. Come stato detto, Vermeer trasforma le occupazioni pi ordinarie
in riti miracolosi, e lo fa, allo stesso modo che, pi tardi (con maggior coscienza
e pena) Czanne, portando a una sintesi solenne, religiosa, i gesti e i moti e gli
elementi, in s triti, delle figure umane pi comuni.
Ma guardiamo La merlettaia del Louvre, dipinta circa nel 1665, nella piena e ahim
fugace maturit dellartista. Il fondo dun oro spesso, caldo; muro, ma lasciato
alla sua pura materialit, o appena intaccato dalla firma Meer, diviene, a furia di
concretezza, astratto come un fondo-oro medievale o come una pittura informale. Ma non fine a se stesso, contro la sua sostanza porosa, imbevuta di luce
diurna, la figura della donna intenta al suo lavoro e vestita dun giallo che saccorda
meravigliosamente, prende una sorta di domestica monumentalit. Ma che cos
la sua fronte, cos il suo naso in cui luce e ombra sembrano baciarsi in un incontro
struggente? Per non parlare di stoffe, tappeti, fili di seta: lasciati nel loro naturale,
leggero e familiare disordine, eppure composti in un ordine tale da poter affrontare leternit. Ancora una volta verit e poesia sono la stessa cosa.
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agosto 1961

Las Meninas

neppure tentato di sublimare o, perlomeno, di nobilitare, convinto che la sublimazione per lui non poteva altro avvenire che attraverso la combinazione di tocchi
colorati su di una superficie bianca, nella quale egli sapeva di non avere rivali. Non
sapremmo come meglio farvi intendere ci che mostrandovi questo grande particolare dello straordinario quadro che Las Meninas (Le Damigelle donore), dipinto
da Velzquez, nel 1656, e ora appeso
al Prado come una finestra aperta su Guardando Las Meninas ci sembra
un giorno del tempo perduto (ma di aver visto tutta la Spagna, col bruno
fermato per sempre con una verit da della sua terra e il miele della sua luce,
stordire).
con la dignit e la tristezza della sua gente,
La tela, abbiamo detto, pi grande e tanto, tanto altro.
e comprende tutta intera una stanza
del palazzo reale vista dal pittore in uno specchio posto pressapoco dove ora
siamo noi che guardiamo. In primissimo piano sta un grosso cane sonnacchioso, un po pi indietro, nel mezzo, protagonista lInfanta Margherita, circondata da damigelle e anche da nane; pi indietro, di poco, il pittore davanti al
quadro; pi indietro ancora, in uno specchio appeso alla parete il Re e la Regina;
infine, al di l di una porta aperta, in una luce pi spirabile, un sovrintendente
di corte. Aggiungiamo subito, per confermarvi lassoluta informalit della scena,
che il telaio a sinistra di voi che guardate non cos tagliato nel particolare, ma
cos perch il pittore lo ha visto e tagliato cos. Sembra che non abbia voluto
significare nulla, il pittore, con questo gruppo di famiglia spassionato, privo di
qualsiasi appiglio intellettuale, di qualsiasi intenzionalit. Eppure guardandolo ci sembra di aver visto tutta la Spagna, col bruno della sua terra e il miele
della sua luce, con la dignit e la tristezza della sua gente, e tanto, tanto altro.
Volevamo aggiungere, e non solo per darvi una notizia curiosa, che lultimo grande

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pittore spagnolo, Pablo Picasso, stato talmente incantato e turbato, di recente,


dal ricordo di questo quadro, che non vede da moltissimi anni, di rifarlo, deformandolo, squinternandolo, ribaltandolo in una serie sorprendente di omaggi
apparentemente sacrileghi ma in fondo estremamente rispettosi, intelligenti, illuminanti.
i
settembre 1961

Il tre maggio 1808

Francisco Goya

Museo Nacional del Prado - Madrid

La grande pittura spagnola, che ha il suo culmine nel Seicento, chiude pi tardi di tutte le altre scuole europee, con la personalit inquieta e
inquietante di Francisco Goya, nato e cresciuto nel Settecento e morto nel primo
Ottocento. Forse le date della sua biografia (1746-1828) aiutano a spiegare la sua
straordinaria evoluzione, dallorigine quasi, mai del tutto, accademica, alla conclusione estremamente personale, anticipatrice delle riuscite pi profondamente
e liberamente moderne dellarte venuta dopo. naturale cio che la storia, con i
suoi accadimenti formidabili, dalla crisi dellancien rgime alla Rivoluzione a Napoleone alla Restaurazione, abbia contribuito con i suoi traumi a drammatizzare il
progresso della pittura goyesca. Ma quanti altri non sentirono neppure in superficie quello che egli sent in maniera cos lacerante, negli stessi anni.
Erede della tradizione in cui eccelse Velzquez, Goya ci ha lasciato una serie di
ritratti singoli e di famiglia che uniscono unincantevole resa delle sete e dei velluti
cangianti che sono il vanto della moda settecentesca a una fulminea, impietosa

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La rappresentazione de Il tre maggio 1808 trascende il dato


storico, diventa simbolo perenne della bestialit umana
esaltata dallodio fazioso.
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caratterizzazione psicologica dei personaggi, accordo che sembrerebbe difficile,


anzi impossibile, e ha in lui la naturalezza misteriosa della vita. In questa serie
stanno i principi e le maye, vestite e nude, i generali e i fanciulli, rapiti al tempo,
fermi per leternit, come lo sono, belle e insieme orribili, le farfalle che lentomologo racchiude nelle sue vetrine.
Ci ha lasciato anche una serie di festose decorazioni, che sembrano librate ai ritmi
delle musiche contemporanee, Goya. Ma forse la pi alta espressione del suo genio
si trova nelle opere tarde, disegni e pitture dedicate ai disastri della guerra e alle
follie in genere dellumanit. Rapacit e demenza, lussuria e avarizia e tanti altri
vizi (e cos poche virt) non sono da lui personificati in figure allegoriche, come
nella pittura antica, ma esemplificati in episodi che, tratti dalla cronaca o nati
dagli incubi notturni risultano ugualmente agghiaccianti e pure, alla fine, in virt
dellumana passione che li anima, fortificanti.
Il quadro che mostriamo, e che sta al Prado di Madrid, un esempio supremo di
questa fase dellarte di Goya: sintitola Il tre maggio 1808. La pittura circa del 1815,
e potrebbe dirsi il ricordo di una giornata vissuta con angoscia dal pittore, anche se
non abbiamo la certezza che egli abbia potuto assistere a scene del genere, frequenti
quando Gioacchino Murat si accan contro gli spagnoli, in un primo tempo favorevoli e poi ostili ai francesi. Non importa: la rappresentazione trascende il dato
storico, diventa simbolo perenne della bestialit umana esaltata dallodio fazioso.
A un certo punto, anzi, si potrebbe dire che Goya va anche pi in l, ponendo quasi
alla pari, come burattini mossi da un Fato invisibile, sia gli innocenti, le vittime,
sia gli assassini, gli esecutori del crimine. I primi, nel loro infantile, incomposto
tentativo di affrontare in qualche modo una situazione impossibile, ci mostrano i
loro visi, magari se li coprono, ma sono tutti identificabili nella loro miseria, gli
altri, chiusi nelle uniformi e negli alti berretti, non mostrano invece nessun tratto

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delle loro fisionomie, che sono anzi impossibili a immaginarsi, come cancellate
dallorrendo atto cui sono intenti, cui sono condannati. La scena si svolge presso
un pendio giallastro (leterno giallo spagnolo) alla luce di un lanternone accecante, mentre nel fondo, contro un cielo notturno, le case, la chiesa degli uomini
hanno appena una consistenza larvale. Non c composizione, nel senso classico
della parola, ma la bruta realt colta nel suo improvviso accadere, nei suoi colori
veri e tuttavia sublimati dallimpegno morale dellartista.
A questo quadro si ispirato, decine danni dopo, douard Manet, ma la sua
opera, elegantissima, rimane molto al di sotto delloriginale. Del resto tutti gli
artisti appunto impegnati, o engags hanno sempre guardato a Goya, senza mai
raggiungerlo.
i
novembre 1961

Altare di Isenheim, Crocifissione e Deposizione

Matthias Grnewald

Muse dUnterlinden - Colmar

A differenza di Drer, del quale contemporaneo, Matthias
Grnewald non tenta di correggere il suo aspro idioma germanico con la lingua
misurata e classica del Rinascimento italiano. Tedesco e tedesco vuol rimanere, il nostro pittore: in questo senso mirabile esempio di fedelt al proprio
sangue e alla propria terra, alla propria tradizione, per tutti gli artisti nordici
venuti dopo di lui.
In effetti, quando allalba del nostro secolo lEuropa si caccer nellavventura delle
avanguardie, differenziandosi per nelle varie nazioni, i tedeschi con lespressio-

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Questa tenerezza di materia pittorica fiorita ai margini


della pura tragedia, in Grnewald ha unautenticit,
una necessit interiore commovente.

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nismo si rifaranno soprattutto a uomini come Grnewald. E che cos lespressionismo se non quella componente eterna dellarte tedesca volta, senza compromissioni con il bello, alla espressione, appunto, dellumano, a costo di giungere al
troppo umano?
Lumano, che gli artisti del nostro secolo andranno cercando entro lo squallore
delle citt industriali e lo stridore di denti delle solitudini nevrotiche, un pittore
vissuto fra la fine del Quattro e il principio del Cinquecento poteva trovarlo benissimo nei temi religiosi cristiani. Che, vero, molti, anche grandi, artisti italiani di
quegli anni avevano tradotto in termini di perenne felicit cromatica e compositiva, ma presi alla lettera, dalle nude pagine dei testi sacri, e trasportati in linguaggio
figurativo attraverso una meditazione sincera, grondavano addirittura di umanit.
Su questa via Matthias Grnewald un artista, un poeta verrebbe da dire, da
mettere fra i supremi dellarte occidentale. La sua narrazione della Passione di
Cristo, che sta a Colmar, in Alsazia, e che la sua opera pi giustamente famosa, fa
impallidire al confronto, come resa drammatica dellevento, gran parte delle tante
Passioni dipinte per secoli in Europa.
Noi vi diamo qui il punto centrale del complesso e sublime polittico, quello che
rappresenta Cristo crocifisso tra Maria, la Maddalena e san Giovanni. Gi il paesaggio,
con la sua cortina di nuvole, appena lividamente aperto nel lontano sui monti
abbrunati, parla eloquentemente della tragedia toccata al Figlio di Dio. Il quale,
ingigantito fisicamente rispetto alle altre figure senza tener nessun conto dellormai diffusa misura del corpo umano, soffre per tutti noi in una contrattura muscolare e spirituale insieme che rasenta il grottesco. Proprio come sar nelle cose pi
autentiche della scuola espressionistica. La Croce stessa, il cartello stesso con la
dicitura INRI, sono dolorosamente malpiallati, scentrati, insomma torturati: la
sofferenza dellartista non ha mai un attimo di quiete, una distrazione.

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Laltro artista della scuola tedesca che presentiamo Albrecht
Altdorfer, nato a Ratisbona nel 1480 e morto circa nel 1538: siamo ancora nel
periodo di Drer e Grnewald, fra la fine del Quattro e il principio del Cinquecento, in quel singolare, fecondo momento in cui la pittura nordica viene colpita
dallaffermarsi possente del Rinascimento italiano. Dalla reazione, in parte negativa in parte positiva, risultante dallo scontro di due antitetiche maniere artistiche

e, prima, da due contrastanti concezioni della vita come sono la germanica e litaliana, nasce il singolare fascino della pittura di Drer, Grnewald, Altdorfer.
chiaro che questi artisti non vengono domati dalla misura classica rinata in Italia
con lUmanesimo, chiaro pure che ne vengono, in un certo senso, ipnotizzati:
cos, senza tradire la vocazione naturalistica che tante grandi cose ha fatto loro
compiere nel periodo, lunghissimo al Nord, del Gotico, apprendono a sfondare
per mezzo della prospettiva, nata a Firenze, lo spazio. I contatti che essi possono
stabilire con la scuola che domina, attraverso Roma, il mondo occidentale, non
sono sempre diretti, avvengono spesso per via di stampe e incisioni fedeli sino a
un certo punto allo spirito degli originali. Invece le testimonianze dellarte nata
libera e un po selvatica dalla loro terra e dal loro popolo le hanno sempre sotto
gli occhi nelle chiese, nei conventi, nei castelli. E hanno sotto gli occhi lumanit
e, soprattutto, quella natura indomabile, quelleterna foresta che gi compare nei
fondi sacri del Medioevo e sar motivo supremo nel grande momento romantico,
sia in pittura sia in poesia e in musica.
In questo senso Albrecht Altdorfer il pi germanico di tutti gli artisti tedeschi:
da lui la natura sentita come da nessun altro, con un soffio cos grandioso da
anticipare veramente Hlderlin e Beethoven. Guardate questa Resurrezione di
Cristo, che faceva parte di un grande polittico posto sullaltare di San Floriano,
nellAlta Austria, e paragonatela mentalmente con qualche Resurrezione famosa
dellarte italiana, mettiamo con quella di Piero Della Francesca che sta a Borgo
San Sepolcro. Il nostro pittore ha composto la scena con il rigore assoluto di
un drammaturgo classico, senza concedersi nessuna distrazione, senza cedere a
nessuna tentazione di pittoresco. Ecco invece Altdorfer far cadere il momento
sublime della Resurrezione entro il pi incredibile sfondo di tutta la pittura
dellepoca, quasi volendo che levento sacro abbia un corrispettivo altrettanto

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Ma che dire della Maria tutta bianca nel volto e nel misero petto entro il bianco
del manto, di una spettralit che non ha uguale in tutta la pittura? Che dire di
san Giovanni col suo ditaccio puntato, a costo, pur di essere esplicito, di rasentare
la goffaggine? Anche lagnellino simbolico presso il calice dorato non ha nulla
di grazioso, nellatteggiamento troppo scopertamente simbolico: tuttavia il suo
impaccio, il suo corpicciolo un po sformato diventano, in virt dellemozione
dellartista, estremamente patetici.
Nellorrore, anche coloristico, dellopera loro della chioma di Maddalena, che
ha la nervosit vegetale delle radici quando vengono allo scoperto, saccorda poi
meravigliosamente col rosa della veste. Questa tenerezza di materia pittorica
fiorita ai margini della pura tragedia una di quelle apparenti dissonanze di cui
larte moderna s fatta paladina anche troppo cosciente, ma che in Grnewald ha
unautenticit, una necessit interiore commovente.
i
dicembre 1961

Resurrezione di Cristo

Albrecht Altdorfer

Kunsthistorisches Museum, Gemldegalerie - Vienna

sorprendente e meraviglioso nella natura. Mentre in primo piano Ges, alto sul
sepolcro, abbacina e quasi tramortisce i soldati che erano stati posti di guardia
e gli angeli, lontano, al di l dei pini e dei monti, il sole che sorge vince vittoriosamente la luna che tramonta. tutto un cangiare e trascolorare e rifulgere
e impallidire di tinte duna straordinaria forza poetica e insieme di una quasi
scientifica precisione. Qui il naturalismo nordico, non applicato rigidamente,
ma sentito con profonda partecipazione spirituale, d qualcosa che mai larte
italiana, erede di Atene e di Roma, aveva toccato.
i
febbraio 1962

Piroscafo nella tempesta di neve

William Turner

Tate Gallery - Londra
Se il Settecento vede in Inghilterra una fioritura di deliziosi
ritrattisti, spesso molto sensibili anche alle bellezze della natura in cui essi immergono i loro personaggi, lOttocento assiste, nellisola, allesplosione di una grande
poesia e di una grande pittura. Luna e laltra mosse da quello spirito romantico
che, pur toccando i risultati supremi nella Germania di Goethe e di Beethoven,
in Inghilterra ricchissimo, libero da certi eccessi ideologici che gravano invece
non soltanto alcuni aspetti dellarte germanica, ma pure di quella francese, negli
stessi anni.
Sono due le figure veramente rappresentative della pittura inglese dellet romantica: Turner e Constable. singolare come la poesia, forse con un certo anticipo,
presenti allora in Inghilterra due personalit che rispondono a quelle dei pittori

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Il tutto preso in un vortice nel quale siamo presi anche noi,


in una sorta di ebbrezza esaltante, simile a quella
che ci possono dare certi fortissimi della musica romantica.
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nominati sopra. Vogliamo dire Coleridge e Wordsworth, il primo nella sua tendenza al fantastico pi simile a Turner, il secondo nella sua quieta, virgiliana elegia
pi simile a Constable. Le affinit, non volute, sono impressionanti.
Turner nacque a Londra nel 1785 e vi mor nel 1851, e viaggi molto, specialmente
in Svizzera e in Italia allora molto di moda. Egli dipinse soggetti di ogni genere,
ispirandosi ora alla storia, come nella sua famosa Distruzione di Sodoma, ora alla
cronaca, come nellaltrettanto e forse pi famoso Incendio del Parlamento, ora ispirandosi alla natura nel suo variare infinito. Ma quali che fossero i contenuti delle
opere che intraprendeva, la vigorosa fantasia creatrice del pittore riusciva a esprimersi liberamente. Con una libert tale anzi che molte volte gli ambienti accademici e la critica lo biasimarono con una severit che non mostrarono per nessun
altro artista del suo tempo. Ma proprio perci la sua fama and sempre crescendo,
ed ormai certo che gli impressionisti francesi ricevettero da lui il primo avvio per
le loro ricerche. C un viaggio a Londra di Claude Monet, con una sua visita alla
Tate Gallery, allorigine del movimento che doveva trasformare la pittura europea
a met del secolo scorso.
Il quadro che vi mostriamo sta appunto alla Tate Gallery, si intitola Piroscafo nella
tempesta di neve ed stato positivamente definito da Ruskin apocalisse dei cieli,
negativamente da un critico del quale il nome non direbbe nulla dipinto di bolle
di sapone e di calcina.
Si racconta che per dipingerlo Turner si fosse fatto legare allalbero di una nave,
naturalmente non meno nei pasticci di quella che vedete qui presa in un turbine
incredibile. Turbine di colore, naturalmente, insieme descrittivo e fantastico,
secondo il carattere apparentemente contraddittorio ma invece mirabilmente
coerente dellartista. Siamo ai limiti non solo dellimpressionismo, ma addirittura
dellinformale: un informale non di maniera, come quello di molti pittori di oggi,

ma estratto dalla natura. La nave la vedete, sar stata una nave moderna, allora,
tanto vero che va gi a vapore e butta fuori il fumo, un fumo che si confonde con
le nubi, lacqua, la neve. Il tutto preso in un vortice nel quale siamo presi anche
noi, in una sorta di ebbrezza esaltante, simile a quella che ci possono dare certi
fortissimi della musica romantica.

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i
marzo 1962

Il cottage di Sir Richard Steele, Hampstead

John Constable

Yale Center for British Art, Paul Mellon Collection - Yale

John Constable, nato nel 1776 e morto nel 1837, vive a cavallo

dei due secoli, nel momento pi grande e creativo del Romanticismo europeo.
Ma si sa che in Inghilterra questo movimento nasce in anticipo e con caratteri
tutti suoi, pi liberi e naturali che altrove. Anche in questo, come in tante altre
cose, gli isolani procedono empiricamente, senza troppo preoccuparsi di dare
una base teorica o, come si direbbe oggi, ideologica alla loro azione. Il che li
rende immuni dai pericoli dellastrazione, della rigidezza, del fanatismo.
Nella seconda met del Settecento, certamente per giusta reazione alleccesso di
razionalit cui si era voluto sottoporre larte nei primi cinquantanni del secolo,
nei quali trionfa lIlluminismo, vanno nascendo qua e l fermenti, in tutti i campi
dello spirito, cui noi oggi abbiamo dato il nome di anticipazioni preromantiche. E
lInghilterra ne pi ricca di ogni altro paese: la poesia giovanile di Wordsworth
e di Coleridge e la contemporanea, parallela pittura di Constable e di Turner ne
sono gli esempi pi singolari.

Nessuno di questi artisti schietti e autentici potrebbe venire classificato romantico


in senso stretto, nessuno di essi infatti si preoccupa di stare ai temi che il movimento propone, come vi saranno invece i tedeschi e i francesi. Quello che essi
sentono di dover seguire soltanto la propria anima, che, come giusto, in quegli
anni aspira a una sorta di comunione intera con la natura.
Prendiamo Constable. Questo straordinario poeta del colore e della luce ha
dichiarato pi di una volta che lunica sua preoccupazione era quella di sentire
con umile cuore quanto cera di gi nelle siepi, nei campi, nei cieli. Una disposizione questa che verr portata alle conseguenze estreme dagli impressionisti, ma
che in fondo era stata sempre presente a tutti grandi paesisti, da Poussin a Claudio
Lorenese agli olandesi, ai veneziani come il Guardi e il Canaletto: e non si potrebbe risalire anche molto pi indietro, spostandoci dalla poesia in colori a quella in
parole, sino al Virgilio delle Bucoliche e delle Georgiche?
Il quadro che vedete, e che sta in una collezione privata britannica, rappresenta
Hampstead. Gli inglesi vi riconoscono, sulla destra, il cottage che appartenne
al famoso saggista Steele e un po in tutto il primo piano i luoghi di Clarissa, il
famoso best-seller di Richardson. Ma a noi questo importa ben poco, quello che
importa la meravigliosa resa del paese, tutto rorido di rugiada mattutina e fresco
di verdi e di bianchi da un lato, caldo di bruni dallaltro, stemperato di viola di
grigi e di azzurri nel fondo infinito. Non manca un cenno di racconto nella carrozza in discesa per la strada che divide in due la composizione e nelle figurette
della sinistra (meno necessaria perch forse un po troppo corposa quella femminile al limite del quadro): e questo non affatto per dispiacerci, tenuto com su
un piano di discrezione castissima. Ben altro peso avranno i racconti della pittura
romantica propriamente detta, molto spesso anticipatrice dei pi frastornanti film
storici in technicolor dei nostri giorni.


Dopo due francesi, un italiano: Antonio Ligabue da Reggio
Emilia. Il tipo altrettanto bizzarro, ma in maniera diversa, che Rousseau e Bauchant, e altrettanto autentico, e non professionale, pittore.
Individuare il suo status, la sua condizione prima, cos da affibbiare al suo nome
un aggettivo come si fatto con doganiere ed erborista per i due maestri doltrAlpe, non facile, forse impossibile. Si potrebbe provare con vagabondo,
lasciando alla parola tutte le sue ambiguit, i suoi riflessi cangianti, il suo bene e il
suo male. Cos che in essa spiri quellaria libera, di strada aperta e spazzata dal vento,
e insieme ristagni quellafrore acre, un po ferino, di vita irregolare, che sentiamo in
alcuni grandi poeti dellet moderna, da Rimbaud a Verlaine a Campana.
Ligabue un uomo della bassa reggiana, un figlio di quella gente alacre e sanguigna che ha costruito sulla riva emiliana del Po una serie di piccole citt stupende,
Boretto, Gualtieri, Suzzara, Guastalla, dotandole di una campagna fra le meglio
coltivate del mondo. Si capisce che in tanta concretezza di interessi e sana, violentemente sana, accettazione della vita, un uomo come Ligabue non potesse trovare
un ritmo desistenza misurato e tranquillo. Tuttavia egli non si distaccato da
questo ambiente, anzi vi si immerso sino al collo, cavandone un sacco di guai
e di ispirazione. Se avesse emigrato verso le grandi citt, dove persino i sarti e gli
osti proteggono gli artisti, vestendoli e ingrassandoli, avremmo un professionista
del pennello di pi e un pittore di meno.
Ligabue rimasto nella sua patria, si muove fra Reggio e la zona rivierasca su delle
motociclette assurde (pare che ne abbia una quindicina, tutte degne del cimitero

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settembre 1962

La Troika

Antonio Ligabue

Collezione privata

delle macchine), vive quella vita singolare che il suo temperamento, venuto in
conflitto con la realt dellambiente, gli procura. ospite un giorno di questo
mezzadro, laltro di quel fittavolo: gente soda e allegra che finisce per appendere
in tinello, vicino alle fotografie ingrandite dei familiari scomparsi, i poetici sogni
colorati dellamico, e compagno di tavola, Antonio Ligabue.
Il quale ha avuto il suo scopritore, il suo Apollinaire, nello scultore Mazzacurati,
che gli ha organizzato mostre, portato critici illustri. Ma il nostro vagabondo
rimasto sempre lo stesso, non uscito dal suo mondo limitatissimo e smisurato.
Cosa dipinge, e come dipinge Ligabue? I soggetti sono vari, sia dal vero (ma come
fossero inventati), per esempio coniglioni e gatti di cortile, che inventati (ma
come fossero veri), per esempio combattimenti di leoni e di tigri nella foresta. Il
suo segno forte, aspro, e se morbido ha la morbidezza un po ruvida della lana
filata in casa; il suo colore intatto, diretto come quello degli attrezzi agricoli e
degli utensili domestici. Le sue immagini, cos, prendono un rilievo robusto, da
intaglio ligneo ravvivato per virt di una vernice rustica e favolosa.
Il quadro che vi presentiamo non dei pi comuni, come tema, nellopera
dellartista, innamorato di flora e fauna africana, conosciute attraverso enciclopedie popolari e libri per scuole inferiori. Questa Troika, che probabilmente trae
il suo soggetto da una lettura romanzesca di Ligabue, una delle poche narrazioni pittoriche dei nostri tempi. Sullo stupendo sfondo della steppa presa nella
bufera di neve uomini e animali lottano con atterrita (o allegra) ferocia. Il moto
vorticoso, incredibile, ma la composizione regge a meraviglia, tanto che lopera
nella sua bruta, fulminea espressivit, sembra daltra parte alla lontana echeggiare
remoti esempi di pittura classica, come il supremo mosaico alessandrino della
Battaglia di Isso.

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Giorgio Morandi

Francisco de Zurbarn

Cimabue

douard Manet

Antonello da Messina

Georges Braque

Tiziano Vecellio

Jan Van Eyck

Rembrandt

El Greco

Jean-Baptiste-Simon Chardin

Albrecht Drer

Paul Czanne

Thomas Gainsborough

Pablo Picasso

Ben Shahn

i r itr atti, i paesaggi


e le nature mor te
Paul Klee

Henri Rousseau

Ambrogio Lorenzetti

Andr Bauchant

Beato Angelico

Jan Vermeer

Pieter Paul Rubens

Pierre Bonnard

Canaletto

Albrecht Altdorfer

Alfred Sisley

Jacob van Ruisdael

Andr Derain

Arnold Bcklin

febbraio 1957

Natura morta

Giorgio Morandi

Collezione eni

Il Novecento, nella sua prima met, ha visto in letteratura
e musica, architettura, pittura e scultura, un cos vertiginoso avvicendarsi di
scuole e personalit, che la gente, incapace di tenervi dietro, ha pensato bene di
disinteressarsene del tutto rifugiandosi nel passato e nelle sue opere stagionate e
sicure. Ma era inevitabile che lassoluta libert conquistata dagli artisti nel secolo
precedente, sia rispetto ai temi che alle forme, provocasse una notevole confusione; altrettanto naturale che il pubblico alle prime non riuscisse ad orientarsi.
Eppure cubismo e futurismo, espressionismo e surrealismo, per non nominare
che i movimenti pi conosciuti ed importanti, non nacquero da un capriccio,
ma risposero a esigenze autentiche di rinnovamento dei temi, appunto, e delle
forme.
Gi sul finire dellOttocento Paul Czanne aveva reagito allestrema passivit
degli impressionisti di fronte al vario e mutevole flusso della realt, cercando di
ridare alla realt stessa una struttura mentale, solidificandone la materia in forme
monumentali, solenni, religiose. Ma il suo eroico sforzo per riportare la pittura
sul piano di spiritualit che essa aveva toccato nei tempi di pi grande splendore,
da Giotto a Masaccio a Michelangelo a Poussin, se chiuse definitivamente let di
creazione felice dellimpressionismo, ne apr una anche troppo inquieta e soggetta
allinvenzione intellettuale.
Dal suo quadro La capanna del Giura, circa del 1904, ai primi paesaggi cubisti
dipinti in Spagna nel 1906 da Pablo Picasso corre un legame evidente: nelluno
e negli altri in atto una geometrizzazione della natura. Ma mentre Czanne

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tendeva a un nuovo, severo ordine delle cose, Picasso si avviava verso la lacerazione di ogni ordine.
Per quanto pi imponenti in Francia, dove gli immigrati Picasso (spagnolo), Modigliani (italiano), Chagall (russo) e i francesi Matisse, Rouault, Braque seppero
variamente e validamente portarSenza scomporre il vero, come Picasso,
le su un piano di creativit estetica,
o deformarlo, come Modigliani,
le scuole di avanguardia allignarono
anche fra noi.
Morandi ha saputo ricrearlo per noi
Nel primo quarto del secolo tutti i
in maniera miracolosa.
pittori che oggi risultano aver rinnovato larte italiana, da Carr a De Chirico, da De Pisis a Morandi, furono futuristi o metafisici, primitivisti o espressionisti. Furono: ma tutti a modo
loro superarono ben presto la fase rivoluzionaria dei puri esperimenti tornando,
senza rinnegare quanto avevano ottenuto nella ricerca, nella tradizione, spesso
arricchendola.
Il pi dotato e insieme il pi controllato di questi artisti il bolognese Giorgio
Morandi.
Egli non si mai mosso dalla sua terra e non si allontanato da pochi temi profondamente sentiti: il paesaggio emiliano nella sua pi umile accezione, gli oggetti
pi quotidiani e polverosi della casa. Non sembri poco. In una continua ricreazione compositiva e cromatica le case e le piante, le lucerne e le bottiglie di Giorgio
Morandi assumono aspetti che non finiscono mai di stupirci e di incantarci.
Lo spazio fra un albero e un muro, fra una scatola e un mobile diventa volta a volta
lirico o drammatico in Morandi; cos come i toni del colore, variando appena,
generano accordi di diversa ma sempre altissima intensit. Senza scomporre il
vero, come Picasso, o deformarlo, come Modigliani, Morandi ha saputo ricrearlo

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Quand che luomo ha cominciato a ritrarre il volto delluomo, cio se stesso, usando pennello e scalpello? Si pu risalire molto indietro nei
secoli, e incontrare luomo divinizzato o il dio umanizzato, si possono trovare
infinite testimonianze della continua e sempre diversa ricerca condotta nellintento di figurare quella piccola cosa che pure sta al centro delluniverso: luomo.

Ma noi, in questa nuova serie di tavole a colori abbiamo voluto limitare il campo,
puntando esclusivamente sul ritratto. La sublime esattezza dello Scriba egizio, lideale perfezione dei cavalieri del Partenone, e pi tardi, i giganti della Cappella Sistina, rappresentano il volto delluomo, e in maniera suprema: ma non per
questo rientrano nel nostro assunto, che di dare volti di persone realmente esistite, umili o grandi che fossero, e che larte ci ha tramandati nelle loro fisionomie e
nei loro atteggiamenti, per sempre.
Non potremmo che iniziare con unopera romana: i romani infatti avranno
imparato questo dagli etruschi, questaltro dai greci, nel ritratto per sono stati
i primi. La loro concretezza, il loro senso della realt li ha portati, in letteratura
e nelle arti, a non divagare dalla vita, ma a cercare di renderla il pi veracemente possibile, senza preoccuparsi di raggiungere unideale forma di bellezza, di
grazia o di forza.
Esemplare per ferma asciutta resa dei caratteri fisici e morali dellindividuo la
ritrattistica scultorea romana: chi non ricorda almeno qualcuna di quelle teste
che fanno rivivere, con unevidenza impressionante, la gente dallora?
Ma anche la pittura, della quale purtroppo sono rimaste poche cose, e non certo
in buono stato, vanta qualche pezzo stupendo del genere. Primo fra tutti questo
doppio ritratto pompeiano in cui il panettiere e duumviro Paquio Proculo
visto accosto alla moglie, in un istante di vita rapito al tempo, di una verit stupefacente.
I due si sono messi un po come quando si va dal fotografo, e il fotografo, scusate,
il pittore, li ha un tantino arrangiati, pregando lei di prender quellatteggiamento
di riflessione domestica, lui non sappiamo bene di che fare. Comunque lei ha eseguito per benino lordine, lui non ce lha fatta, ha portato nervosamente la mano
al petto, e si bloccato del tutto, guardando, come si dice, in macchina.

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per noi in maniera miracolosa. Si guardi la natura morta riprodotta accanto, che
sul finire del periodo detto metafisico, nel quale Morandi ritrova la severa
misura, la solidit della pittura italiana prima del Cinquecento.
I ritmi dellambiente spaziale e degli oggetti inseriti sono monumentali come in
Giotto o Masaccio, i colori, in funzione di tale composizione, sono tenuti su toni
gravi che rintoccano in noi lungamente.
Non che un momento nellinfinita variet, dietro lapparente monotonia, della
grande opera morandiana, che ne ha altri di pi rapita felicit, di incantevole
abbandono in una gamma che non ha forse uguali nellarte italiana e, possiamo
aggiungere, mondiale della nostra epoca. La quale, non si nega, sar anche nellarte come in tutto il resto travagliata da una crisi profonda, rispetto ad altre pi fortunate, una crisi per che trova una interpretazione e insieme un superamento in
artisti come Giorgio Morandi, che ne ha sentito le contraddizioni ma le ha sapute
vincere sul piano eterno dellarte.
i
gennaio 1958

Ritratto di Paquio Proculo

da Pompei
Museo Archeologico Nazionale - Napoli

Insomma davvero come una suprema fotografia, non scattata e impressa macchinalmente, ma eseguita con pazienza e genio da un uomo che, postosi davanti
al vero, lo ha saputo cogliere in pieno, analizzandolo prima minutamente, portandolo poi a una sintesi perfetta.
i
febbraio 1958

San Francesco

Cimabue
Basilica di San Francesco - Assisi

Il volto umano che vi presentiamo oggi il volto di un santo,
quello del Poverello dAssisi. La vita e larte, nei secoli che sono passati da quando
lanonimo pittore romano ha ritratto i due sposi che avete conosciuto laltra volta,
sono state profondamente trasformate dallavvento del cristianesimo.
Perch la vita potesse uniformarsi ai precetti della fede, sentita con fortissima
intensit, era necessario che larte, pur senza venir meno al suo compito, che
quello di rappresentare, si mettesse al servizio della fede medesima. N la bellezza
e armonia fisica, perseguite dalla grande arte greca, n lindividuazione realistica del carattere individuale, ricercata dallarte romana, sono fra gli scopi che il
pittore, lo scultore medioevale si prefiggono. Quel che importa, raccontando per
immagini la Storia sacra o le vite dei santi, ledificazione religiosa dellanima del
credente, che a quelle immagini si rivolto per chieder conforto e speranza.
Let in cui questarte tocca il pi alto respiro mistico insieme alla pi grande forza
espressiva si ha in Italia fra la seconda met del Duecento e la prima del Trecento:
unet tutta riverberata dalla parola e dallazione francescane. Ed ecco Cimabue,

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comunemente noto quale scopritore e maestro di Giotto, ma in effetti pittore


grande egli stesso, darci in uno degli affreschi della Basilica del Santo ad Assisi,
unimmagine di Francesco che s supremamente idealizzata, ma che anche un
ritratto vero e proprio.
Contro il fondo di cielo, che i guasti del tempo non ci impediscono di sentire di un
azzurro paradisiaco, il santo, umilissimo nella tonaca, nel gesto, nello sguardo, ma
trasfigurato dal nimbo doro che ne afferma in maniera fulgente la santit, pur
sempre un uomo come noi. Lo scrupolo con cui lartista, dopo secoli di quellastrattezza bizantina che aveva ridotto la figura umana a larva simbolica, ha reso
i tratti della fisionomia, soffermandosi sulle rughe minute, sulla rada zazzeretta,
sulla barba stenta, sulle pupille ardenti, un segno di rinnovamento che ha unimportanza grandissima. Larte tornata a guardare luomo e lo guarda pi a fondo
che non abbia mai fatto prima.
i
aprile 1958

Ritratto duomo

Antonello da Messina
Galleria Borghese - Roma
Il Quattrocento segna la riscoperta delle opere darte antiche, romane e greche,
pi romane che greche, e insieme, in un certo senso conseguente, un appassionato interesse alluomo e alla natura. I toscani, Brunelleschi, Donatello, Masaccio,
sono i pionieri di questo rinnovamento prima spirituale che formale: la prospettiva e la resa plasticamente rigorosa del corpo umano trovano nei tre, un architetto,
uno scultore, un pittore, i fondatori supremi, mai pi eguagliati.

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A met del secolo Piero della Francesca fa irrompere la luce vera negli spazi e sulle
figure, ed ancora un passo avanti in quella parabola rinascimentale che toccher
il suo zenit glorioso, ma gi con le prime ombre crepuscolari, nel Cinquecento di
Raffaello e Michelangelo, del Correggio e di Tiziano.
Di volti umani, di ritratti per la nostra breve storia, il Rinascimento ne ha moltissimi e di una variet infinita. Noi abbiamo voluto darvene uno estremamente
rappresentativo e di grande bellezza, ma non conosciutissimo. E di un maestro,
Antonello da Messina, che racchiude in una sintesi unica non solo i valori dellarte
italiana del suo tempo, ma anche di quella nordica, fiamminga, che parallelamente, seppur in maniera autonoma e in
un certo senso contrastante, svolge la In Antonello confluiscono e si fondono
stessa ricerca e tende allo stesso risul- in maniera mirabile tutti gli elementi
tato di rappresentazione delluomo e della cultura quattrocentesca.
della natura.
Lignoto che vi guarda dalla tavoletta della Galleria Borghese qui riprodotta
stato dipinto circa nel 1473. Simmagina che Antonello se lo sia fissato con
attenzione e pazienza infinite, secondo il metodo appunto dei fiamminghi, e
lo dimostra lombra lieve della barba sul volto, la minuzia puntigliosa con cui
sono stati ripresi uno per uno i cigli. Ma daltra parte come italiano, classico il
volume del viso visto di tre quarti, il fusto geometrico del petto, in cui le pieghe
dellabito diventano come scanalature dunantica colonna.
In Antonello veramente confluiscono e si fondono in maniera mirabile tutti gli
elementi della cultura quattrocentesca. Per giungere alla sua sublime riuscita
formale Antonello ha bruciato gli elementi, per lui secondari, della psicologia
individuale. Il suo Ignoto resta per noi veramente ignoto, misterioso, inaccessibile. Ma non chiediamo ad Antonello quello che egli non pu, non vuole darci

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109

e che ci verr offerto con dovizia dagli artisti del secolo che segue quello in cui
egli visse e intrepidamente oper.
i
giugno 1958

Ritratto di uomo dagli occhi glauchi

Tiziano Vecellio
Galleria Palatina, Palazzo Pitti - Firenze

Il Cinquecento, che porta avanti le conquiste tecniche dellarte
quattrocentesca, senza naturalmente superarne lassoluta fermezza stilistica, ricchissimo di ritratti, ed era veramente imbarazzante sceglierne uno che rappresentasse il secolo. Alla fine ci siamo decisi per questo Tiziano, che sta a Firenze, alla
Galleria Pitti, dopo essere entrato nelle raccolte medicee per via deredit, dalla
famosa quadreria dei Duchi dUrbino.
Per tale provenienza c chi ha creduto di identificare, nel misterioso gentiluomo che ci guarda con i suoi occhi verdi, Guidobaldo da Montefeltro, mentre
altri lo hanno chiamato Ippolito Riminaldi, o il Duca di Norfolk, o pi genericamente lInglese.
Mentre lIgnoto di Antonello da Messina, che avete ammirato nel numero scorso,
era tale per completa mancanza di dati, questo Signore di Tiziano lo divenuto
per eccesso di ipotesi anagrafiche. Ma non ci dispiace che non si sappia bene chi
sia questo misterioso personaggio il cui abito scuro viene appena ravvivato dal
bianco azzurro del colletto e dalloro fulvo della collana; inutile sottolineare
il meraviglioso accordo di colori che il grande pittore veneto sa comporre con
questi tre semplici elementi. Non ci dispiace, dicevamo, perch ormai, affidata

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al pennello trasfiguratore di Tiziano, la figura non pi di persona storica ma


ideale.
Quellaccrescimento di valori psicologici che la novit del Cinquecento rispetto
al Quattrocento, tocca qui una delle sue punte pi alte. Eroe di romanzo pi che,
ripetiamo, personaggio storico, questo giovane trentenne la cui leggera trascuratezza nei capelli, nei baffi e nella barba non certo indizio di sciatteria, ma piuttosto di quella sprezzatura che il contemporaneo Baldassar Castiglione riteneva
prerogativa essenziale del cortigiano. C qualcosa di pi, per, delleleganza, in
questo gentiluomo: una malinconia un po febbrile, un ardore trattenuto che gli
occhi, specchio dellanima, hanno rivelato al pittore e il pittore ha reso con verit
e poesia incomparabili.
Non si dimentica facilmente un uomo come questo, dopo averlo visto anche in
una semplice riproduzione: fermatolo sulla tela in un momento della sua vita,
Tiziano ce lo ha fatto conoscere nella sua interezza fisica e spirituale, per sempre.
i
luglio 1958

Ritratto di vecchio

Rembrandt
Galleria degli Uffizi - Firenze
Questo Ritratto di vecchio, che sta agli Uffizi, opera tarda del
grande pittore olandese Rembrandt, databile fra il 1664 e il 1669, anno di morte
dellartista. Laureo Rinascimento lontano, con la sua estiva pienezza e felicit,
e la pittura fiorisce splendidamente fuori dal suo centro, lItalia, con lo spagnolo
Velzquez, gli olandesi Rembrandt e Vermeer.

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Eppure il fatto rivoluzionario che aveva suscitato tale nuova libert, tale vitale
affrancamento dagli schemi gloriosi ma ormai esauriti dal classicismo, si deve a
un italiano, al lombardo Caravaggio, che nella Roma del primo Seicento rivolge
sul vero, bello o brutto non importa
purch sia vero, un implacabile raggio Alla fulminea rivelazione del carattere
di luce. Alla quale, nelle sue opere, si umano di Caravaggio, Rembrandt
oppone unombra altrettanto forte, fa succedere una lentissima scoperta
con effetti di severa, corposa dram- dellanima, scoperta portata
maticit.
sino alle profondit pi nascoste.
Rembrandt ricevette la lezione caravaggesca, nel tempo della sua formazione, da pittori del Nord che erano stati a
Roma, soprattutto da Gherardo delle Notti e da Adamo Elsheimer. Ma era artista
troppo originale per non procedere oltre: dove era luce, per lui fu mezza luce,
dove era ombra, penombra. Alla fulminea rivelazione del carattere umano ottenuta dal Caravaggio con violenta rapidit, Rembrandt fa succedere una lentissima
scoperta dellanima, scoperta portata sino alle profondit pi nascoste. Insomma il
riflettore cede il posto allo scandaglio.
Favorito dalla possibilit, maggiore nel suo paese, di trattare temi del vivere quotidiano, Rembrandt dipinge con la stessa sublime verit ronda di notte e lezioni
di anatomia, autoritratti e buoi squartati. Qui un vecchio che ci ha consegnato
per leternit: un vecchio che potrebbe essere un profeta biblico o il rabbino della
comunit israelita, come si variamente pensato. Ma non importa molto saperlo;
non ci basta averlo conosciuto nella sua dolorosa realt di vecchio uomo giunto
ai confini di unombra che nel quadro insieme materiale e spirituale, tremenda?
i

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113

agosto 1958

Fanciullo con trottola

Jean-Baptiste-Simon Chardin
Muse du Louvre - Parigi

Quellaccostamento alla realt che abbiamo visto realizzato nel
sublime vecchio di Rembrandt, e che la conquista pi grande dellarte del Seicento, sembra nel secolo successivo perder dintensit, esaurirsi. Il bel Settecento,
che finir, vero, nel bagno di sangue della Rivoluzione, nasce e procede sotto il
segno della grazia e della frivolezza, il suo stile dominante si chiama Rococ, la
sua aria musicale pi fortunata minuetto. E sia pure che oggi la pittura di Watteau,
la musica di Mozart rivelano spesso una malinconia, un dolore profondi.
Comunque, riguardandoci la pittura di quellet per cercarvi un volto umano da
far entrare nel nostro piccolo museo immaginario, le troppe damigelle e i troppi
cavalieri anche di mano di pittori buoni, ci hanno piuttosto annoiati. A controbilanciarli, vero, bastan da soli i burattini che il pennello impietoso del pittore
spagnolo Francesco Goya ha cavato fuori dalla societ del tempo. Ma non abbiamo
voluto rattristarvi con le sue sagome grottesche, ci siamo rivolti, per rappresentare il Settecento, a un pittore il cui occhio sa essere acuto ma sereno: il francese
Chardin.
Nato nel 1699 e morto nel 1779, egli non accetta supinamente la moda, come
fanno tanti, n si ribella come pochissimi, come Goya appunto. Ma si rivolge a
quelle persone, e a quelle cose, che meno sono state falsate dal polverio delle ciprie
e dal luccichio degli ori: guarda e dipinge bambini e fantesche e rami di cucina
e porcellane domestiche. Artista di una singolarit suprema, se mai gli vogliamo
trovare dei precedenti, possiamo fare il nome di qualche olandese del Seicento,
come Vermeer e De Hooch. Se poi dovessimo trovargli, cosa pure difficile, dei

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seguaci, non ci fermeremmo alla pittura di genere dellOttocento cui, visto superficialmente, potrebbe far pensare, bens a qualche moderno, sopra tutti a Giorgio
Morandi.
Guardate il giovinetto che gioca con la trottola (il quadro si trova al Louvre):
vestito, naturalmente, alla moda, come la mamma (gi una borghese, forse, pi
che unaristocratica) ha voluto fargli. Ma non ci svapora dentro, anzi vi si fissa in
una ferma, eterna solidit. La sua attenzione al gioco ha una seriet intensissima:
guardategli gli occhi, la bocca, le mani. Straordinario poi laccordo delle forme,
dal foglio arrotolato al calamaio al libro al corpo del giovinetto, e dei colori, bruni
verdi bianchi azzurri, tenuti su un piano di infinita discrezione. Come fosse del
Mozart nei suoi momenti di pi alta serenit.
i
settembre 1958

Autoritratto

Paul Czanne
Hermitage - San Pietroburgo

LOttocento, nella sua prima met, tutto intento alla scoperta
della natura: prima sono i romantici, che dipingono i paesaggi guardando al vero
ma rendendolo interprete dei propri sentimenti; poi i naturalisti, che si accostano
anche pi da vicino al vero sforzandosi di darlo sulla tela col massimo di obiettivit; infine gli impressionisti, che tendono ad annullarsi in una totale adesione alla
luce e al colori del vero medesimo.
Corot, Courbet e Monet sono i tre pi puri e significativi rappresentanti delle
tendenze suddette; e non da meravigliarsi che siano tutti francesi, perch nel

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secolo scorso il centro artistico dEuropa non pi Firenze, o Roma, o Venezia,


ma Parigi.
Dal seno dellImpressionismo, ma in reazione alla sua passivit intellettuale e alla
sua dissoluzione formale, esce nella seconda met del secolo lartista che sapr
ridare, e senza sforzarli, significato allaspetto delle cose e anima al volto delluomo: Paul Czanne.
ancora un francese, ma del Sud, di quella Provenza fatalmente volta ai soffi del
Mediterraneo e agli influssi della civilt latina. Egli con Parigi stato in contatto,
ma non si mai allontanato dalla terra, che gli ha dato i natali e i succhi immemorabili di una tradizione, fornendogli insieme il nutrimento quotidiano di una
realt paesistica e umana di severa autenticit.
Con lui il ritratto, che era andato via via scadendo in rigida ufficialit o in lezioso
sentimentalismo, si rif misura nuda della condizione umana. Il contadino e la
vecchia donna di casa, il mercante di quadri Vollard o il pittore stesso assumono
nella fedele e insieme trasfiguratrice traduzione figurativa di Paul Czanne una
monumentalit di costruzione e una religiosit di espressione che non si erano pi
viste nellarte da secoli. Questo che vedete un autoritratto del pittore, dipinto
circa nel 1880, alle porte cio di quella belle poque che far la fortuna degli artisti
pi abili nelladulare col pennello le belle signore scollate e i gentiluomini col
frac. Se i piacevoli quadri dei pittori mondani possono magari ridarci il senso
superficiale dellepoca, le severe pitture di Czanne soltanto possono restituircene
lanima segreta e pi vera.
Una sofferta consapevolezza scava intorno agli occhi del pittore, nel quadro che vi
sta davanti, ombre dirupate e ferme simili a quelle dellAdamo di Masaccio, mentre la
superficie sferica del cranio splende di un oro antico non meno austero e solenne di
quello delle teste dei profeti di Cimabue. I riferimenti che si sono fatti non indicano

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una ricerca voluta, ma unaffinit del tutto spontanea, che si spiega con il senso di
spiritualit profonda ritrovato dallartista in se stesso. I maestri antichi possedevano
naturalmente quella spiritualit di concezione, quella fermezza desecuzione che
Paul Czanne dovette, con tanta fatica, riportare nellarte contemporanea.
i
ottobre 1958

Ritratto di Ambroise Vollard

Pablo Picasso
Museo Pukin - Mosca

Dallultimo Czanne al primo Picasso cubista il passo non poi
tanto lungo: levoluzione del secondo non immaginabile senza la dura lezione
del primo, anche se in essa entrano poi altre componenti, innanzitutto, come
naturale, la personalit dellartista medesimo, tanto pi curiosa, instabile e imprevedibile di quella del Maestro.
Ma ricordate lAutoritratto di Czanne pubblicato nel numero scorso, con quella
forma data in una sintesi suprema, quasi pi da vetrata che da pittura, di pezzature
solenni di colore?
Ebbene, in questo Ritratto del mercante darte Vollard, del Museo dArte Moderna
di Mosca, dipinto da Pablo Picasso fra il 1909 e il 1910, come se la vetrata fosse
stata infranta e ricomposta poi in ununit formale che non tiene conto della realt
oggettiva, ma si ispira a una visione interna, soggettiva della realt stessa.
La reazione immediata alla maniera cubista di Picasso e di Braque, parallela alla
futurista, viva in Italia negli stessi anni di poco precedenti la prima guerra mondiale, fu di indignato stupore. Ma ormai, in quarantanni il Cubismo stagionato,

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e stagionato bene a differenza di tanti altri movimenti davanguardia, i quadri dei


suoi maestri pi autentici resistono nella loro intelaiatura spezzata ma coerente,
di una saldezza, malgrado le sciabolate di colore e chiaroscuro (forse, in virt di
esse), non comune.
Pu darsi, anzi molto probabile che gran parte dei lettori del Gatto Selvatico
abbia, alle prime un moto negativo, riguardo a questa testa ferita, tartassata, spezzata, e inclusa in uno spazio sfaccettato sino allinverosimile: un moto, insomma,
simile a quello che salut il primo apparire della pittura cubista. Ci si chieder
forse: Che cosa vuol dire? Perch terremotare cos una forma che durava Non facile in poche righe spiegare un
da millenni ed entro la quale nei vari fenomeno cos complesso come il Cubismo.
secoli ci si era pure potuti esprimere Una personalit come quella di Picasso
in modi vari, come dimostra anche la non si lascia certo incasellare facilmente.
serie del Volto dellUomo?.
Non facile in poche righe spiegare un fenomeno cos complesso come il Cubismo,
una personalit come quella di Picasso che non si lascia certo incasellare facilmente. un fatto che il Cubismo coincide con la crisi di una civilt e ne anticipa e
simbolicamente prefigura gli eventi dolorosi: la guerra, la prima grande guerra di
tipo moderno non doveva ridurre, poco tempo dopo, luomo sia nel fisico sia nello
spirito a una figura altrettanto ferita, spezzata, tartassata?
Daltra parte, larte pure era in crisi e lartista non aveva forse altra via per salvarla che quella della rottura e della ricostruzione, come altre volte era avvenuto,
seppure meno drammaticamente. Come quando i cristiani avevano rifiutato la
bellezza pagana per faticosamente ridarcene unaltra, pi profonda, allapparenza
probabilmente pi brutta di quella classica.

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novembre 1958

Senecio

Paul Klee
Kunstmuseum - Basilea

Se Picasso, spingendo oltre la ricerca formale di Czanne,
tortura e infrange una tradizione figurativa millenaria, Paul Klee addirittura la
nega, ricominciando daccapo.
Nato nel 1879 a Berna, a Berna muore nel 1942, dopo aver soggiornato a lungo
nella Germania pre-hitleriana, dove fra il 1920 e il 1930 con Kandinskij e Mondrian, pittori come lui, contribuisce in maniera decisiva alla nascita dellarchitettura dalla quale stato trasformato laspetto delle citt in cui viviamo. Sono stati detti,
Klee, Kandinskij e Mondrian, i re magi dellastrattismo: ammesso, si capisce, che
lastrattismo stesso possa venir considerato un dono per noi.
Ma, senza entrare in un discorso che vorrebbe ben altro spazio, possiamo dir subito
che improprio chiamar Klee astrattista. Artista singolare s, anzi singolarissimo, ma
concreto quanti mai ve ne furono. Egli, come abbiamo detto prima, rifiuta di servirsi
della grammatica e della sintassi elaborate in tanti secoli darte occidentale: egli cio,
dopo averle ben studiate, intendiamoci, si libera delle nozioni di anatomia, di prospettiva, di chiaroscuro, e si rif dal principio. Come un bambino ritrova le forme e i
colori semplici e assoluti, e inventa, instancabile e puro come un bambino, appunto,
che sia stato lasciato solo e voglia consolarsi ricostruendo il mondo a modo suo.
lecito si dir far questo? Tale dubbio ha un fondamento, certo, ma tutta lopera
di Klee sta l a dimostrare che, per eccezione, la cosa stata non soltanto lecita, ma
tale veramente da rinverginare e ridare freschezza e forza, espressivit e commozione, a unarte, la pittura, che sembrava aver detto tutto, esaurendosi per sempre.
Si chiama Senecio il tipo che vi sta davanti nella riproduzione a colori (il quadro

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invece conservato gelosamente nel Kunstmuseum di Basilea): e ci pare indubbio


che sia un volto umano, anche se ottenuto facendo ruotare una sorta di compasso imperfetto e nel cerchio cos ottenuto includendo due palline in funzione di
occhi, una riga storta invece di naso, un quadratino figurante la bocca. Il tutto poi
dando da sorreggere a un collo e a delle spalle non meno approssimativi, infantilmente geometrici. E come se non bastasse macchiando qua e l di giallo e di rosa,
di rosso e di blu e di viola.
A questo punto che voto gli dareste a questo cattivo scolaro che si diverte a scarabocchiare carte, tele, tavolette, qualsiasi cosa gli capiti sotto mano? Uno zero,
forse. Eppure questo quadro, che del 1922, assolve, come nessun altro del nostro
tempo, al compito primo del ritratto: dare, per mezzo di linee e di colori, il volto
e lanima delluomo. un uomo, quello di Klee, che ha perduto non soltanto
i paramenti, ma la fierezza che poteva avere, poniamo, luomo del Tiziano; un
uomo che non ha pi neppure la dignit torturata che aveva luomo di Czanne.
lanonimo uomo, il piccolo uomo del nostro tempo, un po buffo e un po triste,
luno e laltra cosa mischiate come lo sono i colori incerti eppure, anzi proprio per
questa incertezza cos nuovi, freschi, poetici, di Paul Klee.
i
dicembre 1958

Paesaggio con architetture

da Boscoreale
Museo Archeologico Nazionale - Napoli

La pittura di paesaggio, come genere a s stante, viene tardi
nella storia dellarte: nel Seicento allincirca, e la sua nascita si accompagna a quella

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della natura morta. Luna e laltra sono favorite dallevoluzione religiosa e sociale
dellEuropa e fioriscono pi rigogliosamente in quei paesi dove tale evoluzione si
svolge con un ritmo pi intenso e rapido.
Ma non bisogna credere che i pittori prima dallora non abbiano sentito la natura:
alcuni fra i pi straordinari paesaggi stanno nello sfondo di quadri dargomento
sacro, o mitologico, o storico e i fotografi moderni, con la loro possibilit di estrarre particolari e di ingrandirli senza snaturarli, hanno ricavato da essi capolavori
sorprendenti, passati prima quasi inosservati.
Se vogliamo iniziare la nostra storia della pittura paesistica come abbiamo gi
fatto con quella del ritratto, rifacendoci allet greco-romana, dovremo ricorrere a
Pompei, che una miniera preziosa in questo campo, anche se gli esemplari da essa
conservatici sono da considerare secondari rispetto alle opere dei maestri ellenistici da cui derivano. Le pareti pompeiane recano alternate, qualche volta abilmente
mischiate, scene di carattere mitologico e decorazioni di puro intento decorativo. E di paesaggi noi ne troviamo sia, mettiamo, nello sfondo di unillustrazione
ad affresco dellOdissea, sia nei riquadri di una finta architettura ornamentale.
Nelle une e nelle altre avvertibile subito la sapienza prospettica, ovviamente non
fondata, come sar nel nostro Rinascimento, su rigorose leggi geometriche, ma su
un libero, empirico illusionismo.
La pittura bizantina, e per un certo tempo quella medioevale che da essa nasce e
faticosamente si affianca, perder del tutto questa capacit di rendere la lontananza, che fondamentale nel paesaggio. I decoratori pompeiani, che erano molto
probabilmente poco pi che artigiani di buona scuola, sanno invece, a piccoli
tratti di pennello compendiari, quasi impressionistici, dare il senso della profondit, qualche volta persino far circolare fra le architetture e le quinte dalberi
unarietta viva e vibrante, a modo suo vera.

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Nelle scene di genere, nelle decorazioni architettoniche che miracolosamente si


sono salvate sui muri di Pompei, ride un paesaggio facile, che ha il profumo, per
noi patetico, di antiche vacanze e villeggiature. Non molto, se si pensa che la
poesia contemporanea, Virgilio per esempio, raggiunge nel paesaggio un respiro
profondo, che sar quello del romanticismo pi grande e puro, di Constable e di
Corot, e in altre arti, del Leopardi della Quiete dopo la tempesta, del Beethoven della
Sesta sinfonia.
Ma accontentiamoci, gustiamo riconoscenti quel po di verde che lantico pittore
ha saputo fermare per noi sul muro, di primavera da tanto tempo perduta.
i
gennaio 1959

Castello in riva a un lago

Ambrogio Lorenzetti
Pinacoteca Nazionale - Siena

Sono passati secoli e secoli dai due paesaggini con i quali vi
abbiamo fatto conoscere il modo dintendere la natura dellantichit classica a
questa veduta di castello sul mare, dipinta da Ambrogio Lorenzetti nella prima
met del Trecento e conservata alla Pinacoteca di Siena.
E che secoli: prima il rigore antinaturalistico dei bizantini, poi la confusione e il
disagio creato dalle invasioni barbariche, fanno s che linteresse dellartista sia per
lungo tempo distratto dalla contemplazione del paesaggio e dalla successiva resa in
linguaggio figurativo. Del resto il cielo stesso, per ragioni religiose, non , per tutto
il Medio Evo, dato in oro, cio trasfigurato, e quindi ridotto, a puro simbolo?
Il paesaggio ricomincia a comparire consistente, anche se strettamente legato al

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racconto cui fa da scena, in Giotto. I monti scheggiati, i prati trapunti di fioretti


preziosi, gli alberi disegnati contro lazzurro del cielo sono gi, negli affreschi di
Assisi e di Padova dedicati alle vite di san Francesco e di Cristo, scoperte commoventi della bellezza del creato.
Ma saranno i senesi, specie i Lorenzetti, e in particolare Ambrogio, a risentire
per primi la poesia di un paesaggio in se stesso. Famosissimo esempio di questa
vocazione sono gli affreschi del Palazzo Pubblico di Siena con il Buon Governo e
Mal Governo nella citt e nelle campagne: il pretesto allegorico-didattico si risolve in
una serie di paesaggi urbani e rurali animati di figurette cittadine e campagnole
incantevoli.
Ma forse il supremo paesaggio della maniera senese la veduta che vi sta davanti
agli occhi, opera certa di Ambrogio, databile poco avanti il 1348, nella cui peste i
due fratelli pittori morirono. Qui non ci sono figure a turbare il silenzio della riva
di mare segnata dalle chiome di scuri alberi che ci fanno pensare ai lecci della costa
toscana. E il castello, la chiesetta lontana, i campi coltivati si distendono in uno
spazio che non ha ancora la sicurezza geometrica della prospettiva (scoperta ai primi
del Quattrocento), ma gi di un illusionismo quanto mai naturale e persuasivo.
Come tutti i bei paesaggi, da quelli pompeiani a quelli di Giorgio Morandi, questo
frammento di terra toscana di Ambrogio Lorenzetti ci invita alla quiete, alla dolcezza di una stagione immutabile.

Il castello, la chiesetta lontana, i campi coltivati si distendono


in uno spazio che non ha ancora la sicurezza geometrica
della prospettiva, ma gi di un illusionismo quanto
mai naturale e persuasivo.

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febbraio 1959

Deposizione dalla croce

Beato Angelico
Museo Nazionale di San Marco - Firenze

Son trascorsi circa cento anni dal piccolo paesaggio lacustre
del Lorenzetti alla citt murata e turrita che vi presentiamo oggi, e che sta nello
sfondo della famosa Deposizione del Beato Angelico nel convento fiorentino di San
Marco.
Anni di gran peso, specie nella storia dellarte: ai primi del Quattrocento infatti,
un architetto, uno scultore e un pittore, Brunelleschi, Donatello e Masaccio,
hanno compiuto una vera e propria rivoluzione, ispirandosi allantico per
creare un nuovo carico di straordinarie possibilit future. Da essi, per la prima
volta, lo spazio viene reso con giustezza geometrica attraverso la scienza della
prospettiva, e il corpo, modellato nella sua pienezza, fatto poggiare sulla terra con
tutto il suo peso.
Ma a noi qui interessa il paesaggio, e abbiamo voluto darne un esempio in cui la
nuova impostazione spaziale fosse usata in una accezione del tutto poetica.
Il Beato Angelico che, come noto, appartenne allordine dei Domenicani,
dovendo dipingere per il suo convento, insieme a tanti altri soggetti sacri, una
Deposizione, volle aprire dietro la tragica scena, da lui sentita pi con piet che con
drammaticit, un paesaggio che a un tempo rappresentasse e inventasse.
Non c dubbio che quegli alberelli svelti, quelle merlature e quelle coltivazioni
di schietta e magra misura appartengano alla Toscana, e basta aver fatto in treno
la linea Firenze-Roma per ritrovarne dei frammenti nella realt doggi. Ma anche
senza troppo fissarci sulla costruzione ideale che domina la citt, pur legittimo
sentire questo paesaggio come una cosa di sogno nelle sue giustapposizioni di

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colori puri e irreali (verdi e azzurri nelle facciate, rossi nei tetti), nei suoi ritmi di
linee in un certo senso precubisti.
chiaro che il nostro fraticello, fraticello ma gran pittore, avr inteso, accingendosi
a un soggetto di tale solennit come la Deposizione, darle una scena, uno sfondo di
alta, appunto ideale, dignit. Ma daltra parte quale via migliore per arrivarvi che
quella dei colli della sua Fiesole, con siepi, cipressi, messi, persino pagliai, e torri,
torri a non finire, sotto le nuvole ferme della tarda primavera, della prima estate?
Il tutto naturalmente andava trasfigurato, trasposto nel silenzio delleternit; ma
anche a questo lAngelico doveva arrivare senza fatica, per impeto mistico e ardore
sincero dartista. Cos, quasi senza volerlo, egli ci ha lasciato, raccontando la storia
di Ges, un paesaggio della sua Toscana che non ha uguali nel campo delle arti
figurative ma soltanto in quello della poesia.
i
aprile 1959

Amor sacro e amor profano

Tiziano Vecellio
Galleria Borghese - Roma

Il Cinquecento, che porta a dorata maturazione le scoperte e
invenzioni del gran secolo che lha preceduto, vede nella pittura, come nelle altre
arti figurative, la pienezza della rappresentazione delluomo, sia quando essa si
propone fini di edificazione religiosa, sia quando, ogni giorno di pi, si abbandona
a una lode esaltante, anche se trasposta in termini mitologici, della vita terrena.
Ma il paesaggio, che gi fece da quinta teatrale sublimemente semplice nellarte trecentesca e che venne reso con lucido senso spaziale ma sempre a scopi di

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ambientazione narrativa e drammatica nellarte quattrocentesca, non meno altamente sentito e stupendamente reso, specie nella pittura veneta, forse la pi rappresentativa del periodo. sempre in secondo piano, naturalmente, il paese, ma
pur legato alla struttura generale dellopera, risulta gi godibile come quando, pi
tardi, verr preso come oggetto principale dal pittore. Tanto vero che i primi
grandi paesisti italiani, nel Settecento, sono i veneti e che, pi avanti, gli impressionisti, supremi poeti della natura, si richiamano alla pittura veneta del Cinquecento, specie al Tiziano.
Ed proprio di Tiziano il paesaggio che vedete oggi, allo stesso tempo ispirato alle
dolci, alte terre cadorine da cui il pittore veniva (avete notato i tetti spioventi tipici
delle case di montagna?) e ideale, misterioso come i paesaggi lo sono, mettiamo, nella contemporanea poesia di Ludovico Ariosto. I veneti, abbiamo detto, la
natura lhanno guardata sempre con occhio limpido e dipinta con una meravigliosa capacit di ritrarre trasfigurando; gi nel tardo Quattrocento Giovanni Bellini
ne ha dati alcuni indimenticabili. Sar per il Giorgione, maestro del Tiziano, a
portare alla perfezione questo tipo di paesaggio ideale e reale insieme.
Il borgo lacustre che vedete certamente stato suggerito dalla memoria al pittore,
nato a Pieve di Cadore, borgo appunto alpestre e lacustre insieme, ma diventato
sotto il suo pennello un paese di sogno in cui pastori e cavalieri, pecore e lepri e
cani da caccia si muovono s ma non realisticamente, con una grazia silente simile a
quella che hanno le figure nei sogni. Lora, come si pu intendere dalla luce di miele
scurito che intride le case, crepuscolare, la stagione primaverile o estiva, come si
capisce dalla ricca fronda degli alberi: ma sono un crepuscolo e una primavera che
non finiranno mai, ed questo il privilegio dellarte, di dare uneternit alle cose.
Uno degli elementi pi altamente magici della scena il cielo con quelle strisce
alterne che sembrano rimare insieme come in unottava del tempo.

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Ora vorremmo farvi una domanda: avevate mai visto prima questo paesaggio?
Forse no, forse s se avevate guardato attentamente quellAmor sacro e amor profano
che una delle meraviglie della Galleria Borghese di Roma: il nostro paesaggio
sta proprio nel suo fondo.
i
maggio 1959

Paesaggio con torre

Pieter Paul Rubens


Staatliche Museen, Gemldegalerie - Berlino

Nel Seicento si leva il gran vento del movimento barocco e
scompiglia architetture e statue, figure e paesaggi in pittura, parole in poesia.
Quella scoperta della natura che abbiamo visto timidamente affacciarsi in Lorenzetti, irrobustirsi ma sempre in una luce interiore di misticismo nellAngelico,
dispiegarsi ricca e matura in Tiziano, si fa prepotente, persino drammatica in certi
pittori del Nord, in Rembrandt, in Rubens.
Proprio perch luomo diventa sempre pi il vero protagonista dellarte, come
dimostra la poesia tragica e comica di William Shakespeare, anche il paesaggio si
intride di umanit, si fa interprete di umanit, passa dal ruolo di scena fissa e un
po ferma per azioni storiche e religiose a quello di argomento centrale del quadro.
Naturalmente su questa via le diverse personalit degli artisti si comportano in
modo vario: cos, in contraddizione al movimento proprio del barocco, il grande
Vermeer dipinge paesaggi di una calma assoluta. Ma secentesca la libert di
guardare al paesaggio quotidiano, al ritratto quotidiano senza bisogno di giustificazioni storico-religiose.

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Noi tuttavia abbiamo voluto che il gran secolo venisse rappresentato, in questa
serie, da un pittore che ne incarnazione incomparabile, Pieter Paul Rubens.
Nato nel 1577 e morto nel 1640, partecipe appassionato delle due civilt artistiche fiamminga e italiana, egli specialmente, e a ragione, famoso per le grandi
composizioni piene di trasporto, per i nudi ricchi di linfa e di sangue, per i ritratti veementi. Gli ampi, luminosi, aperti paesi entro cui la sua commedia umana si
svolge non sono meno rappresentativi del suo genio tipicamente barocco.
Anche pi intimamente significante della sua novit ci pare questo piccolo Paesaggio con torre (cm 23 x 30), che appartiene agli ultimi anni della sua vita e nel quale
la genialit del movimento barocco si ritrova, espressa con suprema libert, nelle
volute delle nuvole, nei raggi obliqui che le attraversano. Dagli argenti, dai grigi
e rossastri e verdi dellacqua, dei cespugli, della torre al celeste e ai rosa e gialli dei
lontani di terra e di cielo, tutto un accordo delicato e possente insieme, anticipatore dei soffi romantici di Constable, di Delacroix e, per passare a unaltra arte,
restando per in terra nordica, agli squarci naturali di Ludwig Van Beethoven, il
Beethoven della Sesta sinfonia.
i
giugno 1959

Veduta della Gazzada con Villa Falzi

Canaletto (oggi attribuito a Bernardo Bellotto)


Pinacoteca di Brera - Milano

In questo Paesaggio di Rubens la genialit del movimento


barocco si ritrova, espressa con suprema libert,
nelle volute delle nuvole, nei raggi obliqui che le attraversano.
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Il Settecento stato detto il secolo dei lumi per il predominio
che in esso ha avuto la ragione, appunto, illuminante, e il grande sviluppo che,
conseguentemente, vi hanno preso le scienze. Ma non vero quel che i romanti-

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ci, pi tardi, si sono affannati a voler dimostrare: che proprio per colpa di quella
benedetta Ragione (scritta con la R maiuscola e posta quasi sugli altari) lArte sia
decaduta miserevolmente.
Certo che, a paragone della grandiosit, qualche volta vuota, del Seicento e del
soffio, spesso retorico, dellOttocento, laurea mediocrit, intesa nel senso positivo
che le dava Orazio, del Settecento, pu figurare quasi povera. Guardiamo per pi
da vicino, accontentandoci di restare nel nostro campo, la pittura, e vedremo che
senza intraprendere imprese eroiche, uomini come Chardin e Watteau in Francia,
Goya in Spagna, Guardi e Canaletto in Italia, precisiamo, a Venezia, hanno raggiunto vette supreme; e comera naturale, nel senso della civilt del secolo, cio di
una intelligenza lucida della natura e degli uomini.
Il paesaggio che vi sta davanti, e che si trova nella Pinacoteca di Brera a Milano,
opera del Canaletto (1697-1768), uno dei grandi paesisti veneziani del Settecento.
Abbiamo scelto questa Veduta della Gazzada presso Varese perch le sue immagini di
Venezia, le sue e quelle del Guardi, sono anche troppo note. Qui siamo ormai in
pieno liberi da qualsiasi soggezione a un racconto religioso o storico che sia. Il pittore
si posto davanti al paese, la dolce verde piana lombarda con la sua frangia alpestre allorizzonte, e lha ritratta cos com. Non siamo proprio allistantanea degli
impressionisti, c ancora un filtro intellettuale fra lartista e la natura. quello che,
sia pure a ritmo libero e arioso, ordina la composizione (gi la parola composizione
significa intervento della mente, perch no, della ragione) in una metrica, la scandisce con le figurette dei villici, che sono insieme ancora quelli della tradizione arcadica e quelli veri, del Varesotto: verissimi, tanto che pare dudirlo spronare nel suo
dialetto asprigno i bovi, quello in brache rosa che guida il carro a destra della villa.
Il pi alto raggiungimento poetico del Canaletto sta nella sua precisione ottica, e il
suo occhio e il suo pennello, ugualmente limpidi, hanno, anche in questo stupen-

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do quadro, rinnovato il miracolo pittorico, che consiste nella resa cristallina del
paesaggio in una prospettiva e in una atmosfera dun nitore favoloso.
la stessa lucida, appena vibrante natura che sincontra, negli stessi anni, negli
squarci lirici del migliore Parini.
i
luglio 1959

Le point du jour

Alfred Sisley
Collezione privata

LOttocento cos volto alla contemplazione e alla scoperta e
alla lode del paesaggio, in poesia come in pittura, che la scelta dun dipinto che ne
racchiudesse linfinita variet era impresa disperata. Si sarebbe forse dovuto dividere il secolo in due belle met, dar da rappresentare la prima a un romantico, che
so allinglese Constable o al francese Corot o allitaliano Fontanesi, riservando la
seconda a un impressionista, o, per restare in casa nostra, a un macchiaiolo.
Ci siamo decisi a non fare ingiustizie, abbiamo scelto un paesaggio solo, di un
impressionista, ma vibrante dun cos sottile lirismo da poterlo considerare degno
erede della pi bella qualit del romanticismo: il trasferimento alla natura dei
palpiti che sono privilegio dellanima umana.
Il quadro che vedete intitolato Le point du jour (che traducemmo, ma meno
suggestivo, Allalba) ed stato dipinto da Alfred Sisley (1839-1899) nel 1877, come
potete leggere anche voi nella data posta vicino alla firma nel quadro a destra.
Sisley non uno dei nomi pi grandi della grande pittura francese del secolo
scorso. Eppure uno degli artisti pi puri e pi rappresentativi di quella straordi-

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naria stagione pittorica che vide un gruppo di personalit di primo piano uscire
dagli studi e dalle accademie per entrare in contatto diretto con la natura, allaria
aperta, per esser precisi en plein air.
Mentre Manet e Renoir, Degas e Czanne hanno finito poi, e proprio per questo
hanno toccato raggiungimenti impensati e sorprendenti, per tradire il primitivo, semplice assunto, Monet e soprattutto Sisley, sono rimasti fedeli al verbo impressionista.
Ma nellapparente semplicit, che ricchezza, anche in questo paesaggio! Ci sta
davanti un tipico fiume francese, con la riva allegra di case (svetta persino un primo
camino di fabbrica, non rimosso dal pittore per ragioni di purezza estetica), il cielo
alto, grigio e azzurro stemperantisi luno nellaltro: il tutto sospeso nel silenzio di un
inizio di giornata, appunto, che simmagina sar fervida di opere, di voci, di vita.
questo messaggio di vita che ci commuove nella pittura impressionista, che ce
la rende cos vicina e toccante. Essa sembra dirci, ci dice anzi, che tutta la realt
bella, anche la pi umile, e presa cos come , senza che noi interveniamo a comporla, ad abbellirla, a poeticizzarla. Naturalmente quel che giusto della natura,
lo anche delluomo. E qui limpressionismo tocca le scoperte, le conquiste essenziali del secolo.
i
agosto 1959

Battelli nel porto

Andr Derain
Collezione Gygi - Berna

Se era difficile racchiudere in un paesaggio, in un artista solo
tutto lOttocento, dalla romantica scoperta del bello naturale (ai suoi inizi) alla

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I colori, se li analizzate uno per uno, a freddo, li troverete


forse arbitrari, ma linsieme suona vivo e allegro e ventilato,
proprio come un giorno di vacanza in riva al mare.

realistica e impressionistica presa di possesso dellaria aperta (verso la met) allinquieta e tormentata interpretazione del visibile (sul finire), diventa quasi disperata
una simile impresa per il Novecento.
Innanzitutto perch i movimenti artistici che nei secoli precedenti si seguivano
con ritmo lentissimo e quasi senza scosse, nel nostro si succedono vertiginosamente, ora affiancandosi ora contrastandosi, di continuo variando il panorama dellarte, rendendolo estremamente mutevole, inafferrabile. Cos che le personalit pi
deboli, da un anno allaltro sono tentate di cambiar maniera; mentre le pi forti e
inventive pare si divertano a presentarsi, una stagione dopo laltra, sempre diverse
e spesso contraddittorie. Su quale movimento dunque fermarci, su quale artista,
perch ci dia il paesaggio pi rappresentativo del tempo in cui viviamo?
E c di pi, una ragione anche pi intrinseca, per spiegare il nostro imbarazzo.
Gli artisti, pittori e scultori, non hanno certamente cessato di guardare la natura,
ma non si accontentano pi di renderla quale si presenta ai loro occhi. E la scompongono, o semplificano, o complicano, o trasformano in mille modi, tanto da
cavarne qualcosa di sempre nuovo e sorprendente, soltanto dopo lungo, attento
e intelligente esame rivelantesi quel che in definitiva : un paesaggio. Alcune di
queste, chiamiamole cos, operazioni, sono legittime, altre no. Non qui il luogo
di tornare sullo spinoso argomento.
Accontentiamoci di presentare unopera, e un artista, che pur significativi dellarte
moderna, non sono andati tanto in l da perdere il contatto con il pubblico anche
non specializzato. Il quadro che vi sta davanti del pittore francese Andr Derain
(1880-1954) ed stato dipinto nel 1905, quando lartista giovane apparteneva
al movimento dei fauves (come dire delle belve), un movimento che dava del
mondo una visione semplificata e colorata allestremo, ma non deformata, non
spezzata, non trasposta. Il titolo Battelli nel porto, e in effetti si vedono un porto

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e dei battelli, e delle figure, dei monti, delle nuvole e cielo e spiagge. I colori, se
li analizzate uno per uno, a freddo, li troverete forse arbitrari (la sabbia non mai
rossa, n il cielo giallo e verde, n il mare verde come nel quadro di Derain), ma
linsieme suona vivo e allegro e ventilato, proprio come un giorno di vacanza in
riva al mare, e per nulla arbitrario. Una fusione come daccordi musicali un po
striduli ma chiusi nel giro dunaria luminosa e spirabile, la qualit indubbia di
questopera, ancora nella scia dellultimo Ottocento (Van Gogh e Gauguin) ma
gi in vista della terra di terremoti artistici e spirituali che il 900.
i
settembre 1959

Natura morta

da Ercolano
Museo Archeologico Nazionale - Napoli

Dopo la storia del paesaggio che, incorporato per molti secoli
in pitture di soggetto religioso o storico, trova allinizio dellet moderna sempre
pi piena autonomia sino a divenire uno dei generi artistici pi coltivati e amati,
passiamo a una piccola storia della natura morta. Essa ha avuto un destino molto
simile a quello del paesaggio: nata, o meglio rinata, come genere a se stante, negli
stessi anni in cui nasceva, o meglio rinasceva, il paesaggio, e si poi diffusa con
molta fortuna, naturalmente modificandosi e trasformandosi nei secoli.
Per tutto il lungo e grande corso della pittura medioevale il predominio in ogni
manifestazione dello spirito dei valori religiosi aveva permesso tuttal pi al pittore
di stendere, e con la maggior sobriet possibile, delle nature morte sui deschi delle
ultime cene. Ma se torniamo pi indietro, se ci spingiamo sino al mondo clas-

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sico greco-romano, ne possiamo trovare di vere e proprie, dipinte per il piacere


dellocchio, magari con lintento di stuzzicare lappetito. Intendiamo parlare delle
nature morte su tavoletta, ad affresco e a mosaico, che si sono scoperte qua e l
e specie negli scavi di Pompei ed Ercolano e che testimoniano quanto tali soggetti piacessero allora. Per lo pi, come nelle nature morte moderne, ci si sono
scoperte qua e l, specie in posizione bene equilibrata, oggetti inanimati (natura
morta, diciamo noi, e per indicare la stessa cosa vita ferma, dicono i tedeschi), nella
maggior parte dei casi cibarie, sia di origine animale sia vegetale, e oggetti o fiori.
Mentre il mosaico e laffresco recavano queste nature morte insieme a paesaggi e
scene, il tutto legato in un ampio disegno decorativo, le tavolette servivano quasi da
cotillon, o dono di ospitalit, e le nature morte in esse dipinte avevano una sorta
di funzione commemorativa di banchetti, cene e simili.
Ma non importa molto a noi oggi quale fosse il motivo pratico per cui esse erano
nate. Quel che conta il risultato artistico raggiunto, e bisogna dire che, almeno in
alcune di quelle opere miracolosamente restituiteci dagli scavi, esso di alta qualit.
Pu ben darsi che a commissionare la natura morta che riproduciamo (sta al
Museo Nazionale di Napoli, viene da Ercolano ed stata probabilmente dipinta
nel primo secolo dopo Cristo) fosse un ghiottone, un degustatore di frutti di mare
rari e di selvaggina frolla. La resa pittorica per di una tal delicatezza che non
ne emana nessuna suggestione gastronomica troppo evidente. Sui due piani della
composizione, che vogliono scompartire illusionisticamente lo spazio, uccello e
aragosta, vaso e conchiglie e piccolo tridente, risaltano tenui e pure distinti in un
accordo di verdi e di rosa che anticipa, per la sua delicata giustezza, pittori come
De Pisis e Semeghini.

ottobre 1959

Tarsia con ampolle, vasi e libri

Anonimo tedesco
Collezione privata


Per tutto il Medioevo la natura morta, le poche volte che appare
nella pittura a mosaico, su affresco o su tavola, in angoli di composizioni religiose: quelle specialmente raffiguranti la Nascita della Madonna o lUltima cena,
che di per se stesse invitano alla descrizione di ambienti domestici e di oggetti
familiari. Come asciugamani, brocche dacqua, tovaglie con pani e vino, piatti e
bicchieri. Naturalmente questi non minuziosamente resi, assaporati come nella
pittura antica e, pi tardi, in quella moderna, da Caravaggio a noi, ma dati con
sobriet, verrebbe da dire con frugalit, nei loro tratti essenziali, e intrisi di una
luce ineffabile.
Nel Rinascimento le cose cambiano. I primi a guardare di nuovo da vicino paesaggi e fiori, lini e porcellane, insomma tutto quanto rappresenta il tema quasi
immutabile della natura morta, furono i fiamminghi. Essi sono legati ancora al
soggetto sacro, ma non lo trasfigurano come gli italiani, anzi lo rendono il pi
possibile immerso nella realt nella quale vivono: pare che uomini e cose e paesi,
prima di venir dipinti, siano da essi stati visti con una lente. In Jan e Hubert Van
Eyck e in Rogier Van der Weyden, nei loro grandi quadri sacri e profani, sono
reperibili nature morte duna verit allucinante, surreale per eccesso quasi di
realismo.
Ma le prime nature morte vere e proprie della pittura europea avanti Caravaggio,
se ci vengono sempre dal Nord, dalle Fiandre e dalla Germania, hanno un precedente italiano, le tarsie che, in cori di chiese e studioli di palazzi principeschi,
rappresentano esempi singolarissimi darte rinascimentale. Negli intarsi su legno

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dei fratelli Lendinara, di Baccio Pontelli e altri supremi artigiani, operosi sotto
linfluenza di uomini come Piero della Francesca, saprono i primi paesaggi e
le prime nature morte del tutto liberi della storia dellarte moderna. In pittura
per, sicuramente ispirandosi ai giochi prospettici delle tarsie italiane, soltanto in
Fiandra e in Germania che, gi dalla fine del Quattrocento, si hanno quadri rappresentanti pure e semplici nature morte. A dire il vero essi sembrano ancora forse
particolari di quadri a soggetto, ma molto significativo che siano stati dipinti per
il puro gusto di mostrare degli oggetti.
Lopera che vi mostriamo, e che appartiene a una collezione privata americana, di un maestro tedesco, del quale s perduto il nome: gli storici dellarte
hanno creduto di poterla datare fra il 1470 e il 1480. Rappresenta, chiaro, un
angolo di parete per met occupata da un armadietto semiaperto e per laltra
met da una nicchia in cui ampolle e anfore, vasi e libri si compongono in una
silente armonia che anticipa i pi grandi natura-mortisti dei secoli seguenti, da
Chardin a Morandi. Lelemento pi italiano, pi legato agli inganni ottici delle
tarsie, larmadietto, descritto per con una minuzia naturalistica tipicamente
nordica. La parte inferiore del quadro, con la boccia che riflette una finestra
aperta sullazzurro dun cielo lontanissimo, discende invece dai Van Eyck, straordinari anticipatori di queste trovate insieme tecniche e poetiche. Ma un certo
puntiglio nel non dimenticare neppure, per esempio, la cordicella che tiene
unite le chiavi, non la spia dellorigine germanica di questo tanto rifinito
quanto misterioso quadro?
i

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novembre 1959

Natura morta

Francisco de Zurbarn
Norton Simon Museum of Art - Pasadena

Il Cinquecento, nei suoi maestri supremi, da Michelangelo a
Raffaello, dal Correggio al Tiziano, porta larte a un grado tale di idealizzazione
che la natura morta, riscoperta, anzi reinventata nel Quattrocento, sparisce quasi
del tutto dalla pittura. Non che non sia possibile ritagliarne, anche di saporose,
specie nei Veneti; o frugando di scovarne delle vere e proprie, soprattutto spingendosi al sempre naturalistico Nord: ma restano secondarie rispetto allo spirito
del secolo, la cui tensione volta verso ben altro.
Ma ecco che, diminuita tale tensione e trasformatesi le invenzioni sublimi dei
grandi in formule manieristiche o, peggio, accademiche, sorge la necessit di riaccostarsi alla natura, fonte inesauribile dispirazione e di rinnovamento per le arti.
Luomo cui dato di ridare vita e moto alla pittura Michelangelo da Caravaggio, la cui persino brutale presa sulle cose se suscit alle prime reazioni negative
violente, fin con limporsi e influenzare non soltanto lItalia, ma lEuropa tutta,
specie lOlanda e la Spagna, che sulla via da lui eroicamente aperta procedettero
con meravigliosa ricchezza di personalit, da Rembrandt a Velzquez.
A noi qui oggi non importa tracciare la linea dellarte caravaggesca nei suoi punti
fondamentali: ci interessa invece sottolineare il fatto che il Maestro lombardo,
nella sua infaticabile ricerca di contenuti nuovi e freschi, abbia ripreso anche il
tema della natura morta, finito prima di lui in mano a semplici e mediocri decoratori. Allo stesso modo che i personaggi del dramma sacro venivano da lui rinverginati, col trarne le fisionomie e gli atteggiamenti dalla vita di tutti i giorni,
pure uva e mele e fichi e foglie ritrovarono in lui la verit delle loro forme, anche

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sgraziate, anche deformate. Le frutta mostrano il baco, i viticci si accartocciano:


le cose mostrano dessere soggette a decadenza e morte come gli uomini. Non
basta, perch, nella cestina del famoso quadro che sta alla Pinacoteca Ambrosiana
di Milano, la composizione e la luce sono di una libert straordinaria che aiuter
tutto il secolo.
Abbiamo voluto, a rappresentare la natura morta appunto del secolo, scegliere un
pittore spagnolo, Francisco de Zurbarn.
Egli , come il pi grande Velzquez, uno dei non pochi caravaggisti spagnoli del
Seicento, con quel tanto di diverso dal maestro italiano che il carattere del paese,
la civilt, e naturalmente la personalit comportano. In lui, pi che lasprezza della
scoperta del vero, che gli si ricompone in una certa monumentalit compositiva,
fortemente caravaggesco il valore della luce e dellombra messi a contrasto al
fine di dare contenuto drammatico allopera. Non che il bellissimo quadro con
limoni aranci e rosa sia propriamente drammatico, ma alto e solenne il modo
dintendere le umili cose rappresentate. Nessun compiacimento, diciamo, gastronomico; nessuna troppo scoperta ricchezza coloristica; nessuna intenzione di
meravigliare con labilit della resa di questo o quel dettaglio. Tuttaltro: sul fondo
scuro (anche questo un motivo caravaggesco) i tre protagonisti (cio il piatto con i
limoni, la cestina con gli aranci, laltro piattino con la rosa e il bicchiere) spiccano
per lessenzialit grave, quasi religiosa della loro forma e del ritmo spaziale in cui
sono chiusi. Bisogner arrivare alle nature morte di Czanne per trovare una tale
altezza morale impiegata per unoccasione tanto modesta, allapparenza, come la
natura morta.
Il numero delle nature morte dipinte nel Seicento, dalle Fiandre allItalia alla
Spagna infinito, ma mentre la pi gran parte di esse per quanto piacevole non ci
dice pi nulla, ci serve tuttal pi per decorare una parete, gli agri limoni, la cestel-

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la dorata e gli aranci compatti e la delicatissima rosa di Zurbarn ci incantano e


commuovono profondamente, trattenendo a lungo il nostro sguardo in una sorta
di meditazione che non si vorrebbe mai interrompere. Che leffetto di tutta la
grande pittura, quali siano i suoi argomenti, dai bisonti di Altamira alle bottiglie
di Giorgio Morandi.
i
dicembre 1959

La tovaglia bianca

Jean-Baptiste-Simon Chardin
Art Institute - Chicago

Il Settecento un secolo molto pi ricco e vario, molteplice e
inquieto, di quanto non si sia soliti pensare: s il secolo dellopera buffa ma anche
della Rivoluzione Francese, del rococ ma pure di Bach. In pittura, ufficialmente
dominano le accademie, come in letteratura; ma di contro nascono e si affermano
generi e personalit che sono la negazione delle accademie stesse. Baster citare la
pittura di paesaggio e il romanzo, frutti luna e laltro di un affetto al reale assolutamente libero da ogni schema e da ogni regola.
Anche la natura morta gode di tale privilegio, appunto perch ritenuta in un certo
senso genere inferiore, di consumo quotidiano. Ed proprio in Francia, dove
laccademismo prospera allombra gloriosa, anche se gi avviata al declino, della
Corte, che opera, fra il 1728 e il 1770, Jean-Baptiste-Simon Chardin, forse il pi
grande naturamortista di tutti i tempi. Il pittore, mentre altri popolava di grandi
scene leggermente noiose i saloni di ricevimento, saccontentava di piccole commissioni: un quadretto per studio o boudoir, un parafuoco per caminetto, una

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coppia di sovraporte. E i soggetti non andavano che raramente al di l del vaso


di fiori della tavola apparecchiata, della pipa appoggiata alla cassettina dei colori,
e simili argomenti della vita di tutti i giorni. Tuttal pi, se si spingeva sino alla
figura umana, era per ritrarre una bambina con il volano, una servente con una
brocca di latte, uno studentello chino sul foglio.
E non si creda che i contemporanei, gli uomini sensibili e intelligenti, non avessero capito come la musica da camera di Chardin la vincesse su quella per orchestra
dei grossi decoratori di regge e di chiese. Diderot, in una sua pagina dedicata al
pittore, parla di magia: che la parola giusta per esprimere quel che si sente
davanti alle composizioni cos realistiche eppure cos misteriose del francese.
Scrive Diderot: Non si riesce a capire il segreto di questa magia. Sono degli
strati spessi di colore applicati gli uni sugli altri, il cui effetto spira dal fondo alla
superficie. Delle volte si direbbe che un vapore sia soffiato sulla tela; altre che vi sia
stata gettata una schiuma leggera. Avvicinatevi e tutto si appiattir e confonder;
allontanatevi, tutto si chiarir e ricreer.
Chardin si riattacca agli Olandesi, specie a Vermeer, altro grande poeta delle umili
cose, e quindi indirettamente al Caravaggio, e porta sino a Czanne, a Morandi
che il pittore del nostro tempo pi vicino a lui.
Il quadro che vedete, e che sta allArt Institute di Chicago, era originariamente
posto davanti a un camino: funzionava insomma da trompe loeil, da inganno ottico.
Potrebbe sembrare questa una destinazione modesta, ma che cos il fine dellarte
se non quello di ridarci la vita, la realt, in modo tale che ci venga quasi voglia
di toccare con mano? Quella tovaglia semisparecchiata, quel pane trinciato, quel
bicchiere non colmo, quel coltello posato solo per tre quarti, tutte quelle cose che
egli ha visto e fermato per sempre nella luce vera dellora in cui dipingeva, sono
impregnate di una poesia tanto pi straordinaria quanto pi segreta. Dovranno

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passare centocinquantanni perch la letteratura arrivi coscientemente a effetti di


tale realismo magico. un fatto ben singolare, in fondo profondamente giusto,
che con tanti merletti e trine e broccati il Settecento brilli oggi per noi pi che in
ogni altra cosa nella tela spiegazzata di unumile tovaglia.
i
gennaio 1960

Natura morta con violette

douard Manet
Collezione privata

A met dellOttocento la pittura si evolve, parallelamente ma
con maggior forza e spontaneit che la letteratura, verso una presa di contatto diretta con la realt, in via di rapida trasformazione per impulso della civilt
industriale: nasce la stupenda fioritura dellImpressionismo. Il movimento, si sa,
francese, e non deve meravigliare il fatto che dallItalia, dallOlanda, dalla Spagna
il centro artistico si sposti a Parigi, per tutto il secolo scorso punto dincontro veramente unico di tutte le correnti spirituali nuove. Va tuttavia ricordato che lItalia,
pur intenta al faticoso travaglio dellunit, possiede scuole e individui che conducono in porto, contro lindifferenza o lostilit degli ambienti ufficiali, esperienze
assai vicine a quelle dei francesi.
La novit fondamentale dellImpressionismo luscita allaria aperta dei pittori,
la loro volont di ritrarre la natura quale senza ricostruirla mentalmente, senza
disegnarla dunque, lasciando che i colori, le luci, le ombre si trasmettano al quadro
nella loro fioritura ricca, varia, imprevedibile. A qualcosa del genere, specialmente alla liberazione del colore da ogni soggezione alla forma chiusa del disegno,

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Guardate lombra che il mazzo di violette getta sul piano:


unombra colorata perch, lo hanno scoperto proprio
gli impressionisti in questi anni, le ombre sono colorate, non nere.

erano arrivati anche, quasi senza accorgersene, i veneziani del Cinquecento, specie
Tiziano vecchio.
Se il paesaggio, anche linedito paesaggio urbano, il tema preferito dagli impressionisti, anche la natura morta stata da essi coltivata con successo, sia nella fase
prima, pi felice e forse pi superficiale, della loro storia sia in quella terminale,
che vede i due grandi liquidatori del movimento stesso, Czanne e Van Gogh,
accettare la natura morta ma soltanto per piegarla, il primo a una potente sintesi
formale, il secondo a una drammatica violenza espressionistica.
La natura morta che presentiamo, e che appartiene a una collezione privata parigina, stata dipinta da douard Manet verso il 1870, nel momento di pi fortunata creativit dellImpressionismo. Le poche cose rappresentate, un ventaglio, un
foglio scritto e un mazzo di violette, sono rese con una rapidit di tocco fulminea,
colte veramente nello stato di grazia che il caso, forse una mano femminile, ha
suscitato con un accostamento del tutto, appunto, casuale eppure stupendo, destinato alleterno. Nel piccolo quadro (cm 21 x 27) lessenza dellImpressionismo
miracolosamente data in tutta la sua pienezza. Guardate per esempio lombra che
il mazzo di violette getta sul piano in cui esso stato posato: unombra colorata,
perch, lo hanno scoperto proprio gli impressionisti in questi anni, le ombre sono
colorate, non nere, come voleva la tradizione.
Allo stesso modo che la suprema eleganza decorativa della natura morta pompeiana, il rigore stilistico di quella quattrocentesca, la corposit solenne e la delicatezza
poetica di quelle secentesca e settecentesca, parlavano per tutta unepoca, cos
lumido, fragrante mazzolino di viole di Manet ci d, con la suggestione profonda
delle cose semplici ma vere, il senso intero della gioia di vivere, della libert dei
sentimenti che improntano la vita di Parigi, citt-chiave dellepoca, nella piena
maturit dellOttocento.

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febbraio 1960

La scatola del tabacco

Georges Braque
Collezione privata

La reazione allImpressionismo, che stemperava la realt
nella luce rendendola nelle sue forme estreme pura musica di colore e, appunto,
di luce, comincia gi nel secolo scorso in seno allImpressionismo stesso, con
Czanne. Egli risolidifica la realt, rid peso alle cose, grave misura allo spazio.
E, nelle ultime opere dipinte allalba del nostro secolo, inizia quel processo di
scomposizione cristallina del mondo visibile che, subito dopo di lui, Picasso
Braque e Gris porteranno alle estreme conseguenze con il Cubismo.
Non qui il caso di ridare una definizione di questa scuola. Baster ricordare
che essa tende a riunire su una stessa tela molti aspetti di uno stesso oggetto che
viene presentato, come stato detto spezzato, spiegato in tutte le sue facce,
aperto dallinterno, un po alla maniera che lo concepiscono i bambini, non tale
quale si vede, ma tale quale si pensa.
Pressapoco dal 1906 al 1910-12 dura let del Cubismo puro, severo: in questi
anni Picasso e Braque dipingono paesaggi, nudi, ritratti e nature morte che
danno alle cose una monumentalit, sia pure rotta e ferita, straordinaria, potenziata da una gamma di colori duna sobriet unica. Ma mentre Picasso mostra
gi un temperamento drammatico, addirittura tragico, che si riveler nellinfinita serie di trasformazioni successive, Braque taglia e scompone e ricompone
con grande delicatezza, quasi che i poveri oggetti che ritornano sempre nella
tematica cubista, come pipe bicchieri chitarre, fossero di una materia preziosa.
E prezioso certamente il colore, in Braque, sia il poco grigio e bruno, verde
e argento dellepoca pi propriamente cubista, sia quello pi ricco di pasta e

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pi vario della sua successiva evoluzione che lo riaccosta alla realt visibile pur
lasciandolo sempre assai libero.
Diamo qui unopera abbastanza recente del grande maestro francese, una natura
morta intitolata La scatola del tabacco, che appartiene a una collezione privata
francese e rappresenta in maniera perfetta il Braque maturo. Si tratta di una
natura morta in senso abbastanza tradizionale: infatti ci sta dinnanzi un tavolo
sul quale sono posati la scatola del tabacco che d il titolo al quadro, un bicchiere,
delle noci, una pipa, un limone. Ma lo spazio , sia pur lievemente, ricostruito
con la mente; le luci e le ombre sono inventate e disposte secondo un ritmo
interno, non secondo il capriccio dellora che passa. Linsieme di queste comuni
cose risulta di una nobilt e di una grazia incomparabili, di un mistero che
fa pensare ai momenti pi alti della storia della natura morta, a Zurbarn per
esempio. Laccordo dei toni tutto di terre, dargille, di verdi, con gli improvvisi,
inaspettati, incredibili neri vellutati e bianchi squillanti inconfondibilmente
braquiano. Se volessimo, in tutta larte contemporanea, trovare un altro pittore
capace dinterpretare con una tale padronanza e una tale riservatezza, una tale
novit e una tale misura il vecchio ma inesauribile tema della natura morta,
dovremmo tornare in Italia, a Giorgio Morandi.
i

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gennaio 1961

Ritratto dei coniugi Arnolfini

Jan Van Eyck


National Gallery - Londra

Le prime grandi personalit della pittura fiamminga sono
Rogier Van der Weyden e Jan Van Eyck, operanti entrambi nella prima met del
Quattrocento, negli anni cio che in Italia nasceva, pieno di forza morale e di
lucida intelligenza della natura e delluomo, il Rinascimento. Si detto anzi che i
due grandi nordici prima nominati sono dei paralleli dei nostri Masaccio e Piero
della Francesca e in genere degli artisti che da noi hanno, sullesempio liberamente
interpretato dagli antichi, rinnovato architettura, scultura e pittura.
Ma, e questo li distingue nettamente ma anche li limita, se non sul piano dellarte
su quello della cultura, mentre gli italiani si sono mossi nella loro rivoluzione con
una precisa coscienza teorica, oggi si direbbe ideologica, dellimpresa assunta, i
fiamminghi avrebbero portato avanti
Ci troviamo di fronte a un prodigio
la loro scoperta della natura empiridi virtuosismo tecnico, di resa lenticolare
camente e quasi senza accorgersene.
della realt, e tuttavia ci sentiamo
Cos, mentre gli artisti del Rinascimento italiano operano una sintesi,
profondamente commossi dinanzi a questo
quelli di Fiandra procedono analiticamomento di vita di tutti i giorni rapito
mente: una bella differenza, dunque.
al tempo.
Eppure, visti oggi nella luce storica del
periodo cui gli uni e gli altri appartengono, gli italiani e i fiamminghi rientrano
in una armonia intera e insieme diversa, in una concordia discorde meravigliosa.
La primavera della pittura fiamminga corrisponde al tempo in cui le Fiandre, che

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coprivano pressapoco il territorio del Belgio odierno, e che avevano avuto prima
una tradizione politico-sociale di tipo comunale e borghese, entrano in contatto
col mondo aristocratico borgognone. Il sano, ma un po ruvido tessuto popolare
originario fiorisce cos di eleganze cortesi, cavalleresche, tipiche della tradizione
francese.
Van der Weyden e i Van Eyck riescono a conservare quellattaccamento alle cose
che era caratteristico da sempre nel loro paese e a innestarvi il prezioso gusto della
dolce Francia. Va ricordato poi qui che i due mirabili pittori fiamminghi fecero
il viaggio dItalia, come allora si diceva, e vi lasciarono unimpronta e ne ricavarono insegnamenti: la pittura ferrarese del Quattrocento per esempio apprese
molto da essi, pure Antonello da Messina venne impressionato dalla loro maniera,
mentre essi daltra parte non restarono insensibili allo splendore artistico delle
nostre varie scuole dallora.
Caratteristica dellarte fiamminga laccostamento diretto, assolutamente privo di
mediazioni intellettuali, alle cose. Guardate questo straordinario piccolo quadro
(cm 33 x 22); il ritratto di Giovanni Arnolfini e della moglie, dipinto a tempera
e olio (i fiamminghi furono fra i primi a usare lolio) circa nel 1434 e conservato
oggi alla National Gallery di Londra. Jan Van Eyck, avuto lincarico di fare il
ritratto di famiglia di questo certamente benestante mercante italiano, si propose,
quasi per scommessa con se stesso, di fare entrare in una superficie limitatissima
non solo la patetica coppia, ma pure la loro stanza da letto, divertendosi poi a includere, per mezzo di uno specchio tondo appeso a una parete, una visione anche pi
minuscola eppure sempre nitidissima, della scena. Ci troviamo di fronte a un prodigio di virtuosismo tecnico, di resa lenticolare della realt, e tuttavia ci sentiamo
profondamente commossi dinanzi al mistero che riesce a essere questo momento
di vita di tutti i giorni rapito al tempo. Lestrema punta di poesia di questo quadro

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che, pur assolvendo al compito cui normalmente oggi servono le fotografie di


famiglia, riesce a toccare il sublime della pura contemplazione e dellastrazione ai
limiti dellossessiva rappresentazione del vero, ci sembra raggiunto dal pittore in
quello scorcio di cielo che si intravede dalla finestra aperta e che illumina dei frutti
posati sul davanzale e su un cassettone che anticipano i pi severi e lirici pittori di
nature morte dei tempi moderni, da Paul Czanne a Giorgio Morandi.
i
marzo 1961

Paesaggio con Filemone e Bauci

Pieter Paul Rubens


Kunsthistorisches Museum, Gemldegalerie - Vienna

Pieter Paul Rubens, nato verso la fine del Cinquecento, vive in
piena epoca barocca: unepoca che egli, per quanto fiammingo, eccentrico cio
rispetto alla culla del movimento, vogliamo dire lItalia, rappresenta compiutamente. Ma dopo una presa di contatto con lambiente italiano che Rubens dispiega con pi vigore e sicurezza la sua maniera nuova, gareggiando con gli architetti
e gli scultori in procinto di cambiare il volto delle citt, specie in Roma, mentre
i pittori, sullesempio severo di Caravaggio, vanno cercando una resa diretta della
realt che antitetica alla trasfigurazione del barocco. Se si eccettuano gli autori
delle grandi cupole che fingono popolosi cieli nelle chiese mosse e fastose e che
sono soprattutto dei decoratori, non troviamo in Italia un pittore barocco della
forza e della genialit di Rubens.
Pu anche darsi che sia per la sua origine fiamminga, il suo affondare le radici, non
nellimplacabile tradizione, come degli italiani venuti dopo il Rinascimento, ma

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nel terreno ricco di umori, di vita che il naturalismo perenne dellarte di casa
sua. Comunque, se dovessimo scegliere una pittura, una sola, che rappresentasse
let in cui opera e giganteggia Gian Lorenzo Bernini, in cui fiorisce il colonnato di San Pietro, dovremmo rivolgerci a Rubens. Limbarazzo per noi, semmai,
verrebbe dalla ricchezza duna messe di opere quasi sterminata, in cui storia sacra
e mitologia pagana, vita domestica e allegoria, ritratti e paesaggi si mescolano
vorticosamente.
Quel rapporto non mediato con il vero che abbiamo visto essere la qualit essenziale dei fiamminghi nel Quattrocento e nel Cinquecento, resiste inalterato nel
Seicento, con questo pittore che sinnamora delle novit italiane ma per diventare
ancor pi fiammingo, insomma ancor pi se stesso. La sua vena poderosa non
temeva gli argini dei temi prefabbricati e delle commissioni ufficiali, da lui ogni
volta travolti con unurgenza di invenzioni compositive, con un fiotto di colore
che sembra non debbano mai, non dico esaurirsi, ma neppure placarsi. Data la
variet e molteplicit della sua immensa opera, non ci illudiamo certo, presentando un quadro solo, di dare unidea del genio di Rubens. Tuttavia il Paesaggio
con Filemone e Bauci che vi mostriamo e che sta nella Pinacoteca di Vienna, pu
servire come utile introduzione al grande pittore barocco. In esso il movimento,
aspirazione prima e suprema di tutti gli artisti della scuola, gi nel soggetto, in
quella bufera che squassa molta parte, non tutta, intendiamoci, delleroico paese
che si profonda davanti ai nostri occhi. Tale bufera voluta da Giove, che vediamo
in atto di giustiziere, per punire gli uomini ingrati verso gli di, eccezion fatta dei
vecchi sposi, Filemone e Bauci, seduti presso lui e Mercurio. Il turbine rovinoso
occupa la parte centrale della tavola, perch quasi a bilanciare la quiete selvosa e
ombrosa in cui stanno le figure, al di l dei vortici di vento e degli scrosci dacqua,
si distende una pianura celeste, soleggiata, che forse la furia degli elementi non toc-

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cher. Guardate dunque che complessit in un quadro solo, che apertura naturale e
che capacit di fantasticare insieme: in questo senso Rubens non pi soltanto un
barocco, ma un romantico, un anticipatore incredibile. Per trovare qualcosa che
rassomigli a questopera in cui i colori del nembo e quelli dellarcobaleno sono stati
miracolosamente rapiti alla natura, bisogna arrivare molto in l, alla Sesta sinfonia
di Ludwig Van Beethoven.
i
luglio 1961

Ritratto di Frate Ortensio Paravicino

El Greco
Museum of Fine Arts - Boston

Dai primitivi castigliani e catalani a Pablo Picasso, la linea della
pittura spagnola terribilmente coerente, e la sua coerenza si chiama passione,
persino violenza. Sia che essa affronti, aggredisca verrebbe voglia di dire, il mondo
esterno, sia che azzardi intrepida gli abissi dellinteriorit, i tortuosi meandri
dellanima, il suo piglio, il suo impeto sono sempre tesi al massimo.
Abbiamo nominato i grandi maestri anonimi del romanico e del gotico che aprono,
e Picasso che in un certo senso chiude, un millennio di arte iberica; noi per prenderemo in esame tre pittori del momento centrale di questa storia: il Greco, Velzquez,
Goya. Un arco di anni che va dal Cinquecento allOttocento e il cui culmine pu
identificarsi col Seicento e col suo massimo, e massimo rappresentante dellintera
pittura spagnola come Cervantes lo della letteratura, Diego Velzquez.
piuttosto singolare che il primo grande nome dellarte di Spagna sia un nome
greco: Dominikos Theotokpoulos, denominato appunto el Greco da chi

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accolse e diede onore e forma allesule venuto, via Italia, dal paese natio in decadenza verso un paese, comera allora la Spagna, in piena fortuna.
Nato nel 1541, Dominikos Theotokpoulos ebbe una prima attivit giovanile legata alla maniera degli eterni pittori bizantineggianti di casa sua, dai quali
apprese forse il prestigioso modo dimpastare colori; portatosi a Venezia sub il
fascino dei sommi cinquecentisti, specie del Tintoretto, cui era affine per sentimento drammatico della vita, per concezione drammatica dellarte: i precedenti
greci e veneziani non saranno mai dimenticati dal pittore, anche se sar la Spagna
a rivelarlo interamente a se stesso.
Non facile in poche righe racchiudere il senso dellopera maggiore del Greco:
soggetti religiosi e storici o mitologici, ritratti e persino paesaggi sono bruciati dal suo fuoco interiore e purificati in una suprema sintesi visionaria che
raggiunge laltezza lirica dei grandi mistici contemporanei san Giovanni della
Croce e santa Teresa dAvila e anticipa le pi sconvolgenti avventure dellarte
moderna. Quello che salta subito allocchio nella pittura del Greco la distorsione delle figure e delle cose: c stato pure chi ha detto che con un buon paio
docchiali il Greco avrebbe dipinto in un altro modo. una sciocchezza che
non merita di venir confutata. La deformazione irrealista, dai pittori cretesi
a Simone Martini, dal Theotokpoulos a Modigliani, un fatto che ricorre
fatalmente a distanza di secoli, nella storia dellarte; una necessit dunque, pi
che legittima, se chi se n servito ha potuto raggiungere, come i sunnominati,
risultati tanto straordinari.
Provate a immaginare il mondo del Greco perfettamente a centro e vi croller tutta
la poesia che lo sostiene, che lo rende cos appassionante per noi. Allo stesso modo
illimpidendo, rasserenando la sua tavolozza febbrile, che pare aver mischiato ai gialli
ai verdi ai neri ai rosa agli argenti fiele lagrime e sangue (e un po di zolfo inferna-

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le) si toglierebbe laltro elemento essenziale di questarte misteriosa e conturbante.


Quello che vedete un particolare del gran ritratto seduto di Frate Ortensio Felice
Paravicino, predicatore alla corte di Filippo III, professore allUniversit di Salamanca e poeta, ritratto che sta al Museo di Boston. il volto dun intellettuale,
non sappiamo quanto naturalmente allungato e affilato o quanto deformato dalla
fantasia del pittore. Il pennello vorticoso e divorante del Greco ha eliminato ogni
particolare inutile per restituire lessenziale, quella sorta di fiore notturno del
volto (con i particolari meravigliosi degli occhi fissi e della bocca amara esprimenti lardore inquieto dellanima) che affiora dal bruno della tonaca e dal fianco
opalescente del gran colletto monacale cinquecentesco quasi per ammonirci e per
comunicarci il suo messaggio di fede, dritto e affilato come una lama.
Qui la pittura, con i suoi mezzi, gareggia con la drammaturgia: si pensa al Verdi
Shakespeariano del Don Carlo, che ha evocato la volta nera dellEscurial e la
malinconia della Spagna cinquecentesca. E in tal modo si fa lode grande tanto al
pittore quanto al musicista.
i
ottobre 1961

Ritratto di Johann Kleberger

Albrecht Drer
Kunsthistorisches Museum, Gemldegalerie - Vienna

Il primo grande nome della pittura tedesca, Albrecht Drer,
sincontra abbastanza tardi, fra la fine del Quattro e il principio del Cinquecento,
quando cio il soffio rinnovatore dellUmanesimo italiano comincia a farsi sentire
per tutta lEuropa.

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Si sa che il Nord, anche il Nord Italia, tradizionalmente naturalistico ed espressionistico, tenta di resistere al rigore di sintesi del Classicismo, rinato a Firenze con Brunelleschi, Donatello e Masaccio nei primi decenni del Quattrocento e poi affermatosi vittoriosamente, magari senza esser sempre capito per intero, un po ovunque.
C chi addirittura non ne vuol sapere e continua a cullarsi nel sogno del gotico
fiorito, possiamo fare pure due nomi italiani, quello del Pisanello e quello del Crivelli; c invece chi sente lo shock della nuova arte, e insieme della nuova concezione del mondo e della vita, e vuol
Tante contraddizioni formano ununit
sapere, sentire, capire: primo tra tutti
stringente e profonda, uno stile
Albrecht Drer. Nato a Norimberga nel 1471 (morir nella sua citt nel
inconfondibile e duraturo: riflettono infatti
1528) Drer si nutre dei succhi duna
veramente la personalit tormentata
cultura, quella appunto del Nord
e complessa dellartista.
Europa, che in un certo senso lopposto della cultura italiana rinascimentale, dalla quale viene attratto invece perch
essa che, in quegli anni, significa progresso, avvenire.
Da questa volont di capire, e di dominare la natura Drer sarebbe portato a smentire leredit del suo sangue di pittore nordico, con dietro tutta una tradizione di
analisi minuta, persino cocciuta della realt. Una tradizione che poteva vantare
maestri non inferiori agli italiani, specie in terra fiamminga. Il dissidio non verr
mai sanato, nel pittore tedesco: ma proprio questa condizione torturata e consapevole a fare loriginalit e la grandezza di Drer.
Egli compie viaggi in Italia, studia accanitamente questo o quellartista, come a
volergli rapire il segreto di una serenit, dunarmonia che a lui sono negati. Ma
non importa: il suo genio creativo continua (e guai se cos non fosse) a nutrirsi dellantico humus nordico, e non c una sola sua opera che non denunci

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inequivocabilmente la sua natura, appunto, nordica, tedesca. Il taglio delle sue


Madonne pu anche richiamare il Bellini, lo spazio dei suoi paesi addirittura Raffaello, ma poi una certa flava durezza nelle prime e azzurra asperit nei secondi
parlano leterno, dolente, linguaggio germanico.
Guardate il Ritratto di Johann Kleberger, dipinto da Drer nel 1526 (due anni prima
della morte) ed esposto alla Pinacoteca di Vienna: da una parte vorrebbe essere
un medaglione romano (non manca neppure la scritta latina tuttintorno al busto
possente), dallaltra un ritratto di contemporaneo, tutto vibrante duna inquietudine che era tipica dei tempi e del paese di Drer nellet della Riforma. Per
non dire dei quattro simboli che rompono cos nordicamente la grigia severit
della pietra (anchessa romana) da cui balza fuori la bellissima testa: sono in basso
lo stemma e il cimiero del Kleberger, in alto un segno zodiacale, forse sempre
riferito alla persona effigiata, e la famosa firma AD (Albrecht Drer) con la data
in bel corsivo romano. Tante contraddizioni formano invece ununit stringente
e profonda, uno stile inconfondibile e duraturo: riflettono infatti veramente la
personalit tormentata e complessa dellartista.

LInghilterra, che ha una grandissima letteratura, non pu vantare


n una musica n una pittura (e scultura) altrettanto grandi. Tuttavia dal Settecento
a oggi lisola ha dato alcuni pittori originali che non solo entrano degnamente nel

panorama dellarte occidentale moderna, ma svolgono nellevoluzione delle forme


figurative un ruolo di primo piano. Basti qui ricordare che Claude Monet ebbe
lavvio alla sua rivoluzione pittorica, segnata dal quadretto Impression (da cui nacque
ufficialmente limpressionismo), dai quadri di Turner visti a Londra.
I primi nomi importanti della pittura inglese sincontrano, abbiamo detto, nel
Settecento, e sono contemporanei ai nomi dei primi romanzieri. Gli uni e gli
altri hanno saputo fermare nelle loro opere la societ del proprio tempo, questo
il primo merito che gli si deve riconoscere. Smollett, Richardson, Fielding,
Goldsmith, Jane Austen hanno i loro paralleli in Reynolds, Stubbs, Raeburn,
Gainsborough: negli uni e negli altri lo specchio fedele, quasi impassibile, della
gente che in quel secolo ha pi contato in Inghilterra, dalla nobilt alla borghesia.
necessario aggiungere che i pittori, lavorando quasi sempre su commissione, erano
tenuti a un rispetto maggiore delle convenienze che non gli scrittori? Eppure, a
saperli leggere, i ritratti singoli e di famiglia del Settecento inglese scoprono, della
psicologia individuale dei personaggi dipinti, pi di quanto non parrebbe.
Intanto sta nascendo il gusto per la natura, quel gusto che dar i suoi frutti pi ricchi
e sorprendente nella pittura di Constable e di Turner, nella poesia di Coleridge e di
Wordsworth. Ma sar gi il morire del secolo, nel vento impetuoso di una nuova era.
Prendiamo dunque Thomas Gainsborough, tipico, paradigmatico artista dellInghilterra settecentesca, maestro insuperato di quel genere educato e gentile di
ritrattistica che, rifacendosi alla grande maniera di Van Dyck, operoso con straordinaria fortuna pi di un secolo addietro in Inghilterra, la traduce e come trascrive
in termini minori ma sinceri e autentici. Guardate qui questo quadro, dipinto
verso il 1756, intitolato Il signore e la signora Brown di Trent Hall. Essi, lo si capisce
benissimo, sono andati a fare un giro in campagna nella loro propriet, si sono
portati la bambina e il cane e ora riposano e, nello stesso tempo, si atteggiano

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i
gennaio 1962

Il signore e la signora Brown di Trent Hall

Thomas Gainsborough
Collezione privata


Ben Shahn il pittore, e lillustratore (in senso buono), pi
rappresentativo del secondo tempo dellarte americana. NellOttocento, dopo i
candidi ritrattisti anonimi dellet romantica, dopo il solitario Ryder, e leuropeizzante Mary Cassatt, il primo artista veramente autonomo nato e operante negli
Stati Uniti era stato, come abbiamo visto, Homer. Un parallelo, minore ma degno,
del miglior Twain.

Con il Novecento e lindustrializzazione rapida, impietosa del grande paese prima


pionieristico, cacciatore e agricolo, la societ e la realt stessa si modificano profondamente: le acque sintorbidano, i cieli si sporcano e le fisionomie induriscono.
Lo scrittore pi onesto e vero, anche se ingrato, di questa et Dreiser, lautore di
Una tragedia americana. Ma i pi straordinari interpreti del primo Novecento americano si esprimono con un mezzo del tutto nuovo, il cinema: facciamo subito i
nomi di Griffith e di Chaplin. La durezza di vita e insieme la resistenza dellamore
e della speranza nelle citt degli Stati Uniti non hanno trovato un poeta pi assoluto dellautore del Monello, nel ventennio che apre il nostro secolo. Il pittore lo
troveranno soltanto dopo il 30, in un altro immigrato come Chaplin, Ben Shahn,
nato in Russia e portato laggi, bambino.
Un americano al cento per cento dunque, anche se nato nella vecchia Europa, per
quanto il fulgore, quasi da icone, di certe tinte shanhiane possa ricollegarsi alleterna tradizione postbizantina dellarte religiosa russa.
Ma Ben Shahn che si forma e ha il suo momento creativo primo e pi intenso fra il
finire degli anni Venti e gli anni Trenta, cio fra proibizionismo, crisi economica
e New Deal roosveltiano, traumatizzato (positivamente) e ispirato a fondo dalla
realt che lo circonda e che trova in lui testimone a un tempo candido come un
miniatore medioevale e amaro come un agitatore sindacale.
Consapevole, esperto di maniere artistiche contemporanee, ben raramente, o
malamente, volte ai fatti della vita sociale e politica, Ben Shahn, con una spregiudicatezza che ricorda Bertold Brecht, capace di usare i trovati dellavanguardia
letteraria ai fini della propaganda, piega magari le prospettive del surrealismo e
larabesco di Klee per commemorare pateticamente Sacco e Vanzetti e accusare
i loro falsi testimoni e ipocriti giudici. In questa direzione (sono gli anni della
miglior narrativa sociale americana, gli anni di Furore di Steinbeck) il nostro atti-

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secondo le norme della naturalezza e del buon gusto, davanti al pittore. Sembrerebbe un tale tema privo di qualsiasi possibilit di vibrazione, per un artista. Non
siamo pi in secoli eroici, quando il ritrattato poteva pretendere di venire trasfigurato e idealizzato, non siamo ancora in tempi in cui, come accadr nella seconda
met del secolo decimonono, le persone finiranno per essere stemperate nella luce
alla stregua degli alberi, delle nuvole. Ma Gainsborough proprio il pittore, e
anche il poeta, di questo momento di transizione, in cui possibile ancora ritrarre,
nella loro quieta malinconia, degli individui immergendoli in una natura che
loro congeniale.
Non una pittura sublime questa, eppure vi in essa una cos delicata ma vera
resa della realt, un senso cos struggente, anche se tenuto in minore, dellora
irripetibile del giorno e di chi ne come intriso e stupefatto, da poter stare vicino
a quanto di pi bello il secolo ha creato in questo senso, da Chardin al Canaletto.
i
maggio 1962

Il ponte di Willis Avenue

Ben Shahn
Museum of Modern Art (MoMA) - New York


Diciamo subito che il termine pittore della domenica
improprio, se applicato ad artisti come Henri Rousseau e gli altri, dei quali parleremo in questa breve serie. La locuzione, piuttosto espressiva, viene dal francese
e tende a qualificare quei signori che, lavorando tutta la settimana in una professione seria, si divertono la domenica con tele e pennelli. Per la pi parte di queste
oneste persone il dipingere sarebbe dunque nientaltro che un hobby. Ma tale

poteva chiamarsi per Henri Rousseau (1844-1910), anche se il suo scopritore e


primo critico, il poeta Apollinaire, lo conobbe che stentava la vita come un impiegatucolo del dazio parigino? (da cui il soprannome pittoresco di Doganiere).
Il nostro omino, oltre che dipingere, scriveva commedie e componeva valzer,
caduti oggi nel pi completo, e giusto, oblio. Mentre i suoi quadri stanno al
Louvre e nelle pi famose collezioni private del mondo, e ce ne fossero in giro,
arriverebbero ai prezzi altissimi dei grandi impressionisti e dei pochi antichi che
costano come gli impressionisti.
Non facile in poche righe (e forse neppure lo sarebbe in molte) spiegare il
mistero Rousseau: in tutto e per tutto piccolo travetto leggermente svitato, meno
che in pittura dove si dimostra sempre inventore poeticissimo, dal punto di vista
diciamo, del contenuto, ed esecutore impareggiabile, da quello della forma. Pur
restando, e sta qui lenigma, quasi puerile nella scelta dei soggetti (basti qualche
titolo, Il poeta e la sua Musa, Il gioco del pallone, Lincantatrice di serpenti) e quasi goffo
nella composizione e nel disegno. Insomma, in un certo senso Rousseau davvero
un pittore della domenica, in un altro il pittore pi straordinario dei tempi
moderni, lunico che non si sia accontentato di guardare e riprodurre quanto i suoi
occhi avevano veduto, ma abbia saputo inventare, creare, come facevano i maestri
del Medioevo. Ai quali appunto egli va accostato, per il candore e la freschezza con
cui sa unificare in unica, visionaria maniera, le giungle, da lui viste tuttal pi nelle
illustrazioni dei romanzi davventura, e i calessi di Pre Juniet, le allegorie della
guerra e le passeggiate dei borghesi nei viali del parco di Saint Cloud.
probabile che Apollinaire e Picasso e gli altri che per primi lanciarono il vecchio
impiegatucolo si siano, in un primo tempo, divertiti, e magari un po commossi,
con le sue goffe favole dipinte, spinti anche dal gusto polemico di scandalizzare gli
ambienti ufficiali delle accademie e delle riviste perbene.

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vista dipinge quadri e muri, disegna manifesti, illustra libri, senza mai scadere a
decorativo. un decennio stupendo di operosit, del quale vi diamo una delle cose
pi belle, la pittura intitolata Il ponte di Willis Avenue. Non proprio un quadro
di denuncia precisa, storica, un pezzo di realt che in mano a un altro avrebbe
potuto diventare un piacevole, anche poetico, paesaggio con figure. Ma Shahn vi
se stesso come non mai: soltanto la terribile citt americana pu lasciare relitti
angosciosi quali le due vecchie ancorarsi a cos angoscioso porto, una panchina
verde contro le travature metalliche dun ponte. una pittura che dice qualcosa
con le parole di tutti i giorni, ma dopo averle pietrificate per sempre, al sicuro
dalla caricatura e dal sentimentalismo. A cento anni da Daumier, lamericano Ben
Shahn ha saputo ritrovare la difficile strada della pittura impegnata e libera. A tal
punto libero da ottenere dei rossi degni di Bisanzio dal minio antiruggine duna
struttura di ferro.
i
luglio 1962

La zingara che dorme

Henri Rousseau
Museum of Modern Art (MoMA) - New York

Andr Bauchant
Centre Pompidou - Parigi


Anche il secondo, dei non professionisti, di cui dobbiamo parlare, francese. Si chiama Andr Bauchant, nato nel 1871 e morto,
vecchissimo, nel 1959: aveva dunque circa trentanni verso il 1900, quando il
primo, grande, ancora insuperato degli ingenui, Henri Rousseau, veniva scoperto e rivelato da Apollinaire, prima a una cerchia ristretta, poi, poco a poco,

al grande pubblico che bene o male si interessa dellarte. Ma non si pu parlare


di una qualche contemporaneit di lavoro dei due pittori, infatti Bauchant non
si mette a dipingere che dopo la prima guerra mondiale, a quarantasei anni
suonati.
possibile pensare che il doganiere non centri per nulla nella decisione presa dal
giardiniere, frutticultore, erborista Bauchant? Non facile mai scoprire i giochi
delle influenze, quando non siano in qualche modo dichiarate, nelle opere degli
artisti. E si sa che certe cose girano, entrano in circolo, agiscono misteriosamente
in noi, anche senza che ce ne accorgiamo.
Vissuto sempre in campagna, Bauchant, a differenza di Rousseau che vi si affacci
qualche volta dalla cinta daziaria di Parigi, magari in occasione di un matrimonio,
dovrebbe essere molto pi pittore naturale del grande confratello. Eppure, se si
tolgono alcuni bei paesaggi e vasi di fiori, tutta la pittura che conta di Bauchant
tuttaltro che naturale, nel senso che la parola ha dagli impressionisti a questa parte.
anzi una pittura occulta, o meglio nutrita di cultura, anzi di libri di cultura varia
e un po singolare, da biblioteca di persona che sta in campagna e non bada molto
ad aggiornarsi. Dobbiamo dirvi qualche titolo indicativo? Eccoveli: Omero incoronato, La partenza di Giovanna dArco, Laura e Petrarca.
Ma come ha affrontato questi soggetti, che in mano a qualsiasi pittore di mestiere
diventerebbero impossibili, addirittura orripilanti?
qui che Bauchant dimostra di appartenere alla famiglia di Rousseau: egli infatti
riesce a credere al soggetto, quindi a figurare, mettiamo, Omero come un buon
vecchio barbuto, sulla testa del quale muse alate vanno agitando palme e ghirlande. Accettato questo, la sua mano non sapiente, piuttosto goffa, di dilettante,
riesce a rendere tutto credibile, un po come riusciva ai piccoli pittori medioevali
nelle loro predelle candide e lucenti.

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Ma ormai sono passati troppi anni perch il gioco, se tale fosse, possa reggere.
I quadri del Doganiere Rousseau non soltanto hanno resistito, ma fuori dallaneddoto e dal mito splendono oggi pi meravigliosi che mai, per virt propria.
Quello che vi proponiamo uno dei pi sorprendenti dei suoi quadri, La zingara
che dorme (1897), che sta al Museo dellArte Moderna di New York: uno di quei
soggetti in cui esotismo da quattro soldi, deserto luna leone, e oggetti domestici,
mandolino brocchetta, si armonizzano arcanamente in una sorta di sogno silente
dai colori incredibili eppure giusti come nel pi raffinato dei pittori tonali. Avete
visto che sul disco della luna abbozzato un volto, come nelle lune dipinte dai
bambini? Basterebbe questo a qualificare Rousseau per sempre, se la logica contasse qualcosa nellarte. S, era un impiegatucolo un tantino svitato, che suonava
male il violino, il Doganiere, e dipingeva la faccia alla luna. Eppure era un gran
pittore, uno di quei grandi pittori che sono anche grandi poeti, sempre pi rari,
con i tempi che corrono.
i
agosto 1962

Festa della Liberazione


Come possibile trovare dei passaggi, e ritagliarli mentalmente, in tanta pittura antica a tuttaltro volta che a descrivere la natura, cos si
possono scoprire, seppure in minor misura, interni in opere darte di vario soggetto, comunque ben lontane da una cosciente intenzione di poesia domestica. I
pi begli interni involontari, e i pi cari, che si possano vedere prima del Seicento,
let borghese in cui nasce il lirismo borghese che porta alla pittura appunto din-

terno, sono scopribili nelle Nascite della Vergine. In esse, e giustamente, la tradizione permette al pittore dispirarsi alla vita quotidiana: e il pittore ne approfitta
con gioia, ambientando il lieto evento sempre in stanze mobiliate, rallegrate da
fuochi presso cui le parenti e le serve si danno da fare per aver acqua calda, salviette
asciutte. Si potrebbero citare molti esempi di questa vena familiare della pittura
sacra, ma baster ricordarne uno molto antico, sublime: quello di Pietro Cavallini
nella serie di mosaici che stanno in Santa Maria in Trastevere, in Roma.
Abbiamo voluto iniziare questa breve serie dedicata allintimit della casa con il
primo e il pi grande pittore di questo genere, Vermeer. Ci siamo gi occupati di
lui dando un breve profilo della pittura olandese, ripeteremo quindi soltanto i dati
essenziali che lo riguardano. Nato nel 1632, a Delft, e morto nel 1675, il pittore
ha avuto una vita calma, tutta dedicata al lavoro, raro ma intensissimo. Apprezzato dai contemporanei, quasi dimenticato durante il tempo della prima posterit, viene riscoperto nella seconda met dellOttocento, quando gli impressionisti
rieducano locchio della gente ad assaporare insieme il valore profondo delle cose
umili e la qualit della materia pittorica presa nellincantesimo della luce vera. Ed
singolare che questo poeta delle ore quiete, eterne, fluenti nella vita dei giorni
comuni abbia preso il suo avvio dal grande poeta tragico, dei momenti supremi e
irripetibili, Michelangelo da Caravaggio.
Quasi tutta la pittura di Vermeer pittura di interni: sia che egli ritragga la serva
che versa il latte o la signora che pesa loro, o la cucitrice in bianco, o la damigella
alla spinetta, o il pittore nello studio. Quella che vi presentiamo oggi ancora una
signora, ma nellatto di scrivere una lettera, mentre la sua serva laspetta, forse per
portarla, la lettera in via di essere scritta, al destinatario. La cosa pi straordinaria
di questo quadro non tanto la resa della stanza, intrisa del consueto miele di
luce filtrata dai vetri, di altri meravigliosi interni del pittore olandese. Una luce

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Assuntosi qualche volta limpegno di celebrare un fatto contemporaneo, come


accadde nel 1945, quando dipinse la Festa della Liberazione, che vi presentiamo,
Bauchant riusc a rendere mitico, favoloso, lavvenimento da lui visto, ma da lui
anche trasfigurato in una sorta di sogno assurdo e incantevole. Guardate: le montagne, gli alberi, le villette, le tende del circo, le bandierine, per quanto riportati
sulla tela con quel suo tremulo pennello, corrispondono probabilmente alla realt
che egli ebbe sotto gli occhi, mentre la gente, la buona gente allegra e un po tonta
della kermesse patriottica, tutta ripensata, ed proprio il caso di dirlo, rivestita,
dalla fantasia del pittore. Per Bauchant, anche pi che per Rousseau, difficile
trovare la chiave del mistero artistico. Si rasenta sempre lerrore, linfantilismo e
forse il trucco, ma si resta sempre incantati, molto di pi che di fronte a qualsiasi
altra pittura dei nostri tempi. Non ci rimane dunque che accettare e ringraziare.
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novembre 1962

Donna che scrive una lettera

alla presenza della domestica

Jan Vermeer
National Gallery of Ireland - Dublino

che modella le braccia e le maniche della scrivente, accarezza il lustro pavimento


a quadri, lambisce la tenda quasi umettandola Di simili prove di poesia pittorica, pi precisamente luministica, Vermeer ne ha date sempre, e anche con pi
prestigiosa bravura. Qui quello che prende di pi il senso del tempo che scorre e
che stato ottenuto dal pittore, misteriosamente eppure in maniera estremamente piana e semplice, stabilendo il rapporto spaziale fra la figura seduta, reclinata,
intenta, gremita di sentimento della signora che scrive e quella della donna in piedi
che aspetta, di unimmobilit geometrica, cristallina, svuotata in un certo senso
dogni possibilit di pensiero personale. In questo intervallo di spazio i minuti
scorrono come in una clessidra. Il vero protagonista del quadro il tempo: non a
caso luomo che al tempo ha dedicata lopera pi grande, Marcel Proust, poneva
Vermeer al di sopra di tutti pittori.


Bisogna arrivare a un altro grande periodo della civilt borghese, la fine dellOttocento, per trovare un pittore dinterni, Bonnard, degno del
grande Vermeer.
vero che i tempi sono cambiati, che la classe nata dalla decadenza della nobilt
non pi in giovanile ascesa ma in lento, eppure dolce, declino: ci non toglie
che un filo sottilissimo e tuttavia intatto leghi i due pittori e apparenti in maniera
inequivoca la poesia dei loro quadri.

La borghesia non pi la ristretta e pugnace classe mercantile del Seicento olandese, una classe, ormai, per cos dire, senza classe. Infatti ha vinto, si allargata
allinfinito, conglobando un po tutto, lasciandosi soltanto ai margini la marea
ancora trattenuta ma ribollente del proletariato e, al capo opposto, il rivoletto perdentesi nel puro formalismo della nobilt. Pure larte, attraverso il travaglio di pi
di due secoli pieni di genio e di inquietudini, ha subito unevoluzione straordinaria. Ma siamo sempre l, in Bonnard, siamo sempre nellordine di unidea della vita
che al suo centro ha la casa, la famiglia, di unidea dellarte che rispetta le cose e il
loro ordine. Non durer a lungo, fra qualche anno Picasso e Braque cominceranno
a scomporre, a deformare: e sar uno dei segni, non il meno importante, della fine,
anche, della borghesia.
Il quadro che vi presentiamo sintitola La lampada a petrolio ed stato dipinto da
Pierre Bonnard nel 1898. Il pittore, nato nel 1867 e morto nel 1947, era nel pieno
del suo primo periodo di attivit, quello in cui pi vicino agli impressionisti.
Pi tardi la tavolozza gli si schiarir e alleggerir, senza per questo perdere di
nervo, forse per un accostamento allalta decorazione del suo coetaneo Matisse.
Qui il suo pennello ricco e intride di una materia calda e tangibile la tela,
tutta da godere, verrebbe voglia di dire, da mangiare, con gli occhi. Si tratta, lo
vedete bene, di una scena domestica notturna. I muri della stanza sono impastati
insieme, simmagina pi che non si distingua perfettamente, di carta da parati e
di prima oscurit, che la luce della lampada rode ma non vince: in primo piano
invece, dove la lettrice sta intenta sul libro aperto in mezzo al tavolo, arde e
ronza in pieno la vera protagonista, la lampada, tutto dorando e avvampando nel
suo quieto, meraviglioso filare.
Anche in questa tela, come nel Vermeer, il tempo percepibile ed il segreto della
poesia pittorica: il sentimento del suo fluire, misteriosamente ottenuto dallarti-

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i
dicembre 1962

La lampada a petrolio

Pierre Bonnard
Fitzwilliam Museum - Cambridge University, Cambridge

sta, a far s che un soggetto di per s banale venga sublimato a una significazione
che ci tocca tutti.
perch si pu estrarre della bellezza da tutto, scriveva Bonnard in questi
anni: e lo dimostrava allaltra estremit dellEuropa, con lo stesso senso di chiusura
un po egoista ma patetica della classe borghese declinante quellaltro grande poeta

del morire del secolo che Anton Cechov.


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febbraio 1963

La battaglia di Isso

Albrecht Altdorfer
Alte Pinakothek - Monaco

Il paesaggio, che nei primi tempi della pittura non mai autonomo ma fa da scenario al dramma, o al racconto, quasi sempre sacri, che si svolgono
in primo piano, vuole, per la maggior parte dei casi, dare a chi lo guardi il senso di
trovarsi di fronte alla natura quale .
Ma vi sono, e vi sono sempre stati, degli artisti che hanno cercato, non di rappresentare ma di inventare, sia pure partendo dal vero e sottoponendolo a unoperazione
trasfiguratrice simile a quella che avviene in noi incoscientemente quando dormiamo, pi esattamente quando sogniamo.
C tutta una linea di paesaggisti fantastici, pi ricca nei paesi nordici che da noi,
anche se da noi nato un anticipatore del genere straordinario e cosciente: Leonardo da Vinci.
Il primo pittore di questa maniera singolare che si ritrova, pi o meno scoperta e apprezzata, in tutti i periodi dellarte e che fiorisce, ormai scatenata e un

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po mostruosa, nella nostra epoca, con la scuola surrealista, il tedesco Albrecht


Altdorfer. Nato circa nel 1480 e morto nel 1538, Altdorfer uno di quegli artisti
nordici che hanno vissuto lesperienza rinascimentale in maniera riflessa e stravolta: il suo accanimento descrittivo lo porta lontano dalla realt che, secondo
linsegnamento degli antichi, gli italiani, da Masaccio e Donatello in poi, avevano
saputo conquistare. In lui, in un certo senso, il fantastico nasce da un eccesso di
fedelt alla natura, o meglio da un equivoco, dalla illusione cio di poter abbracciare la natura intera e intera rappresenProprio perch fatto tutto della sostanza
tarla. Con pi consapevolezza tali fini
dei sogni per dirla con Shakespeare,
se li propone anche il primo Romanil paesaggio di Altdorfer ci piace,
ticismo, non per nulla nato nel paese
ci incanta.
dorigine del pittore, la Germania.
Il quadro che vi facciamo vedere, e
che sta alla Alte Pinakothek di Monaco, si intitola La battaglia di Alessandro. Un
quadro storico dunque? Nelle intenzioni forse, ma nei risultati, anche per il gioco
di simbologie (la lotta del sole che si libera dalle nuvole significa la lotta di Alessandro contro il nemico, mentre il paesaggio infinito allude alle conquiste immense
del re), del tutto fantastico e, perch no, surrealista.
Proprio perch fatto tutto della sostanza dei sogni per dirla con Shakespeare,
il paesaggio di Altdorfer ci piace, ci incanta, mentre i paesaggi di Canaletto e di
Monet, insomma dei paesisti naturali, ci incantano perch sono fatti della sostanza
della realt.
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marzo 1963

Cimitero Ebraico

Jacob van Ruisdael


Detroit Institute of Arts - Detroit

A distanza di circa un secolo dallAltdorfer, ancora un pittore
del nord, Jacob van Ruisdael (1628-1682) a darci dei paesaggi che han laria pi
desser stati captati da un sogno che presi dalla realt di tutti i giorni. Ruisdael non
sempre fantastico come nel quadro che vi mostriamo: olandese, appartiene al pi
grande momento dellarte del suo paese, un momento, si sa, realistico, sia pure in
unaccezione altissima, con possibilit di sublimazione del mondo visibile, supreme.
Ruisdael soprattutto, quasi con monotonia, paesista, e nella resa della natura
olandese, con le sue terre basse e i suoi orizzonti infiniti, mossi da nuvole errabonde, non ha rivali. Quando nellepoca romantica, tra la fine del Sette e i primi
dellOttocento, pittori come Constable e Turner avidamente si rivolgono ad acque
e cieli e selve, in gara coi poeti Wordsworth e Coleridge, non possono non tener
conto di chi aveva aperto loro, tanti anni prima, la strada, di Ruisdael soprattutto.
Che anticipa non soltanto lelegia dei grandi spazi aperti, ma linvenzione dei paesaggi drammatici, con rovine gotiche e una vaga aria di fantasmi nelle immediate
vicinanze se non proprio in scena.
Perch proprio di scenografia, ma poetica e autosufficiente, non funzionale in
rapporto al teatro, viene di parlare, davanti a certe pitture del maestro olandese.
A questo Cimitero ebraico, per esempio, che sta in America, al Detroit Institute of
Arts: un capolavoro di coerenza, pur nel suo accostamento tuttaltro che logico di
castello smozzicato, avelli ebraici, alberi folgorati e squassati dal vento, arcobaleno. Elementi che, alcuni disegni preparatori lo attestano senza equivoci, Ruisdael
ha tratto dalla realt, ma di diversi luoghi, e che qui ha unificato in una visione

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di straordinaria suggestione lirico-drammatica, memore ancora della grandezza


dimpianto del paesaggio ideale che Rubens aveva mutuato dai veneziani rinverginandolo sul vero della propria terra, e rorido gi degli umori romantici di l da
venire.
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aprile 1963

Lisola dei morti

Arnold Bcklin
Metropolitan Museum of Art - New York

Anche se larea, diciamo, mediterranea non manca di artisti
visionari, lEuropa del Nord che, in ogni secolo, ne ha dati di pi. Merito (o
colpa) del clima che, con le sue lunghe nebbie, favorirebbe in letteratura le storie
di spettri, in pittura i paesaggi di fantasia: cos la pensava qualche allegro critico
positivista, e non detto che avesse del tutto torto.
Il pittore che oggi vi presentiamo, Arnold Bcklin uno svizzero, formatosi
nellambiente tedesco, ma vissuto a lungo in Italia, pi precisamente in Toscana,
come deve sapere chi conosca la Versilia, e pi precisamente Forte dei Marmi,
dove una bella casetta bianca che ospit lautore dellIsola dei morti, lo ricorda con
una lapide al distratto bagnante. Nato nel 1827 e morto nel 1901, Bcklin appartiene alla cultura del Naturalismo e del Verismo, anche se nato a Romanticismo
trionfante (e gi declinante), ma si oppone al proprio tempo, e in questo un po
un fratello minore di Richard Wagner. Entrambi prolungano il sogno romantico,
entrambi lo mischiano di fermenti nuovi, naturalistici appunto e decadenti, giungendo a risultati nuovi, impuri ma ricchi e, alla fine, coerenti e legittimi.

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Bcklin si oppone, s detto, al proprio tempo, rifiutando di copiare il vero, e si


sottrae alla natura che lo circonda per gran parte della sua vita, velando di brume
fantastiche la luce italiana.
Mistero, morte, senso dellinfinito sono componenti perenni del suo spirito e la
sua creazione artistica ne sempre dominata, anche se egli si volga, per ispirazione,
al paesaggio mediterraneo e alla mitologia greca.
Il quadro che vi mostriamo, e che sta al Metropolitan Museum di New York,
uno dei pi famosi di Bcklin, e sintitola Lisola dei morti. Molto liberamente lidea
della strana composizione venne suggerita al pittore dallisola di San Michele,
nella laguna veneziana: ma non fu che una suggestione, e resterebbe assai deluso
chi volesse ritrovare, con una gitarella in motoscafo, questo singolare scenario.
Abbiamo nominato Wagner, c venuta alla penna la parola scenario: indubbiamente Bcklin una sorta di grandissimo scenografo per opere che non furono
mai scritte, ma che avrebbero potuto esserlo soltanto dallautore del Vascello fantasma e del Parsifal. Pittore letterario, dunque, Bcklin? In un certo senso s, ma
pure pittore vero, capace di sostanziare la propria complessa visione, certo gonfia
di umori culturali, in un colore ricco, stupendo se pure tutto accordato su una
gamma grave e profonda. Le due monumentali quinte di roccia e architettura
misteriosamente compenetrantesi, il folto di cipressi, la barca silente col suo spettrale ospite, lacqua immobile non restano invenzione, o peggio, trovata della
mente, ma vivono perch vibrano in un accordo insolito di colore e di luce-ombra.
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maggio 1963

Costa Classica

Paul Klee
Nationalgalerie, Museum Berggrn, Staatliche Museen - Berlino

Nel nostro secolo di paesaggi captati al sogno, o comunque
allio interiore, pi che ripresi dalla natura, ce ne ha dati anche troppi, la pittura.
I metafisici, i surrealisti non hanno saputo fare quasi altro, mentre i cubisti e i
futuristi alla natura hanno guardato, ma per poi scomporla e torturarla, sino a
renderla quasi irriconoscibile. Se mai la rarit sono i paesaggi veri e propri, di
lettura agevole, e tuttavia non anacronistici: benedetti naturalmente, ci vengano
da Bonnard o da Utrillo, da De Pisis o Carr o Morandi, da Soutine o Kokoschka.
Per mostrarvi un paesaggio veraKlee andato pi in l nel rapire
mente singolare, lontano dalle noiose
il suo tempo effimero, per restituircelo
formule dei professionisti dellirrealismo, degno come invenzione dei
sulla tela divenuto geometria e musica.
maestri sin qui illustrati, siamo ricorsi
a un pittore dei pi straordinari del Novecento, e di tutta la storia dellarte: Paul
Klee. Un nordico, ancora una volta, e una personalit estremamente ricca e complessa, alla cui lucida mente risale in gran parte il merito, o la responsabilit dellarchitettura funzionale e dellastrattismo: un nordico, dicevamo, che non si dimentica mai di esserlo, tanto meno quando scende, ed accade molto spesso, alle rive
del Mediterraneo.
Per essere precisi, Klee si trovava in Sicilia quando dipinse questa Costa classica,
dalle parti di Ragusa. Il terreno in Germania cominciava a scottargli, la Bauhaus
che lo aveva fra i suoi docenti era gi stata fatta segno di attacchi dai nazisti, alla
vigilia dimpadronirsi del potere. Sulle rive del mare siciliano il pittore ritrovava

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una calma, una possibilit di meditazione poetica meravigliosa. E questo paesaggio uno dei frutti pi belli: avvicinato, per il gioco delle sue linee orizzontali,
a una partitura e detto, per laccordo ampio dellinsieme, per il respiro che vi
alita, pi una sinfonia che un quadro, in effetti ha di comune con la musica la
capacit di dare per astrazione la natura, conservandone la luce e la vibrazione
profonda. Mare, roccia, brevi spiagge, dadi di case e macchie di ulivi splendono
nel sole meridiano. Midi le juste y compose de feux La mer, la mer toujours
recommence, ha scritto sul Mediterraneo Paul Valry: Meriggio il giusto vi
compone il mare Di fuochi, il mare che si crea e ricrea. E Klee andato anche
pi in l nel rapire il suo tempo effimero per restituircelo sulla tela divenuto geometria, musica appunto. Chi altri, nella nostra epoca, ha saputo darci paesaggi
altrettanto veri e fantastici come questo?

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John Constable

Jackson Pollock

Gustave Courbet

Georges Braque

Pierre-Auguste Renoir

Joseph Wright of Derby

Georges Seurat

Claude Monet

Andr Derain

Henri Rousseau

gli ismi
dell ar te moderna
August Macke

Francis Picabia

Umberto Boccioni

Max Ernst

Salvador Dal

Fernand Lger

Vasilij Kandinskij

Mario Sironi

Winslow Homer

Claes Oldenburg

aprile 1960

Cattedrale di Salisbury dal giardino del vescovado

John Constable
Victoria & Albert Museum - Londra

Cominciamo dal Romanticismo, che il primo movimento
spirituale, con profondi riflessi in tutte le arti, dellet moderna, et moderna che
nasce con lui, da lui. Si pu dire, anzi, che prima del Romanticismo le scuole artistiche non sono mai state del tutto consapevoli di quanto andavano portando di
nuovo, anche se, per virt di personalit deccezione, mettiamo un Masaccio, un
Caravaggio, in breve tempo trasformavano il volto stesso della bellezza.
Il Romanticismo, si sa, legato al profondo rinnovamento di pensiero che si
determina in Europa nella seconda met del Settecento, e che ha le giustificazioni
teoriche pi alte nellopera di alcuni grandi filosofi tedeschi, suscitatori e interpreti di un moto di liberazione dellindividualit umana che ancor oggi agisce
nella vita di tutti noi. Ma non qui il momento di spiegare diffusamente che
cosa sia il Romanticismo, ci baster illustrarlo nelle arti figurative, per essere pi
precisi, nella pittura. Va subito detto, e questo vale anche per tutti gli altri aspetti
del movimento in questione, che quellaspirazione a liberamente sentire e liberamente esprimere la commozione che si prova di fronte alluniverso, unesigenza
eterna dellumanit. Cos non difficile trovare spunti romantici molto addietro,
persino nel mondo classico, che dovrebbe esserne, a rigore, del tutto privo. Resta
tuttavia che, soltanto sulla fine del secolo diciottesimo e allinizio del decimonono, alcuni artisti hanno saputo, hanno voluto rompere con tutti gli schemi tradizionali, ponendosi in contatto diretto con la natura, cercando di lasciarsi penetrare
da essa per potere poi restituire la sua essenza con la maggior verit possibile. Per
la prima volta essi hanno avuto coscienza di poter effondere la piena dei propri

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Il segreto di Constable sta proprio nellumilt, nella capacit


di vedere la rugiada sulle foglie, la luce sullacqua e sulle pietre,
e di sentirle come proiezioni del proprio affetto per luniverso.
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sentimenti in maniera totale, senza doverla arginare entro limiti di contenuto e di


forma. Oggi a noi evidente che quei limiti da essi cos entusiasticamente superati, non solo non furono dannosi, ma probabilmente utili agli artisti venuti prima,
che seppero essere tanto pi vittoriosamente se stessi, quanto pi umilmente si
adattarono superandoli, a quei limiti.
Limportante per che i romantici sentissero, e riuscissero a portare a termine,
limpresa sentita con tanta necessit. Il guaio venne quando i seguaci, gli imitatori
inerti, credendo di spezzare a loro volta delle catene, non fecero che adottarne
delle altre.
Abbiamo voluto dare, come esempio di pittura romantica, il quadro di un inglese,
John Constable (1776-1837): innanzitutto perch un grande pittore, poi perch
nelle varie serie pubblicate fino a oggi, la pittura inglese, certamente molto meno
ricca della nostra e di altre europee, ma non priva di personalit affascinanti, meritava di fare almeno una comparsa.
I francesi con Delacroix, per esempio, hanno un artista che del Romanticismo
d unidea forse pi suggestiva e forte, ma anche, qualche volta, minata da vizi
che invece il pittore inglese non sfiora neppure, come la retorica. Constable ha
dipinto questa Cattedrale di Salisbury dal giardino del vescovado nel 1823 in piena primavera romantica. evidente nel quadro lamore per la natura, immenso, trepido
come nel contemporaneo Leopardi, in un certo Beethoven (La pastorale): contro
il grande cielo percorso da nuvole in transito si distende la cattedrale gotica (i
romantici riscoprirono il gotico e persino ne abusarono, alla fine) mentre verso
di noi si proiettano prato e viali, animali e uomini nellumida tenerezza dellora
assunta a simbolo quanto mai aperto e toccante dellanima del pittore.
Con umile cuore Constable, sono parole sue, cammin instancabile per sentieri e campi e giardini dInghilterra, rispondendo con tutto il suo animo a tutto

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quanto si presentava al suo occhio appassionato e tranquillo. Il segreto sta proprio


nellumilt, nella capacit di vedere la rugiada sulle foglie, la luce sullacqua e sulle
pietre, e di sentirle come proiezioni del proprio affetto per luniverso. Persino le
figurette di signore e signori oziosi, a passeggio, prendono un che di patetico e di
assoluto, sotto il suo pennello magico. E sono il tocco pi inglese di questopera
che appartiene di diritto al miglior Romanticismo europeo.
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maggio 1960

Signore sulla Senna

Gustave Courbet
Muse du Petit Palais - Parigi

A met dellOttocento il Romanticismo in senso stretto ha gi
detto tutto quello che doveva dire, ha perduto lo slancio e il soffio che aveva, si
fatto modo di costume minore: le sue invenzioni pi esterne, mettiamo i chiari di
luna su castelli in rovina o le fanciulle sognanti al terrazzo, fanno la delizia soltanto
dei dilettanti.
Come sempre accade, il movimento nuovo, che viene a prendere il posto di
quello esaurito, parte in polemica con lantico, non riconoscendone i meriti; ma
fatale, perch larte si evolva, anche una certa ingiustizia. Il Realismo, a differenza del Romanticismo, non nasce in Germania per poi diffondersi nel resto
dEuropa, ma in Francia, dove afferma la sua necessit sia nel campo della letteratura sia in quello delle arti figurative, e saccompagna a tutto un moto spirituale tendente a uniformare il pensiero filosofico a quello scientifico. Inoltre, con
laffermarsi della rivoluzione industriale, si fanno urgenti le istanze sociali, pi

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Non si tratta soltanto di costume: una certa animalit


malinconica, un certo peso greve del corpo rappresentano
qualcosa di molto nuovo nellarte del secolo.

o meno soddisfatte ormai quelle di carattere nazionale, promosse dal Romanticismo.


In pi da tener presente che la nascente fotografia viene a influenzare, con la sua
obiettivit, i suoi tagli reali, la pittura. Ci si accosta insomma alluomo e allambiente che lo circonda per ritrarli quali sono, non quali si sognerebbero. Il pittore
che, con pi compiutezza e nello stesso tempo con pi libert, rappresenta il movimento realista Gustave Courbet, un uomo di assoluta integrit, che ha saputo,
guardandosi dattorno con lo scrupolo di documentarsi ai fini della ricerca della
verit, trovare, come nessun altro, la poesia.
Certi suoi grandi quadri, che so, quello in cui egli si ritrae con gli amici nello
studio in atto di dipingere un nudo, o laltro rappresentante un funerale in provincia, partendo da unobiettivit allapparenza fotografica, raggiungono una severa
monumentalit, un senso di assoluto e di necessario che larte da molto tempo non
ci aveva pi dato. I suoi borghesi in abito borghese non sono per nulla aneddotici,
ma anzi solenni, quasi religiosi: tali sono, in altre sue opere, luomo che spacca le
pietre, il pensatore politico Proudhon in mezzo alla famiglia. Anche quando fa del
puro paesaggio, tuttal pi animato da cervi fuggenti o in lotta, Courbet tende al
concreto e ottiene il poetico.
Guardate il quadro che vi presentiamo, che intitolato Signore sulla Senna e sta
al Museo di Belle Arti della Citt di Parigi. stato dipinto nel 1856, ed chiaro
che le due signore accaldate, in riposo sulla riva del fiume, vestono, si pettinano
proprio secondo la moda dellanno. Il pittore le ha colte nella loro realt precisa,
ma non si tratta soltanto di costume: una certa animalit malinconica, un certo
peso greve del corpo rappresentano qualcosa di molto nuovo nellarte del secolo,
che possono ritrovarsi nella poesia del contemporaneo Baudelaire, nella narrativa dellaltro contemporaneo Gustave Flaubert. Queste due donne potrebbero

Pierre-Auguste Renoir
Metropolitan Museum of Art - New York


Il realismo in pittura non dura molto, almeno in senso stretto.
Nella seconda decade dellOttocento a Parigi, allora centro irradiatore della vita
intellettuale europea, gi vivo e operante lImpressionismo. Che, in un certo
senso, porta avanti le conquiste del movimento precedente: ma nello stesso tempo,
come accade nella storia dei movimenti artistici, lo distrugge.
La grande novit dellImpressionismo luscita allaria aperta, ai fini, innegabilmente, di poter rappresentare con maggiore evidenza la realt. Ma succede che il pittore,
abbandonato lo studio di proposito e portatosi fuori, si lascia prendere, inebriare
dalla luce naturale, la quale con la sua violenza o dolcezza, a seconda delle ore, finisce
per smangiare i contorni gi tanto faticosamente segnati da artisti come Courbet.
Una delle scoperte, non soltanto tecniche, di quel gruppo di grandi pittori che
milit nelle file dellImpressionismo, che pure le ombre, in virt della luce, hanno

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benissimo uscire dalle Fleurs du mal, dalla ducation sentimentale. Anche gli alberi,
lerba, la barca, la corrente, il cielo hanno la compattezza delle due protagoniste,
una compattezza ritrovata dopo secoli di decorazione, idealizzazione. Ma durer
poco, gi si avvicina limpressionismo che, dando preminenza alla luce, scioglier
di nuovo le forme. Cos Courbet resta un po una eccezione, o poco pi, e il movimento realista, che in letteratura avr lunga vita, si trasforma ed evolve verso altre
maniere, ugualmente valide, ma certamente di minore forza morale.
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giugno 1960

Ragazza che si pettina

colore. Ogni cosa ha colore, in quei meravigliosi cronisti della vita contemporanea
che sono Manet e Monet, Sisley e Pissarro, Degas e Renoir: ma specialmente nelle
opere di questultimo. Nato nel 1841 e morto nel 1919, Pierre-Auguste Renoir non
si mosse quasi mai, nella sua lunga vita, da Parigi e dai suoi sobborghi. Si racconta
che quando egli ebbe notizia della fuga di Gauguin verso Haiti, fuga originata da
insofferenza per il mondo civile, scuotendo la testa esclam: Ma perch? Si dipinge
cos bene a Batignolles. Che appunto un sobborgo di Parigi.
Per parte sua Renoir non aveva torto, se gli riusciva di fare, di un ballo al Moulin
de la Galette, una scena di gioia panica, un inno alla vita degno dei Baccanali del
Tiziano o delle Cene di Paolo Veronese. E che cosa non riusc a cavare fuori da
una passeggiata di signore e bambine per un viale, o da unaffacciarsi di signore
e gentiluomini da un palco, o da infiniti altri piccoli nulla, per dirla con il suo
contemporaneo Paul Verlaine, impressionista della penna.
Guardate qui la forza e la tenerezza, la monumentale pienezza e la trascolorante
vibrazione di questa semplice Ragazza che si pettina. Sappiamo benissimo chi la
ragazza: nientaltro che la giovane domestica del pittore, la si riconosce dai capelli
doro (ma un oro in cui si nasconde liride di un meraviglioso arcobaleno cromatico) e dal profilo leggermente camuso, dorigine certo contadina. Eppure, anche
se venuta a Parigi per farsi magari la dote lavorando nella famiglia borghese di
Renoir, la nostra fanciulla di campagna doveva finire per rappresentare una sublimazione della bellezza che alcuni critici, non a torto, hanno riportato alla Grecia,
alle sue divinit quali noi le conosciamo nel modellato dei grandi scultori classici.
A distanza di poco pi di mezzo secolo dal suo periodo di fioritura pi gloriosa
lImpressionismo ci appare oggi come una delle et pi splendide di tutta la storia
dellarte umana e delle pi ricche e consolanti.

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luglio 1960

Pomeriggio domenicale sulla Grande Jatte

Georges Seurat
Art Institute - Chicago


Le prime, inevitabili, reazioni allImpressionismo, quelle
giuste, da non confondersi con quelle sussiegose degli ambienti artistici ufficiali,
vengono da uomini cresciuti e formatisi in seno allimpressionismo stesso. Facciamo tre nomi soltanto: Seurat, Czanne, Van Gogh. Ma sono tre nomi senza
i quali la pittura moderna non esisterebbe, e non esisterebbe luomo moderno,
con una certa sensibilit, una certa anima. E la natura non ci sembrerebbe pi
povera se non avessimo imparato a conoscerla a fondo con la guida di quei tre
grandi scopritori di tesori, sino al loro avvento, nascosti?
Dei tre Seurat forse il meno popolare, e si pu capire il perch. Innanzitutto ci
ha lasciato poche opere (Seurat morto giovane e ha lavorato con grande lentezza,
compiendo appena qualche capolavoro assoluto); poi ha chiuso la sua visione del
mondo in una sintesi formale cos alta e severa da sembrare, a un occhio superficiale, persino freddo e inanimato. che a differenza degli impressionisti, tutti
abbandonati e passivi di fronte alla natura, egli, sia pure con dolcezza di poeta,
impone un ordine spaziale e temporale, cromatico e luministico al disordine della
realt. In questo si riallaccia a una tradizione che ha i suoi esemplari supremi nella
scultura egizia, nella pittura di Piero della Francesca.
Nato in unet di ricerca scientifica, Seurat chiede alla scienza un supporto alla
sua intuizione, e chiama puntinismo il suo metodo di sintesi ottica dei colori
e dei toni, cio delle luci e delle loro reazioni (ombre), secondo la legge del contrasto, della gradazione, dellirradiazione. Ci sarebbe da citare a lungo dai suoi
scritti, anche sullimpaginazione (o composizione), sul valore della linea oriz-

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Seurat non ha rifiutato il quotidiano, ma lo ha fermato


e trasfigurato, ricomponendolo in unarmatura di linee
ascensionali e orizzontali.

zontale, sui colori contrari e complementari. Ma sono norme che hanno


servito a non pochi pittori, dopo di lui, finiti nel nulla. Dunque non il puntinismo o divisionismo che ci interessa in Seurat, ma quanto egli ha saputo
realizzare, seguendo e di continuo superando col fuoco della fantasia i principi
fissati. Prendiamo uno dei suoi quadri pi famosi, un quadro che richiese un
anno di lavoro e infiniti studi, abbozzi, schizzi, il Pomeriggio domenicale sulla
Grande Jatte, che sta allArt Institute di Chicago, e venne esposto a una mostra di
impressionisti nel 1886 suscitando grande scandalo, il ritiro di Monet, Renoir,
Sisley.
chiaro che, ad artisti tesi ad affermare la vita nel suo fluire caldo, nel suo trascolorare vibrante, unopera come questa deve esser sembrata mostruosa. Lo
stesso pomeriggio, nello stesso luogo Monet, Renoir e Sisley avrebbero ricavato
ben altri succhi e linfe. Seurat non ha rifiutato il quotidiano, ma lo ha fermato
e trasfigurato, ricomponendolo in unarmatura di linee ascensionali e orizzontali che accolgono il colore, le luci, le ombre in unassorta, sublime distanza. I
canottieri lontani, e sulla ripa erbosa le signore e i signori in riposo o in lento
transito, i bambini che giocano, i cani che si muovono fiutando, e tanto ancora
viene accolto, di questa cosa estremamente qualunque che un pomeriggio
festivo a fiume, dal pittore, e composto in una sintesi che non ha nulla di voluto,
di preordinato, ma esce, fatalmente, da unaltissima meditazione, morale prima
che formale.
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agosto 1960

Vigneto in primavera

Andr Derain
Kunstmuseum - Basilea

I fauves accolgono, di Van Gogh, la maniera vorticosa, il colore inventato, i tagli


impreveduti, non la motivazione interna di tutto questo, che informer lespressionismo. Guardate questo Paesaggio di Andr Derain, conservato al Museo di Basilea.
un quadro del 1905 circa: in quegli anni erano vivi ancora, e operanti, Renoir e
Monet, Picasso sapprontava dallultimo Czanne a estrarre il cubismo. Le estreme
stille del miele impressionista gocciavano dai pennelli dei vecchi Renoir e Monet,
attardatisi a vivere in epoca nuova, ma forse non cera pi chi sapesse gustarle. Allora,
prima che Picasso rimettesse tutto in discussione, spazio eccetera, vi fu ancora, purtroppo fugacissima, una schiarita solare in cui a un pittore vero, a un giovane, fu
concesso di dipingere un paesaggio, con alberi, cielo, monti lontani e omini dentro,
non ancora ribaltati e disarticolati. Riconoscibili anzi, e molto cari, alberi, cielo,
monti lontani e omini dentro, nella rapida felicit della scrittura pittorica, entusiasta
di ritrarre la natura e di lodarla in una sorta debbrezza che muove un po tutto, e
carica le tinte, magari le stravolge, a esprimere lo stato danimo dellartista. Proprio
il metodo, se cos possiamo chiamarlo, di Vincent Van Gogh, che vi torner certo
subito alla memoria, a vedere questo bel paesaggio. Ma la musica ben diversa, tanto
pi piacevole, qui, ma tanto meno grande e commovente.


La stagione impressionista ( giusto dare al corso temporale dun
movimento darte cos dolcemente arreso alla meteorologia il nome di stagione)
entrata in crisi quando Seurat ha voluto imbrigliarla in un rigore di ricerca scientifica, Czanne piegarla alle severe esigenze della sua moralit, Van Gogh forzarla
a esprimere la sua agitazione, psichica prima che intellettuale. La crisi fu salutare:
leterna primavera dellImpressionismo era un assurdo, unevoluzione e trasformazione si mostrava necessaria. Dallopera di rottura dei tre maestri eretici nominati
nascono i movimenti e le personalit che continuano e portano avanti la rivoluzione
annunciatasi con il Romanticismo e il Realismo, esplosa con lImpressionismo.
Il messaggio, linsegnamento di Seurat non verr inteso a fondo che tardi, specie
in Italia, con Carr e Morandi, nelle loro pi alte meditazioni spaziali debitori
certo al pittore francese, al pi italiano dei pittori francesi, debitore forse a sua
volta ai nostri quattrocentisti, a Piero della Francesca soprattutto.
Da Czanne invece nasce il cubismo, e gran parte dellarte del Novecento; mentre
da Van Gogh nasce laltro aspetto di questarte, lespressionista, come vedremo.
Ma dal pittore olandese esce fuori anche un movimento, il fauvisme (quasi intraducibile, si dovrebbe dire belvismo, perch fauve vuol dire belva, o fiera) di
minor portata e di durata pi breve degli altri, eppure degno desser ricordato.
Non soltanto perch, durante la sua allegra fiammata, da essa vengono riverberati
artisti come Matisse, Braque, Derain, memorabili per lunga e varia operosit; ma
per aver dato, allalba del Novecento, una serie di pitture duna freschezza, dun
brio incantevoli, che non periranno.

August Macke
Hessisches Landesmuseum - Darmstadt


Larte del nostro secolo ha i suoi precedenti in quel grande
momento della cultura figurativa europea che va sotto il nome di Impressionismo.

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195

i
settembre 1960

Passeggiata sul ponte

In senso stretto a esso appartengono soltanto Monet, Sisley, Renoir (gi meno
Manet e Degas, personalit che si riallacciano, per lacuto interesse ai valori del
disegno e della forma conchiusa, alla pittura antica); vi rientrano poi, ma quasi
come delle quinte colonne intenzionate a buttar tutto allaria, i grandi rivoluzionari Czanne e Van Gogh.
Dalla solidificazione della fluida materia impressionistica operata dal primo,
nasce, nel 900, il Cubismo, mentre dalla distorsione e deformazione della
materia stessa, operata da Van Gogh, deriva lEspressionismo. Da Van Gogh (e
dal suo fratello minore in arte Gauguin) viene anche, come abbiamo visto, il
Fauvismo che accoglie la deflagrazione coloristica del maestro fiammingo, ma
la traduce in termini di ebbrezza e allegria, cio la falsa, sia pure per raggiungere
una sua verit autonoma. Gli eredi autentici di Van Gogh sono quei tedeschi, e
nordici in genere, che proprio in polemica allImpressionismo classico inventano la parola Espressionismo per identificare un movimento nuovo che tende,
giusta appunto le idee di Van Gogh, non a ricevere passivamente e passivamente
rendere la natura nel suo indifferente, anche se meraviglioso fluire, ma a interpretare questa natura, a farla testimone dellanima dellartista, dei suoi drammi,
delle sue ansie.
LEspressionismo, che ha, oltre Van Gogh, un precursore nel norvegese Munch,
stato il movimento artistico, e anche letterario, pi vivo della Germania nei
primi anni del nostro secolo: vi sono passati pure, per trovare per la loro vera
ispirazione pi tardi, nel cosiddetto Astrattismo, Kandinskij e Klee, e Kokoschka,
che evolve in un suo romanticismo moderno del tutto indipendente dai moduli
stilistici espressionisti.
Gli espressionisti tipici sono Nolde, Marc, Macke, del quale vi presentiamo Passeggeri sul ponte, dipinto circa nel 1912 e conservato al Museo di Darmstadt. Non

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unopera gradevolissima (accade spesso che gli espressionisti di stretto rigore siano
piuttosto spiacevoli), e dal punto di vista stilistico un po impura. Infatti il paesaggio si riattacca, ma con durezza calligrafica, a Czanne, e risente delle scomposizioni cubiste del primo Picasso, come dimostra la franta immagine del ponte. Ma
nelle figure umane, ognuna chiusa nel proprio dolore, nella propria solitudine, v
la nota inconfondibile, originale, e ancora commovente per noi, dellEspressionismo. Che in fondo il rivelarsi dellanima tedesca nei suoi momenti migliori, di
ripiegamento su se stessa, di meditazione e contrizione. Forse il difetto di questa
pittura sta nellessere letteraria: daltra parte da dire che in letteratura lo stesso
stato danimo ha prodotto un poeta grandissimo, uno dei pi alti e significativi del
nostro tempo, Franz Kaf ka.
i
ottobre 1960

Stati danimo I - Gli addii

Umberto Boccioni
Museum of Modern Art (MoMA) - New York

Finalmente un italiano: Umberto Boccioni, che con Severini, Balla, Carr e il teorico, quasi agitatore politico pi che letterato, Filippo
Tommaso Marinetti, partecip alla fondazione del Movimento Futurista (atto di
nascita ufficiale il Manifesto, pubblicato dal giornale francese Figaro il 20 febbraio 1909). Si tratta del primo ismo, del primo movimento artistico italiano di
rottura, che abbia risonanza e importanza extranazionale. Cerano stati nellOttocento uomini e gruppi che avevano lavorato sul serio seguendo, con autonomia,
ma pure con una certa timidezza, i grandi esempi del Romanticismo e dellIm-

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Il Futurismo rinnova laria chiusa dellarte italiana,


ancora legata alla tradizione accademica pi retriva.

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pressionismo: basti ricordare da un lato Fontanesi, dallaltro la scuola macchiaiola.


Luno e laltra restano fenomeni altamente locali.
Ma il Futurismo fu, sin da principio, ben consapevole della propria funzione nella
cultura artistica europea, e quindi assai attivo e combattivo. Parallelo al Cubismo,
pi rigoroso e mentale nei suoi due fondatori, Picasso e Braque, ma anche pi
limitato, il movimento italiano tende a sommuovere un ambiente, il nostro, pi
pigro e inerte di quello francese, e a dare una forma nuova a una realt nuova.
Le enunciazioni di principio, formulate pi che altro da Marinetti, sono spesso
confuse e qualche volta ingenue (la locomotiva bella come la Vittoria di Samotracia), per senza dubbio vitali. E nel campo delle arti figurative laspirazione
alla resa del movimento attraverso la scomposizione delle forme plastiche, la tensione del colore, il dinamismo della luce, si dimostra positiva. In vari modi, fra
il 1909 e il 1915, con lopera dei suoi artisti migliori, il Futurismo rinnova laria
chiusa dellarte italiana, ancora legata alla tradizione accademica pi retriva, e
realizza alcune opere che stanno fra le pi significative dellAvanguardia europea.
E come appaiono ben stagionate, le pitture e sculture di Carr, Boccioni, Balla,
Severini, Soffici di quegli anni, a chi le guardi oggi, come vittoriose sul tempo,
sulla prima, pi difficile posterit.
Il quadro che riproduciamo di Umberto Boccioni, calabrese, vissuto fra Parigi,
Berlino, Roma e Milano, caduto, volontario, nei primi mesi della prima guerra
mondiale: Boccioni la personalit pi pura e moralmente alta del Futurismo.
Le sue esperienze artistiche prefuturiste sono influenzate dal divisionismo e dal
postimpressionismo, ma informate a uno spirito di ricerca del tutto personale,
tendente a fare della pittura uno strumento di conoscenza intera della realt.
A questo, possiamo ben affermarlo oggi, egli arriv nel momento futurista,
lultimo della sua breve e intensa carriera. Sintitola, la pittura che vedete, Stati

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danimo - Gli addii, e fa parte di una serie volta appunto alla visualizzazione di
fatti interiori, quali possono essere gli addii fra persone care, e insieme alla resa
del movimento, sempre presente in unopera futurista autentica. Il punto centrale del quadro , come si indovina facilmente, una locomotiva che savvia, e
cui turbina dattorno un paese fuggente che confonde elementi della realt e
patetiche ondulazioni cromatiche, simboliche di stati danimo come precisa
il titolo. Ricordi del divisionismo, echi del cubismo si perdono nella nuova,
inconfondibilmente italiana unit dellopera, tipica del tempo pi creativo e
serio del Futurismo.


Il Surrealismo, che ha dei precedenti vicini nella pittura metafisica inventata da Carr e De Chirico verso il 1914-15 e lontani in personalit
estrose e fantastiche quali Pieter Bruegel il Vecchio e Bosch, nasce come movimento letterario, pi che figurativo, nellimmediato primo dopoguerra. E nasce
con una teoria sua, volta a liberare la creazione artistica da qualsiasi intervento della ragione, portando quindi alle estreme conseguenze certi dati dellestetica romantica. Lasciamo da parte la letteratura surrealista, i suoi esperimenti di
scrittura automatica eseguita dal poeta come sotto dettatura da parte del suo
inconscio, e vediamo il significato che la pittura surrealista, in concreto, viene a
prendere nella evoluzione della pittura moderna.

Un fatto che bisogna subito notare che i surrealisti, in polemica con tutte le
scuole precedenti dallImpressionismo al Cubismo, ridanno importanza preminente al soggetto. Un quadro surrealista un quadro che si pu raccontare, senza
in fondo fargli perdere molto del suo fascino. Tanto vero che i maggiori pittori
di questo singolare movimento accettano le regole del disegno e della pittura tradizionale, per porle per al servizio di una fantasia quanto mai libera e sregolata.
I valori formali, messi in evidenza dai critici della pura visibilit, cio la plasticit
delle forme, laccordo dei toni, sono cose che non interessano minimamente a
pittori come Max Ernst o Salvador Dal, tutti perduti dietro la trasposizione nel
quadro del loro incessante immaginare.
Non senza significato che Salvador Dal appunto, procedendo per questa via,
sia arrivato a fare, o tentare di fare, dellarte anche con mezzi molto singolari e
lontani dalla pura pittura: costruendo per esempio gioielli animati, addirittura
modellando la propria figura umana in singolare maniera (tutti hanno veduto
nei rotocalchi i suoi lunghi baffi impomatati), arzigogolando avventure luna pi
assurda dellaltra.
A questo punto c da chiederci se siamo ancora nel campo dellarte o in quello
della mistificazione pubblicitaria. Lobiezione stata fatta pi duna volta al pittore
spagnolo, che non soltanto non se l presa, ma ha esplicitamente dichiarato che la
mistificazione uno degli elementi primi dellopera darte.
Il quadro che vi mostriamo e che sta in una galleria di Basilea, del 1935 e sintitola Giraffa che brucia. Come vedete, nel quadro c in effetti una giraffa che
brucia, ci sono anche, pi in primo piano, delle figure fantomatiche di donne in
atteggiamento di recitazione melodrammatica, il lungo corpo serpentino trafitto
in vario modo da pugnali, stampelle, cassetti e cassettini. Dietro di esse un grande
spazio scenografico che ricorda le piazze italiane di De Chirico, e un immenso

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i
novembre 1960

Giraffa che brucia

Salvador Dal
Kunstmuseum - Basilea

cielo azzurro, dipinto senza alcuna preoccupazione di resa atmosferica della luce.
Il quadro certamente suggestivo, lo come certi sogni, certi incubi che tutti
possiamo avere sperimentato, ed altrettanto, come dire, infastidente. Se lo scopo
primo di Dal era di metterci addosso disagio e inquietudine, possiamo dire che la
sua unopera riuscita. Come eccezione possiamo anche accettarla, ma riteniamo
che il fine dellarte in generale debba essere ben altro.
i
dicembre 1960

Triangoli in curva

Vasilij Kandinskij
Collezione privata

Chiudiamo questa rassegna dei movimenti artistici nati nellet moderna, rassegna che si aperta con il Romanticismo, senza il quale tutto
quanto venuto dopo non avrebbe potuto essere, con lAstrattismo. Il termine
oggi usato in maniera molto elaNon scoraggiatevi n, se possibile,
stica e include, non sempre propriaindignatevi: questa pittura molto vicina
mente, tutti quanti i movimenti non
alla musica, e voi non chiedete mai alla
figurativi succedutisi da trenta, forse
quarantanni a questa parte. A voler
musica di dirvi esattamente qualcosa.
essere precisi, bisognerebbe distaccarne almeno la cosiddetta pittura informale, che in un certo senso alla maniera
astratta reagisce, sia pure avendo in comune con essa il rifiuto della figura. Ma noi
non arriveremo sino agli ultimi sviluppi, non andremo oltre lAstrattismo inteso
quale movimento storico ben definito e concluso. Unesatta data di nascita, quale

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quella che d al Futurismo il manifesto del 1909, non possibile fissarla, per questa
scuola, ma possibile vedere verso il 1919-20 i tre artisti pi rappresentativi, e i
primi, del movimento, gi operanti, e con piena coscienza critica, nella nuova
direzione.
Si tratta di Vasilij Kandinskij, Piet Mondrian e Paul Klee. Li abbiamo messi in
ordine di et, dal pi vecchio, nato nel 1866 al pi giovane nato nel 1879: comunque, lo vedete bene anche voi, quando cominciano a dipingere astratto hanno
dietro di s un buon numero danni nei quali non che siano stati inattivi, ma
sono passati attraverso varie esperienze, prima fra tutte quella espressionistica,
dominante nei paesi nordici. Ed bene qui ricordare che Kandinskij nato a
Mosca, Mondrian nella citt olandese di Amersfoort, Klee a Mnchenbuchsee, in
Svizzera. I paesi latini, cui pure si deve il Cubismo e il Futurismo e il Surrealismo,
non hanno meriti (o, se volete, colpe) nella formazione di questultima diavoleria,
che per accetteranno, sia pure poi trasformandola a modo loro.
A questo punto ci si potrebbe chiedere quale dei tre artisti debba considerarsi il
vero fondatore del movimento. Togliamo, e sappiamo di non fargli nessun torto,
Klee dalla gara; le risorse di questo artista, probabilmente il pi grande della
triade, sono tali che non ci perde nulla a levargli la paternit dellAstrattismo.
Tanto pi che a guardarlo attentamente sempre cos concreto, inventato, magari
sognato: sarebbe ora di staccarlo da una compagnia che stata sua pi allapparenza che nella sostanza. Ora, fra Kandinskij e Mondrian, possiamo stabilire questo
rapporto: Kandinskij ha contato di pi, sia teoricamente sia in concreto per la
nascita dellAstrattismo, Mondrian ha portato pi avanti, a conseguenze estreme,
quanto il maestro russo aveva intuito e in parte realizzato.
Diciamo in parte, e infatti mentre Mondrian nella sua lunga operosit astratta
arriva a puri incroci di linee rette e a puri accordi di colori assoluti, Kandinskij

Winslow Homer
Butler Institute of American Art - Youngstown


S, esiste una pittura americana. Ce ne siamo accorti tardi,
come ci eravamo accorti tardi che esisteva una letteratura americana: luna e laltra
hanno avuto dei timidi inizi quando gli europei trapiantati nella nuova terra,
arrivati a una certa stabilit sociale ed economica, si sono preoccupati di avere dei

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anche quando, come nel quadro chi vi presentiamo dipinto nel 1927 (sta in una
collezione privata di Monaco), non si propone altro, come dice il titolo, che di
rappresentare Triangoli in curva, si lascia ancora dominare dalla fantasia, che ,
malgrado la geometria, insistita e ossessiva, delle forme, fantastica. Dal nero della
notte nordica, un nero forse di notte infantile, emergono i triangoli e i cerchi
colorati e formano, ma per dissolversi poi e trasformarsi, villaggi, approdi marini
con variopinti piroscafi attraccati e tante altre cose vere e immaginarie: quelle che
potete leggere voi in questa scrittura ideografica cos vicina a quella dei bambini
che giocano con le costruzioni. E non soltanto le forme sono pi varie e libere che
in Mondrian, ma anche i colori tuttaltro che fermi e immutabili, svarianti anzi
sempre un po come sono i colori delle nuvole e delle acque.
Vi abbiamo date delle indicazioni per decifrare il quadro che vi sta davanti, ma
pu darsi che voi ne ricaviate tante altre immagini e suggestioni: non scoraggiatevi n, se possibile, indignatevi: questa pittura molto vicina alla musica, e voi non
chiedete mai alla musica di dirvi esattamente qualcosa.
i
aprile 1962

Gioco di ragazzi

libri da leggere, dei quadri da appendere alle pareti. Cos, nei primi tempi, si sono
avuti pi che altro dei prodotti un po bastardi, tendenti a ripetere i modi, le forme
di quanto le civilt artistiche europee, tuttaltro che primitive negli anni della
primitiva arte americana, offrivano.
Ma ben presto la forza delle cose, la novit dellambiente naturale e delle situazioni umane favorirono il vigoreggiare di creatori indipendenti, comunque capaci
di trasformare qualsiasi dato avessero preso dai movimenti culturali dellEuropa contemporanea. Per fare un solo esempio: chiaro che il gran Melville non
avrebbe scritto Moby Dick, se non ci fosse stato il Romanticismo, da Coleridge a
Victor Hugo, ma pure incontestabile che il poema della balena bianca trascende
e supera vittoriosamente i limiti dellimitazione, addirittura assurge al cielo dellepica, che nessuno scrittore ottocentesco europeo ha invece mai toccato.
Questi sono fatti ormai acquisiti. La pittura americana del secolo scorso una
scoperta molto pi recente e, bisogna riconoscerlo, molto meno emozionante. I
veri grandi nomi della pittura doltreatlantico appartengono al Novecento, che
verso la met, tra il 1945 e oggi, ha avuto nella scuola dellastratto-espressionista,
il cui centro New York, il fatto artistico pi importante, pi carico davvenire
di tutto il periodo.
LOttocento, ripetiamolo, non ha nomi dartisti da mettere vicino a quelli di scrittori come Poe, Melville, Hawthorne, Whitman, Twain, ma qualche figura vera,
tipica, degna desser ricordata, da Ryder a Homer, che vi presentiamo oggi e che,
senza grandi voli, ha dipinto la realt naturale e sociale del suo paese, in maniera
autentica, durevole. Per quanto egli sia stato a Parigi, non si pu dire che abbia
risentito in modo decisivo linfluenza dei tanti grandi pittori col operanti. Lunico
parallelo possibile quello con Courbet, che pu avere confortato Homer nella
scelta dei temi pi umili e quotidiani. Disegnatore forte e preciso (gli si devono

istantanee di guerra civile che ricordano quelle del narratore Stephen Crane); dal
1860 circa al 1900, il nostro artista ha dipinto un po di tutto, con preferenza negli
ultimi anni per i temi marini, affrontati con uno scrupolo di verit e con un certo
lirismo. Ma per noi lHomer pi interessante quello del periodo di mezzo, in
cui egli diventa una sorta di Mark Twain del pennello, un descrittore cio, allapparenza quasi giornalistico ma capace in effetti di arrivare a una fermezza e a una
poesia singolari e del tutto americane.
Guardate questo Gioco di ragazzi, dipinto nel 1872. Il taglio, che in altri artisti
realisti, per esempio in Courbet, risente della fotografia posata, qui addirittura
anticipa, non la fotografia, ma il cinema, magari in technicolor. Lo diciamo senza
ironia e in unaccezione positiva: per un pittore americano, senza tradizione dietro
le spalle di moduli compositivi illustri ma esauriti, posare locchio sulla realt con
il candore e lampiezza di visuale di una macchina da presa, non era affatto un
male. Il quadro sta davanti a noi sincero, mosso e insieme fermo, un po greve,
nella sua minuzia descrittiva, ma riscattato dalla banalit per via dun sentimento
della vita largo e affettuoso, umanissimo. lora di un giorno qualunque rapita
per sempre al flusso crudele del tempo, e divenuta, per lobiettivit estrema del
pennello che lha colta, di un incanto remoto, straziante. E il colore dominante, il
caldo colore che ritorna dalla terra al fustagno ai volti allindimenticabile baracca
di legno, qualcosa di nuovo, di inedito, rispetto a tutta la pittura venuta prima.
Un colore, appunto, americano.

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giugno 1962

Profumo

Jackson Pollock
James Goodman Gallery - New York

Dopo il momento ottimistico, rappresentato dallobbiettivit
di Winslow Homer, e quello polemico ma non pessimistico, rappresentato dalla
deformazione espressionistica di Ben Shahn, la pittura americana sembra staccarsi
dalla realt ambientale e umana del paese in cui fiorisce per adeguarsi a un movimento artistico internazionale e sradicatissimo, lastrattismo.
Vi sono dei precorrimenti, degli anticipi, ma isolati e senza seguito: in effetti il
trapianto delle tendenze avanguardistiche europee nel vergine terreno americano
e, di conseguenza, linserimento della scuola di New York vicino alla scuola di
Parigi, si ha negli anni dal 45 in poi. Con una voracit e una capacit di assimilazione incredibili, i giovani pittori statunitensi si cibano di Picasso e di Klee, dei
dadaisti e dei surrealisti e degli astrattisti, restituendone i modi con libert e autonomia impensabili nel vecchio mondo.
Anche negli anni dellapprendistato, cio della loro assunzione a fini propri, gli
artisti americani svisano gli originali cui si ispirano, fanno del nuovo, o vi si avvicinano grandemente.
La cosa pi che naturale: non altrimenti i nordici, impadronitisi della maniera
rinascimentale italiana, la stravolgono ai propri fini, che non sono di superiore
armonia classica, ma di espressivit e di naturalezza a ogni costo.
Tornando agli americani: i grandi spazi e i grandi agglomerati urbani nei quali
essi vivono non sono tali da annullare luomo, o almeno da schiacciarlo, polverizzarlo, inghiottirlo? Anche Ben Shahn avr sentito problemi simili a quelli
che sentirono De Kooning, Klein, Pollock, ma negli anni della sua pi vitale

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creativit poteva ancora sentirne altri, di carattere sociale, tali da salvare il suo
umanesimo.
In questo dopoguerra i nuovi pittori, risolti dallAmerica i pi generali e urgenti,
di quei problemi, si trovano soli di fronte a quelli eterni, dellesistenza, resi acutissimi nel rovello inesorabile della civilt di massa. E come li esprimono? Con
furia e candore, lasciando che linconscio guidi la loro mano, bruciati i ponti con
qualsiasi tradizione figurativa occidentale.
Ecco Jackson Pollock, il pi artisticamente dotato e il pi spiritualmente impegnato della scuola doltreatlantico, stendere a terra le superfici da dipingere e strizzarvi, sgocciolarvi, distendervi le sue vernici riempiendo tutto, con lorrore del vuoto
dei barbari. Ma non a caso: le opere, le non molte opere lasciateci dal pittore,
perito tragicamente nella ferraglia contorta e convulsa come un suo quadro duna
automobile guidata forse in stato dubriachezza (era il 1956, Pollock aveva quarantaquattro anni) a un occhio esercitato mostrano necessit dispirazione e compiutezza stilistica. Se spesso si scorge una sorta di reticolo angoscioso entro cui luomo
in brandelli, irriconoscibile, cerca invano di trovare scampo e uscita, in Pollock,
altre volte ci si pu avviare per una pi spirale aura. Come in questo Profumo
del 1955, che uno degli ultimi quadri del pittore: c sempre quellinfinito della
pittura (e della poesia) americana, ma in uneccezione non tragica, lirica. Non
siamo molto lontani dalle estreme propaggini dellImpressionismo, dal Monet
delle Ninfee, dallimmersione totale, dolcemente passiva nella natura del vecchissimo maestro francese. Non una cosa voluta, ma una coincidenza significativa
questo ritrovarsi vicino di due pittori come Pollock e Monet: luno partito per
linterno, laltro per lesterno, ma entrambi votati allannullamento, al perdersi per
un ritrovamento intero sulle rive dellarte raggiunta e della sua pace.

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febbraio 1964

Il Duetto

Georges Braque
Centre Pompidou - Parigi

Bonnard stato lultimo (ma non si pu mai dire) dei grandi


pittori europei, in grado di cantare quel tipico tema borghese che linterno.
La borghesia, in lenta crisi, e la realt oggettiva, pure in crisi e probabilmente per
una stessa causa, hanno ridotto al lumicino questo genere di pittura. Vi si dedicano, con commovente ostinatezza, vecchissimi artisti in fiera polemica con la
modernit, signorine candide e malsicure, pronte per a passare senza batter ciglio
allinformale.
Eppure, a ben guardare nel nostro secolo, ancora possibile scovare qualche
bellinterno: naturalmente diverso da quelli della grande scuola olandese e pure
da quelli, gi tremuli e incerti, dellImpressionismo e del Postimpressionismo.
La crisi sociale e ancor pi (non abbiamo detto che in fondo la stessa cosa?) la
formale, si fanno sentire, eppure possiamo dire che ci siamo ancora. Ai limiti, ma
ci siamo.
Ecco qui Braque, con Picasso e Gris, uno dei re magi del cubismo, il pi misurato
e dolce dei tre e quello pi aperto alla poesia della vita domestica: gran pittore di
nature morte e, sia pure in minor misura, di interni. Sia quelle sia questi, giusta la
poetica del cubismo, vengono scomposti, sfaccettati, deformati, ma non troppo,
cos che noi possiamo riconoscere la cara forma delle cose, come tutta trasformata
dal gioco di una luce capricciosa e insieme geometrica.
Siamo in una stanza in s non molto dissimile da quella descrittaci con tanta
calda attenzione da Bonnard; una stanza dunque di casa borghese parigina con
le immancabili carte da parati e il quasi immancabile pianoforte. Questo sta nel

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mezzo e fa da asse alla composizione, quelle fanno da sfondo e lo variano dal giallo
limone al verde scuro al marrone con un passaggio luce-ombra preziosissimo. Ai
due lati del piano, una di fronte allaltra, in corrispondenza della parete chiara e
di quella scura, la cantante e la pianista. La prima viola e bianca ma si muove
forse esilarata dalla musica ed anche, non pi di profilo ma di tre quarti, nera; la
seconda pi ferma, anche se ritagliata in tre sagome e tre toni di colore armonizzati con la parete scura. A darle allegrezza dietro la sua testa spuntano triangoli di
non facile spiegazione, uno dei quali, arancione, squisito per la sua improbabilit
e giustezza cromatica.
Il duetto che Braque ha dipinto nel 1937, e che conta fra i pi bei pezzi del Museo
dArte Moderna di Parigi, un quadro giovane e felice, duna sonorit un po stridula, agra ma fresca, priva di sottintesi polemici. La casa, e i mobili, e le persone
esistono ancora per il grande pittore francese, ma per lui hanno tante pi possibilit di durare se si mostrano docili alla sua bacchetta di stregone benefico, capace
di far traballare e mettere a soqquadro felicemente tutto.
i
febbraio 1964

Esperimento con una pompa ad aria

Joseph Wright of Derby


National Gallery - Londra

La rivoluzione industriale, che non ha ancora finito di attuarsi,
trasformando luomo e la terra in cui egli abita e stendendo gi il suo campo dazione verso gli astri, comincia nel paese meno rivoluzionario che esista, lInghilterra, e nel secolo che artisti, poeti, musicisti ci hanno tramandato in immagini

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che assolutamente sono agli antipodi di tutto quanto ha comunque a che fare con
lindustria.
Il fatto che, mentre puri scienziati e primi industriosi sperimentatori pratici
avviavano il moto pacificamente rivoluzionario sopradetto, pittori, poeti e compositori torcevano a bella posta gli occhi dalle novit per tuffarli, quasi in cerca
di salvezza, nelleterna, benigna Natura. Quando dalla fase ristretta della seconda
met del Settecento la rivoluzione industriale, nellOttocento, avanz vittoriosamente da ogni parte, sporcando il cielo col fumo delle ciminiere e rendendo
luomo, il proletario, non ancora in grado di difendersi, pi schiavo che mai, la
reazione si fece anche pi violenta. Bisogner arrivare al crepuscolo del secolo
scorso, al suo ottimismo, per trovare cantori entusiastici delle macchine: basti
ricordare il Carducci. Il Novecento, specie coi futuristi, arriver addirittura a contrapporre la bellezza della locomotiva a quella della Vittoria di Samotracia.
Ma gi nel 1768 un pittore inglese, Joseph Wright, dipingeva il quadro che vedete,
che sta alla National Gallery di Londra e che reca linconsueto titolo Esperimento
con una pompa ad aria. Inconsueto il titolo e anche il quadro, naturalmente, seppure
per tanti aspetti tipicissimo dellepoca in cui venne dipinto. Se vero infatti che
la pompa ad aria il centro della composizione, la cosa del quadro che conta di
pi, pur vero che la minuzia narrativa con cui lartista ha ambientato e animato
il momento mistico della prova sperimentale suona tipicamente settecentesca,
specie l dove sintenerisce sui bambini che guardano desolati luccellino morto
dentro la sfera di vetro della crudele nuova macchina. Il quadro, senza assurgere
a grande altezza pittorica, resta unopera piena di un incanto fra domestico e fantastico molto singolare, una di quelle cose minori cos illuminanti sullet in cui
vennero eseguite: qui, appunto, gli albori, misteriosi dellet industriale.

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aprile 1964

La Stazione di Saint-Lazare

Claude Monet
Fogg Art Museum, Harvard University Art Museums - Cambridge (USA)

Se gli albori dellet industriale, nel Settecento, hanno lasciato
pochissime tracce nellarte, il suo vigoroso procedere e affermarsi, nellOttocento,
non produce, alle prime, granch. Gi le nazioni pi evolute dEuropa e parte del
Nord America stanno convertendosi in paesi industriali, e di conseguenza trasformandosi nellaspetto esteriore, modificandosi nelle strutture economiche e sociali, e
pure i pittori e gli scrittori non sembrano quasi accorgersene. Qualche effetto, specie
in Inghilterra e in Francia, comincia verso met del secolo a sentirsi nel romanzo,
come contraccolpo, nellambito delle scuole realista e naturalista, della nuova condizione umana che viene a toccare, come conseguenza della rivoluzione industriale,
al proletariato urbano. Baudelaire e Marx sono fra i primi a sentire che qualcosa va
cambiando e a reagire in maniera diversa, ma ugualmente pronta e acuta.
Nellambito delle arti figurative va per ricordato lesempio isolatissimo del
pittore inglese Turner, che mentre si tende, proprio per sottrarsi al brutto dilagante in conseguenza del sorgere di fabbriche e stazioni ferroviarie, allevasione
nella natura vergine, dipinge nel 1844 un quadro intitolato Pioggia, vapore e velocit.
Lopera, il cui titolo sembra anticipare il futurismo di Marinetti e di Boccioni, rappresenta la Great Western in corsa sopra un ponte, sotto la pioggia violenta. una
cosa romantica, nellimpeto coloristico, nel turbine formale, una cosa che rompe
nel passato: e tanto pi rompe in quanto tiene conto di una realt contemporanea,
senza chiedere permessi, appunto, al passato.
Con occhio ben pi pacato si volge alla rappresentazione di questa nuova realt
che tocca tutti, la ferrovia, Claude Monet, che nel 1877 dipinge ben sei quadri

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ispirati a treni e stazioni. Non inutile ricordare che Monet, uno dei patriarchi
dellImpressionismo, fece, giovanissimo un viaggio a Londra, e rest molto colpito
dalla pittura di Turner. Ma, ripetiamo, il suo occhio, perch il suo animo, ben
pi pacato e oggettivo di quello del grande maestro inglese. vero che, nelle sue
uscite in strada, en plein air, con pennelli, colori e tela, mosso da un sentimento
poetico, non da un intento documentario. Tuttavia egli non ha nessuna intenzione
di forzare laspetto della realt, semmai ha quella di perdersi nella sua contemplazione. E per un pittore contemplazione della realt vuol dire resa coloristica della
realt. La serie delle Stazioni di Saint-Lazare, dalla quale vi abbiamo scelto la pi
bella (oggi in America nella Collezione Fogg dellUniversit di Harvard) venne
presentata alla Terza Mostra degli Impressionisti: e naturalmente, per quanto oggi
possa sembrare incredibile, suscit critiche violente.
Nel quadro che vedete, e che persino troppo facile chiamare una sinfonia di
blu, il taglio della stazione con treni in arrivo e in partenza , come spesso negli
impressionisti, istantaneo, non premeditato. Quasi una fotografia, verrebbe voglia
di dire, con quella figura di uomo, di ferroviere, che centra dentro in primo piano,
a met, puramente perch cera, e sarebbe stato falsificare tutto, il toglierlo via.
Eppure, proprio perch ferma lora, il minuto in un battito di luce e dombra
(colorata, azzurra) irripetibile, il quadro eterno. Grandi poeti della natura (gli
ultimi) sono stati chiamati gli impressionisti: ma senza limitazioni. Della natura
che poteva cadere sotto locchio di Monet che usciva di casa per dipingere, nel
1877, facevano parte anche i metalli e i vetri della tettoia, gli acciai bruniti delle
rotaie, il ferro, il carbone. Perch non avrebbe dovuto dipingerli con lo stesso
candore e la stessa emozione con cui poteva dipingere le ninfee, o i papaveri?

Monet non ha nessuna intenzione di forzare laspetto della realt,


semmai ha quella di perdersi nella sua contemplazione.
215

maggio 1964

Pescatori con la lenza

Henri Rousseau
Muse de lOrangerie - Parigi


Mentre nelle scuole e accademie, la rivoluzione industriale
in pieno sviluppo e, possiamo dire, in piena vittoria, si continua a pretendere
che larte non veda quel che sta accadendo nella vita, questa si prende vendetta
allegra di tali proibizioni e allarte arriva direttamente, riducendo a zero il ruolo,
appunto, di scuole e accademie. Ancora gli impressionisti avevano frequentato,
negli anni giovanili, queste ultime, sia pure per abbandonarle prestissimo e compiere la propria formazione en plein air, in contatto immediato con la luce vera, vale
a dire con lesistenza vera.
Ma si vedr ben altro, nella seconda met dellOttocento: si vedr un piccolo,
minimo, oscurissimo impiegato ai dazi di Parigi, del tutto ignaro di scuole e
accademie, guardare alla realt con il candore di un bambino e restituirla con
i colori dun maestro antico. Si chiamava Henri Rousseau, il nostro pittore,
ma tutti, da quando cominci a farsi conoscere, verso i quarantanni, per le sue
opere, lo chiamarono le douanier, il daziere, forse con una punta dironia
mista a tenerezza.
Rousseau smentisce non soltanto i professori di disegno ma, in un certo senso,
anche gli impressionisti, che di fronte alle novit del mondo non fuggono come gli
accademici, ma chiedono soccorso alla luce e al colore. Innamorati della natura, se,
guardandola, vi vedono inserita una locomotiva, per esempio, non la rimuovono,
ma la stemperano nellebbrezza luministica e cromatica sino quasi ad annullarla.
Il douanier non rifiuta la locomotiva, n il battello a vapore, n, quando salzer in aria fragile, goffo e meraviglioso, laeroplano; n li riduce a pura macchia

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di colore: anzi li osserva con interesse, probabilmente con ammirazione, e con


pazienza, e gioia, li ritrae, e in tal modo li fa entrare nel gioco eterno dellarte.
Guardate questo quadro, che sta nella collezione Jean Weber, a Parigi, e sintitola
Pescatori con la lenza: inventato dal vero, ci rid la ferma, stupefatta atmosfera di
un pomeriggio di domenica dellanno 1901 a Parigi, nel suo alto silenzio, che il
ronzio di quello strano aggeggio librato nel cielo sembra accrescere.
Ecco la strada pi difficile, per Rousseau lunica possibile, per sublimare la realt
quotidiana, anche nellet industriale: la strada della poesia. Che una strada
innanzitutto dumilt, come ben sapeva gi il lontano, ma vicinissimo nello
spirito, precedente di Henri Rousseau che si chiama Beato Angelico.
i
giugno 1964

Parata amorosa

Francis Picabia
Collezione privata

Il nostro secolo vede crescere enormemente limportanza
dellattivit industriale, sulla terra la macchina costruita dalluomo, sempre pi
complicata e perfetta nelle sue guise infinite, diventa preminente fra le cose visibili. La natura ricopre ancora gran parte del pianeta in cui viviamo, ma la gente
che vive nelle citt, i bambini che vi sono nati e che vi crescono, hanno scarse
occasioni di venire a contatto con essa. Mentre la macchina sempre presente
nelle loro giornate, e diventa la compagna di tutte le ore ai molti, ai moltissimi,
ai pi avviati, come lavoro, nelle industrie. Gli artisti, i pittori i poeti i musicisti,
continuano a reagire in due maniere diverse, antitetiche, come gi allinizio di

217

questa rivoluzione che investe lesistenza di tutti. Alcuni rimuovono, per cos dire,
i fenomeni nuovi che turbano la natura, il corso delle stagioni, tutto, ed entrano
sempre pi addentro nella natura stessa, immedesimandosi in essa: le ultime opere
degli impressionisti, che hanno operato nel Novecento, gi vecchi ma sempre
pieni di vitalit creativa, sono state dipinte in un ultimo, disperato abbraccio di
piante, prati, acque. E in tale senso Ravel e Debussy hanno scritto musica, DAnnunzio poesia.
Altri hanno invece accettato il nuovo corso della storia, e si sono detti: le macchine ci sono, sono anzi sempre pi numerose, perch non dovrebbero entrare nei
nostri quadri, nelle nostre sinfonie, nelle nostre pagine? I futuristi italiani, con
ingenua foga, si sono messi a cantare
Il Dadaismo una strada pericolosa,
le locomotive e le prime automobili
ma ha saputo darci cose che hanno avuto
da corsa con entusiasmo, memori di
quando si cantavano i destrieri.
una funzione e un seguito, specie nel vasto
I dadaisti, cos autochiamatisi da
campo della grafica e della pubblicit.
Dada, una parola che non voleva
significare nulla o appena a cavallo nel linguaggio dei bambini, cio nulla, andarono oltre, vollero rompere del tutto col passato, e con la sua arte. Il movimento,
che nacque a Zurigo in Svizzera nel 1917 (mentre ancora divampava la guerra,
rifiutata come manifestazione dello spirito borghese) troppo complesso perch si
possa racchiudere in una formula. Agisce sia in senso negativo, mirando a distruggere il gi fatto, sia positivo, tentando di creare del nuovo.
In questa direzione non poteva non tener conto della nuova, imponente realt che
la macchina. Ma non la prende di petto, col candore e lentusiasmo del futurismo,
la guarda con distacco spassionato, ci gioca con unironia sottile che non esclude la
partecipazione lirica, sia pure di qualit pi intellettuale che sentimentale.

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Il pi famoso pittore della scuola dadaista Francis Picabia. Ecco qualche sua frase
teorica: Il cervello ha unintima affinit con la qualit delle macchine; Io non
posso soffrire la natura; Ridurre la pittura a una formazione senza problemi;
ciascuno ci trover le linee della sua vita, che vanno con i tempi in ferrovia e
col telefono senza fili. Ed ecco una sua opera, che sintitola, con quel misto di
ironia e di lirismo che proprio della scuola, Parata amorosa. In effetti le macchine
immaginarie e inutili, ma inventate guardando alle macchine vere e utili, vi sono
composte in un gioco limpido, nuovo, non privo di una grazia lucida anche nel
colore, netto, disteso, purissimo.
Il Dadaismo una strada pericolosa, ma nel suo primo fiorire ha saputo darci
cose, come quella che pubblichiamo, che hanno avuto una funzione e un seguito,
specie nel vasto campo della grafica, in particolare di quella postasi al servizio della
pubblicit.


Il Surrealismo un movimento artistico e letterario (veramente si autodefinisce integrale) che nasce nella Parigi degli anni Venti e si propaga
un po da ogni parte, meno in Italia, dove pure aveva avuto in De Chirico una
sorta di profeta.
Come tutte le avanguardie, ma ai suoi teorici non piace che venga definito tale,
trattandosi secondo essi di una categoria eterna dello spirito sul punto finalmente

di prendere consapevolezza di s, il Surrealismo nasce in opposizione allordine


costituito.
Il movimento tende a liberare larte e, data appunto la sua integralit, la vita, dai
limiti angusti in cui le ha costrette la ragione (ecco una parentela col Romanticismo) e ad arricchirle con le risorse del sogno e dellinconscio. Questi ultimi
proprio negli stessi anni riconosciuti primari nelluomo da due grandi scienziati,
Freud e Jung. Il Surrealismo, che non ebbe lunga durata ma che influenz durevolmente la cultura del nostro secolo, ebbe pure il suo peso nello sviluppo di
unarte popolare come il cinema. I pittori aderenti a quella sorta di internazionale
surrealista fondata a Parigi da Andr Breton ebbero in comune la ricerca della
sorpresa, del fantastico nella realt di tutti i giorni e uno scoperto, persino vantato,
disinteresse per la bella pennellata, ancora voluta invece con accanimento dai
cubisti Braque e Picasso.
Limportante era raccontare, avendo medianicamente captato, il meraviglioso che
sta nelle cose, non da scomporre e da esasperare, secondo il metodo cubista ed
espressionista, ma da fare entrare in un gioco infinito e assurdo come quello del
sogno.
Movimento non tipico dellet industriale, o soltanto in quanto partito in rivolta
contro di essa, perch figlia della ragione, il Surrealismo non rifiuta gli oggetti
che let stessa produce, ma li assume, li butta per cos dire nel suo gran calderone
stregonesco, svuotandoli del tutto dogni contenuto e funzione.
Il quadro che vi mostriamo e che stato dipinto da un maestro del Surrealismo,
il tedesco espatriato Max Ernst, nel 1922, tipico: in uno spazio senza limiti che
potrebbe essere la terra come la profondit sottomarina, avanza un mostro pauroso
(nel sogno la paura una delle componenti principali) che ha la vaga struttura
delluomo, la lentezza del pachiderma, ma in effetti una macchina, unenorme

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221

i
agosto 1964

LElephant Celebes

Max Ernst
Tate Modern - Londra

macchina inutile, decorata di qualche elemento assurdo, come quella specie di


manica di pizzo infilata nel braccio-tubo. Dietro di lei sta qualcosa che rassomiglia a un albero scheletrico, ma forse
composto di elementi meccanici, Ne LElephant Celebes, e secondo
mentre in primo piano un busto senza lideologia surrealista in generale,
testa, quasi di statua antica, fornito di il mondo non ha alternative, esiste
un guanto, sembra volerci invitare a soltanto come sogno, anzi come incubo.
prendere in considerazione lenorme
bestia che occupa la tela. Incubi simili ne dipingevano anche i grandi pittori del
passato, basterebbe ricordare Bruegel e Bosch: ma si trattava, mettiamo delle tentazioni di santAntonio o di altre visioni infernali. Qui, e secondo lideologia surrealista in generale, il mondo non ha alternative, esiste soltanto come sogno, anzi
come incubo. E il mondo dellet industriale non pu non fornire i suoi oggetti
a questo ininterrotto e, diciamolo pure, tuttaltro che gradevole anche se spesso
impressionante e suggestivo sogno.
i
settembre 1964

Studio per I costruttori

Fernand Lger
Scottish National Gallery of Modern Art - Edimburgo

Gli artisti, precisiamo, i pittori, da quando ha avuto inizio la
cosiddetta rivoluzione industriale, cio allincirca da pi di un secolo e mezzo,
hanno, in un modo o nellaltro, con maggiore o minor frequenza e intensit a
seconda che si trovassero a operare in seno a paesi in cui la nuova civilt della mac-

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china sera pi o meno sviluppata, saputo vedere e rappresentare le forme inedite


della macchina stessa. Chi stato obiettivo, chi lirico, chi fantastico nel tentativo,
spesso riuscito, di rendere laspetto dei nuovi oggetti venuti a inserirsi nella nostra
realt quotidiana. E i risultati, da un punto di vista puramente artistico, sono stati
diversi: comunque lesperienza stata, e continua a essere, positiva, quando chi
lha condotta avanti era un artista autentico, negativa negli altri casi. un discorso lapalissiano, ma lunico possibile: era cos sbagliato affermare, come faceva
Marinetti, che soltanto la macchina nei tempi moderni avrebbe ispirato unarte
valida, quanto affermare il contrario, come veniva fatto dai nemici di Marinetti.
Una locomotiva dipinta da Boccioni e una casa sullAppennino bolognese dipinta
da Morandi sono ugualmente significative dellarte italiana nella prima met del
Novecento.
Ma queste macchine chi le costruisce, chi le monta, chi le fa andare? Degli uomini
che sono gli uomini di sempre, ma anche gli uomini che devono vivere gran parte
della loro giornata, della loro vita con le macchine: e ne sono perci condizionati.
Non esistono molti esempi convincenti di arte che abbia preso come soggetto
questi uomini nuovi della civilt industriale. Si sono visti, da parte dei pittori
appartenenti alla scuola del Realismo socialista, compiere sforzi degni di rispetto
nel tentativo di rendere loperaio, alienato o esaltato dal suo lavoro a seconda della
sua appartenenza a questo o quellordinamento economico e sociale: sforzi purtroppo quasi sempre senza frutto.
Tuttavia c stato qualche pittore cui toccata la ventura di saper rendere artisticamente, fuori dalla polemica e dal sentimentalismo, ugualmente nocivi, luomo
nuovo dellet industriale. Baster ricordare lamericano Ben Shahn, in questa
pagina gi presentato nel corso duna storia della pittura statunitense, e il francese
Fernand Lger. Uomo didee progressiste, Lger ha guardato ai suoi compatrioti

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impegnati nel lavoro manuale con simpatia e affetto ma anche con grande libert
di visione e, quel che conta moltissimo, di resa pittorica. Le sue grandi composizioni ispirate al mondo operaio non sono meschinamente, puntigliosamente realistiche n vacuamente simbolico-esaltatorie: sono vere, ma in unaccezione aperta,
fresca, svariante. Guardate questo cantiere edile con i suoi carpentieri e manovali,
allopera e in riposo, le sue strutture metalliche, i suoi alberi e biciclette, il suo
cielo e le sue nuvole: c una risonanza estremamente vitale, in esso, di spazio e di
colore, una poesia ampia, distesa, che ricorda, mentre canta il presente, le serene
decorazioni a fresco delle cattedrali antiche.
i
ottobre 1964

Camion Giallo

Mario Sironi
Collezione privata

Lindustrializzazione dellItalia stata pi tarda e pi lenta di
quella dellInghilterra, della Germania e della Francia, e per oltre un secolo non ha
interessato che la parte settentrionale del Paese, soprattutto il cosiddetto triangolo
Torino-Milano-Genova. Eppure qui nato il movimento futurista, tutto volto,
sia pure con una certa rozzezza e ingenuit, a celebrare lavvento della macchina,
strumento primo dellindustrializzazione. Ma il Futurismo, dal quale si distaccarono presto uomini che dovevano dare il meglio di s in altre direzioni, come il
pittore Carr e lo scrittore Palazzeschi, si svilupp poi in senso tutto vitalistico e
pratico, contribuendo con il dannunzianesimo alla nascita del partito fascista.
curioso notare che al fascismo ader anche un artista severo e tuttaltro che vita-

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listico quale Mario Sironi: sardo dorigine, egli si trapiant giovane a Milano, ed
molto naturale che la citt lombarda, nel primo dopoguerra in fase di rapida
industrializzazione, abbia colpito e traumatizzato la sua sensibilit di figlio duna
civilt arcaica. Curioso, ripetiamo, che Sironi, sul piano artistico testimone onesto
e serissimo del doloroso processo di trasformazione economica e sociale in cui
era venuto a trovarsi, ideologicamente reagisca con labbracciare un movimento evasivo e antistorico, preoccupato
non di risolvere ma di rimandare i Sironi trova occasioni per uscire dalla strada
ufficiale delle celebrazioni e per tornare
problemi.
Partito pure lui dal Futurismo, sentito nel fango della periferia che gli aveva dato
per con una certa tetraggine, forse le occasioni pi autentiche di esprimersi.
costituzionale in un sardo autentico,
anche se trapiantato, Sironi nel dopoguerra sente il richiamo del ritorno allordine (ecco un punto di contatto, secondo noi pi apparente che reale, ancora col
fascismo) novecentista, neoprimitivista da un lato e dellEspressionismo dallaltro.
Ed proprio sulla linea dellEspressionismo che Sironi ci d le sue cose migliori:
quelle visioni di periferia industriale in cui la macchina, non pi allegra come
nei futuristi, ma grave e squallida come nella realt di tutti i giorni di chi la usa,
diventa protagonista anonimo eppure estremamente significativo del quadro. Si
veda questo Camion giallo, opera giovanile ma fra le pi originali e compiute del
pittore. Sul fondo, rese in una sintesi che si richiama forse a Czanne e ai maestri
italiani antichi da Giotto a Masaccio, le case delluomo con le orbite desolate delle
finestre, in primo piano un camion, forse un 15 Ter o un 18 BL, monumentale e
quasi simbolico nella sua centralit. In un altro contesto storico e artistico una cos
acuta attenzione alla condizione umana (nel quadro luomo non c ma chi non ne
sente la presenza collettiva, umiliata e annichilita, negli alveari operai?) avrebbe

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Chiudiamo questa serie, iniziata con un pittore inglese del Settecento, con un pittore americano doggi. E non a caso: lInghilterra il paese
dove la rivoluzione industriale ha preso lavvio, lAmerica quello in cui essa ha
operato la pi profonda trasformazione della vita, persino della natura. E infine
anche dellarte.
Il pittore che presentiamo uno dei primi e pi famosi di quel gruppo, fattosi
conoscere a New York verso il 60 e consacrato alla Biennale di Venezia ultima,
che, non sappiamo bene chi, ha racchiuso in un nome, abbastanza ironico: pop
art. Ci spieghiamo, pop art labbreviazione di popular art, cio arte popo-

lare. Cos in America si chiama pop music la musica che da noi si dice leggera,
canzonette e ballabili.
Ora, il gruppo di artisti che ha fondato questo movimento partiva da premesse
tuttaltro che popolari, si rifaceva in un certo senso a Dada e al Surrealismo, le
scuole pi intellettualistiche dellavanguardia europea.
Perch pop art, dunque? Perch questi pittori hanno attinto, e attingono, non
soltanto i motivi ma gli oggetti veri e propri da quellimmenso arsenale di cose,
le pi disparate, che lindustria, dalla meccanica allalimentare alla culturale eccetera, ci scaraventa ogni giorno sotto gli occhi. Che cosa di pi popolare dun
paraurti, dun ice-cream, dun fumetto?
Abbiamo nominato, a caso, tre motivi tipici della pop art, ma potevamo nominarne tanti altri, su questa scala. Gli occhi dei pittori pop non cercano cieli e
nuvole, ma vetrine di supermercati e cimiteri dautomobili. Ci si detto: se tale
la realt, in nome di che cosa rifiutarla? Non solo la dobbiamo accettare, ma
esaltare, ingrandendola e accrescendone la suggestione visiva con il calore nostro.
Alla radice della pop art c dunque un accoglimento, o una presa di possesso,
del mondo attuale, che il penultimo movimento davanguardia, lInformale, aveva
negato, rifugiandosi nel puro colore.
Lidea di dare, esporre oggetti, o falsi oggetti, invece di rappresentarli sulla tela
risale, come abbiamo detto, ai dadaisti e surrealisti degli anni Venti. Ma qui si
arrivati alle estreme conseguenze, con unallegra violenza che non poteva essere
che americana, e che tuttavia possiamo ben capire, perch linfluenza delloggetto
di consumo e della pubblicit sulla nostra vita si va ogni giorno di pi portando
a livello americano. Capire non vuol dire sempre ammirare, o almeno accettare.
Noi abbiamo voluto documentare un fenomeno, la cui vitalit attuale ci sembra
certa, la cui durata daltra parte non sembra probabile. E non il fine dellarte

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preso il segno della rivolta, o almeno della protesta. NellItalia avviatasi al ventennio corporativo e imperiale Sironi si tiene al suo stile greve, impastato e doloroso,
ma si adegua, anzi aderisce e collabora, allammissione nellarte di contenuti falsi
e retorici, privi di qualsiasi possibilit di sublimazione estetica. Tuttavia, nel lungo
corso della sua vita di pittore, Sironi trova occasioni per uscire dalla strada ufficiale
delle celebrazioni e per tornare nel fango della periferia che gli aveva dato le occasioni pi autentiche di esprimersi, e che continua a offrirgliene ancora. Pur tra le
contraddizioni e i cedimenti, le false partenze e le cadute, Sironi riesce a salvare
una sua integrit duomo e dartista, di cui fanno fede non poche opere, ormai
entrate nella storia dellarte italiana.
i
La stufa
novembre
dicembre 1964 Claes Oldenburg

Collezione privata

la sopravvivenza al tempo? Illusione, dicono gli artisti pop, nella civilt dei
consumi e della bomba allidrogeno, lidea che larte possa salvarsi. In conseguenza di ci essi fabbricano le loro opere inimpressionanti e caduche.
Quella che presentiamo una scultura-pittura di Claes Oldenburg, con Rauschenberg premiato a Venezia, il pi famoso dei pittori pop. Si tratta dun finto
oggetto utile, una sorta di trofeo di cucina con carne e verdura nude e crude,
prima delluso. Il tutto in plastica, gomma e altre materie simili, esaltate da un
colore fiammante.
Esaltazione, o critica spietata e accusa, o almeno ironia, sulla civilt cui apparteniamo? Gli artisti pop non si pronunciano, e dicono che non sono tenuti a
dare spiegazioni, mentre erano, e sono tenuti a fornire, con le loro opere, delle
testimonianze.

Foto Scala, Firenze


concessione Ministero Beni e Attivit Culturali
Pagine: 33, 40, 48, 108, 112, 124

Victoria & Albert Museum, London,


UK/The Bridgeman Art Library/Archivi Alinari
Pagina: 184

Foto Scala, Firenze


Pagine: 43, 57, 82, 85, 187

Tate Gallery, London


Pagina: 93

Foto Scala, Firenze/BPK, Bildagentur fuer Kunst,


Kultur und Geschichte, Berlin
Pagina: 130

Lessing/Contrasto
Pagine: 74, 159, 173, 192
Photoservice Electa/AKG Images
Pagina: 70

Copyright The National Gallery, London/


Scala, Firenze
Pagina: 151

2011, Digital image, The Museum of Modern Art,


New York/Scala, Firenze
Pagina: 198

The Bridgeman Art Library/Archivi Alinari


Pagine: 55, 63, 214

Giorgio Morandi, Pablo Picasso,


Andr Derain, Vassilij Kandinskij, Paul Klee,
Francis Picabia, Max Ernst, Mario Sironi
SIAE 2011

Giraudon/The Bridgeman Art Library/


Archivi Alinari
Pagine: 88, 146

230

231

eni.com

un ringraziamento particolare a

Stampa: GPT Gruppo Poligrafico T iberino


settembre 201 1
edizione fuori commercio

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