Insisteremo poi anche nella presentazione della
pittura, della quale era giusto far conoscere gli antichi capolavori, ma
altrettanto giusto presentare i contemporanei, tanto pi quanto meno
essi sono conosciuti e apprezzati
Poeta, critico e giornalista, Bertolucci, nei primi anni, era stato allievo di
Roberto Longhi e professore di storia dellarte a Parma. Per questo motivo
fin dal 1956 sceglie di dedicare la controcopertina della rivista ad alcune brevi
lezioni dedicate ai grandi capolavori della pittura. I testi, dal taglio fortemente
divulgativo e accompagnati sempre dalla riproduzione dellopera a colori,
rappresentano una sintesi puntuale e appassionata dei principali protagonisti
e movimenti dai maestri del passato (Giotto, Leonardo, Caravaggio) fino
alle avanguardie del Novecento (gli ismi dellarte moderna, secondo una
definizione di Luigi Capuana).
dicembre 1956
Vorremmo tracciare un panorama dellarte, non
soltanto italiana, del nostro tempo, cos discussa e, ci pare, cos mal
conosciuta nelle sue origini, nelle sue tendenze, nelle sue personalit di
maggior rilievo. Le riproduzioni a colori aiuteranno a comprenderla e
giudicarla meglio di mille ragionamenti critici
febbraio 1957
Nel luglio del 1955 usciva il primo numero della
nuova moderna rivista di eni Il Gatto Selvatico. Pagine a colori, vignette,
resoconti di vita aziendale, racconti di autori importanti e tante rubriche per la
famiglia: medicina, arredamento, moda, cucina, persino una sezione dedicata
ai neologismi. Attilio Bertolucci, scelto da Enrico Mattei come direttore della
rivista, aveva saputo raccogliere attorno a s un circolo di scrittori e intellettuali
di altissimo valore: Carlo Emilio Gadda, Giuseppe Dess, Natalia Ginzburg,
Goffredo Parise, Leonardo Sciascia e molti altri.
Vi abbiamo dato delle indicazioni per decifrare
il quadro che vi sta davanti, ma pu darsi che voi ne ricaviate tante altre
immagini e suggestioni: non scoraggiatevi n, se possibile, indignatevi:
questa pittura molto vicina alla musica, e voi non chiedete mai alla
musica di dirvi esattamente qualcosa
dicembre 1960
3 introduzione
La vera vita era quella dellopera darte,
insostituibile miracolo
Anna Banti
Educato nella piccola capitale di Parma; nutrito dalle opere
di Antelami, del Correggio, del Parmigianino; allievo a Bologna di Roberto
Longhi; sodale di Francesco Arcangeli, successore di Longhi alla cattedra bolognese; amico del critico Roberto Tassi, Attilio Bertolucci ha una lunga frequentazione con larte.
Esordisce con brevi cronache di eventi locali sui fogli della sua citt, Aurea
Parma, La Fiamma, per avviarsi con respiro pi ampio sulla Gazzetta di
Parma soprattutto a partire dal dopoguerra, affiancando gli interventi di critica
darte alla cronaca cinematografica e ad articoli su argomenti letterari. Larte figurativa, che inizia ad insegnare prima della guerra e riprende dopo il 46 presso
il Convitto Maria Luigia di Parma, occupa un posto importante tra gli interessi del poeta giornalista, che, mentre tiene saltuariamente sulla Gazzetta una
rubrica con lo pseudonimo di Cennino, firma alcuni reportage dalle Biennali
di Venezia del 1948 e 1950; si sofferma a lungo sulle mostre veneziane dedicate nel
49 a Giovanni Bellini; continua linsegnamento, una volta trasferitosi a Roma nel
1951, presso il Liceo Virgilio; scrive di mostre darte contemporanea tra il 56 e il
57 per la Fiera Letteraria e condivide con Tassi e altri amici la direzione della
genza e buon gusto con prodotti di alta qualit, utili e dilettevoli, secondo lantico
binomio illuministico. Per queste ragioni, per la grande curiosit per infinite
cose, qualit che deve essere propria di un giornalista, a lui si era rivolto Enrico
Mattei. E per Bertolucci fu linizio di unesperienza straordinaria:
Attilio Bertolucci si sempre considerato, nelle conversazioni
e negli scritti, allievo di un connaisseur e storico dellarte di eccezionale valore,
Roberto Longhi. E certamente da lui apprese lo sguardo acuto del conoscitore,
impar a penetrare i segreti del laboratorio dellartista, quasi per riprodurre con
le parole, come osservava Emilio Cecchi, le forme e i modi dellarte. Storicismo, rapporti tra tradizione e innovazione, studio delle ragioni interne dellopera,
dei valori espressivi, compositivi e coloristici, dello stile sono allorigine della
sua interpretazione critica. Ma allorigine vi anche la sua inesausta e personale
ricerca nel campo dellarte pi vera del vero; quel saper riconoscere la poesia che,
coniugandosi con lartigianato della pittura o della scultura, potevano sollecitare il
suo animo e portarlo alla presa di coscienza dellintima sostanza dellopera, della
sua vita artistica assoluta.
Se nei primi interventi la sua tastiera si articola tra arte e letteratura con pochi
scritti su pittori locali come Carlo Mattioli (Mattioli a Bergamo) o su generi minori
e popolari come le Maest contadine (Sculture sullAppennino), altre collaborazioni
di maggior peso datano agli anni Cinquanta e testimoniano sia laffinarsi del suo
sguardo critico sia la nascita, soprattutto a partire dal 1948, della sua grande prosa
culturale. Sono dapprima itinerari critici darte contemporanea, passeggiate al
modo di Virginia Woolf, ora una Rassegna significativa di arte contemporanea, ora
reportage dalla Biennale di Venezia del 48 e del 50 sopra ricordati. Sono cronache
che non nascondono lentusiasmo del corrispondente della Gazzetta di Parma
davanti alla prima esposizione, la quale, dopo quello che egli chiam noioso
oscuramento fascista, si apriva alla moderna arte europea, ai Turner, agli amati
Impressionisti, a Manet, Renoir, Czanne, Degas, Picasso, Braque, Rouault, ai
metafisici italiani e allincantevole Morandi. Nella seconda Biennale il rosso dei
Fauves a entusiasmarlo, sono la felicit e il calore di Bonnard a commuoverlo,
perch in essi trova gli stessi temi della vita quotidiana che erano suoi: le stesse
ombre colorate, la stessa felicit non grossa, ma consapevole, seppur non sembri, della
propria fugacit. Ma datano al 49 anche gli articoli su Giovanni Bellini, che si
leggono ora in Aritmie e che mostrano sapienza nel rilevare i valori espressivi, spaziali e plastici di unopera, nel cogliere i rapporti tra visione naturale e invenzione
pittorica. Se si esclude un Picasso scritto per Paragone, di cui redattore dal 51
e poco altro, ma si considera il quotidiano insegnamento, che interruppe nel 54,
la Storia dellarte figurativa per il Gatto Selvatico, fu lesito naturale e quanto
mai desiderato di un metodo storico-critico non astratto, ma registrato per molti
anni in lezioni tenute a giovani liceali, che aveva coinvolto ed educato con la sua
passione, con la duttilit dei suoi raccordi, con i rapidi e illuminanti richiami di
letteratura, di cinema e di musica, che qui ritornano preziosi, con lindubbia capacit di trasformare in racconto una vicenda di vita e darte.
Il progetto giornalistico apparve subito assai interessante e originale per la sede cui
fu riservato, per il pubblico cui fu rivolto e per il risultato. Di Longhi Bertolucci
realizzava pienamente il metodo critico appreso durante le lezioni bolognesi e la
lunga frequentazione, ma lo raffinava e lo faceva pi suo grazie allesperienza
della poesia (sono gli anni in cui, pubblicata nel 1951 La capanna indiana, si avvia il
romanzo in versi La camera da letto). Il dettato di grande cordialit e naturalezza,
sul registro di un linguaggio medio mai accademico n sontuoso, privo di artifici
e del gusto arcaizzante ed espressionistico, filologico del maestro, pur essendo
sapientemente scandito dai termini tecnici necessari alla conoscenza artistica; un
dettato lucido e piano, inventivo, arricchito dal gusto della confidenza e della
variazione, che gli sono riconosciute come virt supreme.
Sono queste le caratteristiche salienti della sua prosa, dal colore vivo, addolcito dal
calore del suo sentire, da una vibrazione segreta desistenza, fermato su quanto gli
pi caro, su un passaggio di tempo, su un unintermittenza del cuore. Si rivolge
spesso ai suoi lettori, con un voi assai familiare e amichevole, chiamandoli di
frequente a osservare, a riflettere, a ritornare sul gi detto e a riprendere scuole e
Mattei. Una sola tavola, Cristo deriso di Rouault, collocata nelle pagine interne
del numero di dicembre 57, dovendosi completare nellultima il disegno di Dino
Vignali in copertina. Bertolucci aveva manifestato il suo disappunto in occasione
della pubblicazione di una storia dellarte italiana, un Tutto Longhi, senza una sola
illustrazione, chiosando: Che risulta peggio che dimezzato, tradito, ridotto a
esempio di puro belletrismo, quasi esempio di sartoria, di pseudo eleganza per
dirla [] con le parole sottili e inappellabili del mio antico maestro. Era infatti
ben vivo in lui il ricordo durante le mattine nevose, nellaula delle proiezioni,
del commento del Maestro alle immagini nuove ed emozionanti della lanterna
magica, dei tagli inediti e fulminei, gi incontrati nella prima edizione del Piero
come cosa nuovissima, delle giornate intere che il grande connaisseur passava a
visitare con i suoi allievi palazzi e chiese mai prima visti da nessuno, a sfogliare
libri e scorrere montagne di fotografie.
Ecco pertanto decidere di costruire la propria pagina critica intorno a una riproduzione, che poteva conservare i colori e colpire immediatamente locchio
del lettore. E la scelta non poteva essere che nella direzione dei capolavori, dal
momento che egli credeva fermamente che soltanto la poesia fosse portatrice di
verit assolute, superando il contingente e il divenire s che, libera dalle scorie e
dai limiti del momento storico, potesse entrare, con le parole di Proust, nel tempo
allo stato puro.
Muovendosi tra storia, scienza dellarte, ricerca ed estro individuali nel segno
delle ragioni delluomo e della poesia, tracciando cronologicamente allinterno
di ogni sezione per i suoi lettori le linee portanti ed essenziali di epoche storiche
ed esperienze artistiche, Bertolucci parla della nascita di un genere; mostra i nodi
cruciali, le connessioni e le distanze; disegna una mappa, non dettagliata ma certamente esauriente, dei tempi e delle correnti, per giungere ogni volta allartista
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linee artistiche, a condividere infine la sua lettura. Questa che vedete scrive ad
esempio presentando la Madonna col Figlio della Sacra Rappresentazione di Bellini
una delle tante che Giovanni Bellini ha dipinto. Eppure guardatela; o ancora
(ma gli esempi possono essere molti), ricordando che spesso Leonardo e gli altri
grandi pittori tra Quattrocento e Cinquecento sono entrati nella cultura comune,
magari attraverso unoleografia appesa nella stanza da letto, aggiunge non senza
un sorridente lampo dironia: giusto che sia cos, ma augurabile che ormai,
con le tante forme di divulgazione che ci sono in giro, (mettiamoci pure modestamente anche le controcopertine del Gatto Selvatico) il gusto si vada allargando
e approfondendo, cos che locchio possa ugualmente godere, lanimo parimente
commuoversi, del morbidissimo, sapientissimo sfumato di Leonardo e del severo
chiaroscuro di Giotto.
Di pi, il non essere obbligato, proprio per la sede scelta, a considerazioni e
riferimenti biografici minuziosi accresce la libert critica e stilistica dello scrittore
e permette, proprio comegli aveva osservato in Cecchi, la giusta misura dellessay
a lui congeniale. Di questa giusta misura, contenuta in modo perfetto sulla
pagina, il poeta conservava un piacevole ricordo, vantando la perfetta rispondenza
dellarticolo, dettato alla segretaria, alla pagina, sulla quale si ammira lopera o il
particolare: Dettavo le controcopertine senza mai dover aggiungere o togliere una
singola parola o frase.
i
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Lhumus in cui lartista si formato, gli studi e gli incontri,
le curiosit e le specializzazioni, sono la premessa storico-critica perch si entri
nella lettura-traduzione verbale del testo figurativo. Traduzione verbale che si
avvale s del linguaggio letterario, ma allo stesso tempo, con Longhi, di forme
di linee e colori. Non mancano le indicazioni delle somiglianze tra pittori anche
lontani del tempo, di fonti classiche nel moderno, di anticipazioni (Velzquez che
guarda a Caravaggio; El Greco ai bizantineggianti e ai Veneziani, al Tintoretto
in particolare; Goya che da radici accademiche giunge a unarte solo sua); di
accostamenti che possono apparire sorprendenti (tra le ombre dirupate e ferme
dellautoritratto di Czanne e il volto dellAdamo di Masaccio, ad esempio, o tra
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zione di racconto, ma di soggetto del quadro, evoca la natura morta per s sola
di cui parla Longhi, ripetendone anche linterpretazione l dove scrive che ci
presenta un cestino vero, della frutta vera, anche bacata, delle foglie vere, anche
appassite. Non diversamente leggiamo in Caravaggio del maestro bolognese: Il
Caravaggio aveva invece dipinto la cestina comune dellaffittacamere colma di
frutta a buon mercato; dove perci accanto alla mela sana, non mancava mai quella
bacata; cos come nei pampini del Bacco, accanto alle foglie virenti, ci sono anche
quelle vizze e scolorite, come Dio manda.
Da queste linee portanti si diramano le sezioni dedicate alle diverse esperienze
europee dei secoli che vanno dal Quattro-Cinquecento al Seicento e ai secoli
seguenti, sempre con un occhio assai attento al rapporto tra civilt e suoi contrasti
e cambiamenti, vita individuale e opere. Le influenze del classicismo fiorentino
emergono subito nella pittura tedesca con Drer, che manifesta il bisogno di far
propria larmonia italiana, coniugandola con la natura aspra e dolente della sua
anima nordica; anima che prevale, senza compromessi con il bello, nel troppo
umano e nel sentimento religioso e tragico di Grnewald, mentre Altdorfer sente
la natura con un soffio cos grandioso da anticipare Hlderlin e Beethoven e ne
fa lo sfondo di un evento sacro svariante di tinte di grande forza poetica. Trattando
poi della pittura fiamminga naturale che sia sottolineata la natura pi empirica dellarte di Fiandra rispetto alla pi ideologica arte italiana. Eppure quanti
interscambi vengono alla luce dalla presentazione di Bertolucci s che limpronta
fiamminga si coglie nei quattrocentisti ferraresi, in Antonello da Messina, mentre
impronte francesi e della nostra arte si ravvisano in Van der Weiden e in Van Eych.
Nella lettura dei dipinti offerti allo sguardo dei lettori emergono, accanto al virtuosismo tecnico, la resa lenticolare della realt del Ritratto dei coniugi Arnolfini di
Jan Van Eych, divenuto pura contemplazione e astrazione; laderenza alla realt
di un giorno qualsiasi nei Cacciatori nella neve di Bruegel il Vecchio; gli umori
naturalistici e vitali e larmonia di contrastanti colori del Paesaggio con Filemone e
Bauci di Rubens.
Anche nella pittura spagnola acquisizione individuale e spirito dellet si connettono, s che El Greco accostato a Velzquez e a Goya, ma unico a rappresentare
la grande arte di chi ha dipinto, con sintesi visionaria e deformazione irrealista,
deformazione gi presente nellarte dai pittori senesi a Simone Martini a Modigliani, un ritratto (Frate Ortensio Paravicino) in cui si esprime il fuoco notturno di
un volto, in gara con la drammaturgia del Don Carlo di Verdi. Allo stesso modo
lillusionismo di Velzquez, che si rif a Caravaggio e pi indietro a Masaccio e a
Giotto, ferma in Las Meninas con una straordinaria verit un gruppo di famiglia
spassionato, privo di qualsiasi appiglio intellettuale, di qualsiasi intenzionalit,
s che pare che non sia larte a riprodurre la vita, ma sia la vita stessa ad aprirsi su
un giorno perduto. Goya infine rappresenta nel drammatico Tre maggio 1808 la
realt della violenza e della miseria nel suo farsi, ma la sublima investendola del suo
impegno morale e stilistico.
Altra laria che si respira al leggere le tavole della pittura inglese, con risultati alti
a partire dal Settecento e inoltrandosi nellOttocento da parte di artisti capaci di
rappresentare la societ del loro tempo. Ricorrono qui i nomi di poeti assai frequentati da Bertolucci, Coleridge e Wordsworth accanto ai pittori Turner e Constable per il sentimento e lelegia della natura che essi esprimono in sommo grado.
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Verit del reale e creazione artistica divengono lungo gli articoli un binomio indissolubile su cui insistono le predilezioni e le scelte di Ber-
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insegnato: cavare sempre qualcosa di vero, un segno di vita e dunque darte, il cui
motivo unico, anche nellet di maggior formalismo [] la vita e non pu essere
altro (Lora della lezione).
Il ricorso ai principi della fedelt al vero e della libert creativa dellartista
evidente gi nelle prime tavole di Storia della pittura: se sullastratto fondo oro del
Profeta della Madonna in Maest di Cimabue la plasticit ridona forza morale alla
figura umana e anticipa lumana sintesi di Giotto, nel bellissimo pezzo su Piero
della Francesca chegli riconosce nel ritratto di Battista Sforza il vero trasposto
sul piano dellarte con una fedelt assoluta. Ma si rammenti: per Bertolucci
fedelt dellarte significa ricreazione e invenzione. la sua poetica ad essere
tangente a questo principio, cui rester legato durante tutta la sua opera, trasfigurando la vita nella poesia della grandiosa Camera da letto. Nel racconto darte
del Gatto Selvatico egli ritorna con insistenza alla fedelt al vero, accostando quei pittori che hanno saputo restituire visione e durata alla realt da essi
percepita e contemplata. dapprima Morandi, a lui carissimo, che nella Natura
morta senza scomporre il vero, come Picasso, deformarlo, come Modigliani, ha
saputo ricrearlo per noi in maniera miracolosa. Ma, dopo di lui inserito a buon
diritto nella Storia della pittura, vengono altri maestri, gli artisti vissuti tra 800 e
900 che aveva maggiormente ammirato nelle esposizioni veneziane, alle quali
si accennato, artisti i cui nomi si riaffacciano nelle tavole della rivista di Eni,
resi protagonisti di passi in cui pi vibrante e partecipe appare la sua esposizione.
Certe intime risonanze, vere e proprie intermittenze del cuore, si manifestano
con gli impressionisti e i paesaggisti, i pittori dinterni, i contemporanei. Anche
risultati pi duri calligraficamente (vedi lespressionismo di Macke) che fanno
pensare a fratture dellanimo, lasciano echi sulla pagina, mentre, daltro canto,
egli si rifugia nella freschezza e nella felicit incantevole dei fauves dallallegra
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fiammata, di tutti quei pittori supremi che hanno saputo dipingere un po di luce
vera, come recita lepigrafe da lui apposta ai suoi versi giovanili.
Quando apre la sezione Maestri della pittura moderna il suo consenso pieno per
quella liberazione dellartista da temi e da regole dobbligo, gi avviato in Italia
dai Macchiaioli e dal maggiore tra questi, Giovanni Fattori, ma portato avanti
da personalit pi spiccate in Francia. Ed Monet, il pi puro e a lui affine, ad
inaugurare la serie con Neve ad Argenteuil, in cui la resa precisa eppur poetica della
natura, colta nel fluire del tempo, nel mutare delle ore, nel trascolorare dei colori
sa dare eternit alla fugace ora del giorno con tanta verit e poesia, con tanta
poesia appunto perch con tanta verit. Ma anche Czanne, che dallimpressionismo si allontana per superarne la visione sensuale e istantanea, ricostruisce il vero
(I giocatori di carte) in una sintesi prima mentale, poi formale, poderosa, eterna.
Non lontano dalla libert degli impressionisti, da lui accentuata, Van Gogh, che
piegando la natura alle pi intense emozioni, cerca nello Scolaro uninteriore significazione, la verit psicologica di una solitudine che i colori rivestono; e ancora,
in questa serie di pittori di grande rinnovamento pittorico, Gauguin, che, dipingendo le Femme de Tahiti ou sur la plage dona forme semplici e colori interi a paesi
e volti primitivi; Matisse (Donna con la collana dambra) che fa squillare i colori
in accostamenti inusitati, trasferiti la linea e i colori reali in direzione simbolica;
Utrillo, i cui paesaggi e i cui angoli di Monmartre (Rue lAbreuvoir) sono inventati, anche se con fedelt al vero, e quasi sognati [] visione che dellanima prima
che dei sensi; Modigliani (Ragazza con trecce), che reinventa nella sua dolcissima e pura linea allungata quello che nella sua vita di maudit vede ogni giorno;
Chagall (Il gallo), che, partendo dal sogno arriva alla realt e la crea nel suo ritmo
teneramente fantastico, nella sua invenzione freschissima, nel colorismo candido,
barbarico e raffinato; il mistico Rouault (Cristo deriso), che ha rappresentato il
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sulla luce che poggiano alcune tra le interpretazioni pi
significative di Bertolucci, quella stessa luce che, nelle sue prime raccolte in versi,
rivela le cose, le illumina, bagna lintonaco, tenendo lontana lombra dalla soglia
della casa, il buio del dolore. Sono soprattutto le prove luministiche di Vermeer
a rivelare lintreccio di verit e poesia, la resa artistica del sentimento del Tempo.
Modello altissimo, del quale Bertolucci propone sia La donna che scrive una lettera
alla presenza della domestica sia La merlettaia, Jan Vermeer rappresent la quiete
dellanima seicentesca, offrendo una meditazione assorta, intensa, quasi metafisica, della vita domestica, nellimmobilit e nella relazione spaziale delle figure,
nella magia sapiente della luce che ora bagna la porosit dorata della parete, lincontrarsi di luce e ombra sul volto della ricamatrice, ora intride e modella col suo
miele la stanza e la scrivente della Lettera, mentre il Tempo si percepisce nel suo
lento scorrere. Ancora la luce e il Tempo sono il segreto sia della scena notturna
della Lampada a petrolio di Bonnard, lampada che rode loscurit del crepuscolo
tutto dorando e avvampando nel suo quieto, meraviglioso filare, sia del Duetto
di Braque, le cui scomposizioni cubiste lasciano riconoscere la forma delle cose
nel gioco di una luce capricciosa e insieme geometrica, nel passaggio prezioso
di luce-ombra e addirittura in una sonorit un po stridula, agra ma fresca. Luce
e ombra sono parte della tavolozza del poeta di Viaggio dinverno, la raccolta in
cui pi insistente si fa il pensiero della fine e della corsa inarrestabile del tempo
umano. Eppure allarte, ai suoi messaggi, che Bertolucci, il quale intitola un suo
componimento La consolazione della pittura, chiede non solo la perfezione della
forma, il sentimento delluomo e della natura, ma anche ristoro e conforto dallinesorabilit del transito perenne della vita. Anche nelle tavole del Gatto Selvatico si odono sparsi echi di un mondo lacerato, amari pensieri che riguardano il
presente, le sue contraddizioni, la precariet del divenire. Il passato ne investito,
come nel testo su Giotto: a Giotto, come a Dante, che possiamo chiedere
insieme la consolazione dellarte e il messaggio spirituale: perch la nostra epoca,
non meno dura di quella in cui essi vissero, ne sente, malgrado le apparenze,
profondamente lesigenza. O ancora in Tiziano, dove, dopo aver magistralmente
letto la Flora, cui il pennello carico di succhi e intriso di luce d unit, rendendola simbolo della bellezza e della giovent, annota: Al nostro occhio, e al nostro
animo di moderni, avvezzi ad unarte duramente impegnata a rappresentare un
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dramma della Passione spremendo dalla vita del suo tempo i motivi del dolore
e dellamore, della speranza; Mondrian (Albero rosso) infine, artista che chiude
lesperienza figurativa della natura per aprirsi allassoluto di forme astratte, accordi
chiaroscurati a scacchiera di colori, reticoli spezzati.
Il tema del vero, unito a quello della natura, percorre naturalmente, insito com
nel cuore e nella mente di Bertolucci, anche le altre sezioni ed in particolare quelle
dedicate al paesaggio: facendo scorrere davanti al suo lettore larte del paesaggio
attraverso i secoli, da quinta teatrale sublimemente semplice nellarte trecentesca
al lucido senso spaziale, narrativo e drammatico dellarte del Quattrocento, ai
paesisti veneti agli Impressionisti, supremi poeti della natura, lascia affiorare il
pensiero del rapporto con la propria terra, che il pittore, come il poeta, trasferisce
idealizzata sul piano dellarte. E mentre, passando al secolo dei Lumi, mette in
risalto lintelligenza razionale e lucida della natura e il rilievo dato alla precisione
ottica e cristallina (il nitore favoloso di Canaletto, ma lopera riprodotta, Veduta
della Gazzada, oggi attribuita al nipote Bernardo Bellotto), gi ci conduce, spostandosi allOttocento, nuovamente nel terreno impressionista.
i
mondo lacerato e ferito, la colata aurea di luce e colore che la Flora tizianesca pu
alle prime apparire lontanissima, irraggiungibile. Ma basta che ci lasciamo andare,
perch ne restiamo dolcemente sommersi, e, alla fine, consolati e come guariti.
Ma quando il poeta si avvicina al contemporaneo, pi frequente si fa il richiamo
ai turbamenti della vita, alla durezza della civilt di massa e delle megalopoli (si
leggano le parole dedicate ai relitti angosciosi del Ponte di Willis Avenue di Ben
Shahn). Basti ricordare quanto scrive sulla pittura americana, sullAction painting
e su Pollock in particolare, la cui pittura evocata, con Giovanni Raboni, dagli
effetti di colata informe e di sgocciolamento e oltraggio della sintassi di alcune
liriche di Viaggio dinverno.
Egli sa bene che la magia o il mistero dellarte fanno scoprire atmosfere impensate,
connessioni segrete tra ci che trascorso e limprovviso affiorare della memoria
involontaria, delle evocazioni e delle epifanie che interrompono il viaggio senza
ritorno. Sono larte e la poesia a salvarci, scrisse in una recensione ad una mostra
del pittore Pompilio Mandelli alla Medusa del 1957, commosso da una giornata
di una vita cos intensa da stordire, da una piena damore per la bella natura che
in questo momento cos, e cos non sar pi e nemmeno noi, se non ci fosse la
poesia, larte a salvarci. Sono quasi le stesse parole usate nellagosto 1961 per Las
Meninas di Velzquez finestra aperta su un giorno del tempo perduto (ma fermato
per sempre con una verit da stordire).
Allarte dunque il compito di dare ai luoghi, alle cose e ai volti, alle ore del giorno e
alle stagioni il colore e la forma dassoluto; il compito di arrestarli per sempre, di
rivelare il loro mistero, latemporalit del loro essere cos e non pi altro, lessenza
di Verit e Bellezza - Bellezza e Verit. il verso che chiude lOde su unurna greca
di Keats, verso che Bertolucci fece suo perch questo il privilegio dellarte: dare
eternit alle cose. Investite dal motivo del Tempo le opere darte, che la penna
del poeta descrive dallinterno, facendole esistere con le sue parole, portano tutte,
accanto alla perfezione tecnica e visiva di linee, volumi, spazi, forme e colori, il
segno di un mondo perduto e di un tempo senza tempo, che impregnato, come
scrive di Chardin, di una poesia tanto pi straordinaria quanto pi segreta e della
luce vera e perenne di un momento di vita e di poesia.
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Cimabue
Amedeo Modigliani
Giotto
Marc Chagall
Georges Rouault
Giovanni Bellini
Piet Mondrian
Cosm Tura
Leonardo da Vinci
Hieronymus Bosch
Tiziano Vecellio
Rembrandt
Caravaggio
Jan Vermeer
Diego Velzquez
Giovanni Fattori
Francisco Goya
Claude Monet
Matthias Grnewald
Paul Czanne
Albrecht Altdorfer
William Turner
Paul Gauguin
John Constable
Henry Matisse
Antonio Ligabue
Maurice Utrillo
dicembre 1955
Madonna in Maest
Cimabue
Galleria degli Uffizi - Firenze
La pittura italiana comincia con Cimabue, che nato a Firenze
nel 1240 e morto circa nel 1302, innesta sulla tradizione preziosa ma sterile del
bizantinismo, dominante da secoli non soltanto in Oriente ma anche in Occidente,
il vigoroso realismo della scultura romanica.
Il frutto supremo di questa sintesi sar la pittura di Giotto, del tutto compiuta nel
suo linguaggio formale, inconfondibilmente italiana come la poesia di Dante a
essa contemporanea.
In questo particolare della Madonna che sta agli Uffizi, la personalit di Cimabue
si afferma in tutta la sua severa grandezza: dal fondo oro, ancora astratto, secondo
la maniera simbolistica dei bizantini, ma gi reso concreto per il trono che vi si
inserisce dando una illusione nuova di profondit, il Profeta si stacca con una forza
indicibile.
La plasticit con cui resa la sublime figura del vecchio non un puro risultato tecnico di superamento della piattezza cui era ridotta la pittura precedente, ma unaltissima affermazione di forza morale. Cimabue, ridando corpo alla
figura umana, come avevano fatto qualche tempo avanti nella pietra e nel marmo
Benedetto Antelami e Nicola Pisano, libera la pittura dal formalismo calligrafico
dei bizantini.
Per molti italiani Cimabue rimane il mitico maestro di Giotto, il pittore gi
affermato e disinteressato che un giorno, per caso avendo scoperto un pastorello
intento a disegnare sulla pietra, lo porta con s e ne fa il pi grande pittore del
secolo. Non sappiamo quanto ci sia di vero nella leggenda, quel che certo che
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Cimabue rappresenta un momento necessario nella storia dellarte, fra la splendente ma fredda tecnica bizantina e la pittura di Giotto, umanissima anche se tutta
vibrante di sentimento religioso.
Purtroppo, di Cimabue rimangono pochissime opere sicure: gli affreschi notevolmente guasti della Basilica superiore di San Francesco in Assisi, la Madonna in
Maest da cui tratto il particolare che pubblichiamo, e qualche altro dipinto su
tavola.
i
febbraio 1956
Madonna di Ognissanti
Giotto
Galleria degli Uffizi - Firenze
Giotto nato a met del Duecento come Dante: la sua importanza per la storia della pittura non inferiore a quella che ha lautore della
Divina Commedia per la storia della letteratura. Entrambi avevano avuto, luno in
Guinizelli laltro in Cimabue, lavvio giusto: ma quanta strada in avanti dovevano poi percorrere. Tanta che noi oggi, guardando alle loro opere, sentiamo che i
secoli e le personalit, anche grandissime, venute dopo di loro, non hanno aggiunto nulla di essenziale alla loro compiuta perfezione.
Gi del tutto libero dalle astrattezze
a Giotto, come a Dante, che possiamo
bizantine, Giotto, rinarrando nei cicli
chiedere insieme la consolazione dellarte
di affreschi di Assisi e di Padova le
e il messaggio spirituale: perch la nostra
storie di san Francesco e di Ges, racepoca ne sente profondamente lesigenza.
conta sublimemente la storia delluo-
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Con Piero della Francesca siamo gi nel Rinascimento: la
pittura, che abbiamo visto in Cimabue liberarsi con difficolt dai legami della
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mo, le sue gioie, i suoi dolori, le sue angosce e la sua speranza. Infatti la divinit
non per lui superbamente stilizzata, ma umilmente resa nel suo peso corporeo,
veramente incarnata. Lo spazio, come si vede nel trono di questo particolare della
Madonna che sta agli Uffizi, appena segnato illusionisticamente sul fondo ancora
dorato; ma le figure, per effetto del chiaroscuro possente, risaltano con una plasticit mai prima raggiunta nella pittura. Severit e dolcezza si fondono in questi volti
presi nellestasi della contemplazione, eppure consapevoli della condizione umana.
Il colore, come sar in tutta la pittura fiorentina sino a Masaccio e a Michelangelo,
non squilla n splende, ma si distende quietamente entro la struttura monumentale
del volume, non gi a rivestirlo, ma a rivelarlo con maggior forza. Il pi antico dei
grandi pittori italiani anche il pi moderno: mentre la fastosa ricchezza coloristica
e il virtuosismo tecnico dei maestri del Rinascimento, pur suscitando in noi ammirazione e stupore, raramente ci commuovono, le figure gravi, gli sfondi essenziali, i
colori sobri di Giotto trovano la pi grande rispondenza nel nostro animo.
a Giotto, come a Dante, che possiamo chiedere insieme la consolazione dellarte
e il messaggio spirituale: perch la nostra epoca, non meno dura di quella in cui
essi vissero, ne sente, malgrado le apparenze, profondamente lesigenza.
i
marzo 1956
Giovanni Bellini
Gallerie dellAccademia - Venezia
A met del Quattrocento, portata avanti dal supremo sforzo
conoscitivo e creativo dei maestri toscani, la pittura italiana fiorisce con una ricchezza mai prima raggiunta. E fiorisce un po dovunque, traendo dalla terra dorigine i succhi vitali che la nutrono e la differenziano, pur nella generale, aurea
misura del Rinascimento.
Gi in questo secolo la grande alternativa alla tradizione plastica toscana vien data
dai pittori di Venezia, compresi quelli che nellentroterra ricevono la mobile luce
naturale della laguna e il sublime riflesso del colorismo bizantino, tenacissimo qui
anche per il durare dei rapporti commerciali con lOriente.
La Madonna che riproduciamo, e che si trova nella Galleria dellAccademia di
Venezia, opera della prima maturit di Giovanni Bellini, figlio e fratello di
pittori, quasi simbolicamente rappresentativo, nella sua carriera dartista, di tutto
il cammino della pittura veneziana. Partito infatti dalla maniera ancora un po
chiusa nel formalismo protorinascimentale del padre Jacopo, divenuto poi pi
liberamente spaziale nella composizione e morbidamente naturale nella resa delle
figure, finir per toccare la nuova sintesi espressiva di luce e colore dei suoi grandi
scolari allalba del Cinquecento, da Giorgione al Tiziano.
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San Domenico
Cosm Tura
Galleria degli Uffizi - Firenze
Il Quattrocento in Italia non vede soltanto fiorire in pittura la
scuola severamente umanistica che da Masaccio porter poi sino a Michelangelo, e
la scuola pi apertamente naturalistica dei veneti, che da Giovanni Bellini si estender sino al glorioso meriggio tizianesco. Altre scuole pittoriche, sotto limpulso
del fecondo metodo di ricerca rinascimentale, si affacciano sulla scena artistica
italiana: fra queste, prepotentissima, quella ferrarese.
In essa si assommano e vengono mirabilmente potenziati quei caratteri di realismo espressivo che gi albeggiavano in tutta la pittura settentrionale del Trecen-
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to, differenziandone lo stile, pur nella comune ispirazione mistica, dalla solenne
maniera giottesca.
Su questa base tradizionale nel Nord Italia, e pi generalmente nel Nord Europa,
sinnesta nella prima met del secolo lalto insegnamento di Donatello, le cui
opere padovane, dalla statua equestre del Gattamelata ai rilievi bronzei per laltare di SantAntonio, saranno guida a tutti gli artisti settentrionali, compreso il
grande Mantegna. Ma i ferraresi, da Cosm Tura a Ercole Roberti a Francesco
del Cossa, nomi di personalit fortissime ma purtroppo non ancora giunte alla
cultura comune, possono conoscere e seguire altri pittori del tempo, come Piero
della Francesca e il fiammingo Rogier van der Weyden. Dal primo impareranno a
segnare gli spazi nella luce, dal secondo a inseguire la realt sin nelle sue minuzie.
Questo San Domenico che vi balza agli occhi, forse per la prima volta, dalla mirabile tavola degli Uffizi, una delle opere meritatamente pi famose di Cosm
Tura, e rappresenta in modo perfetto le alte qualit della pittura ferrarese del
Quattrocento. Pu darsi che la resa aspra del reale, in cui Tura maestro, possa alle
prime dispiacere. Ma non bisogna fermarsi alle apparenze: emulo in questopera
dei grandi scultori del suo tempo, il pittore ferrarese ha qui voluto e saputo modellare con il colore la forma del corpo umano, con tale vigore, che la figura del santo
sembra veramente uscir fuori dal fondo. Ma la durezza incisiva dei contorni, la
quasi rupestre anfrattuosit dei panneggi, la dolorosa povert del colore non sono
fine a se stesse. Non si tratta insomma duna fredda esercitazione di virtuosismo o
di bravura. La figura del santo infatti portata nel suo insieme, malgrado lestrema
finitura dei particolari realistici, su un piano di suprema spiritualit.
Nel ricco e vario panorama della pittura italiana del Quattrocento oltre il paesaggio
netto e puro dei toscani e il dolcissimo dei veneti, questa natura scoscesa e aspra dei
ferraresi ha ben diritto di venire considerata e ammirata, senza riserva alcuna.
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giugno 1956
Annunciazione
Leonardo da Vinci
Galleria degli Uffizi - Firenze
Nella seconda met del Quattrocento la pittura, dopo il vario
e arduo sperimentare dei maestri che, sullesempio degli antichi, avevano ripreso
possesso della natura dopo il lungo sogno mistico del Medioevo, si avvia a un
approfondimento sempre maggiore delle conquiste di prima. Inizia cio quel glorioso momento di assoluta padronanza dei mezzi formali che permetter a uomini
come Michelangelo e Leonardo, Raffaello e Tiziano e Correggio, di portare, in
maniera diversa ma arcanamente concorde, larte italiana a un punto di sublime,
unica pienezza e perfezione.
Il primo, e il pi rappresentativo anche se per linquietudine che lo muoveva in
tante direzioni di ricerca pot portare a compimento un minor numero di opere,
fu Leonardo da Vinci. Educato alla severa disciplina formale del Pollaiolo e del
Verrocchio, scultori oltre che pittori e scultori in un certo senso anche quando
dipingevano, Leonardo proprio per il magistero plastico da essi appreso, si spinse
infinitamente oltre, temperando la cruda luce del formalismo sino allora dominante, con la prima ombra di un poetico naturalismo. Il passaggio non brusco,
eppure a ben guardare in pochissimi anni il mutamento sostanziale, prodigioso.
Questo particolare dellAnnunciazione che sta agli Uffizi, e che si presume datare
agli anni 1470-75, quando ancora Leonardo lavorava nella bottega del Verrocchio, sembra nella figura dellangelo cos morbidamente, nuovamente sfumata,
simbolicamente annunciare il nuovo corso dellarte italiana. I profili dellangelo
e dei cipressi hanno ancora la purezza di linea della grande tradizione quattrocentesca fiorentina, ma sembra di vederli poco a poco intridersi di una lievissima
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bruma che dalle misteriose lontananze del fondo giunge sino ai bei fioretti del
prato. Questa bruma si addenser poi nelle opere pi mature di Leonardo, sino
a vincere del tutto la cristallina linearit che ancora si riconosce nello stupendo
angelo annunziante, la cui figura segna veramente il punto di passaggio da un
secolo allaltro, con quellanticipo che sempre i geni riescono ad avere sul tempo
del calendario.
Leonardo e gli altri grandi pittori del favoloso periodo di fioritura artistica che
va dalla seconda met del Quattrocento alla prima del Cinquecento, rientrano, se
pure un po superficialmente, nella cultura figurativa comune, magari per merito
di unoleografia appesa nella stanza da letto. giusto che sia cos, ma augurabile
che ormai, con le tante forme di divulgazione che ci sono in giro, (mettiamoci pure modestamente anche le controcopertine del Gatto Selvatico) il gusto
si vada allargando e approfondendo cos che locchio possa ugualmente godere,
lanimo parimente commuoversi, del morbidissimo, sapientissimo sfumato di
Leonardo e del severo chiaroscuro di Giotto.
i
settembre 1956
Flora
Tiziano Vecellio
Galleria degli Uffizi - Firenze
Venezia, che gi nel Quattrocento, specie con Giovanni Bellini,
dispiega in pittura unattitudine unica alla resa coloristica del mondo naturale
e soprannaturale, nel Cinquecento porta, con Giorgione, Tiziano e Veronese,
questa sua misteriosa magia cromatica alle pi alte, estreme risultanze. Abbiamo
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ottobre 1956
Canestra di frutta
Caravaggio
Pinacoteca Ambrosiana - Milano
Lo splendore meridiano del Rinascimento non poteva durare
in eterno: nella seconda met del Cinquecento le condizioni storiche mutate, e
soprattutto la nuova spiritualit, nata dallavvicendarsi drammatico di Riforma e
Controriforma, favoriscono lavvento di una nuova arte che prender il nome di
Barocco. Unarte che, discendendo da quella rinascimentale, linnova e trasforma, muovendola tutta col suo soffio impetuoso. In questo momento di crisi, ma
crisi estremamente creativa e salutare, il giovane Michelangelo Merisi (vissuto a
Caravaggio presso Bergamo nel 1573, morto tragicamente, dopo una vita avventurosissima, sul lido malarico di Porto Ercole nel 1610) sinserisce di prepotenza
con la sua personalit di una forza senza pari.
vero che quel realismo con il quale egli spazza via le ormai esaurite forme del
classicismo idealizzante era una tendenza antica e incorreggibile dellarte italiana
settentrionale, ma egli sa portarlo per la prima volta a risultati assoluti. Tanto che
nel Seicento tutta la pittura europea, assetata di realt, proceder per la strada aperta
da lui cos violentemente: non ricordiamo qui i notevoli, ma minori caravaggeschi
italiani, ma Rembrandt e Vermeer, Velzquez e i Le Nain. Il Caravaggio, con la
sua presa diretta sulle cose, sugli uomini, che popolano quadri sacri e profani con
la stessa carica di vita e di sangue, d via libera a tutta la pittura moderna, fino agli
impressionisti. E il taglio non prefabbricato, bens istantaneo delle scene, che luce
e ombra contrastanti animano con straordinaria evidenza, non trova conferma nel
miglior cinematografo, pur esso volto alla resa realistica, immediata del mondo?
Nel loro curiosare instancabile per le strade dellItalia secentesca, gli occhi del
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grande pittore lombardo, romano per necessit, non incontrarono soltanto vecchi
cenciosi da mutare in profeti, ragazzotti protervi da atteggiare a Bacchi o a Narcisi,
umanissime popolane da innalzare a Madonne. Cos un giorno si posarono su una
cestina di frutta (simmagina, con quegli ultimi fichi e quella prima uva che se
fosse di settembre, sarebbe del settembre 1595), e cos nacque la prima natura
morta. A guardar bene, di nature morte se ne incontrano anche di pi antiche,
nella storia dellarte, ma sempre in funzione di un racconto, che il vero soggetto
del quadro; qui, nel quadro, che sta allAmbrosiana di Milano, il racconto nella
natura morta medesima, che ci presenta un cestino vero, della frutta vera, anche
bacata, come quella mela in primo piano, delle foglie vere, anche appassite, come
quelle a destra. La natura morta che pi tardi, in mano a mestieranti, si far stucchevole esercizio di bravura, ritrover la sublime verit caravaggesca soltanto nel
secondo Ottocento, con Czanne, le cui mele un po agrette e ammaccate e i cui
umili piatti da cucina, stanno, come questa cestina dellAmbrosiana, allinizio di
una grande rivoluzione artistica.
i
dicembre 1956
Pietro Longhi
Ca Rezzonico, Museo del Settecento veneziano - Venezia
Col Settecento la pittura a soggetto sacro e storico va sempre
pi svuotandosi di significato e di contenuto in una resa ufficiale di pure virt
decorative e scenografiche. Bisogna riconoscere che anche per questa strada senza
uscita la scuola veneziana riesce a dare, specialmente con il Tiepolo e il Piazzetta,
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delle opere duna grandiosit di impianto e duna ricchezza di colore non indegne
del passato.
Ma quella ormai era una direzione sterile: la miglior pittura europea del Seicento, dietro leroica spinta di Michelangelo da Caravaggio, sera volta verso la
realt, magari umile, della vita quotidiana, ottenendo poi i pi splendidi risultati
fuori dItalia nellOlanda di Rembrandt e di Vermeer. Da noi, nel Settecento,
per ragioni sociali ed economiche Venezia che pu con maggior libert profittare di questa apertura. Lo fa in tono minore, lasciando che il Tiepolo, con i
suoi soffitti memori del Veronese ma tanto pi vacui, ne rappresenti la tradizione
pi illustre.
Intanto per gli artisti autenticamente nuovi, quelli pi carichi di avvenire, saccontentano, come il Canaletto e il Guardi, di ritrarre la laguna o il Brenta, o di
fermare sulla tela, come fa Pietro Longhi, gli interni della vivacissima borghesia
e della piccola e media nobilt veneziana. Erano gli anni, non dimentichiamolo,
di Carlo Goldoni e del suo teatro intriso di realt sino alla punta dei capelli, una
realt colta nelle piazzette, nelle botteghe del caff, nei salotti e persino nelle
cucine, nei guardaroba, nelle stirerie. Nessuna meraviglia che il grande commediografo, tanto pi grande quanto pi pago di descrivere, apparentemente, il
piccolo, lodasse in modo esplicito il Longhi e il suo penel che cerca il vero.
Un vero che si poteva trovare molto vicino, nella sala del Concertino, o dove il
Maestro di ballo impartiva lezioni di minuetto, o il Sarto provava labito o, anche
pi vicino, dove il Pittore stesso attendeva al ritratto della dama. Come nel quadro
qui riprodotto che sta alla Galleria dellAccademia di Venezia.
Il pittore in zimarra verdastra al cavalletto, attento a rendere con fedelt (e non
senza una punta sorniona di ironia) la Dama una specie di pupattola in grande
abito di seta gialla che sembra sentir frusciare anche al pi piccolo movimento e
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il Cavalier servente in elegante costume nero oro e verde, la maschera forse fastidiosa tirata da parte con negligente eleganza.
Una cosa, pare, da nulla, ma con essa il pittore ha reso insieme lultima essenza di
una societ e il profumo di unepoca. Che chiedergli di pi? I migliori pittori del
secolo successivo, gli impressionisti e i macchiaioli, non si proporranno, n otterranno, di pi e di meglio.
i
gennaio 1957
Riposo
Giovanni Fattori
Galleria dArte Moderna - Firenze
Con Fattori siamo gi oltre la met dellOttocento: c stata la
rivoluzione francese e, non meno importante, la rivoluzione industriale, che sono le
due premesse fondamentali della democrazia moderna. Il pittore non dipinge pi,
o solo raramente, per ledificazione del fedele o per il piacere del principe, ma per
se stesso o per quel suo simile, che dovrebbe intenderlo appieno, che il borghese.
Ma lartista va avanti pi velocemente del suo pubblico, che lo raggiunger soltanto
quando lo sforzo per mantenersi integro e fedele ai propri ideali lo avranno portato
alla povert e alla morte. Questo non accade sempre, ma frequente nel secolo scorso,
cos creativo e ricco di novit non facili ad apprendersi subito nel campo dellarte.
Che, affrancatasi dai soggetti obbligati, si va affrancando pure dagli schemi stilistici e cerca nella realt della vita i suoi contenuti e insieme i suoi colori e le sue luci.
Esce allaria aperta, il pittore dellOttocento, sia nato in Francia o in Italia, e coglie
il mutevole volto delle cose con la freschezza di chi scopre il mondo per la prima
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Neve ad Argenteuil
Nel principio era limpressionismo. Nel principio della pittura
moderna, sintende, per quanto, a voler esser sottili, non si finirebbe mai di retrocedere, nel cercare latto di nascita di questa benedetta pittura moderna, croce e
delizia di quanti, sia pur superficialmente, sinteressano ai quadri.
Limpressionismo infatti la scuola artistica che segna linizio della liberazione
dellartista da temi e da regole dobbligo: non a caso esso nasce nella Parigi del
secolo scorso, nellambiente cio pi adatto a superare i vincoli degli argomenti
nobili, adatti cio alla pittura, e delle proporzioni, coloriture, ombreggiature,
pure nobili, perch affermatesi nel corso dellarte classica. Qualcosa di simile, un
moto parallelo di affrancamento dai soggetti storici e dai canoni del bello ideale,
si ebbe in Italia coi macchiaioli. Ma la Francia nella seconda met dellOttocento
era, come gi lItalia nel Cinquecento, destinata a portare avanti con maggior
autorit, e per il suo peso storico e culturale e per la maggior ricchezza di personalit di primo piano, aspirazioni di rinnovamento comuni al secolo. Che, malgrado
tutto questo, Parigi, la ville-lumire, la citt faro, non fosse ancora pronta nel 1874 a
capire e gustare la nuova arte, lo dimostra il fatto che i maestri poi diventati famosi
dovettero esporre le loro opere nello studio di un fotografo amico e coraggioso,
Nadar, non in un Salone per esposizioni. E fu allora che gli intenditori, avendo
il pittore Claude Monet intitolato un suo quadro Impressione al levar del sole definirono tutti gli espositori, ironicamente, impressionisti. A eccezione di due o
tre, tutti i critici incoraggiarono il pubblico allo scherno e al disprezzo verso quei
pittori che avevano osato abbandonare gli eroi greci e romani per la gente di tutti
i giorni, i paesaggi dArcadia per i giardini pubblici, e, orrore, gli studi per laria
aperta. La battaglia per larte nuova, cominciata sotto auspici cos infausti, in pochi
anni venne vinta in maniera clamorosa e totale: alla fine del secolo non cera pi
pittore che non dipingeva allimpressionista.
Il pittore del quale oggi presentiamo questo delizioso Effetto di neve ad Argenteuil
proprio quel Claude Monet il cui quadro diede origine al nome della scuola. Altri
artisti del suo gruppo, douard Manet, Edgar Degas, Auguste Renoir ebbero
forse una maggiore capacit dinvenzione e un pi ampio respiro nella composizione, ma nessuno lo uguagli nella resa precisa eppure poetica della natura, colta
nel fluire del tempo, nel mutare delle ore, nel trascolorare della luce. In questo
senso egli il pi puro degli impressionisti, lunico forse cui lappellativo, non in
senso negativo, ma positivo, possa applicarsi senza incertezze.
Il quadro che presentiamo, e che del 1875, un anno dopo la famosa mostra da
Nadar, rivela bene il carattere dellarte monettiana. Che per essere volta, sia pure
con freschezza e immediatezza uniche, a rapire alla giornata appena un momento
qualunque, umilissimo, non affatto superficiale ed esterna. In quellaria grigia di
neve, vibrante di impercettibili riflessi che egli ha reso con incomparabile delicatezza, gli uomini sono delle piccole sagome scure, appena distinguibili da case, piante,
cespugli. Eppure come giusta la loro apparizione in questora del giorno, e la loro
solitudine: tale da dare un senso deternit alla fugace ora del giorno in cui sono stati
colti dal pittore con tanta verit e con tanta poesia. Con tanta poesia appunto perch
con tanta verit. Questo il dono della pittura impressionista allarte, dono tanto
pi grande nei suoi creatori. Col tempo anche il dipingere allaria aperta diventer
unabitudine, una maniera. Ma larte allora sar andata avanti in nuove direzioni, per
merito di altri artisti e proprio perch il senso pi vero della rivoluzione impressionista, la libert dellartista, doveva rimanere, e rimane, valida per sempre.
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marzo 1957
Claude Monet
The National Museum of Western Art - Tokyo
aprile 1957
I giocatori di carte
Paul Czanne
Muse dOrsay - Parigi
La seconda met del secolo scorso vede affermarsi le scuole artistiche, impressionismo in pittura, naturalismo e verismo in letteratura, che rompendo con le forme ormai fruste delle tradizioni classica e romantica, saccostano
agli uomini e alle cose direttamente e direttamente li rappresentano sulla tela e
sulla pagina. Da Manet a Monet a Renoir a Degas tutto un trionfo di colori, di
luci e di ombre, per la prima volta colorate come nella realt, in lode della vita nei
suoi aspetti pi incantevoli e fuggitivi.
Fu una scoperta e un accrescimento di gran valore per larte, che per non poteva
essere ridotta a una funzione puramente edonistica, di assaporamento cio della
bellezza e della gioia, senza seri pericoli di scadimento verso la superficialit.
Ma, come accade sempre nei momenti vivi e vitali, entro limpressionismo stesso
cerano le premesse di una evoluzione e di un approfondimento. Doveva toccare
al provenzale Paul Czanne di sentire drammaticamente questa esigenza e di portarla a risultati in s grandiosi e di incalcolabile peso per il futuro.
Formatosi nellimpressionismo e impadronitosi appieno dei suoi mezzi, Czanne
doveva ben presto isolarsi dalla vita parigina in cui gli altri pittori del suo tempo
trovavano i succhi per la propria arte, e confinarsi nella sua terra solitaria con la
mente e locchio volti ad andare oltre le apparenze, a estrarre lintimo significato
della realt e a tradurlo in forme e colori di una potenza e di una gravit pari a
quelle dei maestri antichi, da Giotto a Masaccio.
Guardate questi Giocatori, che il grande artista ha dipinto circa nel 1892. chiaro
che sono ispirati dal vero, ma altrettanto chiaro, specie se messi a raffronto dellu-
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Lo scolaro
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non ci si potuti, con tutta la buona volont, sottrarre: il fatto positivo di Brama di
vivere resta, discutibili che siano situazioni e dialoghi, daver fatto fiorire, e sarebbe
meglio dire esplodere, sullo schermo, nei loro colori e linee deliranti, tanti capolavori del grande Vincent.
Il quale, in modo del tutto antitetico a Czanne, che abbiamo visto solidificare
limpressionismo, cercando di risolverne la crisi in una severa sintesi di volume
e di colori richiamante la pittura dei primitivi, va oltre limpressionismo in un
certo senso accentuandone la libert e sfrenandosi in una soggettivit assoluta. Ma
mentre gli impressionisti, con felice passivit, si accontentavano di ridare, esaltandone le meravigliose apparenze, le luci e le ombre della natura, in cui luomo si
perdeva quasi, Van Gogh doveva rovesciare i termini del rapporto. E in che modo?
Proprio rendendo la natura partecipe intera del suo dramma interiore, piegandola
quindi a esprimere, ora col giallo dei girasoli ora col verde cupo dei cipressi, le
emozioni intensissime della sua anima.
Non arriva alla deformazione, Van Gogh, n inventa o scompone e ricompone come faranno pi tardi Matisse e Modigliani, Picasso e Braque, ma fruga
nelluomo e nel paesaggio e ne estrae
la significazione interiore, ora duna
Mentre gli impressionisti si accontentano
vitalit quasi ebbra, ora duno squaldi ridare le luci e le ombre della natura,
lore tremendo. Gli basta un frutteto
Van Gogh rovescia i termini del rapporto
in fiore, un vecchio contadino con le
rendendo la natura partecipe intera
mani rapprese, un caff di notte, una
del suo dramma interiore.
sedia impagliata per dirci sullesistenza qualcosa di essenziale e di assolutamente nuovo, che ci arricchir per sempre.
passato il tempo che i suoi segni vorticosi, le sue sagome tagliate con laccetta
facevano scandalo; le quadricromie delle sue tele pi famose, attaccate al muro,
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magari con una puntina da disegno, sono un po nelle case di tutti, specie nelle
stanze dei giovani. Cos questo bambino che anni fa avreste trovato forse brutto, o
per lo meno per niente grazioso, non pu oggi non commuovervi profondamente
nella sua verit psicologica, non incantarvi nella gamma squillante dei colori che
ne rivestono con un contrasto tipicamente vangoghiano, limpaccio, la scontrosa
solitudine.
Si pu dire che lesempio di Van Gogh ha rappresentato un pericolo per tanti
artisti venuti dopo, che si sono sentiti autorizzati da lui a certi eccessi di forma e
di colore che potevano trovare una giustificazione soltanto nellautentico dramma
interiore sfociato nel colpo di rivoltella del tragico 27 luglio del 1890. Ma sia lui
sia Czanne hanno saputo aprire una via ai migliori, lasciando possibilit di esprimersi e di procedere avanti in maniera del tutto originale.
i
giugno 1957
Paul Gauguin
Muse dOrsay - Parigi
Compagno, per un certo periodo, di Vincent Van Gogh, e non
soltanto nelle battaglie artistiche ma anche nella vita domestica, Paul Gauguin ,
come il suo difficile amico, fra i continuatori e rinnovatori dellimpressionismo,
fra i fondatori della pittura moderna.
Giunto allarte abbastanza tardi, dopo esser stato avviato per una strada non sua,
egli doveva in un primo tempo seguire, nel dipingere, la naturalezza e la felicit
degli impressionisti, specie di Pissarro. Ma non era uomo, e artista, da acconten-
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tarsi di rapire, per dirla con Dante, lora del tempo e la dolce stagione; lo tormentavano ed esaltavano problemi di natura religiosa e morale cui avrebbe voluto
dare forma e colore con larte cui sera dedicato.
Gli sembrava necessario superare i limiti duna pittura che non andava oltre i sensi:
e in questo le sue esigenze coincidevano con quelle di Czanne e di Van Gogh. Ma
mentre gli altri due, artisti certamente pi originali e grandi di lui, trovarono in
se stessi, il primo in un approfondimento severo, il secondo in uno scatenamento
selvaggio, la via duscita, egli la cerc fuori, e la trov, ma naturalmente pi superficiale e meno duratura.
Preso infatti da unestrema scontentezza per il mondo civile in cui viveva, e che
gli appariva falso e corruttore di quanto per natura pi bello nelluomo, part
per Tahiti e vi si trapiant con decisione irrevocabile, sicuro di aver ritrovato il
paradiso perduto. Qualcosa di simile aveva fatto, emigrando nelle stesse plaghe
incantate del Pacifico meridionale, lo scrittore inglese Robert Louis Stevenson.
Decisamente i mari del Sud, sul finire dell800, erano considerati un toccasana,
dagli intellettuali europei.
Paul Gauguin nelle isole inselvatich quel tanto che gli permise di vivere assieme alla
bella gente indigena, a contatto della dolce natura del luogo, in una comunione di
grande importanza per la sua arte. Che a Tahiti fior rigogliosa, riuscendo non soltanto a descrivere paesi e figure, ma a interpretarli in forme semplici, in colori interi,
secondo la tradizione e il gusto primitivi di quei popoli cui egli sera mescolato.
Guardate le due fanciulle tahitiane colte nella loro monumentale fissit, reali
eppure simboliche, figure delleterna giovinezza umana non ancora guastata dalla
civilt. La spiaggia solitaria nei suoi piani ampi e immobili come un fondo di
bassorilievo contro cui i bronzei corpi delle donne severamente drappeggiate nelle
vesti di un rosso e di un viola arcani risaltano con grande suggestione. Sono questi i
risultati pi convincenti di Gauguin, che in altri suoi quadri corre pericoli opposti,
delleccessivo decorativismo e del troppo marcato simbolismo.
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i
luglio 1957
Henry Matisse
Collezione privata
Con Matisse siamo ormai nel Novecento, anche se il grande
pittore francese, nato nel 1869, si form e diede le prime prove della sua schietta
e felice natura di pittore nel secolo scorso. Pi che gli impressionisti, che pure
sentiva vicini per lamore della vita, egli studi e segu i decadenti come Moreau e
i postimpressionisti, specie Van Gogh, lontanissimi da lui come spirito. Ma erano
moderni, nuovi, o tali a lui sembravano: il loro ripudio della linea e del colore reali
per una linea e un colore simbolici, in un certo senso astratti, lo sollecitarono a
tentare la nuova maniera che prese il nome di fauvisme. Come dire, traducendo
alla lettera, belvismo.
Il curioso appellativo venne trovato da un critico darte che, veduta alla prima
mostra del gruppo capeggiato da Matisse (si era nel 1903) una scultura di tipo
rinascimentale, scrisse che si trattava di un Donatello fra i fauves, o belve che
noi dir si voglia. Ben altre belve si dovevan presentare di l a poco nel campo
dellarte, ma le grandi pennellate di rosso e di nero, gli arabeschi di linea di Matisse
e dei suoi compagni allora sembrarono, a dir poco, ruggiti.
Oggi tutta lattivit pittorica e grafica di Henri Matisse, conclusasi soltanto
qualche anno fa dopo un corso lunghissimo e ricchissimo, ci sembra esemplare
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agosto 1957
Maurice Utrillo
Collezione privata
Maurice Utrillo, nato nel 1883 a Montmartre, dallacrobata,
modella e pittrice Suzanne Valadon e da padre ignoto, doveva morire nel 1955,
dopo una vita disordinata e sciaguratissima ma riscattata da unattivit artistica
miracolosamente pura e coerente. Il vizio del bere che laccompagn dalla prima
giovinezza alla morte non gli offusc il cuore n locchio, che mantenne limpidi
come quelli di un pittore primitivo.
Si voluto insistere pi del solito sui dati biografici dellartista, perch essi fanno
da sfondo contrastante e illuminante insieme a unopera che non potrebbe essere
pi quieta e dolce. Formatosi nel momento di trapasso dallimpressionismo al
post-impressionismo nelle sue varie diramazioni (espressionismo, cubismo),
Utrillo si crea uno stile del tutto originale, fatto di umile accettazione del vero
e di contemporanea, naturale trasfigurazione poetica del vero medesimo. Come
dire che egli accetta da un lato di cercare ispirazione nel piccolo mondo che lo
circonda, come avevano fatto con pi foga e vena gli impressionisti, dallaltro
riuscendo a intridere le sue casette, i suoi caffeucci e i suoi omini e donnine di
una candida stupefazione.
Varr la pena di ricordare a questo proposito un fatto singolare e significativo:
Utrillo, quando era pi intossicato dallalcool e non poteva uscire a dipingere le
sue predilette straducole e piazzette parigine, le copiava da certe cartoline da pochi
soldi. Metodo insensato, si direbbe. Eppure dal grigiore anonimo delle fotografie egli sapeva cavare una soavissima festa di colori e uno struggente senso della
poesia che nelle cose di tutti i giorni. In questo senso, pur senza deformare come
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Amedeo Modigliani
Collezione privata
la prima volta che un nome italiano compare in questo nostro
rapido panorama sulla pittura moderna: un italiano che, purtroppo, visse la sua
intensa e dolorosa stagione artistica fuori dal suo Paese, in quella Parigi che dal
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uccise poco dopo. Ma guardate la Ragazza con le trecce qui riprodotta, e vaccorgerete come da una esistenza cos sciagurata sia potuto nascere un fiore tanto puro:
questo il miracolo eterno dellarte. Affondato nel disordine artistico e morale
della Parigi in cui visse, disordine per di vita e di fermenti creativi, egli ritraendo
la ragazzina di Montmartre, forse una figlia del suo portinaio, ci rid dopo secoli
quellemozione che soltanto i senesi, con la loro linea irreale e il loro colore puro
avevano saputo prima darci. Ancora sino a qualche anno fa cera chi rimproverava
a Modigliani i suoi visi lunghi, le sue tinte piatte. Vi sentireste voi di fare altrettanto?
i
Il gallo
Marc Chagall
Centre Pompidou - Parigi
ottobre 1957
Marc Chagall un altro straniero, come Picasso, come Modigliani, venuto a Parigi nei primi anni di questo secolo per aggiornarsi sulle nuove
mode artistiche. Come i primi due egli, lontanissimo da casa, non solo non
rinnega lo spirito della propria terra, ma, sollecitato dalla nostalgia, ne estrae i
succhi pi profondi inventando, per cos dire, una pittura russa che in Russia forse
non era mai esistita. Nato a Vitebsk nel 1887 da un piccolo mercante di pesce,
studi pittura alla scuola di Belle Arti di Pietroburgo, allora, come ora, retta da
maestri quanto mai accademici. La sua natura insieme rivoluzionaria e fantastica
non poteva piegarsi alle regole di meschino pseudonaturalismo della scuola; il
1910 lo vede gi a Parigi abbeverarsi alle torbide ma vitali linfe del fauvismo e del
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cubismo. Neppure queste scuole per, che pure esercitarono unazione positiva,
liberatrice, sul giovane pittore russo, possono insegnare molto a un artista cos
singolare, anche nei suoi limiti. Allo stesso modo Chagall non avr da insegnare
nulla di utile a nessuno: non si immagina senza fastidio qualcuno che imiti i suoi
colori irreali, le sue composizioni assurde, i suoi stravolgimenti.
La grande novit di Chagall rispetto agli artisti pi innovatori del suo tempo, sia
nel colore, come Matisse, sia nella resa dello spazio e della forma, come Picasso,
consiste nel fatto che mentre essi partono sempre dalla realt, sia pure per arrivare
poi chiss dove, il pittore russo invece parte sempre dal sogno. Non detto daltra
parte che nel sogno le cose debbano necessariamente modificarsi, quello che
certo che esse non obbediscono pi alle leggi della gravit e del tempo. Cos
in Chagall i fidanzati del piccolo villaggio russo volano senza accorgersene al di
sopra delle casette e delle cupole, mentre senza nessuno stridore dal fondo si profila
la sagoma della Torre Eiffel: il tutto canta in colori, dal rosa al verde allazzurro
al rosso allarancione, che non hanno nessun riferimento alle forme sulle quali
sono stesi. Colori simbolici, dunque, ma alla cui origine sono simboli dei quali
noi ignoriamo il significato. E anche questo rientra nella logica illogica dei sogni,
che ci deliziano o ci impauriscono sin che siamo addormentati, e non ci dicono
pi nulla appena svegli.
Cos, con la medesima libert con la quale vi lasciate incantare da un sogno mattutino (anche Dante diceva che sono i pi belli), abbandonatevi al sortilegio dipinto
di Marc Chagall che vi presentiamo: unopera fra le pi caratteristiche del maestro
nel suo ritmo teneramente fantastico, nella sua invenzione freschissima, nel suo
colorismo insieme candido, barbarico e raffinato.
novembre 1957
Cristo deriso
Georges Rouault
Museum of Modern Art (MoMA) - New York
Con tanti ismi che si sono succeduti vertiginosamente, quale
pi quale meno giustificato, sulla scena artistica da cinquanta anni a questa parte,
Georges Rouault non sapresti proprio a quale, sia pure alla lontana, assegnarlo.
Parigino che pi non si potrebbe (il pittore nacque a Rue de la Villette il 27
maggio del 1871) Rouault fu scolaro del simbolista Gustave Moreau, vicino ai
fauves, precursore degli espressionisti, ma in fondo lunico maestro che gli abbia
veramente insegnato qualcosa il vetraio Hirsch, presso il quale fu apprendista sui
quattordici anni. A Mastro Hirsch erano state portate allora, perch le riparasse,
delle vetrate antiche, e furono esse, come Rouault stesso doveva poi riconoscere, a
folgorarlo sulla via di Damasco. Tutta la lunga, operosa vita del pittore stata dedicata a dipingere quadri che savvicinassero alla solenne sintesi formale e coloristica
delle vetrate medievali, e soprattutto alla loro grandiosa suggestione mistica.
Perch, va detto subito, Georges Rouault vuol essere ed sinceramente e senza
sforzo un artista religioso. Precisiamo: cristiano. Come lo erano appunto i grandi
anonimi maestri, costruttori e scultori e vetrai, che innalzarono verso il cielo e
decorarono le sublimi cattedrali romaniche e gotiche. Questo parigino che non
s quasi mai allontanato da Parigi, e che la metropoli ha conosciuto in tutti i suoi
aspetti, non esclusi i pi orrendi, ha quasi sempre rinarrato nelle sue composizioni
il dramma della Passione. Ma non s ispirato che guardandosi attorno, spremendo
dalla realt quotidiana quei motivi di dolore e damore, di tragedia e di speranza che
formano linsostituibile messaggio del Vangelo. Le figure di Cristo e dei suoi carnefici vivono nelle sue tele come contemporanee a noi, nella loro tragica fissit, nel
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Piet Mondrian il pi assoluto e intransigente dei pittori
astrattisti, ed giusto con lui chiudere la serie dedicata alla pittura moderna, dato
che dopo lastrattismo non si vede che ci possa essere: forse soltanto la tela bianca o
macchiata dal colore spruzzato a caso dallalto (anche questo, state sicuri, s fatto,
ma a noi non interessa pi).
Mondrian invero non ha mai lasciato nulla al caso, se mai ha troppo fidato
sullintelligenza, troppo poco sul sentimento. Nato in Olanda, dopo un primo
periodo naturalista, del quale ci rimangono opere assai belle, come il Paesaggio con
nube rossa (1908) in cui la sintesi non ancora arrivata alla geometria, egli parte
per Parigi, meta obbligata di tutta, o quasi, la pittura giovane nel primo quarto del
nostro secolo.
Fauvismo, espressionismo, cubismo, tramontata la felice giornata impressionista
col finire dellOttocento, tengono vittoriosamente il campo. Ma Mondrian, coi
suoi occhialetti lucidi, pi da scienziato forse che da artista, non si butta allo
sbaraglio con gli uni o con gli altri: guarda, giudica, sceglie. E fa poi a modo suo.
A questo periodo desperienze varie e contrastanti appartengono alcuni capolavori
di Mondrian. Basti ricordare la serie dellalbero de LAia, un grande albero dalla
chioma amplissima che egli si porta nel cuore come unossessione e che ci d sulla
tela, sempre uguale e sempre diverso, con la fantasia e il rigore con cui i musicisti
del Settecento variavano un medesimo tema.
Quello che vedete Lalbero rosso, che si pu considerare laddio definitivo di
Mondrian alla natura e al figurativo. Comincia, dopo qualche non felice esperimento
cubista, il periodo neoplastico: pazienti ricerche di accordi a scacchiera con colori
chiari e scuri, composizioni di pi e di meno, reticoli spezzati. A questo punto,
nel sempre pi arduo cammino verso quello che egli considera lassoluto dellarte,
Mondrian decide, come uno scalatore di cime che si sbarazzi del bagaglio superfluo
per sopportare meglio laria rarefatta delle altitudini, di limitare le linee a verticali
e orizzontali, i colori a rosso, giallo e blu. E basta? Proprio cos, e niente di pi.
Tipica di tale orientamento la Composizione in rosso giallo e blu (1929) (notare
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loro colore spesso e severo che sillumina misteriosamente come quello delle vetrate
antiche. Oltre alle immagini ispirategli dalla fede, Rouault non ha quasi altro ritratto che pagliacci da circo e donne perdute, considerati con profonda, cristiana piet.
Il Cristo deriso del Museo darte moderna di New York vi colpir alle prime atrocemente, ma alla fine la profonda stanchezza e bont che emana dalla figura dellUomo-Dio non potr non commuovervi. Da molto tempo nessun pittore aveva
saputo esprimere con tanta autenticit e forza lessenza del cristianesimo. miracoloso, e giusto, che Rouault lo abbia saputo fare non isolandosi, ma vivendo nel
proprio tempo, non chiudendo gli occhi sul male, ma guardandolo senza paura,
nella certezza che il bene esiste.
Anche in questo il grande pittore francese si riallaccia alla tradizione pi antica e
alta dellarte del suo paese, che quella medievale.
Gli anonimi maestri che hanno fatto fiorire dalla terra di Francia le meravigliose
cattedrali, e le hanno adornate di statue e vetrate e affreschi e tavole sublimi di
trascendenza religiosa, serano ispirati alla vita entro la quale erano immersi, con
la stessa nuda, assoluta sincerit.
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dicembre 1957
Lalbero rosso
Piet Mondrian
Gemeentemuseum - LAia
che Mondrian, a differenza di certi falsi astrattisti dellultima ora, non cerca di
gonfiare il significato dei suoi quadri con titoli simbolici. Si limita a indicazioni
di pura verit).
Non c molto da dire duna tela cos priva di qualsiasi appiglio naturalistico o
psicologico, bisogna contentarsi, se si pu, di goderne i colori puri, i ritmi di linee.
Sino alla morte, che lo colse a New York, dove sera trasferito dopo linvasione delle
sue due patrie, lOlanda e la Francia, Mondrian non fece che ripetere allinfinito
il suo alto gioco intellettuale di linee e di colori, portando la pittura ai limiti del
nulla, ma salvandosi. Dimostrando almeno, sempre, una seriet assoluta, e una
buona fede indubbia.
Non si vuole qui cercare di giustificare, tanto meno additare come esempio,
unarte cos impenetrabile ai non addetti ai lavori, cio a chi non critico o
artista egli stesso, in grado di apprezzare la sua nobilt e sottigliezza, di valutare la
sua suprema perfezione formale.
Forse limportanza pi grande di Mondrian sar in futuro da valutare rispetto
allinfluenza, enorme, avuta da lui sulla scuola darchitetti nordici che fond, si
pu dire, quello stile moderno, a superfici lisce, che dopo una lunga e non facile
battaglia sembra aver vinto dovunque.
Quando vedete uno stabilimento, o un palazzo duffici, o una villa che vi
convincono particolarmente per il gioco di superfici di colori e di linee, gioco in
cui non entra nessuno degli elementi che fecero grandi le architetture del passato,
ripensate a Mondrian, ai suoi quadri che probabilmente non vi hanno troppo
convinto. E riconoscetegli qualit anticipatrici e profetiche non comuni.
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febbraio 1961
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Bruegel. Guardate questo che, dipinto nel 1565, sta al Museo di Storia dellArte di
Vienna. Il titolo, non sappiamo bene se originale o dato pi tardi, Cacciatori nella
neve; qualcuno lo chiama Linverno. Non ha molta importanza, quel che certo che,
ammesso pure che il soggetto principale del quadro sia la raffigurazione di cacciatori
che tornano stanchi verso casa, il tema profondo dellopera la vita delluomo, non
sentita allegoricamente, ma data con una verit incredibile, guardando con occhio
limpido lora di un giorno qualsiasi nella sua luce irripetibile. Non si finirebbe mai di
guardarlo questo paese nevoso e aperto nel quale non sta accadendo nulla di speciale:
cacciatori camminano seguiti da cani, contadini lavorano attorno a un fuoco, altra
gente si muove pi lontana, altra lontanissima pattina sul ghiaccio mentre un uccello
si stacca dai rami nudi, altri stanno fermi sui rami stessi che ancora orlano una neve
fresca. La composizione non ha nulla di preordinato, tagliata in modo che noi
possiamo cogliere uninquadratura essenziale, ma non lunica. Si fosse spostato a
destra o a sinistra, col suo obiettivo supremo, il pittore ci avrebbe dato altrettanta
verit e altrettanta poesia: c s equilibrio, ma senza simmetria, un equilibrio
ottenuto con una naturalezza che ha qualcosa di magico. E non un tale risultato il
pi alto che un artista possa ottenere?
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aprile 1961
Hieronymus Bosch
Muse du Louvre - Parigi
Allinizio la differenza fra pittura (e civilt) fiamminga e pittura
(e civilt) olandese non rilevante. Poi, e possiamo precisare, nel Seicento, la pi
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settentrionale delle terre basse, appunto lOlanda, porta a una dorata, assoluta
maturit la sua vocazione borghese ed esprime una cultura artistica di originalit e
modernit sorprendenti, inconfondibili. Baster far due nomi, quello tempestoso
di Rembrandt e quello sereno di Vermeer, per evocare una delle punte pi alte
non soltanto della pittura europea ma dello spirito umano. Dopo leroico sforzo
del Rinascimento italiano, culminante e gi volto alla crisi in Michelangelo, era
fatale unalternativa (apparentemente) in minore, una discesa dallOlimpo nella
vita di tutti i giorni: vedi scuola danatomia, paziente ora di cucito (Rembrandt
e Vermeer). Luna e laltra, si capisce, sublimate dalla fantasia poetica, cromatica e
luministica, dei due maestri.
Fra la fine del Quattrocento e la prima met del Cinquecento, dicevamo, lanima
olandese non si era ancora formata, e placata, nella consapevolezza della propria
singolarit. Erano anni turbati e turbolenti. Riforma e controriforma segnavano
con il loro contrasto pugnace e vitale
il destino dellEuropa. In questo Non tanti anni dopo, William Shakespeare
interessantissimo momento della parla dun racconto privo di senso, pieno
storia dei paesi che si chiameranno di rumore e di furia, recitato da un idiota.
in seguito Belgio e Olanda nascono Non vi pare che siamo molto vicini
e fioriscono Pieter Bruegel il Vecchio a Hieronymus Bosch?
(del quale abbiamo parlato fra i
fiamminghi) e Hieronymus Bosch, le cui bizzarre invenzioni pittoresche risentono
certamente del processo di trasformazione spirituale in atto. Non facile scoprire
i nessi precisi che corrono tra ideologia e arte, specie quando si tratti di arte vera:
ma un fatto che i pacifici mostri popolanti le parabole e i proverbi figurati dei
due grandi pittori alludono enigmaticamente, eppure incontrovertibilmente, alla
congiuntura religiosa, politica e sociale in cui il mondo s venuto a trovare.
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Dei due lartista pi completo Bruegel, cui permessa una possibilit di riposi
e distensioni (descrizioni di paesaggio) che a Bosch non concessa. Ma entro i
limiti, non angusti, della sua commedia fantastica, Maestro Geronimo grande:
lui, in fondo, lunico vero surrealista della storia dellarte, ma non tale per vacuit
bens per pregnante forza intellettuale. Guardate a questo strano vascello,
dipinto circa nellanno 1500, e ora al Louvre. Da notare, subito, la smania da cui
preso il bel campionario dumanit meschina e goffa imbarcata nel barcherozzo
che non si muover mai in contrasto con la pace della natura che sta nel fondo. C
chi mangia e chi suona, chi sarrampica per una magra cuccagna e chi sfinito, nudo
come un verme, tenta dallacqua scura di aggregarsi; e c, assai significativo, chi
saffaccia come per rimettere. Insomma, senza che se ne possa trarre un significato
chiaro e razionale (ma come sarebbe possibile in tale materia?), riusciamo per a
leggere nel suggestivo quadro di Bosch unallegoria, una delle tante che un artista
pu concepire, della vita. Non tanti anni dopo un altro grande del Nord, William
Shakespeare, non doveva parlare dun racconto privo di senso, pieno di rumore
e di furia, recitato da un idiota?
Non vi pare che siamo molto vicini a Hieronymus Bosch?
Di tutti i grandi olandesi Rembrandt quello che, pur conservando e anzi potenziando i caratteri precipui della scuola cui appartiene, meno, a
prima vista, alla scuola stessa fa pensare. Cos accade, mettiamo, di Michelangelo
nei riguardi della tradizione fiorentina, senza la quale inimmaginabile, ma che
trascende in tal misura da non ricondurvici mai, se non dopo un esame lungo e
particolareggiato, minuto. Nelluno e nellaltro luniversalit, seppur nutrita di
succhi originari, preminente, e non soltanto un raggiungimento ma unaspirazione, unesigenza ansiosa, continua, insaziabile.
Rembrandt Van Rijn nasce nel 1606 e muore nel 1669, in pieno meriggio barocco,
ma a differenza di Rubens che assume le grandiose e qualche volta un po vacue
invenzioni formali provenienti dallItalia per riempirle di carne e di sangue,
insomma di natura, alla nordica, non si lascia troppo commuovere dalle novit. Se
c un pittore che gli insegna qualcosa Caravaggio, lantibarocco, la cui ricerca
luministica non mai fine a se stessa, anzi sempre portata avanti in funzione drammatica: umana, troppo umana, per dirla con Nietzsche.
Mentre la buona pittura olandese del suo tempo tende a specializzarsi, Rembrandt
non ha nessuna intenzione di farsi buon ritrattista, o paesaggista, o internista, o
naturamortista. Egli non si pone limiti di soggetti, passa dal religioso al profano,
dal mitologico al quotidiano, dalla vicenda biblica alla scena di genere, superandone ogni volta i limiti in una resa che ha, nella sublimazione del naturale e dellumano, un carattere universale assoluto. Parlavamo di Michelangelo: litaliano, erede
della classicit, idealizza luomo, lo deifica in un certo senso; Rembrandt, figlio
del naturalismo nordico, umanizza sino ai limiti pi simili la divinit, insomma
compie loperazione inversa. Per questo egli, nei tempi moderni, dal secolo scorso
in qua, ha esercitato una suggestione (pi che uninfluenza) senza pari, e tanto
sugli scrittori che sui pittori. I raggiungimenti pi alti del Realismo e dellImpressionismo, in letteratura e nelle arti figurative, quelleroico, e spesso riuscito, tentativo di portare alla poesia le cose e gli uomini di tutti i giorni non hanno in tutta
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maggio 1961
Cena in Emmaus
Rembrandt
Muse du Louvre - Parigi
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giugno 1961
La merlettaia
Jan Vermeer
Muse du Louvre - Parigi
Se di quel secolo doro della pittura olandese che il Seicento Rembrandt rappresenta lanima inquieta e tempestosa, Vermeer rappresenta
proprio il contrario: la pazienza, la calma, laccettazione della piccola realt quotidiana, virt che sul piano sociale e storico si usano definire borghesi, magari con
una sfumatura dispregiativa. Eppure con le virt suddette, che in lui sono prima
morali che artistiche, Vermeer arriva, parallelamente a Rembrandt, a una profondit e a una perfezione che hanno dellassoluto.
Nato nel 1632 a Delft (di cui ha lasciato una Piccola veduta indimenticabile) e
morto, ancora giovane, nel 1675, dopo essersi mosso ben poco di casa, Vermeer
risente, come tutti i pittori europei del tempo, dellinfluenza, forse mediata ma per
questo non meno autentica, del Caravaggio, del quale accoglie soprattutto le scoperte in fatto di luce e dombra. Naturalmente come carattere e come ispirazione
non si potrebbero trovare due personalit pi distanti, antitetiche.
La riscoperta di Vermeer, apprezzatissimo in vita poi a lungo negletto, si ha a met
del secolo scorso, e il merito da attribuire a un critico francese, Thor-Brger: il
che si spiega con lImpressionismo, nascente appunto in quegli anni, e tendente a
dare il massimo valore allesaltazione del vero attraverso il colore e la luce, cio a
quanto il pittore olandese aveva saputo fare come nessun altro.
vero che i temi umili sono comuni nel Seicento, specie olandese: ma visti sotto
unangolazione pittoresca, anticipatrice di unarte di genere sono sempre in
pericolo di cadere nel banale. Mentre Vermeer, con la sua meditazione lenta e
assorta, riesce a trasporre temi come la ricamatrice, il pittore nello studio,
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Diego Velzquez
Museo Nacional del Prado - Madrid
Senza esser stato un teorico vero e proprio, Diego Velzquez
(1599-1660) ha, in una sua definizione alla buona della pittura, affermato che
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Las Meninas
neppure tentato di sublimare o, perlomeno, di nobilitare, convinto che la sublimazione per lui non poteva altro avvenire che attraverso la combinazione di tocchi
colorati su di una superficie bianca, nella quale egli sapeva di non avere rivali. Non
sapremmo come meglio farvi intendere ci che mostrandovi questo grande particolare dello straordinario quadro che Las Meninas (Le Damigelle donore), dipinto
da Velzquez, nel 1656, e ora appeso
al Prado come una finestra aperta su Guardando Las Meninas ci sembra
un giorno del tempo perduto (ma di aver visto tutta la Spagna, col bruno
fermato per sempre con una verit da della sua terra e il miele della sua luce,
stordire).
con la dignit e la tristezza della sua gente,
La tela, abbiamo detto, pi grande e tanto, tanto altro.
e comprende tutta intera una stanza
del palazzo reale vista dal pittore in uno specchio posto pressapoco dove ora
siamo noi che guardiamo. In primissimo piano sta un grosso cane sonnacchioso, un po pi indietro, nel mezzo, protagonista lInfanta Margherita, circondata da damigelle e anche da nane; pi indietro, di poco, il pittore davanti al
quadro; pi indietro ancora, in uno specchio appeso alla parete il Re e la Regina;
infine, al di l di una porta aperta, in una luce pi spirabile, un sovrintendente
di corte. Aggiungiamo subito, per confermarvi lassoluta informalit della scena,
che il telaio a sinistra di voi che guardate non cos tagliato nel particolare, ma
cos perch il pittore lo ha visto e tagliato cos. Sembra che non abbia voluto
significare nulla, il pittore, con questo gruppo di famiglia spassionato, privo di
qualsiasi appiglio intellettuale, di qualsiasi intenzionalit. Eppure guardandolo ci sembra di aver visto tutta la Spagna, col bruno della sua terra e il miele
della sua luce, con la dignit e la tristezza della sua gente, e tanto, tanto altro.
Volevamo aggiungere, e non solo per darvi una notizia curiosa, che lultimo grande
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Francisco Goya
Museo Nacional del Prado - Madrid
La grande pittura spagnola, che ha il suo culmine nel Seicento, chiude pi tardi di tutte le altre scuole europee, con la personalit inquieta e
inquietante di Francisco Goya, nato e cresciuto nel Settecento e morto nel primo
Ottocento. Forse le date della sua biografia (1746-1828) aiutano a spiegare la sua
straordinaria evoluzione, dallorigine quasi, mai del tutto, accademica, alla conclusione estremamente personale, anticipatrice delle riuscite pi profondamente
e liberamente moderne dellarte venuta dopo. naturale cio che la storia, con i
suoi accadimenti formidabili, dalla crisi dellancien rgime alla Rivoluzione a Napoleone alla Restaurazione, abbia contribuito con i suoi traumi a drammatizzare il
progresso della pittura goyesca. Ma quanti altri non sentirono neppure in superficie quello che egli sent in maniera cos lacerante, negli stessi anni.
Erede della tradizione in cui eccelse Velzquez, Goya ci ha lasciato una serie di
ritratti singoli e di famiglia che uniscono unincantevole resa delle sete e dei velluti
cangianti che sono il vanto della moda settecentesca a una fulminea, impietosa
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delle loro fisionomie, che sono anzi impossibili a immaginarsi, come cancellate
dallorrendo atto cui sono intenti, cui sono condannati. La scena si svolge presso
un pendio giallastro (leterno giallo spagnolo) alla luce di un lanternone accecante, mentre nel fondo, contro un cielo notturno, le case, la chiesa degli uomini
hanno appena una consistenza larvale. Non c composizione, nel senso classico
della parola, ma la bruta realt colta nel suo improvviso accadere, nei suoi colori
veri e tuttavia sublimati dallimpegno morale dellartista.
A questo quadro si ispirato, decine danni dopo, douard Manet, ma la sua
opera, elegantissima, rimane molto al di sotto delloriginale. Del resto tutti gli
artisti appunto impegnati, o engags hanno sempre guardato a Goya, senza mai
raggiungerlo.
i
novembre 1961
Matthias Grnewald
Muse dUnterlinden - Colmar
A differenza di Drer, del quale contemporaneo, Matthias
Grnewald non tenta di correggere il suo aspro idioma germanico con la lingua
misurata e classica del Rinascimento italiano. Tedesco e tedesco vuol rimanere, il nostro pittore: in questo senso mirabile esempio di fedelt al proprio
sangue e alla propria terra, alla propria tradizione, per tutti gli artisti nordici
venuti dopo di lui.
In effetti, quando allalba del nostro secolo lEuropa si caccer nellavventura delle
avanguardie, differenziandosi per nelle varie nazioni, i tedeschi con lespressio-
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nismo si rifaranno soprattutto a uomini come Grnewald. E che cos lespressionismo se non quella componente eterna dellarte tedesca volta, senza compromissioni con il bello, alla espressione, appunto, dellumano, a costo di giungere al
troppo umano?
Lumano, che gli artisti del nostro secolo andranno cercando entro lo squallore
delle citt industriali e lo stridore di denti delle solitudini nevrotiche, un pittore
vissuto fra la fine del Quattro e il principio del Cinquecento poteva trovarlo benissimo nei temi religiosi cristiani. Che, vero, molti, anche grandi, artisti italiani di
quegli anni avevano tradotto in termini di perenne felicit cromatica e compositiva, ma presi alla lettera, dalle nude pagine dei testi sacri, e trasportati in linguaggio
figurativo attraverso una meditazione sincera, grondavano addirittura di umanit.
Su questa via Matthias Grnewald un artista, un poeta verrebbe da dire, da
mettere fra i supremi dellarte occidentale. La sua narrazione della Passione di
Cristo, che sta a Colmar, in Alsazia, e che la sua opera pi giustamente famosa, fa
impallidire al confronto, come resa drammatica dellevento, gran parte delle tante
Passioni dipinte per secoli in Europa.
Noi vi diamo qui il punto centrale del complesso e sublime polittico, quello che
rappresenta Cristo crocifisso tra Maria, la Maddalena e san Giovanni. Gi il paesaggio,
con la sua cortina di nuvole, appena lividamente aperto nel lontano sui monti
abbrunati, parla eloquentemente della tragedia toccata al Figlio di Dio. Il quale,
ingigantito fisicamente rispetto alle altre figure senza tener nessun conto dellormai diffusa misura del corpo umano, soffre per tutti noi in una contrattura muscolare e spirituale insieme che rasenta il grottesco. Proprio come sar nelle cose pi
autentiche della scuola espressionistica. La Croce stessa, il cartello stesso con la
dicitura INRI, sono dolorosamente malpiallati, scentrati, insomma torturati: la
sofferenza dellartista non ha mai un attimo di quiete, una distrazione.
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Laltro artista della scuola tedesca che presentiamo Albrecht
Altdorfer, nato a Ratisbona nel 1480 e morto circa nel 1538: siamo ancora nel
periodo di Drer e Grnewald, fra la fine del Quattro e il principio del Cinquecento, in quel singolare, fecondo momento in cui la pittura nordica viene colpita
dallaffermarsi possente del Rinascimento italiano. Dalla reazione, in parte negativa in parte positiva, risultante dallo scontro di due antitetiche maniere artistiche
e, prima, da due contrastanti concezioni della vita come sono la germanica e litaliana, nasce il singolare fascino della pittura di Drer, Grnewald, Altdorfer.
chiaro che questi artisti non vengono domati dalla misura classica rinata in Italia
con lUmanesimo, chiaro pure che ne vengono, in un certo senso, ipnotizzati:
cos, senza tradire la vocazione naturalistica che tante grandi cose ha fatto loro
compiere nel periodo, lunghissimo al Nord, del Gotico, apprendono a sfondare
per mezzo della prospettiva, nata a Firenze, lo spazio. I contatti che essi possono
stabilire con la scuola che domina, attraverso Roma, il mondo occidentale, non
sono sempre diretti, avvengono spesso per via di stampe e incisioni fedeli sino a
un certo punto allo spirito degli originali. Invece le testimonianze dellarte nata
libera e un po selvatica dalla loro terra e dal loro popolo le hanno sempre sotto
gli occhi nelle chiese, nei conventi, nei castelli. E hanno sotto gli occhi lumanit
e, soprattutto, quella natura indomabile, quelleterna foresta che gi compare nei
fondi sacri del Medioevo e sar motivo supremo nel grande momento romantico,
sia in pittura sia in poesia e in musica.
In questo senso Albrecht Altdorfer il pi germanico di tutti gli artisti tedeschi:
da lui la natura sentita come da nessun altro, con un soffio cos grandioso da
anticipare veramente Hlderlin e Beethoven. Guardate questa Resurrezione di
Cristo, che faceva parte di un grande polittico posto sullaltare di San Floriano,
nellAlta Austria, e paragonatela mentalmente con qualche Resurrezione famosa
dellarte italiana, mettiamo con quella di Piero Della Francesca che sta a Borgo
San Sepolcro. Il nostro pittore ha composto la scena con il rigore assoluto di
un drammaturgo classico, senza concedersi nessuna distrazione, senza cedere a
nessuna tentazione di pittoresco. Ecco invece Altdorfer far cadere il momento
sublime della Resurrezione entro il pi incredibile sfondo di tutta la pittura
dellepoca, quasi volendo che levento sacro abbia un corrispettivo altrettanto
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Ma che dire della Maria tutta bianca nel volto e nel misero petto entro il bianco
del manto, di una spettralit che non ha uguale in tutta la pittura? Che dire di
san Giovanni col suo ditaccio puntato, a costo, pur di essere esplicito, di rasentare
la goffaggine? Anche lagnellino simbolico presso il calice dorato non ha nulla
di grazioso, nellatteggiamento troppo scopertamente simbolico: tuttavia il suo
impaccio, il suo corpicciolo un po sformato diventano, in virt dellemozione
dellartista, estremamente patetici.
Nellorrore, anche coloristico, dellopera loro della chioma di Maddalena, che
ha la nervosit vegetale delle radici quando vengono allo scoperto, saccorda poi
meravigliosamente col rosa della veste. Questa tenerezza di materia pittorica
fiorita ai margini della pura tragedia una di quelle apparenti dissonanze di cui
larte moderna s fatta paladina anche troppo cosciente, ma che in Grnewald ha
unautenticit, una necessit interiore commovente.
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dicembre 1961
Resurrezione di Cristo
Albrecht Altdorfer
Kunsthistorisches Museum, Gemldegalerie - Vienna
sorprendente e meraviglioso nella natura. Mentre in primo piano Ges, alto sul
sepolcro, abbacina e quasi tramortisce i soldati che erano stati posti di guardia
e gli angeli, lontano, al di l dei pini e dei monti, il sole che sorge vince vittoriosamente la luna che tramonta. tutto un cangiare e trascolorare e rifulgere
e impallidire di tinte duna straordinaria forza poetica e insieme di una quasi
scientifica precisione. Qui il naturalismo nordico, non applicato rigidamente,
ma sentito con profonda partecipazione spirituale, d qualcosa che mai larte
italiana, erede di Atene e di Roma, aveva toccato.
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febbraio 1962
William Turner
Tate Gallery - Londra
Se il Settecento vede in Inghilterra una fioritura di deliziosi
ritrattisti, spesso molto sensibili anche alle bellezze della natura in cui essi immergono i loro personaggi, lOttocento assiste, nellisola, allesplosione di una grande
poesia e di una grande pittura. Luna e laltra mosse da quello spirito romantico
che, pur toccando i risultati supremi nella Germania di Goethe e di Beethoven,
in Inghilterra ricchissimo, libero da certi eccessi ideologici che gravano invece
non soltanto alcuni aspetti dellarte germanica, ma pure di quella francese, negli
stessi anni.
Sono due le figure veramente rappresentative della pittura inglese dellet romantica: Turner e Constable. singolare come la poesia, forse con un certo anticipo,
presenti allora in Inghilterra due personalit che rispondono a quelle dei pittori
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nominati sopra. Vogliamo dire Coleridge e Wordsworth, il primo nella sua tendenza al fantastico pi simile a Turner, il secondo nella sua quieta, virgiliana elegia
pi simile a Constable. Le affinit, non volute, sono impressionanti.
Turner nacque a Londra nel 1785 e vi mor nel 1851, e viaggi molto, specialmente
in Svizzera e in Italia allora molto di moda. Egli dipinse soggetti di ogni genere,
ispirandosi ora alla storia, come nella sua famosa Distruzione di Sodoma, ora alla
cronaca, come nellaltrettanto e forse pi famoso Incendio del Parlamento, ora ispirandosi alla natura nel suo variare infinito. Ma quali che fossero i contenuti delle
opere che intraprendeva, la vigorosa fantasia creatrice del pittore riusciva a esprimersi liberamente. Con una libert tale anzi che molte volte gli ambienti accademici e la critica lo biasimarono con una severit che non mostrarono per nessun
altro artista del suo tempo. Ma proprio perci la sua fama and sempre crescendo,
ed ormai certo che gli impressionisti francesi ricevettero da lui il primo avvio per
le loro ricerche. C un viaggio a Londra di Claude Monet, con una sua visita alla
Tate Gallery, allorigine del movimento che doveva trasformare la pittura europea
a met del secolo scorso.
Il quadro che vi mostriamo sta appunto alla Tate Gallery, si intitola Piroscafo nella
tempesta di neve ed stato positivamente definito da Ruskin apocalisse dei cieli,
negativamente da un critico del quale il nome non direbbe nulla dipinto di bolle
di sapone e di calcina.
Si racconta che per dipingerlo Turner si fosse fatto legare allalbero di una nave,
naturalmente non meno nei pasticci di quella che vedete qui presa in un turbine
incredibile. Turbine di colore, naturalmente, insieme descrittivo e fantastico,
secondo il carattere apparentemente contraddittorio ma invece mirabilmente
coerente dellartista. Siamo ai limiti non solo dellimpressionismo, ma addirittura
dellinformale: un informale non di maniera, come quello di molti pittori di oggi,
ma estratto dalla natura. La nave la vedete, sar stata una nave moderna, allora,
tanto vero che va gi a vapore e butta fuori il fumo, un fumo che si confonde con
le nubi, lacqua, la neve. Il tutto preso in un vortice nel quale siamo presi anche
noi, in una sorta di ebbrezza esaltante, simile a quella che ci possono dare certi
fortissimi della musica romantica.
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i
marzo 1962
John Constable
Yale Center for British Art, Paul Mellon Collection - Yale
John Constable, nato nel 1776 e morto nel 1837, vive a cavallo
dei due secoli, nel momento pi grande e creativo del Romanticismo europeo.
Ma si sa che in Inghilterra questo movimento nasce in anticipo e con caratteri
tutti suoi, pi liberi e naturali che altrove. Anche in questo, come in tante altre
cose, gli isolani procedono empiricamente, senza troppo preoccuparsi di dare
una base teorica o, come si direbbe oggi, ideologica alla loro azione. Il che li
rende immuni dai pericoli dellastrazione, della rigidezza, del fanatismo.
Nella seconda met del Settecento, certamente per giusta reazione alleccesso di
razionalit cui si era voluto sottoporre larte nei primi cinquantanni del secolo,
nei quali trionfa lIlluminismo, vanno nascendo qua e l fermenti, in tutti i campi
dello spirito, cui noi oggi abbiamo dato il nome di anticipazioni preromantiche. E
lInghilterra ne pi ricca di ogni altro paese: la poesia giovanile di Wordsworth
e di Coleridge e la contemporanea, parallela pittura di Constable e di Turner ne
sono gli esempi pi singolari.
Dopo due francesi, un italiano: Antonio Ligabue da Reggio
Emilia. Il tipo altrettanto bizzarro, ma in maniera diversa, che Rousseau e Bauchant, e altrettanto autentico, e non professionale, pittore.
Individuare il suo status, la sua condizione prima, cos da affibbiare al suo nome
un aggettivo come si fatto con doganiere ed erborista per i due maestri doltrAlpe, non facile, forse impossibile. Si potrebbe provare con vagabondo,
lasciando alla parola tutte le sue ambiguit, i suoi riflessi cangianti, il suo bene e il
suo male. Cos che in essa spiri quellaria libera, di strada aperta e spazzata dal vento,
e insieme ristagni quellafrore acre, un po ferino, di vita irregolare, che sentiamo in
alcuni grandi poeti dellet moderna, da Rimbaud a Verlaine a Campana.
Ligabue un uomo della bassa reggiana, un figlio di quella gente alacre e sanguigna che ha costruito sulla riva emiliana del Po una serie di piccole citt stupende,
Boretto, Gualtieri, Suzzara, Guastalla, dotandole di una campagna fra le meglio
coltivate del mondo. Si capisce che in tanta concretezza di interessi e sana, violentemente sana, accettazione della vita, un uomo come Ligabue non potesse trovare
un ritmo desistenza misurato e tranquillo. Tuttavia egli non si distaccato da
questo ambiente, anzi vi si immerso sino al collo, cavandone un sacco di guai
e di ispirazione. Se avesse emigrato verso le grandi citt, dove persino i sarti e gli
osti proteggono gli artisti, vestendoli e ingrassandoli, avremmo un professionista
del pennello di pi e un pittore di meno.
Ligabue rimasto nella sua patria, si muove fra Reggio e la zona rivierasca su delle
motociclette assurde (pare che ne abbia una quindicina, tutte degne del cimitero
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settembre 1962
La Troika
Antonio Ligabue
Collezione privata
delle macchine), vive quella vita singolare che il suo temperamento, venuto in
conflitto con la realt dellambiente, gli procura. ospite un giorno di questo
mezzadro, laltro di quel fittavolo: gente soda e allegra che finisce per appendere
in tinello, vicino alle fotografie ingrandite dei familiari scomparsi, i poetici sogni
colorati dellamico, e compagno di tavola, Antonio Ligabue.
Il quale ha avuto il suo scopritore, il suo Apollinaire, nello scultore Mazzacurati,
che gli ha organizzato mostre, portato critici illustri. Ma il nostro vagabondo
rimasto sempre lo stesso, non uscito dal suo mondo limitatissimo e smisurato.
Cosa dipinge, e come dipinge Ligabue? I soggetti sono vari, sia dal vero (ma come
fossero inventati), per esempio coniglioni e gatti di cortile, che inventati (ma
come fossero veri), per esempio combattimenti di leoni e di tigri nella foresta. Il
suo segno forte, aspro, e se morbido ha la morbidezza un po ruvida della lana
filata in casa; il suo colore intatto, diretto come quello degli attrezzi agricoli e
degli utensili domestici. Le sue immagini, cos, prendono un rilievo robusto, da
intaglio ligneo ravvivato per virt di una vernice rustica e favolosa.
Il quadro che vi presentiamo non dei pi comuni, come tema, nellopera
dellartista, innamorato di flora e fauna africana, conosciute attraverso enciclopedie popolari e libri per scuole inferiori. Questa Troika, che probabilmente trae
il suo soggetto da una lettura romanzesca di Ligabue, una delle poche narrazioni pittoriche dei nostri tempi. Sullo stupendo sfondo della steppa presa nella
bufera di neve uomini e animali lottano con atterrita (o allegra) ferocia. Il moto
vorticoso, incredibile, ma la composizione regge a meraviglia, tanto che lopera
nella sua bruta, fulminea espressivit, sembra daltra parte alla lontana echeggiare
remoti esempi di pittura classica, come il supremo mosaico alessandrino della
Battaglia di Isso.
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Giorgio Morandi
Francisco de Zurbarn
Cimabue
douard Manet
Antonello da Messina
Georges Braque
Tiziano Vecellio
Rembrandt
El Greco
Jean-Baptiste-Simon Chardin
Albrecht Drer
Paul Czanne
Thomas Gainsborough
Pablo Picasso
Ben Shahn
Henri Rousseau
Ambrogio Lorenzetti
Andr Bauchant
Beato Angelico
Jan Vermeer
Pierre Bonnard
Canaletto
Albrecht Altdorfer
Alfred Sisley
Andr Derain
Arnold Bcklin
febbraio 1957
Natura morta
Giorgio Morandi
Collezione eni
Il Novecento, nella sua prima met, ha visto in letteratura
e musica, architettura, pittura e scultura, un cos vertiginoso avvicendarsi di
scuole e personalit, che la gente, incapace di tenervi dietro, ha pensato bene di
disinteressarsene del tutto rifugiandosi nel passato e nelle sue opere stagionate e
sicure. Ma era inevitabile che lassoluta libert conquistata dagli artisti nel secolo
precedente, sia rispetto ai temi che alle forme, provocasse una notevole confusione; altrettanto naturale che il pubblico alle prime non riuscisse ad orientarsi.
Eppure cubismo e futurismo, espressionismo e surrealismo, per non nominare
che i movimenti pi conosciuti ed importanti, non nacquero da un capriccio,
ma risposero a esigenze autentiche di rinnovamento dei temi, appunto, e delle
forme.
Gi sul finire dellOttocento Paul Czanne aveva reagito allestrema passivit
degli impressionisti di fronte al vario e mutevole flusso della realt, cercando di
ridare alla realt stessa una struttura mentale, solidificandone la materia in forme
monumentali, solenni, religiose. Ma il suo eroico sforzo per riportare la pittura
sul piano di spiritualit che essa aveva toccato nei tempi di pi grande splendore,
da Giotto a Masaccio a Michelangelo a Poussin, se chiuse definitivamente let di
creazione felice dellimpressionismo, ne apr una anche troppo inquieta e soggetta
allinvenzione intellettuale.
Dal suo quadro La capanna del Giura, circa del 1904, ai primi paesaggi cubisti
dipinti in Spagna nel 1906 da Pablo Picasso corre un legame evidente: nelluno
e negli altri in atto una geometrizzazione della natura. Ma mentre Czanne
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tendeva a un nuovo, severo ordine delle cose, Picasso si avviava verso la lacerazione di ogni ordine.
Per quanto pi imponenti in Francia, dove gli immigrati Picasso (spagnolo), Modigliani (italiano), Chagall (russo) e i francesi Matisse, Rouault, Braque seppero
variamente e validamente portarSenza scomporre il vero, come Picasso,
le su un piano di creativit estetica,
o deformarlo, come Modigliani,
le scuole di avanguardia allignarono
anche fra noi.
Morandi ha saputo ricrearlo per noi
Nel primo quarto del secolo tutti i
in maniera miracolosa.
pittori che oggi risultano aver rinnovato larte italiana, da Carr a De Chirico, da De Pisis a Morandi, furono futuristi o metafisici, primitivisti o espressionisti. Furono: ma tutti a modo
loro superarono ben presto la fase rivoluzionaria dei puri esperimenti tornando,
senza rinnegare quanto avevano ottenuto nella ricerca, nella tradizione, spesso
arricchendola.
Il pi dotato e insieme il pi controllato di questi artisti il bolognese Giorgio
Morandi.
Egli non si mai mosso dalla sua terra e non si allontanato da pochi temi profondamente sentiti: il paesaggio emiliano nella sua pi umile accezione, gli oggetti
pi quotidiani e polverosi della casa. Non sembri poco. In una continua ricreazione compositiva e cromatica le case e le piante, le lucerne e le bottiglie di Giorgio
Morandi assumono aspetti che non finiscono mai di stupirci e di incantarci.
Lo spazio fra un albero e un muro, fra una scatola e un mobile diventa volta a volta
lirico o drammatico in Morandi; cos come i toni del colore, variando appena,
generano accordi di diversa ma sempre altissima intensit. Senza scomporre il
vero, come Picasso, o deformarlo, come Modigliani, Morandi ha saputo ricrearlo
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Quand che luomo ha cominciato a ritrarre il volto delluomo, cio se stesso, usando pennello e scalpello? Si pu risalire molto indietro nei
secoli, e incontrare luomo divinizzato o il dio umanizzato, si possono trovare
infinite testimonianze della continua e sempre diversa ricerca condotta nellintento di figurare quella piccola cosa che pure sta al centro delluniverso: luomo.
Ma noi, in questa nuova serie di tavole a colori abbiamo voluto limitare il campo,
puntando esclusivamente sul ritratto. La sublime esattezza dello Scriba egizio, lideale perfezione dei cavalieri del Partenone, e pi tardi, i giganti della Cappella Sistina, rappresentano il volto delluomo, e in maniera suprema: ma non per
questo rientrano nel nostro assunto, che di dare volti di persone realmente esistite, umili o grandi che fossero, e che larte ci ha tramandati nelle loro fisionomie e
nei loro atteggiamenti, per sempre.
Non potremmo che iniziare con unopera romana: i romani infatti avranno
imparato questo dagli etruschi, questaltro dai greci, nel ritratto per sono stati
i primi. La loro concretezza, il loro senso della realt li ha portati, in letteratura
e nelle arti, a non divagare dalla vita, ma a cercare di renderla il pi veracemente possibile, senza preoccuparsi di raggiungere unideale forma di bellezza, di
grazia o di forza.
Esemplare per ferma asciutta resa dei caratteri fisici e morali dellindividuo la
ritrattistica scultorea romana: chi non ricorda almeno qualcuna di quelle teste
che fanno rivivere, con unevidenza impressionante, la gente dallora?
Ma anche la pittura, della quale purtroppo sono rimaste poche cose, e non certo
in buono stato, vanta qualche pezzo stupendo del genere. Primo fra tutti questo
doppio ritratto pompeiano in cui il panettiere e duumviro Paquio Proculo
visto accosto alla moglie, in un istante di vita rapito al tempo, di una verit stupefacente.
I due si sono messi un po come quando si va dal fotografo, e il fotografo, scusate,
il pittore, li ha un tantino arrangiati, pregando lei di prender quellatteggiamento
di riflessione domestica, lui non sappiamo bene di che fare. Comunque lei ha eseguito per benino lordine, lui non ce lha fatta, ha portato nervosamente la mano
al petto, e si bloccato del tutto, guardando, come si dice, in macchina.
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per noi in maniera miracolosa. Si guardi la natura morta riprodotta accanto, che
sul finire del periodo detto metafisico, nel quale Morandi ritrova la severa
misura, la solidit della pittura italiana prima del Cinquecento.
I ritmi dellambiente spaziale e degli oggetti inseriti sono monumentali come in
Giotto o Masaccio, i colori, in funzione di tale composizione, sono tenuti su toni
gravi che rintoccano in noi lungamente.
Non che un momento nellinfinita variet, dietro lapparente monotonia, della
grande opera morandiana, che ne ha altri di pi rapita felicit, di incantevole
abbandono in una gamma che non ha forse uguali nellarte italiana e, possiamo
aggiungere, mondiale della nostra epoca. La quale, non si nega, sar anche nellarte come in tutto il resto travagliata da una crisi profonda, rispetto ad altre pi fortunate, una crisi per che trova una interpretazione e insieme un superamento in
artisti come Giorgio Morandi, che ne ha sentito le contraddizioni ma le ha sapute
vincere sul piano eterno dellarte.
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gennaio 1958
da Pompei
Museo Archeologico Nazionale - Napoli
Insomma davvero come una suprema fotografia, non scattata e impressa macchinalmente, ma eseguita con pazienza e genio da un uomo che, postosi davanti
al vero, lo ha saputo cogliere in pieno, analizzandolo prima minutamente, portandolo poi a una sintesi perfetta.
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febbraio 1958
San Francesco
Cimabue
Basilica di San Francesco - Assisi
Il volto umano che vi presentiamo oggi il volto di un santo,
quello del Poverello dAssisi. La vita e larte, nei secoli che sono passati da quando
lanonimo pittore romano ha ritratto i due sposi che avete conosciuto laltra volta,
sono state profondamente trasformate dallavvento del cristianesimo.
Perch la vita potesse uniformarsi ai precetti della fede, sentita con fortissima
intensit, era necessario che larte, pur senza venir meno al suo compito, che
quello di rappresentare, si mettesse al servizio della fede medesima. N la bellezza
e armonia fisica, perseguite dalla grande arte greca, n lindividuazione realistica del carattere individuale, ricercata dallarte romana, sono fra gli scopi che il
pittore, lo scultore medioevale si prefiggono. Quel che importa, raccontando per
immagini la Storia sacra o le vite dei santi, ledificazione religiosa dellanima del
credente, che a quelle immagini si rivolto per chieder conforto e speranza.
Let in cui questarte tocca il pi alto respiro mistico insieme alla pi grande forza
espressiva si ha in Italia fra la seconda met del Duecento e la prima del Trecento:
unet tutta riverberata dalla parola e dallazione francescane. Ed ecco Cimabue,
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Ritratto duomo
Antonello da Messina
Galleria Borghese - Roma
Il Quattrocento segna la riscoperta delle opere darte antiche, romane e greche,
pi romane che greche, e insieme, in un certo senso conseguente, un appassionato interesse alluomo e alla natura. I toscani, Brunelleschi, Donatello, Masaccio,
sono i pionieri di questo rinnovamento prima spirituale che formale: la prospettiva e la resa plasticamente rigorosa del corpo umano trovano nei tre, un architetto,
uno scultore, un pittore, i fondatori supremi, mai pi eguagliati.
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A met del secolo Piero della Francesca fa irrompere la luce vera negli spazi e sulle
figure, ed ancora un passo avanti in quella parabola rinascimentale che toccher
il suo zenit glorioso, ma gi con le prime ombre crepuscolari, nel Cinquecento di
Raffaello e Michelangelo, del Correggio e di Tiziano.
Di volti umani, di ritratti per la nostra breve storia, il Rinascimento ne ha moltissimi e di una variet infinita. Noi abbiamo voluto darvene uno estremamente
rappresentativo e di grande bellezza, ma non conosciutissimo. E di un maestro,
Antonello da Messina, che racchiude in una sintesi unica non solo i valori dellarte
italiana del suo tempo, ma anche di quella nordica, fiamminga, che parallelamente, seppur in maniera autonoma e in
un certo senso contrastante, svolge la In Antonello confluiscono e si fondono
stessa ricerca e tende allo stesso risul- in maniera mirabile tutti gli elementi
tato di rappresentazione delluomo e della cultura quattrocentesca.
della natura.
Lignoto che vi guarda dalla tavoletta della Galleria Borghese qui riprodotta
stato dipinto circa nel 1473. Simmagina che Antonello se lo sia fissato con
attenzione e pazienza infinite, secondo il metodo appunto dei fiamminghi, e
lo dimostra lombra lieve della barba sul volto, la minuzia puntigliosa con cui
sono stati ripresi uno per uno i cigli. Ma daltra parte come italiano, classico il
volume del viso visto di tre quarti, il fusto geometrico del petto, in cui le pieghe
dellabito diventano come scanalature dunantica colonna.
In Antonello veramente confluiscono e si fondono in maniera mirabile tutti gli
elementi della cultura quattrocentesca. Per giungere alla sua sublime riuscita
formale Antonello ha bruciato gli elementi, per lui secondari, della psicologia
individuale. Il suo Ignoto resta per noi veramente ignoto, misterioso, inaccessibile. Ma non chiediamo ad Antonello quello che egli non pu, non vuole darci
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e che ci verr offerto con dovizia dagli artisti del secolo che segue quello in cui
egli visse e intrepidamente oper.
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giugno 1958
Tiziano Vecellio
Galleria Palatina, Palazzo Pitti - Firenze
Il Cinquecento, che porta avanti le conquiste tecniche dellarte
quattrocentesca, senza naturalmente superarne lassoluta fermezza stilistica, ricchissimo di ritratti, ed era veramente imbarazzante sceglierne uno che rappresentasse il secolo. Alla fine ci siamo decisi per questo Tiziano, che sta a Firenze, alla
Galleria Pitti, dopo essere entrato nelle raccolte medicee per via deredit, dalla
famosa quadreria dei Duchi dUrbino.
Per tale provenienza c chi ha creduto di identificare, nel misterioso gentiluomo che ci guarda con i suoi occhi verdi, Guidobaldo da Montefeltro, mentre
altri lo hanno chiamato Ippolito Riminaldi, o il Duca di Norfolk, o pi genericamente lInglese.
Mentre lIgnoto di Antonello da Messina, che avete ammirato nel numero scorso,
era tale per completa mancanza di dati, questo Signore di Tiziano lo divenuto
per eccesso di ipotesi anagrafiche. Ma non ci dispiace che non si sappia bene chi
sia questo misterioso personaggio il cui abito scuro viene appena ravvivato dal
bianco azzurro del colletto e dalloro fulvo della collana; inutile sottolineare
il meraviglioso accordo di colori che il grande pittore veneto sa comporre con
questi tre semplici elementi. Non ci dispiace, dicevamo, perch ormai, affidata
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Ritratto di vecchio
Rembrandt
Galleria degli Uffizi - Firenze
Questo Ritratto di vecchio, che sta agli Uffizi, opera tarda del
grande pittore olandese Rembrandt, databile fra il 1664 e il 1669, anno di morte
dellartista. Laureo Rinascimento lontano, con la sua estiva pienezza e felicit,
e la pittura fiorisce splendidamente fuori dal suo centro, lItalia, con lo spagnolo
Velzquez, gli olandesi Rembrandt e Vermeer.
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Eppure il fatto rivoluzionario che aveva suscitato tale nuova libert, tale vitale
affrancamento dagli schemi gloriosi ma ormai esauriti dal classicismo, si deve a
un italiano, al lombardo Caravaggio, che nella Roma del primo Seicento rivolge
sul vero, bello o brutto non importa
purch sia vero, un implacabile raggio Alla fulminea rivelazione del carattere
di luce. Alla quale, nelle sue opere, si umano di Caravaggio, Rembrandt
oppone unombra altrettanto forte, fa succedere una lentissima scoperta
con effetti di severa, corposa dram- dellanima, scoperta portata
maticit.
sino alle profondit pi nascoste.
Rembrandt ricevette la lezione caravaggesca, nel tempo della sua formazione, da pittori del Nord che erano stati a
Roma, soprattutto da Gherardo delle Notti e da Adamo Elsheimer. Ma era artista
troppo originale per non procedere oltre: dove era luce, per lui fu mezza luce,
dove era ombra, penombra. Alla fulminea rivelazione del carattere umano ottenuta dal Caravaggio con violenta rapidit, Rembrandt fa succedere una lentissima
scoperta dellanima, scoperta portata sino alle profondit pi nascoste. Insomma il
riflettore cede il posto allo scandaglio.
Favorito dalla possibilit, maggiore nel suo paese, di trattare temi del vivere quotidiano, Rembrandt dipinge con la stessa sublime verit ronda di notte e lezioni
di anatomia, autoritratti e buoi squartati. Qui un vecchio che ci ha consegnato
per leternit: un vecchio che potrebbe essere un profeta biblico o il rabbino della
comunit israelita, come si variamente pensato. Ma non importa molto saperlo;
non ci basta averlo conosciuto nella sua dolorosa realt di vecchio uomo giunto
ai confini di unombra che nel quadro insieme materiale e spirituale, tremenda?
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agosto 1958
Jean-Baptiste-Simon Chardin
Muse du Louvre - Parigi
Quellaccostamento alla realt che abbiamo visto realizzato nel
sublime vecchio di Rembrandt, e che la conquista pi grande dellarte del Seicento, sembra nel secolo successivo perder dintensit, esaurirsi. Il bel Settecento,
che finir, vero, nel bagno di sangue della Rivoluzione, nasce e procede sotto il
segno della grazia e della frivolezza, il suo stile dominante si chiama Rococ, la
sua aria musicale pi fortunata minuetto. E sia pure che oggi la pittura di Watteau,
la musica di Mozart rivelano spesso una malinconia, un dolore profondi.
Comunque, riguardandoci la pittura di quellet per cercarvi un volto umano da
far entrare nel nostro piccolo museo immaginario, le troppe damigelle e i troppi
cavalieri anche di mano di pittori buoni, ci hanno piuttosto annoiati. A controbilanciarli, vero, bastan da soli i burattini che il pennello impietoso del pittore
spagnolo Francesco Goya ha cavato fuori dalla societ del tempo. Ma non abbiamo
voluto rattristarvi con le sue sagome grottesche, ci siamo rivolti, per rappresentare il Settecento, a un pittore il cui occhio sa essere acuto ma sereno: il francese
Chardin.
Nato nel 1699 e morto nel 1779, egli non accetta supinamente la moda, come
fanno tanti, n si ribella come pochissimi, come Goya appunto. Ma si rivolge a
quelle persone, e a quelle cose, che meno sono state falsate dal polverio delle ciprie
e dal luccichio degli ori: guarda e dipinge bambini e fantesche e rami di cucina
e porcellane domestiche. Artista di una singolarit suprema, se mai gli vogliamo
trovare dei precedenti, possiamo fare il nome di qualche olandese del Seicento,
come Vermeer e De Hooch. Se poi dovessimo trovargli, cosa pure difficile, dei
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seguaci, non ci fermeremmo alla pittura di genere dellOttocento cui, visto superficialmente, potrebbe far pensare, bens a qualche moderno, sopra tutti a Giorgio
Morandi.
Guardate il giovinetto che gioca con la trottola (il quadro si trova al Louvre):
vestito, naturalmente, alla moda, come la mamma (gi una borghese, forse, pi
che unaristocratica) ha voluto fargli. Ma non ci svapora dentro, anzi vi si fissa in
una ferma, eterna solidit. La sua attenzione al gioco ha una seriet intensissima:
guardategli gli occhi, la bocca, le mani. Straordinario poi laccordo delle forme,
dal foglio arrotolato al calamaio al libro al corpo del giovinetto, e dei colori, bruni
verdi bianchi azzurri, tenuti su un piano di infinita discrezione. Come fosse del
Mozart nei suoi momenti di pi alta serenit.
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settembre 1958
Autoritratto
Paul Czanne
Hermitage - San Pietroburgo
LOttocento, nella sua prima met, tutto intento alla scoperta
della natura: prima sono i romantici, che dipingono i paesaggi guardando al vero
ma rendendolo interprete dei propri sentimenti; poi i naturalisti, che si accostano
anche pi da vicino al vero sforzandosi di darlo sulla tela col massimo di obiettivit; infine gli impressionisti, che tendono ad annullarsi in una totale adesione alla
luce e al colori del vero medesimo.
Corot, Courbet e Monet sono i tre pi puri e significativi rappresentanti delle
tendenze suddette; e non da meravigliarsi che siano tutti francesi, perch nel
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una ricerca voluta, ma unaffinit del tutto spontanea, che si spiega con il senso di
spiritualit profonda ritrovato dallartista in se stesso. I maestri antichi possedevano
naturalmente quella spiritualit di concezione, quella fermezza desecuzione che
Paul Czanne dovette, con tanta fatica, riportare nellarte contemporanea.
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ottobre 1958
Pablo Picasso
Museo Pukin - Mosca
Dallultimo Czanne al primo Picasso cubista il passo non poi
tanto lungo: levoluzione del secondo non immaginabile senza la dura lezione
del primo, anche se in essa entrano poi altre componenti, innanzitutto, come
naturale, la personalit dellartista medesimo, tanto pi curiosa, instabile e imprevedibile di quella del Maestro.
Ma ricordate lAutoritratto di Czanne pubblicato nel numero scorso, con quella
forma data in una sintesi suprema, quasi pi da vetrata che da pittura, di pezzature
solenni di colore?
Ebbene, in questo Ritratto del mercante darte Vollard, del Museo dArte Moderna
di Mosca, dipinto da Pablo Picasso fra il 1909 e il 1910, come se la vetrata fosse
stata infranta e ricomposta poi in ununit formale che non tiene conto della realt
oggettiva, ma si ispira a una visione interna, soggettiva della realt stessa.
La reazione immediata alla maniera cubista di Picasso e di Braque, parallela alla
futurista, viva in Italia negli stessi anni di poco precedenti la prima guerra mondiale, fu di indignato stupore. Ma ormai, in quarantanni il Cubismo stagionato,
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novembre 1958
Senecio
Paul Klee
Kunstmuseum - Basilea
Se Picasso, spingendo oltre la ricerca formale di Czanne,
tortura e infrange una tradizione figurativa millenaria, Paul Klee addirittura la
nega, ricominciando daccapo.
Nato nel 1879 a Berna, a Berna muore nel 1942, dopo aver soggiornato a lungo
nella Germania pre-hitleriana, dove fra il 1920 e il 1930 con Kandinskij e Mondrian, pittori come lui, contribuisce in maniera decisiva alla nascita dellarchitettura dalla quale stato trasformato laspetto delle citt in cui viviamo. Sono stati detti,
Klee, Kandinskij e Mondrian, i re magi dellastrattismo: ammesso, si capisce, che
lastrattismo stesso possa venir considerato un dono per noi.
Ma, senza entrare in un discorso che vorrebbe ben altro spazio, possiamo dir subito
che improprio chiamar Klee astrattista. Artista singolare s, anzi singolarissimo, ma
concreto quanti mai ve ne furono. Egli, come abbiamo detto prima, rifiuta di servirsi
della grammatica e della sintassi elaborate in tanti secoli darte occidentale: egli cio,
dopo averle ben studiate, intendiamoci, si libera delle nozioni di anatomia, di prospettiva, di chiaroscuro, e si rif dal principio. Come un bambino ritrova le forme e i
colori semplici e assoluti, e inventa, instancabile e puro come un bambino, appunto,
che sia stato lasciato solo e voglia consolarsi ricostruendo il mondo a modo suo.
lecito si dir far questo? Tale dubbio ha un fondamento, certo, ma tutta lopera
di Klee sta l a dimostrare che, per eccezione, la cosa stata non soltanto lecita, ma
tale veramente da rinverginare e ridare freschezza e forza, espressivit e commozione, a unarte, la pittura, che sembrava aver detto tutto, esaurendosi per sempre.
Si chiama Senecio il tipo che vi sta davanti nella riproduzione a colori (il quadro
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da Boscoreale
Museo Archeologico Nazionale - Napoli
La pittura di paesaggio, come genere a s stante, viene tardi
nella storia dellarte: nel Seicento allincirca, e la sua nascita si accompagna a quella
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della natura morta. Luna e laltra sono favorite dallevoluzione religiosa e sociale
dellEuropa e fioriscono pi rigogliosamente in quei paesi dove tale evoluzione si
svolge con un ritmo pi intenso e rapido.
Ma non bisogna credere che i pittori prima dallora non abbiano sentito la natura:
alcuni fra i pi straordinari paesaggi stanno nello sfondo di quadri dargomento
sacro, o mitologico, o storico e i fotografi moderni, con la loro possibilit di estrarre particolari e di ingrandirli senza snaturarli, hanno ricavato da essi capolavori
sorprendenti, passati prima quasi inosservati.
Se vogliamo iniziare la nostra storia della pittura paesistica come abbiamo gi
fatto con quella del ritratto, rifacendoci allet greco-romana, dovremo ricorrere a
Pompei, che una miniera preziosa in questo campo, anche se gli esemplari da essa
conservatici sono da considerare secondari rispetto alle opere dei maestri ellenistici da cui derivano. Le pareti pompeiane recano alternate, qualche volta abilmente
mischiate, scene di carattere mitologico e decorazioni di puro intento decorativo. E di paesaggi noi ne troviamo sia, mettiamo, nello sfondo di unillustrazione
ad affresco dellOdissea, sia nei riquadri di una finta architettura ornamentale.
Nelle une e nelle altre avvertibile subito la sapienza prospettica, ovviamente non
fondata, come sar nel nostro Rinascimento, su rigorose leggi geometriche, ma su
un libero, empirico illusionismo.
La pittura bizantina, e per un certo tempo quella medioevale che da essa nasce e
faticosamente si affianca, perder del tutto questa capacit di rendere la lontananza, che fondamentale nel paesaggio. I decoratori pompeiani, che erano molto
probabilmente poco pi che artigiani di buona scuola, sanno invece, a piccoli
tratti di pennello compendiari, quasi impressionistici, dare il senso della profondit, qualche volta persino far circolare fra le architetture e le quinte dalberi
unarietta viva e vibrante, a modo suo vera.
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Ambrogio Lorenzetti
Pinacoteca Nazionale - Siena
Sono passati secoli e secoli dai due paesaggini con i quali vi
abbiamo fatto conoscere il modo dintendere la natura dellantichit classica a
questa veduta di castello sul mare, dipinta da Ambrogio Lorenzetti nella prima
met del Trecento e conservata alla Pinacoteca di Siena.
E che secoli: prima il rigore antinaturalistico dei bizantini, poi la confusione e il
disagio creato dalle invasioni barbariche, fanno s che linteresse dellartista sia per
lungo tempo distratto dalla contemplazione del paesaggio e dalla successiva resa in
linguaggio figurativo. Del resto il cielo stesso, per ragioni religiose, non , per tutto
il Medio Evo, dato in oro, cio trasfigurato, e quindi ridotto, a puro simbolo?
Il paesaggio ricomincia a comparire consistente, anche se strettamente legato al
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125
febbraio 1959
Beato Angelico
Museo Nazionale di San Marco - Firenze
Son trascorsi circa cento anni dal piccolo paesaggio lacustre
del Lorenzetti alla citt murata e turrita che vi presentiamo oggi, e che sta nello
sfondo della famosa Deposizione del Beato Angelico nel convento fiorentino di San
Marco.
Anni di gran peso, specie nella storia dellarte: ai primi del Quattrocento infatti,
un architetto, uno scultore e un pittore, Brunelleschi, Donatello e Masaccio,
hanno compiuto una vera e propria rivoluzione, ispirandosi allantico per
creare un nuovo carico di straordinarie possibilit future. Da essi, per la prima
volta, lo spazio viene reso con giustezza geometrica attraverso la scienza della
prospettiva, e il corpo, modellato nella sua pienezza, fatto poggiare sulla terra con
tutto il suo peso.
Ma a noi qui interessa il paesaggio, e abbiamo voluto darne un esempio in cui la
nuova impostazione spaziale fosse usata in una accezione del tutto poetica.
Il Beato Angelico che, come noto, appartenne allordine dei Domenicani,
dovendo dipingere per il suo convento, insieme a tanti altri soggetti sacri, una
Deposizione, volle aprire dietro la tragica scena, da lui sentita pi con piet che con
drammaticit, un paesaggio che a un tempo rappresentasse e inventasse.
Non c dubbio che quegli alberelli svelti, quelle merlature e quelle coltivazioni
di schietta e magra misura appartengano alla Toscana, e basta aver fatto in treno
la linea Firenze-Roma per ritrovarne dei frammenti nella realt doggi. Ma anche
senza troppo fissarci sulla costruzione ideale che domina la citt, pur legittimo
sentire questo paesaggio come una cosa di sogno nelle sue giustapposizioni di
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colori puri e irreali (verdi e azzurri nelle facciate, rossi nei tetti), nei suoi ritmi di
linee in un certo senso precubisti.
chiaro che il nostro fraticello, fraticello ma gran pittore, avr inteso, accingendosi
a un soggetto di tale solennit come la Deposizione, darle una scena, uno sfondo di
alta, appunto ideale, dignit. Ma daltra parte quale via migliore per arrivarvi che
quella dei colli della sua Fiesole, con siepi, cipressi, messi, persino pagliai, e torri,
torri a non finire, sotto le nuvole ferme della tarda primavera, della prima estate?
Il tutto naturalmente andava trasfigurato, trasposto nel silenzio delleternit; ma
anche a questo lAngelico doveva arrivare senza fatica, per impeto mistico e ardore
sincero dartista. Cos, quasi senza volerlo, egli ci ha lasciato, raccontando la storia
di Ges, un paesaggio della sua Toscana che non ha uguali nel campo delle arti
figurative ma soltanto in quello della poesia.
i
aprile 1959
Tiziano Vecellio
Galleria Borghese - Roma
Il Cinquecento, che porta a dorata maturazione le scoperte e
invenzioni del gran secolo che lha preceduto, vede nella pittura, come nelle altre
arti figurative, la pienezza della rappresentazione delluomo, sia quando essa si
propone fini di edificazione religiosa, sia quando, ogni giorno di pi, si abbandona
a una lode esaltante, anche se trasposta in termini mitologici, della vita terrena.
Ma il paesaggio, che gi fece da quinta teatrale sublimemente semplice nellarte trecentesca e che venne reso con lucido senso spaziale ma sempre a scopi di
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ambientazione narrativa e drammatica nellarte quattrocentesca, non meno altamente sentito e stupendamente reso, specie nella pittura veneta, forse la pi rappresentativa del periodo. sempre in secondo piano, naturalmente, il paese, ma
pur legato alla struttura generale dellopera, risulta gi godibile come quando, pi
tardi, verr preso come oggetto principale dal pittore. Tanto vero che i primi
grandi paesisti italiani, nel Settecento, sono i veneti e che, pi avanti, gli impressionisti, supremi poeti della natura, si richiamano alla pittura veneta del Cinquecento, specie al Tiziano.
Ed proprio di Tiziano il paesaggio che vedete oggi, allo stesso tempo ispirato alle
dolci, alte terre cadorine da cui il pittore veniva (avete notato i tetti spioventi tipici
delle case di montagna?) e ideale, misterioso come i paesaggi lo sono, mettiamo, nella contemporanea poesia di Ludovico Ariosto. I veneti, abbiamo detto, la
natura lhanno guardata sempre con occhio limpido e dipinta con una meravigliosa capacit di ritrarre trasfigurando; gi nel tardo Quattrocento Giovanni Bellini
ne ha dati alcuni indimenticabili. Sar per il Giorgione, maestro del Tiziano, a
portare alla perfezione questo tipo di paesaggio ideale e reale insieme.
Il borgo lacustre che vedete certamente stato suggerito dalla memoria al pittore,
nato a Pieve di Cadore, borgo appunto alpestre e lacustre insieme, ma diventato
sotto il suo pennello un paese di sogno in cui pastori e cavalieri, pecore e lepri e
cani da caccia si muovono s ma non realisticamente, con una grazia silente simile a
quella che hanno le figure nei sogni. Lora, come si pu intendere dalla luce di miele
scurito che intride le case, crepuscolare, la stagione primaverile o estiva, come si
capisce dalla ricca fronda degli alberi: ma sono un crepuscolo e una primavera che
non finiranno mai, ed questo il privilegio dellarte, di dare uneternit alle cose.
Uno degli elementi pi altamente magici della scena il cielo con quelle strisce
alterne che sembrano rimare insieme come in unottava del tempo.
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Ora vorremmo farvi una domanda: avevate mai visto prima questo paesaggio?
Forse no, forse s se avevate guardato attentamente quellAmor sacro e amor profano
che una delle meraviglie della Galleria Borghese di Roma: il nostro paesaggio
sta proprio nel suo fondo.
i
maggio 1959
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Noi tuttavia abbiamo voluto che il gran secolo venisse rappresentato, in questa
serie, da un pittore che ne incarnazione incomparabile, Pieter Paul Rubens.
Nato nel 1577 e morto nel 1640, partecipe appassionato delle due civilt artistiche fiamminga e italiana, egli specialmente, e a ragione, famoso per le grandi
composizioni piene di trasporto, per i nudi ricchi di linfa e di sangue, per i ritratti veementi. Gli ampi, luminosi, aperti paesi entro cui la sua commedia umana si
svolge non sono meno rappresentativi del suo genio tipicamente barocco.
Anche pi intimamente significante della sua novit ci pare questo piccolo Paesaggio con torre (cm 23 x 30), che appartiene agli ultimi anni della sua vita e nel quale
la genialit del movimento barocco si ritrova, espressa con suprema libert, nelle
volute delle nuvole, nei raggi obliqui che le attraversano. Dagli argenti, dai grigi
e rossastri e verdi dellacqua, dei cespugli, della torre al celeste e ai rosa e gialli dei
lontani di terra e di cielo, tutto un accordo delicato e possente insieme, anticipatore dei soffi romantici di Constable, di Delacroix e, per passare a unaltra arte,
restando per in terra nordica, agli squarci naturali di Ludwig Van Beethoven, il
Beethoven della Sesta sinfonia.
i
giugno 1959
Il Settecento stato detto il secolo dei lumi per il predominio
che in esso ha avuto la ragione, appunto, illuminante, e il grande sviluppo che,
conseguentemente, vi hanno preso le scienze. Ma non vero quel che i romanti-
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ci, pi tardi, si sono affannati a voler dimostrare: che proprio per colpa di quella
benedetta Ragione (scritta con la R maiuscola e posta quasi sugli altari) lArte sia
decaduta miserevolmente.
Certo che, a paragone della grandiosit, qualche volta vuota, del Seicento e del
soffio, spesso retorico, dellOttocento, laurea mediocrit, intesa nel senso positivo
che le dava Orazio, del Settecento, pu figurare quasi povera. Guardiamo per pi
da vicino, accontentandoci di restare nel nostro campo, la pittura, e vedremo che
senza intraprendere imprese eroiche, uomini come Chardin e Watteau in Francia,
Goya in Spagna, Guardi e Canaletto in Italia, precisiamo, a Venezia, hanno raggiunto vette supreme; e comera naturale, nel senso della civilt del secolo, cio di
una intelligenza lucida della natura e degli uomini.
Il paesaggio che vi sta davanti, e che si trova nella Pinacoteca di Brera a Milano,
opera del Canaletto (1697-1768), uno dei grandi paesisti veneziani del Settecento.
Abbiamo scelto questa Veduta della Gazzada presso Varese perch le sue immagini di
Venezia, le sue e quelle del Guardi, sono anche troppo note. Qui siamo ormai in
pieno liberi da qualsiasi soggezione a un racconto religioso o storico che sia. Il pittore
si posto davanti al paese, la dolce verde piana lombarda con la sua frangia alpestre allorizzonte, e lha ritratta cos com. Non siamo proprio allistantanea degli
impressionisti, c ancora un filtro intellettuale fra lartista e la natura. quello che,
sia pure a ritmo libero e arioso, ordina la composizione (gi la parola composizione
significa intervento della mente, perch no, della ragione) in una metrica, la scandisce con le figurette dei villici, che sono insieme ancora quelli della tradizione arcadica e quelli veri, del Varesotto: verissimi, tanto che pare dudirlo spronare nel suo
dialetto asprigno i bovi, quello in brache rosa che guida il carro a destra della villa.
Il pi alto raggiungimento poetico del Canaletto sta nella sua precisione ottica, e il
suo occhio e il suo pennello, ugualmente limpidi, hanno, anche in questo stupen-
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do quadro, rinnovato il miracolo pittorico, che consiste nella resa cristallina del
paesaggio in una prospettiva e in una atmosfera dun nitore favoloso.
la stessa lucida, appena vibrante natura che sincontra, negli stessi anni, negli
squarci lirici del migliore Parini.
i
luglio 1959
Le point du jour
Alfred Sisley
Collezione privata
LOttocento cos volto alla contemplazione e alla scoperta e
alla lode del paesaggio, in poesia come in pittura, che la scelta dun dipinto che ne
racchiudesse linfinita variet era impresa disperata. Si sarebbe forse dovuto dividere il secolo in due belle met, dar da rappresentare la prima a un romantico, che
so allinglese Constable o al francese Corot o allitaliano Fontanesi, riservando la
seconda a un impressionista, o, per restare in casa nostra, a un macchiaiolo.
Ci siamo decisi a non fare ingiustizie, abbiamo scelto un paesaggio solo, di un
impressionista, ma vibrante dun cos sottile lirismo da poterlo considerare degno
erede della pi bella qualit del romanticismo: il trasferimento alla natura dei
palpiti che sono privilegio dellanima umana.
Il quadro che vedete intitolato Le point du jour (che traducemmo, ma meno
suggestivo, Allalba) ed stato dipinto da Alfred Sisley (1839-1899) nel 1877, come
potete leggere anche voi nella data posta vicino alla firma nel quadro a destra.
Sisley non uno dei nomi pi grandi della grande pittura francese del secolo
scorso. Eppure uno degli artisti pi puri e pi rappresentativi di quella straordi-
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naria stagione pittorica che vide un gruppo di personalit di primo piano uscire
dagli studi e dalle accademie per entrare in contatto diretto con la natura, allaria
aperta, per esser precisi en plein air.
Mentre Manet e Renoir, Degas e Czanne hanno finito poi, e proprio per questo
hanno toccato raggiungimenti impensati e sorprendenti, per tradire il primitivo, semplice assunto, Monet e soprattutto Sisley, sono rimasti fedeli al verbo impressionista.
Ma nellapparente semplicit, che ricchezza, anche in questo paesaggio! Ci sta
davanti un tipico fiume francese, con la riva allegra di case (svetta persino un primo
camino di fabbrica, non rimosso dal pittore per ragioni di purezza estetica), il cielo
alto, grigio e azzurro stemperantisi luno nellaltro: il tutto sospeso nel silenzio di un
inizio di giornata, appunto, che simmagina sar fervida di opere, di voci, di vita.
questo messaggio di vita che ci commuove nella pittura impressionista, che ce
la rende cos vicina e toccante. Essa sembra dirci, ci dice anzi, che tutta la realt
bella, anche la pi umile, e presa cos come , senza che noi interveniamo a comporla, ad abbellirla, a poeticizzarla. Naturalmente quel che giusto della natura,
lo anche delluomo. E qui limpressionismo tocca le scoperte, le conquiste essenziali del secolo.
i
agosto 1959
Andr Derain
Collezione Gygi - Berna
Se era difficile racchiudere in un paesaggio, in un artista solo
tutto lOttocento, dalla romantica scoperta del bello naturale (ai suoi inizi) alla
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realistica e impressionistica presa di possesso dellaria aperta (verso la met) allinquieta e tormentata interpretazione del visibile (sul finire), diventa quasi disperata
una simile impresa per il Novecento.
Innanzitutto perch i movimenti artistici che nei secoli precedenti si seguivano
con ritmo lentissimo e quasi senza scosse, nel nostro si succedono vertiginosamente, ora affiancandosi ora contrastandosi, di continuo variando il panorama dellarte, rendendolo estremamente mutevole, inafferrabile. Cos che le personalit pi
deboli, da un anno allaltro sono tentate di cambiar maniera; mentre le pi forti e
inventive pare si divertano a presentarsi, una stagione dopo laltra, sempre diverse
e spesso contraddittorie. Su quale movimento dunque fermarci, su quale artista,
perch ci dia il paesaggio pi rappresentativo del tempo in cui viviamo?
E c di pi, una ragione anche pi intrinseca, per spiegare il nostro imbarazzo.
Gli artisti, pittori e scultori, non hanno certamente cessato di guardare la natura,
ma non si accontentano pi di renderla quale si presenta ai loro occhi. E la scompongono, o semplificano, o complicano, o trasformano in mille modi, tanto da
cavarne qualcosa di sempre nuovo e sorprendente, soltanto dopo lungo, attento
e intelligente esame rivelantesi quel che in definitiva : un paesaggio. Alcune di
queste, chiamiamole cos, operazioni, sono legittime, altre no. Non qui il luogo
di tornare sullo spinoso argomento.
Accontentiamoci di presentare unopera, e un artista, che pur significativi dellarte
moderna, non sono andati tanto in l da perdere il contatto con il pubblico anche
non specializzato. Il quadro che vi sta davanti del pittore francese Andr Derain
(1880-1954) ed stato dipinto nel 1905, quando lartista giovane apparteneva
al movimento dei fauves (come dire delle belve), un movimento che dava del
mondo una visione semplificata e colorata allestremo, ma non deformata, non
spezzata, non trasposta. Il titolo Battelli nel porto, e in effetti si vedono un porto
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e dei battelli, e delle figure, dei monti, delle nuvole e cielo e spiagge. I colori, se
li analizzate uno per uno, a freddo, li troverete forse arbitrari (la sabbia non mai
rossa, n il cielo giallo e verde, n il mare verde come nel quadro di Derain), ma
linsieme suona vivo e allegro e ventilato, proprio come un giorno di vacanza in
riva al mare, e per nulla arbitrario. Una fusione come daccordi musicali un po
striduli ma chiusi nel giro dunaria luminosa e spirabile, la qualit indubbia di
questopera, ancora nella scia dellultimo Ottocento (Van Gogh e Gauguin) ma
gi in vista della terra di terremoti artistici e spirituali che il 900.
i
settembre 1959
Natura morta
da Ercolano
Museo Archeologico Nazionale - Napoli
Dopo la storia del paesaggio che, incorporato per molti secoli
in pitture di soggetto religioso o storico, trova allinizio dellet moderna sempre
pi piena autonomia sino a divenire uno dei generi artistici pi coltivati e amati,
passiamo a una piccola storia della natura morta. Essa ha avuto un destino molto
simile a quello del paesaggio: nata, o meglio rinata, come genere a se stante, negli
stessi anni in cui nasceva, o meglio rinasceva, il paesaggio, e si poi diffusa con
molta fortuna, naturalmente modificandosi e trasformandosi nei secoli.
Per tutto il lungo e grande corso della pittura medioevale il predominio in ogni
manifestazione dello spirito dei valori religiosi aveva permesso tuttal pi al pittore
di stendere, e con la maggior sobriet possibile, delle nature morte sui deschi delle
ultime cene. Ma se torniamo pi indietro, se ci spingiamo sino al mondo clas-
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ottobre 1959
Anonimo tedesco
Collezione privata
Per tutto il Medioevo la natura morta, le poche volte che appare
nella pittura a mosaico, su affresco o su tavola, in angoli di composizioni religiose: quelle specialmente raffiguranti la Nascita della Madonna o lUltima cena,
che di per se stesse invitano alla descrizione di ambienti domestici e di oggetti
familiari. Come asciugamani, brocche dacqua, tovaglie con pani e vino, piatti e
bicchieri. Naturalmente questi non minuziosamente resi, assaporati come nella
pittura antica e, pi tardi, in quella moderna, da Caravaggio a noi, ma dati con
sobriet, verrebbe da dire con frugalit, nei loro tratti essenziali, e intrisi di una
luce ineffabile.
Nel Rinascimento le cose cambiano. I primi a guardare di nuovo da vicino paesaggi e fiori, lini e porcellane, insomma tutto quanto rappresenta il tema quasi
immutabile della natura morta, furono i fiamminghi. Essi sono legati ancora al
soggetto sacro, ma non lo trasfigurano come gli italiani, anzi lo rendono il pi
possibile immerso nella realt nella quale vivono: pare che uomini e cose e paesi,
prima di venir dipinti, siano da essi stati visti con una lente. In Jan e Hubert Van
Eyck e in Rogier Van der Weyden, nei loro grandi quadri sacri e profani, sono
reperibili nature morte duna verit allucinante, surreale per eccesso quasi di
realismo.
Ma le prime nature morte vere e proprie della pittura europea avanti Caravaggio,
se ci vengono sempre dal Nord, dalle Fiandre e dalla Germania, hanno un precedente italiano, le tarsie che, in cori di chiese e studioli di palazzi principeschi,
rappresentano esempi singolarissimi darte rinascimentale. Negli intarsi su legno
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dei fratelli Lendinara, di Baccio Pontelli e altri supremi artigiani, operosi sotto
linfluenza di uomini come Piero della Francesca, saprono i primi paesaggi e
le prime nature morte del tutto liberi della storia dellarte moderna. In pittura
per, sicuramente ispirandosi ai giochi prospettici delle tarsie italiane, soltanto in
Fiandra e in Germania che, gi dalla fine del Quattrocento, si hanno quadri rappresentanti pure e semplici nature morte. A dire il vero essi sembrano ancora forse
particolari di quadri a soggetto, ma molto significativo che siano stati dipinti per
il puro gusto di mostrare degli oggetti.
Lopera che vi mostriamo, e che appartiene a una collezione privata americana, di un maestro tedesco, del quale s perduto il nome: gli storici dellarte
hanno creduto di poterla datare fra il 1470 e il 1480. Rappresenta, chiaro, un
angolo di parete per met occupata da un armadietto semiaperto e per laltra
met da una nicchia in cui ampolle e anfore, vasi e libri si compongono in una
silente armonia che anticipa i pi grandi natura-mortisti dei secoli seguenti, da
Chardin a Morandi. Lelemento pi italiano, pi legato agli inganni ottici delle
tarsie, larmadietto, descritto per con una minuzia naturalistica tipicamente
nordica. La parte inferiore del quadro, con la boccia che riflette una finestra
aperta sullazzurro dun cielo lontanissimo, discende invece dai Van Eyck, straordinari anticipatori di queste trovate insieme tecniche e poetiche. Ma un certo
puntiglio nel non dimenticare neppure, per esempio, la cordicella che tiene
unite le chiavi, non la spia dellorigine germanica di questo tanto rifinito
quanto misterioso quadro?
i
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novembre 1959
Natura morta
Francisco de Zurbarn
Norton Simon Museum of Art - Pasadena
Il Cinquecento, nei suoi maestri supremi, da Michelangelo a
Raffaello, dal Correggio al Tiziano, porta larte a un grado tale di idealizzazione
che la natura morta, riscoperta, anzi reinventata nel Quattrocento, sparisce quasi
del tutto dalla pittura. Non che non sia possibile ritagliarne, anche di saporose,
specie nei Veneti; o frugando di scovarne delle vere e proprie, soprattutto spingendosi al sempre naturalistico Nord: ma restano secondarie rispetto allo spirito
del secolo, la cui tensione volta verso ben altro.
Ma ecco che, diminuita tale tensione e trasformatesi le invenzioni sublimi dei
grandi in formule manieristiche o, peggio, accademiche, sorge la necessit di riaccostarsi alla natura, fonte inesauribile dispirazione e di rinnovamento per le arti.
Luomo cui dato di ridare vita e moto alla pittura Michelangelo da Caravaggio, la cui persino brutale presa sulle cose se suscit alle prime reazioni negative
violente, fin con limporsi e influenzare non soltanto lItalia, ma lEuropa tutta,
specie lOlanda e la Spagna, che sulla via da lui eroicamente aperta procedettero
con meravigliosa ricchezza di personalit, da Rembrandt a Velzquez.
A noi qui oggi non importa tracciare la linea dellarte caravaggesca nei suoi punti
fondamentali: ci interessa invece sottolineare il fatto che il Maestro lombardo,
nella sua infaticabile ricerca di contenuti nuovi e freschi, abbia ripreso anche il
tema della natura morta, finito prima di lui in mano a semplici e mediocri decoratori. Allo stesso modo che i personaggi del dramma sacro venivano da lui rinverginati, col trarne le fisionomie e gli atteggiamenti dalla vita di tutti i giorni,
pure uva e mele e fichi e foglie ritrovarono in lui la verit delle loro forme, anche
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La tovaglia bianca
Jean-Baptiste-Simon Chardin
Art Institute - Chicago
Il Settecento un secolo molto pi ricco e vario, molteplice e
inquieto, di quanto non si sia soliti pensare: s il secolo dellopera buffa ma anche
della Rivoluzione Francese, del rococ ma pure di Bach. In pittura, ufficialmente
dominano le accademie, come in letteratura; ma di contro nascono e si affermano
generi e personalit che sono la negazione delle accademie stesse. Baster citare la
pittura di paesaggio e il romanzo, frutti luna e laltro di un affetto al reale assolutamente libero da ogni schema e da ogni regola.
Anche la natura morta gode di tale privilegio, appunto perch ritenuta in un certo
senso genere inferiore, di consumo quotidiano. Ed proprio in Francia, dove
laccademismo prospera allombra gloriosa, anche se gi avviata al declino, della
Corte, che opera, fra il 1728 e il 1770, Jean-Baptiste-Simon Chardin, forse il pi
grande naturamortista di tutti i tempi. Il pittore, mentre altri popolava di grandi
scene leggermente noiose i saloni di ricevimento, saccontentava di piccole commissioni: un quadretto per studio o boudoir, un parafuoco per caminetto, una
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douard Manet
Collezione privata
A met dellOttocento la pittura si evolve, parallelamente ma
con maggior forza e spontaneit che la letteratura, verso una presa di contatto diretta con la realt, in via di rapida trasformazione per impulso della civilt
industriale: nasce la stupenda fioritura dellImpressionismo. Il movimento, si sa,
francese, e non deve meravigliare il fatto che dallItalia, dallOlanda, dalla Spagna
il centro artistico si sposti a Parigi, per tutto il secolo scorso punto dincontro veramente unico di tutte le correnti spirituali nuove. Va tuttavia ricordato che lItalia,
pur intenta al faticoso travaglio dellunit, possiede scuole e individui che conducono in porto, contro lindifferenza o lostilit degli ambienti ufficiali, esperienze
assai vicine a quelle dei francesi.
La novit fondamentale dellImpressionismo luscita allaria aperta dei pittori,
la loro volont di ritrarre la natura quale senza ricostruirla mentalmente, senza
disegnarla dunque, lasciando che i colori, le luci, le ombre si trasmettano al quadro
nella loro fioritura ricca, varia, imprevedibile. A qualcosa del genere, specialmente alla liberazione del colore da ogni soggezione alla forma chiusa del disegno,
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erano arrivati anche, quasi senza accorgersene, i veneziani del Cinquecento, specie
Tiziano vecchio.
Se il paesaggio, anche linedito paesaggio urbano, il tema preferito dagli impressionisti, anche la natura morta stata da essi coltivata con successo, sia nella fase
prima, pi felice e forse pi superficiale, della loro storia sia in quella terminale,
che vede i due grandi liquidatori del movimento stesso, Czanne e Van Gogh,
accettare la natura morta ma soltanto per piegarla, il primo a una potente sintesi
formale, il secondo a una drammatica violenza espressionistica.
La natura morta che presentiamo, e che appartiene a una collezione privata parigina, stata dipinta da douard Manet verso il 1870, nel momento di pi fortunata creativit dellImpressionismo. Le poche cose rappresentate, un ventaglio, un
foglio scritto e un mazzo di violette, sono rese con una rapidit di tocco fulminea,
colte veramente nello stato di grazia che il caso, forse una mano femminile, ha
suscitato con un accostamento del tutto, appunto, casuale eppure stupendo, destinato alleterno. Nel piccolo quadro (cm 21 x 27) lessenza dellImpressionismo
miracolosamente data in tutta la sua pienezza. Guardate per esempio lombra che
il mazzo di violette getta sul piano in cui esso stato posato: unombra colorata,
perch, lo hanno scoperto proprio gli impressionisti in questi anni, le ombre sono
colorate, non nere, come voleva la tradizione.
Allo stesso modo che la suprema eleganza decorativa della natura morta pompeiana, il rigore stilistico di quella quattrocentesca, la corposit solenne e la delicatezza
poetica di quelle secentesca e settecentesca, parlavano per tutta unepoca, cos
lumido, fragrante mazzolino di viole di Manet ci d, con la suggestione profonda
delle cose semplici ma vere, il senso intero della gioia di vivere, della libert dei
sentimenti che improntano la vita di Parigi, citt-chiave dellepoca, nella piena
maturit dellOttocento.
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febbraio 1960
Georges Braque
Collezione privata
La reazione allImpressionismo, che stemperava la realt
nella luce rendendola nelle sue forme estreme pura musica di colore e, appunto,
di luce, comincia gi nel secolo scorso in seno allImpressionismo stesso, con
Czanne. Egli risolidifica la realt, rid peso alle cose, grave misura allo spazio.
E, nelle ultime opere dipinte allalba del nostro secolo, inizia quel processo di
scomposizione cristallina del mondo visibile che, subito dopo di lui, Picasso
Braque e Gris porteranno alle estreme conseguenze con il Cubismo.
Non qui il caso di ridare una definizione di questa scuola. Baster ricordare
che essa tende a riunire su una stessa tela molti aspetti di uno stesso oggetto che
viene presentato, come stato detto spezzato, spiegato in tutte le sue facce,
aperto dallinterno, un po alla maniera che lo concepiscono i bambini, non tale
quale si vede, ma tale quale si pensa.
Pressapoco dal 1906 al 1910-12 dura let del Cubismo puro, severo: in questi
anni Picasso e Braque dipingono paesaggi, nudi, ritratti e nature morte che
danno alle cose una monumentalit, sia pure rotta e ferita, straordinaria, potenziata da una gamma di colori duna sobriet unica. Ma mentre Picasso mostra
gi un temperamento drammatico, addirittura tragico, che si riveler nellinfinita serie di trasformazioni successive, Braque taglia e scompone e ricompone
con grande delicatezza, quasi che i poveri oggetti che ritornano sempre nella
tematica cubista, come pipe bicchieri chitarre, fossero di una materia preziosa.
E prezioso certamente il colore, in Braque, sia il poco grigio e bruno, verde
e argento dellepoca pi propriamente cubista, sia quello pi ricco di pasta e
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pi vario della sua successiva evoluzione che lo riaccosta alla realt visibile pur
lasciandolo sempre assai libero.
Diamo qui unopera abbastanza recente del grande maestro francese, una natura
morta intitolata La scatola del tabacco, che appartiene a una collezione privata
francese e rappresenta in maniera perfetta il Braque maturo. Si tratta di una
natura morta in senso abbastanza tradizionale: infatti ci sta dinnanzi un tavolo
sul quale sono posati la scatola del tabacco che d il titolo al quadro, un bicchiere,
delle noci, una pipa, un limone. Ma lo spazio , sia pur lievemente, ricostruito
con la mente; le luci e le ombre sono inventate e disposte secondo un ritmo
interno, non secondo il capriccio dellora che passa. Linsieme di queste comuni
cose risulta di una nobilt e di una grazia incomparabili, di un mistero che
fa pensare ai momenti pi alti della storia della natura morta, a Zurbarn per
esempio. Laccordo dei toni tutto di terre, dargille, di verdi, con gli improvvisi,
inaspettati, incredibili neri vellutati e bianchi squillanti inconfondibilmente
braquiano. Se volessimo, in tutta larte contemporanea, trovare un altro pittore
capace dinterpretare con una tale padronanza e una tale riservatezza, una tale
novit e una tale misura il vecchio ma inesauribile tema della natura morta,
dovremmo tornare in Italia, a Giorgio Morandi.
i
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gennaio 1961
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coprivano pressapoco il territorio del Belgio odierno, e che avevano avuto prima
una tradizione politico-sociale di tipo comunale e borghese, entrano in contatto
col mondo aristocratico borgognone. Il sano, ma un po ruvido tessuto popolare
originario fiorisce cos di eleganze cortesi, cavalleresche, tipiche della tradizione
francese.
Van der Weyden e i Van Eyck riescono a conservare quellattaccamento alle cose
che era caratteristico da sempre nel loro paese e a innestarvi il prezioso gusto della
dolce Francia. Va ricordato poi qui che i due mirabili pittori fiamminghi fecero
il viaggio dItalia, come allora si diceva, e vi lasciarono unimpronta e ne ricavarono insegnamenti: la pittura ferrarese del Quattrocento per esempio apprese
molto da essi, pure Antonello da Messina venne impressionato dalla loro maniera,
mentre essi daltra parte non restarono insensibili allo splendore artistico delle
nostre varie scuole dallora.
Caratteristica dellarte fiamminga laccostamento diretto, assolutamente privo di
mediazioni intellettuali, alle cose. Guardate questo straordinario piccolo quadro
(cm 33 x 22); il ritratto di Giovanni Arnolfini e della moglie, dipinto a tempera
e olio (i fiamminghi furono fra i primi a usare lolio) circa nel 1434 e conservato
oggi alla National Gallery di Londra. Jan Van Eyck, avuto lincarico di fare il
ritratto di famiglia di questo certamente benestante mercante italiano, si propose,
quasi per scommessa con se stesso, di fare entrare in una superficie limitatissima
non solo la patetica coppia, ma pure la loro stanza da letto, divertendosi poi a includere, per mezzo di uno specchio tondo appeso a una parete, una visione anche pi
minuscola eppure sempre nitidissima, della scena. Ci troviamo di fronte a un prodigio di virtuosismo tecnico, di resa lenticolare della realt, e tuttavia ci sentiamo
profondamente commossi dinanzi al mistero che riesce a essere questo momento
di vita di tutti i giorni rapito al tempo. Lestrema punta di poesia di questo quadro
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nel terreno ricco di umori, di vita che il naturalismo perenne dellarte di casa
sua. Comunque, se dovessimo scegliere una pittura, una sola, che rappresentasse
let in cui opera e giganteggia Gian Lorenzo Bernini, in cui fiorisce il colonnato di San Pietro, dovremmo rivolgerci a Rubens. Limbarazzo per noi, semmai,
verrebbe dalla ricchezza duna messe di opere quasi sterminata, in cui storia sacra
e mitologia pagana, vita domestica e allegoria, ritratti e paesaggi si mescolano
vorticosamente.
Quel rapporto non mediato con il vero che abbiamo visto essere la qualit essenziale dei fiamminghi nel Quattrocento e nel Cinquecento, resiste inalterato nel
Seicento, con questo pittore che sinnamora delle novit italiane ma per diventare
ancor pi fiammingo, insomma ancor pi se stesso. La sua vena poderosa non
temeva gli argini dei temi prefabbricati e delle commissioni ufficiali, da lui ogni
volta travolti con unurgenza di invenzioni compositive, con un fiotto di colore
che sembra non debbano mai, non dico esaurirsi, ma neppure placarsi. Data la
variet e molteplicit della sua immensa opera, non ci illudiamo certo, presentando un quadro solo, di dare unidea del genio di Rubens. Tuttavia il Paesaggio
con Filemone e Bauci che vi mostriamo e che sta nella Pinacoteca di Vienna, pu
servire come utile introduzione al grande pittore barocco. In esso il movimento,
aspirazione prima e suprema di tutti gli artisti della scuola, gi nel soggetto, in
quella bufera che squassa molta parte, non tutta, intendiamoci, delleroico paese
che si profonda davanti ai nostri occhi. Tale bufera voluta da Giove, che vediamo
in atto di giustiziere, per punire gli uomini ingrati verso gli di, eccezion fatta dei
vecchi sposi, Filemone e Bauci, seduti presso lui e Mercurio. Il turbine rovinoso
occupa la parte centrale della tavola, perch quasi a bilanciare la quiete selvosa e
ombrosa in cui stanno le figure, al di l dei vortici di vento e degli scrosci dacqua,
si distende una pianura celeste, soleggiata, che forse la furia degli elementi non toc-
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cher. Guardate dunque che complessit in un quadro solo, che apertura naturale e
che capacit di fantasticare insieme: in questo senso Rubens non pi soltanto un
barocco, ma un romantico, un anticipatore incredibile. Per trovare qualcosa che
rassomigli a questopera in cui i colori del nembo e quelli dellarcobaleno sono stati
miracolosamente rapiti alla natura, bisogna arrivare molto in l, alla Sesta sinfonia
di Ludwig Van Beethoven.
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luglio 1961
El Greco
Museum of Fine Arts - Boston
Dai primitivi castigliani e catalani a Pablo Picasso, la linea della
pittura spagnola terribilmente coerente, e la sua coerenza si chiama passione,
persino violenza. Sia che essa affronti, aggredisca verrebbe voglia di dire, il mondo
esterno, sia che azzardi intrepida gli abissi dellinteriorit, i tortuosi meandri
dellanima, il suo piglio, il suo impeto sono sempre tesi al massimo.
Abbiamo nominato i grandi maestri anonimi del romanico e del gotico che aprono,
e Picasso che in un certo senso chiude, un millennio di arte iberica; noi per prenderemo in esame tre pittori del momento centrale di questa storia: il Greco, Velzquez,
Goya. Un arco di anni che va dal Cinquecento allOttocento e il cui culmine pu
identificarsi col Seicento e col suo massimo, e massimo rappresentante dellintera
pittura spagnola come Cervantes lo della letteratura, Diego Velzquez.
piuttosto singolare che il primo grande nome dellarte di Spagna sia un nome
greco: Dominikos Theotokpoulos, denominato appunto el Greco da chi
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accolse e diede onore e forma allesule venuto, via Italia, dal paese natio in decadenza verso un paese, comera allora la Spagna, in piena fortuna.
Nato nel 1541, Dominikos Theotokpoulos ebbe una prima attivit giovanile legata alla maniera degli eterni pittori bizantineggianti di casa sua, dai quali
apprese forse il prestigioso modo dimpastare colori; portatosi a Venezia sub il
fascino dei sommi cinquecentisti, specie del Tintoretto, cui era affine per sentimento drammatico della vita, per concezione drammatica dellarte: i precedenti
greci e veneziani non saranno mai dimenticati dal pittore, anche se sar la Spagna
a rivelarlo interamente a se stesso.
Non facile in poche righe racchiudere il senso dellopera maggiore del Greco:
soggetti religiosi e storici o mitologici, ritratti e persino paesaggi sono bruciati dal suo fuoco interiore e purificati in una suprema sintesi visionaria che
raggiunge laltezza lirica dei grandi mistici contemporanei san Giovanni della
Croce e santa Teresa dAvila e anticipa le pi sconvolgenti avventure dellarte
moderna. Quello che salta subito allocchio nella pittura del Greco la distorsione delle figure e delle cose: c stato pure chi ha detto che con un buon paio
docchiali il Greco avrebbe dipinto in un altro modo. una sciocchezza che
non merita di venir confutata. La deformazione irrealista, dai pittori cretesi
a Simone Martini, dal Theotokpoulos a Modigliani, un fatto che ricorre
fatalmente a distanza di secoli, nella storia dellarte; una necessit dunque, pi
che legittima, se chi se n servito ha potuto raggiungere, come i sunnominati,
risultati tanto straordinari.
Provate a immaginare il mondo del Greco perfettamente a centro e vi croller tutta
la poesia che lo sostiene, che lo rende cos appassionante per noi. Allo stesso modo
illimpidendo, rasserenando la sua tavolozza febbrile, che pare aver mischiato ai gialli
ai verdi ai neri ai rosa agli argenti fiele lagrime e sangue (e un po di zolfo inferna-
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Albrecht Drer
Kunsthistorisches Museum, Gemldegalerie - Vienna
Il primo grande nome della pittura tedesca, Albrecht Drer,
sincontra abbastanza tardi, fra la fine del Quattro e il principio del Cinquecento,
quando cio il soffio rinnovatore dellUmanesimo italiano comincia a farsi sentire
per tutta lEuropa.
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Si sa che il Nord, anche il Nord Italia, tradizionalmente naturalistico ed espressionistico, tenta di resistere al rigore di sintesi del Classicismo, rinato a Firenze con Brunelleschi, Donatello e Masaccio nei primi decenni del Quattrocento e poi affermatosi vittoriosamente, magari senza esser sempre capito per intero, un po ovunque.
C chi addirittura non ne vuol sapere e continua a cullarsi nel sogno del gotico
fiorito, possiamo fare pure due nomi italiani, quello del Pisanello e quello del Crivelli; c invece chi sente lo shock della nuova arte, e insieme della nuova concezione del mondo e della vita, e vuol
Tante contraddizioni formano ununit
sapere, sentire, capire: primo tra tutti
stringente e profonda, uno stile
Albrecht Drer. Nato a Norimberga nel 1471 (morir nella sua citt nel
inconfondibile e duraturo: riflettono infatti
1528) Drer si nutre dei succhi duna
veramente la personalit tormentata
cultura, quella appunto del Nord
e complessa dellartista.
Europa, che in un certo senso lopposto della cultura italiana rinascimentale, dalla quale viene attratto invece perch
essa che, in quegli anni, significa progresso, avvenire.
Da questa volont di capire, e di dominare la natura Drer sarebbe portato a smentire leredit del suo sangue di pittore nordico, con dietro tutta una tradizione di
analisi minuta, persino cocciuta della realt. Una tradizione che poteva vantare
maestri non inferiori agli italiani, specie in terra fiamminga. Il dissidio non verr
mai sanato, nel pittore tedesco: ma proprio questa condizione torturata e consapevole a fare loriginalit e la grandezza di Drer.
Egli compie viaggi in Italia, studia accanitamente questo o quellartista, come a
volergli rapire il segreto di una serenit, dunarmonia che a lui sono negati. Ma
non importa: il suo genio creativo continua (e guai se cos non fosse) a nutrirsi dellantico humus nordico, e non c una sola sua opera che non denunci
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gennaio 1962
Thomas Gainsborough
Collezione privata
Ben Shahn il pittore, e lillustratore (in senso buono), pi
rappresentativo del secondo tempo dellarte americana. NellOttocento, dopo i
candidi ritrattisti anonimi dellet romantica, dopo il solitario Ryder, e leuropeizzante Mary Cassatt, il primo artista veramente autonomo nato e operante negli
Stati Uniti era stato, come abbiamo visto, Homer. Un parallelo, minore ma degno,
del miglior Twain.
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secondo le norme della naturalezza e del buon gusto, davanti al pittore. Sembrerebbe un tale tema privo di qualsiasi possibilit di vibrazione, per un artista. Non
siamo pi in secoli eroici, quando il ritrattato poteva pretendere di venire trasfigurato e idealizzato, non siamo ancora in tempi in cui, come accadr nella seconda
met del secolo decimonono, le persone finiranno per essere stemperate nella luce
alla stregua degli alberi, delle nuvole. Ma Gainsborough proprio il pittore, e
anche il poeta, di questo momento di transizione, in cui possibile ancora ritrarre,
nella loro quieta malinconia, degli individui immergendoli in una natura che
loro congeniale.
Non una pittura sublime questa, eppure vi in essa una cos delicata ma vera
resa della realt, un senso cos struggente, anche se tenuto in minore, dellora
irripetibile del giorno e di chi ne come intriso e stupefatto, da poter stare vicino
a quanto di pi bello il secolo ha creato in questo senso, da Chardin al Canaletto.
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maggio 1962
Ben Shahn
Museum of Modern Art (MoMA) - New York
Diciamo subito che il termine pittore della domenica
improprio, se applicato ad artisti come Henri Rousseau e gli altri, dei quali parleremo in questa breve serie. La locuzione, piuttosto espressiva, viene dal francese
e tende a qualificare quei signori che, lavorando tutta la settimana in una professione seria, si divertono la domenica con tele e pennelli. Per la pi parte di queste
oneste persone il dipingere sarebbe dunque nientaltro che un hobby. Ma tale
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vista dipinge quadri e muri, disegna manifesti, illustra libri, senza mai scadere a
decorativo. un decennio stupendo di operosit, del quale vi diamo una delle cose
pi belle, la pittura intitolata Il ponte di Willis Avenue. Non proprio un quadro
di denuncia precisa, storica, un pezzo di realt che in mano a un altro avrebbe
potuto diventare un piacevole, anche poetico, paesaggio con figure. Ma Shahn vi
se stesso come non mai: soltanto la terribile citt americana pu lasciare relitti
angosciosi quali le due vecchie ancorarsi a cos angoscioso porto, una panchina
verde contro le travature metalliche dun ponte. una pittura che dice qualcosa
con le parole di tutti i giorni, ma dopo averle pietrificate per sempre, al sicuro
dalla caricatura e dal sentimentalismo. A cento anni da Daumier, lamericano Ben
Shahn ha saputo ritrovare la difficile strada della pittura impegnata e libera. A tal
punto libero da ottenere dei rossi degni di Bisanzio dal minio antiruggine duna
struttura di ferro.
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luglio 1962
Henri Rousseau
Museum of Modern Art (MoMA) - New York
Andr Bauchant
Centre Pompidou - Parigi
Anche il secondo, dei non professionisti, di cui dobbiamo parlare, francese. Si chiama Andr Bauchant, nato nel 1871 e morto,
vecchissimo, nel 1959: aveva dunque circa trentanni verso il 1900, quando il
primo, grande, ancora insuperato degli ingenui, Henri Rousseau, veniva scoperto e rivelato da Apollinaire, prima a una cerchia ristretta, poi, poco a poco,
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Ma ormai sono passati troppi anni perch il gioco, se tale fosse, possa reggere.
I quadri del Doganiere Rousseau non soltanto hanno resistito, ma fuori dallaneddoto e dal mito splendono oggi pi meravigliosi che mai, per virt propria.
Quello che vi proponiamo uno dei pi sorprendenti dei suoi quadri, La zingara
che dorme (1897), che sta al Museo dellArte Moderna di New York: uno di quei
soggetti in cui esotismo da quattro soldi, deserto luna leone, e oggetti domestici,
mandolino brocchetta, si armonizzano arcanamente in una sorta di sogno silente
dai colori incredibili eppure giusti come nel pi raffinato dei pittori tonali. Avete
visto che sul disco della luna abbozzato un volto, come nelle lune dipinte dai
bambini? Basterebbe questo a qualificare Rousseau per sempre, se la logica contasse qualcosa nellarte. S, era un impiegatucolo un tantino svitato, che suonava
male il violino, il Doganiere, e dipingeva la faccia alla luna. Eppure era un gran
pittore, uno di quei grandi pittori che sono anche grandi poeti, sempre pi rari,
con i tempi che corrono.
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agosto 1962
Come possibile trovare dei passaggi, e ritagliarli mentalmente, in tanta pittura antica a tuttaltro volta che a descrivere la natura, cos si
possono scoprire, seppure in minor misura, interni in opere darte di vario soggetto, comunque ben lontane da una cosciente intenzione di poesia domestica. I
pi begli interni involontari, e i pi cari, che si possano vedere prima del Seicento,
let borghese in cui nasce il lirismo borghese che porta alla pittura appunto din-
terno, sono scopribili nelle Nascite della Vergine. In esse, e giustamente, la tradizione permette al pittore dispirarsi alla vita quotidiana: e il pittore ne approfitta
con gioia, ambientando il lieto evento sempre in stanze mobiliate, rallegrate da
fuochi presso cui le parenti e le serve si danno da fare per aver acqua calda, salviette
asciutte. Si potrebbero citare molti esempi di questa vena familiare della pittura
sacra, ma baster ricordarne uno molto antico, sublime: quello di Pietro Cavallini
nella serie di mosaici che stanno in Santa Maria in Trastevere, in Roma.
Abbiamo voluto iniziare questa breve serie dedicata allintimit della casa con il
primo e il pi grande pittore di questo genere, Vermeer. Ci siamo gi occupati di
lui dando un breve profilo della pittura olandese, ripeteremo quindi soltanto i dati
essenziali che lo riguardano. Nato nel 1632, a Delft, e morto nel 1675, il pittore
ha avuto una vita calma, tutta dedicata al lavoro, raro ma intensissimo. Apprezzato dai contemporanei, quasi dimenticato durante il tempo della prima posterit, viene riscoperto nella seconda met dellOttocento, quando gli impressionisti
rieducano locchio della gente ad assaporare insieme il valore profondo delle cose
umili e la qualit della materia pittorica presa nellincantesimo della luce vera. Ed
singolare che questo poeta delle ore quiete, eterne, fluenti nella vita dei giorni
comuni abbia preso il suo avvio dal grande poeta tragico, dei momenti supremi e
irripetibili, Michelangelo da Caravaggio.
Quasi tutta la pittura di Vermeer pittura di interni: sia che egli ritragga la serva
che versa il latte o la signora che pesa loro, o la cucitrice in bianco, o la damigella
alla spinetta, o il pittore nello studio. Quella che vi presentiamo oggi ancora una
signora, ma nellatto di scrivere una lettera, mentre la sua serva laspetta, forse per
portarla, la lettera in via di essere scritta, al destinatario. La cosa pi straordinaria
di questo quadro non tanto la resa della stanza, intrisa del consueto miele di
luce filtrata dai vetri, di altri meravigliosi interni del pittore olandese. Una luce
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Jan Vermeer
National Gallery of Ireland - Dublino
Bisogna arrivare a un altro grande periodo della civilt borghese, la fine dellOttocento, per trovare un pittore dinterni, Bonnard, degno del
grande Vermeer.
vero che i tempi sono cambiati, che la classe nata dalla decadenza della nobilt
non pi in giovanile ascesa ma in lento, eppure dolce, declino: ci non toglie
che un filo sottilissimo e tuttavia intatto leghi i due pittori e apparenti in maniera
inequivoca la poesia dei loro quadri.
La borghesia non pi la ristretta e pugnace classe mercantile del Seicento olandese, una classe, ormai, per cos dire, senza classe. Infatti ha vinto, si allargata
allinfinito, conglobando un po tutto, lasciandosi soltanto ai margini la marea
ancora trattenuta ma ribollente del proletariato e, al capo opposto, il rivoletto perdentesi nel puro formalismo della nobilt. Pure larte, attraverso il travaglio di pi
di due secoli pieni di genio e di inquietudini, ha subito unevoluzione straordinaria. Ma siamo sempre l, in Bonnard, siamo sempre nellordine di unidea della vita
che al suo centro ha la casa, la famiglia, di unidea dellarte che rispetta le cose e il
loro ordine. Non durer a lungo, fra qualche anno Picasso e Braque cominceranno
a scomporre, a deformare: e sar uno dei segni, non il meno importante, della fine,
anche, della borghesia.
Il quadro che vi presentiamo sintitola La lampada a petrolio ed stato dipinto da
Pierre Bonnard nel 1898. Il pittore, nato nel 1867 e morto nel 1947, era nel pieno
del suo primo periodo di attivit, quello in cui pi vicino agli impressionisti.
Pi tardi la tavolozza gli si schiarir e alleggerir, senza per questo perdere di
nervo, forse per un accostamento allalta decorazione del suo coetaneo Matisse.
Qui il suo pennello ricco e intride di una materia calda e tangibile la tela,
tutta da godere, verrebbe voglia di dire, da mangiare, con gli occhi. Si tratta, lo
vedete bene, di una scena domestica notturna. I muri della stanza sono impastati
insieme, simmagina pi che non si distingua perfettamente, di carta da parati e
di prima oscurit, che la luce della lampada rode ma non vince: in primo piano
invece, dove la lettrice sta intenta sul libro aperto in mezzo al tavolo, arde e
ronza in pieno la vera protagonista, la lampada, tutto dorando e avvampando nel
suo quieto, meraviglioso filare.
Anche in questa tela, come nel Vermeer, il tempo percepibile ed il segreto della
poesia pittorica: il sentimento del suo fluire, misteriosamente ottenuto dallarti-
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dicembre 1962
La lampada a petrolio
Pierre Bonnard
Fitzwilliam Museum - Cambridge University, Cambridge
sta, a far s che un soggetto di per s banale venga sublimato a una significazione
che ci tocca tutti.
perch si pu estrarre della bellezza da tutto, scriveva Bonnard in questi
anni: e lo dimostrava allaltra estremit dellEuropa, con lo stesso senso di chiusura
un po egoista ma patetica della classe borghese declinante quellaltro grande poeta
La battaglia di Isso
Albrecht Altdorfer
Alte Pinakothek - Monaco
Il paesaggio, che nei primi tempi della pittura non mai autonomo ma fa da scenario al dramma, o al racconto, quasi sempre sacri, che si svolgono
in primo piano, vuole, per la maggior parte dei casi, dare a chi lo guardi il senso di
trovarsi di fronte alla natura quale .
Ma vi sono, e vi sono sempre stati, degli artisti che hanno cercato, non di rappresentare ma di inventare, sia pure partendo dal vero e sottoponendolo a unoperazione
trasfiguratrice simile a quella che avviene in noi incoscientemente quando dormiamo, pi esattamente quando sogniamo.
C tutta una linea di paesaggisti fantastici, pi ricca nei paesi nordici che da noi,
anche se da noi nato un anticipatore del genere straordinario e cosciente: Leonardo da Vinci.
Il primo pittore di questa maniera singolare che si ritrova, pi o meno scoperta e apprezzata, in tutti i periodi dellarte e che fiorisce, ormai scatenata e un
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marzo 1963
Cimitero Ebraico
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Arnold Bcklin
Metropolitan Museum of Art - New York
Anche se larea, diciamo, mediterranea non manca di artisti
visionari, lEuropa del Nord che, in ogni secolo, ne ha dati di pi. Merito (o
colpa) del clima che, con le sue lunghe nebbie, favorirebbe in letteratura le storie
di spettri, in pittura i paesaggi di fantasia: cos la pensava qualche allegro critico
positivista, e non detto che avesse del tutto torto.
Il pittore che oggi vi presentiamo, Arnold Bcklin uno svizzero, formatosi
nellambiente tedesco, ma vissuto a lungo in Italia, pi precisamente in Toscana,
come deve sapere chi conosca la Versilia, e pi precisamente Forte dei Marmi,
dove una bella casetta bianca che ospit lautore dellIsola dei morti, lo ricorda con
una lapide al distratto bagnante. Nato nel 1827 e morto nel 1901, Bcklin appartiene alla cultura del Naturalismo e del Verismo, anche se nato a Romanticismo
trionfante (e gi declinante), ma si oppone al proprio tempo, e in questo un po
un fratello minore di Richard Wagner. Entrambi prolungano il sogno romantico,
entrambi lo mischiano di fermenti nuovi, naturalistici appunto e decadenti, giungendo a risultati nuovi, impuri ma ricchi e, alla fine, coerenti e legittimi.
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maggio 1963
Costa Classica
Paul Klee
Nationalgalerie, Museum Berggrn, Staatliche Museen - Berlino
Nel nostro secolo di paesaggi captati al sogno, o comunque
allio interiore, pi che ripresi dalla natura, ce ne ha dati anche troppi, la pittura.
I metafisici, i surrealisti non hanno saputo fare quasi altro, mentre i cubisti e i
futuristi alla natura hanno guardato, ma per poi scomporla e torturarla, sino a
renderla quasi irriconoscibile. Se mai la rarit sono i paesaggi veri e propri, di
lettura agevole, e tuttavia non anacronistici: benedetti naturalmente, ci vengano
da Bonnard o da Utrillo, da De Pisis o Carr o Morandi, da Soutine o Kokoschka.
Per mostrarvi un paesaggio veraKlee andato pi in l nel rapire
mente singolare, lontano dalle noiose
il suo tempo effimero, per restituircelo
formule dei professionisti dellirrealismo, degno come invenzione dei
sulla tela divenuto geometria e musica.
maestri sin qui illustrati, siamo ricorsi
a un pittore dei pi straordinari del Novecento, e di tutta la storia dellarte: Paul
Klee. Un nordico, ancora una volta, e una personalit estremamente ricca e complessa, alla cui lucida mente risale in gran parte il merito, o la responsabilit dellarchitettura funzionale e dellastrattismo: un nordico, dicevamo, che non si dimentica mai di esserlo, tanto meno quando scende, ed accade molto spesso, alle rive
del Mediterraneo.
Per essere precisi, Klee si trovava in Sicilia quando dipinse questa Costa classica,
dalle parti di Ragusa. Il terreno in Germania cominciava a scottargli, la Bauhaus
che lo aveva fra i suoi docenti era gi stata fatta segno di attacchi dai nazisti, alla
vigilia dimpadronirsi del potere. Sulle rive del mare siciliano il pittore ritrovava
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una calma, una possibilit di meditazione poetica meravigliosa. E questo paesaggio uno dei frutti pi belli: avvicinato, per il gioco delle sue linee orizzontali,
a una partitura e detto, per laccordo ampio dellinsieme, per il respiro che vi
alita, pi una sinfonia che un quadro, in effetti ha di comune con la musica la
capacit di dare per astrazione la natura, conservandone la luce e la vibrazione
profonda. Mare, roccia, brevi spiagge, dadi di case e macchie di ulivi splendono
nel sole meridiano. Midi le juste y compose de feux La mer, la mer toujours
recommence, ha scritto sul Mediterraneo Paul Valry: Meriggio il giusto vi
compone il mare Di fuochi, il mare che si crea e ricrea. E Klee andato anche
pi in l nel rapire il suo tempo effimero per restituircelo sulla tela divenuto geometria, musica appunto. Chi altri, nella nostra epoca, ha saputo darci paesaggi
altrettanto veri e fantastici come questo?
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John Constable
Jackson Pollock
Gustave Courbet
Georges Braque
Pierre-Auguste Renoir
Georges Seurat
Claude Monet
Andr Derain
Henri Rousseau
gli ismi
dell ar te moderna
August Macke
Francis Picabia
Umberto Boccioni
Max Ernst
Salvador Dal
Fernand Lger
Vasilij Kandinskij
Mario Sironi
Winslow Homer
Claes Oldenburg
aprile 1960
John Constable
Victoria & Albert Museum - Londra
Cominciamo dal Romanticismo, che il primo movimento
spirituale, con profondi riflessi in tutte le arti, dellet moderna, et moderna che
nasce con lui, da lui. Si pu dire, anzi, che prima del Romanticismo le scuole artistiche non sono mai state del tutto consapevoli di quanto andavano portando di
nuovo, anche se, per virt di personalit deccezione, mettiamo un Masaccio, un
Caravaggio, in breve tempo trasformavano il volto stesso della bellezza.
Il Romanticismo, si sa, legato al profondo rinnovamento di pensiero che si
determina in Europa nella seconda met del Settecento, e che ha le giustificazioni
teoriche pi alte nellopera di alcuni grandi filosofi tedeschi, suscitatori e interpreti di un moto di liberazione dellindividualit umana che ancor oggi agisce
nella vita di tutti noi. Ma non qui il momento di spiegare diffusamente che
cosa sia il Romanticismo, ci baster illustrarlo nelle arti figurative, per essere pi
precisi, nella pittura. Va subito detto, e questo vale anche per tutti gli altri aspetti
del movimento in questione, che quellaspirazione a liberamente sentire e liberamente esprimere la commozione che si prova di fronte alluniverso, unesigenza
eterna dellumanit. Cos non difficile trovare spunti romantici molto addietro,
persino nel mondo classico, che dovrebbe esserne, a rigore, del tutto privo. Resta
tuttavia che, soltanto sulla fine del secolo diciottesimo e allinizio del decimonono, alcuni artisti hanno saputo, hanno voluto rompere con tutti gli schemi tradizionali, ponendosi in contatto diretto con la natura, cercando di lasciarsi penetrare
da essa per potere poi restituire la sua essenza con la maggior verit possibile. Per
la prima volta essi hanno avuto coscienza di poter effondere la piena dei propri
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Gustave Courbet
Muse du Petit Palais - Parigi
A met dellOttocento il Romanticismo in senso stretto ha gi
detto tutto quello che doveva dire, ha perduto lo slancio e il soffio che aveva, si
fatto modo di costume minore: le sue invenzioni pi esterne, mettiamo i chiari di
luna su castelli in rovina o le fanciulle sognanti al terrazzo, fanno la delizia soltanto
dei dilettanti.
Come sempre accade, il movimento nuovo, che viene a prendere il posto di
quello esaurito, parte in polemica con lantico, non riconoscendone i meriti; ma
fatale, perch larte si evolva, anche una certa ingiustizia. Il Realismo, a differenza del Romanticismo, non nasce in Germania per poi diffondersi nel resto
dEuropa, ma in Francia, dove afferma la sua necessit sia nel campo della letteratura sia in quello delle arti figurative, e saccompagna a tutto un moto spirituale tendente a uniformare il pensiero filosofico a quello scientifico. Inoltre, con
laffermarsi della rivoluzione industriale, si fanno urgenti le istanze sociali, pi
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Pierre-Auguste Renoir
Metropolitan Museum of Art - New York
Il realismo in pittura non dura molto, almeno in senso stretto.
Nella seconda decade dellOttocento a Parigi, allora centro irradiatore della vita
intellettuale europea, gi vivo e operante lImpressionismo. Che, in un certo
senso, porta avanti le conquiste del movimento precedente: ma nello stesso tempo,
come accade nella storia dei movimenti artistici, lo distrugge.
La grande novit dellImpressionismo luscita allaria aperta, ai fini, innegabilmente, di poter rappresentare con maggiore evidenza la realt. Ma succede che il pittore,
abbandonato lo studio di proposito e portatosi fuori, si lascia prendere, inebriare
dalla luce naturale, la quale con la sua violenza o dolcezza, a seconda delle ore, finisce
per smangiare i contorni gi tanto faticosamente segnati da artisti come Courbet.
Una delle scoperte, non soltanto tecniche, di quel gruppo di grandi pittori che
milit nelle file dellImpressionismo, che pure le ombre, in virt della luce, hanno
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benissimo uscire dalle Fleurs du mal, dalla ducation sentimentale. Anche gli alberi,
lerba, la barca, la corrente, il cielo hanno la compattezza delle due protagoniste,
una compattezza ritrovata dopo secoli di decorazione, idealizzazione. Ma durer
poco, gi si avvicina limpressionismo che, dando preminenza alla luce, scioglier
di nuovo le forme. Cos Courbet resta un po una eccezione, o poco pi, e il movimento realista, che in letteratura avr lunga vita, si trasforma ed evolve verso altre
maniere, ugualmente valide, ma certamente di minore forza morale.
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giugno 1960
colore. Ogni cosa ha colore, in quei meravigliosi cronisti della vita contemporanea
che sono Manet e Monet, Sisley e Pissarro, Degas e Renoir: ma specialmente nelle
opere di questultimo. Nato nel 1841 e morto nel 1919, Pierre-Auguste Renoir non
si mosse quasi mai, nella sua lunga vita, da Parigi e dai suoi sobborghi. Si racconta
che quando egli ebbe notizia della fuga di Gauguin verso Haiti, fuga originata da
insofferenza per il mondo civile, scuotendo la testa esclam: Ma perch? Si dipinge
cos bene a Batignolles. Che appunto un sobborgo di Parigi.
Per parte sua Renoir non aveva torto, se gli riusciva di fare, di un ballo al Moulin
de la Galette, una scena di gioia panica, un inno alla vita degno dei Baccanali del
Tiziano o delle Cene di Paolo Veronese. E che cosa non riusc a cavare fuori da
una passeggiata di signore e bambine per un viale, o da unaffacciarsi di signore
e gentiluomini da un palco, o da infiniti altri piccoli nulla, per dirla con il suo
contemporaneo Paul Verlaine, impressionista della penna.
Guardate qui la forza e la tenerezza, la monumentale pienezza e la trascolorante
vibrazione di questa semplice Ragazza che si pettina. Sappiamo benissimo chi la
ragazza: nientaltro che la giovane domestica del pittore, la si riconosce dai capelli
doro (ma un oro in cui si nasconde liride di un meraviglioso arcobaleno cromatico) e dal profilo leggermente camuso, dorigine certo contadina. Eppure, anche
se venuta a Parigi per farsi magari la dote lavorando nella famiglia borghese di
Renoir, la nostra fanciulla di campagna doveva finire per rappresentare una sublimazione della bellezza che alcuni critici, non a torto, hanno riportato alla Grecia,
alle sue divinit quali noi le conosciamo nel modellato dei grandi scultori classici.
A distanza di poco pi di mezzo secolo dal suo periodo di fioritura pi gloriosa
lImpressionismo ci appare oggi come una delle et pi splendide di tutta la storia
dellarte umana e delle pi ricche e consolanti.
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luglio 1960
Georges Seurat
Art Institute - Chicago
Le prime, inevitabili, reazioni allImpressionismo, quelle
giuste, da non confondersi con quelle sussiegose degli ambienti artistici ufficiali,
vengono da uomini cresciuti e formatisi in seno allimpressionismo stesso. Facciamo tre nomi soltanto: Seurat, Czanne, Van Gogh. Ma sono tre nomi senza
i quali la pittura moderna non esisterebbe, e non esisterebbe luomo moderno,
con una certa sensibilit, una certa anima. E la natura non ci sembrerebbe pi
povera se non avessimo imparato a conoscerla a fondo con la guida di quei tre
grandi scopritori di tesori, sino al loro avvento, nascosti?
Dei tre Seurat forse il meno popolare, e si pu capire il perch. Innanzitutto ci
ha lasciato poche opere (Seurat morto giovane e ha lavorato con grande lentezza,
compiendo appena qualche capolavoro assoluto); poi ha chiuso la sua visione del
mondo in una sintesi formale cos alta e severa da sembrare, a un occhio superficiale, persino freddo e inanimato. che a differenza degli impressionisti, tutti
abbandonati e passivi di fronte alla natura, egli, sia pure con dolcezza di poeta,
impone un ordine spaziale e temporale, cromatico e luministico al disordine della
realt. In questo si riallaccia a una tradizione che ha i suoi esemplari supremi nella
scultura egizia, nella pittura di Piero della Francesca.
Nato in unet di ricerca scientifica, Seurat chiede alla scienza un supporto alla
sua intuizione, e chiama puntinismo il suo metodo di sintesi ottica dei colori
e dei toni, cio delle luci e delle loro reazioni (ombre), secondo la legge del contrasto, della gradazione, dellirradiazione. Ci sarebbe da citare a lungo dai suoi
scritti, anche sullimpaginazione (o composizione), sul valore della linea oriz-
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agosto 1960
Vigneto in primavera
Andr Derain
Kunstmuseum - Basilea
La stagione impressionista ( giusto dare al corso temporale dun
movimento darte cos dolcemente arreso alla meteorologia il nome di stagione)
entrata in crisi quando Seurat ha voluto imbrigliarla in un rigore di ricerca scientifica, Czanne piegarla alle severe esigenze della sua moralit, Van Gogh forzarla
a esprimere la sua agitazione, psichica prima che intellettuale. La crisi fu salutare:
leterna primavera dellImpressionismo era un assurdo, unevoluzione e trasformazione si mostrava necessaria. Dallopera di rottura dei tre maestri eretici nominati
nascono i movimenti e le personalit che continuano e portano avanti la rivoluzione
annunciatasi con il Romanticismo e il Realismo, esplosa con lImpressionismo.
Il messaggio, linsegnamento di Seurat non verr inteso a fondo che tardi, specie
in Italia, con Carr e Morandi, nelle loro pi alte meditazioni spaziali debitori
certo al pittore francese, al pi italiano dei pittori francesi, debitore forse a sua
volta ai nostri quattrocentisti, a Piero della Francesca soprattutto.
Da Czanne invece nasce il cubismo, e gran parte dellarte del Novecento; mentre
da Van Gogh nasce laltro aspetto di questarte, lespressionista, come vedremo.
Ma dal pittore olandese esce fuori anche un movimento, il fauvisme (quasi intraducibile, si dovrebbe dire belvismo, perch fauve vuol dire belva, o fiera) di
minor portata e di durata pi breve degli altri, eppure degno desser ricordato.
Non soltanto perch, durante la sua allegra fiammata, da essa vengono riverberati
artisti come Matisse, Braque, Derain, memorabili per lunga e varia operosit; ma
per aver dato, allalba del Novecento, una serie di pitture duna freschezza, dun
brio incantevoli, che non periranno.
August Macke
Hessisches Landesmuseum - Darmstadt
Larte del nostro secolo ha i suoi precedenti in quel grande
momento della cultura figurativa europea che va sotto il nome di Impressionismo.
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i
settembre 1960
In senso stretto a esso appartengono soltanto Monet, Sisley, Renoir (gi meno
Manet e Degas, personalit che si riallacciano, per lacuto interesse ai valori del
disegno e della forma conchiusa, alla pittura antica); vi rientrano poi, ma quasi
come delle quinte colonne intenzionate a buttar tutto allaria, i grandi rivoluzionari Czanne e Van Gogh.
Dalla solidificazione della fluida materia impressionistica operata dal primo,
nasce, nel 900, il Cubismo, mentre dalla distorsione e deformazione della
materia stessa, operata da Van Gogh, deriva lEspressionismo. Da Van Gogh (e
dal suo fratello minore in arte Gauguin) viene anche, come abbiamo visto, il
Fauvismo che accoglie la deflagrazione coloristica del maestro fiammingo, ma
la traduce in termini di ebbrezza e allegria, cio la falsa, sia pure per raggiungere
una sua verit autonoma. Gli eredi autentici di Van Gogh sono quei tedeschi, e
nordici in genere, che proprio in polemica allImpressionismo classico inventano la parola Espressionismo per identificare un movimento nuovo che tende,
giusta appunto le idee di Van Gogh, non a ricevere passivamente e passivamente
rendere la natura nel suo indifferente, anche se meraviglioso fluire, ma a interpretare questa natura, a farla testimone dellanima dellartista, dei suoi drammi,
delle sue ansie.
LEspressionismo, che ha, oltre Van Gogh, un precursore nel norvegese Munch,
stato il movimento artistico, e anche letterario, pi vivo della Germania nei
primi anni del nostro secolo: vi sono passati pure, per trovare per la loro vera
ispirazione pi tardi, nel cosiddetto Astrattismo, Kandinskij e Klee, e Kokoschka,
che evolve in un suo romanticismo moderno del tutto indipendente dai moduli
stilistici espressionisti.
Gli espressionisti tipici sono Nolde, Marc, Macke, del quale vi presentiamo Passeggeri sul ponte, dipinto circa nel 1912 e conservato al Museo di Darmstadt. Non
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unopera gradevolissima (accade spesso che gli espressionisti di stretto rigore siano
piuttosto spiacevoli), e dal punto di vista stilistico un po impura. Infatti il paesaggio si riattacca, ma con durezza calligrafica, a Czanne, e risente delle scomposizioni cubiste del primo Picasso, come dimostra la franta immagine del ponte. Ma
nelle figure umane, ognuna chiusa nel proprio dolore, nella propria solitudine, v
la nota inconfondibile, originale, e ancora commovente per noi, dellEspressionismo. Che in fondo il rivelarsi dellanima tedesca nei suoi momenti migliori, di
ripiegamento su se stessa, di meditazione e contrizione. Forse il difetto di questa
pittura sta nellessere letteraria: daltra parte da dire che in letteratura lo stesso
stato danimo ha prodotto un poeta grandissimo, uno dei pi alti e significativi del
nostro tempo, Franz Kaf ka.
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ottobre 1960
Umberto Boccioni
Museum of Modern Art (MoMA) - New York
Finalmente un italiano: Umberto Boccioni, che con Severini, Balla, Carr e il teorico, quasi agitatore politico pi che letterato, Filippo
Tommaso Marinetti, partecip alla fondazione del Movimento Futurista (atto di
nascita ufficiale il Manifesto, pubblicato dal giornale francese Figaro il 20 febbraio 1909). Si tratta del primo ismo, del primo movimento artistico italiano di
rottura, che abbia risonanza e importanza extranazionale. Cerano stati nellOttocento uomini e gruppi che avevano lavorato sul serio seguendo, con autonomia,
ma pure con una certa timidezza, i grandi esempi del Romanticismo e dellIm-
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danimo - Gli addii, e fa parte di una serie volta appunto alla visualizzazione di
fatti interiori, quali possono essere gli addii fra persone care, e insieme alla resa
del movimento, sempre presente in unopera futurista autentica. Il punto centrale del quadro , come si indovina facilmente, una locomotiva che savvia, e
cui turbina dattorno un paese fuggente che confonde elementi della realt e
patetiche ondulazioni cromatiche, simboliche di stati danimo come precisa
il titolo. Ricordi del divisionismo, echi del cubismo si perdono nella nuova,
inconfondibilmente italiana unit dellopera, tipica del tempo pi creativo e
serio del Futurismo.
Il Surrealismo, che ha dei precedenti vicini nella pittura metafisica inventata da Carr e De Chirico verso il 1914-15 e lontani in personalit
estrose e fantastiche quali Pieter Bruegel il Vecchio e Bosch, nasce come movimento letterario, pi che figurativo, nellimmediato primo dopoguerra. E nasce
con una teoria sua, volta a liberare la creazione artistica da qualsiasi intervento della ragione, portando quindi alle estreme conseguenze certi dati dellestetica romantica. Lasciamo da parte la letteratura surrealista, i suoi esperimenti di
scrittura automatica eseguita dal poeta come sotto dettatura da parte del suo
inconscio, e vediamo il significato che la pittura surrealista, in concreto, viene a
prendere nella evoluzione della pittura moderna.
Un fatto che bisogna subito notare che i surrealisti, in polemica con tutte le
scuole precedenti dallImpressionismo al Cubismo, ridanno importanza preminente al soggetto. Un quadro surrealista un quadro che si pu raccontare, senza
in fondo fargli perdere molto del suo fascino. Tanto vero che i maggiori pittori
di questo singolare movimento accettano le regole del disegno e della pittura tradizionale, per porle per al servizio di una fantasia quanto mai libera e sregolata.
I valori formali, messi in evidenza dai critici della pura visibilit, cio la plasticit
delle forme, laccordo dei toni, sono cose che non interessano minimamente a
pittori come Max Ernst o Salvador Dal, tutti perduti dietro la trasposizione nel
quadro del loro incessante immaginare.
Non senza significato che Salvador Dal appunto, procedendo per questa via,
sia arrivato a fare, o tentare di fare, dellarte anche con mezzi molto singolari e
lontani dalla pura pittura: costruendo per esempio gioielli animati, addirittura
modellando la propria figura umana in singolare maniera (tutti hanno veduto
nei rotocalchi i suoi lunghi baffi impomatati), arzigogolando avventure luna pi
assurda dellaltra.
A questo punto c da chiederci se siamo ancora nel campo dellarte o in quello
della mistificazione pubblicitaria. Lobiezione stata fatta pi duna volta al pittore
spagnolo, che non soltanto non se l presa, ma ha esplicitamente dichiarato che la
mistificazione uno degli elementi primi dellopera darte.
Il quadro che vi mostriamo e che sta in una galleria di Basilea, del 1935 e sintitola Giraffa che brucia. Come vedete, nel quadro c in effetti una giraffa che
brucia, ci sono anche, pi in primo piano, delle figure fantomatiche di donne in
atteggiamento di recitazione melodrammatica, il lungo corpo serpentino trafitto
in vario modo da pugnali, stampelle, cassetti e cassettini. Dietro di esse un grande
spazio scenografico che ricorda le piazze italiane di De Chirico, e un immenso
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novembre 1960
Salvador Dal
Kunstmuseum - Basilea
cielo azzurro, dipinto senza alcuna preoccupazione di resa atmosferica della luce.
Il quadro certamente suggestivo, lo come certi sogni, certi incubi che tutti
possiamo avere sperimentato, ed altrettanto, come dire, infastidente. Se lo scopo
primo di Dal era di metterci addosso disagio e inquietudine, possiamo dire che la
sua unopera riuscita. Come eccezione possiamo anche accettarla, ma riteniamo
che il fine dellarte in generale debba essere ben altro.
i
dicembre 1960
Triangoli in curva
Vasilij Kandinskij
Collezione privata
Chiudiamo questa rassegna dei movimenti artistici nati nellet moderna, rassegna che si aperta con il Romanticismo, senza il quale tutto
quanto venuto dopo non avrebbe potuto essere, con lAstrattismo. Il termine
oggi usato in maniera molto elaNon scoraggiatevi n, se possibile,
stica e include, non sempre propriaindignatevi: questa pittura molto vicina
mente, tutti quanti i movimenti non
alla musica, e voi non chiedete mai alla
figurativi succedutisi da trenta, forse
quarantanni a questa parte. A voler
musica di dirvi esattamente qualcosa.
essere precisi, bisognerebbe distaccarne almeno la cosiddetta pittura informale, che in un certo senso alla maniera
astratta reagisce, sia pure avendo in comune con essa il rifiuto della figura. Ma noi
non arriveremo sino agli ultimi sviluppi, non andremo oltre lAstrattismo inteso
quale movimento storico ben definito e concluso. Unesatta data di nascita, quale
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quella che d al Futurismo il manifesto del 1909, non possibile fissarla, per questa
scuola, ma possibile vedere verso il 1919-20 i tre artisti pi rappresentativi, e i
primi, del movimento, gi operanti, e con piena coscienza critica, nella nuova
direzione.
Si tratta di Vasilij Kandinskij, Piet Mondrian e Paul Klee. Li abbiamo messi in
ordine di et, dal pi vecchio, nato nel 1866 al pi giovane nato nel 1879: comunque, lo vedete bene anche voi, quando cominciano a dipingere astratto hanno
dietro di s un buon numero danni nei quali non che siano stati inattivi, ma
sono passati attraverso varie esperienze, prima fra tutte quella espressionistica,
dominante nei paesi nordici. Ed bene qui ricordare che Kandinskij nato a
Mosca, Mondrian nella citt olandese di Amersfoort, Klee a Mnchenbuchsee, in
Svizzera. I paesi latini, cui pure si deve il Cubismo e il Futurismo e il Surrealismo,
non hanno meriti (o, se volete, colpe) nella formazione di questultima diavoleria,
che per accetteranno, sia pure poi trasformandola a modo loro.
A questo punto ci si potrebbe chiedere quale dei tre artisti debba considerarsi il
vero fondatore del movimento. Togliamo, e sappiamo di non fargli nessun torto,
Klee dalla gara; le risorse di questo artista, probabilmente il pi grande della
triade, sono tali che non ci perde nulla a levargli la paternit dellAstrattismo.
Tanto pi che a guardarlo attentamente sempre cos concreto, inventato, magari
sognato: sarebbe ora di staccarlo da una compagnia che stata sua pi allapparenza che nella sostanza. Ora, fra Kandinskij e Mondrian, possiamo stabilire questo
rapporto: Kandinskij ha contato di pi, sia teoricamente sia in concreto per la
nascita dellAstrattismo, Mondrian ha portato pi avanti, a conseguenze estreme,
quanto il maestro russo aveva intuito e in parte realizzato.
Diciamo in parte, e infatti mentre Mondrian nella sua lunga operosit astratta
arriva a puri incroci di linee rette e a puri accordi di colori assoluti, Kandinskij
Winslow Homer
Butler Institute of American Art - Youngstown
S, esiste una pittura americana. Ce ne siamo accorti tardi,
come ci eravamo accorti tardi che esisteva una letteratura americana: luna e laltra
hanno avuto dei timidi inizi quando gli europei trapiantati nella nuova terra,
arrivati a una certa stabilit sociale ed economica, si sono preoccupati di avere dei
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anche quando, come nel quadro chi vi presentiamo dipinto nel 1927 (sta in una
collezione privata di Monaco), non si propone altro, come dice il titolo, che di
rappresentare Triangoli in curva, si lascia ancora dominare dalla fantasia, che ,
malgrado la geometria, insistita e ossessiva, delle forme, fantastica. Dal nero della
notte nordica, un nero forse di notte infantile, emergono i triangoli e i cerchi
colorati e formano, ma per dissolversi poi e trasformarsi, villaggi, approdi marini
con variopinti piroscafi attraccati e tante altre cose vere e immaginarie: quelle che
potete leggere voi in questa scrittura ideografica cos vicina a quella dei bambini
che giocano con le costruzioni. E non soltanto le forme sono pi varie e libere che
in Mondrian, ma anche i colori tuttaltro che fermi e immutabili, svarianti anzi
sempre un po come sono i colori delle nuvole e delle acque.
Vi abbiamo date delle indicazioni per decifrare il quadro che vi sta davanti, ma
pu darsi che voi ne ricaviate tante altre immagini e suggestioni: non scoraggiatevi n, se possibile, indignatevi: questa pittura molto vicina alla musica, e voi non
chiedete mai alla musica di dirvi esattamente qualcosa.
i
aprile 1962
Gioco di ragazzi
libri da leggere, dei quadri da appendere alle pareti. Cos, nei primi tempi, si sono
avuti pi che altro dei prodotti un po bastardi, tendenti a ripetere i modi, le forme
di quanto le civilt artistiche europee, tuttaltro che primitive negli anni della
primitiva arte americana, offrivano.
Ma ben presto la forza delle cose, la novit dellambiente naturale e delle situazioni umane favorirono il vigoreggiare di creatori indipendenti, comunque capaci
di trasformare qualsiasi dato avessero preso dai movimenti culturali dellEuropa contemporanea. Per fare un solo esempio: chiaro che il gran Melville non
avrebbe scritto Moby Dick, se non ci fosse stato il Romanticismo, da Coleridge a
Victor Hugo, ma pure incontestabile che il poema della balena bianca trascende
e supera vittoriosamente i limiti dellimitazione, addirittura assurge al cielo dellepica, che nessuno scrittore ottocentesco europeo ha invece mai toccato.
Questi sono fatti ormai acquisiti. La pittura americana del secolo scorso una
scoperta molto pi recente e, bisogna riconoscerlo, molto meno emozionante. I
veri grandi nomi della pittura doltreatlantico appartengono al Novecento, che
verso la met, tra il 1945 e oggi, ha avuto nella scuola dellastratto-espressionista,
il cui centro New York, il fatto artistico pi importante, pi carico davvenire
di tutto il periodo.
LOttocento, ripetiamolo, non ha nomi dartisti da mettere vicino a quelli di scrittori come Poe, Melville, Hawthorne, Whitman, Twain, ma qualche figura vera,
tipica, degna desser ricordata, da Ryder a Homer, che vi presentiamo oggi e che,
senza grandi voli, ha dipinto la realt naturale e sociale del suo paese, in maniera
autentica, durevole. Per quanto egli sia stato a Parigi, non si pu dire che abbia
risentito in modo decisivo linfluenza dei tanti grandi pittori col operanti. Lunico
parallelo possibile quello con Courbet, che pu avere confortato Homer nella
scelta dei temi pi umili e quotidiani. Disegnatore forte e preciso (gli si devono
istantanee di guerra civile che ricordano quelle del narratore Stephen Crane); dal
1860 circa al 1900, il nostro artista ha dipinto un po di tutto, con preferenza negli
ultimi anni per i temi marini, affrontati con uno scrupolo di verit e con un certo
lirismo. Ma per noi lHomer pi interessante quello del periodo di mezzo, in
cui egli diventa una sorta di Mark Twain del pennello, un descrittore cio, allapparenza quasi giornalistico ma capace in effetti di arrivare a una fermezza e a una
poesia singolari e del tutto americane.
Guardate questo Gioco di ragazzi, dipinto nel 1872. Il taglio, che in altri artisti
realisti, per esempio in Courbet, risente della fotografia posata, qui addirittura
anticipa, non la fotografia, ma il cinema, magari in technicolor. Lo diciamo senza
ironia e in unaccezione positiva: per un pittore americano, senza tradizione dietro
le spalle di moduli compositivi illustri ma esauriti, posare locchio sulla realt con
il candore e lampiezza di visuale di una macchina da presa, non era affatto un
male. Il quadro sta davanti a noi sincero, mosso e insieme fermo, un po greve,
nella sua minuzia descrittiva, ma riscattato dalla banalit per via dun sentimento
della vita largo e affettuoso, umanissimo. lora di un giorno qualunque rapita
per sempre al flusso crudele del tempo, e divenuta, per lobiettivit estrema del
pennello che lha colta, di un incanto remoto, straziante. E il colore dominante, il
caldo colore che ritorna dalla terra al fustagno ai volti allindimenticabile baracca
di legno, qualcosa di nuovo, di inedito, rispetto a tutta la pittura venuta prima.
Un colore, appunto, americano.
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giugno 1962
Profumo
Jackson Pollock
James Goodman Gallery - New York
Dopo il momento ottimistico, rappresentato dallobbiettivit
di Winslow Homer, e quello polemico ma non pessimistico, rappresentato dalla
deformazione espressionistica di Ben Shahn, la pittura americana sembra staccarsi
dalla realt ambientale e umana del paese in cui fiorisce per adeguarsi a un movimento artistico internazionale e sradicatissimo, lastrattismo.
Vi sono dei precorrimenti, degli anticipi, ma isolati e senza seguito: in effetti il
trapianto delle tendenze avanguardistiche europee nel vergine terreno americano
e, di conseguenza, linserimento della scuola di New York vicino alla scuola di
Parigi, si ha negli anni dal 45 in poi. Con una voracit e una capacit di assimilazione incredibili, i giovani pittori statunitensi si cibano di Picasso e di Klee, dei
dadaisti e dei surrealisti e degli astrattisti, restituendone i modi con libert e autonomia impensabili nel vecchio mondo.
Anche negli anni dellapprendistato, cio della loro assunzione a fini propri, gli
artisti americani svisano gli originali cui si ispirano, fanno del nuovo, o vi si avvicinano grandemente.
La cosa pi che naturale: non altrimenti i nordici, impadronitisi della maniera
rinascimentale italiana, la stravolgono ai propri fini, che non sono di superiore
armonia classica, ma di espressivit e di naturalezza a ogni costo.
Tornando agli americani: i grandi spazi e i grandi agglomerati urbani nei quali
essi vivono non sono tali da annullare luomo, o almeno da schiacciarlo, polverizzarlo, inghiottirlo? Anche Ben Shahn avr sentito problemi simili a quelli
che sentirono De Kooning, Klein, Pollock, ma negli anni della sua pi vitale
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creativit poteva ancora sentirne altri, di carattere sociale, tali da salvare il suo
umanesimo.
In questo dopoguerra i nuovi pittori, risolti dallAmerica i pi generali e urgenti,
di quei problemi, si trovano soli di fronte a quelli eterni, dellesistenza, resi acutissimi nel rovello inesorabile della civilt di massa. E come li esprimono? Con
furia e candore, lasciando che linconscio guidi la loro mano, bruciati i ponti con
qualsiasi tradizione figurativa occidentale.
Ecco Jackson Pollock, il pi artisticamente dotato e il pi spiritualmente impegnato della scuola doltreatlantico, stendere a terra le superfici da dipingere e strizzarvi, sgocciolarvi, distendervi le sue vernici riempiendo tutto, con lorrore del vuoto
dei barbari. Ma non a caso: le opere, le non molte opere lasciateci dal pittore,
perito tragicamente nella ferraglia contorta e convulsa come un suo quadro duna
automobile guidata forse in stato dubriachezza (era il 1956, Pollock aveva quarantaquattro anni) a un occhio esercitato mostrano necessit dispirazione e compiutezza stilistica. Se spesso si scorge una sorta di reticolo angoscioso entro cui luomo
in brandelli, irriconoscibile, cerca invano di trovare scampo e uscita, in Pollock,
altre volte ci si pu avviare per una pi spirale aura. Come in questo Profumo
del 1955, che uno degli ultimi quadri del pittore: c sempre quellinfinito della
pittura (e della poesia) americana, ma in uneccezione non tragica, lirica. Non
siamo molto lontani dalle estreme propaggini dellImpressionismo, dal Monet
delle Ninfee, dallimmersione totale, dolcemente passiva nella natura del vecchissimo maestro francese. Non una cosa voluta, ma una coincidenza significativa
questo ritrovarsi vicino di due pittori come Pollock e Monet: luno partito per
linterno, laltro per lesterno, ma entrambi votati allannullamento, al perdersi per
un ritrovamento intero sulle rive dellarte raggiunta e della sua pace.
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febbraio 1964
Il Duetto
Georges Braque
Centre Pompidou - Parigi
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mezzo e fa da asse alla composizione, quelle fanno da sfondo e lo variano dal giallo
limone al verde scuro al marrone con un passaggio luce-ombra preziosissimo. Ai
due lati del piano, una di fronte allaltra, in corrispondenza della parete chiara e
di quella scura, la cantante e la pianista. La prima viola e bianca ma si muove
forse esilarata dalla musica ed anche, non pi di profilo ma di tre quarti, nera; la
seconda pi ferma, anche se ritagliata in tre sagome e tre toni di colore armonizzati con la parete scura. A darle allegrezza dietro la sua testa spuntano triangoli di
non facile spiegazione, uno dei quali, arancione, squisito per la sua improbabilit
e giustezza cromatica.
Il duetto che Braque ha dipinto nel 1937, e che conta fra i pi bei pezzi del Museo
dArte Moderna di Parigi, un quadro giovane e felice, duna sonorit un po stridula, agra ma fresca, priva di sottintesi polemici. La casa, e i mobili, e le persone
esistono ancora per il grande pittore francese, ma per lui hanno tante pi possibilit di durare se si mostrano docili alla sua bacchetta di stregone benefico, capace
di far traballare e mettere a soqquadro felicemente tutto.
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febbraio 1964
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che assolutamente sono agli antipodi di tutto quanto ha comunque a che fare con
lindustria.
Il fatto che, mentre puri scienziati e primi industriosi sperimentatori pratici
avviavano il moto pacificamente rivoluzionario sopradetto, pittori, poeti e compositori torcevano a bella posta gli occhi dalle novit per tuffarli, quasi in cerca
di salvezza, nelleterna, benigna Natura. Quando dalla fase ristretta della seconda
met del Settecento la rivoluzione industriale, nellOttocento, avanz vittoriosamente da ogni parte, sporcando il cielo col fumo delle ciminiere e rendendo
luomo, il proletario, non ancora in grado di difendersi, pi schiavo che mai, la
reazione si fece anche pi violenta. Bisogner arrivare al crepuscolo del secolo
scorso, al suo ottimismo, per trovare cantori entusiastici delle macchine: basti
ricordare il Carducci. Il Novecento, specie coi futuristi, arriver addirittura a contrapporre la bellezza della locomotiva a quella della Vittoria di Samotracia.
Ma gi nel 1768 un pittore inglese, Joseph Wright, dipingeva il quadro che vedete,
che sta alla National Gallery di Londra e che reca linconsueto titolo Esperimento
con una pompa ad aria. Inconsueto il titolo e anche il quadro, naturalmente, seppure
per tanti aspetti tipicissimo dellepoca in cui venne dipinto. Se vero infatti che
la pompa ad aria il centro della composizione, la cosa del quadro che conta di
pi, pur vero che la minuzia narrativa con cui lartista ha ambientato e animato
il momento mistico della prova sperimentale suona tipicamente settecentesca,
specie l dove sintenerisce sui bambini che guardano desolati luccellino morto
dentro la sfera di vetro della crudele nuova macchina. Il quadro, senza assurgere
a grande altezza pittorica, resta unopera piena di un incanto fra domestico e fantastico molto singolare, una di quelle cose minori cos illuminanti sullet in cui
vennero eseguite: qui, appunto, gli albori, misteriosi dellet industriale.
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aprile 1964
La Stazione di Saint-Lazare
Claude Monet
Fogg Art Museum, Harvard University Art Museums - Cambridge (USA)
Se gli albori dellet industriale, nel Settecento, hanno lasciato
pochissime tracce nellarte, il suo vigoroso procedere e affermarsi, nellOttocento,
non produce, alle prime, granch. Gi le nazioni pi evolute dEuropa e parte del
Nord America stanno convertendosi in paesi industriali, e di conseguenza trasformandosi nellaspetto esteriore, modificandosi nelle strutture economiche e sociali, e
pure i pittori e gli scrittori non sembrano quasi accorgersene. Qualche effetto, specie
in Inghilterra e in Francia, comincia verso met del secolo a sentirsi nel romanzo,
come contraccolpo, nellambito delle scuole realista e naturalista, della nuova condizione umana che viene a toccare, come conseguenza della rivoluzione industriale,
al proletariato urbano. Baudelaire e Marx sono fra i primi a sentire che qualcosa va
cambiando e a reagire in maniera diversa, ma ugualmente pronta e acuta.
Nellambito delle arti figurative va per ricordato lesempio isolatissimo del
pittore inglese Turner, che mentre si tende, proprio per sottrarsi al brutto dilagante in conseguenza del sorgere di fabbriche e stazioni ferroviarie, allevasione
nella natura vergine, dipinge nel 1844 un quadro intitolato Pioggia, vapore e velocit.
Lopera, il cui titolo sembra anticipare il futurismo di Marinetti e di Boccioni, rappresenta la Great Western in corsa sopra un ponte, sotto la pioggia violenta. una
cosa romantica, nellimpeto coloristico, nel turbine formale, una cosa che rompe
nel passato: e tanto pi rompe in quanto tiene conto di una realt contemporanea,
senza chiedere permessi, appunto, al passato.
Con occhio ben pi pacato si volge alla rappresentazione di questa nuova realt
che tocca tutti, la ferrovia, Claude Monet, che nel 1877 dipinge ben sei quadri
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ispirati a treni e stazioni. Non inutile ricordare che Monet, uno dei patriarchi
dellImpressionismo, fece, giovanissimo un viaggio a Londra, e rest molto colpito
dalla pittura di Turner. Ma, ripetiamo, il suo occhio, perch il suo animo, ben
pi pacato e oggettivo di quello del grande maestro inglese. vero che, nelle sue
uscite in strada, en plein air, con pennelli, colori e tela, mosso da un sentimento
poetico, non da un intento documentario. Tuttavia egli non ha nessuna intenzione
di forzare laspetto della realt, semmai ha quella di perdersi nella sua contemplazione. E per un pittore contemplazione della realt vuol dire resa coloristica della
realt. La serie delle Stazioni di Saint-Lazare, dalla quale vi abbiamo scelto la pi
bella (oggi in America nella Collezione Fogg dellUniversit di Harvard) venne
presentata alla Terza Mostra degli Impressionisti: e naturalmente, per quanto oggi
possa sembrare incredibile, suscit critiche violente.
Nel quadro che vedete, e che persino troppo facile chiamare una sinfonia di
blu, il taglio della stazione con treni in arrivo e in partenza , come spesso negli
impressionisti, istantaneo, non premeditato. Quasi una fotografia, verrebbe voglia
di dire, con quella figura di uomo, di ferroviere, che centra dentro in primo piano,
a met, puramente perch cera, e sarebbe stato falsificare tutto, il toglierlo via.
Eppure, proprio perch ferma lora, il minuto in un battito di luce e dombra
(colorata, azzurra) irripetibile, il quadro eterno. Grandi poeti della natura (gli
ultimi) sono stati chiamati gli impressionisti: ma senza limitazioni. Della natura
che poteva cadere sotto locchio di Monet che usciva di casa per dipingere, nel
1877, facevano parte anche i metalli e i vetri della tettoia, gli acciai bruniti delle
rotaie, il ferro, il carbone. Perch non avrebbe dovuto dipingerli con lo stesso
candore e la stessa emozione con cui poteva dipingere le ninfee, o i papaveri?
maggio 1964
Henri Rousseau
Muse de lOrangerie - Parigi
Mentre nelle scuole e accademie, la rivoluzione industriale
in pieno sviluppo e, possiamo dire, in piena vittoria, si continua a pretendere
che larte non veda quel che sta accadendo nella vita, questa si prende vendetta
allegra di tali proibizioni e allarte arriva direttamente, riducendo a zero il ruolo,
appunto, di scuole e accademie. Ancora gli impressionisti avevano frequentato,
negli anni giovanili, queste ultime, sia pure per abbandonarle prestissimo e compiere la propria formazione en plein air, in contatto immediato con la luce vera, vale
a dire con lesistenza vera.
Ma si vedr ben altro, nella seconda met dellOttocento: si vedr un piccolo,
minimo, oscurissimo impiegato ai dazi di Parigi, del tutto ignaro di scuole e
accademie, guardare alla realt con il candore di un bambino e restituirla con
i colori dun maestro antico. Si chiamava Henri Rousseau, il nostro pittore,
ma tutti, da quando cominci a farsi conoscere, verso i quarantanni, per le sue
opere, lo chiamarono le douanier, il daziere, forse con una punta dironia
mista a tenerezza.
Rousseau smentisce non soltanto i professori di disegno ma, in un certo senso,
anche gli impressionisti, che di fronte alle novit del mondo non fuggono come gli
accademici, ma chiedono soccorso alla luce e al colore. Innamorati della natura, se,
guardandola, vi vedono inserita una locomotiva, per esempio, non la rimuovono,
ma la stemperano nellebbrezza luministica e cromatica sino quasi ad annullarla.
Il douanier non rifiuta la locomotiva, n il battello a vapore, n, quando salzer in aria fragile, goffo e meraviglioso, laeroplano; n li riduce a pura macchia
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Parata amorosa
Francis Picabia
Collezione privata
Il nostro secolo vede crescere enormemente limportanza
dellattivit industriale, sulla terra la macchina costruita dalluomo, sempre pi
complicata e perfetta nelle sue guise infinite, diventa preminente fra le cose visibili. La natura ricopre ancora gran parte del pianeta in cui viviamo, ma la gente
che vive nelle citt, i bambini che vi sono nati e che vi crescono, hanno scarse
occasioni di venire a contatto con essa. Mentre la macchina sempre presente
nelle loro giornate, e diventa la compagna di tutte le ore ai molti, ai moltissimi,
ai pi avviati, come lavoro, nelle industrie. Gli artisti, i pittori i poeti i musicisti,
continuano a reagire in due maniere diverse, antitetiche, come gi allinizio di
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questa rivoluzione che investe lesistenza di tutti. Alcuni rimuovono, per cos dire,
i fenomeni nuovi che turbano la natura, il corso delle stagioni, tutto, ed entrano
sempre pi addentro nella natura stessa, immedesimandosi in essa: le ultime opere
degli impressionisti, che hanno operato nel Novecento, gi vecchi ma sempre
pieni di vitalit creativa, sono state dipinte in un ultimo, disperato abbraccio di
piante, prati, acque. E in tale senso Ravel e Debussy hanno scritto musica, DAnnunzio poesia.
Altri hanno invece accettato il nuovo corso della storia, e si sono detti: le macchine ci sono, sono anzi sempre pi numerose, perch non dovrebbero entrare nei
nostri quadri, nelle nostre sinfonie, nelle nostre pagine? I futuristi italiani, con
ingenua foga, si sono messi a cantare
Il Dadaismo una strada pericolosa,
le locomotive e le prime automobili
ma ha saputo darci cose che hanno avuto
da corsa con entusiasmo, memori di
quando si cantavano i destrieri.
una funzione e un seguito, specie nel vasto
I dadaisti, cos autochiamatisi da
campo della grafica e della pubblicit.
Dada, una parola che non voleva
significare nulla o appena a cavallo nel linguaggio dei bambini, cio nulla, andarono oltre, vollero rompere del tutto col passato, e con la sua arte. Il movimento,
che nacque a Zurigo in Svizzera nel 1917 (mentre ancora divampava la guerra,
rifiutata come manifestazione dello spirito borghese) troppo complesso perch si
possa racchiudere in una formula. Agisce sia in senso negativo, mirando a distruggere il gi fatto, sia positivo, tentando di creare del nuovo.
In questa direzione non poteva non tener conto della nuova, imponente realt che
la macchina. Ma non la prende di petto, col candore e lentusiasmo del futurismo,
la guarda con distacco spassionato, ci gioca con unironia sottile che non esclude la
partecipazione lirica, sia pure di qualit pi intellettuale che sentimentale.
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Il pi famoso pittore della scuola dadaista Francis Picabia. Ecco qualche sua frase
teorica: Il cervello ha unintima affinit con la qualit delle macchine; Io non
posso soffrire la natura; Ridurre la pittura a una formazione senza problemi;
ciascuno ci trover le linee della sua vita, che vanno con i tempi in ferrovia e
col telefono senza fili. Ed ecco una sua opera, che sintitola, con quel misto di
ironia e di lirismo che proprio della scuola, Parata amorosa. In effetti le macchine
immaginarie e inutili, ma inventate guardando alle macchine vere e utili, vi sono
composte in un gioco limpido, nuovo, non privo di una grazia lucida anche nel
colore, netto, disteso, purissimo.
Il Dadaismo una strada pericolosa, ma nel suo primo fiorire ha saputo darci
cose, come quella che pubblichiamo, che hanno avuto una funzione e un seguito,
specie nel vasto campo della grafica, in particolare di quella postasi al servizio della
pubblicit.
Il Surrealismo un movimento artistico e letterario (veramente si autodefinisce integrale) che nasce nella Parigi degli anni Venti e si propaga
un po da ogni parte, meno in Italia, dove pure aveva avuto in De Chirico una
sorta di profeta.
Come tutte le avanguardie, ma ai suoi teorici non piace che venga definito tale,
trattandosi secondo essi di una categoria eterna dello spirito sul punto finalmente
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i
agosto 1964
LElephant Celebes
Max Ernst
Tate Modern - Londra
Fernand Lger
Scottish National Gallery of Modern Art - Edimburgo
Gli artisti, precisiamo, i pittori, da quando ha avuto inizio la
cosiddetta rivoluzione industriale, cio allincirca da pi di un secolo e mezzo,
hanno, in un modo o nellaltro, con maggiore o minor frequenza e intensit a
seconda che si trovassero a operare in seno a paesi in cui la nuova civilt della mac-
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impegnati nel lavoro manuale con simpatia e affetto ma anche con grande libert
di visione e, quel che conta moltissimo, di resa pittorica. Le sue grandi composizioni ispirate al mondo operaio non sono meschinamente, puntigliosamente realistiche n vacuamente simbolico-esaltatorie: sono vere, ma in unaccezione aperta,
fresca, svariante. Guardate questo cantiere edile con i suoi carpentieri e manovali,
allopera e in riposo, le sue strutture metalliche, i suoi alberi e biciclette, il suo
cielo e le sue nuvole: c una risonanza estremamente vitale, in esso, di spazio e di
colore, una poesia ampia, distesa, che ricorda, mentre canta il presente, le serene
decorazioni a fresco delle cattedrali antiche.
i
ottobre 1964
Camion Giallo
Mario Sironi
Collezione privata
Lindustrializzazione dellItalia stata pi tarda e pi lenta di
quella dellInghilterra, della Germania e della Francia, e per oltre un secolo non ha
interessato che la parte settentrionale del Paese, soprattutto il cosiddetto triangolo
Torino-Milano-Genova. Eppure qui nato il movimento futurista, tutto volto,
sia pure con una certa rozzezza e ingenuit, a celebrare lavvento della macchina,
strumento primo dellindustrializzazione. Ma il Futurismo, dal quale si distaccarono presto uomini che dovevano dare il meglio di s in altre direzioni, come il
pittore Carr e lo scrittore Palazzeschi, si svilupp poi in senso tutto vitalistico e
pratico, contribuendo con il dannunzianesimo alla nascita del partito fascista.
curioso notare che al fascismo ader anche un artista severo e tuttaltro che vita-
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listico quale Mario Sironi: sardo dorigine, egli si trapiant giovane a Milano, ed
molto naturale che la citt lombarda, nel primo dopoguerra in fase di rapida
industrializzazione, abbia colpito e traumatizzato la sua sensibilit di figlio duna
civilt arcaica. Curioso, ripetiamo, che Sironi, sul piano artistico testimone onesto
e serissimo del doloroso processo di trasformazione economica e sociale in cui
era venuto a trovarsi, ideologicamente reagisca con labbracciare un movimento evasivo e antistorico, preoccupato
non di risolvere ma di rimandare i Sironi trova occasioni per uscire dalla strada
ufficiale delle celebrazioni e per tornare
problemi.
Partito pure lui dal Futurismo, sentito nel fango della periferia che gli aveva dato
per con una certa tetraggine, forse le occasioni pi autentiche di esprimersi.
costituzionale in un sardo autentico,
anche se trapiantato, Sironi nel dopoguerra sente il richiamo del ritorno allordine (ecco un punto di contatto, secondo noi pi apparente che reale, ancora col
fascismo) novecentista, neoprimitivista da un lato e dellEspressionismo dallaltro.
Ed proprio sulla linea dellEspressionismo che Sironi ci d le sue cose migliori:
quelle visioni di periferia industriale in cui la macchina, non pi allegra come
nei futuristi, ma grave e squallida come nella realt di tutti i giorni di chi la usa,
diventa protagonista anonimo eppure estremamente significativo del quadro. Si
veda questo Camion giallo, opera giovanile ma fra le pi originali e compiute del
pittore. Sul fondo, rese in una sintesi che si richiama forse a Czanne e ai maestri
italiani antichi da Giotto a Masaccio, le case delluomo con le orbite desolate delle
finestre, in primo piano un camion, forse un 15 Ter o un 18 BL, monumentale e
quasi simbolico nella sua centralit. In un altro contesto storico e artistico una cos
acuta attenzione alla condizione umana (nel quadro luomo non c ma chi non ne
sente la presenza collettiva, umiliata e annichilita, negli alveari operai?) avrebbe
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Chiudiamo questa serie, iniziata con un pittore inglese del Settecento, con un pittore americano doggi. E non a caso: lInghilterra il paese
dove la rivoluzione industriale ha preso lavvio, lAmerica quello in cui essa ha
operato la pi profonda trasformazione della vita, persino della natura. E infine
anche dellarte.
Il pittore che presentiamo uno dei primi e pi famosi di quel gruppo, fattosi
conoscere a New York verso il 60 e consacrato alla Biennale di Venezia ultima,
che, non sappiamo bene chi, ha racchiuso in un nome, abbastanza ironico: pop
art. Ci spieghiamo, pop art labbreviazione di popular art, cio arte popo-
lare. Cos in America si chiama pop music la musica che da noi si dice leggera,
canzonette e ballabili.
Ora, il gruppo di artisti che ha fondato questo movimento partiva da premesse
tuttaltro che popolari, si rifaceva in un certo senso a Dada e al Surrealismo, le
scuole pi intellettualistiche dellavanguardia europea.
Perch pop art, dunque? Perch questi pittori hanno attinto, e attingono, non
soltanto i motivi ma gli oggetti veri e propri da quellimmenso arsenale di cose,
le pi disparate, che lindustria, dalla meccanica allalimentare alla culturale eccetera, ci scaraventa ogni giorno sotto gli occhi. Che cosa di pi popolare dun
paraurti, dun ice-cream, dun fumetto?
Abbiamo nominato, a caso, tre motivi tipici della pop art, ma potevamo nominarne tanti altri, su questa scala. Gli occhi dei pittori pop non cercano cieli e
nuvole, ma vetrine di supermercati e cimiteri dautomobili. Ci si detto: se tale
la realt, in nome di che cosa rifiutarla? Non solo la dobbiamo accettare, ma
esaltare, ingrandendola e accrescendone la suggestione visiva con il calore nostro.
Alla radice della pop art c dunque un accoglimento, o una presa di possesso,
del mondo attuale, che il penultimo movimento davanguardia, lInformale, aveva
negato, rifugiandosi nel puro colore.
Lidea di dare, esporre oggetti, o falsi oggetti, invece di rappresentarli sulla tela
risale, come abbiamo detto, ai dadaisti e surrealisti degli anni Venti. Ma qui si
arrivati alle estreme conseguenze, con unallegra violenza che non poteva essere
che americana, e che tuttavia possiamo ben capire, perch linfluenza delloggetto
di consumo e della pubblicit sulla nostra vita si va ogni giorno di pi portando
a livello americano. Capire non vuol dire sempre ammirare, o almeno accettare.
Noi abbiamo voluto documentare un fenomeno, la cui vitalit attuale ci sembra
certa, la cui durata daltra parte non sembra probabile. E non il fine dellarte
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preso il segno della rivolta, o almeno della protesta. NellItalia avviatasi al ventennio corporativo e imperiale Sironi si tiene al suo stile greve, impastato e doloroso,
ma si adegua, anzi aderisce e collabora, allammissione nellarte di contenuti falsi
e retorici, privi di qualsiasi possibilit di sublimazione estetica. Tuttavia, nel lungo
corso della sua vita di pittore, Sironi trova occasioni per uscire dalla strada ufficiale
delle celebrazioni e per tornare nel fango della periferia che gli aveva dato le occasioni pi autentiche di esprimersi, e che continua a offrirgliene ancora. Pur tra le
contraddizioni e i cedimenti, le false partenze e le cadute, Sironi riesce a salvare
una sua integrit duomo e dartista, di cui fanno fede non poche opere, ormai
entrate nella storia dellarte italiana.
i
La stufa
novembre
dicembre 1964 Claes Oldenburg
Collezione privata
la sopravvivenza al tempo? Illusione, dicono gli artisti pop, nella civilt dei
consumi e della bomba allidrogeno, lidea che larte possa salvarsi. In conseguenza di ci essi fabbricano le loro opere inimpressionanti e caduche.
Quella che presentiamo una scultura-pittura di Claes Oldenburg, con Rauschenberg premiato a Venezia, il pi famoso dei pittori pop. Si tratta dun finto
oggetto utile, una sorta di trofeo di cucina con carne e verdura nude e crude,
prima delluso. Il tutto in plastica, gomma e altre materie simili, esaltate da un
colore fiammante.
Esaltazione, o critica spietata e accusa, o almeno ironia, sulla civilt cui apparteniamo? Gli artisti pop non si pronunciano, e dicono che non sono tenuti a
dare spiegazioni, mentre erano, e sono tenuti a fornire, con le loro opere, delle
testimonianze.
Lessing/Contrasto
Pagine: 74, 159, 173, 192
Photoservice Electa/AKG Images
Pagina: 70
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eni.com
un ringraziamento particolare a