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Tanzio da Varallo
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Antonio d'Enrico, detto Tanzio da Varallo, o semplicemente il Tanzio (Alagna


Valsesia, 1582 circa Varallo (?), 1633), stato un pittore italiano, tra i migliori
interpreti di quel fervore di rinnovamento artistico che, in Piemonte e in Lombardia, si
espresse, in modi diversi, sulla scia del lascito di spiritualit di San Carlo Borromeo e
dell'Arte della Controriforma.
Gi pi volte segnalata da Roberto Longhi, la sua produzione artistica usc dal
modesto interesse riservatole sino ad allora dagli storici dell'arte, per merito di
Giovanni Testori che, con l'esposizione torinese del 1959-60, contribu in modo
decisivo ad affermare la statura artistica del pittore di Alagna.
Indice [nascondi]
1 Vita e profilo artistico
1.1 Il viaggio a Roma e la lezione di Caravaggio
1.2 Il ritorno in Valsesia ed il lavoro al Sacro Monte
1.3 Le committenze di sperdute parrocchie
1.4 Un sogno di bellezza: le tele di Davide e Golia
1.5 Gli anni della peste
2 Opere
3 Note
4 Bibliografia
5 Voci correlate
6 Altri progetti
7 Collegamenti esterni

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Vita e profilo artistico

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Il viaggio a Roma e la lezione di Caravaggio [modifica wikitesto]

Tanzio da Varallo, San Carlo


Borromeo comunica gli appestati, ca.
1616, Parrocchiale di Domodossola

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Nacque a Casa Giacomolo, frazione di Alagna, in Valsesia, da una famiglia di maestri


costruttori e di scultori, i D'Enricis, antica famiglia alagnese (Heinrichs). Dal nome di
suo padre Giovanni ("Anz", nel dialetto tedesco parlato ad Alagna) deriverebbe la
deformazione patronimica ("d'Anz", ovvero "figlio di Giovanni") che, italializzandosi,
porterebbe al soprannome "Tanzio", con il quale egli fu da tutti chiamato dopo il suo
trasferimento a Varallo.
Giovanni era anche il nome di uno dei fratelli della numerosa famiglia: si tratta di quel
Giovanni d'Enrico, architetto e scultore, che nel 1586 incominci a operare nel
grande cantiere del Sacro Monte di Varallo e che fu poi, per circa quarant'anni artista
di fiducia della fabbriceria del Monte e protagonista assoluto nella realizzazione degli
apparati statuari.
L'apprendistato di Tanzio avvenne, con ogni probabilit, sotto l'attenzione di
Giovanni, fratello pi anziano di lui, e si pu pensare che essa si sia svolta - com'era
tradizione in Valsesia - nel campo della scultura prima che in quello della pittura. Le
fonti documentali nulla ci dicono a proposito dell'apprendistato e dei pittorici esordi
valsesiani di Tanzio, lasciando le porte aperte a diverse congetture.
Un dato certo invece relativo al fatto che nel 1600 Tanzio, assieme all'altro fratello
Melchiorre, part alla volta di Roma. Una lettera di patronaggio del prorettore della
Valsesia ne attesta il proposito di recarsi pellegrini al giubileo indetto da papa
Clemente VIII e di vivere con i proventi della loro attivit di pittori.

Madonna dell'Incendio Sedato nella


Collegiata di Pescocostanzo (1614).

A Roma avvenne - esperienza che lo accomuna a un po' tutti i pittori che a quella data giungevano nella citt pontificia - la
sua "folgorazione" per il nuovo linguaggio adottato dal Caravaggio, che era in quegli anni inquieto protagonista della scena
artistica romana.
Il periodo di sua permanenza lontano dalla Valsesia dur verosimilmente sino al 1615, mentre il fratello Melchiorre vi fece
ritorno assai prima.

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Pochissime sono le opere assegnate dagli storici dell'arte al suo catalogo datate in questi quindici anni trascorsi prima a
Roma, poi a Napoli e in terra di Abruzzo.
Si possono citare una Pentecoste i cui frammenti sono oggi conservati presso il
Museo di Capodimonte di Napoli, la pala con la Circoncisione che si trova a Fara San
Martino e quella con la Madonna dell'incendio sedato[1]] a Pescocostanzo (AQ) e la
Madonna con Bambino nella sacrestia della Parrocchiale di Colledimezzo. In esse, per
l'attenzione realistica e per gli intensi effetti chiaroscurali che fanno uscire le persone
dal buio della scena, palese il debito artistico verso il Merisi; ma sono anche
presenti, nelle mani scarne ed adunche dei personaggi, nei volti scavati, nei gesti
enfatici dell'estasi mistica, quei tratti di tormentato empito religioso che costituiscono
una delle pi significative cifre dell'opera intera di Tanzio da Varallo.
Si tratta - val la pena ricordarlo - di tele legate alla spiritualit francescana, che
verosimilmente gli vennero allogate attraverso il "patronage" di alcuni rappresentanti
dell'ordine dei Minori Osservanti al quale Tanzio fu devoto per tutta la vita.

Il ritorno in Valsesia ed il lavoro al Sacro Monte [modifica wikitesto]


ragionevole supporre che il suo ritorno nei luoghi nativi, dopo le credenziali
artistiche acquisite nei lunghi anni precedenti, sia legata alla prospettiva di un suo
coinvolgimento - forse sollecitato dal fratello Giovanni - negli affreschi delle nuove
cappelle del Sacro Monte di Varallo.

Madonna con Bambino e san


Francesco nella chiesa di San Giovanni
a Colledimezzo (1615 ca.).

Prima di assumere tale impegno, Tanzio ebbe modo di dar prova delle qualit
artistiche raggiunte realizzando, nel 1616, la pala di Domodossola, San Carlo
comunica gli appestati; un'opera che fissa in un preciso istante l'atto di carit e di
umilt del Santo, in un'aura vitrea, resa angosciante dalla presenza tragica di un
destino di morte.
L'artista di Riale di Alagna dovette porsi qui il problema del rapporto tra il realismo
caravaggesco che a Roma gli era, per cos dire, entrato nel sangue ed il manierismo
di matrice piemontese - lombarda che si sforzava di interpretare la spiritualit e gli
intenti pedagogici controriformistici propugnati da San Carlo Borromeo.
Giovanni Testori sottolinea in questi termini la difficile sintesi che Tanzio - a partire
dalla pala di Domodossola - dovette continuamente inseguire:

Affreschi per le Cappelle del Sacro


Monte di Varallo - Cappella XXXIV,
Pilato si lava le mani (1618-1620)

La carne-carne del Caravaggio, il suo sangue-sangue, da una parte; i sudori sacri e


nefasti, le ambiguit tra grazia e peccato, i lividi deliri della maniera, dall'altra.
Ci che spinge d'Enrico a confrontarsi con i protagonisti del Seicento piemontese e lombardo non la esigenza di
compiacere i gusti dei committenti; un "pi di coscienza", che serve a comprendere il senso della pastorale di San Carlo, la
sua devozione per il Monte, l'eroismo della sua fede; senza tuttavia mai indulgere alla esteriorit di atteggiamenti devozionali,
densi di artificio retorico. Una ricerca che parte dalla pala di Domodossola e che non si risolver mai in una formula fissa,
serialmente ripetuta, ma si riproporr con un insaziabile desiderio di cogliere, ogni volta, la verit dei temi trattati.
In continuit stilistica con la pala di Domodossola si collocano gli affreschi della cappella XXVII (Cristo condotto per la prima
volta al tribunale di Pilato) al Sacro Monte, opera che gi sul finire del 1616 gli venne allogata. Subito dopo, in immediata
successione, il lavoro al Monte prosegu con gli affreschi della cappella XXXIV (Pilato si lava le mani),(1619-20).
Circa un decennio pi tardi, arriver la commessa relativa ad un'altra scena di tribunale, quella della Cappella XXVIII ( Ges
davanti ad Erode)
L'impegno al Sacro Monte fu straordinario. Si tratt per Tanzio di affrontare una prova
estremamente impegnativa, non solo per l'ampiezza del programma iconografico, ma
poich doveva, muovendosi fianco a fianco con il fratello Giovanni, sperimentare gli
artifici prospettici con i quali si realizza la teatralit di una scena, sciogliendo il nodo
tra scultura e pittura, risolvendo cio il rapporto tra gli attori posti in primo piano, con
statue in terracotta, e la folla affrescata degli astanti, che sembrano illusivamente
voler allontanarsi dalle architetture che stanno sulle pareti per entrare nella realt
tridimensionale della cappella. Si tratt inoltre, e pi in generale, di rimanere fedeli per esplicita richiesta dei fabbriceri - alla cifra poetica impressa al "Gran Teatro
Montano" dal suo antico patriarca, Gaudenzio Ferrari.
Tanzio dimostr di essere all'altezza della sfida: la integrazione con il vigoroso e
popolaresco realismo di Giovanni d'Enrico si dimostr oltremodo efficace, e non pes
su di essa la curvatura "arcaica" imposta dalla fedelt verso Gaudenzio, la cui lezione
Tazio aveva respirato sin dall'infanzia.

Giovanni d'Enrico e Tanzio da


Varallo, Ges al tribunale di Pilato,
statue in terracotta policroma ed
affreschi, 1617-18, Cappella XXVII
(part.)

Scrive Filippo Maria Ferro:

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Tanzio riprende il dialogo dalla fanciullezza intavolato con Gaudenzio, e lo serra con impeto, dipinge all'unisono con le
architetture e le sculture di Giovanni. La visione unitaria del patriarca si divide tra i fratelli, in una nuova articolazione dei generi
[...] L'effetto di piena sinestesia e sinergia, sculture e affreschi si legano in un moto unico, ed il risultato tanto pi
sorprendente a paragone con le imprese coeve.

Le committenze di sperdute parrocchie [modifica wikitesto]


Nella decorazione delle cappelle del Sacro Monte, Tanzio dimostr dunque di reggere pienamente, per qualit poetica e
tecnica pittorica, il confronto con il pi celebre Pier Francesco Mazzucchelli detto il Morazzone.
Elena De Filippis ha scritto di lui:
Il confronto con il modello del Morazzone svela le peculiarit della pittura di Tanzio a questa data, basti guardare la figura di
Barabba, figura in carne e ossa, solida e tornita, di popolano reale e non atteggiato, sapientemente disegnato, ma anche
costruito per colpi di luce, dosando attentamente i rialzi di biacca per dare rilievo alla muscolatura e alle pieghe.
Risulta allora quasi inspiegabile come, nel periodo che intercorre tra i primi lavori al Monte e la prestigiosa allogazione degli
affreschi per la cappella dell'Angelo Custode nella basilica di San Gaudenzio a Novara (1627), le commesse, pur numerose,
ricevute da Tanzio riguardino, in modo quasi esclusivo, parrocchie secondarie, disperse nei territori tra Piemonte e
Lombardia.
Ci sono, vero, anche i ritratti di gentildonne e di gentiluomini, eseguiti con un realismo ed una sensibilit psicologica (si
pensi ai due ritratti di Brera ed al Ritratto di gentiluomo con pugnale e copricapo in collezione privata) che li collocano tra la
migliore ritrattistica del primo Seicento. Si tratta, verosimilmente di commesse che pervennero a Tanzio da rappresentanti
dell'aristocrazia che avevano potuto ammirare i suoi lavori al Monte o che gi lo avevano coinvolto nella realizzazione di
quadri di soggetto sacro destinati a cappelle poste sotto il loro patronato.
Per il resto, il catalogo di Tanzio nel periodo indicato si compone interamente di quadri devozionali destinati a pievi sperdute,
in paesi che si fa fatica a trovare su una carta stradale. La ricerca di quelli tuttora presenti "in situ" ci porta a Lummellogno,
frazione di Novara, (Madonna col Bambino adorata dai Santi Francesco e Domenico), a Vagna, frazione di Domodossola,
(Visitazione), a Fontaneto d'Agogna (Santi in adorazione della Trinit). In data pi tarda si colloca la tela conservata a Cellio
(Processione del Santo Chiodo, circa 1628), poi quella di Gerenzano (un Cristo Crocifisso di struggente bellezza, da poco
inserito nel catalogo del D'Enrico).
Nonostante fossero destinate a committenze di secondo piano, Tanzio profuse, per ciascuna di esse, un grande impegno,
una accuratezza di esecuzione artigianale e un "pathos" narrativo che non conosce cali di tensione.

Un sogno di bellezza: le tele di Davide e Golia [modifica wikitesto]


Ci sono poi i quadri di soggetto religioso che, con ogni probabilit, erano anch'essi
destinati a chiese minori, passati in seguito attraverso alienazioni o attraverso il
mercato antiquario, e che ora si ammirano nella cornice pi sofisticata di musei o di
collezioni private.
Tra di esse devono essere citate almeno la tela del tenero incontro di Giacobbe e
Rachele alla Galleria Sabauda, il San Sebastiano curato da Sant'Irene[2] alla National
Gallery di Washington e i due Davide e con la testa di Golia presenti nella pinacoteca
di Varallo.
Molto, a proposito di questi due ultimi quadri, stato detto sulla "ambiguit" del
personaggio biblico che vi raffigurato, quasi che un ancor adolescente pastore
valsesiano, con il volto arrossato dal vento che gli scompone i capelli, avesse
prestato la sua testa al corpo atletico, scolpito nella sua muscolatura, all'eroico
uccisore di Golia.
Secondo Giovanni Testori si tratta di:

Tanzio da Varallo, Davide e Golia,


ca. 1625, Pinacoteca civica, Varallo.

Opera altissima dove la rimeditazione del tema caravaggesco permette al pittore


d'affondare nella demente dannazione del personaggio. Risalendo poi dal corpo che
una materia acre evidenzia, muscolo per muscolo, come il corpo d'un animale, e
giungendo al volto, una sorta di trasalimento par prendere il pittore, s che
un'inconscia gentilezza, riesce ancora su quel corpo, disperata, a fiorire.
Sempre a questo riguardo Marco Bona Castellotti aggiunge:
Non vedo alcunch di ambiguo nella giovanile e ingenua baldanza dei David e dei san Giovanni; e qualora l'esprit dello
spettatore vi sospettasse qualche cedimento estetizzante, sappia che nella mente di Tanzio, per precisi riscontri culturali, quella
presunta "ambiguit" era appannaggio, per cos dire, consustanziale, fisiologico ed esclusivo non dei giovani eroi, bens degli
angeli: angeli custodi, annunziatori o sterminatori, angeli dei teatri sacri e dei cori, angeli delle Quarantore, delle catastrofi, delle
"spiritual tragedie.

Gli anni della peste [modifica wikitesto]

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Nel febbraio del 1627 la reputazione guadagnata dal D'Enrico sembr destinata a portarlo verso traguardi di maggior
prestigio. Sigl in quella data il contratto per gli affreschi della cappella dell'Angelo Custode nella basilica di San Gaudenzio a
Novara, con la prospettiva di realizzarvi poi la grande tela, Sennacherib sconfitto dall'Angelo, che doveva porsi dirimpetto a
quella, altrettanto grande, dipinta dal Morazzone con le scene del Giudizio Universale. Poco dopo arrivarono anche le
commesse nella citt di Milano (affreschi delle chiese di Sant'Antonio e di Santa Maria della Pace).
Ma quelli non furono, per Tanzio, anni in cui egli pot compiacersi della notoriet raggiunta. Nel 1630 si abbatt infatti sul
Nord d'Italia la tragedia della peste (quella narrata dal Manzoni): sin dal 1628 se ne erano colte le avvisaglie.
Il flagello del morbo portava la gente ad interrogarsi sulle ragioni della tragedia, ritenuta un castigo divino, e poneva la
urgenza - come ai tempi di san Carlo Borromeo rievocati dalla pala di Domodossola - della intercezione salvifica delle sante
reliquie e dei santi protettori.
Tanzio dovette meditare a lungo sulla spiritualit borromea. di quegli anni la tela con San Carlo che porta in processione il
santo Chiodo, nella parrocchiale di Cellio, densa di notturni bagliori di tragedia in mezzo ai quali risalta la spettrale fissit dei
volti dei santi.
L'incubo e lo sgomento della peste costituiscono visibilmente la cifra del telero con Sennacherib sconfitto dall'Angelo che egli,
come si detto, dipinse a Novara alla fine del 1629, a completamento dei lavori nella basilica di San Gaudenzio. L'irruzione,
in un cielo greve di angoscia, dell'Angelo Vendicatore affinch si compiano le parole di Isaia sullo sterminio dell'esercito
assiro, diventa una scoperta immagine del flagello della peste.
Ancora Filippo Maria Ferro:
Possiamo immaginare il teatro del silenzio dove la grande pittura prende risalto, un'ossessione che diviene fisica e si concreta
in cumulo di corpi, ingombranti e scuoiati, lividi, come in un macello o in un lazzaretto. Nel silenzio dove solo si respira e si
annusa l'acredine dei miasmi, il cielo ridotto a caligine, a polvere ammorbante.
Testori giudicava il Sennacherib "capolavoro supremo; certo uno dei pi alti raggiungimenti del secolo intero".
Tanzio ebbe poco tempo, passato il flagello della peste, per assaporare il lento ritorno alla normalit. Il tempo per dipingere
qualche nuova tela (ricordiamo il San Rocco di Camasco (1631), una sorta di "ex voto" per il buon esito della implorazione
rivolta dalla comunit del paese al santo taumaturgo a protezione della peste), e il tempo per iniziare gli affreschi nella
collegiata di Borgosesia (1632).
La tradizione storiografica locale vuole che, negli ultimi anni, Tanzio vivesse a Varallo presso il convento francescano di
Santa Maria delle Grazie. L, nella chiesa annessa al convento, era a quella data presente un suo dipinto, Il martirio dei beati
francescani a Nagasaki[3]; un quadro che esprime una doppia fedelt che ha connotato tutta la carriera del suo autore:
quella all'ordine francescano, che si manifesta nella intensit emotiva con cui tratta la spettacolare scena del martirio, e
quella alla mai scordata lezione del Caravaggio, che traspare dal ricordo ancora vivo delle tele viste nelle chiese di Roma.

Opere

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Adorazione dei pastori, 1605-1610 circa, olio su tela, collezione privata


Madonna seduta, 1605-1610 matita nera su carta grigio-verde, collezione privata
San Giovanni Battista, 1608-1610 circa, olio su tela, collezione privata
Frammenti di una Pentecoste, olio su tela, 1608-1610 circa, Napoli, Museo di Capodimonte. In deposito dalla basilica di
Santa Restituta
Martirio di san Lorenzo, 1605-1610 circa, olio su rame, Roma collezione privata
Circoncisione di Ges con i santi Carlo Borromeo e Francesco d'Assisi, olio su tela, 1610-1611 circa, Fara San Martino
(CH), chiesa di San Remigio
Madonna con il Bambino, san Francesco d'Assisi e donatore, 1611-1613 circa, olio su tela, chiesa di San Giovanni
Evangelista, Colledimezzo (CH). In deposito presso l'Arcidiocesi di Chieti-Vasto, Palazzo arcivescovile, Chieti
San Francesco riceve le stimmate, 1611-1614 circa, olio su tela, collezione Koelliker
San Francesco in preghiera sulla Verna, 1611-1614 circa, olio su tela, Varallo, Pinacoteca gi in collezione Remogna
Madonna di Costantinopoli con i santi Bernardino da Siena, Francesco d'Assisi, Chiara, Margherita e la donatrice Pompa
de Matteis d'Amata, 1614, olio su tela, Pescocostanzo (AQ), collegiata di Santa Maria in Colle
Ritratto di gentiluomo con la spada, 1614-1616 circa, olio su tela, collezione privata
Madonna con il Bambino tra i santi Francesco d'Assisi e Caterina d'Alessandria e donatrice, 1615 circa, olio su tela,
collezione privata
Davide con la testa di Golia, 1616 circa, olio su tela, Varallo, Pinacoteca, inv. 690
San Carlo comunica i malati di peste, 1616, olio su tela, Domodossola (VB), collegiata dei Santi Gervasio e Protasio
San Sebastiano curato da due angeli, 1616, olio su tela, Washington, National Gallery of Art
San Giovanni Evangelista, santa Caterina d'Alessandria, san Teodoro e santa Apollonia, 1616-1618, olio su tela,
Verbania, Museo del paesaggio
Sant'Antonio da Padova, 1617-1618, olio su tela, Varallo, Pinacoteca
Gentiluomo, 1617-1618, olio su tela, Milano, Pinacoteca di Brera
Gentildonna, 1617-1618, olio su tela, Milano, Pinacoteca di Brera
Testa di gentiluomo, 1617-1618, olio su rame, Gallarate, Museo gallaratese di studi patri
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Cristo condotto per la prima volta al tribunale di Pilato, 1617-1618, affresco, Varallo, Sacro Monte, Cappella XXVII
Pilato si lava le mani, 1619-1620, affresco, Varallo, Sacro Monte, Cappella XXXIV
San Gerolamo, 1623 circa, olio su tela, Kansas City, Nelson-Atkins Museum of Art
David con la testa di Golia, 1623 circa, olio su tela, Varallo, Pinacoteca, inv.689
Due angeli che reggono la corona della Vergine, 1623-1627 circa, olio su tela, Varallo, Pinacoteca
Madonna col Bambino adorata dai santi Domenico e Francesco, 1623-1627 circa, olio su tela, Lumellogno (NO), chiesa
dei Santi Ippolito e Cassiano
David con la testa di Golia, olio su tela, Varallo, Pinacoteca, inv.689
Ritratto di gentiluomo con pugnale e copricapo, 1623 , olio su tela, collezione privata
Ritratto di gentiluomo, 1623 , olio su tela, collezione privata
Giacobbe e Rachele, 1625 circa, olio su tela, Torino, Galleria Sabauda
Visitazione, 1626 circa, olio su tela, Vagna (frazione di Domodossola), chiesa di San Brizio
Ritratto di gentiluomo, 1627 circa, olio su tela, Cleveland (Ohio), Cleveland Museum of Art
I Santi Pietro e Marco, 1627-28 circa, olio su tela, Torino, Galleria Sabauda
Adorazione dei pastori con san Carlo Borromeo, 1628 circa, olio su tela, Torino, Museo civico d'arte antica
San Carlo porta in processione il Sacro Chiodo, 1629-30 circa, olio su tela, Cellio (VC), chiesa di San Lorenzo
San Giovanni Battista nel deserto, 1627-29 circa, olio su tela, Tulsa, Philbrook Museum of Art
Ges davanti ad Erode, 1628-1629, affresco, Varallo, Sacro Monte, Cappella XXVII
Santi in adorazione della Trinit, 1629-30 circa, olio su tela, Fontaneto d'Agogna (NO), chiesa della Beata Vergine
Assunta
Decorazione della cappella dell'Angelo Custode, affresco, 1628-29, Novara, basilica di San Gaudenzio
Sennacherib sconfitto dall'Angelo, 1629-30 circa, olio su tela, Novara, Museo civico
Sennacherib sconfitto dall'Angelo, 1629-30, olio su tela, Novara, basilica di San Gaudenzio
Cristo Crocifisso, 1630 circa, olio su tela, Gerenzano, chiesa dei Santi Pietro e Paolo
San Rocco, 1631, olio su tela, chiesa parrocchiale di Camasco, fraz. di Varallo (VC). In deposito presso la Pinacoteca di
Varallo
Madonna con il Bambino, san Carlo e san Francesco e due angeli, 1631 circa, olio su tela, Parigi, museo del Louvre
Madonna con il Bambino e i santi Carlo e Francesco, 1631 circa, olio su tela, gi nella parrocchiale di Sabbia, ora
conservata presso Varallo, Pinacoteca
Martirio dei beati francescani a Nagasaki, 1631-32 circa, olio su tela, Milano, Pinacoteca di Brera
Beato Giovanni Tavelli da Tossignano, 1631-32 circa, olio su tela, Varallo, Pinacoteca
Sant'Onofrio, 1631-32 circa, olio su tela, collezione privata
Annuncio dei pastori, Adorazione dei pastori, Gloria angelica, 1631-1632, affreschi, Milano, chiesa di Santa Maria della
Pace
Redentore in gloria, Profeti Daniele e Isaia, Angeli musicanti, 1631-1632, affreschi, Milano, chiesa di Sant'Antonio Abate
Vergine addolorata, 1632 circa, olio su tela, collezione privata
Decorazione della cappella Gibellini, 1633 circa, affresco, Borgosesia (VC), collegiata dei Santi Pietro e Paolo
Adorazione dei pastori con San Francesco e San Carlo Borromeo, olio su tela, Los Angeles, Los Angeles County Museum
of Art
Fuga in Egitto, olio su tela, Houston, Museum of Fine Arts
Madonna con il Bambino, san Carlo e san Francesco, affresco staccato da una casa di Varallo e riportato su tela, Varallo,
Pinacoteca

Note

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1. ^ Vedi: Museonazionaledabruzzo
2. ^ Vedi: Pbase.com
3. ^ Vedi: Brera.beniculturali.it

Bibliografia

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Giovanni Testori, Il manierismo piemontese e lombardo del Seicento, 1955, catalogo della Mostra, Torino-Ivrea;
Giovanni Testori, Tanzio da Varallo, catalogo della mostra, Torino, 1959 (ora in G. Testori, La realt della Pittura,
Longanesi, Milano, 1995);
Marco Bona Castellotti, Introduzione alla mostra, in "Tanzio da Varallo. Realismo, fervore e contemplazione in un pittore
del Seicento", Milano, Federico Motta Editore, 2000, (Catalogo della mostra su Tanzio tenuta a Milano, Palazzo Reale);
Filippo Maria Ferro, Tanzio e l'Angelo, ibidem;
Elena De Filippis, Tanzio al Sacro Monte, ibidem;
Achille della Ragione - Il secolo d'oro della pittura napoletana, pag. 6 - Napoli 1997 - 2001 Achille della Ragione - Tanzio da
Varallo incontra Caravaggio. Dal 24 ottobre a Palazzo Zevallos - Napoli 2014

Voci correlate

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Sacro Monte di Varallo


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Giovanni d'Enrico
Arte della Controriforma

Altri progetti

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Commons contiene immagini o altri file su Tanzio da Varallo

Collegamenti esterni

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Marco Bona Castellotti, Uno sguardo pi commosso di Caravaggio


Enrico Venturelli, Tanzio da Varallo. La commozione davanti alla bellezza maschile .
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Categorie: Pittori italiani del XVII secolo Morti nel 1633 Nati ad Alagna Valsesia Artisti di scuola piemontese | [altre]

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