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Noi e i Greci
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I Greci oltre la Grecia
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Atlante
I Greci
Storia Cultura Arte Società
a cura di Salvatore Settis
4
Atlante
a cura di Claudio Franzoni
II
ISBN 88-o6-r6213-6**
Le immagini del cofanetto e delle copertine raffigurano la doppia erma con Erodoto (tomo 1) e Tucidide (to-
mo n), copia romana di un archetipo classico (380-360 a. C.). Napoli, Museo Archeologico Nazionale 62 39·
Indice
T orno secondo
CLAUDIO FRANZONI
p. 791 Il teatro
ENRICA FONTANI
903 Il ginnasio
ALESSANDRA TEMPESTA
977 L'agora
ALESSANDRA TEMPESTA
1065 I quartieri artigiani
ALESSANDRA TEMPESTA
1125 La casa
CLAUDIO FRANZONI
1229 Il simposio
CLAUDIO FRANZONI
1261 Le necropoli e i riti funerari
Apparati
p. I40I 1. La lingua e la scrittura
I407 II. Dèi ed eroi
I 4I 7 III. l personaggi della vita politica
Indici
I44 I Indice dei nomi
I457 Indice dei luoghi
1465 Indice analitico
Il teatro
L'arconte estraeva un nome da ogni urna delle dieci tribu (urne nel
frattempo portate in teatro) e i dieci giudici, dopo un giuramento in cui
si impegnavano a non essere disonesti (FERECRATE, fr. 102 K.-A.), emettevano
il verdetto su una tavoletta; le dieci tavolette erano poi inserite in una
nuova urna da cui l'arconte ne estraeva cinque, e in base a queste si for-
mava la classifica; seguiva quindi la proclamazione dei vincitori (il cui
premio era a carico dello stato) e un'assemblea pubblica in cui l'arcon-
te presentava una relazione sullo svolgimento degli agoni. La macchi-
nosità del procedimento delle gare serviva sicuramente a impedire il piu
possibile corruzione e pressioni indebite, peraltro frequenti, come nel
caso di Alcibiade che pare avesse voluto impedire la vittoria di Aristo-
fane con le Nuvole.
Le Lenee, nel mese di Gamelione (gennaio-febbraio), prevedeva-
no una processione su carri, un sacrificio e degli agoni comici (dal 442
a. C.) e tragici (forse dal 432 a. C.); a questi però partecipavano solo
due poeti con due drammi a testa. Come per le Dionisie, i testi dove-
vano essere inediti o comunque parzialmente rivisti. Agoni comici e
tragici erano parte anche delle Dionisie agresti, che si svolgevano nei
demi attici nel mese di Posideone (dicembre-gennaio); a differenza del-
le Dionisie cittadine e delle Lenee, qui si potevano presentare opere già
rappresentate.
Ci aspetteremmo a questo punto, a fronte di questa centralità del
fatto teatrale nell'Atene classica, un grande riscontro anche a livello ar-
tistico; invece dobbiamo constatare che il teatro lascia un'eco tutto som-
mato scarsa nell'arte contemporanea; e poi non è chiaro perché, mentre
nei vasi figurati la commedia viene descritta durante la stessa perfor-
mance, alla tragedia si fanno solo allusioni indirette; la spiegazione, co-
me suggerisce E. Simon, è che i pittori dei vasi attici «raffigurassero ciò
che gli spettatori contemporanei vedevano nelle tragedie, cioè il mito
stesso».
Del teatro attico conosciamo dunque tantissimi aspetti: le occasioni
e i modi in cui venivano allestiti gli spettacoli, un certo numero di testi
originali, gli argomenti di molti altri andati perduti, talune soluzioni re-
794 Il teatro
Letture.
2. La forma ideale di un teatro greco secondo Vitruvio (5.7·1 sgg.). L. Kappel, in <<]ahrbuch des
Deutschen Archiiologischen Instituts», CIV (1989).
Il trattatista latino prescrive che la progettazione del teatro di tipo greco si basi su una serie
di figure geometriche, a partire dall'orchestra circolare i cui raggi determineranno le scalette
della cavea; il quadrato inscritto nel cerchio dell'orchestra servirà per determinare la posizio-
ne del proscenio.
Teatri e odeia
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3· Teatri e odeia attestati da resti monumentali e dalle fonti: a. Grecia e Asia; b. Attica. G. Forni,
in Enciclopedia dello spettacolo, IX, Roma 1962.
II teatro 8o1
4. Teatri e odeia attestati da resti monumentali e dalle fonti in Sicilia e in Magna Grecia.
8o2 Il teatro
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7. Atene, pianta della scena del teatro di Dioniso tra IV secolo a. C. e 1 d. C. lbid.
Il teatro
8. Modello del teatro di Dioniso ad Atene nel v secolo (secondo Christian Schieckel). Monaco, Deutsches
Theatermuseum.
Ad Atene il teatro è saldato al santuario di Dioniso Eleutereo, cosi chiamato perché questo
culto era stato importato da Eleutere, località al confine con la Beozia; per questa ragione un
momento cruciale delle Dionisie era la processione che portava una statua del dio fin dentro
all'orchestra. Era questo simulacro, e quindi il dio stesso, il principale spettatore e, dopo di
lui, il sacerdote di Dioniso sul trono al centro della proedria. Al tempo di Eschilo, Sofocle ed
Euripide le strutture erano perlopiu in legno, e a quanto pare l'edificio assumeva una forma
ben diversa da quella tardoclassica giunta fino a noi, in parte simile a quella di Torico. Gran
parte della forma attuale si deve alla ricostruzione di Licurgo (338-326 a. C.); tutto attorno
vi era un muro di cinta in blocchi regolari di pietra che da un lato sfiorava il santuario stes-
so di Dioniso, dall'altro toccava quasi l'odeion di Feride. La grande cavea (90 x 100m) pre-
sentava due diazomata che dividevano in tre aree il teatro, mentre diverse scalette formava-
no tredici cunei in basso e venti in alto, per una capienza di 14-17 ooo persone. Tra cavea e
orchestra (diametro 19,6 m) c'era un canaletto coperto (euripo) per lo scolo delle acque. An-
che la scena aveva dimensioni notevoli (46,5 x 6,4 m).
8o6 Il teatro
9· Torico, modello del teatro (secondo Christian Schieckel). Monaco, Deutsches Theatermuseum.
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17. Metaponto, ricostruzione della pianta e della sezione dell'ckklesiasterion. G. PUGLIESE CARRATELLI
(a cura di), l Greci in Occidente, catalogo della mostra (Venezia 1996), Milano 1996.
Gli scavi del teatro nella zona dell'agora, accanto al temenos di Zeus Agoraios e a quello di
Dioniso, hanno rivelato strutture precedenti all'edificio teatrale, che dovrebbe risalire alla
metà del IV secolo a. C.; si tratta di un grande impianto circolare che poteva contenere circa
8ooo persone, il cui koi!on è diviso in due settori semicircolari da due corridoi (dromoi) che
conducono a un'orchestra centrale di forma rettangolare. Nell'edificio- di cui sono state ri-
conosciute fasi anteriori, una con gradinate in legno ('iltQIG) alla fine del vn secolo a. C., un'al-
tra verso la metà del VI secolo, un'altra ancora degli inizi del secolo seguente - si è indivi-
duato un ekk!esiasterion, cioè un luogo assembleare. Dal punto di vista tecnico è interessan-
te l'uso di un terrapieno artificiale per sostenere il koi!on, tecnica che rimanda ai teatri romani,
ma che è già attestata a Eretria, Mantinea, Dio e altrove.
812 Il teatro
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19. Locri Epizefiri, pianta del teatro. Atti del XVI Convegno di studi sulla Magna Grecia (Taranto 1976),
Napoli 1976.
Il teatro~ di fronte al mare, appoggiato a un pendio naturale; le strutture sono piuttosto con-
sunte in quanto realizzate in arenaria locale, ma si individuano sufficientemente le gradina-
te e le basi dell'edificio scenico, che in alzato doveva essere in legno e doveva presentare ske-
ne, paraskenia e proskenion; la datazione del complesso oscilla tra la seconda metà del IV e il
III secolo a. C. A proposito di Locri si noti che illocrese Carilao è ricordatto come xoQo-
llu'ìétoxai..oç nella Atene della fine del IV secolo a. C. (IG, 11/111', r, 3052).
814 Il teatro
2 2. Pergamo, teatro.
L'edificio, di età ellenistica, presentava addirittura 83 file di gradini; la zona del teatro è una
di quelle che meglio esemplificano il principio ellenistico dell'adattamento dell'architettura
al paesaggio.
Il teatro 8!7
23. Monte Iato, cariatide e telamone dal teatro di Iaitas. Calcare (320-300 a. C.). San Cipirello (Palermo),
Museo Civico.
La cariatide (alta cm 199) e il telamone (cm 204) facevano parte delle strutture del teatro;
nory a caso raffigurano due personaggi del corteo dionisiaco, una menade e un satiro, que-
st'ultimo raffigurato con il tipico gonnellino di pelo che si ritrova indossato dagli attori nel
v e rv secolo.
818 Il teatro
24. Efeso, ricostruzione del proscenio del teatro (dopo il II secolo a. C.). VITRUVIO, De architectura,
Torino '997·
Il teatro
JOffi
25. Atene, l'odeion di Pericle e i margini del santuario e del teatro di Dioniso. TRAVLOS, Bildlexicon ci t.
Il teatro
a)
b)
26. Odeion di Pericle: a. pianta; b. ricostruzione prospettica (lungo la sezione A-A'). G. c. IZENOUR, Roofed
Theater; o/ C!Jmical Antiquity, New Haven 1992.
L'odeion fatto erigere da Pericle (VITRUVIO, 5.9.1; PAUSANIA, 1.29.5; PLUTARCO, Vita di Pe-
ric/e, 13.5) è il piu antico edificio coperto per spettacoli e per altre esibizioni musicali; qui si
svolgeva, a quanto pare, il JtQoaywv, cioè la presentazione dei componimenti teatrali all'ini-
zio delle Dionisie; probabilmente le gradinate erano provvisorie.
Lo spettacolo: scenografie e macchine
27. Atene, ricostruzione della scena del teatro di Dioniso. H. BULLE e H. WIRSING, Sunenbilder zum
griechische Theaterdes J.]ahr. v. Chr., Berlin 1950.
29. Il palcoscenico di una commedia. Cratere apulo a figure rosse (primo quarto del IV secolo a. C.).
New York, CoUezione Fleischmann F 93·
Il vaso dovrebbe riflettere una sconosciuta commedia attica di qualche anno precedente; un
personaggio indicato da un'epigrafe come Pyrrhia[s] (nome da schiavo, come forse anche la
maschera) è in piedi su un canestro rovesciato; i due personaggi che gli stanno accanto ven-
gono chiamati XOQl]yo[ (il corego era quello che si addossava le spese per l'allestimento di uno
spettacolo); il piu anziano dei due si rivolge all'uomo a sinistra con costume tragico e ltiÀoç
sul capo, indicato come Egisto, dunque un personaggio dell'Orestea di Eschilo (458 a. C.),
una figura del teatro di diversi decenni prima. Alle sue spalle si intravede un elemento della
scenografia, mentre tutti gli attori si muovono su un palcoscenico provvisto di scale.
Il teatro
JO. Esempio di scenografia. Frammento di cratere apulo (c. 350 a. C.). Wtirzburg, Martin von Wagner
Museum H 4696.
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32· Ricostruzione della pianta del palcoscenico per la scenografia di fig. 30. Ibid.
33· Ricostruzione del palcoscenico per la scenografia di fig. JO. S. Gogos, in «]ahreshefte cles Òsterreich·
ischen Archaologischen Instituts», LIV (r983).
34· Ricostruzione del palcoscenico per la scenografia di fig. 30. E. SIMON, The Ancient Theatre, London
- New York 1982.
Secondo E. Simon si tratta di un esempio di OX!]voygacpla, cioè di pittura applicata alle strut-
ture della skene; in altre parole, gli elementi architettonici descritti nel vaso non erano reali,
ma dipinti prospetticamente su tavole a loro volta a~poggiate all'architettura, in modo da
permettere, ad esempio, l'apertura di porte. Da esse si affacciano due donne, mentre due per-
sonaggi maschili sono al centro; quello di destra, piu anziano, sta facendo libagioni su un al-
tare oggi non piu visibile. Si è supposto che la scena rappresenti l'arrivo di Giasone alla cor-
te di Pelia, episodio che doveva comparire tanto negli Avvelenatori ('P!l;o-r:O!lOL) di Sofocle che
nelle Peliadi di Euripide.
a)
b)
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35· Ricostruzione di palcoscenico: a. veduta prospettica; b. sezione.
Il palcoscenico è quello raffigurato nel cratere pestano di Astea (fig. 8z).
826 Il teatro
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36. Ricostruzione di palco fliacico. M. DIEBER, History o/ the Greek and Roman Theater, Princeton '939·
Per gli spettacoli in Magna Grecia e Sicilia, in particolare per le commedie fliaciche, si uti-
lizzavano spesso strutture in legno; a volte il palcoscenico (logeion) consisteva in una sem-
plice piattaforma a terra, a volte poggiava su sostegni talora coperti da drappeggi, a volte ave-
va una struttura piu complessa con pilastri e colonne; abbastanza frequente la presenza di
porte e finestre che consentivano agli attori di affacciarsi sulla scena. In molti casi sembra
trattarsi di allestimenti relativamente leggeri, adatti a compagnie di attori itineranti, non ne-
cessariamente destinati allo spazio del teatro.
Agoni lirici e drammatici
l7· Il premio per una gara di cori. Aryballos corinzio a figure nere (c. 580 a. C.). Corinto, Museo
Archeologico C.s~-'· M. (:lJARnucct, EpiRrafia&reca, l, Roma 1967.
Il piccolo vaso (alto c. 6 cm) proviene dal tempio di Apollo a Corinto; l'iscrizione che corre
tra le figure è la seguente: << rioÀtmgrroç. fiUQFiuç JTQOXOQflJ(J[u·voç· uùnì òi• FOL ÒÀrru>> (Poly-
terpos. Pyrrhias maestro del coro; suo [è] il vaso). Un suonatore di doppio aulos in abito so-
lenne - Polyterpos, <<che dà molta gioia>> -guarda verso destra, dove tre coppie di coreuti
sono precedute da un gioyane che, danzando, solleva in alto le braccia <<in un balzo degno di
Nijinski>> (E. Pariheni). E lui Pyrrhias, maestro del coro o primo danz~tore, cui era stato do-
nato in premio il vasetto (si noti che il termine ÒÀrrl] viene comunemente usato per indicare
un vaso di altra forma), poi dedicato nel tempio della città.
3H. Il coro uitirambico. Cratere a figure rosse Jell'ittorc di Clcofonte (c. ~25 a. C.). Copenaghen,
National Museum 13817.
Il tipo di abito (chitoni e mantelli avvolti attorno al corpo) non è certo quello di attori, co-
me indica anche l'assenza di maschere; i cinque uomini stanno cantando accompagnati da un
auleta: e allora è molto probabile che si voglia descrivere una gara di ditirambo, forse durante
le Antesterie, che ospitavano nel terzo giorno, detto <<delle Pentole» (XiJTgm), degli ùywvrç
f.l.'TQ!Vlll. I cinque personaggi rappresenterebbero i cinquanta elementi che effettivamente
componevano un coro.
39· Due coreuti introdotti da Ermes dinanzi a Dioniso. Hydria a figure rosse del Pittore di Pan (490-480
a. C.). San Pietroburgo, Ermitage.
Ermes ha il suo usuale XTJQUXELOV (caduceo) e una tavoletta da scrivere con lo stilo. Si è ipo-
tizzato che la tavoletta contenga il voto dei giudici della competizione; oppure che Ermes,
come pedagogo, introduca gli allievi al maestro che li esamini. Ma c'è anche la possibilità che
si voglia sottolineare l'importanza del ricorso alla scrittura, in un momento in cui l'oralità
doveva giocare ancora un certo ruolo nello spettacolo tragico.
40. Frammento del catalogo dei vincitori delle Grandi Dionisie (metà del IV secolo a. C.).
Il frammento fa parte di una lunga iscrizione, posta in origine nel teatro, che elencava i vin-
citori, anno per anno, delle gare liriche e drammatiche. Il catalogo elenca, nell'ordine, i
vincitori dei ditirambi di uomini e fanciulli (la tribu e il corego), delle gare per la commedia
(corego e poeta), delle gare per la tragedia (corego e poeta). L'intestazione della colonna di
sinistra ("tQuywtboi) si riferisce alle gare tragiche (precisamente quelle del448/447); infatti al-
la linea 2 si legge: <<[~oo:po]xkijç ÈbllìuoxEv>> (Sofocle era maestro [del coro]).
Il teatro
a)
b)
4 1. Trono del sacerdote di Dioniso nel teatro di Dioniso ad Atene (fine del IV secolo a. C., ma datato
anche al I a. C.): a. iscrizione; b. fianco.
Un'iscrizione (IG, II', 5022) identifica il trono in marmo pentelico con zampe leonine al cen-
tro della proedria come il seggio riservato al sacerdote di Dioniso Eleutereo (i.EQÉwç ~wv\laou
'Eì.Eul'tEQÉwç); appena sopra, un rilievo mostra due figure in abito persiano che combattono
contro grifi. Sul fianco un erote alato (Agon, personificazione dei giochi?) fa iniziare la gara
tra due galli.
Il teatro
42. Maschere dedicate nel santuario di Dioniso dopo una vittoria. Frammento di un cratere a volute
(v secolo a. C.). Samotracia, Museo 65.1041.
Durante il v secolo era usuale che, dopo una rappresentazione teatrale, si dedicassero ma-
schere nel santuario di Dioniso, che ad Atene è strettamente collegato all'edificio teatrale.
La maschera era chiamata J"tQoownov, con la stessa parola che indica il volto, etimologica-
mente «ciò che è davanti agli occhi (degli altri)». Immagine tanto consueta e automatica-
mente associata al dramma antico, quanto ambigua e problematica, la maschera entra sin
dall'inizio nel teatro greco: nel VI secolo il poeta T espi, il presunto inventore della tragedia,
si tingeva il volto di biacca, mentre il coro usava feccia di vino o gesso; al tempo di Eschilo
pare si usasse invece un semplice velo. Ma qual è il ruolo della maschera? Le connessioni re-
ligiose sono sicure: oltre che nell'ambito dionisiaco, maschere sono attestate nei culti di Ar-
temide Ortia a Sparta e di Demetra in Arcadia, «culti del margine, del passaggio da interno
all'esterno, dal sé all'altro>> (C. Calarne). Sin dall'inizio la maschera teatrale ha la funzione
di nascondere l'identità dell'attore, senza con questo rappresentare un individuo preciso;
questa distanza dall'attore reale e, nello stesso tempo, da una figura dai contorni netti è il
mezzo che permette quella identificazione del pubblico nel mito narrato che, secondo Ari-
stotele, permetteva la «purificazione>> delle passioni messe in scena nello spazio teatrale.
Il teatro
43. Eschilo, erma di età augustea derivata dalla statua realizzata verso il 330 a. C. Napoli, Museo
Archeologico Nazionale 6139.
Questa erma-ritratto, come le due opere seguenti, deriva molto probabilmente dalle statue
bronzee dedicate ai tre grandi tragici del v secolo su proposta dell'arconte Licurgo nel teatro
di Dioniso (c. 330 a. C.).
Il teatro
44· Sofocle, copia di età augustea della statua realizzata verso il 330 a. C. Città del Vaticano, Musei
Vaticani, Museo Gregoriano Profano 9973·
P. Zanker ha fatto notare come sia nel ritratto di Eschilo che in questo di Sofocle l'intento
era quello di presentare i due tragici non tanto come poeti quanto come buoni cittadini.
Il teatro
45. Euripide, erma derivata dalla statua realizzata verso il 330 a. C. Napoli, Museo Archeologico
Nazionale 61 35·
Si tratta, come nei due casi precedenti, di un ritratto retrospettivo; in esso, secondo P.
Zanker, si è voluto presentare Euripide con la venerabilità e l'esperienza del xaÀÒç yÉQWV,
dell'anziano cittadino.
Il teatro
46. Ricostruzione in gesso secondo K. Fittschen della statua di Menandro dal teatro di Dioniso ad Atene.
Gottinga, AbguBsammlung cles Archaologischen lnstituts.
Il teatro
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47. L'iscrizione della statua onoraria di Menandro dal teatro di Dioniso ad Atene.
La statua, opera di Cefisodoto il Giovane e Timarco, figli di Prassitele, venne dedicata al
poeta comico verso il 293 a. C.; come sostiene P. Zanker, presentando il poeta tranquilla-
mente seduto ed elegantemente vestito, «la statua di Menandro incarnava indubbiamente la
figura, sempre di nuovo contrastata dai democratici coerenti, del gaudente ricco ed elegan-
te, il quale si tiene fuori dagli affari pubblici».
48. Un poeta davanti a Dioniso («La visita di Dioniso a lkarios»). Parigi, Louvre.
Il soggetto è attestato in diverse versioni di età romana che sembrano dipendere da un'ope-
ra neoattica del n secolo a. C., con ogni probabilità la dedica di un poeta drammatico: Dio-
niso, accompagnato da due satiri, uno dei quali gli sfila il sandalo, si presenta nella casa del
poeta, sdraiato sulla xì.ivl] e, a sua volta, affiancato dalla musa ispiratrice; sulla destra inve-
ce rimane il corteo dionisiaco. Tra le derivazioni moderne vanno segnalati un'incisione nel-
le Symbolicae quaestiones (1574) di Achille Bacchi (Riconciliazione di Mineroa e Venere) e il
Triunfo de Baco di Jusepe de Ribera.
Monumenti coregici
49· Monumento coregico di Taso (metà del rv secolo a. C.), pianta. F. SALVIAT, Vedettes de la scène en
province: signifìcation et date des monuments chorégiques de Thasos, in ThasiactJ , «Bulletin de Corres-
pondance Hellénique,., suppl. V, 1979.
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54· Rilievo con maschere di un dramma satiresco (terzo quarto del IV secolo a. C.). Atene, Museo
Archeologico N azionale 453 r.
Il rilievo proviene da lkarion (Dionyso), uno dei demi dell'Attica; in alto, appena sotto illi-
stello con l'iscrizione «[ ... ]0 EXOPHfEI>>, si nota una maschera di Papposileno e un perso-
naggio maschile; in basso, una vecchia ( ?) e un satiro. Si tratta dunque di un monumento co-
regico, il cui rilievo ricorda l'uso di dedicare maschere in un santuario dopo una vittoria. An-
che Lisia (2 1.4) ricorda di aver speso 16oo dracme come corego di commedie nel404 a. C. e
di aver dedicato la oxrui), cioè i materiali necessari all'allestimento scenico.
Il teatro
55· Ricostruzione del monumento di Trasillo ad Atene (319 a. C.). G. Welter, in «Archiiologischer
Anzeiger», LIII (1938).
Il monumento, entro una cavità della roccia cui si appoggia la cavea del teatro di Dioniso,
venne trasformato in chiesa della Panagia Spiliotissa e cosi lo videro Stuart e Revett nel I76I
(The antiquities of Athens measured and de/ineated, London I787, pp. 29 sgg., tavv. I-6), pri-
ma della distruzione da parte dei Turchi (I827). Il tempietto dorico (circa 6 m di altezza)
venne eretto da Trasillo per commemorare le vittorie delpo/3 I9 a. C.; cinquant'anni dopo
il figlio Trasicle lo riadattò in occasione di altre due vittorie ditirambiche (IG, II, I 24 7, I 292,
1293). Pausania (1.21.3) descrive il pinax, forse all'interno, con una scena della strage dei
Niobidi.
Il teatro
56. Decreto del demo attico di Aixone per due coreghi benemeriti (JI3/JI2 a. C.). GUARDUCCI, Epigrafia ci t.
Sull'epistilio sono raffigurate cinque maschere comiche, mentre il rilievo principale mostra
un giovane sa tiro con un otre che si presenta a Dioniso seduto su una roccia con tirso e kantha-
ros. L'iscrizione informa con esattezza sul motivo del decreto (gli onori meritati con la core-
gia), sul proponente (Glaukides figlio di Sosippos), sulla collocazione della stele (il teatro del
demo), sull'epoca (l'arcontato di Teofrasto, dunque il3 13/312 a. C.): «Dèi. Glaukides figlio
di Sosippos disse: "Poiché i coreghi Auteas figlio di Atokles e Philoxenides figlio di Philip-
pos bene e zelantemente furono coreghi, possa venir decretato dai demoti d'incoronarli en-
trambi con una corona d'oro da cento dracme, nel teatro, in occasione delle rappresentazio-
ni comiche successive all'arcontato di Teofrasto, affinché anche gli altri coreghi che verran-
no si mostrino zelanti; che inoltre il demarco Hegesileos e i tesorieri diano ad essi anche dieci
dracme per un sacrificio; i tesorieri poi facciano incidere questo decreto in una stele di pie-
tra e la collochino nel teatro, affinché i demoti di Aixone celebrino sempre nel miglior mo-
do le feste Dionisie">> (trad. di M. Guarducci). Le due corone nella parte inferiore della ste-
le sono appunto quelle con cui i due coreghi vennero premiati; le Dionisie citate nel testo so-
no certamente quelle agresti (xat' àyQouç).
Tragedia
57· Un coro tragico in azione. Cratere attico (490 a. C.). Basilea, Antikenmuseum und Sammlung Ludwig
BS 4'5·
Si tratta forse della piu antica testimonianza dei movimenti di un coro tragico nell'orchestra:
sei coreuti (in tutto però il coro era di dodici elementi), vestiti allo stesso modo (solo appa-
rentemente sono soldati normali) e con maschere, cantano, danzano (si è ipotizzato I'Èf!f!É·
1-nu) e invocano lo spirito di un defunto che sembra sollevarsi dalla tomba riconoscibile, sul-
la sinistra, per i ramoscelli e le bende. Il motivo del personaggio che sorge dalla tomba vie-
ne adottato, piu tardi, anche nei Persiani di Eschilo (472 a. C.), che pare l'usasse anche nei
Negromanti ( 'l'uxaywyo!).
Il teatro
58. Una scena dal Prometeo liberato di Eschilo (c. 470 a. C.). Cratere apulo (350·)25 a. C.). Berlino,
Staatliche Museen 1969.9.
La forma arcuata della roccia cui è incatenato il protagonista può far pensare a un allesti-
mento scenico.
Il teatro
59. Una scena dall'Edipo re di Sofocle. Cratere del Pittore di Capodarso (terzo quarto del IV secolo a. C.).
Siracusa, Museo Archeologico 66557.
È uno dei vasi piu esplicitamente connessi a una scena teatrale tragica: si tratta del momen-
to dell'opera di Sofocle (vv. 924-1072) in cui il messaggero (a sinistra) annuncia a Edipo (al-
Ia sua destra) la morte di Polibo; alla scena assistono i bambini Antigone e Ismene, alla base
delle colonne, e Giocasta, il cui gesto di portarsi la mano alla gota esprime la consapevolez-
za della gravità delle rivelazioni che il nunzio sta facendo a Edipo. Le colonne doriche allu-
dono certamente alle strutture della scena.
Il teatro
6o. Una scena dalla Tupw di Sofocle. Arula in terracotta da Medma, Rosarno (v-Iv secolo a. C.). Reggio
Calabria, Museo Archeologico Nazionale 2871.
Pelia e il fratello Neleo hanno da poco ucciso la matrigna Sidero, pur rifugiatasi in un san-
tuario di Era, che ora giace a terra. Cosi hanno liberato la madre Tiro, che adesso siede tra
loro sull'altare, in atteggiamento di supplice. L'episodio era raccontato in un perduto dram-
ma sofocleo.
Il teatro
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61. La melodia dei vv. 338-43 dell'Oreste di Euripide, da un frammento papiraceo (m-n secolo a. C.).
Vienna, Nationalbibliothek, PWien G 2315. c. DEL GRANDE, «Grecia antica>>, in Dizionario enci-
clopedico universale della musica e dei musicisti. Il lessico, II, Torino 1983.
Trascrizione secondo C. Del Grande: <<Mi affliggo [per te]. È il sangue di tua madre che ti
rende folle. La grande felicità per i mortali non è stabile. Un demone con travagli tremendi
la sommerge, come, avendo squassata la vela di vascelletto veloce, [lo sommerge] nei flutti
voraci e rovinosi del mare». Questo breve frammento della tragedia euripidea è una delle ra-
re testimonianze di notazione musicale greca (si conservano anche i vv. 784-92 dell'Ifigenia
in Aulide dello stesso Euripide). Nel nostro caso la melodia è sovrapposta alle sillabe, men-
tre i segni di accompagnamento sono sulla stessa riga del testo; non sappiamo se l'autore di
questa melodia sia lo stesso Euripide o chi aveva curato l'allestimento della tragedia nei se-
coli seguenti.
62. Scene dell'Ifigenia in Aulide di Euripide. Svolgimento di coppa <<megarese>> (m secolo a. C.). New
York, Metropolitan Museum 31. r r .2. u. SINN, Die homerische Becher. Hellenistiche Reliefkeramik aus
Makedonien, Berlin 1979.
L'area di produzione di questo tipo di ceramica a rilievo è quella macedone; in questo caso la
scelta del soggetto può essere inquadrata nella politica propagandistica di Antigone Gonata e
dei successori, tesa a richiamare la storia della dinastia stessa: l'Ifigenia in Aulide infatti ven-
ne composta durante il soggiorno di Euripide a Pella presso Archelao (408-407 a. C.). Le varie
scene non sono in sequenza; infatti la storia inizia (vv. 155-60) con la seconda coppia da de-
stra: Agamennone consegna a un vecchio servo una lettera con cui ingiunge a Clitennestra di
non inviare in Aulide la figlia Ifigenia ('Aya!!Éilvwv ÈnL<TtoÀmp6Qoç 1tQÒç Kkuw4J.~O"tQav); a si-
nistra sono Menelao (MEvÉÀaoç) e il servo, cui viene sottratta la.lettera; le due figure all'estre-
mità destra sono Menelao e Agamennone (MEvÉÀaoç 'AyallÉilvwv): il primo, tenendo la lette-
ra aperta in mano, rimprovera all'altro di aver contravvenuto alle decisioni comuni. Ci spo-
stiamo ancora verso sinistra, dove il messaggero avverte Agamennone dell'imminente arrivo
della figlia (èiyyEÀoç 1tEQl -rfjç naQouolaç -rfjç 'lqJtyÉvEwç 'AyallÉilvwv); l'ultima scena a sinistra
comprende il carro, da cui stanno per scendere Ifigenia e i fratelli ('lqJtyÉvEtaç 'HMK"tQU 'OQÉ-
O"tl]ç): si noti che nella tragedia euripidea Elettra non arriva sul carro con i due fratelli.
63. Un nmliaywyòç. Cratere a volute del Pittore di Dario, da Canosa (seconda metà delrv secolo a. C.).
Berlino, Staatliche Museen 1984.41.
Poiché nella tragedia attica raramente si presentavano scene violente, si ricorreva facilmen-
te alle descrizioni di un messaggero oppure di un nml\aywy6ç, raffigurato qui proprio nell' at-
to di parlare.
Dramma satiresco
64. Un precedente arcaico del dramma satiresco? Siana cup del Pittore di Heidelberg (é. 560 a. C.).
Amsterdam, Allard Pierson Museum 3356. H. A. G. BRIJDER, A pre-dramatic performance o/ a satyr
chorus by the Heidelberg Painter, in Enthousiasmos. Essays to]. M. Hemelri;k, Amsterdam 1986.
In questa scena, in cui alcuni uomini stranamente abbigliati danzano al ritmo di un aulos, si
è proposto di vedere un antecedente dei cori di sa tiri che troveremo, nel secolo seguente, nei
drammi satireschi.
65. Una scena di un dramma satiresco. Hydria a figure rosse del Pittore di Leningrado (c. 470 a. C.).
F. Lissarrague, in J. J. WINKLER e F. 1. ZEITUN, Nothing to do with Dionysos? Athenian Drama in Its
Social Context, Princeton 1990.
In una vera e propria danza alcuni attori travestiti da satiri stanno mettendo assieme le parti
di un trono o di un letto; nella seconda ipotesi potremmo essere davanti a un momento dei ea-
-'alw.twwi (l costruttori del talamo) di Eschilo, come ha proposto T. B. L. Webster. Oltre all' au-
leta in costume ufficiale c'è un personaggio in abiti normali che potrebbe essere il corego.
Il teatro
66. Una scena dalla Sfinge, dramma satiresco di Eschilo. Hydria attica a figure rosse (c. 460 a. C.).
Collezione T. Fujita (in deposito al Martin von Wagner Museum di Wi.irzburg).
La scena - cinque sileni dai capelli bianchi seduti dinanzi a una sfinge - è stata collegata da
E. Simon al perduto dramma satiresco di Eschilo, conclusione della tetralogia di cui faceva-
no parte i Sette contro Tebe (467 a. C.).
Il teatro
67. Una scena dalla Sfinge, dramma satiresco di Eschilo. Lekythos a figure rosse del Pittore di Eretria
(c. 450 a. C.). Los Angeles,]. P. Getty Museum 86.AE.257, donazione di David H. Swingler.
Davanti alla Sfinge non c'è Edipo ma un satira che sembra assumere una posa irridente.
68. Una scena dalla Pandora ovvero I fabbri (J:rpupox6Jrm) di Sofocle? Cratere a figure rosse del Pittore
di Bologna 279 (c. 450 a. C.). Ferrara, Museo di Spina 3031.
La presenza di un auleta col tipico abito da spettacolo suggerisce una scena teatrale; forse si
può associare la scena con il perduto dramma satiresco sofocleo, intitolato appunto I fabbri.
La parodia del mito consiste nel fatto che si mettevano in scena dei satiri muniti di martello
per battere la terra con cui si sarebbe formata l'immagine di Pandora.
Il teatro
69. Una scena di un dramma satiresco. Cratere a figure rosse di Polione (c. 420 a. C.). New York,
Metropolitan Museum of Art 25.78.66.
Si tratta di un coro di satiri con kithara in mano, preceduti dal suonatore ufficiale di aulos;
quest'ultimo sembra stupefatto dall'apparizione dei satiriche, con pretese da musicisti, gli
vanno incontro; l'iscrizione dice <<01.1.01 nANAEIENAIA>> (cantanti alle Panatenee), ma poi-
ché l'unica forma di esibizione corale delle feste è il ditirambo, e d'altronde non ne è atte-
stata alcuna forma comica, si può trattare del titolo di un dramma satiresco incentrato sulla
fondazione delle Panatenee.
70. Una scena dal Ciclope di Euripide. Cratere del Pittore del Ciclope (c. 410 a. C.). Londra, British
Museum 1947.7-14.18.
Il Ciclope è l'unico dramma satiresco interamente conservato; l'argomento è tratto dal IX
canto dell'Odisseo, con l'inserimento del coro di satiri guidati dal vecchio Sileno, loro padre.
Anche in questo vaso i satiri si mescolano ai compagni di Odisseo attorno a Polifemo che
dorme ubriaco.
Commedia e mimo
11. Un coro comico di cavalieri. Anfora attica a figure nere (540-530 a. C.). Berlino, Staatliche Museen
F 1697.
Un suonatore di aulos guida col proprio strumento un gruppo di giovani che montano sulle
spalle di uomini travestiti da cavalli. Si noti che nella commedia attica di età classica i cori
normalmente saranno costituiti da animali o da stranieri; è ciò che avviene già in questo va-
so, dove la singolare foggia degli elmi dei cavalieri non ha parentele con quella attica, e sta
quindi a indicare un esercito straniero.
Il teatro
72. Scena dalle Tesmoforiazuse di Aristofane. Cratere apulo a figure rosse (c. 380 a. C.). Wlirzburg,
Martin von Wagner Museum H 5697.
Le donne ateniesi stanno celebrando un processo a Euripide per come ha trattato le figure
femminili nelle sue tragedie; un suo parente si è travestito da donna, sbarbato e depilato, per
introdursi nell'assemblea e difendere il poeta. Scoperto, per salvarsi strappa il bimbo a una
madre e minaccia di sacrificarlo (vv. 691 sgg.), quando il lattante si rivela «Un otre pieno di
vino e con scarpette persiane>> (730 sgg.); poco dopo (questo è il momento descritto) una don-
na entra in scena per raccogliere il vino con un vaso (755). Si tratta di una parodia del Tele/o
di Euripide, nel punto in cui Telefo strappa Oreste ad Agamennone e minaccia di ucciderlo;
la medesima scena era già stata parodiata negli Acarnesi (326 sgg., dove Oreste diventa una
cesta da carbonaio): si noti che la tragedia euripidea è del 438 a. C. e le Tesmoforiazuse del
4 r r, segno che ampi brani delle tragedie potevano essere memorizzati o comunque restare
nell'orecchio degli Ateniesi a distanza di anni.
Il teatro
73. Scena da una commedia di Aristofane. Cratere attico a figure rosse (fine del v secolo a. C.). Los
Angeles,]. Pau! Getty Museum 82.AE.83.
I due attori travestiti da galli e un auleta sono stati messi in relazione a un coro dagli Uccel-
li di Aristofane, ma anche, in base a uno scolio delle Nuvole, ai due Discorsi che si affronta-
no in quest'ultima commedia.
Il teatro
74· Stele funeraria di un autore della commedia di mezzo (terzo quarto del1v secolo a. C.). Lyme Hall,
Stockport (Cheshire).
Il rilievo, proveniente da Atene, mostra il poeta seduto che osserva una maschera comica,
mentre un'altra è appesa alla parete; sono proprio i caratteri di queste maschere, ben distin-
guibili da quelle della commedia nuova, a indicare che il contesto è quello della commedia di
mezzo.
Il teatro
75. La scena di apertura delle Commensali (Ivvapwnoam) di Menandro. Mosaico di Dioscuride di Samo
(fine del II secolo a. C.). Napoli, Museo Archeologico Nazionale 9987.
Il mosaico venne scoperto a Pompei nel 1763; l'immagine dipende certamente da un origi-
nale del primo ellenismo. Si tratta della scena iniziale che dà il titolo all'opera, non a caso ri-
petuta nei molto piu tardi mosaici di Mitilene: al centro la \j1Eubox6Ql] (Plangon) parla ani-
matamente con una vecchia (Philainis); dalla parte opposta del tavolino è seduta un'etera
(Pythias), che se la passa con la filza di pallottoline, tipico attributo delle etere; sulla destra
assiste alla scena una piccola serva.
Il teatro
76. La scena di apertura delle Commensali (.:!:vvaQwniJoat) di Menandro. Mitilene, Chorapha, Casa di
Menandro, mosaici (IV secolo d. C.).
T/iscrizione piu in alto specifica di che opera teatrale si tratti: «~uvaQLmwowv !!É(Qoç) a">>.
E la stessa scena iniziale del mosaico napoletano.
Il teatro
77· Una scena dal II atto dell'Invasa/a (Bwtpo{)OV!'ÉVI/) di Menandro. Mosaico di Dioscuride di Sarno
(fine del n secolo a. C.). Napoli, Museo Archeologico Nazionale 9985.
Come il precedente mosaico di Pompei, dipende da un originale della prima età ellenistica.
Alcuni giovani danzano con crotali e tympanon (tamburello), e si dirigono, con una suona-
trice di aulos, verso una casa di cui si vede la porta. Il mosaico, scoperto nel 1763, venne de-
scritto già nella Geschichte der Kunst di J. ]. Winckelmann (1764), che lo considera <<opera
inimitabile>>.
86o Il teatro
78. Suonatore di crotali. Terracotta da Mirina (Asia Minore) (n secolo a. C.). Atene, Museo Ar-
cheologico N azionale 5 o6o.
Con ogni probabilità la figurina (alta 19 cm) riprende il personaggio al centro dell'immagine
precedente, a dimostrazione della fortuna della commedia di Menandro.
Il teatro 861
79· Una scena del II atto dell'Arbitrato ('E.nuphrovrcç) di Menandro. Mitilene, Chorapha, Casa di
Menandro, mosaici (Iv secolo d. C.).
Che si tratti di questa commedia di Menandro è detto esplicitamente dall'iscrizione in alto:
<<'EnrtQE:rtovnov !J.É(Qoç) W>>. Le altre epigrafi individuano i tre personaggi maschili: lo schia-
vo Siro in chitone (l:uQoç), il vecchio Smicrine con bastone nella sinistra (l:iJ.ElXQLVl]ç), uno
schiavo ('AvltQaxruç); a destra rimane una figura femminile con un bambino in braccio.
Il teatro
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8o. Provenienza degli oggeui collegabili alla commedia nuova (c. 325·250 a. C.). J. R. GREEN, Theatre in
Ancient Greek Society, London 1994.
81. Terracolta con una troupe di mimi (m secolo a. C.). Atene, Museo Archeologico Nazionale 12424.
Un uomo con enormi orecchi è al centro, affiancato da un giovane e da un vecchio; nessu-
no di essi sembra portare maschere. L'iscrizione chiarisce che siamo davanti a un nuovo ge-
nere teatrale, che avrà grande successo fino all'età romana, il mimo: «Mij!oÀòym u:rròitEmç
'ExuQa>>; si indicano cioè gli attori (1!4!0ÀÒyot), e si dice che il plot (u:rrò,'}Emç) si intitola 'ExvQci
(La suocera).
L'Italia meridionale e le commedie fliaciche
82. Una rappresentazione della <<Follia di Eracle». Cratere a figure rosse di Astea (c. 350 a. C.). Madrid,
Museo Arquéologico Nacional.
Il vaso, scoperto a Paestum nel r864, mostra in primo piano Eracle con chitone e clamide
mentre stringe il figlio; davanti a lui sta il mucchio del mobilio, dietro la madre Megara si di-
spera con i tipici gesti delle prefiche. Sullo sfondo altri attori assistono alla scena da una sor-
ta di balconata: si tratta di Alcmena e Iolao, che a loro volta si esprimono con gesti di di-
sapprovazione; sulla sinistra rimane una personificazione della follia. In basso la firma del
pittore: 'Aum:Éaç EYQUcpE. Si tratta certamente di una scena teatrale, anche se non è possibi-
le risalire all'autore e all'opera precisa; molto probabilmente si tratta di una forma di ilaro-
tragedia simile a quella che piu tardi verrà scritta da Rintone. Anche qui, come in molte im-
magini vascolari a soggetto teatrale di Sicilia e Magna Grecia, si presta molta cura alla de-
scrizione dell'apparato scenico e del palcoscenico.
Il teatro
83. Scena di commedia fliacica con la cura di Chirone. Cratere del Pittore di Perseo e Atena (380-370
a. C.). Londra, British Museum.
Nel IV secolo a. C. un cospicuo numero di immagini vascolari siceliote, lucane, pestane, cam-
pane e soprattutto apule riproducono i fliaci (cpkua!;), una forma teatrale certamente impa-
rentata con il teatro comico di Atene, ma in una versione schiettamente locale; gli attori, con
costumi caratterizzati da goffe imbottiture che simulano ridicole obesità, evidenti falli e ma-
schere grottesche, sono impegnati in spettacoli che, a qunto pare, riprendono in forma cari-
caturale famosi episodi del mito e parodiano tragedie celebri. Piu tardi, tra IV e III secolo a.
C., partendo da queste farse di grande successo popolare il poeta Rintone promosse una nuo-
va forma di dramma in dialetto tarantino, la U.aeo-.:Qay<pl\la, che doveva appunto condivide-
re con i fliaci lo spirito burlesco nei confronti dei miti.
Il teatro
84. Una acrobata in una scena di commedia fliacica. Cratere a calice del Pittore del Louvre K240
(J8o-J6o a. C.). Lipari, Museo Eoliano.
Una acrobata sta compiendo un esercizio su uno sgabello dinanzi a Dioniso seduto; la osser-
vano, a destra, due personaggi mascherati e abbigliati da fliaci; da due finestre sullo sfondo
spuntano i volti di due attori. Con una certa cura, come accade diverse volte nella ceramica
magnogreca e siceliota del periodo a soggetto fliacico, viene descritto il palcoscenico e, in
questo caso, il tendaggio che ne copre la fronte.
La troupe
85. La troupe di un dramma satiresco. Cratere a figure rosse del Pittore di Pronomos (fine del v secolo
a. C.). Napoli, Museo Archeologico Nazionale 3240.
Il cratere, proveniente da Ruvo, è comunemente noto come Vaso di Pronomos, dal nome del
suonatore di au!os che vi è ritratto, seduto su un k!ismos, che altre fonti rivelano esser vis-
suto agli inizi del secolo (PAUSANIA, 4·27.7, 9.12.5); insieme a lui sono raffigurati il xoQo-
l:nl'>étuxuì..oç (poeta-maestro) Demetrios (che coincide forse con l'omonimo autore comico del-
la fine del v secolo), il suonatore di lira (Charinos), gli undici membri del coro, i tre attori di
un dramma satiresco (Eracle, Papposileno e un re barbaro); tutti tengono le maschere in ma-
no tranne il satira che sta ballando (forse la selvaggia danza della uixtvvLç) tra il poeta e Pro-
nomos; come gli altri satiri, eccetto il Papposilen!J, anche questo indossa il tipico perizoma
cui sono applicati un fallo e una coda di cavallo. E l'unico vaso che raffigura l'intero cast di
un dramma satiresco (e dunque anche delle tre tragedie che lo precedevano), riportando ol-
tretutto i nomi dei giovani attori: Kallias, Euagon, Dorotheos, Eunikos, Dion, Philinos, Niko-
leon, Charias, Nikomachos (si tratta di cittadini ateniesi e molto probabilmente delle fami-
glie piu benestanti). Il cast non è mostrato durante I' esecuzione del pezzo: secondo alcuni
studiosi prima, cioè durante la preparazione; secondo altri, dopo - la presenza di Dioniso e
Arianna ha fatto pensare che gli attori siano immaginati a una festa dionisiaca nel santuario
del dio (che si tratti di un'azione rituale è confermato dalle corone d'edera)-; altri ancora ri-
tengono che il luogo della cerimonia sia il teatro stesso, come indicherebbero il blocco di pie-
tra sulla sinistra (la l'hl[!ÉÀ.l] ?) e i gradini dall'altra parte. Si è ipotizzato che la scena dipenda
da una pittura votiva dedicata da Pronomos o dal poeta Demetrios per celebrare la vittoria
di una tetralogia con la sua ultima parte, il dramma satiresco ('Hat6V17?, 'O!t<paÀTJ?); che si
tratti di una vittoria negli agoni tragici è pressoché certo, vista la presenza del tripode, il pre-
mio per le coregie.
Il teatro
86. Attori sui trampoli. Anfora a figure nere del Pittore dell'Altalena (540-530 a. C.). Canterbury,
Christchurch 4'/57·
868 Il teatro
87. Attori davanti a Dioniso. Rilievo votivo, dal Pireo (fine del v secolo a. C.). Atene, Museo Archeo·
logico Nazionale, Svoronos 193.
A sinistra tre attori- il primo regge un tympanon, gli altri due hanno le maschere in mano-
si avvicinano alla xÀlvrt su cui è disteso lo stesso Dioniso; la presenza di una menade (~axxlJ)
ha fatto pensare che si alluda alle Baccanti di Euripide, messa in scena nel4o6 a. C., dopo la
sua morte.
Il teatro
88. Due giovani uomini si vestono per un coro femminile. Pelike a figure rosse del Pittore della
Phiale (v secolo a. C.). Boston, Museum of Fine Arts 98.883.
Nel teatro greco le parti femminili erano interpretate da uomini: qui un giovane vestito da
menade porge l'abito all'altro che si sta sistemando le calzature (x6ftoQvm), mentre a terra
c'è una maschera femminile.
Il teatro
89. Euaion, figlio di Eschilo, su una lekythos attica. Los Angeles, J. P. Getty Museum 83.AE-41.
L'appellativo xaÀoç (bello), piuttosto frequente tra 550 e 440 a. C., è indirizzato ai giovani
membri delle famiglie aristocratiche in Attica; piu raro (una quarantina di esempi) il nome
del giovane accompagnato dal patronimico, come nel nostro caso, in cui il padre è proprio il
tragediografo Eschilo. Euaion, quando aveva circa vent'anni, recitò in almeno una tragedia
del padre e in due di Sofocle, e non è l'unico caso in cui la famiglia di un poeta è coinvolta
nelle attività teatrali.
Il teatro
90. Maschere tragiche. Terrecotte (IV secolo a. C.). Lipari, Museo Eoliano.
Notevole è la presenza di terrecotte a soggetto teatrale nei corredi funerari di Lipari nel Iv-
secolo a C.; Luigi Bernabò Brea ha proposto di individuare in queste maschere rispetti-
III
vamente Ettore, Ecuba, Edipo e Giocasta.
Il teatro
91. Figurine di attori comici in terracotta (fine del v secolo a. C.). New York, Metropolitan Museum of
Art IJ.225.13, r8 e 20.
Le figurine mostrano il tipico abito degli attori comici, riconoscibili anche per l'esibizione
del <paUoç. La diffusione di oggetti come questi, anche in epoche successive, dimostra la
grande popolarità del teatro; la loro presenza in corredi funerari indica che non veniva co-
munque meno il rapporto con il piano religioso, in particolare con la sfera del dio Dioniso.
Il teatro
92. L'auleta e gli attori di un coro tragico femminile. Cratere attico frammentario (c. 400 a. C.).
Wtirzburg, Martin von Wagner Museum H 4781.
Il momento descritto dal vaso, proveniente da Taranto, precede (o segue) la messa in scena:
l' auleta, con il costume ufficiale delle gare drammatiche, non sta suonando e gli attori che lo
circondano tengono le maschere in mano; la forma allungata dello strumento indica che si
tratta dell'aulos ~ÉÀELoç (perfetto), con una intonazione grave e adatta alle voci virili dei co-
reuti.
Il teatro
93· Attori con maschere. Cratere apulo (secondo quarto del IV secolo a. C.). Brindisi, Museo Provinciale,
CoUezione Faldetta.
L'attore seduto sta contemplando una maschera prima dello spettacolo; lo stesso gesto com-
pie anche il personaggo a destra (un attore o un assistente?)
Il teatro
94. Un attore tragico. Cratere del «Gruppo di KonnakiS>> (c. 340 a. C.). Wi.irzburg, Martin von Wagner
Museum L 832.
Il vaso, proveniente da Taranto, mostra un personaggio con costume e calzature elaborate
che regge una maschera; del tutto insolito è il realismo con cui viene descritto il volto: il pit-
tore ha voluto mostrarne la calvizie e la barba non rasata. Secondo E. Simon potrebbe trat-
tarsi della maschera del re tracio Tereo, nell'omonima tragedia perduta di Sofocle.
Il teatro
95. Attori che si preparano per un dramma satiresco. Cratere apulo a figure rosse del Pittore di T arporley
(primo quarto del IV secolo a. C.). Sydney, Nicholson Museum 47.05.
Che si tratti di un dramma satiresco è dimostrato, oltre che dalle maschere, anche dai peri-
zomi con rpaÀÀ.oç e coda equina.
Maschere della commedia nuova
96. Vecchio con barba. Terracotta attica (rv-m secolo a. C.). Monaco, Staatlicbe Antikensammlungen SL 201.
Molto probabilmente questa terracotta va identificata con la maschera che nella classifica-
zione dell'Onomasticon dellessicografo Polluce (n secolo d. C.) viene definita del «vecchio
con lunga barba e chioma ondeggiante» (ò lìÈ l'tQEafl1n:T]ç flUXQOmoywv xal Èmari.wv mrq>aVT]V
TQtxwv l'tEQl -r~v xrq>aÀ~v ÈXEt).
Il teatro
f .
97· Vecchia con naso prominente. Terracotta attica (Iv-m secolo a. C.). Bonn, Akademisches Kunst-
museum D 452.
Il teatro
98. Schiavo. Figurina in terracotta di provenienza magnogreca (IV·III secolo a. C.). Parigi, Cabine! des
Médailles 152.
Molto probabilmente questa terracotta va identificata con la maschera che nella classifica-
zione di Polluce viene definita del «servo principale» (ò lì' ~YEflÙlv itEQétl'twv).
99. Lo schiavo seduto su un altare. Figurina in terracotta, da Taranto (III·II secolo a. C.). Taranto,
Museo Archeologico Nazionale IG 52052.
88o Il teatro
100. Giovane in piedi. Figurina in terracotta, da Mirina (n-I secolo a. C.). Atene, Museo Archeologico
Nazionale 5059.
È possibile che il personaggio raffigurato coincida con quello della maschera seguente, cioè
l'adulatore e parassita.
Il teatro 881
101. Uomo con capelli ricci e naso rotto. Terracotta da Mirina (U·I secolo a. C.). Karlsruhe, Badisches
Landesmuseum B 590.
Molto probabilmente questa terracotta va identificata con la maschera che nella classifica-
zione di Polluce viene definita dell'«adulatore e del parassita» (xoì..a!; bÈ xaÌltaQacm:oç).
882 Il teatro
ft{fO~À'r
rArJGl 0 ~
I I I. Dischetti di argilla per i posti nel teatro di Mantinea {seconda metà del v secolo a. C.). T egea, Museo.
GUARDUCCI, Epigrafi/J greca ci t.
Nell'area del teatro di Mantinea sono venuti alla luce circa duecento dischetti fittili che spes-
so, come in questo caso, recano il nome (al nominativo) seguito dal patronimico: <<fQI'IJlOaç l
'EQm:lau» e <<fiOf<)Oaf.Loç 1 navlhoç». A quanto pare servivano come tessere di riconoscimen-
to per le assemblee pubbliche.
Il teatro greco dopo la Grecia
1 12. L'Edipo re di Sofocle nella traduzione di Orsatto Giustiniani {Edippo tiranno) rappresentato all'inau-
gurazione del Teatro Olimpico di Vicenza {1585). Affresco nell'odeo del Teatro Olimpico.
La regia era di Angelo Ingegneri (autore di Della poesia rappresentativa et del modo di rappre-
sentare le /avole sceniche, Ferrara 1 598), la scena di Vincenzo Scamozzi (tuttora in situ) e i co-
stumi di Alessandro Maganza; Edipo era il poeta Luigi Groto (Cieco d'Adria); la tragedia era
poi accompagnata dalla musica di Andrea Gabrieli. A piu riprese illustri compositori si ci-
mentarono con musiche di scena per tragedie greche: Rossini per l'Edipo a Colono (r8r6) nel-
la traduzione di G. B. Giusti, Felix Mendelssohn-Bartholdy per I'Oedipus in Kolonos (Pots-
dam 1845); nel Novecento, Ildebrando Pizzetti compose le musiche di scena per l'Agamen-
none (193 r) di Eschilo, le Trachinie (1933) e l'Edipo a Colono (1936) di Sofocle; Cari Orff
quelle per I'Antigonae di Sofocle (1949) nella traduzione di Friedrich Holderlin.
Il teatro
'1 J. Henry-Etienne Dérivis (178o-I8~6) canta neii'Oedipeà Colone di An ton Maria Sacchini (I7Jo-86).
Incisione di A. Martinet.
Il teatro
115. Le Nuvole di Aristofane rappresentate a Parigi (Théatre cles Arts, 1907) nell'adattamento di S. Guitry
(Les Nuées).
Il teatro
118. Il Ciclope di Euripide rappresentato nel teatro greco di Taormina, traduzione e regia di Ettore
Romagnoli, costumi di Duilio Cambellotti (1927).
Il teatro
I 19. Le Trachinie di Sofocle al teatro greco di Siracusa, con la direzione di E. Bignone, scene e costumi
di Duilio Cambellotti (I933).
I 20. Il Prometeo di Eschilo messo in scena e rappresentato a Delfi da studenti dell'Università di Berlino
(I936).
Il teatro
123. Tilla Durieux (I88o-1971) come Giocasta nell'Edipo re di Sofocle adattato da Hugo von Hof-
mannstahl.
900 Il teatro
124. Gli 'Emrpbrovuç di Menandro con la regia di S. A. Evangelatos nell'odeion di Erode Attico ad
Atene (1981).
Si noti in questo spettacolo, e in quello nella fotografia seguente, l'uso di maschere, pratica-
mente assenti negli spettacoli del primo Novecento.
125. La Samia di Menandro rappresentata a Delfi con la regia di M. Prosperi (1981).
127. Julian Beck e altri attori provano l'Antigone a Villa Borghese a Roma, 1979. J. BECK, Theandric,
Roma 1994.
ENRICA FONTANI
Il ginnasio
Esiste in ogni città greca un luogo apposito in cui quotidianamente i Greci im-
pazziscçmo, intendo il ginnasio: infatti entrati là e spogliatisi, si ungono con una po-
zione. E questo che muove in loro la follia. Subito infatti alcuni prendono a corre-
re, altri si buttano a terra, altri ancora sollevano i pugni per lottare contro un ne-
mico inesistente, altri si colpiscono. Fatto ciò, non appena raschiato via l'impiastro,
immediatamente rinsaviscono e con fare amichevole se ne vanno con lo sguardo a
terra vergognandosi dell'accaduto (DIONE CRisosToMo, 32-44).
mento nel tessuto urbano si arrivò a una piu netta distinzione architet-
tonica e planimetrica degli elementi costitutivi.
Singolarmente, l'unica testimonianza antica a descrivere un ginna-
sio, pur senza mai definirlo tale, è quella di Vitruvio, che nel manuale
di architettura tratta della costruzione di questi monumenti meglio no-
ti al costume greco che a quello italico. Il nucleo del ginnasio vitruvia-
no è costituito dalla palaestra, un cortile porticato, di forma quadrata o
rettangolare, nel quale sono ricavati spazi per le conferenze di filosofi
e retori, le exedrae e l'ephebeum, ambienti per l'allenamento dei pugi-
latori, il coryceum, dei lottatori e dei pancratiasti, il conisterium, la stan-
za per le unzioni degli atleti, l' eleothesium, i bagni caldi e freddi e la
sauna, la concamerata sudati o. Adiacenti alla palestra l'architetto di-
spone tre portici: uno all'uscita del peristilio, gli altri due a destra e a
sinistra del primo, della lunghezza di uno stadio (c. zoo m); in questi
spazi coperti gli atleti si esercitavano nella stagione invernale, quando
le piste all'aperto, paradromides, non erano agibili, e gli altri frequen-
tatori del ginnasio potevano deambulare vestiti, su marciapiedi so-
praelevati, senza ricevere impedimento da chi si allenava. Poco oltre,
lo stadio all'aperto accoglieva le competizioni atletiche e la moltitudi-
ne degli spettatori.
Il disegno vitruviano, da rapportare con ogni probabilità a un mo-
dello reale, inserisce tra i portici uno spazio silvestre di fusti ombrosi
che accompagnano le ambulationes per il diporto. La vegetazione infat-
ti offriva il ristoro che mancava nel paesaggio generalmente brullo e riar-
so. L'Accademia (PLINIO, Naturalis historia, r2.5) e il Liceo di Atene erano dis-
seminati di platani e ulivi, il Craneo di Corinto si presentava alla vista
del visitatore come un bosco di cipressi (PAusANIA, 2.2.4); qui la natura non
cresceva in libertà, ma era sapientemente disciplinata dalla mano del-
l'uomo che disegnava peripatoi tra gli alberi per la ricreazione del corpo
e dello spirito.
L'organizzazione e la divisione degli spazi all'interno del ginnasio
mette in evidenza le due componenti dell'educazione dei giovani, la di-
sciplina fisica e la formazione intellettuale: la palaestra, il cui etimo ri-
corda come la lotta, Jt(iÀ.TJ, costituisse la base dell'esercizio ginnasiale, e
le piste per la corsa (xystoi, dromoi, paradromides) ospitavano esercita-
zioni ginniche e militari, mentre le exedrae, l'ephebeum, l'acroaterion e i
peripatoi alberati erano per le discussioni filosofiche e gli studi retorici
e letterari. Le attività ginnasiali appaiono diversamente caratterizzate
da una città all'altra nel periodo ellenistico. Ad Atene e a Rodi i ginna-
si erano sede di scuole di filosofia e di retorica di grande richiamo, in
Macedonia e nelle poleis dell'Occidente mediterraneo l'addestramento
Il ginnasio 907
Letture.
PLAN
. ....
!)};
c ACi\Dr~MIE
1-.'1' f)f.' Sf: S E~\'UlONS
I. L'Accademia di Atene secondo D.-A. Barbié du Bocage. JEAN-JACQUES BARTHÉLEMY, Voyage du ;eune
Anachar>is en Grèce, dans le milieu du Iv' siècle avant l'ère vulgaire, Paris I 799 (atlante).
Questo ginnasio, il piu antico di Atene e il piu importante insieme al Liceo, si trovava fuori
della città, sulla strada del Dipylon, a piu di un chilometro dalla porta Thriasia, nelle vici-
nanze del Colonos Hippios. Una severa legge citata da Demostene sui furti di oggetti nei gin-
nasi (Contro Timocrate, 1 14) ne attesterebbe l'esistenza già in età solonica, ma è piu proba-
bile che la sua costruzione sia da abbassare all'età dei Pisistratidi: a lpparco infatti si deve
l'erezione del muro di cinta. Il nome del monumento derivava dall'eroe Akademos o Heka-
demos, al quale era consacrato il terreno. La sua fama, prima ancora che diventasse sede del-
la scuola di Platone, si legava alla ricca vegetazione di platani e ulivi. <<Ma !ungi da ogni bri-
ga, nella nuova stagione, sotto i sacri ulivi dell'Accademia, a fianco andrai d'un savio amico,
cinto di giunco bianco, mentre bisbiglia il platano con l'olmo, e olezzi effonde lo smilace, e
il pioppo dalle tremule fronde>> (ARISTOFANE, Nuvole, 1005·9).
912 Il ginnasio
terme
romane
palestra
2. Pianta del ginnasio di Delfi. J. JANNORAY, Le Gymnase (Fouilles de Delphes, Il), Paris '953·
Costruito intorno alla metà del Iv secolo a. C., l'edificio si sviluppava su due terrazze soste-
nute da possenti mura di contenimento. Sulla terrazza superiore correvano lo xystos, il por-
tico colonnato lungo I 85 m, e la paradromis, la pista da corsa all'aperto. Su quella inferiore,
a cui si scendeva per mezzo di scalinate, si trovavano la palestra e a nord il /outron. In que-
sto spazio all'aperto erano collocate dieci vasche, allineate lungo il muro orientale, e una pi-
scina rotonda centrale, del diametro di IO m. L'acqua vi era condotta dal livello superiore
grazie a un efficiente sistema di canalizzazione.
Il ginnasio
3. Pianta del ginnasio di Sicione. J. DELORME, Gymnasion. Etude sur !es monuments consacrés à /' éducation
en Grèce des origines ;usqu 'à l'Empire roma in, Paris 1960.
Il monumento, portato alla luce dagli archeologi agli inizi degli anni '30, sorge alle pendici
dell'acropoli cittadina, nei pressi del teatro, e si estende su due terrazze sostenute da robu-
ste opere murarie. La terrazza inferiore è occupata da una vasta corte delimitata su tre lati
da un portico colonnato di ordine ionico; sul cortile si aprono ambienti di servizio e di rap-
presentanza, come l'esedra centrale dell'ala orientale. Anche la terrazza superiore, meno lar-
ga di quella inferiore, accoglie uno spazio quadrangolare porticato su tre lati; la sobrietà del-
lo stile decorativo del colonnato e la mediocrità della fattura degli elementi architettonici in-
dicano che questa parte dell'edificio è stata rifatta in epoca tarda (III-IV secolo d. C.), forse
in seguito al danneggiamento provocato da un terremoto. Il monumento risale agli inizi del
III secolo a. C. ed è stato identificato col ginnasio non lontano dall'agora su cui si sofferma
Pausania (2.10.1), che vi ammirò la statua dell'Eracle di Scopa (metà del IV secolo a. C.).
Il ginnasio
4· Copia romana dell'Eracle di Scopa. Marmo, altezza m 1,95. Los Angeles, J. P. Getty Museum, do-
nazione di J. Pau! Getty.
La statua vista da Pausania nel ginnasio di Sicione viene di solito identificata nel cosiddetto
tipo Lansdowne, di cui si contano diverse repliche di età romana.
portico nord (ricostruzione)
GINNASIO ·M"
8..
portico sud
l
l ingresso
l
!
50 m
6. Il ginnasio di Delo, ricostruzione della pianta. G. Roux, in~ Bulletin de Correspondance Hellénique»,
CIV (198o).
A.Passaggio verso lo xystos (pista); B. Piccola esedra; c. Apodyterion (spogliatoio); D·E. Bagni; F. Sala
non finita; G. Esedra; H. Piccole esedre; 1. Epistasion (sede degli epistati); J. Prostoion (vestibolo) sud;
K·M. Esedre esterne.
Il ginnasio
7. Il ginnasio di Delo, ricostruzione dell'alzato. Disegno di J. Péron per F. SALVIA T, Au gymnose de Délos:
la courde la bolle et l'horloge, in EYKPA TA. Mélanges of/erts à Claude Votin, Aix-en-Provence '994·
L'isola sacra ad Apollo, come si ricava dai rendiconti e dagli inventari del santuario, posse-
deva una palestra già dalla metà del IV secolo a. C. Le indicazioni epigrafiche e gli scavi ar-
cheologici hanno condotto a questa ricostruzione dell'edificio nel II secolo a. C., anche se
l'identificazione degli ambienti principali è stata fino a pochi anni fa materia di discussione.
Il nucleo del ginnasio è costituito da un peristilio quadrato. Su tre lati del portico che deli-
mita la corte, a nord, ovest e sud, si aprono diversi ambienti, tra cui spiccano, per dimen-
sioni e decorazioni, quelli centrali del lato settentrionale e occidentale (G e c), alternativa-
mente identificati come l'esedra e l'opodyterion di cui parlano gli inventari del II secolo a. C.
All'aperto, nel cortile centrale, è stata localizzata recentemente la sphairistra di cui parla l'epi-
grafia di Delo, da intendere come luogo del gioco alla palla (mpuiQa), e quindi en plein air.
Sulla parete del portico orientale una serie di nicchie nel muro contenevano gli oggetti voti-
vi di cui le iscrizioni e i graffiti conservano memoria, una parte cospicua del ricco corredo
decorativo che abbelliva il ginnasio.
Il ginnasio
10m
8. Pianta del ginnasio ellenistico di Mileto. F . KRISCIIEN e A. VON GERKAN, Thermen und Paliistren (Mi/et,
l/9), Berlin 1928.
Quest\) edificio, situato tra l'agora meridionale e il Delphinion, risale alla metà del n secolo
a. C. E costituito da un peristilio rettangolare oblungo cui si accede da un ingresso monu-
mentale (propylon) posto sul lato meridionale . I pochi ambienti coperti, adibiti a funzioni gin-
niche e balneari, sono nell'ala settentrionale del ginnasio e si affacciano su un portico assai
piu profondo degli altri, disposti simmetricamente rispetto a una grande sala centrale, luogo
di intrattenimento dei giovani del ginnasio (ephebeion) . Mancano tuttavia elementi che confor-
tino l'identificazione di questo con uno dei tre ginnasi attestati epigraficamente a Mileto nel
I secolo a. C.
.. -·-- .'".-:~--
loutron epbebeion
.i",...·----El G D O Q D D D El G "EF=G;!E-~
-<·:... ::.;_··:...:·Ji porta
D verso lo stadio
o t ti
propy!aion
-
·-•
I I.
• • •
Pianta del ginnasio inferiore di Priene. Ibid.
• • •
920 Il ginnasio
r. Ginnasio inferiore
2. Ginnasio di mezzo
3. Ginnasio superiore
4· Auditorium
5· Sala biabsidata
6. Esedra
7· Esedra
8. Terme orientali
9· Terme occidentali
3om
14. Il ginnasio-Caesareum di Cirene. M. LUNI, Il ginnasio-«Caesareum» di Cirene nel contesto del rinnova-
mento urbanistico del!tJ media età ellenistica e delwprima età imperiale, in Giornata Lincea sull' archeo-
logia cirenaica, Roma 1990.
Le dimensioni dell'edificio, restaurato dal 1934 al 1942, sono superiori a quelle di qualsiasi
altro ginna{Jo scavato dagli archeologi. Quello di Alessandria doveva essere piu grande, ma
ne resta solo una descrizione nella Geografia di Strabone (17.1.10). Costruito nel quartiere
dell'agora in età ellenistica (n secolo a. C.), veniva chiamato Ptolemaion dal nome del sovra-
no che l'aveva fatto erigere, probabilmente Tolomeo VIII (163-1 16 a. C.). Il peristilio dori-
co delimita un vasto piazzale, cui si accede da due propilei monumentali, sul lato meridio-
nale e orientale del muro perimetrale. Sul lato nord del peristilio si affacciano le sale coper-
te del ginnasio, di cui non è sempre possibile riconoscere la funzione: sono stati individuati
l'ephebeion, in posizione centrale, e illoutron, negli ambienti piu a ovest, dal ritrovamento
di un pozzo di scarico dell'acqua. Il complesso ha subito nel corso del tempo restauri e mo-
difiche strutturali. Il propileo meridionale reca l'iscrizione <<p]orticus C[ae]saris>>, da cui de-
riva la designazione dell'edificio come Caesareum. Nel 1 secolo d. C. la costruzione di una
basilica sull'ala settentrionale del ginnasio determina la sua trasformazione in foro, centro
politico e amministrativo della provincia romana.
Il ginnasio 923
I 5. Ricostruzione ideale di un ginnasio (l'architettura si ispira al ginnasio di Sicione). E. LIPPOUS, Gli eroi
di Olimpia. Lo sport nella società greca e magnogreca, Taranto 1992.
I. Propylon (vestibolo); 2. Apodyterion (spogliatoio); 3· Bagni; 4· Magazzino; 5· Stadio coperto; 6. Sa-
celio di culto; 7· Fontana; 8. Cortile della terrazza inferiore; 9· Cortile della terrazza superiore; IO. Sca-
la di accesso alla terrazza superiore.
924 Il ginnasio
o
...............,..,..................,....,..,..,......,...,............,...,....,~ ~
o
Il ginnasio
m
w ephebeum coryceum conisterium frigida lavatio
o o o o o o o o o o o
o o o o o o o o o o o
o o
16. Il ginnasio di Vitruvio, ricostruzioni planimetriche. DELORME, Gymnasion cit.; F. YEGUL, Baths and
Bathing in Classica/ Antiquity, Cambridge Mass. 1992.
Vitruvio (5.11) tratta delle palestre in un'esposizione che, oltre ad accogliere il dettato
dell'erudizione architettonica ellenistica, assolve una finalità didattica, quella di trasferire in
Occidente la consuetudine greca della palaestrarum aedificatio. L'architetto utilizza il termi-
ne palesrra, preferito a ginnasio, perché la trattazione riguarda gli aspetti strutturali e archi-
tettonici dell'edificio, di cui la palestra è l'elemento centrale. La sua configurazione tipo è
quadrangolare a peristilio, quadrata ovvero oblunga, cosi da ottenere un circuito di ambula-
cro di due stadi (poco meno di 400 m). Tre dei portici sono «semplici>>, con il solo ordine
esterno di colonne, mentre il quarto è «doppio», di profondità e colonnati, per riparare dal-
le intemperie i vani piu interni. Nei tre portici sono ricavate ampie esedre con sedili «su cui
filosofi, retori e altri che si dilettano di studi possono disputare stando seduti». Nel portico
doppio si trovano: l'ephebeum al centro, un'ampia esedra con sedili, sulla destra il coryceum,
dove pugili e pancratiasti si allenano col sacco (XWQlJXoç), e accanto il conisterium, dal pavi-
mento coperto di sabbia (xovLç), dove i medesimi provano le loro mosse. Sull'angolo del por-
tico il bagno freddo che i Greci chiamano loutron. A sinistra dell'ephebeum c'è l'elaeothesium,
dove si conserva e si distribuisce l'olio, ilfrigidarium e, connesso a questo, il tepidarium, de-
signato alla greca propnigeum. Seguono tre ambienti predisposti per il bagno caldo, umido e
secco: il sudatorio (concamerata sudatio), illaconicum e la calda lavatio. All'esterno della pa-
lestra, tre portici: uno per coloro che escono dal peristilio; degli altri, lunghi uno stadio, a de-
stra e a sinistra, quello che guarda a nord è doppio, per proteggere atleti e passeggiatori qui
piu esposti ai disagi della stagione invernale. La disposizione degli ambulacri coperti (xysta)
e all'aperto (paradromides) mira a moltiplicare le possibilità di movimento, per l'esercizio fi-
sico o il diporto, in qualsiasi stagione dell'anno. Nei pressi c'è lo stadio, dotato di una tri-
buna per accogliere gli spettatori che assistono agli agoni.
La palestra
'7· Servi e atleti in palestra. Cratere attico a figure rosse di Eufronio (fine del VI secolo a. C.). Berlino,
Staatliche Museen F 2180.
La raffinata composizione presenta sei giovani che si preparano all'attività, assistiti da piccoli
servi, o si allenano. Sul lato anteriore due atleti completano la loro preparazione: Leagro siste-
ma la kynodesme, Polyllos ripiega il mantello; al centro un discobolo, indicato come Antifonte,
si appresta al lancio sotto Io sguardo vigile dell'allenatore. Sul lato posteriore il giovane Hege-
sias, al centro, si versa da un aryballos l'olio con cui cospargersi prima degli esercizi, Lykos si
spoglia del mantello e lo ripiega con cura, mentre il terzo, lppomedonte, rappresentato in un
ardito scorcio di tre quarti, porge la gamba sinistra al piccolo schiavo perché gli estragga dal
piede una spina o una scheggia. Ippomedonte pare il meno indaffarato del gruppo: la clamide
elegantemente drappeggiata sulle spalle e il bastone, con cui si bilancia per non perdere l'equi-
librio nella torsione, lo fanno sembrare l'ozioso perditempo dello spogliatoio.
Il ginnasio
18. Atleti e allenatori. Kylix attica a figure rosse (c. 480 a. C.). Copenaghen, Thorwaldsen Museum.
Un efebo ripiega il mantello, mentre un altro è intento a raschiare la sabbia e il sudore con
lo strigile; accanto due adulti ammantati con il bastone, gli allenatori, uno seduto e l'altro in
piedi. Lo spazio è arredato da strumenti della palestra, appesi alla parete o semplicemente
appoggiati: la spugna, lo strigile, il contenitore dell'olio, il sacco del disco, i giavellotti. La le-
pre raffigurata tra i due allenatori è un'allusione alle profferte amorose degli adulti-ÈQacrtal
verso gli efebi -ÈQWflEVot.
Il ginnasio
19. Scene di armamento. Kylix a figure rosse del Pittore di Telefo (c. 470 a. C.). Toronto, Royal Ontario
Museum.
Nello spazio della palestra, suggerito dalle due colonne doriche in secondo piano, tre efebi
indossano l'armatura: due di loro sistemano gli schinieri, mentre un terzo, quasi al termine
della vestizione, riceve da un adulto l'elmo corinzio. Queste operazioni di spogliatoio pos-
sono riferirsi sia all'addestramento militare (onÀof.Luxla) impartito agli efebi nel ginnasio, ve-
ra e propria «accademia» dei neo-cittadini, sia alla corsa in armi (onÀhl]ç 1\Qof.Loç), discipline
nelle quali è ben evidente la connessione tra atletica e attività militare. Nello svolgimento
delle attività ginnasiali I' onÀof.Luxla era spesso associata al tiro, con I' arco o la catapulta, e
queste esercitazioni diventavano periodicamente occasione di competizioni interne al gin-
nasio; ben piu ampia diffusione aveva invece la corsa degli opliti, presente nel programma
agonistico di numerose feste cittadine. I concorrenti gareggiavano indossando elmo e schi-
nieri e sorreggendo lo scudo, anche se spesso sono rappresentati solo con elmo e scudo.
Il ginnasio
20. L'infibu!atio del membro dell'atleta. Psykter a figure rosse del Pittore di Sirisco (c. 470 a. C.).
Baltimora, Walters Art Gallery 48.77. Disegni di G. Mariani.
Il vaso, scoperto in una tomba di Tarquinia, venne disegnato da Gregorio Mariani nel 1876.
Un atleta completa l'infibukltio del membro assistito da un servo che gli regge mantello, ba-
stone e il contenitore dell'olio protetto in una tasca di cuoio; tra i due è visibile la testa di un
cane. L'operazione consisteva nell'applicare una fibbia o un anello (jibu/4 o XQlxoç) attraverso
due fori precedentemente praticati nel prepuzio, in modo tale che il glande non rimanesse
scoperto. Secondo la letteratura medica (CELSO, De medicina, 7. 2 5) l' infibulazione era un' ope-
razione frequente nei giovani - fra atleti, cantanti, citaredi e attori - sia per migliorarne la
voce sia per motivi di salute. Nel mondo greco è attestata un'altra pratica piuttosto simile,
che è spesso identificata con l'infibulazione anche se non trova una diretta corrispondenza
nella lingua latina: quella cioè di legare l'organo virile con stringhe di cuoio (xuvobÉO[!lJ).
930 Il ginnasio
21. L'abbigliamento per la palestra. Kylix a figure rosse del Pittore di Euaion (c. 450 a. C.). Parigi,
Louvre CA 2259.
Atalanta, mitica figura di atleta dalla femminilità ambigua, in abbigliamento da palestra: in-
dossa una cuffia di cuoio, reggiseno e perizoma. Appoggiata al bastone con cui si allena, guar-
da in direzione del pilastro (-rÉQI!a) alla sua destra. Sul cippo si riconoscono gli oggetti em-
blematici dell'attività sportiva: arybal!os per contenere l'olio, strigile e spugna. Nel mito Ata-
lanta faceva gareggiare con lei i pretendenti nella corsa a piedi, disciplina nella quale l'eroina
era imbattibile. Anche se la tradizione letteraria fa risalire alla XV olimpiade (720 a. C.) la
prima esibizione di un corridore senza perizoma, la nudità degli atleti divenne prassi abi-
tuale dalla metà del VI secolo a. C., come confermano le numerose attestazioni vascolari.
Il ginnasio 931
22. La preparazione del terreno. Kylix a figure rosse (c. 490 a. C.). Bruxelles, Musées Royaux d'Art et
d'Histoire.
Un palestrita riempie un cesto di sabbia aiutandosi col piccone (oxacprtov). La polvere (xélVlç)
serviva a preparare il terreno dove lottatori e pancratiasti si esercitavano, a creare cioè un
fondo piu morbido per attenuare i traumi violenti delle cadute. Inoltre i palestriti se ne ser-
vivano in allenamento: oliati e cosparsi di sabbia, si abituavano a liberarsi da una presa vi-
gorosa. Luciano, nel dialogo sull'atletica (Anacarsi, 29), ricorda anche i benefici igienici del-
la sua applicazione: <da polvere sparsa sulla persona trattiene il sudore emesso in profusione;
essa fa sf che l'energia resista a lungo e impedisce che vengano danneggiati dai soffi di ven-
to che investono i loro corpi, ormai indeboliti e con tutti i pori aperti>>.
23. Massaggi e frizioni. Kylix a figure rosse (c. 480 a. C.). Roma, Museo di Villa Giulia 50438.
Un palestrita massaggia la schiena del compagno prima dell'esercizio. Dopo una frizione dol-
ce a secco si applicava l'olio che, spalmato con movimenti sempre piu energici, serviva a scio-
gliere e ad ammorbidire le masse muscolari. A questa frizione preliminare seguiva quella ri-
lassante e defaticante <<apoterapeutica>>, alla fine dell'addestramento.
93 2 Il ginnasio
24. Il sollevamento dei pesi. Kylix a figure rosse (c. soo a. C.). Wlirzburg, Martin von Wagner Museum
476.
Si trattava di un esercizio preparatorio alle attività della palestra. Le discipline pesanti, lot-
ta, pancrazio, pugilato, richiedevano una pratica costante per sviluppare agilità e potenza;
Filostrato (m secolo d. C.), autore di un'opera manualistica sulla ginnastica (Ginnastico), ri-
corda un passato remoto nel quale le competizioni erano piu vicine alla realtà della vita, in
particolare alla guerra. Tutte le attività fisiche, ma soprattutto le discipline pesanti, preve-
devano una pratica di allenamento equilibrata e completa; alla eccessiva specializzazione
dell'atletica, infatti, era da attribuire, secondo Filostrato, la decadenza della ginnastica.
Il ginnasio 933
25. La lotta: posizione di partenza e tipi di prese. LIPPOUS, Gli eroi di Olimpia ci t.
Lo scopo dell'incontro era l'atterramento, di spalle o in ginocchio, dell'avversario per mez-
zo di agili e potenti mosse di braccia, senza prese di gambe. L'incontro entrava nel vivo quan-
do i lottatori, studiata la migliore strategia offensiva, afferravano l'avversario alle braccia, al
collo o, nel migliore dei casi, al tronco, perché di qui era piu agevole rovesciarlo. Non di ra-
do il confronto dava esito di parità, come d'altra parte rivela già la gara disputata da Ulisse
e Aiace nell'Iliade, ma il piu alto riconoscimento per l'atleta veniva dalla vittoria àxovnl («sen-
za toccare la polvere»), quando l'atleta vinceva senza mai cadere nella polvere della pedana,
oppure, in caso di ritiro dell'avversario, senza essersi cosparso di polvere prima della gara.
26. Lezioni di lotta. Psykter a figure rosse (fine VI secolo a. C.). Boston, Museum of Fine Arts 01 8019.
Disegno di A. Brighi.
Durante l'esercizio un atleta prova la presa al tronco seguendo i suggerimenti dell'allenato-
re vicino a lui; l'altro lottatore non reagisce, ma distende le braccia sulla schiena del compa-
gno per facili t are l'esecuzione.
934 Il ginnasio
27. Una scena di lotta: rovesciata dell'avversario sulle spalle. Kylix attica a figure rosse (v secolo a. C.).
Londra, British Museum E 94 b.
L'atleta, afferrato il braccio sinistro dell'avversario, lo solleva facendo leva sulla schiena e lo
atterra; per questa mossa spettacolare Luciano (Anacarsi, 24) usa l'espressione « Etç ihpoç àva-
flaonloat"ròv àvrlrraÀoV>> (sollevare l'avversario sulle spalle verso il cielo).
Il ginnasio 935
28. Frammento papiraceo con istruzioni di lotta (POxy., III, 466; II secolo d. C.).
Il testo contiene gli ordini indirizzati a due lottatori che si affrontano in combattimento e
appartiene a uno specifico manuale di istruzione alla disciplina. Eccone la traduzione con le
integrazioni di Cazzaniga («Athenaeum», n.s., XLII [1964]): «tu sollevandoti di lato attac-
ca verso il basso e concludi la presa. Tu porta una presa da sotto con la mano destra; tu ab-
bassati; tu attacca; tu libero voltati; tu concludi la presa ... tu attacca; tu sposta un piede dal
corpo e porta una presa da sotto con la mano; tu ... tu pressando [l'avversario] concludi la
presa. Tu attacca e sollevandoti sposta il braccio sinistro; tu intreccia [le mani] dal mento; tu
avanzando torci [la sua testa] indietro; dall'altro fianco accostati al suo tronco e concludi la
presa con la mano destra attorno alla sua testa. Tu poni intorno [la mano]; tu prendila ( ?) sot-
to questa; tu concludi la presa stando a gambe larghe. Tu porta una presa da sotto con la ma-
no destra; tu ponendo intorno [la mano] dove egli porta la presa da sotto getta intorno al fian-
co [il braccio] sinistro; tu allontanalo con la mano sinistra; tu concludi la presa cambiando
posizione; tu voltati; tu concludi la presa ... Tu attacca con un piede; tu cingilo; tu muoven-
doti innanzi torci [la sua testa] indietro; tu apponendoti alza la testa e porta una presa su di
lui e respingendolo concludi la presa>>.
29. Tipi di prese del pancrazio. l.IPPOLIS, Gli eroi di Olimpia ci t.
È una disciplina spettacolare che assomma le specificità della lotta e del pugilato, eliminan-
done molti divieti. Quasi tutte le mosse erano ammesse, di braccia e di gambe: pugni, calci,
torsioni di membra, presa al collo. Era proibito dal regolamento mordere, almeno a Olimpia,
e strapparsi gli occhi, ma non è chiaro se esistesse una normativa valida ovunque.
JO. La fase iniziale di un incontro di pancrazio. Anfora panatenaica a figure nere (Iv secolo a. C.).
Londra, British Museum B 6ro.
L'at!t;ta circonda col braccio il collo dell'avversario e col destro si prepara a sferrare un pu-
gno. E ben visibile da questa mossa la combinazione di pugilato e lotta nel pancrazio. I com-
battimenti in genere proseguivano a terra e si concludevano con l'esplicita richiesta di resa
da parte di uno dei due contendenti. La possanza di un pancratiaste plurilaureato è celebra-
ta con questi toni in un'epigramma dell'Antologia Pumudea (52; trad. di F. M. Pontani): «In
me taurino ventre e membra solide l scorgendo, come in nuovo Atlante, attonito l ti chiedi se
l
mortale sia quest'essere.! Il pancratiaste Eras di Laodicea son io. Mi cinsero diserti Smir-
ne e Pergamo, l Corinto e Argo, Delfi e Azio e l'Elide.! Dell'altre gare vuoi sapere il nume-
ro? l Del pari conterai l'arena libica>>.
Il ginnasio 937
31. La protezione dei pugilatori con guanti di cuoio (lj&aç òsùç). UPPOUS, Gli eroi di 0/impia cit.
In origine i pugilatori combattevano a pugni nudi; l'introduzione delle corregge di cuoio stret-
te intorno alla mano e al polso (i.JLavtEç) si faceva risalire ad Amico, mitico re dei Bebrici. Dal
IV secolo a. C. questo sistema di protezione fu trasformato in qualcosa di piu simile al <<guan-
tone>> moderno: su un guanto di cuoio legato con stringhe si applicava un anello di tre o cin-
que strisce di cuoio rigide, che diventava un potente strumento offensivo, l'i.JLaç òsuç o mpai-
Qa. In età tardoellenistica e romana vennero aggiunti anche elementi metallici, per aumen-
tare la forza di penetrazione dei colpi inferti. Lo spazio del ginnasio in cui gli atleti si
esercitavano armati di guantoni era lo sphairisterion.
32. Allenarsi tirando pugni in aria. Pe!ike attica a figure nere (vi secolo a. C.). New York, Metropolitan
Museum 49.1 I .I.
Due pugilatori tirano pugni in aria accompagnati dall'au/os: Platone (Leggi, 83oc) descrive
questo esercizio preparatorio al pugilato consistente nel simulare col corpo un combattimen-
to senza avversario (oxml-laXEiv). Analogo alla oxLal!axla era il movimento cadenzato delle
braccia, XEI.QOVo!!la.
33· L'allenamento di un pugile: la l<UJQUl<OJ!axiu. Novio Plauzio, cista Ficoroni (Iv-m secolo a. C.).
Roma, Museo di Villa Giulia.
Il x<i>Quxoç, un sacco di cuoio pieno di semi o di sabbia, sospeso al soffitto della palestra o,
come nell'immagine, al ramo di un albero, era lo strumento fondamentale dell'allenamento
dei pugilatori e dei pancratiasti già dal IV secolo a. C. Filostrato (Ginnastico, 57) ne racco-
manda l'utilizzo a entrambi, ma in particolare ai pancratiasti, per sviluppare forza e resistenza
agli urti possenti. A un ambiente della palestra appositamente adibito all'addestramento col
sacco (coryceum) fa esplicito riferimento Vitruvio.
34· L'inizio di un combattimento di pugilato. Anfora panatenaica a figure nere del Pittore di Taranto
4601 (440-430 a. C.). Taranto, Museo Archeologico Nazionale.
Questa è la disciplina piu simile nella pratica a quella odierna: erano proibite prese e spinte,
anche se l'incontro non era scandito in round né interrotto da pause.
Lo stadio, lo xystos, le piste
35· La preparazione della pista. Skyphos attico a figure rosse del Pittore di Zefiro (460-450 a. C.).
Collezione privata.
Un giovane attinge l'acqua dal pozzo, dissoda il terreno e lo bagna. Nell'ultima scena sono
rappresentati gli elementi essenziali dell'immaginario del ginnasio: il pilastro, che segna la par-
tenza o l'arrivo della corsa, il corredo dell'atleta (la spugna, l'ampolla dell'olio e lo strigile), la
vasca su piedistallo per le abluzioni.
36. I corridori nello slancio dello stadio. Anfora panatenaica a figure nere (VI secolo a. C.). Monaco,
Antikensammlungen.
La corsa veloce è caratterizzata da un ampio movimento delle braccia, dalla grande falcata e
dall'impostazione dei piedi, che toccano il terreno solo con la punta. Il termine atabtov in-
dicava sia il tipo di corsa che la pista e la distanza sulla quale veniva disputata (c. 200m); si
trattava della piu antica specialità agonistica greca.
37· I corridori al passo cadenzato del fondo (I\OA•xoç). Anfora panatenaica a figure nere (333 a. C.).
Londra, British Museum B 6o9.
Le braccia sono basse e controllate nel movimento, il busto è eretto, il piede d'appoggio ade-
risce al suolo e la falcata delle gambe è meno ampia. La corsa di fondo si disputava su un per-
corso che poteva variare dai 7 ai 24 stadi (da 1300 a 4400 m). Le corse su lunghezze supe-
riori allo stadio si svolgevano sulla medesima pista, che gli atleti percorrevano avanti e in-
dietro girando intorno al pilastro sulla linea di partenza o di arrivo. Nei ginnasi i giovani
correvano su piste all'aperto (bQOf!Ol o ltaQaliQOf!tl!Eç) oppure, specialmente nella stagione in-
vernale, sotto gallerie coperte (!;uatol).
Il ginnasio 941
38. La lampadedromia efebica. Stele (1 secolo d . C.) . Napoli, Museo Archeologico Nazionale 284~.
Il rilievo rappresenta due efebi nella fase preparatoria di una corsa con le fiaccole: il ragazzo
di destra tiene capovolto il bastone che serve da impugnatura della Àa!J.11aç, mentre quello di
sinistra porge al compagno la torcia da porre sul bastone. Il testo inciso sulla stele (IG, II-
IIF, 1992) ricorda la dedica onoraria degli efebi per tre loro compagni (cruvi)~E~OL) che ave-
vano organizzato a loro spese due lampadedromie. L'occasione agonistica è ben sottolineata
dall'apparato figurativo del monumento, il passaggio della torcia e le due corone della vitto-
ria sul frontone della stele, e dal testo iscritto, che si conclude con la proclamazione dei vin-
citori delle ÀUIJ.Tiai>Eç. Non era infrequente nei ginnasi di Atene che gli efebi si facessero ca-
rico dell'organizzazione degli agoni del ginnasio, specialmente quelli di buona famiglia, che
desideravano mettersi in luce prima ancora di intraprendere l'attività politica.
39. L'allenamento con gli aÀt~QEç di un saltatore in lungo. Skyphos a figure rosse del Pittore di Brigo
(c. 480 a. C.). Boston, Museum of Fine Arts 10176.
l manubri (àhi'jQEç), di pietra o di metallo, portati in avanti nella fase di rincorsa e di stac-
co, servivano a prolungare lo slancio del salto. Per il loro peso, che variava da 1,5 a 4 kg, gli
ÙÀ.tijQEç erano utilizzati per potenziare la massa muscolare anche dagli altri palestriti. Il sal-
~o in lungo non era praticato come specialità individuale, ma era una prova del pentathlon,
Insieme al lancio del giavellotto, del disco, alla lotta e alla corsa dello stadio.
942 Il ginnasio
40. Pugilatori e pentatleti che si allenano. Kylix attica a figure rosse (c. 480 a. C.). Oxford, Ashmolean
Museum 1914.
Diverse sono le attività ginniche rappresentate. In alto, due lottatori fanno esercizio sotto
gli occhi del rrmlìotQLf\TJç, mentre un pugilatore prepara le corregge di cuoio (4tavtEç) e un al-
tro tiene il piccone con cui si preparava la pista. In mezzo, due pugili combattono, mentre
un terzo prepara le 4tavtEç; accanto al rrm1ìotQij31Jç un atleta si esercita con gli aÀti)QEç. In
basso, un giavellottista con l'allenatore: il giovane tiene nella sinistra l'attrezzo e con la de-
stra l'ùyxuÀTJ, un laccio fissato al centro dell'asta che le imprimeva un movimento rotatorio
e consentiva di dirigerne meglio la traiettoria.
Il ginnasio 943
41. Un lanciatore di giavellotto. Kylix attica a figure rosse, da Vulci (425-400 a. C.). Berlino, Staatliche
Museen F 2728.
L'atleta, terminata la rincorsa al limite stabilito, segnalato dalla colonnetta dello stadio, sta
per lanciare: il braccio destro è abbassato e teso all'indietro. Questa specialità, assorbita nel
novero del pentathlon, non era la sola praticata con questo attrezzo nell'ambito ginnasiale:
gli efebi erano addestrati anche nel tiro al bersaglio col giavellotto, disciplina di chiara uti-
lità militare.
-12. Il gioco a palla a squadre (oq>UIQOI!UXLa). Rilievo marmoreo dal muro di Temistocle (fine VI secolo a. C.).
Atene, Museo Archeologico Nazionale 3476.
Due squadre, composte da tre giocatori ciascuna, si affrontano. Il giovane all'estrema sini-
stra si appresta a lanciare, mentre compagni e avversari si dispongono in varie pose a rice-
verla: uno scatta in avanti, altri si controllano vicendevolmente. L'ultimo a destra, ritratto
di spalle, fa cenno a un compagno piu avanzato. Il rilievo attico sembra essere la traduzione
in immagine dell'aQltUOtOV di cui parla Galeno (Il gioco della piccola palla, J): un gioco a squa-
dre, simile ai moderni rugby e pallamano, nel quale i giocatori in tutte le posizioni doveva-
no prendere la palla. Questa è la piu antica rappresentazione del gioco della palla, ben noto
alla JTaLòEla aristocratica: nello oq>mQl~nv si dilettavano i giovani spartiati in età arcaica e, in
epoca piu recente, Alessandro Magno. Uno spazio apposito per il gioco della palla è previsto
nella piccola palestra che Teofrasto (Caratteri, 2 1.9) immagina per il tipo vanitoso.
944 Il ginnasio
43· Un altro gioco di squadra con la palla. Rilievo dal Ceramico (c. 510 a. C.). Atene, Museo Archeolo-
gico N azionale 3 477.
Si tratta del XEQTJ"ti~nv, o gioco col XÉQaç, specie di racchetta con l'estremità ricurva. Due
efebi si disputano la palla posta al centro, mentre i compagni osservano e danno suggerimenti.
Gli esercizi di gruppo, specialmente quelli con la palla, erano fondamentali nella formazione
dei giovani: un allenamento completo del fisico e della mente.
44· Un gioco a palla a coppie. Lekythos attica a figure nere (vi secolo a. C.). Oxford, Ashmolean
Museum 260.
L'allenatore si appresta a lanciare la palla, che tre giovani, saliti sulle spalle di altrettanti com-
pagni, devono ricevere. La scritta xÉÀ.Euoov rammenta il comando che dava il via al gioco.
Quest'arte (o<pULQLO"ttx~) era praticata all'aperto e nei ginnasi esistevano spazi appositi, de-
nominati sphairisteria o sphairistrai, ad essa destinati. I suoi benefici effetti sul corpo e sullo
spirito sono ampiamente sottolineati dalla trattatistica medica di età imperiale, in particola-
re da Galeno (n secolo d. C.), che vi dedicò un trattato (Il gioco del/4 picco/4 pal/4).
Il bagno (loutron)
~5- l bacini per la raccolta dell'acqua nel ginnasio di Priene (seconda metà del n secolo a. C.).
Un ambiente del ginnasio era adibito alle abluzioni dei palestriti dopo l'esercizio ed era do-
tato di vasche su piedistallo, addossate alle pareti, che ricevevano l'acqua da una canalizza-
zione di tubi decorati all'estremità da pro tomi leonine. Su un altro lato della stanza erano si-
stemati dei sedili davanti ai quali, incastrati nel pavimento, dei bacini lunghi e stretti per-
mettevano i pediluvi. llloutron, che nel ginnasio vitruviano è denominato/rigida lavatio, era
uno spazio funzionale all'igiene e non da diporto, come invece intendevano i Romani i ba-
gni termali. La doccia sotto l'acqua era un'operazione consueta nella frequentazione del gin-
nasio: già l'Evelpide di Aristofane (Uccelli, 140) fantastica di un giovane uscito tutto bagnato
dal ginnasio.
Il ginnasio
46. Abluzioni di atleti all'aperto. Hydria a figure nere (fine VI secolo a. C.). Leida, Rijksmuseum Van
Oudheden PC 63.
Gli atleti si lavano a una fontana a forma di edicola, nella quale l'acqua sgorga copiosa da due
protomi ferine. Ai lati, due coppie di giovani sotto gli alberi, a cui hanno appeso le vesti, si
ungono con olio. I bagni non erano necessariamente ambienti chiusi; un impianto all'aperto
è stato portato alla luce nel ginnasio di Delfi.
47· Atleti che si detergono con Io strigile. Arybaltos a figure rosse. Napoli, Museo Archeologico Nazio-
nale, Raccolta Cumana 177.
La sabbia e il terriccio, misti a sudore e a olio, venivano raschiati con questo strumento ri-
curvo, simbolo delle attività della palestra. La poltiglia asportata (yì..moç) non veniva gettata
via, ma era utilizzata come medicamento per applicazioni terapeutiche.
II ginnasio 947
48. Strigile in bronzo dall'Italia meridionale (V-IV secolo a. C.). Atlanta, Michael C. Carlos Museum.
49. Abluzioni di palestriti dopo gli esercizi. Kylix attica a figure rosse (c. 430 a. C.). Londra, British
Museum E 83.
Su un lato un gruppo di cinque atleti termina la raschia tura della polvere con lo strigile; sull'al-
tro tre di loro attorniano un bacino d'acqua, mentre uno versa acqua su un compagno da una
hydria.
La sala riunioni (ephebeion)
50. Ricostruzione dell'ephebeion del ginnasio inferiore di Priene M. SCHEDE, Die Ruinen von Priene, kun:e
Beschreibung, Berlin 1934.
Col termine ephebeum l'architetto Vitruvio indica un'esedra molto ampia, provvista di sedi-
li addossati alle pareti, che era adibita a sala di riunione e di conferenze degli efebi. Il dise-
gno ricostruisce questo ambiente, denominato Èrpl](31lt~ ÈI;ÉbQa, del ginnasio di Priene in età
ellenistica (1 secolo a. C.). Spesso i ginnasiarchi contribuivano all'abbellimento del luogo de-
dicando a loro spese statue ed erme: uno di questi, di nome Zosimo, dedicò due erme all'in-
gresso dell'esedra efebica (I. Priene, 112, II. 114-15).
Il ginnasio 949
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51. Epigrafi di efebi nel ginnasio di Priene (1 secolo a. C .). I. Priene, 313.
Piu di settecento graffiti sono stati rinvenuti sugli zoccoli marmorei dei sedili nell'esedra efe-
bica. Le iscrizioni, incise piu o meno accuratamente, segnavano i posti occupati dai ragazzi,
secondo la formula «Ò tò:rwç mù I>E1voç>> ([questo è] il luogo del tale) .
950 Il ginnasio
52. Epigrafi di efebi del ginnasio di Cizico (II secolo d. C.). P. A. DÉTHIER e A. D. MORDTMANN, Epigraphik
von Byzantion und Constantinopolis, in «Denkschriften der Osterreichische Akademie der Wissen-
schaften, Philosophisch-Historische Klasse>>, XIII (t864).
I ragazzi iscrivevano i loro nomi personali evidenziandoli entro tabu!ae ansatae o contorni di
piedi, che in questo caso significavano buon augurio. Nella tabu!a centrale si legge: <<'Axgo-
òéqwvtoç x[al] 'AQlatwvoç x[al] 'ArrrÀ.Àd "tWV àòrÀcpGJv !lÉ!lVY]Oitr Èrr' àyait<jl o[ vi:m» (Voi giova-
ni ricordatevi, a buon fine, dei fratelli Akrodamas e Ariston e Apellas). E all'interno dei tre
piedi sottostanti: <<'AxQoòét!lavwç 'AQlo1:wvoç 'ArrrÀÀaòoç>> (di Akrodamas, di Ariston, di
Apellas).
Il ginnasio 951
53. Graffiti sui sedili nel ginnasio di Delo. J. AUDIAT, Le gymnase. Exploration archéologique de Délos, in
«Bulletin de Correspondance Hellénique», XCIV (1970).
Questi disegni riproducono ciò che i frequentatori del ginnasio avevano quotidianamente sot-
to i loro occhi: statue di atleti o di divinità, immagini di Eros, protettore della q>IÀlo. efebica,
torce, ex voto di vittorie nelle lampadedromie, corone agonali, anfore, idrie ecc. Del corre-
do monumentale dell'edificio in età ellerùstica (metà del n secolo a. C.) conservano memoria
gli inventari epigrafici che elencano le numerose offerte, bronzee e marmoree, qui dedicate;
da questa profusione di forme e di colori gli efebi traevano diletto e ispirazione.
952 Il ginnasio
54· Il giuramento degli efebi (seconda metà del IV secolo a. C.). Atene, Museo epigrafico.
Dion, sacerdote di Axes e di Atena Areia, del demo attico di Acarne, dedicò alle divinità del-
la guerra una stele contenente due giuramenti: quello che i ragazzi ateniesi prestavano all'ini-
zio dell'efebia e quello dei Greci alla vigilia della battaglia di Platea (479 a. C.; quest'ultimo,
però, è un'elaborazione della storiografia del rv secolo): «Patrio giuramento che gli efebi de-
vono prestare: "Non disonorerò le armi sacre e non abbandonerò il compagno laddove sarò
in fila; difenderò le sacre tradizioni patrie e consegnerò la patria non diminuita, ma piu gran-
de e potente, per quanto è possibile alle mie forze e con l'aiuto di tutti, obbedirò a chi go-
verna saggiamente e alle leggi, a quelle stabilite e a quelle che saggiamente verranno stabili-
te nel futuro; qualora qualcuno voglia rovesciarle, non lo permetterò, con tutte le mie forze
e con l'aiuto di tutti, e onorerò i sacri culti della patria. Mi siano testimoni gli dèi Aglauro,
Estia, Enio, Enialio, Arese Atena Areia, Zeus, T allo, Auxo, Egemone, Eracle, i cippi di con-
fine della patria, le messi, l'orzo, le viti, gli ulivi, i fichi"». Il giuramento sottolinea il profon-
do e arcaico significato dell'istituzione efebica: la fedeltà e l'obbedienza ai culti aviti e alle
leggi della po!is, la difesa del territorio della propria città, che dev'essere conservato e con-
segnato intatto alle generazioni future. Il valore fortemente patriottico del documento tro-
va corrispondenza nel rilievo frontonale della stele, che riproduce le armi degli opliti (l'elmo,
gli schinieri, lo scudo, la corazza e la clamide ripiegata).
L'istruzione maschile
55· Il regolamento del ginnasio: la legge ginnasiarchica di Berea (n secolo a. C.). Berea, Museo Archeo-
logico.
Dalla città macedone di Veria proviene l'unico testo di legge, conservato per intero, concer-
nente il ginnasio, dalla definizione delle mansioni di chi lo dirigeva (o Yl.JIJ.VaulaQxoç) alla re-
golamentazione delle attività che vi si svolgevano. La legge ginnasiarchica era a tutti gli ef-
fetti un documento pubblico, approvato dall'assemblea del popolo e come tale conservato ne-
gli archivi della città. L'autorità della polis sull'istituzione ginnasiale ne conferma l'importanza
e il valore in quanto patrimonio collettivo; perciò solo i cittadini di condizione libera fre-
quentavano il ginnasio: ne erano esclusi gli schiavi, i liberti, chi si prostituiva, chi commer-
ciava o lavorava nell'agora, gli ubriachi, i malati di mente e chi non era fisicamente idoneo
alle attività ginniche.
954 Il ginnasio
(:5 At0.0.S\PON0[.0
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56. La stele funeraria di un ginnasiarco. Prusa (1 secolo d. C.). E. PFUIIL e 11. Miimus, Die oslgriechischen
Grabrelie/s, I-II, Mainz am Rhein 1977-79.
Sulla lapide funeraria del ginnasiarco Diodoro, morto a 53 anni, come recita l'iscrizione par-
zialmente conservata, sono rappresentati oggetti che fanno riferimento all'attività del gin-
nasio, quella per cui il defunto vuole essere ricordato. La corona e i tre ritrattini incornicia-
ti (ElxovEç yQalttai) erano probabilmente tributi onorari per la generosità dimostrata duran-
te la ginnasiarchia, mentre la scure, gli strigili, la campana, i rami di palma, la vasca per l'olio
simboleggiavano le attività della palestra.
57. Ritratto su erma di un cosmeta (129-38 d. C.). Atene, Museo Archeologico Nazionale 387 (829).
Ritratto di adulto barbato, dall'espressione mite e malinconica, indicato dall'iscrizione er-
maica come il cosmeta Onaso: «L'assemblea degli efebi pose questo [ritratto del] cosmeta
O naso, avendogli dato gloria pari a Ermes. Il consiglio dell'Areopago [onora] il cosmeta
dell'anno dell'arconte Claudio Lisiade, Onaso di Trofimo di Pallene, già segretario del con-
siglio [dell'Areopago]>>. Il KOOfll]ti)ç era un magistrato eletto dal popolo e incaricato dell'or-
ganizzazione delle attività efebiche nei ginnasi di Atene (ARISTOTELE, Costituzione degli Ate-
niesi, 42); era sua la responsabilità del servizio di leva dei giovani ateniesi che avevano rag-
giunto la maggiore età e che accedevano all'efebia, un tirocinio biennale obbligatorio durante
il quale venivano addestrati e preparati alla guerra.
Il ginnasio 955
58. Il quadrante solare nel ginnasio di Ai Khiinum. «Bulletin de Correspondance Hellénique», CVI
(r982).
L'orologio solare serviva a scandire l'ora di apertura e di chiusura del ginnasio, nonché la di-
stribuzione del tempo tra le diverse attività. Gli orari di accesso non erano a discrezione del
ginnasiarco, ma erano stabiliti per mezzo di decreti cittadini: ad Atene, ad esempio, la fre-
quentazione del ginnasio era consentita dall'alba al tramonto. Un orologio solare è stato rirt
venuto nel ginnasio di Delo ed è menzionato anche nelle iscrizioni di quello di Pergamo. E
possibile che tale strumento fosse utilizzato nell'insegnamento dell'astronomia, disciplina
raccomandata da Platone nell'educazione dei ragazzi, e che sappiamo trattata nelle lezioni al
ginnasio di conferenzieri itineranti.
Il ginnasio
b. Un adulto e un ragazzo si dispongono al coito intercrurale. Kylix attica a figure rosse (v secolo a. C.).
Oxford, Ashmolean Museum.
Dopo la seduzione dell'adolescente col dono dell'animale, l'adulto sperimenta il piacere da-
to dalbta~-tlJQL~ELv (per il verbo cfr. ARISTOFANE, Uccelli, 669), la copulazione intercrurale, os-
sia tra le cosce. L'adolescente che accetta le avances dell'uomo maturo non è relegato a svol-
gere un ruolo puramente passivo, ma entra in un rapporto di condivisione affettiva (cptì..ia)
che prescinde dalla relazione sessuale per diventare un momento importante del processo
educativo. La pederastia, infatti, rendeva i giovani emuli delle virtu dei loro amanti piu ma-
turi e questi, a loro volta, erano responsabili dell'educazione dei loro ÈQW!-!Evm fino a quan-
do non diventavano adulti. Si trattava perciò di una relazione asimmetrica- come mostra la
differenza di età e l'appagamento del desiderio riservato al solo ÈQam:i)ç- piuttosto diffusa
tra le classi sociali elevate e distinta da altre pratiche sessuali, spesso oggetto di riprovazio-
ne, quali la sodomia.
Il ginnasio
6 I. Un pedagogo picchia col sandalo un fanciullo. Anfora a figure nere. Eichenzell, Schlofi Fasanerie I 30.
Il vaso riproduce la punizione esemplare di un nai:ç negligente che non ha seguito i precetti
del pedagogo. La presenza di spettatori fa venire in mente il mimo di Eroda (3) nel quale una
madre, esasperata dalle malefatte del figlio ribelle, esige per lui dal maestro una solenne pu-
nizione corporale. Le tavolette scolastiche confermano il rigore e la severità dei maestri nei
confronti degli scolari con intimidazioni di tal fatta: «Sii diligente, o fanciullo, per non es-
sere scorticato».
Il ginnasio
62. Tabella scolastica dall'Egitto (rr secolo d. C.). Londra, British Museum.
Lo scolaro ha ricopiato due volte entro le linee guida le frasi scritte in alto in bella grafia
dal maestro, due sentenze brevi del poeta comico Menandro: <<LQ(pou naQ' àvOQÒç :JtQOOOÉ-
xou oui-Lf:louÀlav. Mi) :nàmv ElxTj 1:oi:ç <plÀOLç :JtLO'tEUE'tUL» (Da un uomo saggio ricevi consiglio.
Non credete sventatamente a tutti gli amici). Di queste yvw!-Lm di ordine morale ci si ser-
viva spesso per consolidare la conoscenza della lingua e impartire al contempo qualche uti-
le ammonimento.
Il ginnasio 96 r
f-,1f:! C1 1. c{ '<: \
4t' '.t H ,q 6- ·~ y tk p
•• ~-~ Ì' c. fi~- 6--)
63. Tavoletta ]ignea con esercizi di scrittura da Antinopoli (v secolo d. C.). Parigi, Louvre AF "95,
lato A.
Il maestro, che si firma come Fl. Kollouthos figlio di Isakios alla linea 4, ha scritto in carat-
teri ben visibili una massima che lo scolaro ricopia tre volte: «ÙQXIÌ J.LEYimTJ mù <pQOVEtv 1:à
YQUJ.LJ.Lma>> (le lettere sono il migliore inizio della riflessione). L'esercizio, a partire dal cri-
sma, è svolto in modo scorretto dall'allievo, che non è in grado di riconoscere alcune lettere
legate (y e t) e tenta un maldestro incolonnamento delle parole, imitando forse la mise en pa-
f!.e dei testi scolastici a lui noti.
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64. Papiro scolastico dall'Egitto (w secolo a. C.; PCair., 65445): a. divisione in sillabe di nomi bisillabi-
ci e polisillabici; b. versi dell'Odisseo (5.II6·24); c. tavola del quadrato dei numeri da I a Io, da IO
a IOO, da roo a 8oo. o. GUÉRAUD e P. JOUGUET, Un Livred' écolierdu m• siècleav.].-C., Le Caire I938.
Di questo manuale scolastico si conserva buona parte del sillabario: la separazione delle sii·
labe è marcata da un intervallo e due punti. Segue un'antologia poetica, contenente passi
dell'Odisseo, frammenti di tragedie euripidee, di comici anonimi e di epigrammi ellenistici.
L'ultima sezione del papiro comprende esercizi di matematica, sul quadrato dei numeri e sui
sotto.nultipli della dracma. Su questo materiale gli scolari imparavano a leggere e a fare di
conto. Il suo taglio sommario e generale rivela in primo luogo che il testo era utilizzato su un
lungo periodo, dagli elementari esercizi di lettura e scrittura alla comprensione di passi che
presuppongono una piu ampia conoscenza della lingua, e inoltre che tale strumento era de-
stinato agli ellenofoni d'Egitto, a chi cioè conosceva già la lingua greca. Solo a questa parte
della popolazione, infatti, si rivolgeva l'istruzione elementare in Egitto in età tolemaica.
Il ginnasio
65. Lo scolaro con lo scrittoio chiuso va a lezione. Kylix a figure rosse (475-450 a. C.). New York,
Metropolitan Museum of Art, Rogers Fund 1917 (q.ZJO.Io).
L'equipaggiamento dello studente è costituito da tavolette di legno legate insieme (noì..\nn:u-
xov), sulle quali si scriveva con stilo (yQmpiç) e inchiostro. Per gli esercizi scolastici erano uti-
lizzati anche altri supporti materiali, meno costosi e piu facilmente reperibili, cocci o pietre
calcaree ben levigate.
66. La lettura. Kyathos attico a figure rosse (510-500 a. C.). Berlino, Staatliche Museen F 2322.
Un giovane, seduto presso la cesta dei papiri, svolge un rotolo sotto gli occhi di due ÈQam:ai
appoggiati ai loro bastoni. L'argomento della lettura è indicato sul coperchio della capsa:
XIPQNEIA (Insegnamenti di Chirone), il centauro del mito a cui fu affidata la nmlìda di
Achille.
Il ginnasio
67. Lezioni a scuola. Kylix a figure rosse di Duride (c. 480 a. C.). Berlino, Staatliche Museen F 2285.
In uno spazio arredato da oggetti diversi (coppe, strumenti a corda, astucci da aulos, tavo-
lette da scrittura) sono rappresentate le attività didattiche. A sinistra una lezione di musica:
il maestro e l'allievo, seduti uno di fronte all'altro, suonano la lira eptacorde; al centro il mae-
stro segue la recitazione a memoria di uno scolaro controllandola sul testo scritto. Il papiro
è svolto in direzione del lettore, che può cosi leggervi la tipica invocazione proemiale della
poesia epica: <<Musa, trovami sulle rive dello Scamandro la materia per iniziare il mio can-
tO>>. A destra ill:iLbétoxaÀoç, seduto e appoggiato a un bastone, segue la scena con attenzio-
ne. Sull'altra faccia del vaso un maestro suona il doppio aulos davanti all'allievo; al centro un
altro, di fronte allo scolaro, scrive sullo scrittoio aperto sulle ginocchia, mentre il llLbétoxaÀoç
barbato, seduto nel senso opposto, si volta indietro a controllare.
Il ginnasio
a. Omero. Copia romana di un archetipo classico (460 a. C.). Monaco, Glyptothek 273.
Il poeta è rappresentato come vegliardo cieco. La vecchiaia e la cecità del cantore sono con-
dizioni necessarie della memoria e della sapienza, arricchiscono e fortificano la percezione
della mente. Questa rimane una figura esemplare di intellettuale fino alla tarda antichità: le
sue opere erano lette e imparate a memoria a scuola, a lui erano intitolati ginnasi (ne sono at-
testati a Chio e Colofone) e luoghi di culto (come ad Alessandria e Smirne).
b. Erodoto. Copia romana di un archetipo classico (380-360 a. C.). Napoli, Museo Archeologico
Nazionale 6239.
È una doppia erma con iscritto il nome dello storico di Alicarnasso. Si ha notizia di statue di
quest'altro «divino cantore>> collocate nel ginnasio della sua città natale e in quello di Zeu-
sippo a Costantinopoli; la biblioteca di Pergamo possedeva un suo ritratto.
c. Socrate, tipo <<A>>. Copia romana di un originale classico (c. 380 a. C.). Napoli, Museo Archeolo-
gico Nazionale 6 r 29.
È il ritratto piu antico, realizzato a pochi anni dalla morte, che mostra il filosofo come sile-
no. Una statua di Socrate fu posta nell'Accademia di Platone poco dopo la sua fondazione.
La sta tu aria riprende, a scopo celebrativo piuttosto che di irrisione, il paragone proposto dai
detrattori di Socrate (PLATONE, Simposio, 215b; SENOFONTE, Simposio, 4·'9· 5·5·7), volgen-
do in positivo il significato di tale accostamento.
d. Copia di età tiberiana di una statua-ritratto di Platone (IV secolo a. C.). Monaco, Glyptothek 548.
L'originale era la statua donata all'Accademia da Mitridate, un discepolo del filosofo. L'iscri-
zione dedicatoria, tramandata da Diogene Laerzio (3.25-26), recitava: «Mu'tQLiìUtT]ç o'Po-
1\o~amu OéQOTJç Mouamç dxovu àvÉitEto llÀatwvoç, ~v ~LÀavlwv E[tOLTJOE>> (Il persiano Mitri-
date, figlio di Rodobate, dedicò il ritratto di Platone alle Muse. E opera di Silanione).
e. Aristotele. Copia romana da un originale della fine del IV secolo a. C. Vienna, Kunsthistorisches
Museum '79·
Teofrasto, che successe al maestro nella direzione della scuola, dispose nel suo testamento di
porre nel Mouseion del Liceo il ritratto del filosofo (DIOGENE LAERZIO, 5·5r); qui fu posta,
probabilmente, anche l'immagine di Teofrasto e di altri successori.
f. Antistene. Città del Vaticano, Musei Vaticani, Sala delle Muse 278.
Di questo filosofo, discepolo di Socrate, considerato un maestro da stoici e cinici, si conser-
vava una statua nel ginnasio Cinosarge di Atene.
g. Crisippo. Statua ricostruita da P. Zanker da calchi di copie del Louvre e del British Museum.
Monaco, Museum fi.ir Abgi.isse Klassischer Bildwerke.
Il filosofo stoico è seduto con la destra protesa in avanti: è una rappresentazione pubblica del
maestro intento a discutere nell'agora o nel ginnasio. La tradizione infatti vuole che ad Ate-
ne si conservassero due statue sue, una posta nel ginnasio Ptolemaion, nei pressi dell'agora,
l'altra nel Ceramico (PAUSANIA, I.17.2). I maestri del sapere, letterati e filosofi, che spesso del
ginnasio avevano fatto il luogo eletto in cui svolgere la loro attività, ricevettero in diverse città
tributi di statue e ritratti che ne ricordassero in eterno l'insegnamento. Ai grandi intellettua-
li del passato, in particolare, i giovani si rivolgevano per trarre orientamento e consiglio, in
quanto modelli insuperati e insuperabili eli virtu. Accanto agli eroi del sapere i giovani ammi-
ravano i trionfatori dei giochi panellenici, primi fra tutti gli olimpionici, ma anche i grandi del
mito e della storia legati in qualche modo alla loro città (xtlatm, EÙEQYÉtUL e ~umÀEìç); non è
certo fuori luogo per lo spazio del ginnasio la definizione di «seconda agora>> della polis.
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Le biblioteche
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69. Il catalogo della biblioteca del ginnasio di Rodi (fine del n secolo a. C.). A. MAIURI, Nuovo siffoge
epigrafico di Rodi e Cos, Firenze 1925.
Questa lastra marmo rea (alta 51 cm), con incisi, in ordine alfabetico, autori e relative opere,
proviene dalla biblioteca del ginnasio ellenistico di Rodi. Il catalogo è redatto su due colon-
ne. A sinistra si riconoscono alcuni autori, in caso genitivo: Egesia, Teodette, un Teopom-
po, indicato come SEonoMnOY AAAOY; a destra Dionisio e Damokleidas. l titoli delle ope-
re, in nominativo o con ltEQl e il genitivo, rivelano una scelta specifica di soggetti politici e
retorici, particolarmente apprezzati in un centro di cultura come Rodi. Secondo Mario Se-
gre si trattava di un catalogo ordinato contemporaneamente secondo il criterio dell'argomento
e secondo quello topografico: «i rotoli di papiro erano disposti nelle varie xi01:m secondo l'ar-
gomento, e ogni colonna rappresenta una xlmT), degli scritti politici, filosofici ecc.; per co-
modità di consultazione, poi, in ogni colonna gli autori erano disposti in ordine alfabetico».
Alla medesima biblioteca appartiene un testo epigrafico di recente acquisizione contenente
ulteriori informazioni sull'organizzazione e l'ordinamento del patrimonio librario.
Il ginnasio
70. La dotazione della biblioteca del ginnasio di Tauromenio. Frammenti di intonaco dipinto (n secolo
a. C.). Siracusa, Museo.
Il testo su due colonne, parzialmente ricostituito, contiene un breve profilo bio-bibliografi-
co di autori che scrissero in lingua greca, Fabio Pittore e Filisto; i lemmi, dipinti sulle pare-
ti del portico del ginnasio, visualizzavano per i frequentatori del luogo la dotazione libraria
della biblioteca. Colonna I: <<Q. Fabius, detto Pictorinus, romano, figlio di C. [vacat], che
scrisse dell'arrivo di Eracle in Italia e ancora del ritorno di Lanoios, di Enea alleato e di Asca-
nio, molto dopo ci furono Romolo e Remo e la fondazione di Roma da parte di Romolo, che
fu il primo re». Colonna II: «Filisto di Siracusa: dicono che questo fosse discepolo del sofi-
sta Euenos, scrittore di elegie; che per primo condusse la città all'attuale stato di benessere,
che parimenti a ciò contribui il popolo e che egli fece esporre i de[creti dei tiranni]>>. Recen-
ti acquisizioni hanno aggiunto nuovi nomi al catalogo della biblioteca ginnasiale, che racco-
glieva anche testi filosofici: in un altro frammento di intonaco è stato individuato il lemma
di Anassimandro.
970 Il ginnasio
7 r. Ricostruzione della facciata della biblioteca di Pantainos ad Atene (inizio del n secolo d. C.). J. TRAV-
LOS, Bildkxicon zur Topographie derantiken Attika, Ttibingen 1988.
L'edificio sorgeva nell'agora cittadina, immediatamente a sud della stoa di Attalo, di cui po-
teva apparire un'ideale continuazione, con il lungo colonnato che seguiva la Via Panatenaica.
Sull'architrave dell'ingresso principale si leggeva l'iscrizione che ricordava la generosa dona-
zione, da parte del sacerdote T. Flavius Pantainos e dei suoi figli, del colonnato, del peristi-
lio e della biblioteca coi volumi. In seguito all'invasione degli Eruli (267 d. C.) i materiali di
questa struttura furono reimpiegati nella costruzione di un muro di cinta a difesa della città.
72. Regolamento della biblioteca di Pantainos ad Atene (inizio del n secolo d. C.).
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bro non sarà portato via poiché lo giurammo. [La biblioteca] sarà aperta dall'ora prima alla
sesta). La biblioteca dunque era aperta dalle sei alle dodici del mattino, nelle ore in cui la lu-
ce solare confortava la consultazione; gli utenti, dal canto loro, vi avevano accesso solo se si
impegnavano con un giuramento a non sottrarre i testi.
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73· La biblioteca del santuario di Atena a Pergamo (prima metà de! II secolo a. C.). Disegno Arvanitis,
in w. HOEPFNER, L'architettura di Pergamo, in L'altare di Pergamo. Il fregio di Tele/o, catalogo della
mostra (Roma 1996-97), Milano 1996.
La biblioteca, fondata da Attalo I (241-197 a. C.), è nella tradizione la diretta antagonista
della ben nota istituzione alessandrina. Il suo patrimonio librario annoverava, nel 1 secolo a.
C., circa duecentomila rotoli (PLUTARCO, Vita di Antonio, 58) ed era raccolto nella stoa set-
tentrionale del santuario di Atena, nel palazzo reale sull'acropoli. Questo grandioso com-
plesso monumentale (~aaiÀnu) fu realizzato per volontà di Eumene II (197-158 a. C.) e in-
tegrava al suo interno gli spazi residenziali e amministrativi, il culto della divinità poliade, le
istituzioni culturali e scientifiche. Insieme ai piu recenti rinvenimenti di Ai Khiinum, i resti
archeologici di Pergamo sono quanto resta delle biblioteche palati ne ellenistiche. Il piano su-
periore del portico adiacente al santuario di Atena serviva da sala di lettura; di qui si aveva
accesso a diversi ambienti, tra cui si può facilmente riconoscere, a oriente, la sala principale
della biblioteca, che copre una superficie di piu di 200 m2 ed è dotata di uno zoccolo di pie-
tra alto 90 cm e largo 1,05 m. Questo podio, distanziato dal muro, segue le pareti dell'am-
biente disegnando una U e si allarga sul lato centrale per ospitare una statua della dea della
saggezza, un'imitazione dell'Atena di Fidia. Su questo basamento di pietra erano posti gli ar-
madi chiusi coi rotoli della biblioteca, mentre gli ambienti attigui, a ovest, fungevano pro-
babilmente da magazzini o laboratori per copisti e restauratori. L'esposizione della sala con-
ferma l'impostazione teorica nota attraverso Vitruvio (I. 2. 7), il quale ribadisce che le bi-
blioteche devono essere orientate a est, per fruire della luce naturale delle prime ore mattutine.
972 Il ginnasio
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74· La biblioteca di Pergamo {prima metà del u secolo a. C.). Prospetto del portico e della grande sala.
HOEPFNER, L 'architettura di Pergamo cit.
Le teche in legno, in forma di edicole, sono collocate sul basamento a U e fissate per mezzo
di barre metalliche alle pareti; in basso il particolare del muro con i fori, praticati a un'al-
tezza di 2,20 m dal pavimento, per i perni che assicuravano gli armadi.
75· La biblioteca dell'Asklepieion di Pergamo {n secolo d. C.). Particolare della parete con gli scaffali e
ampie vetrate. Disegno Deubner, in HOEPFNER, L'architettura di Pergamo cit.
Le teche librarie erano inserite nelle nicchie ricavate nelle pareti della grande sala, sei sulle
due a lato degli ingressi e quattro su quella di fondo. Un podio in legno addossato ai muri do-
veva facilitare l'accesso agli armadi dove erano conservati i testi. La piccola abside nel mez-
zo della parete di fondo accoglieva la statua del Divo Adriano, dono della benefattrice che
aveva provveduto alla costruzione dell'intero edificio, Flavia Melitine. Si ritiene che la bi-
blioteca, piu che alla raccolta e alla conservazione di volumi specialistici, fosse destinata all'in-
trattenimento dei pellegrini che si affidavano alle cure di Asclepio.
76. Gli scaffali della biblioteca di Pergamo {prima metà del u secolo a. C.). R. BOHN, Das Heiligtum der
Athena Polias Nikephoros {Aitertiimervon Pergamon, Il), Berlin 1885; B. GOTZE, Antike Bibliotheken,
in «Jahrbuch cles Deutschen Archaeologischen Instituts», LII {1937).
Diverse ipotesi ricostruttive sono state formulate circa il fissaggio delle teche librarie: se-
condo Bohn gli scaffali, assicurati al muro da barre metalliche, poggiavano interamente sul-
lo zoccolo, lasciando libero un corridoio che serviva per chiudere le finestre e proteggere i
volumi dall'umidità e dall'acqua che poteva infiltrarsi. Nell'ipotesi di Gotze, invece, gli scaf-
fali erano fissati ai bordi dello zoccolo e al muro senza l'utilizzazione di barre metalliche. Se-
condo una formulazione piu recente, la sala non sarebbe stata predisposta per la raccolta e la
conservazione dei rotoli, custoditi negli ambienti secondari, bensi per soddisfare esigenze di
decoro e di rappresentanza: alle pareti erano fissati dei nlvaxtç, di marmo, legno o bronzo,
col catalogo dell'intera collezione, sul modello dei piu noti antecedenti callimachei, e sul ba-
samento a U erano poste le statue di viri il/ustres delle arti.
974 Il ginnasio
77 · La biblioteca celsiana di Efeso, ricostruzione deUa facciata (inizio del n secolo d. C.). Disegno di
Christian Wilberg.
L'edificio, voluto da Ti. Iulius Aquila, console nel I IO d. C., in memoria del padre Ti. lu-
lius Celsus Polemaeanus, fungeva al contempo da biblioteca e da monumento funerario
dell'onorato. La facciata monumentale a due piani era movimentata dall'alternarsi di edico-
le sporgenti e di nicchie coperte, impreziosite dalla ricca ornamentazione vegetale. Nelle quat-
tro edicole del piano inferiore erano poste quattro statue, personificazioni di oo<pia, IÌQEn'),
i!vvma, Èmrrn'JI.LTJ. L'immagine del defunto dominava l'accesso all'edificio: due statue eque-
stri di Celso, ai lati della scalinata d'accesso, introducevano il visitatore nella biblioteca.
Un'iscrizione sulla facciata riproduceva l'atto della donazione, di 25 ooo denari, destinata
alla costruzione e al mantenimento della biblioteca, all'acquisto dei libri e alla remunerazio-
ne dei bibliotecari.
Il ginnasio 975
oo m
78. Pianta della sala interna della biblioteca celsiana di Efeso (inizio del n secolo d. C.).
Nella sala principale della biblioteca-heroon i rotoli erano custoditi in armadi a muro dispo-
sti su tre piani e raggiungibili mediante corridoi sovrapposti. Nell'abside di fronte all'ingresso
era collocato il sarcofago del fondatore.
Il ginnasio
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79· Calco di papiro greco {metà del m secolo a. C.). Biblioteca del palazzo di Ai Khanum in Battriana.
C. Rapin, in «Revue Archéologique», l {1987).
Poche e lacunose colonne di un papiro filosofico greco si sono eccezionalmente conservate
impresse in negativo nel fango del terreno improvvisamente solidificato. I frammenti pro-
vengono da un ambiente che si trovava nel cuore del palazzo di Ai Khanum, fra la tesoreria
e la corte a peristilio; secondo una consuetudine ben diffusa in età ellenistica, i testi qui ri-
posti non dovevano essere custoditi come beni preziosi, al pari degli oggetti rinvenuti negli
ambienti attigui, ma stavano a disposizione degli utenti del palazzo, che potevano concilia-
re il piacere della lettura con la meditazione nelle stoai della corte adiacente. Il contenuto del
testo riprodotto, una disquisizione sulla dottrina platonica delle idee, sarebbe da attribuire
all'opera di un filosofo accademico o, piu probabilmente, a un ltEQl qnÀoo01pi.aç di scuola pe-
ripatetica. Oltre a permettere l'identificazione dell'ambiente del rinvenimento come biblio-
teca del palazzo, il papiro fornisce un'ulteriore testimonianza della diffusione della cultura
letteraria greca anche ai confini dell'ellenismo. Nel caso di Ai Khanum il gusto di tali lettu-
re ricevette un sensibile impulso durante il soggiorno del filosofo peripatetico Clearco di So-
li, che all'inizio del m secolo a. C. portò con sé, insieme ai testi della sua scuola, le massime
della saggezza delfica.
ALESSANDRA TEMPESTA
L' agora è, nella città greca, lo spazio in cui si svolge gran parte della
vita pubblica. La radice del termine è comune a quella del verbo àydgw
(«raduno, raccolgo insieme»), usato da Omero per indicare il riunirsi
dell'assemblea degli uomini liberi. E dunque evidente che il termine, ol-
tre a fare riferimento a un luogo preciso, allude alla funzione socializ-
zante della piazza, nella quale si ritrovano i cittadini della polis per fare
attività politica, per commerciare, per partecipare a feste religiose, per
confrontarsi in pubblici agoni o solo per discutere; spazio, perciò, tipi-
camente masc;_hile, alternativo alla dimensione dell'olxoç, di pertinenza
della donna. E questo dunque il luogo in cui si concentrano importanti
edifici pubblici, sedi istituzionali, templi delle divinità protettrici della
città, altari, monumenti onorari.
Lo sviluppo precoce e articolato di una coscienza civica e di una vi-
vace vita pubblica fa si che i Greci definiscano molto presto lo spazio
per le attività cittadine nell'ambito dei tessuti urbani che si vanno co-
stituendo nell'età arcaica: le piu antiche testimonianze di agorai citta-
dine di età storica provengono da alcune città dell'isola di Creta, da Dre-
ro e Latò, che già fra l'viii e il vn secolo a. C. presentano spazi sottrat-
ti all'espansione edilizia e riservati alle attività assembleari, per le quali
sono talvolta predisposte anche scalinate.
Ciò che caratterizza questi spazi comuni è il fatto di trovarsi nel pun-
to di incrocio dei piu importanti assi viari delle città o di essere annes-
si ad aree cultuali e collegati a santuari di importanti divinità poliadi,
culti etani o di ecisti. La centralità rimane un fatto connotante l'a gora
e costante nel tempo, anche se tale centralità non è sempre data da una
collocazione topografica, bensi dalla vicinanza a precisi punti focali, co-
me appunto sedi di culti poliadici, heroa di ecisti, snodi viari o slarghi
delle vie centrali, poli produttivi o di scambio.
Una posizione centrale ha l'agora di Megara Iblea, città fondata
nell'viii secolo a. C. da coloni di Megara. La piazza si presenta infatti
come un'area quadrangolare risparmiata al centro di un impianto per stri-
978 L'agora
gas, in cui sono distinti gli spazi privati da quelli comuni e collettivi; es-
sa risulta punto di coordinamento fra due sezioni distinte della città, de-
terminate dalla grande nÀmEia orientata nord-sud; la costruzione di una
serie di edifici- due stoai, due templi, un heroon dell'ecista Lamis- de-
termina la progressiva monumentalizzazione dell'area, ma favorisce an-
che la definizione dei confini di questa e dello spazio assembleare con-
tenuto. L'esempio di Megara Iblea è uno dei piu antichi e il suo inte-
resse risiede soprattutto nella regolarità dell'impianto e nell'applicazione
di un principio di divisione razionale degli spazi urbani, ancora estra-
neo alle città della Grecia continentale.
Nel corso del VI secolo a. C. in molte altre città greche nascono in-
fatti agorai, ma questi spazi pubblici non hanno sempre una forma re-
golare e uno sviluppo architettonico preordinato, e soprattutto nascono
in contesti urbani non pianificati, né organici: a Sparta ai piedi dell'acro-
poli, a Calauria in connessione con il santuario di Posidone, ad Atene
nell'area a nord-ovest dell'Acropoli e a est della collina del Kolonos Ago-
raios, area precedentemente occupata da abitazioni, officine e necropo-
li, nella quale, all'inizio del VI secolo, cominciano a sorgere edifici di ca-
rattere civile.
Il caso di Atene è certamente quello meglio conosciuto per il suo svi-
luppo nei secoli, per la complessità e la ricchezza della vita civile che vi
si svolse e, naturalmente, per l'importanza della città nella storia della
Grecia. L' agora ateniese, da una zona non ben precisabile della città,
venne spostata agli inizi del VI secolo in una vasta area di forma grosso
modo quadrangolare in cui- già dall'età di Solone, ma soprattutto du-
rante l'età di Pisistrato e dei Pisistratidi - vennero a sovrapporsi edifi-
ci e monumenti di diverso genere; qui venne inoltre definito il percor-
so della Via Panatenaica, che ricalca l'antica Via Sacra, ovvero la stra-
da che da Eleusi, passando attraverso la porta del Dipylon e seguendo
una direzione nord-sud, giunge ai piedi dell'Acropoli. La sacralità di ta-
le spazio pubblico è sottolineata dall'uso di ogm, cippi di confine di cui
l'agora ateniese ha restituito tre esempi della fine del VI secolo; i cippi
vengono collocati soprattutto in corrispondenza delle vie che danno ac-
cesso all'agora e portano un'iscrizione che dice «lo sono il cippo dell'ago-
ra». Un cippo proveniente dall' agora arcaica di Metaponto porta invece
un'iscrizione che attesta la pertinenza dell'ogoç al santuario di Zeus Ago-
raios, cioè a Zeus nella sua qualità di divinità protettrice della piazza e
della vita civile, e dimostra come già in età arcaica lo spazio delle agorai
era rigorosamente definito e che, all'interno di queste, potevano essere
differenziati i vari ambiti e le diverse pertinenze. La dimensione sacra
dello spazio pubblico dell'agora era talmente sentita che prima di en-
L'agora 979
stilio, tipica dell'età ellenistica, poi adottata da Roma, con i lati fra lo-
ro perpendicolari, armonizzati da porticati continui su cui si aprono
propilei monumentali d'accesso dalle strade principali e che inglobano
edifici nuovi o preesistenti in un profilo unitario. Celebri esempi sono
quelli delle città dell'Asia Minore come Mileto ed Efeso. Sempre da
città microasiatiche provengono soluzioni monumentali piu articolate
e scenografiche: a Pergamo e, sul modello di questa città, ad Asso le
agorai si organizzano su terrazzamenti, i cui dislivelli sono coperti o so-
stenuti da stoai a piu piani.
Nel corso di questa evoluzione le agorai del mondo greco subiscono
anche un mutamento di tipo funzionale: il ruolo di spazio deputato prin-
cipalmente alle attività politiche e al confronto all'interno della cittadi-
nanza, di luogo privilegiato dell'assemblea popolare, viene affiancato da
una sempre piu determinante funzione commerciale, funzione che sem-
bra assumere un peso preponderante man mano che l'autonomia delle
poleis si esaurisce nelle monarchie ellenistiche e man mano che aumen-
ta la portata delle attività produttive e degli scambi commerciali. Una
conferma di questo progressivo mutamento funzionale viene dall'uso del
verbo àyoQa~w, che- pur contenendo una radice semantica comune al
termine àyoQa e al verbo àyELQw - indica l'azione di frequentare il mer-
cato. In piena età ellenistica si sente addirittura il bisogno di separare
le agorai politiche da quelle commerciali; e se le prime perdono di im-
portanza e vengono progressivamente isolate rispetto alle direttrici del
traffico, quelle commerciali rimangono centrali nella vita cittadina, ospi-
tando nelle stoai botteghe e officine.
Nelle agorai greche alcuni edifici civili e religiosi, la cui esistenza si
desume dalle fonti o dall'evidenza archeologica, costituiscono presenze
costanti: il bouleuterion, l' ekklesiasterion, il pritaneo, le stoai sia religio-
se sia civili, le fontane, i templi, gli altari, monumenti recanti dediche
onorarie o sacre.
Fra gli edifici civili presenti in gran parte delle città greche un posto
di rilievo è occupato dal bouleuterion e dall'ekklesiasterion, i cui organi-
smi acquistano sempre piu potere con l'esaurirsi delle monarchie per as-
sumere funzioni giudiziarie e legislative. Nell'Atene classica il bouleu-
terion si differenzia dall' ekklesiasterion, poiché il primo designa il luogo
in cui si riunisce la ~ouÀ.i) come assemblea dei rappresentanti eletti dal
popolo, magistrati cioè che debbono assolvere funzioni legislative e am-
ministrative, mentre il secondo designa il luogo in cui si riunisce l'btxÀ.rt-
o(a, l'assemblea generale di tutti i cittadini, che talvolta coincide con il
bouleuterion o addirittura con un teatro. La ~ouÀ.i) è l'organismo cui
competono funzioni legislative, mentre all'hxÀ.lJOLa è riservato il solo
L'agora 981
le città greche sono purtroppo pochi e, ancora una volta, riferibili pre-
valentemente alla realtà ateniese. Fra questi si possono annoverare gli
o01:gaxa, i frammenti di ceramica a vernice nera con i quali si decideva
l'ostracismo, la condanna all'esilio di coloro che potevano mettere in pe-
ricolo la democrazia ateniese. Nell'agora si svolgeva, inoltre, gran parte
dei dibattiti politici e in alcune piazze si sono infatti conservate tracce
di un 13iiJ.la, un podio rialzato dal quale parlavano gli oratori; una delle
rare raffigurazioni vascolari che si possono mettere in relazione alla vi-
ta politica delle poleis illustra appunto un oratore sull3iiJ.la, di fronte a
un personaggio che rappresenta il pubblico in ascolto.
Un certo numero di documenti archeologici aiuta a chiarire alcuni
aspetti pratici della normale amministrazione della giustizia. Benché la
giurisdizione sacrale spettasse al consiglio dell'Areopago e all'arconte
re, nell'Atene democratica tutti i cittadini potevano assolvere per un
giorno alla carica di giudice nei tribunali popolari, che avevano il com-
pito di dirimere controversie e svolgere gli innumerevoli processi per
reati civili che animavano la vita cittadina. Il supremo tribunale era
l'Eliea, composto da 6ooo eliasti, divisi per tribu in Io sezioni di 500
membri ciascuna, con I ooo giurati di riserva, eletti annualmente; tale
tribunale si trovava nell'angolo sud-ovest dell'agora, ma questa non era
l'unica sede in cui si svolgevano i processi, poiché in realtà i procedi-
menti giudiziari potevano aver luogo in diversi edifici, a seconda del ti-
po di reato: il processo per il reato di empietà aveva la sua sede natura-
le nella Stoà Basileios (dove infatti si svolse quello contro Socrate), men-
tre i procedimenti per i reati di sangue si tenevano sulla collina dell'Areo-
pago. In un luogo ancora diverso avveniva l'elezione dei membri delle
giurie popolari, che venivano sorteggiati fra quelli presenti nella lista an-
nuale dei giudici. Alcuni strumenti per l'elezione a sorteggio di questi
membri sono stati rinvenuti nella zona nord-est dell'agora: l'elezione
prevedeva l'uso di un particolare oggetto, il XÀlJQWTTJQLOV; per la cele-
brazione dei processi e per calcolare i singoli interventi si faceva uso di
una clessidra ad acqua, mentre per il verdetto di assoluzione o colpevo-
lezza venivano usate rondelle metalliche. La maggior parte dei procedi-
menti giudiziari riguardava controversie di carattere prevalentemente
civile, questioni legate alla vita pratica, in particolare commerciale, e la
risoluzione di questi procedimenti dipendeva dalle modalità con cui si
svolgeva il processo, dall'abilità delle parti in causa, piu che da una cor-
rispondenza precisa fra legge, reato e pena. Infatti, se da un lato le leg-
gi (v6J.!ot) erano nate per rispondere a problemi particolari come la riso-
luzione dei debiti, i rapporti commerciali o il controllo delle cariche,
nondimeno avevano un carattere generale, enunciavano principi gene-
rali ai quali i giudici potevano ispirarsi, senza però trovare indicazioni
su casi particolari; solo alla fine del v secolo a. C. vengono infatti in-
trodotte misure ad hoc per situazioni specifiche, cioè decreti ('ljJTJ<pLOf!a-
ta), la cui formulazione era stata in un qualche modo favorita dal pro-
gressivo affermarsi del principio di emendabilità delle leggi, in età ar-
caica non ammissibile. Ad ogni modo, se solo dal v secolo a. C. sem-
brano operare i logografi, una sorta di avvocati che dovevano scrivere i
discorsi che l'accusato avrebbe pronunciato in tribunale, già nell'vm-vn
secolo il mondo greco conosce dei nomoteti, legislatori ai quali la tradi-
zione associa i primi tentativi di codificazione di leggi: Zaleuco di Lo-
cri, Caronda di Catania, il celebre Taleta di Gortina e l'ateniese Licur-
go; inoltre, agli inizi del VI secolo, le leggi di Salone vengono scritte ad
Atene su stele di pietra o bronzo di forma triangolare o rettangolare
(xug~ELC;) ed esposte sull'Acropoli; successivamente vengono riportate
su supporti lignei girevoli, detti èi~ovEç, collocati nell' agora presso la Stoà
Basileios.
In età classica le leggi piu importanti vengono collocate nei luoghi
pubblici e le agorai delle città, in particolare, si popolano di epigrafi con
testi di legge vagliati dai consigli e dalle assemblee popolari. La trascri-
zione delle leggi è l'ultima tappa di un processo di elaborazione in cui so-
no coinvolte le massime istituzioni della città: la pritania, in nome e per
conto della ~ouì.:i), provvedeva a stendere i testi delle leggi o dei decreti
promossi su supporti di pergamena o papiro; tali testi dovevano essere
sottoposti al giudizio dell'ÈxXÀTJOta, che non aveva facoltà di iniziativa,
ma poteva formulare proposte di modifica o suggerire emendamenti da
inserire in un successivo ordine del giorno; una volta approvata, la legge
poteva essere trascritta su supporto litico o metallico ed esposta in pub-
blico. L'agora di Atene ha restituito esempi significativi di documenti
epigrafici legislativi, che possono provenire da piu di un luogo della piaz-
za, la citata Stoà Basileios o il monumento degli Eroi Eponimi.
Tornando agli edifici che ricorrono negli spazi pubblici delle agorai
antiche, una tipologia edilizia che trova in Grecia originali e grandiose
formulazioni è quella della stoa: si tratta di un edificio sviluppato in lun-
ghezza, solitamente di pianta rettangolare, aperta da un lato con un co-
lonnato. Questo tipo di edificio, da cui si svilupperà il portico romano,
ha un'origine pre-greca, orientale prima e minoico-micenea poi; però è
un edificio di primaria importanza nell'architettura greca, nell'ambito
della quale acquista, accanto alla funzione religiosa, anche quella valen-
za civile e sociale che conserverà in età romana: già in età arcaica, ma
soprattutto nel corso dei secoli v e IV a. C., funziona come centro as-
sembleare e commerciale, favorisce l'incontro e le relazioni fra i citta-
clini, ospita uffici politici e legislativi. Un precoce esempio di stoa con
funzione civile e istituzionale è la Stoà Basileios, sorta sul lato ovest
dell'agora di Atene alla fine del VI secolo a. C., come sede dell'arconte
re; a questa fanno seguito altre stoai, nel corso del v secolo, come la stoa
di Zeus, che alla valenza civile unisce un piu spiccato carattere religio-
so nel celebrare il culto di Zeus liberatore, e la Stoà Poikile, nella qua-
le i cittadini potevano ammirare i bottini di guerra o le opere pittoriche
di Polignoto, cui allude il nome della stoa («variopinta»).
A partire dalla seconda metà del v secolo e soprattutto in età elleni-
stica le stoai hanno grande fortuna in tutto il mondo greco: celebri so-
no la stoa monumentale del tempio di Atena Poliade a Pergamo, o la
grande stoa di Attalo II nell'agora di Atene. Spesso i porticati hanno una
funzione di raccordo con altri monumenti, anche quando non sono an-
cora continui e non circondano la piazza a peristilio. Nelle agorai ven-
gono costruiti infatti altri tipi di edifici, accanto a quelli con funzione
politico-amministrativa: edifici di uso comune e di carattere comunque
pubblico come fontane, la zecca per il conio delle monete di stato e so-
prattutto santuari, templi e altari delle divinità poliadi o delle divinità
dell' agora, ovvero di ecisti e di eroi.
Le fontane hanno grande importanza in quanto parte di progetti di
rifornimento idrico delle città promossi soprattutto dai tiranni nel corso
del VI secolo a. C.: il celebre acquedotto di Eupalino per il tiranno di Sa-
mo, Policrate; le fontane nell'agora di Corinto; la rete di tubature fittili
che Pisistrato provvide a istallare ad Atene per alimentare le fontane da
lui costruite, due delle quali presenti con molta probabilità nell'agora, ini-
ziative sostenute da un'esplicita propaganda sui vasi figurati.
Nell' agora di Atene la zecca era un edificio a pianta rettangolare
nell'angolo sud-est, in prossimità della Via Panatenaica: in questo pun-
to sono stati rinvenuti infatti tondelli per monete.
I culti praticati nell'agora erano riferiti in particolare alle divinità
protettrici della vita cittadina e dei luoghi pubblici: in quella di Taso si
vedeva il santuario di Zeus Agoraios; un ogoç testimonia una simile pre-
senza a Metaponto; ad Atene veniva celebrato il culto di Zeus Agoraios,
di Apollo Patroos e tutta l'agora era dominata dal santuario di Efesto,
costruito sul Kolonos Agoraios, la collina degli artigiani e dei braccian-
ti. Santuari che dimostrano dunque la sacralità dell'agora ed evidenzia-
no quella componente religiosa che si affianca alla prevalente funzione
politica della piazza; un ruolo di raccordo tra questi due piani viene svol-
to dagli heroa di fondatori o di eroi locali, esplicite rievocazioni delle
origini della comunità stessa.
E ancora una volta Atene a mostrare meglio di qualunque altro cen-
tro greco questo compenetrarsi di dimensione sacra e di dimensione po-
litica nello spazio dell' agora: il terreno della piazza era occupato dagli al-
tari di Zeus, di Apollo, di Afrodite, dei Dodici Dèi; quest'ultimo, un
recinto quadrangolare dedicato agli dèi del pantheon greco, poteva of-
frire asilo a chiunque vi si rifugiasse, poiché era terreno inviolabile, ed
era anche punto di riferimento per valutare le distanze da Atene. Vi era
poi il monumento degli Eroi Eponimi, gli eroi fondatori dei demi
dell'Attica, che se da un lato richiamava il contenuto ctonio e ancestra-
le degli heroa, dall'altro aveva un'esplicita funzione civile, in quanto fa-
ceva da supporto alle tavole iscritte su cui venivano pubblicati i testi di
legge.
Le piazze si riempivano di statue cultuali, ma anche di statue ono-
rarie; le immagini dei culti presenti nelle agorai si affiancavano alle im-
magini ideali degli uomini politici. L'agora di Salamina ospitava una sta-
tua di Salone e in quella di Atene venne dedicato uno dei primi monu-
menti di carattere politico, il gruppo dei Tirannicidi, Armadio e Ari-
stogitone, realizzato da Antenore alla fine del VI secolo; nell'agora ate-
niese, le erme dedicate a Ermes, raccolte per lo piu nei pressi dell'an-
golo nord-ovest, erano affiancate dalle statue onorarie di uomini politi-
ci, oratori e filosofi; templi e altari erano infine arricchiti da immagini
cultuali: l'Apollo di Calamide, l'Apollo Patroos di Eufranore, la Meter
di Agoracrito, l'Irene di Cefisodoto.
Letture.
I. L'agora di Megara Jblea (metà del VII secolo a. C.). G. VALLET, F. VILLARD e P. AUBERSON, Mégara
Hyblaea. Le quartier de l' agora archai'que, Rome 1976.
Megara lblea può vantare già nel VII secolo a. C. la definizione di uno spazio civico delimi-
tato e dotato di strutture di tipo comunitario. La città viene fondata verso la metà dell'vm
secolo da genti provenienti da Megara, città della Megaride, guidate dall'ecista Lamis, e si
amplia nel territorio secondo una precisa conformazione planimetrica e sulla base di una ri-
gorosa divisione in lotti coltivabili e edificabili. Fin da principio fu obiettivo dei Megaresi di
Sicilia distinguere gli appezzamenti privati, sui quali dovevano essere erette le singole abita-
zioni, dalle aree comuni. Ciò spiega perché, verso la metà del VII secolo, la città si configuri
come un agglomerato diviso in un reticolato da O'tEVWJtol, piccole strade, e per strigas, cioè
strade parallele e perpendicolari, nel quale risultano lotti di 2 5 m di larghezza, paralleli al ma-
re; essi risultano convergenti in un'area destinata a uno spazio pubblico e collettivo di una
certa ampiezza (2370 m'), divisa in due da una JtÀaui:a disposta in direzione nord-sud. Que-
st'area nella fase piu antica conteneva sotterranei per granaglie, ma, a partire circa dalla metà
del VII secolo a. C., diventa lo spazio dell'agora, situata nel punto in cui si incontrano i prin-
cipali assi viari e arricchita con templi e stoai, disposti in modo da delimitare Io spazio aper-
to. La rigorosa partizione del terreno in forma geometrica, la distinzione delle aree private
da quelle pubbliche, la definizione degli assi viari sono il frutto della necessità di definire re-
gole nelle comunità formatesi durante la colonizzazione dei territori occidentali, e indicano
un'idea di sviluppo regolare degli impianti urbani che i siti della madre patria prenderanno
in considerazione solo in seguito.
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2. L'agora di Atene nel v secolo a. C. J. TRAVLOS, Bildlexikon zur Topographie des antiken Athens,
TGbingen I 97 I.
L'agora di Atene è certamente una delle <<piazze» piu celebri dell'antichità, per la centralità
che ebbe nella vivace vita politica della città. Mentre la piu antica agora si trovava in un si-
to piu angusto, lungo le pendici nord dell'Acropoli, l'agora classica si trova nell'area già oc-
cupata da quella degli inizi di VI secolo a. C., che a sua volta aveva avuto bisogno di spazi nei
quali edificare i locali destinati agli organismi politici sorti con le riforme di Salone, come la
flouÀ~ dei Quattrocento. Lo spazio scelto è collocato a nord-ovest dell'Acropoli, occupa
un'area quadrangolare, definita a ovest dalle pendici della colline delle Ninfe, il Kolonos Ago-
raios su cui sorgerà il tempio di Efesto (r), ed è attraversato obliquamente dalla Via Sacra,
la iEQà oliOç, proveniente da Eleusi (2). Il lato ovest di quest'area ha subito uno sviluppo par-
ticolare, ospitando fin dall'inizio del VI secolo una serie di edifici, in opera poligonale di pic-
cole e medie dimensioni, fra i quali ilJtQU"tavtxòç oixoç, la sede della commissione permanente
dei pritani edificata nell'area poi occupata dalla Tholos (3), e l'antico bouleuterion (4). Tut-
tavia il grande sviluppo edilizio nell'agora ha preso il via con Pisistrato e i Pisistratidi, ai qua-
li si devono i templi di Apollo Patroos e Zeus a nord, la fontana a sud-est (5) e, nei pressi del-
la Via Sacra che viene a coincidere con quella delle Panatenee, l'altare dei Dodici Dèi (6) e
l'orchestra per le Grandi Dionisie (7). La pianta registra gli apporti della fase clistenica, co-
me il primo tempio della Meter, connesso con il bou!euterion, o il gruppo dei Tirannicidi (8);
presenta inoltre gli interventi del periodo di Cimone, come la Tholos a ovest (3) e la Stoà
Poikile a nord (9), e gli apporti di fine secolo, successivi cioè alla pace di Nicia, come la stoa
di Zeus (10), il nuovo bouleuterion (II), il cosiddetto Strategeion (12), la fontana a sud-ovest
(rJ), la stoa sud, la cosiddetta Zecca (14) e la sede del tribunale (r5), mentre fra le sedi re-
staurate rientra anche l'antico bouleuterion diventato il nuovo Metroon, la fontana a sud-est
e l'altare dei Dodici Dèi. L'edificazione dei nuovi edifici, compatibilmente con le preesi-
stenze, cerca di regolarizzare l'impianto complessivo della piazza secondo le norme ippoda-
mee in attuazione, ad esempio, al Pireo.
a)
b)
J. L'agora di Priene (iv secolo a. C.): a. pianta; b. ricostruzione. M. SCHEDE, Die Ruinen von Priene,
Berlin '934·
L'agora di Priene venne realizzata risparmiando un appezzamento del tessuto urbano corri-
spondente a circa due isolati, al momento della fondazione della città postclassica. Priene
venne infatti interamente ricostruita verso la metà de! Iv secolo, rispettando un rigoroso im-
pianto di tipo ippodameo, nel quale è inserito lo spazio dell'agora, i cui resti sono oggi indi-
viduabili in un terrazzamento, il secondo dalla pianura, dei quattro che costituiscono il com-
plesso dell'abitato. Rimaneggiata nel corso dell'età ellenistica fino al IjO·IJO a. C., l'agora è
divisa da una delle vie principali che attraversano l'abitato in direzione est-ovest e definita
sui lati da stoai con botteghe artigianali o commerciali, la piu importante delle quali è quella
del lato nord; al centro si trovava un altare.
L'agora
4. L'agora nord di Mileto (u secolo a. C.). E. AKURGAL, Griechische und riimische Kunst in der Turkei,
Miinchen 1987.
Una delle tre agorai di Mileto, quella nord, la piu antica e la piu piccola, doveva esistere già
dalla prima metà del v secolo a. C., dal momento che conserva in situ, nell'angolo nord-ovest,
la base della stele con condanna in contumacia degli oligarchi responsabili del colpo di stato
del450 a. C.; tuttavia, la sua sistemazione architettonica risale alla fine del IV secolo a. C.: in
questo momento viene infatti costruita la stoa ad angolo nel lato est, che prosegue verso nord
con un braccio che la collega alla coeva agora del porto. Sul lato ovest, una stoa simmetrica
alla precedente viene costruita verso la metà del n secolo a. C., e nel punto di congiunzione
dei due porticati viene edificato un tempietto ionico. La piazza risulta cosi aperta su un la-
to, quello della strada principale, che solo nella prima metà del I secolo a. C. viene chiuso da
un muro con un propy!on ionico centrale. La presenza di stoai lungo tutti i lati della piazza
segna l'affermarsi della tipologia a peristilio, di cui si hanno esempi in città dell'Asia Mino-
re come Efeso.
JO m
b)
6. L'é\Qoçdel tempio di Zeus Agoraios nell'agora di Metaponto (vi secolo a. C.). Metaponto, Antiquarium
Statale.
Il cippo in pietra con iscrizione in alfabeto acheo «òl.Òç l àyoQa» (sono l'agora di Zeus) pro-
viene dall'area che corrispondeva all'antica agora ed era pertinente all'altare di Zeus Ago-
raios, protettore degli spazi relativi alla vita sociale e pubblica; il cippo serviva dunque per
definire la pertinenza dell'altare alla divinità tutelare dell'intera area del!'agora. Questo spa-
zio pubblico era stato risparmiato dalle costruzioni e, fin dal momento della fondazione del-
la città (6so a. C.), destinato alla vita sociale, nel quadro dell'impianto per strigas che carat-
terizza il sito.
99 2 L'agora
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7· Due liQmdell'agora di Atene (fine del VI secolo a. C.). Atene, Museo dell'Agorà I 5510, I 7039.
The Athenian Agora. A Guide to the Excavation and Museum, Athens 1976.
Il disegno rappresenta due cippi, entrambi con la scritta <<OQoç tL!tl TÈç ùyoQaç>> (sono il segno
del confine dell'agora), incisa però in direzioni opposte. La definizione degli spazi della piaz-
za pubblica attraverso cippi conferiva valenza sacrale all'agora, e tale natura sacra era riba-
dita dai JtCQ4)QUVT~Qta, i bacini di acqua lustrale utilizzati per i riti di purificazione prima di
entrare nell'area.
Gli edifici civili nell' agora
8. Il santuario urbano e l'agora di Metaponto con l'ekklesiasterion (metà del VI secolo a. C.). n. MERTENS,
Metapont. Ein neuer Pian des Stadt7.entrums, in «Archiiologischer Anzeiger», I985.
r. Agora; 2. Ekklesiasterion-teatro; 3· Temenos; 4· Stele; 5· Santuario; 6. Tempio C; 7· Tempio D;
8. Tempio B; 9· Tempio A; IO. Tempio E; I I. Altari; I 2. l:tEVmltoç; IJ. m.anla; 14. Canale.
La zona pubblica di Metaponto si inquadra in un assetto urbanistico regolare per strigas, cioè
con strade parallele e perpendicolari, lungo le quali si allineano gli isolati che hanno il lato
corto affacciato sulle grandi arterie. Una parte dell'area è destinata agli edifici religiosi, fra
i quali quello dedicato ad Apollo Liceo; una parte comprende un'ampia agora e un edificio
assembleare a pianta circolare, l'ekklesiasterion. Già alla fine del vn secolo a. C. il luogo ser-
viva al confronto civile e politico, ma era dotato solo di una tribuna !ignea; l' ekklesiasterion
prende una forma definitiva verso la metà del secolo seguente, quando vengono costruite due
semicavee affrontate. Tale edificio assembleare viene poi ritoccato nel primo quarto del v se-
colo con l'aggiunta di gradoni in pietra, che poggiano su un terrapieno artificiale, e di uno
spazio destinato verosimilmente agli oratori; l'edificio rimane in uso fino alla fine del v e agli
inizi del Iv secolo a. C. Nel IV secolo l'edificio verrà assorbito nella costruzione del teatro.
994 L'agora
9- Due ipotesi ricostruttive del bouleuterion-ekklesiasterion di Posidonia (v secolo a. C.). Magna Grecia.
Il Mediterraneo, le <<metropoleis» e la fondazione delle colonie, Milano 1985.
Nella città di Posidonia-Paestum troviamo un altro esempio di edificio assembleare a pianta
circolare- utilizzato come bouleuterion o ekklesiasterion- nell'area dell'agora. Questo edificio
ha una sola fase costruttiva, agli inizi del v secolo a. C., quando su un banco roccioso molto
tenero vengono ricavati i gradoni del xoiAov; in corrispondenza degli ultimi gradini vennero
trovati ancora in situ un altarino, due gradini e una stele. Le dimensioni sono inferiori a quel-
le dell'edificio di Metaponto e la capienza è limitata piu verosimilmente a 50o-6oo persone.
Un'iscrizione in osco consacra l'agora posidoniate, come di consuetudine, a Zeus Agoraios.
L'agora 995
rom
10. I bouleuteria dell'agoro di Atene: a. all'inizio del VI secolo a. C.; b. alla fine del v secolo a. C.
TRAVLOS, Bi/d/exikon cit.
Il bouleuterion piu antico sorge nel lato ovest dell'agora, lungo le pendici del Kolonos Ago-
raios; ha una pianta quadrangolare di circa 23m per lato e la fronte orientata verso sud, men-
tre le gradinate che ospitano i cittadini sono disposte lungo gli altri tre lati. L'edificio, nato
con ogni probabilità per ospitare la f3ouÀ~ soloniana dei Quattrocento, ne li' età di Clistene di-
venta la sede della f3ouÀ~ dei Cinquecento, 50 per ognuna delle 10 nuove qmÀal dell'ordina-
mento clistenico. Il vecchio bouleuterion viene poi destinato, durante la fase di ristruttura-
zione di fine v secolo, ai Metragirti come nuovo Metroon, tempio dedicato alla madre degli
dèi, e accoglie cosi la statua della Meter di Agoracrito. Il nuovo bouleuterion (b) è realizzato
alle spalle di quello piu antico, con pianta rettangolare (m 22,50 x I],50), fondazioni e alza-
to in poros, e una copertura su quattro colonne affiancate ai lati lunghi est e ovest. La cavea
interna, inizialmente !ignea e di forma rettangolare, viene poi sostituita da una curvilinea,
come quella che avrà in seguito il bouleuterion di Mileto.
L'agora
a)
o 1o m
II. Bouleuteria ellenistici: a. Priene (SCHEDE, Die Ruinen cit.); b. Mileto (H. KNACKFUSS, Mi/et, I/z. Das
Rathaus, Berli n 1 908).
L'ekklesiasterion di Priene fu eretto verso la metà del n secolo a. C., poco dopo un altro gran-
de esempio di edificio assembleare di età ellenistica, quello di Mileto. La costruzione dell'edi-
ficio è connessa con la sistemazione dell'agora (150-130 a. C.), fase nella quale viene eretta
anche la stoa del lato nord, dietro la quale è collocato l' ekk!esiasterion. Di forma quadrango-
lare, con un lato di poco piu di 20m e l'altro di circa 21, aveva una capienza di 6-700 per-
sone; la sala aveva un ingresso trapezoidale e, all'interno, ospitava gradinate rettilinee su tre
lati, interrotte da quattro scalinate e un altare al centro decorato con festoni e pro tomi di to-
ro. L'area microasiatica offre vari esempi di edifici assembleari: accanto a Mileto e Priene
vanno ricordati anche Eraclea al Latmo e Asso.
L'agora 997
12. La Tholos dell'agora di Atene (470-460 a. C.). J. M. CAMP, Die Agora von Athen. Ausgrabungen im
Hmen des kfassischen Athen, Mainz am Rhein 1989.
La Tholos è un edificio circolare di circa 18m di diametro, con un ingresso e sei colonne in-
terne disposte in circolo; la prima fase edilizia si può far risalire al decennio 470-460 a. C.,
quando l'edificio circolare sostituisce una struttura piu antica, distrutta dai Persiani nel
480/479· La Tholos è la sede in cui i pritani, i membri cioè del consiglio della tJouì..t], vivono
per tutto il periodo della pritania, ovvero di governo; per questo I' edifico dispone di una cu-
cina che all'epoca di Licurgo (rv secolo a. C.) viene provvista di un impianto di rifornimen-
to idrico.
Le stoai
[ · 2 ~l------------~
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l
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E3 ~:§
7
8
G J
9
Questi esempi di stoai diverse e di differenti età mostrano che, pur nel rispetto delle carat-
teristiche di fondo, le singole soluzioni potevano variare nella lunghezza, nelle dimensioni e
nella presenza o meno di un secondo colonnato interno; quest'ultimo è generalmente di or-
dine ionico, mentre quello esterno è dorico, e diventa elemento ricorrente soprattutto a par-
tire dal IV secolo a. C. Le tipologie si diversificavano anche nella pianta, rigorosamente ret-
tilinea, oppure con avancorpi laterali, ovvero a L. Una stoa poteva disporre di camere inter-
ne, utilizzate per botteghe, per ospitare pellegrini o per accogliere simposi pubblici. In età
ellenistica la stoa si evolve in altezza con l'aggiunta di un piano superiore, a cui si accede at-
traverso due scale laterali, e acquista dimensioni sempre piu monumentali.
L'agora 999
14. Prospetto della Stoà Basileios nell'agora di Atene (fine del VI- inizi del III secolo a. C.). CAMP, Die
Agora von Athen ci t.
L'edificio ospitava l'arconte re, una delle istituzioni piu importanti della democrazia atenie-
se, cui spettavano competenze religiose (soprintendenza ai Misteri, alle festività dionisiache
e ai sacrifici per le divinità ancestrali) e giuridiche, come il giudizio nei processi per reati di
sangue o per empietà, come quello di Socrate (PLATONE, Euti/rone, 2a; Teeteto, 2 rod). La pri-
ma fase dell'edificio risale alla fine del VI secolo, mentre un restauro data agli inizi del v, suc-
cessivamente cioè alla distruzione persiana. La ricostruzione propone l'immagine dell'edifi-
cio agli inizi del m secolo a. C., con le due ali in ordine ionico sovrapposte ai lati della stoa
dorica. Le fonti antiche, in particolare Aristotele, Andocide e Plutarco, spiegano che i citta-
dini potevano prendere visione delle iscrizioni con leggi inerenti la sfera sacrale e religiosa
esposte nella Stoà Basileios; un esempio di iscrizione, con un testo legislativo relativo alle
competenze dell'arconte re, è quello che riporta le date delle cerimonie pubbliche e ufficiali
di offerta e sacrificio alle divinità cittadine. Il rinvenimento di cocci di stoviglie con l'iscri-
zione ~E (li1J~t6owv, <<proprietà dello stato>>), dimostra che la stoa ospitava, almeno durante
l'età classica, l'arconte e i suoi magistrati e che costoro tenevano i loro banchetti in uno spa-
zio apposito dell'edificio. La statua posta di fronte alla stoa, di cui si è conservato solo il ba-
samento, è da identificare con Temi, dea della giustizia, la cui personificazione è frequente
a partire dall'età postclassica.
1000 L'agora
15. La stoa di Zeus Eleutherios ad Atene (430·420 a. C.), ricostruzione della facciata. Ibid.
La stoa venne eretta lungo il lato ovest dell'agora, nell'area di un antico temenos di Zeus oc-
cupato, nel corso del secondo quarto del v secolo, da officine; era lunga 46,55 m e larga 18,
a due navate con due avancorpi alle estremità, con fondazioni in poros e alzato quasi intera-
mente in marmo pentelico o dell'Imetto, colonnato interno di ordine ionico ed esterno di or-
dine dorico, ricca decorazione policroma, frontoni e sculture acroteriali. All'interno, erano
conservate pitture- come Teseo e la Democrazia e la Battaglia di Mantinea, realizzate da Eu-
franare dopo il362 a. C. -e sculture, fra le quali !'!rene di Cefisodoto. La natura e le fun-
zioni dell'edificio sono connesse con la vittoria dei Greci sui Persiani, poiché il culto di Zeus
Liberatore (Eleutherios), nasce dopo la battaglia di Platea del479 a. C.: la stoa si configura
dunque come un luogo dalla valenza religiosa e civile assieme, sede del culto ma anche edifi-
cio profano, in cui, come nella Stoà Poikile e nel bouleuterion, è possibile raccogliere opere
pittoriche e i cittadini si possono incontrare.
r6. La stoa sud a Corinto (IV-III secolo a. C.), ricostruzione assonometrica. o. BRONEER, Corinth I, 4:
the South Stoa and Its Roman Successors, Princeton '954·
Si trattava di uno dei portici piu grandiosi, sia per le dimensioni (165 x 25 m) che per la so-
luzione del doppio colonnato che precede una doppia fila di stanze.
L'agora I oo I
17. Nike acroteriale dalla stoa di Zeus Eleutherios (v-Iv secolo a. C.). Atene, Museo dell'Agorà S 312.
La Nike in marmo pentelico doveva essere un acroterio dell'ala nord della stoa di Zeus
Eleutherios. Il tema della Nike è frequentemente associato al culto di Zeus e nella stoa dell'ago-
ra doveva essere ricorrente, poiché numerosi sono i frammenti scultorei con figure alate tro-
vati di fronte alla stoa.
18. Copia romana in marmo dell'Irene e Pluto, gruppo bronzeo di Cefisodoto (375-374 a. C.). Monaco,
Antikensammlungen 219.
Il gruppo di !rene e Pluto («Pace e Ricchezza>>) è attribuito a Cefisodoto, appartenente a una
celebre famiglia di scultori ateniesi e padre del piu celebre Prassitele; la scultura, realizzata
in un'importante officina copistica romana di Baia, deriva da un originale in bronzo eretto
nell'agora di Atene, in prossimità della stoa di Zeus, a seguito della pace con Sparta del376
a. C.; questo trattato di pace garantiva infatti la riapertura di vecchie vie commerciali e lari-
presa di commerci favorevoli per Atene. Il gruppo è costituito da una figura femminile stan-
te che sorregge un fanciullo con cornucopia, al quale rivolge uno sguardo materno e con il
quale intrattiene un tacito quanto affettuoso rapporto d'intesa; l'opera alludeva dunque al
clima di rinnovata fiducia e prosperità successivo alla pace, che la città intendeva cosi cele-
brare con una dedica nella stoa di Zeus Eleutherios.
1002 L'agora
a)
~m
L'agora 1003
b)
19. La stoa di Attalo nell'agora di Atene (159-138 a. C.): a. sezione; b. dettaglio del prospetto. J. J. COULTON,
Greek Architects at Work. Problems of5tructureand Design, London '977·
La stoa di Attalo è l'intervento piu impegnativo di età ellenistica nell'agora, doyuto, come di-
ce l'epigrafe sull'epistilio del colonnato inferiore, adAttalo II, re di Pergamo. E un grandioso
edificio a due piani con doppio portico e ventuno botteghe per una lunghezza complessiva di
r r6 m e una larghezza di 19,40, in marmo dell'Imetto, porose marmo pentelico per la fac-
ciata e le colonne interne; al piano inferiore ha un colonnato di 45 colonne doriche all'ester-
no e 22 colonne ioniche all'interno; al piano superiore ci sono invece colonne esterne in or-
dine ionico e interne con capitelli a foglia di tipo pergamene. La stoa è un esempio dell'evo-
luzione di questa tipologia edilizia in età ellenistica, sia dal punto di vista architettonico, per
le dimensioni monumentali, sia sul piano funzionale, per il ruolo di sede degli scambi com-
merciali, piu preponderante rispetto alle funzioni politiche e sociali precedentemente svolte.
Le fontane
}ffi
20. Pianta della fonte a sud-est dell'ogora di Atene (cosiddetta Enneakrounos ?) (ultimo quarto del VI
secolo a. C.). CAMP, Die Agoro von Athen cit.
La politica di rifornimento idrico delle città, cara a molti tiranni d'età arcaica, vede anche
Pisistrato impegnato nella realizzazione di infrastrutture quali acquedotti e fontane. Una del-
le piu note era la cosiddetta Enneakrounos, la fontana dalle nove sorgenti o getti, da identi-
ficarsi probabilmente con la fonte arcaica rinvenuta a sud-est dell'agora, in un'area dove fi-
no al550-525 a. C. c'erano case private. Le fonti non forniscono informazioni concordi sul-
la localizzazione dell'Enneakrounos, che Tucidide collocava infatti non nell'agora ma a sud
dell'Acropoli, non distante dalla Kalliroe, che costeggiava il corso deii'IIisso; Pausania inve-
ce ricorda che al suo tempo quella dell'agora era considerata la fontana arcaica dei Pisistrati-
di. La pianta mostra un edificio rettangolare, con un grande vano centrale e due piccole ca-
mere laterali, delle quali quella a ovest doveva forse contenere una vasca di riserva, mentre
quella a est doveva essere usata per riempire il bacino che si trovava sotto le bocche. Anche
a sud-ovest d eli' agora esisteva una fontana del tipo a pianta a squadra e portico antistante,
realizzata in poros e alimentata da un acquedotto anch'esso in blocchi di poros. La fontana
arcaica era ben presto divenuta, oltre che presenza essenziale per la vita pratica, anche un
punto di ritrovo sociale, soprattutto per le donne povere o di condizione servile, che non ave-
vano molte opportunità per uscire di casa. Un vasto repertorio di immagini vascolari docu-
menta l'importanza sociale assunta dalle fontane nel VI secolo a. C.
L'agora 1005
2 r. Donne alla fontana. Hydria a figure nere del Pittore di A. D. (c. 520 a. C.). Bari, Museo Archeolo-
gico 3083.
Questo esempio rientra in una serie di vasi ateniesi, soprattutto hydriai, databili per lo piu
nel terzo quarto del VI secolo a. C., che offrono immagini di donne intente a lavarsi o a rac-
cogliere l'acqua che sgorga dalle bocche zoomorfe delle fontane pubbliche in recipienti adat-
ti al trasporto. Le fontane erano talvolta a pilastrino, piu spesso a edicola, e l'acqua sgorga-
va da gocciolatoi che sporgevano da protomi zoomorfe, generalmente leonine, applicate alle
pareti dove arrivavano le tubature che dagli acquedotti portavano l'acqua.
1006 L'agora
22. La fontana Peirene di Corinto nel n secolo a. C., ricostruzione. M. 1. FINLEY, Atlas der klassische
Archiiologie, Mtinchen 1979.
Sullo sfondo rimane l'agora sud, mentre a sinistra s'intravede la parte finale di una stoa do-
rica e a destra la via che portava al Lecheo, il porto di Corinto. Le vasche dell'acqua si tro-
vavano tra i pilastri. La Peirene aveva un impianto simile a quello della fonte Glauke, con-
nessa al santuario di Era Akraia e a ovest del complesso de!l'agora. Nonostante la distruzio-
ne totale della città nel 146 a. C. ad opera dei Romani, entrambe le fontane rimasero in uso
ed ebbero una nuova sistemazione monumentale.
Templi e altari
zo m
2 3. L' agora di Taso con il santuario di Zeus Agoraios. « Bulletin de Correspondance Hellénique», LXXIX
(I955l·
1. Edificio in poros (seconda metà del IV secolo a. C.); 2. Edificio a paraskenia (Iv secolo a. C.); 3· Ma-
gazzini (età ellenistica e romana); 4· Passaggio dei teori (c. 480 a. C.); 5· Stoa nord-est (I secolo a. C.);
6. Tholos (n secolo a. C.); 7· Santuario di Zeus Agoraios (Iv secolo a. C.); 8. Altare di Lucius Caesar;
<J. Altare; IO. Monumento di Glaukos (vn .secolo a. C.); I I. Stoa nord-ovest; I 2. Stoa sud-est; '3· Ese-
dre; I4. Grande altare; I5. Stoa sud-ovest; I6. Altare di Theogenes (m secolo a. C.); '7· Base di monu-
mento a forma di prua (n secolo a. C.); I8. Ufficio degli epistati; 19. Santuario di Theogenes (età elleni-
stica); 20. Basi.
Anche I'agora di Taso mostra quale importanza avessero gli edifici che accoglievano culti a
carattere civico: nella zona centrale è infatti riconoscibile un temenos pertinente verosimil-
mente al tempio di Zeus Agoraios (7), con all'interno un tempio distilo in antis, con pronao
e cella (Iv secolo a. C.), orientato a est e con un altare antistante; presso il tempio si ergeva
anche un edificio circolare in opera poligonale con un altare al centro, da interpretare forse
come heroon dell'atleta Theogenes (16). Altari e templi dedicati a Zeus, in qualità di protet-
tore delle aree cittadine collettive, erano presenze costanti nelle agorai, cosi come una pre-
senza ricorrente era quella degli heroa degli ecisti.
1oo8 L'agora
24. Rilievi e iscrizione del passaggio dei teoria Taso (c. 480 a. C.). Parigi, Louvre.
Il passaggio ricevette questo nome perché dopo la sua costruzione vi vennero incisi i nomi di
questi magistrati. Il primo dei due rilievi, che inquadravano nicchie per le offerte, mostra le
figure di Apollo e delle Ninfe, con un'iscrizione in alfabeto tasio arcaico: «NUiJ.lpf]LOLv xc'vtoìJ.w-
VL NUiJ.IJlTJYÉ'tTJl th]Àu xal UQOIEV UIJ. ~OÀTJlltQOOÉQbEV, o'iv où -lttiJ.Lç oÙbÈ XOÌQOV' l où ltUlùlVL~E'tUL»
(Alle Ninfe e ad Apollo si sacrifichi ciò che si vuole, femmina e maschio; non è permesso sa-
crificare la pecora e neanche il porco; non si canta il peana). Prescrizioni sacre sono conte-
nute anche nell'iscrizione dell'altro rilievo, che presenta Ermes e le Cari ti: «X<iQLOLV àLya où
1'tÉiJ.tç oùbÈ xoiQov>> (Non è lecito sacrificare alle Cari ti né capra, né porco).
L'agora roo9
25. Eufranore, statua di Apollo Patroos, dall'agora di Atene (c. 350 a. C.). Atene, Museo dell'Agorà
S 2I 54.
La statua in marmo pentelico, immagine di culto del tempio nell'agora, fu scoperta dalla So-
cietà archeologica greca, nel r 907, presso i resti del tempio che Pausania (I. 3 -4) riferisce al
culto di Apollo <<paterno>>. La statua, priva della testa e delle braccia, è stante, riflette il ti-
po dell'Apollo citaredo e presenta il tipico abbigliamento della divinità, il peplo e l'imatio.
Il tempio di Apollo Patroos, nel lato occidentale dell'agora, era un tempietto ionico con pian-
ta absidata, tetrastilo in antis, dedicato ad Apollo in qualità di padre della stirpe degli Ioni,
protettore delle fratrie ateniesi e dunque dello stato. Il tempio piu antico (metà del VI seco-
lo a. C.) viene sostituito, dopo i1338 a. C. , da un nuovo edificio, un tempietto con larga cel-
la e ambiente laterale a nord, nel quale viene collocata la nuova statua di culto realizzata da
Eufranore. Dal tempio provengono anche due Òfl<paÀol, blocchi di marmo imettio che raffi-
gurano l'ombelico della terra, su cui dovevano essere applicati serpenti di bronzo, attributi
di Apollo quale dio della mantica. Pausania menziona presso lo stesso tempio anche una sta-
tua del dio opera di Leccare (dubitativamente connessa con l'Apollo del Belvedere) e un Apol-
lo Alexikakos («stornatore di mali>>) di Calamide.
roro L'agora
27. L'altare dei Dodici Dèi nell'agora di Atene (j22/)2I a. C.). H. A. THOMPSON e R. E. WYCHERLEY,
The Agora of Athens. The History, Shape and Vses of the Ancient City Center, Princeton 1972.
Il recinto che conteneva l'altare dei Dodici Dèi sorgeva nei pressi della Via Sacra che attra-
versava l'agora, vicìno all'angolo nord-ovest della piazza. L'edificazione dell'altare rientra
nell'intensa attività edilizia dell'età di Pisistrato: si deve infatti all'iniziativa di Ippia, uno
dei figli del tiranno; piu tardi l'altare e la recinzione vennero restaurati durante i lavori di
rinnovamento architettonico e di sviluppo urbano successivi alla pace di Nicia (42 r a. C.). Il
pavimento viene realizzato con blocchi di poros e la balaustra è costituita da pilastrini e or-
tostati in calcare. L'altare vero e proprio, entro la recinzione, era il punto dal quale veniva-
no misurate le distanze: ad esempio, la distanza del porto dall'altare era di 54 stadi. Davan-
ti alla recinzione si trovava una statua di cui è stata rinvenuta la base, con l'iscrizione che ri-
porta il nome di Leagros, figlio di Glaukos (490-470 a. C.).
Monumenti ed erme
28. Il monumento degli Eroi Eponimi nell'agora di Atene. CAMP, Die Agora von Athen cit.
Collocato nell'agora, nei pressi dell'antico bouleuterion trasformato in Metroon, del nuovo
bouleuterion, nonché della Tholos, il monumento era costituito da una lunga base sulla qua-
le erano poste le statue degli eroi eponimi delle dieci tribu dell'Attica. I nomi degli eroi che
hanno dato il nome alle dieci tribu che risultavano dalla riforma clistenica del 508 a. C. so-
no indicati da Pausania (1.5): lppotoonte, Antioco, Aiace, Leos, Eretteo, Egeo, Eneo, Aca-
mante, Cecrope e Pandione. Da questi eroi derivano le dieci tribu clisteniche, che secondo
la successione ufficiale erano: Eretteide, Egeide, Pandionide, Leontide, Acamantide, Enei-
de, Cecropide, lppotontide, Eantide e Antiochide. Le statue, in bronzo e poco piu alte del
vero, erano stanti e ammantate; il monumento era chiuso ai lati da due tripodi, simili a quel-
li che venivano offerti agli atleti vincitori e agli eroi. Simbolo dell'unità della comunità ate-
niese, il monumento era anche un veicolo d'informazione e un polo di attrazione della vita
cittadina, poiché era circondato da una balaustra con pilastri e traverse alla quale venivano
affissi, come all'albo, documenti di carattere pubblico scritti su tavolette di legno dipinte di
bianco: progetti di legge, gli ordini di chiamata alle armi, gli ordini del giorno, le date delle
assemblee pubbliche e le cause dei tribunali. Cosi come nei porticati delle stoai, davanti alle
statue degli eroi eponimi i cittadini si riunivano per aggiornarsi e discutere.
L'agora 1013
29. Erma frammentaria con tracce di riparazione antica al naso, dal!'agora di Atene. Atene, Museo
dell'Agorà S 2 r 1.
Ad Atene numerosi frammenti di erme, dedicate da privati o da magistrati, sono stati rin-
venuti nell'area nord-ovestdell'agora, in una zona di accesso alla piazza, nei pressi della Via
Panatenaica, fra le due Stoà Poikile e Basileios. Questo frammento con testa di Ermes in
marmo pario è databile al480-470 a. C.: è allora possibile che la scultura sia una delle erme
dell'agora decapitate poco prima della partenza della spedizione ateniese in Sicilia, nel 415
a. C., durante la guerra del Peloponneso; il misfatto venne attribuito ad Alcibiade e ai suoi
compagni politici (TUCIDIDE, 6.27.1; ARISTOFANE, Lisistrata, 1094; PLUTARCO, Vita di A/ci·
biade, r8.6).
1014
30. I Tirannicidi, copie di età adrianea dall'originale di Crizio e Nesiote ad Atene (477/476 a. C.).
Napoli, Museo Archeologico Nazionale 6oo9-6o10.
Il primo gruppo dei Tirannicidi, realizzato nel 509 a. C., dopo l'uccisione di lpparco, figlio
di Pisistrato, e la cacciata di lppia, suo fratello, era opera di Antenore e doveva trovarsi
nell'area dell'orchestra, dove si celebravano le Grandi Dionisie, prima della realizzazione del
teatro di Dioniso; l'opera, asportata dai Persiani nel48o a. C., viene sostituita nel477 a. C.
dal celebre gruppo dei Tirannicidi di Crizio e Nesiote. Probabilmente, il punto preciso in cui
il gruppo era stato sistemato si trovava già in origine a ovest della Via Panatenaica e a nord
dell'odeion di Agrippa, dove il gruppo era con certezza in età romana; da qui provengono in-
fatti un frammento della base piu recente e parti di una fondazione che poteva anche essere
quella originaria. Le statue che costituiscono il gruppo rappresentano il ritratto ideale dei due
amici Armadio e Aristogitone, protagonisti del tirannicidio in cui trovò la morte lpparco. Le
due sculture in marmo sono copie di età adrianea, appartenute alla Collezione Farnese e poi
confluite nel Museo Archeologico di Napoli; la statua di Aristogitone, il personaggio barba-
to, è priva della testa e quella aggiunta in gesso è realizzata sul modello della testa del tiran-
nicida conservata nei Musei Vaticani.
31. La fortuna del gruppo dei Tirannicidi. Oinochoe frammentaria a figure rosse. Boston, Museum of
Fine Arts 98.936.
Numerose sono le citazioni dell'opera realizzata da Crizio e Nesiote nella ceramica, esplici-
te testimonianze della fortuna del gruppo, segno e celebrazione della lotta per la libertà.
32. Un gruppo di erme. Pelike frammentaria a figure rosse del Pittore di Pan (470-450 a. C.). Parigi,
Louvre C 1079 3.
Statue di oratori e di uom1n1 politici
33· Demostene, copia romana dall'originale di Polieucto (280 a. C.). Città del Vaticano, Musei Vaticani,
Braccio Nuovo 2 2 55 .
La statua costituisce la piu celebre copia di un originale bronzeo che rappresentava l'oratore e
politico ateniese (384-322 a. C.). L'opera venne realizzata da Polieucto nel28o a. C. su com-
missione di Democare, nipote dell'oratore e capo della fazione democratica; l'opera ha perciò
una chiara valenza politica, poiché mira a riabilitare la figura di Demostene proprio in un mo-
mento in cui Atene riafferma le sue istituzioni democratiche, dopo il 287 a. C.: per questo fu
collocata nell'agora, tra il tempio di Arese l'altare dei Dodici Dèi, vicino alle statue di Licurgo
e Callia e all'Irene di Cefisodoto (PAUSANIA, 1.8.2). La statua è uno dei monumenti onorari piu
noti di Atene e una tappa fondamentale nella storia del ritratto in Grecia, per quella dignità e
austerità che il ritmo regolare delle membra e la concentrazione del volto esprimono.
L'agora 1017
l4· Eschine, copia di età augustea da un originale della fine del IV secolo a. C., dalla Villa dei Papiri di
Ercolano. Napoli, Museo Archeologico Nazionale 6018.
La statua è una replica dell'originale bronzeo che rappresentava Eschine, oratore e politico
ateniese di posizione filomacedeone e avversario di Demostene, cui fu dedicata una statua
ritratto tra il 322 e i1307 a. C., negli anni cioè in cui governò ad Atene il partito filomace-
done. Non è dato sapere se la statua fosse dedicata ne!l'agora, ma è comunque possibile af-
fiancarla a quella di Demostene, posta qualche decennio dopo presso l'altare dei Dodici Dèi.
1018
35· Base della statua di Carneade (c. 150 a. C.). Atene, Museo dell'Agorà.
La base in marmo imettio doveva sostenere la statua in bronzo del filosofo Carneade - capo
della rinnovata Accademia platonica- nell'agora di Atene nei pressi dell'accesso nord-ovest,
non lontano dalla statua di Crisippo. La base presenta un'iscrizione {IG, II, 3781): «KaQ-
vraliTJV 'Al;T]VtÉa I"An:aÀoç xal 'AQLUQ<ithjç ~urraÀ~Tn[m]l àvÉthjxav>>; da essa si desumono i
nomi dei dedicanti, forse cittadini ateniesi e non i due re Attalo II di Pergamo e Ariarate V
di Cappadocia, come si è a lungo pensato. La statua che dobbiamo immaginarci su questa ba-
se è forse quella nota dalla tradizione copistica, che presenta un uomo dal volto calmo e cu-
rato, proporzionato nei lineamenti e con barba e capigliatura curate, vestito con chitone e
mantello.
36. Un'orazione. Pelike a figure rosse del Pittore di Harrow (c. 480 a. C.). Parigi, Louvre G 222.
Un personaggio stante e appoggiato a un bastone è di fronte a un'altra figura maschile posta
su un podio (flfif.la), scena che può essere interpretata come il momento di un'orazione. Il per-
sonaggio appoggiato al bastone riflette la tipica posa del cittadino, mentre quello posto sul
podio richiama la compostezza di alcune statue di oratori. Una copia di prima età imperiale
romana di una statua dell'oratore Eschine mostra il personaggio raffigurato in una posa mol-
to simile a quella dell'uomo sul podio, a sua volta in piedi con le braccia raccolte nel mantel-
lo, come per suggerire la compostezza, I' assenza di gestualità e la owcp(_)oouVTJ, il decoro, la
moderazione che dovevano caratterizzare il perfetto oratore.
Iscrizioni, leggi, decreti
38. Il contratto dello scriba Spensithios a Creta (c. 500 a. C.). Londra, British Museum.
L'iscrizione riporta il contratto con cui Spensithios viene assunto a vita come scriba, <<affin-
ché per la polis le questioni pubbliche, sia sacre che profane, registri per iscritto e memoriz-
zi»; egli è posto, nei compiti, negli onori e nella retribuzione, allivello dei piu alti magistra-
ti, e difatti dovrà essere <<presente e partecipe in tutti i casi in cui lo sarà il Cosmo>> e <<com-
pirà i sacrifici pubblici per tutti gli dèi per i quali non vi è sacerdote designato». Emerge qui
con chiarezza il ruolo che viene attribuito già in epoca arcaica alla pratica scrittoria e, di con-
seguenza, a colui che ne detiene le conoscenze tecniche: gli affari della polis devono essere
ricordati, registrati e resi pubblici tramite quelle iscrizioni che troviamo soprattutto negli
spazi dell'agora.
rozo L'agora
39· Frammento dell'iscrizione di Gortina, Creta (VI-V secolo a. C.), riutilizzato nell'odeion romano.
L'iscrizione fa parte del celebre muro semicircolare sul quale furono trascritte le leggi di Gor-
tina, testo fondamentale del diritto greco. Non è chiaro dove questa importante testimo-
nianza si trovasse prima di essere inserita nelle mura dell'odeion di età romana, ma è molto
probabile che facesse parte di un edificio a pianta circolare posto nell'agora. Le leggi di Gor-
tina si collocano fra i prinù tentativi di sottrarre all'arbitrio l'interpretazione delle leggi, af-
fidate fino ad allora alla tradizione orale, e contribuiscono a fare di Creta un punto di rife-
rimento fondamentale per il diritto greco; la parte del testo originario conservatasi stabilisce
criteri nei rapporti fra liberi e servi, fornisce indicazioni su casi di violenza e sul diritto ere-
ditario.
1021
40. Stele di marmo con l'elenco delle confische dei beni di Alcibiade per l'oltraggio alle erme (poco
dopo il415 a. C.). Atene, Museo dell'Agorà I 236bbA.
La stele fornisce una parte d eli' elenco dei beni confiscati ad Alcibiade e agli altri personag-
gi coinvolti nel processo per empietà loro intentato per la mutilazione delle erme. La stele fa
parte di una serie di cui si sono trovati numerosi frammenti presso l'Eleusinion; le stele era-
no applicate ai lati di un monumento databile alla fine del v secolo a. C. e offrivano una li-
sta molto ricca di oggetti: cavalli, fattorie, schiavi. Responsabili delle operazioni erano i po-
leti, magistrati con potere esecutivo, incaricati anche della vendita all'asta dei beni confi-
scati; essi dovevano poi esporre al pubblico i rendiconti dell'attività svolta durante il loro
mandato per mezzo di iscrizioni: in queste, infatti, per esigenze di trasparenza, i poleti in-
dicavano i loro nomi e quello del loro segretario, elencavano le confische e la ragione della
pena, il luogo, la data e i ricavati delle vendite all'asta.
41. Testo di legge con calendario delle offerte statali (fine del v secolo a. C.). Atene, Museo dell'Agorà.
L'iscrizione è stata rinvenuta durante gli scavi presso la Stoà Basileios ed è dunque un esem-
pio delle lastre che dovevano essere esposte ali' esterno della stoa per rendere pubblici i testi
di legge o i decreti che venivano decisi dalla flouJ.i) o dall'arconte re stesso. Il testo di questa
epigrafe riporta una lista delle offerte statali, materia specifica dell'arconte re, e le prescri-
zioni per l'ordinamento della flotta.
ro22 L'agora
42. Altare di Zeus Fratrio e Atena Fratria con iscrizione di dedica (metà del Iv secolo a. C.). Atene,
Museo dell'Agorà I 3706.
L'altare, in marmo dell'Imetto, scoperto di fronte al lato nord della stoa di Attalo, porta la
scritta: <<~I.Òç <l>QUTQlou xal Atlijvaç <l>QUTQlaç» (Di Zeus Fratrio e Atena Fratria); la dedica è
da mettere in relazione con il culto di Zeus protettore delle fratrie, cioè dei clan familiari ori-
ginari, culto che ha un evidente valore civico e che ha dunque la sua sede naturale nell'ago-
_ra. Tale spazio si è arricchito nei secoli di altari per i culti civili, di ex voto, di dediche di sta-
tue e monumenti onorari che non di rado offrivano un supporto a iscrizioni di caJ.>attere ci-
vile o religioso.
43· La base marmorea di una statua di Prassitele (terzo quarto del1v secolo a. C.). Atene, Museo
dell'Agorà I 4165.
La base, trovata a nord-ovest dell'agora, presenta un'iscrizione che riporta il nome della com-
mittente dell'opera, Kleiokrateia, figlia di Polyeuktos e moglie di Spoudis, la quale fa una
dedica - firmata da Prassi tele- alle dee Demetra e Core. La base doveva verosimilmente so-
stenere le statue delle due dee ed è forse da mettere in relazione con il culto di Demetra e
della figlia Core presso l'Eleusinion.
L'agora 1023
44· Stele con decreto contro i tiranni {336 a. C.). Atene, Museo dell'Agorà I 6524.
La stele, in eccezionali condizioni di conservazione, è stata rinvenuta nel 1952 nell'area del
recinto con peristilio usato come corte di giustizia, all'angolo nord-est de!l'agora. La stele ha
una sommità a doppio spiovente, timpano triangolare e un riquadro con raffigurazione del-
la Giustizia che pone una ghirlanda sulla testa del Popolo (~ij[!oç) personificato e raffigura-
to come un personaggio barbato e seduto; riporta il testo di una legge formulata e proposta
da Eucrate, nel337/336 a. C., che tentava di scoraggiare la nascita di tirannidi in Atene (Il.
7- r r): << Èav nç Èltava<n:i1L ton Ot\f!Wl Èrrl tUQavviba l O"Uvxata<n:t\olJL lì tòv bij[!ov tlòv 'At'h]vaiwv
i') t~v bl][!OXQUtLUV t~V 'A~t\Vl]UlV l XUtUÀUOl]l, oç UV tÒV tOUtWV nrrmt\oavta ÙrrolxtELVl]l omoç
ì'otw» (se qualcuno si pone contro il popolo con la prospettiva di una tirannide o partecipa
all'affermazione di una tirannide o abbatte il popolo di Atene o la democrazia in Atene, chiun-
que uccida chi fa qualcuna di queste cose, sarà senza colpa). La legge toglieva di fatto rico-
noscimento giuridico a qualunque forma di tirannide si potesse affermare in Atene ed era
pensata per scoraggiare rivolte filomacedoni; in realtà la legge ebbe vita solo fino al 322 a.
C., quando i Macedoni occuparono Atene.
La vita politica e giudiziaria
a)
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L'agora 1025
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46. nmixtov di giudice (prima metà del IV secolo a. C.). IG, Il/III', 1864.
Dall'angolo nord-est dell'agora provengono anche dei mvaxLU, ovvero tesserini metallici uti-
lizzati dai cittadini che volevano assolvere funzioni di giudice per un giorno. I tesserini pre-
sentano il nome del personaggio, quello del padre e del demo di appartenenza graffiti o a
stampo; nel nostro esempio si legge <<'AvtLKQU1:Ttç Eùx-.:(~J.LOvoç) l Aì!;wvE1Jç>>: il personaggio
proveniva dal demo di Aixone e apparteneva alla quinta sezione dell'Eliea, come indica la
lettera E in alto a sinistra, sopra al bollo con la civetta. Questi tesserini erano dunque per-
sonali, servivano per l'elezione dei membri delle giurie che, per ogni singolo giorno, dove-
vano assolvere alla funzione giudiziaria in una delle sezioni del tribunale ateniese e facevano
parte di un complesso sistema di sorteggio, che doveva impedire la corruzione dei giudici.
Ogni singolo tesserino veniva consegnato all'arconte che sovrintendeva la selezione, poi po-
sto in un'urna e, in caso di elezione, veniva riconsegnato al proprietario al termine dello svol-
gimento delle sue funzioni con la cosiddetta paga eliastica, la paga cui ogni cittadino atenie-
se poteva aspirare assolvendo mansioni da giudice.
47· Ricostruzione grafica di xÀTtQWT~QLU in pietra (v secolo a. C.). Atene, Museo dell'Agorà l 3967.
CAMP, Die Agora von Athen ci t.
48. Rondelle in bronzo per le votazioni (IV secolo a. C.). Atene, Museo dell'Agorà.
Come i mvc:ilua, anche queste rondelle in bron20 sono state rinvenute nell'angolo nord-est
dell'agora di Atene; esse si presentano come dischi circolari con un perno centrale che funge
da asse. Le rondelle erano utilizzate dai magistrati per esprimere il loro voto in merito ai va-
ri processi: quelle con l'asse forato erano per la condanna, mentre quelle con l'asse pieno
esprimevano un parere di assoluzione. Su uno dei due lati delle rondelle è graffita la scritta
«'iJTj<poç lìruwalm> (voto pubblico).
L'agora 1029
49· Clessidra ad acqua dall'agora di Atene (fine del v secolo a. C.). Museo dell'Agorà P 2084.
Importante, nell'attività giudiziaria ateniese, era il calcolo dei tempi, poiché i processi si svol-
gevano secondo modalità inderogabili stabilite, come il numero dei giudici, sulla base dell'im·
portanza o gravità della questione dibattuta. La clessidra funzionava ad acqua ed era costi·
tuita da due recipienti di terracotta: uno, fornito di un'apertura alla base e di un tubicino in
bronzo per la fuoriuscita dell'acqua, veniva posto in alto; l'altro era piu in basso, in corri-
spondenza dell'estremità esterna del tubicino del recipiente superiore. Al momento in cui si
iniziava il dibattito uno schiavo addetto ai tribunali apriva il tubicino e l'acqua, defluendo
lentamente, segnava il tempo. Si può calcolare che per una causa del valore inferiore a 5000
dracme erano necessarie due choes, corrispondenti a circa sei litri e mezzo di liquido, che per
defluire impiegavano sei minuti di tempo. L'esempio proposto conserva l'iscrizione con la
quale si indicava il nome di una delle tribu di Atene: «'Avnoxiooç XX» (della tribu Antio·
chide, 2 choes).
Le attività commerciali e sociali
a) b) c) d)
50. Misure per liquidi: a. vaso cilindrico dall'Acropoli, v secolo a. C. (API IOJ); b. vaso cilindrico dall'ago-
ra, IV secolo a. C. (P 3559); c. vaso cilindrico a bordo distinto, fine del II secolo a. C. (P I44JI);
d. olpe daU'agora, fine del VI secolo a. C. (P I3429). Atene, Museo dell'Agorà.
Numerosi oggetti per la misurazione provengono da abitazioni e negozi in tutto il mondo gre-
co, soprattutto in prossimità delle agorai, dove si svolgeva la maggior parte delle attività com-
merciali, il cui controllo spettava agli àyoQaVOflOL, gli ispettori del mercato. Un nucleo con-
sistente e ben conservato di pesi e misure è stato rinvenuto anche sull'Acropoli e nell'agora di
Atene, in particolare vicino ai resti della Tholos. Questi recipienti in terracotta presentano
misure variabili: il vaso a misura 3 chenici (3,2 litri); il vaso b contiene un chenice e mezzo
(1,7litri); capacità simile ha il recipiente c; l'olpe d ha la grandezza di una cotile (0,250 litri).
5 I. Misure per solidi. Atene, Museo dell'Agorà. CAMP, Die Agora von Athen ci t.
I pesi bronzei del v secolo a. C. che servivano per il calcolo dei solidi portavano un'iscrizio-
ne che indicava la proprietà pubblica del popolo di Atene (lìEflOOLov 'AitEvaiov) e l'indicazio-
ne del peso corrispondente espresso in modo simbolico attraverso immagini: a. m:mÉQ (uno
statere, 810 g: osso di giuntura o astragalo); b. 'tEtaQ'tE[flOQLOV] (un quarto di statere, 199,5 g:
scudo); c. hEfli'tQL'tOV (un sesto di statere, 127,5 g: tartaruga).
L'agora 1031
(lÉOI.f.IVOç 51,80
Éxuuç 8,6o 6
tl(li.t:K'tOV 4,30 12
xoivù; 1,07 48
tlflLXOIVLKLOV (!;Ém:l]ç) 0,540 96
tlflLVa (KO'tUÀl]) 0,270 192
xua~oç 0,136 384
(ll:'tQl]'ti)ç 39.39
xoiiç 3,274 12
KOWÀl] 0,274 144
55· La Stoà Poikile di Atene (475-450 a. C.). CAMP, Die Agora von Athen cit.
La Stoà Poikile (Pecile), chiamata anche Peisianakteios, da Peisianatte cognato di Cimone
che ne promosse la costruzione, prende il nome di Poikile («variopinta>>) durante il IV seco-
lo a. C. per la presenza di importanti quadri e pitture. Occupava gran parte del lato nord
dell'agora, aveva la facciata rivolta verso la Via Panatenaica ed era aperta verso sud; ester-
namente era in ordine dorico, mentre le colonne interne erano ioniche. L'interno doveva con-
tenere già in origine opere pittoriche come l'Ama:zzonomachia di Micone,l'lliupersis di Poli-
gnoto; piu tardi fu aggiunta la Battaglia di Maratona di Paneno, fratello di Fidia. L'edificio
assunse grande importanza come luogo di vendita, ma anche come luogo di incontro, di fron-
te a opere pittoriche che testimoniavano momenti cruciali della vita cittadina. Vi si espone-
vano anche prede di guerra e, fra i bottini celebri esposti nella Poikile, va ricordato quello
conquistato agli Spartani a Sfacteria. Soprattutto ospitò l'attività d'insegnamento degli stoi-
ci - i seguaci di Zenone di Cizio cui gli Ateniesi avevano dedicato un monumento funerario
nel Ceramico-, che appunto nella stoa svolgevano le loro lezioni di fronte ai giovani e al pub-
blico cittadino. La stoa rimase in piedi fino al 267 d. C.
FEDERICA MISSERE FONTANA
La moneta
valore e delle interazioni che hanno prodotto dal punto di vista econo-
mico e culturale. Per ricostruire questo aspetto è fondamentale l'esame
dei ripostigli, ma anche quello dei dati offerti dalle fonti letterarie ed
epigrafiche (inventari di tesori sacri), nonché delle monete contromar-
cate, riconiate, imitate; gli artefici di tali movimenti, oltre ai mercanti
e ai loro clienti, sono i cambiavalute o TQanE~hm, ovvero i primi ban-
chieri. La circolazione in età arcaica - come poi in quella classica - è le-
gata alla coniazione locale, con l'eccezione delle monete di Egina (le tar-
tarughe), che si diffondono attraverso i canali commerciali eginetici cir-
colando, ad esempio, anche nell'Attica prima di Salone. L'oro persiano
(in parte monetato dal VI secolo a. C. coi darici) è tesaurizzato nei tem-
pli soprattutto per il suo valore metallico; l'oro viene poi coniato in par-
ticolare da Filippo il Macedone, che poteva sfruttare le ricche miniere
di Pangeo, e le cui emissioni (i filippi) sostituiranno i darici; poi da Ales-
sandro Magno, grazie in particolare all'ingente bottino di oro persiano
riportato dalla spedizione (prese di Susa e Persepoli nel331 a. C.). Il re-
gime bimetallico (basato sul rapporto oro-argento e sulla coniazione di
questi metalli preziosi) ebbe poca forza: la moneta a piu facile circola-
zione in Grecia restò quella in argento, confinando l'uso dell'oro alla te-
saurizzazione (come nel caso del tesoro del tempio di Apollo a Delfi) e
ai grandi traffici internazionali. Con la caduta di Egina, dopo le guerre
persiane, le monete piu diffuse diventano infatti le civette ateniesi e i
pegasi corinzi, le prime prevalentemente dirette verso i mercati orien-
tali, i secondi verso la Magna Grecia e la Sicilia. Attraverso la lega de-
lio-attica l'egemonia ateniese, e quindi la moneta di piede attico, age-
volò la successiva diffusione della dramma di Alessandro, che faceva ri-
ferimento agli stessi valori ponderali attici. Con il IV secolo a. C. in
Grecia si introduce l'uso del rame, che resta però allivello di una cir-
colazione locale, deprezzata, utile al mercato interno; un esempio è l'ab-
bondante rame ateniese trovato a Delo, porto di intensi traffici com-
merciali. Nella Macedonia arcaica e classica prevale nella circolazione la
moneta locale e successivamente sono abbondanti filippi e alessandri;
dal n secolo a. C. in poi, nella provincia romana di Macedonia, sono im-
portanti le monete di Taso, insieme alla monetazione argentea «nuovo
stile» di Atene. Anche la Tracia, la Mesia Inferiore, l'area pontica sono
dominate dalla valuta di Taso; la Russia meridionale e il Chersoneso ve-
dono invece prevalere il circolante locale.
La coniazione locale circola in prevalenza anche in Asia Minore, in
età arcaica, particolarmente nella costa occidentale, da cui vengono i pri-
mi esempi di moneta coniata. Peculiare è la condizione dell'Egitto, che
dall'età arcaica, senza coniare moneta propria, importa soprattutto mo-
La moneta 1037
Letture.
6oo-575 Mitilene 2000 stateri dono della Lidia: non necessariamente monete ALCEO, fr. 42 Diehl
Efeso mine, stateri, ex~m, ~l.u.Éx~m rendiconti del tempio di Artemide: pesi I. Ephesos, I, 1
Samo 2 I 2 sta t eri valore dell'offerta: non necessariamente monete SEG, XII, 391
575-550 Chio o Eritre stateri mwta GHI,B
Lidia 2 stateri ciascuno dono di Creso ai cittadini di Delfi ERODOTO, 1.54
550-525 Efeso 6o stateri d'oro dono IPPONATTE, fr. 24a Diehl
Clazomene 30 mine d'argento dono IPPONATTE, fr. 29 Diehl
Eretria 10 stateri (presumibilmente mtÙta <<Hesperia>>, I964, p. 38I
in XQthmTa bOxl.fla)
E gina 1 talento stipendio pagato al medico Democede, cliente da Egina ERODOTO, 3·I3I.2
Atene I talento e 40 mine da Atene Ibid.
Samo 2 talenti da Policrate lbid.
Samo I statere coniato da Policrate in piombo lbid., 3·56
525-500 Samo 5 stateri prezzo della cittad.inama per schiavi ARISTOTELE, fr. 575 Rose
Atene 2 mine riscatto ERODOTO, 5·77
Sparta 2 mine riscatto lbid., 6.79
Atene 30 dramme valore di un'armatura GHI, I4
Leontini talenti multe LSAG, 242
VI secolo Gortina oboli (?) IC, IV, 25·26
Cnosso dramme mw te IC, I, 8.2
c. 500 Elide ed Erea I talento mtÙta GHI, I7
Eltinia dramme mtÙte IC, l, Io.2
Corcira dramme prestito (forse marittimo) <<ABSA>>, I97I, p. 79
500-475 Acaia IOo dramme- 20 talenti mw te LSAG, 222
Gortina stateri mtÙte (?) IC, IV, 46, 58, 63
Asso 30 ( ?) stateri mtÙta (?) <<]HS», I949, p. 34
500-450 Elide IO mine mw te LSAG, 218
480 Atene I o ooo dramme compenso ERODOTO, 8.93
c. 480 Delfi I obolo mtÙta LSAG, Io2
La moneta I 04 I
2. La dedica di una dramma a Era. Stele (prima metà del vn secolo a. C.). Atene, Museo Archeologico
Nazionale.
La stele proviene dal santuario di Era Limenia di Perachora, presso Corinto; l'iscrizione
frammentaria, scritta in senso retrogrado, dice: «lìQUXf!Ù f.yo, htQa ÀEuQ[oÀEvr ... ]Àat>> (lo
dramma, o Era dalle bianche braccia ... ) In questo momento la dramma indica, in senso let-
terale, una «manciata» di spiedi (ò~oko[), un tipo di offerta documentata sia da scavi che dal-
le fonti letterarie; Erodoto in particolare ricorda la dedica che una certa Rhodopis fece a Del-
fi tra v n e VI secolo a. C., consistente in <<molti spiedi di ferro cosi lunghi che vi si poteva in-
filzare un bue» (2.135), offerta visibile davanti al tempio di Apollo. Siamo in un momento
precedente all'introduzione della moneta e questi oggetti - i cui nomi, dramma e oboli ap-
punto, passeranno poi a indicare una unità di misura e i suoi sottomultipli - rappresentano
determinati valori e vengono usati per i pagamenti.
3· Il valore in stateri di Samo di un'offerta a Era. Stele in marmo (580-560 a. C.). Samo, Museo.
L'iscrizione riporta questo testo: <<[ ... ]niskos figlio di Xenodokos, Demis figlio di Pythokles,
coloni di Perinto, dedicarono a Era, offrendo come decima una Gorgone d'oro, una sirena
d'argento, una patera d'argento, un candelabro di bronzo; il tutto acquistato per 212 state-
ri sami, compresa la pietra» (trad. di M. Guarducci).
La moneta
~-- ~"OOm
La moneta 1043
4· Pianta di Aliea (Argolide), con l'indicazione della zecca (Iv secolo a. C.). EAA, II Supplemento, III.
8. Relazione tra i sistemi monetari locali e mina euboica. c. T. SELTMAN, Greek Coins: a History of
Meta/lic Currency and Coinage Down to the Fa/l of the Hellenistic Kingdoms, London 1960.
La mina euboica è calcolata a g 425 e non 436,6 come nella tabella seguente.
La moneta 1045
9· Misure ponderali e monete eginetiche e attiche. A. SEGRÉ, Metrologia e circolazione monetaria,
Bologna 1928.
talento 26 200,000
mina 436,6oo 6o
statere eginetico 12,446 2 100 35
dramma eginetica 6,220 4 200 70 2
obolo eginetico 1,036 25 200 420 12 6
tetradrammo attico 17,460 l 500 25
(euboico)
dramma attica (euboica) 4.360 6 000 100 4
obolo attico (euboico) 0,730 36 000 6oo 24 6
Il rapporto strettissimo tra numismatica e metrologia, tra lo studio della moneta e del siste-
ma di pesi e misure, è il fondamento di una geografia numismatica. Nel periodo pre-mone-
tale, caratterizzato dalle diverse e talora coesistenti forme di baratto, moneta-natura e mo-
neta-manufatto, nella determinazione di una misura di valore il modello del sistema di pesi
e misure fu naturalmente apprezzato perché utilizzabile in ogni caso in cui l'oggetto della
transazione potesse essere pesato. Il sistema ponderale piu in uso fu quello duodecimale, di
derivazione sessagesimale (nato dagli studi astronomici babilonesi). L'unità piu usata in Me-
dio Oriente e in Grecia fu il talento, che aveva un diverso peso a seconda dei prodotti agri-
coli o dei materiali cui era riferito e a seconda dei tempi e luoghi, e quindi dei rapporti di va-
lore tra gli oggetti misurati (ad esempio il rapporto di scambio oro-argento); cosi mutavano
anche i suoi sottomultipli; un talento valeva 6o mine, una mina era 30 stateri, uno statere 2
dramme, una dramma 6 oboli. Il ricorso ai metalli nobili nel passaggio dalla moneta di con-
to a quella coniata comportò il riferimento non al talento, ma a pesi inferiori, come lo state-
re, in seguito sostituito in diffusione e importanza relativa dalla dramma, mentre continua-
va l'uso dei pesi maggiori (talento e mina) per quantificare i valori nelle grandi transazioni e
valutare beni molto preziosi.
La moneta
Rodi o
10. Distribuzione degli standard monetari (c. 500 a. C.). SELTMAN, Greek Coins cit.
I nomi delle monete conservano il ricordo dei pesi che esse rappresentavano, evitando cosi
la pesatura dei metalli; inoltre manca sulle monete greche il segno del valore; per questo gli
studiosi della moneta hanno studiato l'insieme monetale greco secondo sistemi di pesi stan-
dardizzati, detti «piedi>>, attribuendo a ognuno un aggettivo che ne indicasse la zona di pro-
duzione; tale qualificazione degli standard naturalmente non è mai stata utilizzata dagli au-
tori antichi. Nel piede eginetico lo statere (o didramma) è di g r 2,4; sul piede eginetico era-
no coniate monete anepigrafi, alcune delle quali erano in circolazione anche ad Atene prima
dell'età di Solone; a quest'epoca Atene passa allo standard euboico pesante e poi a quello leg-
gero con lppia. La purezza dell'argento ateniese e la cura riservata al peso rendevano la mo-
neta ateniese ovunque preferita, cosicché, sostenuto anche dalla politica della lega delio-at-
tica a prevalenza ateniese, il piede attico prevalse sull'eginetico, diminuendo poi nel periodo
di dominazione macedone, anche se la moneta attica restò un punto di riferimento fino all'età
imperiale; la fortuna delle coniazioni ateniesi appare anche dalle numerose imitazioni delle
civette. Il piede euboico era usato dalle zecche delle città dell'Eubea nel VI secolo a. C. (Cal-
cide, Eretria), che fondarono colonie nella penisola Calcidica, ove scambiavano il rame
dell'Eubea con l'argento locale. Anche Corinto coniava su piede euboico, diffondendo glie-
sto standard alle sue colonie. Originario di Chio, il piede rodio ebbe il suo centro maggiore
nella Rodi del v secolo a. C., diffondendosi rapidamente in alcune città della lonia, della Ca-
ria interna, nelle Cicladi, a Creta e in alcune città di Cipro, Siria e Fenicia.
La moneta 1047
•• Attico
e suoi derivati
Persiano
• Tracio e fenicio
C.J Rodio
• Eginetico
. KruSevo
~Pirgi Plovdiv •
Hippo
..._ Diarrhytus
Ba t tra
Antiochia sul Tauro Cabura(lndia)
Sidone
• •
Sidc
Si clone
• Bosra
o
~ Athribi:
aul ~J t i ~ •
1
Bubasti
f d\'lù zn" )Menfz·
Zernun •
•
Jabukovac
Izvorite
Kilkis • • Pazordzik
Sidh iro Kastron • Goce Deliev
• • • Serrai
Prilipec Per~i
Gephyra
B~rea
Kozani •
Aecatei ini
- Costantina
Ad atepe
•
.
Cesarea di Cappadocia
Epiphaneia
•
I0 54 La moneta
Ambracia
•
Argo d 'Anfilochia
Tmo Anattorio
Leuca/l
e ~isia • Strato
p • Metropoli
o a e Astaco
· ~~o Coron~e
~ Qp~
Monte S. Calogero ( ?)
S. Maria di Licodia( ?)
Leonforte• • • .
Gibil-Gabib o Centuri 9.&.Q!!l~
· ··· ·-~ o P i ~Armeri na (?)
Mf.qrJI ~r"à lblea
Si de
Bosra
Pegasi emessi da Corinto
J'~g;~i -~mç~~.i. !'Jp__çg_
t i.QI!'! •.9.~!k. '-"!\l~.~ -9.lb.ç!IJ:~.'l!\Ì.~ ..çg,ç_i_t:~. ~- f:J?im
Pe asi emessi da Corinto dalle colonie di Acarnania
( ?): Non è spedficato dì quali pegasi si tratti
Selinunte •
Cammarata?
Palma dÌ Montechiaro
··--···~~------- ~-- - ·· ······
r8. Tetradramma di Acanto con leone che lotta con un toro (530-500 a. C.).
23. 1/6 di statere di Focea con testa di divinità femminile (c. 500 a. C.).
24. Statere ionico (Mileto?) con vacca che si gira all'indietro (500-490 a. L.).
26. Tetradramma di Pepareto con figura alata nuda che corre con una corona per ogni mano (500-480 a. C.).
27. Didramma di Gela con testa del dio fluviale Gelas come toro androprosopo (490-485 a. C.).
xo6o La moneta
29. Tetradramma di Samo con spoglia di leone frontale (c. 454 a. C.).
30. Tetradramma di Mileto con ritratto del satrapo persiano Tissaferne (c. 41 r a. C.).
32· Statere in elettro di Cizico con ritratto di vecchio con corona (370·350 a. C.).
La moneta 1061
35· Moneta di Taranto: Taras seduto con in mano lo strumento per filare.
Questa immagine testimonia l'intensa attività in campo tessile dei tarantini; in altri casi le
iconografie monetali alludono alla fecondità dell'ambiente marittimo (pesci, conchiglie, cro-
stacei) e terrestre (la vite, il cereale di Metaponto), oppure fissano il ricordo dei fondatori
mitici, delle divinità che hanno favorito l'avventura coloniale (in particolare Apollo Delfico),
di quelle che proteggono la fertilità di un sito (ninfe, divinità fluviali). Il volto degli dèi si
umanizza sempre piu, e con il1v secolo a. C., in ambiente orientale, ma ad opera di artisti
greci, la moneta ci mostra uomini che si avvicinano allo status di divinità, come satrapi, dia-
dochi e re; rispetto al periodo precedente prevalgono l'attenzione ai dati individuali e psico-
logici, nonché il realismo dei ritratti.
36. Tetradramma con il ritratto di Antioco I Sotere da Seleucia sul Tigri (z8o-z6t a. C.).
La moneta
38. Tetradramma con il ritratto di Mitridate III del Ponto (246-190 a. C.).
41. Decadramma di Siracusa, il Damareteion, con quadriga al passo con vittoria volante e leone;
al rovescio, testa di Aretusa coronata di olivo e circondata da quattro delfini (c. 480 a. C.).
Siracusa, colonia dorica, conia collegandosi al sistema attico avendo come base il tetradram-
ma, e ha grande influenza su altre zecche dell'isola. Come accade alle zecche di N asso, Ime-
ra, Agrigento, Gela, anche a Siracusa esiste un rapporto con la coniazione e la circolazione
di pegasi di tipo corinzio, in occasione della spedizione di Timoleonte (344 a. C.), capillar-
mente diffusi nei ripostigli della Sicilia. La Siracusa di Agatocle ebbe un ruolo di primo pia-
no con la doppia monetazione a intrinseco e alto valore reale (e artistico) per gli scambi con
l'esterno, e a corso forzoso per il mercato interno.
42. Cimone, tetradramma di Siracusa con quadriga e testa frontale di Aretusa (410·400 a. C.).
43· Cimone, decadramma di Siracusa con quadriga e testa di Aretusa (405-400 a. C.).
44· E veneto, decadramma di Siracusa con quadriga e testa di Aretusa (c. 390 a. C.).
È in Sicilia tra v e IV secolo a. C. che troviamo la piu compiuta realizzazione delle ricerche
artistiche nel campo dell'incisione monetale, ricerche tese alla rappresentazione realistica del
movimento e dello spazio che, già presenti nella monetazione del secolo precedente, diven-
tano l'elemento caratterizzante di un breve ma fecondo periodo di attività delle zecche sice-
liote, soprattutto Siracusa. Il tradizionale motivo della quadriga acquista, nei decadrammi di
Cimone ed E veneto, il massimo senso del movimento, in una crescente evoluzione nella re-
sa di scorcio del carro e dell'auriga. Allo stesso modo la testa della ninfa Aretusa, divinità lo-
cale, diviene la splendida testa femminile incisa da Cimone, ritratta di tre-quarti o di profi-
lo con spiccato senso monumentale e con ricchezza ornamentale della capigliatura; in questo
conio di E veneto la ninfa assume un incarnato morbidamente sfumato, lineamenti piu deli-
cati e una pettinatura ridotta, in un insieme di grande effetto pittorico incentrato sulla lu-
minosità dello sguardo.
45· Euclide, tetradramma di Siracusa con testa di Atena Promachos (c. 410 a. C.).
ALESSANDRA TEMPESTA
I quartieri artigiani
cino alla Tholos, all'incrocio di due vie; dai locali della sua bottega pro-
vengono chiodini, rondelle in osso che potevano essere utili per la giun-
tura delle pelli per le scarpe, e una kylix a vernice nera con l'iscrizione
~IMONO~, tanto che si è voluto riconoscere in questo artigiano il cal-
zolaio Simone presso cui era solito intrattenersi Socrate a parlare con i
suoi discepoli.
Forse è possibile ipotizzare una concentrazione di botteghe artigia-
nali in determinate aree degli spazi urbani. Ad Atene, ad esempio, le
botteghe dei ceramisti si trovavano prevalentemente nel quartiere del
Ceramico: l'area era stata usata fino all'età geometrica come necropoli
e aveva mantenuto la sua unità e la sua connotazione di distretto ester-
no all'abitato urbano fino alle guerre persiane, quando Temistocle pro-
mosse la costruzione di nuove mura che divisero in due il quartiere e in-
globarono parte dell'antica area cimiteriale entro lo spazio delimitato
dalle nuove mura. La dislocazione di botteghe ceramiche in quest'area
era forse determinata dalla vicinanza del fiume Eridano, che forniva
l'acqua necessaria per le varie fasi della lavorazione dell'argilla, e dalla
probabile presenza di depositi argillosi preesistenti. Gli scavi hanno por-
tato in luce quattordici forni databili dal v secolo a. C. all'età tardoan-
tica, con resti di combustioni, avanzi di materiale di prova e frammen-
ti di ceramica dipinta. Benché in quest'area si concentrasse la maggior
parte delle botteghe ceramiche, il rinvenimento di forni anche in altre
parti della città documenta la dislocazione di altre officine decentrate
rispetto a questo polo produttivo, ad esempio l'officina di Brigo, a nord
della città nei pressi della porta arcaica; alcune botteghe poi dovevano
operare addirittura nei pressi dell'agora.
Sempre ad Atene le botteghe per la lavorazione del metallo e della
pietra si possono localizzare nel quartiere dei marmorari, situato a ovest
dell'agora e a nord della collina del Kolonos Agoraios; qui si trovava
l'Hephaisteion, il tempio sacro alle due divinità protettrici degli arti-
giani, Efesto e Atena Ergane, cioè Atena nella sua veste di «industrio-
sa>>; le iscrizioni documentano che nella valle fra l'Areopago e la collina
delle Ninfe si concentravano invece le botteghe di scultori, orefici, do-
ratori e specialisti della pittura a encausto.
In tutte le città greche, comunque, gran parte delle botteghe o delle
rivendite di prodotti manufatturieri e alimentari si trovava nei pressi
delle agorai, da sempre il luogo deputato al confronto cittadino e allo
scambio; i locali si trovavano sotto le stoai e servivano come magazzini,
mentre le merci venivano esposte sui banconi, lungo i porticati. Dai cen-
tri abitati venivano invece allontanate spesso le attività che potremmo
definire semindustriali, per la quantità e le caratteristiche dei materiali
1068 I quartieri artigiani
prodotti e quelle che producevano rifiuti, fumi e scorie nocive, come gli
ÈQyao'ti]Qta per la lavorazione dei metalli e le grandi botteghe per la pro-
duzione di materiali per l'edilizia, che del resto preferibilmente si col-
locavano nei pressi delle miniere per l'approvvigionamento dei mate-
riali. In alcuni centri, anzi, tutte le produzioni artigianali venivano spo-
state in aree periferiche (è il caso di Metaponto), soprattutto quelle che
facevano uso di fornaci, a causa dei loro fumi nocivi. Sono questi cen-
tri di produzione semindustriale che consentono una riflessione piu ap-
profondita sui processi produttivi, un'analisi degli strumenti di lavora-
zione, delle tecniche adottate.
Nell'ambito delle produzioni manifatturiere il settore ceramico e
quello bronzistico occupano un posto di grande rilievo nell'economia e
nella società greca in genere; va anche detto che entrambi, e in modo
particolare il primo, ci lasciano una mole di materiale documentario di
gran lunga superiore a quello di tutte le altre attività artigianali. La pro-
duzione fittile non riguarda soltanto la ceramica di lusso di cui sono pie-
ni i musei di tutto il mondo e che è indubbiamente quella che attira mag-
giormente la nostra attenzione per il valore di opera d'arte e per le infor-
mazioni che fornisce sul piano iconografico, ma può comprendere la
decorazione architettonica in terracotta, la ceramica e gli strumenti d'uso
quotidiano (pentole e stoviglie varie, pesi da telaio, ÈrdVrJ'tQa per la la-
vorazione dei tessuti, lampade per l'illuminazione degli ambienti, sta-
tuette votive e contenitori per il commercio). Appare dunque evidente
perché moltissimi siti del mondo antico fossero dotati di strutture per
la lavorazione dell'argilla, piu o meno articolate e complesse.
Il processo di lavorazione del materiale base dei prodotti ceramici è
piuttosto lungo e parte naturalmente dal luogo di estrazione dell'argilla
grezza per arrivare agli ÈQyao'ti]Qta, dove avviene la cottura dei prodot-
ti finiti e seccati, e dove si verificava lo stoccaggio delle merci pronte
per il trasporto e il commercio. Tale processo iniziava con il reperimen-
to dell'argilla, un composto di vari minerali, fra i quali prevalgono allu-
minio e silice, ma in cui sono anche presenti, in misura minore, sodio,
ferro, potassio e calcio, con una percentuale variabile di acqua. L'argil-
la piu pura è quella estratta da giacimenti originari, cioè che non hanno
subito modifiche o spostamenti, mentre i giacimenti di tipo alluvionale
sono normalmente piu impuri; le argille sedimentarie si presentano in
accumuli stratificati e comprendono, ad esempio, i caolini bianchi per
le porcellane o i gres; quelle alluvionali variano in base alla differente
presenza di materiali accumulatisi. La presenza di elementi eterogenei
influisce sul grado di compattezza, resistenza e colore del manufatto;
dunque, se per produrre materiali coroplastici o contenitori da traspor-
I quartieri artigiani 1069
Letture.
r. Una bottega di calzolaio. Pelike a figure nere del Pittore di Eucaride, da Rodi (500-490 a. C.). Oxford,
Ashmolean Museum 563.
Il pittore di Eucaride mostra una certa predilezione per le scene di genere, che rappresenta
sia su vasi a figure nere che a figure rosse; questa pelike riproduce una bottega in cui vedia-
mo all'opera un calzolaio, che probabilmente sta tagliando la pelle per realizzare le scarpe o
i sandali al giovane cliente. La scena è piuttosto articolata: l'artigiano è seduto su bi.q>Qoç e
lavora su una 'tQc:l:rtE~a ai piedi della quale c'è un bacino per raccogliere gli scarti di materia-
le; di fronte c'è una figura stante in attesa, un altro sgabello e, sullo sfondo, si vedono alcu-
ni strumenti appesi a un'asse. Le botteghe (ÈQyaon')Qm), soprattutto se di piccole dimensio-
ni, si trovavano spesso adiacenti all'abitazione degli artigiani, lungo le vie delle città greche
o lungo i porticati delle agorai.
I quartieri artigiani r 073
z. Ricostruzione della bottega del calzolaio Sirnone, ad Atene (v secolo a. C.). Disegno di M. Vidale, in
«Archeo», IV (1998).
Nei pressi dell'agora, nel punto d'incrocio di due vie, sono stati portati alla luce vani appar-
tenenti all'abitazione e bottega di un calzolaio. A questa attività artigianale sembrano far
pensare i chiodi, le borchie in osso che dovevano servire per la realizzazione di scarpe e san-
dali; il rinvenimento di una coppa a vernice nera con la scritta graffita llMONOl: ha indott-
to a identificare l'officina con quella del calzolaio Simone, cui si attribuisce l'amicizia di im-
portanti personaggi della fine del v secolo, quali Pericle e Socrate, che presso la sua bottega
intratteneva i suoi discepoli.
107 4 I quartieri artigiani
3· Una bottega di armaiolo. Kylix a figure rosse del Pittore di Antiphon, da Orvieto (c. 480 a. C.). Oxford,
Ashmolean Museum 518.
L'artigiano raffigurato all'interno di questa coppa produce o decora armi; gli attrezzi di cui
fa uso sono appesi alla parete mentre lui, seduto su un basso ol~pQoç, tiene in mano un elmo.
La soluzione iconografica adottata per l'immagine dell'artigiano è simile a quella dello scul-
tore di erme (fig. 39); su questa coppa è però piu dettagliata la ricostruzione del contesto in
cui l'artigiano opera. Il pittore di Antiphon è attratto da tematiche legate alla vita quotidia-
na e un altro suo vaso rappresenta la bottega di un ceramografo, segno, se non di orgoglio
personale, certo di una certa consapevolezza del proprio ruolo.
I quartieri artigiani 1075
4· La pesatura di merci diverse. Anfora del pittore di Taleide. New York, Metropolitan Museum.
L'argilla: ceramisti e ceramografi
5· Mappa delle officine ceramiche. M. SEIFERT, Pottery kilns in mai/4nd Greece and on the Aegean is/4nds,
in «Rivista di Archeologia», XVII (1993).
La mappa rappresenta la distribuzione delle officine ceramiche di cui si ha testimonianza at-
traverso ritrovamenti o attraverso fonti letterarie; nel numero delle 187 strutture individuate
(fino al 1993) sono annoverati siti databili in un ampio arco di tempo che va dal Neolitico
all'età bizantina e la cui distribuzione interessa la Grecia, alcune isole egee e Creta. Nella
mappa è possibile notare come le botteghe si concentrino a Creta, nell'Attica e in alcune aree
del Peloponneso (dove infatti si sono sviluppate le principali produzioni ceramografiche gre-
che), mentre risultano piu sporadiche nel nord della Grecia e in Asia Minore.
I quartieri artigiani x077
6. Il degassamento dell'argilla. Pinax da Penteskouphia (inizi del VI secolo a. C.). Berlino, Staatliche
Museen F 89 r.
Il frammento di pinax votivo propone una scena che può trovare un completamento in altre
testimonianze figurative e che può essere interpretata come scena di degassamento dell'ar-
gilla. Questa è l'ultima fase prima della modellazione e consiste nella compressione del ma-
teriale argilloso per liberarlo dell'aria contenuta all'interno, dannosa per il corpo ceramico al
momento della cottura. L'operazione veniva svolta da artigiani che, appoggiandosi a cinghie
fissate al soffitto, comprimevano l'argilla all'interno dei contenitori. Probabilmente questa
operazione avveniva già all'interno degli ÈQyaanjQIU, forse in spazi coperti.
7. La preparazione dell'argilla. Skyphos a figure nere del Pittore di Teseo (c. 500 a. C.). Cambridge Mass.,
Fogg Museum 1960 .321. «AmericanJournal of Aschaeology», LXXXII (1978).
La pasta di argilla viene lasciata decantare dentro apposite vasche e successivamente viene
utilizzata per la produzione ceramica.
8. Una bottega ceramica a Mandra di Gipari (VII·VI secolo a. C.). G. RIZZA, D. PALERMO e F. TOMASELLO,
Mandra di Gipari. Una officina protoarcaica di vasai nel territorio di Priniàs, Palermo 1992.
Si tratta di un'importante officina di prima età arcaica rinvenuta nel territorio di Prinià,
nell'isola di Creta, una delle aree che ha restituito il maggior numero di botteghe ceramiche;
J'[Qya<nijQI.OV è situato fuori dell'area urbana ed è costituito da tre ambienti disposti in senso
nord-sud e digradanti verso nord. I tre vani, indicati con le lettere A-B-c, contengono forni cir-
colari o ellittici di numero e dimensioni differenti; questi forni, in totale sei, sono costituiti
da muretti di pietrame grossolano rivestiti internamente da uno strato di argilla cotta; i mu-
retti sono interrotti a est da un piccolo corridoio detto m:Ò!!LDV; questo costituisce l'imbocca-
tura ai forni e il condotto di alimentazione dei gas caldi prodotti dalla combustione che av-
viene nel focolare, posto all'altra estremità del condotto stesso. I forni sono poi divisi in due
livelli: quello inferiore, costituito dalla camera di diffusione dei gas, e quello superiore, che è
invece la camera di carico e di cottura; i pilastrini verticali posti al centro delle aree di cottu-
ra sono sostegni per i piani, probabilmente costituiti da griglie, sui quali doveva essere dispo-
sto il materiale ceramico. Tale soluzione garantiva un risultato piu uniforme, poiché la cottu-
ra avveniva solo con la circolazione dei gas caldi, senza esposizione diretta alla fiamma. La
bottega fa tesoro della tradizione minoica e, forse per questo, mostra una complessità e un'ar-
ticolazione interna unica, non solo nel panorama cretese. L'[Qyaon\Qwv non era forse a ciclo
completo, ma provvedeva solo alla cottura delle ceramiche provenienti da botteghe di piu ce-
ramisti, mentre il rinvenimento di alcuni attrezzi per la finitura delle ceramiche fa supporre
che in prossimità dei forni avvenisse questa operazione. L'attività dei forni dell'officina era
predisposta alla cottura di ceramica d'uso, come sembra attestare l'assenza di ceramica di pre-
gio, e accoglieva, accanto ai celebri pithoi cretesi, una certa varietà di forme ceramiche, dai
bacini alle hydriai, dal vasellame da cucina agli skyphoi, aryballoi e lekythoi.
I quartieri artigiani 1079
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9- Il quartiere ceramico di Metaponto, pianta. «Notizie degli Scavi di Antichità», suppl. '975·
Il quartiere è costituito da un nucleo di fornaci con camera di combustione circolare e corri-
doio di alimentazione della fiamma. I resti delle strutture e gli scarti di lavorazione docu-
mentano l'uso di quest'area artigianale dal VI al IV secolo a. C.
roSo I quartieri artigiani
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10. Pianta e sezione della fornace c nel quartiere ceramico di Metaponto. Ibid.
Fornaci per la cottura della ceramica sono state rinvenute in numerosi siti del mondo greco.
Gli scavi condotti a Metaponto, in particolare in prossimità della nÀaula occidentale, han-
no infatti messo in luce un'ampia area artigianale dedita alla lavorazione dell'argilla, attiva
dal VI al IV secolo a. C., che serviva con i suoi prodotti fittili la città e la xwQa circostante.
Quest'area produttiva, anche se non si configura come un quartiere industriale omogeneo,
raccoglie attorno a una nÀm:Eia un certo numero di atelier esterni all'abitato cittadino e di-
slocati in prossimità di un fossato che forniva l'acqua necessaria alle varie fasi della lavora-
zione dell'argilla. Le fornaci, inserite in piccoli ambienti rettangolari, sembrano tutte a ti-
raggio verticale e a pianta circolare, con pilastrino centrale a sostegno del piano di cottura,
talvolta coadiuvato da pilastrini radiali addossati ai muri perimetrali, in mattoni curvilinei.
La produzione ceramica metapontina comprende sia materiali d'uso, sia ceramica di pregio
a figure rosse, e può vantare la presenza di personalità di un certo rilievo: i pittori di Dolo-
ne, di Creusa, dell' Anabates, di Amico nel v secolo; la cerchia del pittore di Dario nel seco-
lo seguente.
I quartieri artigiani 1081
Nella località di Centocamere è stato portato alla luce un ampio quartiere destinato alla la-
vorazione dell'argilla, con almeno diciotto fornaci, databile al III secolo a. C. Nonostante la
collocazione periferica del quartiere, distante dall'area abitata di Locri, esso risulta inserito
nel tessuto ortogonale della città, cosicché un sistema viario di O"tEVWJtol e una JtÀani:a ga-
rantiva il rifornimento continuo di materiali utili per l'attività delle botteghe, come argilla e
legname; in alcune aree le strutture artigianali si saldavano con le abitazioni private degli ar-
tigiani, mentre altri settori erano riservati esclusivamente alle attività produttive. Le nume-
rose fornaci del quartiere presentano differenti dimensioni e tipologie, con piante rettango-
lari o circolari, sostegni al piano di cottura a forma di pilastrino centrale ovvero a muretto
centrale con sostegni laterali, differente orientamento dei prefurni (corridoi d'alimentazio-
ne). L'esempio di fornace meglio conservato presenta dimensioni piuttosto ampie, di forma
circolare e diametro di 3,8o m, con camera di combustione e camera di cottura divise da una
griglia ben conservata, realizzata da lastre di argilla con fori per la fuoriuscita del calore; le
dimensioni attestano che la fornace era utilizzata per la cottura di un carico piuttosto pe-
sante. Gli ÈQyaO"ti)QLa del ceramico locrese erano destinati alla cottura di laterizi e vasi co-
muni, mentre risulta assente la ceramica di pregio. Nel quartiere si svolgevano anche le va-
rie fasi di lavorazione dell'argilla, come sembra documentare la presenza di vasche per de-
purarla, gli spazi per la movimentazione delle materie prime e il deposito di prodotti finiti.
Attraverso scrupolosi calcoli si è ipotizzato che la produttività mensile di otto fornaci potes-
se consistere in circa 30 ooo kg di materiale ceramico costituito da laterizi, vasi da traspor-
to e contenitori di grosse dimensioni, pari a circa 19m'. Il ciclo complessivo di lavorazione
di tale quantità di materiale, comprensivo delle varie fasi dalla cava alla cottura dei pezzi, po-
teva richiedere un impiego di manodopera di una sessantina di persone nell'arco di un mese
per le solo otto fornaci prese in considerazione, su almeno diciotto fornaci complessive por-
tate alla luce.
1 o8 2 I quartieri artigiani
A. Fossato nord
A'. Fossato sud
B. Prefurnio nord
c. Camera di combustione
D. Piattaforma
E. Archi
F. lntercapedini tra gli archi
G. Piano forato
H. Parete della camera di combustione
1. Fortificazione
13. La lavorazione al tornio. Coppa attica dei Piccoli Maestri (c. 550 a. C.). Karlsruhe, Badisches
Landesmuseum 67/90.
Il vaso offre una delle piu antiche scene di lavorazione artigianale: su entrambi i lati alcuni
operai sono intenti a realizzare al tornio dei prodotti ceramici, probabilmente una si tula e una
kylix. La modellazione dell'argilla già preparata poteva avvenire in vari modi: a mano libera,
al tornio oppure a stampo. La lavorazione al tornio è quella che garantisce la qualità del lavo-
ro ed è la tecnica utilizzata per la ceramica fine delle migliori produzioni greche; tale tecnica
sembra essere nata in Oriente alla fine del IV millennio a. C., presso i Sumeri, ma è docu-
mentata in Grecia solo nel II millennio, in età micenea, mediata dall'Asia Minore e da Creta.
30 cm
14. Ricostruzione di un tornio del VII secolo a. C. I. SCHEIBLER, Griechische Top/erkunst. Herstellung,
Handel und Gebrauch derantiken Tongefiif!,e, Miinchen 1983.
Il tornio antico era costituito da un disco di pietra o anche di argilla o legno (a), appoggiato su
un grosso perno verticale e appuntito (c), sul quale doveva ruotare con il minimo delle oscil-
lazioni e per questo veniva fissato bene alla base (d) o con aste di supporto laterale (c, g,/J. Il
ceramista doveva servirsi di un aiutante, che faceva ruotare il disco del tornio, e lavorava l'ar-
gilla fino a ottenere la forma desiderata.
I quartieri artigiani
Per effetto del movimento rotatorio del tornio, l'argilla può essere modellata dalla leggera
pressione delle mani del vasaio, che porta il materiale alle dimensioni tipiche di ciascuna for-
ma vascolare. Una volta raggiunta la forma desiderata, le superfici del vaso vengono ripulite
con una spugna o con una stecca e, quando sono parzialmente indurite, vengono arricchite
di elementi lavorati a parte, come le anse o il piede; infine, il prodotto viene rifinito con l'eli-
minazione di eventuali imperfezioni.
I quartieri artigiani 1085
b)
q. La cottura dei vasi: a. pinax fittile da Penteskouphia (inizi del VI secolo a. C.); b. ricostruzione
secondo R. Hampe. Berlino, Staatliche Museen, Antikenmuseum F 893.
La tavoletta frammentaria, di cui viene fornita un'ipotesi di completamento e ricomposizio-
ne, rappresenta la parte centrale di un forno per la cottura delle ceramiche: la camera di cot-
tura, di forma sferica, ha un'apertura sulla sommità che consente la fuoriuscita dei gas di
cottura; il suo spazio sferico è interamente occupato da vasi di varie forme, disposti in mo-
do disordinato; i gas di cottura salgono dall'ambiente inferiore del forno che è la camera di
combustione, alimentata da un fuochista attraverso un corto corridoio di alimentazione.
I quartieri artigiani 1 o87
18. Stele funeraria con la dedica di un vasaio. Marmo (fine del VI secolo a. C.). Atene, Museo dell'Acro-
poli 1332.
L'attempato vasaio, vestito di imatio, siede sul oiq>Qoç reggendo una kylix. Restano tracce di
colore blu nello sfondo e di rosso sull'abito.
1088 I quartieri artigiani
19. Una bottega ceramica.Hydria a figure nere del Gruppo di Leagro, da Vulci (520-510 a. C.). Monaco,
Staatliche Antikensammlung I7 I 7.
Si tratta di una delle piu articolate scene di interno di bottega ceramica, con ben otto perso-
ne impegnate in vari ruoli. Da sinistra, due personaggi, di cui uno seduto su ol<pQoç, con-
trollano una grande anfora; due sono impegnati nella lavorazione al tornio di un vaso; un
quinto personaggio porta un vaso a seccare; queste tre fasi lavorative avvengono in uno spa-
zio coperto e forse porticato, come sembra suggerire la colonna posta al centro. Nel restan-
te spazio troviamo raffigurati tre personaggi: uno, all'estrema destra, alimenta un forno; uno
porta sulle spalle vasi per la cottura; il terzo, in prossimità della colonna, è un dignitoso vec-
chio che non partecipa al lavoro della bottega, ma osserva. L'immagine risulta dunque mol-
to interessante in quanto conferma la diversa destinazione delle aree all'interno di uno stes-
so ÈQyacrn')QtoV e la distinzione di funzioni fra le maestranze. Mentre le attività di depura-
zione e preparazione dell'argilla, di essiccamento dei prodotti lavorati e di stoccaggio dei
materiali già cotti avveniva all'aperto, al chiuso o comunque in ambienti coperti lavoravano
gli artigiani che realizzavano i manufatti; fra questi vanno distinti i ceramisti, ai quali spet-
tava il compito di realizzare le forme ceramiche, i ceramografi, i quali dovevano decorare i
vasi, e i coroplasti, che realizzavano a calco statuette o elementi di decorazione architetto-
nica. La figura stante e vestita è probabilmente il proprietario della bottega, il quale inten-
de distinguersi dagli artigiani veri e propri.
I quartieri artigiani I o89
20. Un ceramografo e un fonditore al lavoro. Kylix a figure rosse del Pittore di Euergides, in due fram-
menti (510-500 a. C.). Bruxelles, Musées Royaux d'Art et d'Histoire, e New York, Metropolitan
Museum of Art 1985.60.
Si tratta forse della piu antica immagine di un pittore di vasi all'opera: seduto su un basso
sgabello sta dipingendo una coppa, mentre una figura femminile (Nike ?) lo incorona, forse
per ordine di Atena seduta poco piu a destra, iconografia simile a quella dell' hydria del Pit-
tore di Leningrado. C'è però chi ha pensato che la figura di Atena voglia indicare una sta-
tua, visto che sulla destra del frammento si notano alcuni personaggi che stanno certamente
lavorando metalli.
1090 I quartieri artigiani
2 r. Ceramografi al lavoro. Hydria a figure rosse del Pittore di Leningrado, da Ruvo (470-460 a. C.).
Milano, Collezione Torno (Caputi) C 278. F. BAUMGARTEN, F. POLAND e R. WAGNER, Die he//enische
Kultur, Leipzig-Berlin 1908
Sulla spalla di questa hydria è raffigurata Atena, completamente armata e con l'egida sopra
il chitone, una corona in mano, diretta verso un ceramografo seduto. Atena è qui presente
in qualità di Ergane, cioè in veste di divinità protettrice degli artigiani, affiancata da due
Nikai che coronano dei pittori intenti a dipingere o rifinire i vasi appena prodotti. Mentre
Efesto è principalmente dio dei metallurghi, Atena sovraintende in genere a tutte le attività
artigianali. La scena non vuole raffigurare un'officina in cui lavorano ordinari flavauam, ma
ha il carattere di un'autentica autocelebrazione del ceramografo, di un'esaltazione della ca-
tegoria; il vaso è del resto uno dei piu recenti con rappresentazione di attività artigianali e,
se non documenta una vera e propria emancipazione sociale del mondo produttivo, presup-
pone però una maggiore considerazione della TÉXVTJ dell'artigiano.
22. Dipingere un vaso. Coppa frammentaria a figure rosse del Pittore di Antiphon (o imitatore) (c. 480
a. C.). Boston, Museum of Fine Arts oJ.8o73.
Un ceramografo, seduto su lìlrpQoç, è intento a dipingere una kylix con un sottile pennello.
La fase della dipintura viene dopo l'essiccamento del vaso lavorato e prima della cottura. Ta-
le operazione non è piu di pertinenza del ceramista ma è opera del ceramografo; prevede la
stesura dell'ingobbio, un sottile strato di argilla liquida e purissima, di un colore che varia
dal giallino al rosso e che, una volta asciugato, attende la stesura dell'apparato decorativo.
La tecnica decorativa piu semplice e piu antica è quella con la linea di contorno, utilizzata
dai ceramografi greci fino al v n secolo a. C., che consiste nel delineare i contorni delle figu-
re con una sottile linea di colore sul fqndo del vaso risparmiato; la tecnica a silhouette piena
- inventata dai Corinzi alla fine del vu secolo a. C. e prontamente diffusa in tutto il mondo
greco - consiste nel dipingere in nero, sullo sfondo rosso del vaso, le intere figure, arricchi-
te poi dai dettagli anatomici e dalle vesti, incisi sulla superfice con una punta; tale tecnica,
detta anche <<a figure nere», domina il panorama del VI secolo e raggiunge i suoi piu alti li-
velli qualitativi nella produzione attica fra il 6oo e il 530. Alla fine del VI secolo essa viene
affiancata e in seguito sostituita dalla tecnica <<a figure rosse>>, nella quale le immagini sono
rosse mentre il fondo è nero; in questo modo le figure sono definite da contorni precisi, di
maggiore spessore e talvolta leggermente in rilievo, e vengono arricchite da un maggior nu-
mero di dettagli, realizzati non piu a incisione, ma dipinti con vernice nera. La colorazione
nera era ottenuta aggiungendo all'argilla diluita ossido di ferro, che, in ambiente riducente
(senza ossigeno) e ad alte temperature (c. 900°), portava la superficie del vaso ad assumere
il colore nero, mentre il carbonato di soda e i sali di potassio conferivano, durante la cottu-
ra, lucentezza al pigmento; la colorazione rossa era quella naturale dell'argilla con presenza
di minerali ferrosi, talvolta accentuata con l'aggiunta di ocra rossa, che si otteneva con la cot-
tura in ambiente ossidante a circa 8oo 0 .
r 09 2 I quartieri artigiani
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23. Quadro dell'alfabeto greco da graffiti su vasi di età arcaica. J. BOARDMAN, Athenian Black Figure
Vases, New York 1974.
Prima del VI secolo a. C. le iscrizioni su vasi sono molto rare; durante l'età arcaica esse di-
ventano invece sempre piu frequenti e possono contenere i nomi di ceramisti e ceramografi,
i nomi dei personaggi raffigurati, l'indicazione del prezzo del vaso, una dedica. Le iscrizioni
potevano essere dipinte prima della cottura o, piu spesso, graffite sulla superfice del vaso do-
po la cottura.
I quartieri artigiani 1093
24. Tavola dei prezzi di alcune forme ceramiche espressi in oboli (v secolo a. C.). A. w. JOHNSTON,
Trademarks on Greek Vases, Warminster 1979.
4)0·
I marchi di fabbrica di alcuni pezzi ceramici riportano anche il nome del vaso e il suo prez-
zo sul mercato, cosicché è possibile riassumere i dati desumibili dai graffiti. Il quadro pro-
posto indica, ad esempio, che un'hydria vede, nell'arco di due generazioni, aumentare il suo
prezzo, mentre quello di un cratere a campana si svaluta man mano che ci si avvicina alla fi-
ne del v secolo e il costo di uno stesso tipo di vaso oscilla di circa due eboli nello stesso pe-
riodo. Le variazioni di prezzo dipendono da numerosi fattori: in un arco di tempo gioca un
ruolo fondamentale la fortuna della forma sul mercato, mentre in una visione sincronica si-
gnificativa è per esempio la qualità pittorica del pezzo, il numero delle figure e la cura for-
male, ovvero anche la tettonica, poiché un cratere è certamente una forma piu facile dell'hy-
dria, cosf come un cratere a campana è meno complesso di un cratere a colonnette. Le indi-
cazioni che i graffiti offrono vanno comunque presi con estrema cautela, talvolta per la
difficoltà di lettura, in altri casi per il loro alto grado di approssimazione, dovuta soprattut-
to all'elasticità e alla soggettività con cui sono utilizzati i nomi dei vasi: per esempio, sembra
che la definizione di stamnos sia da estendere in alcuni casi anche all'anfora e alla pelike; inol-
tre, l'indicazione su un documento frammentario rimane indeterminabile poiché, ad esem-
pio, un graffito su un frammento di cratere difficilmente può chiarire se si tratti di un cra-
tere a colonnette corinzio o un cratere a campana milesio.
1094 I quartieri artigiani
25. Tavole delle forme ceramiche. P. E. Arias, in Enciclopedia classica, XI/V, Torino 1963.
La tavola offre un quadro delle tipologie ceramiche greche; queste erano principalmente uti-
lizzate per il simposio, mentre alcuni contenitori erano di pertinenza muliebre, come ad esem-
pio le pissidi, usate per contenere preziosi o trucchi, gli alabastra e gli aryballoi, contenenti
oli, essenze e profumi, o i !ebeti e le loutrophoroi, legati alle cerimonie nuziali. Per il ban-
chetto erano invece indispensabili anfore, che servivano per trasportare il vino, hydriai e oi-
nochoai, che servivano invece per il trasporto dell'acqua, dinoi e crateri, nei quali le due be-
vande si miscelavano secondo prestabilire proporzioni, oinochoai e olpai, utili per servire le
bevande, e kyliches, kantharoi e skyphoi per berle. Ciascuna di queste tipologie ceramiche po-
teva presentare una notevole quantità di varianti, dovute a soluzioni differenti per le anse,
il piede e le misure delle varie componenti.
I quartieri artigiani 1095
Cratere a campana Cratere a campana con Idria attica Cratere con volute
normale anse oblique verso il basso arcaica di forma piU sviluppata,
a figure rosse
Oinochoe attica Oinoch~ attica 0/pe corinzia 0/pe attica arcaica Oinochoe
a bocca rotonda a bocca ondulata (tipo di Amasi) a becco obliquo
(anche olpe attica)
uo a
Lekythos
a figure rosse
Aryballos
protoconnzio
arcaico
Lekythos a corpo
aribaJlico
~
Aryballos ovoidale
prO[ocorinzio
di etll medie. e tarda
ù
Aryballos globulare
corinzio
o o
Aryballos globulare
corinzio
Arybal/os attico
(raro)
~
Ai4bastron
protocorinzio
~
Alabastron corinzio
primitivo e medio
(J
A/4bartron
corinzio tardo
I quartieri artigiani 1097
Kylikes e pissidi
Kylix con anse Kylix del1ipo Kylix dd 1ipo Ky/ixdei Kylix del1ipo
a bottoni di Siana delle Randschalen «Comasti» delle &ndschalen
(o Lip-cop) (o Hand-cup)
~ ~ ~ ~
Kylix di 1ipo Kylix Kylix Kylix
calcidese a occhioni (A) a occhioni (B) a occhioni {C)
Le officine per la lavorazione dei metalli
.V
D
82
z6. Mappa dei si ti minerari con zone di estrazione dei metalli nel Mediterraneo antico. J. F. HEALY,
Miniere e mettJ/lurgio nel mondo greco e romano, Roma '993·
Con evidenza risulta che le sedi di estrazione si concentrano soprattutto nell'area tracia e
nella Propontide e in misura minore nell'Attica, in alcune delle isole delle Cicladi, a Creta,
nelle coste orientali della Sicilia, nel litorale antistante Pitecusa e in Etruria. I metalli piu im-
portanti in uso presso i Greci erano l'oro, l'argento, il rame, il piombo, lo stagno, il ferro e
il mercurio. Per ciò che riguarda l'oro, a parte i ritrovamenti di Micene, l'uso di questo me-
tallo prezioso rimane raro fino all'epoca macedone; in età arcaica e classica fonti di approv-
vigionamento sono le miniere di Sifno, quelle della Tracia e in parte di Taso; con Filippo II
inizia lo sfruttamento intensivo delle miniere della Macedonia, in particolare del monte Pan-
geo, che, verso la metà del IV secolo a. C., danno proventi per rooo talenti all'anno; l'uso di
I quartieri artigiani 1099
questo metallo prezioso si verifica però in età ellenistica, quando si sviluppano vivaci pro-
duzioni di oreficeria. Anche l'argento proveniva in gran parte dalla Macedonia e dalla Tra-
eia; quando questi distretti furono occupati dai Persiani, gli Ateniesi avviarono la coltiva-
zione sistematica delle miniere del La urio, distretto vicino ad Atene. Il rame è il metallo piu
abbondante nel mondo antico e molte sono le sedi di approvvigionamento dall'età del Bron-
zo, a Creta, nelle Cicladi, in Macedonia e presso Calcide, in Eubea, miniera questa che ven-
ne sfruttata fino al 1 secolo a. C. Lo stagno era prevalentemente di provenienza occidentale
(Spagna e Gallia), cosi come il piombo (prevalentemente dalla Sardegna) e il ferro, di cui pos-
sedeva buone miniere l'Isola d'Elba, anche se piombo e ferro erano presenti anche nel Lau-
ria e nelle isole egee.
a) d)
27. La fusione piena a cera persa diretta e indiretta. E. FORMIGLI (a cura di), l grandi bronzi antichi:le fon-
derie e le tecniche di lavorazione dall'età arcaica al Rinascimento, Siena I 999·
Una delle tecniche principali per la lavorazione dei metalli, e in particolare del bronzo, per
la statuaria, è quella a fusione piena a cera persa. Poiché il prodotto risultava interamente co-
stituito dal metallo utilizzato, senza cioè anime di altro materiale e senza nessuna parte ca-
va, questa tecnica comportava un notevole dispendio di materia prima e per questo la lavo-
razione a fusione piena interessava prevalentemente la statuaria di piccolo formato. La pro-
duzione di bronzetti prevedeva innanzi tutto la realizzazione di un modello in cera già dotato
di accessori e dettagli (a), poi la stesura di un mantello di copertura esterno, per lo piu in ar-
gilla mista con altre sostanze (b), e infine la realizzazione del prodotto in metallo che anda-
va a sostituire la cera, che quindi, sciogliendosi, andava perduta; quando il mc;tallo si indu-
riva, veniva liberato dall'involucro esterno. La tecnica a cera persa poteva essere diretta se
il modello in cera era realizzato a mano libera, o indiretta se il modello era realizzato in se-
rie, utilizzando cioè matrici in negativo dedotte da modelli preesistenti (c) e riempite di ce-
ra liquida (d); il modello in cera cosi ottenuto doveva essere spesso ritoccato e ripulito dalle
creste formatesi nei punti di attacco delle valve che costituivano la matrice (e). Il prodotto
finale in metallo poteva a sua volta essere rifinito con operazioni di raschiatura, lucidatura e
poteva essere decorato con dettagli cesellati o con aggiunte di altri materiali per alcuni par-
ticolari, ad esempio occhi, ciglia ecc.
b)
a) d)
30. Gli o<puQ~Àam: l'Apollo di Orero, bronzo (fine dell'vm secolo a. C.). lraklion, Museo Archeologico.
J. PAPAIJOPOULOS, Xoana e sphyre!llta. Testimonianze delle fonti scritte, Roma 1980.
La statuetta di Apollo, facente parte di un gruppo con Latona e Artemide, proveniente dal
santuario cretese di Drero, è la testimonianza piu antica di statuaria realizzata con la tecni-
ca dello o<puQi]ì.awv. Questa tecnica consiste nella realizzazione di statue con lamine di me·
talla prezioso, argento e bronzo soprattutto, lavorate a freddo col martello; le diverse parti
del corpo venivano ottenute separatamente per poi essere unite a formare l'intera figura con
l'ausilio di chiodi o rivetti. Non tutti gli mpuQi]Àm:a rinvenuti hanno restituito tracce di le·
gno all'interno, cosicché è probabile che non tutti disponessero di un'anima !ignea. Nella sta·
tua di Apollo, ad esempio, le parti sono congiunte mediante rivetti e questo sembra provare
che l'opera non fosse realizzata su un'anima di legno. Certamente un supporto deperibile ve·
niva utilizzato per o<puQi]ì.ma di grandi dimensioni. Le statue venivano successivamente ar·
ricchite con l'aggiunta di altre parti o dettagli, come gli occhi, in materiali differenti, pasta
vitrea, osso o av.<?rio. La tecnica degli o<puQi]Àm:u è caratteristica della statuaria piu antica e
lascia il posto alla tecnica della fusione durante l'età arcaica.
l quartieri artigiani 1103
p. Una fonderia. Oinochoe attica a figure nere, da Vulci (510-5oo a. C.). Londra, British Museum B 507.
Il centro della scena è occupato da un forno di fusione a forma cilindrica, con il fuoco in bas-
so e un grande crogiuolo; due forgiatori stanno ai lati del forno, e di questi uno, seduto su
uno sgabello, avvicina al forno un oggetto stringendolo con una tenaglia. Sullo sfondo si ve-
dono gli utensili che gli artigiani normalmente usano: martelli, forcipi e pinze, strumenti uti-
li per maneggiare crogiuoli e pezzi incandescenti. I metalli preziosi hanno una certa duttilità
che consente di lavorar li per realizzare oggetti diversi; uno dei metodi di lavorazione può es-
sere quello a freddo, che comporta la martellatura, la curvatura e il taglio del metallo; nella
lavorazione a caldo, soprattutto per il rame o leghe come il bronzo, che risultano piu fragili
se sottoposti a martellatura, il materiale viene lavorato a temperature inferiori al punto di fu-
sione oppure viene fuso ad alte temperature e utilizzato nelle varie tecniche della fusione pie-
na o della cera perduta, e infine forgiato da un raffreddamento rapido. Se anche nell'imma-
ginare l'attività degli ÈQyam:t]Qw si pensa principalmente alla realizzazione di opere d'arte
bronzee, alle monete e alla gioielleria, il lavoro dei fabbri normalmente veniva incontro a esi-
genze differenti, dagli attrezzi in ferro per l'agricoltura e l'edilizia, a grappe, perni e trava-
ture per le costruzioni, cisterne, vasche e condutture in piombo, mobilio, suppellettili, arti-
coli per l'abbigliamento e la toeletta.
1105
)3. Un atelier per la lavorazione del metallo e la realizzazione di statue. Kylix a figure rosse del Pittore
della Fonderia, da Vulci (c. 490 a. C.). Berlino, Staaatliche Museen 2294.
La kylix è una delle piu belle opere del Pittore della Fonderia, artista nella cerchia del piu ce-
lebre pittore di Brigo: su un lato una coppia di artigiani lavora attorno a un forno, mentre al-
tri due cercano di assemblare i pezzi separati di una statua e un altro artigiano è appoggiato
sul suo martello; l'altro lato presenta due artigiani che lavorano a una statua stante egra-
diente di guerriero di grandi dimensioni, affiancati da due personaggi che stanno a guardare
e che sono di dimensioni maggiori rispetto agli artigiani; l'interno della coppa propone l'im-
magine di Teti vicino a Efesto. L'opera fornisce indubbiamente una serie di indicazioni pre-
ziose: le grandi statue, verosimilmente bronzee, vengono realizzate in parti separate e poi as-
semblate, preferibilmente in spazi coperti; per le parti secondarie, gli artigiani si servono for-
se di modelli standard, disponendo di pezzi già pronti come le parti anatomiche raffigurate
Isolate sullo sfondo, quasi fossero appese alle pareti; al lavoro dei j3avauam assistevano per-
sonaggi che ricoprivano certamente un ruolo piu importante nello svolgimento delle attività
del!' officina, di cui forse erano addirittura i proprietari, visto che le dimensioni delle loro fi-
gure sono maggiori di quelle degli artigiani applicati al lavoro.
II06 I quartieri artigiani
34· Atena Ergane. Oinochoe a figure rosse del Pittore di Berlino, da Capua (470-460 a. C.). Berlino,
Staatliche Museen, Antikensammlung 2415.
Atena con elmo corinzio, chitone ionico e mantello annodato in vita, secondo l'uso degli ar-
tigiani, modella un cavallo posto su un piedistallo con dell'argilla, di cui si vede un cumulo
in basso. La dea, protettrice in origine solo delle filatrici e delle attività domestiche, col tem-
po diventa la divinità degli artigiani in genere come Atena Ergane, cioè nella sua qualità di
<<industriosa>>. L'altra grande divinità protettrice del lavoro manuale è Efesto, che come mi-
tico fabbro sovrintende soprattutto le attività metallurgiche.
I quartieri artigiani I I 07
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l5- Materiali da un'officina di toreuti a Cassope (Iv secolo a. C.). ZIMMER, Griechische Bronzegusswerk·
stiitten cit.
L'officina, affiancata anche da un nucleo abitativo, fra i resti di alcuni ambienti di lavoro ha
restituito numerosi frammenti di oggetti in bronzo e resti di strumenti utili per le varie fasi
della realizzazione di opere bronzistiche: due anelli circolari che erano forse due anse di va-
si bronzei; chiodi o frammenti delle capocchie, ganci e puntoni; particolare è la protome leo-
nina che costituiva la decorazione di mobili o suppellettili. Resti di scorie di ferro e di stru-
menti per la lavorazione del ferro mostrano che nell'officina lavoravano assieme toreuti e
fabbri.
La scultura rn marmo
Età greca
Età romana
36. L'area artigianale del quartiere «dei marmorari>> ad Atene. R. s. YOUNG, An industria! district o/
ancient Athens, in «Hesperia>>, XX (1951).
La pianta rappresenta l'area in cui, grazie ai rinvenimenti di attrezzi, scorie e soprattutto iscri-
zioni, è stato possibile ipotizzare una concentrazione di abitazioni di artigiani e delle loro bot-
teghe, in particolare di marmorari, scultori e fabbri. L'area si trova a nord-ovest dell'Areopa-
go, presso l'incrocio delle strade che portano alla Pnice e al Pireo. L'evidenza archeologica ha
restituito documenti e ambienti che vanno dal Medio Elladico all'età bizantina.
I quartieri artigiani I I 09
trivella
ad arco
~- -l
v punta scalpello a
punta larga
scalpello
piatto
scalpello
dentato
raspe
37- Attrezzi per la scultura in marmo. L. MANNONI, Ilmarmo.Materia e cultura, Genova 1978.
Considerata la difficoltà di reperire utensili reali, il disegno illustra possibili strumenti usati
nel mondo greco per la lavorazione del marmo: punte di ferro di varie fogge, anche dentate,
scalpelli e martelli, trivella ad arco (trapano), raspe. Il trapano era usato per asportare mate-
riale dalla massa informe, per creare, ad esempio, le scanalature delle pieghe delle vesti, evi-
tando cosi il rischio di rotture dovute all'uso dello scalpello, ma non se faceva uso per crea-
re i vivaci effetti di chiaroscuro che saranno tipici di certa scultura romana; punte e martel-
li servivano per asportare pezzi consistenti di materiale, mentre scalpelli e raspe servivano
Per lavorare e rifinire le superfici. Tanti particolari, come rifiniture e bardature e soprattut-
to le armi, erano aggiunte successivamente ed erano generalmente in bronzo.
I I IO I quartieri artigiani
38. Scultori al lavoro. Lekythos a figure nere (vr secolo a. C.). Parigi, Bibliothèque Nationale 298.
A. K. ORLANDOS, Les matériaux de construction et la technique architecturale des anciens Grecs, 2
voli., Paris r 966-68.
A parte le opere finite, conservate piu o meno integre, l'attività degli scultori, se non ha la-
sciato molte tracce nella letteratura, ancor meno ne ha lasciate sul terreno, dal momento che
le botteghe erano generalmente mobili, gli artisti si spostavano frequentemente e lavorava-
no presso i luoghi di destinazione delle opere, almeno a partire dall'età arcaica, le strutture
erano precarie e provvisorie e gli scarti di produzione andavano facilmente dispersi, essendo
piu riutilizzabili o deperibili di scorie metalliche o fittili. Difficile è anche reperire strumen-
ti di lavorazione, cosicché scarse testimonianze consentono di farci un'idea dei mezzi utiliz-
zati nella pratica scultorea. Il disegno propone una scena in cui due artigiani lavorano a una
grande testa, verosimilmente lapidea, con due grosse mazze.
I quartieri artigiani Ili l
a)
architrave
È1tlCJTUÀtOV
scanalatura
b) (laj3owmç
40. Schemi di ordini architettonici: a.l'ordine dorico; b. l'ordine ionico 1; c. l'ordine ionico 2; d. l'ordine
ionico 3· EAA, IV.
I quartieri artigiani II IJ
c)
architrave
d) ~
1114 I quartieri artigiani
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a) --~'
b)
I quartieri artigiani 1 11 5
4 I. Strumenti impiegati per la costruzione del tempio G di Selinunte: a. bixwÀoç; b. yÉQavoç con
XUQX~OlOV. G. PUGLIESE CARRATELLI (a cura di), Magna Grecia, IV, Milano 1990.
Il disegno a propone la ricostruzione di un olxwì..oç, una complessa gru, un articolato insie-
me di leve e corde che serviva per sollevare i diversi pezzi, architravi o rocchi di colonne, di
una costruzione monumentale e per collocarli alloro posto nel monumento, secondo il pro-
getto dei costruttori. Nel momento in cui si è abbandonato il tradizionale sistema costrutti-
vo con legno e mattoni crudi e, a partire dal vn secolo a. C., si è sviluppata un'architettura
monumentale che faceva prevalmentemente uso della pietra e soprattutto del marmo, si so-
no dovute definire anche nuove soluzioni tecniche per affrontare le difficoltà che tale nuo-
va edilizia comportava e si è anche definito e specializzato il ruolo dei carpentieri hÉxwvEç)
e del mastro carpentiere (l'àQXLtEKtwv). Col tempo l'espediente del terrapieno e l'uso della
forza di buoi per il sollevamento di pesanti blocchi di pietra da collocare nelle parti alte de-
gli edifici vengono sostituiti da nuovi sistemi, piu sofisticati: fra questi possiamo annovera-
re gru (yÉQavm), già usate nei porti per il sollevamento delle merci, costituite da leve (t-toxì..oi),
con i loro fulcri (unot-tòxì..m), e dal xaQxl]mov, lo snodo fra l'albero di sostegno e il braccio
sporgente (b); generalmente i mezzi di sollevamente vengono però chiamati tQOXLÀELa (da
tgoxiì..oç, carrucola), la cui invenzione è attribuita ad Archita di Taranto, vissuto all'inizio
del IV secolo a. C., ma che doveva già essere usata in Occidente verso la metà del VI secolo.
Il òixwì..oç - assieme al t-tovòxwì..oç, al tQixwì..oç, e al tEtQuxwì..oç - è uno degli strumenti di sol-
levamento basati sull'uso della carrucola, che comprendeva un piano d'appoggio e una serie
di corde (oc:pEvliòvm). L'uso del bixwì..oç è ipotizzabile già per il tempio G di Selinunte, tra
5 I o e 480 a. C., e sembra essere il segno di una rivoluzione che, ancora prima di personaggi
come Archimede, diede impulso alla tecnologia, consentendo lo sviluppo di una grande ar-
chitettura monumentale in tutto il mondo greco.
1116 I quartieri artigiani
42. Ricostruzione del sistema di montaggio dei blocchi nel Tesoro dei Sifni, a Delfi. G. DAUX e E. HANSEN,
Le Trésorde Siphnos (Fouilles de Delphes, II), Paris 1987 .
I quartieri artigiani 1117
43· Un rocchio di colonna dei Propilei di Mnesicle con il nome di Poris, fornitore di marmo (c. 438 a. C.).
M. GUARDUCCI, Epigrafia greca, III, Roma 1975.
Sono in rosso sia il nome del fornitore che il numero d'ordine e i trattini seguenti, segni che
servivano da un lato per la messa in opera, dall'altro per facilitare il pagamento della mano-
dopera.
44· Rappresentazione in pianta della tessitura degli elementi costruttivi del tempio «ionico» di Pergamo
(n secolo a. C.). R. BOHN, Altertiimervon Pergamon, IV, Berlin 1896.
L'immagine mostra la tessitura con la quale sono stati posti in opera gli elementi costruttivi,
identificati da un codice alfabetico, nel tempio ionico di Pergamo.
I quartieri artigiani 11 r9
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r·c~:r~ J~·lllhbbfl n c-·1111rl91 •. (1111 h bb·1
1-r1:
45· Segni dei lapicidi in Sicilia e Magna Grecia. G. SAFLUND, Unveroffentlichte Steinmetzzeichen und
Monogromme ous Unteritolien und Sizilien, in Scritti in onore di Bartolomeo Nogaro raccolti in occo·
sione del suo LXX anno, Città del Vaticano 1937 .
1-6. Selinunte, mura; 7-12. Selinunte, santuario di Demetra; 13-19. Selinunte, tempio O;
20-2 r .
Agrigento, tempio di Demetra; 22-41. Tindari, mura; 42-50. Reggio, molo; 51-57. lp-
ponio, mura; 58-6r. Siracusa, Castello Eurialo.
L'immagine dell'artista: la firma
46. La firma mutila di un vasaio. Vaso tardogeometrico da Pitecusa (ultimo quarto dell'viii secolo a. C.).
Napoli, Soprintendenza Archeologica. G. PUGLIESE CARRATELU (a cura di), Magna Grecia, III, Mila-
no 1988.
Il frammento rappresenta un caso eccezionale, poiché vi troviamo una delle piu antiche fir-
me di ceramista, databile in età geometrica: «[ ... ]Lvoç 11' Énoi.Eon> (mi fece [ ... ]inos).
I quartieri artigiani I I 2I
47· Un vaso con la firma di Kallikleas (primo quarto del vn secolo a. C.). ltaca, Museo di Vathy. M. GUAR-
DUCCI, Epigrafia greca, I, Roma 1967.
L'iscrizione sul collo del vaso venne dipinta prima della cottura: «KaÀLKÀÉaç nolaoE» (fece
Kallikleas); si tratta, come nel caso precedente, di una delle piu antiche firme di artista.
I I 22 I quartieri artigiani
48. Le firme del vasaio Cacrilione e del piuore Eufronio. Ky/ix a figure rosse (c. 500 a. C.). Monaco,
Staadiche Antikensammlungen 8704.
Le iscrizioni sono dipinte sul piede della celebre coppa di Leagro: (<EÙqJQ6vwç ÈYQUqJCJEV Xa-
XQUÌ..tOv ÈnoiEoEv»; come accade in numerose firme della ceramica attica, il vasaio firma con
il verbo Ènol11oEv ((<fece>>) e il pittore con ÈYQU1j!Ev ((<dipinse>>).
I quartieri artigiani 1 r23
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49· La firma degli architetti del tempio di Apollo a Siracusa (irùzi del VI secolo a. C.). M. Guarducci, in
«Archeologia Classica», I (1949).
La grande epigrafe si distribuisce su circa 8 metri della gradinata orientale: «KÀ.f:o!l[ ... ]Eç ÈrrolE-
OE 'tÒrrO..ovt ho Kvu'it.EI6a xÈmx[À]Eç [o]'tukEta xaÀÒ. fÉQya» (Kleom[ ... ]es, figlio di Knidieidas,
fece il [tempio] dedicato ad Apollo ed Epikles i colonnati, opere belle); si noti che viene ci-
tato anche il nome del progettista del colonnato, perché in questo momento costituisce senz' al-
tro una novità la peristasi in pietra anziché in legno.
50. L'orgoglio di uno scultore: Alxenor di N asso, stele da Orcomeno, Beozia (primo quarto del v secolo
a. C.). Atene, Museo Archeologico Nazionale 39· H. ROEHL, Graecae antiquissimae inscriptiones,
Berlin 1882.
L'iscrizione, in alfabeto nassio, proclama l'orgoglio dell'autore per l'opera compiuta: «'Akx-
otjvoQ ÈrrolT]oEv ho Nétxmoç- ò.).).' Èollìw[1'tE)» (Alxenor il nassio fece [la stele]. Ma guardatela!)
ALESSANDRA TEMPESTA
La casa
Letture.
d i •. t'
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1. Un edificio del tipo ad abside. Antissa, Lesbo (8oo-7oo a. C.). F. PESANDO, La casa dei Greci, Milano
1989.
La pianta segue le tracce sul terreno di un edificio di età geometrica con pianta absidata; que-
sto edificio doveva essere realizzato in tecnica poligonale ed era di considerevoli dimensioni
(q,25 x 5,6o m) cosicché sembra probabile che fosse residenza di un aristocratico, anche se
i resti di un focolare e di manufatti ceramici per libagioni hanno fatto supporre anche una
funzione sacrale. La pianta evidenzia una tripartizione piu antica, in cui si possono ricono-
scere i nuclei del ltQOÒO!!Oç, 1'hiì.u!tOç e un !!ÉYUQOV centrale, e una bipartizione piu recente.
La tipologia absidata ha una tradizione che con fortuna alterna risale alla fine del III mil-
lennio a. C. e che continua ad essere usata fino all'età tardogeometrica per costruzioni sia di
carattere civile che religioso.
1132 La casa
a)
2. Smirne antica, ricostruzione ipotetica del sito di età geometrica. R. v. NICHOLLS, 0/d Smyma, in
«Annua! of the British School of Athens», 1958-59·
La ricostruzione del sito dell'antica Smirne (lzmir, Turchia) mostra un complesso abitati-
vo posto su una piattaforma di colmata, circondato da mura (a). Al suo interno sono rico-
struibili un granaio a pianta circolare (b) e un'abitazione absidata (c). La casa, di notevoli
dimensioni (c. 5 x 12 m), presenta l'ingresso ad ante, altro elemento caratterizzante le ti-
pologie abitative di età geometrica.
La casa I 133
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4. Il quartiere abitativo dell'a gora arcaica e la ricostruzione assonometrica della casa 2 3.1 o-11 a Megara
!bJea. G. VALLET, F. VILLARD e P. AUBERSON, Mégara Hybfaea. Le quartier de/' agora archaique, 2 voli.,
Rome 1976.
La pianta mostra un settore delle aree residenziali nei pressi dell'agora di Megara lblea ed
evidenzia l'adozione, fin dall'inizio della colonizzazione, di abitazioni a pianta quadrata; que-
ste, soprattutto a partire dalla metà del vu secolo a. C., subiscono una progressiva differen-
ziazione degli ambienti e un graduale aumento dei vani, processo che va di pari passo con la
progressiva urbanizzazione del centro. In particolare la casa 2 3- IO-I I, inserita nel settore Il
del quartiere dell'agora, presenta un vano quadrangolare piu antico e uno rettangolare della
seconda metà del VII secolo a. C. La fortuna della pianta quadrata in Magna Grecia, forse
connessa alla piccola proprietà contadina, deriva molto probabilmente dal suo adattarsi me-
glio alla pianificazione e alla regolarizzazione del tessuto urbano.
La casa 1135
5· Un esempio di casa a nuotaç dell'età del Bronzo. Egina, ipotetica ricostruzione assonometrica del
<< Weisses Haus>>. PESANDO, La casa ci t.
L'abitazione di Egina è un edificio ampio e complesso, costituito da un pianterreno e da un
piano rialzato; al pianterreno si possono individuare un vano di passaggio, che dà accesso ai
vari ambienti e dal quale partono le scale per il primo piano, e quattro stanze: un vestibolo,
una sala centrale con focolare e altri due ambienti, di cui forse uno era una stanza da letto;
al primo piano è stato ipotizzato un ballatoio con funzione di magazzino. La casa di Egina
offre un esempio molto antico di casa cosiddetta a nam:aç, cioè con vano di smistamento, qui
costituito da un corridoio che verrà poi sostituito da un portico o vestibolo, sul quale si af-
facciano le altre stanze. La tipologia a nam:aç ha grande diffusione nel mondo greco a parti-
re dalla fine dell'vrn secolo a. C., ma si afferma come elemento costitutivo dell'abitazione
greca soprattutto alla fine del v.
1136 La casa
4ffi
6. Una fattoria a nacrcùç. Eleusi, cosiddetta «Casa sacra» (vm secolo a. C.). Ibid.
La pianta mostra un prototipo di casa a corridoio sul quale si affacciano altri ambienti; di
questi, il vano piu a nord presenta una base per colonna, banchine e tracce di un focolare;
quello centrale ha invece un pozzo e uno scarico; la stanza piu a sud era divisa da un tramezzo
e ha restituito vasi con resti carbonizzati; il fatto che in quest'ultimo ambiente sia stato suc-
cessivamente collocato un altare fa pensare che anche nell'vm secolo avesse una valenza sa-
cra. L'edificio di Eleusi presenta somiglianze planimetriche con le fattorie attiche di età clas-
sica ed è probabile che la tipologia a rram:aç si sia sviluppata prima in area extraurbana e che
poi, solo successivamente, sia stata adottata nei quartieri residenziali delle città.
La casa I 137
pianterreno
5 4
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6
9
3
'J. Un isolato di Olinto (V-IV secolo a. C.), ricostruzione assonometrica. w. HOEPFNER e E. L. SCIIWANDNER,
Haus und Stadt im klassischen Griechenland, Mtinchen 1986.
In centri di nuova progettazione urbanistica, ispirata alle norme ippodamee, e soprattutto le-
gati a un'economia prevalentemente agricola, i quartieri residenziali presentano una notevo-
le regolarità degli impianti e delle planimetrie. Le abitazioni di Olinto esemplificano in ma-
niera coerente la tipologia greca a Jtacrniç, çon una ripetizione delle forme architettoniche e
della divisione degli spazi. Le case sono infatti adiacenti le une alle altre, in modo da forma-
re isolati regolari che si affacciano su una strada principale o su quelle laterali secondarie; le
singole abitazioni presentano una porta d'ingresso, un cortile, una Jtam:aç (P) dalla quale si ac-
cede all'o1xoç (0), inteso come ambiente polifunzionale, i vicini nuclei di cucina (K), con il fo-
colare per la cottura dei cibi e bagno (B), l'àvogwv (A, non sempre presente), e ambienti di la-
voro o magazzini (V); al piano superiore ci sono invece il {tétÀa!!oç (T) e il yuvmxwvtnç (G), va-
ni per i lavori femminili.
I I40 La casa
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strada
Io. La casa A V Io di Olinto, pianta. o. M. ROBINSON e J. w. GRAHAM, Excavations at Olynthus, VIII. The
Hellenic House, Baltimore I9J8.
La casa presenta due ambienti d'entrata, uno di fronte al cortile (h) e uno sull'altro lato
dell'edificio (j); la rraonxç (e); a nord, rivolti verso sud, gli ambienti che dovevano costituire
le camere d'abitazione (a, c-d) e la cucina (b); infine, uno o piu vani utilizzati come negozi (j,
e forse d). Nel vano g è stata rinvenuta l'iscrizione della figura I 1.
La casa I I4I
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12. Un isolato del Pireo. Modello di U. Kellersmann, in HOEPFNER e SCHWANDNER, Haus und Stadt ci t.
Il modello esemplifica in maniera chiara la regolarità degli impianti di tipo ippodameo e le
modalità d'inserimento delle abitazioni in questo tessuto, raccolte in insu!ae. Le singole abi-
tazioni erano costituite, come quelle di Olinto, da aùì..i], na<Jtaç, ohwç, àvbQwv, ambiente
con funzione di magazzino e, al secondo piano, itaì..aJ.toç e yuvmxwvinç.
La casa 1143
P Prostas
O Oikos
A Andron
T Thalamos
B Bagno
G Gineceo
V Dispense e
luoghi di lavoro
Le soluzioni abitative di Priene sono assai simili a quelle di Olinto e a quelle ipotizzabili per
il Pireo. La città, infatti, ricostruita dopo la metà del IV secolo a. C., presenta ampi quartie-
ri abitativi organizzati secondo un impianto regolare di tipo ippodameo; quelli meglio noti e
scavati sono a ovest, e sono riferibili a un'utenza medio-bassa, mentre a nord si possono in-
dividuare aree residenziali di carattere piu elitario, per le maggiori dimensioni e per soluzio-
ni spaziali o decorative originali delle singole abitazioni.
1144 La casa
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a) b)
15. La villa di <<Agathe Tyche» (buona fortuna) a Olinto: a. ricostruzione assonometrica; b. pianta.
D. M. ROBINSON, «Haus», in RE, suppJ. VII (1940).
È un esempio di villa isolata di proprietà di una famiglia benestante in età tardoclassica. L' abi-
tazione era posta nella zona a sud-est di Olinto, al riparo dai venti del nord e con vista sul
mare; presenta una planimetria articolata in nove ambienti al piano terra affacciati su un cor-
tile a peristilio - elemento che diventerà costante in età ellenistica- e un primo piano. L' agia-
tezza economica del proprietario è attestata, oltre che dalla dimensione della villa, anche
dall'uso di elementi decorativi come I'intonacatura dei muri o il rivestimento dei pavimenti
con mosaici, soprattutto nell'àvbQwv.
II45
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r6. La Casa dei mosaici a Eretria (c. 375 a. C.). «Archaologischer Anzeiger>>, '977·
La casa, nel centro della città, occupava una superficie di c. 625 mq; dal cortile si accedeva
a tre àvlìQii>VEç (ambienti 5, 7, 9, quest'ultimo preceduto dal vestibolo 8) abbelliti da mosai-
ci pavimentali a ciottoli; nel piccolo ambiente 3 restano tracce di un pozzo; forse c'era anche
un cortile-giardino (13) da cui si entrava nella parte privata della casa (stanze 10-12).
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Le case di Cassope coprono normalmente la stessa superficie di c. 225 mq, segno del tenta-
tivo di assegnare ai cittadini un'uguale area edilizia. Sul cortile (a) si affacciavano l'àvlìQWV
(b) e la stalla (i.n:n:wv), di fronte (e); sull'altro lato si apriva l'o1xoç con il focolare (d'), spazio
non coperto, ma provvisto di una tettoia; da qui si passava al bagno-latrina (g).
La casa
18. La casa C di Centocamere, Locri (m secolo a. C.), schizzo assonometrico. M. Barra Bagnasco, in
PUGLIESE CARRATELLI (a cura di), Magna Grecia, IV cit.
L'abitazione privata locrese si trova all'interno dell'impianto urbano in località Centocame-
re; è inserita in un tessuto cittadino organizzato a lotti, che però non presentano, alloro in-
terno, un'articolazione regolare, cosicché anche le case hanno una pianta di volta in volta dif-
ferente. L'edificio ha l'ingresso lungo uno degli atEvwn:o[ e al centro dell'abitazione c'è un
cortile, attorno al quale sono collocati altri ambienti; fra questi figurano anche una stanza
per il portiere, vicino all'ingresso, e vani piu grandi degli altri, nei quali debbono essere ri-
conosciuti botteghe o magazzini. Pur nella varietà delle disposizioni interne di vani, le case
di Locri presentano tutte planimetrie che vanno dai r 20 ai 2 20 mq e rappresentano un tipo
di edilizia privata per un'utenza media, di artigiani e bottegai.
La casa 1147
20. Il complesso edilizio deUa Casa dei commedianti a Delo (seconda metà del n secolo a. C.), ricostru-
zione. PH. BRUNAEU, L' ilot de la Maison des Comédiens, Exploration arr:héologique de Délos, XXVII,
Paris 1970.
L'edificio è un complesso abitativo situato nel quartiere nord di Delo, costituito da tre abi-
tazioni distinte concepite secondo un progetto unitario, delle quali il nucleo centrale è ap-
punto la Casa dei commedianti, nome che deriva dalle scene teatrali dipinte sulle pareti
dell'oixoç N. Questa presenta una tipologia a peristilio centrale, articolata su due piani, con
i vari ambienti che si affacciano sul cortile interno. Il peristilio ha colonne doriche al piano
terra e pilastri e un architrave di tipo ionico al primo piano. Al piano terra sono riconoscibi-
li otto vani, di cui un oixoç maggiore con annessi due ambienti a nord, due stanze con mo-
saici a ovest e altri tre ambienti a est. Gli altri due nuclei dell'edificio portano il nome di Ca-
sa dei tritoni e Casa dei frontoni; quest'ultima doveva avere addirittura due piani, presen-
tando cosi una tipologia a m\Qyoç (casa a torre), tipologia che inizia a diffondersi in età
tardoclassica; è probabile che questo terzo nucleo avesse la funzione di hospitium, cioè di par-
te riservata agli ospiti; parte che secondo Vitruvio (6.7) doveva avere una sua riservatezza
e godere di un accesso autonomo.
Gli spazi e gli ambienti
21. Il cortile di una casa di età tardoclassica a Olinto. HOEPFNER e SCHWANDNER, Haus und Stadt ci t.
Il cortile è elemento essenziale della casa greca, poiché funge da mediazione fra l'esterno e la
parte piu interna e privata dell'abitazione. Ci si arriva dalla strada attraverso la porta princi-
pale, auÀrwç {h)Qa, e su di esso si affacciano gli ambienti della casa, perlopiu mediati da una
rruaniç, cioè da un porticato o vestibolo, sia al piano terra, sia al primo piano, quando è pre-
sente; in questo caso, dal cortile sale una scala. Nell'aùì..t\ c'è l'altare con il focolare sacro a
Estia, la divinità protettrice della casa, presso il quale si compiono le offerte e i riti di carat-
tere privato. Il cortile è forse anche uno dei luoghi piu vissuti della casa, dove si può ritrova-
re la famiglia, dove giocano i bambini e dove le donne della casa, padrona e ancelle, svolgono
alcune delle loro mansioni. In genere di forma rettangolare o quadrata, in età ellenistica si ar-
ricchisce di un peristilio, come sviluppo dell'originaria rracrcaç; esso inizialmente si limita ai
tre lati per poi estendersi anche al quarto lato, solitamente costituito da colonne doriche, ra-
ramente ioniche, in marmo, poroso granito. Il fondo del cortile è di solito in terra battuta, ma
non mancano esempi con rivestimenti in pietra o in ghiaino, per il drenaggio dell'acqua pio-
vana; solo in età ellenistica le pavimentazioni si arricchiscono di mosaici e le pareti della casa
che si affacciano sul cortile vengono decorate con stucchi o intonacature colorate.
La casa
24. Una donna compie un'offerta sull'altare posto davanti alla porta di casa. Kylix a figure rosse del
Pittore di Londra E So (c. 470 a. C.). Parigi, Louvre 477·
La casa
25. Una donna attinge acqua dal pozzo di casa. Kylix a figure rosse (v secolo a. C.). Milano, Museo
Archeologico 266.
Il pozzo è posto accanto a un casottino coperto di paglia, utilizzato forse per contenere at-
trezzi per i lavori che si svolgevano nell'olxoç o nel cortile.
26. Eracle e Deianira in giardino. Cratere a figure rosse (v secolo a. C.). Monaco, Antikensammlung
ÌJ98.
Il cratere raffigura un momento di vita familiare in un giardino. La scena ha un carattere mi-
tologico, ma il contesto può essere utile per immaginare la vita familiare nel giardino della
casa, di cui si vedono sullo sfondo alcuni elementi architettonici, due pilastri e una finestra;
il giardino (xfj1toç) sostituisce l'miÀ~ nelle case particolarmente grandi, oppure è presente nel-
le residenze di campagna, mentre è raro nelle abitazioni all'interno delle mura cittadine; po-
teva essere arricchito da alberi e sculture: nel caso del nostro cratere è infatti visibile, sulla
sinistra, un'erma.
27. Preparazione delle nozze in cortile. Epinetron a figure rosse del Pittore di Eretria (c. 425 a. C.).
Atene, Museo Archeologico Nazionale 1629.
Il vaso propone un episodio del mito di Alcesti, il giorno del matrimonio con Admeto; la sce-
na verosimilmente si svolge all'aperto, nel giardino-cortile della casa di Admeto: alcune fan-
ciulle stanno decorando con fiori o rami !ebeti e loutrophoroi, altre due si dilettano con un
uccellino, mentre Alcesti, riccamente vestita, si appoggia mollemente a una KMVI] coperta di
cuscini, forse il letto nuziale; sullo sfondo a destra, dietro una 1tam:aç, suggerita da una co-
lonna, si apre una porta verso l'interno dell'abitazione.
Il bagno
31. Un tratto dell'acquedotto di Olinto, Casa della fontana (v secolo a. C.). D. M. ROBINSON, Excavations
at Olynthus, XII. Domestic and Public Architecture, Ba! timore 1946.
La città di Olinto ha dotato i nuovi quartieri, costruiti con impianto ippodameo, anche di un
acquedotto; le tubature fittili avevano un diametro di 30 cm e coprivano una rete piuttosto
estesa.
32. Una donna fa il bagno. Terracotta da Camiro, Rodi (c. 450 a. C.). Londra, British Museum GR
1948·5·2.14.
La terracotta mostra una donna seduta sul fondo di una vasca da bagno d'uso domestico. Le
dimensioni non dovevano generalmente superare x m di lunghezza e 40 cm di larghezza, men-
tre la profondità doveva essere piu o meno di 50 cm.
33· Un giovane si lava in un bacino. Coppa attica a figure rosse (V-IV secolo a. C.). Oxford, Ashmolean
Museum 1929.465.
Quando non erano disponibili vere e proprie vasche, per le abluzioni si usavano bacini den-
tro i quali ci si immergeva per lavarsi e poi versarsi acqua pulita a doccia con altri conte-
nitori.
La casa 1157
34· Una fanciulla si prepara a lavarsi in un louterion. Terracotta (IV secolo a. C.). Taranto, Museo
Archeologico N azionale l. G. r 17 3 57.
La fanciulla, forse Afrodite, si accinge a lavarsi dopo aver riposto gli abiti e sistemato le scar-
pe presso il bacino. Per abluziorù quotidiane o piu veloci verùvano usati anche bacini su al-
to piede, louteria, nei quali l'acqua veniva versata con hydriai.
1158 La casa
35· Abluzioni presso un louterion. Hydria attica a figure rosse (430-420 a. C.). Oxford, Ashmolean
Museum 296.
Questa volta le fanciulle sono due e la scena è arricchita da alcuni oggetti funzionali all'ope-
razione che si sta svolgendo: un xaÀaitoç, un canestro, solitamente presente in contesti mu-
liebri e destinato a numerosi usi; una benda, appesa alla parete, probabilmente per l'accon-
ciatura realizzata con l'aiuto di fasce di tessuto; e, infine, un oggetto forse per l'abbiglia-
mento appeso vicino alla benda. Le abluzioni in bacini di piu o meno grandi dimensioni sono
le forme di pulizia personale piu comuni in città, dove il rifornimento idrico è piu comples-
so: ad Atene, ad esempio, non erano cosi frequenti le case con pozzi privati e l'acqua per i
vari usi domestici era attinta dalle fontane pubbliche; le numerose raffigurazioni vascolari di
donne alla fontana, oltre che propagandare la politica di rifornimento idrico attuata da Pisi-
strato a partire dalla metà del VI secolo a. C., documentano la necessità di ricorrere alle fon-
tane pubbliche anche per l'uso privato.
La casa 1159
37- Pitale in terracotta (440-425 a. C.). Arene, Museo dell'Agorà P 2352. B. A. SPARKES e L. TALCO'IT,
ilthenian ilRora, XII. Black and Plain Pottery o/ the 6th, 5th and 4th Centuries B.C., Princeron 1970.
Si tratta di un raro esempio di quello che doveva essere un pitale da notte (àfilç). Se le la-
trine stavano in cortile, comunque all'esterno della casa, all'interno, soprattutto di notte,
si usava il pitale, di varie forme, ma generalmente di terracotta o di metallo.
La cucina e i magazzini: ambienti, utensili e usi alimentari
38. Un interno domestico. Skyphos attico a figure rosse. Los Angeles,}. Pau! Getty Museum 85 AE.265.
L'insolita immagine- collegata alla scenetta comica dell'altro lato, la padrona che si ubriaca
e la serva che la segue portando uno skyphos in mano e un otre sul capo - permette di im-
maginare uno spazio domestico, forse una cucina o, piu probabilmente, un magazzino per la
conservazione degli alimenti e degli attrezzi. Sono infatti visibili, a destra, un xlj3omov, cioè
una cassa dalla superficie piana con piedini sagoma ti a zampa di animale, al di sopra del qua-
le è una cassetta o un cesto e una lekythos (o una oinochoe); al xlj3on:wv è appoggiata un'anfo-
ra vinaria; a sinistra è invece visibile un alto treppiede -sulla sommità del quale è appoggia-
to un cratere - da cui pende un piccolo alabastron; sotto il treppiede è appoggiato un altro
vaso, forse una grande anfora; sul fondo, come appesi alla parete, sono visibili un calderone,
per la cottura a bollore dei cibi, e una griglia, da usare entrambi sul focolare della cucina.
Lacasa 1161
39· Una donna davanti al forno. Terracotta beotica (fine del VI secolo a. C.). Londra, British Museum
GR I966.J -28.22.
Anche la preparazione e la cottura degli alimenti per l'uso quotidiano erano svolte dalla pa-
drona di casa o dalle ancelle sotto la sua sorveglianza; la statuetta mostra una donna occu-
pata alla cottura probabilmente di pani o focacce.
40. Una donna macina del frumento. Terracotta da Camiro, Rodi (c. 450 a. C.). Londra, British
Museum cat. Terracottas 234.
Gran parte dell'alimentazione si basava su cereali e legumi che venivano seccati e macinati
per formare una farina che veniva utilizzata, ad esempio, per la Jlà~a. La statuetta mostra
una donna intenta a schiacciare il frumento con una pietra all'interno di un bacino, al cen-
tro del quale è visibile un ripiano.
1162 La casa
41. Un fornello di terracotta per la cottura degli alimenti, da Delo. CH. LE ROY, Réchauds déliens, in
«Bulletin de Correspondance Hellénique», LXXXV (1961).
Questo oggetto è un fornello a terra utilizzato per la cottura dei cibi nelle cucine o nei cor-
tili di Delo; è una tipologia diffusa negli scavi delle zone residenziali della città, ma non è do-
cumentata al di fuori dell'isola. Nello spazio interno della colonnina di base si riponeva il ma-
teriale per la combustione, i tizzoni già ardenti prelevati dal focolare che veniva acceso nel
cortile o, in caso di pioggia, nel piccolo vano della cucina.
44· Forno monile in terracotta per la cottura del pane (l.rrvò;), da Atene (V-IV secolo a. C.).
Il forno serviva per la cottura del pane o delle focacce, alimenti base della cucina greca. Que-
sta funzione giustifica la forma, differente rispetto a quella dei fornelli precedenti, utilizza-
ti per la cottura dentro tcrrine: il carbone o i tizzoni venivano posti all'interno del suppor-
to, mentre il cibo da cuocere - pane, ma anche arrosti - veniva messo sul piano coperto da
una cupola o semicupola dello stesso materiale. Forni simili sono spesso visibili in terrecotte
votive che raffigurano donne intente alla cottura dei cibi.
45· Griglia per la cottura di carni, pesci e verdure alla brace {V·IV secolo a. C.). Atene, Museo dell'Agorà
p 4869. 2 '956.
a)
b)
4 7. a. Padella in bronzo, da una tomba a camera di Asine (Argolide). Atene, Museo Archeologico N a·
zionale. b. Casseruola in bronzo, da Fare (Acaia). Patrasso, Museo Archeologico.
Gli utensili da cucina, le pentole e gli altri tipi di stoviglie, come i mestoli, potevano essere
di vari materiali: argilla, come gli elementi già visti, oppure ferro, rame, piombo o bronzo.
v-
a)
48. Tipi di xutQU: a. da Atene (c. 330 a. C.); b. da Corinto (c. 150 a. C.).
c)
)o. Tipi di Àorrétç: a. da Atene (c. 400 a. C.); b. da Corinto (c. 350 a. C.); c. da Corinto (c. 150 a. C.).
I I68 La casa
L'alimento essenziale della cucina greca era la Jld~u, un impasto di cereali singoli o misti: po·
teva essere mangiata piu liquida, in forma di minestra, o piu densa come focaccia; poteva es-
sere variamente arricchita con legumi o profumata con erbe varie. 'AQmç era invece un pa-
ne di solo frumento, piu pregiato e piu caro della Jld~a. Si hanno notizie anche di dolci, co-
me il rrÀ.axoùç: torta di grandi dimensioni costituita da farina, noci, pistacchi e datteri, o la
rtUQUJloùç, dolce di forma piramidale e di piccole dimensioni composto da frumento, miele e
sesamo. L'iiQW'tov era il primo pasto della giornata, in età arcaica probabilmente pasto ricco
e completo (Odissea, I6.2.50), sostituito, a partire dal v secolo a. C., da un pasto piu mode-
sto con cereali e vino detto ÙXQU'tiOJla; il pasto vero e proprio era comunque il ÒEiJtvov a metà
giornata, il quale, come composizione, era simile al pasto serale, il MQrrov: focacce di cerea-
li e leguminose, carni cotte arrosto o in umido e vino. Va comunque osservato che i termini
ÒEiJtvov e MQrrov assumono a volte il significato di pasto in genere. Erano le donne di casa,
la padrona e le ancelle sotto la sua direzione, a occuparsi della preparazione dei pasti, men-
tre l'acquisto degli alimenti era prerogativa maschile. Per le grandi occasioni, pranzi di noz-
ze o feste religiose, cosi come per i simposi, veniva chiamato un cuoco professionista (JlUYEL·
Qoç), che provvedeva alla loro organizzazione e preparazione.
La casa
52. Vaso corinzio a forma di lepre (VII-VI secolo a. C.). Oxford, Ashmolean Museum 1879.131.
Nell'ambito della produzione corinzia troviamo piccoli vasi a forma di animale, interpretati
ora come ex voto, ora come giochi per bambini, ora come oggetti connessi agli usi culinari
kontenitori di salse per condire gli alimenti?); essi danno comunque un'utile indicazione sul-
la presenza degli animali domestici in Grecia. Le carni erano infatti presenti nella cucina gre-
ca, soprattutto maiale e bue, ma anche capra e montone, cinghiale e gallinacei; la cacciagio-
ne, specialmente il fagiano, era pietanza ricercata, come pure la lepre, presente in ogni buo-
na mensa.
I I 70 La casa
53· Piatto con pesci (340·3JO a. C.). Boston, Museum of Fine Am, Seth K. Sweetser Fund 65.564.
Il pesce era uno degli alimenti base della cucina greca, sia fresco che seccato al sole, salato o
in salamoia. Fra le varietà piu comuni si possono annoverare seppie e calamari, acciughe, ton·
no e anguille, ma molto usati erano anche crostacei e molluschi; abbiamo notizia anche di
una zuppa di pesce salato (l;w~-totUQIXOç).
Mobili e altre suppellettili
54· Il letto nuziale. Anfora a figure rosse del Pittore di Copenaghen (470 a. C.). New York, Levy
Collection.
La scena raffigura il corteo che accompagna la coppia di sposi, Peleo e Teti, al {tétì.a~oç, la
camera da letto degli sposi, il luogo piu appartato e protetto, il simbolo stesso dell'unione fa-
migliare, all'interno del quale dovevano essere conservate le cose piu preziose, i tesori della
casa, dai tessuti realizzati dalle donne ai gioielli; perciò dobbiamo immaginare la stanza com-
pletata da x$wwi di diversi materiali e forme; la camera nuziale è arredata da un'elegante
xì.ivl] posta sotto un baldacchino a colonne ioniche, con le gambe riccamente decorate e for-
nita di coperte variopinte e un cuscino; sullo sfondo sono raffigurate una benda e un alaba-
stron, appesi alla parete. La xÀiVTJ era di forma rettangolare con intelaiatura per lo piu di le-
gno o talvolta di ferro, all'interno della quale si intrecciavano corregge di cuoio; la testiera
era piu alta e la struttura poteva essere decorata con materiali preziosi; le gambe di sostegno
erano quadrangolari con terminazioni talvolta zoomorfe; sopra la xì.ivl] si stendevano mate-
rassi, cuscini e coperte. La xì.ivl] serviva sia nelle stanze da letto, sia durante i banchetti.
I I 72 La casa
55· Una tavola in marmo con sostegno a colonna, da Delo. w. DEONNA, Exploration arr:héologique de Délos,
XVIII, Paris 1938.
I tipi di tavola e le varie soluzioni decorative si possono dedurre, oltre che da esempi a gran-
dezza naturale conservatisi, anche da oggetti votivi di piccole dimensioni o da raffigurazio-
ni su monumenti figurativi come pitture vascolari e stele funerarie. La tavola (-rQ<'utE~a) era
di solito piccola e bassa, di forma rettangolare, trapezoidale o circolare, posta su tre o quat-
tro piedi. Tavole simili sono note sia per i contesti privati residenziali, sia per i complessi re-
ligiosi. Come oggetti della sfera privata, venivano usate nelle cucine per i pasti che la fami-
glia consumava insieme, ovvero venivano poste di fronte alla xÀiVT] durante i simposi e tolte
alla fine.
La casa I 173
56. Stele con defunta su fiQovoç con poggiapiedi. Delo, Museo A 3 186.
l n questa stele funeraria una donna, vestita con un chitone e un imatio, è seduta su un {tQ6voç
con alta spalliera, gambe tornite e lavorate, senza braccioli, ma arricchito da una stoffa o un
cuscino di cui sono visibili le frange. Il {tQ6voç, riservato a persone di una certa importanza,
poggia su quattro gambe con piedi ed è dotato di schienale e braccioli, spesso riccamente de-
corato da rilievi o pitture lungo le superfici ; in genere è accompagnato da un poggiapiedi
(1'tQTjvu!;), normalmente di forma rettangolare e con piedi zoomorfi, che, oltre ad essere as-
sociato alle x1..tvat, è usato anche durante lo svolgimento di particolari mansioni, come la tor-
ci tura della lana.
r 174 La casa
La casa II75
a) b)
57· Un esempio di ><ÀLO!l6ç. Pisside a figure rosse (v secolo a. C.). Cambridge, Fitzwilliam Museum GR
1·1922.
La pisside propone scene di vita femminile: sullo sfondo nero, nel fregio principale, si muo-
vono una serie di figure femminili che recano oggetti di pertinenza muliebre; nei contesti di
vita domestica o nelle scene di preparazione alle nozze è frequente trovare anche il xÀI.Of!Oç,
un'elegante sedia con schienale ricurvo sostenuto da listelli quadrangolari o circolari, e sen-
za braccioli, poggiante su gambe sottili e leggermente divaricate verso la base.
58. Una donna seduta sul bl<pQoç. Lekythos a figure rosse (v secolo a. C.). Atene, Museo Archeologico
Nazionale 1645.
La sedia piu comune e diffusa nel mondo greco era il oicpQoç, sgabello pieghevole senza spal-
liera, con gambe spesso incrociate, che veniva usato nelle piu diverse occasioni e poteva es-
sere facilmente trasportato.
6o. Una fanciulla davanti a un ><L~wtoç. Pinax votivo fittile da Locri (v secolo a. C.). Taranto, Museo
Archeologico N azionale I. G. S3 32.
La scena di vita domestica con la donna che ripone teli o abiti in un cassone (xL~W'tÒç) è di
grande interesse, oltre che di squisita eleganza; l'immagine offre infatti lo scorcio di un in-
terno con oggetti appesi alle pareti, fra i quali dobbiamo annoverare un kantharos, una
lekythos, uno specchio e un xaÀaltoç; alle spalle della donna è raffigurato un ltQòvoç con cu-
scini. La lavorazione e la cura dei tessuti sono di competenza della donna di casa e fra tali
mansioni figura anche il riporre i teli e gli abiti in appositi cassoni, i KL~W"tOi; essi erano di va-
rie dimensioni e di forma generalmente rettangolare, con coperchi a doppio spiovente, a bau-
le o piu generalmente piatti, con piedini o gambe per sollevarli un po' da terra; potevano es-
sere in terracotta, metallo, vimini, ma piu spesso erano in legno, con listelli fermati da chio-
di. I termini KL~<o"tòç e KL~<irrwv sono particolarmente usati a partire dal v secolo, ma per
definire queste casse o cassapanche troviamo anche altri nomi: çuyaowov, OOQÒç, ÀctQval;,
CjlWQLG!lÒç, {hjKl], Ki(J'[l], ÙV'tml]l;, XlJÀÒç, KOi'tlj.
La casa 1177
63. Una donna ripone uno scritto in una cassetta. Lekythos attica a figure rosse (v secolo a. C.). Parigi,
Louvre CA 2220.
Cassette per testi e documenti erano usate soprattutto in contesti pubblici e sacrali, ma an-
che nella dimensione privata circolavano volumina, magari contenenti scritti contabili o te-
sti poetici e musicali, destinati a un pubblico femminile.
La casa 1179
64. Esempi di lucerne in bronzo. Berlino, Staatliche Museen, Amikensammlung 10049, 10050, 1005 r.
Le lucerne erano di forma generalmente circolare, con uno o piu beccucci, aperte oppure chiu-
se; neUa vaschetta era versato il combustibile che, bagnando il lucignolo, garantiva una fiam-
ma continua dal beccuccio. Le lucerne potevano essere di vari materiali: le piu comuni era-
no fittili, mentre i prodotti piu ricercati erano in metaUi piu o meno preziosi, soprattutto
bronzo. Questi oggetti, di piccole dimensioni (il diametro poteva essere di 20-30 cm), erano
posti all'estremità di asticeUe che venivano appese aUa parete, oppure appoggiati ai bracci dei
candelabri. Per illuminare stanze o esterni, ovvero per accompagnare cortei o cerimonie re-
ligiose, potevano essere usate anche fiaccole costituite da rami resinosi.
II8o
a) b) c)
d) e) /J
65. Tipi di candelabri, da originali (a, /J e da dipinti vascolari (b-e). B. RUTKOWSKI, Griechische Kandelaher,
in «Jahrbuch cles Deutschen Archaologischen Instituts>>, XCIV (1979).
I candelabri erano steli di vari materiali con bracci laterali atti a sostenere lucerne per l'illu-
minazione, ma utilizzati anche per incensieri (&uf1LU"t~{nu) e per appendervi oggetti vari. Di
origine orientale, i candelabri sono estremamente diffusi nel mondo greco, dalla madrepatria
fino all'Italia meridionale, soprattutto in età ellenistica; gli esempi piu ricercati e preziosi era-
no importati dall'Etruria, dove la produzione inizia alla fine del VII secolo a. C. e influenza
anche quella greca. I candelabri potevano essere realizzati in ferro, bronzo oppure in legno,
a base piatta ovvero con treppiede. Negli esempi piu raffinati, veri status symbol, la creati-
vità degli artigiani si esplicava soprattutto nelle figurine che decoravano la sommità dell'asta,
piccoli capolavori plastici raffiguranti divinità ed eroi.
66. Due incensieri. Frammento di vaso a figure rosse (v secolo a. C.). Barcellona, Museo Archeologico
4·479·
Il frammento raffigura una l:QUltEsa posta probabilmente vicino a una xÀiVTJ ricoperta da bei
tessuti decorati; sulla l:QWtEsa sono appoggiati vasi, coppe di varie fogge, e due l'h!i.uanjQLU
di diversa altezza. L'incensiere era un altro oggetto d'uso frequente nella casa greca: era co-
stituito da un'asta con impugnatura, simile a quella dei candelabri, terminante con un pic-
colo contenitore conico e forato, dal quale fuoriuscivano i fumi dell'incenso che bruciava
all'interno.
67. Una donna riempie un incensiere. Kylix a figure rosse del Pittore di Chicago (v secolo a. C.).
Londra, British Museum E 88.
Le donne avevano la funzione di alimentare gli incensieri nell'ambito domestico, soprattut-
to prima delle offerte sull'altare di casa: il fondo della coppa mostra una figura femminile che
riempie un l'h!I-Umt'JQLOV con spezie che prende da una xuì.Lxvlç, una piccola ciotola fittile. L'im-
magine è di grande interesse per il contesto che riproduce, con oggetti d'arredamento quali
il xì.Lo~toç, l'elegante sedia alle spalle della fanciulla, e illh!~twtt'jQLOV a tre piedi col conteni-
tore conico alla sommità; il coperchio è appoggiato sulla base a forma di parallelepipedo.
Il matrimonio
La casa 1183
68. Un corteo nuziale. Lekythos a figure nere del Pittore di Amasi (c. 540 a. C.). New York, Metropol-
itan Museum of Art 56. I I. I.
Il matrimonio come istituzione era la sanzione di una relazione legittima e di una unione (yu-
flOç) allo scopo di costituire un nuovo nucleo familiare (olxoç) prestabilito dalle famiglie di
origine e riconosciuto dalla collettività; perciò era preceduto dal fidanzamento, concepito co-
me contratto fra il padre della sposa e il futuro sposo, e culminava con un cerimoniale che
prevedeva una lunga preparazione e la festa vera e propria, che si svolgeva principalmente in
due giorni, la ltQOauÀla, il giorno prima della notte di nozze, e l'ÈnauÀla, il giorno dopo la
notte di nozze. La preparazione al matrimonio consisteva innanzitutto in sacrifici, in parti-
colare ad Afrodite, Artemide ed Era (dee a cui già erano stati dedicati giocattoli come segno
del passaggio dalla fanciullezza alla condizione di donna); ora venivano offerti animali e al-
tri prodotti della natura, frutta, sementi, fiori, con l'accompagnamento di danze e canti; poi
la fanciulla veniva preparata per la cerimonia con il bagno nuziale, per il quale veniva porta-
ta acqua in !outrophoroi e in ÀÉ~l]'tfç yaflLXol, e con la vestizione della sposa, alla quale so-
vraintendeva una donna detta VUflq>EUtQLa. La cerimonia prevedeva poi la pep!ophoria - il cor-
teo preceduto dalla sacerdotessa con il quale veniva donato il peplo alla divinità -, i sacrifi-
ci di dolci, frutta o animali e la festa nella quale si consumavano i pasti appositamente
preparati. Era una delle rare occasioni in cui le donne potevano pranzare in società assieme
agli uomini, anche se in settori separati di una stessa stanza. C'era infine la processione con
la quale la sposa, compiuti gli àvaxaÀuml]QLU, cioè lo scoprimento con l'identificazione, giun-
geva alla casa dello sposo con un carro sul quale era posto un seggio (xm'W)QU), preceduto da
un nunzio; il corteo era accompagnato da canti, musiche e danze, e gli sposi erano circonda-
ti da persone che portavano doni, offerte e la dote della sposa; nella nuova casa la sposa era
accolta dai suoceri e dalla pronuba. Tipico delle celebrazioni del matrimonio nell'antichità
era la simulazione del ratto ed è per questo che la sposa doveva fingere una certa resistenza
nel momento dell'ingresso nel {}uÀafloç, la camera degli sposi dove la coppia passava la not-
te, prima del secondo e ultimo giorno di festeggiamenti. Oltre che dalle fonti letterarie, le
maggiori testimonianze riguardanti il matrimonio derivano proprio dalle raffigurazioni va-
scolari, in particolare i vasi pertinenti alla dimensione muliebre (Àrxavibrç, nu~lbrç, Àou-
tQO(jlOQOL, ÀÉ~l]nçyuf!Lxoi). Il nostro vaso mostra il corteo che accompagna la sposa dalla pro-
pria casa a quella dello sposo: due carri tirati da due mule arrivano a una casa, al cui ingres-
so è visibile una donna con una torcia, probabilmente la madre dello sposo che accoglie la
coppia in arrivo; sul primo carro siedono la sposa, che agita una corona, e lo sposo, mentre
sul secondo siedono quattro uomini; tutto il corteo è affiancato da figure a piedi, fra le qua-
li devono forse essere riconosciuti anche i genitori della sposa.
r 184 La casa
69. Il corteo nuziale . Pisside del Pietore delle Nozze (v secolo a. C.). Parigi, Louvre L 55·
Anche in questo vaso è raffigurato il corteo che accompagna la sposa dalla casa del padre a
quella del suocero e dello sposo, momento culminante di tutta la cerimonia nuziale al quale
assistono, al centro, Apollo e Artemide.
70 . Il sacrificio ad Afrodite prima delle nozze. Lekytho> a figure rosse alla maniera del piuore di Midia
(c . 410 a. C.). Oxford, Ashmolean Museum GR 1966.71.4 .
L'immagine è quella di un sacrificio a una delle divinità principali cui si facevano dediche per
propiziare il matrimonio, assieme ad Artemide ed Era, cioè Afrodite; al centro troviamo in-
fatti la statua di Afrodite stante e frontale con due phia/ai in mano, ai lati due immagini di
Eros e infine due donne, probabilmente la futura sposa e la madre.
La casa u85
71. Il bagno nuziale e la vestizione della sposa. Pisside attica a figure rosse (c. 420 a. C.). New York,
Metropolitan Museum of Art 1972.118.148.
Si tratta di una complessa scena di preparazione della sposa alla cerimonia di nozze: a sini-
stra un erote versa l'acqua sul capo della sposa per il bagno nuziale, cui segue la vestizione,
durante la quale la sposa viene aiutata da ancelle che portano vesti e bende per l'acconciatu-
ra che consente di tenere i capelli raccolti sulla nuca, mentre un altro erote porta una cas-
setta, probabilmente con oggetti preziosi. La sposa potrebbe essere o la figura stante e fron-
tale che, vestita di un lungo chitone, sta legandosi i capelli, oppure la donna piu a destra, se-
duta su un KÀLO!J.oç sotto un portico a colonne doriche, ormai completamente vestita e
agghindata; questa tuttavia potrebbe essere anche Afrodite, presenza frequente nelle scene
di nozze. Sullo sfondo sono visibili altri oggetti, sedie di vario tipo, KÀLO!J.OL e 1\lq>QOt, sup-
pellettili e vasi comuni nella casa greca come alabastro e lekythoi; compare anche una lou-
trophoros che viene abbellita da due donne con delle bende, grande vaso che serviva a por-
tare l'acqua per il bagno nuziale.
II86 La casa
72. Loutrophoros attica a figure rosse (440-430 a. C.). Atene, Museo Archeologico Nazionale 12540.
È il vaso, caratterizzato dal lungo collo, che veniva utilizzato nelle cerimonie nuziali per por-
tare l'acqua necessaria al bagno della sposa; questa forma vascolare viene ripresa anche dall'im-
magine che appare sul ventre, in cui una donna, probabilmente già agghindata per le nozze
e seduta su xÀ.tof.u)ç, tiene sulle ginocchia appunto una !outrophoros.
La casa 1187
73· Un rapimento mitico. Pinax in terracotta, da Locri (c. 460 a. C.). Reggio Calabria, Museo Archeo-
logico Nazionale.
Il rilievo fa parte di un consistente gruppo di tavolette votive rinvenute a Locri nel santua-
rio dedicato a due divinità fra loro connesse, Persefone e Afrodite; mentre infatti quest'ul-
tima è celebrata quale dea della bellezza e dell'amore, l'altra viene venerata in qualità di pro-
tettrice del matrimonio e delle nozze, in una veste perciò molto simile a quella tradizionale
di Era. Per questa ragione le tavolette fittili rinvenute presentano tematiche afferenti alla
sfera muliebre dell'amore e della vita coniugale, raffigurando soggetti che di volta in volta
sono rapportabili alle due dee: tra gli altri, abbiamo un pinax con una fanciulla che dedica
una palla e un gallo a Persefone, simboli dell'addio alla fanciullezza e della scoperta della ses-
sualità. Il pinax qui raffigurato illustra il rapimento di Persefone da parte di Ade, episodio
che precede il matrimonio mitico e che allude alla valenza propiziatoria e funeraria della di-
vinità, ma che al contempo evoca il cerimoniale nuziale del mondo greco.
u88 La casa
74· L'ingresso della coppia in casa. Loutrophoros a figure rosse del Pittore di Sabouroff (c. 460 a. C.).
Copenaghen, Museo Nazionale 9080.
Il vaso raffigura lo sposo che guida la sposa velata, tenendola per il polso, al thikaJ.Loç; li se-
guono alcune donne e una fanciulla che portano unguentari, una krxavlç, una cassetta per i
gioielli; sono attesi da un'altra donna (la suocera?) che illumina la camera con torce di ben-
venuto, mentre un giovane suona l'aulos.
La vita familiare
75· Una scena di parto. Terracotta (VI secolo a. C.). Nicosia, Museo Nazionale.
La donna, una volta sposata, diventava la padrona della casa e doveva provvedere all'ammi-
nistrazione dei beni e a sovraintendere alle varie attività che in essa si svolgevano; la pro-
creazione e l'allevamento dei figli sono tuttavia il compito principale della donna. La sta-
tuetta, proveniente dal santuario di Lapithos (Cipro), raffigura il momento del parto: la par-
toriente è semidistesa e sostenuta da un'altra donna, mentre la levatrice aiuta e sostiene il
neonato. La nascita era seguita dal riconoscimento o eventualmente dal rifiuto del neonato
con conseguente esposizione (ìbd}rmç); l'àt.uptlìQ6!1ta, rito che si poteva verificare al quinto,
settimo o decimo mese, consisteva infine in una esposizione del piccolo alla fiamma, come
purificazione dalle impurità della nascita e consacrazione alla divinità della casa.
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76. Una madre e una bimba. Pinax fittile votivo (c. 560 a. C.). Atene, Museo dell'Acropoli.
Questa tavoletta in terracotta (cm 5,8 x 7, 7) - uno dei rari documenti figurativi con scene di
vita quotidiana di età arcaica - presenta una donna seduta su lìlq>Qoç, intenta a lavorare su
un piano d'appoggio, mentre alle sue spalle si trova una fanciulla seduta a terra; si tratta pro-
babilmente di una madre occupata a impastare delle focacce o piu probabilmente a cucire as-
sieme dei tessuti; alla parete sono appesi teli di diversi colori, mentre su un ripiano sono ap-
poggiati dei contenitori.
1190 La casa
77· Una donna insegna alla figlia a cucinare. Terracotta beotica (inizi del v secolo a. C.). Boston,
Museum of Fine Arts o1. 7788.
Questo piccolo gruppo scultoreo (altezza cm I o, 7) raffigura una donna e una fanciulla ac-
canto a un focolare, sopra il quale è posto un treppiede che sostiene una pentola; probabil-
mente è rappresentata una madre che si preoccupa d'insegnare alla figlia l'arte culinaria.
78. Una scena di vita domestica. Kylix a figure rosse (v secolo a. C.). Napoli, Museo Archeologico
Nazionale 1. Disegno di A. Brighi.
L'ambiente domestico è richiamato da una colonna dorica accanto a un personaggio maschi-
le seduto - colonna che forse appartiene al porticato antistante gli ambienti del piano terra
- e soprattutto da una serie di oggetti che sembrano appesi alle pareti, dal xaÀm'toç e dallll-
cpQoç sotto le anse, da una piccola vasca su treppiede vicino a quella che dovrebbe essere la
padrona della casa, un xlj3wnov e tessuti per le attività di pulizia o per I' abbigliamento. Se è
pur .vero che la casa è il luogo in cui regna sovrana la donna e che l'uomo passa gran parte
della sua vita in pubblico, è altrettanto vero che esistevano occasioni e momenti di vita col-
lettiva all'interno della casa, i momenti del pasto ma anche momeqti di relax in cui i mem-
bri maschili e femminili della famiglia si riunivano piacevolmente. E suggestivo pensare che
la coppa raffiguri una famiglia riunita, con i genitori seduti, l'uomo su KÀLO!.u)ç e la donna su
olcpQoç, e i figli in piedi presso di loro.
79· Lo spazio domestico della donna. Pisside a figure rosse del Pittore della Centauromachia (metà del
v secolo a. C.). Parigi, Louvre CA 587.
La pisside raffigura, in uno sguardo d'insieme, lo spazio, le occupazioni e gli oggetti che ca-
ratterizzano la vita di una donna greca libera, in età classica: gli spazi sono essenzialmente
quelli della casa, evocata dal fhiÀajloç che si intravede dietro l'anta aperta di una porta; le oc-
cupazioni sono quelle di una sposa e di una donna di casa, soprattutto lavorare e curare i tes-
suti; gli oggetti sono quelli utili per i lavori domestici e la toeletta.
II92 La casa
So. Le cure di un neonato. Vaso attico a figure rosse (v secolo a. C.). Cambridge, Harvard University,
Fogg Art Museum.
Sul corpo del vaso è dipinta una donna, seduta su xÀ.lOtJ.oç, che porge a un'ancella il piccolo
che aveva in braccio. Le cure materne di un neonato si alternano a quelle di una nutrice, al-
meno nelle famiglie piu abbienti; alla madre, fin dai primi giorni, spettava il compito di al-
lattarlo e nutrirlo, !avario e metterlo a letto; alla bambinaia (-.:Qo«poç) spettava invece la cura
durante la notte e la pulizia quotidiana degli oggetti usati dal bimbo.
La casa I 193
81. Un uomo picchia con un sandalo un bambino davanti alla madre. Lekythos a figure nere del Pittore
del Sandalo (metà del VI secolo a. C.). Bologna, Museo Civico P 204.
82. Una scena di vita familiare. Pe/ike attica a figure rosse (440-420 a. C.). Londra, British Museum cat.
Vases E 396.
Sulla pelike è raffigurato un bimbo che viene sollecitato a gattonare dalla madre, verso la qua-
le è rivolto, in presenza del padre che è alle spalle.
I 194 La casa
83. Il vaso di Aristokleia. Lekythos a figure nere, dalla necropoli di Selinunte (metà del VI secolo a. C.).
Palermo, Museo Archeologico Nazionale.
Sul ventre del vaso, sotto alla scena con la lotta tra Teseo e il Minotauro, è graffita un'epi-
grafe che, secondo M. Guarducci, si riferisce ai due successivi proprietari del vaso stesso:
<<sono di Aristokleia la bella, bella io stessa [la !ekythos]. Ma essa non la possiede; Pithakos
infatti, avendola presa, la possiede>>.
Gli oggetti e giochi dell'infanzia
84. Un seggiolone per lattanti. Terracotta (inizi del VI secolo a. C.). Atene, Museo dell'Agorà P r8o10.
Documentati su raffigurazioni vascolari, questi oggetti pertinenti al mondo dell'infanzia so-
no interpretabili come seggioloni, ma contemporaneamente potevano essere vasini, poiché
all'interno sono dotati di un foro che consentiva di raccogliere gli escrementi in un conteni-
tore posto nello spazio del sostegno. Hanno una forma grosso modo biconica, con una base
di supporto e uno spazio superiore protetto lateralmente, di forma conica o globulare, con
foro per la fuoriusci t a delle gambe.
85. Una donna con bambino sul seggiolone. Kylix a figure rosse del Pittore di Sotade (c. 450 a. C.).
Bruxelles, Musées Royaux d'Art et d'Histoire A 890.
Il fondo di questa coppa raffigura una giovane donna (la madre o la nutrice) seduta su lllq>Qoç
rivolta verso il piccolo, seduto su un tipico seggiolone.
86. Askos a vernice nera per bambini (IV secolo a. C.). Londra, British Museum GR 1836.2-24.262.
Questo vaso a vernice nera reca l'iscrizione <<bevi ma non gocciolare>> e doveva funzionare
come un odierno biberon.
La casa 1197
87. I giochi di un lattante. Chous attico a figure rosse (440-430 a. C.). Londra, British Museum
GR 191o.6-15-4-
Il chous (boccale) propone l'immagine di un bambino seduto sul seggiolone, che agita un gio-
co con la mano destra; alla sua sinistra è visibile un carrettino (o solo una ruota?) da spinge-
re; il gioco infantile dovette sembrare un argomento tutt'altro che futile, se Svetonio scris-
se un'opera perduta intitolata appunto Sui giochi dei bambini in Grecia.
1198 La casa
88. Una bambola con arti mobili. Terracotta da Corinto (c. 350 a. C.). Londra, British Museum.
Uno dei giochi piu comuni già nell'antichità era la bambola; realizzata in argilla, legno inta-
gliato o stoffa, aveva spesso arti mobili; questa raffigura una danzatrice con nacchere in mano.
La casa 1199
a)
b)
89. Fanciulle che giocano: a. l'altalena; b. il «dorso a dorso>>. Anfora a figure nere del Pittore di
Princeton (540-530 a. C.). Stoccarda, Wiirttembergisches Landesmuseum Arch. 65{1.
Il vaso rappresenta sul lato a un'interessante testimonianza dell'uso dell'altalena nel mondo
greco: alla presenza di un personaggio maschile adulto, raffigurato all'estrema sinistra, una
donna rivolge le proprie attenzioni al figlio che, in piedi di fronte a lei, le tende le braccia;
una seconda donna spinge l'altalena su cui è seduta una fanciulla, mentre un altro piccolo
cammina in basso sotto l'altalena. Sul lato b un'altra scena di gioco, in cui due fanciulle si
sollevano alternativamente da terra facendo leva sul dorso e tenendosi con le braccia, in pre-
senza di altre fanciulle e di un uomo.
1200 La casa
90. Un fanciullo gioca col cerchio. Kylix attica a figure rosse (v secolo a. C.). Monaco, Antikensammlung
2674·
Il fondo della coppa raffigura un fanciullo che corre spingendo il cerchio con una bacchetta;
nell'altra mano tiene un panno, forse un asciugamano.
La casa 1201
91. Il gioco dell't<pEbQtol1òç. Oinochoe attica a figure rosse, da Nola (430-420 a. C.). Berlino, Staatliche
Museen Pretillischer Kulturbesitz.
Stando a Polluce (Onomasticon, 9·7.119), l'ic:pebQtOflOç, forse un gioco di squadra, era una
sorta di tiro al bersaglio consistente nel colpire con una palla o con sassi una pietra infissa nel
terreno; chi falliva doveva portale sulle spalle il vincitore, che gli chiudeva gli occhi, e rag-
giungere cosf il bersaglio stesso: questa è proprio la fase descritta nel vaso berlinese. Altra
cosa era il portare compagni sulle spalle, come penitenza durante altri giochi.
1202 La casa
92. Un QÒI'~oç in marmo e il suo uso. P. ZAPHIROPOULOU, Une nécropole à Paros, in Nécropoles et sociétés
antiques, Naples '994·
L'esemplaie qui riprodotto proviene da una tomba infantile della necropoli nord di Paio: si
tratta di un'offerta funeraria, poiché normalmente l'oggetto era in legno. Il QOIJ.~oç era in-
fatti una sorta di ruota magica che veniva fatta ruotaie grazie ai fili introdotti nei forellini
centrali; un gioco analogo era chiamato iuyl;.
93· Un dado iscritto. Terracotta da Taranto (fine del VI secolo a. C.). Trieste, Musei Civici di Storia
dell'Arte.
Il dado (àm:gayaÀoç) presenta sei facce iscritte con i numeri: xu(~oç) (asso), blio (due), wla
(tre), 'tÉ'to(gEç) (quattro), nÉv(u) (cinque), {Él; (sei).
La casa I 203
94. Ragazze che giocano agli astragali. Monocromo su marmo, copia romana da un originale di Alessandro
di Atene (v-rv secolo a. C.). Napoli, Museo Archeologico Nazionale 9562.
Gli astragali, ossi del tarso di alcuni animali, vennero usati spessissimo nel mondo antico co-
me gioco, ma anche come offerte (in questo caso possiamo trovarli imitati in materiali di-
versi, come quello del Louvre, da Susa, proveniente dal saccheggio del Didymeion nel 494
a. C. da parte di Dario), come talismani e nei corredi funerari. In Grecia si giocava agli astra-
gali in palestra, per strada (PLUTARCO, Vita di Alcibiade, 2. 192d) e naturalmente nei cortili
delle case (PLATONE, Liside, 2o6e): alle quattro facce era dato un diverso valore numerico (I,
3, 4, 6) e si giocava con varie regole. In questo caso le fanciulle (epigrafi permettono di iden-
tificarle in Hilaera e Aglaia, al centro, quindi Niobe, Febe e Latona) stanno forse giocando
al J'!EvtEì..u'}a: si ponevano sul palmo della mano cinque astragali, li si lanciava in alto e si ten-
tava di prenderli con il dorso; se qualcuno sfuggiva si doveva prenderlo con le dita senza far
cadere quelli rimasti sul dorso (POLLUCE, 9·7.126-27). Oltre ai dadi e agli astragali erano dif-
fusi anche altri giochi, come la trottola (in legno, terracotta o metallo), di forma conica, av-
volta da una corda che le dava movimento rota torio; è documentato un gioco simile all'hockey
moderno e un gioco a palla con i giocatori gli uni a cavallo degli altri. Altre informazioni ci
giungono dalle fonti letterarie: era celebre la J'!Àatayi] di Archita, ricordata da Aristotele (Po-
litica, 1340b26), probabilmente una raganella.
La produzione dei tessuti
95· l momenti diversi della produzione di tessuti. Lekythos a figure nere del Pittore di Amasi (metà del
VI secolo a. C.). New York, Metropolitan Museum of Art, Flechter Fund 1931 JI.II.IO.
Una delle attività principali dell'oixoç, vero e proprio nucleo produttivo della società greca,
era la produzione dei tessuti per le necessità domestiche e per il vestiario. La lekythos offre
una testimonianza eccezionale delle varie sequenze della lavorazione, dal materiale grezzo al
prodotto finito. Questa attività era naturalmente di competenza femminile e si svolgeva nel
gineceo, in particolare nel vano deputato alle attività produttive (iotEi:ov) posto al secondo
piano; per il lino, che richiedeva un ambiente umido, probabilmente si disponeva l'attrezza-
tura in cantine, se presenti nella casa. Benché venissero usate anche materie prime di origi-
ne vegetale, come il lino e il cotone, la maggior parte dei tessuti era realizzata con la lana, le
cui fasi della lavorazione erano principalmente tre: la torci tura dei fiocchi, la filatura e la tes-
situra. Queste tre fasi erano precedute da una serie di lavori preliminari, come la pulitura con
acqua e radice di saponaria e la cardatura (!;ulvEtv), che si svolgevano però al di fuori del gi-
neceo. La disposizione delle donne, intente a diverse occupazioni, sulla superficie della
lekythos non segue un ordine cronologico, poiché forse si vuole alludere alla possibilità che,
all'interno della casa, padrona e ancelle svolgessero anche contemporaneamente le vari man-
sioni; si vedono infatti tre donne, una delle quali seduta, che compiono la torci tura della la-
na, una che fila, cioè produce il filo adatto per la tessitura, due che pesano i gomitoli, due
che sono occupate al telaio per tessere la tela e altre due che piegano la tela ormai finita.
La casa 1205
96. La torcitura della lana. Kylix a figure rosse di Duride (c . 480 a. C .). Berlino, Staatliche Museen,
Antikensammlung F 2 2 89.
La prima fase della lavorazione era la torcitura, cioè la realizzazione di un grosso filato at-
traverso l'aggregazione di vari fiocchi di materiale grezzo. Questo procedimento poteva es-
sere effettuato in due modi diversi: in piedi o sedute, solo con le mani, tenendo con la sini-
stra un po' di fiocchi di materiale informe e torcendoli con le dita della mano destra fino a
produrre un lucignolo (xa-,;ay!-la), ovvero filo grosso ma continuo, che scende nel cesto sot-
tostante (xaì.a{}oç, -,;aÀaQoç); oppure da sedute, passando il materiale su una gamba, flessa e
appoggiata su un supporto, e torcendolo con la mano destra fino a produrre il lucignolo che,
allungandosi, si deposita in un cesto, come mostra la donna seduta in questa coppa.
1206 La casa
97 · 'Enivl)tpov a ligure nere (490-470 a. C.) . Leida, Rijksmuseum van Oudheden 1955/1 , 2.
Un'altra tecnica per la torcitura era quella che utilizzava l'btlVT)'tQOV, un utensile di forma
grosso modo semicilindrica, che veniva posato sulla gamba flessa e che grazie alla sua super-
ficie scabra favoriva una piu efficace e veloce torcitura.
98. Il cesto da lavoro. Terracotta (vi secolo a. C .). Londra, British Museum GR r877 12-] . 14.
Il vaso riprende la forma del xalattoç, il contenitore da lavoro utilizzato soprattutto per rac-
cogliere il filo prodotto dalla torcitura; per questo il solo canestro è capace di richiamare il
mondo femminile, come avviene anche nell 'iconografia funeraria.
La casa 1207
99. La filatura.Lekythos a fondo bianco del Pittore della Fonderia (c. 490 a. C.). Londra, British Museum.
La lekythos offre un'immagine molto chiara di come doveva svolgersi la filatura (xì..w{}nv, v~
l'hw): la donna teneva con la mano sinistra la conocchia (~ÀaxanJ), un'asta con impugnatura
sulla cui sommità era ben avvolto il lucignolo; all'estremità del filo era legato il fuso (aTQax-
mç), costituito da una piccola bacchetta appesantita da una noce, il fusaiolo (mpovlìuÀoç), che
facilitava la rotazione; la donna tirava e contemporaneamente torceva il filo tra il pollice e
l'indice in modo che si assottigliasse e compisse una rotazione; man mano che il filo si allun-
gava e torceva, si scioglieva il nodo che lo legava al fuso, si avvolgeva il filo al fuso e infine
lo si legava di nuovo in modo che si potesse filare un altro lucignolo; quando il fuso era pie-
no si toglieva il filato e lo si raccoglieva in gomitoli pronti per la tessitura. I filati utilizzati
per l'ordito erano torti maggiormente rispetto a quelli utilizzati per la trama.
100. Schema c manipolazione del fuso. A. PEKRIDOU-GORECKI, Come vestivano i Greci, Milano 1993.
a)
102. Il telaio verticale e le sue parti. I'EKIUDOU-GOKECKI, Come vestivano i Greci cit.
Benché non siano pervenuti resti di telai antichi, poiché erano realizzati con materiale de-
peribile - un legno particolarmente duro al quale Teofrasto dà il nome di cìvòQUXÀll (Storia
delle piante, 5. 7 .6) -, alcune immagini consentono di ricostruire il tipo usato nell'antica Gre-
cia: si trattava di un telaio verticale ([m:oç ÒQ{)wç) costituito da due montanti (ioT6rrobrç) e
da una traversa sulla sommità, il subbio, alla quale erano legati i fili che costituivano l'ordi-
to (a); a questi fili, affinché restassero tesi, si legavano dei pesi; un'altra verga (xavtilv), po-
sta orizzontalmente, separava i fili pari da quelli dispari; questa separazione formava un trian-
golo sull'ordito, che veniva detto passo naturale (b), attraverso il quale passava la spoletta
(XFQxiç) con il filo della trama; tornando indietro, la spoletta non poteva passare per lo stes-
so passo naturale, ma doveva passare attraverso un passo artificiale creato con l'uso dellic-
cio (xaÀaf.1oç), ovvero di una bacchetta alla quale venivano legati con delle cordicelle i fili di-
spari dell'ordito; tirando i licei in avanti, i fili costituivano dunque un altro triangolo, detto
passo artificiale, dentro il quale passava la spoletta per tornare alla posizione di partenza; ad
ogni passaggio, il nuovo filo della trama veniva accostato a quelli già presenti con il movi-
mento dal basso di una spatola di legno (orrù{hj).
103. Pesi fittili da telaio, da lmera. Himera II. Campagne di scavo r'}66-I973, Roma 1976.
Nell'area dell'isolato I sono stati scoperti 196 pesi da telaio in terracotta, alcuni dei qua-
li recano impressioni con immagini di Sileni o di Scilla.
104. Penelope al telaio. Skyphos attico (metà del v secolo a. C.). Chiusi, Museo Etrusco.
Lo skyphos offre la suggestiva immagine di una donna seduta su òlcpQoç, vestita con lungo chi-
tone e imatio; il capo velato, appoggiato tristemente sul palmo della mano destra a indicare
l'attesa del ritorno dello sposo, fa pensare si tratti di Penelope. La raffigurazione è partico-
larmente interessante poiché propone un telaio verticale di grandi dimensioni su cui è tesa
una tela molto ricercata sul piano figurativo, con motivi naturalistici lungo il lato inferiore e
geometrici lungo i bordi laterali.
La casa 1211
ro5. Una donna con telaio a mano. Kalathos attico a figure rosse (c. 440 a. C.). Durham, Museo greco
del Dipartimento di Studi classici 3· PEKRIDOU-GORECKI, Come vestivano i Greci cit.
La raffigurazione vascolare presenta una donna che tiene in grembo un telaio a mano, senza
pesi e di forma trapezoidale; non è chiaro se fosse un telaio per la tessitura di piccoli indu-
menti o per il ricamo. Alcuni ritrovamenti di tessuti dimostrano infatti che gli antichi cono-
scevano una notevole gamma di punti da ricamo, oltre ai piu tradizionali e anche oggi cono-
sciuti (punto croce, punto piatto, punto catenella e annodato).
1212 La casa
106. Motivi dei tessuti femminili descritti nella ceramica di Exechia (metà del VI secolo a. C.). P. coLA-
FRANCESCHI CECCHEITI, Decoro:t.ione dei costumi nei vasi attici, Roma 1972.
La ceramica offre un ricco panorama di tessuti per l'abbigliamento variamente decorati; i mo-
tivi ornamentali potevano essere ottenuti con l'uso di fili di diverso colore per la trama o per
l'ordito e attraverso accorgimenti sempre diversi nell'accoppiarli e incrociarli.
La casa 1213
107. Donne che lavano i tessuti. Pelike a figure rosse del Pittore di Pan (480-450 a. C.). Parigi, Louvre
G 547·
I panni, realizzati fra le pareti domestiche, venivano per lo piu lavati dalle donne di casa, an-
che se dovevano esistere botteghe per la follatura dei tessuti. I teli e gli abiti venivano lava-
ti al fiume o nei cortili delle abitazioni, utilizzando in vasche installate appositamente l'ac-
qua proveniente dal pozzo; come detergente si usava la radice di Saponaria of/icina/is (pianta
della famiglia delle cariofillacee), o la cenere di legna. I panni, lavati e asciugati, venivano
poi riposti nei xLj3wtoL
L'abbigliamento
a)
xo8. a. Chitone; b. peplo; c. imatio; d. clamide. PEKRIDOU-GORECK!, Come vestivano i Greci cit.
I teli quadrangolari prodotti con la tessitura erano destinati in gran parte all'abbigliamento;
quelli tagliati e poi cuciti erano detti ÈvbUf!m:u, quelli adattati al corpo in vario modo, pie-
ghettati o sfrangiati, erano invece definiti Èm~ÀtJf!U"ta o 1tEQtj3ì.t'Jf!am. Fra i primi si possono
annoverare due dei piu comuni e noti tipi di vestiario dell'antichità greca: il chitone, indos-
sato da donne e uomini, e il peplo, portato solo dalle donne; fra i secondi invece dev'essere
inserito l'imatio. Il chitone (a), di origine orientale e inizialmente preferito dagli uom'ipi, era
costituito da uno o due teli, a seconda del modello largo o stretto che si voleva ottenerè,, con
cuciture nel lato lungo e sulle spalle; poteva avere maniche applicate al telo di base o r~iz
zate sfruttando l'ampiezza del telo e cucendolo in piu punti lungo la sommità, parte o
dall'apertura per la testa. Il chitone si indossava con la cintura, che poteva produrre un ·_
La casa 1215
c)
gonfiamento (xoÀJtoç), o senza cintura (òQfrOOTaliwç); era lungo fino ai piedi (xnwv Jtoli~QlJç)
oppure corto, specialmente per gli uomini e per gli schiavi in genere; poteva avere un orlo
pareggiato o a pieghe (m:oÀLÒWTÒç), oppure uno strascico. L'uso di spilloni sembra essere sta-
to una peculiarità dell'abbigliamento dorico e in particolare del peplo (b), un abito di lana cu-
cito lungo il lato lungo, ripiegato orizzontalmente in modo da formare una balza piu o meno
lunga detta àn6JtTUYf!u, fermato sulle spalle con spilloni o fibule. Il mantello, l'imatio (c), era
costituito da un telo quadrangolare che veniva per lo piu avvolto intorno al corpo in modo
che un lembo ricadesse morbidamente lungo la schiena, oppure poteva essere appoggiato in
vario modo e fissato con una fibula sulla spalla. Altri tipi di abiti erano mantelli come la xì.ui-
vu e il q>àQoç, scialli come il XQ~Òff.Lvov, tuniche come l'Èswf![ç. Veste tipicamente maschile
era poi la clamide, un corto mantelletto allacciato alla spalla (d).
1216 La casa
109. Modella con abiti greci. Fotografia di inizio Novecento. M. BIEBER, Ancient Copies: Contributions
to the History o/Greek and Roman Art, New York 1977.
Si tratta di uno dei primi tentativi di ricostruire abiti antichi (il peplo, in questo caso) sulla
base di un attento studio delle testimonianze antiche, in particolare della scultura, e di farli
indossare a modelle.
La casa 1217
110. Fanciulle con Tugavttvi.Owv. Terracotta da Taranto (m secolo a. C.).. Taranto, Museo Archeologico
Nazionale.
Il TaeavnvlOwv o TaQavtivov era un abito di origine tarantina dalla forma simile a quella del
chitone, ma dalla caratteristica trasparenza, leggerezza e morbidezza, e dal particolare colo-
re purpureo; colore ottenuto dal murice, allevato in grande quantità nella città magnogreca.
1218 La casa
I I 1. Una delle Coae ves/es. Statua in marmo, da Eri tre (qo-I6o a. C). Londra, British Museum I684.
La figura femminile indossa un lungo chitone pesante ma abbondantemente pieghettato, so-
pra il quale porta, ben avvolto attorno al busto, un velo molto sottile e leggero che lascia tra-
sparire la veste sottostante. La statua fa parte di un gruppo di sculture provenienti da siti
greco-orientali, tra n e 1 secolo a. C., che indossano le celebri vesti di Coo, note per la loro
leggerezza e trasparenza, di cui parlano Varrone (Anna/es, 5-19) e Plinio (Naturalis historia,
11.75 sgg.). Sembra infatti che si debba attribuire a Coo una delle sedi piu importanti del
mondo antico per la produzione di tessuti di seta.
La casa 1219
~
, a
• CSJ JSS Ji! . ; ,.. .. : e 4
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I 12. Spilloni in bronzo per il peplo, dalla Beozia (vm secolo a. C.). Londra, British Museum GR 1927.4·
12.6, 7·
Gli spilloni erano un elemento essenziale dell'abbigliamento dorico, poiché il peplo non
era cucito sulla sommità come il chitone ionico, ma veniva bloccato con fermagli, fibule o
spilloni.
1 '3· Fibule in oro e argento (seconda metà del v secolo a. C.). Melfi, Museo Archeologico Nazionale
52830,52838,52840.
Le vesti potevano essere fermate anche con fibule, spille costituite da un arco e da una staf-
fa che sottende l'ago, realizzate perlopiu in metallo, talvolta anche prezioso, e utilizzate con
continuità in un ampio arco di tempo che va dall'età geometrica all'età ellenistica. Questi
esempi in oro e argento, da una tomba di Pisciolo (Melfi), sono lavorati a sbalzo sia nell'ar-
co a sanguisuga, sia lungo la staffa. Fra gli accessori piu comuni c'era anche la cintura (~<iiVTJ),
che aveva varie forme e poteva essere di tessuto o di pelle. Per fermare o modellare il drap-
peggio o la pieghetta tura della veste si usava anche una sorta di bretella, colorata o decorata
come la cintura ([!aoxaì.LOT"Ì]Q avthvoç), consistente in una striscia sottile annodata a un capo
e indossata in modo da formare una croce sul petto e sulla schiena.
1220 La casa
114. Modelli che indossano l'imatio. Fotografie di inizio Novecento. BIEBER, Ancient Copies ci t.
L'abbigliamento maschile prevedeva generalmente un chitone corto, il chitonisco, che pote-
va essere fissato su entrambe le spalle (xnwv ÙIJ.<ptJ.u.loxukoç) o solo su una spalla (xnwv Éu-
QOf.UIO")(aAoç) -l'È:swll[ç era una variante di quest'ultimo; se, invece di essere cucito sulle spal-
le, era fermato da spilloni, veniva detto di foggia dorica. Peculiare dell'abbigliamento ma-
schile era la clamide, un mantelletto piu corto dell'imatio, dal taglio quadrangolare o ovale,
che veniva allacciato sulla spalla destra con una fibula o uno spillone; era un capo d'abbi-
gliamento originario della Tessaglia, usato però in tutta la Grecia nel combattimento e
nell'equitazione, e veniva portato dai giovani durante il periodo dell'efebia. Il modello c è ba-
sato su una statua di fanciullo a Berlino (Staatliche Museen), quello d sulla statua di Sofocle.
Le acconciature e la toeletta femminile
VI·I V
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secolo
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IJ6. Forme di unguentari in vetro dal v al 1 secolo a. C. o. B. HARDEN, CattJ/ogue o/ Greek and Roman
Glass in the British Museum, London 1981.
Per la cura del proprio corpo la donna greca si serviva di unguenti profumati e, come l'uo-
mo, dello strigile per detergere il corpo; per abbellirsi, di creme e trucchi: è noto infatti lo
\jJLj!uthov, una biacca in polvere che veniva miscelata con miele o sostanze grasse fino a far-
ne una crema da spalmare sul viso.
Lacasa 1223
118. Balsamari a forma di piede con sandalo. Terracotta, da Samo (vi secolo a. C.). Londra, British
Museum GR 1854.8-lo.,, GR 1928.1-17.49· Disegno di A. Brighi.
I due balsamari a forma di piede permettono di farci un'idea di alcuni tipi di sandalo; que-
sto è il tipo di calzatura piu elementare e comune, costituito da una suola di cuoio fermata al
piede tramite corregge di diverso spessore e differente foggia.
La casa 1225
I I9. Una donna ripone gli indumenti prima di un bagno. Kylix attica a figure rosse del Boot Painter
(470·460 a. C.). Oxford, Ashmolean Museum I927-4501.
La coppa mostra una donna che sta per appoggiare l'abito (un chitone?) su un 6lcpQoç prima
di lavarsi; nell'altra mano tiene degli stivaletti, forse un esempio di ÈvliQOf!lç, Io stivaletto
chiuso e alto fino a mezza gamba.
I 20. Le Èf.lf\<ibEç. Kylix a figure rosse di Duride (480 a. C.). Miinchen, Antikensammlung.
Sotto una tavola compaiono delle calzature che possiamo identificare con le Èf!fla6Eç, le scar·
pe totalmente chiuse usate sia da uomini che da donne; celebri erano le Èf!f\a6Eç sicionie, bian·
che, e quelle laconiche, rosse. Piu aperta era invece la XQl]lttç, una scarpa con tomaia piu este·
sa a coprire quasi tutto il dorso del piede e con alcune aperture.
«Ai margini» della dimensione muliebre: le prostitute
121. Alcune etere e i loro clienti. Kylix a figure rosse della cerchia di Duride (c. 490 a. C.). Londra,
British Museum E 51 (G 41).
Se il rapporto matrimoniale era finalizzato alla procreazione e alla donna libera era riserva-
to il dominio sulla sfera domestica, la sessualità come piacere fine a se stesso era prerogativa
del rapporto extraconiugale con le etere, le prostitute, le uniche donne cui era consentita la
partecipazione ad alcune occasioni di vita sociale come i simposi. Le donne che esercitavano
tale professione provenivano generalmente dai ceti sociali piu umili o erano schiave, ma po-
tevano essere costrette a tale attività anche fanciulle rapite, esposte alla nascita o adultere.
La loro condizione giuridica era dunque varia e si potevano trovare, accanto alle schiave di
un bordello o a etere controllate da lenoni e affittate a basso costo, anche donne libere o li-
berte che si arricchivano coi regali dei propri amanti. Se le prostitute ordinarie e volgari (nE-
l;,ai) potevano essere oggetto di disprezzo (ma, comunque, non erano perseguite penalmen-
te), in taluni casi godevano di un certo prestigio anche per la loro capacità nell'intratteni-
mento: erano preparate alla musica, alla danza e talvolta anche alla discussione dialettica;
alcune infatti divennero celebri, come Frine, amante di Prassi tele, che le diede in dono la fa-
mosa statua di Eros; o Laide, celebre per la sua bellezza e anch'essa modella di artisti; note-
vole prestigio ottenne l'etera divenuta compagna di Pericle, Aspasia.
La casa 1227
122. Un'etera accoglie il cliente a braccia aperte. Coppa attica a figure rosse e a fondo bianco (470-460
a. C.). Monaco, Antikensammlung 2687.
CLAUDIO FRANZONI
Il simposio
Gli oggetti che fanno parte dell'arredo dell'àvòQwv e quelli che ser-
vono allo svolgimento del simposio non sono dunque scelti a caso; tra
essi ha la parte principale proprio la ceramica: vasi che richiamavano
l'attenzione dei partecipanti come quelli configurati, che prendono cioè
forme speciali trasformandosi in vere e proprie sculture di piccolo for-
mato; vasi destinati a suscitare sorpresa, come quello corinzio con per-
sonaggio beone; e tutta la ceramica da vino decorata con temi che ri-
mandano alla cultura condivisa dai convitati e caratterizzante il loro sta-
tus sociale. Del resto anche Pindaro (fr. r24 Snell), indirizzando un poema
conviviale a Trasibulo di Agrigento, associa immediatamente simposio,
vino e i vasi attici:
O Trasibulo, ti invio questi amabili canti che potranno riuscire graditi al grup-
po dei convitati; essi saranno uno sprone per il nettare di Dioniso e le coppe venu-
te da Atene ...
Il vino non era mescolato solo con l'acqua, ma- come afferma Cal-
limaco (fr. q8.r5·2o Pfeiffer) - anche con i discorsi; la conversazione dove-
va scorrere naturalmente attraverso battute scherzose, indovinelli, pa-
ragoni ridicoli (l'dxao!J.oç) e, almeno in certi casi, in riflessioni filosofi-
che analoghe a quelle che Platone descrive nel suo Simposio.
Ma il simposio era per eccellenza il luogo del canto, collettivo nella
preghiera agli dèi all'inizio della serata (PLATONE, Simposio, q6a) e individua-
le negli oxé>Àla («canti obliqui») e nell'elegia; nel primo caso siamo da-
vanti a un canto iniziato da uno e poi proseguito dagli altri convitati,
man mano che un ramo di mirto, come un testimone, passava da una
mano all'altra. Mentre per gli oxoÀ.La ci si poteva accompagnare con uno
strumento a corda (AuQa, ~aQ~l'tov, !J.<lyaòLç, xh'taQLç, qJOQIJ.l~), quando
il canto era in distici elegiaci si preferiva l'aùMç, uno strumento capa-
ce di un'ampia gamma di modulazioni. Il simposio è infatti lo sfondo
della poesia di Anacreonte, a cominciare dai versi in cui esprime pro-
grammaticamente l'atmosfera di serenità e compostezza che avrebbe
dovuto regnare in queste riunioni di amici, animate appunto dal canto
Ur. 33· 7-1 r Gentili):
suvvia non piu, di nuovo,
fra urla e clamori
beviamo, com'usano gli Sciti,
ma sorseggiando fra bei canti.
La notizia trasmessaci da Aristofane (fr. 223 Kock) che nei conviti ate-
niesi del v secolo si riusassero, riadattandoli, carmi di Alceo e di Ana-
creonte dimostra che doveva essere frequente la riproposizione di com-
ponimenti piu antichi adattandoli a nuove situazioni e che si fossero ben
r 2 32 Il simposio
Letture.
2. Un avliQOJV di Priene: pianta e ricostruzione. w. HOEPFNER e E.-L. SCHWANDNER, Hous und Stodt im
klossischen Griechenlond, MGnchen 1986.
Il v1no
3· Il taglio del vino con l'acqua. Stamnos di Smicro (c. 510 a. C.). Bruxelles, Musées Royaux d'Art et
d'Histoire A 717. LISSARRAGUE, L'immaginario cit.
Su questo stamnos (un tipo di vaso usato per mescolare acqua e vino) è raffigurata, con una
sorta di proiezione speculare frequente nella ceramica attica, la scena del taglio del vino con
l'acqua: due servitori sono affaccendati attorno a un grande dinos, un vaso panciuto privo di
anse, che poggia su un elaborato supporto; essi reggono le tipiche anfore vinarie, mentre a ter-
ra si riconoscono due oinochoai, brocche che serviranno per portare la bevanda ai convitati.
4. Un uomo attinge vino dal cratere. Coppa a figure rosse del Pittore della Gabbia (c. 480 a. C.).
Parigi, Louvre G 133. ussARRAGUE, L'immaginario cit.
Il vaso normalmente usato per il vino XEXQUJ.!Évoç (mescolato con l'acqua) era il cratere: in es-
so si versava prima l'acqua (calda o fredda a seconda delle scelte dei convitati), quindi il vi-
no. Il personaggio maschile sta attingendo il vino dal cratere con un vaso dalla forma molto
simile a quello della scena precedente (oinochoe), per poi versarlo nella kylix, la coppa che
tiene nell'altra mano.
La preghiera preliminare
5· Una preghiera ad Apollo. Frammento di coppa a figure rosse del Pittore di Brigo (c. 480 a. C.).
Parigi, Cabinet des Médailles 546. LISSARRAGl!E, L'immaginario cit.
Il convitato è sdraiato sul letto; sul muro è appeso uno scudo; la testa è rivolta all'indietro e
dalla bocca esce la parola OllOAON («o Apollo>>). Si tratta certamente di una delle invoca-
zioni rituali agli dèi con cui si apriva il simposio.
Canto, musica e poesia
6. Convitati che cantano e suonano. Cratere a figure rosse di Eutimide (c. 515 a. C.). Morgantina,
Museo Archeologico 58.2382. J. NEILS, The Euthymides Krater from Morgantina, in ~AmericanJour·
nal of Archaeology>>, XCIX (1995).
Il collo del vaso presenta da un lato una scena di amazzonomachia, dall'altro quella di un sim·
posio: da sinistra due uomini sdraiati, uno dei quali porta una sorta di turbante, stringono
coppe, mentre accanto alle loro teste si legge la scritta XAIPE (<<salve, alla salute»); il terzo,
con una corona sul capo, suona con il plettro uno strumento riconoscibile, per lo scudo di te·
stuggine, nella lira; il quarto sta bevendo da una coppa, accanto a un suonatore di uno stru·
mento a fiato, l'aulos; l'ultimo, infine, sta vomitando: immagine che doveva suonare come
monito agli eccessi del bere e che per questo non è infrequente nella ceramica attica, come
mostra una ben nota coppa del Pittore di Brigo.
7· Il canto di un convitato. Anfora a figure rosse di Eufronio (c. 510 a. C.). Parigi, Louvre G JO.
Il convitato canta le prime parole (MAMEOKAnOTEO) di un'ode forse di Saffo: «xai rro-
th')w xai !1UO!lat>> (desidero e bramo; fr. 36 Lobel Page). Accanto al convitato si legge l'accla-
mazione a Leagro.
8. Il canto di un convitato. Fondo di coppa a figure rosse del Pittore di Brigo (c. 480 a. C.). LISSARRAGUE,
L'immaginario ci t.
Un giovane convitato è sdraiato sulla xÀ.LVTJ, accanto alla quale sono visibili un bastone e un
paio di calzature; il giovane si appoggia sull'avambraccio sinistro a grandi cuscini variopinti;
nella sinistra stringe una tazza, con la destra tiene in alto un ramoscello, mentre dalla bocca
escono le parole llli\E KAI (<<ama e ... >>). I canti che il giovane sta intonando sono gli oxoÀ.La,
pezzi che gli invitati dovevano eseguire man mano che, come una sorta di testimone, un ra-
moscello di mirto passava dall'uno all'altro.
II simposio 1239
9· Il canto di un convitato. Fondo di coppa a figure rosse di Duride (inizi del v secolo a. C.). Monaco,
Staatliche Antikensammlung 2646.
Come nella scena precedente, un convitato è disteso sul letto, dopo aver lasciato sul pavi-
mento le scarpe e appoggiato il bastone alla parete, da cui pende anche la custodia di uno
strumento a fiato (au!os). Come mostra il tavolino vuoto davanti alletto, si è smesso da tem-
po di mangiare: l'uomo regge nella sinistra una coppa e tiene l'altra mano sulla testa, atteg-
giamento frequente nella ceramica attica per segnalare il canto; forse in questo modo si vo-
leva indicare il gesto di chi si porta il palmo della mano vicino all'orecchio per ascoltare me-
glio il proprio canto e regolarne l'intonazione. In piedi davanti al convitato, anch'egli con
una corona sul capo, un giovane suona il doppio au!os. L'au!os viene solitamente assimilato
al flauto, ma era simile, piuttosto, a un oboe; la canna cilindrica (~Of!~lll;) - con fori di nu-
mero variabile e di profilo ovale per poter ottenere anche i semitoni - era infatti provvista
di un'imboccatura (OÀf!Oç) a doppia ancia; il pittore ha tentato di rendere con cura non solo
la posizione delle quattro dita nella parte superiore della canna e del pollice in quella infe-
riore, ma soprattutto il modo con cui il suonatore inserisce profondamente le ance (ykwoom)
nella cavità orale. Si osservi, anche in questo caso, che il convitato, nel momento in cui be-
veva in una coppa come questa, vedeva l'immagine del convitato tipo, in una sorta di spec-
chio; d'altra parte i Greci chiamavano il fondo delle coppe rrQ6owrrov, cioè «volto».
Il simposio
10. Il canto di un convitato. Coppa a figure rosse di Duride (inizi del v secolo a. C.). LISSARRAGUE,
L'immaginario ci t.
Un giovane, con una corona sul capo, sta cantando accompagnandosi con un barbiton a set-
te corde, da cui pende la custodia di un aulos, come in altri casi in pelle di cerbiatto macula-
to. Anche qui, dunque, si allude alla dimensione musicale e poetica del simposio, a cui ri-
manda d'altra parte il cratere che si intravede in basso a sinistra.
Il simposio 1241
I I. Un ritratto del poeta Anacreonte? Frammenti di un cratere a figure rosse del Pittore di Cleofrade
(c. 500 a. C.). Copenaghen, Museo Nazionale 13365. LISSARRAGUE, L'immaginario cit.
Sul primo frammento (a) si scorge una mano che impugna un plettro, col quale il personag-
gio suona il barbiton; lungo il braccio dello strumento si legge l'iscrizione ANAKPE ... , che
indica certamente Anacreonte, ancora vivo, in questi anni, ad Atene presso i Pisistratidi. Se
si trattava veramente di un ritratto, cosa non del tutto certa, il poeta è dunque raffigurato
con mitra sul capo e parasole, come mostrano gli altri frammenti del vaso (b), assieme ad al-
tri convitati durante un simposio; scelta non casuale visto il peso che, all'interno della sua
produzione poetica, hanno le composizioni simposiache. Per lungo tempo egli dovette esse-
re associato all'idea di simposio, se è vero che Aristofane ricorda che ancora alla sua epoca
venivano riadattati nei conviti componimenti di Anacreonte.
r 242 Il simposio
12. Copia romana della statua di Anacreonte <<che canta ubriaco». Copenaghen, Ny Carlsberg Glyptotek.
Verso il440 a. C. venne eretta sull'Acropoli di Atene una statua-ritratto del poeta, che Pau-
sania descrisse <<nell'atteggiamento di un uomo che canta ubriaca>> (1.25.r); questa statua
scoperta in una villa romana presso Rieti è molto probabilmente una copia di quell'opera e
mostra il poeta seminudo durante il canto conviviale, forse mentre suona il barbiton. P. Zanker
ha fatto notare che il membro presenta I'infibulazione (xuvol\to~T]), ha cioè il prepuzio chiu-
so con un filo, secondo una diffusa pratica che molto probabilmente voleva esser segno di un
contegno decoroso; questo particolare, insieme all'atteggiamento di temperata allegria del
simposiasta, si adattava bene a esprimere l'ideale di moderazione che contraddistingueva
l'epoca di Pericle.
Il simposio 1243
1 3· L'immagine di Anacreonte in età romana. Mosaico da una villa di Autun, Francia (u-m secolo d. C.).
Autun, Musée Rolin.
Il mosaico offre una notevolissima testimonianza della persistenza del genere anacreontica
ancora nella piena età imperiale; infatti l'immagine del poeta - derivata da quella presente
nella monetazione di Teo, città natale di Anacreonte - è affiancata da una lunga epigrafe in
caratteri che riprendono quelli del v-rv secolo a. C.: la prima parte riporta un componimen-
to ben noto (fr. 396 Page): «<pÉQ' iilìwQ, <pÉQ' olvov, w
lt[aì, <pÉQE b' àv]ttqu)Ev'taç [l][tlv
on<pa)vouç, wç filÌ [ltQÒç "EQW'ta l'tUX'tUÀL~W)» (Porta dell'acqua, ragazzo, porta del vino, por-
taci delle ghirlande di fiori, portale subito, perché possa non fare a pugni con Eros). La se-
conda parte, piuttosto rovinata, lascia riconoscere i versi di un componimento noto (fr. 429
Page) e altri due sconosciuti.
Gli strumenti musicali del simposio
r6. Un aulos da Locri, necropoli Lucifero, tomba ro5o. <<Notizie e scavi», XIV (r917), fig. 5·
La presenza di strumenti musicali in corredi funerari richiama la ltatOEia degli efebi e delle
fanciulle, e segnala la sepoltura di una persona di giovane età.
Il simposio 1245
-- 8
7-
I7. La lira e le sue parti. A. IIARKER (a cura di). Greek musicalwritinRS, Cambridge- Ncw York 1984.
I. x6Ho1jl (pirolo); 2. ~ùyov; 3· rr~xus (braccio); 4· X<>QÒ'Ì (corda di budello); 5· ftuyaç (ponticello); 6. xoQ-
òotòvtov (base per il fissaggio delle corde); 7· plettro; B. tracolla.
Nella lira la cassa armonica originariamente era di carapace di tartaruga, ma in seguito fu an-
che in legno e avorio; le corde erano di solito sette, in tendine e budello. Normalmente si
usava il plettro con la destra e con la sinistra si tenevano tese alcune corde, ma si poteva an-
che semplicemente pizzicare.
19. Come si suona la lira. Kylix a fondo bianco (c. 470 a. C.). Delfi, Museo M 8140.
Apollo, seduto, sta offrendo una libagione con la destra, mentre suona la lira con l'altra ma-
no. L'immagine è utile non solo per comprendere la forma dello strumento, specialmente per
quanto riguarda il sistema di tiraggio delle sette corde, ma anche per il modo in cui queste
sono pizzicate.
Il simposio 1247
20. Il barbiton in mano ad Alceo. Kalathos a figure rosse del Pittore di Brigo (c. 470 a. C.). Monaco,
Staatliche Antikensammlungen 24 r6.
Il vaso di Alceo e Saffo agli inizi dell'Ottocento faceva parte della collezione Panitteri ad
Agrigento e venne comprato tramite Leo von Klenze da Ludovico I di Baviera. Il barbiton
deriva dalla lira, ma i bracci sono assai piu lunghi: in questo modo il suono delle corde ave-
va un'intonazione piu grave, adatta quindi alle voci maschili. Le corde sono annodate sull'asti-
cella (~uy6v) in alto tra i due bracci (àyxwvrç) e fissate al ponticello (J.myétç) al centro della
piccola cassa armonica (~xrtov); il plettro, che l'uomo tiene nella destra, è fissato allo stru-
mento con un cordino.
Ceramica e simposio
a)
b)
21. Il beone. a. Vaso plastico di officina corinzia, da Tebe (c. 580 a. C.); b. sezioni e funzionamento.
a. Parigi, Louvr" CA 454; b. LISSARRAGUE, L'immaginario cit.
Il vaso raffigura un grassone sgraziatamente accovacciato accanto a un cratere riccamente de-
corato; poiché il cratere e il corpo del personaggio, all'interno cavo, sono comunicanti, se si
inclina l'oggetto il vino scompare quasi fosse inghiottito dall'uomo e vi rimane se due forel-
lini (sul dorso e sulla testa della figura) vengono chiusi; quando poi vengano stappati, il li-
quido rifluirà nel cratere. Il vaso plastico diveniva cosi un gioco per l'effetto di sorpresa che
doveva destare nei convitati, ma era certo l'occasione per ridere sugli effetti grotteschi del be-
re eccessivo e, perciò, un implicito invito alla misura e alla moderazione durante il simposio.
Il simposio 1249
22. Opliti a cavallo di delfini. Psykterdi Olto (c. 510 a. C.). New York, Metropolitan Museum of Art
L '979·'7·1.
Lo psykter è un tipo di vaso piuttosto raro che serviva a tenere in fresco il vino; veniva im-
merso entro un cratere o un altro grande vaso colmo d'acqua e cosf la sua parte piu ampia,
man mano che il vino diminuiva, galleggiava. Questa speciale funzione dell'oggetto spiega
perché, nel nostro vaso, siano raffigurati sei guerrieri a cavalcioni di delfini (l'iscrizione di-
ce Eni~Et\<l>INO~. «sul delfino>>), che paiono perciò nuotare nell'acqua. Siamo dinanzi a
una raffinata forma di divertimento; ma anche qui, come per il vaso del beone, è evidente
l'allusione al simposio e al ruolo sociale dei convitati: le stesse persone che bevono insieme,
e con compostezza, il vino sono quelle che potranno domani trasformarsi in guerrieri. J. R.
Green ha messo in relazione questa sequenza di cavalieri su delfini con quelle che compaio-
no su vasi attici piu tardi, forse illustrazioni del coro di uno spettacolo teatrale.
1250 Il simposio
23. Le navi sul mare «color del vinO>>. Dinos dell'ambito del Pittore di Antimene (c. 5 IO a. C.). Boston,
Museum of Fine Arts 90. I 54·
Il dinos, come il cratere, è un vaso che serve per mescolare acqua e vino; la zona dipinta è
all'interno del vaso, cosi che le navi sembrano galleggiare sul vino, in una situazione simile a
quella della fig. 22; divertissement tanto piu riuscito se si pensa che in Omero il mare viene
definito «color del vino>> (Odissea, r.183, 4-474; Iliade, 7.88).
soggetto mitologico
XÙlflOç
atleti
soggetto dionisiaco
conversazione amorosa
24. Grafico con i diversi generi nella produzione del pittore Duride (vi-V secolo a. C.).
Se si seguono le attribuzioni di]. D. Beazley, Duride esegui circa trecento vasi per un tota-
le di quasi quattrocento scene; se alle scene di simposio e di xwiJ.oç sommiamo quelle a tema
dionisiaco, constatiamo che circa un quarto della produzione di questo pittore ha come sog-
getto centrale il vino.
Il simposio 1 z 51
25. Profili di vasi diversi in una scena di simposio. Coppa di Duride (c. 500 a. C.). Roma, Musei
Vaticani ARV 427/2.
A sinistra un ragazzo attinge dal cratere; piu a destra un uomo, sdraiato e con bende sul ca-
po, beve da una larga coppa; l'altro uomo canta accompagnato dal doppio aulos suonato da
una ragazza in piedi. Nel registro inferiore le sagome di diversi vasi compongono una sorta
di fregio ornamentale; non a caso, poiché si tratta dei vasi tipici del simposio. Come si nota
siamo davanti a una sorta di gioco di specchi: la coppa di Duride, da usarsi proprio durante
un simposio, riproduce i convitati e i vasi che alludono immediatamente ai momenti rituali
del simposio stesso. I vasi plasmati e dipinti dagli artigiani attici sono proprio tra i principa-
li protagonisti del simposio: le loro forme rendono, per cosi dire, visibili i vari momenti in
cui esso si articola, le loro decorazioni ribadiscono l'immagine che i convitati avevano di se
stessi; i vasi attici dunque, ben lontano da essere meri elementi decorativi, svolgono la fun-
zione <<di veri e propri operatori intellettuali nel gioco di esplorazione dell'identità che si pra-
tica nel corso del simposio» (F. Frontisi-Ducroux).
1252 Il simposio
26. Autoritratto del pittore Srnicro durante il simposio. Stamnos di Srnicro (c. 5 ro a. C.). Bruxelles,
Musées Royaux d'Art et d'Histoire A 717.
Il pittore, come si è visto negli esempi precedenti, dipinge vasi destinati in gran parte al sim-
posio. In questo stamnos il convitato sulla destra, allietato da un'etera che suona, viene in-
dicato proprio come :EMIKPOI («Piccolino»), lo stesso nome che ritorna nell'iscrizione che
corre orizzontalmente piu in alto, con la firma del pittore. Non stupisce che Io stesso Smi-
cro, ceramografo attivo verso la fine del VI secolo a. C., si raffiguri in uno dei suoi vasi pro-
prio mentre partecipa a un simposio, «isolato e irraggiungibile nel suo mondo di leggera, ispi-
rata ebbrezza>> (E. Paribeni, in EAA, sub voce). Lo stesso Smicro viene raffigurato, sempre
nelle vesti di convitato, elegantemente agghindato, su un vaso di Eufronio (Monaco, Staat-
liche Antikensammlungen 8935).
Il cottabo e giochi
27. Giochi di efebi. Coppa del Pittore di Epeleios (c. 510 a. C.). Basilea, Antikenrnuseurn und Sarnrn-
lung Ludwig BS 463.
Siamo molto probabilmente dinanzi a una scena di giochi durante il lUÌ>J!Oç alla fine di un sim-
posio. Un gruppo di efebi, sulla sinistra, mostra la propria abilità in un esercizio ginnico col-
lettivo; alla loro destra altri giovani stanno spostando una carriola con un efebo in difficile
equilibrio su un otre. Doveva trattarsi di un gioco a volte praticato nei conviti: si trattava di
stare in equilibrio su un aoxòç, un otre reso scivoloso con l'aggiunta di grasso. Il rimando a
Dioniso è evidente, non solo perché il recipiente di cuoio alludeva al vino in quello conte-
nuto, ma perché nelle feste Dionisie si giocava all'àoxwÀLUOJ!Òç, appunto una gara di bravu-
ra che consisteva nel reggersi con una sola gamba su un otre.
1254 Il simposio
28. Un momento del gioco del cottabo. Oinochoe a figure rosse del Pittore della Phiale (c. 430 a. C.).
Berlino, Staatliche Museen.
Il cottabo fu senza dubbio il gioco piu apprezzato nei simposi, molto probabilmente per il
combinarsi di aspetti agonistici ed erotici. Il gioco consisteva nel prendere di mira un bersa-
glio lanciando una certa quantità di vino (ì..aml;) con un vaso. Se ne distinguono almeno due
varianti: il cottabo xa1:mn:6ç («a far cadere>>), nel quale si doveva colpire un piattello, in ci-
ma a un'asta, che cadendo avrebbe colpito un disco di bronzo (!!UVTJç) infilato a metà altez-
za lungo la stessa asta, risuonando e avvertendo cosi del colpo riuscito. Nell'altra variante-
cottabo iv ì..rxavn («in bacino>>)- si dovevano colpire dei vasetti che galleggiavano in un ba-
cile d'acqua. In entrambi i casi, come si osserva con chiarezza nelle riproduzioni vascolari, i
giocatori ponevano particolare cura nello stile del lancio, infilando l'indice nell'ansa e ap-
poggiando il piede della coppa sul dorso della mano; il getto avveniva cosi grazie a un ripie-
gamento rapido del polso, e infatti per questo veniva detto àn' àyxliì..l]ç (<<lancio dal polso>>);
ulteriore testimonianza di questa ricerca di eleganza è il paragone tra il gesto del giocatore di
cottabo e quello del suonatore di au!os (ATENEO, 15.667a).
Il simposio 1255
29. Giochi ed eros. Psykter a figure rosse di Eufronio (c. 490 a. C.). San Pietroburgo, Ermitage B 1650.
LISSARRAGUE, L'immaginario ci t.
La dimensione erotica del cottabo appare chiara in questa scena. Un'etera sdraiata su cusci-
ni variegati, che un'iscrizione indica come LMIKPA (<<la Piccola»), mentre compie con uno
skyphos il lancio del vino, esclama: <<O Leagro, getto questa tazza per te>>. Leagro, membro
della jeunesse dorée ateniese e uomo politico, è frequentemente citato nella ceramica attica
del periodo: il suo nome, seguito da xaAoç («bello>>), ricorre su una cinquantina di vasi; nac-
que verso il535 e mori con la carica di stratego in Tracia nel465/464 a. C. (ERODOTO, 9· 75;
TUCIDIDE, 1.51).
30. Giochi ed eros. Kylix vicina allo stile di Apollodoro (c. 490 a. C.). Firenze, Museo Archeologico
PD 248. LISSARRAGUE, L'immaginario cit.
Anche sul fondo di questa kylix a figure rosse vi è una vera e propria dedica amorosa: un gio-
vane con una corona sulla testa gioca elegantemente al cottabo e dalla coppa, quasi a imita-
re il ricadere delle goccioline, escono le lettere che compongono la frase« il ragazzo è bello>>,
acclamazione erotica del resto frequentissima nella ceramica attica.
Il simposio
31. La pirrica nel simposio. Cratere del Pittore di Licaone (metà del v secolo a. C.). Napoli, Museo
N azionale SA 2 8 1.
Davanti ad alcuni convitati una fanciulla balla indossando delle armi, simulando la pirri-
ca, la danza guerriera. Sulla pirrica danzata da ballerine nei simposi cfr. SENOFONTE, Ano-
basi, 6.1.12-13.
Il X<Ì:IIJ.Oç
32. Una scena eli ><Wf!oç. Cratere a figure rosse di Eufronio (fine del VI secolo a. C.). Arezzo, Museo Ar-
cheologico r 465.
Nel collo del cratere è raffigurata una vivace scena di K<Ìl!-Loç, il corteo festoso che conclude-
va il simposio: una brigata di giovani - tra i quali si è mescolato un vecchio che sta portan-
do una tazza (skyphos) alle labbra- è in piena baldoria, danzando e cantando con l'accom-
pagnamento di due strumenti a fiato e di un barbiton; sulla destra un giovane agita i crotali,
sorta di nacchere.
33. Una scena di ><Wf!oç. Skyphos a figure rosse del Pittore di Brigo (c. 480 a. C.). Parigi, Louvre G 156.
Il simposio si è concluso e i convitati sono all'aperto, come indica l'albero. Alcuni giovani
con bende sul capo si muovono accompagnati da una suonatrice di doppio aulos. Sul lato op-
posto del vaso altri giovani cantano in compagnia di etere al suono del barbiton.
1258 Ilsimposio
34· Danza sfrenata durante il ><<il!'oç. Anfora di Eu timide (5 10·500 a. C.). Monaco, Staatliche Antiken·
sammlungen 2 307.
Il vaso è celebre perché tra le varie iscrizioni se ne legge anche una «wç oùlìinou EucpQ6vwç»
(come mai Eufronio), che recentemente è stata collegata a quella accanto al giovane di sini-
stra (x6!-laQxoç) e interpretata come parte di un dialogo tra comasti (<<Capo dei comasti come
mai Eufronio>>); in realtà è molto piu probabile l'interpretazione tradizionale, che vede nel-
la frase una sorta di sfida rivolta da Eu timide al principale rivale artistico in quegli anni, Eu-
fronio appunto: <<come mai [dipinse] Eufronio».
35· Balli sfrenati e scherzi durante il ><<il!'oç. Coppa attica (v secolo a. C.). Londra, British Museum
E 71. c. BRION, Le lieu du komos, in J. CHRISTIANSEN (a cura di), Ancient Greek and Related Pottery,
Copenhagen 1988.
II simposio 1259
36. Uomini travestiti durante il >«il!Joç. Cratere attico a figure rosse del Pig Painter (490-480 a. C.).
Cleveland, The Cleveland Museum of Art 26.549.
Al centro un uomo sta suonando uno strumento a corde e accanto a lui altri due stanno dan-
zando; la coppa in mano a quello di destra conferma che si tratta del >uì>twç, ma ciò che è sin-
golare è l'abbigliamento femminile (chitone, himation, orecchini, cuffia, ombrellino). Si è
supposto, per questo e altri vasi con iconografia simile, che gli uomini travestiti da donne
stiano facendo una parodia delle danze delle menadi.
CLAUDIO FRANZONI
Anche nel momento della sepoltura erano previste cerimonie (Tà TQL-
Ta, letteralmente «le [cerimonie] del terzo giorno»), che consistevano in
offerte di cibo e libagioni, come testimoniano spesso frammenti di vasi
potori scoperti all'esterno delle tombe. La giornata doveva concludersi
con un JtEQlÒELJtvov («banchetto funebre»), a quanto pare di nuovo nel-
la casa del morto. Nove giorni dopo familiari e amici si ritrovavano nel-
la necropoli per rinnovare le cerimonie funebri (Tà f!vma). Altre ceri-
monie (Tà VOJ!L~Of!EVa, «le esequie dovute») siglavano la conclusione del
lutto al trentesimo giorno (TQLaxaòEç), una durata del resto tipica dei
popoli indoeuropei; ogni anno dovevano essere comunque rinnovati gli
onori ai defunti.
La grande frequenza delle offerte depositate durante e dopo la se-
Le necropoli e i riti funerari 1263
Plutarco (Vita di Aristide, 332) descrive le cerimonie con cui a Platea si ren-
deva onore ai soldati morti nella battaglia del 479 a. C.: l'arconte, ve-
stito di porpora, sfilava per la città con una spada e una hydria fino alle
tombe; qui lavava le stele e le ungeva di profumo, immolava un toro ne-
ro, pregava gli dèi e infine si rivo!geva agli eroi, invitandoli a prender
parte al sacrificio e alle libagioni. E chiaro come l'atto di lavare e unge-
re le stele evoca il bagno e l'unzione prima della :n:goih::mç, e dunque an-
che qui a Platea le stele vengono sentite davvero come sostituto dei ca-
daveri.
In altri casi si ha l'impressione che ci si accontenti di offrire una sor-
x264 Le necropoli e i riti funerari
Letture.
L'area circostante il Dipylon è servita da necropoli già dall'età geometrica. Piu tardi le tombe
cominciarono a disporsi lungo due direttrici principali: la Via Sacra (iEQà 6Mç) in direzione
nord-est, in parte a fianco del corso dell'Eridano, e un suo diverticolo in direzione est-ovest.
La singolarità di quest'area del Ceramico esterno è che dal VI secolo almeno si caratterizza co-
me la piu importante necropoli della città, ma mantiene, nel frattempo, il carattere di zona in-
dustriale, in cui prevalgono le officine dei vasai. Qui dunque troviamo le sepolture dei gran-
di gruppi gentilizi, ma anche quelle dei semplici privati cittadini; personaggi sconosciuti, ma
anche Pericle, Efialte, Forrnione, Trasibulo, filosofi come Socrate, uomini di teatro come Eu-
ripide e Menandro. Ampi spazi, specie nella zona nord-est, vennero poi dedicati ai caduti in
guerra: quelli delle battaglie dell'Eurimedonte (469 a. C.), di Coronea (447 a. C.), di Delio
(424 a. C.), di Anfipoli (422 a. C.), della spedizione siracusana (415-413 a. C.), dell'Ellesponto
(41 1-409 a. C.), della guerra corinzia (394 a. C.), di Mantinea (338 a. C.).
!268 Le necropoli e i riti funerari
3. Atene, la zona nord del Ceramico. Un recinto funerario familiare con stele di Koroibos, Kleidemos,
Hegeso.
4· Tombe di varie epoche nel Ceramico. <<Archaologischer Anzeiger», 1965.
A sinistra si nota il monumento di Dexileos. Dopo il 500 a. C. circa il controllo del lusso fa
si che corredi e monumenti si riducano e le stele siano assenti quasi fino alla fine del v seco-
lo a. C.; da questo momento in poi il ritorno al privato e il minor controllo civico fanno ri-
vedere stele e tombe monumentali, come appunto quella di Dexileos. Ma si avvicina il mo-
mento della definitiva decadenza del Ceramico: al tempo di Cheronea vi fu un massiccio reim-
piego di monumenti funerari nelle fortificazioni, alla fine del IV secolo a. C. la legge sul lusso
di Demetrio Falereo pone termine all'esecuzione di sepolcri abbelliti da sculture e altri or-
namenti.
5. Un cippo confinario del Ceramico (metà delrv secolo a. C.). Disegno di A. Brighi.
L'iscrizione dell'oQoç, uno di quelli che delimitavano l'area della necropoli, corre vertical-
mente sul cippo a pianta quadrangolare: «OQoç KEQUf.lELXOù>>.
1 2 70 Le necropoli e i riti funerari
..---- . ------
l~
mD
6. Corinto, pianta di un settore della necropoli settentrionale. Corinth, XIII, Princeton 1964.
Le necropoli e i riti funerari 1 2 71
7. Olinto, pianta di un settore della «necropoli del fiume». Excavations at 0/ynthus, XI, Baltimore 1942.
Vengono indicate, come nella figura precedente, le monete scoperte nelle sepolture; tale usan-
za in Grecia non assunse mai dimensioni notevoli, d'altra parte la presenza di monete in tom-
ba non necessariamente va spiegata con la credenza che i morti dovessero pagare un obolo a
Caronte, il traghettatore della palude Stigia.
1272 Le necropoli e i riti funerari
A
I
a
8 A
c B A
8. Quattro fasi dello sviluppo di un appezzamento familiare tipo. Pitecusa (Ischia), necropoli di San Mon-
tano. G. BUCHNER, Nuovi aspetti e problemi posti dagli scavi di Pithecusa, in Contribution à l' étude de la
société et de la colonisation eubéennes, Naples '975·
La necropoli nella valle di San Montano è una delle piu rilevanti testimonianze dell'insedia-
mento che coloni provenienti dall'Eubea stabilirono nella seconda metà dell'viii secolo
nell'isola, prima di fondare, sulla terraferma, la colonia di Cuma. Come in molte altre ne-
cropoli piu tarde, anche qui si riscontrano forme rituali e tipi di sepoltura differenti; la se-
zione mostra due momenti di uno stesso appezzamento familiare. A-D sono tombe a crema-
zione: il corpo del defunto era bruciato in un luogo apposito (xaucrtQa, che i Romani chia-
meranno ustrinum), quindi si versavano liquidi con oinochoai che a volte venivano lasciate
insieme alle ceneri; queste ultime venivano sistemate entro una fossa non profonda a sua vol-
ta sormontata da un tumulo di pietre. Le tombe a-d sono a inumazione; a indica un neonato
deposto a enchytrismos, cioè entro un vaso di terracotta; le ultime due fosse si riferiscono a
bambini, sepolti con corredo.
• Tombe senza corredo
• Tombe databili intorno al 500 circa
.. Tombe databili fra il5oo e il 475
A Tombe databili fra il475 e il 450
o Tombe d atabili fra il 450 e il 425
c:I Strada del v secolo
l'llllllJ Strada del Iv secolo
IElJ Piano di calpestio contemporaneo alla strada del Iv secolo
9· Posidonia, pianta della necropoli in località Santa Venera (dettaglio; scavo 1979-84). M. CIPRIANI,
Morire a Poseidonia nel v secolo, in «Dialoghi di Archeologia», II (1989).
Il sepolcreto, circa 700 m a sud del centro abitato, ha restituito 340 tombe databili tra fine
del VI secolo e il 430 a. C.; le sepolture si dispongono fittamente (42 ogni roo mq) ma con
un certo ordine; ciò che colpisce è l'omogeneità fra le tombe- fosse rettangolari tagliate nel-
la roccia- e l'assenza di elementi architettonici che distinguano l'una dall'altra, indice di una
sobrietà che verrà poi confermata dalla relativa modestia dei corredi. Al di sopra delle tom-
be sono stati scoperti numerosi frammenti di materiale ceramico (soprattutto crateri), ricon-
ducibili ai riti funerari direttamente connessi alla sepoltura, ma anche alle libagioni eseguite
successivamente. Come in altre necropoli greche, i corpi sono supini, con le braccia lungo il
corpo, la testa a est. L'esame osteologico, e perciò la definizione del sesso e dell'età degli inu-
mati, hanno consentito di individuare significative costanti nella scelta dei corredi, peraltro
del tutto assenti in un discreto numero di sepolture: in particolare è notevole la costante pre-
senza di oggetti legati alla sfera della palestra (strigili, arybal!oi, a!abastra) nelle deposizioni
di uomini al di sotto dei 40 anni; e cosi la presenza di vasi che rimandano alla dimensione del
simposio e addirittura di resti di strumenti musicali nelle sepolture di uomini oltre i 6o.
1274 Le necropoli e i riti funerari
-~
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· · · .. t ·'1.
••• ·lo
4 00 m
ro. Pianta di Megara Iblea con la posizione della necropoli. «Mélanges d'archéologie et d'histoire de
l'Ecole française de Rome. Antiquité~. XCV, 2 (r983).
Le necropoli principali sono tre: nord, ovest e sud; tombe povere e ricche coesistono, cosi
coesistono inumazione e incinerazione; le sepolture non sempre sono rigorosamente orienta-
te con la testa a est.
I momenti della cenmonta funebre
I I. Una cerimonia funebre. Cratere del Maestro del Dipylon (c. 750 a. C.). Parigi, Louvre A 517.
La scena principale di questo vaso geometrico mostra il defunto, sicuramente un nobile, di-
steso sul letto funerario; attorno ad esso gruppi di persone, alcune sedute, altre in piedi, stan-
no compiendo un gesto tipico del planctus rituale presso i popoli indoeuropei: il xonEY6ç, il
percuotersi la testa con entrambe le mani; ai lati e nel registro inferiore sfilano, come in pro-
cessione, carri tirati da cavalli e soldati a piedi.
Le necropoli e i riti funerari
12. Due figure di piangenti rituali. Terrecotte beotiche (fine del vn secolo a. C.). Parigi, Louvre MNB
535 e CA 295.
Le statuette, alte attorno ai 20 cm, provengono da Tanagra e raffigurano due donne che pian-
gono compiendo i tipici gesti del lamento rituale che si ritroveranno poi nella ceramica del
VI e v secolo a. C.
Le necropoli e i riti funerari 1277
'3· L'esposizione {nQ6ftwtç). Loutrophoros di Cleofrade {c. 480 a. C.). Parigi, Louvre CA 453·
r 2 78 Le necropoli e i riti funerari
Le necropoli e i riti funerari I 2 79
'4· Svolgimento delle scene di esposizione della loutrophoros di Cleofrade. La città delle immagini,
Modena 1986.
La loutrophoros è un vaso connesso tanto al matrimonio quanto al funerale; nei riti nuziali
contiene l'acqua per le abluzioni, in quelli funerari I' acqua per lavare il corpo prima della
JtQottw~.ç; per questa ragione troviamo vasi di tale forma decorati con scene nuziali e altri,
come questo, con cerimonie funebri. La scena sul collo mostra due donne,la prima che si por-
ta le mani ai capelli, la seconda che accosta al viso una loutrophoros; i vari momenti della
JtQottw~.ç, del resto, erano affidati soprattutto alle donne. Sul ventre sono ancora ben distin-
ti l'uno dall'altro il gruppo maschile e quello femminile, come si coglie anche in altri vasi: gli
uomini, anche i piu giovani, portano le braccia in avanti e le palme delle mani verso l'alto; lo
stesso gesto è fatto da alcuni cavalieri nel registro inferiore del vaso: tale mimica si può col-
legare sia alle parole di Adrasto nelle Supplici di Euripide («Ma leviamo dunque la mano per
farci incontro ai morti>>), che a quelle di Oreste nelle Coefore (<<Non sono stato presente, o
padre, alla tua morte, né ho disteso la mano al momento del trasporto funebre»); si tratta
dunque di un gesto che simboleggia la separazione e suona come una sorta di saluto.
I 6. Il discorso al morto in un lamento funebre della Lucania moderna. E. DE MARTINO, Morte e pianto
rituale nel mondo antico, Torino 1958.
In questo saggio De Martino svolgeva una mirabile ricerca in cui le testimonianze antiche il-
luminano quelle moderne e queste ultime consentono di spiegare aspetti delle prime:
nell'Atlante figurato del pianto a conclusione del saggio lo studioso mette in rapporto la scena
della loutrophoros di Cleofrade con questa fotografia presa a Castel Saraceno nel 1956.
1280 Le necropoli e i riti funerari
17. L'esposizione: il defunto viene pianto dall'intera famiglia. Pinax del Pittore di Saffo (c. 500 a. C.).
Parigi, Louvre. Disegno di F. Lissarrague.
Non si può escludere che questa terracotta dipinta rivestisse un monumento funerario; vi è
raffigurato il defunto disteso su un letto riccamente ornato al centro della stanza, la cui ar-
chitettura è evocata da un capitello all'estrema sinistra; si tratta di un giovane, la cui mascella
è sostenuta da una sottile benda (ò~ov11). La scena di lutto è interessante soprattutto per l'in-
dicazione, tramite epigrafi, dei rapporti parentali; a sinistra, quasi un gruppo a parte, gli uo-
mini: AllEA<I>Ol: («fratello») e nATEP (((padre>>); piu vicino alletto le donne, eEeil: (tTt~iç,
(<zia>>), 8E8Il:nPOl:nATEP (((zia paterna>>); accanto al volto del giovane fv!ETEP (((madre>>)
e, in basso, AllEA<!> E ((<sorella>>); infine eEeE ("nj~, (<nonna>>) e 8E8Il:. E un momento di
grande tensione: accanto ai nove adulti sono presenti tre bambini di diversa età, e tutti quan-
ti compiono gesti tipici del pianto rituale, specialmente l'estensione di un braccio e il lamento,
come dimostra la scritta OIMOI (((ohimè>>), che si ripete piu volte.
Le necropoli e i riti funerari 12 8 1
18. Il trasporto funebre (Éx<jJOQa). Kyathos attico a figure nere (ultimo quarto del VI secolo a. C.).
Parigi, Bibliothèque Nationale 355·
Il vaso, proveniente da Vulci, mostra un carro a due ruote su cui è portato il defunto e, ac-
canto a lui, un giovane e una ragazza; a piedi precedono e seguono il carro alcuni uomini e
alcune donne che si portano una mano sul capo, secondo il tipico gesto del lutto; notevole la
presenza nel corteo di un suonatore di aulos, a conferma della grande gamma espressiva di
questo strumento a fiato. Dall'altra parte del vaso un gruppo di opliti si muove a passo di
danza: è il saluto pubblico che la città rivolge al defunto.
1282 Le necropoli e i riti funerari
19. Scene di corteo funebre. Pinakes frammentari di Exechia (c. 530 a. C.). Berlino, Staatliche Museen.
20. L'esposizione, la sepoltura e l'erezione della tomba. Loutrophoros (fine del VI secolo a. C.). Atene,
Museo Archeologico Nazionale 450. La città delle immagini ci t.
La prima scena è abbastanza simile a quelle di neòttEmç già osservate; piuttosto rare, invece,
le immagini successive: due uomini calano la cassa nella profonda fossa, dalla quale emergo-
no i volti e le braccia di altri due uomini che li stanno aiutando; due donne piangono con i
consueti gesti di lutto, mentre l'ambiente della necropoli è suggerito dalle fronde di un al-
bero. Per ultimo la tomba terminata: una loutrophoros sormonta il tumulo, dinanzi al quale
si muovono un serpente e delle figurette alate (forse raffigurazioni degli Eibwka, le parvenze
dell'anima).
21. Il premio per i giochi funebri di Onomasto. Lebete bronzeo (fine VI secolo a C.). Londra, British
Museum.
Il vaso, forse proveniente da Cuma, appartenne all'antiquario inglese Richard Payne Knight
(I75I-I824). L'iscrizione recita: <<'Enì wiç 'Ovof.uim:o 'tO <I>ELiìiÀEO attkmç ÈttÉttEV)) (Fui posto
in palio per i giochi di Onomasto, figlio di Pheidileo). Già nell'Iliade, come rilevò De Mar-
tino, gli agoni funebri per la morte di Patroclo servono a «ritualizzare il furore distruttivo»
e offrire una <<risoluzione culturale>> dell'ira di Achille per la scomparsa dell'amico.
Le necropoli e i riti funerari
22. Iscrizione che limitava l'uso di uno spazio funerario ai soli iniziati ai culti dionisiaci. Pozzuoli (metà
del v secolo a. C.).
L'iscrizione, in origine sulla faccia interna di un sepolcro, dice: «Où ih~~tu; f:vlwiil'ta xtiol'tlm(L)
~tÈ( v) 1:òv Btll3axxtu~tÉivov» (Non è lecito che qui giaccia se non l'iniziato ai misteri bacchici);
il testo epigrafico si riferisce a un gruppo misterico di seguaci di Dioniso-Bacco.
Le necropoli e i riti funerari r 285
23. La morte sul campo di battaglia in Attica. Cratere attico a figure rosse (c. 490 a. C.). Agrigento,
Museo Archeologico Nazionale.
Il cratere raffigura probabilmente il trasporto del corpo di Patroclo da parte dei compagni,
mentre in alto si sta allontanando l'anima dell'eroe (Ett'ìwkov); la scena, che è stata messa in
rapporto con i Mirmidoni di Eschilo, mostra il corpo dell'eroe già avvolto in un manto prima
di essere cremato. Va osservato che in età classica gli Ateniesi, diversamente dagli Spartani,
cremavano sul posto i morti in battaglia.
1286 Le necropoli e i riti funerari
24. La morte sul campo di battaglia a Sparta. Coppa laconica del Pittore della Caccia (c. 550 a. C.).
Berlino, Staatliche Museen Preullischer Kulturbesitz, Antikensammlung 3404.
Due giovani guerrieri spartani, armati con una corta lancia, trasportano un loro commilito-
ne piu anziano caduto sul campo di battaglia e ormai privo di armi. A Sparta, diversamente
da Atene, si tentava in ogni modo di recuperare i corpi dei soldati morti in battaglia e ripor-
tarli in patria. Si noti la lunga capigliatura dei soldati, la cui origine viene riconnessa da Ero-
doto (2.82.7-8) al conflitto tra Spartani e Argivi per il possesso della Tireatide, in cui i pri-
mi ebbero la meglio: <<A partire da quel momento, gli Argivi, che prima per obbligo aveva-
no lunghe chiome, essendosi rase le teste, fecero legge ed imprecazione che nessun Argivo si
lasciasse crescere i capelli e che le loro donne non portassero ornamenti d'oro, prima di aver
recuperato Tirea. I Lacedemoni fecero una legge che era l'opposto di questa: infatti, mentre
prima non portavano lunghe chiome, dopo di allora le portarono» (trad. di V. Antelami).
Tipologie dei monumenti funerari
25. Tombe e stele del periodo geometrico. Atene, Ceramico. K. KUBLER, Kerameikos, V/1. Die Nekropole
des w.bis8.fahrhunderts, Berlin '954·
Il oftJW è costituito, in tutti e tre i casi, da un vaso di grandi dimensioni e da una stele in pietra .
•.
>6. Tombe del periodo geometrico a T era (Mesavouno), pianta e sezione A-A'. J. N. COLDSTREAM,
Geometrie Greece, London 1977·
La tomba, verosimilmente familiare, si appoggia alla roccia; le urne sono protette da una
struttura in muratura, paragonabile ai primi edifici funerari (bui/t tombs).
1288
piatto per
le offerte
canale per
le offerte
27. Tumulo di una tomba a incinerazione con canale per le offerte, pianta e sezioni. Atene, Ceramico
(c. 650 a. C.). D. KURTZ e J. BOARDMAN, Greek Buria/ Customs, Oxford 1971.
Il profilo variato della buca serviva a migliorare la circolazione dell'aria al momento dell'ac-
censione del fuoco. Come si nota dalla pianta, una zona accanto alla sepoltura era riservata
alle offerte, come accade frequentemente nelle tombe arcaiche nell'Attica; si tratta in que-
sto caso dei cosiddetti «offering ditches>> (Opferrinnen), cioè canali stretti e lunghi (dai 2 ai
I 2 m) ricavati in prossimità delle sepolture; su di essi, forse mediante piccoli tavoli, veniva-
no sistemate le offerte, bruciate al momento del funerale. Il tumulo in terra (nill~oç) è in-
nalzato direttamente sulla sepoltura; questi tumuli possono presentare diametri da 4 a IO nl
e superare il metro in altezza; in questo caso reggeva un cratere, in altri casi una stele.
28. Tumuli del Ceramico di Atene (c. 650 a. C.). K. KUBLER, Kerameikos, VI. Die Nekropole des spiiten
8. bis friihen 6. Jahrhunderts, Berlin I 959·
Il tumulo K era coronato da una stele priva di rilievo e iscrizione, gli altri da crateri; la lette-
ra~ segnala un canale per le offerte. Già al tempo di Omero si riteneva <<cosa dovuta ai mor-
ti» una sepoltura «1:Uf.L~l!l n crtitkn n» (con tumulo e stele: Iliade, I6.457, I6.675; e cfr. Odis-
sea, I 2. I4).
Le necropoli e i riti funerari
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29. Un tumulo gentilizio (il Rundbau). Atene, Ceramico (vn-v secolo a. C.). u. KNIGGE, Kerameikos, XII.
Der Rundbau am Eridanos, Berlin 1980.
Il grande tumulo vicino alla Porta Sacra per circa tre secoli è stato usato per le sepolture di
uno stesso gruppo gentilizio, forse il yÉvoç dei Kerykes, che forniva i sacerdoti di Eleusi.
1290 Le necropoli e i riti funerari
30. Cenotafio di un uomo morto in mare. Stele in calcare da Corinto (seconda metà del VII secolo a. C.).
Atene, Museo Epigrafico.
Come riferisce l'iscrizione bustrofedica (GV, 53), un esametro in dialetto dorico- <<~fEtvia
1:ò1ìE [oti~J.ali"Iòv oÀ.EoE rrjòvwç avm[OÉç]>> (Questo è il monumento di Deinias, lo uccise il ma-
re spietato)-, si ricordava un uomo perito in mare, e dunque si trattava molto probabilmente
di un cenotafio (letteralmente <<tomba vuota>>).
Le necropoli e i riti funerari 1291
_,.
,.
;
. . Tumulo organico
D Terra e ghiaia
- Ghiaia
[::::J Ciottoli
D Sabbia
~ Terreno vergine
Frammenti di ceramica
Pira
-~ Tomba collettiva
6m
32. Tumulo XII a lstro (seconda metà del VI secolo a. C.), pianta e sezione. P. ALEXANDRESCU, Un rituel
/unéraire homérique à lstros, in Nécropo/es et sociétés antiques, Naples 1994.
L'analisi stratigrafica del tumulo indica che il morto veniva deposto sulla pira e bruciato con
i suoi oggetti e alcuni vasi (una lekythos e un alabastron di alabastro); altri vasi vennero poi
gettati sulla tomba al termine della combustione (tra questi una coppa attica); ma la cosa che
piu colpisce è la presenza ad alcuni metri di distanza dal luogo della pira, sempre all'interno
del tumulo, di due tombe collettive: la tomba I conteneva ventisei scheletri umani disordi-
natamente mescolati a frammenti di scheletri di equidi; la II, nove scheletri umani e altri re-
sti di equidi; tra questi trentacinque scheletri sono certamente riconoscibili ventiquattro uo-
mini e due donne, la maggioranza dei quali in età avanzata, ma ci sono anche un adolescen-
te e tre bambini. Si tratta, come risulta anche da altri tumuli della medesima necropoli, di
sacrifici umani e animali, che peraltro scompariranno dopo questa data. Un altro elemento
stupefacente è la pressoché totale coincidenza tra il rituale di lstro e quello minuziosamente
descritto da O mero per i funerali di Patroclo (Iliade, 23.12 sgg.), tra l'altro molto simile a
quello di alcune tombe scoperte ai piedi dell'Areopago di Atene. Nel caso di Istro ci si è chie-
sti se questa coincidenza di pratiche rituali vada spiegata con la mentalità fortemente con-
servativa dell'aristocrazia della città, antica colonia di Mileto sul Mar Nero.
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l l· La colonnetta funeraria di Xenares (inizi del VI secolo a. C.). Corfu, Museo. Disegno di A. Brighi.
Si tratta di una colonnetta sormontata da un capitello dorico; una delle facce dell'abaco re-
ca l'iscrizione nell'alfabeto corinzio (IG, IX, r.869): <<LTUÀ.u :=:EVfUQI'Oç mù Mhfil;u\ç dfl' Èni
Tt'!tOL» (Sono la stele di Xenares figlio di Meixis, sul [suo] tumulo). Si noti l'uso del termine
<JTÙÀ.u (stele) per una colonnetta, termine che quindi indica la funzione e non la forma; il pez-
zo infatti, come dichiara la stessa iscrizione, doveva svolgere il ruolo di segnacolo, proprio
come una stele, «sul tumulo>>.
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l4. Tomba a incinerazione con struttura in mattoni. Atene, Ceramico (c. 580 a. C.). KURTZ e BOARDMAN,
Greek Burial Customs ci t.
Si tratta di un vero e proprio edificio funerario (bui/t tomb); le dimensioni sono di m 6 x 3,54
e ',87 in altezza; qui la struttura monumentale ha la funzione di oi'jf!U, infatti la sepoltura
non è tanto all'interno, quanto sotto la struttura in mattoni.
1294
35· Il monumento funerario dei due fratelli Dermys e Kitylos. Calcare (primo quarto del VI secolo a. C.).
Atene, Museo Archeologico Nazionale 56.
Il monumento (altezza m 2) proviene da Tanagra (Beozia) e consiste in un vero e proprio com-
promesso tra il rilievo e il tutto tondo; i due fratelli, nel gesto di abbracciarsi, sono indivi-
duati dai nomi scritti accanto alle gambe: .1.ÉQf.1Uç e Kb:uì..oç; sulla base si legge: «'A1.upaì..xEç
E<rtaa' Èni KLt1JÀOL Èilf tni .1.ÉQf.lUt» (Amphalkes eresse [questo monumento] per Dermys e Kity-
los); Amphalkes è molto probabilmente il padre.
Le necropoli e i riti funerari 1295
J(l. Kouros funerario del medico Sombrotidas. Marmo (c. 550 a. C.). Siracusa, Museo Archeologico.
l7. Iscrizione del kouros funerario del medico Sombrotidas. L. H. JEFFERY, The Local Scripts of Archaic
Greece, Oxford 1961.
La statua frammentaria (altezza m 1, 19) proviene da una necropoli di Megara lblea; sulla co-
scia si legge: <<Wf!QO-rlba -ròhLU-rQò-ròMavbQOXÀÉoç» (A Som[b]rotidas, medico, figlio di Man-
drokles).
Le necropoli e i riti funerari
..
38. Il kouros Atene MN 4890 e la kore Phrasikleia (c. 540 a. C.) al momento della scoperta nel 1972 a
Merenda, l'antico demo di Mirrinunte, a sud di Maratona. J. TRAVLOS, Bildlexikon zur Topographie
des antiken Attika, Tubingen r 988.
Le necropoli e i riti funerari 1297
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TA Enchytrismos jln
39. Pianta della necropoli di Merenda (Mirrinunte) con la fossa (~oileoç) del kouros Atene MN 4890 e
della kore Phrasikleia (c. 540 a. C.). E. l. Mastrokostas, in <<'AQxawÀoyn<à 'Av<i4xm 1:1; 'Aih]vlilv»,
'972.
Come in altri casi, anche qui le statue non erano necessariamente sopra la tomba, ma in una
posizione di rilievo, ben visibili dalla strada adiacente.
40. Aristion di Paro, statua funeraria di Phrasikleia, da Merenda (Mirrinunte) (c. 540 a. C.). Atene,
Museo Archeologico Nazionale 4889.
La statua in marmo (altezza m 1,76) mostra la fanciulla in piedi nell'atto di stringere la ve-
ste riccamente decorata con la mano destra; lo scultore ha descritto con cura i sandali, i gioiel-
li e la coroncina sul capo.
Le necropoli e i riti funerari 1 299
41. L'epigrafe della statua di Phrasikleia. Da Merenda (Mirrinunte) (c. 540 a. C.) .
L'unica statua funeraria femminile con iscrizione pervenutaci è questa di Phrasikleia (<<colei
che attira l'attenzione sul kleos», cioè sulla rinomanza, secondo}. Svenbro); l'iscrizione, reim-
piegata nella chiesa di Merenda, era già stata vista nel 1729-30 da Miche) Fourmont (CIG,
I, 28): <<l:f]11a <l>QamxÀElaç 1 KÒQTJ xExÀt')ao11ml aì.El àvri ya11o l rraQà 1'tEòv 1:o\im 1 Àaxo(li)a' òvo-
f!U>> (Io, sema di Phrasikleia, mi chiamerò per sempre fanciulla, avendo ricevuto questo no-
me dagli dèi al posto delle nozze [trad. di J. Svenbro]). Il xÀÉoç di Phrasikleia consiste pro-
prio nel poter essere per sempre chiamata KOUQT] cioè «fanciulla», «vergine»; il motivo della
tomba che si sostituisce al matrimonio ha già riscontro nell'epica (Odissea, 20.J07). Sul lato
sinistro della base si legge la firma dello scultore («Aristion di Paro mi ha fatta>>), un artista
di cui conosciamo altre tre dediche.
43· Kouros funerario di Kroisos, da Anavyssos (Attica). Marmo pario (c. 530 a. C.). Atene, Museo
Archeologico Nazionale 3851.
Il kouros (altezza m I ,94) proviene da un tumulo contenente diverse sepolture, sia incinera-
zioni che inumazioni, nel quale venne scoperto anche il kouros New York MMA 32.I I. I; la
statua doveva trovarsi sul bordo del tumulo, accanto alla strada antica, dunque in una collo-
cazione di ottima visibilità, come si addiceva alla condizione aristocratica del giovane, forse
appartenente alla famiglia degli Alcmeonidi. L'epigramma riferisce la morte in guerra di Kroi-
sos: «l:Ti:th xai otxneov Keoloou naeà ofilla 'l}avoVToç 1 hov nO't' Evi neo11axmç òiAEoE 'l}oueoç
'AQEç>> (Fermati a piangere presso il sema del defunto Kroisos, che il rabbioso Ares un gior-
no distrusse mentre combatteva nelle prime file).
Le necropoli e i riti funerari I 30 I
~4- La stele di Hegesipole da Perinto, Tracia (terzo quarto del VI secolo a. C.). Tekirdag, Museo 6or.
Su questa piccola stele (altezza m 1 ,04) Hegesipole figlia di Hegesikrates è raffigurata men-
tre porta verso il viso un oggetto di difficile identificazione (un vaso?), seguita da una serva
che regge una salvietta e un aryballos; viene dunque ripreso uno schema (il giovane seguito
dal servo) comunemente di destinazione maschile, piuttosto raro per il mondo femminile.
1302 Le necropoli e i riti funerari
45· Un gioco giovanile sulla base di un kouros (c. 510 a. C.). Atene, Museo del Ceramico P 1002.
Il rilievo frammentario (altezza cm 29), sulla base di una statua funeraria, è strettamente im-
parentato con un rilievo dalle medesime funzioni in cui è raffigurato un gruppo di sei giova-
ni che giocano a palla.
Le necropoli e i riti funerari 1303
46. l tipi delle stele attiche tra VI e v secolo a. C. Disegno di L. F. Hall. G. M. A. RICHTER, The Archaic
Gravestones of Attica, London 1971 2.
Secondo Gisela Richter, il tipo Ia-c è databile al610-525 a. C.; il tipo IIa-b è databile al530-
5oo a. C.; il tipo Ile è databile.intorno al450 a. C.
1304 Le necropoli e i riti funerari
47· Stele di Lyseas. Marmo pentelico (fine del VI secolo a. C.). Atene, Museo Archeologico Nazionale 30.
Ibid.
La stele (altezza m 1 ,95) era originariamente dipinta; sulla lastra si poteva vedere il defunto
in piedi, vestito con chitone rosso scuro, mantello e sandali ai piedi; la mano destra stringe-
va un kantharos e la sinistra rametti presumibilmente di alloro; nella zona inferiore un cava-
liere al galoppo, forse a indicare il rango del personaggio; la base rettangolare porta questa
iscrizione: <<Auorm Èvthibr oÈif.La rrm:ÈQ l:Éf.LOV ÈirrÉttrxrv» (Qui il padre Semon eresse un mo-
numento a Lyseas).
1305
'V~ l Q. F \jl F\ Q ON
O v D\ ~ TV k R k o {
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(Atv'EI"o<
K~f'AATo
48. Iscrizione per il medico Carone. Stele in calcare, da Titronio, Focide (c. 500 a. C.). JEFFERY, The
Local Scripts ci t.
L'iscrizione (CEG, 1 27) è un distico elegiaco: «Xai{le, XliQov, oùb(e)iç tu xuxòç ÀÉyet oùbÈ
l'luv6vta, lnoÀ(À)o(ù)ç ci~Q6nov Àuoli~tevoç xa~tlito(u) >>(Salve, Carone, nessuno dice male di
te, neppure da morto, tu che molti uomini liberasti dalla sofferenza [trad. di S. Nicosia]).
49· Iscrizione per Prassitele. Pilastro in pietra che sosteneva una statua, da Trezene, Argolide (c. 500 a. C.).
Ibid.
L'iscrizione (CEG, 139), in esametri e in dialetto dorico, ricorda il committente Vison, for-
se un parente, e lo sforzo dei compagni di Prassitele per erigere il monumento: «nQa!;ttÉÀEL
t61ir ~tVà~tU fiowv ltOip]OE -fruv6[vtL], l ['t]OÙ'tO b' huiQm l oà~ta XÉUV j3aQÉU ouvaxovteç l fÉQYWV
ùv,· ùy[u]-frwv x'Ì)na~tEQOV il;e'tÉÀeoav>> (Per Prassi tele morto pose questo monumento Vison,
gli versarono il tumulo i compagni, tra pesanti gemiti, in un sol giorno, premio alle sue belle
azioni [trad. di S. Nicosia]); si noti la formula omerica (iaQÉU ouvaxovteç.
IJ06 Le necropoli e i riti funerari
50. Una scena erotica durante un banchetto. Rilievo frammentario in marmo, da Coo (c. 500 a. C.).
Coo, Museo.
Il rilievo, certamente funerario, mostrava una scena di simposio secondo uno schema non
lontano da quello della ceramica contemporanea: a sinistra rimane la figura di un suonatore
di aulos finemente vestito, mentre sul letto amoreggiano un'etera e un uomo che tiene una
lira; un convitato è caduto a terra ubriaco e un giovane servo cerca di rialzarlo.
Le necropoli e i riti funerari r 307
51. Tomba «degli atleti». Tatanto (VI-V secolo a. C.). Tatanto, Museo Archeologico Nazionale.
La tomba a camera scoperta a Taranto nel 1920 era di forma pressoché quadrata, con soffit-
to a lastroni sorretto da due colonne doriche e un selciato lastricato; conteneva sette sarco-
fagi in calcare, con coperchi a doppio spioventi, allineati lungo le pareti. Nonostante la tom-
ba fosse già stata devastata da scavatori clandestini, il corredo dei sarcofagi risultò notevo-
le, in quanto, oltre a un certo numero di vasi (in particolare quattro crateri e un'anfora
panatenaica), vennero scoperti diversi strigili e alabastro, oggetti che fecero ritenere che i per-
sonaggi sepolti fossero in qualche modo coinvolti in attività agonistiche. Nello stesso tempo
è chiaro, dalla disposizione dei sarcofagi in rapporto alla camera, che qui si voleva ripropor-
re lo spazio dell'àvbQ<i>v e del simposio: il gruppo di haiQm (compagni) che, in vita, affer-
mava la propria identità nella pratica del simposio, continua a sussistere anche nella morte.
IJ08 Le necropoli e i riti funerari
52. Testa di statua funeraria (c. 480 a. C.). Atene, Museo del Ceramico P '455·
Dopo il510 a. C. le statue e le stele nel Ceramico sono piuttosto rare, e dunque il giovane
raffigurato nella statua funeraria cui apparteneva questa bellissima testa frammentaria do-
veva essere un personaggio eccezionale.
1309
53· Alxenor di N asso, un uomo e il suo cane. Stele da Orcomeno, Beozia (primo quarto del v secolo a. C.).
Atene, Museo Archeologico Nazionale 39·
La stele in marmo (altezza m r ,97) è firmata sullistello in basso: «Alxenor il Nassio fece [la
stele]. Ma guardatela! >> Il tema del rilievo è attestato anche nella Grecia orientale: un uomo
barbuto e avvolto nel mantello (l.juinov) si appoggia al proprio bastone, gesto tipico dei cit-
tadini, mentre porge una cavalletta al proprio cane.
IJIO Le necropoli e i riti funerari
54. Iscrizione funeraria per un guerriero morto in battaglia. Base di stele in calcare, da Kierion, Tessaglia
(475-450 a. C.). JEFFEKY, The Loca!Script< cit.
Nell'iscrizione in alfabeto della Tessaglia (CEG, 1 18) Pyriada si vanta di non essere fuggito-
al contrario di Archiloco (fr. 8 T arditi)- e di essere morto per la patria: «Mvà!!' È!!l lluQLalìa,
oç oùx Ènllm:ato <pEUYEV, l ÙÀ' aÙ"I}E nÈQ l yàç "tàolìE noÀÒv ÙQlU"tEuov ({}avE>> (Sono la tomba di Py-
riada che non conosceva la fuga, ma qui distinguendosi molto mori per questa terra).
56. Il rilievo funerario per un giovane. Scultore attico (seconda metà del v secolo a. C.). Venezia,
Museo Archeologico.
Nel rilievo frammentario è rappresentato l'arrivo del giovane cavaliere nel regno dei morti;
qui lo accoglie con una coppa di vino un giovane servo nudo e, soprattutto, lo aspettano i ge-
nitori eroizzati: la madre vestita col peplo in piedi e il padre sdraiato su una xÀiVTJ, con un
kantharos in mano; la scena è completata dalla mensa ricolma di vivande e dal grosso cane sul
pavimento.
I 3I 2 Le necropoli e i riti funerari
57 · Il giovane Euthesion come cacciatore (v secolo a. C .). Basilea, Antikenmuseum und Sammlung
Ludwig BS 233.
Euthesion tiene nella sinistra il tipico bastone da caccia (;\.aywJ3ò;l.ov) e nella destra una lepre
(viva o morta?), fissata dal cane accanto alle gambe del giovane; un po' come nella stele di
Aristocle, dove vengono esplicitamente citati, si richiamano in questa immagine i piaceri e
le attività della giovinezza, in primo luogo la caccia; la lepre - nella pittura vascolare spesso
usata come simbolo di seduzione - rimanda anche alla sfera erotica.
Le necropoli e i riti funerari I 3I 3
58. La stele della fanciulla Pausimache (v secolo a. C.). Atene, Museo Archeologico Nazionale.
La fanciulla, in piedi, tiene nella destra uno specchio in cui si guarda. L'iscrizione dice: << Mo-
rire è destino per tutti quelli che vivono; ma tu, Pausimache, hai lasciato un dolore che fa pe-
na a chi ti ha preceduto, tua madre Phainippe e tuo padre Pausania; e ai passanti davanti a
questo monumento fa vedere la tua modestia e il tuo merito». 'AQET~ e owcpQOmJVfJ, natural-
mente intesi in senso femminile, sono i valori portanti della società aristocratica di cui la fan-
ciulla faceva parte.
I 3I 4 Le necropoli e i riti funerari
59· Stele del guerriero Mnason (c. 400 a. C.). Tebe, Museo.
La stele, raffigurante un soldato all'attacco, era originariamente dipinta. Questa stele, come
altre raffiguranti soldati all'attacco scoperte nella stessa zona, è stata messa in relazione con
la battaglia di Delio (424 a. C.).
Le necropoli e i riti funerari I 3I 5
6o. Segnacolo di una sepoltura femminile con cassone e xakailoç (v secolo a. C.). Atene, Museo Ar-
cheologico Nazionale 1052.
Il cassone e il xaÀaitoç, il cesto da lavoro in cui si raccoglieva il filo prodotto dalla torci tura,
sono oggetti del lavoro femminile e per questo compaiono frequentemente nelle immagini re-
lative alla dimensione muliebre; non infrequenti anche in un contesto funerario (cfr. la
lekythos del Pittore di Sabouroff), cassone e xaÀaitoç divengono cosf segno della donna in-
dustriosa e abile nel suo ruolo domestico.
1316 Le necropoli e i riti funerari
61. La stele di una nonna e del nipotino (fine del v secolo a. C.). Atene, Museo del Ceramico P 695.
Entro l'edicola è scolpita Ampharete, seduta ed elegantemente vestita, mentre stringe con la
sinistra il nipotino e gioca con lui tenendo nell'altra mano un uccellino; sulla cornice è scrit-
to il solo nome della donna, 'A,.upaQÉ"tlJ. L'iscrizione metrica (distico elegiaco ed esametro) è
incisa sull'epistilio dell'edicola: « TÉxvov Èflfiç l'l-uymQÒç n)li' i!xw q>i.Àov· OflREQ, o1:r aùyaç l OflflU-
mv ~ri..io ~WV"tEç ÈÒEQXOflE{}a, l dxov Èfloi:ç y6vamv xai vùv q>{}l.flÉvov q>{}tflÉVlJ 'xw >> (Tengo in brac-
cio questo caro bimbo di mia figlia. Quando, da vivi, tutti e due guardavamo con gli occhi i
raggi del sole, io lo tenevo sulle mie ginocchia; anche adesso, da morta, tengo lui che è mor-
to); come si può notare, a differenza di altri esempi, non è tanto la stele a parlare, quanto le
immagini del rilievo.
Le necropoli e i riti funerari 13 17
62. Una statua funeraria. Anfora del Pittore di Gravina (fine del v secolo a. C.). Taranto, Museo
Archeologico Nazionale.
Al centro dell'anfora apula, sopra una base poggiante su alcuni gradini, si vede una statua
che raffigura un giovane con mantello, bandoliera, elmo e scudo; la circondano altri giovani
e alcune donne che porgono corone e bende. Che si tratti di una tomba lo fanno supporre i
vasi (due kylikes e un'anfora) davanti alla base e le melagrane disposte sul secondo gradino;
è chiaro che al defunto viene tributato un culto eroico.
IJI8
63. La stele di Panaitios (v-Iv secolo a. C.). Atene, Museo Archeologico Nazionale.
Il rilievo, frammentario, mostra in secondo piano una tenia a cui è appeso un vasetto per un-
guenti, allusione al mondo della palestra. In primo piano restano due vasi: a sinistra una
lekythos su cui è raffigurato un ragazzo che correndo gioca col cerchio. Accanto si vede una
loutrophoros, vaso legato al matrimonio in quanto serviva per il bagno che precedeva le noz-
ze, ma usato anche con valenza funeraria; su di esso vediamo un giovane vestito col chitone
e col petaso in capo che regge due lance, mentre il cavallo H accanto conferma il suo ruolo di
efebo; egli saluta un vecchio, seguito da un fanciullo, stringendogli la mano: un gesto, que-
sto della OEI;iwmç, che si ritrova spesso sulle stele funerarie classiche. Poco sopra questa sce-
na si legge il nome del defunto: «flavainoç'Af.lai;avtEuç>> (Panaitios del demo di Amaxantia).
Il rilievo, che era completato con un'altra lekythos a destra della loutrophoros, voleva dunque
riprodurre i vasi funerari che talora, nelle necropoli attiche, erano collocati sulle tombe.
Le necropoli e i riti funerari 1319
64. La stele di un soldato morto in mare. Marmo (inizi del IV secolo a. C.). Atene, Museo Archeologico
Nazionale.
L'iscrizione presenta solo il nome e patronimico: <<6TJI!OKÀEi[)T)ç 6TJI!TJ'tQ(O» (Democlide figlio
di Demetrio). Il compito di raccontare la vicenda di Democlide è affidata al rilievo: il gio-
vane- un soldato, come indicano l'elmo e lo scudo vicino a lui- siede sulla prua di una na-
ve e contempla melanconicamente il mare in cui è morto, caduto forse in una battaglia na-
vale; il tono malinconico dell'immagine deriva anche dal fatto che il soldato fu un iHta:rnoç,
insepolto.
1320 Le necropoli e i riti funerari
65. Aristocle come cacciatore a cavallo. Stele attica (inizi del IV secolo a. C.). Londra, British Museum.
L'iconografia del rilievo è piuttosto diffusa: il defunto a cavallo seguito dal servo a piedi.
L'iscrizione metrica (un distico elegiaco piu un esametro) è la seguente: «lloUà 11dt' ~ÀLxlaç
Ò!iot\kLxoç ~òÉa nai.oaç l Èx yalaç ~Àaatoov ya"fa naÀLv yÉyova. l E4ti ÒÈ 'AQLatoxÀijç llnQai.Euç,
natç ÒÈ MÉvwvoç>> (Dopo molti piacevoli passatempi con giovani della mia età, io che sono
germogliato dalla terra, di nuovo terra sono diventato; sono Aristocle del Pireo, figlio di Me-
none [trad. di M. M. Sassi]). Il rilievo e la prima parte dell'iscrizione alludono alle gioiose at-
tività dei giovani che tante altre volte troviamo ricordate nei monumenti funerari; piu avan-
ti nel testo, invece, compare un'immagine- quella del corpo che ritorna terra- tutt'altro che
consueta nelle iscrizioni funerarie classiche e dalle ricche implicazioni filosofiche.
IJ2I
66. Una adolescente con la sorellina. Stele attica in marmo (c. 380 a. C.). Los Angeles, J. P. Getty
Museum 7r.AA.r2r.
L'epistilio della stele presenta questa iscrizione: ((Evttu xEiwt Muvvm !-11ll:QL1to-6nv~ l
[EùcpQ]om!Vll 'AQl:E!-!Wlaç Muvvtu EÒl:EÀO» (Qui giace Mynnia, sospirata dalla madre; Eufrosi-
na, Artemisia, Mynnia figlia di Eyteles); sicuramente in un primo tempo la seconda linea
dell'iscrizione presentava i soli nomi della madre Eufrosina- che si svela nel gesto tipico del-
le spose- e della figlia Mynnia nell'atto, consueto per gli uomini, piu raro per le donne, di
stringersi la mano. In un secondo tempo vennero aggiunti i nomi del padre e di Artemisia,
quasi certamente la sorellina; quest'ultima, raffigurata ai piedi della madre nel rilievo, dev'es-
sere morta pochi anni dopo l'esecuzione del monumento funerario: per questo si pensò di ag-
giungere nell'iscrizione anche il suo nome.
67. Tomba attica a peribolo (prima metà del IV secolo a. C.). <<'AQXOLOÀoytxòv liEÀtiov», XVIII (1963).
Le dimensioni di questa tomba destinata a ospitare piu sepolture sono 15,86 x 8,14 m; si trat-
ta di una sorta di built tomb allargata, in cui le tombe non sono in superficie, ma sotto il li-
vello del recinto.
68. Naiskos funerario dal peribolo di Diogeiton. Ramnunte (Iv secolo a. C.).
I periboli, letteralmente <<recinti», sono un'espressione del profondo mutamento nell'ideolo-
gia funeraria del IV secolo, quando la dimensione privata e familiare sembra avere la preva-
lenza, parallelamente al declino del culto funerario pubblico tipico dell'Atene democratica.
Le necropoli e i riti funerari r 32 3
69. Un naiskos funerario. Cratere apulo (secondo quarto del Iv secolo a. C.). Londra, British Museum
F 283.
Nel rv secolo sui vasi apuli diviene frequente la raffigurazione di una sorta di tempietto ad
ante cui sono accostate due colonne ioniche; il tetto è a due spioventi con acroteri e il sof-
fitto è piano. In questo caso all'interno del naiskos è un giovane in piedi appoggiato a un
ÀouT~QLOV, secondo alcuni studiosi simbolo degli èiyallm («celibi>>). Va osservato che a fron-
te dei numerosi vasi che presentano tale tema, i ritrovamenti archeologici di naiskoi sono re-
lativamente scarsi, con l'eccezione di Taranto.
1324 Le necropoli e i riti funerari
70. Un naiskos funerario. Cratere a volute apulo (seconda metà del IV secolo a. C.). Napoli, Museo
Archeologico Nazionale H 2026 (82360).
In questo caso il naiskos è occupato dalla figura di un cavaliere nudo che, a piedi, stringe le
briglie del cavallo e con l'altra mano impugna una lancia.
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Dopo il celebre unicum costituito dalla Tomba del tuffatore nella prima metà del v secolo a. C.,
a Paestum si diffonde, specialmente nel corso del IV secolo a. C., l'uso di dipingere le pareti in-
terne delle tombe; è il momento in cui la città greca è ormai dominata da élite lucane, ma il re-
pertorio iconografico rimane in gran parte quello tipicamente greco. Il numero limitato (c. Bo)
di tali sepolture riccamente decorate sul totale (c. 700) delle tombe tra fine del v secolo e inizi
del rn secolo a. C. dimostra che si tratta di una scelta che caratterizza i gruppi egemoni.
72.Il naiskos di un guerriero. Marmo (fine del IV secolo a. C.). Atene, Museo Archeologico Nazionale
738. « Ephemeris Archaiologike», r 862.
Entro il naiskos (altezza m 2,14) è raffigurato l'oplite Aristonaute durante l'assalto; è cosi
possibile osservare l'evoluzione dell'armatura oplitica nella seconda metà del IV secolo a. C.
Il guerriero, sopra una tunica, indossa un corsetto anatomico che si adatta al corpo riprodu-
cendo la muscolatura del petto e dell'addome: il pezzo doveva essere eseguito su misura eri-
sultava dunque piuttosto costoso. Al di sotto della corazza anatomica c'è un gonnellino for-
mato da due file di corte strisce di cuoio, che proteggevano il bacino. Mentre Io scudo ro-
tondo non sembra presentare significative differenze dall'onì.ov argivo, l'elmo è di tipo trace,
un modello leggero che lascia scoperto il volto del guerriero. Nella mano destra il soldato pro-
babilmente stringeva un'arma, una lancia oppure una spada.
73· Tomba di Lefkadià, pianta e sezione. PH. M. PETSAS, O taphos ton Leukadion, Athinai 1966.
Le tombe a camera di tipo macedone divengono in età ellenistica la forma piu diffusa di tom·
ba monumentale. Normalmente sono poste lungo le strade, sormontate da un tumulo in ter-
ra; a volte preceduta da un dromos; la facciata può presentare una ricca decorazione a stuc-
co e dipinta; da qui si passa in un'anticamera e nella camera mortuaria vera e propria, en·
trambe a volta. Nell'una e nell'altra si trovano xì.lvm, che riproducono letti reali; spesso altri
oggetti sono illusoriamente dipinti sulle pareti.
Le necropoli e i riti funerari IJ27
7~ . Assonometria esplosa di una tomba a Dio (Pieria, Macedonia) . R. GJNouvÈS, I Macedoni, Milano 1993 .
1328 Le necropoli e i riti funerari
75· La camera della tomba di Euridice a Vergina, Macedonia (c. 340 a. C.).
Sullo schienale del trono, intagliato e dorato, sono raffigurati Ade e Persefone su una qua-
driga; la ricchissima tomba, sicuramente di un membro della famiglia reale, secondo lo sco-
pritore Manolis Andronikos apparterrebbe a Euridice, la madre di Filippo II.
76. Una panoplia. Affresco della tomba dei fratelli Lisone e Callide a Lefkadià (c. zoo a. C.).
Le necropoli e i riti funerari I 3 29
77 · Un bambino tra i suoi giochi. Stele in marmo (11 secolo a. C.). Parigi, Louvre.
La stele a naiskos, proveniente da Smirne, mostra a destra il fanciullo seduto con una mda
t n mano e un cesto di fichi; a sinistra si scorgono un'erma arcaistica di Dioniso e un gallo.
Sullo zoccolo si legge: <<'AtJ.UVTTJv'A:n:oU.wvi.ou>> (Aminta di Apollonia); piu in basso sono scol-
piti un sonaglio, tre astragali e una palla.
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78. Ipogeo n. 3 della necropoli di Mustafa Pascià ad Alessandria (seconda metà del m secolo a. C.):
a. pianta; b. sezione B-B; c. prospettiva verso il letto funerario. A. ADRIANI (a cura di), Repertorio
d'arte dell'Egitto greco-romano, serie C, I-II, Palermo 1963.
Nell'area di Alessandria le tombe monumentali- in parte ipogee, in parte sopra terra con trat-
ti in muratura - assumono una pianta singolare, con una distribuzione scenografica dei vari
ambienti che può rispecchiare la pianta delle case ellenistiche; nell'ipogeo n. 3 troviamo
un'ampia corte, con un'esedra da una parte e la camera funeraria dall'altra, coperta da una
facciata con finto colonnato dorico a cinque porte. L'ambiente 2, con banchina semicircola-
re, è forse la camera dove i parenti consumavano il pasto funebre; nell'ambiente 6 c'è l'alta-
re, nel 7 il sarcofago a forma di letto.
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79· Due tempietti funerari (n-I secolo a. C.). Tuna el-Gebel, necropoli di Hermoupolis Magna, Ales-
sandria. P. Pensabene, in N. BONACASA e A. DI VITA (a cura di), Alessandria e il mondo ellenistico-
romano: studi in onore di Achille Adriani, Roma 1992, disegno di G. Ortolani.
Le due edicole della fronte dovevano ospitare immagini funerarie.
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Bo. Un'epigrafe musicale: !'«epitaffio di Sicilo». Colonnina in pietra, già al Museo di Smirne: a. iscri-
zione (Enciclopedia classica, Torino 196o); b. trascrizione della melodia (c. DEL GRANDE, «Grecia an-
tica», in Dizionario della musica e dei musicisti, II, Torino 1983).
L'<<epitaffio di Sicilo>>, di incerta datazione, è uno scolio conviviale eccezionalmente prov-
visto di notazione musicale, inciso su una colonnina funeraria scoperta presso Tralle (Asia
Minore) e successivamente perduta nella guerra greco-turca del 1922. La prima parte dell'iscri-
zione recita: <<'E1xwv ti Ài~oç l r4ti·-.:h'ITJoi ~tE l :Uix!Àoç t:vtta l~tvit~trç à~ava-.:ou l aii~ta noÀUXQOVLOV>>
Oo pietra valgo un'immagine; qui mi pose Sicilo, segno duraturo di memoria immortale); se-
guono poi i versi accompagnati dalla melodia: <<Fin che vivi, brilli; non ti affliggere troppo
per alcuna cosa; la vita dura poco; il tempo reclama il termine>>; dopo i versi il testo si chiu-
de cosi: «~Eix!Àoç r'Ù-.:rQ[ni'jç] ~fJ>> (Sicilo felicissimo viva!)
Monumenti pubblici
1m
81. Tumulo di Menecrate (fine del VII secolo a. C.). Corfu. KURTZ e BOARDMAN, Greek Burial Customs cit.
La città di Corcira eresse un monumento a Menecrate, suo prosseno a Eantea in Locride,
morto in mare: si tratta della traduzione in pietra di un tumulo in terra (il diametro è di qua-
si 5 m, l'altezza di 1,20); una lunga iscrizione in esametri corre attorno alla sommità del ci-
lindro: « Ylou n.aolUfO MEVEXQU'tEOç lÒOE OUI!U l Otav{tÉoç YEVEUV' lÒOE lì. aimp lìii[tOç ÈriOLEl" l
Èç yùQ 1tQÒl;EVfOç OU[tOU <pi.Àoç. 'Aì.J...' Èvi m:\vc(!ll wÀno, ba[tòowv bÈ xuxòv QÒ[fhov 1tÒQE xli[ta].
nQasli!ÉVTJç lì· aimp yalaç ànò 1la<Qllìoç Èv{twv 1 ouv OUf14J<ÒiìE afilla xamyvi)<mo 11ovip'hp> (Del
figlio di Tlasia, Menecrate, nativo di Eantea, questo è il sepolcro. Lo eresse per lui il popo-
lo, perché del popolo era prosseno amico. Peri in mare, e il fragoroso flutto fu causa di pub-
blica sciagura. Venuto per lui dalla patria terra, Prassimene al fratello apprestò questa tom-
ba col concorso del popolo [trad. di S. Nicosia]).
Le necropoli e i riti funerari 1333
81. Stele di Pitagora di Selimbria (metà del v secolo a. C.). Atene, Ceramico.
La stele è posta in prossimità della giunzione tra la Via Sacra e il suo diverticolo; sulla destra
si trova il Rundbau. Con questo essenziale e spoglio monumento gli Ateniesi- a favore dei
quali esercitava la prossenia nella propria patria Selimbria, colonia megarese della Proponti-
de (Mar di Marmara) - diedero una sepoltura di stato a Pitagora; sulla stele, dalla semplice
forma a parallelepipedo (con la base alta m 3,r6), è inciso il solo nome al genitivo: nu~ay6Qo
(«di Pitagora>>); la base, che poggia a sua volta su alti gradini, reca l'iscrizione in due distici
elegiaci: (( nQO~Eviaç clQE"tfjç-tE XUQ4J. ltQOYOvWV TE xal aìrtéi l Mab' 'Al'hjvaLOL nu~UYOQTJV E~E<JUV
l uiòv Ol]f.lO<Ji.m liwvucrio, imto~m:ov bf.l :n:al:Qiba lliì.u~Qi.aV LKEl:' axoç <p~ÉVO» (Per riguardo al-
la prossenia e al valore degli antenati e suo, gli Ateniesi qui deposero a pubbliche spese Pita-
gora figlio di Dionisio; ma il dolore della sua morte giunse alla patria Selimbria, nutrice di ca-
valli [trad. di M. Guarducci]). Si noti nella terza linea il richiamo omerico in i:n::n:o~omv.
1334 Le necropoli e i riti funerari
83. L'epigramma sulla tomba collettiva (noÀuuvbQLOV) dei Corinzi caduti a Salamina (settembre 480 a. C.).
Atene, Museo Epigrafico. M. GUARDUCCI, Epigrafia greca, l, Roma 1967.
L'iscrizione frammentaria faceva parte di un monumento ben riconoscibile e facilmente da-
tabile. Infatti due fonti antiche, Plutarco (Sulla malignità di Erodoto, 39) e Diane Crisosto-
mo (Orazioni, 3 7. r8) parlano di un episodio della battaglia conclusiva delle guerre persiane
svoltasi nell'isola del Golfo Saronico: i Corinzi caduti vennero sepolti nella stessa Salamina
e per essi venne composto un epigramma da Simonide di Ceo. Proprio il testo trasmesso dal-
le fonti letterarie permette di riconoscere l'iscrizione e di integrarne le lacune: «[Ò!;évE, ruhv-
bQ]6v nox' Évalo[!Eç am:v <;JOQtV~O l [vi:iv b' ha[!È Aia]vroç [vàooç EXEL liiÀa[!lç» (0 straniero, abi-
tavamo una volta l'irrigua città di Corinto, ma ora ci tiene l'isola di Aiace, Salamina [trad.
di M. Guarducci]); non è del tutto certo che anche gli ultimi due versi ricordati dagli autori
antichi fossero incisi sulla pietra: <<Èv~abE <l>mvlooaç vàaç xai fiÉQoaç ÉÀ.ovrrç l xai M~l\ovç
laQàv 'Eì..ì..ul\a (lvouf!El'}a>> (Qui sconfiggendo navi fenicie, e Persiani, e Medi, difendemmo
l'Ellade sacra [trad. di S. Nicosia]). A parlare sono proprio i soldati caduti e cosi si spiega
l'uso del dialetto dorico (nox' ÉvatO[!Eç invece di notÉ Évalo[!EV, ha[!È invece di ~f!Éaç e vàooç
per vf)ooç) e dell'alfabeto corinzio; alla fine della prima linea va osservato che una mano suc-
cessiva ha corretto l'arcaico koppa di <;JoQlv~o con K.
Le necropoli e i riti funerari I 3 35
84. La stele ai caduti nella guerra corinzia (394/393 a. C.). Atene, Museo Archeologico Nazionale.
Il bellissimo rilievo - un cavaliere e un oplite che aggrediscono un guerriero spartano caduto
a terra - coronava il monumento funerario posto dallo stato in ricordo dei caduti della guer-
ra corinzia del394/393 a. C.; l'iconografia del rilievo non è molto diversa da quella della ste-
le di Dexileos, caduto nella stessa guerra. Subito sotto al rilievo si legge: <<['Afh]vaiwv olbE ànÉ-
llu]vov Èv KoQi~wL xal È!! Bmwwi:[ç] » (Caduti ateniesi a Corinto e in Beozia); seguiva poi l' elen-
co delle tribu attiche con i nomi dei rispettivi soldati caduti, preceduti dallo stratego.
L'heroon
4ffi
Le necropoli e i riti funerari 1 33 7
87. Un rilievo in onore di Archiloco? (c. 500 a. C.). Paro, Museo 758.
Il rilievo mostra il defunto al centro disteso sul letto; sulla parete alle sue spalle sono appese
le armi, lo scudo, la spada, la corazza; di fronte a lui una donna seduta fa il gesto tipico del-
le spose, cioè di scostare il velo che copre la testa; dall'altra parte un giovane servo ha attin-
to vino dal grande !ebete di cui non restano le gambe, forse perché in origine dipinte. Il to-
no eroico della scena è fuor di dubbio e non si può escludere che il personaggio onorato sia
pr~prio Archiloco; non è purtroppo sicuro, com'è stato proposto, che tra gli oggetti raffigu-
rau nell'angolo destro ci sia anche una lira.
Le necropoli e i riti funerari
a)
b) c)
6m
88. Ricostruzione dell'heroon di Charmylos a Coo (fine del Iv secolo a. C.): a. facciata; b. pianta; c. se-
zione della cripta inferiore. A. Scholl, in «]ahrbuch des Deutschen Archaologischen Instituts>>, CIX
(1994).
Questo maestoso monumento a due piani era dedicato a Charmylos e alla sua famiglia, cui
era riservata la cripta con sei nicchie (~xm) su ogni lato; la funzione cultuale dell'edificio, e
in particolare delle strutture sovrastanti la cripta, è confermata anche dall'iscrizione dedica-
toria (reimpiegata, come molti altri pezzi del Charmyleion, in una chiesetta medievale) in cui
si citano un temenos, un giardino e edifici dedicati ai Dodici Dèi.
Le necropoli e i riti funerari 1339
2om
90. Cratere euboico dalla tomba r68, Pitecusa (Ischia). Restituzione grafica di D. Ridgway.
Le necropoli e i riti funerari 1341
'! 1 La coppa di Nestore, con ricostruzione grafica dell'iscrizione. Kotyle radia tardogeometrica (ultimo
quarto dell'viii secolo a. C.). Ischia, Museo Archeologico di Pitecusa 21.
Questo celebre vaso proviene dalla tomba di un ragazzo di circa dieci anni nella necropoli di
San Montano a Ischia; la tomba a incinerazione apparteneva a un appezzamento familiare
CJratterizzato da corredi notevoli per la quantità di metalli preziosi. Il vaso, forse importato
t.la Rodi, presenta graffiti questi due celebri esametri: «NÉ<TtoQoç E[ ... ]L rìinm:[ov]nO'tÉQLOV l
hò; /)' Ùv ~ÒÒE 1tLEUL 1tO~EQ(io] uÙ~[xa l!.EVOV l hLf.lEQOç hatQÉOEL l!.UÀÀLOnc[cpav]o 'A<pQOÒL~Eç» (La
coppa di Nestore era certo ottima per bere, ma chiunque beva da questa coppa, subito sarà
preso dal desiderio della ben coronata Afrodite). I dati linguistici e stilistici fanno pensare
alla possibile rielaborazione, per un'occasione simposiale a Pitecusa, di modelli dell'epica
omerica.
1342 Le necropoli e i riti funerari
a)
b)
92. Il corredo della tomba di un atleta (c. 480 a. C.): a. allestimento attuale; b. sezione. Taranto, Museo
Archeologico Nazionale.
Una serie di lastroni foderava una grande fossa contenente un sarcofago finemente decora-
to; all'interno il defunto (altezza m r ,Bo circa) era deposto su una xÀlV!] !ignea. Si trattava
forse di un pentatleta, visti i soggetti raffigurati sulle quattro anfore panatenaiche poste agli
angoli della tomba; qualcuno ha proposto il nome dell'atleta, medico e filosofo di Taranto
lkkos, ricordato anche da Platone, ma non ci sono elementi a favore di questa ipotesi. Altre
tombe, oltre a questa, contenenti oggetti legati all'attività agonistica fanno supporre che a
T arante esistessero associazioni di atleti a carattere gentilizio.
Le necropoli e i riti funerari 1 343
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9 3. La sepoltura di Asti o n figlio di Anaxagoras di Larissa (tomba B di Derveni) con il suo corredo
funerario (seconda metà del IV secolo a. C.). Disegno di P. Themelis.
In questa località della Macedonia sono state scoperte alcune tombe lungo l'arteria che con-
duceva a Salonicco (distante una decina di km). La tomba B presentava pareti e copertura in
blocchi regolari di calcare; le pareti interne erano intonacate e vi erano dipinti ramoscelli
d'ulivo. Molto ricco il corredo funerario: prima di tutto il cratere bronzeo che conteneva le
ceneri del defunto e doveva poggiare su una base in pietra, poi una grande quantità di vasi e
suppellettili in bronzo, di ceramiche a vernice nera, di alabastro, per finire con le armi alli-
neate lungo un bordo della tomba.
1344 Le necropoli e i riti funerari
94· Il cratere di Derveni. Bronzo dorato con intarsi d'argento (seconda metà del IV secolo a. C.).
Salonicco, Museo Archeologico.
Il cratere (altezza m 0,91) è uno dei capolavori della toreutica greca e venne scoperto nella
tomba B di Derveni nel 1962. La scena principale sul ventre del vaso descrive la danza di sa-
tiri e menadi in onore di Dioniso e Arianna sul monte Citerone, tema non isolato ma reso
qui con alcuni particolari iconografici del tutto privi di confronto. Proprio questa versione
per certi aspetti inedita del tema dionisiaco ha sollecitato le indagini degli studiosi: per al-
cuni si tratta di un'opera nata come lussuosa suppellettile per il simposio, per altri invece si
tratta di un oggetto appositamente eseguito per servire da urna cineraria; il defunto, Astion
figlio di Anaxagoras di Larissa (un ufficiale di Filippo II?), come recita l'iscrizione in lette-
re d'argento, sarebbe allora identificabile nel personaggio in armi che fa parte del tHaaoç dio-
nisiaco (per altri Penteo). Altri dettagli iconografici -in particolare la menade che tiene per
una gamba un fanciullo - troverebbero spiegazione solo ricorrendo alle Baccanti di Euripide
(vv. 750-55), composte del resto presso Archelao di Macedonia.
La visita al sepolcro
'!5- Offerte su un sepolcro. Lekythos a fondo bianco del Pittore di Sabouroff (metà del v secolo a. C.).
Berlino, Antiken Museum 3 262.
Le lekythoi sono i tipici vasi funerari, come si ricava, tra l'altro, da un passo di Aristofane
(Ecclesiazuse, 996); ad Atene assume un certo rilievo la produzione di lekythoi a fondo bian-
co con iconografie funerarie e, tra queste, soprattutto la scena della visita alla tomba. Non a
caso troviamo segnacoli funerari di questa forma e vediamo lekythoi in mano alle donne che
portano offerte alla tomba. Alcuni esemplari sono riconoscibili anche in questa scena, ai pie-
di di una tomba sormontata da uno strumento a corde, il ~ae~rtov, probabile allusione alla
cultura musicale della defunta, e una cassetta, forse per gioielli.
96. Un uomo davanti a una stele. Lekythos a fondo bianco del Pittore di Vouni (metà del v secolo a. C.).
New York, Metropolitan Museum of Art 35-II.j.
Una donna sta dinanzi a due stele quasi interamente rivestite di bende colorate che servono,
anche in questo caso, per sottolinearne la sacralità; tra le offerte sembra di riconoscere degli
ÙÀTi'jQEç, oggetto della palestra ben adatto a ricordare un giovane.
Le necropoli e i riti funerari
97· La libagione davanti a una stele. Lekythos a fondo bianco (metà del v secolo a. C.). Karlsruhe,
Badisches Landesmuseum 234.
Due donne sono ai lati della stele, la cui forma ripete tipologie ben note in Attica; la donna
sulla destra ha già provvisto a circondare il monumento di bende, alcune delle quali sono an-
cora nel canestro; con la mano destra porge una phiale verso l'altra donna che, coi capelli
sciolti, versa l'acqua della libagione con un'idria.
Le necropoli e i riti funerari 1347
98. Una donna piange dinanzi a una stele. Figurina in terracotta da Tanagra, Beozia {altezza cm 12).
Atene, Museo Archeologico Nazionale.
Le necropoli e i riti funerari
99· Una donna piange dinanzi a una stele. Da una lekythos a fondo bianco. Atene, Museo Archeologico
Nazionale 1958. Disegno di F. Lissarrague.
Le necropoli e i riti funerari 1349
1 oo. Una lamentatrice dinanzi a una stele. Lekythos a fondo bianco del Pittore di Sabouroff (metà del v
secolo a. C.). Monaco, Staatliche Antikensammlungen, Collezione Schoen 76.
Secondo]. D. Beazley la donna, in ginocchio, è colta nell'atto di battersi il capo e il petto: è la
Ol:EQVonmla(che corrisponde al latino piangere pectora), attestato anche da Sofocle (Aiace, 632).
1350 Le necropoli e i riti funerari
ror. Il compianto di un giovane morto in guerra. Lekythos a fondo bianco del Pittore del Canneto (ultimo
ventennio del v secolo a, C.). Atene, Museo Archeologico Nazionale 1816. Disegno di A. Brighi.
]. D. Beazley ha proposto di riconoscere in questa immagine, dolente testimonianza del «do-
loroso tramonto» dell'Atene al tempo della guerra del Peloponneso, l'intersezione di due sog-
getti: la partenza per la guerra (la donna a destra porge elmo e scudo al giovane), e il com-
pianto da parte di un amico, a sinistra; i due temi si saldano proprio nella figura del giovane
eroe, seduto sulla propria tomba.
Le necropoli e i riti funerari I 35 I
103. La stele·insegna di un interprete di sogni. Menfi (rv-rn secolo a. C.). Il Cairo, Museo Copto. Disegno
di A. Brighi.
La stele proviene dalla necropoli di Menfi, dove sembra aver svolto la funzione di insegna;
infatti, sopra l'immagine del bue Api e di un altare, si legge questa epigrafe: <<'EwrrvLa XQiv[w]
l toù {}wù rrQòutaylf!.a exwv· tuxàyal-(}ai;: KQ~ç Èutlv 61 XQivwv tér.Or>> (Interpreto sogni, avendo
l'ordine del dio. Alla buona fortuna. E un cretese colui che li interpreta [trad. di M. Guar-
ducci]).
Chronicon
Un chronicon della storia greca
Premessa.
Quella che qui presento non è una semplice cronologia della storia
greca dall'età arcaica fino all'ellenismo, ma uno strumento di lavoro che
invita il lettore a un uso critico dell'informazione storica- anche di quel-
la cosiddetta di base. Agli avvenimenti qui riportati si accompagnano in-
fatti non solo, come di consueto, le relative date (espresse in anni solari
o, dove sia impiegata la barra, in anni attici), ma anche le fonti antiche
che hanno permesso di fissarli nel tempo.
La colonna centrale del chronicon è dedicata dunque alle fonti cro-
nologiche, e solo ad esse: se è vero che ogni fonte storica ha implicazio-
ni temporali, quelle che aiutano a porre un evento in un certo anno, o
addirittura mese o giorno, formano un sottoinsieme abbastanza circo-
scritto. Non dovrà quindi sorprendere una selezione dei testi che, ad
esempio, per il trattato fra Annibale e Filippo V del 215 a. C. sacrifica
un passo come Polibio 7.9: fondamentale, certo, ma non in una pro-
spettiva schiettamente cronografica.
Accade spesso che per uno stesso fatto si abbiano piu testimonianze
e che esse appaiano contraddittorie. In tutti questi casi il lettore le tro-
verà distinte in due gruppi: il primo è costituito dalle fonti che sosten-
gono la datazione proposta ed è a questa allineato; il secondo, separato
da un semplice accapo, comprende i testi che autorizzano o potrebbero
autorizzare cronologie alternative. A volte si tratta di differenze relati-
vamente piccole, come quella fra due anni attici contigui; a volte, inve-
ce, sono in gioco scarti di vari anni: indipendentemente da ciò, tutte le
fonti alternative sono concentrate in un gruppo a parte.
Rendere conto appieno delle implicazioni cronologiche di ciascuna esi-
gerebbe un ampio commento ragionato: chi conosce la mole dei Fasti H el-
lenici di Henry F. Clinton (l-III, Oxford 1834-41: anche le sue tabelle
partono dal n6 per spingersi poco oltre il limite qui prescelto) potrà
senz'altro farsi un'idea adeguata del problema e intuire perché la via del
commento sarebbe stata in questa sede impraticabile. Per talune fonti al-
13 56 Chronicon
Abbreviazioni.
c. circa
? data incerta, oppure fonte la cui pertinenza al contesto è oggetto di di-
scussione
anno attico (per es.: 387/6, distinto da 387-386)
Cens. 21.6; Sol. 1.28; Hier. a.A. Data tradizionale della prima olim-
I24I; Sam. An., PG I9, col. 633a piade (anno attico n6/5)
Castor Rhodius, 250 F 4; Veli. 1.8.I;
Africanus, fr. 37 Routh; IO!ympia
240; Eus. PE IO.I4, 503b; Eus.,
Hier. a A. I24o; Exc. barb., p. 298,
23·4 Frick; Chron.Pasch., PG 92, col.
28oa; Dion. Telm. a A. I24o; Sync.
368, 375; Anon. Matr., p. 23, 4-5
Bauer; Sam. An., PG 19, col. 6r9c
Arist. poi. I}I}a 25-7; Plu. Lyc. 7.I; Inizio dell'eforato a Sparta, sotto il
Pamphila F 2 Cagnazzi; Hier. a A. regno di Teopompo
I259 ann. CCCL (cfr. Apollod.,
244 F 335); Exc.barb., p. 304,22-
3 Frick
Hdt. r.65.5; Pl. ep. 8, 354b; Satyr.,
fr. 8 Mtiller (III, p. I62); Plu.
Cleom. Io.3; Eus., Hier. a A. I259;
Sync. 349
Veli. r.8.3; Eus., Hier. aA. 1264; Inizia il settantennio di arcontato de-
Sync. 399 cennale ad Atene
D.H. 1.71.5, 1.75·3; ?Paus. 4·5-IO
c. metà VIII sec. Strab. 5·4·4; Liv. 8.22.6; cfr. Veli. Data presumibile della fondazione di
I-4-I, Sync. 340 Cuma, la piu antica colonia greca
Hier. a A. 967; Chron. Gal/., chron. I, in Italia, preceduta da un insedia-
p. 634, 92; Dion. Telm. a A. 965 mento a Pitecussa
Tyrt., frr. 5, 8 W est; Isoc. 6.57; Paus. Prima guerra messenica, della durata
4·5·10; Eus. a A. 1274 di ve n t'anni: gli Spartani si espan-
Hier. aA. 1268 (B), I27I; Oros. dono nel Peloponneso e conquista-
hist. 1.21.3; Dion. Telm. a A. 1282 no la Messenia
c. 734 Th. 6.J.I (con6.3.2-4); D.S. I4.88.I; Fondazione di Nasso, prima colonia
Sync. 40I greca in Sicilia
Ephor., 70 F I37a-b; Eus. a A. r28o;
Hier. 0/. Io, aA. I277 (L), I278
(B); Dion. Telm. a A. I275
1360 Chronicon
c. 733 Th. 6.3.2; Strab. 6.2.4; St. Byz. s.v. Fondazione di Siracusa
« l:ugO.xouoaL)>
Marm.Par., 239 A 31; Eus. a A. 1282;
Hier. aA. 1279, 1280 (MNP),
1281 (L); Prosp., chron. I, p. 394,
r6o; Cassiod., chron. Il, p. 122,
n; Dion. Telm. a A. r282
c. 729 Th. 6.3.3 Fondazione di Leontini
Dion. Telm. aA. 1285
Th. 6.3.3 Fondazione di Catania
Eus. a A. 1282, Hier. a A. 1281; Pro-
sp., chron. l, p. 394, 16o; Cassiod.,
chron. II, p. 122, n; Dion. Telm.
aA. 1282
?prima metà ?Archi!., fr. 3 W.; Hdt. 5-99-I; Th. Guerra lelantina, tra C alcide ed Ere-
vn sec. 1.15.3 tria in Eubea
?Thgn. 891-4; ?Th. 1.13.3
Arist. poi. 1315b 23-4; Apollod., 244 Tirannide dei Cipselidi a Corinto
F 331, 2; Hier. 0/. 30, a A. 1359
(B); Strab. 8.6.2o
Eus. aA. 1358, Hier. aA. 1357
(MNP)
Hdt. 5.71.2; Th. 1.126.5; sch. Ar. Cilene, vincitore olimpico nel 640, ten-
Eq. 445a Il; Plu. Sol. 12.3-12; ta un colpo di stato ad Atene
Eus., p. 92
Pi. P. 4.65; Hdt. 4.163.2; Eus. aA. Fondazione di Cirene da parte dei Te-
1385; Hier. 1385, 1386 (BP); rei
Dion. Telm. aA.1384; Sync. 403;
cfr. Paus. 3.14.3; sch. Pi., P. 4 (Il,
p. 93, 10-12 Drachmann)
Thphr. h.p. 6.3.3; Plin. n.b. 19.41;
Sol. 27.44; Eus. aA. 1258; Hier.
aA. 1255, 1256 (L); Sync. 400
Hdt. 5.92 ~ 1; Arist. poi. 1315b 24- Dopo trent'anni finisce la tirannide di
25; Apollod., 244 F 332b; Nic. Cipselo a Corinto; gli succede Pe-
Dam., 90 F 57, 8; Hier. 0/. 38, riandro per un quarantennio
a A. 1389; Suda s.v. <<nEgi.avbgoç»;
cfr. Hdt. 3.48.1 ((whn) yEvEfi Pa- ·\
nofka, ~òv mhòv (~)gò(lt)ov Lapi-
ni), 5·94·2-5·95 (ÈltOÀÉ!!EOV yàQ
xù.: excursus retrospettivo)
Eus. aA. 1358, 1387; P.Oxy. 664;
Hier. 0/. 30, a A. 1388; Sync. 402
tardo vn sec. Plu. Sol. 8-10, 12.5 (con Arist. AP Guerra fra Atene e Megara per il pos-
q.2) sesso di Salamina
Hdt. 5·94·2-5·95 (ÈltOÀÉ!!EOVYÙQXl:À.: Guerra fra Atene e Mitilene per il
excursus retrospettivo); Arist. rh. possesso del Sigeo
1375b 28-31; Apollod. 244 F 27;
Strab. 13.1.38
Hdt. 5.82-8 Forse a quest'epoca sono da riferire
anche le prime ostilità fra Atene ed
Egina
c. 6oo Plu. Sol. 12.3·12; D.L. 1.110; Eus. Epimenide purifica Atene
a A. 1423; Hier. 0/. 46, a A. 1420
(L), 1422 (AB); Suda s.v. «'Em·
~ç>>
P!. !g. 642d-e
Tim., 566 F 71; Liv. 5·34.1, 7·8; Iust. Fondazione di Massalia da parte dei
43·3·4; Sol. 2.52; Eus. aA. 1423; Foce i
Hier. a A. 1419, 1420 (AB); Prosp.,
chron. l, p. 395, 179; Cassiod., chron.
II, p. 123, 88; Dian. Telm. a A. 1419
Isoc. 6.84; ?Aristox., fr. 12 Wehrli
(wxLOav codd.); Timag., 88 F 2, 7;
Hyg. Geli. 10.16.3·4 (fr. 7, pp. 530·
31 Funaioli); Paus. 10.8.6; Agath.
1.2; Isid. orig. 15.1.63; Eust. comm.
75 (GGM, II, p. 230)
591/0 Marm. Par., 239 A 37; sch. Pi., hyp. P. Prima guerra sacra: le ingerenze di
(II, p. 3, 8-9; p. 4, 20-21 Drach· Cirra nel santuario di Delfi provo·
ma nn) cano l'attacco dei Tessali, di Sicio·
ne e di Atene contro Cirra
Marm. Par., 239 A 37; sch. Pi., hyp. P. Rifondazione dei giochi pitici: agon
(II, p. 3, 5·15; p. 5, 19-26 Drach· chrematites
m an n)
Paus. 10.7 .4·5
Arist. poi. 1315b 25·6 ((iii1LO") Stahr); Morte di Periandro a Corinto; gli suc·
Apollod., 244 F 332a ((tQLol) cede per un triennio Psammetico,
Schwartz); Nic. Dam. 90 F 6o; Sync. ultimo dei Cipselidi
453
Eus., Hier. a A. 1429; Hier. a A. 1428
(AB N)
Sch. Pi., hyp. P (Il, p. 3, 15·16 Drach· Prima guerra sacra: hanno fine gli uJ.
ma nn) timi strascichi di guerra dei Tessa·
li contro i Cirrei
Marm. Par., 239 A 38; Strab. 9·3·Io; Riorganizzazione dei giochi pitici:
Paus. 10.7.5; Hier. aA. 1435 (M); agon stephanites
sch. Pi., hyp. P. (Il, p. 3, 15·18; p. 5,
1·4 Drachmann)
Eus. a A. 1436; Hier. aA. 1436, 1439
(B)
Cronaca di Nabonido 2.13; Eus. a A. Ciro conquista Sardi: fine del regno
1470 di Creso in Lidia
Marm. Par., 239 A 42; Hier. aA.
1469, 1471, 1472; Suda s.v.
<<'Avas~V1Jç »
c. 540 Hdt. 1.r66; Antioch. Hist., 555 F 8; Battaglia di Alalia (Corsica): i Focei
?Th. 1.13.6 ('Akakiav Gomme) sconfiggono sul mare, pur con gra-
vi perdite, una coalizione di Etru-
schi e Cartaginesi
Arist. AP 17.1, 19.6; poi. 1315b 30- Ad Atene muore Pisistrato e inizia la
34; lust. 2.8.1o; Eus., Hier. aA. tirannide dei figli
1489
Hier. a A. 1492 (AN)
c. 513 Hdt. 5.62.2; Arist. AP 19.3; Suda s. v. Sconfitta a Lipsidrio degli Alcmeoni·
(( J\ UKO!tObEç>> di, durante il loro tentativo di rien-
tro ad Atene
Hdt. 5.62.2-63.1; Isoc. 15.232; D. Gli Alcmeonidi prendono in appalto
21.144; Arist. AP 19.4; Philoch., la ricostruzione del tempio di Delii
328 F 115; sch. D. 21.144,497-98
Dilts
Hdt. 5·55· 5.65.3; Th. 6.59.4, Fine della tirannide ad Atene grazie
8.68-4; P!. Hipparch. 229b; Arist. all'intervento del re di Sparla Cleo-
poi. 1315b 30-34; AP 19.6, 32.2; mene
Eratosth., 241 F 40
Isoc. 16, 26; Ar. Byz. ap. sch. Ar. V.
502d (codd.; cfr. sch. Ar. Lys. 619a
[Stein])
D.S. 1t.9o.3, 12.ro.2 Distruzione di Sibari e massacro dei
Sibariti ad opera di Crotone
505 Hdt. 7·154.1, 7·155.1 (con D.H. Cleandro diviene tiranno di Gela
7.1.4·5; Paus. 6.9.5)
Chronicon 1365
"94 Hdt. 6.18, 6.31.1 (con 6.42.1, Fallimento della rivolta ionica: batta-
6.4J.1) glia di Lade e presa di Mileto da
parte dei Persiani
490 Hdt. 6.94. 2 (con 7. I, 7 .4); Th. Spedizione persiana contro Atene ed
I.I8.r; Arist. AP 22.3; P!. /g. 698c; Eretria e vittoria ateniese a Mara-
Hier. O/. 72 (A) tona
Hier. aA. 1525
486 Hdt. 7-LJ; Hier. aA. 1530 Insurrezione dell'Egitto contro la do-
Eus. aA. 1526; Hier. a A. 1529 minazione persiana
479 Hdt. 9.3.2; Marm. Par., 239 A 52; Battaglie di Platea e Micale
D.S. II. 27-36; Plu. Arist. 5.Io
Th. r.Ioo.I; Nep. Cim. 2.2-3; Plu. Vittoria degli ateniesi comandati da
Cim. 12-3 Cimone sui persiani nella battaglia
D.S. Ir.6o-2; Eus. aA. I555; Hier. terrestre e navale presso il fiume
aA. I556, I555 (MO), 01.79 (L); Eurimedonte, in Panfilia
Sync. 470, 483
Arist. poi. I3 I5b 38; D.S. I r.68.4 A Siracusa, fine della tirannide di
Trasibulo e della dinastia dei Di-
nomenidi
IG I' 1147, Il. 1-4; Th. 1.110.1 Ha inizio la grande spedizione ate-
D.S. 11.71 niese in Egitto
IG l' 1147, Il. 1-4; Th. 1.105.2-3, Guerra fra Atene ed Egina, della du-
108.4; D.S. 11.78.3-4 rata di nove mesi: scontro navale,
D.S. 11.70.2-3 assedio e sottomissione di Egina da
parte di Atene
~57 Th. 1.108.1-3; Theopomp. Hist., 115 Vittoria spartana sugli Ateniesi a Ta-
F 88 (con Plu. Cim. 17.8, Per. 10.1- nagra in Beozia e, due mesi dopo,
4); D.S. 11.80-83 vittoria ateniese sui Beoti a Enofita:
Atene si impone in Beozia e Focide
Th. 1.103.1; D.S. 11.64-4 Fine della rivolta degli Iloti: termina
D.S. 11.84.8 la terza guerra messenica
449/8 ?Hdt. 7·I5I; D.S. I2.4.4-6 Viene forse stipulato un trattato fra
Theopomp. Hist., I I5 F I53-4; Cal- Atene e i Persiani, la pace di Cal-
listh. Olynth., I24 F I6; Plu. Cim. lia, che conclude formalmente le
I 3-4 guerre persiane
Th. I.II2.5; Plu. Per. 21.2 Seconda guerra sacra: Sparta sostiene
Philoch., 328 F 34b Delfi, Atene i Facesi
44I/o Th. r.II5.2; D.S. 12.27·8; Plu. Per. Samo si ribella ad Atene
24.I; sch. Ar. V. 283a-b
437/6 Th. 4.I02.3; D.S. I2.p.3; sch. Ae- Coloni ateniesi guidati da Agnone
schin. 2.31, 67b Dilts fondano Anfipoli
D.S. I2.68.2
Th. 2.7r.I, 2.78.2; D.S. 12.47.I·2 Nell'estate gli Spartani pongono l'as-
sedio a Platea
Th. 2.65.5-6; D.S. I2-46.I; Ath. Morte di Pericle
217e; D.L. 3.3; Hier. a A. I588,
01. 87 (L)
Hier. a A. 1589 (A), 01. 88 (NP)
Th. 4.117.1; Ath. 2I8d; Eus., Hier. Tregua di un anno fra Atene e Sparta
aA. 1593
D.S. I2.72.5
422 Th. 5.6-n; Ar. Nu. 550; An- Battaglia di Anfipoli; morte di Cleo-
drot., 324 F 40; Eratosth., 24I F ne e di Brasida
39; D.S. I2.74.I-4; Ath. 2I5d;
sch. Aeschin. 2. 31, 67a Dilts
sch. AI. Nu. 549; sch. Luc. Tim. 30
420 Th. 5.44-7; D.S. I2.77.2 Trattato d'alleanza di cento anni fra
Atene, Argo, Mantinea e l'Elide
Th. 6.27.1; And. 1.11; Philoch., 328 Scandalo delle erme ad Atene
-P 5
F 134; D.S. 13.2.3; Suda s. v. <<'EQ-
Iloxonihm»; sch. Ar. Lys. 1094
Th. 6.30-I; D.S. 13-3-3 Comincia la grande spedizione ate-
Is. 6. I4 niese in Sicilia
Th. 6.53.I, 6.6I; D.S. 13-5 Fuga di Alcibiade, richiamato ad Atene
sch. Ar. Av.argum. 5, 30-34 Holwerda
4l 2 Th. 8.I4.2; D.S. 13-34-I-2; Plu. mor. Defezioni degli alleati di Atene dopo
835d-e il disastro siciliano, a cominciare da
Chio
.pr Th. 8.67-70; Arist. AP p.2; D.S . Colpo di stato dei Quattrocento ai
I3.36.2; Plu. mor. 835e; Harp., primi di giugno
Suda s. v. <<~E~Qax6moL>>
Th. 8.97.I; Arist. AP 3J.I; D.S. Dopo quattro mesi, deposizione dei
I3.38.I; Plu. Mor. 833d; Harp., Quattrocento e governo dei Cin-
Suda s.v. <<UTQax6mot>> quemila
Th. 8.Io4-6; X. Hell. 1.1.4-5; D.S. Vittorie ateniesi a Cinossema e Abido
13-39·40
410 X. Hell. 1.1.I6-18 Vittoria ateniese a Cizico
D.S. I 3·49•5 I
Philoch., 328 F 139 Atene respinge le offerte di pace di
D.S. I3-52.2·13·53·3 Sparta
Th. 5.26.I, 5.26.3; X. He/1. 2.2.20- In primavera, pace tra Atene e Spar-
23; Arist. AP 34.2-3; D.S. ta e fine della guerra del Pelopon-
I3.107-4; Plu. Lys. I5.I neso
D.S. I4.3.2
X. He/1. 2.3.I-2, 2.3.II; Arist. Instaurazione dei Trenta tiranni ad
AP 35.I; D.S. I4·3·7 Atene
Eus. a A. 16I6; Hier. a A. I615-I6
X. He/1. 2.4.2I; Philoch., 328 F I43 I Trenta restano in carica per otto me-
D.S. I4.33; Eus. aA. 16I8; Hier. si, fino alla vittoria di Trasibulo al
aA. I617 P ireo
402·400 D.S. I4.I7.6, 14.34.I; Paus. 3.8.3-5 Guerra di Sparta contro l'Elide
X. He/1. 3.2.2I-3I
40I X. He/1. 3.1.1, an. I; D.S. I4.19.6; Spedizione di Ciro e, nell'estate, bat-
D.L. 2.55; Eus. a A. I615 taglia di Cunassa
Marm. Par., 239 A 64; Hier. a A. 1616
Hier.aA. 1617 (NP)
X. Hell. 2-4-43; Arist. AP 40.4 Ad Atene, rappacificazione con gli
oligarchi di Eleusi
399 X. Hell. 3.1.4·5; D.S. I4.36 (con Sparta contro la Persia: in primavera,
38.2) campagna di Tibrone in Asia
X. He/1. 3·3·4·11 A Sparta, congiura di Cinadone
Chronicon I 3 73
395 X. He/1. 3-4-20·4; He/1. Oxy. 14 Agesilao attacca Sardi. Battaglia del
Chambers (con 12.1); D.S. 14.80 Pattolo
(con 14-79-3); Plu. Ages. 10.1-4
X. He/1. 3·5·3·6; He/1. Oxy. 19.1, 20- Conflitto tra Facesi e Locresi e scop-
21 Chambers; D.S. 14.86.6; Paus. pio della guerra di Corinto
3-9-9
D.S. 14.81.1-3
379/8 X. He/1. 5·4·I-t2; Plu. Pel. 9.2 Nell'inverno la Cadmea è liberata dal
D.S. 15.25-15.27.2 presidio spartano
Chronicon I 375
X. Hell. 5·4·I3-r8; Plu. Ages. 24.3 Il re di Sparta Cleombroto reagisce e
D.S. 15.27.3 giunge in Beozia fin sotto Tebe, ma
ben presto si ritira
D.S. 15.25 (cfr. lust. 20.5.10 quod Terza guerra fra Dionisio l e Cartagine
luedeseruerant); ?D.S. 15.46.2
D.S. 15.15-17
377 IG II' 43; Hier. 0/. roo (L) Decreto di Aristotele: in febbraio-
D.S. 15.28, 30.1-2; Eus. aA. 164r; marzo è proclamata la formazione
Hier. a A. r64o della seconda Lega ateniese
X. Hell. 5.4.47-55; D.S. 15-34-I-2 Agesilao invade nuovamente la Beo-
zia
X. Hell. 5·4·58 Al ritorno da Tebe, in estate, Agesi-
lao si ammala
X. Hell. 5·4·6r; Plu. Phoc. 6.7, Cam. Nella battaglia navale di N asso Cabria
19.6; Polyaen. 3.11.2 distrugge buona parte della flotta
D.S. r5·34·3-r5.35·2 peloponnesiaca
c. 375-370 X. Hell. 6.1.5, r8-19; 6.4.28; D.S. Unificazione della Tessaglia sotto
15·57·2 Giasone di Fere, che diventa tagos
371 X. Hell. 6.3.1-20; D.S. 15.50.4; D.H. Rinnovo della pace del Re a Sparta
Lys. 12.5; Plu. Ages. 28.7
Ps.-D. 59·37
X. Hell. 6-4.8-r5; D.S. 15.55-56; In luglio, battaglia di Leuttra: vittoria
Marm. Par., 239 A 72; Eratosth. del tebano Epaminonda sull'eserci-
241 F r; Plu. Ages. 28.7, Cam. to peloponnesiaco
19-4; Paus. 8.27.8
X. Hell. 6.5.1-2 Rinnovo della pace del Re ad Atene
Marm. Par., 239 A 74; D.S. I3.96-4, Quarta guerra fra Dionisio I e Carta-
15.73-74; Iust. 20.5.II-r4 gine e morte di Dionisio; gli succe-
de Dionisio II
X. Hell. 7.r.n-38
Ambascerie di Pelopida e altri Greci
in Persia: accordo fra la Beozia e la
Persia per l'autonomia di Messene
e ritiro di Atene dalle operazioni
militari
Plb. 4-33-8; D.S. 15.89.1-2, 94-1; Pace comune fra le città greche, esclu-
Plu. Ages. 35·3·4 sa Sparta
IG II' 1r2 Alleanza fra Atene, Lega arcadica,
Acaia, Elide e Fliunte
~55 D.S. 16.7.3• 22.2 (tQia Wesseling); Fine della guerra sociale
D.H. Lys. 12.7
1378 Chronicon
D.S. r6.23.1 Il focese Filomelo occupa il santuario di
Demophilus, 70 T 9; Paus. ro.2.3 DeUi: scoppia la ter2a guerra sacra
IG II' I3o Assedio e presa di Metone da parte di
Filippo II: cade l'ultimo avamposto
ateniese sulla costa traco-macedone
349 Philoch., p8 F 49; D.S. r6.52.9; Alla fine dell'estate comincia la cam-
D.H. Amm. r, ro.3; Ps.-Piu. pagna macedone in Calcidica. Guer-
mor. 845d ra di Olinto: Atene manda a Olinto
aiuti
D.S. r6.53; D.H. Amm. I, I0.3; Ae- Vittoria di Filippo II, che conquista
schin. 2.12-15 Olinto
Androt., 324 F 52= Philoch., 328 Revisione generale dei registri civici
F 52 ad Atene
D.S. I6.79·5-8o; Plu. Cam. I9·7• Battaglia del Crirniso, in giugno: gran-
Tim. 27.I de vittoria di Timoleonte su Car-
Plu. Tim. 22.8, 25-28 tagine
D.S. I6.85.5-86; D.H. !soc. 1.6; Plu. In agosto, battaglia di Cheronea: Fi-
Cam. I9.8, Dem. 24.2, mor. 837e; lippo Il di Macedonia sconfigge
Chron. Oxy., 255, 5 una coalizione di greci, fra cui T e-
bani e Ateniesi, e conquista l'ege-
monia in Grecia
c. 338-p6 Ps.-Plu. mor. 84Ib, 852b; cfr. 842 f Licurgo amministra le finanze di Atene
334 A:rr. an. I.I1.3; Chron. O.xy., 255, 6; In primavera Alessandro varca l'Elle-
Clem. Al. strom. I.I39·4; Hier. spanto: si inizia la sua spedizione
aA. I682 contro la Persia
Marm. Par., 239 B 3; D.S. I7.J7.I;
Eus. aA. I68I; Zos. I-4-I
Arr. an. I.I3-I6; Plu. Alex. I6.2, Nella tarda primavera, vittoria di
Cam. I9.7; Chron. O.xy., 255, 6; Alessandro al fiume Granico
Ael. VH 2.25; Hier. a A. I682
Marm. Par., 239 B 3; D.S. I7.I8.4-22;
Eus. a A. I68I
IPriene 2, Il. I-4; Arr. an. I.I7·9- Vengono instaurate democrazie a
I.I8.2 Efeso e in altre città della Ionia
333 Arr. an. 1.29, 2.3; Curt. 3.1.II-8; Alessandro si spinge in Frigia fino a
Plu. Alex. I8.I-4; lust. 11.7.3-I6 Gordio
D.S. J7.32.6; Arr. an. 2.II.IO; Curt. Tra fine ottobre e dicembre, battaglia
3.8.8 di Isso
Marm. Par., 239 B 3; Chron. O.xy.,
255,6
332 Arr. an. 2.20.6-2.27; D.S. I7.46.5; Alessandro in Fenicia. Presa di Tiro
Curt. 4-4· I9; Plu. Alex. 24.5, 25_2; dopo un assedio di sette mesi
Chron. O.xy., 255, 7; Hier. aA.
1684, 0/. 112 (L)
Marm. Par., 239 B 4; Eus. a A. 1681
Plu. Alex. 37.6; Arr. an. 3.I8.1o-I2 Tra gennaio e aprile-maggio, Alessan-
D.S. 17.69-72 dro sverna a Persepoli
Marm. Par., 239 B 6; D.S. 17·73·2-4; In luglio Dario III è ucciso da Besso,
Arr. 3.22.2; Chron. Oxy., 255, 7; satrapo di Battriana
Hier. a A. 1687
Eus. aA. x686
Arr. an. 3.26 Assassinio di Filata e di suo padre,
D.S. 17.79-8o Parmenione
Strab. 15.2.10; Curt. 7·3·I3, 21; Arr. Nell'inverno (forse a partire da no-
an. 3.28.I, 4 vembre), Alessandro attraversa il
D.S. I7.82-q.83.I Parapamiso verso la Battriana
324 Plin. nh. 6.1oo; Arr. an. 7·4-5 In marzo Alessandro arriva a Susa e
D.S. 17.Io7.6 si ricongiunge con Nearco. Nozze
di Susa
Arr. an. 7.8 A Opi, sul Tigri, Alessandro congeda
D.S. q.109.1; Curt. Io.2.8, I2-I3 i veterani macedoni; ammutina-
mento delle truppe
1382 Chronicon
D.S. I8.8.2-3; Iust. 13·5·2·4 In estate viene letto alle Olimpiadi il
D.S. I7.Io9.I; Cun. I0.2.4 <<decreto di Nicanore>>, che preve-
de il rientro di tutti gli esuli politi-
ci nelle rispettive città
Hyp. Dem. col. I8; Plu. Dem. 25.I; Affare di Arpalo: il tesoriere di Ales-
Hier. 0/. 113 (L) sandro, in disgrazia, ripara ad Ate-
D.S. I7.Io8.6-8; Curt. Io.2.2-5; ne con una somma che usa per cor-
Ps.-Plu. mor. 846a; Ath. 595e; rompere cittadini influenti
Eus., Hier. aA. I69I
322 Marm. Par., 239 B 9; D.S. I8. I5.8-9 Il macedone Clito sconfigge la flotta
ateniese ad Amorgo
D.S. I8.I6.4-17; Plu. Cam. I9.8, In agosto-settembre, vittoria decisiva
Dem. 28.I, Demetr. I0.2, Phoc. di Antipatro a Crannone, in Tes-
26.I saglia
Marm. Par., 239 B IO; D.S. 20.46.3; All'inizio dell'autunno gli Ateniesi
D.H. Din. 9.2: Plu. Cam. I9.Io, devono accogliere un presidio ma-
Dem. 28.I, Phoc. 28.I-2 cedone
D.S. I8.I8.5
Apollod., 244 F 347c-d; Plu. Dem. Suicidio di Demostene a Calauria
28.I, 30·5
Marm. Par., 239 B 12; D.S. I8.48; Morte di Antipatro, cui succede Poli-
Chron.Oxy., 255, II perconte; il figlio di Antipatro,
Cassandro, è chiliarco
Marm.Par., 239 B 12; D.S. I8.43 Campagna di Tolomeo in Siria
JI7 D.S. I8.74.3; Paus. 1.25.6; Hier. Cassandro impone ad Atene Deme-
0/. I 15 (L) trio F alereo
Hier. aA. I697
\12 Marm.Par., 239 B I6; D.S. I9.8o-84 Battaglia di Gaza: arresto dell'espan-
sionismo antigonide a opera diTo-
lomeo e Seleuco
ABCh IO, verso, Il. 3-4; KL 6, recto, Aiutato da Tolomeo, Seleuco recupe-
Il. 6-8; Marm. Par., 239 B r6; D.S. ra la satrapia di Babilonia e toglie
I9.9o-2; App. Syr. 273-74, 278; a Nicanore la Susiana e la Media:
1384 Chronicon
Eus., Hier. aA. 1705; Eus., p. premesse della sovranità dei Seleu-
II7, 30-3I cidi e inizio dell'era seleucidica (da
Hier. a A. 17I6, 0/. I I9-20 ottobre, secondo il computo mace-
done: anno 3 I 2/I)
IG II' 500, Il. 10-I, 27-28; Marm. «Guerra dei quattro anni>> fra Cas-
Par., 239 B 24; D.S. 20. 100.5-6; sandre e Demetrio
Plu. Demetr. 23.I-3; Ps.-Piu. mor.
85 Id-e (con IG II' 463)
Plu. Demetr. I8.I; App. Syr. 275; Antigone e Demetrio assumono il ti-
lust. I5.2.Io tolo di re
D.S. 20.53.2; Plu. Demetr. I0.2-3
Marm. Par., 239 B 23; D.S. 2o.8I-88, Demetrio inizia l'assedio di Rodi, che
20.91-20. IOO. I durerà un anno (da qui il sopran-
nome di Poliorcete)
KL 6, recto,ll. 6-7; Marm. Par., 239 B Tolomeo, Seleuco, Lisimaco, Cassan-
23; Plu. Demetr. I8.2-4; App. dre e forse contemporaneamente
Syr. 276-7; lust. I5.2.II-12; Agatocle assumono il titolo di re,
Porph., 260 F 2, 2 come già Antigone e Demetrio
D.S. 20.53·3-20.54· I
App. Sam. fr. 7-I Trattato del capo Lacinio fra Roma e
Taranto: conclude forse il conflit-
to in cui" Taranto ha chiamato in
aiuto Cleonimo
Chronicon 1385
302 D.S. 20.I02.I (con IG IV'.I 68) Ricostituzione della Lega ellenica pro-
Marm. Par., 239 B 25 mossa a Corinto da Antigono e De-
metrio
D.S. 2o.Io7.2 Lisimaco passa in Asia Minore per at-
taccare Antigono
JOI ?Marm. Par., 239 B 26; D.S. 20.2.3, In estate, battaglia di Ipso (Frigia): Se-
20.II3·3·5, 2I.I.I·5 leuca e Lisimaco sconfiggono Anti-
gono, che muore sul campo. Nella
spartizione dei territori Seleuco
pretende la Siria, ma Tolomeo non
ne cede la parte meridionale da lui
occupata (Celesiria)
D.S. 21.2; Strab. 6.3.4; Iust. 23.1.I· Agatocle interviene in Italia per aiu-
2, I7 tare Taranto contro i Lucani; si
spinge fino a Corcira, liberandola
dall'assedio di Cassandre
c. 295 D.S. 21.4 (con Iust. I8.1.3 e Matrimonio fra Pirro e Lanassa, figlia
I8.2.12); Plu. Py"h. 9.I-2 di Agatocle. Corcira passa in dote
a Pirro
c. 288 Plu. Demetr. 43·3·44; Eus., p. I I4, 2, Una coalizione di Seleuco, Tolomeo,
29-30; p. I I6, I7; p. I99; Hier., p. Lisimaco e Pirro fa cadere Deme-
I28; An. Par. II, p. I33, 14; trio. Defezione dell'esercito di De-
Chronicon
Plu. Demetr. 46.3; ?IG II' 653-55 Demetrio assedia Atene nel tentativo
di riconquistarla
Plu. Demetr. 46.4, Pyrrh. I2.8 Sbarco di Demetrio in Asia (inizio del
286?)
Plu. Pyrrh. I2.9-II; Paus. r.Io.2; Alleanza tra Pirro e Antigono Gona-
Hsch. s.v. «lìuvaomotOl:rtCiv» ta; Lisimaco li sconfigge e si im-
possessa della Macedonia
2 79 Plu. Pyrrh. 22.2; D.C. fr. 40.43; Zo- Pirro vince i Romani ad Ascoli Sa-
nar. epit. 8.5.I, 3; Eutr. 2.I3.4 triano
Plu. Pyrrh. 2I.I, 3; Fior. epit. I.I}.9;
Iust. I8.r.II
279/8 ?FD III.2 q8, Il. 3 I-}; Syll.' 398; I Celti, dopo aver invaso la Grecia,
Paus. I0.23.I4 subiscono una rotta a Delfi (forse
nel tardo autunno)
D.S. 22.8. I; Plu. Pyrrh. 22.4-6; Zo- Nella tarda estate Pirro parte per la
nar. epit. 8.5.7-Io Sicilia
Chronicon 1387
Iust. 25.I.I Pace fra Antioco I e Antigono Gonata,
che rinuncia alle sue pretese asiatiche
AD no. -273, B, recto, Il. I-33 (I, pp. Prima guerra siriaca, fra Antioco I e
336-40); no. -270, B, verso, l. I8 (I, Tolomeo II
p. 354); Urk. II, p. 94, Il. I-IJ
Fast. triumph. Capito!. a. 272 a.C. (con In autunno Pirro muore ad Argo
Liv. perioch. I4-5; Oros. hist.
4·3· I-2; Zonar. epit. 8.6. I 2-13);
Plu. Pyrrh. 30.I
BE 1976, 667 (con App. Syr. 343; Antioco I sconfigge i Celti nella« bat-
Luc. Zeux. 8-II; Suda s. v. «l:t.f.Lw- taglia degli elefanti»
vlòT]ç Mn'(V'lç>>)
IG XI.2 II4; Plu. mor. 676d; D.L. Vittoria di Antigono Gonata sulla
4·39 flotta lagide
1388 Chronicon
IG XI.2 I I4 Pace nell'Egeo: la guerra cremonidea
è finita
KL 6, recto, l. 10; Porph., 260 F 32, 5 Ai primi di giugno muore Antioco I
c. 260-253 Pomp. Trog. hist.prol. 26; PCairZen. Seconda guerra siriaca, fra Antioco II
242, 25I (forse alleato con Antigone Gona-
ta) e Tolomeo II, per il controllo
dell'Egeo e dell'Asia Minore
25I Plb. 2.43.3; Plu. Arat. 9.6, 53·5 Al principio dell'anno Arato si impo-
ne a Sicione, liberandola dal tiran-
no Nicocle. Sicione entra infine
nella Lega achea
IG Il' 68o; FD III. I 483 (con OGI Gli Etoli riorganizzano i Soteria del-
228-29) fici su base panellenica
PPetr. 29e; OGI 229; BRM II q; Ca- Scoppia la terza guerra siriaca (o guer-
tuli. 66.II-2, 35-6; Iust. 27.I-2.3; ra laodicea): campagna di Tolomeo
Hier. in Dan. I 1. 7-9 III in Asia; reazione immediata di
Seleuco II e assassinio di Berenice
e di suo figlio
243 Plb. 2.43.4-6 (con Eutr. 2.27.I, 3); In estate Arato libera Corinto. In-
Plu. Arat. 2 1. 2 gresso di Corinto e Megara nella
Lega achea
Plu. Agis 8.I, I2.I, I2.4, I3.5-6 (con Tentate riforme di Agide IV a Spar-
Plb. 2-43.9) ta, con l'obiettivo di ampliare il
corpo civico
OGI 55, Il. 8-10; lust. 27.2.9; Eutr. Termina la terza guerra siriaca: pace
3· I. I decennale fra Tolomeo III e Seleu-
co II
Plb. 2-43·9 (con Plu. Amt. 24.5, 30.6, Conflitto fra Achei ed Etoli. Arato
38.2, Cleom. I5. I); Plu. Arat. 3 I-32 caccia gli Etoli da Pellene
c. 240-239 Pomp. Trog. hist. pro!. 27; lust. «Guerra dei fratelli» tra Seleuco II e
27.2.IO-II Antioco lerace: disfatta di Seleuco
Eus., p. 118, 35-36 II nella battaglia di Ancira
Chronicon
Iust. 41.4-5; ?Strab. I 1.9.2 Distacco di Partia e Battriana dal re-
Arr., I 56 FF 30-I; Iust. 4 1.4.3; Hier. gno seleucidico. Arsace invade la
a A. 1769, 0/. I33 (BL) Partia
c. 238-237 Pomp. Trog. hist. pro!. 27; lust. Attalo sconfigge Antioco lerace e i
27·3·6 suoi alleati Celti a Pergamo
AvP IX 24-5; Plb. I8.41. 7; Stra b. e prende il titolo di re e l'epiteto di
I3.4.2 Soter
229 o 228 Eus., p. I I9, 8-Io Nuovo scontro fra Attalo I di Perga-
mo e Antioco lerace
Plb. 2.46; Plu. Cleom. 4.2 Cleomene III conquista Tegea, Man-
tinea e Orcomeno; Arato tenta di
riprendere T egea e Orcomeno. Gli
Achei dichiarano guerra a Sparta:
inizio della guerra cleomenica
Fast. triumph. Capito!. a. 228 a.C.; Prima guerra illirica: inizia l'espan-
Plb. 2.9.I, 2.II.I, 2.I2.3; Fior. sione romana a Oriente
epit. 1.21.4; D.C. fr. 49.7; Eutr.
3.4; Oros. 4.I3.2
c. 227 Liv. perioch. 20 (con Sol. 5.I; Pom- La Sicilia diventa provincia romana
pon. dig. I.2.2.J2)
App. Sic. 2.6
Plb. 5.88.I, 5.89.8; cfr. 20.5·7, II; Terremoto di Rodi: viene abbattuto
Plin. n .h. 34-4I; Chron. Pasch., PG anche il Colosso
92, col. 432a
Eus. aA. 1793, I792 (G); Hier.
aA. I794, I793 (ANP), I797 (B);
Dion. Telm. a A. I793; Sync. 525;
Cedr., PG I2I, col. 3ooc
Plb. 20.5.7·I2; Pomp. Trog. hist. Spedizione di Antigono Dosone in
pro!. 28 Caria, forse cotemporanea al terre-
moto di Rodi
227/6 Plb. 2.47.3 (con 2.51.3-5, Plu. Arat. Rivoluzione di Cleomene III a Spar-
35·4·37, C/eom. 4-6); Plu. Arat. ta: ampliamento del corpo civico
38.2-4, Cleom. 7-8, IO-I I con l'apertura ai perieci
Paus. 2.9. I
222 Plb. 2.65-69, 4.35.8; Plu. Cleom. 32- Cleomene III viene sconfitto dalla Le-
33-I ga ellenica di Antigono Dosone nel-
?Plb. 2.70.4 la battaglia di Sellasia (c. giugno):
fine della guerra cleomenica
220-219 Plb. 3.I6, I8·I9; lust. 29.2.1; Zonar. Seconda guerra illirica: Roma contro
epit. 8.20.I I·I3 Demetrio di Faro. Si consolida il
protettorato romano sull'Illirico
217 CG 50048, Il. IO-I 1 (cfr. SEG VIII Il 22 giugno, a Rafia (Palestina meri-
467); PFrankf. 7, recto, col. 1,11. 1 I- dionale) Tolomeo IV sconfigge An-
12; Plb. 5-79·86 tioco III
Plb. 5. I 00.9·5. I 05.3 Pace di Naupatto, forse in agosto: si
conclude la guerra sociale
Forse a fine estate, viene stipulata la
pace tra Siria ed Egitto che con-
clude la quarta guerra siriaca
SEG VIII 504a È attestata, dopo Rafia, la titolatura
faraonica per Tolomeo IV
2I5 Liv. 23.33.9; Fior. epit. 1.23.4; Eutr. Filippo V si allea con Annibale e apre
3- I2.2; Zonar. epit. 9.4.2-3 cosi le ostilità con Roma (prima
guerra macedonica)
2I4 Plb. 8.r.6; Liv. 23-38·4·II, 24.40; Una flotta romana sorveglia il canale
lust. 29-4-4 d'Otranto; operazioni di Filippo V
Fior. epit. 1.23.6; Eutr. 3.12.3, in Illiria
3.13.3; Zonar. epit. 9-4-3·4
2I2·205 Plb. 8.23, Io.27-31, ro.49, I1.34, Anabasi di Antioco III: si ristabilisce
I3-9 I' autorità seleucide in Armenia e
nelle satrapie orientali fino all'In-
do. Prima di concludere il ritorno,
Antioco si imbarca per l'Arabia
Chronicon 1391
21 I/o Liv. 26.24 (con 26.I) Trattato fra Roma e gli Etoli
?Plb. 9.42.I
zo6 Liv. 29.I2.I, 32.21.17; App. Mac. fr. Pace separata tra Filippo V e gli Etoli
3-3·4; Zonar. epit. 9.Ir.5
D.C. fr. 57-59
"· 202 OGI 90, Il. 2o-2I; Plb. I5.25.I7; Inizia la quinta guerra siriaca fra An-
Porph., 260 F 45 tioco III e Tolomeo V
200 Zeno Rhodius, 523 F 6; Plb. I6.39. I, Battaglia del Panion, alle fonti del
3; Hier. 0/. I45 (L) Giordano: vittoria di Antioco III
Eus. aA. I8I9; Hier. aA. I8I9-20 sul generale etolo di Tolomeo V,
(P), I823 (B); Sync. 537 Scopas. Antioco III conquista la
Celesiria
Plb. I6.29.3·I6.34; Liv. 31.5-9, In estate, a Roma si vota la dichiara-
31.I4.I-5, Jr.I6-I8, 31.22.4; Plu. zione di guerra alla Macedonia. Ul-
Flam. J.I-2; App. Mac. fr. 4.3; Eu- timatum a Filippo V che assedia
tr. 4-I Abido. A fine settembre il console
Sulpicio Gaiba è mandato in Illiria
e la flotta di Claudio Centone ad
Atene: inizio della seconda guerra
macedonica
1392 Chronicon
SEG XXIX I6IJ, Il. 4. IO Come strategos e archiereus di Siria e
Fenicia è attestato Tolomeo, già
governatore della provincia sotto i
Lagidi
Liv. p.6.4, 32.9.6·8 (con 32·5·9); Svolta nella seconda guerra macedo-
Plu. F!am. 3.3; Paus. 7·7·9 nica: agli inizi di maggio, arrivo di
Tito Quinzio Flaminino in Illiria
Liv. p.16.1-4 e contemporanea partenza della flot-
ta al comando del fratello Lucio
Liv. 32.10-12; Plu. F!am. 3.4·5.1; Battaglia al passo dell' Aoo (25 giu-
Fior. epit. 1.23.10; Zonar. gno?): Filippo V di Macedonia si
epit. 9· 16. I ritira in Tessaglia
Liv. p.19·J2.23.3; Plu. F!am. 5.4; In autunno, assemblea di Sicione: la
Paus. 7.8.1-2; Zonar. epit. 9.16.3 Lega achea abbandona l'alleanza
con la Macedonia e si schiera con
Roma
197 Plb. 18.20-27; Liv. 33·3·10; Plu. Agli inizi di giugno, scontro decisivo
F!am. 7.1, 8.1; Oros. hist. 4.20.5; della seconda guerra macedonica:
Zonar. epit. 9· 16.9·10 vittoria romana a Cinoscefale, in
Fior. epit. 1.23.12; lust. 30.4.17 Tessaglia, su Filippo V
Liv. 36. I5-19; Frontin. strat. 2.4.4; In primavera Glabrione vince Antio-
Plu. CatMa. q.2, I4.I·2; App. co III alle Termopili
Syr. 76-90; Fior. epit. 1.24.IO·I I;
Vir. il!. 47.3; Eutr. 4.3.2; Oros.
4.20.20; Zonar. epit. 9-I9.8-Io
BarHebraeus, p. 39 Bedjan (1, p. 42
Budge)
Plb. 2r.I6-q; D.S. 29.10; Liv. epit. All'ini2io dell'anno, preliminari di pace
Oxyrh. I, 6 (cfr. Liv. 37·55-2); a Sardi fra la Siria e Roma, che im-
Fior. epit. 1.24.18; Iust. 31.8.8 pone la rinuncia alla Tracia, la libe-
Liv. 37·45·3·21; App. Syr. I93-2oo ra2ione dell'Asia Minore fino al Tau-
ro e il pagamento di 15 ooo talenti
Plb. 21.26-28, 2r.3o.I5; Liv. 38.3.9- In estate, fino al principio dell'au-
7; Liv. epit. Oxyrh. I, II; Fior. tunno, Marco Fulvio Nobiliare as-
epit. 1.25.I·2; Zonar. epit.9.2I.I·4 sedia Ambracia, passata agli Etoli
Plb. 21.29-32; Liv. 38.8-II; Zonar. Pace fra Roma e gli Etoli
epit. 9-21.4
Iust. 32.I.I·2
Liv. 38.28. 7-38.29; Syll.' 6I I (con Tra c. ottobre e gennaio Nobiliare as-
Liv. 38.35· I) sedia Same, nell'isola di Cefallenia
Plb. 2 r.32b
r88 Liv. 38.32. I0-38.34; Plu. Phil. I6.4; All'inizio della primavera lo stratego
Paus. 7.8.5, 8.51.2-3 acheo Filopemene marcia su Spar-
Plb. 2I.32C.3-4 ta: le mura sono distrutte e la co-
stituzione licurghea abolita
Plb. 21.42.6-2r.46; Liv. 38.37·4I In maggio-giugno, pace di Apamea a
App. Syr. 204 conclusione della guerra romano-si-
riaca: ratifica del trattato con An-
tioco e riorganizzazione territoria-
le dell'Asia
?178 Plb. 25.4.2, 8 (con Liv. 41.6.8-41.7.3 Nei primi mesi dell'anno Perseo di
e Fast. triumph. Capito!. a. I 78 a.C.) Macedonia sposa Laodice, figlia di
Plb. 25·4· I Seleuco IV
Plb. 27.8.I; Liv. 42.48-49, 42.58-6o; Inizia la terza guerra macedonica, fra
Plu. Aem. 9.I-2; Iust. 33.I-4-5; i Romani e Perseo; vittoria di Per-
Eutr. 4.6.3; Oros. hist. 4.20.36-37; seo a Callinico (Larissa)
Zonar. epit. 9.22.5
170 PBritMus. Thompson eg. I059I, ver- In Egitto, prima del 18 settembre,
so, col. Il, Il. 5-6, 20 Cleopatra Il e Tolomeo Fiscone
vengono associati a Tolomeo VI co-
me coreggenti: si prepara la sesta
guerra siriaca, fra Tolomeo VI e
Antioco IV
Plb. 29.26; Liv. 45.I 1.9; Porph., 26o All'inizio della primavera, seconda
I68 campagna di Antioco IV in Egitto
F 50
Liv. 44·30.I-44·J2.5, 44·35·I-3; Con un'azione rapida (venti o trenta
App. Il!. 27; Fior. epit. 1.29; Zo- giorni) il pretore Lucio Anicio
nar. epit. 9.24.I sconfigge Genzio
Obseq. I I
Fast. triumph. Capito!. a. I67 a.C.; Il 22 giugno (quindici o venticinque
D.S. 31.I1.I; Liv. 44.33.IO, giorni dopo essere partito dall'Ita-
44.36.Io, 44·37·5-44·42, 45.41.5; lia), Lucio Emilio Paolo sconfigge
Plu. Aem. I0.5, I8-22, 36.4; App. Perseo a Pidna
Mac. fr. I9.2; Fior. epit. 1.28.7;
Iust. 33·1.6-33.2.4; Porph., 260 F
3, I8; Eutr. 4.6.4-4·7.I; Oros.
Chronicon 1395
c. I66 Plb. 30.3LIO-I2 (con 30.20.7?) Viene creato un porto franco a Delo,
forse come ritorsione economica di
Roma contro Rodi
AD no. -I63, C,, recto, Il. I7-8 (III, Antioco IV in Oriente; morte del re
p. I8); KL 6, verso, l. I4; LXX I in Perside nel novembre-dicembre
Ma. 6.I-7, 2 Ma. 9-I-3; J. I64
A] I2.297, 354-56; App. Syr. 349-
352; Zonar. epit. 4.20
LXX I Ma. 6.I6
1396 Chronicon
Sammelb. 9367, t, Il. 4, 9; Liv. pe- Entro il mese di maggio, divisione del
rioch. 47; Porph., 26o F 2, 7; Sync. regno d'Egitto fra Tolomeo VI e
538 Cleopatra II (Egitto e Cipro) e To-
Zonar. epit. 9-25-3·5 (cfr. Pomp. lomeo VIII (Cirenaica)
Trog. hist. pro!. 34)
c. t62-16o Plb. 31.33; Pomp. Trog. hist.prol. 34; Rivolta di Timarco - forse governa-
App. Syr. 242 tore delle satrapie superiori - con-
tro Demetrio I di Siria
Plb. 3-5-3, 33.15, 33.18; LXX 1 Ma. Usurpazione del regno di Demetrio I
tO.t-50 (con 57);]. A] 13-35-61 di Siria da parte di Alessandro I
Balas, promossa soprattutto da A t-
taio II
Liv. epit. Oxyrh. 5, 126-27, perioch. Quinto Cecilie Metello, con l'appog-
50; Obseq. 19; Zonar. epit. 9.28-4- gio della flotta di A t taio II, fron-
6 teggia Andrisco. Il pretore luven-
Fior. epit. 1.30.5; Vir. ili. 6r.1-2; zio è sconfitto in Tessaglia, Andri-
Oros. hist. 4.22.9 sco presso Pidna
147 Plb. 38.9. 1-2; Liv. epit. Oxyrh. 5, Entro l'autunno il legato romano Lu-
135-36; Paus. 7-14.1-2 (con 7-14-4) cio Aurelio Oreste annuncia a Co-
Liv. perioch. 51; lust. 34-1.6·34-2-I rinto la decisione di restringere la
confederazione achea
]. A] 13.236-48; Eus, Hier. 0/. 162; Antioco VII Sidete assedia Gerusa-
Hier. a A. 1885 (BPNO) lemme
Eus., p. 120, 29-32; Chron. Pasch.,
PG 92, col. 444c; Dion. Telm.
aA. 1882
133 OGI 338,11. 1-ro; Strab. 13.4·2; Liv. Testamento di Attalo III: il regno di
perioch. 58; Veli. 2.4.1; Plin. Pergamo è lasciato in eredità a Roma
n.b. 33.148; Plu .. TG 14.1; Fior.
epit. 2.3.2; Iust. 36.4.5; Eutr. 4.18;
Oros. hist. 5.8.4; Anon. Matr., p.
42, 8-9 Bauer (1:EM:utGJv)
Eus. a A. r887; Hier. a A. r886, r887
(AB), 01. 162 (L); Obseq. 28
131-130 Strab. 14.1.38; Liv. perioch. 59; Fior. Spedizioni romane contro Aristonico,
epit. 1.35·4-6; lust. 36-4- 7-9; Eutr. figlio naturale di Eumene Il, che
4.2o; Oros. hist. 5.10.1-5 cerca di conservare il controllo di
Pergamo
100 IKnidos 3 I, Delphoi B Il. 5-8, Knidos La Cilicia diventa provincia romana
col. III Il. 28-37 (con Delphoi B l.
20); Vir. ili. 75·4
Iust. 39·5·3
Liv. perioch. 70; Iust. 39.5.2; Eutr. T olomeo Apione lascia la Cirenaica a
6.11.2; Ruf. Fest. 13.2; Amm. Roma
22.16.24; Obseq. 49
Hier. aA. 1952, 1951 (NP), 01. 178
(L)
88 App. Mith. 64 ((tQE~) edd.); Eutr. 5-4; Iniziano le ostilità fra il re del Ponto
Oros. hist. 5-19.1 Mitridate VI e Roma (prima guer-
ra mitridatica)
Posidon., 87 F 36; App. Mith. 88-91, Strage di italici in Asia Minore e a
ro8 Delo, su ordine di Mitridate
App. Mith. ro9-rr Atene si schiera con Mitridate
I 398 Chronicon
Plu. Luc. 2.3-4; App. Mith. 130-31 Nell'inverno Silla invia Lucullo in Li-
bia e in Egitto per procurare forze
navali
86 Sulla hist. 13; Veli. 2.23.3; Liv. pe- Il x0 marzo Silla conquista Atene; di-
rioch. Br; Chron. Rom., 252 A 2; struzione del Pireo
Plu. Su//. 14.13; App. Mith. 147-
55; Hier. 0/. 173 (L); Obseq. 56;
Dion. Telm. a A. 1928
Hier.aA. 1931; Vir.il/.75·7 Il console suffetto Lucio Valerio Fiac-
Liv. perioch. 82; Plu. Sul/. 2o.r; App. co è inviato contro Mitridate
Mith. 205
Plu. Sul/. 24.7; App. Mith. 227-40 Pace di Dardano (c. agosto): incontro
(con 2 I 4, (xal tj31ìollf1XOo~Tjç) Pal- fra Silla e Mitridate nella Troade e
merius) conclusione della prima guerra mi-
tridatica
73 Cic. ac. 2.1 (cfr. Cluent. 137, con ro8); Mitridate in primavera invade la Bi-
Liv. perioch. 94; Veli. 2.33.1; Plu. tinia; Lucullo è mandato in Asia:
Luc. 5-7. x; App. Mith. 295-99, 305 inizia la terza guerra mitridatica
?Cic. Mur. 33; App. BC r.5x8
71 App. Mith. 349-68; Phleg., 257 F 12, 3 Scontro fra Lucullo e Mitridate a Ca-
bira, fuga di Mitridate in Armenia
Plu. Luc. 27.8-9; App. Syr. 248, Mith. In autunno, battaglia di Tigranocer-
382-8; Phleg., 257 F 12, xo; D.C. ta: Lucullo vince Mitridate e Ti-
36.rb.r; Oros. hist. 6.3.6-7 grane. Fine del dominio di Tigrane
lust. 40.1.4, 40.2.3 sulla Siria
Plu. Pomp. 39.3; App. Syr. 367 Pompeo crea la provincia di Siria
Chronicon 1399
Caes. civ. 3.109-12; bel/. Alex. 1-33; Guerra d'Alessandria: Cesare sostie-
Liv. perioch. 112; Plu. Caes. 48.2- ne Cleopatra contro il fratello To-
49, Pomp. 80.7-8; Suet. lui. 35.1; lomeo XIII
App. BC 377-8o; Fior. epit. 2.13.55-
6o; D.C. 42.34-44; Eutr. 6.22;
Oros. hist. 6.15.29-6.16.2; Zonar.
epit. 10.10
Hier. a A. 1970, 1971 (N)
Fast. ann.Iu/. Praen. Aug. (lnscr.Ita/. Ili 0 agosto Ottaviano entra ad Ales-
XIII 2, p. 135); Fast. ann.Iu/. Ant. sandria; l'Egitto viene annesso
Aug. 1 (lnscr.Ita/. XIII 2, p. 208); all'impero romano
D.C. 51.17-9; Macr. Sat. 1.12.35
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Diffusione dei dialetti greci in età classica.
~·...
Inaco - Melia
~---
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Zeus - lo Foraneo
Epafo -
l Menfi figlia di N ilo
Libia - Posidone
l l
Afrodite Ares Agenore - Telefassa Belo - Anchinoe
l l
l l l -l l l
Armonia Cadmo Fenice Cilice Taso Europa Danao Egitto
1 r l
Semele - !no - Agave - Autonoe - Polidoro 50 figlie 50 figli
Zeus 1 Atamante 1 Echione 1 Aristeo tra le quali
Ipermnestra Linceo
Perseo - Andromeda
l
l l l - l l
Perse Stendo Alceo Elettrione Mestore
(vedi tavv. Be H)
1410
l
Tantalo - Diane Zeus
l Antiope
Egeo -
l
Etra
l
Eribea Telamone
l
Euristeo
l
Anfitrione
l
Anasso Elettrione
l
Teseo
l
Aiace ~- AJcl.na Zeus
l
Eracle
c. Salmoneo, Melanippe e Tiro; Sisifo e Bellerofonte; Frisso ed Elle; Giasone e Medea;
Anfiarao e gli eroi della guerra tebana.
Deucalione - Pirra
l
l
Elleno Protogenia
l
l
Doro Xuto Eolo
Clori -
r----1
Neleo Pella Esone Amitaone Pere
l
Bellerofonte
l
Telemaco
eli Niobe
n~·· l l l l l l
Medea - Giasone .. · Pero - Biante Melampo Admeto - Alcesti lppoloco
. ·· l l l
Nestore Pero ···· .. ··· ....... ········· Talao Oicleo
Glauco
il Giovane
,-l----LI--,1 l
Adrasto Erifile - Anfiarao
l
Egialea - Diomede
1412
D. Edipo.
Cadmo - Armonia
Penteo Labdaco
l l
Oda so Laio
Meneceo
l
l
l l .
Creante Giocasta - Laio ...-
l ·········-f.······....
Emone Edipo - Giocasta
l
l
Eteocle Polinice Antigone
l
lsmene
Endeide -
l
Eaco Menetio
l
Eribea - Telamone - Esione Tetide - Peleo
l
P a t rodo
l
Aiace Teucro
l l
Achille - Deidamia
Pirro
l
(detto pure Neottolemo)
F. I Dioscuri spartani e i loro cugini.
Deucalione - Pirra
Zeus- Danae
l
Elleno
l
Perseo - Andromeda
l
Eolo (vedi tav. c)
l
r 1 l
5 figli Gorgofone - Periere
(vedi taV. A, B, H)
~
Tindaro - Leda - Zeus !cario padre di Penelope Afareo - Arene - Posidone Leucippo - Filodice
l .:...__j__
l l r--1
Castore e Polluce Elena - Menelao Clitennestra * - Agamennone ldas - Marpessa Linceo Ileira Febe
l l l l l l l
Ermione Ifigerùa Crisotemi Elettra Oreste Cleopatra - Meleagro
(secondo un'altra
tradizione figlia
di Elena e
di Teseo)
Etolo
l
l l
Pleurone Calidone
l
Agenore
l
l l
E uri te - Portaone Demonice - Ares
Melante Agrios
l l
Oineo · ..
l
Testio
l
l l
3 figli Leda (vedi tav. F) · · Oineo - Altea
··· .. 1
l l l l . l l
T osseo Tireo Climeno Gorge - Oineo Meleagro Deianira - Eracle
l
T ideo
l
Diomede
H. Eracle.
Zeus- Danae
l
Perseo - Andromeda
l
Euristeo Anfitrione - Alcmena Anasso - Elettrione
l
!fiele
·... l
"Alcmena - Zeus Oineo ..,- Altea (vedi tav. G)
lolao
l l~
Eracle -
Deianira
l
Ilio
r. Cecrope, Eretteo e Teseo; Tereo, Eumolpo e Cefalo.
Erittonio - Prassit~a
l
Pandione - Zeusippe
Cecrope II Protogenia Pandora Ctonia Procri - Cefalo Oritia - Borea Creusa - Apollo
l
Pandione II Posidone -
l
Chione
l
Ione
l
Egeo- Etra (vedi tav. K) Eumolpo
l
l
Teseo
l
Immarado
Pelope - lppodamia
Crisippo Pitt~O Alcatoo Nicippe - Stenelo Lisidic~ - Alceo Atreo- Erope Tieste
Egeo -Etra
l l
Eribea - Telamone
l
Euristeo
l
Anfitrione TiesÌe - Pelopia
l
Teseo
l
Aiace
l
Eracle
l
Egisto
Cecrope
Cranao il duro
Anfizione il nomade
Erittonio
Pandione
Eretteo
Cecrope II
Pandione II
Egeo
Teseo
Menesteo, condottiero degli Ateniesi nella guerra di Troia
m. I personaggi della vita politica
Le tavole sono tratte da J. BELOCH, Griechische Geschichte, 4 voU., Berlin-Leipzig 191 2-27';
H. BENGTSON, Storia greca, 2 voU., Bologna 1985; H. BER VE, Die Tyrannis bei den Griechen, Darm·
stadt 1967; CA H', VII (r969); P. CARLJER, La Royauté en Grèceavant Alexandre, Strasbourg 1984;
K. DAVJES, Athenian Propertied Fami/ies, 6oo-JOO B.C., Oxford 1971.
I re spartani sino alla fine del IV secolo a. C. (Beloch e Carlier).
Agiadi Euripontidi
Teopompo c. 705
Polidoro c. 685 Anassandrida c. 675
Archidamo I c. 66o
Euricrate c. 655 Anassilao c. 645
Anassandro c. 625 Leotichida I c. 6I5
Euricratida c. 595 Ippocratida c. 585
Leo n te c. 565 Agasicle c. 555
Anassandrida fino c. 520 Aristone fino c. 5 Io
Teopompo
Anassandrida Archidamo I
Anassilao Zeuxidamo
l l
Leotichida I Anassidamo
l
Ippocratida
l
Archidamo
l
Agesilao
l
Agasicle
l
Menase
l
Aristone
l
Zeuxidamo
sp.
l
Eupolia Archidamo II rp. Lampito
l
l l l
Agesilao II Teleutia Cinisca Agide II
sp. sp.
Cleola Timea
l
l l. l
Archidamo III Eupoha Proli t a Leotichida
Arconti o re a vita
l I5.
I6.
I7.
Esimide
Clidico
Ippomene (dopo Ippomene i bExm~Ei:ç cessarono
di essere scelti tra i Medontidi)
743-733
733-723
723·7I3
Aezione
rp.
Labda
l
Cipselo :::::::::::::::::;····································· sp. X
sp. i
t
Crateia
+ concubina
;
,..................T..........L. .....1
Periandro ········ ······, Gorgo P il ade Echiada figlia
sp. i rp.
Teisandro?
j
Mdi••
l l l
(Agamestore? [Berve))
l
Cipselo Psammetico Periandro Archino Cipselo
(padre di Milziade (? [Berve)) di A mbracia
il Vecchio [Berve)) (? [Berve))
sp.
+ corlcubina Timonassa
l
discendenti
l
Agariste
sp.
Megacle Ateniese
I re di Cirene (Beloch).
Batto I
Arcesilao I
Batto II Critola
il felice
(590·560)
l
Batto III
il bello
(540•470)
l
Arcesilao IV
(470•450)
x
[Berve: Ateniese]
sp. Pisistrato
figlia disp.Megacle
[Berve: Cesira]
,l,sp. Timonassa Ipparco
l l l l
Ipparco Ippia Tessalo figlia Egesistrato Iofonte C armo
sp. sp.
Mirrine presumibilmente
[Berve: Ippia, Trasimede
poi Ipparcol [Berve: Trasibulo]
l
l l
Pisistrato Archedice Ipparco
sp. (ostracizzato)
Ippoclo
[Berve: Aiantide]
Gli Alcmeonidi (Beloch).
Megacle I
Alcmeone
l
l
Megacle II
sp.
Agariste di Sicione
~
Santippo
l
Eurittolemo
l
Dinomache
l
Eurittolemo
sp.
Clini a
Alcibiade
I Filaidi (Berve).
Cipselo
(tiranno di Corinto)
l
figlia
sp.
Agamestore x
l
Cipselo sp.
l
figlia sp. Stesagora
l
Milziade
l
Cimone Coalemo
il Vecchio
l
l l
Stesagora Ateniese sp. Milziade II sp. Egesippe
l
Emmenida Xenodico
[Berve = Calciopeo]
l
Ainesidamo x
l
l
T ero ne
l l
Xenocrate Ippocrate Capi
l
l l l l ~
[Berve: Trasideo Filocrate Damarete Trasibulo figlia
Gorgo] sp. Gelone sp.
sp. Polizalo Ierone
altro figlio
l
Agariste II sp.
l
Santippo
l~
Pericle II Santippo Paralo
il Giovane
Gli Agiadi da Anassandrida a Cleomene II (Beloch).
Anassandrida
Clini a Alcibiade
(combatte all' Artemisio) (n. c. 510)
Clini a Assioco
(m. a Coronea nel 447)
sp.
Dinomache
l
l l
Alcibiade Clini a Clini a
(c. 450·404)
sp.
Ipparete
l
l l
Alci biade figlia
(n. 418) sp.
Ipponico
Gli Agiadi da Cleombroto I (Beloch).
Cleombroto I
(m. a Leuttra nel 371)
Agesipoli II Cleomene II x
Acrotato Cleonimo
l
Cleombroto
l
Areo
l
Leonida II
l
Agesipoli
sp.
Cratesiclea
l
Acrotato I
l
Cleomene III
l l
Euclida Chilonide sp.
l
Cleombroto Il
~· sp.
~
Chilonide Agiatide
Areo I
l
figli Agesipoli Cleomene
l
Agesipoli
Licofrone I
(c. 410 ·c. 390)
Tebe
l
Tisifono
l
Licofrone II Pitolao
l
Alessandro II
sp. (insieme c. 355-353) (369·J58)
Alessandro ~·
(J58. c. 355) Te be
La casa di Dionisio (Beloch).
Ermocrito
sp. I)
figlia di
Ermocrate
::~t, ~~' l l/ / xr "~~ . ~;,~-., Tearida
sp.
Are te
Teste
sp.
Polisseno
l ·. l
Apollocrate \.,~iglio
l
figlia
l
figlia
~
Dionisio II
Aieteo figlio
I Dinomenidi (Berve).
Di nome ne
figlio
Cretine Choiros
l
Anassilao
l
Micito
sp.
figlia di Terillo
di lmera
l
figlio
Alessandro l Filelleno
l
--1 l
[S~k~]l ~" ~ -·= ,L ~ T' :~~ MT
X rp. Archelao rp. Cleopatra Alessandro [Sat]iro Aminta Agerro A[r]rideo [Menelao]
1
l 1 ~ l l
Aminta II figlia Oreste
figlia Euridice sp. Aminta III - - - rp. Gigea
il Piccolo rp. rp. l
re Aminta II
~-
dell'Elimiotide il Piccolo l l l l
l- T - - -l
Alessandro II Eurinoe Perdicca Filippo II Archelao A[r]rideo Menelao
rp.
Tolomeo
di Aloro
Ami ma
rp.
Ci nn a
Gli Argeadi da Filippo Il (Beloch).
Filippo II
Filippo
l
l l l
Periandro Antigone I Monoftalmo altri fratelli
l Strai'c;nice l
Marsi a
Lago
sp.
Arsinoe
l
l l
Tolomeo I Sotere Mendao
~ ~ ~
Euridice Berenice T aide
l
l l l
Arsinoe II Filotera Teossene Tolomeo II Leontisco Lago Eirene
sp. Lisimaco sp. sp. sp.
sp. Tolomeo Cerauno Agatocle Arsinoe Arsinoe
sp. Tolomeo II Filadelfo di Siracusa figlia di Filadelfo
Lisimaco
l
l ~~
Tolomeo Meleagro figlio Argeo? Lisandra Tolemaide Tolomeo III Evergete I Lisimaco Berenice
Cerauno anonimo sp. sp. sp. sp. l sp.
Alessandro Agatocle Demetrio Berenice Antioco II Teo
figlio di figlio di Poliorcete
Cassandro Lisimaco
1 1 -r - r- -- -~
l 1
Tolomeo IV Arsinoe III Berenice figlio Alessandro Maga [Tolomeo
Filopatore sp. anonimo di Telmesso ?)
Tolomeo
Filopatore
Tolomeo V
l
Epifane
I primi Seleucidi (Beloch).
Seleuco I Nicatore
sp. sp.
Apame Stratonice
.-------'-'-----, l
Antioco I Sotere Acheo Fila
sp. sp.
Stra t onice Antigono
Gonata
l
l
Seleuco
l
Antioco II Theos Apame
l Stratonice
l
sp. sp. sp. sp.
Laod.ice Berenice Maga Demetrio
figlio
l l l
Seleuco II Callinico Antioco Ierace Stratonice Laodice?
rp. sp. sp. sp.
Laodice figlia di Ziaela Ari arate Mitridate
l
l
Seleuco III
l
Antioco III
l
Antiochide
l
Laodice
Sotere il Grande rp. sp.
Serse Acheo
I re dell'Epiro (Beloch).
Taripa
l
Alceta
Neottolemo Aribba
sp.
Troade
l
l
Alessandro
l
Troade
l
Olimpiade Alceta
l l
E acide
sp. sp. sp. sp.
Cleopatra Aribba Filippo Ftia
l
Neottolemo
l
l
Cadmea Teucro
l
Alessandro
Eioneo
N iso
l l l
Agatocle Euridice Assinoe
sp. sp. sp.
Lisandra Alessandro Tolomeo II
[Bengtson:
Antipatro
figlio di
Cassandra]
Aschidamo III
Archidamo IV Eudamida
sp.
Archidamea
l
l l
Eudamida Il Agide Agesilao Agesistrata
sp. sp.
Agesistrata Eudamida Il
l
Agide IV
l
Aschidamo V
l l
Ippomedonte
sp. sp.
Agiatide figlia di
Ippomedonte
l
figlia
l
Eudamida III 2
l
figli
sp.
Archidamo V
Gli Attalidi (Beloch).
Attalo
sp.
Boa
~
Satira
l
l l Attalo Eumene
Eumene I Filetero
sp.
Antiochide
Attalo I Sotere
sp.
Apollonide
l
l l l l
Eumene II Attalo II Filetero Ateneo
sp. sp.
Stratonice Stratonice
l
Leptine (Il)
(n. c. 385-J8o)
lerone
l
Ignoto (Filisto ?)
(n. c. 360) (n. c. 350)
!erode
l l
Leptine (III)
(n. c. no) (n. c. J20)
Ierone II
l sp.
l
Filistide
(n. C. JOO) (n. c. 290-285)
Gelone
l l
Damareta Eraclea
l
(n. 267) sp. sp.
sp. Adranodoro Zoippo
Nereide
l
Armonia
l
leronimo
l
altri figli
(n. 229)
I tardi Seleucidi da Antioco III il Grande (CAH).
Antioco III (il Grande)
sp. Laodice III (figlia di M.itridate II del Ponto) sp. Eubea di Calcide
l
l l --~ l
Antioco Seleuco IV Filopatore Antioco IV Epifane Cleopatra Laodice IV Antioclùde
sp. rp. ? sp. rp. rp. rp.
Laodice IV l Laodice (IV ?) Tolomeo V Antioco Ariarate IV
l di Cappadocia
l 1................................................................. .
r
Nysa figlio Demetrio l Laodice V Antioeo V Laodice Alessandro Balas
rp. Sotere sp. Eupatore sp. preteso figlio di Antioco IV
Farnace sp. ? Perseo M.itridate V sp.
del Ponto del Ponto Cleopatra Thea
l
l l l l
Demetrio II Nicatore Antioeo VII Evergete (Sidete) Antigono Antioco VI
sp. sp. sp. Epifane Dioniso
Cleopatra Thea Rhodogune, Cleopatra Thea
figlio di
Mitridate I
di Partia Laodice Laodice ( ?) Antioco Seleuco ( ?) Antioco IX
Filopatore (Ciziceno)
l rp. ? rp. sp.
figli Cleopatra IV Cleopatra V
l (Selene)
Seleuco V Antioco VIII Laodice Antioco X
Filometore (Gripo) Eusebe Filopatore
sp. sp. sp.
(Cleopatra) Cleopatra V Cleopatra V (Selene)
T rifena (Selene)
l l
l l l ,- l l
Seleuco VI Antioco XI Filippo l Demetrio III Antioco XII Laodice Thea Antioco XIII figlio
Epifane Epifane Epifane Filopatore Dioniso Filadelfo (Asiatico)
Nicatore Filadelfo Filadelfo Sotere sp.
(Eukairos) Mitridate l
di Commagene
l
Filippo II
l
Antioco I
di Commagene
I tardi Tolomei da Tolomeo V Epifane (CAH).
l
Tolomeo XV Alessandro Elio Cleopatra Selrne Tolomeo Filadelfo
Cesare sp.
(Crsarione) Giuba di Maurrtania
l
Tolomeo di Maurrtania
Indici
Indice dei nomi
Abdelonymos, dinasta fenicio, I I4. Alcibiade, 280, 303, 793, 1013, 1021.
Acamante, 1012. Alcmeonidi, famiglia, I 300.
Acerato, figlio di Frasieride, arconte di Taso, Alessandro, tiranno di Fere in Tessaglia, 505,
205. 509.
Achille,98,99, 2I7,225,363,389,964, 1283. Alessandro di Atene, scultore, 1203.
Adam, Jean-Pierre, 438, 442, 447, 453, 454· Alessandro Magno, re di Macedonia, 29, 164,
Adamante, 347· 170,172,203,376.377.393.395.396.402,
Adamatas di Taranto, 776. 40S,409,419,426,427,431,444.449.454.
Adamesteanu, Dinu, 289. 495. 497•99. 505, 507, 538, 6q, 614, 676,
Ade, 1187, 1328. 943. 1036, 1037·
Ad.ler, Friedrich, 780. Alessandro IV, re di Macedonia, 597·
Admeto, re di Fere in Tessaglia, II 53· Alexandrescu, Petre, 129 2 .
Adrasto, re di Argo, 1279. Alexibios di Erea, 778.
Adriani, Achille, 203, 1330. Alighieri, Dante, vedi Dante Alighieri.
Adriano, Publio Elio, imperatore, 32, 217,394, Alketos di Clitore, 777·
704, 9IO, 973· Alkinoos di Elide, 777·
Afaia, 634. Alkinos di Clitore, 777·
Afrodite, 135, 209, 390, 4I4, 519, 673, 1157, Alma-Tadema, Lawrence, 114.
1183-85, 1187, 1232, 1341. Aluisetti, Giulio, 69.
Agamennone, re di Micene, 573, 848, 854. ai-Walid, califfo, 150.
Agatemero, geografo, 218. Alxenor di Nasso, 1123, 1309.
Agatocle, tiranno di Siracusa, 445, 452, 1037, Alypos di Sicione, 777·
1063. Amadei, Giuliano, 41.
Agenor di Tebe, 777· Amandry, Pierre, 363.
Agesarchos di Tritea, 778. Amasi, faraone, 165, 170, 209.
Agiadas di Elide, 776. Amelung, W alther, 64.
Agias di Farsalo, atleta, 788. Amenofi Il I, faraone, 2 17.
Aglaia, fanciulla, 1203. Amertas di Elide, 776.
Aglauro, 952. Amestratos di Tritea, 77S.
Agon, 829. Amico, re dei Bebrici, 937·
Agoracrito, scultore, 985, 995· Ammone, 3 77.
Agrippa, Mario Vipsanio, 49, 1014. Amouretti, Marie-Claire, 272, 274, 315, 31S,
Aiace, 363,394, 6o7, 933, 1012, 1334. 321,325,512.
Aischylos di Elide, 777. Ampharete, 1316.
Aisepos di Elide, 777· Ampolo, Carmine, 55·
Akademos (Hekademos), eroe, 911. Amyntas di Ereso, 778.
Akestor, scultore, nS. Anacarsi, nobile scita, 45, 903.
Akmatidas, pentatleta, 783. Anacreonte di Teo, 1231, 1232, I241·43·
Akurgal, Ekrem, 9S9. Anassimandro di Mileto, 176, 21S, 219, 397,
Akusilaos di Rodi, 776. 969.
Alarico I, re dei Visigoti, 399· Anassimene di Lampsaco, 397.
Alcamene, scultore, 5S2, 5S5, 761, 1010. Anaxagoras di Larissa, 1343, 1344.
Alceo, 1040, 123I, 1247. Andocide di Atene, 999, 1066.
Alcesti, 1153. Andragoras, figlio di Epikteta, 37·
1442 Indice dei nomi
Andreas di Argo, scultore, 778. Archidamo II di Sparta, 777-
Andrews, Anthony, 443- Archiloco di Paro, 393, 473, 1310, 1337.
Androclo, fondatore di Efeso, 387, 396. Archimede, 325,432,501, 1070, III5-
Andromaco, padre di Timeo, 414. Archinos, 598.
Andronico di Cirro, 142, 155, I 57· Archita di Taranto, 325, III5, 1203.
Andronikos, Manolis, 373, 1328. Ares, 585,6I9, 715,952.
Androsthenes diMenalo, 776. Aretusa, ninfa, ro63, ro64.
Anfiarao, r66, 598, 758, 809. Arianna, figlia di Minosse, 866, 1344.
Anfitrite, 551, 619. Ariarate V, re di Cappadocia, ror8.
Angeles di Chio, 778. Arias, Paolo Enrico, 1094.
Annibale Barca, generale cartaginese, 4 r 2. Arione di Metimna, 173.
Annone, r64. Aristagora, tiranno di Mileto, 2 I 8.
Anochos di Taranto, 776. Aristagoras, vasaio, 335·
Antelami, Virginio, 214. Aristeus di Argo, 776.
Antenore, scultore, 985, IOI4- Aristide di Atene, 303, 1025.
Antifemo di Rodi, 389. Aristion di Epidauro, 460, 777-
Antifonte, atleta, 926. Aristobulo di Cassandrea, 409.
Antigone, 845. Aristocle, scultore, 460, 1312, rpo.
Antigono II Gonata, re di Macedonia, 434, Aristodamos di Elide, 777·
499, 525, 848. Aristofane, 58, II7, 142, 174,303,316, 331,
Antigono III Dosone, re di Macedonia, 401. 354,65I,675,685,703,730,743,79I,793,
Antimaco di Battriana, ro62. 854, 855, 894, 896, 945, 957, II68, 1230,
Antiochos di Lepreo, 777· I23I, I24I, I345·
Antioco, ambasciatore in Persia, 8o7. Aristogitone, 794, 985, ror4.
Antioco, eroe, 1012. Aristokleia, r 194.
Antioco I, re della Commagene, 148, 386, 493- Aristonaute, oplite, r p6.
Antioco I, detto Sotere, re di Siria, ro6r. Aristonico, poi Eumene III, 405.
Antioco III, re di Siria, 651. Aristonoo, ecista di Gela, 417.
Antioco IV, re di Siria, 406. Aristotele, 177, 363, 375, 397, 426, 684, 751,
Antipatro di Sidone, 89. 791, 830, 837, 909, 966, 999, 1027, 1040,
Antipatros di Mileto, 777. 1203.
Antistene, filosofo, 966. Aristotile da Sangallo, 90.
Apaturio, pittore, 794- Armodio, 794, 985, 1014.
Apelle di Colofone, 32, 59- Arpalo, tesoriere di Alessandro Magno, 676.
Apelleas, scultore, 777. Artaserse II, detto Memnone, re di Persia, 43,
Api, divinità scitica, 1351. 503-
Apianus, Petrus (Peter Apian), 6o. Artemide, 51, I6I, 256, 260, 297, 396, 420,
Apollo, 64, 8r, 107, r65, r66, 206, 210,257, 521, 534, 566, 572•74, 5I9, 649, 65I, 703,
349,385,39I,393,397,406,4I4,420,534, 706, 712, 715·17, 727, 729, 830, II02,
540,542,545.566,568,6o6,6r2,648,655, I 183, I 184.
705,715,72I,722,762,905,9I7,958,984, Anemone di Clazomene, 496.
985, 993, roo8, 1009, 1036, ro6o, ro6r, Arundel, Thomas Howard di, 35, 381.
II02, II23, II84, 1236, 1337· Asamon di Elide, 777.
Apollodoro di Damasco, 1255. Ascanio, 969.
Apollonio di Perge, 325. Asclepio, 62, r66, 400, 537, 590, 910, 973·
Apollonio Rodio, 313, 409. Asheri, David, 214.
Appiano, storico, 500, 905. Aspasia, etera, 12 26.
Aquila, T. Iulius, console, 974- Asphalios, 5 r.
Arato di Soli, 142, 155. Astea, ceramista, 825, 862.
Arcesilao II, re di Cirenaica, 322. Asterion, scultore, 778.
Archedamos di Elide, 777. Astion, figlio di Anaxagoras di Larissa, 1343,
Archedemos di Tera, 367. 1344-
Archelao di Macedonia, r 344. Astykles di Locri, 776.
Archeloo, 228. Astylos di Crotone, 776.
Archia, ecista di Siracusa, 415. Atalanta, 57, 930.
Archia di Corinto, 96. Atekmartos, magistrato, 297.
Indice dei nomi 1443
Atena, 5I, 98, I62, 2I3, 228, 26o, 303, 304, Berenice I, moglie di Tolomeo l Sotere, regina
373.378.380,393.397.399.404,405,534. d'Egitto, 720.
537,56I,577,602,6II,6I4,6I9,62I,643, Bernabò Brea, Luigi, 87I, 882.
652,66I,668, 670,675-77,708, 7I2, 7I5, Bernini, Gian Lorenzo, I 22.
73I, 75I, 755, 864, 905, 952, 97I, IOIO, Berve, Helmut, 613.
I022, I038, I064, I067, I089, I090, II06. Beschi, Luigi, 66, 78, 120,279,595, 62I, 1267.
Ateneo di Naucrati, filosofo, 50, 96, I42, I65, Bessarione, cardinale, 29.
334. 387, 434. 526, 702, 720, 725, 726, Bianchi Bandinelli, Ranuccio, 65.
II68, I 229. Bieber, Margarete, 826, 898, 12I6, I220.
Ateneo Meccanico, 497, 500. Bielinsky, Francesco, 74·
Athenaios, cantore, 7 I 5. Bignone, Ettore, 897.
Atlante, I44. I45· Bing, Gertrud, 6o.
Atreo, re di Micene, 73· Bird, Susan, 9 r.
Attalidi, dinastia, 920, 990. Birge, Darice E., 213.
Attalo I, re di Pergamo, 389, 65 I, 970, 97 r. Bitone, ingegnere militare, 43I, 497,498.
Attalo II Filadelfo, re di Pergamo, Io8, 405, Blavette, Victor, I I6.
984, I003, IOI8, I022. Blouet, Abel, Ioo.
Auberson, Pau!, 386, 4 I6, 986, II 34· Blum, 1., 457·
Audiat, Jean, 95 r. Boardman, John, 602, 6I7, 6I9, I092, 1288,
Auge, principessa arcadica, 389. I293, IJ32.
Augusto, Gaio Giulio Cesare Ottaviano, impe- Bocchi, Achille, 57, 835.
ratore, 399, 405. Boehringer, Erich, 5I8.
Augyptos di Elide, 777. Bohn, Richard, 973, II I8.
Aupert, Pierre, 203, 769. Boindin, Nicolas, 44·
Aurora, 2 I 7. Boissonas, Frédéric, I32, I36.
Auxo, 952. Boli, Franz, I43·
Azan di Pellene, 776. Bonacasa, Nicola, I33 r.
Azzarita, F., I58. Boot Painter, 360, I 225.
Borély, M., 32I, 5I2.
Bachofen,Johann}akob, I3I, 224,238,363. Bowden, H., 209.
Bacon, Francis H., 76, I05. Brasida, generale spartano, 430, 489, 505.
Badoer, Marco, 57· Bresson, A., 208.
Bady, F., 544· Briasside, scultore, 89.
Barbié du Bocage, D.-A., 45, 75, 78, 9I r. Brighi, Antonio, I 55,449, 49I, 52 I, 684, 836,
Barker, Andrew, I245· 933, II9I, I224, 1269, I293, I350, I35I.
Barozzi, Francesco, 3 7. Brijder, H. A. G., 849.
Barra Bagnasco, Marcella, I q6, I I 4 7. Brion, C., I258.
Barry, Charles, I 29. Broneer, Oskar, Iooo.
Barthélemy,Jean-Jacques, 45, 46, 75, 97, I25, Browson, C. L., 503.
9I I. Bruneau, Philippe, 567, I I48.
Basch, Lucien, 52 r. Bulle, Heinrich, 82I, 823.
Batalos, musicista, 837. Buondelmonti, Cristoforo, 30, I 2 I.
Baticle, I07. Burckhardt, Jacob, 655, 76r.
Baton, 335· Butes, re dell'Attica, 6I r.
Batto II di Cirene, detto il Beato, 383,385, 4I8. Bykelos di Sicione, 777·
Baud-Bovy, Daniel, I32, 136. Byron, George Gordon, I27.
Baukis di Trezene, 777· Byvanck-Quarles Van Ufford, Louise, I22I.
Baumgarten, Fritz, 231, IOI5.
Beazley, John Davidson, 57, 59, 299, I250, Cacrilione, vasaio, II 2 2.
1349, I350. Calarne, Claude, 830.
Beck, Julian, 902. Calamide, scultore, 985, I009.
Belli, Onorio, 37· Callia, stratego ateniese, 425, II27, I128.
Bellori, Giovanni Pietro, 92. Callide, I p8.
Beloch, KarlJulius, 28o. Callimaco, I 23 r.
Bendis, divinità trace, 706. Callisseno di Rodi, 652, 7I9, 720.
Benevolo, Leonardo, 444· Cambellotti, Duilio, 896, 897.
1444 Indice dei nomi
Camp, John M., 997, 999, I004, IOI2, 1027, Chrysothemis, scultore, 776.
I030, I032. Cicerone, Marco Tullio, I5I, I 52, 795·
Camps-Gaset, Montserrat, 708. Cimone, generale, 429, 438, 439, 68I, 987,
Canaco di Sicione, 568. I025, I032.
Carilao, 8I3. Cimone, incisore, 1039, 1063, Io64.
Carino, figlio di Epicare, 280. Cipriani, M., I273·
Carneade, filosofo, I o I 8. Cipselo, tiranno di Corinto, 98, 390, 636.
Caronda, nomoteta di Katane, 983. Ciriaco (Pizzicolli) d'Ancona, 30, 49, 50, 6o,
Caronte, I27I. 68, 5I7.
Carracci, Annibale, 47· Ciro II il Grande, re di Persia, I68.
C arra de Vaux, Bernard, 3 I8. Ciro il Giovane, satrapo dell'Asia Minore, 43,
Carrey,Jacques, I22. I66, 503.
Carta, Rosario, 83. Clarac, Frédéric, I35·
Carter,J. C., 293. Clarke, Edward Daniel, 257, 363.
Casabona, Giuseppe, 37 r. Clarke, Joseph T., 76, I05.
Cassandra, re di Macedonia, 454, I 266. Claudio Lisiade, arconte, 954·
Casson, Lione!, 184, I99, 513, 524, 526. Clearco di Soli, 976.
Castore, 57. Cléner, A., 77·
Catone il Censore, Marco Porcia, 333· Cleofrade, 1277, I279·
Cavallo, Guglielmo, 909. Cleomene, re di Sparla, 2I9.
Caylus, Anne-Claude-Philippe, 69, 93· Clinia, padre di Alcibiade, 280.
Cazzaniga, Ignazio, 935· Clistene, tiranno di Sicione, 76I, 98I, 995,
Cecchi, Dario, IJ4. I025, 1266.
Cecchi, Emilio, 3I, IJ4. Clitennestra, 848.
Cecrope, re mitico di Atene, 38I, 6I I, 6I9, Closs, X. A., 236.
652, IOI2. Cnemo, spartiate, 454·
Cefisodoto il Giovane, 835, 985, Iooo, IOOI, Cockerell, Charles Robert, 39, 8o, IOO, IOr.
IOI6. Codro, re di Atene, 38I, 387.
Celso, Aulo Cornelio, 929. Colafranceschi Cecchetti, Paola, I 2 I 2.
Celso Polemeano, Tiberio Giulio, 9IO, 974· Coldstream,John]., 1287.
Cerbero, I74· Colonna, Francesco, 3 I.
Cesana, A., I3I. Comparetti, Domenico, 8 I.
Cesare, Gaio Giulio, 420, 505. Canone, generale ateniese, 2DI, 446.
Cesariano, Cesare, 89. Conophagos, Constantin E., 339, 342.
Chaireas di Sicione, 778. Conwell, D. H., 441.
Chairemon di Sicione, 778. Coppa, Mario, 397, 402, 407, 409.
Chandler, Richard, 52. Corbould, H., 40.
Charbonneaux, Jean, 6o6, 625. Corcella, Aldo, 4I9.
Charmylos, I338. Cardano, Federica, 2 I8.
Chatelet, Claude-Louis, 74, I23, I24. Core, 34, I68, 213, 6o6, 6I9, 673, 674, 677-
Cheilon di Patrasso, 777. 679, 7I2, 723, 1022; vedi anche Persefone.
Cheimon di Argo, 776. Correggio, Antonio Allegri, detto il, 47·
Chenavard, Antoine, 237. Corsini, Edoardo, 5 r.
Chénier, M.me, madre di André-Marie de Ché- Costantino I, imperatore d'Oriente, detto il
nier, 45· Grande, 648.
Cheramyes, 644. Coulton,]. ]., 350, 548, 626, 990, 998, IOD3·
Cherobosco, Giorgio, grammatico bizantino, Crawford, Michael H., I040.
JI3. Creso, re di Lidia, 2IO, 396, 428, I04D.
Chersifrone di Creta, architetto, 350, I070. Crisippo, filosofo, 966.
Chionis di Sparta, 776. Crizio, scultore, IDI4, 1015.
Chirone, 864, 964. Ctesia di Cnido, 167.
Chishull, Edmund, 52. Ctesifonte, 280.
Choirilos di Elide, 778. Cuoco, Vincenzo, 45·
Choiseul-Gouffier, Marie-Gabriel-Auguste-Flo- Cuomo di Caprio, Ninina, ro82, Io84.
rent de, 45· Curtius, Ernst R., ro6, qo, 780.
Christiansen, Jette, I 258.
Indice dei nomi 1445
577. 585, 647. 663. 667. 668, 677. 704, Fidia, 32, II2·I4, 2II, 545, 547, 548,
853, 928, 952, I074, II06, I3I7, I3I9, 6I8,76I,97I, I032, I038, I070,II03.
I326, I350. Nesiote, IOI4, I015.
frecce, 42I, 486, 487, 49I, 5I8. Polieucto, IOI6.
ghiande missili, 491. Prassitele, 29, 584, 835, IOOI, I022,
sarissa, 426-28, 48I, 495,507, 5II. I226, I305-
schiniere, 423,460, 46I, 463,467,470,476, toreuti, 1 I07.
484, 485. 928, 952. Vedi anche firme.
sciabola (machaira), 426, 478. askos, come premio in agoni, 693.
scudo, 42I-27, 437, 455, 458-6I, 463-66, astragali:
470, 472,473. 4n. 48I, 483-86, 488·90, - come offerta, 363, I 203.
492, 493, 509, 5II, 520, 521, 577, 585, Vedi anche giochi.
6I8,626,663,667,668,928,952, I065, astronomia, I 4 I -62:
I317. I3I9, 1326, I337. 1351. Atene:
arte greca, 47: Piccola Metropoli, 682, 687.
fortuna: Torre dei Venti, 142, 156, I 57. I 59·
A. Diirer, 6o. Atlante Farnese, I48, I 50.
Aristotile da Sangallo, 90. calcolatore di Antikythera, I47.
Cesare Cesariano, 89. calendari, I6o, I6I, 756.
J. Fischer von Erlach, 91. cupola di Qu~ayr 'Amra, I48, I 50.
J.-L. David, 62. dioptra, I 46.
Marten van Heemsckerk, 90. illustrazioni, I44. I45. q8-53, I6o, I6I.
Vedi anche scultura, pittura, architettura. mesi:
artigiani, 170, I84, 406, 409, 530, 984, 988, Boedromione, I6I, 2I3, 673, 675, 677,
I065·I23, II27, II33, II38, II4I, II46, 708.
II8o, I251: Gamelione, I6I, 688, 708, 793·
architetti, 431,444,904, III2·I9: Ecatombeone, I6r, 657, 670, 708.
Chersifrone di Creta, 1070. Memacterione, I6I, 708.
Ermogene di Alabanda, 6I5. Metagitnione, I6r, 708.
Filone, 435, 5I5. Munichione, r6I, 703, 704, 708.
Metagene, Io7o. Posideone, I6I, 686, 687, 708, 793·
Piteo, 89. Pianepsione, I6r, 682-85, 708.
Reco, I070. Sciroforione, I6I, 707, 708.
armaioli, 467, Io66, I074· Targelione, I6I, 705, 706, 708.
calzolai, 1066, 1067, I072, I073· orologi solari, I42, 149, 155-59:
ceramisti, 328-30, 334, 335, 1066, Io67, Ai Khanum, 955·
1069, I076-88, I09I: Atene, Pnice, I42.
Locri, 1081. clessidra ad acqua, 982, 1029.
Mandra di Gipari, 1078. Delo, I59·
Metaponto, 4I 2, Io68, 1069, I079, 1080. Matelica, I58.
Morgantina, 1082. Prosinna, I58.
ceramografi, 1066, I074, 1088-91. Roma, I59·
fonditori, I 070, 1089, I 100-5; vedi anche fu- Salisburgo, I49·
sione «a cera perduta>>. Tino, I42, I55. I56.
fornitori di marmo, I07o, III7. oroscopo di Antioco l, I48.
lapicidi, I I I9. personificazioni dei venti, 156, I 57·
scultori, 776-78, Io66, Io67, 1070, II08·I2, segni zodiacali, I49. I 5o, I6I.
126I: asylia, 534, 65I, 759; 985.
Agoracrito, 985, 995· atletica:
Alcamene, 76I, 582, 585, IOIO. corsa (fondo), 762, 765, no, 771.
Alxenordi Nasso, II23, I309. corsa (velocità), 762, 765, no, n1.
Antenore, IOI4. corsa del diaulos, 66o, n6, n8.
Calamide, 985, I009. corsa in armi (oplitodromos), 663, 928.
Cefisodoto, 835, 985, Iooo, IOOI, IOI6. lancio del disco, 7 I 3, 762, 771.
Crizio, IOI 4, IOI5. lancio del giavellotto, 658, 762, n1.
Eufranore, 985, Iooo, 1009. lotta, 658.662, 713. 762, 765. n6-78, I325.
1468 I n dice anali tico
pancrazio, 658, 762, 765, n6-78. campagna (chora), 33, I68, 225, 28I, 299,305,
pentathlon, 658, 662, 762, 765, n6-78, 783, 380, 4II, 4I9, 534, Io8o, II27:
785. Acaia, 33·
Phayllos, 207. Beozia, 33·
pugilatO, 658, 713, 762, 765, n6-78, I325. Ceo, 283.
raffigurazioni di atleti, 774-89. Elide, 281.
salto in lungo, 762, 783. Iaso (Caria), 284.
stadio: Metaponto, 33, 289-95, 303, roSo.
Delfi, 767-69, no. Posidonia, 286, 287.
Epidauro, no, n x. Sibari, 284.
Istmia, no. carri, vedi viaggio.
Olimpia, no, n2, n3. cartografia, 176-78, 2 I 8-21:
statue di atleti vincitori, vedi agoni. mosaico di M adaba, 22 r.
Vedi anche ginnasio. case, II25-227:
aulos, 7I5, 937, 965, II88: - «a pastaS>>, 292, 308, II 25, I 126, I 128,
- in guerra, 463, 485, 792, I 244. II35, II36, II39, 1140, II42, II47,
- nei rituali funerari, I 244, 1281. II49, II'5I, 1153·
- nei sacrifici, 688,690, 69I, 727, 730, 734, - di Eufileto, IIJ7, II38, r 154.
735. I244· altari, I 149, I 151.
- nel teatro, 792, 827, 837, 849, 852, 853, andron, 308, 310, II27-29, 1137. 1139,
859. 866, 873. I244· r 142-45, r 147; vedi anche simposio.
- teleios, 873. Antissa (Lesbo), r 131.
agoni di aulodica, 66o, I 244. Atene, 1127, II37. IIJ8, II54, II58, II66,
Vedi anche simposio. II67.
axones, vedi agora. aufe, 307, 308, 3 IO, I 126-28, II 37-40,
I I42, I I45-47, I I49-54, I I '59, I I62,
balbides, 663, no, n x. I203.
banchetto funebre, vedi rituali funerari e sacri- bagni, 308, II27-29, IIJ7, II43, II45,
ficio. II 54-59.
barbiton, vedi simposio. candelabri, r I29, II Bo, II BI.
basi navali, vedi guerra, marina militare. Cassope, I I45·
Bendidie, vedi feste. cucine, 308, II27, Il28, II29, II37, II40,
biblioteca: I I 54, I I60-70.
Atene,- di Pantaino, 9IO, 970. Delo, Casa dei Commedianti, I I48.
Efeso,- di Celso, 396, 9IO, 974, 975· diphros, 50, I072, I074, 1087, Io88, I09I,
Pergamo, 405, 909, 966: IIII, 1129, 1175, 1185, II89, 1191,
Asklepieion, 973· II96, 1210, I225.
santuario di Atena, 909, 971. Egina, I I35·
Vedi anche ginnasio. Eleusi, I I 36.
Boedromie, vedi feste. Eretria, Casa dei Mosaici, II45·
bomos, vedi santuari. forni, II6I-63.
botteghe, vedi artigiani. incensieri, II8o, II8I.
bouleuterion, vedi agora. kibotos, II29, II6o, II7I, II76-78, II9I,
Brauronie, vedi feste. I2I3, I3I5.
Bufonie, vedi feste. klinai, 868, II29, I153, 1171·73, rr8r,
buoi come premi di agoni, 669. 1233, 1238, 1239, 1311, 1326, 1342.
Locri, Casa dei Leoni, r r 26, I 147.
caccia, 352-56, 387, 1264: lucerne, r r 29, r 179·
- e aristocrazia, 227, 356. Megara Iblea, r r 26, r 134.
cervi, 3I2, 352, 356, I325. Olinto, rr26-29, 1137. rr39·4I, 1142,
daini, 352. 1143, II49, 1150, 1154, II55, II59:
immagini di cacciatori, 3 I 2, 352-56, I 3 I 2, AgatheTyche, II44·
I320. orientamento, I 126-28, r 144.
lepre, 353,354,956, I3I2, I325. Pireo, 1126, 1127, 1137, rr42, II43·
uccellagione, 227, 356. Pitecusa, I 126, II 3 3.
calendario, vedi astronomia. pozzi, I 136, I 145, I l 52, I 158.
Indice analitico
prezzi, 114 r. cittadella (asty), 380, 428, 446.
Priene, 1126-28, rr37, II43, II44· fondatore (ktistes, oiktistes), 377, 384, 977,
prothyron, 308, rr27. 984, roo7, ro6r:
Smirne, 1132, II54· Agrigento, 417.
tha/amos, 310, 1127, 1129, 1131, ll33> Cirene, 385.
IIJ7, 1139, 1142, II43, 1171, 1183, Efeso, 381, 386.
rr88, 1191. Gela, 389.
thronoi, rr73, rr76. Mantinea, 401.
catino, come premio di agoni, 662. Megara lblea, 386, 978, 986.
cave, 284, 288, 337-51: Nasso, 414.
Apollonas (Nasso), 346. Pergamo, 389, 405, 624.
Mileto, 343, 349· Posidonia, 384.
Paro, 228, 343, 347, 348, 536. Salamina di Cipro, 394·
Pentelico, r69, 343-45, 351. Taranto, 41 r.
Taso, 336, 343, 348, 393· Tauromenio, 414.
Vedi anche marmo. suburbio (proasteion), 380.
caverne, vedi grotte sacre. Vedi anche agora e santuari.
cenotafi, 384, 385, 387, 1290. cittadinanza, decreto per la concessione, 383.
ceramica: climi della Grecia, 272.
forme, 1094-97. collezioni di antichità:
storia degli studi, 56-59- Londra:
vasi «etruschi>>, 31, 47, 57, 58. British Museum, 39, 40, 52, 77·
Vedi anche artigiani. Lord Elgin, J2, 39, 40, 52, r26.
cereali, 275,293,321,322, r126. Napoli:
cesto da lavoro, vedi ka/athos. Mastrilli, 38, 77.
cetra, 568, 659, 715, 726, 762, 852. Hamilton, 38, 57, 58, 77·
choes, 693, 695-97, 699, 1029; vedi anche feste, Oxford, Arundel, 35, 381.
Antesterie. Pesaro, Annibale degli Abbati Olivieri, 51.
chora, vedi campagna. Venezia:
choregia, vedi teatro. Badoer, 57·
chorodidaska!os, 8r3, 866. Grimani, 34, 57·
cippi di confine, vedi horoi. Verona, Scipione Maffei, 37, 50.
città, 29, 33, 6r, 76, 78, 8r, 120, 129, 142, «Colmata Persiana», vedi scavo archeologico.
165-68, 170, 173-75, 178, 182, r83, 191, colonie, r63, 191, 376-78, 383, 389-91, 393,
200-3, 205, 206, 213, 214, 221, 225, 226, 397, 410-20, 428, 654, 794, 1043> 1046,
228,229,257,28o,28r,286,288,297,299, 1292.
305,322,324,332,333>335,336,339,344, Colosso di Memnone (Tebe), r67, 217.
347> 354, 375·420, 425, 428-32, 435> 437> commedia, personificazione, 837.
438, 440-44, 448, 449, 451, 452, 454, 455> commedia, vedi teatro.
457>460,464,465,491,497>499>500,505, commensalità, vedi feste, banchetto rituale.
512,534,536,537,548,552,584,586,6r4, concorsi, vedi agoni.
634, 647> 648-54, 656, 671, 675> 679, 684, confini:
685, 699, 705·7, 710, 715, 739, 756, 758, Melitea (Acaia Ftiotide), 225.
759>764,772,791,792,794,807,827,903- Orcomeno e Methydrion (Arcadia), 297.
906, 908,911,952,966,969,970,977-84, contratto di affitto, 306.
986-89, 991, 994, 1001, 1004, roo6, 1025, coregia, vedi teatro.
1034, 1035, 1037-39, 1043, 1044, 1046, cosmeta (kosmetes), 954·
1058, ro63, ro66, ro67, 1072, ro8o-82, cottabo, vedi simposio.
1126-28, 1136, 1137, 1143, 1145, II55, Cronaca di Lindo, r62.
1158, rr62, 1217, 1243, 1263-67, 128r, cronache, vedi Mannor Parium.
1292, 1310, 1325, 1332, 1334, 1339: crotali, 859, 86o.
acropoli, 254, 269, 380, 390, 393, 404, 405,
407, 410, 411, 418, 428-30, 435, 440, danze:
454, 507, 518, 573, 913, 920, 971, 978, - nelle Antesterie, 696, 697.
990. - armate, 71 r.
ampiezza del territorio, 280. - <<pacifiche>>, 710.
Indice analitico
emme/eia, 843. graffiti di T era, 958.
gheranos, 7 I o. Vedi anche simposio.
gymnopedia, 7 I 1. etére, 50,676, IJ30, 1226, I227, I232, I233,
hyporchema, 7Io. I252, I255. 1257. 1306:
kalathiskos, 7Io, 716. - come personaggi della commedia nuova,
Vedi anche teatro e pirrica. 857. 882, 890.
demi attici, 279-85. <<etruschi», vasi, vedi ceramica.
Demos, personificazione, I023.
Diecimila, spedizione dei, 43, I65, 503. falange, vedi guerra.
Dionisie, vedi feste. fattorie, vedi agricoltura.
Dipolie, vedi feste. feste, 649-759, 908, Io69:
ditirambo, personificazione, 837. - cabiriche, 714.
dondolo, vedi altalena. - del «circuito>> panellenico, 179, 2I3, 655,
dramma satiresco, vedi teatro. 763, 764.
- dei Tolomei ad Alessandria, 652, 719,
ecatombe, vedi sacrificio. 720.
ecista, vedi città, fondatore. Attica:
educazione, 95 3-67: Aloa, 686.
maestri (paidotribes, grammatistes), 907, Antesterie, 649-5I, 692-702, 708, 827.
942. Bendidie, 706.
maestro di danza (orchestes), 907. Boedromie, 65o, 652, 708.
maestro di musica (kitharistes), 907. Brauronie, 703, 751.
papiro scolastico, 963. Bufonie, 707, 708.
scene di lezioni a scuola, 964, 965. Dipolie, I61, 65I, 708.
scolari, 959-61, 964. Gamelie, 650.
tavolette con esercizi di scrittura, 961. Grandi Dionisie, 16I, 654, 702, 792, 793,
efebi, vedi ephebia. 8o5, 82o, 828,979,987, IOI4, I253·
eidola, 1283, 1285. Lenee, 161, 688-91, 792, 793·
ekklesiasterion, 794, 98o, 981. Munichie, 161, 650.
empori, 163, 208, 410: Niceterie, 65I, 708.
Naucrati, 170, 209. Olimpie, 165, 704.
encausto, 239, 248, 250, Io67. Oscoforie, I6I, 651,683.
ephebia, I6I, 213, 225, 227, 299, 352, 354, Panatenee, I6I, I8o, 65I, 6p, 654,656,
447. 652, 697. 722, 732, 79I, 907-9. 9I9, 657. 659. 66I-63, 665-68, 672, 704,
920,927,928, 94I,943. 944.949-52,954. 708,725,764,792,852,987:
956, 958, I220, I232, I245, 1253, Ip8. fregio del Partenone, 621, 652, 67I,
ephedrismos, vedi giochi infantili. 672.
epigrafia, 53: sacrificio sull'Acropoli, 654.
colonna <<Nani», 51. Pianepsie, 16I, 65o, 65I, 682, 683, 708.
colonnina da Paro, 51. Piccole Dionisie, I6I, 654,687,792,793,
iscrizione itineraria da Taso, 182. 842, 1253·
iscrizioni false, 50. Sciroforie, 650.
Ciriaco d'Ancona, 49· Sinecie, 651, 708.
stele di Phanodikos da Sigeion, 52. Targelie, 65o, 705, 708.
epigrammi, 1264, 1334. Tesmoforie, 16I, 685.
ergasteria, 340-42, Io66, 1068, I069, 1072, banchetto rituale, 528, 529, 652, 765.
1076-78, 1081, 1088, I 104; vedi anche arti- Beozia, 713·
giani. Corinto, I 79·
erme, I69, 225, 355, 705, 83 I-33, 9I9, 948, Creta:
954, 966, IOI5, I066, I074, l l l l , 1153, Zeus Dicteo, 7 I8.
1329: Tesmoforie, 709.
<<erme di Ipparco>>, 169, I83. Delfi, Apollo, 655.
eros: Delo:
corteggiamento in casa, I I 51. Posidee, 654.
corteggiamento nel ginnasio, 908, 927, 956, Tesmoforie, 709.
957· Eleusi, festa notturna (pannychis), 678, 706.
Indice analitico
Istmo, Poseidone, 655. palestra, 354, 906,912, 915, 9I7, 925-38,
Locri, 723. 954, I203.
Magnesia sul Meandro, Artemide, 649, 65 I. pista (dromos, paradromis), 906, 9I2, 925,
Nemea, Zeus, 655. 939.940.
Olimpia, Zeus, 655. sala riunioni (ephebeion), 906, 9I8, 9I9,
Panionia sul promontorio di Micale, I65. 922, 925, 948-52.
Rodi: sede degli epistati, 9I6.
Aliee, 711. spazio dei lottatori (konisterion), 906, 925.
Dipanamia, 711. spazio per il gioco della palla (sphairistra,
Erethimia, 7 2 r. sphairisterion), 9I7, 937, 943, 944·
Sparta, Artemide Orti a, 52 I, 7 I 7. spazio per il pugilato (korukeion), 906,
Taranto, Carnee, 722. 925, 938.
Taso, Tesmoforie, 709. spogliatoio (apodyterion), 9I6, 9I7, 923.
Vedi anche processioni. stadio (stadion), 9I9, 923, 925, 940, 94I,
firme, Io66, I I20-23: 943·
architetti, II23. xystos, 906, 9I2, 925, 940.
ceramisti, 30I, Io66, rr2o-22. Atene:
ceramografi, I I 2 2. Accademia, 213,669,724,905,906,909,
pittori, 863. 9I I, 966, IOI8.
scultori, 642, I07o, rr23, 1263, I299, 1309. Cinosarge, 966.
fliaci, vedi teatro. Liceo, 905,906,909, 9II, 966.
fonderie, I I03-5· Ptolemaion, 909, 966.
fontane, vedi agora. attrezzatura:
forme ceramiche, vedi ceramica. halteres, 94I, 942, I345·
fortificazioni, vedi guerra. imantes, 937, 942.
frantoio a tramoggia, 32 r. Beroia (Verria), 953·
frontiere, vedi confini. Chio, 966.
fusione <<a cera perduta», I070, I IOO, I IO I. Cirene, 4I8, 922.
Cizico, 950.
Gamelie, vedi feste. Colofone, 966.
gare, vedi agoni. Corinto, Kraneion, 906.
geografia antica, I63, I64, I78, 220. Costantinopoli, 966.
geomorfologia, I67, 277, 278: Delfi, 905, 9I2, 946.
Eleatide, 278. Delo, 9I6, 917, 95I, 955·
foce del fiume Acheloo (Acarnania), 277. discipline:
lago Copaide, 277. cheironomia, 937·
Posidonia, 288. corsa, 906, 940, 94I.
gesti, I275, I276, I279-8I, 1283: gioco a palla a squadre (sphairomachia),
battersi il capo (kopetos), I26I, 1262, I275, 943·
I349· gioco della palla, 944·
lavare le stele funerarie, 1263. keretizein, 944.
percuotersi il petto (stemotypia), 1262, I 349· korykomachia, 938.
portare le braccia in avanti come saluto fu- lampadedromia, 354, 94I, 951.
nebre, 1280. lancio del giavellotto, 907, 94I-43·
saluto, 520, 56I, 689, I279, 128I, I325. lotta, 906, 932-36, 941.
strapparsi i capelli, 1262. pancrazio, 932, 936.
ginnasiarchi, 759, 905, 9I9, 948, 953-55· pentathlon, 94I, 943·
ginnasio, 399, 557, 903-76: pugilato, 932, 936-38, 942.
Ai Khanum, 408, 95Y skiamachia, 937·
orologio solare, 955· Efeso, 387, 396.
allenatori, 926, 927, 933, 942, 944· immagini di letterati e filosofi:
ambienti: Antistene, 966, 967.
bagno (/outron), 906, 912, 9I6, 9I9, 922, Aristotele, 966, 967.
923, 925, 945-47· Crisippo, 966, 967, IOI8.
biblioteca, 909, 968-76. Erodoto, 966, 967.
esedra,9o6,9I3,9I6,917,920,921,925. Omero, 966, 967.
1472 Indice analitico
Platone, 966, 967. falange,422-24,426-28,473.481,485,488,
Socrate, 966, 967. 489,495,507,509-11,904.
Mileto, 397, 918. fortificazioni, 427-32, 437-57, 1269:
Nemea, 905. Atene, Lunghe Mura, 201,429,430,441,
Olimpia, 533, 547, 905, 915. 446.
Pergamo, 920, 921, 955· catapulte, 431,435,450,455,518.
Priene, 404, 919, 945, 948, 949· Dema (muro tra i monti Parnete ed Ega-
regolamenti, 953· leo), 432, 456.
Rodi, 906, 909, 968. Eleusi, 429, 438, 439, 452.
Salamina di Cipro, 394· Eraclea al Latmos, 450.
Sicione, 913, 914, 923: File (Attica), 431, 447·
Eracle di Scopa, 913, 914. Gela, 431, 452.
Tauromenio (Taormina), 909, 969. Gyphtokastro (Attica), 431, 448.
giochi infantili, u69, 1197-1203, 1302, 13 r8, Messene, 431, 450, 453·
1329: Micene, 428, 437·
astragali, 1202, 1203, 1329. Mileto, 432, 454, 455·
ephedrismos, 1201. Olbia, 449·
rhombos, 1202. Pireo, 429, 441:
giudici, 687, 751, 792, 793, 828, 982, 983, muro di Canone, 201, 446.
1027, 1029. Posidonia-Paestum, 457.
graffiti su vasi, 1092, I093· Siracusa, 431, 432, 443-45, 500.
Grand Tour, 30: Strato, 432, 454·
Géricault, 128. Taso, 429, 440, 512.
Goethe, 30, 124, 134. Torico, 430, 442.
Hoiiel, 97, 124. Velia, 451.
Klenze, 128. marina militare 432-36, 512-26:
Ludwig di Baviera, 128. basi navali, 435, 512-18:
Riedesel, 124. Atene, Pireo, 516.
Viollet-le-Duc, 101, 129. Eniade, Acarnania, 435, 517.
Vivant Denon, 123, 124. Pergamo, 518.
grotte sacre, 359-72, 533: Taso, 435, 512.
antro Coricio (Delfi), 228, 359-61, 363, Zea, Pireo, 435, 513, 515, 517.
364. pentecontoro, 433, 523.
antro Ideo (Creta), 228, 371. tessaracontere, 434, 526.
Locri Epizefiri, Pane le Ninfe, 359, 372. trireme, 432-35,512,513,516,517,523-
monte Imetto, Vari, 359, 365, 367, 368. 525, 792.
monte Pentelico, Pane le Ninfe, 359, 366. mercenari, 424, 427, 475, 484, 486, 491,
Pitsà (Sicione), 359, 369, 370, 726. 503.
guerra, 422-526, 932: opliti, 458-64, 466, 474, 484-86, 489, 490,
addestramento militare (hop/omachia), 928. 1281.
arcieri, 423-25, 486, 487, 490, 491. peltasti, 424, 425, 488, 489.
battaglie, 503-u: poliorcetica, 428-32, 444, 496-501:
Anfipoli, 430, 489, 512. ariete, 429, 430, 437, 450, 455, 496.
Cheronea, 45, 456, 507. elepoli, 43 r, 497-99·
Cinocefale, 428, 495, 505, 509. sambyke, 431, 500.
Farsalo, 505. tolleno, 432, 501.
Lecheo, 425, 488. Vedi anche armamento.
Maratona, 423, 425, 441, 490, 647. gymnopedia, vedi danza.
Pidna, 428, 511.
Platea, 423, 424, 430, 490,496,647,648, ha/teres, 783.
952, 1000. h~oon, 384-87,399,400,403,408,573,631,
Potidea, 430. 676, 739. 977. 984, 985, 990, 1336-39:
Salamina, 207. Alicarnasso, Mausoleo, 89-91,404.
cavalleria, 423-27, 465, 478, 480, 481, 489, Calidone, 1339.
492,493.507,510,511,621. Cirene, Batto, 385.
elefanti, 427,493,510,511. Coo, Charmylos, 1338.
Indice analitico 1473
Efeso, Androclo, 387. loutrophoros, vedi matrimonio e rituali funerari.
Megara Iblea, Lamis, 386, 978. lyra, vedi simposio.
Paro, Archiloco, I337·
hestiatoria, vedi santuari. magadis, vedi simposio.
hiero/antes (colui che mostra gli oggetti sacri), manoscritti greci:
674. 679. 68I. 750. Pausania, Periegesi, 41, 120, 125, 176, 2oo,
hierogamia di Dioniso, 699, 700. 448.
hieropoioi, 654, 75 I, 755· manubri per il salto in lungo, vedi halteres.
hil.arotragoedia, 863, 864. marina militare, vedi guerra.
horoi, I83, 297, 298; vedi anche santuari e marmo:
agora. Andro, 227.
cave, 169, 181, 343-45, 536, 1070.
infibul.atio, 929, I242. Imetto, 227, 343, 1ooo, 1003, 1009, IOI8,
iniziazione ai misteri eleusini, 673-75, 678-8o. 1022.
interprete di sogni, I35I. Nasso, 227, 343, 536.
inviolabilità, vedi asylia. Paro, 227, 343, 347, 348, 536, 6o7, 622,
ippodromo,4oi,4o6,533,648,67o,7o4,773· IOIO, 1013, 1263.
Irene e Pluto, personificazioni, IOOI. Pentelico, 169,227,343-45,350,351,611,
iscrizioni, vedi epigrafia. 1000, 1001, IOOJ, 1009, 1010.
Taso, 227, 343·
kaf.athos, II58, II76, II77, Il9I, I192, 1204, Tegea, 227.
1206, I2II, 1247, I315. trasporto, 227, 350, 351.
kallisteia, vedi agoni. Vedi anche artigiani.
kalos, vedi acclamazioni erotiche. Marmor Parium, 381.
kanoun, vedi sacrificio. maschera:
kitharis, vedi simposio. - di Dioniso, 700.
kleroterion, vedi agora. Vedi anche teatro.
klismos, 866, 1151, 1175. 1181, 1185, 1186, matrimonio, 723, 1094, 1153, I171, 1182-88,
1191, 1192. 1279·
kochlias, 32 5. Mausoleo, vedi heroon.
komos, I232, 1250, 1253, 1257-59; vedi anche mesi, vedi astronomia.
simposio. miniere, 337-39, 1035, 1068, 1069, 1098, 1099:
korai, 33, 117, 118,888, 1296-99· C alcide, 1099.
kottabos, vedi simposio. Cicladi, 536, 1098, 1099.
kouroi, 82, 227, 643, 1070, 1295-97, 1300, Laurio, 337, 442, 1035, 1099.
I302. lavaggio dei minerali, 340, 342.
monte Pangeo, 1036, 1098.
lamento funebre, 1262, 1265, 1276, 1279, Taso, 336, 1098.
128o; vedi anche rituali funerari. Torico, 226, 339, 442.
lampadedromia, vedi agoni. monete, vedi numismatica.
l.atomiai, 227; vedi anche cave. monti, 225, 226, 228.
Leggi di Gortina, 1020. monumenti coregici, vedi teatro.
leggi sacre, 737, 755-59: monumenti funerari, vedi necropoli.
Atene, Panatenee annuali, 755· mortaio per orzo, 320.
Oropo, Amphiareion, 756. mouseion di Epikteta a Tera, 37·
Xanthos, Letoon, 757· Munichie, vedi feste.
lekythos, vedi rituali funerari. musica, 45:
Lenee, vedi feste. notazione, 847:
lepre, come simbolo di seduzione, 927, 956, epitaffio di Sicilo, I3JI.
13 I 2. Tesoro degli Ateniesi a Delfi, 715.
leschai, vedi santuari. strumenti musicali, 45,715, 726,730, 1273;
libagione nel sacrificio, 678, 731, 741, 744, vedi anche simposio.
752, 756, 793, 825; vedi anche santuari, al-
tari. naos, 531, 532, 551, 605, 6o6; vedi anche san-
likna, 700, 727, 728, 731. tuari.
locanda (pandokeion), vedi viaggio. navi mercantili, 171·73, 191, 194-99, 264:
1474 Indice analitico
acrostolio (acrostolion), 195. Coo, qo6.
albero (istos), 195, 435, 521. Corcira/Corfu, I 29 3:
albero di trinchetto (artemon?), 195. tumulo di Menecrate, So, I332·
anchina (ankoina), 195. Corinto, I270, 1290.
aplustre (cheniskos), 195. Dio (Pieria, Macedonia), 1327.
bracci (hyperai), 19 5. l stra, I 292.
cabina (diaita, skene, thalamos), 195. Kierion, I3 IO.
chiglia (tropis), I95· Lefkadià, I326, 1328.
corsi di cinta (wster), 195. Megara lblea, I274, I295·
dritto di poppa (holkaion), 195. Melo, I3IO.
galleria di poppa (peritonaia), 195. Mirrinunte, 1296-99.
mantiglie (kerouchoi, imantes), 195. Olinto, I271.
paterazzo (epitonos), 195. Orcomeno, 1309.
pennone (keraia), 195, 435· Perinto (Tracia), I 301.
ruota di prora (steira), 195. Pitecusa (Ischia), 1272, I344·
scialuppa (skaphe), 195. Posidonia, 1273:
scotta, cariscotta (pous), 195. tombe dipinte, I325.
strallo (protonos), 195· Salamina di Cipro, I86.
testa dell'albero (karchesion), 195. Tanagra, I294, I347·
timone (pedalion), 195. Taranto, I307, 1323.
vela alta (di gabbia) (epikrion), 195. Tera, 1287, I29I.
vela di artimone (artemon), 195. Titronio (Focide), 1305.
vela maestra (istion, armenon), 195. Trezene, I 305.
navi minoiche, 193. Vergina (Macedonia), 1328.
navigazione, 17I-74, r88-99: monumenti funerari, 429, 489, 974, 1263-
ancora votiva di Phayllos, 207. 1266, 1269, 1287-339:
ancora votiva di Sostrato, 206. naiskos, 440, 533, 678, 1322-24, I326,
canale nell'Istmo di Corinto, 171. 1329·
Faro di Alessandria, 204. sema, 1263, 1264, 1287, 1293, 1300.
kybemetes, 172, 433· stele, 50, 426, 460, 465, 466, 684, 854,
nave da trasporto (kerkouros), 173, 199. 954. I087. II73. I26r, 1263-66, I268,
nave di Kyrenia, 198, 321. 1287, 1288, 1290, 1291, 1293, 1301,
pirateria, 173, 189, 197, 198, 200,392,395, 1303-5, 1308-ro, 1312-14,1316, 1318-
433. 435· 1321, 1329. 1345-49. 1351.
rotte, qr, r88, r89, 191. tombe a peribolos, r 32 2.
torre con funzione di segnale marittimo a T a- Vedi anche epigrammi.
so, 205, 31 I. Niceterie, vedi feste.
Vedi anche porti. Ninfe, culto, 228, 367, 370, 716, 727, roo8,
necropoli, 77, 284, 286, 411,417, 476, 479, ro6r.
597.978, 1202, 1245. 1261-351: numismatica, 54, 55, I033-64:
Asso, recinto funerario di Larichos, I05. cambiavalute (trape:r.itai), 1036.
Ai Khanum, 408. coniazione, 1033-39, 1043, I044. 1046,
Alessandria, I330, I33I. I049. I054. I058, 1063. 1064.
Anavyssos, 1300. Goethe, 55·
Atene, Ceramico, 465, 654, 670, 676, 684, Goltz, 55·
755,966, 1032, 1067, 1266-69, 1287-89, incisori:
I293, qo8, I333: Cimone, 1039, ro63, 1064.
cippo confinario, 1269. Euclide, 1039, ro64.
monumento di Dexileos, 426, 465, I 269, Eumene, I039·
I335· Eveneto, 1038, 1039, ro64.
«Rundbau>>, 1289, I333· Frigillo, 1039·
stele ai caduti nella guerra corinzia, I 235. Sosia, 1039.
stele di Pitagora di Selimbria, 1333. metalli per coniare, 1035-37, 1043-46.
tomba dei Corinzi caduti a Salamina, I334· misure ponderali, 1034, 1036, I037, 1045,
tumuli, 1288. I046.
Chersoneso, 1299. monete, 45, 984, 1271:
Indice analitico 1475
«civetta», 1035, 1036, 1044, 1048-53· Cnosso, 258.
decadramma, 1063, 1064. Delfi, 235, 361.
didramma, 1044, 1058, 1059. Delo, 255.
dramma, 1036, 1040, 1041, 1044, 1045, Efeso, 262.
1059, 106o, 1071, 1141. Epidauro, 248.
mina euboica, 1044, 1045. Eraclea di Lucania, 265, 267.
pegasi, 1036-38, 1044, 1054-57, 1063. fonte Castalia (Delfi), 237.
statere(didramma), 1040,1041,1044-46, Laconia, 253.
1058-62. lago Copaide, 223, 239.
tetradramma, 1037, 1044, 1045, 1058-64. Leucade, 230, 231.
Paris, 54· Locri, 267.
ripostigli, 1033, 1036-38, 1048-53, 1055-57· Magnesia sul Meandro, 263.
ritratti: Maratona, 245.
Antimaco di Battriana, 1062. Me gara lblea, 27 1.
Antioco I Sotere, 1061. monte Ida, 259.
Demetrio I di Battriana, 1062. monte Imetto, 243.
Mitridate III del Pento, 1062. Nasso, 257.
Tolomeo I Sotere, 1062. Naxos, 271.
Vedi anche miniere del Lauria. Olimpia, 250, 251.
Nykterinos (<<notturno, serenata»), personifica- Parnaso, 238.
zione, 837. Paro, 256.
Pentelico, 244.
odeion, 49, 798-801, 1020: pianura Crissaica, 236.
Atene, 67o, 792, 8o2, 8o5, 819, 820, 900, Pitecusa, 266.
1014. Policoro, 267.
Olimpie, vedi feste. Poseidonia (Paestum), 268.
olio, 226: Rodi, 260.
bacchiatura delle olive, 316. rupi Fedriadi (Delfi), 238.
premio di agoni, 665-67, 764. Samo, 261.
torchio per olive, 318. Selinunte, 269.
trasporto delle olive, 317. Siracusa, 270.
vendita, 319. Taigeto, 253.
olocausto, vedi sacrificio. Taso, 224, 225.
opisthodomos, 532, 6o5, 612, 636; vedi anche Tempe, 234.
tempio. Velia, 266.
oplita, vedi guerra. Zante, 233.
oplitodromos, vedi atletica. palestra, vedi ginnasio.
oroi, vedi monti. Paludi, Eritre (lonia), 298.
orologi solari, vedi astronomia. Panatenee, vedi feste.
orse, vedi feste Brauronie. panoplia, vedi armamento.
Oscoforie, vedi feste. pasto (deipnon), 654, 1168, 1229.
ostracismo, 982, 1025: pastorizia, 300-2.
Aristide, 1025. peana, 710, 715.
Cimone, 1025. pentaploe, premio negli agoni delle Oscoforie,
lperbolo, 1025. 683.
Megacle, 1025. peplo dono ad Atena nelle Panatenee, 126, 621,
Pericle, 1025. 672.
ostraka, vedi ostracismo. peplophoria, 370, 723, 1183.
perideipnon (banchetto funebre), 1262, 1330;
paesaggio, 223-71: vedi anche rituali funerari.
- nilotico, 264. peripoloi, 229, 299.
Acrocorinto, 246. perirrhanterion, 7 2 3.
Agrigento, 269. pesca, 357, 358.
Arcadia, 224. petasos, vedi abbigliamento.
Capo Colonna, 268. phorbeia, 722, 1244.
Cefalonia, 232. phormix, vedi simposio.
Indice analitico
Pianepsie, vedi feste. Athena Parthenos, 98.
pietra, Eleusi, 226. Battaglia di Maratona di Micone, 95·
pinakes funerari, 126I, 1280, 1282. capitello corinzio di Basse, IO I.
pinakion, I027, Io28. Colosso di Rodi, 32.
piogge annuali in Grecia, 273. costumi, I02.
pirrica, 462, 696; vedi anche simposio. Faro di Alessandria, p, 204.
pittura, vedi ricostruzioni. frontoni del tempio di Zeus a Olimpia, 106,
p/anctus, vedi rituali funerari. 548.
policromia, 32, 33, I I0-19, Iooo, 1147, 1265: Giove di Fidia a Olimpia, 98.
architettura, IIO, III, 114-I6: lliupersis e Nekya di Polignoto, 93-96.
Partenone, 110, 113, 114. lyra, 92.
santuario di Eleusi, 116. Mausoleo di Alicarnasso, 3 2.
tempio di Zeus a Olimpia, I I 5. nave di Gerone Il, 96.
scultura, 47, 112, II3, 117-I9: recinto funerario di Larichos ad Assos, I 05.
«kore col peplo», 67, Il7, 643. santuario di Delfi, I04.
Athena Parthenos di Fidia, 112. santuario di Olimpia, I05.
sarcofago «di Alessandro», 1 I4. Scudo di Achille, 98, 99·
poliorcetica, vedi guerra. stoa di Attalo ad Atene, 108.
pompe, vedi processioni. teatro di Tindari, 97·
porti, I7I, I73. 200-3, 392-94: tempio di Artemide a Efeso, 32.
Alessandria, I73. 203, 395· templi ipetri, 100.
Amatunte, I73. 202. trono di Apollo ad Amide, 32, I07.
Egina, I73. 200. rituali funerari, I86, 655, 1069, 126I-35I:
Mileto, 397· - in guerra, 1263, 1285, 1286.
Pueo, I73. 2oi,446,979· agoni, 655, 1283.
proagon, 792, 820. corredi, 78,872, 882, I244-46, 1263, 1265,
processioni, 528, 533, 569, 572, 625,626,652, 1269, I272, 1273. I307, I342, I343·
653. 7I3, 7I4, 723, 725-28, 762, 765. 792, discorso al morto, I 279.
8o5,835,9o8, I325: ekphora, I86, 1262, 1281.
- da Atene a Eleusi, 675, 676. enchytrismos, I272, I297·
- delle Tesmoforie, 685. leggi, 1265, 1266, 1269.
- di Tolomeo II, 652, 653, 7I9. lekythos, I265, I292, I3I5, I3I8, I345.
- in onore delle Ninfe, 370. 1346, 1348-51.
Atene: libagioni, 1262, 1263, 1265, 1273, I346.
Antesterie, 699. loutrophoros, 1277, I279. 1283, I3I8.
Panatenee, 621, 6p, 654, 671, 755· offerte, 1262, I263, 1265, 1288, I340-45,
Pompeion, 670, 724. I351.
promanteia, 166. prothesis, 1262, 1263, I277, I279. 1280,
propilei, 528, 536, 538, 551, 554, 563, 565, 1283, I325.
567,575.58I,59I,597,6oo,7o5.724,915, Vedi anche heroon e necropoli.
9I6, 9I8, 922,923,980,989, 1117: rotte, vedi navigazione.
Atene, 88, I33, qS, 180, 537, 579, 580,
588, 599· sacerdoti:
Pergamo, 6o2. - di Apollo Eretimio (Rodi, Ialiso), 721.
propy/aia, vedi propilei. Vedi anche hiero/antes e hieropoios.
prosopon, vedi teatro, maschere. sacrificatore (magheiros), 733, 738, 739, 74I,
prossenia, So, 175, 772, I332, I333· 744-46. 753. 754·
prytaneion, 52, 378, 403, 532, 567, 762, 838, sacrificio, 528, 529, 53I, 535, 569, 572, 627,
979-SI, 997. IOI9· 652,653.724-58,762,765,792,793,999.
1292:
quadriga, vedi agoni ippici. - nel rito nuziale, 1183, 1184.
- vegetariano totale, 653.
ricostruzioni: cesto rituale, 685, 688, 727, 730, 73I, 735,
abitato di Velia, I09. 742, 743. 746.
arca di Cipselo, 98, 636. ecatombe, 654, 751.
arpa, 92. olocausto, 653, 739, 756.
Indice analitico 1477
Museo Archeologico Naziona- Museo Nazionale Archeologi- The British Library, Londra
le, Melfi co, Atene The British Museum, Londra
Museo Archeologico Naziona- Museo Nazionale della Dani- The Getty Research Institute,
le, Napoli marca, Copenaghen Los Angeles (Doni]. Pau!
Museo Archeologico Naziona- Museo Provinciale <<F. Ribez- Getty, David H. Swingler e
le, Reggio Calabria zo», Brindisi altri fondi)
Museo Archeologico Naziona- Museum and Art Gallery, Bir- The ]. Pau! Getty Museum,
le, Taranto mingham Los Angeles
Museo Archeologico Naziona- Museum fiir Abgiisse Klassi- The Metropolitan Museum of
le, Venezia scher Bildwerke, Monaco Art, New York (Doni W al-
Museo Archeologico Naziona- Museum fiir Kunst und Kul- ter C. Baker, Alexander M.
le, Viterbo turgeschichte, Dortmund Bing, Norbert Schimmel
Museo Archeologico Naziona- Museum of Art, Cleveland Trust, Fletcher Fund, Jo-
le di Metaponto, Bernalda Museum of Fine Arts, Boston seph Pulitzer Bequest e Ro-
Museo Archeologico Naziona- gers Fund)
Museum van het Boek / Mu-
le Tarquiniense, Tarquinia seum Meermanno-Wetree- The Museum of Classica! Ar-
Museo degli Uffizi, Firenze nianum, L'Aja chaeology, Cambridge
Soprintendenza Archeologica Ny Carlsberg Glyptotek, Co- Thorwaldsen Museum, Cope-
per il Lazio, Roma penaghen naghen
Musée d'art et d'histoire, Gi- Òsterreichisches Archiiologi- Virginia Museum of Fine
nevra sches lnstitut, Vienna Arts, Richmond (Ann Hut-
chinson)
Musée du Cinquantenaire, President and Fellows of Har-
Bruxelles vard College, Cambridge Wadsworth Athenaeum Mu-
(Massachusetts) (Michael seum of Art, Hartford
Musée Municipal, Laon
Nedzwesky) Wiirttembergisches Landes-
Musei Vaticani, Città del Va-
Princeton University, Art Mu- museum, Stoccarda (P.
ticano
seum, Princeton Frankenstein, H. Zwie-
Museo Archeologico, Beroia tasch)
Museo Archeologico, Delfi PubliAer Foto, Varese
Ziircher letas-Grabung, Zu-
Museo Archeologico, Eleusi Réunion des Musées Natio-
rigo
Museo Archeologico, lraklion naux, Parigi (M. Bellot, G.
Blot, Bulloz, Chuzeville, H.
Museo Archeologico, Nau- La casa editrice, esperite le prati-
Lewandowski)
plion che per acquisire tutti i diritti re-
Rijksmuseum Van Oudheden,
Museo Archeologico, Olimpia kltivi al/4 presente opera, rimane
Leida
Museo Archeologico, Patras
Ringling Museum of Arts, Sa-
a disposizione di quanti avessero
Museo Archeologico, Rodi rasota
comunque a vantare ragioni in
Museo Archeologico, Salo- proposito.
Royal Ontario Museum, To-
nicco ronto
Museo Archeologico, Sparta Sachsische Landesbibliothek,
Museo Archeologico di Mila- Dresda
no, Milano Saint Louis Art Museum, St.
Museo Archeologico di Pithe- Louis
cusae, Lacco Ameno Società Storica ed Etnologica
Museo Archeologico Provin- della Grecia, Atene
ciale, Bari Staatliche Antikensammlung
Museo Civico Archeologico, und Glyptothek, Monaco
Bologna Staatliches Lindenau-Museum,
Museo dell'Acropoli, Atene Altenburg
Museo dell'Ermitage, San Pie- Tate, Londra
troburgo The Board of Trustees of the
Museo Epigrafico, Atene National Museums & Gal-
Museo Lapidario Maffeiano, leries o n Merseyside, Liver-
Verona pool