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CAPITOLO 1

Ci sono varie teorie riguardo alla nascita del teatro: molti studiosi sostengono sia nato come
evoluzione dei riti, altri come evoluzione della danza e altri ancora sostengono sia
l’evoluzione del racconto orale. La teoria più accreditata è sicuramente quella del rito, poichè
il rito e il teatro delle origini (quello greco) condividono svariati principi. Il rito era da una
parte l’espressione del bisogno dell’uomo, che spesso li effettuava per procurarsi qualcosa
(fertilità, vittoria, il cambio di stagione), dall’altra un’occasione per superare il rapporto
conflittuale con una realtà spesso percepita come indomabile e incomprensibile, dunque un
modo per portare ordine (cosmos) nel disordine e nell’informe (caos) attraverso il mito, cioè
il racconto del rito. Esso è inoltre la dimostrazione della fantasia e del principio imitativo
dell’uomo. Sicuramente per arrivare alla rappresentazione di ciò era necessaria una
comprensione relativamente profonda del mondo. Il rito è una forma di conoscenza, che ci
permette di comprendere l’universale attraverso la rappresentazione dello specifico; il rito ha
funzione didattica, trasmette conoscenze e tradizioni e ciò è provato dalla necessità a volte
di un rito d’iniziazione, necessario per trasmettere credenze, tabù e costumi della società.
L’uomo attribuisce al rito il potere di influenzare e dominare gli avvenimenti esterni, per
esempio, quando ancora non si conosceva la naturale ciclicità delle stagioni, spesso
venivano effettuati riti per far sì che tornasse la primavera. Il rito inoltre diverte e procura
piacere. Dunque esso è un'unione di piacere, potere, dovere: i tre temi fondamentali del rito.
Ci sono varie teorie riguardo allo sviluppo del rito: fino al ‘15 la più rilevante era quella di
Frazer, che applicava una sorta di principio darwinista alle tradizioni di un popolo,
sostenendo che il rito nasce nella fase primitiva di una società, quando il popolo non ha gli
elementi necessari per comprendere ciò che succede intorno a lui, e man mano che la
società evolve il rito si modifica o viene abbandonato. Dal ‘15 Malinowski propone una teoria
alternativa che considera ogni popolo come un sistema separato, per cui ogni cultura si
sviluppa in modo differente. Dopo la seconda guerra mondiale, Levi-Strauss propone una
terza scuola di pensiero: lo strutturalismo. Ciò che importa non è tanto la storia quanto la
struttura del mito primitivo, sono presenti solo pochi modelli universali a cui ciascuna
narrazione particolare può essere ricondotta. Queste varie scuole di pensiero ci portano
comunque ad un’unica conclusione: il rito e il mito sono fondamentali nello sviluppo delle
società e il teatro greco nasce dal rito primitivo.
In Egitto, lo sviluppo è leggermente differente poichè nonostante ci fossero vari riti,
testimoniati dai geroglifici che ci raccontano i vari miti egizi, essi non portarono mai allo
sviluppo del teatro. Alcuni studiosi sostengono che i testi delle piramidi testimonierebbero
l'esistenza di riti eseguiti in forma drammatica a causa della presenza i dialoghi o indicazioni
per l’azione, tuttavia non abbiamo una prova definitiva della cosa. Uno dei riti più importanti
era il Dramma Sacro di Abido, che rievoca morte e resurrezione del dio Osiride - quasi tutti i
miti egizi riguardavano il ciclo della vita: nascita, crescita, maturazione, morte e
resurrezione; nel caso degli dei sfida in battaglia, uccisione e resurrezione. Osiride, figlio di
Geb (terra) e Nut (Cielo), successe al trono suo padre e sposò sua sorella Iside. Tuttavia il
fratello Seth si ingelosì e decise di uccidere Osiride, seppellendo i vari pezzi del fratello in
posti differenti. La moglie ricostruì il corpo grazie all’aiuto di Anubi e Osiride si recò negli
inferi, diventando il giudice delle anime. Abido divenne poi il posto sacro per eccellenza.
Anche riguardo al dramma egizio ci sono varie interpretazioni. Alcuni sostengono che
Osiride influenzò la figura di Dioniso.

CAPITOLO 2 - il teatro greco


Le notizie più importanti sul teatro greco le troviamo sicuramente ne La Poetica di Aristotele
(334 a.C.). Egli illustra le caratteristiche della tragedia distinguendo sei elementi (favola,
caratteri, linguaggio, pensiero, spettacolo, composizione musicale).
La tragedia (canto del capro) era un’improvvisazione nata dai cantori del ditirambo (inno
cantato e danzato in onore di Dioniso). Esso fu trasformato in composizione letteraria da
Arione. Oltre ai nomi dei suoi attori e canti che rimandavano a “tragos”, anche il luogo dove
viveva (Corinto) fornisce un’ulteriore indizio riguardo alla paternità della tragedia, poichè i
dori si attribuivano l’invenzione della tragedia ed effettivamente portarono ad alta
maturazione elementi importanti della tragedia.Si attribuisce a Tespi il merito di aver
contribuito alla trasformazione del ditirambo in tragedia, attraverso l’aggiunta di prologo e
battute. CI sono varie teorie riguardo allo sviluppo della tragedia, tra cui quella che sostiene
che la tragedia nasca dai riti celebrati sulle tombe degli eroi e quella di Gerald Else che
sostiene che la tragedia sia nata consciamente unendo vari elementi di varie composizioni.
Ciò che sappiamo con certezza è comunque che la tragedia è strettamente collegata al culto
di Dioniso, nato in Medio Oriente e arrivato in Grecia nel tredicesimo secolo.
CULTO DI DIONISO
Fino all’arrivo della filosofia di Nietzsche si credeva che Dioniso fosse una divinità
relativamente recente della cultura greca, ma il filosofo tedesco lo definì invece una figura
antichissima, addirittura si pensa che Erodoto credesse che Dioniso fosse semplicemente
una versione greca di Osiride. Inizialmente il culto di Dioniso fu guardato con diffidenza
poiché spesso la sua celebrazione portava alla sfrenatezza (cerimonie orgiastiche, atti
crudeli, etc.), successivamente il culto si sviluppò in tutta la Grecia. Dioniso era figlio di Zeus
e Semele, un’umana, e viene allevato dai satiri. è il Dio della fertilità e del vino, era in stretta
relazione con le fasi del ciclo stagionale celebrate dalle religioni primitive. Egli controlla il
divenire animale e vegetale, è il dio della contraddizione. In onore di Dioniso si tenevano, in
Attica, quattro feste annuali: le Dionisie rurali o Piccole Dionisie (in dicembre), le Lenee (in
gennaio), le Antesterie (tra febbraio e marzo) e le Dionisie cittadine o Grandi Dionisie
(all’inizio della primavera, in Atene). Le Grandi Dionisie comprendevano un concorso tra le
dieci tribù dell’Attica per il miglior inno ditirambico. Ogni autore presentava tre tragedie e un
dramma satirico e, dal quinto secolo, venne introdotta la gara per miglior commedia.
Nel V secolo a.C. le gare teatrali entrano a far parte delle Piccole Dionisie e delle Lenee. Le
Lenee erano feste locali, dunque era permessa una maggiore libertà. Le piccole Dionisie
contavano una processione in cui un gigantesco fallo veniva trasportato in cima ad un palo,
con lo scopo di stimolare la fertilità in una stagione in cui il sole era ancora troppo fievole.
Venivano riservati cinque giorni agli spettacoli. Mentre nelle tragedie era l’autore ad
occuparsi di tutto (da qui il titolo didaskalos, maestro), nelle commedie spesso era il corego
che si occupava degli elementi “aggiuntivi” della tragedia (coro, pagare i musicisti, le
comparse, gli occetti di scena, etc.).
La festa delle Grandi Dionisie comprendeva una gara che permetteva ad ogni drammaturgo
di presentare tre tragedie e un dramma satiresco - forma drammatica di cui non rimane
quasi nulla, che rappresentava miti in chiave parodica o satirica e aveva un linguaggio molto
più colloquiale rispetto alla tragedia. L’unico esempio che ci rimane di tale genere sono le
opere di Menandro.

La struttura classica della tragedia è: prologos (ci racconta gli eventi accaduti prima
dell'inizio del dramma), parodos (entrata del coro che può a volte sostituire il prologos), vari
episodi separati dagli stasima (canti corali) che sviluppano l’azione centrale e l’exodos,
ovvero l’uscita di scena di tutti i personaggi, dunque la fine della tragedia. La popolarità della
tragedia iniziò il suo declino verso il IV secolo a.C.
Tutte le tragedie greche si basano su eventi storici o miti, che potevano essere rielaborati
dagli autori (ad esempio, essi fornivano diverse motivazioni per le azioni dei personaggi dei
miti, quasi mai svelate).
Eschilo scrisse diverse tragedie, circa ottanta, ma ce ne sono giunte solo sette (tra cui Le
Supplici). La maggiore innovazione dell’autore fu l’introduzione del secondo attore, dunque
non c’era solo l’autore/attore in scena, bensì anche un altro, semplice attore. Tutte le sue
tragedie facevano parte di trilogie, che narravano vari momenti di un’unica storia. Ad
esempio l’Orestea narra la vicenda di Oreste, figlio di Agamennone, che vendica il padre. La
tragedia mostra l’evoluzione del concetto di giustizia nel passaggio fra la società matriarcale
a quella patriarcale. Le sue tragedie erano caratterizzate da una spettacolarità
monumentale.
Sofocle scrisse più di 120 tragedie, tuttavia ce ne sono giunte sette (tra cui l'Antigone ed
Edipo Re, che viene considerato il modello della tragedia per eccellenza). Sofocle, a
differenza di Euripide, si concentra di più sulla caratterizzazione dei personaggi e riduce il
ruolo del coro a spettatore, inoltre le azioni sono sempre accuratamente motivate. Egli
introduce il terzo attore.
Euripide scrisse circa ottanta tragedie, ma solo 17 sono sopravvissute (fra cui Medea, Le
Baccanti e Le Troiane). Egli introdusse argomenti ritenuti inappropriati per una tragedia,
poiché spesso si metteva in dubbio il senso di giustizia degli dei, che venivano rappresentati
meno attenti alla moralità rispetto agli umani, ed esplorava particolarmente la dimensione
psicologica dei personaggi, infatti la sua popolarità crebbe notoriamente solo dopo la sua
morte. La struttura delle sue tragedie è particolarmente confusa. Egli scelse di rappresentare
miti minori o di alterare in maniera importante miti noti. Alcune sue tragedie ci mostrano la
crescente attenzione verso l’intreccio e la svolta improvvisa, mostrando il cambiamento del
teatro greco verso la fine del V secolo.
La commedia (canto del villaggio) viene anch’essa considerata come improvvisazione nata
dal ditirambo. è l’ultima forma drammatica a essere riconosciuta ufficialmente in Grecia,
verso il 487-486. I dori sostengono di avere inventato anche questo genere teatrale,
attribuendo la sua invenzione al poeta Epicarmo vissuto nella colonia dorica di Siracusa.
I commediografi più celebri sono Chionide, Magnete, Eupoli, Cratete ed Aristofane. Egli
scrisse tutte le commedie esistenti che risalgono al quinto secolo, ma ne sono sopravvissute
solo quindici (tra cui Le Rane e Gli Uccelli). La caratteristica principale della sua commedia è
il riferimento a problemi e fatti del tempo. Ogni commedia svolge un argomento centrale,
innesca l’azione comica mediante una trovata. Il prologo spiega la situazione iniziale,
espone la trovata, entra il coro, segue un dibattito sui pregi dell’idea proposta, si sperimenta
la suddetta idea e c’è la parabasis, che divide prima e seconda parte della commedia. In
questa parte vengono discussi problemi sociali e politici o si loda l’autore della commedia.
Alla fine, una serie di scene mostrano i risultati della trovata iniziale. Il komos, la scena
finale, si conclude con la riconciliazione dei personaggi e la loro uscita di scena per recarsi
ad un banchetto. La commedia si può dividere in tre periodi: la commedia antica, databile fra
l’inizio e la fine della guerra del Peloponneso; la commedia di mezzo, fino alla salita al trono
di Alessandro Magno; la commedia nuova, databile dopo il 336. Nella commedia nuova si
abbandonarono temi socio-politici in favore di emi come storie d’amore, problemi finanziari e
storie familiari. La struttura divenne presto ripetitiva, spesso incentrata su un ragazzo che
tentava di prendere in sposa una giovane schiava contro l’opinione del padre. Alla fine della
commedia spesso si scopriva che la ragazza era la figlia dimenticata di un ricco. Spesso la
commedia si basava sulla caratterizzazione dei personaggi, probabilmente influenzata dai
drammi di Euripide. Dopo il III secolo a.C. la commedia iniziò il suo declino.

Con l’introduzione del secondo e poi del terzo attore, il teatro greco cambiò. Inizialmente era
il drammaturgo a scegliere l’attore, ma con l’avvento delle gare per attori egli veniva
assegnato all’autore tramite un sorteggio e poi autore e attore sceglievano insieme eventuali
altri attori. Ciò che era importante nel teatro dell’epoca era la voce, che doveva adattarsi allo
stato d’animo e al personaggio, dunque la recitazione aveva più che altro carattere
declamatorio, e l’uso di vari canti e altri elementi portò ad una notevole stilizzazione
espressiva. Il mestiere dell’attore non era così diffuso, dunque chi lo faceva spesso
arrotondava con altro per guadagnarsi da vivere. Solo durante il quarto secolo crebbe il
professionismo in campo attoriale, con la crescente prevalenza della recitazione sul testo.
Non ci sono giunte sufficienti testimonianze per stabilire con precisione quale fossero i
costumi degli attori, tuttavia sappiamo che nelle tragedie essi potevano essere ispirati
all’abbigliamento quotidiano dei greci, ai vestiti dei periodi di lutto o altro. Il coro aveva
invece vestiti più realistici legati all’età, il sesso, la provenienza sociale della persona.
L’attore spesso indossava la tunica (chitone) e l’identità del personaggio poteva essere
stabilita attraverso oggetti simbolici. I costumi comici erano sostanzialmente ispirati ai vestiti
della vita quotidiana della Grecia, anche se spesso accentuavano certe parti del corpo per
evidenziare la componente ridicola della nudità. Tutti gli attori portavano delle maschere,
molto diverse fra loro, che nella commedia erano esagerate al fine di accentuare aspetti
ridicoli della fisicità. Il coro doveva invece essere tutto uguale, e nelle commedie il coro
rappresentava uccelli, animali o insetti.
Il coro aveva inizialmente un’importanza fondamentale che andò scemando con le tragedie
di Eschilo e venne ridotto al minimo da Euripide. A volte esso poteva scambiare battute con i
personaggi e molto raramente un singolo membro interveniva. Il ruolo del coro era triplice:
era un personaggio che dava consigli, faceva domande e raramente interveniva nell’azione;
definiva il contesto etico-sociale della vicenda, che serviva come giudizio dell’azione; era lo
spettatore ideale che reagiva all’azione proprio come, secondo lo spettatore, avrebbe dovuto
reagire il pubblico. Esso entrava dopo il prologo e rimaneva fino alla fine del dramma. La
musica era altrettanto importante: spesso suonata con un flauto, eventualmente arricchita da
lire o trombe che potevano essere suonati dagli attori stessi. Inizialmente la musica era un
sottofondo che non doveva interferire con i dialoghi, ma con l’avvento di Euripide essa
divenne sempre più importante, a volte oscurando anche le parti parlate. La musica, come la
danza, era portatrice di atteggiamenti etici e qualità morali. Esisteva una musica adatta alla
tragedia, una adatta alla commedia e una non adatta alle forme drammatiche. Qualsiasi tipo
di gestualità o pantomima era considerabile come danza.
Inizialmente il teatro contava solo di uno spazio in cui avveniva l’azione e il pubblico
guardava in piedi sui pendii delle colline. Venne poi introdotta l’orchestra, che era lo spazio
per la danza. L’edificio scenico (skene) venne introdotto più tardi e probabilmente ebbe
origine da qualche struttura provvisoria come uno spogliatoio per gli attori. Venne poi
costruito l’auditorio (odeon) il muro di contenimento situato a ridosso dello spazio
dell’orchestra. I posti per il pubblico vennero probabilmente allestiti intorno al sesto secolo
a.C. Il pubblico contava donne, ragazzi, uomini e schiavi e dal V secolo a.C. venne introdotto
una sorta di biglietto per entrare. Non è chiaro come fossero rappresentati i fondali: alcuni
sostengono che venissero introdotti elementi che poteva rappresentare la situazione
specifica, altri che venissero introdotti oggetti simbolici che davano l’idea, altri ancora che le
battute degli attori fossero sufficienti per dare il contesto. Inoltre, alcuni sostengono che non
ci fosse tanto una scenografia convenzionale quanto una che desse l’illusione della realtà.
Vennero introdotte macchine come la mechanè che serviva a far comparire i personaggi in
volo, come gli dei o ad esempio Perseo sul cavallo alato. Venne particolarmente utilizzata da
Euripide, che spesso utilizzava gli dei come risolutori di problemi (da qui l’espressione deus
ex machina).
Il teatro ellenistico inizia con il regno di Alessandro Magno. Le occasioni teatrali aumentano,
non più legate solo a Dioniso ma alle feste in generale. Viene creata la corporazione teatrale
degli Artisti di Dioniso, che contava poeti, attori, coristi, istruttori, musicisti, costumisti, etc. Il
capo era solitamente un sacerdote di Dioniso. I membri avevano vari vantaggi come
l’esenzione da servizio militare o il divieto di essere arrestati. Dal pov architettonico venne
introdotta una novità: il palcoscenico sopraelevato. Esistevano inoltre tre tipi di sfondo
scenico: uno per la tragedia, uno per la commedia, uno per il dramma satiresco. L’abito
tipico era l’exomis, una semplice tunica bianca.
Altri generi teatrali diffusi in Grecia e nelle sue colonie erano il mimo, termine utilizzato per
diversi spettacoli di carattere popolare, che consiste nella rappresentazione di brevi
scenette, e la farsa fliacica, diffusa nell’Italia meridionale.

CAPITOLO 3 - il teatro romano


Il teatro romano fu influenzato sia dalle celebrazioni etrusche che dalle forme tragiche
dell’Italia meridionale (come l’atellana e la farsa fliacica), e con la progressiva espansione
dell’impero nel Mediterraneo furono sicuramente toccati dall’influenza greca. Alle forme
teatrali tipiche del modello greco si aggiunsero quelle forme di intrattenimento tipiche
dell’impero romano d’Occidente (venationes, combattimenti di gladiatori, battaglie navali,
danza, etc.) Come nell’antica Grecia, il teatro nacque in un contesto di festa: durante le
celebrazioni di divinità pagane (come i Ludi Romani) venivano organizzate feste con
spettacoli.
La commedia era particolarmente simile al modello greco, con qualche eccezione: il coro
viene eliminato, dunque la commedia non è più suddivisa in episodi; viene aggiunto
l’accompagnamento musicale al dialogo. I commediografi più importanti sono Plauto e
Terenzio. Plauto godette di molta popolarità con il pubblico del tempo, scrisse svariate
commedie fra cui Le Baccanti e Lo Zotico. Tutte le sue commedie si rifanno alla commedia
nuova, vi sono riferimenti ai costumi e alla vita romana, la metrica è molto varia e complessa
e i dialoghi in latino. Stabilire l’originalità delle sue commedie è quasi impossibile. Terenzio,
personaggio interessante per la sua origine sociale (era uno schiavo) scrisse varie
commedie fra cui I Fratelli. A differenza di Plauto, il linguaggio da lui scelto è più semplice e
simile a quello della vita quotidiana e tende a costruire azioni che mostrino l’indole dei suoi
personaggi. Fiorirono due tipi di commedie: la fabula palliata (da pallio, il mantello greco) e
la fabula togata (da toga). A parte l’argomento e l’ambientazione non c’era particolare
differenza fra le due.
I tragediografi più conosciuti sono Ennio, Pacuvio e Accio, anche se il più celebre ( nonché
l’unico le cui opere sono sopravvissute) è Seneca.
La maggior parte delle tragedie erano adattamenti di opere greche (fabula crepidata) e un
minor numero invece traeva argomenti dalla vita romana (fabule praetexta), anche se di
questo tipo di tragedia ci rimane una sola opera, Octavia di Seneca.
Seneca scrisse diverse opere fra cui Le Troiane, Medea, Edipo e Agamennone. Le sue
tragedie erano divise in cinque episodi intermezzati da interventi del coro che si riferisce solo
vagamente agli avvenimenti. Il linguaggio erudito e il tono declamatorio erano contrapposti
all’ostentazione di violenza e sangue, tipiche del gusto dell’epoca. Egli introduce soliloqui, gli
“a parte” e le figure dei confidenti, poi ripresi dagli autori successivi. Spesso i suoi
personaggi erano dominati da un’unica passione ossessiva.
La fabula atellana era spesso usata come exodia, ovvero il pezzo di chiusura di una
rappresentazione, ed era caratterizzata da linguaggio rozzo, scene campestri e personaggi
tratti dal mondo agreste, truffe e prodezze sessuali. I personaggi erano fissi: Pappus, il
vecchio stupido e libidinoso, Maccus, lo scemo picchiato e canzonato, Dossenus, il gobbo
imbroglione e Bucco, il mangione. I costumi dunque erano i costumi convenzionali del
genere.
“Mimo” è un termine ombrello con cui possiamo indicare più generi teatrali, solitamente
spettacoli brevi e popolari, ma poteva indicare anche spettacoli più lunghi e complessi. Per
lo più prendeva spunto dalla vita quotidiana e trattava questi argomenti in tono satirico,
sempre unendoli a scene di lotta e violenza. Il pantomimo, invece, tramite la danza,
raccontava una vicenda, solitamente tratta dalla mitologia o dalla storia.
La responsabilità delle feste che comprendevano gli spettacoli era sempre più affidata allo
stato, in particolare ai magistrati. Il primo teatro permanente a Roma fu costruito molto dopo
il periodo di fioritura della produzione drammatica, e ai suoi piedi venne costruito un tempio
di Venere, per convincere il senato a far costruire il teatro.
Le strutture teatrali divennero sempre più complesse e sontuose nel corso dell’Impero. A
differenza dei teatri greci, questi teatri erano costruiti su una superficie piana, vi era uno
spazio dedicato al pubblico (cavea) e l’orchestra era utilizzata per far sedere ospiti
importanti. Il palcoscenico era chiamato pulpitum ed era rialzato e c’era un telone che aveva
una funzione simile a quella dell’attuale sipario. Lo sfondo scenico (scaenae frons) cambiava
a seconda del genere rappresentato: la scena tragica rappresentava particolari di un
palazzo reale, la scena comica abitazioni di cittadini comuni e una strada di città, la scena
satiresca solitamente rappresentava scene campestri con paesaggi. Il fondale era
particolarmente importante perché spesso gli attori vi facevano riferimento.
La recitazione divenne progressivamente più professionale, fino a diventare un vero e
proprio mestiere; gli attori venivano da diverse classi sociali, alcuni erano schiavi, altri invece
guadagnarono privilegi che spettavano solo a uomini con pieni diritti, dunque la loro
provenienza era variegata.
Nei due generi classici la recitazione seguiva le convenzioni sviluppate dai greci: nella
tragedia la declamazione era lenta e declamatoria, nella commedia invece più rapida e
colloquiale. La gestualità era molto importante, tanto che gli oratori pubblici dovevano
prendere ispirazione dagli attori. Gli attori dei mimi non portavano maschere e venivano
scelti per la loro bellezza o per una deformità fisica. Il pantomimo invece l’attore era scelto
per bellezza e qualità atletiche. La musica nel teatro romano era particolarmente importante
e il suonatore di flauto era presente in ogni compagnia.
Le maschere vennero utilizzate probabilmente già dagli inizi del teatro romano ed erano di
tela. Le maschere del pantomimo non avevano bisogno di un foro per la bocca, dunque la
bocca era solo disegnata. Nella fabula palliata il costume era l’abito tipico ateniese, nella
fabula togata invece la toga. I mimi indossavano una tunica e un fazzoletto da testa.
Il declino del teatro fu causato sia dall’opposizione cristiana, causata dal carattere pagano
delle feste in cui venivano presentati gli spettacoli, dalla licenziosità dei mimi e dall’abitudine
di questi ultimi di mettere in ridicolo i sacramenti cristiani. Tuttavia l’elemento scatenante del
declino fu la caduta dell’Impero romano d’Occidente (476 d.C.) con la fine ufficiale
dell’attività teatrale con l’invasione dei longobardi (568 d.C.).
Nell’Impero romano d’Oriente, invece, la produzione teatrale continuò fino alla fine di esso,
con una varietà di spettacoli e intrattenimenti vastissima, tanto che i visitatori si stupirono
delle possibilità offerte rispetto al mondo occidentale. Gli ecclesiastici si scagliarono
ripetutamente contro gli attori, proponendo la loro scomunica e addirittura mettendo al bando
gli spettacoli teatrali nel 692. Alcuni studiosi sostengono che i bizantini abbiano scritto i primi
drammi liturgici, poichè vennero trovati diversi sermoni molto lunghi che raccontavano eventi
della vita del Cristo e della Vergine, dall’esistenza del Christos Paschon, un dramma
religioso destinato alla lettura, e dalle testimonianze di Liutprando, che tuttavia vengono
interpretate in vari modi. All’Impero Bizantino si deve la conservazione delle opere teatrali
della Grecia classica.
La cultura islamica purtroppo causò uno stop nella produzione teatrale, ma in zone come
India, Indonesia e Turchia prese piede il teatro d’ombre, dove il pubblico vedeva solo ombre
proiettate su uno schermo bianco.

CAPITOLO 4 - il teatro religioso


Con la progressiva conversione dell’Europa Occidentale, la Chiesa modificò o incorporò
alcune feste pagane, come quelle per il solstizio d’inverno o le feste per la fertilità. Alcuni riti
pagani divennero forme di spettacolo.
Nei servizi religiosi venne introdotta una forma dialogata nelle antifone e vennero inserite
interpolazioni (tropi) che si svilupparono in composizioni musicali e poetiche. Proprio da
questi ultimi si sviluppa il dramma liturgico. Il più antico tropo sopravvissuto è il Quem
quaeritis, che si trasformò in una vera e propria rappresentazione drammatica in cui i
partecipanti impersonavano l’angelo e le tre Marie al sepolcro. Nello stesso periodo vennero
alla luce anche composizioni non direttamente connesse alle cerimonie religiose, come
quelle di Rosvita, la quale scrisse sei drammi ispirati a quelli di Terenzio ma con argomento
religioso. I drammi liturgici vennero rappresentati inizialmente quasi solo nei monasteri
benedettini, ma il pieno sviluppo del dramma liturgico cominciò con la ripresa culturale
europea del XI secolo. Le zone più prolifiche furono Francia e Germania. I temi erano
svariati, tutti collegati alla religione cristiana: la Pasqua, la nascita di Gesù, l’episodio dei re
magi, la conversione di S. Paolo, la Pentecoste, Daniele nella fossa dei leoni, l’Anticristo e
raramente la crocefissione.
Ci sono opinioni discordanti riguardo allo sviluppo del dramma in volgare: è dibattuto se
esso sia nato direttamente dal dramma religioso o se si sia sviluppato autonomamente.
Questi drammi sostituiscono il dialogo cantato con il dialogo parlato e facilita l’inserimento
dei laici nella recitazione. Spesso essi erano costituiti da episodi scollegati fra loro e
mancava spesso anche accuratezza temporale. L’azione era schematica, la
caratterizzazione dei personaggi abbozzata e la scenografia scarna. Molti drammi
contenevano lunghe scene comiche.
In Italia si sviluppò un tipo particolare di dramma in volgare che prendeva spunto dalle laudi,
composizioni poetiche di ispirazioni religiose.
Oltre al dramma liturgico nacquero anche spettacoli minori, organizzati nei giorni in cui la
gestione delle festività era affidata al clero minore. L’esempio più importante è la festa dei
folli, organizzata dai suddiaconi, che rovesciava l’ordine prestabilito e permetteva ai chierici
di ridicolizzare i loro superiori e la routine della vita ecclesiastica. Il capo era il “Vescovo
folle”. Nacquero anche i cosiddetti drammi cosmici, che abbracciano gli eventi dalla
creazione del mondo fino al giudizio universale. Questi drammi furono ispirati dal Corpus
Domini, una festa religiosa. Nascono anche altri generi minori come la farsa, che tratta di
temi come infedeltà coniugale, liti, pettegolezzi, ipocrisia e altri peccati umani; la moralità,
che tratta di temi e personaggi comuni anche se è il genere più vicino al dramma sacro;
l’interlude, spettacoli molto brevi spesso recitate nel corso di un banchetto, cerimonia o
festa. Lo sviluppo di questo genere è associato alla crescente professionalità dell’attore
professionista, che veniva chiamato per allietare un pubblico o gli invitati a corte.
Progressivamente la Chiesa intervenne sempre meno nelle rappresentazioni teatrali, tuttavia
i testi dovevano essere comunque approvati dal clero.
Il numero di attori necessari era molto variabile, spesso erano presi dalla popolazione locale
ed erano perlopiù uomini o ragazzi, anche se in Francia vennero inserite anche ragazze. Le
scene di violenza continuarono ad essere inserite negli spettacoli, tuttavia qui gli umani
venivano sostituiti da fantocci realistici. La voce aveva particolare importanza nella
recitazione, e il canto venne abbandonato in favore di dialoghi più simili alla conversazione
quotidiana. Le emozioni erano molto stereotipate e dovevano essere rese con estrema
chiarezza. Solo qualcuno veniva pagato per recitare e solo alla fine del XV secolo l’attore
divenne un mestiere vero e proprio. Gli attori erano preti o ragazzi del coro, indossavano
abiti talari e gli angeli erano contraddistinti da ali.
L’elemento scenografico principale del dramma sacro era una piccola struttura chiamata
mansion: c’erano varie mansions in cui gli attori si spostavano, e quando l’area in questione
non era sufficiente egli poteva spostarsi nello spazio circostante. Talvolta si utilizzava il coro
della Chiesa per spazi sopraelevati o la cripta per i luoghi inferiori. Venivano usati
macchinari, per esempio per far scendere gli angeli dal cielo.
Nel tardo medioevo i drammi religiosi iniziarono ad essere rappresentati anche all’aperto e
alla fine del XIV secolo si diffusero i drammi religiosi ciclici in lingua volgare. I palcoscenici
su cui venivano rappresentati i drammi ciclici in volgare potevano essere fissi o mobili, tipici
più che altro di zone come Inghilterra o Francia. In Inghilterra il pageant (palco mobile) era
formato da una grossa impalcatura, talvolta era allestito vicino ai cimiteri o nei cortili delle
abitazioni private o dei monasteri, e gli attori erano sempre visibili sul palco. Il palco era
rettangolare.
I due luoghi maggiormente rappresentati erano inferno e paradiso, posti alle due estremità
della piattaforma, e le scene terrestri erano invece rappresentate al centro. L’ingresso
dell’inferno era la testa di un mostro che sembrava inghiottire le anime. Spesso sul retro del
palco veniva appesa una tenda che rappresentava il cielo. L’acqua era un elemento scenico
molto importante, difatti venne rappresentato anche il diluvio universale.
La musica serviva inizialmente per intrattenere il pubblico fino all’inizio dello spettacolo, un
coro di angeli cantava inni sacri, suonavano le trombe per annunciare la parola di Dio e gli
intervalli tra le scene potevano essere riempiti con musica strumentale o vocale.
Nel XVI secolo i generi teatrali medievali scompaiono quasi completamente, principalmente
a causa dell’indebolimento della Chiesa, divisa internamente e in conflitto con la riforma.
Inoltre nel concilio di Trento si giudicò pericolosa la decisione di rappresentare i drammi
liturgici, poichè sarebbero sicuramente stati fonte di controversia.
Importante svolta alla fine del Medioevo fu lo stacco definitivo fra Stato/Chiesa e teatro, che
dovette lottare da solo per essere riconosciuto dal pov artistico e commerciale.

CAPITOLO 5 - il teatro nel periodo dell’Umanesimo


Durante il rinascimento i drammi e le opere classiche vennero ritrovate, tradotte e studiate.
Ne conseguì una produzione teatrale fortemente influenzata dai modelli classici, in
particolare dal modello senecano e dalla Poetica di Aristotele, che dettò le caratteristiche per
gli spettacoli teatrali per un buon secolo e mezzo. La Poetica di Aristotele venne tradotta e
studiata, e la Chiesa contribuì alla sua diffusione, dato che il concilio di Trento basava la sua
dottrina su quella di San Tommaso, fortemente ispirato da Aristotele. Importanti drammi di
modello classico sono la Cassaria di Ludovico Ariosto e la Mandragola di Machiavelli,
differente dalla commedia per i contenuti ma imitata sapientemente nella forma.
Gli autori si dimostrarono perfettamente in grado di adattare le forme classiche alla
sensibilità moderna. Probabilmente ispirato al dramma satiresco, in questo periodo nacque il
dramma pastorale, che sostituiva i satiri greci con pastorelli e ninfe.
Fondamentale era la verosimiglianza: un testo teatrale doveva rappresentare una vicenda
possibile, dunque battaglie, morte e violenza vennero abbandonate poiché impossibili da
riprodurre in modo fedele. Basata su quest’opera era anche la regola delle tre unità: di
azione, di tempo e di luogo. Una singola azione doveva svolgersi in un giorno e in un luogo
solo. Ovviamente queste regole non vennero seguite sempre alla lettera. Le opere
drammatiche inoltre dovevano essere divise in cinque atti. Fino al 1750 queste regole furono
comunemente accettate.
Uno spettacolo doveva sempre dare un insegnamento morale e mettere in luce i fondamenti
etici della realtà. Ci si doveva concentrare più che altro sui caratteri universali della vita,
ritenuti tratti essenziali del reale. Venne introdotta la figura del confidente, poiché il soliloquio
ampiamente utilizzato dai greci non era ritenuto abbastanza realistico. I generi principali
erano la commedia e la tragedia, gli altri venivano considerati minori in quanto misti. La
commedia doveva avere personaggi proveniente dalla classe media o bassa, rappresentare
vicende private o domestiche, avere lieto fine e imitare lo stile della conversazione. Vennero
introdotti degli intervalli fra i cinque atti, che divennero gradualmente parte integrante
dell’opera: iniziarono ad essere collegati con il tema della rappresentazione e in seguito
divennero vere e proprie opere drammatiche in quattro atti. Questi intermezzi erano
caratterizzati da spettacolarità. La tragedia doveva avere personaggi provenienti dalle classi
elevate, basare i fatti su storia o mitologia, avere un finale infelice e uno stile elevato.
Nel cinquecento nacque anche l’opera lirica, creata dalla Camerata Fiorentina, che studiava
la musica greca ed il suo rapporto con il dramma e cercava di ricreare opere teatrali
secondo il modello della tragedia classica. Monteverdi fu il primo ad ampliare il ruolo della
musica strumentale all’interno del genere.
La spettacolarità degli intermezzi comici portò a varie sperimentazioni in campo
scenografico che vennero riprese anche dall’opera, e lo studio del De Architectura di Vitruvio
riportò in auge il modello del palcoscenico romano di tragedia, commedia e dramma
satiresco. Lo studio della prospettiva, esposto dall’Alberti nel Della Pittura (1435), influenzò
particolarmente le scenografie che spesso erano progettate e disegnate da architetti e pittori
all’ultimo grido. Il punto di fuga veniva fissato al centro della parete di fondo del palco e
veniva agganciata una fune che veniva tesa verso il basso ed era usata per determinare
altezza e dimensioni di tutti i particolari che dovevano essere dipinti sullo sfondo. Le
rappresentazioni teatrali venivano realizzate perlopiù nelle sale dei palazzi e il pubblico si
disponeva in uno spazio circolare simile a quello della cavea. Per la prima volta c’è
necessità di illuminazione, data solo da candele e lampade ad olio. Durante la seconda metà
del XVI secolo nacque il gusto per la spettacolarità, dunque vennero introdotte varie
macchine che permettevano la discesa degli uomini dal cielo, oggetti che scomparivano dal
palco, metamorfosi improvvise di cose e persone, riproduzione delle onde marine e di
balene e delfini, crollo di pareti o edifici, effetti sonori.
Il primo teatro fisso costruito nel Rinascimento è il Teatro Olimpico di Vicenza, che
ricostruiva un teatro greco dentro ad un edificio preesistente.
La musica e la danza divennero sempre più importanti nelle rappresentazioni teatrali, difatti
in questo periodo si pongono le basi per il balletto. In questo periodo nasce anche la
commedia dell’arte (ovvero commedia recitata da attori professionisti), chiamata anche
commedia all’improvviso o a soggetto. Alcune ipotesi sostengono discenda dalla farsa
atellana, altri dallo spettacolo dei mimi bizantini e altre ancora la ritengono influenzata dalle
improvvisazioni delle commedie di Plauto e Terenzio.
Le caratteristiche principali della commedia dell’arte sono l’improvvisazione e i personaggi
fissi: gli attori recitavano un ruolo solo per tutta la vita e lo spettacolo partiva da un
canovaccio che dava solo alcune indicazioni, anche se col passare del tempo ovviamente
l’improvvisazione diventava sempre meno “improvvisata”. C’erano sempre gli stessi
personaggi nelle compagnie della commedia dell’arte, fra cui gli innamorati (che, a
differenza degli altri attori, non portavano la maschera) e gli schiavi, da cui ebbero origine le
celebri figure di Arlecchino, servo furbo ma sciocco, ballerino e acrobata, e Pulcinella,
scellerato ma astuto. Solitamente le compagnie erano composte da dieci-dodici membri e gli
spettacoli erano finanziati dalla stessa compagnia, che si spartiva i profitti. La commedia
dell’arte sopravvisse fino alla metà del 17esimo secolo.

CAPITOLO 6 - il teatro inglese fino al 1642


Nella primissima parte del cinquecento l’umanesimo italiano influenzò il teatro inglese poichè
diversi studiosi vennero chiamati a corte, tuttavia le produzioni erano ancora molto legate al
gusto medievale. Nella seconda parte del secolo vediamo che lo sviluppo del dramma fu
strettamente legato allo sviluppo politico, poiché dalla separazione del regno inglese dalla
Chiesa cattolica nacque un forte disordine. Inoltre, la dottrina puritana, che condannava la
produzione teatrale a causa della sua lascivia, influenzò le decisioni dei consiglieri comunali
inglesi.
Il teatro era comunque parte fondamentale dell’educazione dei giovani inglesi come
possiamo vedere negli Inns of Court, i collegi per i futuri avvocati, dove uno dei task
principali degli studenti era scrivere un dramma. Inoltre un gruppo di autori importanti era
proprio quello degli University Wits, fra cui troviamo Christopher Marlowe. Egli scrisse diversi
drammi per il teatro pubblico, utilizzando eventi storici e modificandoli in modo da costruire
una vicenda coerente in cui gli avvenimenti si svolgono secondo un nesso apparentemente
casuale. Durante il regno di Elisabetta l’interesse di università e scuole si spostò sui drammi
inglesi recenti o sulla produzione italiana.
Uno dei capisaldi del teatro inglese è sicuramente William Shakespeare, che nel corso della
sua carriera scrisse più di trentasei opere, divise fra tragedie (fra cui Amleto, Macbeth,
Romeo e Giulietta, Titus Andronicus, Antonio e Cleopatra, etc.), commedie (Sogno di Una
Notte di Mezza Estate, La dodicesima Notte) e drammi storici (Riccardo III). Le fonti delle
sue trame vanno dalla storia alla mitologia, alla leggenda, alla letteratura drammatica, alla
narrativa. Associano versi sciolti e rima. Non sono suddivisi in atti ma in diversi episodi. Le
vicende sono rappresentate in successione cronologica, l’azione si sposta liberamente in più
luoghi e l’attenzione è posta sullo sviluppo dell’azione.
Ben Jonson è un altro nome fondamentale del dramma elisabettiano. Egli iniziò a scrivere
intorno al 1595 e intorno al 1600 era il principale esponente della tendenza che metteva al
primo posto la cosiddetta consapevolezza nell’attività artistica. Egli si rivolse ai precetti del
classicismo, le sue opere più famose sono senza dubbio le commedie, che mettono in luce
le debolezze dei tipi contemporanei. Egli rese popolare la commedia degli umori: la dottrina
medica distingueva quattro umori fondamentali, il sangue, la flemma,la bile gialla e la ile
nera, dal cui equilibrio dipende la salute dell’individuo. Scrisse moltissimi masques, gli
spettacoli per la corte reale.
La maggior parte di queste opere dimostrava la fiducia degli autori in un sistema morale che
permetteva all’uomo di prendere liberamente le sue scelte subendone le conseguenze.
A causa dei conflitti religiosi, la monarchia inglese si trovò costretta a prendere
provvedimenti riguardo agli spettacoli, poiché, non sottoposti ad alcuna censura,
prendevano questa parte o l’altra. Nel 1559 la regina proibì la presentazione di testi teatrali
senza un’apposta licenza e nel 1574 venne introdotta la figura del Master of Revels che
doveva sovrintendere i divertimenti di corte.
Nel 1603 gli Stuart presero il posto dei Tudor e ribadirono l’autorità del regno sul teatro.
Di particolare importanza durante il loro regno furono i masques, spettacoli di corte destinati
a invitati particolari. I masques seguivano i principi scenografici italiani, dunque venne
introdotto l’utilizzo dell’arco di proscenio. Per queste rappresentazioni venivano stanziate
somme immense, e questo fu uno dei motivi a cui si attaccarono i puritani nell’opposizione
alla monarchia, insieme all’intolleranza che caratterizzava i regnanti dell’epoca.
La maggior parte dei masques del periodo fu scritta da Jonson. La storia era solitamente
una storia allegorica che poneva in luce numerose analogie tra la persona a cui lo spettacolo
era dedicato o l’occasione che era celebrata. La storia e i riferimenti allegorici sono espressi
in forme visive: tramite scene, costumi, oggetti, mimica e danza. Erano inoltre inserite tre
danze fondamentali: quella d’apertura, quella centrale e quella di chiusura. La musica ha un
ruolo fondamentale. I personaggi si ispirano a figure allegoriche o mitologiche: le donne
erano dee, ninfe, regine, Bellezza o Grazie, gli uomini invece erano edi, eroi, segni dello
zodiaco, figli della pace, amore o giustizia.
La maggior parte delle scene dell’epoca furono realizzate da Inigo Jones, più importante
scenografo dell’epoca, che aveva un’ottima conoscenza dell’arte italiana.
Nella prima metà del 600 l’attenzione si spostò dall’indagine sulla natura dell’uomo al
semplice piacere della narrazione e il lieto fine venne inserito anche nei drammi seri. Alcuni
dei drammaturghi più importanti sono Webster e Ford. Musica e danze erano elementi
importantissimi dei drammi.
A Londra c’erano due tipi di teatri: quello all'aperto, progettato per un pubblico più ampio, e
quelli coperti, riservati per un pubblico aristocratico. I teatri all’aperto erano allestiti nei cortili
delle locande e nelle arene. Probabilmente la struttura dei teatri permanenti fu creata in base
alla formalizzazione di questo tipo di teatri. In ogni caso, essi avevano diverse forme,
circolari, ottagonali o quadrate. Il teatro aveva un palcoscenico interno ed è dibattuta la
presenza di una struttura rialzata. Esistevano poi anche teatri privati.
Gli elementi scenici erano molto semplici, c’era qualche oggetto in scena, ma l’elemento più
importante erano i costumi: erano vestiti tipici dell’era elisabettiana, e per qualche
personaggio particolare (come personaggi storici o fantastici o altri) venivano usati costumi
particolari, addirittura vennero introdotti costumi caratteristici orientali.

CAPITOLO 7 - il teatro spagnolo nel Seicento


Lo sviluppo del teatro spagnolo è strettamente legato alle vicende politiche del paese: fino al
1200 gli arabi dominarono la maggior parte della penisola, finché i regni cristiani non si
unirono per respingerli, unendo questa lotta ad un'opera di cristianizzazione. Infatti il
dramma religioso fiorì in Spagna fra il XV e il XVI secolo, proprio mentre negli altri paesi
stava morendo. Si sviluppò nei paesi settentrionali dove l’influenza araba non era arrivata.
Esso prese il nome di auto sacramental; aveva le caratteristiche del dramma ciclico e della
moralità: accanto a personaggi umani c’erano personaggi allegorici come la Grazia, il
Piacere, la Bellezza, etc. Questi drammi potevano trarre argomenti da qualsiasi fonte,
purchè illustrassero sacramenti e validità dei dogmi della Chiesa.
Fra i primi autori più importanti ricordiamo Juan del Encina, generalmente considerato il
fondatore del dramma spagnolo poiché i suoi furono i primi drammi secolari spagnoli ad
essere rappresentati (che si rivolgevano ad un pubblico aristocratico, per cui non
influenzarono il teatro professionale); Miguel de Cervantes (Don Chisciotte), anche direttore
di una compagnia teatrale. Ogni rappresentazione cominciava con una lode (loa) o prologo
che aveva la forma di monologo e degli intervalli(entremeses).
Successivi sono autori come Lope de Vega, ricordato per la sua abilità di condurre le
vicende in modo da tenere alta la tensione; l’azione è sviluppata dal conflitto fra le esigenze
dell’amore e dell’onore, tema che de Vega contribuì a rendere popolare, i drammi hanno un
lieto fine, i personaggi provengono da tutti i ceti, viene introdotto il ruolo del gracioso, il
sempliciotto, il linguaggio è naturale.
Pedro Calderon de la Barca scrisse autos sacramentales e qualche opera per la corte
(zarzuela), il suo dramma più famoso è La Vida es Sueno, favola allegorica sulla condizione
umana e sul mistero della vita. Il personaggio principale, Sigismondo, (vedi libro). Nei suoi
autos, egli incarna il dogma cattolico nella simbologia.
Inizialmente gli spettacoli erano gestiti dalle corporazioni, in seguito la responsabilità passò
alle compagnie di attori professionisti, che iniziarono ad essere pagate somme anche
ingenti.
Inizialmente le rappresentazioni avevano luogo nei cortili dei palazzi o degli ospedali
pubblici, dove venivano montati i carros, carri di legno a due piani; in seguito si spostarono
nei corrales (i teatri pubblici), inizialmente gestiti dalle confraternite poi dati in affitto a
impresari privati. I corrales erano costruiti in un cortile di forma quadrata/rettangolare e in
seguito vennero aggiunte le tettoie. Il cortile (o patio) era lo spazio per gli spettatori in piedi.
La scenografia era abbastanza semplice, simile a quella del teatro inglese.
Dopo il 1600 tutti i testi vennero sottoposti alla censura e molti membri della Chiesa si
schierarono contro le compagnie di attori, principalmente per la presenza di donne che a
volte erano anche ballerine. Tuttavia molti attori avevano ricevuto i sacramenti ed erano
spalleggiati dalle autorità cittadine.

CAPITOLO 8 - il teatro in Francia nel Seicento


Alla fine del 400 in Francia arriva l’influenza della cultura rinascimentale italiana, dunque
viene recuperato il modello del dramma classico: le commedie ricordavano le farse
medioevali, mentre le tragedie trattavano soggetti biblici o classici. Gli scritti teatrali della fine
del XVI secolo si attenevano alle regole classiche soltanto sporadicamente, probabilmente
perchè il gusto medievale non era ancora tramontato. Durante XV e XVI secolo il teatro
seguì l’equilibrio politico della Francia, instabile fino alla metà del 1600. Le rappresentazioni
erano solitamente rappresentate a corte o nei teatri pubblici, dei quali il più famoso era
l’Hotel de Bourgogne. Gli spettacoli che non riuscivano ad arrivare al teatro pubblico erano
rappresentati nelle sale da pallacorda.
Alexandre Hardy è ricordato come il primo drammaturgo professionista francese. Egli
seguiva ancora le regole classiche: divisione in cinque atti, apparizioni di fantasmi,
intervento del coro.
Dal 1630 si riaccese l’interesse dei drammaturghi per i principi classicisti. Uno dei maggiori
drammaturghi dell’epoca è Pierre Corneille, diventato celebre per il suo spettacolo Le Cid.
Questo spettacolo segnò una svolta nella sua carriera e nella storia del dramma francese,
scatenando una violenta polemica destinata a chiarire il conflitto fra ideali stilistici vecchi e
nuovi. Esso non corrispondeva ad alcun genere drammatico riconosciuto. In tutti i suoi
spettacoli la trama è molto complessa e i personaggi, al contrario, sono lineari.
Verso la fine degli anni 50 si affermarono due dei principali drammaturghi della letteratura
francese: Racine e Molière. Il primo riuscì a sviluppare l’azione della tragedia a partire dal
conflitto interiore dei personaggi, ovvero in trame semplici si muovono personaggi
complessi. Gli eroi/eroine delle sue tragedie oscillano fra due possibilità di scelta (dovere
verso desideri) e lo spettacolo si sviluppa intorno al loro tormento. La tragedia comincia
quando il protagonista è già cosciente del suo dubbio e si confida nella scena d’apertura.
Moliere invece è sia attore che drammaturgo e scrive commedie, in particolare commedie di
carattere. In queste opere vengono fatte osservazioni sui comportamenti e sui tipi
contemporanei che suscitarono molte critiche e reazioni. Molti dei suoi lavori sono ispirati
alla commedia dell’arte. Nelle sue opere maggiori si attiene alla regola classicistica dei
cinque atti e delle tre unità. Alcune commedie sono scritte in versi, altre in prosa, e
moltissime si svolgono nel chiuso dei salotti.
Nonostante la Chiesa continuasse ad osteggiare il ruolo dell’attore, essi si stavano sempre
più riscattando all’interno della società, ottenendo anche il sostegno del re. Gli attori che
facevano parte delle compagnie teatrali principali godevano di un certo status di prestigio e
sicurezza. In Francia si formò la prima compagnia nazionale, la Comédie Française (1679),
che aveva il monopolio assoluto delle rappresentazioni dei drammi in lingua francese.
Per quanto riguarda il palco, esso era sollevato, spesso la struttura era simile a quella delle
mansions medievali e veniva utilizzata qualche macchina. Le scenografie rappresentavano
un luogo unico e utilizzavano le quinte piatte. Lo sfondo tipico della tragedia era il palais à
volonté, una scena neutra, e quella per la commedia era la chambre à quatre portes,
rappresentante un’architettura domestica.

CAPITOLO 9 - il teatro inglese nel Seicento


Esattamente come in Francia, la produzione teatrale inglese del 17esimo secolo fu
fortemente influenzata dalle vicende politiche del tempo. Dal 1642 al ‘47 l’attività teatrale fu
proibita dal parlamento, per poi essere di nuovo proibita nel 1649 dai puritani. Tuttavia alcuni
spettacoli vennero comunque rappresentati come “intrattenimenti musicali”, fra cui il più
importante è L’Assedio di Rodi, primo spettacolo che contava attrici donne. Nel 1660,
quando Carlo II riconquistò il trono, si accesero immediatamente le dispute per ottenere la
licenza reale necessaria per formare le compagnie teatrali e allestire gli spettacoli. Venivano
ancora rappresentati testi vecchi, anche se venivano ritenuti inattuali e antiquati e vennero
scartati non appena se ne produssero di nuovi.
Il genere più in voga fino al 1680 era la tragedia eroica, che fu soppiantata dalla tragedia,
scritta in versi liberi e che rispettava le tre unità. Nonostante le unità aristoteliche venissero
rispettate, questa regola in Inghilterra ebbe meno importanza rispetto al resto d’Europa,
infatti molto spesso venivano introdotti intrecci secondari. Anche l’opera lirica godette di un
periodo di grande fioritura.
Nacquero diversi tipi di commedia, tra cui la più popolare era la commedia di costume.
Autore più importante di questo genere fu John Dryden. Il tono licenzioso di questo genere
offese molti critici. La commedia d’intreccio va ricordata poiché conta fra gli autori la prima
donna inglese che visse del mestiere di drammaturgo, ovvero Aphra Behn.
Nel 1689 Guglielmo III d’Orange salì al trono e il potere della borghesia mercantile aumentò
sempre più. L’atteggiamento generale era una simpatia al rigorismo dei puritani e un forte
conservatorismo. I drammi di questo periodo presentano sempre personaggi dissoluti nel bel
mondo che perseguono i loro comportamenti libertini fino al quinto atto dove vanno incontro
ad una conversione. In questo periodo ci fu un fiorire di autrici teatrali. Anche nelle
commedie la moralità è più importante della risata. Le scenografie erano molto semplici,
quasi neutre, poiché si credeva che scenografie troppo specifiche avrebbero tolto
universalità alla vicenda.
Il Listening Act del 1737 introdusse la censura preventiva per gli spettacoli.
Nel XVIII secolo vengono reintrodotti spettacoli vecchi come quelli di Shakespeare - che
occupano i ¾ dei programmi dei teatri - e nascono nuovi generi secondari come il
pantomime, la ballad opera e il burlesque. Il pantomime trattava temi di attualità o mitologia
classica in modo satirico.
La ballad opera alternava dialogo prosaico a dialogo cantato in versi. L’opera più impo del
genere è The Beggar’s Opera (1728) di John Gay.
Il burlesque era sempre di carattere satirico ma, a differenza del pantomime, non aveva parti
cantate. Autore importante di questo genere è Henry Fielding.
Londra e Dublino erano i principali centri del teatro inglese.
Il rapporto fra pubblico e attori era molto stretto, infatti a volte gli attori si lamentavano con il
pubblico dei torti che avevano subito e i colpevoli dovevano spiegarsi. Dal 1660 vennero
introdotte le attrici donne nelle compagnie teatrali. Fino al 1750 lo stile declamatorio della
recitazione dominava, in seguito venne introdotto uno stile più verosimile grazie ad artisti
come Macklin e Garrick.

CAPITOLO 10 - il teatro in Italia e Francia nel Settecento


Vittorio Alfieri e Carlo Goldoni sono i principali drammaturghi italiani del XVIII secolo.
Alfieri scrive principalmente tragedie, fra cui il Saul, il suo capolavoro. Le sue opere hanno
un numero ristretto di personaggi coinvolti nel precipitare di un'azione semplice e lineare. La
sua poetica è animata da un’esigenza di libertà individuale e dal rifiuto di ogni compromesso
con il potere.
La commedia dell’arte stava iniziando il suo lento declino, e Goldoni tentò di creare un
genere che la sostituisse e sostituisse anche la commedia sentimentale e lacrimosa. Egli
introdusse un canovaccio che, oltre alle parti d’azione, integrava dialoghi scritti da imparare
a memoria. Le sue commedie rispecchiano i problemi della vita quotidiana e della società
italiana del tempo. I personaggi sono psicologicamente più sfumati. Le sue opere più
importanti sono La Locandiera e la Trilogia della Villeggiatura.
Dal pov della scenografia vennero introdotte diverse novità che seguivano il gusto barocco,
in crescente diffusione. I fratelli Bibiena furono fra i più importanti scenografi dell’epoca.
Cambiarono la forma della scena, che prediligeva le curve e le asimmetrie. Molte scene dei
Bibiena dividono il palco in due sezioni: quella anteriore, dove recitavano gli attori, e quella
posteriore in cui si sviluppa lo sfondo. Vennero in seguito introdotti anche drappeggi, piante
tropicali e motivi architettonici orientali. I luoghi dipinti nelle scenografie iniziarono ad avere
tinte più psicologiche grazie all’introduzione di chiaroscuri e raggi di luce. Erano comunque
tutti luoghi idealizzati.
I maggiori drammaturghi francesi dell’epoca sono Lagrange-Chancel, Crébillon e Voltaire.
Voltaire è l’autore tragico e uno dei filosofi più importanti del settecento. Egli prediligeva gli
intrecci tortuosi e i rapporti intricati fra i personaggi. Incluse sulla scena un certo grado di
violenza e la presenza di fantasmi, e fu soprattutto grazie a lui che l’ammissione degli
spettatori sul palcoscenico venne abolita.
Altro drammaturgo importante fu Diderot, autore dell’Encyclopedie, per questo molto
influente non solo nel teatro. Egli sosteneva la necessità di generi intermedi in cui linguaggio
e temi toccassero da vicino l’uomo medio e le sue condizioni sociali. Egli propone anche
diverse innovazioni nel campo della scenografia.
Nasce il genere dell’opera comique, genere utilizzato dalle compagnie secondarie (cioè
compagnie che non erano l’Opera e la Comedie Francaise, compagnie ufficiali), in cui i
dialoghi venivano scritti su cartelloni che venivano retti da ragazzi vestiti da cupido. Questo
genere ebbe un successo incredibile. I personaggi “normali” presero il posto dei personaggi
fissi e venne introdotto un nuovo tipo di musica. Nel 1762 fu concessa l’esclusiva dell’opera
comique alle compagnie ufficiali, che rimossero le commedie francesi per lasciare il posto ad
essa e alle commedie di Goldoni. Anche la pantomima divenne progressivamente più
famosa poiché venne introdotta come sostituto dell’opera comique.
L’Opera e la Comedie Francaise erano le due compagnie principali e i drammaturghi
scrivevano drammi appositamente per una compagnia dato che le altre compagnie potevano
rappresentare solo drammi “irregolari”. La Comédie Francaise solitamente presentava un
dramma regolare e un pezzo di chiusura, in seguito introdusse i balletti. L’Opera presentava
un’opera, arricchendo lo spettacolo con i balletti.
Esattamente come in Inghilterra, lo stile declamatorio venne soppiantato da uno stile più
realistico. Con la rivoluzione (1789) l’attore francese ottenne pieni diritti civili e religiosi.

CAPITOLO 11 - il teatro in Germania e Russia nel Settecento


Il teatro professionale tardò ad affermarsi in Germania, devastata dai conflitti fra cattolici e
protestanti. Inizialmente le opere venivano recitate in latino, poi vennero introdotti testi in
volgare e il teatro si aprì alla musica e alle scenografie. L’attività teatrale si svolgeva nelle
corti, nelle sale pubbliche, nelle scuole dei gesuiti. Il teatro gesuita raggiunse infatti il suo
pieno sviluppo nel XVII secolo e si sviluppò soprattutto in Francia e Germania. Dal pov dei
gesuiti il teatro professionale poteva traviare le anime dei fedeli, infatti mantenendo alta la
qualità delle loro rappresentazioni riuscirono a distogliere l’attenzione del pubblico dalle
compagnie.
Le prime compagnie professionali a recarsi in Germania furono quelle provenienti
dall’Inghilterra, che dovevano adattare gli spettacoli al pubblico parlante la lingua tedesca,
riducendo i dialoghi e aggiungendo musica, danza e mimica. Tra le prime compagnie
tedesche la più importante fu quella di Velten. Venne diffuso il personaggio di Hanswurst,
che era un’unione dei caratteri di vari personaggi: Arlecchino, il fool medievale e i vari tipi di
clown inglesi.
Gottsched si battè per l’affermazione della lingua tedesca al posto di latino e francese (1720)
e riteneva che il teatro fosse un efficace strumento di educazione. Egli fu il primo scrittore
tedesco a lavorare fianco a fianco con una compagnia teatrale, quella di Neuber. I Neuber
tentarono anche di elevare il livello delle loro rappresentazioni, vigilando la vita privata degli
attori per combattere la loro cattiva reputazione.
Lessing fu uno dei drammaturghi più importanti del teatro tedesco e Miss Sarah Sampson
(1755) divenne presto il testo teatrale tedesco più imitato e il primo che riuscì ad attirare la
borghesia. Egli prendeva come esempio il teatro inglese che riteneva più vicino al contesto
sociale della Germania, opposto a Gottsched che invece prediligeva quello francese. Egli
scrisse anche la prima commedia nazionale tedesca.
Prima della sua morte si sviluppa una corrente letteraria/teatrale importante, lo Sturm und
Drang (Tempesta e Impeto), le cui opere rappresentative erano Gotz von Berlichingen
(1773) di Goethe e Die Rauber di Schiller. Lo Sturm und Drang non era un vero e proprio
movimento in quanto non aveva un programma preciso, infatti le opere sono molto dissimili
sia come forma che contenuto: alcune rifiutano i principi classicisti, altre seguono la regola
dei cinque atti e di luogo,etc. Questi drammi introdussero nuove esigenze per la messa in
scena, cambiando luogo d’azione o le scenografie molto accurate. Pochi drammi di questo
movimento furono rappresentati e pochissimi vennero apprezzati, tuttavia molti vennero letti
e accesero discussioni.
Goethe e Schiller sono i capisaldi di quello che chiamiamo il classicismo di Weimar.
Entrambi superarono lo Sturm und Drang e negli anni 80 ci fu una svolta nella loro carriera:
Goethe, dopo un viaggio in Italia, operò il recupero dei principi dell’arte classica; Schiller
sviluppò diverse riflessioni filosofiche nelle sue opere più mature.
Entrambi ritengono che le convenzioni della tragedia greca servissero come espedienti per
distanziare gli spettatori dagli eventi del dramma in modo che potessero coglierne gli aspetti
ideali, dunque il dramma doveva trasfigurare le forme della nostra esperienza ordinaria.
Prediligevano entrambi il verso e introdussero un rigido schema ritmico nel tentativo di
trasportare lo spettatore in una verità ideale.
Goethe lavorò anche alla trasformazione della compagnia di second’ordine di Weimar:
lavorava con ogni attore singolarmente, tentò di rendere la recitazione più naturale possibile
e sfruttò gli studi fatti sulla pittura per costruire la scena.
Opposto al classicismo di Weimar è il realismo di Amburgo, di cui il massimo esponente era
la compagnia di Schröder. Questa fu la pria compagnia affiatata in Germania, che
rappresentava anche le opere di Shakespeare e dello Sturm und Drang. Schröder era sia
direttore che attore, ed è tuttora considerato da molti come uno dei più grandi attori della
Germania. Definiva personaggi e scenografia con grande precisione ed è ritenuto il creatore
della scuola di recitazione di amburgo. In questi anni (1770 e 1800) la sua compagnia
divenne la più famosa e il teatro tedesco raggiunse una piena stabilità.
Il primo teatro statale fu istituito a Gotha nel 1775, dopo che il Teatro Nazionale d’Amburgo
aveva chiuso i battenti nel 1769. Anche in Austria ne fu istituito uno nel 1776, dentro alla
sala del Burgtheater. Le scenografie rimasero molto semplici fino al 1725: un bosco per le
scene all’esterno, una sala per il palazzo e una stanza di una casa di campagna per gli
interni domestici. Gli anni 70 portarono innovazioni negli allestimenti teatrali. I costumi
seguirono la stessa tendenza.
Il settecento vide anche lo sviluppo del teatro in Russia: già nel decimo secolo troviamo
testimonianze di attori girovaghi, ma fu nel XVIII secolo che il teatro in Russia si afferma,
riconfermando che il teatro professionale era ormai diffuso in tutta Europa. Tra il 1725 e il
1750 le attività teatrali furono limitate all’ambito della corte. In occasione dell’incoronazione
di una regina venne invitata a corte una compagnia del teatro dell’arte, il che stimolò la
curiosità dei russi di conoscere gli altri stili teatrali occidentali, che presto divennero ben noti.
Il primo drammaturgo russo del 700 e Sumarokov, che cominciò a scrivere opere sul
modello classicista francese. Nel 1756 l’imperatrice Elisabetta istituì un teatro statale per la
rappresentazione di opere russe. Durante il regno successivo di Caterina II il teatro si diffuse
in molte regioni. I drammi in repertorio erano perlopiù traduzioni di opere straniere e i generi
più diffusi erano il dramma domestico e la commedia sentimentale. Tutti i drammi erano
soggetti ad una censura. La regina incoraggiò l’aristocrazia a patrocinare arti e teatro.
Diversi latifondisti/nobili iniziarono ad addestrare i servi della gleba a diventare attori, in
modo da avere la loro compagnia privata, e nacquero diversi teatri dove si esibivano i servi.

CAPITOLO 12 - il teatro nel primo Ottocento


Il romanticismo, termine coniato dai membri della rivista Athenaeum, è un movimento nato
fra la fine del Settecento e l’inizio dell’Ottocento in Germania: gli intellettuali, ormai disillusi,
superarono il culto della ragione dell’illuminismo e la fiducia nelle regole del classicismo,
assumendo un atteggiamento particolarmente critico nei confronti del proprio tempo e un
rifiuto delle forme tradizionali della cultura. Il movimento rendeva ispirazione dalla natura,
dalle tradizioni nazionali e dalle leggende medioevali, ed era un movimento essenzialmente
borghese. Rifiuta le unità di tempo e luogo, privilegia l’azione avventurosa, il predominio del
caso, gli accadimenti improvvisi, la violenza, gli intrighi, i travestimenti e gli inganni. Essi
credevano che le opere di Shakespeare si avvicinassero perfettamente al loro ideale. Poche
opere furono prodotte e pochissime ricevettero l’approvazione del pubblico tedesco.
Con l’avvento del regime napoleonico, il popolo tedesco recuperò interesse per il proprio
passato e sviluppò un sentimento nazionalistico, che tuttavia non poterono esplorare a
causa della censura. Autori importanti sono Grabbe, che vedeva la società come un
groviglio di interessi egoistici, comportamente sclerotici e rigide convenzioni, Grillparzer, il
primo autore importante austriaco e Tieck, fautore di una recitazione psicologicamente
realistica e di fiabe drammatiche. Egli fu anche il primo a proporre rappresentazioni
professionali di drammi greci.
Dopo il 1830 nasce un movimento democratico e libertario, la Grande Germania, che fra gli
anni ‘30 e ‘40 produce alcune delle opere più controverse dell’epoca. Le loro opere erano
fondate sull’osservazione del mondo reale e i problemi cruciali della politica e della società,
e la volontà di affrontarli direttamente. Autori importanti sono Büchner (Woyzeck) e Hebbel,
che sostiene che i progressi morali siano possibili solo dopo un violento conflitto e spesso
nelle sue opere rappresenta un conflitto fra nuovo e antico, dove il nuovo viene
puntualmente sconfitto.
I centri più importanti erano Berlino e Vienna, in particolare il Burgtheater di Vienna, primo
teatro statale di lingua tedesca a restringere il suo repertorio ai drammi parlati. Venne data
sempre più importanza all’accuratezza nella rappresentazione storica e la recitazione era
caratterizzata dal contrasto tra i diversi stili di interpretazione drammatica.
In Francia la politica culturale napoleonica privilegia la diffusione del dramma classico,
mentre nei teatri del boulevard si diffondevano i melodrames, in cui un eroe (o eroina)
virtuos* lottava contro un nemico bieco e odioso e riusciva a superare difficoltà
apparentemente insormontabili. Le storie erano semplici ed efficaci e anche un pubblico
meno raffinato poteva apprezzarle. Spesso ricorrevano a disastri naturali o ad altri eventi
clamorosi per portare avanti l’intreccio.
Viene generalmente considerato come inizio del romanticismo francese il 1827, data della
pubblicazione di Cromwell di Hugo in cui elencava i principi del romanticismo, e nel 1830 la
rappresentazione dell’Hernani accese un aspro dibattito fra classicisti e romantici. Nello
stesso anno la censura fu sospesa. Egli dava massima attenzione alla posizione degli attori
sul palco, addirittura posizionando un attore di spalle rispetto al pubblico.
L’interesse per la spettacolarità scenografica crebbe dopo il 1820.
Nella seconda metà del 1800 il teatro in Inghilterra aveva raggiunto anche le classi
lavoratrici. Solo i teatri ufficiali potevano rappresentare i generi maggiori, questo spinse le
altre sale a spingersi verso nuovi generi come il melodramma. Tuttavia qualsiasi opera con
le dovute modifiche poteva diventare un melodramma, per cui tutti i drammi erano in realtà
rappresentati ovunque. Nel 1843 tutte le sale furono autorizzate a rappresentare qualsiasi
spettacolo. La censura rimase tuttavia in auge fino al 1968.
In questo periodo un genere molto popolare era il melodramma gotico: vicende ambientate
in castelli diroccati o abbazie con protagonisti fantasmi, banditi o parenti dispersi da lungo
tempo. Molti poeti del tempo scrissero anche opere teatrali, come Shelley o Byron.
Importanti per la recitazione sono Kemble e Sarah Siddons, che crearono uno stile definito
lassico per la maestosità, dignità e grazia, che dava tuttavia un’impressione di freddezza che
venne fortemente criticata.
Kean fu un altro celebre attore meno freddo rispetto a Kemble, e i due sono i più famosi
attori comici del tempo. Macready fu uno dei primi registi in senso moderno, e Madame
Vestris fornì un importante contributo alla messa in scena poichè dava un grande valore al
fattore visivo.
In Italia i drammaturghi importanti erano Foscolo e Manzoni e la compagnia importante era
la Compagnia Reale Sarda fondata da Vittorio Emanuele I nel 1821.
In Russia si affermò sempre più il teatro nonostante la censura con Nicola I fosse diventata
particolarmente dura. Autori importanti sono Griboedov, Puskin e Gogol. A Mosca apre il
primo teatro statale e le sale imperiali ebbero il totale monopolio sulla produzione di
Pietroburgo e Mosca.
Negli Stati Uniti già a partire dalla seconda metà del Settecento il teatro iniziò ad affermarsi,
specialmente a Philadelphia e a New York. Il repertorio era per lo più in inglese. La maggior
parte degli attori proveniva dall’Inghilterra.
Le opere teatrali dell’inizio Ottocento resero popolari due personaggi: l’Indiano, personaggio
serio, presentato con simpatia, e lo yankee, figura comica, simbolo dell’americano medio,
attaccato al principio di democrazia. Un personaggio che ottenne sempre più importanza è il
Nero. Egli era una caricatura comica e portò alla nascita di un nuovo genere, il Ministrel
Show, in cui gli attori solitamente bianche imitavano le caratteristiche comiche e le capacità
istrioniche degli schiavi. Raggiunse il culmine della popolarità fra il 1850 e il 1870. Tuttavia,
gli attori neri riuscirono a farsi spazio nel panorama teatrale del tempo, rappresentando
anche tragedie importanti come Riccardo III.

CAPITOLO 13 - il teatro del secondo Ottocento


Le rivoluzioni del 1848 portarono un cambiamento nell’atteggiamento generale in Europa,
con un’intensificazione delle lotte operaie, tensioni nazionalistiche contro l’impero austriaco,
l’espansione degli imperi coloniali, il tutto accompagnato da un rapido sviluppo scientifico e
industriale. Questo produsse nell’arte una tendenza verso un maggior realismo: l’arte
doveva riprodurre in modo fedele il mondo che doveva essere osservato da un osservatore
oggettivo e impersonale e solo dopo l’osservazione diretta poteva scriverne.
Autore importante del tempo, in Francia, è Eugene Scribe, conosciuto soprattutto per le sue
pièces bien faites, ovvero opere che seguivano l’ordine causa-effetto, mantenevano sempre
alta la tensione e facevano ricorso a rivelazioni sorprendenti a capovolgimenti sensazionali.
Questi erano testi di estrema efficacia per i frequentatori del teatro del XIV secolo. Dumas
(figlio) e Augier sono i diretti successori di Scribe, e ciò li rende simili ad altri autori del tempo
meno impegnati di loro. Spesso scandalizzavano il pubblico ma i temi erano sempre molto
vicini agli interessi della borghesia d’epoca. In questo periodo si sviluppò anche l’operetta,
una delle forme drammatiche minori più popolari.
Dal 1875 venne introdotta la pratica di matinees. Intorno al 1900 Parigi divenne l’unico
centro teatrale della Francia e i testi degli autori più affermati venivano spesso scelti al posto
di altre opere. Alcuni direttori si concentravano di più sulle opere del mondo contemporaneo,
tentando di dare un’illusione della vita reale, altri invece preferivano opere “vecchie”,
tentando di rendere al meglio l’accuratezza storica. Gli attori iniziarono a compiere azioni
sempre più simili a quelle della vita quotidiana sul palco. C’erano comunque diversi elementi
della “vecchia scuola” che stridevano con questo crescente realismo.
In questo periodo era crescente il fenomeno del divismo, e due attori particolarmente famosi
del tempo furono Coquelin, famoso per la sua interpretazione del Cyrano, e Sarah
Bernhardt, diva del teatro che fece anche tournée da sola.
Nella seconda metà dell’Ottocento il teatro inglese attraversò un periodo di decadenza,
tuttavia alcuni scrittori si distinsero per le loro opere. Fra il 185 e il 1900 i generi più diffusi
erano il pantomime, il burlesque-extravaganza e gli spettacoli musicali. Il pantomime stava
sempre più diventando uno spettacolo autonomo. Nel 1830 venne creata la Società degli
Autori Drammatici per contrastare la crescente condizione di sfruttamento degli attori.
Importanti direttori del tempo sono Kean, che riuscì a far tornare a teatro il pubblico dell’alta
società inglese (anche grazie alla regina Vittoria che ripristinò il ruolo di Master of Revels e
nominò proprio Kean) e aveva un certo gusto per l’antiquato e il trio Robertson-Bancroft, che
consideravano caratteri e ambientazione scenica del tutto inseparabili perché attitudini ed
emozioni dei personaggi si rivelano attraverso le minuzie della vita quotidiana. Nel 1878 il
Lyceum Theatre divenne il primo teatro di Londra e godeva della presenza di attori celebri
come Irving e la Tery. Verso la fine del secolo le produzioni diventarono sempre più
spettacolari.
In Italia il teatro era sempre più nelle mani delle compagnie nomadi basate su un solo
gruppo familiare e che spesso si appoggiano sulla presenza di un divo. Il teatro dialettale
viene separato da quello in italiano. I grandi attori italiani viaggiarono in Europa e in America
e venivano considerati i più grandi attori dell’epoca.
In Russia la tendenza realistica fu portata sulle scene da Ostrovskij, che rappresentava la
vita della media borghesia, Turgenev, che utilizzava particolari domestici per svelare le
inquietudini interiori dei personaggi e più avanti da Tolstoj, già famoso come romanziere. Nei
teatri pubblici invece il genere che andava per la maggiore era il mélodrame. Nel 1882 fu
abolito il monopolio concesso ai teatri di Mosca e Pietroburgo.
In Austria il Burgtheater continuava ad acquisire importanza anche grazie a due direttori:
Laube, contrario alle minuziose scenografie storiche perché pensava distogliessero
l’attenzione del pubblico, promotore di un realismo austero; e Dingelstedt, che privilegiava
un’ambientazione scenica spettacolare ed accurata.
Negli Stati Uniti la tendenza realistica si risolveva prevalentemente nel tentativo di rendere il
colore locale. Harrigan è uno dei primi drammaturghi importanti, e la maggior parte delle sue
opere si conclude con un finale violento e spettacolare. Daly, direttore del 5th Avenue
Theatre, contribuì significativamente allo sviluppo del realismo. In America avviene la
trasformazione del burlesque che lo rende più simile alla nostra concezione del genere,
poichè un gruppo di ballerine rimaste a New York senza soldi viene inserita nella
programmazione di uno spettacolo, ed ebbero talmente successo da essere inserite nel
programma delle seguenti serate. Da lì in poi la presenza femminile nel burlesque divenne
predominante.
Nel 1900 prevale la formula della combination company, ovvero una compagnia formata per
una produzione in particolare. Non esisteva sindacato per i diritti degli autori che spesso non
prendevano alcun compenso durante il periodo delle prove e spesso dopo la produzione
rimanevano per strada. Dopo duecento anni in cui l’attore si trovava in una posizione
privilegiata, si trovava ora in sostanziale svantaggio, senza diritti e senza tutela.

CAPITOLO 14 - il teatro dell’Oriente


In India i drammi in sanscrito erano principalmente di due tipi: il Mahabharata e il Ramayana,
che raccontano rispettivamente le vicende dei discendenti del re Bharata e le avventure del
principe Rama.Lo scopo fondamentale dei testi teatrali non è lo svolgimento dell’azione o la
descrizione del carattere dei personaggi ma la creazione del rasa (piacere poetico). Ci sono
nove rasa che si riferiscono a nove bhava (stati d’animo) essenziali: piacere, allegria, dolore,
ira, forza, paura, avversione, ammirazione e pace. La più importante fonte sul teatro indiano
è il Natyasastra (II secolo d.C.): questo testo tratta del modo in cui gli stati d’animo devono
essere rappresentati sul palco attraverso parole, azioni, costume e trucco. Un solo rasa
deve dominare rispetto agli altri perché l’obiettivo finale della rappresentazione è creare
un’esperienza armoniosa di quiete e riconciliazione. Il libro parla anche di tre sale per le
rappresentazioni teatrali, tre misure per ogni forma di sala, non si usava alcun tipo di
scenografia. L’attore doveva rispettare regole codificate per movimento e gestualità, parola e
canto, costume e trucco e penetrazione psicologica. C’erano schemi dove venivano illustrati
i vari movimenti della testa, del viso, delle mani, che venivano combinati insieme a seconda
dell’emozione, della situazione e del personaggi. Una simile classificazione era prevista
anche per il linguaggio vocale e la musica. Ogni dramma prevedeva un accompagnamento
musicale, fatto da orchestra, cantanti, tamburo, ecc. I personaggi erano divisi in categorie
chiaramente distinte.
Questi drammi mescolavano eroico e quotidiano, eccezionale e consueto, il dialogo alterna
versi e prose, il sanscrito al dialetto pracrito. La lunghezza poteva variare da uno a dieci atti,
lo spazio dell’azione non ha limiti e può mutare con grande facilità. I drammi più importanti
sono quelli di Bhasa, in particolare Il Carretto d’Argilla, uno dei drammi sanscriti più celebri
che racconta l’amore di un bambino per una cortigiana.
Nell’India moderna è diffusa la tradizione dell’antico teatro popolare. Ogni stato dell’India ha
le proprie forme drammatiche tradizionali, le varianti sono innumerevoli. Ci sono tuttavia
alcuni caratteri comuni: un narratore descrive gli antefatti, introduce ogni personaggio
secondo l’ordine richiesto, illustra gli eventi che non vengono mostrati sulla scena. Non
viene impiegata alcuna scenografia, la musica accompagna l’intera rappresentazione.
Importanti in India sono anche le danze, in particolare chhau e kathakali. Le danze chhau,
tipiche dell’India nordorientale, prendono ispirazione dalla mitologia, storia sacra e leggende
e sono eseguite da danzatori mascherati. Le danze kathakali sono tipiche dell’India
sudoccidentale, i temi sono presi dall’epica e le storie trattano passioni degli dei e dei
demoni o amori e odi di personaggi soprannaturali.
Nel XIX secolo in India vennero introdotti i drammi occidentali, portati dai colonizzatori
inglesi, ma dopo l'indipendenza l’attenzione fu riportata sul dramma sanscrito e altre forme
classiche, che tuttavia integravano argomenti di attualità. In particolare la Digbijoy Opera,
una compagnia, si indirizzò su questo campo.
Il teatro delle ombre era un genere molto popolare in Cina, Giappone, Indonesia, Malesia,
Thailandia, in particolare sull’Isola di Giava, dove si sviluppa il wayang kulit. I personaggi si
basano solitamente su quelli del Mahabharata e Ramayana. Una sola persona solitamente
recita dialogo, passi narrativi, canta canzoni, produce effetti sonori. Gli spettacoli solitamente
duravano tutta la notte e seguivano un ciclo preciso.
La prima dinastia cinese a incoraggiare artisti e a introdurre numerose forme di
intrattenimenti teatrali furono gli Han, ma la vera e propria fioritura del teatro ci fu sotto la
dinastia Yuan (XI-XII secolo). Gli scrittori di quest’epoca traevano i loro temi dalla storia, dal
mito, dalla narrativa, dall'epica e dagli avvenimenti della vita quotidiana. I drammi esaltano la
fedeltà alla famiglia e agli amici, onestà e dedizione al lavoro e al dovere. Spesso
rappresentano un mondo diviso dove però, alla fine, il bene riusciva a prevalere. Il dramma
più famoso di questo periodo è La Storia del Cerchio di Gesso di Li Xingdao, da cui Brecht
trae ispirazione per il suo Il Cerchio di Gesso del Caucaso. Prima del XIV secolo si sviluppò
anche il cosiddetto teatro del sud.
L’Opera di Pechino è stata la forma teatrale dominante dalla metà dell’ottocento ad oggi. Fu
una forma principalmente teatrale e non letteraria, infatti si fondava s convenzioni
rigidamente rispettate di recitazione, danza e canto. I drammi erano di due tipi: drammi civili
e drammi militari. Gli argomenti e temi derivano da antiche opere letterarie, racconti, storia,
folklore, miti e leggende. Il palcoscenico tradizionale è una piattaforma aperta, coperta da un
tetto, sul quale possono esserci solo una tavola di legno, qualche sedia e qualche pannello
dipinto. Il significato di questi oggetti può variare. Altri oggetti servono a chiarire scenografia
e azione. I musicisti rimanevano in vista per tutto lo spettacolo, la maggior parte della
musica è tratta da fonti preesistenti e viene arrangiata diversamente a seconda delle
esigenze. Il cuore dello spettacolo è l’attore. Ci sono tre tipi di ruoli maschili: vecchi, giovani
e guerrieri; i ruoli femminili sono la donna virtuosa, la donna vivace o leggera, quella
guerriera e la vecchia. Le attrici vennero bandite alla fine del XVIII secolo e vennero
reintrodotte solo dopo il 1911. I colori sono sempre usati in modo simbolico: il rosso per
fedeltà e alto rango, giallo per la regalità, cremisi scuro per stranieri, consiglieri militari e così
via. L’attore non porta maschere, ma il trucco segue convenzioni precise.
Il teatro occidentale viene importato in Cina agli inizi del 900 e viene chiamato dramma
parlato. Spesso le opere sono adattamenti di autori come Shakespeare, Checov, Shaw e
Ibsen. Dopo la presa di potere comunista del 1949 le forme teatrali vennero rinnovate.
Anche l’Opera di Pechino subì numerosi cambiamenti; i drammi dovevano essere approvati
e cambiati per adattarli alla dottrina comunista. Nel 1976, con la sconfitta della rivoluzione
culturale, i drammi tradizionali vennero nuovamente rappresentati. Il dramma più popolare
del tempo è La Ragazza dai Capelli Bianchi.
La prima testimonianza che abbiamo del teatro in Giappone risale al 712 d.C. , anche se la
nascita del teatro avvenne molto prima. Nel VI secolo d.C. in Giappone venne introdotto il
buddismo, che influenzò profondamente il teatro. Furono introdotte diverse forme teatrali fra
cui il bugaku. Esso ha continuato ad essere rappresentato fino ad oggi in occasione di
importanti celebrazioni. Con questo termine si definisce qualsiasi danza accompagnata da
musica classica di corte. Molte di queste danze proviene dall’Asia continentale: abbiamo le
danze della destra derivate dalla Corea e le danze della sinistra derivate da Cina e Asia
mediorientale. Il bugaku è la rappresentazione simbolica di una parte di un’intera storia ed è
strutturata in tre momenti: introduzione, svolgimento e momento di massima intensità.
Il sarugaku-no nasce dalla mescolanza di elementi rituali, musica e danza continentali con i
corrispondenti giapponesi. Nel XII secolo fu adottato dai buddisti come strumento didattico
per illustrare i loro insegnamenti, dunque assunse un valore simile ai misteri e alle moralità
medievali.
Nel XIV secolo il teatro giapponese visse quella che è la sua trasformazione fondamentale.
Con la nascita del shogunato (dittatura militare) ci fu anche la nascita di cariche come quella
del samurai e la nascita del rigido sistema feudale che caratterizza il Giappone fino alla fine
del XIX secolo. Fu nel 1338 che il Giappone riscoprì le proprie tradizioni culturali.
In questo contesto nasce il no, influenzato dal buddismo zen, con la sua fede in una pace
ultima che si raggiunge nell’unione con la totalità dell’essere e il superamento dei desideri
individuali. Esso è strettamente legato al hyogen, breve spettacolo che conserva il tono
comico della forma originaria. I personaggi caratteristici erano fantasmi, demoni o esseri
umani dall’anima tormentata. Ci sono cinque diverse categorie di drammi: drammi che
cantano le lodi degli dei, quelli incentrati sulle gesta dei guerrieri, drammi i cui protagonisti
sono figure femminili, drammi di carattere miscellaneo, drammi su demoni, diavoli e altri
esseri soprannaturali. Il testo non cercava tanto di raccontare una storia, più che altro di
evocare un’emozione o stato d’animo. Il testo del no funge da cornice per vari movimenti
coreografici prestabiliti. Il fulcro del dramma è l’attore. I due ruoli fondamentali sono il
protagonista e il deuteragonista, che deve guidare il protagonista verso il momento di
massima tensione. Le maschere del teatro no rappresentano cinque tipi fondamentali:
vecchio, uomo, donna, divinità e mostri. Sono solitamente di legno dipinto. Gli oggetti usati
dagli attori sono pochi e convenzionali e quello più importante è il ventaglio che può
assumere svariati significati. Il palcoscenico raggiunge la sua forma completa nel 1612: è
composto dal palcoscenico (butari), coperto da un tetto, e il ponte (hashigakari). Dietro le
due colonne posteriori si colloca l’orchestra composta da un flauto e due o tre tamburi. Dal
retroscena inizia il ponte, anch’esso coperto, che si estende sulla sinistra degli spettatori e
conduce alla stanza dello specchio. Davanti al ponte sono piantati tre pini che
rappresentano cielo, terra e inferno. Quando lo shogunato fu abolito nel 1868 il no perse la
sua posizione privilegiata.
Altri generi importanti sono il teatro delle marionette, predominante nel 700, sviluppatosi da
vari generi dove le storie venivano recitate da un singolo accompagnato da uno strumento
(joruri). Le marionette si fusero a questo genere. In seguito le marionette subirono numerose
trasformazioni diventando sempre più complesse. Intorno al 1780 iniziò a decadere,
offuscato dal teatro kabuki.
Il kabuki attinge sia dal teatro delle marionette che dal no. Era formato da scene recitate
inframezzate a danze. Solo nel XVII secolo le opere diventarono più complete.
La maggior parte degli interpreti erano donne. Questo tipo di rappresentazione fu collegata
alla prostituzione e nel 1629 lo shogun proibì alle donne di prendere parte agli spettacoli,
furono sostituite dai giovinetti che furono banditi per lo stesso motivo. Izumo è l’autore più
importante del teatro kabuki. Non ci fu mai una vera e propria distinzione fra opere serie e
comiche. La danza è ritenuta il fondamento del kabuki. La musica è narrativa e descrittiva e
lo strumento più importante è il samisen. Canto e narrazione sono uniti alla danza. I ruoli
principali sono protagonista, antagonista, giovinetto, comico, pagliaccio, fanciullo, donne.
Nella prima metà del 700 viene introdotto lo hanamichi, elemento fondamentale del kabuki,
passerella che raggiunge la parte opposta della sala ed immette in una piccola stanza. A
differenza del no, che non ammetteva scenografie, il kabuki lo aveva oppure aveva oggetti di
scena che suggerivano l’ambientazione.
All’inizio del 900 si tentò di inserire il teatro occidentale in Giappone con scarsi risultati. Il
regista teatrale più importante del 900 è Tadashi Suzuki, che propose numerose produzioni
della drammaturgia giapponese unite a spettacoli occidentali come l’Euripide, le opere di
Shakespeare e di Checov. Egli unisce le arti marziali e le tecniche di recitazione del kabuki.
Negli ultimi decenni del 900 si diffonde in Giappone la danza buto, dove un ballerino nudo si
esibisce in una danza giocosa, dove movimenti lenti e frenetici si susseguono. Spettacolo
scandaloso fu il Kinjiki di Hijikata, danza buto brevissima che si riferiva chiaramente
all’omosessualità, dove un ballerino teneva fra le gambe una gallina soffocandola.

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