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Giulia Calligaro
”Andar per uccelli”, un trattato sulla seduzione
(doi: 10.1419/22966)
Ente di afferenza:
Università di Siena (unisi)
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Giulia Calligaro
1
Questo articolo è apparso su «Il Gazzettino» il 26 settembre 2000, in seguito alla
riedizione del libro.
2
«O che vite a pelare vuitte», dove vuitta è nome dialettale (altitalico e friulano, nella
spiegazione dello stesso Giacomini) e onomatopeico della pispola.
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virtuosi incipit di capitolo (si veda il caso della parussa gestito sul-
l’iterazione a tre tempi di verbi e aggettivi), anche se va ben distin-
ta la prosa funzionale del nostro poeta da quella fatta di mirabilia
dei barocchi, per i quali la forma disperde il contenuto, cosa che
qui non avviene mai.
Innegabile è ancora, infine, una parentela pariniana, sia per
l’aspetto didascalico della scrittura sia per il ricorso frequente alla
perifrasi, stilema tipico di certo togato e lezioso Settecento (un
caso su tutti sono le giacominiane atritiche muffe).
A tutto ciò si aggiungano varie citazioni griffate che speziano
qua e là il testo.
Piluccando, queste sono alcune delle scelte lessicali che si tro-
vano nel Nostro a testimonianza del suo volgersi al versante let-
terario: verzura, guatare, e addirittura graveolente, solingo, noiare,
talvolta anche con la complicità sintattica dell’aggettivo (e che ag-
gettivo!) anteposto al nome: frettoloso passo, insettesca puntura.
A queste fanno da contrappeso, ma solo in parte (anche qui c’è
verità e compiacimento insieme), i termini tecnici: vermella, panie,
filaina, vergonare, giustamente spiegati nelle chiose e nei glossari
che seguono ogni capitolo.
E molti, a voler continuare su questa strada, sarebbero ancora i
richiami formali letterati che si potrebbero citare, ma a conclusio-
ne del prolungato ragionare si accende una luce: «Se nel popolo,
questo, c’è chi l’arte di amare non conosce costui legga i miei versi,
e infine, edotto, ami». Sono queste le parole con cui si esprimeva
Ovidio principiando la sua Ars (!) amandi. E Giacomini all’ini-
zio del secondo trattato così risponde: «Già mi è capitato in altra
sede, lettor mio, di renderti edotto circa le gioie e le amarezze a
cui va incontro il virtuoso dell’arte nostra». Anche in Ovidio lo sti-
le prescrittivo si svolgeva con successive ricette appese ad ipotesi
(«Se ti sarà negato un percorso sicuro, tu lasciati cadere per dove
il tetto è aperto»), consigliando di farsi amabile tra le amanti: «Se
lei ride, a tua volta ridi anche tu e se piange non scordare di pian-
gere». E Giacomini: «L’uccellatore ha da farsi egli medesimo uc-
cello», «Solo chi saprà questo e molt’altro potrà peritarsi nell’arte
nobile dell’uccellare». E Ovidio: «Allontanatevi voi pigri! Non si
affidino queste insegne a chi ha paura». Non solo: Ovidio scrive in
contrappunto con la morale augustea, così come Giacomini lo fa
con quella stereotipa friulana, e il discorso potrebbe andare più a
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