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Il presente articolo tratto dal saggio introduttivo al catalogo della sedicesima mostra
Disegni di Leonardo dal Codice Atlantico, ospitata alla Biblioteca Ambrosiana e nella
Sacrestia del Bramante (chiesa di Santa Maria delle Grazie) a Milano: Carlo Vecce (a cura
di), con la collaborazione di Giuditta Cirnigliaro, Favole e Facezie, Novara, De Agostini,
2013, p. 9-14.
2
C. Vecce, Calvino legge Leonardo , in E. Candela (a cura di), Studi sulla letteratura
italiana della modernit per Angelo R. Pupino, Napoli, Liguori, 2009, vol. II, p. 393-401.
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Testo e numerazione di favole e facezie rinviano alledizione di riferimento: Vecce (a cura
di), Scritti, Milano, Mursia, 1992.
5
Augusto Marinoni (a cura di), Scritti letterari [1952], Milano, Rizzoli, 1974, p. 49.
6
Giuditta Cirnigliaro, Le Favole di Leonardo da Vinci. Struttura e temi, in Giorgio
Baroni (a cura di), Rivista di Letteratura Italiana, XXXI, 2, 2013, p. 23-43.
7
Vecce, 1993(b), Leonardo e il gioco, in Convegno di studi Passare il tempo. La
letteratura del gioco e dellintrattenimento dal XII al XVI secolo, Pienza, 1991, Roma,
Salerno, p. 269-316.
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C. Pedretti, C. Vecce (a cura di), Libro di pittura, Firenze, Giunti, 1995, cap. 18, Pittore
che disputa col poeta, p. 142.
9
Ibid., cap. 29, p. 153.
10
Martin Kemp, Leonardo da Vinci: The Marvellous Works of Nature and Man [1981],
Cambridge, Oxford University Press, 2006, p. 104.
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Fausto M. Bongioanni, Leonardo pensatore: saggio sulla posizione filosofica di
Leonardo da Vinci, Piacenza, Societ Tipografica Editrice Porta, 1935, p. 226-227; Paolo
Galluzzi, 2007, La natura di Leonardo: pi tosto crudele matrigna che madre, in Delfina
Giovannozzi, Marco Veneziani (a cura di), XII Convegno internazionale sulla Natura,
Roma, Olschki, 2008, p. 215-242.
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quella brevit sicura del detto [...] vivida, come folgore, scaturita la
immagine, dallaccumulo nubiloso dei pensieri14.
Certo, la scrittura breve non uninvenzione di Leonardo, che anzi
segue un precetto retorico usuale nella tradizione favolistica. Il grammatico
antico Prisciano nei Praexercitamina (un opuscolo probabilmente presente
tra i libri di Leonardo, nella lista del Codice di Madrid II: Plisciano
grammatico) insiste proprio sulla distinzione funzionale tra appunto breve
e sviluppo pi ampio della favola, un passaggio che si pu realizzare per
mezzo del dialogo tra i personaggi: quel che avviene esattamente nelle
favole vinciane pi elaborate15.
Ma a questo punto Leonardo passa ad un altro genere di scrittura
letteraria, in cui, rispetto alle favole, il dialogo elemento fondamentale, e
anzi risolutivo della struttura narrativa, per mezzo della battuta arguta, del
motto di spirito con cui un personaggio riesce a superare una situazione
difficile, o a mettere in burla un antagonista. Si tratta del genere dei motti e
delle facezie, consacrato nella sua autonomia strutturale (rispetto alle pi
complesse novelle) proprio da Boccaccio, che riserv loro la sesta
giornata del Decameron, la giornata di Madonna Oretta, Cisti Fornaio,
Chichibio, Giotto e Cavalcanti. Il genere ebbe grande fortuna fra Tre e
Quattrocento, con Motti e facezie del Piovano Arlotto e la Novella del
Grasso Legnaiuolo di Antonio di Tuccio Manetti, che mette in scena una
burla attribuita allo stesso Brunelleschi. In particolare, Leonardo dimostra di
essere vicino alle raccolte di Franco Sacchetti, Ludovico Carbone e
soprattutto Poggio Bracciolini, autore di un fortunato Liber facetiarum,
presto tradotto in volgare.
Lo sfondo di Carbone e Poggio quello dellumanesimo cortigiano e
curiale, in cui spesso il racconto assume la forma della facezia bella, della
novella erotica e talvolta oscena, parallela agli esiti pi violenti della
letteratura misogina quattrocentesca come il Manganello (anchesso nella
biblioteca di Leonardo). la manifestazione di unattitudine giocosa,
liberatoria nei confronti del basso corporeo e in particolare della sessualit
(oggetto di tanta attenzione in altri testi e disegni; e anche in rozzi disegni di
allievi, come in C.A., ff. 132v e 133v), che diventa un vero carnevale del
14
Carlo Emilio Gadda, La Mostra leonardesca di Milano, Nuova Antologia, CDVII,
1618 (16 agosto 1939), p. 470-479, in particolare p. 475, ora in Liliana Orlando, Clelia
Martignoni, Dante Isella (a cura di), Saggi, giornali, favole e altri scritti, Milano, Garzanti,
1991, vol. I, p. 399-418.
15
Giovanni Ponte, Leonardo da Vinci prosatore, Genova, Tilgher, 1976, p. 80-81.
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Carlo Dionisotti, Leonardo uomo di lettere, Italia medievale e umanistica, V, 1962,
p. 183-216, in particolare p. 197.
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disegn in tal modo che non movevano meno essi a riso i riguardanti che si
avessero mosso loro le novelle di Leonardo nel convito19.
Nel ricordo di quel surreale convito di contadini che ridono alla
smascellata (come nella caricatura dellUltima Cena inserita in Viridiana
di Luis Buuel) Lomazzo rielabora, in modo fantastico, alcuni precetti del
Codice Urbinate20. Ma resta la preziosa testimonianza sulle novelle di
Leonardo, che introduce una domanda pi generale. Per chi scriveva
Leonardo? Perch componeva favole e facezie? Per recitarle a conviti di
contadini, o in feste di corte (come le profezie)? Non nemmeno da
escludere lidea di un esito a stampa (e non la escluse lultimo allievo di
Leonardo, Francesco Melzi, che nel 500 marc le favole con un segno di
reperimento simile a quello usato per i testi del Libro di pittura, e spesso
aggiunse le indicazioni Favole e facetie, Notta ogni cosa, Facetie,
Significationi, Notta). Molti, tra i libri di Leonardo, hanno le
caratteristiche della piccola stampa popolare in volgare, con semplici
illustrazioni silografiche, e una raccolta di favole avrebbe potuto essere una
forma di divulgazione di riflessioni morali parallela ai libri progettati a
Milano negli anni Novanta del Quattrocento (pittura, ottica e prospettiva,
corpo umano, idrologia e geologia, meccanica ecc.). Non avevano scopo
dissimile altre scritture fantastiche come la caverna, il mostro marino, la
lettera a Benedetto Dei, o pi tardi la lettera al Diodario: finzioni narrative
ed epistolari, racconti filosofico-naturalistici, che mettevano in scena la
realt mirabile del mondo e della natura.
Ma forse, di tutte le possibili ipotesi, la pi semplice la pi
probabile. A chi raccontava favole Leonardo, la sera, al bagliore rossastro
delle braci, quando il fuoco lentamente si spegneva nel camino? Il 22 luglio
1490, sullo stesso foglio del Codice C su cui aveva annotato la data del 23
aprile (linizio della scrittura del libro e la ripresa del lavoro sul cavallo
sforzesco), Leonardo scrive: Iacomo venne a stare con meco il d della
Maddalena, det danni 10 (Codice C, f. 15v). Giangiacomo Caprotti un
ragazzino terribile, un piccolo diavolo ladro, bugiardo, ostinato, ghiotto,
che, soprannominato subito Salai (con il nome di un diavolo del Morgante
19
Giovanni Paolo Lomazzo, Trattato dellarte della pittura, scoltura et architettura [1585],
in Roberto Paolo Ciardi (a cura di), Scritti sulle arti, Firenze, Marchi e Bertolli, Centro Di,
1973-1975, II, 1.
20
Pedretti, Vecce (a cura di), 1995, Libro di pittura, cap. 173 e 179, p. 216-217, 219.
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XXI, 47, 7), diventer una presenza importante nella vita di Leonardo21.
Negli stessi mesi, Leonardo inizia a raccogliere la maggior parte delle sue
favole in alcuni fogli del Codice Atlantico: spesso nulla pi di un breve
appunto mnemonico, una traccia che trovava solo nella magia del racconto
orale la sua realizzazione completa. Come aveva intuito la fantasia di un
romanziere22, fu forse il piccolo Salai il primo ad ascoltare, a bocca aperta,
nel suo stupore infantile, quelle favole sullacqua che ribolliva nella pentola
e sulle fiamme che danzavano cantando, sul rasoio che si arrugginiva, sul
povero ragno che restava schiacciato (come il grillo di Pinocchio) nel buco
della serratura; una primitiva forma di pedagogia applicata allincorreggibile
monello, per insegnargli a non rubare il vino, a non avvicinarsi troppo alle
fiamme ingorde o alla pentola dacqua bollente che avrebbe potuto
rovesciarsi, a non far male alle piante e a non torturare o uccidere insetti e
piccoli animali (spesso teatro di crudelt dei fanciulli).
E poi, Leonardo raccontava e scriveva soprattutto per se stesso. Per
chiarirsi, con la parola e limmaginazione, le ragioni del suo essere nel
mondo. Nelle favole della noce e del fico che, dopo aver fruttificato,
vengono lapidati e piegati dagli uomini (nn. 31-32) si pu leggere il senso
di amarezza dellartista che, raggiunta leccellenza dellarte, viene privato
dei suoi frutti migliori. La favola dellacqua che tende a salire verso lalto
riflette, con chiarezza cristallina, il motivo personale e autobiografico di
chi cerca di innalzarsi con le proprie opere, e che poi, ricaduto sulla terra, fa
penitenzia del suo peccato (n. 1)23. E la facezia del bastardo (n. 22)
parla proprio di lui, figlio non legitimo di ser Piero da Vinci: Uno
rimprover a uno omo da bene che non era legitimo. Al quale esso rispose
esser legittimo nelli ordini della spezie umana e nella legge di natura, ma
che lui nelluna era bastardo, perchegli avea pi costumi di bestia che
domo, e nella legge delli omini non avea certezza desser ligittimo.
Qualche tempo fa Carlo Pedretti mi raccontava del suo incontro con
Italo Calvino in California nel 1960, di una passeggiata sulla spiaggia di
21
Marani, Le calze rosa di Sala, Milano, Skira, 2011; Pedretti, Leonardo da Vinci.
L Angelo incarnato & Salai, Foligno, Cartei & Bianchi, 2011.
22
Dmitrij Merezhkovskij, La resurrezione degli dei: il romanzo di Leonardo da Vinci, trad.
Nina Romanowsky, Milano, Treves, 1901.
23
Fredi Chiappelli, Osservazioni su alcuni testi di Leonardo [1952], in Leonardo nel V
centenario, Firenze, Liceo Scientifico Leonardo da Vinci, ora in Giorgio Cavallini e Pier
Massimo Forni (a cura di), Il legame musaico, Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, 1984,
p. 181-188, in particolare p. 186-88.
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