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10.
LA VERGOGNA DELL`ESTETICA.
EMOZIONE, COGNIZIONE, NORMATIVIT

di Michele Di Monte



Non e in mano di chi che sia il Irenare o lo spronare questi
empiti primieri, ne arrossare ne impallidire, ne in altro modo a
voglia sua trascolorarsi.

Alla ragione solo s`aspetta il conoscere e lo aggradire
l`honore e lo haver a schiIo l`inIamia; percioch`ella sola ha
senso d`honore e d`inIamia, e l`uno come bene e l`altro come
male riconosce: la dove il senso intorno a questi oggetti e
stupido e insensato.

Annibale Pocaterra, Dialogo della vergogna, 1592


Chiariamo subito che di qualunque cosa l`estetica in quanto disciplina
accademica o settore specializzato di studi debba vergognarsi, piu o
meno metaIoricamente, non e cio di cui discuteremo in questa sede. In qua-
le altro senso, allora, la vergogna avrebbe a che Iare speciIicamente con
l`estetica? Il rapporto che ci interessa qui verte piuttosto su alcune questio-
ni generali che riguardano la natura estetica delle esperienze emotive e, re-
ciprocamente, la natura emotiva delle esperienze estetiche. In questa pro-
spettiva il tema della vergogna puo Iornire un punto di osservazione
peculiare e magari persino privilegiato.
Tanto nella percezione comune come nella letteratura specialistica, la
vergogna gode di una posizione di speciale rilievo in materia di emozioni,
non a dispetto ma proprio a causa, si direbbe, dei suoi tratti prominenti e in-
sieme sIuggenti. Sentimento proIondamente intimo, eppure costitutiva-
mente legato alla presenza degli altri; esperienza tipicamente umana, an-
tropologicamente interculturale, e tuttavia intrecciata a norme sociali
storicamente e localmente variabili; Iisiologicamente connotata, e come
tale spontanea e poco controllabile, e nondimeno dipendente da complesse
valutazioni sulla propria condizione e su come questa si esponga alle valu-
124 Sensibilia 5 - La vergogna/ The shame
tazione altrui. Insomma, gia da questa caratterizzazione sommaria ma in
generale, credo, condivisibile dovrebbe apparire chiaro come il tema del-
la vergogna prospetti una serie di problemi che, proprio nella loro imposta-
zione dicotomica, non sono aIIatto estranei a chi si occupa di estetica.
Complementarmente, i classici interrogativi circa la natura cognitiva o non
cognitiva, il carattere concettuale o non concettuale, le pretese soggettive o
intersoggettive, il Iondamento proiettivo o realisticamente oggettivo delle
nostre esperienze estetiche si rivelano decisivi, di la dalle diIIerenze speci-
Iiche, anche per l`analisi dello statuto ontologico ed epistemologico delle
emozioni, in generale, e piu in particolare dell`esperienza della vergogna.
Tener conto di questa complementarita e Iare appello ad argomenti di vali-
dita generale potrebbe Iornire dunque qualche ulteriore elemento di reci-
proca chiariIicazione e, nella migliore delle ipotesi, di piu ampia generaliz-
zabilita.
Nel lontano 1884, William James lamentava, in un saggio pionieristico
poi divenuto Iamoso, la scarsa attenzione riservata alla sIera estetica nel-
lo studio della mente e delle emozioni (James 1884: 188). Da allora le cose
sono molto cambiate e, sotto certi rispetti, la prospettiva si e persino rove-
sciata
1
. Ma i problemi essenziali cui abbiamo accennato, a dispetto delle
speranze di James, sono rimasti. Qui cercheremo di metterne a Iuoco so-
prattutto due, che si impongono in termini normativi: A) come sappiamo
quando stiamo provando un`emozione complessa come la vergogna e non
qualche altra esperienza? e B) come sappiamo quando la nostra reazione di
vergogna, o quella degli altri, e pertinente e appropriata a una determinata
circostanza?


1. Individua:ione

Concedere come i piu, credo, sarebbero disposti a Iare che 1) gli epi-
sodi in cui si sperimenta cio che chiamiamo vergogna abbiano una natura
discreta, delimitata da certi conIini, non signiIica che si sia anche in grado
di speciIicare positivamente 2) cosa discrimini tali episodi. Non piu di
quanto essere convinti che non ogni esperienza possa ragionevolmente
chiamarsi estetica mi metta in grado di spiegare poi quali discriminazioni
siano di Iatto necessarie. Necessarie, si deve intendere qui, non tanto per
non conIondersi pragmaticamente giacche la maggior parte delle perso-
1 In particolare, sulla controversa ricezione delle proposte di James vedi Ellsworth
1994.
M. Di Monte - La vergogna dellestetica 125
ne pensano di sapere quando provano o non provano vergogna o quando
stanno o non stanno apprezzando la bellezza di qualcosa (sebbene anche
questo non sia cosi ovvio, ma ci torneremo) quanto piuttosto per poter di-
sporre di un criterio di individuazione e classiIicazione, che ci consenta di
analizzare, oltre che provare, le esperienze vissute e di conIrontarle con al-
tre esperienze, nostre e altrui, ed eventualmente riconoscerle come tali, ri-
cordarle, parlarne, Iarne oggetto di ulteriori operazioni e simili.
Ora, il passaggio da (1) a (2) e notoriamente assai complicato, in specie
in un ambito come questo delle esperienze aIIettive o emotive, anche solo
perche sembrerebbe che il risultato dell`analisi dovrebbe poi valere norma-
tivamente nel conIronto con il vissuto stesso ed eventualmente persino co-
stringermi ad accettare il Iatto che, almeno in alcune circostanze, non do-
vrei provare o addirittura non starei provando quel che invece sento o credo
di provare. Il che pare piuttosto paradossale, se non proprio inaccettabile.
D`altra parte, anche rinunciare semplicemente a (1) sarebbe controintuiti-
vo e non meno assurdo quanto a conseguenze.
Si tratta di un problema generale, ma sotto questo proIilo il caso della
vergogna si presenta in modo particolarmente ostico, dal momento che,
come abbiamo accennato, essa occupa una posizione in certo modo anci-
pite o liminare e la stessa estensione semantica dei termini con cui vi Iac-
ciamo riIerimento sembra toccare di volta in volta gli estremi opposti di
una vasta gamma di situazioni diverse: da una parte, reazione prepoten-
temente immediata e, soprattutto, incontrollata, una 'gut reaction per
usare il lessico adottato di recente da Jesse Prinz (2004) , dall`altra,
emozione cognitivamente 'superiore e dipendente da una piu comples-
sa e soIisticata interazione con il mondo, culturale e non solo naturale. In
piu, la vergogna 'aIIaccia a pieno titolo su vari versanti: da quello
dell`analisi psicologica a quello Ienomenologico, dall`ambito sociologi-
co a quello etico non per nulla si e potuto parlare di 'vergogna natura-
le come di 'vergogna morale.
E tutt`altro che semplice, dunque, stabilire quali ragioni abbiamo per de-
cidere che certi eventi ed esperienze della nostra vita psicoIisica vadano
sussunti in una certa speciIica categoria (anche solo terminologica). InIat-
ti, anche a non voler entrare nel dibattito sollevato dal libro di Paul GriI-
Iiths (1997) e dalla sua proposta severamente eliminativista, e anche con-
cedendo che le emozioni non costituiscano in senso stretto un 'natural
kind, resta che un sia pur meno impegnativo 'investigative kind o, tanto
piu, un 'normative kind (GriIIiths 2004) non si possono mettere insieme
arbitrariamente e senza esplicite giustiIicazioni, quand`anche strumentali,
a maggior ragione se con intenti revisionisti. Come che sia e per spianar-
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ci il terreno con qualche altro truismo dovrebbe essere altrettanto ovvio
che 3) le esperienze che qualiIichiamo come vergogna (e gli oggetti che
qualiIichiamo come vergognosi) dovranno pur avere qualche tratto comu-
ne rilevante e non banale, e 4) tali tratti dovranno anche essere abbastanza
specifici per poter discriminare le esperienze di vergogna (e renderle con-
cettualmente, prima che linguisticamente, trattabili) rispetto a esperienze
dello stesso genere ma speciIicamente diverse, che si tratti di emozioni,
sentimenti o d`altra categoria. Dico 'dovrebbe essere ovvio perche si puo
anche concepire la vergogna come una sorta di 'sentimento esistenziale,
piu o meno latente o dominante, che deIinirebbe la condizione umana in
generale, come nella prospettiva di Scheler (1913), per esempio, o, per al-
tro verso, di Levinas (1935) o, ancora piu recentemente, di Agamben
(1998). In una prospettiva del genere non e molto chiaro in che modo si po-
trebbe non provare vergogna e, nondimeno, perche si ha l`impressione di
provarla solo in certi momenti particolari.
In questa sede, percio, vorrei tener conto di un uso del concetto di senso
comune e dunque assumere l`intuizione 'ingenua (1) da cui siamo partiti
e secondo cui la vergogna e un`emozione o un aIIetto o un`esperienza di-
screta, non solo da un punto di vista astrattamente concettuale, ma anche in
un senso evenemenziale. C`e pero anche un terzo Iatto che vorrei include-
re Iin da subito nella nostra disamina e che, inoltre, ci serve a tenere a men-
te la simmetria con l`esperienza del giudizio estetico. Si considera spesso
come una cosa evidente che l`apprezzamento estetico verta su un oggetto
esterno piu che sullo stato interiore di colui che giudica
2
, cosi come si ri-
tiene di solito che, per contro, l`esperienza della vergogna comporti essen-
zialmente una Rckwendung auf ein selbst come la chiama Scheler che
verta piu sullo stato interiore del soggetto che su un oggetto esterno. Tutta-
via, in molte teorie estetiche tipicamente quelle soggettiviste o di ispira-
zione kantiana il legame con l`oggetto esterno e piu oscuro e controver-
so di quanto sembrerebbe ovvio, mentre, d`altro canto, nonostante
l`autoriIerimento che caratterizza la vergogna come una tipica 'selI-asses-
sment emotion, non e tanto Iacile pensare ad esperienze vissute di vergo-
gna che non abbiano anche un qualche oggetto: in Iondo ci si vergogna
sempre di qualcosa, per qualcosa, rispetto a qualcosa quando pure Iosse
solo il Iatto di appartenere al genere umano o di non essere dei. La vergo-
gna, probabilmente come tutte le emozioni, ma in ogni caso piu spiccata-
mente di altre, sembra distinta da un carattere di aboutness, se non voglia-
2 Secondo Scruton (2009), per esempio, si tratterebbe persino di una delle 'ovvie-
ta di partenza della riIlessione estetica.
M. Di Monte - La vergogna dellestetica 127
mo chiamarlo di inten:ionalita. Bisogna allora capire in che misura una
tale aboutness sia anche costitutiva dell`identita e dell`individuabilita
dell`emozione in questione.
2. Coeren:a

Se queste osservazioni sono legittimamente Iondate, ne scaturiscono al-
cune conseguenze, che hanno una signiIicativa incidenza su quella che po-
tremmo chiamare appunto la quaestio individuationis
3
. In primo luogo, se
e vero che ci si vergogna sempre di qualcosa, e anche vero che non ci si puo
vergognare di qualunque cosa. Cio vale certamente, in un senso stretta-
mente logico, per il singolo individuo, che non puo evidentemente provare
vergogna per questo e il contrario di questo nello stesso momento ed esat-
tamente sotto lo stesso rispetto cosi come non puo provare e non provare
lo stesso sentimento alle stesse condizioni. Anche le emozioni soggiaccio-
no al principio di non-contraddizione. Ma ci si deve pure chiedere se il vin-
colo non valga piu in generale per qualunque soggetto e in un senso norma-
tivo piu latamente ontologico, come vedremo.
Una seconda conseguenza, sebbene meno immediata e di ordine psico-
logico, e che non sembra plausibile che ci si possa ingannare sul Iatto che
si stia provando eIIettivamente vergogna. Quest`ultimo aspetto presenta
qualche ulteriore motivo di interesse, se non altro perche vari autori riten-
gono invece come Iatto assodato che si possa essere in errore circa le pro-
prie emozioni. Ma, precisamente, in che modo si potrebbe articolare un`i-
potesi del genere? Se sto consapevolmente provando vergogna non posso
non provarla e neppure pensare che in realta non la stia provando, a qual-
che altro livello cui non ho accesso cognitivo. Qui la situazione e diversa
da quella del dolore Iisico, per esempio. Se mi Ierisco mentre sono impe-
gnato in un`intensa attivita, poniamo sportiva, puo darsi che sul momento
non mi accorga neppure di essermi Ierito, ma da un punto di vista Iisiolo-
gico il corpo reagisce sempre nello stesso modo e innesca lo stesso proces-
so che Iunziona non diversamente dal caso in cui avverta immediatamente
il dolore. Pero, in un caso del genere dovrei dire e spesso inIatti si dice
che 'non mi sono accorto di essermi Ierito, appunto perche non ho avver-
tito (provato) attualmente quel dolore che in condizioni diverse avrei certa-
3 Intendo qui il criterio di individuazione non secondo la terminologia della Scola-
stica, ma in linea con la terminologia della metaIisica analitica di autori come E.
J. Lowe (1998: 290).
128 Sensibilia 5 - La vergogna/ The shame
mente sentito. Come in tutti i Ienomeni processuali, il punto dipende da
cosa includiamo e cosa escludiamo dal Ienomeno del dolore, da dove Iac-
ciamo cominciare e dove Iacciamo Iinire il processo. E nel caso della ver-
gogna? Certamente anche questa ha delle maniIestazioni Iisiche piu o
meno particolari, quali, tipicamente (anche se non regolarmente), un im-
provviso rossore del volto. Ma si puo dire che qualcuno che arrossisce sen-
za accorgersene ad esempio, mentre dorme si sta vergognando senza
saperlo? Non pare un asserto convincente. E allora in quale altro modo ci
si puo sbagliare?
Anche qui, la questione individuativa si intreccia al problema dell`auto-
riconoscimento. Se si assume, per esempio, che la vergogna sia identiIica-
ta da un 'qualitative Ieel, un puro 'quale specificamente sentito, allora
non e chiaro come si possa, in prima persona, scambiare un quale per un al-
tro, nel senso appunto di sentire un quale che non e quello che sento
4
. Ol-
tretutto, se su questo tipo di esperienze si da solo una prospettiva in prima
persona, allora ne io ne nessun altro potremo mai neppure sospettare che vi
sia stato un simile scambio, appunto perche non c`e una posizione terza da
cui giudicare diversamente (piu correttamente) un 'qualitative Ieeling,
che esiste realmente solo nel momento esatto in cui viene sentito. La pos-
sibilita dell`errore richiede necessariamente un`ulteriore dimensione: pos-
so sbagliarmi, per esempio, nel denominare le mie emozioni, nel ricordar-
le e quindi, al limite, nel concettuali::arle categorialmente, per
incompetenza o perche, nel vissuto reale, certi episodi sollecitano sensa-
zioni ed emozioni diverse, volatili, sIumate e concomitanti
5
. Queste distin-
4 Le posizioni a questo proposito sono, come noto, assai variabili. Alcuni autori am-
mettono questa componente 'qualitativa, senza per questo sposare una vera e
propria 'Ieeling theor. Tra questi, ad esempio, Jon Elster, per il quale, comun-
que, the Ielt diIIerence between guilt and shame, Ior instance, does not seem to
be merel the perception oI diIIerent action tendencies, oI diIIerent Iorms oI
phsiological arousal and so Iorth. Rather, each emotion seems to be a pure and
qualitativel unique experience (Elster 1999: 247). Lo stesso Elster sostiene, tut-
tavia, che possono esserci emozioni (o, piu precisamente, nella sua terminologia,
'proto-emozioni) di cui il soggetto e 'incosciente (ivi: 255), cosi come possono
darsi casi in cui even when people do Iorm belieIs about their emotions, the can
be wrong (ivi: 260). Evidentemente, si deve dedurre, in questi casi la 'Ielt diIIe-
rence deve essere assente, dunque non puo considerarsi una componente neces-
saria ed essenziale per l`identita di tali emozioni.
5 Tralascio qui deliberatamente le motivazioni di tipo psicoanalitico, per il semplice
Iatto che cercare di spiegare obscurum per obscurius, come succede il piu delle vol-
te con questo tipo di approccio, non e una pratica epistemologicamente utile.
M. Di Monte - La vergogna dellestetica 129
zioni, che andrebbero precisate meglio di quanto di solito succede
6
, mo-
strano anche come un vincolo normativo deIinitorio dovrebbe poi
suggerire un atteggiamento di maggior cautela nell`assumere troppo acriti-
camente una casistica 'empirica, tratta ad esempio dalla letteratura o dai
reIerti psicoterapeutici, per servirsene come argomento a Iavore di questa
o quella tesi
7
.
Anche trattando di emozioni, per quanto la materia possa essere magma-
tica e sIuggente e anche ammettendo certi tipi di errore, non si puo rinun-
ciare a un criterio minimo di coeren:a formale che sia trasversale rispetto
a situazioni e momenti diversi, tanto dal punto di vista individuale della
prima persona quanto da un punto di osservazione esterno o pubblico, e
che renda il soggetto delle emozioni un agente 'credibile, come ha sugge-
rito di recente Andrew Orton (2003).


6 JeneIer Robinson (2005: 91), per esempio, sembra assumere che there is nothing
privileged about m personal access to m pschological state. I can alwas be
wrong, ma in realta bisognerebbe speciIicare che le componenti dello stato psi-
cologico su cui non possono vantarsi privilegi in prima persona sono soltanto, ov-
viamente, m phsiological state, Iacial and vocal expressions, and subsequent
behaviour (Ibidem). Resta da stabilire se questi elementi interosservabili siano
suIIicienti, da soli, a determinare l`identita dell`emozione occorrente e quindi a
smentire una valutazione personale erronea, ma su questo punto la posizione del-
la Robinson non e molto chiara (che tipo di accesso consente, ad esempio, la di-
mensione dell`'aIIective appraisal che per l`autrice sarebbe essenziale per l`e-
sperienza emotiva? In che modo l`appraisal potrebbe essere pubblicamente
osservabile se non mettesse capo a maniIestazioni esterne?).
7 Talvolta la ricerca empirica basata sul lavoro terapeutico Iinisce per dimostrare il
contrario di quanto le si vorrebbe Iar dire. E il caso, tra gli altri, dello studio di He-
len Lewis (1971), piu o meno regolarmente citato perche documenterebbe la 'sco-
perta di una 'unacknowledged shame, piu speciIicamente distinta in due Iorme:
'overt, undiIIerentiated e 'bpassed, entrambe 'invisibili a pazienti e terapeu-
ti. E abbastanza ovvio, tuttavia, che tale invisibilita non puo che essere contingen-
te, inIatti, guarda caso, la vergogna dissimulata e bpassata non sIugge comunque
alla Lewis, la quale, come qualunque osservatore adeguato, non puo che rilevarla
attraverso 'shame markers che non sono aIIatto invisibili e si basano, per giunta,
sull`analisi di contesti e comportamenti in cui i pazienti si sentono (e si dichiara-
no) negativamente valutati, criticati, in errore ecc. Sorprendentemente, poi, certi
supposti meccanismi di 'mascheramento si rivelano proprio gli indizi piu mani-
Iesti: caso tipico, il rossore. Di nuovo, piu che la natura presuntivamente inconscia
delle emozioni, il problema riguarda l`uso delle etichette nominali. Naturalmente,
poi, sui motivi (reconditi) per cui qualcuno dice di sentirsi ridicolo o umiliato in-
vece di usare il termine vergogna si puo speculare con grande liberta e Iantasia.
130 Sensibilia 5 - La vergogna/ The shame
3. Cause e oggetti

Per venire incontro a quest`ultimo requisito non e detto, comunque,
che sia suIIiciente Iare appello alla ricognizione di stati interiori, che si
tratti di stati qualitativi accessibili per introspezione solo al singolo
soggetto o di stati psicoIisici, consci o inconsci, declinati nei termini di
una 'aIIective neuroscience di indole piu o meno Iisicalista o elimina-
tivista. Se inIatti siamo propensi a supporre che sia un particolare sta-
to Iisico a identiIicare nel senso Iorte, ontologico, di identita l`e-
mozione della vergogna, allora dobbiamo concludere che tutte le volte
che si presenta quel medesimo stato, indipendentemente dai Iattori
causali determinanti, sussiste anche l`emozione corrispondente. D`al-
tra parte, la Iorza individuativa non si puo ridurre a una questione di
gradi di complessita: certamente la sola irrorazione periIerica del vol-
to sottodetermina l`identita di un`emozione complessa come la vergo-
gna, ma se anche riproducessi artiIicialmente l`intera condizione neu-
roIisiologica il problema teorico-concettuale non cambierebbe, anzi
assumerebbe la Iorma tipica delle controparti indiscernibili. Posso dire
sensatamente che qualcuno e innamorato se prova tutti i sintomi (Iisio-
logici) che di norma associamo a questo sentimento, ma non esiste al-
cun oggetto di cui possa consapevolmente essere (o credere di essere)
innamorato? E evidente che la risposta dipende da come e costituito il
concetto di innamoramento, se cioe implichi essen:ialmente la presen-
za di un oggetto intenzionale un oggetto Iormale, nel senso della
Scolastica oppure no.
Ma se cio che ci interessa e l`identita delle emozioni e la loro discer-
nibilita (da qualunque punto di vista), allora un approccio unilateral-
mente orientato al rilevamento degli stati corporei o alla enterocezione
si rivela Iatalmente insuIIiciente, proprio perche una descrizione dei Ie-
nomeni interni non ha un adeguato potere di discriminazione Ienome-
nologica. Sostenere, per esempio, che le stesse aree del cervello vengo-
no attivate in circostanze variabili signiIica appunto che la diIIerenza
Ienomenologica, quando c`e, va messa in carico ad altro. Se e vero che
la risposta estetica (trovare qualcosa bello invece che indiIIerente) e
correlata all`attivita del cingolo anteriore e della corteccia orbitoIronta-
le (Prinz 2005: 13; cIr. Kawabata Zeki 2004), si potrebbe certo pen-
sare di attivare un`analoga 'risposta estetica stimolando adeguatamen-
te quelle stesse aree persino in assenza dell`oggetto che dovremmo
trovare bello, persino in assenza di qualunque oggetto. Ma che senso
avrebbe parlare in questo caso di 'risposta. Si puo provare un`espe-
M. Di Monte - La vergogna dellestetica 131
rienza estetica di nessun oggetto in particolare?
8
Qui si capisce bene la
cogenza di certi vincoli normativi ontologici. Assumere, come Ianno al-
cuni autori (Prinz 2005: 15) che l`esperienza di un`emozione si esau-
risce solo nelle sensazioni corporee signiIica dover ammettere non
soltanto che emozioni somaticamente simili devono essere Ienomeno-
logicamente simili, ma anche, consequenzialmente, che identici stati
corporei mettano capo a emozioni identiche e dunque indistinguibili
9
.
Un discorso analogo vale anche, evidentemente, per i comportamenti
derivati e i sintomi maniIesti degli stati interiori. Una descrizione sia pure
attenta e comprensiva non e di solito suIIiciente a individuare correttamen-
te l`emozione in questione. Prendiamo, ad esempio, questo elenco di sinto-
mi presuntivamente tipici: arrossire, annaspare, balbettare, parlare con
voce anormalmente bassa o alta, o con voce tremula, o con voce rotta, su-
dare, impallidire, battere le ciglia, avere tremito alle mani, muoversi in
modo esitante o vacillare, essere distratti, dire papere. Cosi GoIIman (cIr.
1967: 105) a proposito dell`imbarazzo, ma e evidente che, quando pure
considerati congiuntamente in un certo lasso di tempo (perche sarebbe diI-
Iicile arrossire e impallidire nello stesso momento) e in mancanza di altri
elementi, tutti questi segnali potrebbero denunciare stati emotivi e situazio-
8 A meno di ipotizzare che la manipolazione artiIiciale degli stati corporei simuli
anche la presenza percettiva di un correlato oggettuale. In tal caso avremmo pero
a che Iare con un Ienomeno allucinatorio, in cui anche l`oggetto sarebbe illusoria-
mente presente e indistinguibile, per ipotesi, da quello reale. Bisognerebbe allora
decidere se assumere una posizione 'disgiuntivista, come viene oggi deIinita, ri-
spetto all`argomento dell`allucinazione.
9 Per uscire dall`imbarazzo Prinz e costretto a riconoscere che le emozioni coscienti,
pur non essendo altro che registrazioni di stati corporei ('Ieelings), sono comunque
'individuate dalle loro origini causali (cIr. Prinz 2005: 20). Pero, secondo Prinz,
we should not mistake an emotion Ior its causes and eIIects. The cause oI an emo-
tion determines the identitv oI the emotion, but those causes do not constitute the
emotion, and neither do the constitute the conscious experience oI the emotion
(Ibidem, corsivo mio). Qui, purtroppo, non ci viene detto come intendere la diIIeren-
za Ira identita e costituzione, ma in ogni caso e Iortemente implausibile che cio che
determina l`identita di un`emozione non entri nella Ienomenologia dell`esperienza
cosciente (nel riconoscimento) dell`emozione stessa. Per lo stesso Prinz, inIatti, la
distinzione tra due emozioni somaticamente simili da parte del soggetto procede
dall`individuazione delle cause: per esempio, when we recognize that a particolar
Ieeling is guilt rather than sadness, it is not in virtue oI an phenomenal diIIerence.
Rather, it is in virtue oI recalling the eliciting condition (ivi: 19). E piuttosto stra-
no, peraltro, che su questa base si possa allora suggerire che guilt is a case oI
sadness that happens to be caused b acts oI transgression, whether or not one rea-
li:ed the transgression is the cause (Ibidem, corsivo mio).
132 Sensibilia 5 - La vergogna/ The shame
ni aIIatto diversi: vergogna, sgomento, uno stato di shock post-traumatico,
se non piu semplicemente un`alterazione Iebbrile severa e cosi via. Per ca-
pire cosa stia eIIettivamente provando il soggetto, e verosimilmente perche
il soggetto stesso possa rendersi conto di cosa sta provando, e necessario
includere nella descrizione (e nella Ienomenologia dell`esperienza) gli an-
tecedenti causali e gli oggetti intenzionali in gioco in quella determinata si-
tuazione, badando, oltretutto, a distinguere Iormalmente il loro possibile
diIIerente importo. I sintomi descritti da GoIIman, inIatti, potrebbero esse-
re provocati da uno stato di cose imbarazzante (antecedente causale e og-
getto intenzionale), ma anche, come si e detto, da uno stato Iebbrile o da
un`induzione artiIiciale dell`attivita cerebrale (antecedente causale ma non
oggetto intenzionale)
10
. Si tratta percio di chiarire che genere di relazione
sussista tra causa Iormale, causa eIIiciente e causa Iinale dell`esperienza,
nonche tra cause prossime e cause remote, per esprimerci in un linguaggio
classicamente aristotelico.
Per come l`abbiamo delineata qui, la questione riguarda trasversalmen-
te tipi di approcci per altro considerati tradizionalmente opposti, come
quelli che si deIiniscono cognitivisti e non-cognitivisti. Ora, a parte il Iatto
che oggi, sebbene possa sembrare paradossale, il termine 'cognitivo Iini-
sce per risultare un po` troppo sIuggente sia per la proliIerazione di una
quantita di opzioni intermedie e variamente qualiIicate sia perche, per dir-
la con Allan Gibbard (1990: 129), is not a word that carries its meaning on
its Iace, a noi interessa qui essenzialmente la connessione nomologica
tra emozione e circostanze scatenanti. E vero che negli approcci che si di-
chiarano cognitivisti la relazione di dipendenza dall`'oggetto Iormale e
espressamente tematizzata, per esempio in termini di 'giudizi e 'creden-
ze (eventualmente nel Iormato di attitudini proposizionali), come in Ro-
bert Solomon, paradigmaticamente. Ma e altrettanto vero che anche posi-
zioni non-cognitive, sulla linea della cosiddetta teoria di James-Lange, per
10 Che ci siano emozioni senza 'antecedenti cognitivi, come le Iobie, nell`esempio
suggerito da Elster (1999: 269), non signiIica che queste siano anche senza ogget-
to intenzionale, come mostra tipicamente proprio il caso delle Iobie. Si tratta per-
cio di decidere se includere gli oggetti intenzionali tra gli antecedenti cognitivi e
se ci siano anche oggetti intenzionali non-cognitivi. Peter Goldie, ad esempio,
preIerisce considerare ugualmente intenzionali sia i 'bodil Ieelings sia i 'Iee-
lings towards, entrambi costitutivi degli stati emotivi ed entrambi rivolti a deter-
minati oggetti, intracorporei o esterni. Il nostro discorso riguarda evidentemente il
secondo tipo di oggetti, esterni; tipicamente: a thing or a person, a state oI aIIai-
rs, an action or an event (Goldie 2002: 241), dunque anche strutture complesse e
articolate che possono inoltre interagire tra loro a vari livelli.
M. Di Monte - La vergogna dellestetica 133
capirci, non possono eludere un analogo punto. Pur pensando, con William
James (1884), che l`emozione sia propriamente e letteralmente il senti-
mento ('Ieeling) delle modiIicazioni che si producono nel corpo, resta da
capire cosa produca non circolarmente tali modiIicazioni, giacche cio non
e senza conseguenze per l`emozione stessa e la condotta che ne deriva.
Come si e detto, una registrazione passiva di parametri Iisiologici aspeciIi-
ci non identiIica una particolare emozione e non puo innescare, da sola,
una reazione pertinente. Di qui la necessita del soggetto di individuare una
causa, anzi, dal momento che di cause possono essercene diverse, di indi-
viduare possibilmente quella giusta o, quanto meno, quella rilevante. Se
Iosse vero, come credeva James (ivi: 190), che trovandoci di Ironte a un
orso proviamo timore perche tremiamo e non il contrario, allora, nella
stessa circostanza, bisognerebbe anche decidere, e alla svelta, che tremia-
mo precisamente per l`orso e non per il Ireddo o per qualunque altro Iatto
che il corpo potrebbe aver nell`intanto registrato. Chi e come si decide una
cosa del genere?
A questo punto, pero, e opportuno sgombrare il campo da possibili am-
biguita, che in eIIetti sembrano permanere anche in quelle teorie piu recen-
ti che recuperano e riIormano per certi versi la tradizione jamesiana. Se-
condo la proposta dello psicologo americano James Russell (2003), per
esempio, il problema della demarcazione di emozioni discrete (o 'basic)
andrebbe totalmente rivisto in una vena nominalistica. Cio che tradizional-
mente si chiama 'Ieeling viene riqualiIicato come 'core aIIect: uno stato
mentale ma non cognitivo o riIlessivo, che puo presentarsi in una Iree-
Iloating Iorm (ivi: 148). Sennonche, come prevedibile, questo stato aIIet-
tivo primario deve poi entrare in una complessa storia causale per pro-
durre una dinamica suIIicientemente ricca (il che signiIica diIIerenziata).
Per questo le modiIicazioni del 'core aIIect dipendono dalla percezione di
eventi antecedenti e di qualita aIIettive degli stimoli esterni, ma anche
da un`attivita di attribuzione aIIettiva agli antecedenti stessi che servi-
rebbe a costituire il vero e proprio oggetto del feeling (ivi: 150-151). In tale
quadro, tuttavia, i rapporti di dipendenza normativa non sono molto chiari
non piu di quanto lo Iossero nello studio di James perche non si capisce
bene cosa determini cosa o, in altre parole, come si combinino passivita e
attivita, ricezione e proiezione
11
. Ci troviamo cosi, tipicamente, di Ironte a
11 La posizione di Russell sembra restare, a questo proposito, piuttosto instabile. Da
una parte ci si dice che core aIIect depends on all the inIormation possessed
about the external cause (Russell 2003: 148, corsivo mio), e in eIIetti parrebbe
intuitivo credere che siano gli antecedenti e le proprieta aIIettive dello stimolo ad
134 Sensibilia 5 - La vergogna/ The shame
un dilemma ontologico analogo a quello celebre di EutiIrone: e il maniIe-
starsi spontaneo di una particolare condizione interna che determina l`attri-
buzione di 'vergognosita, per cosi dire, a un certo oggetto o situazione, o
e la proprieta dell`oggetto che determina appropriatamente la nostra attri-
buzione e, dunque, l`emozione corrispondente?
A questo proposito, il conIronto con la situazione del giudizio estetico e
evidente, perche proIila perIettamente le medesime diIIicolta. Non per
caso lo stesso Russell, sottolineando come le qualita aIIettive siano appa-
rentemente centrate sugli oggetti, si sente comunque in dovere di ricordare
che beaut is in the ee oI the beholder (ivi: 157). Anche nella prospet-
tiva di un sentimentalista humeano o, tanto piu, di un soggettivista di tipo
kantiano, certamente non-cognitivista e non-concettualista, la relazione
normativa tra colui che Ia l`esperienza estetica e cio di cui Ia esperienza e
assai problematica, per non dire misteriosa. InIatti, in primo luogo, se non
sono le proprieta dell`oggetto, percepito come tale, a determinare il giudi-
zio di bellezza, ma e la 'risposta spontanea del soggetto a determinare la
bellezza dell`oggetto, come escludere che tutti gli oggetti, o di volta in vol-
ta un oggetto qualunque (ovvero, meglio, le loro rappresentazioni), solleci-
tino indiIIerentemente una medesima reazione, cioe che inIine tutti gli og-
getti siano ugualmente belli o qualunque oggetto possa esserlo? In secondo
luogo, parlare di oggetti e di rappresentazioni di oggetti che mettono in
gioco una risposta delle Iacolta e troppo ottimistico, se si vuol tenere Iede
ai termini kantiani, giacche lo scenario percettivo recepito dalla sensibilita
del soggetto non e ancora concettualmente segmentato in oggetti discreti, e
dunque non ci puo essere garanzia che l`esperienza provata si riIerisca a
questo invece che a quel qualcosa dai conIini non casualmente deIiniti
12
.
Peraltro, inIine, trattandosi di uno stato interiore sentito che tale e appun-
to anche il 'libero gioco o l`'accordo proporzionato delle Iacolta non
si vede cosa possa escludere in termini normativi che un simile stato insor-
avere il principale ruolo determinante, dall`altra, pero, si precisa anche che histo-
ricall and logicall perception oI aIIective qualit depends on core aIIect (ivi:
149, corsivo mio), ne viene spiegato sulla base di quali vincoli interni il core aI-
Iect is attributed to the antecedent, which becomes the Object (ivi: 150).
12 Nella prospettiva psicologica proposta da Russell, se il core aIIect responds to
the continuous Ilow oI events ed e persino inIluenzato da un background envi-
ronment such as ver man minor Iactors in the phsical (weather, odors, noise,
aesthetic qualit) and social (who is nearb, the tpe oI situation) environment, all
impinging at the same time (Russell 2003: 155), quale principio rende possibile
risposte emotive selettive e coerenti piuttosto che uno stato di caos continuo in cui
tutte le cause possibili agiscono contemporaneamente?
M. Di Monte - La vergogna dellestetica 135
ga spontaneamente, solo in concomitan:a e non gia in risposta, pertinente
e adeguata, a uno stimolo esterno Iormalmente determinante.
Dal punto di vista di Kant non e possibile rispondere a simili domande,
non piu di quanto dal punto di vista di James si possa spiegare cosa vinco-
li nomologicamente certe modiIicazioni degli stati interni a certi oggetti
dello scenario percettivo e non ad altri. Ma il problema resta identico in tut-
ti quei casi in cui non sia esplicitamente chiarito l`innesto tra dimensione
estetica (o aIIettiva) e dimensione cognitiva che si tratti di una teoria del
'core aIIect o di qualunque altra versione. Insomma, anche senza essere
IilosoIi kantiani, psicologi di Iede Jamesiana o neuroscienziati piu o meno
materialisti, se si prende sul serio l`idea che la sede del piacere artistico e
tra le scapole per usare le incisive parole di Nabokov (1980) e che
quel piccolo brivido che sentiamo li dietro e certamente la Iorma piu alta
di emozione che l`umanita abbia raggiunto, si deve poi spiegare in che
modo la schiena riesca a distinguere le (vere) opere d`arte, visto che ci sono
parecchie altre cose molto diverse che possono provocare brividi 'li die-
tro. Forse ci sono brividi specificamente artistici, ma, di nuovo, cosa li
diIIerenzia e come ce ne accorgiamo?


4. Categori::a:ione e stima

Qui l`estetica si compromette necessariamente con l`ontologia. Se si
vuole salvaguardare quella che Mark Johnston (2001a) ha chiamato 'the
authorit oI aIIect bisogna rinunciare a una posizione coerentemente
'proiettivista e optare per una qualche Iorma di realismo
13
. Cio signiIica
anche che prima ancora di appurare quali oggetti speciIici sottendano emo-
zioni diverse come la vergogna o l`apprezzamento estetico conviene co-
munque tenere Iermo il punto per cui questi stessi oggetti sono indipenden-
temente, prioritariamente determinati e la loro percezione non puo essere
totalmente 'categor-Iree. Questo vale anche per le cosiddette 'appraisal
theories che pure costituiscono una Iamiglia piuttosto che una posizione
univoca secondo le quali l`emergere dell`emozione dipende appunto da
un`azione valutativa dell`ambiente o dello stato di cose disponibile da par-
te del soggetto rispetto ai propri interessi e valori vitali. Quand`anche, in-
Iatti, una simile valutazione si riducesse, come sostengono vari autori, a
13 Per una demolizione critica degli argomenti di tenore proiettivista o disposiziona-
lista, a questo proposito, vedi lo stesso Johnston 2001a, nonche il dibattito succes-
sivo in Wedgwood 2001 e la replica di Johnston 2001b.
136 Sensibilia 5 - La vergogna/ The shame
una sorta di 'subcezione per usare il termine di Lazarus (1991) o co-
munque a una percezione automatica, inconscia o irriIlessa (cIr. Frijda
1994; LeDoux 1996; Zajonc 1984, 1994; Robinson 2005), il processo do-
vrebbe in ogni caso comportare due operazioni complementari: discrimi-
nazione e categorizzazione. Sullo sIondo dello scenario percettivo (o nella
molteplicita dello stimolo, per dirla in tono piu kantiano) gli oggetti non
vengono solo distinti gli uni dagli altri, ma anche classiIicati, come buoni
o cattivi, piacevoli o spiacevoli, dannosi o vantaggiosi e cosi avanti. Se
questa operazione si possa, o si debba, considerare gia cognitiva, a qualun-
que livello, o solo aIIettiva, dipende, ancora una volta, da come intendiamo
i termini
14
. Termini, peraltro, non nuovi, almeno nella sostanza, giacche le
appraisal theories ripropongono, dal punto di vista Iunzionale, ne piu ne
meno cio che gli Scolastici medievali chiamavano vis aestimativa, in quan-
to distinta dalla vis cogitativa (modellate a loro volta, rispettivamente, sul-
la phantasia aisthetike e la phantasia logistike aristoteliche). Sennonche, il
problema, ora come allora, era appunto quello di connettere le due Iacol-
ta
15
. Come che sia, se si assume che l`existimatio o l`appraisal aIIettiva
della vergogna comporta la capacita di distinguere e categorizzare stati di
cose in quanto vergognosi e non vergognosi, ovvero 'onorevoli e 'inIa-
manti, come pensava a suo tempo il medico Annibale Pocaterra (1592:
47)
16
, dobbiamo allora concludere che tali 'percezioni sono altamente
specializzate e insieme molto Ilessibili e sarebbe diIIicile qui escludere una
componente inIerenziale e concettuale.
14 Alcuni studiosi, che pure riconoscono la rilevanza di queste attivita inconsce o
subcorticali, sono comunque propensi a considerarle cognitive per esempio La-
zarus (1991) mentre altri negano piu recisamente questo status (cIr. Zajonc
1984, 1994; LeDoux 1996; Robinson 2005)
15 Come noto, la vis aestimativa era riconosciuta piuttosto agli animali, quale stru-
mento di categorizzazione 'utilitaristica. Nelle parole dell`Aquinate (Commen-
tarium in De Anima, 2, 13, 16): cogitativa apprehendit individuum, ut existens
sub natura communi; quod contingit ei, inquantum unitur intellectivae in eodem
subiecto; unde cognoscit hunc hominem prout est hic homo, et hoc lignum prout
est hoc lignum. Aestimativa autem non apprehendit aliquod individuum, secun-
dum quod est sub natura communi, sed solum secundum quod est terminus aut
principium alicuius actionis vel passionis; sicut ovis cognoscit hunc agnum, non
inquantum est hic agnus, sed inquantum est ab ea lactabilis; et hanc herbam, in-
quantum est eius cibus. Unde alia individua ad quae se non extendit eius actio vel
passio, nullo modo apprehendit sua aestimativa naturali. Naturalis enim aestima-
tiva datur animalibus, ut per eam ordinentur in actiones proprias, vel passiones,
prosequendas, vel Iugiendas.
16 Sul trattato di Annibale Pocaterra vedi ora Gundersheimer 1994.
M. Di Monte - La vergogna dellestetica 137
La categorizzazione consente, inoltre, di aprire uno spazio possibile (e
plausibile) per l`errore, posto che non lo si intenda come sistematico, ma
appunto come normativamente qualiIicato. Posso provare erroneamente
paura scambiando una corda per un serpente (e non certo per un orso), ma
solo perche, in quella circostanza, la corda assomiglia abbastanza a un ser-
pente, di cui ho normalmente, e non erroneamente, paura
17
. Allo stesso
modo, posso vergognarmi a torto per uno stato di cose che giudico errone-
amente come inIamante solo perche, nelle circostanze date, quello stato si
presta ad essere scambiato per una situazione che, di norma e al netto
dell`errore, e per me vergognosa, (indipendentemente dal Iatto che, da un
altro punto di vista, Iarei bene a non vergognarmi di questo o di quello). Si
tratta di errori di valutazione o, meglio, di categorizzazione, appunto, che
pero e variabilmente 'penetrabile in termini cognitivi secondo il grado di
complessita concettuale dell`oggetto da categorizzare.
Sotto questo rispetto, la vergogna sembra distinguersi da altre emozioni
o sentimenti piu eminentemente 'estetici. Ci sono condizioni, inIatti, che
non paiono inIluenzabili da un diverso importo conoscitivo, in termini pro-
posizionali o di credenze. Per esempio, se sento Ireddo (perche eventual-
mente ho la Iebbre), il Iatto di veriIicare sul termometro che la temperatu-
ra ambientale e in realta abbastanza alta da aspettarmi che dovrei sentire
caldo non modiIica sensibilmente la mia sensazione: continuero a sentire
Ireddo comunque. Allo stesso modo, se un oggetto rappresenta qualcosa,
poniamo, di disgustoso o ripugnante, scoprire che si tratta in eIIetti solo di
una rappresentazione, di una Iinzione (come un`immagine o una scultura),
non lo renderebbe molto meno ripugnante e disgustoso. Non e ovvio, per
contro, che le cose vadano cosi anche nel caso della vergogna. Se compio
un gesto ineducato o sconveniente, per riprendere la situazione canonica
descritta da Sartre (1943), e mi rendo conto improvvisamente che davanti
a me qualcuno, di cui prima non mi ero accorto, mi Iissa, posso provare un
immediato e pungente sentimento di vergogna, ma se subito dopo scopro in
qualche modo che la persona che mi 'guarda in realta e un cieco, la ver-
gogna che provo si attenua ed eventualmente, persino, svanisce del tutto
18
.
17 Altro e stabilire se la paura sia anche 'giustiIicata, non solo da un punto di vista
psicologico o epistemico ma anche 'reale, per cosi dire, se cioe sussistano moti-
vi reali ad esempio un rischio concreto per l`incolumita Iisica per cui dovrei
aver paura dei serpenti (e dunque farei bene ad averne).
18 Qui non si tratta, naturalmente, dell`autenticita di una possibile 'prima impressio-
ne presuntivamente piu prepotente e spontanea di una eventuale 'seconda im-
pressione, magari maggiormente razionalizzata quanto della dipendenza inIe-
renziale dalle circostanze Iattuali esterne. InIatti, l`esempio citato puo procedere
138 Sensibilia 5 - La vergogna/ The shame
Cio non signiIica, tuttavia, che la vergogna sia un`emozione piu 'raziona-
le di altre, sia perche ci sono casi in cui la vergogna stessa appare meno
cognitivamente permeabile sia perche anche la paura reazione apparente-
mente piu elementare, come nell`esempio citato sopra e analogamente
sensibile a una revisione di giudizio, o di appraisal (motivo per cui, una
volta 'scoperta, la corda non mi Ia piu eIIetto).
Quello che conta e comunque la dipenden:a controfattuale degli stati
emotivi dalle valutazioni esterne, quale che sia il loro variabile grado di in-
cidenza e ovunque le si voglia collocare sulla scala che va dall`aIIettivo al
cognitivo. Anche le teorie non-cognitiviste o cognitiviste 'deboli nelle
varie Iorme in cui sono state recentemente presentate devono poter con-
templare e spiegare le medesime prestazioni che Iigurano meno problema-
ticamente in una 'judgment theor. Sebbene localizzata a un livello sub-
personale o inconscio, o persino solo corporeo, un`intenzionalita affettiva
o patica, se cosi vogliamo chiamarla, mantiene la sua Iorza esplicativa solo
se eIIettivamente garantisce gli stessi risultati e le stesse Iunzioni di un`in-
tenzionalita tradizionalmente intesa. Cio spiega, per altro, il Irequente ri-
corso a Iormule piu o meno metaIoriche, secondo le quali, tanto per Iare un
esempio, la pelle sa in termini di reazione galvanica cio che al sog-
getto cosciente invece sIuggirebbe (Robinson 2005: 40), e simili. Col ri-
schio che ipotesi del genere Iiniscano in una sorta di 'Iallacia mereologi-
ca, che attribuisce alla parte un`operazione che spetta invece al tutto, vale
a dire, appunto, al soggetto (Hutchinson 2008: 127)
19
.
anche in senso diametralmente opposto: ritenendo di avere delle ragioni per cre-
dere che la persona che mi sta davanti sia un non vedente, potrei sentirmi abba-
stanza tranquillo di non essere osservato mentre compio il gesto poco convenien-
te, ma potrei anche scoprire un attimo dopo che quella stessa persona, a dispetto
della mia prima valutazione, ci vede benissimo e proprio questo potrebbe costitu-
ire una buona ragione per provare un senso di vergogna persino piu accentuato.
19 In realta, anche la proposta avanzata dallo stesso Hutchinson, che mira a una sor-
ta di cognitivismo aspettuale, esemplato alla lontana sul modello del seeing-in
wittgensteiniano, e che egli chiama 'world-taking cognitvism, sembra trovarsi di
Ironte ad analoghe diIIicolta in termini normativi. Hutchinson ritiene che si pos-
sano scoprire e cogliere ('grasp) certi aspetti del mondo senza scomodare un piu
complesso lavoro di interpretazione e giudizio a carico dell`agente, cosi come si
colgono gli aspetti diversi di una Iigura multistabile. Tuttavia, qui 'cogliere si-
gniIica propriamente 'concettualizzare, anzi cogliere la relazione interna costitu-
tiva tra il concetto di vergogna e l`aspetto della realta che in tal modo emerge, e
non e chiaro come cio sia possibile, concretamente, senza Iar ricorso a credenze e
atteggiamenti proposizionali. Non a caso, inIatti, it is correct or incorrect to Ieel
shame in relation to some objectsome conceptualized shame scenarioaccor-
ding to whether or not that object is indeed shameIul: i.e. do the internal relations
M. Di Monte - La vergogna dellestetica 139
La diIIicolta e anche piu chiara se si tiene conto di un altro aspetto che
di solito viene sottostimato, vale a dire che a individuare determinati stati
emotivi non sono propriamente Iatti particolari e irriducibilmente singola-
ri, quanto piuttosto istanziazioni di tipi di Iatti o di oggetti. L`appraisal, in
altri termini, deve avere di mira certe conIigurazioni Iormali e categoriali
di proprieta generali, il che esclude, a rigore, che sia possibile rispondere
emotivamente alle cose prima di averle classiIicate o valutate cognitiva-
mente (Robinson 2005: 183). Ove pure si postulasse una valutazione
emotiva antecedente (che altrimenti non si potrebbe comunque parlare di
'risposta), la distinzione sarebbe sostanzialmente ridondante, dal momen-
to che o questa pre-classiIicazione risulta coerente e uniIorme con la suc-
cessiva classiIicazione cognitiva, e dunque obbedisce agli stessi vincoli
pur essendo molto meno inIormativa, oppure viene da questa 'cancellata
e resta semplicemente ignota al soggetto
20
. Persino l`aestimativa naturalis
della pecora, nell`esempio tomista, che riconosce questa erba come com-
mestibile prima che come erba, deve poi riconoscere come cibo ogni oc-
corren:a dello stesso tipo di erba, se non vuole morire di Iame
21
.
hold between the concept of shame, as grasped b this person with these sensibi-
lities (this Bildung), and the conceptualised state of affairs, as taken b (as bears
down on) this person, such that the latter is correctl taken to be a shame scena-
rio? (Hutchinson 2008: 137, corsivi miei).
20 Secondo la Robinson, che contesta la posizione di Carroll (1997), Our aIIective
appraisals are what alert us to what`s going on beIore cognition kicks in e dun-
que we do not actuall subsume it under a categor until after our attention has
been Iixed upon it (ibid.), il che pare abbastanza implausibile, perche non puo es-
serci alcuna 'appraisal, neppure aIIettiva, se prima non si mette a Iuoco qualche
oggetto da valutare, altrimenti, come abbiamo gia accennato, la saturazione valu-
tativa di uno scenario percettivo indiscriminato sarebbe continuamente contrad-
dittoria, prima ancora che inutile e ingestibile. D`altra parte, se queste valutazioni
'iniziali sono di 'grana grossa rispetto a quelle cognitive, non si vede bene
come possano sollecitare emozioni qualiIicate: quale sarebbe, ad esempio, la 'aI-
Iective appraisal che anticipa una valutazione piu 'Iine-grained del tipo Que-
sta e un`eroina soIIerente (Ibidem)? Questa e una donna? Questa e un ente che
soIIre? Questa e una soIIerenza? Come si vede, una valutazione piu grossier Iini-
sce per implicare paradossalmente concetti piu generali.
21 Il che vale, ovviamente e a maggior ragione, per l`aestimativa dell`uomo. Se e
vero, come suggerito da LeDoux (1996: 69), che it is, indeed, possible Ior our
brain to know that something is good or bad beIore it knows exactlv what it is
(corsivo mio), e anche vero che tale valutazione ha lo stesso carattere di generali-
ta e lo stesso orientamento di una piu razionale valutazione cognitiva: posso man-
dare giu qualcosa che trovo piacevole (e giudico tale coscientemente) senza sape-
re che roba e, e continuare a Iarlo con piena consapevolezza intenzionale anche
continuando a non sapere molto sulla natura della sostanza, e persino dopo aver
140 Sensibilia 5 - La vergogna/ The shame
Se, d`altra parte, non si ammettesse un certo grado di generalita catego-
riale anche nelle nostre percezioni estetiche saremmo condannati a prova-
re un`inIinita di emozioni diverse e tutte assolutamente inconIrontabili, ne
potremmo mai Iare ipotesi o previsioni su quali circostanze tipiche possa-
no suscitare in noi o negli altri certe speciIiche emozioni, cose che invece
Iacciamo regolarmente e che rappresentano il vantaggio Iunzionale (o
adattativo) di tali interazioni comportamentali. A Iarmi provare vergogna
possono essere cose materialmente molto diverse una parola, uno sguar-
do, un gesto, una presenza o anche solo un pensiero cosi come uno stes-
so gesto o uno stesso sguardo, materialmente identici, possono sortire eI-
Ietti emotivi assai diIIerenti, se a cambiare e la struttura Iormale
dell`oggetto intenzionale.
E chiaro, inoltre, come in casi del genere le valutazioni categoriali deb-
bano essere supportate da credenze e concetti che abbiano appunto una
struttura Iormale, se non la si vuole chiamare universale, da cui deriva an-
che la loro Iorza normativa. Se inIatti deve essere possibile distinguere tra
un comportamento emotivo appropriato e plausibile e un comportamento
abnorme o assurdo, anche un 'reason-giving cognitivism piu soggettivi-
stico e meno logicamente esigente sul genere di quello proposto da Ga-
briele Talor (1985) dovra Iare appello a ragioni cui il soggetto, sia pure
dal proprio punto di vista particolare, tenda ad attribuire una validita gene-
rale e intersoggettiva, in Iorza del tacito assunto che gli altri soggetti sono
simili a lui e che i Iatti della realta sono equiaccessibili
22
. Cio non implica
scoperto che la sostanza stessa, alla lunga, sara nociva. E invece implausibile sup-
porre che una classiIicazione cognitiva piu elaborata possa cambiare la percezio-
ne estetica del sapore della cosa (buono o cattivo), anche laddove dovesse convin-
cermi a non assumerla per altri motivi.
22 In questo senso, la diIIerenza della posizione della Talor rispetto al 'cognitivismo
oggettivistico di Davidson (1976) sembra meno radicale di quanto l`autrice dichia-
ri. Se e vero che The appeal is no longer to the wholl rational being; it is to the ad-
mittedl Iar less neat and precise notion oI what it would be human and natural Ior
a person to Ieel under certain circumstances, given that person`s relevant other be-
lieIs and attitudes (Talor 1985: 14), allora cio che sarebbe umano e naturale sen-
tire in certe circostanze deve avere una valenza universale, piu ancora che genera-
le. L`esempio tratto da James Joce (The Dead) e utilizzato da Talor (ivi: 9-11)
contro il procedimento sillogistico di Davidson non dimostra molto. Se il caso de-
scritto da Joce la vergogna provata da Gabriel di Ironte al comportamento della
moglie Gretta puo essere usato come argomento, allora deve essere verosimile e
plausibile anche per noi che non siamo Gabriel, e le sue 'ragioni devono poter es-
sere condivise anche dal nostro punto di vista e senza conoscere il suo intero vissu-
to. Queste ragioni possono essere universalizzabili (in modo meno caricaturale di
quanto ipotizzi Talor) senza che ne discenda un vincolo Iattualmente necessitante
M. Di Monte - La vergogna dellestetica 141
che ogni soggetto provera invariabilmente e senza eccezioni quella stessa
emozione ogniqualvolta si determinino certe premesse e certe inIerenze
deduttive, come Iarebbe pensare un cognitivismo 'sillogistico troppo
meccanicamente inteso, cosi come il Iatto che i miei giudizi estetici dipen-
dano normativamente dalle proprieta reali delle cose non implica aIIatto
che si possano prescrivere 'ricette precise per suscitare necessariamente
reazioni estetiche identiche in tutti i soggetti possibili. Come era gia chiaro
a Tommaso d`Aquino: intensio delectationis potest provenire ex duobus;
scilicet ex causa delectationis quae est Iortior, et ex dispositione delectati
quae est delectationis capacior (In IJ Sententiarum, Dist. 49, q. 3, a. 5).
Ma se, in ogni caso, una qualche misura di prevedibilita e omogeneita non
Iosse possibile, come abbiamo gia osservato, non sarebbe possibile neppu-
re produrre opere che siano intese a suscitare certi tipi di emozione, non sa-
rebbe inappropriato sganasciarsi dalle risate assistendo a un`autentica tra-
gedia teatrale e non sarebbe corretto provare vergogna o umiliazione se la
propria opera teatrale tragica ha invece, inopinatamente, Iatto ridere tutti.


5. Jergogna e imbara::o (della scelta)

Che ci siano di Iatto comportamenti e reazioni apparentemente devianti
o inesplicabili non ci autorizza a concludere che non vi siano 'tipi norma-
tivi di emozione, anzi e proprio in Iorza di questi ultimi che possiamo par-
lare di devianza o inesplicabilita. Ne questo esclude che si possano prova-
re sentimenti misti, sIumati o liminari, diIIicili da deIinire quanto si vuole.
Proprio il caso della vergogna e a questo proposito paradigmatico. Non per
nulla si e a lungo discusso, e si continua a discutere, se il sentimento di ver-
gogna debba distinguersi, da una parte, da un piu grave senso di colpa e,
dall`altra, da un piu innocuo e transitorio senso di imbarazzo o di disagio,
e se, di conseguenza, la vergogna stessa debba considerarsi un sentimento
morale o piuttosto un sentimento sociale. Indubbiamente, un tentativo di
deIinizione rigida in termini di 'basic emotions si scontra con l`evidenza
di un vissuto che spesso appare al soggetto assai piu cangiante e Irastaglia-
per la risposta emotiva. Il Iatto che il protagonista, o un altro per lui, avrebbe potu-
to reagire anche in altri modi non tocca minimamente l`argomento di Davidson.
D`altra parte, in mancanza di ragioni condivisibili, potremmo tranquillamente con-
cludere che la vergogna descritta da Joce non sia verosimile o rappresenti in modo
verosimile una risposta impropria o assurda, vale a dire proprio cio che non 'sareb-
be umano e naturale sentire in quelle circostanze.
142 Sensibilia 5 - La vergogna/ The shame
to di quanto il lessico ordinario di una psicologia ingenua sia in grado di
diIIerenziare coerentemente. Anche questa osservazione, tuttavia, non mi-
lita direttamente a Iavore di una teoria 'estetica delle emozioni radical-
mente epurata da Iattori cognitivi determinanti. InIatti, l`incapacita di dare
un nome preciso allo stato emotivo in cui ci troviamo in un certo momen-
to, cosi come la possibile incertezza nella scelta tra i nomi a disposizione,
indica semmai un problema di deIicienza o di incompetenza linguistiche e
non un limite degli approcci cognitivi. Ne Iare appello alla spontaneita o a
un inconscio corporeo costituisce in questo caso un vantaggio esplicativo.
Si puo essere perIettamente consapevoli di cogliere percettivamente una
particolare sIumatura di colore, e di averla gia colta in passato, senza esse-
re capaci di darle un nome altrettanto preciso. Se per spiegare l`eIIicacia
valutativa delle reazioni emotive si postula che queste sono sostanzialmen-
te automatiche e pre-cognitive, allora dovremmo sempre aspettarci risposte
molto nettamente demarcate, o comunque poco sIumate e poco conIuse. Se
esistesse qualcosa come un 'modulo reattivo della vergogna, la cui Iun-
zione Iosse quella di rilevare stimoli di un certo tipo, la sua soglia di attiva-
zione dovrebbe essere appunto automatica: o lo stimolo viene recepito
come vergognoso, e dunque mette capo all`emozione corrispondente, op-
pure no, e la cosa, eventualmente, non arriva neppure alla soglia di coscien-
za. Non dovrebbe restare molto spazio per valutazioni incerte, alternative,
controIattuali, contestuali o simili, giacche in tal caso l`automatismo stes-
so non servirebbe a gran che
23
.
Se pero, come gia scriveva Pocaterra, non e in mano di chi che sia lo
spronare o il Irenare questi empiti primieri e, nondimeno, si deve pure
ammettere una connessione nomologica regolativa tra stimolo e risposta
23 Recentemente, Ruwen Ogien (2006) ha proposto di integrare una tesi 'modulare
debole con una tesi 'concettualista, che tenga conto della ricchezza e della va-
riabilita delle credenze in gioco nell`esperienza della vergogna. Il modulo della
vergogna andrebbe inteso non nel senso Iorte, e piu corrente, di Fodor, ma in quel-
lo piu aperto di Pinker, come un sottosistema Iunzionalmente specializzato ma
non rigidamente incapsulato in termini inIormativi (Ogien 2006: 246), qualcosa di
analogo a cio che e stato chiamato 'cheater-detection module. A parte le riserve
sull`eIIettiva esistenza di questo tipo di strutture (per una critica severa, vedi Fo-
dor 2000), ammettendo che la speciIicita del dominio (ivi: 233) di una certa
gamma di stimoli (diciamo tutte le situazioni vergognose) sia riconoscibile grazie
a inIerenze e deduzioni concettuali di ordine cognitivo superiore, non si vede bene
quale sarebbe il vantaggio di postulare un simile 'modulo non modulare, a meno
di voler postulare anche, in una vena non realista, che la speciIicita sia 'prodotta
dallo stesso modulo cognitivo. Ma quest`ultima mossa, cui Ogien non sembra al-
ludere, Iinirebbe nella Iallacia prospettivista che abbiamo gia discusso.
M. Di Monte - La vergogna dellestetica 143
che consenta una qualche covering-law explanation (Elster 1999: 251),
come spiegare i Ienomeni di contaminazione, sovrapposizione o persino,
apparentemente, di contraddizione? A non voler essere jamesiani rigoristi,
si potra concedere che in alcuni casi si diano coincidenze materiali di ma-
niIestazioni puramente epiIenomeniche, come potrebbero essere, poniamo,
l`arrossire per l`ira e l`arrossire per la vergogna. Ma, come abbiamo accen-
nato, non ci sono solo casi del genere. Tra il rossore dell`imbarazzo e quel-
lo della vergogna ci sono aIIinita piu proIonde e qui una certa interscam-
biabilita linguistica attesta, piu che determinare, una contiguita
Ienomenologica direttamente sperimentabile
24
. Eppure, nelle due situazio-
ni, gli oggetti Iormali potrebbero essere addirittura opposti: la lode scoper-
ta e il biasimo maniIesto. Perche la reazione dovrebbe essere anche solo
minimamente simile? Se la cosa dipendesse semplicemente da un mecca-
nismo connaturato di rilevamento |.| che registra in termini corporei
(Robinson 2005: 91), a trovarsi in imbarazzo dovrebbe essere proprio il
'detecting mechanism: se qualcosa viene rilevato come un complimento,
non potra valere ne come biasimo ne come oIIesa ne come altro. Allora
perche un complimento, in quanto tale, dovrebbe Iar arrossire? Forse ci
sono moduli di rilevamento di grana Iine che distinguono i complimenti
imbarazzanti da quelli non imbarazzanti. Ma, appunto, che cos`e che Ia la
diIIerenza?
E vero che l`imbarazzo provocato dal pudore, e le sue maniIestazioni
corporee, sono reazioni spontanee e incontrollabili persino quando ci
convincessimo, in certi casi, a considerare la verecondia un inutile 'diIet-
to, come raccomandava Quintiliano nell`Institutio oratoria (XII, V, 2-4).
Ma da qui non discende che si possa parlare di risposta 'automatica o,
peggio, 'subliminale, come molti autori ritengono in una vena darwinia-
na. Se Iaccio pubblicamente un apprezzamento esplicito e inatteso sui trat-
ti Iisici di una ragazza tendenzialmente timida e probabile che susciti in lei
un involontario senso di imbarazzo, se non di vergogna, magari associato
alla tipica reazione di rossore. Le cose, pero, potrebbero andare anche mol-
to diversamente, e non solo per un errore di valutazione. Se la ragazza stes-
sa non riconoscesse quelle parole in quanto complimento eIIettivamente
24 Alcuni autori (ad esempio Lewis 1992: 109-110) sembrano propensi a distin-
guere l`imbarazzo e la vergogna solo in termini di intensita dell`emozione, ben-
che non sia molto chiaro come Iissare e misurare il grado di intensita oltre il
quale un`emozione si trasIormerebbe nell`altra, cosi come e diIIicile stabilire
quando uno standard sia abbastanza meno importante e meno centrale cosi
che la sua violazione dia luogo non tanto a vergogna quanto a imbarazzo
(Lewis 1992: 109).
144 Sensibilia 5 - La vergogna/ The shame
lusinghiero (magari giudicandole volgari), o le scambiasse per una battuta
ironica o un modo di dire convenzionale, ne sarebbe certo meno toccata, o
comunque diversamente. Ma quando pure il complimento venisse corretta-
mente percepito per quello che e, le variabili contestuali potrebbero ancora
Iare la diIIerenza, sicche quelle identiche parole, pronunciate con identico
spirito, ma in un momento di intimita, o persino in pubblico, ma eventual-
mente in risposta a un`implicita aspettativa poniamo in un concorso di
bellezza potrebbero non provocare alcun imbarazzo e addirittura suscita-
re una reazione opposta. In un caso del genere non avrebbe molto senso
suggerire che il cervello decide che una parola e imbarazzante prima di de-
cidere che tipo di parola e. Anche qui, il soggetto deve poter operare distin-
zioni tra oggetti esteticamente simili, se non indiscernibili, e per tale gene-
re di decisioni una sensibilita subliminale puramente 'estetica non e
suIIiciente.
Per spiegare la contiguita di stati emotivi peraltro molto diversi, come
appunto la vergogna e l`imbarazzo o la vergogna negativa e quella 'positi-
va come pure la si e deIinita (Heller 2003: 1027) alcuni autori hanno
cercato di individuare delle condizioni minimali comuni, che spesso, tutta-
via, Iiniscono per somigliare a cio che gli etologi, sulla scorta di Lorenz,
chiamano 'meccanismi di scatenamento, innati o variamente acquisiti,
con la conseguenza che simili deIinizioni risultano alla Iine o troppo inclu-
sive o troppo esclusive. Alcuni tratti Iormali possono essere induttivamen-
te riconoscibili come prototipici, ma irrigidirne in modo troppo schematico
il contenuto e esplicativamente poco utile. Ad esempio, l`esposizione pub-
blica allo sguardo, al giudizio, alla disapprovazione altrui, tanto piu quan-
do questi altri rappresentino un 'gruppo d`onore (cIr. Talor 1985), non-
che l`acuta consapevolezza della propria inadeguatezza rispetto a certe
norme, sono tutti elementi che deIiniscono classicamente il contesto della
vergogna. Tuttavia, lo abbiamo osservato, su questo schema possono poi
darsi diverse varianti: non sempre e questione di disapprovazione; ci si puo
vergognare di cio di cui non si e responsabili, come delle proprie Iattezze,
dei propri parenti o dei propri avi; si puo provare una vergogna 'vicaria
per cio che gli altri Ianno; lo sguardo altrui puo essere anche solo pensato
come ricordava giustamente Bernard Williams (1993) e anche il giudi-
zio di un pubblico poco autorevole puo essere rilevante, ove sia intima-
mente condiviso. In eIIetti, non e cosi diIIicile immaginare situazioni in cui
persino alcuni degli elementi considerati canonici manchino del tutto: un
attore sulla scena, ad esempio, che Iosse palesemente ignorato con annoia-
ta indiIIerenza dai suoi spettatori, potrebbe provare un grave imbarazzo e
vergognarsi della sua prestazione proprio perche non ha ricevuto abbastan-
M. Di Monte - La vergogna dellestetica 145
za attenzione, e nonostante reputi i suoi giudici degli incompetenti. Non
tanto, dunque, il puro e semplice Iatto di trovarsi esposti agli occhi degli
altri (Lewis 1992: 109), quanto il Iatto di non essere esposti nel momento
giusto e nel modo giusto.
Si puo Iorse dire, piu semplicemente e benche possa apparire generico,
che il luogo Iocale della vergogna sembra concentrarsi nell`autocoscienza
dello scarto tra la propria posizione reale e quella suggerita da una norma
ritenuta vincolante
25
. Ma in una prospettiva realista una simile genericita
non Ia problema, come non e problematico che si possano provare senti-
menti sIumati o diIIicilmente catalogabili senza residui nei termini di un
lessico dato. Cosi come l`allocazione attenzionale puo massimizzare diver-
se proprieta di un particolare stato di cose, si possono anche massimizzare
le stesse proprieta in stati di cose diversi, quando pure si trattasse di un nu-
cleo assai ristretto. Probabilmente le condizioni minime che accomunano
emozioni che distinguiamo linguisticamente come imbarazzo, vergogna,
umiliazione e senso di colpa potrebbero ridursi alla consapevolezza di tro-
varsi involontariamente al centro di una situazione sconveniente e disdice-
vole, rispetto a certi standard normali o ideali, che non consenta immedia-
te manovre evasive e per la quale non si disponga di giustiIicazioni a
portata di mano. Forse e poco, ma e quel poco che ci consente di essere
adeguatamente sensibili alla variabilita talvolta sottile delle circostanze, se
per sensibilita intendiamo qui la capacita di esercitare una subtilitas appli-
candi, per cosi dire, in grado di cogliere il senso proprio della norma in
modo non meccanico o letterale e dunque anche nelle contingenze acciden-
tali delle situazioni meno prevedibili. Se poi questa variabilita non e sem-
pre Iacile da denominare, poco male. D`altra parte, sono le emozioni che
devono rispondere alla complessita del reale, non il contrario.


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25 Un`analoga proposta di deIinizione abbastanza asciutta e quella di Lewis (1992:
45): L`attenzione Iocalizzata su di se e sul proprio Iallimento valutato come
tale. L`accento del discorso di Lewis tende comunque a privilegiare il tema del
comportamento attivo, dell`a:ione che devo gia in partenza conIrontare |.| con
un modello o una norma, non importa se propria o altrui (40). Penso pero, per i
motivi che si son detti, che sia preIeribile parlare di 'posizione, piu che solo di
'azione, rispetto alla norma.
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