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Capitolo I

Il regime delle infrastrutture del trasporto

Il demanio marittimo e le relative concessioni

Al demanio marittimo si riconducono quei beni con finalità di natura pubblica nel settore della navigazione. Gli articoli 822
codice civile e 28 codice navale, qualificano come beni demaniali marittimi "il lido, la spiaggia, i porti, le rade, le lagune,
le foci dei fiumi che sbarcano in mare, i bacini di acqua salsa o salmastra che almeno durante una parte dell'anno
comunicano liberamente col mare, i canali utilizzabili ad uso pubblico marittimo". Sono invece considerate pertinenze del
demanio marittimo, le costruzioni e le altre opere di proprietà dello Stato, che si trovano entro i limiti del demanio
marittimo e del mare territoriale. La delimitazione dei confini tra i beni di proprietà pubblica e le zone di proprietà privata,
avviene mediante apposito provvedimento del capo del compartimento in contraddittorio quando ciò sia necessario o
comunque ritenuto opportuno. Secondo la giurisprudenza, il ricorso al soggetto procedimento risulta necessario laddove
sussistano incertezze circa la natura demaniale di una determinata area territoriale. L'atto di delimitazione non ha natura
costitutiva della demanialità del bene, in quanto accerta solamente l'esistenza di una preesistente qualifica giuridica.
Natura costitutiva invece ha l'atto di sdemanializzazione, con cui il Ministro dei trasporti e della navigazione esclude dal
demanio marittimo quelle aree territoriali che il capo del compartimento ritiene non destinabili a finalità pubbliche. Ciò
può derivare soltanto da un atto adottato formalmente. Il godimento dei beni non suscettibili di formare oggetto di
proprietà privata da parte di singoli soggetti, richiede il rilascio di apposito atto amministrativo da parte dell'autorità
pubblica. L'amministrazione in conformità alle esigenze del pubblico uso, può attribuire a soggetti pubblici o privati,
mediante concessione, l'occupazione e l'uso, anche esclusivo, di beni demaniali e di zone di mare territoriale per un
determinato periodo di tempo. I soggetti competenti alla rilascio della concessione sono individuati e distinti, dalla
disciplina codicistica, a seconda della durata della concessione. Per le concessioni di durata superiore a quindici anni la
competenza è attribuita al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti; per le concessioni di durata superiore a quattro
anni, ma inferiori a quindici, e per quelle di durata inferiore a quattro anni che importino impianti di difficile sgombero, la
competenza è riconosciuta in capo al direttore marittimo; per le concessioni inferiori al quadriennio che non importino
impianti di difficile sgombero il codice della navigazione individua il soggetto competente nel capo del compartimento.
Qualora la concessione relativa ad uno stesso bene demaniale sia stata richiesta da una pluralità di soggetti,
l'amministrazione accorda la preferenza al soggetto che offra le maggiori garanzie per una proficua utilizzazione del bene
e si proponga di avvalersene per un uso che soddisfi il più rilevante interesse pubblico. Tale disciplina appare in deroga
rispetto al principio della priorità temporale nella presentazione di domande per il rilascio dell'atto concessorio. Per il
rinnovo della concessione di area demaniale marittima, deve essere data preferenza al precedente concessionario, cui
viene riconosciuto il "diritto d'insistenza". È posto a carico del concessionario l'obbligo di utilizzare il bene entro i limiti
previsti dalla concessione, sotto la vigilanza esercitata dalla pubblica amministrazione concedente. Il concessionario ha,
inoltre, l'obbligo di pagare un canone il cui ammontare è fissato dall'atto concessorio e il cui mancato pagamento
costituisce espressa ipotesi di decadenza dalla concessione. Ulteriori cause di decadenza sono la mancata esecuzione
delle opere previste nell'atto di concessione o il mancato inizio della gestione del bene nel termine assegnato; il mancato
uso continuato durante il periodo fissato dall'atto concessorio o il cattivo uso; il mutamento sostanziale, senza
autorizzazione, dello scopo originariamente perseguito; l'abusiva sostituzione di altri soggetti nel godimento della
concessione. Il soggetto concedente, qualora a certi il venire meno di interessi di rilevanza pubblica, procede ad una
revoca della concessione che non dà diritto ad alcun indennizzo. Un regime a parte hanno le concessioni rilasciate per
l'esercizio di attività con finalità turistico-ricreative la cui competenza spetta alle Regioni, ma da queste in molti casi è
delegata ai Comuni. Per tale tipologia di concessioni si prevede una particolare tutela della posizione del concessionario in
sede di rinnovo e nel caso di concorso di più domande, "è data la preferenza alle richieste che importino attrezzature non
fisse e completamente amovibili".

Il regime giuridico dei porti e la riforma delle gestioni portuali

I porti marittimi sono distinti in due categorie. I porti, o specifiche aree portuali, finalizzati alla difesa militare e alla
sicurezza dello Stato e i porti, o specifiche aree portuali, aventi rilevanza economica internazionale, nazionale, regionale o
interregionale. Questi porti sono soggetti ad una ulteriore classificazione, a seconda delle funzioni (commerciale,
industriale, petrolifera, disservizio passeggeri, peschereccio, turistico e da diporto). Il legislatore ha provveduto a rendere
l'assetto gestionale dei porti italiani conforme alle previsioni dell'ordinamento comunitario.

Struttura dei compiti dell'autorità portuale

Tra gli elementi innovativi del 1994, vanno segnalate la soppressione degli Enti portuali e delle Aziende dei mezzi
meccanici e la conseguente istituzione, in tutti i principali porti, "dell'Autorità Portuale". Le Autorità Portuali, sono soggetti
aventi personalità giuridica di diritto pubblico, dotati di autonomia di bilancio e finanziarie, nonché di autonomia
amministrativa. L'autorità portuale è sottoposta alla vicinanza del Ministero dei Trasporti e della Navigazione e anche al
rendiconto della gestione finanziaria al controllo della Corte dei Conti. La legge individua una serie di organi: Presidente,

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Comitato portuale, Segretario generale, Collegio dei revisori dei conti. Viene sancita la netta separazione tra poteri di
natura gestionale e poteri di natura amministrativa. La Autorità Portuale a funzioni di pura amministrazione. I soli compiti
di carattere operativo risultano essere quelli di "manutenzione ordinaria e straordinaria delle parti comuni dell'ambito
portuale". Il Ministro dei trasporti e della navigazione, con d.m. Del 1994, ha provveduto ad identificare i servizi di
interesse generale da fornire a titolo oneroso all'utenza portuale. Sono "servizi di interesse generale" i servizi di
illuminazione, polizia e raccolta rifiuti, servizi di manutenzione e riparazione, stazioni marittime passeggeri, servizi
informatico e telematici, servizi comuni al settore industriale ed al settore commerciale del porto. Detti servizi devono:a)
essere offerti all'utenza portuale; b) essere forniti a titolo oneroso; c) essere non coincidenti né strettamente connessi
con le operazioni portuali; d) la fornitura degli stessi deve rispondere ad un interesse generale, suscettibile di assumere
un rilievo prevalente rispetto al fornitore e al fruitore del servizio stesso. Per la gestione dei servizi di interesse generale,
gli Enti portuali, possono continuare a svolgere in tutto o in parte, tali servizi, utilizzando fino ad esaurimento degli
esuberi, il personale in sovrannumero. L'esercizio delle attività dirette alla fornitura di servizi di interesse generale viene
"affidato in concessione dall'autorità Portuale mediante gara pubblica".

L'autorizzazione all'esercizio delle operazioni portuali e la concessione di aree in ambito portuale

Per le operazioni portuali, tali attività sono affidate a soggetti privati che operano in un regime di concorrenza, sulla base
di una semplice autorizzazione dell'autorità portuale. Al fine di garantire un pieno regime concorrenziale tra imprese in
ambito portuale, lo svolgimento delle operazioni portuali è sottoposto alla rilascio di un atto autorizzatorio. Per il rilascio
dell'autorizzazione necessaria per lo svolgimento delle operazioni portuali, la legge richiede il possesso dei requisiti di
carattere personale e tecnico. Tali requisiti sono stati individuati dal decreto ministeriale del 1995. Il decreto, inoltre
individua i criteri, le modalità e i termini, relativi alla rilascio, alla sospensione e alla revoca dell'autorizzazione nonché i
parametri atti a definire i limiti massimi e minimi dei canoni annui al fine di assicurare l'accesso alle operazioni portuali da
parte di imprese dotate di comprovata idoneità autorità portuale ha il potere di determinare il numero massimo di
autorizzazioni da rilasciare ai predetti soggetti imprenditoriali assicurando comunque, il massimo della concorrenza nel
settore". Le imprese autorizzate ad operare nel porto possono ottenere dall'Autorità Portuale il rilascio di una concessione
di aree e banchine portuali per lo svolgimento di operazioni portuali. Sono imprese terminaliste quelle cui, in ambito
portuale, sia stato rilasciato il duplice provvedimento autorizzatorio e concessorio. Presupposto essenziale per il
conseguimento della concessione è il possesso di adeguate attrezzature di natura tecnica ed organizzativa, idonee a
soddisfare le esigenze produttive. L'impresa terminaliste, inoltre, deve esercitare direttamente l'attività oggetto della
concessione. Le operazioni portuali, possono altresì, essere espletate dal vettore marittimo, dall'impresa di navigazione o
dal noleggiatore della nave che risultino in possesso di propri mezzi meccanici e personale adeguato alle operazioni da
svolgere.

Attività portuali e competenze dell'Autorità Marittima

L'attività esercitata dalla Autorità Portuale, deve coordinarsi con la Autorità Marittima. Le Autorità Marittime sono: il
direttore marittimo, il capo del compartimento marittimo, il capo del circondario marittimo, i capi degli altri uffici
marittimi. La Autorità Marittima esercita funzioni di polizia e di sicurezza della navigazione e svolgendo i compiti di
spettanza della Autorità Portuale nei porti dove quest'ultima non sia stata istituita. Il codice della navigazione assegna alla
Autorità Marittima il compito di regolare il movimento delle navi nel porto, di prestare soccorso a navi in stato di pericolo
e a naufraghi, di disporre la rimozione di materiali, navi ed aereomobili sommersi, di ricorrere in ipotesi di disordini nei
porti e sulle navi, all'aiuto della forza pubblica o delle forze armate. In materia di tutela della sicurezza della navigazione,
rilevano i servizi strumentali al movimento ed alla permanenza delle navi nel porto (pilotaggio, rimorchio, ormeggio e
battellaggio), noti come servizi tecnico-nautici. I suddetti servizi vengono espletati allo scopo di evitare che la
movimentazione della nave del porto possa cagionare danni ai soggetti, ai beni e alle infrastrutture ivi ricomprese.

La disciplina del lavoro portuale

La legge 84/94 ha previsto la trasformazione delle Compagnie dei lavoratori portuali in una società di capitali che eserciti,
in condizioni di concorrenza, le operazioni portuali, o in una società cooperativa per la fornitura di servizi. Le ex
Compagnie dei lavoratori portuali, oltre a poter svolgere operazioni portuali in condizioni di concorrenza, potevano
continuare a fornire servizi di manodopera, in contrasto con i principi ispiratori del legislatore del 1994. In tale
prospettiva, la legge 186/2000, attribuisce alle Autorità Portuali il potere di autorizzare la fornitura di lavoro temporaneo
da parte di una impresa "la cui attività deve essere esclusivamente rivolta alla fornitura di lavoro temporaneo per
l'esecuzione delle operazioni e dei servizi portuali". L'articolo 3 impedisce a dette imprese di esercitare direttamente o
indirettamente le operazioni e i servizi portuali. Esse, inoltre, non devono essere detenute né detenere partecipazioni in
una o più imprese che svolgano operazioni e servizi portuali. Inoltre le imprese in oggetto devono essere in possesso di
"adeguato personale e risorse proprie". Qualora non si verifichino le condizioni affinché il lavoro portuale temporaneo
possa essere fornita dalle imprese esaminate, tale servizio viene erogato da Agenzie promosse dalle Autorità Portuali e
sottoposte al controllo di queste ultime.

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Il regime giuridico degli aeroporti e la gestione dei servizi di handling aeroportuale

Il concetto di "aeroporto" è definito come "ogni località, sia terrestre che acquea, destinata, anche in via temporanea, alla
partenza, all'approdo ed allo stazionamento degli aeromobili". Il codice della navigazione classifica gli aeroporti in: a)
ricomprendente gli aeroporti statali; b) afferente agli aeroporti privati. L'individuazione dell'una e dell'altra categoria non
può prescindere dal soggetto gestore dell'infrastruttura medesima. Riguardo alla gestione, mentre quelli privati sono
gestiti previo rilascio di apposita autorizzazione del Ministro dei trasporti e della navigazione, gli aeroporti statali e
rientrano tra i beni del demanio aeronautico, e sono, pertanto, sottoposti alla disciplina prevista per questi ultimi. La
gestione di un aeroporto pubblico può assumere quindi tre forme: diretta, totale e parziale. La gestione diretta prevede
che lo Stato gestisca direttamente all'aeroporto. Nella gestione totale rapporto viene gestito da una società cui spetta il
compito di programmare, progettare e provvedere alla costruzione delle infrastrutture aeroportuali. Tale forma di
gestione coinvolge ad esempio, Aeroporti di Roma, SEA per Milano, SAGAT per Torino, SAVE per Venezia). In quella
parziale, invece, la società di gestione dell'aeroporto vi provvede limitatamente all'aerostazione passeggeri e merci o solo
all'aerostazione merci. Affidamento in concessione della gestione alle società richiedenti viene effettuato con
provvedimento dell'ENAC (Ente Nazionale per la Aviazione Civile), soggetto ad approvazione del Ministro delle
infrastrutture e dei trasporti. La durata della concessione può superare i limiti temporali non potendo, comunque,
superare i 40 anni assumono primario rilievo i servizi aeroportuali che vanno sotto il nome di servizi di assistenza a terra
(servizi di handling). La dottrina ritiene che vi si ricomprendono quelle operazioni necessarie per la partenza e l'arrivo
degli aeromobili, dei passeggeri e delle merci. Soltanto nel 1999 il legislatore ha recepito la direttiva comunitaria n.
96/67/CE relativa all'accesso al mercato dei servizi di assistenza a terra negli aeroporti dei Paesi membri. Tra i servizi di
assistenza a terra, rientrano per esempio, il rifornimento di carburante, lo smembramento dell'aeromobile, la polizia e la
manutenzione del mezzo aereo, l'assistenza ai passeggeri e ai bagagli, l'assistenza alle merci e alla posta, l'assistenza alle
operazioni compiute in pista, il catering. Nel recepire la direttiva sì è introdotto anche in Italia il principio di
liberalizzazione dei servizi di assistenza a terra, vedendo riconosciuta all'ENAC la possibilità di limitare il numero dei
prestatori solo "per motivate ragioni inerenti alla sicurezza, alla capacità o allo spazio disponibile nell’aeroporto". Lo
stesso ENAC vigila sull'idoneità dei prestatori dei servizi di assistenza a terra richiedendo i seguenti requisiti: a) capitale
sociale almeno pari ad un quarto del presumibile giro di affari derivante dalle attività da svolgere; b) risorse strumentali e
capacità organizzative idonee in relazione alle tipologie di servizi che il richiedente intende svolgere; c) attestato
comprovante il rispetto degli obblighi derivanti dalla legislazione sociale e sulla sicurezza del lavoro; d) copertura
assicurativa adeguata ai rischi connessi all'attività da svolgere. Negli aeroporti in cui l'accesso al mercato è sottoposto a
limitazioni, per l'individuazione dei prestatori lente di gestione aeroportuale indice una gara pubblica, secondo le
procedure previste per gli appalti pubblici di servizi.

Capitolo II

Il regime dei servizi di trasporto

Il regime giuridico dei servizi marittimi

Le Conferences marittime e la Convenzione di Ginevra del 1974

Dopo un periodo fortemente espansivo, la crisi dei traffici nella seconda metà del secolo scorso ha determinato una
situazione di sfrenata concorrenza, con l'uscita dal mercato di numerosi operatori, quindi il formarsi di organizzazioni di
tipo oligopolistico che caratterizzano tuttora il settore, note come "Conferences marittime". I vari tentativi posti in essere
dalle autorità governative si pongono nell'ottica della tradizionale legislazione antimonopolistica. Oggetto della disciplina
della Convenzione del 1974 è l'istituto della Conference marittima. I Paesi emergenti "hanno realisticamente preso atto
della esistenza della struttura conferenziale e ne hanno riconosciuto l'utilità e la necessità per assicurare un ordinato ed
adeguato svolgimento dei trasporti marittimi". Conseguentemente, gli Stati in via di sviluppo "hanno preferito acquisire
un ruolo di rilievo all'interno della organizzazione conferenziale. Sono poi esplicitamente ammesse e regolamentate alcune
forme contrattuali controverse come gli accordi di fedeltà. L'ingresso di una compagnia marittima nelle Conferences che
operano in relazione a traffici originati dal proprio Paese appare condizionato unicamente alla dimostrazione della sua
idoneità a fornire un servizio regolare, efficace ed efficiente. A ciò dovrà aggiungersi un piano tecnico, organizzativo e
finanziario per rendere evidente la serietà del programma operativo con cui si richiede l'ammissione alla Conference.
Diversa appare la posizione che vengono ad assumere le imprese armatoriali che non siano compagnie marittime
nazionali di alcuno degli Stati serviti dalla Conference. Le compagnie che non possono qualificarsi come nazionali di
alcuno degli Stati serviti dalla Conference non sono titolari di un vero e proprio diritto a divenire membri di tale
Conference. Una loro eventuale richiesta di ammissione deve essere valutata tenendo in considerazione anche i criteri
che fossero ritenuti rilevanti. Di fondamentale importanza è che, nel determinare le quote di traffico di spettanza di
ciascuna compagnia partecipante alla Conference ci si deve attenere al principio per cui
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La disciplina comunitaria della concorrenza in maniera di trasporto marittimo

Le autorità comunitarie si sono poste di fronte al settore dei trasporti marittimi in: a) una prima fase caratterizzata da
una sorta di "timore reverenziale" nei confronti del mondo dei traffici marittimi; b) la dichiarata intenzione di alcuni degli
stati membri di procedere comunque alla ratifica, "impone" alla Comunità di prendere finalmente in considerazione il
campo dei trasporti marittimi. Con il noto Regolamento del Consiglio del 1979 n. 954, l'intervento della Comunità nel
settore si caratterizza per l'atteggiamento di estrema prudenza nell'incidere sull'assetto organizzativo dei trasporti
marittimi. L'accento viene posto sulla precisa delimitazione dei traffici assoggettati ai principi dirigistici (o quantomeno di
controllo delle quote di traffico) contenuti nel Codice di condotta, riconoscendosi per tutti gli altri "segmenti" di mercato
un'ampia operatività dell'autonomia organizzativa e regolamentare. La politica di tutela della concorrenza, poi, viene
ancora una volta impostata come riproposizione quasi meccanica degli stessi schemi di controllo delle intese e delle
pratiche concordate utilizzati negli altri settori economici, in forma assai attenuata. c) anche la seconda fase
dell'intervento comunitario sembra oggi essersi esaurita. Le autorità comunitarie sembrano essersi resi conto del fatto
che un intervento nel settore di cui si tratta, in termini di semplice controllo delle intese tra gli operatori e di repressione
delle pratiche limitative della concorrenza, appare destinato a rimanere privo di risultati. Per questo le autorità
comunitarie si sono preoccupate di accentuare la connotazione "liberistica" della regolamentazione e di incidere sulle
caratteristiche stesse dell'ambiente in cui le imprese di trasporto marittimo operano. In tale prospettiva sembrano, poter
essere letti il Regolamento CEE n. 3577/92 relativo alla applicazione del principio della libera prestazione dei servizi ai
trasporti marittimi all'interno degli Stati membri e la progettata estensione a tutte le navi indipendentemente dalle loro
bandiere impegnate in traffici da e per i porti dell'Unione Europea della normativa in materia di sicurezza e tutela
dell'ambiente marino. Le autorità comunitarie sembrano essersi rese conto che, in assenza di un intervento volto a tutti i
soggetti, appare illusorio pensare di poter perseguire una politica di tutela della concorrenza nel settore. Nell'ordinamento
italiano la Convenzione per un Codice di condotta delle Conferences marittime è stata ratificata e resa esecutiva in Italia
con l. 1989 n. 92. L'articolo 5 ha dettato le norme di attuazione del codice UNCTAD, prevedendo che, nel caso di mancato
esito di negoziati commerciali tra compagnie marittime nazionali per la partecipazione ad una conferenza, il contrasto sia
risolto dal Ministro della Marina mercantile con proprio decreto, sentita apposita commissione e consultate tutte le
compagnie interessate, sulla condizione di partecipazione alle quote di traffico riservate alle compagnie nazionali. La
norma pone il problema della discrezionalità spettante al Ministero. Se si tratta di posizione di interesse legittimo, è da
chiedersi quale sia l'interesse pubblico che valga ad affievolire il diritto dell'impresa allo svolgimento di attività che
rientrano nella sfera dell'iniziativa economica. Se si tratta di posizione di diritto soggettivo, la discrezionalità dovrebbe
considerarsi solo "tecnica". Il Regolamento CEE n. 3577/92. Ha anche disciplinato le modalità con cui le autorità nazionali
sono ammesse a garantire supporto finanziario oppure limitazioni all'accesso con riferimento al mercato dei servizi
marittimi di cabotaggio. Tale possibilità è riconosciuta solo in relazione ai servizi regolari "dà, tra e verso le isole". Uno
Stato membro può, su base non discriminatoria per tutti gli armatori comunitari, imporre obblighi di servizio pubblico
come condizione per la fornitura di servizi su determinate rotte.

Il regime giuridico dei servizi aerei

La Convenzione di Chicago del 1944. Le cosiddette libertà tecniche e le cosiddette libertà commerciali.

I servizi di trasporto aereo tra località situate nel territorio di Stati diversi sono soggetti ad una regolamentazione di
carattere internazionale. Le convenzioni multilaterali (attualmente la Convenzione di Chicago del 1944) dettano una
disciplina uniforme, avente validità e portata generale, istituzione delle singole linee di collegamento avviene invece in
seguito alla applicazione degli Accordi bilaterali stipulati tra i governi degli stati interessati. La convenzione di Chicago
approvata e esecutiva in Italia con d.l.n. 116 del 1948 ed accettata oggi praticamente da tutti gli Stati, ribadisce il
principio di sovranità di ogni Stato sullo spazio aereo sovrastante il proprio territorio. Seguono poi le disposizioni dedicate
al sorvolo dei territori degli stati contraenti da parte di aeromobili di altre stati aderenti alla convenzione. Il diritto di
sorvolo e quello di atterraggio per scopi non commerciali sono le due libertà aeree definite tecniche, a cui si
contrappongono le cosiddette libertà commerciali. Le due libertà tecniche sono riconosciute dall'articolo 5 agli aeromobili
degli Stati contraenti che non siano addetti a linee regolari. Le libertà commerciali consistono nel diritto di: a) sbarcare,
nel territorio di uno Stato contraente, passeggeri, posta e merce imbarcati sul territorio dello Stato di cui l'aeromobile
possiede la nazionalità;b) imbarcare, sul territorio dello Stato contraente, passeggeri posta e merce destinati al territorio
dello Stato di cui l'aeromobile possiede la nazionalità; c) imbarcare, sul territorio di uno Stato contraente passeggeri,
posta e merci, provenienti dal territorio di qualsiasi Stato terzo. È opinione diffusa che la convenzione di Chicago abbia
riconosciuto agli aeromobili degli Stati contraenti la possibilità di beneficiare delle libertà commerciali in relazione ai voli
non regolari. L'accordo sul transito, che riconosce le due libertà tecniche anche ai servizi regolari, ha avuto una diffusione
simile a quella della Convenzione, mentre l'Accordo sul trasporto, che estende ai servizi aerei regolari internazionali le tre
libertà commerciali, è stata ratificata da pochissimi Stati.

Lo "Standard Form of Agreement". L'accordo di Bermuda del 1946. I cosiddetti "Liberal Agreements"

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Il fallimento di uno scambio multilaterale dei diritti di traffico, prospettato a Chicago, ha consolidato una rete fitta di
Accordi bilaterali degli stati aventi ad oggetto i servizi aerei di linea quali strumenti atti a garantire continuità e regolarità
allo sviluppo dell'aviazione civile internazionale. La conferenza di Chicago del 44 ha elaborato un modello di clausole
cosiddette tecnico amministrative per riformare la regolamentazione contenuta in tali accordi. Lo Standard Form of
Agreements prevede clausole riguardanti le condizioni da adempiere per l’istituzione dei servizi internazionali e le clausole
di salvaguardia per evitare discriminazioni. Il reciproco riconoscimento dei certificati di navigabilità degli aeromobili, dei
brevetti e delle licenze del personale, la disciplina applicabile alla partenza, all'arrivo e alla navigazione degli aeromobili
all'interno dei territori dei due Stati; l'obbligo che la proprietà ma sostanziale e di controllo effettivo delle imprese
designate a svolgere servizi aerei da parte degli stati contraenti appartengono a cittadini dello Stato che ha designato
l'impresa stessa la registrazione dell'accordo presso ICAO; la procedura prevista per l'emendamento e la denuncia della
corte. I problemi relativi alla regolamentazione della concorrenza, della capacità e delle tariffe, hanno invece trovato una
organica soluzione normativa nell'accordo di Bermuda concluso l'11 febbraio '46 tra gli Stati Uniti e il Regno Unito. Tale
accordo ha costituito il modello cui si sono ispirate le relazioni internazionali bilaterali. In materia tariffaria, l'accordo di
Bermuda riconosce ai vettori aerei il potere di iniziativa nella determinazione delle tariffe, le quali però entrano in vigore
previa autorizzazione di entrambi i governi interessati. Non si pongono limiti alla frequenza dei voli ed alla capienza degli
aeromobili utilizzabili. Negli accordi successivamente conclusi si è preferito inserire una specifica previsione in materia di
ripartizione delle capacità. Sulle rotte oggetto dell'accordo, i vettori operano in modo tale da non danneggiarsi
indebitamente. Agli accordi intergovernativi normalmente si accompagnano accordi commerciali tra le compagnie aree. In
tali intese si approntano strumenti di collaborazione in talune attività e talora si prevedono veri e propri accordi di pool.
La recessione economica mondiale degli anni settanta, rallentò il tasso di crescita annuo dei passeggeri. I vettori regolari
furono costretti ad aumentare i livelli tariffari e finirono col beneficiare i vettori charter. Negli Stati Uniti fu così avviata
una politica di deregolamentazione del trasporto aereo per abolire l'eccesso di intervento pubblico in numerosi settori
dell'economia. La deregulation si manifestò anche negli Accordi bilaterali. Il modello deregolamentare degli Accordi,
cosiddetti Liberal Agreements, regola attualmente un segmento non trascurabile delle rotte aeree internazionali. Ogni
compagnia aerea, debitamente autorizzata dalle proprie autorità nazionali è ammessa a servire qualsiasi scalo dell'altro
Stato e a proseguire per un altro aeroporto dello stesso Stato o di uno Stato terzo. Nessuna limitazione è prevista quanto
alla capacità offerta, mentre le tariffe sono in linea di principio assoggettate alla sola approvazione dello Stato della
bandiera.

La Regolamentazione del trasporto aereo intracomunitario. Il terzo pacchetto u.e. del luglio 1992: la liberalizzazione del
trasporto aereo

Per il trasporto aereo intracomunitario, l'Unione Europea ha elaborato un insieme normativo, applicabile anche ai servizi
aerei all'interno del territorio di uno Stato membro (5 regolamenti del 23 luglio 1992 dal n. 2407 al 2411). Con il
Regolamento n. 2407 il Consiglio a posto le basi per una disciplina uniforme di carattere pubblicistico sulla ammissione di
un soggetto comunitario alla professione di vettore aereo. Fatte salve le attività marginali all'articolo 1 n.2, viene
riconosciuta all'impresa che soddisfa le prescrizioni del regolamento "il diritto al rilascio della licenza d'esercizio". Lo Stato,
quindi, può concedere questa abilitazione mediante l'accertamento del possesso dei requisiti previsti fra cui: la sede dello
Stato membro destinatario delle richieste; attività principale consistente nel trasporto aereo; dimostrazione di affidabilità
tecnica e solidità finanziaria e il possesso del certificato di operatore aereo (COA). In definitiva, il rilascio della licenza è
assoggettato si ad un controllo pubblico (lo stato a però esclusivamente poteri di discrezionalità tecnica connessi al
possesso dei requisiti prescritti), ma gli viene sottratta quell'ampia discrezionalità amministrativa connessa alla
ponderazione dei pubblici interessi. Il Regolamento n. 2408 disciplina l'esercizio del diritto al concreto svolgimento
dell'attività di trasporto da parte del vettore la cui abilitazione sia stata riconosciuta in forza della rilascio della licenza. I
criteri per la selezione dell'accesso al mercato del trasporto di linea e non, sono ispirati a criteri di liberismo. L'impresa in
possesso di licenza è libera in via di massima di istituire, all'interno della Comunità, servizi di trasporto aereo a sua
discrezione, sia di linea che non, sulle rotte da tale soggetto determinate e per la capacità da lui ritenuta più conveniente.
I vincoli sono esclusivamente quelli previsti dal Regolamento e rispondenti a finalità generali di pubblico interesse
come:a) le restrizioni conseguenti a misure adottate dall'autorità dei singoli Stati membri in materia di sicurezza, tutela
dell'ambiente, assegnazione delle bande orarie, e razionale utilizzo delle infrastrutture aeroportuali; b) il potere di
intervento dello Stato a salvaguardia dell'esigenza di garantire il diritto alla mobilità della persona (principio per cui gli
Stati membri hanno il potere di imporre "tramite l'appalto pubblico" oneri di servizio pubblico quando la mancanza di un
oggettivo interesse commerciale pregiudicherebbe la regolarità e continuità dell'esercizio dei servizi aerei di linea").
Nell'ultimo dei tre Regolamenti trova la più "marcata" attuazione, il principio della liberalizzazione del mercato aereo
comunitario. Il n. 2409 dette infatti la regola secondo cui "le tariffe charter, le tariffe posta e le tariffe merci vengono
determinate mediante libero accordo tra le parti del contratto di trasporto". Vi sono però interventi collettivi, previsti per
rimediare a gli effetti di situazioni mono-oligopolistiche su di una rotta. L'art. 6 consente infatti di ritirare una tariffa
normale ("che il vettore pratica normalmente, per servizi effettuati in maniera regolare"). In funzione di questo potere,
strumentale appare la disposizione che consente agli Stati di "esigere" il preventivo deposito delle tariffe. L'Italia ha
ritenuto di doversi avvalere di tale facoltà.

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Capitolo 3

La disciplina della impresa di navigazione

Sezione 1: l'armatore

La nozione di armatore nel codice della navigazione

Nel diritto romano, l'exercitor navis è proprietario della nave, nonché titolare dell'impresa nautica. All'armatore si affianca,
comunemente la figura del magister navis o capitano, che ne fa le veci durante la navigazione. L'assetto organizzativo
dell'attività marittima mantiene immutate le proprie caratteristiche per oltre sette secoli fino all'alto medioevo quando il
ruolo di capitano della nave e quello di proprietario sono riuniti in capo al soggetto titolare dell'impresa di navigazione
(societas maris) nata dall'unione di capitale e lavoro. In epoche più recenti si riavvicina notevolmente la figura
dell'armatore all'istituto di origine romanistica. Il vigente codice della navigazione non dedica una disposizione specifica
alla definizione del concetto di armatore, però in via interpretativa dall'articolo 265 cod. nav., è armatore colui che
"assume l'esercizio della nave" divenendo, quindi, titolare di tutti i rapporti giuridici che a detto esercizio sono connessi. Il
codice della navigazione ha, in tal modo, delineato il concetto di armatore prescindendo dalla proprietà e dall'effettivo
scopo (attività professionale, attività di ricerca, ecc.). È sufficiente che l'armatore abbia la disponibilità della nave sulla
base di una rapporto di natura reale (usufrutto, uso, ecc.), o di natura obbligatoria (locazione, comodato, ecc.). Inoltre è
possibile che l'esercizio della navigazione sia posto in essere per scopi non imprenditoriali. La nozione di armatore è,
tuttavia, legata all'organizzazione di persone o cose per l'utilizzazione della nave secondo la sua destinazione tipica (la
navigazione), inoltre viene ritenuto presupposto indispensabile l'impiego del mezzo nautico in conto proprio (l'esito
negativo della navigazione è quindi assunto dall'armatore).

Esercizio della nave ed impresa di navigazione

La figura di armatore può essere priva dei presupposti della professionalità o può difettare dello scopo economico-
lucrativo. Il codice della navigazione utilizza il termine "impresa" che in una accezione differente dalla definizione di
imprenditore di cui all'art. 2082 cod. civ.. La nozione di impresa di navigazione, può anzi, definirsi come il complesso di
elementi (personali e patrimoniali) l'organizzazione dei quali fa capo all'armatore in vista delle esigenze della navigazione.
Si può, quindi, concludere che si ha impresa di navigazione anche laddove l'esercizio della nave abbia luogo per fini
meramente personali od occasionali o qualora l'esercizio della nave abbia fini meramente scientifici.

La dichiarazione di armatore

Alla fine di rendere agevole per i terzi l'identificazione dell'armatore, l'articolo 265 cod. nav., prevede che chi assume
l'esercizio di una nave deve preventivamente farne dichiarazione all'ufficio della nave o del galleggiante. La dichiarazione
d'armatore si può rilasciare mediante il deposito di un atto scritto con sottoscrizione autentica (atto pubblico o scrittura
privata autenticata) o attraverso una dichiarazione orale raccolta dall'autorità competente che ne redige processo verbale.
Successivamente, la dichiarazione di armatore così resa viene trasferita nel registro di iscrizione della nave o del
galleggiante e, per le navi maggiori, altresì annotata sull'atto di nazionalità. Importanza assume, nei rapporti tra il
proprietario e l'armatore, l'art. 272 cod. nav. per il quale, in mancanza di una formale dichiarazione di armatore
validamente effettuata, si presume armatore il proprietario della nave. Parte della dottrina propende per la configurazione
della pubblicità dell'esercizio della navigazione quale pubblicità costitutiva, mentre per altri è mera pubblicità dichiarativa.
La dottrina prevalente si è schierata a favore della efficacia meramente dichiarativa sulla base del fatto che detta
pubblicità non è elemento indispensabile per l'acquisto della qualità di armatore. Ne consegue che deve essere
considerato armatore chi esercita concretamente l'imbarcazione per la navigazione della stessa, anche nel caso in cui non
sia stata resa o pubblicizzata la dichiarazione di armatore prescritta dall'art. 265. L'impostazione derivante da tale
orientamento implica che i terzi possono dare efficacia prova contraria alle risultanze dei registri dimostrando che gli atti
di esercizio della nave sono stati posti in essere da persona diversa da quella che risulta armatore dai registri di iscrizione
della nave.

La comproprietà della nave e la società di armamento

Per il codice della navigazione nel disciplinare la figura della "società d'armamento" è presupposto imprescindibile la
comproprietà della nave in capo ai soci. Le quote di partecipazione nella comproprietà della nave si esprimono in "carati"
(i comproprietari sono definiti caratisti) che sono 24 e liberamente frazionabili. Sulla base delle quote di carati possedute
dai comproprietari si calcola la maggioranza dei partecipanti alla comunione ai fini dell'adozione delle deliberazioni
inerenti la nave oggetto della proprietà comune. La maggioranza si forma con il voto favorevole dei comproprietari che
possiedono, complessivamente, più di dodici carati. Le deliberazioni riprese dalla maggioranza dei comproprietari
vincolano la minoranza, è però necessario che la deliberazione sia stata preceduta dalla convocazione di tutti i caratisti.
Quest'ultima previsione non trova però applicazione nel caso in cui un unico proprietario detenga più di dodici carati,

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infatti, costui potrà deliberare autonomamente ed efficacemente anche senza la convocazione degli altri comproprietari
(purché la delibera riguardi l'ordinaria amministrazione della nave e venga comunicata entro 8 gg. Con lettera
raccomandata agli altri caratisti). Non in ogni caso le deliberazioni della maggioranza dei comproprietari vincolano la
minoranza. Sono escluse: a) innovazioni e riparazioni che importino spese sino alla metà del valore della imbarcazione; b)
l'iscrizione di una ipoteca sulla nave. I comproprietari (caratisti) possono costituirsi in società d'armamento mediante
scrittura privata con sottoscrizione autentica di tutti i soci, o per mezzo di una deliberazione della maggioranza con
sottoscrizione autentica dei soci consenzienti. Per la particolare natura del bene oggetto di comproprietà, il codice della
navigazione ha attribuito particolare importanza al regime di pubblicità a cui le società d'armamento sono soggette. Tale
pubblicità si realizza mediante la trascrizione dell'atto di costituzione della società (nonché delle successive modifiche) nel
registro di iscrizione della nave o del galleggiante e, per le imbarcazioni di maggior stazza, mediante annotazione sull'atto
di nazionalità. Il mancato adempimento degli obblighi pubblicitari in posti per le società d'armamento comporta, ex lege,
gli effetti specificati all'art. 284 cod. nav.. In mancanza della pubblicità i comproprietari consenzienti rispondono in solido
per i debiti contratti dalla società. La deliberazione della maggioranza è sufficiente, infine, ad affidare l'amministrazione
della società d'armamento ad uno o più dei soci/comproprietari o ad un soggetto estraneo. Il soggetto così nominato
(gerente) è investito di tutti i poteri di ordinaria amministrazione, a meno che l'atto di conferimento non li abbia ristretti,
limitati od aumentati. La nomina del gerente viene resa pubblica contestualmente alla trascrizione dell'atto costitutivo
della società; se ciò non avviene il gerente deve consegnare all'ufficio di iscrizione della nave o del galleggiante una copia
dell'atto di nomina affinché gli estremi dell'atto stesso, con l'indicazione dei poteri conferiti al gerente, vengano trascritti
nel registro di iscrizione della nave. Questi adempimenti hanno rilevanza in tema di responsabilità, infatti il gerente che
non abbia osservato i propri obblighi in tema di pubblicità della società d'armamento, è personalmente responsabile verso
i terzi delle obbligazioni assunte per la gestione sociale. Di regola, la responsabilità per le obbligazioni derivanti
dall'esercizio comune della nave sorgono in capo ai soci/comproprietari in proporzione delle rispettive quote sociali
possedute, ma in maniera differente a seconda che si tratti di soci consenzienti dissenzienti. I primi si vedono gravati di
una responsabilità illimitata ma non solidale. I comproprietari dissenzienti, invece, rispondono delle obbligazioni assunte
per la gestione della cosa comune esclusivamente per una somma non superiore alle quote di partecipazione alla
comproprietà. Le regole enunciate trovano applicazione, però, solo ove si sia in presenza di una società d'armamento
regolare. Nel caso in cui, invece, né i soci né il gerente abbiano ottemperato agli oneri di pubblicità prescritti, i
comproprietari consenzienti rispondono illimitatamente e solidamente delle obbligazioni sociali. La ripartizione, tra i
soci/caratisti, degli utili e delle perdite, avviene in proporzione alle rispettive quote sociali (salvo diversa espressa
statuizione contenuta nell'atto costitutivo); tuttavia i caratisti dissenzienti possono liberarsi dalla partecipazione alle
perdite abbandonando la loro quota di proprietà della nave.

Sezione 2: la responsabilità dell'armatore e la relativa limitazione

Responsabilità dell'armatore

L'articolo 274 c.n. stabilisce che l'armatore è responsabile dei fatti dell'equipaggio e delle obbligazioni contratte dal
comandante della nave per quanto riguarda la nave e la spedizione. Questa forma di responsabilità altro non è che il
generale principio civilistico del cosiddetto rischio lecito di impresa. È facile intuire come l'istituto della responsabilità
armatoriale non abbia una finalità sanzionatoria e/o punitiva. Le responsabilità poste a carico dell'armatore sono anche
tutte le responsabilità derivanti da fatti dell'equipaggio o da obbligazioni contratte dal comandante per quanto riguarda la
nave e la spedizione. In attuazione del più generale principio della responsabilità vicaria che lega padroni e committenti a
dipendenti e preposti. La responsabilità dell'armatore per le obbligazioni contratte dal comandante è limitata
esclusivamente ai negozi compiuti dal comandante stesso negli stretti limiti di rappresentanza entro i quali quest'ultimo
può agire per l'armatore (si esclude la responsabilità in casa di inosservanza degli obblighi di assistenza e salvataggio e/o
degli obblighi che la legge impone al comandante medesimo quale capo della spedizione).

La limitazione del debito dell'armatore (ordinamento interno)

Dato il timore rappresentato dalle molteplici incognite di un viaggio in mare, non desta stupore il fatto che la limitazione
della responsabilità sia molto antica. Nel diritto romano l'istituto della noxae deditio permetteva al proprietario dello
strumentum offendendi di limitare la propria responsabilità consegnando ai creditori lo strumentum offendendi stesso,
quale bene sul quale rivalersi. Otto secoli più tardi, l'istituto vedeva ancora riconosciuta la propria funzione sociale nella
Lex Mercatoria. Nel nostro ordinamento l'istituto della limitazione della responsabilità armatoriale è stato recepito all'art.
275 c.n. che dispone che "per le obbligazioni contratte in occasione e per i bisogni di un viaggio, e per le obbligazioni
sorte da fatti o atti compiuti durante lo stesso viaggio, ad eccezione di quelle derivanti da proprio dolo o colpa grave,
l'armatore può limitare il debito complessivo ad una somma pari al valore della nave e all'ammontare del nolo e di ogni
altro provento del viaggio". L'armatore sarà quindi chiamato a rispondere per tutte le obbligazioni contratte in relazione
ad uno specifico viaggio nel limite della somma massima pari al valore della nave ed all'ammontare del nolo e di ogni
altro provento del viaggio; tale beneficio della limitazione non sarà però applicabile ai crediti derivanti da dolo o colpa
grave dell'armatore per i quali risponde senza limitazione alcuna. Per la determinazione si assume il valore della nave al
momento in cui è richiesta la limitazione e non oltre la fine del viaggio. Tali valori esprimono il limite minimo e massimo

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dall'ammontare che l'armatore è tenuto complessivamente a corrispondere ai soggetti i cui crediti siano assoggettati alla
limitazione.

(Segue) la limitazione della responsabilità armatoriale alla luce del diritto uniforme

La necessità di uniformare a livello internazionale gli istituti della limitazione della responsabilità armatoriale, portò alla
definizione di un sistema di limitazione uniforme con la Limitation Convention del 1957 la quale, contemplò per armatore
è noleggiatore un limite di responsabilità per i danni a carico ed un altro limite per i danni alle persone, determinando
come base di calcolo per entrambi la stazza della nave.

La Convenzione di Londra del 1976 sulla limitazione dei crediti marittimi (LLMC)

Ulteriore passo avanti per l'uniformità sì è avuto nel 1976 con la "Limitation of Liability in Maritime Claims Convention
1976". La LLMC 1976 ha provveduto in primo luogo ad elevare il limite di responsabilità rendendo, però, lo stesso quanto
più possibile invalicabile ed estendendo l'ambito applicativo dell'istituto, sia sul piano soggettivo che su quello oggettivo.
Sul piano soggettivo garantisce la possibilità di beneficiare della limitazione del debito oltre che all'armatore ed al
noleggiatore della nave, altresì ai soccorritori ed ha gli assicuratori operanti nel settore. Sul versante oggettivo il beneficio
del limite della responsabilità trova applicazione per tutti i crediti derivanti da: a) morte o lesioni a passeggeri e perdita o
danno del loro bagaglio; b) ritardo nell'esecuzione del trasporto marittimo di merci, passeggeri o bagagli; c) lesioni di
diritti (extracontrattuali) verificatisi in relazione alle operazioni della nave o alle operazioni di soccorso; d) operazioni
finalizzate a rendere innocue imbarcazioni in difficoltà; e) operazioni finalizzate a rimuovere, distruggere o a rendere
innocuo il carico della nave. In merito alle modalità di calcolo della somma limite, questa viene determinata applicandosi
un criterio che la porta ("a scalare") alla stazza lorda della nave. La somma limite è calcolata in diritti speciali di prelievo
(DSP) del Fondo Monetario Internazionale. (<500 tonnellate = 330.000 dsp, da 501 ton a 3.000 = 500 dsp x ton,
>70.000 ton = 173 dsp)

La responsabilità nel trasporto marittimo di idrocarburi e di sostanze pericolose e nocive

Le Convenzioni CLC, Fund e HNS

Le organizzazioni internazionali operanti nel settore marittimo (in particolare l'International Maritime Organization) si sono
poste l'obiettivo di garantire la certezza di un adeguato livello di risarcimenti alle vittime dei sinistri durante il trasporto
marittimo di sostanze ritenute particolarmente pericolose. Gli strumenti normativi elaborati sono stati la Convenzione
internazionale sulla responsabilità civile per i danni da inquinamento da idrocarburi ("CLC Convention") del 1969
successivamente modificata nel 1976 e 1992 e la Convenzione internazionale per la istituzione di un Fondo internazionale
per il risarcimento dei danni da inquinamento da idrocarburi ("FUND Convention") del 1971 modificata nel 1976 e 1992 e
la Convenzione sulla responsabilità nel trasporto marittimo di sostanze pericolose e nocive ("HNS Convention") del 1996
non ancora entrata in vigore.

Il regime di responsabilità

Per il regime di responsabilità sia la convenzione CLC che la Convenzione HNS si ispirano ai principi della responsabilità
del proprietario della nave con cui viene eseguito il trasporto (il soggetto indicato come tale nei registri di
immatricolazione della nave stessa). Questo regime di responsabilità oggettiva risulta attenuata dalla previsione di una
serie di ipotesi di esonero. Si esclude nel caso questi fornisca la prova che l'evento dannoso è derivato da: a) un atto di
guerra, belligeranza, guerra civile, insurrezione o un fenomeno naturale di carattere eccezionale, inevitabile ed
irresistibile; b) un atto o un'omissione di un terzo, compiuti con l'intento di causare l'evento dannoso; c) il
comportamento negligente o comunque non corretto di un governo o altro soggetto incaricato nell'esercizio dell'attività di
manutenzione di fari o aiuti alla navigazione. A queste ipotesi di esclusione la Convenzione HNS ne aggiunge un'altra che
si riferisce all'ipotesi in cui l'assenza di informazioni da parte del caricatore o di qualsiasi altro soggetto in merito alla
natura pericolosa e nociva delle sostanze caricate a bordo abbia causato, in tutto o in parte, l'evento dannoso, o abbia
condotto il proprietario della nave a non dotarsi della copertura assicurativa obbligatoria, sempre che ne il proprietario
della nave né i suoi dipendenti o preposti fossero a conoscenza della natura pericolosa delle sostanze caricate a bordo.
L'introduzione di questa ulteriore ipotesi di esonero a beneficio del proprietario della nave, appare oltremodo discutibile.
Le difficoltà che si verificheranno nella individuazione dei casi in cui il proprietario o i suoi dipendenti e preposti avrebbero
dovuto rendersi conto del carattere pericoloso e nociva delle sostanze imbarcate, condurranno ad un aumento del
contenzioso e anche ad atteggiamenti di accondiscendenza nei confronti di caricatori che tengano nascosta la reale
natura della merce imbarcata per evitare il pagamento del contributo al Fondo. Questa ipotesi di esclusione segna una
sorta di regresso. Al proprietario della nave è riconosciuta la possibilità di chiedere che l'ammontare da lui dovuto a titolo
di risarcimenti dei danni cagionati dagli idrocarburi e dalle sostanze pericolose e nocive sia limitato ad un importo
calcolato, tenendosi conto del tonnellaggio della nave. In presenza di un comportamento del soggetto responsabile
particolarmente riprovevole, a quest'ultimo risulta impedito di avvalersi del beneficio della limitazione della propria

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responsabilità. Ciò si verifica quando si è provato che il danno sia derivato da un atto o d'una omissione personale del
proprietario della nave, compiuti con l'intenzione di cagionare l'evento dannoso in questione o temerariamente e con la
consapevolezza che l'evento dannoso in questione ne sarebbe probabilmente derivato.

L'obbligo del proprietario della nave di procedere alla copertura assicurativa della propria responsabilità

In riferimento alle navi adibite sia al trasporto di idrocarburi assoggettati alla CLC che al trasporto di sostanze pericolose
e nocive è previsto a carico del proprietario della nave l'obbligo di porre in essere una copertura assicurativa (o altra
idonea garanzia finanziaria) per un importo corrispondente al limite massimo del relativo ammontare calcolato in base
alle disposizioni della stessa normativa uniforme. La conclusione del contratto di assicurazione è dimostrata dall'apposito
certificato che è emerso dalle competenti autorità di ciascuno Stato contraente alle navi battenti la propria bandiera e
altresì per le navi battenti la bandiera di stati non contraenti che ne facciano richiesta. Il certificato conservato a bordo
della nave, sarà accettato da tutti gli stati contraenti. I soggetti che lamentino danni rilevanti potranno esercitare le loro
azioni risarcitorie anche direttamente nei confronti dell'assicuratore della responsabilità del proprietario della nave
interessata.

Le tipologie di danni risarcibili

Le tipologie di danni di cui è possibile chiedere il risarcimento (Convenzione HNS) sono indicate nell'art. 1 par. 6 della
convenzione stessa. Tale disposizione fa riferimento: a) alla perdita di vite umane o lesioni personali a bordo o al di fuori
della nave sulla quale erano trasportate le sostanze pericolose e nocive che hanno cagionato l'evento dannoso; b) alla
perdita o danneggiamento di cose al di fuori della nave sulla quale erano trasportate le sostanze pericolose e nocive che
hanno cagionato l'evento dannoso; c) alla perdita o danneggiamento per contaminazione dell'ambiente cagionato dalle
sostanze pericolose e nocive (il risarcimento per il pregiudizio dell'ambiente che sarà limitato ai costi delle ragionevoli
misure di ripristino effettivamente adottate o da adottarsi e d) ai costi delle misure di prevenzione al fine di minimizzare il
danno e dalle ulteriori perdite o danni causati da dette misure di prevenzione. L'ultima parte dell'art. precisa che laddove
non sia ragionevolmente possibile distinguere i danni causati dalle sostanze pericolose e nocive da quelli causati da altri
fattori, tutti tali danni saranno ritenuti essere stati causati dalle sostanze pericolose e nocive. Per la Convenzione CLC
attualmente in vigore, risultano risarcibili soltanto le categorie di danni menzionati alle lettere c) e d) del paragrafo.

L'istituzione di un fondo internazionale di indennizzo integrativo

La parte più innovativa delle Convenzioni è quella relativa all'istituzione di fondi internazionali di indennizzo integrativo
per i danni causati dal trasporto marittimo di idrocarburi persistenti e di sostanze pericolose e nocive, finanziati con i
contributi degli interessati a tali tipologie di carichi. Il Fondo ha essenzialmente la finalità di assicurare che i soggetti
danneggiati siano risarciti allorché il risarcimento previsto dalle norme relative alla responsabilità del proprietario risulti
insufficiente o non prevedano il diritto del soggetto danneggiato di essere risarcito dal proprietario della nave. Il Fondo è
tenuto a risarcire il soggetto danneggiato quando: a) non si riscontrino i presupposti per il sorgere della responsabilità
prevista a carico del proprietario della nave o b) il proprietario della nave ed il soggetto che ha rilasciato garanzia
assicurativa siano risultati finanziariamente incapaci o c) i danni di cui viene chiesto il risarcimento complessivamente
eccedono i limiti di responsabilità del proprietario della nave previsti dalla medesima normativa. Il criterio "ordinario" della
individuazione dell'obbligato alla contribuzione è quello della ricezione "fisica" del carico direttamente o tramite altro
soggetto che specifichi in nome di chi sta operando. Non tutti i ricevitori di carichi di idrocarburi persistenti o di carichi
HNS sono tenuti al pagamento del contributo al Fondo, infatti detto obbligo grava soltanto su coloro in nome dei quali nel
corso di un singolo anno solare è stato sbarcato in un singolo Stato contraente un quantitativo di merci tenute alla
contribuzione complessivamente superiore ad una determinata soglia.

Capitolo 4

I contratti di utilizzazione della nave, dell'areomobile e degli altri mezzi di trasporto

Sezione 1: il contratto di locazione di nave e areomobile

La disciplina del contratto di locazione di nave e areomobile

La locazione di nave e di areomobile è disciplinata dagli artt. 376-383 c.n.. La conclusione del contratto di locazione di
areomobile richiede sempre la forma scritta ad probationem. La locazione di nave (o di areomobile) si ha quando una
delle parti si obbliga a far godere all'altra, per un dato tempo, il mezzo dietro un determinato corrispettivo. Al locatore
spettano pertanto un complesso di attività per consentire il godimento del conduttore. Tra tali attività assume rilievo la
consegna del bene oggetto del contratto. In seguito al trasferimento della detenzione del mezzo si realizza, di regola, il
trasferimento della qualità di armatore in capo al conduttore; l'equipaggio viene a trovarsi pertanto alle dipendenze di
quest'ultimo. Il codice non distingue tra la locazione di nave a scafo nudo e la locazione di nave armata e equipaggiata.

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Nella prima, l'oggetto del contratto è la nave dotata esclusivamente delle proprie pertinenze, mentre nella seconda la
nave viene consegnata armata (dotata cioè di tutti i beni di consumo necessarie per lo svolgimento del viaggio e la sua
utilizzazione) e equipaggiata, cioè dotata di equipaggio da parte del locatore. Questa seconda tipologia ha un'applicazione
pratica molto modesta. Il contratto deve essere provato per iscritto. La forma scritta è dunque richiesta ad probationem,
con la conseguenza che l'assenza di forma scritta può tradursi nella difficoltà o nella impossibilità di provarne l'esistenza.
Si sono affermati nella pratica formulari contrattuali standard che si allontanano in modo sensibile dal regime delineato
nel codice (in particolare il contratto di locazione finanziaria). Nella prassi sì è dato vita ad una distinzione tra locazione di
nave già in esercizio (leasing operativo) e la locazione di nave nuova (leasing finanziario). Le obbligazioni del locatore
sono, la consegna della nave o dell'areomobile con le relative pertinenze, in stato di navigabilità ed in buono stato di
manutenzione, l'apprestamento di documenti necessari alla navigazione, la manutenzione della nave e dell’areomobile in
stato tale da servire all'uso convenuto, e l'obbligo di provvedere a tutte le riparazioni dovute a forza maggiore o a logorio
per uso normale, secondo l'impiego convenuto. Il locatore è inoltre tenuto a garantire il pacifico godimento del mezzo
durante la locazione (garanzia contro i privilegi e i sequestri derivanti da obbligazioni e fatti relativi all'esercizio del mezzo
anteriori all'inizio della navigazione). Il locatore è infine responsabile dei danni derivanti da difetto di navigabilità, a meno
che provi che si tratta di vizio occulto. Il conduttore deve invece usare la nave o l’areomobile secondo le caratteristiche
tecniche ed in conformità dell'impiego convenuto in contratto, e deve pagare il corrispettivo della locazione nei termini
convenuti. Vi sono poi numerosi altri obblighi previsti e disciplinati nei formulari contrattuali diffuse nella prassi, infatti, di
regola, nei formulari maggiormente in uso gravano sul conduttore tutti gli obblighi relativi al mantenimento della nave in
stato di navigabilità. In riferimento poi ai danni derivanti da difetto di navigabilità, si prevede una garanzia del locatore
per tutti i vizi della nave, anche se non collegati alla navigabilità della stessa, ed anche se occulti e non individuabili con
la normale diligenza, purché si manifestino entro 18 mesi dalla consegna.

Sezione 2: il contratto di noleggio

La disciplina del contratto di noleggio

Il noleggio è il contratto per il quale l'armatore, che assume il ruolo di noleggiante, "in corrispettivo del nolo pattuito, si
obbliga a compiere con una nave determinata uno o più viaggi prestabiliti, o entro un periodo di tempo convenuto, i
viaggi coordinati dal noleggiatore alle condizioni stabilite dal contratto o dagli usi". La disciplina del noleggio di nave si
applica anche al noleggio d’areomobile. Il contratto di noleggio si distingue nei due sottotipi del noleggio a tempo e del
noleggio a viaggio. Il primo ricorre quando le parti determinano la durata del noleggio affidando al noleggiatore la facoltà
di disporre entro il periodo di tempo prefissato di viaggi che la nave dovrà effettuare. La differenza tra locazione e
noleggio risiede nel fatto che nel contratto di locazione si ha il passaggio del godimento del bene oggetto del contratto (e
quindi della sua detenzione) dal locatore al conduttore, che diventa di conseguenza armatore (o esercente
dell'areomobile). Nel contratto di noleggio la nave o l'areomobile assumono semplicemente la funzione di strumento. Più
problematica è invece la distinzione nel codice della navigazione tra contratto di noleggio e contratto di trasporto.
L'orientamento giurisprudenziale e dottrinario prevalente è nel senso che al contratto di noleggio a viaggio deve
riconoscersi natura giuridica di contratto di trasporto. Nei formulari di noleggio l'obbligazione di navigare è di regola
preordinata al trasporto e laddove manchi nel contratto un riferimento espresso al trasporto, si prevede comunque che la
nave si rechi in un determinato porto, effettui la caricazione e infine, faccia rotta verso un altro porto dove effettuare lo
sbarco. L'impegno a trasportare della merce e l'impegno a navigare portando un carico possono essere considerate
obbligazioni sostanzialmente equivalenti. In relazione all'esame dei formulari di contratti di noleggio comunemente
utilizzati nella pratica negoziale, l'inserimento di clausole che prevedono espressamente l'attribuzione al noleggiatore del
potere di controllare e custodire direttamente il carico con assunzione di ogni responsabilità in relazione alla
conservazione del carico stesso, rappresentano una circostanza del tutto inusuale. In riferimento al noleggio a tempo, la
dottrina tende a collocarlo nell'ambito del contratto di trasporto. La giurisprudenza sembra propendere per una nozione
autonoma di noleggio a tempo, escludendo che esso possa essere identificato con il contratto di trasporto. Sotto il profilo
pratico, l'attribuzione al contratto di noleggio della natura e della sostanza del contratto di trasporto, comporta la
necessità di indicare la nave oggetto del contratto, le obbligazioni poste a carico del comandante della nave, i termini di
prescrizione dei diritti derivanti dal contratto e l’imputazione della responsabilità per danni alle cose caricate. Nella pratica
mercantile marittima i formulari di noleggio vengono definiti charter-parties: il charter-party prende il nome di voyage
charter quando il nolo viene stabilito a viaggio e di time charter quando il nolo viene stabilito a tempo. Non è richiesta la
prova scritta per il noleggio di navi minori di stazza lorda non superiore alle 25 tonnellate (se a vela) o 10 tonnellate (se a
motore). In particolare, "la scrittura deve enunciare: 1) gli elementi di individuazione, la nazionalità, la portata della nave;
2) il nome del noleggiante e del noleggiatore; 3) il nome del comandante; 4) l'ammontare del nolo; 5) la durata del
contratto o l'indicazione dei viaggi da compiere". Per la dottrina, invece, appare sufficiente che dal documento risultino gli
elementi essenziali del contratto. Riguardo alle obbligazioni nascenti dal contratto di noleggio spicca l'obbligo del
noleggiante, di mettere a disposizione la nave (nel tempo e nel luogo convenuti), in stato di navigabilità, armandola ed
equipaggiandola convenientemente ed apprestare la necessaria documentazione. Il noleggiatore risponde dei danni
derivanti da difetto di navigabilità, a meno che non sia in grado di provare che si trattava di vizio occulto, non accertabile
con la normale diligenza. Spesso nei formulari predisposti per il noleggio a tempo, si contempla l'obbligo ulteriore di
mantenere la nave in condizioni di navigabilità per tutta la durata del noleggio. Il comandante e l'equipaggio con

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riferimento al contratto di noleggio, pur permanendo alle dipendenze del noleggiante, sono tenuti ad eseguire gli ordini
del noleggiatore per la gestione commerciale della nave. Questa posizione del comandante e dell'equipaggio si riflette
sulla ripartizione tra il noleggiante e il noleggiatore dei rischi relativi ai comportamenti dei medesimi, così "il noleggiante
non è responsabile verso il noleggiatore per le obbligazioni assunte dal comandante in dipendenza delle predette
operazioni e per le colpe commerciali del comandante e degli altri componenti dell'equipaggio in dipendenza delle
operazioni medesime". Spesso al momento della stipulazione del contratto, vengono indicati i due termini, uno iniziale ed
uno finale: il noleggiante deve dunque garantire la disponibilità della nave entro il lasso di tempo intercorrente. Prima del
termine iniziale non è possibile che il contratto di noleggio abbia materiale esecuzione. Una volta spirato il termine di
cancello, invece, il noleggiante è comunque tenuto a presentare la nave; al noleggiatore si riconosce la facoltà di
scegliere se attendere l'arrivo della nave e dare esecuzione a contratto, oppure "cancellare" lo stesso. Qualora il
noleggiatore si avvalga della facoltà di cancellare il contratto, esso perde il diritto al risarcimento dei danni derivanti dal
ritardo, a meno che non provi il dolo o la colpa grave della propria controparte. Per permettere al noleggiatore di
conoscere in anticipo il momento preciso in cui il noleggiante gli metterà a disposizione la nave, viene di solito previsto in
contratto l’inoltro di una serie di avvisi che informino il noleggiatore della posizione della nave (e dunque del presunto
arrivo della stessa al porto di partenza (E.T.A.- expected time of arrival). Tali indicazioni hanno carattere meramente
informativo. Quando la nave è pronta è onere del noleggiante di dare al noleggiatore l'avviso di prontezza. Sulla base di
quanto normalmente previsto nei formulari contrattuali, in deroga all'art. 391 c.n., il pagamento del nolo non è dovuto in
ipotesi di impedimento temporaneo che non dipenda da causa imputabile al noleggiatore. Qualora il noleggiatore si renda
inadempiente con riguardo all'obbligazione di corrispondere il nolo nelle modalità convenute, le azioni e gli strumenti
offerti per la tutela dei propri diritti sono disparate. L'art. 561 c.n., indicando i crediti assistiti da privilegio sulle merci
caricate, contempla i crediti derivanti da contratto di trasporto, ma non quelli derivanti dal contratto di noleggio. Peraltro
la distinzione tra noleggio (quantomeno a viaggio) e trasporto è divenuta piuttosto sfumata. Pertanto sovente i formulari
di noleggio correntemente in uso, prevedono che il credito del noleggiante per nolo non versato sia assistito da un
particolare diritto reale di garanzia previsto dalla common law, il lien, sulle cose caricate. Inoltre, sovente le parti
convengono la possibilità per il noleggiante di ritirare la nave in ipotesi di ritardo nel pagamento del nolo. Nell'ipotesi di
time charter, in difetto di contraria previsione contrattuale o di usi commerciali, il nolo è dovuto in rate mensili anticipate.
Oltre al nolo, il codice della navigazione pone a carico del noleggiatore a tempo: 1) la provvista di carburante, acqua e
lubrificanti necessari per il funzionamento dei motori e degli impianti di bordo; 2) le spese inerenti all'impiego
commerciale della nave. Il codice della navigazione concede al noleggiatore la facoltà di divenire lui stesso noleggiante,
stipulando un contratto di sub-noleggio. In tale ipotesi il noleggiatore rimane responsabile verso il noleggiante delle
obbligazioni assunte. La norma equipara alla stipulazione del sub-noleggio l'ipotesi della cessione (totale o parziale) dei
diritti derivanti dal rapporto in essere con il noleggiante. In questo caso, contrariamente a quanto previsto in via generale
dal codice civile (art. 1406), non è richiesto il consenso del contraente ceduto, fermo restando che l'effetto traslativo dei
diritti si compirà solo con la notifica a noleggiante o con la sua accettazione, in applicazione dei principi generali. Il fatto
che non si richieda il preventivo assenso del noleggiante può giustificarsi con il fatto che rimane comunque affermata la
possibilità del noleggiante di rivalersi nei confronti della propria originaria controparte contrattuale; nella disciplina
civilistica, invece, il cedente viene liberato da tutte le sue obbligazioni verso il contraente ceduto. Per i diritti derivanti dal
contratto di noleggio il codice della navigazione prevede una prescrizione breve di un anno; nell'ipotesi di noleggio a
tempo il termine inizia a decorrere dalla scadenza del contratto; nell'ipotesi di contratto a viaggio, dalla fine del viaggio
medesimo.

Sezione 3: il contratto di trasporto

Trasporto terrestre di cose

Il contratto di trasporto terrestre di cose è definito dal codice civile (art. 1678) come il contratto in virtù del quale il
vettore si obbliga a trasferire cose da un luogo ad un altro, dietro corrispettivo. Detto contratto, si caratterizza, pertanto,
per la sua tipicità. In base all'art. 1680, queste disposizioni si applicano anche ai trasporti per via d'acqua e a quelli
ferroviari e postali. Il trasporto terrestre di cose è definibile anche come contratto oneroso e consensuale. Nel trasporto
terrestre di cose i soggetti del contratto sono individuati nelle persone del vettore, del mittente e del destinatario. In
deroga al principio dell'art. 1411, 2°comma c.c., secondo cui il terzo acquista i diritti nascenti dal contratto a favore di
terzi al momento della stipulazione dello stesso, l'art. 1689, dispone che detti diritti spettano al destinatario solo dal
momento in cui, arrivate le cose a destinazione o scaduto il termine in cui sarebbero dovute arrivare, questi ne richieda la
riconsegna al vettore. Antecedentemente a detto momento, il mittente non solo si trova nella condizione di poter
sospendere il trasporto, chiedendo la restituzione delle cose, ma anche di ordinare la consegna della merce ad un
destinatario diverso da quello originariamente indicato (diritto di contrordine). Vale la regola, pertanto, secondo cui il
mittente si trova nella condizione di poter disporre delle cose trasportate fino al momento in cui esse non siano passate a
disposizione del destinatario.

Obblighi del vettore

Nel trasporto di cose l'obbligo principale in capo al vettore è quello di trasferire le cose consegnategli nel luogo di

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destinazione. Si tratta di una obbligazione di risultato. A tal proposito l'esatta esecuzione del contratto non si esaurisce
nella mera attività di trasferimento delle cose. Sussiste a carico del vettore l'obbligo di conservarle e custodirle sino alla
loro consegna al destinatario. L'obbligo di custodia e la consequenziale responsabilità vettoriale cessano con la riconsegna
delle cose al destinatario. Qualora l'inizio o la continuazione del trasporto siano impediti o ritardati per una causa non
imputabile al vettore stesso, questi deve chiedere istruzioni al mittente, provvedendo, nel frattempo, alla custodia delle
cose consegnategli. Nell'ipotesi di una impossibilità sopravvenuta alla richiesta di istruzioni al mittente o alla attuazione
delle istruzioni ricevute dallo stesso, il vettore, oltre a poter lasciare in custodia le cose in un locale di pubblico deposito in
altro locale idoneo sito nel luogo in cui doveva avvenire la consegna, può, in caso di merce soggetta a rapido
deterioramento, optare per la vendita della stessa; del deposito o della vendita dovrà essere, chiaramente, informato il
mittente.

Obblighi del mittente

Il mittente è tenuto, sebbene ciò non sia menzionato dal codice civile, a cooperare con il vettore affinché questi possa
adempiere alla propria obbligazione di riconsegna delle cose al destinatario. Il mittente è tenuto ad indicare al vettore,
con esattezza, il nome del destinatario ed il luogo di destinazione, i dati necessari per l'identificazione del carico (natura,
peso, quantità e numero delle cose da trasportare) nonché ogni altro elemento necessario per l'esecuzione del trasporto.
È, inoltre, a suo carico l'obbligo di rimettere al vettore, la documentazione eventualmente occorrente. Il mittente inoltre,
su richiesta del vettore, è tenuto ad emettere la lettera di vettura debitamente sottoscritta e contenente le indicazioni
necessarie per l'esatta esecuzione della prestazione del vettore, nonché le condizioni convenute per il trasporto.
L'obbligazione principale gravante sul mittente consiste nel pagamento del prezzo (nolo, secondo la terminologia adottata
nella prassi), come controprestazione alla esecuzione del trasferimento delle merci da parte del vettore. Nel settore del
trasporto terrestre automobilistico di merci, al principio generale della libertà contrattuale nella determinazione del prezzo
sì è sostituito un sistema di tariffazione a forcella basato sulla applicazione di tariffe prestabilite obbligatorie per la
massima parte dei servizi di autotrasporto merci per conto terzi. Riguardo alle modalità di effettuazione del pagamento
del prezzo, può adempierevi il mittente normalmente all'atto del perfezionamento del contratto o della consegna delle
cose al vettore per l'esecuzione del trasporto (definita nella prassi come porto franco), vi può adempiere, viceversa, il
destinatario, che corrisponderà il prezzo dovuto al vettore al luogo di destinazione e nel momento della riconsegna delle
cose. A questo proposito il pagamento del prezzo al vettore da parte del destinatario integra una condizione necessaria
per l'esercizio dei diritti nascenti dal contratto di trasporto in capo al destinatario stesso.

La responsabilità del vettore

Il concetto di perdita, oltre ad essere connesso al fenomeno materiale della distruzione del carico, comprende altre
circostanze legate all'interesse del destinatario di conseguire la disponibilità delle cose trasportate: ad esempio lo
smarrimento delle cose, della riconsegna di una cosa anziché di un'altra, della riconsegna a persona diversa dall'avente
diritto. Il fenomeno dell'avaria invece, è generalmente ravvisato in qualsiasi alterazione della qualità interna od esterna
delle cose trasportate tale da provocarne una diminuzione di valore. Il regime di responsabilità vettoriale per perdita o
avaria delle cose trasportate è previsto dagli artt. 1693 e ss. c.c. L'art. 1693 c.c. circoscrive la responsabilità del vettore
per la perdita o l'avaria delle cose consegnategli al periodo compreso fra il momento in cui le riceve ed il momento in cui
le riconsegna al destinatario. Potrà, tuttavia, essere esonerato da responsabilità ove dimostri che il danno occorso alla
merce sia stato provocato da caso fortuito, dalla natura o dei vizi delle cose trasportate o del loro imballaggio, da fatto
del mittente o del destinatario. Nella ipotesi di furto e rapina delle merci trasportate, per lungo tempo e per la dottrina e
la giurisprudenza italiane, il vettore sarebbe stato responsabile. Fino agli anni '80, però la fattispecie della rapina è stata
considerata alla stregua del caso fortuito. Invece la fattispecie del furto è comunemente, considerata circostanza non
integrante gli estremi del caso fortuito in quanto rientrante tra i rischi tipici dell'attività di trasporto. L'unica ipotesi in cui
la giurisprudenza è incline a considerare il furto della merce quale causa di esonero dalla responsabilità vettoriale, è
quella in cui siano presenti i requisiti dell'estraneità dell'evento alla condotta e, soprattutto, la sua assoluta imprevedibilità
e d'inevitabilità. Tuttavia la giurisprudenza, a partire da gli anni '80, ha cominciato ad escludere l'esonero della
responsabilità del vettore terrestre in caso di rapina durante il periodo in cui la merce è detenuta dal vettore. Ad esempio
può dirsi che non integra una ipotesi di caso fortuito la rapina di un autocarro con violenza su l'autista presente a bordo
ove lo stesso fosse parcheggiato, in ora notturna, in zona incustodita e senza avere adottato tutte le cautele necessarie
ad evitare tentativi di effrazione della cabina. Il vettore per liberarsi dalla responsabilità deve essere in grado di
identificare l'esatta causa che ha provocato la perdita o l'avaria delle cose trasportate, rimanendo di conseguenza, a suo
carico le cause ignote. Tale regime e tuttavia mitigato dall'art. 1694 c.c. che, introduce una presunzione convenzionale di
irresponsabilità iuris tantum in capo al vettore stesso. Sono considerate valide le clausole contrattuali "che stabiliscono
presunzioni di caso fortuito per quegli eventi che, normalmente, in relazione ai mezzi e alle condizioni del trasporto,
dipendono da caso fortuito". Altra presunzione iuris tantum è sancita dall'art. 1695 c.c. "per le cose che, data la loro
natura, sono soggette a diminuzione nel peso o nella misura, il vettore risponde solo delle diminuzioni che oltre passano il
calo naturale, a meno che il mittente o il destinatario provi che la diminuzione non è avvenuta in conseguenza della
natura delle cose o che per le circostanze del caso non poteva giungere alla misura accertata". Inoltre il vettore terrestre
di cose può avvalersi del beneficio della limitazione del debito. L'art. 1 della legge 450/1985 ha previsto che per i trasporti

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di merce su strada, l'ammontare del risarcimento per perdita o avaria delle cose trasportate non può superare un
determinati massimali che l'art. 7 della legge 162/1993 ha individuato in: - £ 500 per kg di portata utile del veicolo per i
trasporti soggetti al sistema di tariffe a forcella o, comunque, di merci inviate da mittente ad una stessa destinatario, la
cui massa superi le 5 tonnellate (fatta salva la possibilità per le parti di prevedere maggiori forme di risarcimento
mediante stipulazione di assicurazioni integrative); - £ 12.000 per kg di peso lordo di merce persa o avariata, per i
trasporti di merce su strada esenti dall'obbligo delle tariffe a forcella o, comunque, di merci inviate da mittente ad uno
stesso destinatario, la cui massa non superi le 5 tonnellate (salvo diverso patto scritto antecedente alla consegna delle
merci al vettore). La legge 450/1985, tuttavia, non si applica qualora il vettore terrestre (che deve risultare iscritto
"all'albo nazionale delle persone fisiche e giuridiche che esercitano l'autotrasporto di cose per conto terzi") abbia causato
la perdita o l'avaria delle merci trasportate in conseguenza di un proprio atto od omissione commessi con dolo o con
colpa grave.

La figura dello spedizioniere

Il contratto di spedizione è (art. 1737 c.c.) "un mandato col quale lo spedizioniere assume l'obbligo di concludere, in
nome proprio e per conto del mandante, un contratto di trasporto e di compiere le operazioni accessorie". Lo
spedizioniere esaurisce il suo compito con la conclusione del contratto di trasporto, rispondendo solo dell'eventuale
inadempimento dell'obbligo di concluderlo. Spesso capita, tuttavia, che lo spedizioniere decidesse di assumere egli stesso,
l'unitaria obbligazione dell'esecuzione, in piena autonomia, del trasporto della merce. Mentre, infatti, il vettore è soggetto
ad un gravoso regime di responsabilità, il mandatario e, nella specie, lo spedizioniere, risponde unicamente dell'eventuale
inadempimento dell'obbligo di concludere il contratto di trasporto. Egli non risponde, quindi, dell'eventuale
inadempimento del vettore con cui il contratto di trasporto sia stato concluso. La dottrina e la giurisprudenza hanno
chiarito il confine tra le due ipotesi contrattuali, facendo riferimento alla figura dello "spedizioniere-vettore". L'art. 1741
c.c. indica lo spedizioniere-vettore come colui che, con mezzi propri o altrui, assume l'esecuzione del trasporto in tutto o
in parte. Lo spedizioniere-vettore, pertanto ha, oltre agli obblighi ed ai diritti dello spedizioniere, gli obblighi ed i diritti del
vettore ed è soggetto al gravoso regime di responsabilità proprio di quest'ultimo. Mancano però specifiche disposizioni,
codicistiche contrattuali, idonee ad individuare criteri oggettivi per presumere quanto ci si trovi di fronte ad un contratto
di spedizione-trasporto, ai sensi dell'articolo 1741 c.c. La giurisprudenza ha così individuato una serie di elementi
identificativi per classificare il contratto tra le parti quale contratto di trasporto o di spedizione. Tra gli "elementi
sintomatici" spicca la corrispondenza (lettere, telefax,.....) intercorsa fra le parti, per poter individuare l'esatta volontà; la
determinazione del compenso dello spedizioniere in una somma a forfait, comprensiva anche del rimborso delle spese
sostenute; la discrezionalità in capo al spedizioniere nella scelta delle modalità di organizzazione ed esecuzione del
trasporto; il tenore letterale dei documenti di trasporto.

Trasporto terrestre di persone

Premessa

Il contratto di trasporto di persone per via terrestre rientra nella nozione dell'art. 1678 del c.c.. Essa infatti ha per oggetto
il trasferimento per via terrestre di persone da un luogo all'altro verso il corrispettivo di un prezzo. L'art. 1681 e 1682,
divertono esclusivamente sul regime di responsabilità, circostanza collegata all'esigenza di tutelare la persona del
viaggiatore.

Natura giuridica del contratto

Ha natura consensuale e si viene così a perfezionare con il consenso delle parti. Il soggetto che esercita servizi di
trasporto di linea in posizione di permanente offerta al pubblico, si conclude nel momento in cui il comportamento del
passeggero venga a configurarsi come consenso alla costituzione di un rapporto contrattuale con un altro soggetto. Ad
esempio, nel trasporto di persone su mezzi pubblici, il contratto si conclude nel momento della salita del passeggero sul
veicolo, terminando con la discesa dal veicolo stesso.

Forma del contratto

Il codice civile non reca disposizioni in merito alla forma, di conseguenza per il trasporto terrestre di persone vige il
principio di libertà delle forme. La funzione concretamente assolta dal biglietto di viaggio, potrà essere individuata
solamente avendo riguardo alla legislazione speciale vigente nel settore del trasporto pubblico ferroviario ed
automobilistico. Si dovrà tenere in considerazione anche la diversa tipologia di biglietto (abbonamento o ridotto).

Esecuzione del contratto: obbligazione del passeggero

L'obbligazione principale e tipica del passeggero è quella del pagamento del prezzo del trasporto al vettore, salvo
nell’ipotesi di trasporto a titolo gratuito. La determinazione del corrispettivo viene dal legislatore lasciata alla autonomia

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contrattuale. Riguardo ai trasporti pubblici di linea e a quelli ferroviari la dottrina ha specificato che la somma è
determinata secondo le modalità previste dalla normativa di volta in volta applicabile. Incombe poi sul passeggero un
generale obbligo di collaborare all'esecuzione del trasporto. In generale, il viaggiatore dovrà osservare anche le
prescrizioni di legge e quelle dettate dai regolamenti che disciplinano il servizio. L'inadempimento agli obblighi di
cooperazione posti a suo carico rileva ai fini di un eventuale concorso di responsabilità nella produzione dell'evento
dannoso.

(Segue): Obbligazioni del vettore

La prestazione tipica dal vettore è quella di trasferire il passeggero nel luogo di destinazione. Accanto ad essa si colloca
l'obbligazione di garantire l'incolumità del passeggero. Il vettore, pur non dovendo garantire il risultato, cioè l'arrivo a
destino del passeggero incolume, è comunque tenuto ad adottare tutte le misure idonee e secondo la normale diligenza.
Il vettore sarà inoltre tenuto ad eseguire una serie di prestazioni accessorie, quali quella di trasportare il bagaglio che il
passeggero porta con se.

Il regime di responsabilità del vettore: caratteri fondamentali

Il sistema di responsabilità del vettore nel trasporto terrestre di persone è delineato dal codice civile dagli artt. 1681 e
seguenti. Assume rilevanza l'elemento della colpa e può essere utile distinguere tra le ipotesi di mancata, in esatta o
ritardata esecuzione del trasporto, quelle di sinistri occorsi al passeggero durante il viaggio ed infine le ipotesi di danni al
bagaglio. Da ultimo risultano attinenti il concorso tra la responsabilità contrattuale del vettore e quella a titolo extra-
contrattuale, nonché il regime di responsabilità nei trasporti cumulativi ed in quelli gratuiti.

(Segue): responsabilità per ritardo o inadempimento

L'art. 1681 c.c., nel disciplinare la responsabilità vettoriale per danni alla persona del passeggero, fa salva quella per il
ritardo e per l'inadempimento nella esecuzione della prestazione. In questo caso le norme cui fare riferimento sono quelle
di cui agli artt. 1218 e ss. c.c., che disciplinano in via generale la responsabilità del debitore per l'adempimento delle
obbligazioni. Quindi il vettore che non esegua la prestazione o non la esegua in modo inesatto o in ritardo, sarà tenuto a
risarcire il danno, salvo che non riesca a fornire la prova che l'inadempimento o il ritardo sia dovuto ad impossibilità della
prestazione per causa a lui non imputabile.

(Segue): responsabilità per danni alle persone

L'articolo 1681 c.c. prevede che "il vettore risponde dei sinistri che colpiscono la persona del viaggiatore durante il viaggio
e della perdita o dell'avaria delle cose che il viaggiatore porta con sé, se non prova di avere adottato tutte le misure
idonee a evitare il danno". La disposizione codicistica introduce a carico del vettore una presunzione iuris tantum di
responsabilità per i sinistri occorsi al passeggero stesso durante il viaggio. In sede dottrinale e giurisprudenzale si sono
considerati come sinistri tutti gli eventi dannosi e relativi al funzionamento dei veicoli utilizzati oppure all'esercizio della
organizzazione del trasporto predisposta dal vettore. Il nucleo fondamentale del sistema di responsabilità contrattuale del
vettore concerne la ripartizione dell'onere probatorio tra le parti. Si desume che il passeggero è tenuto a fornire la prova
non solo dell'esistenza del contratto e del danno subito durante il viaggio ma anche del nesso di causalità tra danno e
attività svolte dal vettore in esecuzione del contratto. Non dovrà invece il danneggiato dimostrare il comportamento
colposo del vettore, attesa la presunzione di legge disposta in materia. La prova liberatoria, che il vettore ha l'onere di
fornire per superare la presunzione di colpa, investe tutte le misure concretamente adottate dal vettore stesso per evitare
il danno. Per la giurisprudenza fondamentale importanza riveste "l'indagine sull'adozione delle cautele necessarie"
all'esecuzione del trasporto e sulle ragioni e le motivazioni poste a fondamento della responsabilità. Su tali
argomentazioni la giurisprudenza ha poi esteso la responsabilità vettoriale anche al complesso di azioni di carattere
preparatorio o accessorio rispetto alla vera e propria esecuzione del trasporto. Il vettore, per poter invocare il caso
fortuito o la forza maggiore, dovrà dimostrare che l'evento dannoso era assolutamente imprevedibile e inevitabile.
Riguardo poi al fatto del terzo, non è sufficiente provare che l'evento dannoso sia stato causato da fatto del terzo, ma
sarà necessario dimostrare che il vettore abbia poste in essere tutte le cautele per evitare il fatto all'origine del danno. Se
alla causazione dell'evento dannoso ha contribuito il comportamento del passeggero, si potrà configurare anche un
concorso di responsabilità del danneggiato e del vettore. L'articolo 1681 c.c. sancisce poi, al suo secondo comma, la
nullità delle clausole che limitano la responsabilità del vettore per i sinistri occorsi al passeggero. Per il bagaglio, però
potranno ritenersi pienamente ammissibili eventuali clausole di esonero o di limitazioni.

(Segue): responsabilità per il bagaglio

Per il bagaglio si prevede che il vettore risponde della perdita e dell'avaria dello stesso, se non prova di avere adottato
tutte le misure e donne ad evitare il danno. Al di là della prova liberatoria, si prevede che "l'ammontare del risarcimento
per danni prodotti alle cose trasportate su strada dai veicoli destinati ad uso pubblico e dagli autobus destinati ad uso

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privato, sia per i bagagli a mano che per quelli consegnati, non può essere superiore a quanto stabilito per il trasporto
marittimo ed aereo. Ne trasporto marittimo si fissa il limite delle Lit 12.000 per kg. Tale limite è così destinato ad operare
anche nel contratto di trasporto terrestre di persone.

(Segue): responsabilità a titolo extracontrattuale

In caso di morte o lesione personale del passeggero, viene riconosciuta nei confronti del vettore anche la responsabilità
extracontrattuale. Il concorso tra responsabilità contrattuale e extracontrattuale ricorre quando l'eventus damni determini
inadempimento contrattuale e si configuri come fatto illecito in violazione del principio del neminem laedere. È importante
anche per la ripartizione degli oneri probatori tra le parti. Il termine di prescrizione per l'azione di responsabilità derivante
dal contratto di trasporto e di 1 anno e decorre dall'arrivo a destinazione del passeggero o dal giorno del sinistro, mentre
il termine prescrizionale per agire in via extracontrattuale e di 2 anni dal momento di verificazione del danno. Qualora si
decida di agire in via contrattuale, il passeggero trasportato dovrà limitarsi a fornire la prova del contratto, del sinistro ed
è il collegamento causale tra danno e attività di esecuzione del trasporto. Nella eventualità di una azione di responsabilità
aquiliana, sarà posto a carico del danneggiato anche la prova del comportamento doloso o colposo posto in essere dal
vettore.

Trasporto internazionale di cose su strada

La Convenzione di Ginevra del 1956: ambito di applicazione

La regolamentazione dei trasporti internazionali di merci su strada è contenuta nella Convenzione di Ginevra del 1956. Il
trasporto deve avere ad oggetto entità materiali qualificabili come merci e diverse dal bagaglio accessorio ad un contratto
di trasporto di persone. Non è necessario il requisito della professionalità del vettore, mentre invece rileva il carattere
della onerosità del trasporto (sono esclusi da questa disciplina i trasporti gratuiti o di cortesia). La Convenzione non si
applica ai trasporti effettuati in base a convenzioni postali, ai trasporti funebri e ai traslochi. Altro requisito necessario è
"l'internazionalità oggettiva" del trasporto stesso, ovvero la circostanza che i luoghi di carico e di scarico delle merci siano
situati in stati diversi, dei quali perlomeno uno aderente alla Convenzione. In questo ambito, come in materia di trasporto
internazionale marittimo di merci, le parti possono parzialmente prevedere l’assoggettamento del rapporto scaturente da
un contratto di trasporto tra paesi non aderenti alla Convenzione di Ginevra.

Caratteristiche e funzione della lettera di vettura

Per la lettera di vettura (documento attestante gli estremi del trasporto), la Convenzione precisa che la mancanza e la
difettosa emissione, non pregiudica l’assoggettamento del trasporto alla disciplina di diritto uniforme, né la stessa risulta
indispensabile ai fini della esistenza e validità del contratto di trasporto, e può essere redatto con la libertà di forme. La
lettera di vettura assume tuttavia un ruolo di strumento di garanzia della certezza dei rapporti tra le parti del contratto di
trasporto e fa acquisire una presunzione di sussistenza circa gli elementi del trasporto indicati. La lettera di vettura deve
essere redatta in triplice copia di cui un originale è destinata al mittente, il secondo è di accompagnamento delle merci, il
terzo rimane al vettore. Le tre copie devono recare la firma delle parti contraenti, a pena di inopponibilità del titolo da
parte di chi non l'ha sottoscritto. L'art. 6 contiene una precisa indicazione del contenuto, sia obbligatorio che facoltativo
della lettera. Il mittente è responsabile per tutti i danni e le spese che il vettore debba sopportare per insufficienza o
inesattezza delle indicazioni ivi contenute, ma d'altro canto, il vettore è tenuto a verificare l'esattezza delle indicazioni
riguardanti numero, contrassegni e numero dei colli oltre allo stato apparente della merce e degli imballaggi.

Modalità di esecuzione del trasporto

Per le modalità di esecuzione del trasporto vi è discrezionalità in capo al vettore. Da un lato vi è il dovere del vettore di
portare le merci a destinazione senza ritardi né danneggiamenti, dall'altro, la facoltà del vettore di decidere di ritardare la
consegna laddove ciò sia necessario per salvare le merci. Perché il vettore possa avvalersi della relativa azione, dovrà
dimostrare che l'insufficienza dell'imballaggio non era ravvisabile all'atto della consegna che le condizioni di imballaggio
erano insufficienti. Il mittente può disporre della merce finché la seconda copia della lettera di vettura non sia rimessa al
destinatario o fino al momento in cui il destinatario richieda la merce arrivata a destinazione. Può esigere dal vettore la
sospensione del trasporto, la modifica del luogo previsto per la consegna, la riconsegna delle merci a un destinatario
diverso da quello indicato nella lettera di vettura. Inoltre, se l'esecuzione del contratto diviene impossibile, alle condizioni
previste dalla lettera di vettura, il vettore deve darne immediate istruzioni all'avente diritto alla riconsegna.

Responsabilità del vettore

La responsabilità del vettore è disciplinata dall'art.17 che provvede a regolamentare in maniera uniforme le tre principali
ipotesi di responsabilità del vettore per trasporto internazionale di cose su strada. Le tre ipotesi di responsabilità del
vettore solo nel caso non riconsegni le cose oggetto di trasporto (perdita totale) o le consegni solo in parte (perdita

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parziale) o le consegni in condizioni deteriorate rispetto alla condizione iniziale (avaria) o le consegni con sensibile ritardo.
A quest'ultimo riguardo "vi è ritardo nella consegna quando la merce non sia stata riconsegnata entro il termine
convenuto e se non è stato convenuto un termine, quando la durata effettiva del trasporto superi il tempo accordato
ragionevolmente ad un vettore diligente, tenuto conto delle circostanze". Il termine finale di riconsegna risultante nella
lettera di vettura, può risultare anche da altri documenti relativi al trasporto. Il vettore risponde delle azioni e delle
omissioni dei suoi dipendenti, e di tutti gli altri soggetti dei servizi dei quali egli si avvalga per l'esecuzione del trasporto
nell'esercizio delle rispettive funzioni. Il vettore può essere sollevato dalla responsabilità per perdita, avaria ho ritardo
nella riconsegna della merce, dove provi la colpa dell'avente diritto alla riconsegna della merce o provi di aver eseguito un
ordine dell'avente diritto non dipendente da colpa del vettore, il vizio proprio della merce o altre circostanze che il vettore
non poteva evitare. Inoltre l'art. 17. 4 prende in considerazione una ulteriore serie di casi di esonero dalla responsabilità.
In questo secondo caso si parla di irresponsabilità presunta.

Contenuto dell'obbligo risarcitorio a carico del vettore

L'obbligo risarcitorio a carico del vettore è commisurato al valore delle merci trasportate. Per l'art. 23 la somma deve
essere calcolata sul valore delle merci trasportate nel luogo e nel tempo in cui il vettore le ha ricevute. Il contenuto
risarcitorio si esaurisce nella valutazione del danno emergente, escludendo perciò il mancato guadagno. Per la rilevazione
del valore di mercato delle cose trasportate, vi è al primo posto, il ricorso al prezzo di borsa, poi il prezzo corrente di
mercato ed infine il prezzo normalmente praticato in una contrattazione di mercato. Per il risarcimento dei danni derivanti
da avaria delle merci trasportate, l'indennità risarcitoria dovuta, è pari all'ammontare del deprezzamento calcolato
secondo il valore della merce. Tuttavia, all'ammontare del risarcimento non può superare l'ammontare della somma
dovuta in causa di perdita totale. L'art. 23.3 della Convenzione prevede un limite risarcitorio per perdita o avaria delle
merci pari a 8. 33 diritti speciali di prelievo per ogni chilogrammo di peso. Questo limite risarcitorio opera anche nella
ipotesi di danni alle merci trasportate derivanti da ritardo nella riconsegna. In tal caso, il risarcimento non può eccedere il
prezzo del trasporto. Infine, il vettore internazionale decade dai limiti risarcitorii, se il danno dipende da dolo o colpa
secondo la legge del giudice adito.

Trasporto marittimo di cose

Le fonti: dalle regole dell'Aja del 1924 alle regole di Amburgo del 1978

La regolamentazione trova la sua fonte normativa interna nel codice della navigazione, mentre per la dimensione
internazionale sulla Convention Internationale pour l'unification de certaines règles en matière de connaissement,
sottoscritta a Bruxelles nel 1924, l'atteggiamento del legislatore italiano è stato di integrale ricezione dei principi della
Convenzione nel testo definitivo del codice della navigazione. Completa il quadro delle fonti normative in materia di
trasporto marittimo la United Nations Convention on the Carriage of Goods by Sea, firmata ad Amburgo nel 1978 ma il
governo italiano non ha a tutt'oggi provveduto a depositare il relativo strumento di ratifica per cui la stessa non è ancora
entrata in vigore in Italia.

Ambito di applicazione della disciplina uniforme

Gli indici del carattere internazionale del trasporto, risultano dalla localizzazione in uno Stato contraente dalla emissione di
una polizza di carico. Tuttavia si ritenevano criteri idonei (regole dell'Aja) le circostanze che il trasporto avesse
ultimazione in un porto straniero, anche se apparteneva ad uno Stato non aderente e che il destinatario indicato in
polizza di carico fosse un cittadino straniero. Le regole dell'Aja, risultano poi ampliate nel 1968 con i criteri dell'imbarco
della merce in un porto di uno Stato contraente e della previsione nella polizza di carico dell'assoggettamento del
rapporto alla disciplina uniforme. Nelle regole di Amburgo si è aggiunto il criterio della localizzazione del porto di
scaricazione previsto nel contratto. Rimane invece inalterata la previsione di esclusione dei charter-parties, in relazione ai
quali non si sia pervenuti alla emissione di una polizza di carico.

Il regime della responsabilità del vettore marittimo secondo le regole dell'Aja

Ai fini della responsabilità per danni alle merci trasportate, la Convenzione di Bruxelles riprende la definizione di vettore
marittimo come colui che si è assunto l'obbligo di effettuare il trasporto, indipendentemente dalle modalità della sua
esecuzione e dalla presenza di altri soggetti impiegati nella stessa attività. È dunque colui che si pone come parte
contrattuale nel rapporto a rilevare come soggetto. La Convenzione di Bruxelles è intervenuta a sopire i tesi contrasti tra i
caricatori e i vettori marittimi. Il punto di equilibrio viene trovato nella Convenzione della previsione di una serie di ipotesi
di esonero del vettore della responsabilità per perdita e avaria della merce, cui si affianca un limite alla responsabilità ad
un importo massimo che attualmente ammonta a 666. 67 diritti speciali di prelievo per collo od unità di carico (2 dsp per
ogni chilogrammo di peso della merce perduta o danneggiata). Ai fini del riconoscimento della responsabilità del vettore
per danni o avaria delle merci, gli interessati dovranno solo provare che il danno è intervenuto nell'arco temporale in cui il
carico è stato soggetto all'attività del vettore marittimo. Il vettore risulta responsabile dal momento della caricazione delle

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merci a bordo della nave fino allo sbarco. La giurisprudenza è propensa a ritenere esclusa la responsabilità del vettore
per eventi prodottisi al momento dell'imbarco o dello sbarco, laddove le parti avevano convenuto che questi momenti
fossero affidati a soggetti che operavano per conto del caricatore o del ricevitore. Il vettore può essere sollevato dalla
responsabilità per perdita o avaria provando un evento esonerativo, oltre che un preciso nesso di causalità tra tale evento
ed il danno o la perdita. L'articolo IV esclude la responsabilità del vettore marittimo di cose per perdita o danni arrecati
alle merci, al verificarsi di uno dei seguenti eventi esonerativi ("pericoli eccettuati"): a) atti o colpe del comandante, di
marinai, del pilota o dei preposti del vettore nella navigazione o nell'amministrazione della nave ("colpa nautica"); b)
incendio non provocato da fatto o colpa del vettore; c) pericolo di mare; d) atto di Dio; e) fatti di guerra; f) fatto di
nemici pubblici; g) provvedimento di pubblica autorità o sequestro giudiziario; h) restrizione per quarantena; i) atto od
omissione del caricatore o del proprietario delle merci, o di loro agente o rappresentante; j) scioperi, serrate, arresti o
impedimenti frapposti al lavoro, per qualsiasi causa, in modo parziale o totale; k) rivolte o sommosse civili; l) salvataggio
o tentativo di salvataggio di vite o beni in mare; m) calo di volume o di peso o qualsiasi altra perdita o danno derivante
dal vizio occulto, natura speciale o vizio proprio della merce; n) insufficienza di imballaggio; o) insufficienza o
imperfezione di marche; p) vizi occulti che sfuggono a una ragionevole diligenza; q) qualsiasi altra causa non proveniente
dal fatto o colpa del vettore o dei suoi dipendenti o preposti, purché il vettore provi che ne il fatto con la colpa propri né
quella dei suoi ausiliari hanno contribuito alla perdita o al danno. I principi previsti dalla disciplina del 1924 in materia di
responsabilità del vettore sono stati sostanzialmente trasfusi nel codice della navigazione agli artt. 421 ss. (in particolare
all'articolo 422 che al 1° comma applica quanto previsto dalla lettera q) dell'art. IV della Convenzione di Bruxelles).
Qualora la causa della perdita, delle avarie o del ritardo sia stata provocata da uno dei "pericoli eccettuati" il vettore
risulterà ex lege esonerato da responsabilità. In tal caso il codice della navigazione concede, all'avente diritto la possibilità
di provare che "la causa della perdita, delle avarie o del ritardo è stata determinata da colpa del vettore o da colpa
commerciale dei di lui dipendenti e preposti". Il processo di revisione delle regole convenzionali del 1924 ha avuto inizio
né gli anni '70, ed è culminato nella definizione del nuovo regime regolamentare siglato ad Amburgo nel 1978.

La Convenzione di Amburgo nel 1978

Alla figura del vettore contrattuale viene affiancata quella del cosiddetto vettore di fatto dichiarato solidamente
responsabile con il primo per gli eventi dannosi intervenuti nella parte del trasporto da lui eseguita. A carico del vettore
sussiste una presunzione di colpa. Acquisisce rilievo, ai fini della prova liberatoria dalla responsabilità per colpa, la
valutazione della ragionevolezza dei comportamenti con i quali il vettore avrebbe potuto evitare l'avaria o il danno alla
merce. Anche per la nuova disciplina il vettore ritenuto responsabile dell'operato dei propri dipendenti, nonché degli
eventuali altri imprenditori ausiliari di cui il vettore si sia avvalso. Il principio della inversione dell'onere della prova a
carico del vettore marittimo per danni al carico non trova tuttavia applicazione in caso di incendio. Qui l'onere a carico
dell'interessato al risarcimento, è di provare che l'incendio è stata causata dalla negligenza o in perizia del vettore o dei
suoi dipendenti o preposti. I termini finale ed iniziale della responsabilità sono individuati con i momenti dell'affidamento
delle merci al vettore e con la riconsegna delle stesse. Tuttavia a tal proposito, la detenzione delle merci da parte del
vettore comporta la applicazione della disciplina di diritto uniforme anche in sede di caricazione e di scaricazione.
Riguardo alla responsabilità da ritardo nella riconsegna delle merci, la Convenzione di Amburgo ha previsto a favore del
vettore una possibilità di esonero da responsabilità dove fornisca la stessa prova liberatoria richiesta dalla regola generale
di responsabilità, tuttavia si deve aver riguardo agli accordi intercorsi tra le parti o, in mancanza, al momento in cui la
riconsegna, considerate le circostanze, si sarebbe potuta richiedere ad un vettore diligente.

Le limitazioni della responsabilità materiale e il regime di decadenza delle stesse

La Convenzione di Amburgo prevede un duplice criterio di riferimento per la valutazione del massimo a montare da
corrispondere. Da un lato tale importo non può accedere una somma equivalente a 835 unità di conto per collo o 2.5
unità di conto per ogni chilogrammo di peso della merce perduta o danneggiata. I limiti risultano così superiori a quelli
previsti dalla Convenzione di Bruxelles. La previsione di un secondo criterio fondato sul peso lordo della merce
trasportata, vuol porre fine agli inconvenienti dell'applicazione del testo originario della Convenzione di Bruxelles riguardo
l'individuazione pratica delle nazioni di "collo" o di "unità di carico". La soluzione adottata dalla Convenzione di Amburgo,
consiste nel considerare l'intero contenitore come una sola unità di carico, salvo che la polizza di carico o il diverso
documento evidenzi il numero di colli stivati all'interno del contenitore. In caso di perdita o danneggiamento del
contenitore, pallet, o altra attrezzatura usata per il trasporto, la stessa sarà considerata, ai fini evidenziati, come una
distinta unità di carico. Infine per il risarcimento per danni da ritardo, l'importo dovuto non può eccedere la somma
corrispondente a due volte e mezzo il nolo pagato per le merci che hanno subito il ritardo, ma non eccedente
l'ammontare totale del nolo pagabile in base al contratto di trasporto di merci per mare. Il vettore decade dal diritto alla
limitazione della responsabilità laddove il soggetto danneggiato provi che la perdita, l'avaria o il ritardo, dipendono da un
atto o da una commissione del vettore compiuti con intenzione di provocare tale perdita, avaria o ritardo, o
temerariamente e con la consapevolezza che l'evento dannoso si sarebbe probabilmente verificato.

Il trasporto marittimo di persone

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Le fonti

Il contratto avente ad oggetto il trasferimento per mare di persone da un luogo ad un altro, detto contratto di passaggio
marittimo, trova la propria regolamentazione interna negli artt. 396-418 del codice della navigazione. Sul piano
internazionale la Convenzione di Atene del 1974, è stata a tutt'oggi ratificata da un numero abbastanza ridotto di stati.

Forma del contratto ed obblighi delle parti

Ai sensi dell'art. 396 del codice della navigazione, il contratto deve essere provato per iscritto. Ciò avviene nella pratica
attraverso l'emissione da parte del vettore del biglietto di passaggio. Quest'ultimo fa prova della conclusione del contratto
e delle condizioni del trasporto anche se non sottoscritta dal passeggero. Il vettore è tenuto a porre la nave in stato di
navigabilità ed a dotarla di tutti i requisiti necessari all'esecuzione del trasferimento previsto contrattualmente. Alla
obbligazione di curare il trasferimento del passeggero si accompagnano quella di curare l'incolumità della sua persona,
nonché quella di trasportare il bagaglio compreso nel prezzo. Il vettore è inoltre tenuto a prestazioni accessorie, come nei
viaggi di una certa durata in cui ha l'obbligo di offrire a passeggero il vitto ed un adeguato spazio in cui soggiornare a
bordo. L'obbligazione principale del passeggero è quella del pagamento del prezzo del trasporto (anche se non è
incompatibile il fatto che la prestazione avvenga al titolo gratuito). Ove il passeggero salga a bordo senza aver
corrisposto il prezzo del passaggio è tenuto a darne immediato avviso al comandante o al commissario di bordo,
dovendo, in difetto, corrispondere il doppio di detto importo. Sul passeggero, poi, incombe l'onere di prestare al vettore
la collaborazione necessaria. Le norme in materia impongono al passeggero l'osservanza dei regolamenti di bordo e
sottopongono lo stesso all'autorità del comandante della nave.

Impedimenti e ritardo della partenza

In relazione all'impedimento alla partenza della nave, si distingue l'ipotesi in cui sia addebitabile a causa non è imputabile
al vettore da quella in cui l'impedimento sia conseguenza della soppressione della partenza da parte del vettore. Nel
primo caso il contratto è risolto di diritto e il vettore deve restituire il prezzo corrisposto gli dà passeggero, nel secondo la
risoluzione opera di diritto solo ove non sia possibile l'effettuazione del viaggio con una successiva nave dello stesso
vettore, mentre ove ciò risulti possibile il passeggero ha la facoltà, in alternativa, di compiere il viaggio con detta nave. In
ogni caso il passeggero ha diritto al risarcimento del danno. Quest'ultimo, non potrà eccedere il doppio del prezzo di
passaggio ove la soppressione sia stata determinata da giustificato motivo. In casa di ritardo, il passeggero ha diritto ad
usufruire del vitto e dell'alloggio a spese del vettore, ove questi siano dovuti durante il trasporto. Il passeggero ha diritto,
inoltre, a risarcimento del danno nel caso in cui il ritardo della partenza sia dovuto a causa imputabile al vettore. Nel caso
di impedimento alla partenza per morte del passeggero o sua impossibilità ad effettuare il viaggio, il contratto è risolto di
diritto ed è dovuto il quarto del prezzo di passaggio, al netto dell'eventuale vitto. Il passeggero ha invece il diritto di
richiedere la risoluzione del contratto alle medesime condizioni ove l'evento impeditivo interessi uno dei congiunti assieme
al quale il viaggio doveva essere effettuato, sempre che il vettore sia di ciò informato prima della partenza. Ove ometta di
presentarsi entro il termine previsto per l'imbarco, il passeggero è tenuto a corrispondere l'intero prezzo del trasporto, a
meno che, con il consenso del vettore, che avrà diritto ad una provvigione non superiore al 10%, il diritto al trasporto sia
ceduto ad altri.

Responsabilità del vettore per inadempimento e per danni alle persone

Il codice regolamenta in due disposizioni la responsabilità del vettore per mancata o ritardata esecuzione del trasporto
(articolo 408) e per i sinistri che colpiscono la persona del passeggero (articolo 409). La prova liberatoria è la stessa in
entrambi i casi. Sul passeggero incombe l'onere di provare che l’infortunio si è verificato durante il trasporto. Secondo un
primo orientamento interpretativo, per vincere la presunzione di responsabilità costa a suo carico, il vettore ha l'onere di
dimostrare che, avendo egli adottato tutte le misure protettive, le cautele e gli accorgimenti suggeriti dalla pratica e dalla
diligenza, non gli può essere addebitata una qualsiasi inadempienza. Un'altra corrente interpretativa distingue, tra
infortunio accorsi al passeggero "a causa" del trasporto e infortuni occorsi "in occasione" dello stesso. Ai primi "spetta al
trasportato provare il nesso di causalità tra il trasporto e il danno subito, dimostrando la ragione specifica per cui esso si
verificò, mentre la prova incombente sul vettore consiste nel dimostrare che l'evento dannoso fu conseguenza di un fatto
da lui (o dai suoi preposti e dipendenti) non prevedibile (fortuito) o da un fatto che non ha potuto evitare, nonostante
l'uso della dovuta diligenza (forza maggiore). Per gli incidenti avvenuti, invece, in occasione del trasporto, al trasportato
spetta provare soltanto che si sia trattato di un infortunio avvenuto durante il viaggio e che non si sarebbe verificata
senza l'occasione del medesimo, mentre la prova liberatoria incombente sul vettore consiste nel dimostrare di aver posto
in essere quanto necessario per assicurare, secondo una normale diligenza, la incolumità di quest'ultimo. La prova della
qualificabilità dell'evento dannoso come sinistro intervenuto "a causa" del trasporto, incomberebbe poi, sul passeggero.
Entrambe le impostazioni non appaiano condivisibili. Deve sottolinearsi come il legislatore abbia evidenziato chiaramente,
come il vettore marittimo di persone non possa andare indenne da responsabilità semplicemente fornendo una prova di
diligenza. Appare senz'altro maggiormente in sintonia pertanto, l'interpretazione per cui, al fine di liberarsi della
presunzione di responsabilità costa a suo carico, il vettore deve in ogni caso di individuare la causa dell'evento dannoso,

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fornendo quindi la prova che lo stesso e configurabile come caso fortuito o forza maggiore.

Il regime di responsabilità prevista dalla Convenzione di Atene del 1974

La disciplina uniforme in materia si ispira a principi sensibilmente diversi da quelli del codice della navigazione. Una
presunzione di colpa del vettore è prevista solo in relazione ai danni che siano la conseguenza diretta o indiretta di
naufragio, urto, esplosione o incendio della nave. La responsabilità del vettore per morte o lesione personale del
passeggero è poi limitata ad un importo (testo originale) di 700.000 franchi oro, modificato nel 1976 in 46.666 diritti
speciali di prelievo per ciascun passeggero. Detto importo, esiguo, è stata oggetto di critiche ed è stato recentemente
aumentato a 175.000 diritti speciali di prelievo nel 1990. Il vettore perde il beneficio della limitazione della propria
responsabilità allorché si è provato che il danno è stata determinato da un atto o da un comportamento colposo del
vettore con l'intento di causare il danno stesso o temerariamente e con la consapevolezza del danno che ne sarebbe
probabilmente derivato. La previsione di limitazione della responsabilità, così come delineata dalla Convenzione di Atene
del 1974, sembra poter costituire un ostacolo alla recezione all'interno dell'ordinamento italiano. La Corte costituzionale
ha posto in luce le condizioni al cui soddisfacimento deve ritenersi subordinata all'ammissibilità nel nostro ordinamento di
limiti alla responsabilità per morte o lesione alla persona. Questi sono stati ritenuti incompatibili con i principi
costituzionali solo in quanto si pongano in un contesto normativo idoneo a garantire al passeggero la certezza del
risarcimento, sia attraverso la previsione di un regime di responsabilità rigoroso, sia mediante l'introduzione di specifici
obblighi assicurativi in capo al vettore. La disciplina contenuta nella Convenzione di Atene non sembra, in vero, soddisfare
detti requisiti. Il regime generale di responsabilità previsto, risulta infatti, sostanzialmente più favorevole al vettore di
quella dettata dalla normativa interna.

Il trasporto del bagaglio

Nel prezzo di passaggio è compreso, nei limiti di peso e di volume prestabiliti dal vettore od osservati per uso, il
corrispettivo del trasporto del bagaglio del passeggero. Questo deve contenere esclusivamente oggetti personali,
dovendosi corrispondere, in caso contrario, il doppio della tariffa prevista per il trasporto delle cose di diversa natura. Per
il bagaglio eccedente i limiti indicati, il passeggero è tenuto a corrispondere un apposito prezzo di trasporto. Riguardo alla
responsabilità del vettore per il bagaglio, si distingue a seconda che sia stato - consegnato al vettore. Nel primo caso egli
ne risponde, entro il limite massimo, in assenza di dichiarazione di maggior valore, di Lit 12.000 per kg di peso, se non
prova che la perdita o l’avaria sono derivate da causa a lui non imputabile. Per i bagagli non consegnati, invece, la
responsabilità del vettore sorge solo ove il passeggero fornisca la prova che la perdita con avaria sono state determinate
da causa imputabile al vettore. Il vettore risponde entro limiti che, dal Protocollo di Londra del 1990, risultano fissati il
1.800 diritti speciali di prelievo per il bagaglio di cabina, 2.700 diritti speciali di prelievo parlato bagaglio trasportato da
passeggero e 10.000 diritti speciali di prelievo per la vettura al seguito. Viceversa, in base alla normativa interna, il
trasporto della vettura al seguito del passeggero risulta disciplinata dalla normativa in materia di trasporto marittimo di
cose, per cui la relativa responsabilità è limitata al ben più esiguo importo dell'art. 423 del codice della navigazione.

Derogabilità della disciplina, trasporto gratuito ed amichevole

L'articolo 415 del codice della navigazione dichiara inderogabili a favore del vettore le sole disposizioni relative alla
responsabilità per morte e lesioni personali del passeggero, per perdita o avarie del bagaglio e per danni derivati da
trasporto amichevole. La disciplina pattizia contiene sovente, deroghe a quella legale, e dette condizioni generali, si
rivelano inopponibili a quest'ultimo per effetto dell'art. 1341 c.c., difettando della prescritta specifica sottoscrizione. Ai
sessi dell'art. 413 codice della navigazione, il regime di responsabilità si applica anche ai contratti di trasporto senza alcun
corrispettivo. All'ipotesi del trasporto gratuito si contrappone quella del trasporto amichevole, in cui la prestazione viene
effettuata a titolo di liberalità o cortesia. In quest'ultimo caso la responsabilità del trasportatore sussiste solo qualora il
danno sia conseguenza di suo dolo o colpa grave, o dolo o colpa grave dei suoi dipendenti e preposti.

Trasporto aereo internazionale

La responsabilità del vettore aereo, risulta allo stato attuale, dal testo della Convenzione di Varsavia del 1929, modificato
dal protocollo dell'Aja del 1955 che introduce la nozione di colpa temeraria e consapevole del vettore o dei suoi
dipendenti e preposti e raddoppia la somma limite di 125.000 franchi oro Poincaré per il danno alla persona del
passeggero, innalzando la a 250.000 franchi oro. La Convenzione di Varsavia è stata integrata dalla Convenzione di
Guadalajara del 1961 al fine di disciplinare il trasporto aereo internazionale effettuata da persona diversa dal vettore
contrattuale (vettore di fatto). La Convenzione rende sia il vettore contrattuale sia il vettore di fatto responsabili
solidamente verso i passeggeri (o i caricatori), salvo reciproca rivalsa. Il Protocollo di Guatemala City del 1971, e levò il
limite del debito del vettore aereo fino a 1.500.000 franchi oro con la previsione della responsabilità oggettiva del vettore,
escludendo dalla risarcibilità solamente i danni ascrivibili allo stato del passeggero o i danni che il passeggero abbia
causato ho contribuito a causare. Il protocollo di Guatemala city non è però entrate in vigore per l'opposizione degli Stati
Uniti, perché critici verso l'istituto della limitazione del debito del vettore aereo di persone. Infine, ulteriori emendamenti

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alla Convenzione sono stati apportati con i quattro Protocolli di Montreal del 1975, tutti entrati in vigore tranne il terzo. I
primi tre Protocolli riproducono il testo originario della Convenzione di Varsavia del 1929, il Protocollo dell'Aja del 1955 e il
Protocollo di Guatemala City del 1971. Il quarto Protocollo, modifica il regime di responsabilità del vettore aereo per i
danni alle merci trasportate introducendo il criterio della responsabilità oggettiva. La Convenzione di Varsavia trova
applicazione, in Italia, nella forma emendata dal Protocollo dell'Aja e dai Protocolli di Montreal, per i trasporti tra Stati che
abbiano adottato la disciplina del 1955 e/o del 1975, mentre si applica la Convenzione non modificata, se uno degli Stati
contraenti non ha adottato i Protocolli sopra richiamati. Riguardo alla Convenzione specifica che trova applicazione se il
trasporto ha il suo punto di partenza e di arrivo sul territorio di due Stati contraenti, oppure sul territorio di un unico Stato
contraente, purché se previsto uno scalo in un altro Stato, anche non contraente. La Convenzione disciplina la
responsabilità del vettore aereo per morte, ferite o lesioni corporali, subite da passeggero a bordo dell'areomobile o nel
corso di operazioni di imbarco sbarco. La prova che il vettore deve raggiungere consiste nella dimostrazione di aver preso
tutte le misure idonee ad evitare il danno. La giurisprudenza si è mostrata propensa a porre a carico del vettore l'onere di
provare la causa dell'evento dannoso. Le regole di diritto uniforme prevedono anche dei limiti quantitativi al debito del
vettore per passeggero, aggiornati nel 1983 in 16.000 diritti speciali di prelievo. La legge n. 274 del 1988, ha introdotto
nel contratto di trasporto, un limite al risarcimento pari a 100.000 diritti speciali di prelievo per passeggero. Con il reg. CE
n. 2027/97 il legislatore comunitario considera come il limite massimo di responsabilità fissata dalla Convenzione di
Varsavia del 1929 possa recare un grave danno all'immagine dei trasporti è lei, pertanto i singoli Stati membri sono stati
costretti ad aumentare in vario modo il limite massimo di responsabilità. La normativa comunitaria si propone di dare una
set uniforme agli "obblighi dei vettori comunitari verso i passeggeri relativamente alla responsabilità in caso di incidenti
per danni da morte o ferite di un passeggero o di qualsiasi altra lesione personale subita da un'passeggero se l'incidente
che ha provocato il danno è avvenuto a bordo dell'areomobile o nel corso delle operazioni di imbarco o di sbarco". Il
regolamento si applica ai vettori comunitari (quelli muniti di licenza d'esercizio rilasciata da uno Stato membro). La norma
cardine è contenuta nell'art. 3.1 lett. a) per il quale la responsabilità per danni da morte, ferite o qualsiasi altra lesione
personale subita da passeggero in caso di incidente, non è soggetta ad un limite finanziario; ulteriore previsione a carico
del vettore aereo è il divieto di escludere o limitare la loro responsabilità per i danni fino alla concorrenza di un importo
pari all'equivalente in Ecu di 100.000 dsp. Sempre riguardo al risarcimento del danno, per il regolamento, il danneggiato
può avanzare richieste di risarcimento nei confronti di tutti quei soggetti che a vario titolo abbiano concorso a causare il
danno. Ulteriore novità è rappresentata dall'obbligo di copertura assicurativa della responsabilità del vettore.

Trasporto multimodale

Ambito di operatività dell'istituto e profili di divergenza rispetto alla disciplina posta dall'art. 2 CMR in materia di trasporti
"superposés"

Nell'ambito della disciplina del trasporto multimodale (comprensivo di ogni forma di trasporto effettuato con l'impiego di
diversi veicoli e secondo moduli differenti di spedizioni) si pone la norma contenuta nell'art. 2 della Convenzione di
Ginevra del 1956 relativamente ai cosiddetti trasporti "superposés". Si tratta di forme di trasporto in cui le merci
percorrono diversi segmenti dell'itinerario per mare, per ferrovia, per via navigabile interna, a condizione che la tratta di
percorso sia effettuata per strada e che le merci non siano mai scaricate dall'automezzo. Sarà quindi l'autoveicolo ad
essere caricato sulla nave, sul treno o su altro mezzo di trasporto.

La disciplina della Convenzione di Ginevra del 1980 sul trasporto multimodale di merci (CTM)

Il multimodal transport operator viene identificato dalla Convenzione come colui che conclude un contratto di trasporto
multimodale improprio e non quale agente o nell'interesse del destinatario o dei vettori partecipanti all'operazione di
trasporto multimodale. L'identificazione del soggetto responsabile, assume un certo rilievo. Il multimodal transport
operator è ritenuto responsabile per perdite, danneggiamenti, o ritardi nella riconsegna, finché le merci siano a suo
carico, salvo che lo stesso riesca provare che lui o i suoi dipendenti o agenti con altre persone, avessero preso tutte le
misure che ritenessero idonee ad evitare il fatto e le sue conseguenze. Le limitazioni alla responsabilità del vettore, sono
indicate in 920 "units of account" per imballaggio oppure 2,75 "units of account" per kg di peso lordo delle merci perdute
o danneggiate. Sì equipara infine all'azione od omissione del multimodal transport operator l'azione o la omissione di
dipendenti o agenti di quest'ultimo. La giurisprudenza italiana, in modo costante, ha ritenuto applicabile a questo tipo di
trasporto la normativa del codice civile, allorché, ai sensi della Convenzione di Roma del 1980, sia la legge italiana ad
applicarsi a quel particolare trasporto multimodale. In ipotesi di applicazione della disciplina del codice civile non c'è limite
risarcitorio.

La c.d. FIATA bill of lading

La FIATA bill of lading del 1982 (FBL) costituisce una normativa di diritto uniforme che ancora non è entrata in vigore. La
FBL è costituita da un documento negoziabile e costituisce titolo per le merci "title to the goods". Il portatore del titolo in
questione ha pertanto il diritto di ricevere o trasferire le merci in esse indicate. Le indicazioni contenute nel FIATA bill of
lading costituiscono prova prima facie della presa in carico da parte delle multimodal transport operator (MTO) dei beni

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così come descritti in tale documento. La responsabilità del MTO, copre il periodo che va dal momento di presa in carico
delle merci fino al momento della loro riconsegna. Il vettore è responsabile della perdita, dei danni o del ritardo, se
l'evento che ha causato la perdita, il danno o il ritardo è sopraggiunta mentre le merci erano suo carico. Il vettore può
sollevarsi da tale responsabilità provando che non c'è stata colpa, negligenza da parte sua o da parte dei suoi dipendenti
agenti.

Sezione 4: i Titoli del trasporto

Tipologia e funzioni

In occasione della conclusione del contratto di trasporto è abituale la creazione di particolari documenti che costituiscono
titoli di trasporto. Tali documenti sono: a) la polizza di carico, la polizza ricevuto per l'imbarco, la polizza diretta e gli
ordini di consegna nel trasporto marittimo; b) la lettera di vettura e la ricevuta di carico nel trasporto automobilistico; c)
la lettera di vettura ferroviaria nel trasporto ferroviario; d) la lettera di trasporto aereo nel trasporto aereo. A tali forme
tradizionali si è recentemente aggiunto il documento per il trasporto multimodale (multimodal transport document)
disciplinato dagli artt. 5-13 della Convenzione di Ginevra del 1980 non ancora ratificato dall'Italia e non ancora entrata in
vigore. A tutti questi documenti è comune una funzione probatoria.

Principi comuni

L'emissione del documento del trasporto

Una serie di principi, possono ritenersi comuni alla regolamentazione di tutti titoli del trasporto. Per la formazione del
titolo del trasporto, in ogni caso, al presidente di emissione del documento partecipano ambedue le parti del contratto,
con la collaborazione del mittente o caricatore per quanto riguarda le caratteristiche delle merci da trasportare.
Generalmente il documento del trasporto, viene emesso in più esemplari: una conservata dal vettore, l'altro invece
consegnato al mittente o caricatore. Nel caso della lettera di trasporto aereo e della lettera di vettura internazionale, è
prevista l'emissione di un terzo esemplare del documento, destinata ad accompagnare le merci. Il rilascio del documento
di trasporto e poi, obbligatoria, quando ne sia stata fatta richiesta da parte del mittente o caricatore.

Il contenuto del documento del trasporto

Anche le disposizioni che disciplinano le indicazioni che debbono essere riportate nel titolo sono in larga misura analoghe,
così il documento deve contenere: a) il nome del vettore, con la sua sottoscrizione; b) il nome del mittente o caricatore;
c) il luogo di destinazione e il nome del destinatario; d) la natura, la quantità ed il numero delle cose da trasportare.
Specificamente, la polizza di carico enuncia il nome col numero, l'ufficio d'iscrizione e la nazionalità della nave, mentre la
Convenzione di Ginevra del 1980 prevede che il documento del trasporto multimodale contenga l'indicazione dell'itinerario
convenuto, dei modi di trasporto e dei luoghi di trasporto, se già conosciuti. Indispensabili sono la sottoscrizione del
vettore e la descrizione delle merci.

La circolazione del documento

Per i titoli del trasporto è ammessa l'emissione del titolo in forma negoziabile. L'unica eccezione si ha per la lettera di
trasporto ferroviario. Nel nostro ordinamento, mentre la lettera di vettura può circolare unicamente se emessa all'ordine
per i titoli di trasporto marittimo all'aereo, gli artt. 464 e 962, non richiedono la trascrizione del trasferimento nel registro
dell'emittente, ma si limitano a rendere necessaria l'autenticità della girata. La girata, contrariamente a quanto avviene
materia cambiaria in caso di inadempimento da parte dell'emittente, non determina la responsabilità solidale dei giranti.

Titoli del trasporto negoziabili e non negoziabili

Il carattere negoziabile o non negoziabile del documento di trasporto alla circolazione, incide sulla qualificazione giuridica.
Per la dottrina (dal combinato disposto degli artt. 464 3° comma e 467 c.n.) si può desumere che la polizza di carico
nominativa non è riconducibile alla categoria dei titoli di credito nominativi delineata da codice civile, ma costituisce
semplicemente un "documento intestato a un nome". Più complesso si presenta il problema per i documenti del trasporto
non negoziabili. Essi non integrano gli estremi né di un documento di legittimazione, né di un titolo improprio. Qualunque
tesi si accolga, è certo che la sua emissione tende a facilitare una trasferibilità del diritto alla prestazione che si vuole al
contrario escludere. Sembra quindi doversi proporre la qualificazione come semplici documenti probatori della conclusione
del contratto di trasporto e della consegna delle merci al vettore.

Incidenza dell'emissione del documento sul diritto di contrordine e sulla struttura del contratto di trasporto

Il rilascio da parte del vettore di un titolo di trasporto, negoziabile o non negoziabili, condiziona l'esercizio da parte del

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mittente del diritto di contrordine. "Qualora dal vettore sia stato rilasciato al mittente il duplicato della lettera di vettura o
una ricevuta di carico, il mittente non può disporre delle cose consegnate nel trasporto, se non esibisce al vettore il
duplicato con la ricevuta per farvi annotare le nuove indicazioni". Tale disposizione mira evidentemente a tutelare la
posizione del destinatario-acquirente della merce trasportata che abbia ottenuto dal mittente la consegna del documento
lui rilasciato.

La polizza di carico

Generalità

Tra i titoli del trasporto la polizza di carico si colloca in posizione eminente. La nascita della polizza di carico risale
all'epoca medievale.

I caratteri propri dei titoli di credito e la polizza di carico: la letteralità

Per il Protocollo di Bruxelles del 1968, si riconosce alle indicazioni contenute nella polizza di carico il valore di conclusive
evidence nei confronti del terzo portatore del titolo. Tale previsione, consente al vettore la possibilità di fornire la prova
contraria solo nei confronti del caricatore, ed è stata riportata anche nella Convenzione di Amburgo.

La rappresentatività della polizza di carico

La polizza di carico, viene ricompresa nei titoli rappresentativi di merci comportando non solo che possessore della polizza
al possesso delle merci in essa indicate. Ma egli può, cedendo il documento, trasmettere il possesso delle merci
medesime. Pacifico sembra, che il possesso delle merci da parte del portatore del titolo può essere riconosciuto solo
finché perdura la detenzione di esse da parte del vettore. A partire da tali stanchi del documento può soltanto costituire
supporto per l'esercizio delle azioni che l'ordinamento riconosce a favore del caricatore in base al contratto di trasporto.

Problemi particolari imposti dalle indicazioni contenute nella polizza di carico: individuazione dell'emittente

È unanimamente affermato, in dottrina e giurisprudenza, che il soggetto responsabile del trasporto marittimo va
individuato in colui che ha emesso, ho il nome del quale è stata emessa, la polizza di carico. Recentemente, la
giurisprudenza di merito si è mostrata propensa a ritenere che l'intestazione della polizza di carico perda rilevanza, ai fini
dell'individuazione del vettore, solo ove sussista contrasto tra intestazione e sottoscrizione del titolo.

La "identity of the carrier clause"

Sovente nelle polizze di carico, per l'individuazione del soggetto responsabile del trasporto, è contenuta una porta
previsione (identity of the carrier clause). In tale clausola, si afferma che chiunque sia l'intestatario o il sottoscrittore della
polizza di carico, vettore deve in ogni caso essere considerato l'armatore della nave con cui il trasporto è effettuato, di cui
l'emittente si qualifica sempre agent. La reale funzione della previsione, sembra essere quella di sottrarre l'emittente la
polizza di carico, da qualificarsi vero e proprio transporteur ai sensi della Convenzione di Bruxelles, e quindi
all'applicazione del regime di responsabilità ivi previsto.

L'antidatazione della polizza di carico

Con riferimento alla prassi, non è infrequente nel trasporto di linea, l'emissione del titolo in un momento antecedente alla
collocazione della merce a bordo della nave. Si è osservato che, l'indicazione della data di consegna o di caricazione non
è elemento essenziale della polizza di carico. L'unica conseguenza è un anticipo trasferimento sul vettore dei rischi
inerenti alle merci, cui si aggiunge il rischio della negoziazione del titolo in frode allo stesso vettore da parte del caricatore
che, dopo aver ricevuto la polizza di carico, non consegna merce. Discende, poi, la responsabilità solidale di vettore e
caricatore nei confronti del terzo portatore del titolo per i danni che questa ne siano derivati.

Valore di richiami al "charter-party"

Frequente è la previsione, all'interno della polizza di carico, di clausole di rinvio a pattuizioni contenute in un contratto di
charter-party. In genere si è ritenuto necessario che il polizza siano contenuti elementi che consentano l'identificazione
del contratto richiamato. In casa di contrasto tra il documento della polizza di carico e quello del charter-party richiamato,
le previsioni del charter-party debbono senz'altro ritenersi le uniche valide nei confronti del terzo portatore del titolo.

Le riserve

Allorché il vettore si trovi nell'impossibilità di verificare l'esattezza delle indicazioni fornite dal caricatore (natura, quantità

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e qualità delle merci consegnate, numero dei colli e marche di contrassegno) ovvero sospetti che dette indicazioni non
siano conformi, la Convenzione di Bruxelles gli consente di inserire nella polizza di carico le proprie riserve al riguardo. La
polizza di carico, di conseguenza, perde nei confronti del vettore la propria efficacia probatoria ai fini di individuare le
caratteristiche della merce trasportata e, in caso di contestazioni, il possessore della polizza di carico dovrà in altro modo
fornire la prova della difformità tra quanto consegnato al vettore al momento della caricazione e quanto da lui
riconsegnato a destino. Affinché le riserve possano ritenersi validamente inserite, il vettore e i suoi dipendenti e preposti
debbono essere nella ragionevole impossibilità di effettuare le necessarie verifiche dei carico (controversa è però
l'individuazione del soggetto su cui grava l'onere di provare la possibilità o l'impossibilità della verifica).

La lettera di garanzia

Le difficoltà che il caricatore incontra nel negoziare una polizza di carico, hanno determinato l’insorgere della prassi della
lettera di garanzia (letter of guarantee), una dichiarazione che il caricatore rilascia al vettore (sovente con la garanzia di
1/3) allorché si verifichino condizioni che potrebbero indurre quest'ultimo ad inserire proprie riserve nella polizza di carico.
Con tale dichiarazione il caricatore si impegna a tenere indenne il vettore dalle conseguenze patrimoniali che potrebbero
derivargli dall'eventuale difformità tra quanto indicato in polizza e lo stato e la quantità effettivi delle merci. La prevalente
dottrina ha sottolineato come per propria natura, possa esplicare propri effetti solo tra le parti, non incidendo quindi, il
titolo sulla posizione del terzo possessore di esso. La lettera di garanzia è stata per la prima volta oggetto di specifica
disciplina nella Convenzione di Amburgo del 1978 tendendo a penalizzare la posizione del vettore che abbia
fraudolentemente concordato l'emissione di una polizza netta col caricatore, facendosi poi da questi rilasciare una lettera
di garanzia. In tale ipotesi si prevede, l'impossibilità per il vettore di utilizzare la lettera di garanzia anche nei confronti
dello stesso caricatore e la non applicabilità del beneficio della limitazione di responsabilità con riferimento ai danni che
dal comportamento del vettore siano derivati al terzo avente diritto al carico.

Pluralità di originali della polizza di carico. Duplicati

Della polizza di carico, debbono essere emessi due originali, di cui una soltanto, quella consegnata al caricatore, è
negoziabile. Tuttavia, la necessità per il caricatore di negoziare la merce trasportata contemporaneamente su due piazze
ha reso frequente l'emissione di una pluralità di esemplari negoziabili numerati. In caso contrario il vettore risulta
obbligato verso ciascun portatore di un originale. L'indicazione della venuta emissione di una pluralità di originali è
sovente accompagnata dalla clausola the first being accomplished, others to stand void, in base alla quale il vettore si
libera consegnando la merce a soggetto che per primo si legittimi attraverso la presentazione di un originale della polizza
di carico. In mancanza di detta clausola, si è ritenuto che, quando più soggetti in possesso di un originale pretendono la
riconsegna, questa debba essere effettuata a colui che si legittima attraverso l'esibizione dell'originale che per primo è
stato girato dall'ultimo possessore dell'intera serie di documenti. Va tenuto distinto il caso di emissione di duplicati che
non sono trasferibili e non hanno natura dei titoli di credito.

Consegna a soggetto non legittimato. La "collateral security"

Non è infrequente che la merce giunga al porto di destinazione prima che il suo acquirente sia entrato in possesso della
relativa polizza di carico. Tale situazione induce sovente il vettore a cedere alle pressioni per una immediata riconsegna
all'avente diritto, richiedendosi tuttavia generalmente il rilascio di un impegno scritto di una pronta presentazione del
titolo non appena pervenuto, accompagnata da fideiussione bancaria o assicurativa che prende il nome di lettera di
garanzia o collateral security. Tale prassi è stata fortemente criticata da parte della dottrina che ritiene inapplicabile alla
pretesa risarcitoria avanzata nei confronti del vettore da colui che risulti effettivo legittimato alla riconsegna, il limite di
responsabilità previsto dalla normativa di trasporto marittimo.

Gli ordini di consegna

Per consentire al caricatore di negoziare separatamente distinte partite di merci coperte da un'unica polizza di carico, si è
sviluppata la prassi dell'emissione degli ordini di consegna (delivery orders). Gli ordini di consegna propri, possono essere
rilasciati dal vettore o dalla raccomandataria (i quali sono tenuti a farne menzione sull'originale trasferibile della polizza di
carico) ed ai quali è riconosciuta natura di titoli di credito rappresentativi di merci. Invece per gli ordini di consegna
impropri, in quanto sono rilasciati direttamente dal possessore della polizza di carico, la dottrina protende per la loro
qualificazione come semplici documenti di legittimazione.

La polizza di carico diretta

Allorché nel trasporto debbano intervenire più vettori, ciascuno dei quali assume l'esecuzione di una parte dell'intero
tragitto, il caricatore ha interesse ad ottenere il rilascio di un unico titolo rappresentativo delle merci.

I documenti del trasporto stradale

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Per il trasporto automobilistico, il duplicato della lettera di vettura la ricevuta di carico, debbono essere rilasciate dal
vettore su richiesta del mittente. Quando non siano ammessi con la clausola "all'ordine", a tali documenti è generalmente
di guida una semplice funzione probatoria; in particolare mentre la ricevuta del carico costituisce prova delle pattuizioni
percorse tra le parti e della venuta consegna delle merci, quest'ultima funzione non sembra essere propria del duplicato
della lettera di vettura. A duplicato della lettera di vettura e alla ricevuta del carico rilasciati con clausola "all'ordine",
invece, è riconosciuta natura di veri e propri titoli di credito rappresentativi di merci.

La lettera di trasporto aereo

La dottrina ha riconosciuto alla lettera di trasporto aereo la medesima natura dei titolo di credito rappresentativo di merci
propria del documento tipico del trasporto marittimo. Comunque nella pratica dei traffici aerei, nazionali e internazionali,
non si riscontra l'uso di una lettera di trasporto aereo negoziabile. La estrema celerità delle operazioni di trasferimento,
rende scarsamente sentita l'esistenza di negoziare la merce durante trasporto. Recentemente, alla lettera di trasporto
aereo negoziabile, si attribuisce natura di semplice documento probatorio.

Le nuove forme documentali

Va estendendosi la prassi di emettere un documento del trasporto contenente solo un ristretto numero di indicazioni
(short form bill of lading), facendosi rinvio alle ulteriori previsioni contenute nella forma "estesa" del titolo comunemente
utilizzato dal vettore (regular form bill of lading). In futuro, sembra possibile ipotizzare che al mittente (ed eventualmente
al destinatario) verranno forniti soltanto gli elementi necessari per accedere al complesso delle informazioni relative al
contratto di trasporto immagazzinate nell'elaboratore. Nel Protocollo di Montreal del 1975, si è prevista la possibilità di
una sostituzione della lettera di trasporto aereo con la registrazione elettronica dei dati relativi a contratto, accompagnata
dall'eventuale rilascio, a richiesta del mittente, di una ricevuta in cui siano contenuti i dati identificativi della spedizione e
che consenta l'accesso alle indicazioni memorizzate nell'elaboratore. Ammessa è poi la sottoscrizione elettronica dei titoli
del trasporto aereo.

Capitolo 5

Gli incoterms: le vendite marittime a condizioni FOB e CIF

L'evoluzione dei Trade terms nella prassi commerciale internazionale e nell'opera di codificazione della Camera di
Commercio Internazionale

Hanno assunto nel commercio internazionale crescente importanza e diffusione formule o sigle tipiche (cosiddette "di
consegna"). L'esigenza di pervenire ad una interpretazione uniforme a livello universale delle clausole più frequentemente
utilizzate nel commercio internazionale, ha indotto alcuni organismi internazionali, tra cui la Camera di Commercio
Internazionale, ad avviare iniziative di elaborazione e codificazione di quei termini commerciali maggiormente richiamati
nelle contrattazioni internazionali. La Camera di Commercio Internazionale, elaborò nel 1935 le prime "Regole
Internazionali per l'Interpretazione dei Termini Commerciali", note come Incoterms 1936. Dopo la fine della Seconda
Guerra Mondiale, la Camera di Commercio Internazionale procedette ad una revisione con la nuova edizione degli
Incoterms 1953. Modifiche ed integrazioni agli Incoterms vennero successivamente apportate nel 1967,1976,1980,1990
ed infine, nell'attuale versione degli Incoterms 2000. Gli Incoterms rappresentano formule contrattuali sintetiche
destinate a promuovere la uniformità nella negoziazione e nella interpretazione dei contratti di vendita. La normativa
degli Incoterms regola i rapporti intercorrenti tra le parti di un contratto di vendita, limitatamente alle modalità di
consegna dei beni, al regime di trasferimento delle spese e dei rischi di trasporto degli stessi, alla ripartizione delle spese
è degli oneri doganali di esportazione e importazione, all'eventuale obbligo del venditore di fornire una copertura
assicurativa della merce contro i rischi del trasporto. Agli Incoterms, tuttavia, non viene riconosciuta efficacia di fonti del
diritto. Essi devono configurarsi quali usi negoziali, cioè regole di una disciplina voluta dalle parti. I contraenti che
desiderassero avvalersi di tali regole dovranno, pertanto, farne esplicito richiamo al momento della redazione del
contratto, aggiungendo alla clausola prescelta l'edizione degli Incoterms a cui intendono fare riferimento, nonché le altre
indicazioni imposte per il termine richiamato (ad esempio, la clausola FOB, imponendo l'indicazione del porto di imbarco,
dovrà essere espressa in: "FOB Genova Incoterms 2000").

La struttura degli Incoterms e il contenuto dei singoli terms

La nuova edizione degli Incoterms 2000, conta 13 diversi termini commerciali, raggruppati in quattro categorie. Ogni
gruppo è identificata dalla lettera iniziale dei termini che lo compongono. Nel gruppo E il venditore deve mettere a
disposizione del compratore la merce presso i propri locali, mentre quest'ultimo deve provvedere a trasportarla, a proprio
rischio e spese, fino a destinazione. Nel gruppo F il venditore è obbligato a consegnare la merce al vettore nominato dal
compratore, mentre quest'ultimo stipula il contratto di trasporto, so portandole tutte le spese e i rischi relativi al

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trasferimento della merce fino al luogo di destinazione convenuto. Nel gruppo C il venditore deve stipulare il contratto di
trasporto e provvedere alla consegna della merce, ma non sopporta né le spese, né i rischi relativi al trasferimento della
merce fino al luogo di destinazione convenuto. Nel gruppo D il venditore deve stipulare il contratto di trasporto e
sopportare tutte le spese ed i rischi per il trasferimento della merce fino al luogo di destinazione convenuto per la
consegna della stessa al compratore. Ciò che risulta significativo, è l'individuazione del "point of delivery", cioè del
momento in cui si perfeziona l'adempimento dell'obbligazione di consegna dei beni, rilevante anche ai fini del
trasferimento delle spese e dei rischi del trasporto dal venditore al compratore. Ulteriori aspetti non espressamente
disciplinati dagli Incoterms riguardano le modalità di pagamento del prezzo, nonché i rapporti tra i contraenti e i soggetti
terzi che intervengono nell'esecuzione della compravendita o dei contratti o pattuizioni per servizi ad essa correlati (es.
spedizionieri, vettori, assicuratori, banche, ecc.). L'analisi dei tredici termini, si soffermerà sulle principali obbligazioni a
carico delle parti e sugli aspetti più significativi relativi all'individuazione del "point of delivery" nei singoli terms. Essi
risultano disposti in ordine di progressiva onerosità per il venditore, per cui nel primo termine (EXW) il livello di
obbligazioni a carico del venditore sarà minimo, mentre nell'ultimo (DDP) raggiungerà il livello massimo. EXW - ex
works..... named place (Franco fabbrica..... luogo convenuto). Il venditore avente la propria obbligazione di consegna,
mettendo la merce a disposizione del compratore nei propri locali o in altro luogo convenuto non sdoganata per
l'esportazione e non caricata sul mezzo di trasporto. Il luogo di consegna convenuto, assume pertanto, rilevanza ai fini
del trasferimento delle spese e dei rischi dal venditore al compratore (il termine può essere utilizzato per qualsiasi modo
di trasporto). FCA - free carrier..... named place (Franco vettore..... luogo convenuto). Il venditore rimette la merce,
sdoganata all'esportazione, al vettore designato dal compratore nel luogo convenuto. Il compratore, pertanto, dovrà
stipulare, a proprie spese, il contratto per il trasporto della merce a partire dal luogo convenuto. Il punto critico è dato
dalla consegna della merce al vettore. Dal momento della consegna della merce, le spese e i rischi del trasporto saranno
trasferiti dal venditore al compratore (il termine può essere utilizzato per qualsiasi modo di trasporto). FAS - free
alongside ship..... named port of shipment (Franco lungo bordo..... porto di imbarco). Il venditore consegna mettendo la
merce, sdoganata all'esportazione, sotto bordo della nave nel porto di imbarco convenuto. Il compratore dovrà stipulare,
a proprie spese, il contratto di trasporto per il trasferimento della merce a partire dal porto di imbarco convenuto. Dal
momento della consegna della merce sottobordo, il compratore deve sopportare tutte le spese ed i rischi di perdita o
danneggiamento della merce durante trasporto. Questo termine può essere utilizzato esclusivamente per i trasporto
marittimo o vie navigabili interne. FOB - free on board..... named port of shipment (Franco a bordo..... porto di imbarco
convenuto). Il venditore consegna nel momento in cui la merce, sdoganata all'esportazione, supera la murata della nave
designata dal compratore nel porto di imbarco convenuto. Il compratore dovrà stipulare, a proprie spese, il contratto per
il trasporto della merce a partire dal porto di imbarco convenuto. Dal passaggio della murata della nave (punto critico) il
compratore deve sopportare tutte le spese ed i rischi di perdita o danneggiamento della merce durante il trasporto.
Questo termine può essere utilizzato esclusivamente in caso di trasporto marittimo o per vie navigabili interne. CFR - cost
and freight..... named port of destination (Costo e nolo..... porto di destinazione convenuto). Il venditore consegna nel
momento in cui la merce, sdoganata all'esportazione, supera la murata della nave nel porto di imbarco. Il venditore deve
stipulare il contratto di trasporto e sopportare tutte le spese necessarie al trasferimento della merce fino al porto di
destinazione convenuto, ma dal momento del passaggio della murata (punto critico) i rischi di perdita o danneggiamento
della merce, come pure le spese addizionali dovute a fatti accaduti successivamente a questo momento, si trasferiscono
dal venditore al compratore. Questo termine può essere utilizzato esclusivamente in casa di trasporto marittimo o per vie
navigabili interne. CIF - cost, insurance and freight..... named port of shipment (Costo, assicurazione e nolo..... porto di
destinazione convenuto). Il venditore avente la propria obbligazione di consegna nel momento in cui la merce, sdoganata
all'esportazione, supera la murata della nave nel porto di imbarco. Il venditore deve stipulare il contratto di trasporto e
sopportare tutte le spese necessarie al trasferimento della merce fino al porto di destinazione convenuto e deve
concludere, a proprie spese, un contratto di assicurazione a favore del compratore per i rischi di perdita o
danneggiamento della merce durante il trasporto. Dal momento del passaggio della murata, i rischi di perdita o
danneggiamento della merce, come pure le spese addizionali, si trasferiscono dal venditore al compratore. Questo
termine può essere utilizzato esclusivamente in casa di trasporto marittimo o per vie navigabili interne. CPT - carriage
paid to..... named place of destination (Trasporto pagato fino a..... luogo di destinazione convenuto). Il venditore
consegna la merce, sdoganata all'esportazione, al vettore da lui stesso designato. Il venditore deve stipulare il contratto
di trasporto e sopportare tutte le spese necessarie al trasferimento della merce fino al luogo di destinazione convenuto.
Dal momento della consegna della merce al vettore (punto critico) i rischi di perdita o danneggiamento della merce, come
pure le spese di canali dovute a fatti accaduti successivamente a questo momento, si trasferiscono dal venditore al
compratore. Questo termine può essere utilizzato per tutti i modi di trasporto, compreso il trasporto multimodale. CIP -
carriage and insurance paid to..... named place of destination (Trasporto e assicurazione pagati fino a..... luogo di
destinazione convenuto). Il venditore consegna la merce, sdoganata all'esportazione, al vettore da lui stesso designato, il
venditore deve stipulare il contratto di trasporto e sopportare tutte le spese necessarie al trasferimento della merce fino
al luogo di destinazione convenuto e deve concludere, a proprie spese, un contratto di assicurazione sulla merce a favore
del compratore per perdita o danneggiamento della merce durante il trasporto. Dal momento della consegna della merce
al vettore, i rischi di perdita o danneggiamento, come pure le spese addizionali, si trasferiscono dal venditore al
compratore. Questo termine può essere utilizzato per tutti i modi di trasporto. DAF - delivered at frontier..... named place
(Reso frontiera..... luogo convenuto). Il venditore consegna la merce a disposizione del compratore, sdoganata
all'esportazione, ma non all' importazione e non caricata dal mezzo che ve l'ha trasportata nel luogo e nel punto

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convenuto alla frontiera, ma prima della frontiera doganale del paese confinante. Il venditore deve stipulare, a propri
spese, il contratto per il trasporto della merce al punto concordato nel luogo di consegna alla frontiera. Dal momento
della consegna alla frontiera (punto critico) i rischi di perdita o danneggiamento della merce durante il trasporto si
trasferiscono dal venditore al compratore. Questo termine può essere utilizzato per qualsiasi modo di trasporto quando la
merce deve essere consegnata ad una frontiera. DES - delivered ex ship..... named port of destination (Reso ex ship.....
porto di destinazione convenuto). Il venditore avente la propria obbligazione di consegna mettendo la merce, non
sdoganata all'importazione, a disposizione del compratore a bordo della nave nel porto di destinazione convenuto. Il
venditore deve stipulare, a propri spese, il contratto per il trasporto della merce fino al punto concordato nel porto di
destinazione convenuto e deve, altresì, sopportare tutte le spese ed i rischi relativi a trasporto della merce fino al porto di
destinazione convenuto (punto critico), prima dello scaricamento. Questo termine può essere utilizzato esclusivamente
quando la merce deve essere consegnata sulla nave nel porto di destinazione dopo un trasporto marittimo o per vie
navigabili interne o un trasporto multimodale. DEQ - delivered ex quay..... named port of destination (Reso banchina....
porto di destinazione convenuto). Il venditore avente la propria obbligazione di consegna mettendo la merce, non
sdoganata all'importazione, a disposizione del compratore sulla banchina del porto di destinazione convenuto. Il venditore
deve stipulare, a propri spese, il contratto per il trasporto della merce fino alla banchina concordata nel porto di
destinazione convenuto e deve, altresì, sopportare tutte le spese ed i rischi inerenti a trasporto della merce fino al porto
di destinazione è al relativo scaricamento sulla banchina (punto critico). Questo termine può essere utilizzato
esclusivamente quando la merce deve essere consegnata, scaricato dalla nave, sulla banchina nel porto di destinazione
dopo un trasporto marittimo o per vie navigabili interne o un trasporto multimodale. DDU - deliverede duty unpaid.....
named place of destination (Reso non sdoganata..... luogo di destinazione convenuto). Il venditore adempie la propria
obbligazione di consegna mettendo la merce a disposizione del compratore, non sdoganata all'importazione e non
scaricato dal mezzo, con cui vi è stata trasportata, nel luogo di destinazione convenuto. Il venditore deve stipulare, a
propri spese, il contratto per il trasporto della merce nel luogo di destinazione e deve, altresì, sopportare tutte le spese e i
rischi di perdita o danneggiamento della merce fino al momento della consegna della merce non caricata nel luogo di
destinazione convenuto. Questo termine può essere utilizzato per tutti i modi di trasporto. DDP - delivered duty paid.....
named place of destination (Reso sdoganato..... luogo di destinazione convenuto). Il venditore adempie la propria
obbligazione di consegna mettendo la merce a disposizione del compratore, sdoganata all'importazione e non scaricato
dal mezzo, con cui vi è stata trasportata, nel luogo di destinazione convenuto. Il venditore deve stipulare, a propri spese,
il contratto per il trasporto della merce nel luogo di destinazione e deve, altresì, sopportare tutte le spese ed i rischi di
perdita o danneggiamento della merce fino al momento della consegna della merce non scaricata nel luogo di
destinazione convenuto. Questo termine può essere utilizzato per tutti i modi di trasporto.

La distinzione fra vendite c.d. alla partenza (o all'imbarco) e vendite c.d. all'arrivo

Nelle vendite alla partenza (o all'imbarco), l'adempimento della obbligazione di consegna della merce si perfeziona nel
paese del venditore e quindi, spese e i rischi per il trasporto della merce fino al luogo di destinazione convenuto gravano
su compratore. Diversamente, nelle vendite all'arrivo, l'adempimento della obbligazione di consegna della merce si
perfeziona nel paese del compratore e di conseguenza, il venditore è tenuto a sopportare spese e rischi. I gruppi E, F, C,
comprendono vendite alla partenza o all'imbarco, mentre il gruppo D, presenta vendite all'arrivo.

Distinzione fra "maritime terms" e "general terms"

Un ulteriore distinzione è la adattabilità degli stessi termini a più modalità di trasporto. La distinzione fra "maritime terms"
(FAS, FOB, CFR, CIF, DES, DEQ) e "general terms" (FCA, CPT, CIP, DAF, DDU, DDP), si è imposta. Il crescente aumento
del traffico containerizzato ha evidenziato una scarsa adattabilità dei tradizionali "maritime terms" come FOB, CFR, CIF, in
quanto a ripartizione fra venditore e compratore delle spese e dei rischi, risulterebbe inappropriata nell'attuale panorama
economico. Ciò ha condotto alla creazione dei moderni "general terms" (FCA, CPT, CIP) al fine di rendere possibile la
adattabilità a qualsiasi tipo di trasporto. Gli Incoterms 2000, permettono di utilizzare "terms", come FCA, CPT, CIP,
prevedendo come "delivery point" la consegna dei beni al vettore e non il superamento della murata della nave. A parte
l'ampio ed inappropriato uso che gli operatori economici continuano a fare delle formule tradizionali, quali FOB, CFR, CIF,
anche nelle contrattazioni internazionali che non prevedono l'esecuzione di un trasporto marittimo, non può negarsi come
questi termini mantengano pur sempre intatta la loro attitudine a costituire adeguato strumento per le parti di contratti di
rendita che abbiano ad oggetto merci destinate ad essere trasportate senza l'ausilio di containers.

La vendita a condizione FOB

L’affermarsi nel commercio internazionale della vendita "Free on Board", conosciuta come FOB, risale al secolo scorso.
L'edizione degli Incoterms 2000, definisce la clausola FOB così: "Nel Franco a bordo il venditore effettua la consegna
quando la merce supera la murata della nave nel porto di imbarco convenuto. Il compratore deve conseguentemente
sopportare tutte le spese ed i rischi di perdita o di danni alla merce a partire da quel momento". La vendita a condizione
FOB presenta la struttura tipica di una vendita all'imbarco, inoltre deve sempre essere seguita dall'indicazione del porto di
imbarco.

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Tipologia del contratto di vendita FOB

Nella tradizione giurisprudenzale anglosassone si è pervenuti alla individuazione di differenti varianti dei contratti di
vendita FOB. Il primo ad individuare tre tipi di contratti FOB fu il giudice Devlin nel 1954. E gli indicò, quale modello
"classico", il contratto di vendita in cui grava su compratore l'obbligo di designare la nave, acquisendone la disponibilità,
mentre il venditore si impegna a caricare a bordo di questa la merce per conto del compratore, ottenendo dal vettore una
polizza di carico, normalmente emessa a proprio nome e assumendo la qualità di parte del contratto di trasporto. Una
variante, sia nell'ipotesi in cui il venditore, adempiendo al suo obbligo di caricare la merce a bordo della nave, riceva dal
vettore una "mate's receipt" in seguito consegnata compratore o ad un suo agente nel porto di caricazione, affinché
questi possa ottenere dal vettore l'emissione della polizza di carico proprio nome. In tal caso, il venditore non assume la
qualità di caricatore e non diverrà parte del contratto di trasporto. Un'altra diversa variante sia dell'ipotesi in cui il
venditore assuma l'ulteriore obbligo di procurare lo spazio bordo della nave e provvedere all'assicurazione della merce
contro i rischi del trasporto. In questo caso, la polizza di carico, emessa dal vettore al nome del venditore, potrà essere a
questi utilizzato per incassare presto sull'apertura di credito documentari. In presenza dell'ipotesi di tal genere, la
differenza tra un FOB ed un CFR o CIF, sta nel fatto che quando il venditore, in un contratto FOB, si impegna ad
adempiere l'obbligo di procurare lo spazio bordo della nave, oltre quello di assicurare la merce, lo fa per conto e a rischio
del compratore, in forza di un mandato, aggiuntivo contratto di vendita. Ne deriva che i costi per il trasporto e
l'assicurazione non verranno ricompresi all'interno del prezzo di vendita (come accade invece della vendita CIF). Il
compratore FOB dovrà pertanto, versare il venditore, oltre a prezzo della merce, due ulteriori e distinte somme, quali
rimborsi del nolo e del premio di assicurazione, anticipati dal venditore, in forza del mandato ricevuto.

Le obbligazioni del venditore nella vendita FOB

Nel adempimento dell'obbligo il venditore deve provvedere affinché i beni risultino adeguatamente imballati, caricati a
bordo con la dovuta cura, cautela e condizioni idonee ad affrontare il trasporto fino al luogo di destinazione convenuto. Il
venditore FOB non potrà essere ritenuto responsabile per mancato adempimento dell'obbligo di consegna della merce, se
compratore non abbia, a sua volta, provveduto ad effettuare una valida e tempestiva designazione della nave. Il
venditore deve fornire beni conformi, per quantità e qualità, alla descrizione contrattuale. Sul venditore grava, infine,
l'onere di provvedere, a proprie spese, al rilascio della licenza di esportazione, così come i diritti doganali di esportazione
e le altre imposte gravanti sulla merce fino al momento del loro imbarco.

Le obbligazioni del compratore nella vendita FOB

Il compratore deve provvedere, a proprie spese, alla stipulazione di un contratto di trasporto o di noleggio di una nave,
idonee a caricare la merce nel porto di imbarco convenuto, entro il periodo di tempo previsto per la caricazione. Tuttavia
l'obbligo di provvedere all'acquisizione della disponibilità della nave per il trasporto della merce può essere assunto anche
dal venditore o attraverso l'espressa clausola stipulata nel contratto di vendita. Una volta provveduto alla designazione
della nave, il compratore ha l'obbligo di informarne il venditore, comunicandogli le "shipping instructions", cioè le
indicazioni (come nome, caratteristica della nave, punto di caricamento e tempo in cui deve avvenire alla consegna)
necessarie. La designazione della nave e la tempestiva comunicazione al venditore costituiscono il presupposto per
l'adempimento dell'obbligo di consegna da parte del venditore. Pertanto, la mancata esecuzione dell'obbligo di
designazione della nave e il mancato o ritardato preavviso al venditore, entro un congruo periodo di tempo, costituiscono
ipotesi in adempimento contrattuale del compratore, tali da giustificare l'eventuale rifiuto del venditore di eseguire la
propria obbligazione di consegna. Dal momento che il compratore FOB è tenuto a sopportare i rischi di perdita o
danneggiamento dei beni durante il trasporto, sarà suo interesse provvedere alla copertura assicurativa. Nella pratica del
commercio internazionale è frequente l’ipotesi in cui si lo stesso contratto di vendita a prevedere il soggetto tenuto a
stipulare l'assicurazione della merce e anche il contenuto di tale obbligazione. Comunque il compratore non è obbligato a
sottoscrivere una polizza assicurativa contro i rischi del trasporto, anche se sarà suo interesse provvedervi. Il pagamento
del prezzo costituisce un ulteriore obbligo del compratore FOB. Di mancanza di diverso accordo tra le parti, si ritiene che
l'obbligo di pagamento del prezzo sorga in capo al compratore nel momento in cui la consegna della merce si sia
perfezionata.

La vendita a condizione CIF

La clausola CIF, costituisce oggi una delle pattuizioni più frequentemente utilizzate nelle contrattazioni internazionali. Il
contratto di vendita CIF (Cost, Insurance, Freight) è una particolare forma di vendite internazionale con trasporto
marittimo dei beni, in cui il prezzo pattuito dalle parti risulta costituita da una somma fissa comprendente, oltre al valore
della merce, i costi del trasporto e dell'assicurazione. Per gli Incoterms 2000, "il venditore effettua la consegna quando la
merce supera la murata della nave del porto di imbarco". Il venditore dovrà sopportare tutte le spese necessarie per il
trasporto della merce fino al porto di destinazione, ma oltre passata la murata della nave, i rischi di perdita o
danneggiamento della merce, come pure le spese addizionali, si trasferiscono dal venditore al compratore.

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La vendita CIF di merce viaggiante

La vendita a condizione CIF può concretamente configurarsi in due fattispecie: la prima integra una vendita dei beni
ancora da imbarcare, in cui la conclusione tra le parti del contratto di vendita precede le operazioni di caricazione della
merce a bordo della nave; la seconda integra una vendita dei beni già imbarcati o il viaggio, in cui la stipulazione del
contratto di vendita tra le parti interviene in un momento successivo all'avvenuta caricazione della merce a bordo della
nave.

Le obbligazioni del venditore nella vendita CIF

Nella vendita a condizione CIF, la posizione del venditore risulta più onerosa in quanto è obbligato non solo a caricare a
bordo della nave i beni, conformi in qualità e quantità, alla descrizione contrattuale, ottenendo dal vettore un documento
attestante la loro caricazione, ma a provvedere anche, a proprie spese e senza ritardo, al trasferimento al compratore del
documento di trasporto, oltre che della polizza di assicurazione. La vendita CIF è caratterizzata dunque, da una consegna
materiale nel momento in cui i beni sono caricati a bordo, e una consegna documentale nel momento in cui i documenti
relativi al trasporto vengono trasferiti a compratore. Il venditore non avrà alcun obbligo di garantire l'arrivo della merce a
destinazione, ma sarà soltanto tenuto a provvedere alla conclusione del contratto per il trasporto della stessa fino al porto
di destino. Il venditore dovrà curare, inoltre, che il trasporto dei beni avvenga su nave appartenente al tipo normalmente
adibito a merce dello stesso genere di quelle negoziate. Egli sarà, infine, tenuto a provvedere al trasporto della merce
secondo l'itinerario usuale. Il venditore è altresì obbligato a concludere, a proprie spese con una compagnia assicuratrice
affidabile, il contratto di assicurazione della merce contro i rischi del trasporto marittimo, ed a rimettere al compratore la
polizza di assicurazione (l'obbligo di fornire una copertura assicurativa minima sui rischi ordinari del trasporto). Sul
venditore grava, infine, l'onere di provvedere, a proprie spese, al rilascio della licenza di esportazione, così come i diritti
doganali di esportazione e le altre imposte gravanti sulle merci fino al momento del loro imbarco.

Le obbligazioni del compratore nella vendita CIF

Nella vendita CIF, il compratore è obbligato al pagamento del prezzo ed alla ricezione della merce nel porto di
destinazione convenuto. L'adempimento dell'obbligo di prendere in consegna la merce, deve essere preceduto dall’atto di
accettazione della merce stessa (dei documenti del trasporto e successivamente, della merce giunta a destinazione).
L'accettazione dei documenti, non andrà tuttavia a pregiudicare il diritto del compratore di rifiutare la merce, qualora
venissero riscontrati vizi della merce o difetti nel suo imballaggio, tali da configurare un inadempimento del venditore.

La configurabilità dei termini FOB e CIF come clausole di "consegna" o come clausole di "spesa"

L'inserimento delle clausole FOB e CIF in un contratto di compravendita ha l'effetto di incidere sulle modalità di
esecuzione dell'obbligazione di consegna, nonché sul trasferimento delle spese e dei rischi dal venditore al compratore.
Tuttavia nella giurisprudenza italiana, ci si limita a considerarle come cause di "spesa", suscettibili di incidere
esclusivamente sulla ripartizione tra le parti delle spese di trasporto. Ne consegue che l'orientamento della giurisprudenza
italiana ha l'effetto di determinare che, in presenza di un contratto di vendita FOB o CIF, l'obbligazione di consegna si
perfeziona con la rimessione della merce al vettore o allo spedizioniere, mentre i rischi di perdita o danneggiamento si
trasferiscono al compratore al momento del passaggio della proprietà. La giurisprudenza italiana ammette che, consegna,
passaggio della proprietà e trasferimento dei rischi, si perfezionino al momento dell'arrivo della merce a destinazione con
la conseguenza di trasformare una vendita all'imbarco, quale la FOB o la CIF, in vendita all'arrivo con rischi del trasporto
a carico del venditore.

Capitolo 6

La disciplina del soccorso in mare

La nozione di soccorso e lo stato di pericolo. La Convenzione di Londra del 1989

La rischiosità dell'attività marittima ed il contesto ambientale rendono frequente la prestazione di assistenza a favore di
navi (o persone) in situazione di pericolo. Si è, pertanto, dettata una specifica regolamentazione. La disciplina uniforme
attualmente in vigore è contenuta nella Convenzione di Londra del 1989, la quale ha sostituito la regolamentazione
contenuta nel codice della navigazione (quest'ultima trova applicazione solo con riferimento all'ipotesi di soccorso ad
aeromobili o persone a bordo degli stessi in situazione di pericolo). Con riferimento al grado di pericolosità della
situazione in cui la nave (o le persone) devono trovarsi, l'art.10 della Convenzione di Londra del 1989 indica nella
sussistenza di un "pericolo di perdersi" il presupposto perché sorga un obbligo di prestare soccorso in capo ai comandanti
delle navi in condizione di farlo. La natura e il livello del pericolo costituiscono una dei criteri per la determinazione del
compenso dovuto al soccorritore (la normativa sembra riferirsi anche all'ipotesi di recupero di relitti, ma non si applica ai

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beni di carattere archeologico o culturale situati sul fondo del mare).

Soccorso obbligatorio, soccorso contrattuale e soccorso spontaneo

La normativa vigente consente di enucleare tre diverse tipologie: a) Soccorso obbligatorio - in capo al comandante della
nave sorge l'obbligo di prestare soccorso allorché vi siano vite umane in pericolo di perdersi o sia stato emanato un
ordine dell'autorità amministrativa. L'omesso adempimento di detto obbligo è penalmente sanzionato, mentre i rapporti
patrimoniali tra i soggetti interessati sono disciplinati dalle norme della Convenzione di Londra del 1989; b) Soccorso
contrattuale - i proprietari delle navi interessate, o i rispettivi comandanti nella veste di loro rappresentanti, possono
concludere accordi al fine di addivenire alla prestazione di un'attività tesa a fare fronte ad una situazione ritenuta
pericolosa. In questo caso la disciplina contenuta nella normativa uniforme troverà applicazione soltanto con riferimento
agli aspetti non regolati negli accordi tra le parti. Il contratto può essere annullato o modificato quando: 1) il contratto è
stato concluso sotto influenza indebita o sotto l'influenza del pericolo e i suoi termini sono iniqui; 2) quando l'importo, il
cui pagamento è nello stesso prevista, risulta in maniera eccessiva troppo alto o troppo basso in relazione ai servizi e
effettivamente resi; c) Soccorso spontaneo - la prestazione di soccorso può essere spontaneamente prestata da parte di
chi sia in grado di provvedervi. Tale prestazione da luogo al sorgere dei diritti e degli obblighi normativamente previsti
anche dove sia stata rifiutata dal proprietario della nave o dei beni soccorsi o dal comandante della nave dove tale rifiuto
sia stato irragionevole.

I diritti e gli obblighi derivanti dal soccorso. Il compenso spettante al soccorritore

Al di là degli eventuali accordi contrattuali, l'avvio della prestazione di soccorso determina il sorgere in capo al
soccorritore, nei confronti del proprietario della nave e di quelli dei beni soccorsi, dei seguenti obblighi: a) porre in essere
le operazioni di soccorso con la dovuta diligenza; b) esercitare la dovuta diligenza per prevenire o minimizzare il danno
all'ambiente; c) ricercare l'assistenza di altri soccorritori; d) accettare l'intervento di altri soccorritori ove sia
ragionevolmente richiesto dal proprietario della nave o da quello dei beni soccorsi o dal comandante della nave.
Corrispondentemente, a carico del proprietario della nave e di quelli dei beni salvati, nonché dal comandante della nave,
sorgono i seguenti obblighi: a) cooperare pienamente con il soccorritore durante le operazioni di soccorso; b) esercitare
la dovuta diligenza per prevenire o minimizzare il danno all'ambiente; c) quando la nave o i beni sono stati condotti in
luogo sicuro, accettare la loro riconsegna dal soccorritore. In capo al soccorritore sorge il diritto alla corresponsione di un
compenso, a condizione che la prestazione di soccorso abbia conseguito un risultato utile (vi è infatti l'esclusione di
qualsiasi compenso nel caso di assenza di un risultato utile). L'ammontare del compenso, al cui pagamento devono
provvedere il proprietario della nave e quelli dei beni soccorsi in proporzione del rispettivo valore, viene determinato sulla
base di: a) valore della nave e degli altri beni salvati; b) abilità e sforzi dei soccorritori nel prevenire o minimizzare il
danno all'ambiente; c) la misura del successo ottenuto dal soccorritore; d) la natura e il grado del pericolo; e) la abilità e
gli sforzi del soccorritore nel soccorrere la nave, gli altri beni e le persone; f) il tempo occorso, nonché le spese sostenute
ed i danni subiti dal soccorritore; g) il rischio di responsabilità degli altri rischi corsi dal soccorritore o dai mezzi utilizzati
dallo stesso; h) la tempestività del servizio reso; i) la disponibilità e l'uso di navi o altri mezzi specificamente destinati ad
operazioni di soccorso; j) lo stato di prontezza e di efficienza dei mezzi del soccorritore ed il loro valore. Gli stessi criteri si
applicano anche al fine di ripartire il compenso dovuto tra più soccorritori. L'ammontare del compenso determinato sulla
base dei criteri indicati, non può in ogni caso superare il valore dei beni salvati. Tale principio subisce, un'eccezione con
riferimento al soccorso prestato alle navi che costituissero un pericolo per l'ambiente. In tal caso, ove non siano realizzati
i presupposti per il sorgere a suo favore del diritto ad un compenso almeno pari alle spese sostenute, avrà comunque
diritto a ricevere dal proprietario della nave una special compensation, corrispondente a tali spese e ad una equa somma
a fronte dei mezzi e del personale utilizzato. Tale importo potrà, poi, essere eventualmente aumentato fino al 30%
laddove il soccorritore abbia prevenuto o minimizzato il danno all'ambiente. Nessun compenso è dovuto dalle persone le
cui vite siano state salvate. In linea di principio, il compenso dovuto per il soccorso effettuato da navi non specificamente
armate per tale scopo, deve essere ripartita tra l'armatore (un terzo) e l'equipaggio (due terzi). Le parti possono
convenire che la parte spettante l'armatore sia incrementata, ma non oltre la metà del compenso dovuto.

Capitolo 7

La contribuzione alle avarie comuni

Finalità e fonti

La contribuzione alle avarie comuni, risale all'epoca pre-romana. Nella prassi del commercio internazionale La
regolamentazione della materia viene ricavata dalle Regole di York ed Anversa, elaborate dal Comité Maritime
International del 1877 e periodicamente aggiornate.

Caratteristiche dell'atto di avaria comune

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"Le spese e i danni direttamente prodotti dai provvedimenti ragionevolmente presi dal comandante o da altri in sua vece,
per la salvezza della spedizione, sono avarie comuni, e vengono ripartiti fra tutti gli interessati alla spedizione stessa,
sempre che il danno volontariamente prodotto non sia quello stesso che si sarebbe necessariamente verificato secondo il
corso naturale degli aventi". È necessario quindi che: a) riconducibilità al comandante. Occorre che il danno o la spesa
discendano da un atto del comandante (o da un soggetto diverso solo laddove quest'ultimo sia assente o impossibilitato
ad intervenire); b) intenzionalità. Un atto volontario nell'intento di perseguire un fine preciso; c) ragionevolezza.
Proporzionalità delle conseguenze rispetto al fine da perseguire. La valutazione deve essere compiuta ex ante, con
riferimento alla situazione in cui il comandante si trovava, senza che possono assumere rilievo e il successivo effettivo
evolversi degli accadimenti o circostanze in precedenza sconosciute; d) finalizzazione alla comune salvezza. Il
provvedimento del comandante deve essere finalizzato alla comune salvezza (per le Regole di York e Anversa, per
proteggere da un pericolo i beni impegnati nella spedizione marittima comune, mentre per il codice della navigazione
anche in situazione di pericolo di vite umane).

L'attuazione della contribuzione all'avaria comune

La contribuzione di tutti i partecipanti, si realizza mediante la costituzione di due masse: a) la massa creditoria, a cui
partecipano tutti i soggetti che abbiano sostenuto spese o subito danni conseguenza diretta dell'atto di avaria; b) la
massa debitoria, cui partecipano tutti i proprietari di beni coinvolti a vario titolo nella spedizione marittima con l'eccezione
dei corredi dell'equipaggio e dei bagagli non registrati. Ciascuno di tali soggetti è tenuto a contribuire alla soddisfazione
dei crediti costituenti la massa creditoria in proporzione al valore dei beni per lui in rischio. Si perviene così al
"regolamento contributivo" attuato mediante la procedura disciplinata degli artt. 610-619 del codice della navigazione.

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