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comuni - Riassunto
Istituzioni Di Diritto Privato
Università degli Studi di Roma La Sapienza
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Non vi è dubbio, secondo Di Porto, che il nucleo essenziale delle motivazioni del
suddetto blocco di sentenze è costituito dal dettato costituzionale.
La Corte fa tuttavia riferimento anche a norme di rango ordinario per evidenziare
il dato positivo, ormai diffuso, della scindibilità fra proprietà pubblica e privata
del bene e destinazione dello stesso ad usi e finalità della collettività.
La controversia nasce dalla deliberazione del principe Borghese, nel Maggio 1885,
di chiudere i cancelli, dopo che per oltre due secoli, per espressa volontà del
fondatore, il cardinale Scipione Borghese, la Villa era stata tenuta aperta in modo
che “potesse usufruirne il popolo di Roma”.
Il punto di arrivo – Tra il 1928 ed il 1931, come ricorda Di Porto, escono sette
sentenze che affrontano tutte il tema della legittimazione ad agire. In queste
decisioni si afferma, a chiusura di un contrasto nella giurisprudenza di merito, la
legittimazione ad agire del singolo titolare del diritto di uso pubblico.
Si afferma dunque la vera e propria legittimazione popolare, che si ricollega (con
le dovute differenze ricordate in precedenza) all’azione popolare del diritto
romano.
Il secondo periodo – L’entrata in vigore del codice civile del 1942 spezza,
secondo Di Porto, questo percorso: il nuovo codice adotta una classificazione dei
beni pubblici meramente formale basata sull’elemento soggettivo
dell’appartenenza.
In particolare , l’art.823 c.c. afferma che per i beni che fanno parte del demanio
pubblico la tutela spetta all’autorità amministrativa; l’art. 824 c.c. estende il
medesimo regime anche ai beni delle province e dei comuni; l’art. 825 c.c., pur
recependo i diritti (creati dalla giurisprudenza) di uso pubblico su beni privati, li
qualifica però come “diritti demaniali su beni altrui” sottomettendoli al regime del
demanio pubblico, affidandone dunque la tutela all’autorità amministrativa.
Nel saggio “Per la proprietà dello Stato sui beni demaniali d’uso pubblico”, Vittorio
Scialoja pone la questione di fondo se, alla luce della legislazione vigente, possa
ammettersi una vera e propria proprietà dello Stato sui beni del pubblico
demanio.
Scialoja, dopo aver dato conto delle diverse posizioni sulla questione posta, si
mostra favorevole alla tesi della proprietà.
Scialoja vede tuttavia gli ostacoli normativi di tale tesi, come ad esempio nella
formulazione dell’art.429 c.c. che afferma che “tutti i beni che cessino di essere
destinati all’uso pubblico, passando dal demanio pubblico al patrimonio dello
Stato”, potendo lasciar intendere (se strettamente interpretato) che prima della
cessazione dell’uso pubblico tali beni non appartenessero allo Stato.
Ma Scialoja ritiene gli argomenti, a favore della tesi della proprietà dello Stato,
che si possono ricavare dalla legge sulle opere pubbliche del 29 Marzo 1865 dove
l’art.22 dell’allegato F dispone che “”il suolo delle strade nazionali è proprietà dello
Stato, quello delle strade provinciali appartiene alle Province, ed è proprietà dei
comuni il suolo delle strade comunali”.
Nel saggio intitolato “Per l’azione popolare a tutela dei diritti pubblici diffusi”,
Vittorio Scialoja si mostra favorevole alla legittimazione popolare ad agire.
Scialoja concepisce la azioni popolari come strumento efficace per una
partecipazione, attiva, forte e responsabile del cittadino alla vita dello Stato; ma
anche strumento di controllo del potere della pubblica amministrazione, che nella
realtà non rappresenta gli interessi di tutta la collettività, ma esprime la volontà
della maggioranza di governo del momento; e pure rimedio per chiedere conto
della trasgressione o della in applicazione delle disposizioni legali e, per reagire,
all’inerzia o all’ingiustizia di un pubblico funzionario.
“Questo diritto è bensì pubblico, spetta all’individuo come membro del popolo: ma
tuttavia un diritto che spetta a lui, e non già al popolo come un ente diverso e
totalmente distinto da lui. Se mi fosse lecito parlare figuratamente direi che si tratta
qui non già di un diritto pubblico concentrato, ma di un diritto pubblico diffuso in
tutti i membri della comunità”. (V. Scialoja).