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progettazione delle ulteriori varianti, quale contenuta nei files sequestrati ai
progettisti incaricati dall'imputato, confermava la destinazione dei manufatti in
costruzione a struttura turistico-alberghiera; esisteva un evidente collegamento
dei tre distinti progetti, finalizzato a una destinazione comune, dolosamente celato
dall'imputato alle amministrazioni preposte al rilascio dei permessi.
CONSIDERATO IN DIRITTO
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2.2.) con cui si è lamentata l'omessa motivazione su elementi dal ricorrente
ritenuti decisivi ed il travisamento, per omissione, di prove acquisite, ciò che
integra gli estremi dell'illogicità motivazionale (Sez. 6, n. 8610 del 05/02/2020,
P., Rv. 278457), nella specie sicuramente deducibile, avendo il ricorrente
evidenziato la diversa valutazione - ritenuta ben più convincente - datane dal
primo giudice, sì che non opera la preclusione della proponibilità del vizio in
cassazione connessa alla "doppia conformità" delle sentenze di merito (cfr., ex
multis, Sez. 6, n. 21015 del 17/05/2021, Africano, Rv. 281665).
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principio giusta il quale, in caso di declaratoria, all'esito del giudizio di
impugnazione, di estinzione del reato di lottizzazione abusiva per intervenuta
prescrizione, il giudice d'appello (come la Corte di cassazione) è tenuto, in forza
dell'art. 578-bis cod. proc. pen., a decidere sull'impugnazione agli effetti della
confisca di cui all'art. 44, comma 2, del d.P.R. n. 380 del 2001 (Sez. U, n. 13539
del 30/01/2020, Perroni, Rv. 278870-02). La richiamata disposizione era
certamente applicabile perché la sentenza di condanna emessa in primo grado
aveva disposto la confisca e il reato si era successivamente prescritto prima del
giudizio di appello. Pur dando atto di ciò, la sentenza impugnata ha esaminato
l'impugnazione anche con riguardo al reato di lottizzazione abusiva, ai sensi
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presupposto previo accertamento della responsabilità dell'imputato e il fatto sia
anteriore alla entrata in vigore dell'art. 1, comma 4, lett. f), legge 9 gennaio 2019,
n. 3, che ha inserito nell'art. 578-bis cod. proc. pen. le parole «o la confisca
prevista dall'art. 322-ter cod . pen.»".
Benché il reato qui in esame sia stato commesso prima di quella data, e prima
ancora della stessa introduzione della citata disposizione nel codice di rito, la
questione - evidentemente connessa al rispetto del principio di irretroattività della
legge penale con riguardo ad una previsione suscettibile d'integrare gli estremi
sostanziali di una "sanzione penale", anche alla luce dei principi affermati dalla
CEDU - riguarda, infatti, la confisca per equivalente e non rileva per quella in
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Com'è noto, quest'orientamento è stato bensì posto in crisi dalla sent. Corte
EDU 29 ottobre 2013 in causa Varvara c. Italia - che, in un caso in cui era stata
applicata la confisca di cui all'art. 44, comma 2, t.u.e. nonostante l'intervenuta
prescrizione del reato, aveva affermato l'incompatibilità con le garanzie previste
dalla convenzione di un sistema in cui sia possibile applicare una pena ad una
persona la cui responsabilità penale non sia constatata in una sentenza di
colpevolezza -, ma è stato anche successivamente confermato dopo che la Corte
costituzionale ha autorevolmente disatteso le conclusioni di quella pronuncia.
Chiamata a pronunciarsi sulla legittimità costituzionale dell'art. 44, comma 2,
t.u.e. in riferimento agli artt. 2, 9, 32, 41, 42 e 117, primo comma, della
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esiga, «per punire, una dichiarazione di responsabilità da parte dei giudici
nazionali, che possa permettere di addebitare il reato e di comminare la pena al
suo autore» (§. 250) e sebbene «la dichiarazione di responsabilità penale richiesta
è spesso contenuta in una sentenza penale che condanna formalmente l'imputato,
in ogni caso ciò non costituisce una norma imperativa. In effetti la sentenza
Varvara non permette di concludere che le confische per lottizzazione abusiva
devono necessariamente essere accompagnate da condanne penali ai sensi del
diritto nazionale» (§. 252). La Corte di Strasburgo ha pertanto concluso che
«qualora i tribunali investiti constatino che sussistono tutti gli elementi del reato
di lottizzazione abusiva pur pervenendo a un non luogo a procedere, soltanto a
3. Venendo al merito del ricorso, reputa il Collegio che lo stesso sia fondato,
sussistendo i denunciati vizi di violazione della legge penale e difetto di
motivazione, anche in relazione alla più persuasiva sentenza di primo grado,
rispetto alla quale il ricorrente ha sollecitato il confronto di questa Corte a sostegno
dei vizi specificamente dedotti.
A quest'ultimo proposito, osserva il Collegio che quando il giudice d'appello
riformi in senso assolutorio la sentenza di condanna di primo grado, al di là della
rinnovazione istruttoria - il cui obbligo non viene neppure astrattamente in rilievo
nella fattispecie qui in esame - deve offrire una motivazione puntuale e adeguata,
che fornisca una razionale giustificazione della difforme conclusione adottata (Sez.
U, n. 14800 del 21/12/2017, dep. 2018, Troise, Rv. 272430). La maggioritaria
giurisprudenza di legittimità evoca spesso, al proposito, il concetto di "motivazione
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rafforzata", affermando che la riforma in senso assolutorio della sentenza di
condanna di primo grado, sulla base di una diversa valutazione del medesimo
compendio probatorio, impone al giudice di appello di dare puntuale ragione delle
difformi conclusioni assunte (Sez. 4, n. 24439 del 16/06/2021, Frigerio, Rv.
281404; Sez. 3, n. 29253 del 05/05/2017, C., Rv. 270149; Sez. 4, n. 4222 del
20/12/2016, dep. 2017, Mangano e aa., Rv. 268948). Pur trattandosi di paradigma
non sempre condiviso quando si tratti di révirement in melius (v. ad es., Sez. 5,
n. 29261 del 24/02/2017, S., Rv. 270868; Sez. 3, n. 46455 del 17/02/2017, Rv.
271110), e che la stessa sentenza Troise delle Sezioni unite ha preferito al
proposito non richiamare, puntualizzando come non sia «possibile far confluire
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4. Ciò premesso, sul piano del diritto sostanziale deve osservarsi che la
lottizzazione abusiva, configurabile con riferimento a zone di nuova espansione o
scarsamente urbanizzate relativamente alle quali sussiste un'esigenza di raccordo
con il preesistente aggregato abitativo e di potenziamento delle opere di
urbanizzazione (Sez. 3, n. 6629 del 07/01/2014, Giannattasio e aa., Rv. 258932),
è contravvenzione a consumazione anticipata. In particolare, il reato è integrato
non solo dalla trasformazione effettiva del territorio, ma da qualsiasi attività che
oggettivamente comporti anche solo il pericolo di una urbanizzazione non prevista
o diversa da quella programmata (Sez. 2, n. 22961 del 29/03/2017, De Vigili e a.,
Rv. 270177, relativa ad ipotesi di lottizzazione negoziale; Sez. 3, n. 37383 del
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P
all'identico titolo all'epoca denominato concessione edilizia; più di recente, Sez. 3,
n. 36397 del 17/04/2019, Taranto, Rv. 277169- 01).
4.1. Com'è noto, il reato di lottizzazione abusiva - già previsto dall'art. 42,
lett. a), I. 1150 del 1942, senza che, tuttavia, ne fosse stata particolarmente
tipizzata la condotta - è stato per la prima volta compiutamente definito dalla I.
n. 47 del 1985, le cui disposizioni sono state al proposito letteralmente trasfuse
nel testo unico approvato con d.P.R. 380 del 2001. La tipizzazione dell'illecito fatta
dal legislatore del 1985 ha peraltro codificato gli orientamenti interpretativi che la
giurisprudenza - penale ed amministrativa - aveva nel tempo elaborato e
consolidato, come riconosciuto da questa Corte immediatamente dopo
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della disposizione, a "predisporre una trasformazione urbanistica o edilizia dei
terreni" - e lo ha fatto menzionando quelli che l'esperienza aveva mostrato essere
i principali strumenti utilizzati: il frazionamento di più ampi terreni in lotti
edificabili; la vendita degli stessi. Non volendo, tuttavia, precludere la possibilità
di sanzionare condotte analoghe, parimenti idonee a conseguire lo stesso scopo,
la legge ha ampliato la fattispecie delineata come tipica con l'aggiunta di una
formula residuale - quella degli atti equivalenti - che chiaramente rivela la portata
non tassativa della precedente indicazione, la quale, come questa Corte ha
appunto più volte riconosciuto, si presta pertanto a letture estensive (cfr. Sez. 3,n.
36397 del 17/04/2019, Taranto, Rv. 277169-02; Sez. 3, n. 6180 del 04/11/2014,
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estremi della lottizzazione abusiva c.d. materiale le condotte di inizio
dell'esecuzione di opere idonee a determinare una trasformazione urbanistica od
edilizia del territorio in violazione di previsioni di piano o normative, ovvero in
assenza di autorizzazione, anche se detta trasformazione non si sia ancora
consumata.
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- si ritiene "plausibile" (pagg. 18 e 19) che l'imputato «avesse originariamente
intenzione di procedere alla trasformazione del territorio, mediante la realizzazione
di un complesso che prevedesse (da) una struttura ricettiva, collegata ad un
campo da gol,e ad uno stabilimento balneare», salvo poi valorizzare, in senso
contrario, l'intervenuto «l'abbandono della costruzione del campo da golf»,
dandosi, tuttavia, illogicamente atto che ciò era avvenuto non già in base ad una
volontaria decisione che varrebbe a segnare una sorta di desistenza, certamente
apprezzabile nei reati a consumazione anticipata in forza del principio generale
codificato dall'art. 56, terzo comma, cod. pen., ma a causa, e a seguito, della
sospensione del procedimento disposta con provvedimento comunale di richiesta
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sottotetto aveva altezza di mt. 2,37), senza valutare che quel progetto - secondo
la conforme ricostruzione dei due giudici di merito, approvato dal comune con
permesso di costruire del 19 aprile 2012 e rilasciato "sulla base del parere
favorevole dell'A.R.T.A." (pag. 4 sentenza impugnata) - era invece radicalmente
difforme da quello che neppure un mese prima (il 22 marzo) era stata presentato
proprio all'A.R.T.A. (Assessorato Regionale Territorio e Ambiente) per la
valutazione d'impatto ambientale, il quale prevedeva che la parte più bassa del
piano sottotetto avesse altezza, incompatibile con la destinazione abitativa, di mt.
1,70;
- parimenti illogico - in una sentenza che riconosce la sussistenza del reato
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t/
considerato, possa in una visione unitaria risolversi, consentendo di attribuire il
reato all'imputato al di là di ogni ragionevole dubbio e, cioè, con un alto grado di
credibilità razionale, sussistente anche qualora le ipotesi alternative, pur
astrattamente formulabili, siano prive di qualsiasi concreto riscontro nelle
risultanze processuali ed estranee all'ordine naturale delle cose e della normale
razionalità umana (Sez. 1, n. 8863 del 18/11/2020, dep. 2021, S., Rv. 280605;
Sez. 1, n. 20461 del 12/04/2016, Graziadei, Rv. 266941; Sez. 2, n. 42482 del
19/09/2013, Kuzmanovic, Rv. 256967).
P.Q.M.