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EMANUELE CONTE
Ordinario di Storia del Diritto Medievale e Moderno
Universit di Roma Tre


Parere pro veritate circa la natura giuridica dei cc.dd.
beni estimati, vale a dire le cave degli agri marmiferi
di Carrara che alla data del 1 febbraio 1751 erano
iscritte negli Estimi dei particolari da oltre venti anni
(reso alla Regione Toscana, in relazione alle esigenze di adeguamento
della L.R.T. 78/1998)




SOMMARIO: 1. I termini della questione. 2. LEditto teresiano del
1751 e i beni estimati: due distinte posizioni in dottrina. 3. LEditto del
1751, le Vicinanze di Carrara e gli agri marmiferi. 4. Limmemorabile e la
centenaria. 5. Conclusione. 6. Bibliografia 7. Fonti.


1. I termini della questione. La Regione Toscana-Giunta
regionale chiede un parere pro veritate circa la natura giuridica
dei cc.dd. beni estimati. Con il sintagma beni estimati si
identificano le cave intestate a soggetti privati che insistono negli
agri marmiferi del Comune di Carrara, quelle in particolare che il
1 febbraio 1751 erano iscritte da oltre ventanni negli Estimi dei
particolari. In questa data Maria Teresa Cybo Malaspina,
duchessa di Massa e principessa di Carrara, eman un Editto per
disciplinare il regime giuridico delle concessioni degli agri
marmiferi posti nei beni delle Vicinanze carraresi, accordando
speciale tutela ai soggetti privati possessori ultraventennali
delle cave vicinali (delle Vicinanze).
A partire da questo Editto teresiano del 1751, i sovrani del
principato di Carrara (in sguito passato per unione personale
sotto il dominio degli Este) dettarono con successivi
provvedimenti una normativa sullescavazione negli agri
marmiferi, limitata dapprima ai soli agri vicinali, poi estesa a tutto
il territorio statale. Lart. 64 ult. comma del r.d. n. 1443 del 1927
la legge di unificazione mineraria mantenne in vigore per i
comuni di Massa e di Carrara il c.d. regime minerario estense,

2


riconoscendone in via transitoria la specialit. La legge rinvi
allemanazione di un apposito regolamento comunale da
adottare entro un anno la definitiva disciplina delle concessioni
dei rispettivi agri marmiferi.
A distanza di molti anni, nel 1994, il Comune di Carrara
investito dal ricordato art. 64 di poteri regolamentari autonomi
ha adottato un regolamento (delibera Cons. com. n. 88, del 29
dicembre 1994), approvato lanno successivo dalla Regione
Toscana (L.R. n. 104 del 28 febbraio 1995, recante Disciplina
degli agri marmiferi di propriet dei Comuni di Massa e Carrara).
Il regolamento comunale ha abrogato la disciplina estense (bench
sussistano in dottrina isolate voce dissenzienti) e ha improntato a
profili pubblicistici il regime minerario degli agri marmiferi
comunali, terreni che il testo identifica con tutte le zone montane
del Comune di Carrara intestate a questultimo come piena
propriet, o come dominio diretto, nel Catasto Estense approvato
con editto sovrano del 27 novembre 1824 (art. 1 del reg. com.le,
modificato nel 1999, riaffermato con delibera Cons. com. n. 61
del 21 luglio 2005). Gli agri comunali, come identificati, sono
classificati come beni del patrimonio indisponibile del Comune
(art. 2).
Questo regolamento, superato il vaglio del giudizio di
legittimit della Corte Costituzionale (sentenza n. 488 del 1995),
ha lasciato tuttavia insoluto il problema della natura giuridica dei
beni estimati, ossia come sopra riferito di quelle cave aperte
sui terreni appartenenti alle antiche Vicinanze che alla data del 1
febbraio 1751 erano allibrate (iscritte agli estimi, appunto) da pi
di venti anni
1
. Dette cave, infatti, sono intestate al catasto in piena
propriet di soggetti privati, e appaiono quindi estranee stricto
sensu agli agri marmiferi comunali ai quali la legge mineraria del
1927 limita la riserva di regolamento in favore del Comune di
Carrara. E pertanto allo stato non soggiacciono al regime
concessorio pubblicistico, che prevede lacquisto a titolo oneroso
del diritto di escavazione.
La quaestio iuris da sciogliere riguarda appunto il
significato da attribuire allEditto teresiano del 1751, l ove

1
Come ricorda il Piccioli, nel corso del tempo hanno assunto denominazione di
beni estimati altri fondi della zona marmifera non appartenenti agli agri
comunali (PICCIOLI 1956, 98).

3


dispone che per le cave aperte negli agri vicinali da almeno venti
anni niun diritto pretender mai pi possa sopra di esse, o sopra i
loro possessori, la Vicinanza ne di cui agri sono situate, non
altrimenti che se a favore dei possessori medesimi militasse
l'immemorabile, o la centenaria, o concorresse a pro loro un
titolo il pi legittimo che immaginare si possa.
Inoltre, per una corretta intellezione dellEditto, la Regione
Toscana-Giunta regionale chiede di chiarire nel parere, attraverso
unindagine sul diritto vigente al tempo delleditto in questione, la
natura e il limite dei poteri regalistici in capo alla Sovrana quando
emanava il provvedimento, in ragione della peculiare tipologia dei
beni interessati dallatto.

2. LEditto teresiano del 1751 e i beni estimati: due distinte
posizioni in dottrina. Secondo una prima tesi avanzata da parte
della dottrina e confermata da taluna giurisprudenza, lEditto
teresiano del 1751, escludendo perennemente le Vicinanze da ogni
diritto sulle cave allibrate da pi di un ventennio, avrebbe
riconosciuto in favore dei soggetti possessori un pieno dominio,
che li escludeva dalla normativa di ius proprium della Sovrana,
normativa che disciplinava le forme di utilizzazione e godimento
degli agri marmiferi delle Vicinanze.
La tesi del riconoscimento di un vero e proprio diritto di
propriet, attraverso lemanazione di una norma eccezionale, fu
avanzata nel 1954 da una Commissione composta da illustri
giuristi, chiamati dallamministrazione carrarese a un ampio
esame della condizione giuridica degli agri marmiferi comunali,
esame peraltro finalizzato essenzialmente allelaborazione
dellatteso regolamento comunale (RELAZIONE COMMISSIONE
PIGA, 1954, cap. 1.2).
2
Questa impostazione accolta anche da
una parte della pi recente dottrina: ad esempio, nellampio
paragrafo dedicato al regime delle cave di marmo di Massa e
Carrara contenuto nel volume di Maria Vaccarella La disciplina
delle attivit estrattive, lAutrice distingue tra beni estimati in
privata propriet e fondi degli agri marmiferi appartenenti alla
propriet vicinale (VACCARELLA, 2010, 192-193). Secondo il
Musetti, autore di un ampio esame storico del commercio

2
La Commissione era composta dal presidente Emanuele Piga, dai professori
Filippo Vassalli e Massimo Severo Giannini.

4


settecentesco dei marmi, lEditto del 1751 riconoscerebbe ai
privati che, nel lungo periodo, avevano usurpato agri [il]
diritto di propriet sulle cave (MUSETTI, 2007, 188). Sulla stessa
linea, sebbene pi sfumata, la posizione espressa dal Landi
nellaccurato saggio storico-giuridico sul diritto minerario negli
Stati di Massa e Carrara: lAutore constata come dal 1751 per le
cave poste in fondi privati si parli comunemente di beni
stimati che rimangono nella libera disponibilit del proprietario
del suolo (LANDI, 2007, 48).
Un secondo orientamento ritiene viceversa che il
provvedimento teresiano del 1751 non abbia trasferito nei soggetti
privati un pieno dominio degli agri vicinali, n tantomeno che
liscrizione agli estimi delle Vicinanze costituisca una prova di
piena propriet del bene immobile, giacch questa iscrizione dei
particolari aveva valore esclusivamente ai fini della imposizione
prediale.
Secondo il Piccioli, operatore del diritto e studioso che si a
lungo interessato alla materia, la formula dellEditto della Sovrana
alquanto dubbia e i beni estimati del 1751 potrebbero
configurarsi, lato sensu, come concessioni irrevocabili. Inoltre,
il richiamo della Sovrana allimmemorabile e alla prescrizione
centenaria, prosegue il Piccioli stato erroneamente
interpretato come una prova della usucapibilit degli agri,
mentre al contrario fu necessario un atto sovrano di carattere
eccezionale per disporre di parte degli agri vicinali, soggetti ad
inalienabilit e imprescrittibilit (PICCIOLI, 1956, 97-98). Pi di
recente lo stesso Autore, richiesto dal Comune di Carrara di uno
specifico parere sulla natura giuridica dei beni estimati di cui
allEditto del 1751, ha considerato la disposizione teresiana alla
stregua di una sanatoria con cui la Duchessa tacitava le
potenti famiglie che si erano accaparrate le migliori cave. Il
regime introdotto dalla Sovrana per questi fondi rientrerebbe nello
schema della concessione di escavazione, che non incide sulla
propriet del fondo; mentre la legittimazione dei beni estimati
troverebbe fondamento sul diritto di regalia sovrana, per il
quale il sottosuolo minerario degli agri vicinali come dei fondi
non vicinali apparterrebbe al principe. N peraltro la Sovrana,
osserva il Piccioli, avrebbe potuto spogliare la Vicinanza
(Comunit riconosciuta dallo Ius Commune) di beni di sua

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propriet. Da questa interpretazione lo studioso traeva la
necessaria conseguenza che per i beni estimati del 1751 non
fosse possibile applicare lart. 45 della legge mineraria del 1927
(articolo in forza del quale le cave e le torbiere aperte in terreni
privati dovevano essere lasciate nella disponibilit del proprietario
del suolo), ma questi rientrassero a pieno titolo negli agri
marmiferi comunali per i quali il regolamento comunale ha
competenza a disporre (ai sensi del citato art. 64, stessa legge)
(Parere PICCIOLI, 1999, 4-5).
Aderisce a questo secondo orientamento anche il parere reso
al Comune di Carrara il 9 aprile 1999 dal prof. Paolo Barile, il
quale ritiene che Maria Teresa si necessariamente limitata a
concedere ai possessori di beni estimati da oltre un ventennio il
diritto di sfruttare il sottosuolo minerario, unattribuzione che
trova fondamento nel diritto di regalia sovrana e rientra
tipicamente nelle c.d. investiture minerarie attuate negli stati
aventi il sistema minerario di tipo regalistico. Il diritto del
titolare del bene estimato ha dunque la stessa natura del diritto
che apparteneva al sovrano, e che era limitato allo sfruttamento
del sottosuolo dellagro vicinale. Il Barile fa discendere
dallappartenenza dei beni estimati agli agri marmiferi delle
Vicinanze, e poi al Comune, la loro piena assoggettabilit al
nuovo regolamento comunale [scil. del 1995] (PARERE BARILE,
1999, 4-5)
3
.
Nel 2002 anche il Batistoni Ferrara, richiesto di un parere
dal Comune di Carrara circa la modifica del regolamento
comunale sulla disciplina concessoria, dichiara di condividere
senza riserve i pareri espressi dal Piccioli e dal Barile in ordine
allimpossibilit di riconoscere nei beni estimati beni in propriet
privata, ritenendo insuperabile largomento che la Sovrana non
avrebbe potuto disporre della propriet dei fondi che
apparteneva agli enti territoriali autonomi destinati ad essere
soppressi, nel 1812, con conseguente devoluzione di tale

3
Il Barile ribad questa sua posizione nel parere, di poco successivo, richiestogli
sempre dal Comune di Carrara, in ordine alla possibilit di applicare in via
retroattiva (ossia dalla sua entrata in vigore) la disciplina regolamentare per la
concessione degli agri marmiferi alle investiture perpetue a sanatoria dei cos detti
beni stimati, PARERE BARILE, 2000, 1.

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propriet al Comune di Carrara (PARERE BATISTONI FERRARA,
2002, 1).

3. LEditto del 1751, le Vicinanze di Carrara e gli agri marmiferi.
Per interpretare correttamente il passo dellEditto opportuno
calarsi nel contesto storico del tardo diritto comune, nei
fondamenti costituzionali e nel sistema di regole e princpi
generali che presiedevano, con mentalit assai diversa dallattuale,
alla vita degli ordinamenti. Erano regole e princpi ai quali si
conformavano come ovvio anche i detentori della sovranit o
dellarbitrium (se si utilizza il termine tecnico che designa la
giurisdizione superiore che le comunit riconoscevano al signore,
in cambio della tutela dei diritti e dei privilegi di cui esse
godevano), a maggior ragione quando questi si riproponevano di
derogarvi.
Al centro del nostro interesse in particolare lordinamento
delle Vicinanze, quelle peculiari organizzazioni comunitative
entro i cui confini insisteva la maggior parte degli agri marmiferi
della montagna carrarese e dunque anche i beni estimati di cui
tratta lEditto teresiano del 1751.
Le 14 Vicinanze della valle del fiume Carrione sono
attestate fin dallet medievale
4
, quando le condizioni economiche
e sociali indussero alla creazione di comunit dotate di una
propria organizzazione, sorte in primo luogo per regolare lo
sfruttamento di beni goduti collettivamente. Con il rinascere della
cultura giuridica e lacquisto di una nuova consapevolezza
istituzionale, queste comunit si diedero strutture rappresentative
atte ad esprimerne la volont normativa e dispositiva, senza per
questo che i beni goduti in comune perdessero il loro carattere di
propriet collettiva. Sicch, al proprio interno, ogni Vicinanza era
dotata di organi di autogoverno, deputati dai comunisti a gestire il
patrimonio collettivo degli agri. In et comunale, le vicinanze
della valle si riunirono per formare la pi ampia comunit che

4
Dai pochi documenti medievali sulle origini di Carrara, trasmessi dal Codice
Pelavicino del vescovo di Luni, si pu ragionevolmente ritenere che la francatio
rusticorum, ossia l'emancipazione delle comunit e la loro autonomia istituzionale,
risalga alla prima met del XIII secolo. Si veda KLAPISCH-ZUBER, 1973, 71-85. Pi
specifica la ricerca PICCIOLI, 1967. Sul fenomeno delle comunit vicinali medievali,
in generale, si pu rinviare a SANTINI, 1960.

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comprendeva anche il centro cittadino di Carrara, dove si riuniva
il Consiglio, lorgano rappresentativo di tutte le comunit vicinali.
I membri del Consiglio erano eletti autonomamente dalle distinte
unit organizzative in cui si suddivideva il territorio, che si
trovavano tutte in posizione paritaria. In atti pubblici del XVI
secolo il Comune di Carrara ancra designato come Universitas
et Communitas totius vallis Carrariae (PICCIOLI, 1967, 166).
Non questa la sede per stabilire se, proprio a partire dal
XVI secolo, entrasse in crisi la forma comunitaria delle
Vicinanze, sotto la spinta di ceti imprenditoriali che ne facevano
lo strumento di controllo della coltivazione del marmo (il dibattito
storiografico sintetizzato in LANDI, 2007, 52-54). Rileva qui
constatare che gli statuti di Carrara (in specie quelli signorili del
1574) riconoscevano lordinamento interno e la competenza
esclusiva delle Vicinanze a gestire i loro beni, comprese la
concessione delle terre per lescavazione del marmo.
Non vi sono dubbi, dunque, che la propriet degli agri
marmiferi fosse attribuita alla Vicinanze nel Medio Evo e nellEt
Moderna, come dimostra il fatto che gli statuti del Comune di
Carrara presentano solo rari riferimenti alla coltivazione del
marmo, perch le modalit di concessione degli agri sia ai
membri della vicinia sia eventualmente a soggetti ad essa esterni
erano lasciate alla consuetudine di ciascuna Vicinanza. A lungo si
sono ricercate, senza successo, norme scritte in materia.
Gli statuti comunali duecenteschi e i Capitula viscontei della
fine del Trecento, non presentano disposizioni relative
allescavazione dei marmi. Le aggiunte cinquecentesche, ossia i
Capitula nova approvati nel 1519 dalla signora di Carrara
Ricciarda Malaspina e dal consorte, si limitano ad assicurare ai
carraresi una riserva di scavo e di lavorazione, salvo la facolt
conservata dai Domini di concedere una speciale autorizzazione a
soggetti stranieri
5
.
Si coglie bene, in questi atti normativi, la mutata situazione
politica dellet moderna, quando lantica autonomia statutaria
riconosciuta agli enti corporativi medievali (Comuni,
corporazioni, comunit di villaggio, universit, eccetera) viene

5
STATUTI DI CARRARA, CAPITULA NOVA, 1519, cap. 38: Et quod nemo
forensis possit fodere nec laborare marmora in dicto territorio Carrarie, nisi
habita speciali licentia ab ipsis Dominis, 114.

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accolta dai nuovi poteri statuali, che intervengono per
proteggere le autonomie a affermano nello stesso tempo il
proprio potere di intervento negli ordinamenti locali. Tali
interventi sono per assai controllati e discreti, poich il tessuto
normativo degli stati signorili costituito della giustapposizione
delle norme di ius proprium radicate della soggettivit
pubblicistica dei corpora che compongono lo Stato.
Nel caso che qui interessa, le norme scritte di diritto proprio
che per secoli hanno regolato le concessioni degli agri marmiferi
vicinali sono contenute nel capitolo De bonis et agris viciniarum
vallis Carrariae degli Statuta Carrariae del 1574 (L. II, cap. 40).
Lampio corpus statutario carrarese che contiene il citato capitolo
sugli agri fu approvato da Alberico I, principe di Massa e
marchese di Carrara, capostipite della linea dinastica dei Cybo
Malaspina
6
. Il capitolo 40 non fa riferimento esplicito allattivit
di sfruttamento delle risorse lapidee, ma le modalit di
concessione livellaria (genericamente riferite a bonis et agris,
quindi anche a terreni non marmiferi, pascoli, etc.) si applicavano
anche alle cave che insistevano sugli agri. Daltro canto ancra
oggi si parla di coltivazione del marmo.
Fin dallincipit del lungo capitolo statutario chiara la
volont di Alberico di porre un freno agli abusi commessi sugli
agri appartenenti alle collettivit vicinali. Il sovrano desiderava
regolare in particolare le modalit di concessione delle terre,
offrendo una tutela statutaria ai diritti delle Vicinanze.
Lo Stato territoriale carrarese dunque un ottimo esempio di
ordinamento a base organizzativa comunale, costituito da una
trama di universitates, dotata ciascuna di personalit giuridica e di
facolt di autogoverno. La legittimazione dellautorit del
dominus territoriale era tutta giocata in questi casi sulla sua
capacit di assicurare unordinata convivenza ai corpi comunitari.
I meritori studi che il Mannori ha dedicato al complesso tema
della potestas principis nelluniverso di antico regime, hanno

6
Vale forse rammentare che nel 1553, allatto del suo insediamento, Alberico I
Cybo Malaspina ricevette il giuramento di fedelt dai rappresentanti di tutte le
Vicinanze riuniti nella Pieve di SantAndrea di Carrara. Copia del juramento
de fedelt prestato per li huomini di Carrara al illustrissimo signor marchese
Alberico IV [ I ] lanno 1553 a d 29 di giugno, in Archivio di Stato di Massa,
Archivio Cybo-Malaspina (1490- sec. XVIII), Negozi dello Stato e della Casa 1553-
1796, b. 117, fasc. 2 (n. 3).

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ampiamente dimostrato che al sovrano spettava il compito di
dichiarare il diritto e di costringere i sudditi al suo rispetto, con
una distinzione tra la sfera di administratio che restava in capo
alle singole comunit e la sfera di iurisdictio in capo al sovrano,
erogatore della giustizia e... garante della pace territoriale
(MANNORI, 2012).
Il testo del capitolo 40 va dunque interpretato alla luce dei
compiti propri del sovrano: dichiarare il diritto preesistente,
rafforzare gli enti comunitari e al contempo procedere a un
parziale adeguamento degli obblighi alle mutate condizioni del
momento. Con questi intenti Alberico disponeva (rectius,
dichiarava) che tutti coloro che detenevano (tenent, possident)
anche a titolo oneroso i beni (bona stabilia) di propriet di una
delle Vicinanze (aliquam viciniam dictae vallis Carrariae)
erano tenuti a versare un canone annuale pro liuello seu censu
(STATUTI DI CARRARA, 1574, l. II, cap. 40, 107)
7
. Al pagamento
erano assoggettati in perpetuum anche eredi e successori.
Inoltre, il capitolo statutario albericiano prescriveva ai
diversi detentori dei fondi delle Vicinanze (tutti coloro che, si
specificava, tenent, possident aut occupant de praedictis bonis
seu agris) di notificare ai consoli vicinali entro trenta giorni
dalla pubblicazione dello statuto lestensione, la qualit e lesatta
ubicazione dei fondi, al fine di definire lammontare del canone
(ibid. 107). Col successivo capo il marchese di Carrara vietava
lalienazione dei beni vicinali in assenza di unespressa
autorizzazione della Vicinanza (non interveniente expressa
licentia aut consensu expresso non accedente), cos come vietava
anche loccupazione degli agri (inuadere) sotto ogni forma e per
qualsivoglia ragione (laborare seu colere, et laborari facere per
se vel per alium) senza il consenso del Consiglio dei Venti o
della Vicinanza proprietaria (ibid., 108).

7
Questo il testo, per esteso: Statuimus quod omnes illi qui quomodocunque
vel qualitercunque etiam titulo oneroso vel aliter tenent, possident, vel in
futurum ipsi aut eorum haeredes et successores in perpetuum tenebunt,
possidebunt aut occupabunt quaecunque bona stabilia quomodolibet nunc aut
in praeteritum spectantia aut pertinentia ad aliquam viciniam dictae vallis
Carrariae, teneantur et debent in futurum (dummodo talis titulus onerosus
non fuerit acquisitus ab ipsa vicinia) soluere singulis annis pro liuello seu
censu dictorum bonorum in duabus solutionibus, STATUTI DI CARRARA, 1574,
l. II, cap. 40, 107.

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Dal pagamento del censo erano esentati esclusivamente quei
soggetti privati che avevano acquistato i fondi a titolo oneroso
dalle Vicinanze (ab aliqua vicinia), purch in grado di esibire il
titolo di acquisto entro cinquanta giorni dalla pubblicazione dello
statuto (de dicto titulo docuerit infra quinquaginta dies
currentes, ibid., 109). Per il futuro, Alberico disponeva
linterdizione di qualsiasi trasferimento degli agri che non
prevedesse almeno il pagamento di un canone annuo, e che non
fosse destinato a un membro della Vicinanza stessa, o ad essa
aggregato, pena la nullit dellatto (sit nullum irritum quoque et
inane).
8

Larticolo 40 dello statuto 1574 fornisce dunque elementi
sufficienti per stabilire quale fosse la configurazione giuridica
degli agri marmiferi carraresi sulla quale intervenne poi lEditto
di Maria Teresa del 1751. Sebbene infatti la norma preveda il
consolidamento della situazione soggettiva di alcune concessioni
irritualmente effettuate in perpetuo e dietro corresponsione di un
prezzo una tantum o di un censo annuale, essa afferma anche il
principio generale che esclude ogni concessione per la quale non
sia previsto il versamento di un canone, e proibisce la circolazione
delle concessioni se non previa autorizzazione e trasferimento
dellonere costituito dal canone in capo al nuovo concessionario.
Riafferma inoltre la regola che esclude dalle concessioni i
forestieri non appartenenti alla vicinia proprietaria dei fondi.
La disposizione prospetta dunque chiaramente un assetto che
riconosce in capo alla vicinia il dominio diretto degli agri
marmiferi. Di questo dominio diretto dichiarata la
indisponibilit, poich le terre collettive della vicinia erano ab
origine la causa stessa dellesistenza della comunit e ne
costituiscono il patrimonio, inalienabile perch detenuto a titolo di
propriet comune. Gli organi di governo delle vicinie potevano
disporre soltanto del dominio utile, che poteva essere dato in
concessione. Lobbligo della previsione del canone aveva appunto
la funzione di rappresentare tangibilmente il carattere della

8
Prohibentes tamen in futurum huiusmodi bona libere et absque saltem
alicuius canonis, seu census annui solutione alienari, etiam cum licentia
viciniae, cuius bona praedicta extiterint, et dummodo huiusmodi alienationes
fiant alicui de ipsa vicinia, et in ea aggregato, ibid.

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concessione, che non poteva in alcun caso configurarsi come
propriet perfetta.

Nello stendere nel 1751 il suo Editto, Maria Teresa aveva
ben presenti le disposizioni di questo capitolo statutario
albericiano, della cui vigenza allepoca non dato dubitare
9
.
Levolversi della funzione amministrativa aveva condotto
alla diffusione delle scritture catastali, che nel Settecento
cominciavano a costituire la base conoscitiva dellimposizione
fiscale. In tale quadro si deve interpretare la funzione dellestimo,
che ha una certa importanza per il problema che qui ci impegna.
Daltra parte, la funzione del sovrano-tutore, arbitro delle
controversie e amministratore attento delle risorse dello Stato
prosegue la sua evoluzione sulle basi pubblicistiche che si sono
viste operare gi nel XVI secolo.
Con lemanazione dellEditto del 1751, la principessa di
Carrara ricorse ai suoi poteri equitativi per fornire, sulla base del
principio di effettivit, una garanzia di stabilit alle situazioni di
fatto nel frattempo maturatesi negli agri marmiferi con lapertura
di nuove cave. Il suo intervento si rendeva necessario perch i
soggetti possessori iscritti allestimo da oltre un ventennio erano
carenti del richiesto titolo di acquisto dei beni (acquisto che la
norma dello statuto, peraltro, escludeva dopo il 1574 per soggetti
esterni alla Vicinanza), e sarebbero stati comunque tenuti
secondo la lettera dello statuto, come si potuto evidenziare al
pagamento del canone annuale.
Nel disporre dunque che per le cave gi descritte negli
Estimi dei particolari da pi di venti anni niun diritto pretender
mai pi possa sopra di esse, o sopra i lor possessori, la Vicinanza
ne di cui Agri sono situate, la sovrana introduceva degli spazi di
eccezione entro la rigidit della norma statutaria, realizzando una
selezione degli interessi da tutelare. Era questa una facolt
riservata in antico regime solo al sovrano, giustificata da iusta

9
Una nota manoscritta del 1776, contenuta in una delle rare copie esistenti dello
statuto del 1574 (che ho consultato presso la biblioteca del Senato) fornisce se ve
ne fosse bisogno una prova che la duchessa considerava a tutti gli effetti vigenti e
da osservare gli statuti albericiani: si legge che lo statuto fu acquistato dalla
comunit di Massa, di ordine di S.A. Sma, per metterlo a disposizione
dellUditore generale della citt.

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causa o anche semplicemente da valutazioni di opportunit, che la
dottrina del diritto comune non faceva difficolt a riconoscere
come legittima.
Il beneficio giuridico dispensato dalla principessa ai soggetti
possessori di beni estimati consisteva dunque nel sollevarli
perpetuamente dal versamento di qualsiasi corrispettivo
pecuniario alle Vicinanze come controprestazione per lutilizzo
degli agri. Escludendo a chiare lettere qualsiasi successiva pretesa
di queste ultime, la sovrana precludeva a queste universitates
(dotate come erano di personalit giuridica) la strada di futuri
ricorsi in giudizio. Valutava infatti Maria Teresa che il pagamento
della colletta per i terreni descritti allestimo compensasse
lobbligo statutario di pagamento del canone o livello.
Fin dalle parole davvio dellEditto evidente che questo
atto del principe, steso nella forma del rescritto, attinge al potere
giurisdizionale che appartiene al sovrano e si declina tipicamente
nellintervento di carattere giurisdizionale-amministrativo. Maria
Teresa riferisce infatti che era stata portata alla sua attenzione una
controversia insorta fra certi ufficiali della Vicinanza di Torano
[una delle 14 Vicinanze di Carrara], e alcuni particolari sopra il
diritto di aprire negli agri di quella cave di marmo, e di essere
venuta, a sguito di ci, nella deliberazione di fissare un
Regolamento, il quale decida essa controversia, e dia insieme
norma a tutte le altre, che in rapporto degli agri delle altre
Vicinanze di Carrara, eccitare si potessero in qualsivoglia tempo
avvenire su consimile soggetto. Lactum principis dunque una
conseguenza della proposizione di una domanda di giustizia,
attivata dalle parti su un caso concreto, che investiva il potere-
dovere del sovrano di pronunciarsi. Lazione regolatrice (la
volont di fissare un Regolamento) nasceva nella principessa
dallesigenza di evitare che in futuro si eccitassero sulla materia
ulteriori azioni a tutela dei diritti, sia da parte delle Vicinanze, sia
dei particolari.
LEditto era dunque espressione di iurisdictio, una forma di
potere che in altri pi estesi ordinamenti della penisola era
esercitata, da almeno un secolo, da speciali organi giudiziari su
delega del sovrano, secondo le tipiche modalit come stato
detto efficacemente dell amministrar giudicando (MANNORI,
SORDI, 2001). Un esercizio di potere che a Carrara competeva

13



ancra al principe, autore esclusivo dellatto, senza necessit di
ricorrere ad alcuna presunzione di paternit.
Pur adottando le forme imposte dal mutato quadro storico,
latto di Maria Teresa si confronta con un problema non troppo
diverso da quello che lo statuto del 1574 avrebbe dovuto risolvere:
le vicinie non controllavano il sistema delle concessioni con la
necessaria attenzione, sicch si erano realizzate usurpazioni che si
potevano confondere con situazioni possessorie esercitate
legittimamente. Lautorit giurisdizionale della sovrana interviene
per sanare le ambiguit prodotte nel passato, non diversamente da
quanto aveva fatto lo statuto approvato dal principe Alberico I nel
1574. Lallibrazione nei libri dellestimo pu a questo punto
servire da elemento di presunzione della legittimit della
concessione, e giustificare lintervento sovrano a composizione
delle controversie sorte a livello locale.
La natura e lintento dellEditto teresiano, nonch il nesso di
questo con le norme statutarie albericiane, appaiono ancra pi
evidenti dalla lettura combinata del ricordato passo sui beni
estimati ultraventennali, con i successivi capi del testo teresiano.
La principessa gradu in modo discendente i diritti da
riconoscere a coloro che erano in possesso delle cave delle
Vicinanze, a seconda delle situazioni di fatto: la casistica fu
modulata sulla base del tempo di iscrizione allestimo e/o
dellesistenza (o meno) di un titolo di acquisto.
Per le cave degli agri marmiferi descritte in estimo da meno
di venti anni, lEditto assegnava alla Vicinanza nelle cui terre
erano situate le cave allibrate la facolt di richiedere ai possessori
il titolo di acquisto, entro un mese dalla pubblicazione dellEditto
(abbia il diritto di interpellare i possessori ad allegare, e
procurare il titolo del di loro acquisto). In assenza del titolo i
possessori assumevano lobbligo (con pubblico istrumento) al
pagamento di unannua prestazione in favore delle Vicinanze,
nella forma del contratto di livello. Lentit della prestazione era
concordata dai possessori con gli ufficiali delle Vicinanze e in
caso di disaccordo tra le parti la principessa riservava a s una
funzione di natura arbitrale, per determinarne lammontare
10
. Il

10
Questo il testo, per esteso, del capo relativo ai beni descritti allestimo da meno di
venti anni alla data del 1751: Se poi sar seguita la suddetta allibrazione da
minor tempo danni venti in qua, vogliamo che la Vicinanza ne di cui Agri

14



pagamento del canone alla Vicinanza per il godimento del fondo
comportava la cancellazione dei soggetti dagli estimi dei
particolari.
Per le cave aperte negli agri e non allibrate, ugualmente le
Vicinanze potevano intimare il termine di trenta giorni per la
presentazione del titolo dacquisto eventualmente posseduto, con
facolt di costringere i possessori in caso di assenza di questo
titolo al pagamento della prestazione annuale.
Infine, per le cave da aprirsi per lavvenire lEditto
consentiva a chiunque, negli agri della sua Vicinanza, la ricerca
allazzardo delle Cave, con lobbligo dopo un biennio iniziale
di esenzione di versare il solito corrispettivo annuo alle
Vicinanze.

Letto il testo dellEditto, del quale abbiamo sintetizzato i
contenuti senza trascurare alcuna parte relativa alle cave di
marmo, alle concessioni degli agri e allesercizio delle relative
facolt di godimento occorre ora valutarne la portata giuridica, e
in particolare se lintervento sovrano abbia avuto leffetto di
trasferire ai concessionari dei beni estimati non soltanto il
dominio utile degli agri marmiferi detenuti, ma anche il dominio
diretto che come abbiamo visto era indiscutibilmente attribuito
alle Vicinanze da un assetto costituito nel Medio Evo, consolidato
dagli Statuti del XVI secolo e ben conosciuto dalla sovrana nel
XVIII.
Ora, non pare che dal testo dellEditto si possa evincere una
volont, n esplicita n implicita, della principessa di Carrara di
trasferire nel patrimonio dei soggetti privati la propriet perfetta
degli agri. Sembra invece che la preoccupazione principale della

sono situate, abbia il diritto di interpellare i possessori ad allegare, e
procurare il titolo del di loro acquisto, ed in caso che dentro il termine di un
mese non ne faccino tal prova, di costringerli a dichiararsi fra un altro mese
se proseguire vogliono a possederle, o rilasciarle, dimodoch eleggendo
eglino il rilasciarle, altro non possa contro loro pretendere la rispettiva
Vicinanza; ma per lopposto eleggendo di ritenerle debbono obbligarsi a
favore della Vicinanza per pubblico istrumento ad una certa annua
prestazione discreta per e moderata, da concordarsi coi di lei Uffiziali e da
determinarsi , in caso di discordia tra le parti, da Noi; nel qual caso dovranno
esse cave levarsi dal rispettivo Estimo, non essendo ragionevole, che lo stesso
fondo sia gravato dalle collette ed insieme dal canone a favore della
Vicinanza.

15



sovrana sia quella di agire sul profilo procedurale, per mettere
fine al contenzioso senza investire la questione ardua e complessa
del diritto sostanziale di propriet.
Quando Maria Teresa afferma che le Vicinanze non potranno
pi niun diritto pretendere, la sovrana sta stabilizzando in una
situazione di diritto, assimilabile al dominio utile, la situazione di
fatto protrattasi nel tempo nella quale si trovavano i particolari
iscritti da oltre venti anni allEstimo. In base al disposto dello
statuto albericiano del 1574, allora ancora vigente, tali soggetti
particolari erano detentori di concessioni illegittime giacch,
come si visto, non si potevano concedere agri marmiferi se non
dietro versamento di un canone, il quale aveva la funzione di
rappresentare tangibilmente il dominio diretto di cui la vicinanza
era titolare.
Grazie allEditto questi soggetti particolari erano sottratti
alle pretese legittime, stando alla lettera dello statuto albericiano
degli organi vicinali, con decisione equitativa che preveniva il
possibile insorgere di future azioni di rivendica.
Per le differenti situazioni di fatto in cui si trovavano i
possessori degli agri marmiferi, lEditto assever inoltre il
principio secondo cui era vietata la duplicazione del prelievo,
disponendo che i particolari non pagassero per lo stesso fondo sia
la colletta sulla base dellestimo, sia il canone alla Vicinanza.
Questo profilo va tenuto nella debita considerazione.
Lestimo dei beni indicava i soggetti cui incombeva lobbligo
fisale, dovuto nei confronti del fisco estense. Ora, se nellestimo
era iscritto come possessore del fondo il concessionario,
limposizione fiscale gravava direttamente su di lui, mentre ne era
sollevata la Vicinanza concedente; se invece era la Vicinanza a
essere indicata nel libro fiscale, era evidentemente la Vicinanza a
dover corrispondere al fisco limporto dellimposizione. Il canone
di concessione dovuto dal concessionario alla Vicinanza doveva
presentarsi, agli occhi dei cavatori, come una specie di doppia
imposizione. Ed su questo punto particolare che incide il
disposto dellEditto.
Se avesse voluto privare le Vicinanze del dominio diretto su
agri facenti parte dei territori che costituivano la base reale della
loro stessa esistenza, latto sovrano avrebbe dovuto rispondere del
resto ad altri requisiti, pacificamente osservati per diritto comune

16



in materia di espropriazione
11
. Considerata manifestazione della
plenitudo potestatis (pienezza del potere) del sovrano di uno stato
assoluto, lespropriazione doveva in ogni caso realizzare una
volont sovrana qualificata dai requisiti della certa scientia e della
publica utilitas
12
. Latto relativo doveva quindi recare la
manifestazione esplicita della conoscenza certa e dettagliata dei
diritti che la volont sovrana trasferiva o modificava con il suo
atto di disposizione, nonch lobbiettivo di pubblica utilit che si
voleva perseguire. Elementi che sono assenti dal dettato
dellEditto, e che fanno ritenere che un trasferimento del dominio
diretto dalle vicinanze ai particolari non fosse obiettivo della
norma.

4. Limmemorabile e la centenaria. Daltro canto, che lintento
dellEditto ducale e in particolare del passo relativo ai beni
estimati qui in questione fosse di acquietare le discordie e i
contenziosi che minavano la pace sociale e lordinato sfruttamento
delle risorse del territorio appare confermato dai riferimenti a
meccanismi giuridici che per lappunto si distinguono per la loro
dimensione effettuale, tendente cio non a incidere sugli assetti
dei diritti sostanziali, ma soltanto sullazionabilit delle pretese e
sul profilo della presunzione.
E rivelatrice, in questo senso, lassimilazione della
posizione giuridica dei possessori di agri iscritti a proprio nome
nellestimo alla condizione di colui che vanti un possesso
confortato dalla vetustas, legittimata dallimmemorabile e della
centenaria. Erano, questi ultimi, istituti che davano luogo ad
alcuni effetti, previsti nellordinamento.
Si afferma infatti nellEditto che la Vicinanza non potr
mai pi pretendere ad alcun diritto sugli agri marmiferi,
ricorrendo ad unequiparazione particolarmente significativa, che
non stata finora abbastanza sottolineata. La posizione dei
possessori dei beni estimati da pi di un ventennio infatti

11
Ugo Nicolini, La propriet, il principe e lespropriazione per pubblica utilit.
Studio sulla dottrina giuridica intermedia, Milano 1952
12
Cfr. E. Cortese, La norma giuridica. Spunti del diritto comune classico, Milano
1962-64, ad indicem, e la voce dello Stesso, Norma giuridica. Storia, in Enc. del
Diritto, 28 (1978), 393-411, 397-402, ora anche in Id., Scritti, Spoleto 1999, II,
1319-1337.

17



equiparata esplicitamente al possesso di lunga data ab
immemorabili, appunto e alla centenaria, istituti cui si ricorreva
largamente nel maturo diritto comune per determinare la
presunzione di un possesso (non altrimenti che se a favore dei
possessori militasse limmemorabile, o la centenaria, o
concorresse a pro loro un titolo il pi legittimo che immaginare si
possa, reca lEditto teresiano).
Erano istituti che servivano a garantire forme di godimento
esclusivo delle cose e a fornire tutela processuale di situazioni
possessorie; nelle fonti dottrinali e ancor pi spesso giudiziarie,
chi si appoggiava allimmemorabile si legge era assistito dal
miglior titolo che si potesse produrre per tutelare i propri
godimenti. Quello che la duchessa, nel passo appena citato,
definisce il titolo pi legittimo.
Nellambito della dottrina del diritto civile attuale e della
giurisprudenza cosa pacifica che limmemorabile (e la
centenaria, cui listituto storicamente affiancato per gli effetti
che produce, bench dotato di minore forza) non dia luogo a
differenza dellusucapione alleffetto acquisitivo del diritto. Le
ragioni di sistema di questa esclusione sono state efficacemente
sintetizzate dal Vecchi (VECCHI, 1999, 203-208). In assenza del
titolo, limmemorabile d fondamento a una presunzione
semplice, ossia alla corrispondenza di una situazione di fatto con
una situazione di diritto, in ragione del decorso di un tempo
talmente lungo che come chiarisce la Cassazione si perduta
memoria dellinizio di una determinata situazione di fatto, senza
che ci sia memoria del contrario (Cass. Civ., sez. I, sent.
4051/83).
Abrogato per i rapporti privatistici dal codice civile del 1865
(Disposizioni transitorie per lattuazione del Codice civile, r.d. 30
novembre 1865, n. 2606), limmemorabile tuttora operante per
quei soli rapporti di diritto pubblico che hanno per oggetto beni
demaniali indisponibili e imprescrittibili, e pu essere provato con
ogni mezzo, purch la fattispecie si sia perfezionata prima che
l'ordinamento cessasse di riconoscerne la rilevanza giuridica. E
comprensibile, del resto, che proprio per quei beni di cui a rigore
non si potrebbe configurare lappartenenza a privati sia necessario
ricorrere a un istituto ambiguo, che non determina alcuna vera e
propria titolarit, ma garantisce il godimento impedendo le

18



rivendicazioni attraverso lo strumento della presunzione e la
conseguente inversione dellonere della prova. Che nel caso della
propriet dei beni di questo genere davvero, come si diceva nel
Medio Evo, diabolica.

Se dunque leffetto previsto dalla legislatrice per il proprio
Editto esplicitamente equiparato a quello prodotto
dallimmemorabile, occorre chiarire brevemente alcuni ulteriori
profili di questo istituto.
Nel secolo scorso il dibattito sul requisito del tempo lungo
o immemorabile che sia come requisito sufficiente allacquisto
di diritti soggettivi, stato terreno di confronto tra diversi
orientamenti nella storiografia giuridica italiana, e non solo.
La voce enciclopedica Ab immemorabili, redatta (secondo
categorie dogmatiche un po preconcette) da Francesco Schupfer
nel 1937 distingueva schematicamente tra unidea romana, che
vedeva nellimmemorabile un modo di legittimo acquisto
assimilato alla prescrizione acquisitiva; e una idea attribuita al
mondo germanico che era allora molto in voga che avrebbe
pervaso il mondo medievale e let del diritto comune secondo
la quale il tempo immemorabile fonderebbe solo la presunzione di
un giusto titolo. Come si appena evidenziato, il contrasto dei due
orientamenti ha visto prevalere nella dottrina e nella
giurisprudenza attuali lidea che limmemorabile si distingue dalla
prescrizione.
Nellet del rinascimento giuridico, e poi nel maturo diritto
comune, latteggiamento di civilisti e canonisti non fu univoco in
materia, diversamente da quanto sostiene lo Schupfer, come ho
provato a dimostrare in alcuni miei studi in proposito (CONTE
1999, 85-127)
13
.
Tuttavia, attingendo alle fonti giudiziarie del Settecento e
dellOttocento, dellepoca cio pi vicina allEditto di Maria
Teresa, lorientamento prevalente quello di considerare

13
E daltronde la giurisprudenza romana si era atteggiata in molti casi in modo
del tutto simile a quello attribuito dallo Schupfer alla mentalit germanica.
Lopposizione fra diritto romano e diritto germanico, in voga presso gli storici
del diritto per circa un secolo, fra 850 e 950, una schematizzazione
completamente superata dalla storiografia attuale, eppure ancora piuttosto
resistente presso i giuristi. Non questo il luogo peraltro per indulgere a
considerazioni storiografiche.

19



immemorabile e centenaria alla stregua di mere presunzioni di
legittimit dei possessori attuali.
Una sentenza della Rota di Pisa del 1822 appare da questo
punto di vista esemplare, anche per la dottrina eminente e la
giurisprudenza allegate dal giudice nelle sue motivazioni ad una
causa di preteso possesso (ROTA DI PISA, 1822). Si legge infatti,
oltre allargomento che i libri destimo non somministrano che
una semplice presunzione di possesso, la pregnante affermazione
che contro il padrone diretto non si ammette alcuna specie di
prescrizione, bench immemorabile, e di mille anni (ivi, 352).
affatto irrilevante, ritiene il giudice, fondare delle pretese
sullimmemorabile, giacch la presunzione del miglior titolo, che
emerge dalla Centenaria non Iuris, et de jure ma una
semplice presunzione che resta elisa dalle prove, o presunzione in
contrario (ivi, 351-352)
14
. La sentenza pisana richiama alcuni
precedenti rotali e un passo del De Luca, il grande giurista del
Seicento. Nel suo celebre Theatrum Veritatis egli osserva:
Siquidem centenaria possessio ponderanda non est in ratione
praescriptionis, ut praesupponit decisio, dum ad ejus praesidium
recurrere, semper malum, atque imprudens est consilium (DE
LUCA, Theatrum, III, disc. 97, 10 [193-194]).
Anche una decisione della Ruota fiorentina del 1805
considera la immemorabile (e del pari la centenaria) soggette ad
essere da altre presunzioni vinte e combattute, chiamando a
sostegno il precedente di conformi pronunce rotali. Si poteva
insomma sempre ammettere una presunzione o una prova
contraria (RUOTA FIORENTINA, 1805)
15
.
Il punto nodale ai fini della presente trattazione sta nel fatto
che sia la immemorabile, sia la centenaria, presupponevano
sempre lesistenza di un dominus diretto, che nel nostro caso era
la Vicinanza, della quale la sovrana si guard sempre dal
dichiarare estinto il dominio diretto sui fondi de quibus.

14
Il passo della sentenza su immemorabile e centenaria richiamato, a forma di
massima, nellindice alfabetico delle materie, in fondo al volume (720).
15
richiamato in particolare il precedente di una pronuncia di fine Settecento
quindi coeva al nostro Editto carrarese tratta dalla raccolta di decisioni rotali
fiorentine, conosciuta come Tesoro ombrosiano: praesumptio melioris tituli
ex centenaria resultans non est iuris, et de iure ut bene probant, ec. Sed est
simplex praesumptio melioris tituli adversus dominum directum per
contrarias probationes vel praesumptiones elidibilis (187).

20



Daltro canto, come stato osservato (PICCIOLI, 2004, 248),
il cap. 64 del libro II dello statuto del 1574 prevedeva che
praescriptio non currat contra iura communis Carrariae, vel
viciniarum eius (PICCIOLI, 2004, 248).

5. Conclusioni. Dal complesso degli elementi presi in esame
emerge dunque che i diritti sugli agri marmiferi di Carrara,
legittimamente attribuiti nel 1751 dalla duchessa Maria Teresa ai
soggetti iscritti allestimo da oltre ventanni, attenevano
esclusivamente alla sfera del godimento del bene. Il dominio
diretto delle terre rest in capo alle Vicinanze, giacch lintento
della sovrana era esclusivamente di sottrarre gli antichi possessori
dalla regola generale dellonerosit delle concessioni, garantendo
il godimento del bene anche sotto il profilo processuale. Nella
permanenza di antiche logiche feudali, latto della sovrana
assegnando ai soggetti estimati una vestitura/garanzia non
mobilitava dunque diritti soggettivi, ma agiva solo sul piano della
azionabilit. Era troppo profondamente radicata la convinzione
dellappartenenza collettiva dei territori alla comunit, costituita
in persona giuridica dalla Vicinanza, perch un atto sovrano
volesse porla in dubbio. Se avesse voluto trasferire il dominio
diretto dei fondi in questione, espropriandone le Vicinanze, in
ogni caso, lEditto avrebbe dovuto rendere manifesti i necessari
requisiti della certa scientia e della publica utilitas richiesti per
ogni atto di espropriazione.
Per limitare i contenziosi e garantire il regolare pagamento
delle imposte, per, la sovrana garantiva il godimento del bene ai
soggetti che si erano stabiliti da tempo sui fondi. In nessun
passaggio dellEditto, per, dispone che le Vicinanze siano
espropriate del proprio diritto di dominium directum in favore dei
possessori iscritti nellestimo.
Va escluso dunque che lEditto del 1751 abbia costituito
un diritto di propriet perfetta in capo ai possessori dei beni
estimati.
La garanzia offerta dallEditto ai possessori di agri estimati
stata poi ripresa in atti pubblici successivi senza cogliere la
profonda estraneit della mentalit giuridica che sovrintendeva a
quellatto, rispetto alla rinnovata disciplina dei diritti reali nellet

21



dei codici. Si spiega cos lannosa incertezza riguardo
allinterpretazione dellEditto del 1751.
Se atti giuridici successivi hanno interpretato il disposto
dellEditto come un conferimento di propriet perfetta a soggetti
privati, ci dovuto al mutamento radicale di cultura giuridica
che segna il passaggio dallAntico Regime allo Stato di diritto
dellOttocento. Lantica distinzione fra dominio diretto e dominio
utile, abolita esplicitamente per il diritto privato
16
, fu dimenticata
anche in materia di diritto pubblico e di propriet degli enti
pubblici. Sicch quando, nel 1812, le Vicinanze carraresi furono
abolite per volere di Felice I Baciocchi, principe di Lucca e
Piombino, investito di poteri anche sul ducato di Massa e Carrara,
(DECRETO CHE SOPPRIME LE VICINANZE DI CARRARA, 1812, art. 1)
17
,
non furono presi provvedimenti rivolti a riunire il diretto domino
allutile, detenuto dai concessionari degli agri marmiferi.
Soppressi gli enti corporativi intermedi che si frapponevano fra
le prerogative del cittadino e lautorit assoluta dello Stato, i beni
che avevano formato la ricchezza e la ragion desistenza delle
Vicinanze furono trasferiti agli enti pubblici territoriali previsti
dal nuovo ordinamento amministrativo. Il dominio diretto sui
territori delle abolite vicinanze si trasfer cos a nuovi soggetti di
diritto pubblico per pervenire infine, nellordinamento vigente,
agli enti territoriali competenti.

In risposta al quesito che mi stato posto, per le ragioni
storiche e giuridiche sopra esposte, ritengo perci che lEditto di
Maria Teresa Cybo Malaspina del 1 febbraio 1751 non abbia
attribuito la propriet piena e perfetta dei fondi concessi ai

16
Si pu osservare, peraltro, che lantica dottrina del duplex dominium ha resistito in
alcuni settori degli ordinamenti vigenti, e che non mancano voci autorevoli che ne
propongono una pi ampia adozione nel diritto europeo: cfr. D. Heirbaut, Feudal
Law: the Real Ius Commune of Property in Europe, or: Should We Reintroduce
Duplex Dominium?, in European Review of Private Law, 3 (2003), 301-320.
17
Allart. 4 del decreto sovrano si dispone che i beni di suolo conosciuti sotto la
denominazione di agri delle Vicinanze vengano riuniti al Patrimonio della
Comune di Carrara (art. 4). La soppressione delle Vicinanze fu confermata con
Editto del 15 dicembre 1815 dalla restaurata sovrana Maria Beatrice Cybo dEste
(EDITTO DI MARIA BEATRICE, 1815, in PICCIOLI, 2004, 152). La duchessa ordina che
le Vicinanze di Carrara siano irrevocabilmente abolite confermando la
legislazione del Baciocchi in materia. Sul punto, OSSERVAZIONI SANTARELLI,
2006, 4-6.

22



soggetti iscritti nellestimo come possessori, ma abbia consolidato
il loro godimento, escludendo rivendicazioni da parte dei directi
domini, le Vicinanze, sia dei terreni stessi che dei canoni di
concessione.
Conservando il dominio eminente sui terreni concessi, le
Vicinanze hanno trasferito il proprio astratto diritto agli enti
pubblici che hanno rilevato la titolarit pubblicistica dei territori
in questione, giacch su di essi n il diritto comune degli
ordinamenti previgenti, n successivamente il diritto pubblico e
privato degli Stati preunitari, del Regno dItalia e infine della
Repubblica ammettevano n ammettono usucapione n
prescrizione acquisitiva.

Roma, 14 febbraio 2014



Prof. Emanuele Conte










6. Bibliografia

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XXXVIII, pp. 113-114.
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Busdrachium, 1574.
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Cybo Malaspina, Massa 1 febbraio 1751. Originale conservato in Archivio di
Stato di Massa. A stampa nella Collezione generale delle leggi, editti,

23



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90-93. Ora anche in PICCIOLI, 2004, pp. 138-141.
DECRETO CHE SOPPRIME LE VICINANZE DI CARRARA, 1812 = Decreto che
sopprime le vicinanze di Carrara, Bagni di Lucca, 17 luglio 1812, artt. 1-8,
in Bollettino delle leggi del Principato lucchese, vol. XIV, pp. 67-6.
EDITTO DI MARIA BEATRICE, 1815 = Editto di Maria Beatrice, 15 dicembre 1815, in
PICCIOLI 2004, p. 152.


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dal MDCCC. al MDCCCVIII., disposte per ordine cronologico, III, Firenze
1890, Decis. CLIX, Pratensi affictus perpetui, 17 settembre 1805, coram
Gozzi rel., pp. 170-189
ROTA DI PISA, 1822 = Rota di Pisa, Decisione XLIII, Preteso possesso, 11
settembre 1822, in Giornale pratico-legale contenente lestratto dettagliato
delle pi interessanti decisioni dei tribunali collegiali di Toscana, VIII,
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21 gennaio 2000, pp. 1-4.
PARERE BATISTONI FERRARA, 2002 = F. Batistoni Ferrara, Beni estimati.
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24



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Lucca 1986, pp. 365-373).
VACCARELLA, 2010 = M. Vaccarella, La disciplina delle attivit estrattive
nellamministrazione del territorio, Torino 2010 (in particolare, pp. 192-
214).

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VECCHI, 1999 = P. M. Vecchi, Possesso, possesso dei diritti e dei beni
immateriali ed acquisto del diritto mediante il decorso del tempo, in Uso,
tempo, possesso dei diritti, cit., pp. 49-128.

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