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- Si tratta di concetti giuridici creati a posteriori che sono tuttora utilizzati ma che sono
applicabili al diritto antico. I romani distinguevano varie tipologie di diritto da applicare
in diversi momenti della vita pubblica, privata e amministrativa.
● Relativi: diritti valevoli solo su determinati soggetti. Da qui abbiamo azioni legali “in
personam”, ovvero nei confronti di un soggetto ben determinato; ad esempio se un
creditore non riuscisse a recuperare i soldi prestati, egli ha diritto di rivalersi solo ed
esclusivamente sul debitore. Vanno citati diritti di credito e di obbligazione; ad
esempio un soggetto (creditore) può esigere un comportamento preciso dal debitore
e solo nei suoi confronti, come ad esempio il pagamento di una somma in
denaro;egli può quindi esercitare una azione “in personam”.
SOGGETTO DI DIRITTO: si tratta di un'entità che può essere titolare di diritti e obblighi,
ovvero avere capacità giuridica. Oltre all'uomo fisico, anche altri enti possono essere titolari
di diritti e obblighi (persone giuridiche). queste ultime si dividono in:
1. Corporazioni: aggregazioni di persone, le quali nel complesso (come ente) sono
titolari di diritti. Potevano essere di diritto pubblico (Stato romano inteso come ente e
quindi titolare di diritti e obblighi, città, colonie) e di diritto privato (collegi, sodalizi,
che riunivano persone con la stessa professione, culti religiosi).
2. Fondazione: patrimonio avente diritti e doveri (età post classica).
Nel diritto romano non tutti gli individui avevano capacità giuridica uguale. Al fine di godere
di piena capacità giuridica, un soggetto doveva essere libero e non schiavo, cittadino
romano e non straniero o latino ed infine su iuris (il soggetto non doveva avere un pater che
esercitava la potestà su di lui,); chi rientrava in questa categoria erano i pater, bambini/e
emancipati. Questa pienezza di capacità giuridica era quasi esclusivamente maschile.
I liberti avevano una limitata capacità giuridica, poiché nati non liberi. Erano ad esempio,
anche da liberi, soggetti ad obblighi e doveri nei confronti dell'ex padrone.
Stranieri e non cittadini non avevano piena libertà giuridica. I figli di famiglia seppur cittadini,
erano soggetti a patria potestà paterna, non avevano quindi capacità giuridica patrimoniale
(no proprietà di beni).
Gli schiavi, equiparati a beni, erano privi di ogni libertà giuridica.
ATTO GIURIDICO
FORMA: Nell'epoca arcaica, la forma dell'atto era molto importante. la maggior parte di
questi atti erano orali e comprendevano la pronuncia di parole precise e nel compiere gesti
solenni. In caso non venissero rispettati questi gesti, l'atto era nullo.
Schemi negoziali: negozio preciso che comprende atti e parole che potevano essere usati
per vari atti e da cui derivano altri atti.
- Atti per rame e bilancia: nel rituale necessario per l'atto vi è la pesatura di un metallo
su una bilancia:
1. Nexum: prestito del metallo pesato sulla bilancia (atto a effetti obbligatori) che
comportava la creazione del rapporto creditore-debitore. Con l'introduzione della
moneta coniata, esso perde di rilevanza e viene sostituito dal contratto di mutuo.
2. Solutio per aes et libram: metallo pesato con cui si estingue un debito, questo atto
serviva a estinguere debiti precisi (debito per condanna, legato per effetto
obbligatori). Definirlo propriamente un atto è incorretto, perché non vengono prodotti
né effetti reali né effetti obbligatori. Con l'introduzione della moneta, i debiti venivano
saldati con il denaro; l'atto quindi permane ma cambia di scopo: esso era usato per la
remissione del debito (il creditore non voleva essere pagato).
3. Mancipatio: vendita di beni di mancipi (fondi italici, schiavi, animali da tiro) con l'uso
del metallo pesato durante l'atto; atto ad effetto reale perché trasmetteva la proprietà
della cosa in cambio di un prezzo. L'atto prevedeva la presenza di 5 testimoni, un
pesatore e le parti dell'atto rappresentate dal “trasmittente” (mancipio dans) che
portava con sé il bene e “l'accipiente” (mancipio accipiens) .
Veniva poi pronunciata una formula solenne dal compratore (Diritto dei Quiriti) nel
mentre un pesatore, avrebbe pesato il metallo, che sarebbe poi stato consegnato al
trasmittente: il metallo rappresentava il “prezzo” da pagare per il bene oggetto
dell’atto. Solo con il rispetto di queste procedure, l''accipiente diventava proprietario
del bene a fine del processo. L’atto ha effetti reali in quanto produce un diritto reale o
assoluto.
Con l'introduzione del denaro il valore dell'atto cambia: la pesatura non ha più lo
scopo di quantificare il prezzo del bene, ma serve solo per mantenere il valore
ritualistico; l'atto in sé non comporta più il pagamento di un prezzo, “la causa”
dell'atto non è più la stessa: esso ormai è astratto, ovvero dalla causa dell'atto non si
evince più il senso di esso; infatti il procedimento della pesatura è or puramente
simbolico: al posto del metallo-prezzo, si pesava una moneta con valore puramente
simbolico; inoltre la dichiarazione iniziale non era più legata alla formula “Diritti dei
Quiriti”. Questo atto serviva semplicemente a trasmettere la proprietà di mancipi non
solo per vendita (donazione, doti). Presenza di contratto compravendita con effetti
obbligatori.
Atti ispirati alla mancipatio: Coemptio (matrimonio, acquisto con manus), Mancipatio
dei sottoposti (fa acquistare il mancipium), Emancipatio (liberazione dalla patria
potestà), Mancipatio familiae (disposizione dei propri beni post mortem, precede il
testamento; da esso deriva il testamento per rame e bilancia). Vendita: scambio bene
per soldi. Trasmettere: cessione proprietà non per soldi.
- In iure cessio: trasmettere la proprietà di tutte le cose “nec mancipi” (atto a effetti
reali). Dal punto di vista della forma, esso era assimilabile al processo di rivendica:
dal punto di vista procedurale e formale, vi erano il cessionario, il cedente e il
magistrato. Il cessionario chiede per sé il bene, il cedente tace e quindi acconsente; il
magistrato aggiudica al cessionario la proprietà del bene. La procedura processuale
si ispirava alla "vindicatio rei” (legis actio sacramento in rem).
Da essa potevano costituirsi rivendiche/acquisizione di diritti di usufrutto e servitù
(stessa procedura della in iure cessio). 2 importanti atti da essa derivati sono:
1) Adoptio: adozione dei figli di famiglia. In primis erano necessarie 3
mancipatio per liberare il figlio dalla potestà genitoriale, poi tramite una “in
iure cessio” l'adottante prendeva proprietà del figlio.
2) Manomissione vindicta: finto processo di libertà. I due soggetti simulano
una battaglia con una bacchetta (simulazione lotta). Qualcuno poi reclama la
libertà dello schiavo (assertore della libertà) per conto di quest'ultimo, il
padrone quindi tacendo, acconsente alla liberazione dello schiavo.
REAZIONE AL FORMALISMO:
Essa si è sviluppata sotto varie forme, in buona parte sotto la figura del pretore e del
giurista, il quale sviluppa nuovi concetti:
- Concetto di testamento per rame e bilancia: Il pretore, in caso vi siano errori formali,
riconosce l’atto valido purchè vi sia un documento suggellato da 7 testimoni.
- Procedimento di trasmissione delle proprietà. Al fine di trasferire la proprietà di un
bene erano necessari o la “in iure cessio” o la “mancipatio”; in altro caso si ricorreva
alla meno formale “traditio”, che trasmetteva solo il possesso delle cose Mancipi. In
questo modo il cedente (proprietario) poteva citare in giudizio il cessionario
(possessore) per rivendicare il bene, uscendo sempre vincitore dalla causa, a
differenza della controparte (no proprietà, no diritti). Intervente del pretore a tutela
dell’accipiente.
- Astrattezza, (iure cessio, stipulatio, mancipatio) dagli atti non è deducibile lo scopo
dell'atto giuridico, il quale mantiene di validità anche in caso di scomparsa della
causa. Ad esempio: stipulazione di una dote, in caso di mancato matrimonio, il pater
avrebbe comunque dovuto dare al genero la dote. Il pretore applica un'eccezione e
fa sì che il padre tenga per sé il bene per cause di forza maggiore. Pag.47
- Atti di volontà e atti nudi, i primi rientrano nella categoria forme negoziali tipiche, i
secondi sono negozi atipici che vanno ricondotti ai primi. Ad esempio un prestito di
denaro non fatto rispettando le forme della stipulatio, è reso vincolante dall’intervento
del pretore. Valorizzazione della “voluntas” e “bonda fides”.
- Tipicità, i negozi giuridici dovevano essere contratti all'interno della sfera della tipicità.
Il pretore creerà negozi detti “patti” che non sono quelli classici, che però sono
riconosciuti da un punto di vista giuridico.
- Testamento, i giuristi iniziano ad accettare nuove formule per indicare l'erede nei
testamenti.
- Prassi, ad esempio nella “Stipulatio” veniva redatto un “instrumentum” (documento di
prova che attesta l'avvenuto atto in prima o terza persona, che con il tempo sostituirà
l'atto orale). Lo stesso sistema legislativo imperiale accetterà questi cambiamenti dal
basso: l’imperatore Severo (200 d.C.) in uno scritto afferma il valore del documento
scritto sulla parola pronunciata e dando allo scritto valore giuridico. Lo stesso
imperatore Leone (472 d.C.) afferma la libertà nella stipulazione orale, senza l'utilizzo
di forme specifiche, a patto che le parole usate esprimessero la volontà delle parti;
infine lo stesso Giustiniano accoglie e presume addirittura la compresenza delle parti
(fino a prova contraria) al momento della sottoscrizione del documento, saltando la
stipulazione orale.
La “stipulatio” perde la sua tipicità e viene utilizzata per una vasta gamma di accordi.
L'affermazione della forma scritta su quella orale, fa si che si creano nuovi tipi di atti:
- Ad substantiam: testamento pretorio, contratto letterale, formule processuali,
manomissione per epistola, i codicilli, testamento tripartito….
- Ad probationem: atti a forma scritta e atti a forma orale e altri atti, in cui si può
scegliere se stipulare in forma orale o scritta. Ciò è dovuto a Giustiniano, che quindi
regolamenta la questione, introducendo forme scritte precise e soprattutto
legalizzando la rescissione contrattuale da parte di uno dei due contraenti in caso
- uno di essi non sia più concorde sulla forma di formulazione dell'atto. integra pag.
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VOLONTÀ E DICHIARAZIONE
Formalismo esterno: mancata o erronea pronuncia delle formule che comportavano la
mancata produzione, da parte del negozio giuridico, degli effetti voluti.
Peso della volontà e della dichiarazione.
1) Dichiaro consapevolmente una volontà che non ho o diversa da quella che ho.
È ciò che succede nel negozio per gioco (atto teatrale o scopi didattici) o quello per
riserva mentale (nascondere motivi). Siamo nel caso della simulazione:
- Assoluta, le parti mostrano di voler concludere un certo negozio ma in realtà
non ne vogliono concludere alcuno (vedi manuale). SIMULATO=NULLO
- Relativa, le parti mostrano di voler concludere un negozio ma in realtà ne
voglio concludere un altro, ad esempio una vendita, che in realtà è una
donazione. SIMULATO=NULLO, DISSIMULATO=VALE SE NON VIOLA LA
LEGGE. la differenza sta nel ciò in cui si dichiara e ciò che si vuole.
- Riserva mentale, quando un soggetto dichiara una volontà esteriore differente
dalla sua volontà interiore.
2) La dichiarazione è corretta ma la mia volontà non si è formata spontaneamente è
quindi viziata (errore, vizio, dolo):
- Errore di fatto: falsa rappresentazione della realtà, a causa di ciò concludo un
negozio in malafede, che normalmente non avrei accettato. L'atto può essere
dichiarato nullo (errore essenziale):
1) error in corpore, sull'oggetto dell'atto;
2) error in negotio, sulla forma di atto;
3) error in persona, sull'identificazione del contraente;
4) error in substantia, sulla sostanza materiale del bene;
- Errore di diritto:
5) error in nomine, nominare un contraente credendo sia un altro;
6) errata descrizione, errore nella descrizione del bene;
7) errore quantità, fraintendimento sull'importo/quantità da pagare;
8) error in qualitate, sulla qualità/tipo della sostanza;
ERRORE DI DIRITTO: errore che si basa sulla non conoscenza delle norme giuridiche e
che non lo rende annullabile. Per i minori di 25 anni, rustici, soldati e donne, esistono delle
eccezioni per questo caso.
Chi sbaglia, ha tutto l'interesse nel chiedere l'annullamento dell'atto, annullamento che
avveniva solo quando vi è un punto fallace molto importante.
VIOLENZA (METUS): Nel diritto romano questo atto era punibile con il pagamento in denaro
come pena e invalidava l'atto, essa era di 2 tipologie:
V. ASSOLUTA: costrizione materiale di un soggetto nel compiere un negozio, ad esempio un
soggetto è obbligato a firmare un atto. i romani si occuparono poco di questo caso poiché
buona parte dei negozi giuridici erano di natura orale, quindi difficilmente coercibili.
V. MORALE: Essa riguarda gli atti di minaccia, tali da spaventare persone difficilmente
suscettibili (ex. minaccia di morte).
Ci sono due distinzioni da fare:
DOLO: Raggiro nei confronti di una persona ai danni dell'altra, inducendola in errore, frode.
Se a causa dell'inganno viene commesso un errore di qualsiasi natura, il negozio va
considerato nullo, così è nel diritto pretorio, mentre in quello civile solo alcuni tipi di errore
potevano invalidare l'atto. Il dolo era visto come un atto illecito, punito quindi con una pena
pecuniaria che era nel semplice valore della cosa e con un atto infamante, che inibiva le
capacità giuridiche e l'onorabilità dell'infamato.
Il soggetto che aveva ingannato era obbligato a pagare una somma in denaro, che
corrispondeva al valore del bene, a titolo di pena, alla vittima (azione in personam, rapporto
creditore-debitore). In caso di mancato pagamento si procedeva con l'azione penale.
Il pretore pone nel nulla il negozio attuando delle misure giuridiche, concedendo alla vittima
del dolo 2 strumenti:
- Actio de dolo. VEDI ACTIO METUS. (azione in personam, clausola restitutoria,
Sussidiaria si esercitava ogni volta vi fosse un comportamento illecito non
sanzionabile con altre misure, contro chi ingannava)
- Exceptio doli. VEDI EXCEPTIO METUS. Passato=commessa al momento della
sottoscrizione dell'atto, Generale=contegno iniquo al presente (esempio di mancato
matrimonio)
ELEMENTI DI NEGOZIO
ELEMENTI ESSENZIALI: elementi necessari affinché il negozio sia valido, natura giuridica
propria del negozio.
- volontà
- causa (se prevista)
- forma (se prevista)
In un atto di compravendita, che ha come oggetto uno schiavo, vediamo che sono presenti
la causa (scambio del bene per denaro), la volontà (dichiarazione di acquisto del bene) e la
forma (negozio di compravendita). All’interno dell’atto sono presenti inoltre un termine e un
modo.
ELEMENTI NATURALI: discendono dal negozio, ma disapplicabili.
ELEMENTI ACCIDENTALI: possono essere introdotti dalle parti.
Esistono atti, detti “Actus legitimi" che non prevedevano nessun tipo di clausola, tra di essi
vanno ricordati gli atti di trasmissione della proprietà quali la “mancipatio”, “in iure cessio" e
"traditio".
Ci sono varie fasi nella condizione: Condicio pendet, l’atto esiste, ma gli effetti del negozio
sono sospesi. Se ho già pagato prima dell’avveramento della condizione posta dalla
clausola, posso chiedere indietro il denaro, posso ripetere. Condicio Extat, l'atto è efficace
da ora, ex nunc, ovvero dal momento in cui la condizione si verifica. Condicio deficit, l'atto
non produce effetti quando la condizione precedentemente indicata non si avvera; in caso
essa non si verifichi a causa di terzi, la condizione è da considerare avvenuta e quindi il
negozio produce gli effetti giuridici previsti e ha validità .
Per quanto riguarda la condizione risolutiva, essa non fu impiegata prima dell’epoca
Giustinianea, infatti prima si era soliti costruire l’atto come “puro” seguito da un patto
risolutivo sottoposto a condizione sospensiva. Ad esempio, durante una compravendita,
utilizzando questa condizione, il venditore se non fosse stato pagato nei termini e modi
prestabiliti, avrebbe ri-ottenuto i diritti sul suo bene.
Di regola nel diritto romano, il rappresentante subisce direttamente gli effetti dell'atto su
stesso; ci sono però alcune eccezioni in cui gli effetti vengono fatti ricadere sul
rappresentato:
- Procuratore di tutti i beni, Incaricato di gestire i beni di un dominus. Egli agiva come
rappresentante indiretto, talvolta operava come rappresentante diretto. Egli poteva
acquistare direttamente per conto del dominus, attraverso la “traditio”, il possesso e
la proprietà delle cose “nec mancipi” e il possesso. Tramite l’azione pretoria “ad
exemplum institorie” un creditore poteva agire direttamente sul dominus, non
coinvolgendo il procuratore.
- Tutore degli impuberi, egli operava come rappresentante indiretto principalmente,
con alcune eccezioni (“in loco domini”, successive limitazioni a tutela del puero).
Poteva acquistare a nome del sottoposto a tutela, il possesso e la proprietà di cose
“nec mancipi” tramite la “traditio”. Inizialmente egli poteva alienare la proprietà del
bene acquistato, con Giustiniano e “l’oratio severi” l’alienazione dei beni vieni limitata
ai soli beni deperibili.
- Rappresentanti processuali, tramite questa figura, era possibile farsi rappresentare
pure in giudizio, o nel ruolo di attore (chi agisce contro) o nel ruolo di convenuto
(colui che è chiamato in giudizio), si distinguono due rappresentanze “procurator ad
litem” e “cognitur”. La sentenza di condanna è formulata a favore e a nome del
rappresentante, quindi il convenuto è tenuto a pagare la sanzione al rappresentato,
non al rappresentante. Si tratta di una rappresentanza indiretta apparente; essa è
DIRETTA.
- Preposti ad imprese terrestri e marittime, questi soggetti, che erano sia uomini liberi,
schiavi e figli, sono stati designati come capi di queste spedizioni commerciali, hanno
il dovere di concludere negozi a nome del rappresentato. I preposti possono anche
contrarre debiti, che i creditori possono richiedere indietro sia dal preposto, sia dal
titolare dell'impresa (exercitor, rappresentato) tramite un “actio exercitoria”.
- Schiavi e figli di famiglia potevano concludere negozi, in quanto strumenti dell'avente
potestà. Essi potevano concludere atti vantaggiosi, il pater familia ne beneficiava
(rappr. diretta) e svantaggiosi, in quel caso si possono delineare due casi:
inizialmente in creditore non aveva azioni a suo favore da attuare contro il sottoposto
e il padre padrone, successivamente il pretore istituisce “l’actio exercitoria” da
applicare direttamente contro gli aventi potestà, in caso questi avessero dato un
peculio in “libera administrator”;
- Prestiti per conto di altri, il debito sorge direttamente in capo al rappresentato;
Nelle istituzioni di gaio vi è una principale distinzione tra: liberi e schiavi. Liberi che erano
“ingenui”, nati liberi e “liberti”, coloro che aveva acquisito la libertà. Questi ultimi avevano
limitazioni di varia natura. Gli schiavi erano sottoposti alla potestà del padrone.
Distinzione di “persone su Iuris” e di “persone di alieni iuris”.
- Liberi si nasce o si diventa. Nel matrimonio da persone libere, in base alla condizione
del padre, o da madre (al momento della nascita); manomissione o disposizione di
legge (editto di Claudio, punizione del padrone negligente). Chi nasce libero è detto
ingenuo, chi lo diventa è detto liberto.
- Schiavi si nasce o si diventa. Unione illegittima, si guardava alla condizione della
madre; riduzione in schiavitù come condanna (servitus ponea), per disposizione di
legge o per prigionia di guerra (riguardava il cittadino catturato). Se il cittadino
romano tornava a casa, egli riotteneva i suoi diritti, postliminium. In caso morisse
all'estero, la questione dell'eredità cambiava decisamente: per rendere il testamento
valido, il testatore doveva essere libero sia al momento della stesura, sia al momento
della morte. Una volta schiavo, il cittadino perdeva cittadinanza e familiari, quindi la
legge non poteva considerare legittimi eredi i parenti designati. Una legge Cornelia,
costituì una soluzione al problema: il cittadino romano catturato, veniva considerato
morto giuridicamente al momento della cattura e quindi il testamento era ritenuto
valido. Per disposizione legali invece, intendiamo la riduzione in schiavitù per
disposizione dei senatoconsulti o per costituzione imperiale: per il caso della
Costituzione di Claudio, dove veniva sancita la riduzione in schiavitù di una donna
libera a causa della sua relazione con un servo; ella era avvertita 3 volte e se
proseguiva con la sua condotta era ridotta in schiavitù.
Il diritto romano in età tarda, regolamentava anche le condizioni di semi-schiavitù,
come quella dei servi della gleba.
Tutte queste azioni sono dette “azioni con trasposizione di soggetto”, ovvero adattamenti
della normale azione che il creditore aveva nei confronti del debitore: gli schiavi non
essendo soggetti sui iuris non possono muoversi autonomamente sul piano giuridico/legale.
In mancanza di queste azioni il creditore poteva solo sperare che il servo pagasse
spontaneamente il debito.
In caso di illeciti privati (delicta→furto, danno, dolo, violenza morale…) commessi da servi o
figli, si generavano obbligazioni di natura pecuniaria in capo al dominus, il quale aveva più
modi per agire: poteva pagare la somma dovuta come risarcimento oppure poteva
consegnare lo schiavo all’offeso; ciò era detto NOXAE DEDITIO. Le azioni nossali seguono
l’individuo, quindi il dominus legalmente responsabile era colui che, al momento della
chiamata in giudizio, era attualmente proprietario del servo criminale.
Se il Dominus riusciva a dimostrare di essere inconsapevole dell'azione del servo, poteva
liberarsi di quest'ultimo “dandolo a nossa”, liberandosi. PRINCIPIO DI NOX CAPUT
SEGUITUS
LIBERTI, SCHIAVI LIBERI
MANOMISSIONI CIVILI, operano sul piano dei diritti civili, il servo diventa liberto e
acquisisce anche la cittadinanza romana.
1) Manumissio Censu: il padrone per liberare il servo, durante il censimento, scriveva il
nome del servo nelle liste dei cittadini romani.
2) Manumissio testamento: nel testamento il padrone disponeva la libertà del servo.
Giustiniano sancisce che se un dominus disegnava erede un servo, senza averlo
manomesso, implicitamente quest’ultimo veniva considerato manomesso.
Fedecommesso per libertà: il testatore pregava l'erede di liberare il servo; l'erede era
obbligato a farlo.
3) Manumissio vindicta: applicazione in iure cessio.
Con il tempo la Manumissio Censu, sparisce, sopravvivono le ultime due, adeguandosi alla
reazione al formalismo.
Costantino crea la “manumissione in sacrosanctis ecclesiis”, con cui il dominus può liberare
lo schiavo in chiesa alla presenza del vescovo e di altri fedeli
DIRITTO DI PATRONATO:
rapporto tra liberto e patrono (ex dominus), rapporto che generava obblighi tra liberto e
patrono:
- OBSEQUIUM, i liberti non possono chiamare in giudizio i patroni senza
l’autorizzazione del magistrato, inoltre non possono muovere accuse infamanti di
nessun tipo. In caso essi procedano con questa condotta, il patrono può esercitare
“accusatio ingrati liberti” con la quale il liberto perdeva la libertà
- OPERE, sono giornate di lavoro che il liberto svolge presso il patrono. Esse erano
promesse prima della manomissione ed erano poi riconfermate, in modo tale che
avessero valenza giuridica; in altro caso erano applicate tramite la stipulazione
post-liberazione. In caso di inadempimento, esse erano sanzionate con“actio
operarum”. artificiales, mestiere/ officiales, attività domestiche.
Le opere erano ereditate dal patrono ai figli.
- BONA, diritti sui beni. Un liberto senza figli lasciava automaticamente in eredità i suoi
beni al patrono e in caso di successione testamentaria dove non sono coinvolti i figli
del liberto, al patrono va metà dell’eredità.
Il patrono aveva l’obbligo di non muovere accuse capitali al liberto ed era reciproco il diritto
agli alimenti. Alla morte del liberto si estingue il patronato, infatti i figli del liberto nascono
“ingenui”, ovvero liberi cittadini romani.
In età augustea vengono promulgate leggi che limitavano la libertà di manomissione per
controllare il crescente numero di popolazione servile. Con il tempo si fa strada il “favor
libertatis”, la tendenza a favorire l’acquisto della libertà, specialmente in età cristiana.
PATRIA POTESTAS
Esercitata dal padre di famiglia sui figli; inizialmente dava possibilità al pater di uccidere,
sentenziare e vendere i propri figli, solo con tempo parte di questi diritti verranno abrogati.
Nel diritto romano non c'era un'età alla quale un figlio diventava persona sui iuris: per
diventare “maggiorenni” bisogna aspettare che il pater morisse.
A seguito di condanne, di riduzione ad uno stato di prigionia o di adozione da parte di un
altro capofamiglia, il pater perdeva a potestà (capiti diminutio massima, media, minima).
distinguiamo due casi:
- Adrogatio, adozione di un padre di famiglia, che risultava sottomesso alla patria
potestà dell'unus. Questo atto era solitamente usato per garantire alla famiglia, una
linea ereditaria diretta.
- Adoptio, adozione di un figlio di famiglia che transitava da un pater familia ad un
altro. Essa avveniva in maniera simile alla mancipatio: 3 emancipazioni, ma alla fine
veniva utilizzata una “in iure cessio” con cui il nuovo pater acquista la patria potestà
sul nuovo figlio.
Un figlio veniva quindi emancipato e poi adottato, oppure solo mancipato, ottenendo così o
un nuovo stato di adozione oppure ottenendo uno stato di libertà (persona sui iuris).
EMANCIPATIO: per i figli maschi erano necessari 3 atti consecutivi, per le femmine 1.
il figlio veniva emancipato ad un fiduciario, ciò comportava una condizione di asservimento
detta “mancipium”. Fatto ciò il fiduciario, manomette il giovane che torna quindi in potestà al
padre. la seconda mancipatio si svolge in maniera identica.
Alla terza si estingue la patria potestà del padre, il figlio è quindi emancipato al fiduciario, il
quale lo rimancipa al pater che ora è “padre” non più pater dominum. Alla fine il padre lo
manomette, rendendolo libero, sui iuris, ma formalmente, il giovane è ancora vincolato a
doveri nei suoi confronti.
MANCIPIUM
Persone libere sottoposte al mancipium (personae in causa mancipii) erano di 3 tipi:
1) vendita vera (prezzo preciso),
2) vendita fiduciaria (mancipatio),
3) dazione a nossa per sanare un debito (schiavi, figli)
PAZZI E SCIALACQUATORI
Sono entrambi sottoposti alla tutela agnatizia (se sui iuris).
- Pazzo: cura testamentaria o magistratuale. Il curatore nel primo caso, doveva prima
essere approvato dal magistrato e solo poi poteva amministrare il patrimonio del
malato di mente.
- Scialacquatore: egli era prima interdetto dal magistrato, ma poteva compiere atti
vantaggiosi
È inevitabile che la figura del figlio migliori con il tempo, infatti egli a partire dalla fine dell'età
repubblicana può iniziare a contrarre obbligazioni civili (debito-credito). Si distinguono 2
periodi:
- Età preclassica, il figlio può assumere obbligazioni civili, citabile quindi in giudizio. Il
problema risiedeva nel fatto che il figlio non avesse un patrimonio suo, ma bensì un
peculio paterno che il giovane doveva amministrare, ma la cui titolarità resta al
padre.
- Età classica, a partire da questo momento si sancisce che alcuni ammassi di beni,
acquistati dal figlio, diventino di proprietà del figlio di famiglia che diventa lentamente
proprietario di un suo patrimonio.
Con le riforme introdotte da Giustiniano, variano anche alcune caratteristiche dei peculi:
- PECULIO CASTRENSE E PECULIO QUASI CASTRENSE, successione anche in
assenza di testamento; in quello quasi castrense, rientrano anche i beni acquisiti
come retribuzione statale.
- PECULIO AVVENTIZIO: il figlio ha la nuda proprietà e il padre ha il diritto di
usufrutto.
- PECULIO PROFETTIZIO: proprietà di origine paterna, il pater è titolare.
MATRIMONIO
Il matrimonio nel mondo romano era inteso come una “res facti”, una situazione di fatto, non
tanto un negozio o un atto civile. 2 definizioni, di Modestino e Giustiniano, ci danno un'idea
abbastanza nitida del matrimonio romano: nel periodo arcaico e repubblicano, esso era
principalmente un atto religioso, fondato sull'indissolubilità e sulla forma religiosa; in
contrasto con la visione classica e postclassica.
L'elemento fondante era il CONSENSO (“affectio maritalis” o amore coniugale): doveva
durare per tutto il periodo matrimoniale, in caso contrario, la sua mancanza decretava lo
scioglimento dell'unione. Convivenza e coabitazione non erano elementi essenziali per la
validità di esso.
Il fine del matrimonio era la procreazione: essa era fondamentale per la vita privata della
coppia, ma anche per la vita della stessa Repubblica e Impero poi (Cicerone).
Il matrimonio inizialmente non richiedeva celebrazioni obbligatorie per essere valido; esse
avevano puro valore formale. La cerimonia si svolgeva così:
1) ratto della moglie;
2) corteo fino a casa dello sposo;
3) confarreatio (manus);
4) documento attestativo, tabulae dotales;
In età post-classica, cristianesimo, il matrimonio non muta di concezione, anzi continua a
basarsi sul consenso continuativo; vengono introdotte dal legislatore delle forme essenziali
per la validità della cerimonia:
- AD SUBSTANTIAM, tra persone di ceti diversi. Instrumentia dotalia, documenti
attestavi della dote. matrimoni tra concubini, legittimazione dei figli e matrimoni tra
poveri.
- AD PROBATIONEM, tra persone dello stesso ceto. dimostrare la matrimonialità
dell'unione tramite la redazione di un documento nuziale per i ricchi/nobili,
documento redatto da un officiante, classe media e nessuna forma per i poveri.
Il matrimonio romano era monogamo ed esogamo. Dal periodo post-classico è sine manu.
Sono necessari alcuni requisiti per la validità:
a) L'età puberale degli sposi;
b) L'assenso degli aventi potestà e dei nubendi (uomo esplicito, donna implicito);
c) Conubium, poter contrarre matrimonio secondo diritto civile; (no schiavi, stranieri,
parenti)
Augusto con la “lex Iulia et papia”, tenta di incentivare le nozze tra ricchi, al fine di rafforzare
i legami economici tra le famiglie ricche e per aumentare le nascite.
Era fatto obbligo a tutti di sposarsi: gli uomini dovevano contrarre matrimonio tra i 25 e i 60
anni mentre le donne tra i 25 e i 50.
Il non essere sposati o senza figli creava grossi problemi sul piano giuridico: i celibi se
testatari di un’eredità, per ottenerla dovevano sposarsi entro 100 giorni, gli orbi ne
ricevevano solo metà. Il bene non acquistabile era definito “caduco” e passava ad altre
persone seguendo la linea di parentela. Solo in età cristiana questa legislazione è abolita.
Le seconde nozze, appoggiate da Augusto ma osteggiate in età cristiana, saranno eliminate
poiché contrarie alla religione cristiana: la vedova era identificata con la figura “dell’univira”,
tipica dell’età arcaica. Inoltre chi si risposava perdeva i lasciti coniugali.
Il matrimonio si scioglieva:
a) Morte di un coniuge.
b) Prigionia. Se il marito tornava, il matrimonio non risorge per postliminio, ma bisogna
rinnovare il consenso. Giustiniano sancisce il ritardo di 5 anni in questo caso.
c) Lavori forzati (capitis deminutio maxima et media).
DIVORZIO
Divortium, scioglimento del matrimonio:
- Volontà concorde.
- Volontà unilaterale (ripudio).
In età arcaica e preclassica, il divorzio era limitato a causa delle convenzioni sociali.
Romolo consentiva solo al marito di divorziare dalla moglie se: ella era trovata in possesso
delle chiavi della cantina (vino=adulterio), adulterio, provocato aborto. Al di fuori di queste
condizioni il divorzio portava alla perdita del patrimonio.
Il primo divorzio certo è datato al 230 a.C quando Spurio Carvilio ruga ripudia la moglie a
causa della sua sterilità, riconoscendo il divorzio per causa incolpevole.
Il divorzio segue le modificazioni della società.
Gaio ci conferma la presenza di una formula orale per il ripudio (pag.102) pronunciabile
davanti ai testimoni, oppure era comunicato tramite un documento (libellus repudii).
In età tardo imperiale, si apre una visione ancor più rigida (cristianesimo): Costantino
reintegra il concetto di divorzio illecito, ma fa sì che esso produca effetti, a seguito di una
sanzione però, Leggi di Onorio e teodosio II (pene patrimoniali e costrittive).
Divorzio era lecito in questi casi:
- Se consensuale,
- Adulterio moglie, avvelenatrice per LUI.
- Omicida, profanatore di tombe, avvelenatore per LEI.
Giustiniano distingue 4 casi:
a) Consenso comune. Lecito
b) Occasione ragionevole (bona gratia). Lecito, impotenza, sterilità o prigionia
c) Causa giusta. Lecito, comportamenti colpevoli dell’altro coniuge (pagina 104)
d) Senza causa. Illecito e causano sanzioni.
I due coniugi non sono sullo stesso piano, tutela del più debole, la donna con Giustiniano
“favor mulieris”. Il matrimonio produce effetti.
- Personali: la manus. la moglie aveva l’obbligo di risiedere nella casa del marito e ne
acquista il rango sociale. obbligo di fedeltà coniugale per lei, pena sanzioni in base al
periodo storico. L’uomo non commetteva tradimento se aveva relazioni con donne di
basso rango, l’uomo non poteva avere relazioni con donne ingenue e oneste pena il
reato di stupro o adulterio.
i due coniugi non potevano intentare azioni infamanti (diffamazione o furto) e in caso
di matrimonio pregresso, si poteva incorrere in una condanna di tipo patrimoniale.
- Patrimoniali: Dote e dotazione nuziale. Il matrimonio con manus comportava
l’assoggettazione della moglie al marito (alieni iuris) ed essa perdeva il suo
patrimonio. Con il matrimonio libera, la donna sui iuris manteneva la libertà di
amministrare il proprio patrimonio e la titolarità.
DOTE
DOS: complesso di beni che la moglie, per una serie di convenzioni sociali che sfociano
anche sul piano giuridico, doveva portare al marito. Essa serviva per contribuire agli oneri
del matrimonio e al sostentamento dei figli; consisteva in beni immobili e mobili (diritti,
usufrutti, crediti)
La dote poteva essere:
- DOS ADVENTICIA, di proprietà della donna sui iuris o di estranei,
- DOS PROFECTICIA, di proprietà del padre o dell’ascendente,
Veniva trasferita tramite atti (iure cessio, mancipatio, traditio) oppure tramite promessa,
tramite la DOTIS DACTIO (stipulatio) o con la DOTIS DICTIO (atto solenne). Da Teodosio II
qualsiasi promessa stipulata in qualsiasi forma, era ritenuta vincolante e attivabile.
La proprietà della dote era sempre del marito o dell’avente potestà che poteva trattenerla
anche in caso di scioglimento del matrimonio.
Con il tempo si stabilisce che il marito diventi proprietario della dote e che ne goda dei diritti
civili e dei frutti, ma deve amministrare il complesso di beni secondo il principio di diligenza
media (interessi della moglie) e che quindi non alieni i beni senza permesso della moglie
(Costantino lo abolisce). Era esperibile contro il marito l’azione di restituzione ACTIO REI
UXORIAE e IN BOMU AEQUUM CONCEPTA, istituita da Cicerone.
Nel caso si tratti di dos profecticia, la restituzione avviene alla moglie (matrimonio sciolto per
divorzio o capiti deminutio) o al padre di lei (moglie morta); se entrambi sono morti la dote
resta al marito.
L’estraneo che ha donato la dote non può reclamare nulla perché si tratta di una donazione.
Se la restituzione era stipulata (donna, padre di lei o l’estraneo) il creditore tramite “l’actio ex
stipulatu", riotteneva la dote per sé. La dote dell’estraneo era detta “dos recepticia”. Per
evitare contenziosi la dote era fatta stimare prima della donazione "aestimatio dotis”, ciò era
fatto per fini contrattuali: la famiglia della sposa avrebbe chiesto in restituzione non la dote,
ma il suo equivalente in denaro, lasciando al marito la proprietà dei beni.
RETENTIONES, trattenute sulla dote. Attuabili dal marito in caso di applicazione della dos
profecticia dal padre della defunta moglie: con questa azione il marito otteneva una ritenuta
sulla dote per sopperire ai bisogni dei figli, RETENTIO PROPTER LIBEROS, oppure per
mali costumi della moglie, RETENTIO PROPTER MORE. Le ritenute sono abolite da
Giustiniano.
Con il tempo la dote era trasmessa solo con la “traditio” e la restituzione era detta “actio de
dote”: essa era esercitabile sotto forma di una “rei vindicatio”. Il marito inoltre perde la
proprietà della dote e usufruisce di un semplice usufrutto.
DONAZIONE NUZIALE
Donatio ante nuptias. Essa era fatta dal futuro sposo per provvedere alle necessità della
moglie. Giustiniano ammette che durante il matrimonio possa essere diminuita o aumentata
o addirittura costruita, andando contro il vecchio divieto di donazioni tra coniugi. Da questo
momento in poi essa è definita DONATIO PROPTER NUPTIAS.
DIRITTO DELLE COSE
COSE DI GENERE: Indicate dentro una categoria. Un cavallo purosangue nel gruppo dei
cavalli, un servo etipiope nel gruppo dei servi. Obbligazioni generiche “v. infra”.
COSE DI SPECIE: Indicate con il loro nome.Il cavallo Bucefalo, il servo Medus.
COSE DIVISIBILI: Frazionabili. Un fondo. Diritti divisibili per quota “pars quota”.
COSE INDIVISIBILI: Infrazionabili Un cavallo. Diritti unici e indivisibili “servitù”.
COSE SEMPLICI: Corpo con una sola unità naturale. Un servo, una pietra, una trave
COSE COMPLESSE: Insieme di parti distanti fra loro. Un gregge
COSE COMPOSTE: Insieme di parti che si toccano fra loro. Un armadio, un edificio
Detenzione: disporre materialmente di un bene con l'intenzione di tenerlo per un altro, che
ne conserva il possesso. Il servo detiene un bene per il padrone, il quale è il possessore
(tramite il servo ne detiene il possesso).
Comodato: comodante, comodatario. Il comodante preserva il possesso tramite il
comodatario, che detiene il bene. Posesso per intermediario.
OCCUPAZIONE: Prendere possesso del bene con l'intenzione di tenerla per sé. Essa
riguarda solo alcuni beni specifici come le:
RES NULLIUS ovvero animali selvatici (persi, inselvatichiti, su fondi privati con sanzione per
l’ingresso abusivo), le cose ritrovate sulla spiaggia (perle, coralli) ma non quelle lanciate
dalle nave in pericolo, le isole nate sui fiumi (no se sono sul limite di un fondo rivierasco).
RES HOSTILES, beni appartenenti ad un nemico di guerra, il quale può essere occupato
assieme ai suoi beni (diventa schiavo).
RES DERELICTAE: Cose che il proprietario lascia con l'intenzione di non recuperarle più,
occupabili. esistono due scuole di pensiero in merito: la Scuola dei Sabiniani e la Scuola dei
Proculiani; essi discordavano sul modo di acquisto del bene, concordando nel concetto di
proprietà. I Sabiniani credevano che chi abbandonasse un bene, perdesse immediatamente
la proprietà del bene, rendendolo res nullius, chi se ne impossessa diventa proprietario per
occupazione. Anche chi in malafede si impossessava di un bene senza proprietario non
commette reato.
I Proculiani sostenevano che chi abbandonava un bene non perdeva la proprietà su di esso,
ma la conservava finché qualcuno non se ne impossessava. Abbandonando il bene si
faceva una traditio, consegna, verso la persona ancora ignota che si sarebbe impossessata
del bene, ovvero una TRADITIO IN INCERTAM PERSONAM, diritto derivativo.
Esiste però un terzo caso, in cui ci si impossessa di un bene non dal vero proprietario, in
questo caso, se si è in buonafede, si diventa proprietari del bene grazie all’ USUCAPIONE
per diritto “pro derelicto”. Cose mancipi derelicte necessitano di un usucapione.
- IN IURE CESSIO: Diritto esclusivo dei cives, non era praticabile dai loro sottoposti a
titolo rappresentativo a causa di un antico divieto processuale e poiché non erano
persone sui iuris.
Questo atto era “astratto” e “in iure”, ovvero aveva luogo davanti a un pretore (Roma)
o un governatore (province): esso si basava sulla finta rivendica che l’accipiente
faceva nei confronti del bene del dante, il quale tacendo o negando una volta
interrogato dal magistrato, cedeva la proprietà del bene. Questo negozio era usato
per trasferire cose mancipi e nec mancipi; inoltre per i beni immobili era possibile
trasmettere la proprietà senza passare per il possesso.
L’atto era anche usato per la costituzione di un usufrutto o per la cessione di
un’eredità. Decade con il tempo tranne per i due casi prima indicati.
Traditio clavium: simbolica, usata per grosse quantità. Si consegnano le chiavi del
magazzino in cui si trovavano le merci, trasferendone la proprietà all’accipiente.
Traditio per chartam: simbolica, per vendere o donare molti schiavi. Invece di
consegnare gli schiavi uno per uno, si consegna il documento che attesta l'atto
giuridico.
Traditio longa manu: si indica la cosa da lontano, ad esempio un terreno visibile da
una collina, delineandone i confini.
Missio in vacuam possessionem: a vendita conclusa, si autorizza il neo compratore a
prendere possesso di un bene.
Traditio brevi manu: conferma di possesso del bene da parte del proprietario nei
confronti del possessore-usufruttuario. Trasferimento per intenzione, principio di
mutua volontà.
Costituto possesorio: Il proprietario posessore, vuole trasmettere la proprietà e il
possesso ad un altro, ma vuole mantenere in usufrutto il bene. Si evitano le classiche
due consegne del bene, lasciandolo al possessore a titolo di usufrutto, mentre l’ex
possessore acquisisce la proprietà e diventa proprietario. trasferimento per
intenzione, principio di mutua volontà.
Bisogna sottolineare che solo con l’avvenimento materiale della “traditio” era
possibile trasferire il possesso e la proprietà del bene (no documenti probatorio o
sotterfugi). In età imperiale le ultime due modalità sono contestate e riammesse da
Costantino, il quale introduce una modalità di svolgimento precisa per traditio di
vendita e donazione:
- Obbligatoriamente svolta sul posto, il tradente consegnava all’accipiente
l’immobile di fronte ai testimoni. A seguito di ciò, veniva redatto il documento
registrativo. Erano ammesse le forme di consegna fisica e più o meno
spirituale. La redazione del documento perde obbligatorietà, ma i cittadini per
tutelarsi mantengono questa pratica.
Mutua volontà:
- necessaria per distinguere questo atto, da altri in cui non era richiesta
l’accordo esplicito di trasferire e ricevere.
DONATIO
Annoverata tra i modi di acquisto della proprietà, nella concezione giustinianea oltre alla
donazione, per diventare proprietario del bene oggetto dell’atto è necessaria la traditio.
Giustiniano identifica 2 tipi di donatio:
- CAUSA DI MORTE, realizzate in caso di morte, perdevano di forza se il donatore
sopravviveva, oppure se il donatario moriva. Equiparata ai legati.
- NON A CAUSA DI MORTE, dette anche “inter vivos”, si perfezionano quando il
donante ha manifestato la sua volontà per iscritto o a voce. l’atto di donazione
produce l’obbligo di consegna.
L’atto è revocabile per indegnità, mancato rispetto di modi o termini.
tra le donazioni “inter vivos” vanno citate quelle nuziali.
USUCAPIONE
Ulpiano dà la definizione più coerente di questo atto:”l’usucapione è l’acquisto del dominio
attraverso il possesso continuato di un anno o due, a seconda che si tratti di cose mobili o
immobili”. Giustiniano lo definisce come lo schema negoziale con cui, un compratore in
buona fede acquisti da un non-proprietario un bene, ottenendo di fatto solo il possesso,
sanabile con l’occupazione continuata di 1 o 2 anni, in modo tale da ottenere la proprietà.
Contenuto anche nelle 12 tavole con il nome di “usus”, esso si trova a metà via tra il diritto
originario e derivativo. la ratio di questo atto è SANARE I DIFETTI DI ACQUISTO DELLA
PROPRIETÀ: per ottenere la proprietà legittima del bene era necessario dimostrare la
validità di tutti gli atti di trasmissione precedenti, se anche solo uno era fallace, l’iter si
bloccava; l’usufrutto poneva rimedio a ciò.
Un altro difetto risiedeva nella trasmissione di res mancipi tramite la traditio e non con gli atti
preposti: la traditio trasferiva solo il possesso di questi beni lasciando la proprietà al
trasmittente, usando l’usucapione era possibile ottenere la proprietà sul bene.
Riassunto errore di trasmissione:
- Acquisto da non proprietario: Trasmissione solo del possesso.
- Res mancipi trasmessa con traditio. Trasmissione solo del possesso.
Requisiti per l'usucapione:
- Res habilis, beni usucapibili, no cose rubate. Il ladro non usucapisce, nemmeno un
terzo che acquista il bene in buona fede il bene. In caso di occupazione di un fondo
abbandonato non lo si usucapisce perché in malafede.
- Bona fides, acquisire il bene senza vizi di volontà, ovvero essere sicuro di non
ledere nessun diritto del proprietario. Condizione necessaria durante lo svolgimento
di tutto l’atto. Età classica e preclassica si usucapisce anche in malafede “usucapio
pro herede” e “usureceptio”.
- Possessio, intenzione di tenere per sé in maniera ininterrotta. L'interruzione
dell’usucapione costringe l’usucapiente a ricominciare. La perdita del possesso
faceva decadere il diritto di usucapione. A partire da Giustiniano, anche le res
incorporales diventano usucapibili (diritti), prima di allora solo res corporales (casa,
anello, schiavo).
- Tempus, da 1 anno (mobili) e 2 anni (immobili). Da Giustiniano 3 anni (mobili) e
10-20 anni (immobili).
Accessio possessionis: soggetto che ottiene il possesso di un bene in forza di un
fenomeno di successione ereditaria (a negozio semi-concluso). Unione del tempo di
possesso del defunto a quello del nuovo possessore
Successio possessionis: soggetto che ottiene un bene a seguito di successione
ereditaria particolare (a negozio iniziato). Possibilità accordata di unire il tempo di
possesso del dante causa a quello del nuovo possessore.
- Giusta causa, motivo che giustifica l'acquisto della proprietà ai fini dell'usucapione.
1) pro emptore, a seguito di compravendita.
2) pro soluto, adempimento di un'obbligazione di dare
3) pro donato, costituito in dote.
4) pro derelicto, da abbandono.
5) pro suo, ottenimento possesso con provvedimento ufficiali.
6) pro dote, da dote
a) Il titolo doveva essere valido (soggetto capace), reale (veramente esistente) e
efficace (avveramento condizione sospensiva).
b) Il titolo doveva essere putativo, ovvero creduto valido e vero per un errore scusabile.
La vendita non è possibile ma l'usucapione è possibile.
RIGUARDA PAGINA 147-148
Il proprietario aveva il diritto di godere a pieno del suo bene, per farlo poteva agire con una
serie di azioni tra cui:.
- REI VINDICATIO, actio in rem del proprietario contro colui che possiede il bene
indebitamente.
1. legis actio sacramento in rem. Processo vero, “in iure” per l’appunto: 2
contendenti rivendicano la proprietà del bene tramite una scommessa
(somma in denaro), il rivendicante tocca con una bacchetta il bene e
pronuncia delle frasi di rito. Il magistrato toglie il possesso al possero e affida
il bene o al rivendicante o a terzi; inoltre impone garanti che si occupavano
della restituzione e della scommessa. Il giudice privato avrebbe deciso in
battuta finale chi sarebbe stato l'effettivo proprietario del bene e chi avrebbe
dovuto pagare la scommessa. Eventuale trattenimento del bene da parte del
perdente, comportamento che scaturiva con un’azione contro i garanti oppure
poteva avere luogo l’azione di recupero del bene, anche con la forza.
2. agere per sponsionem. Si articola su 2 livelli: una "sponsio", una
stipulazione dove si faceva promettere al possesore di pagare una
scommessa di 25 sesterzi in caso il reale proprietario riuscisse a provarsi
tale; una “cautio”, altra forma di stipulazione, con cui il possessore restituiva i
frutti e la cosa maturati fino al momento della contestazione. Quest’azione fu
inventata per andare oltre l’azione in sacramento, molto più onerosa.
3. agere per formulam petitoriam. Si svolgeva in due fasi: “in iure” e “apud
iudicem” . L’azione in rem spettava a chi si dichiarava proprietario civile,
“dominus ex iure Quiritium” ed era esperibile contro chi possedeva il bene al
momento della lite: possessore ingiustificato, abbandono doloso per evitare
l’azione e finto proprietario per depistare l’autore.
Utilizzata anche dai nudi proprietari che non avevano stipulato la “cautio
fructuaria”, sotto forma di azione in personam.
Il convenuto accettava di difendersi, prestando la “cautio iudicatum solvi” con
cui avrebbe pagato la somma della condanna, oppure se rifiutava di
difendersi, il pretore stabiliva l’interdetto “quem fundum/a. ad exhibendum”,
consegnando il possesso del bene all'attore; così facendo si invertivano i ruoli
processuali.
La rivendica a seguito di giudizio:
RESTITUZIONE: Il giudice concede all'attore di chiedere la restituzione del
bene. Oneri a carico del possessore: riconsegnare il bene nello stato del
momento della litis contestatio; in caso di danni, egli risponde per quelli
successivi alla contestatio.
Buonafede, risarcimento al possessore delle spese necessarie (ordinarie e
straordinarie) e utili (aumento di valore) e restituzione frutti dalla litis
contestatio in poi.
Malafede, risarcimento spese necessarie e restituzione di tutti i frutti.
Se il proprietario rifiuta il risarcimento si può agire con un'azione di eccezione
generale di dolo per fermare la sua azione.
CONDANNA PECUNIARIA: In caso di mancata restituzione, l'attore deve
fare una stima del bene (iusiurandum in litem) che diventava reale ed
effettiva; ciò spingeva il convenuto a pagare e a comprare la proprietà del
bene. Per res mancipi al massimo di acquistava il possesso, proprietà
ottenibile con escapione.
4. cognitio extra ordinem, Condanna in ipsam rem, ovvero il convenuto è
tenuto a restituire il bene, spontaneamente oppure con “manu militari”.
Rei vindicatio utulis, dove utilitas indica lo scopo ultimo del diritto privato.
- ACTIO FINIUM REGUNDORUM. Usata per definire i confini tra i fondi confinanti da
un giudice. Con il tempo questa azione viene usata anche per le controversie “in
loco” dove qualcuno si impossessa di pezzi di terra altrui e il proprietario può agire in
rivendica.
- CAUTIO DAMNI INFECTI:Cauzione per un danno non ancora avvenuto, temuto.
Esperibile dal proprietario che teme un pericolo da un fondo vicino (muro pericolante,
muro inclinato). Il proprietario preoccupato tramite la cautio (stipulazione di garanzia)
poteva tutelarsi. Nel caso il proprietario del fondo pericolante si rifiutasse di prestare
la cautio, il pretore emanava un decreto di detenzione del bene a favore del
proprietario che temeva il pericolo (un anno).
A seguito dell’ostinazione del proprietario del fondo pericolante, il pretore istituiva un
secondo decreto che decretava il possesso e l’usucapione a favore del proprietario
preoccupato
- ACTIONES NEGOTIARIAE: Azioni negoziare di servitù e usufrutto. Esperibile contro
chi si comporta da titolare di un diritto di servitù o usufrutto. Al proprietario attore
bastava provare d'essere l’effettivo proprietario del bene, mentre il convenuto doveva
dimostrare di avere diritto alla servitù. Azioni in rem modellate sulla vindicatio rei.
Esisteva la possibilità quindi di restituire, come nelle legis sacramento in rem oppure
in caso di mancata restituzione, il convenuto era sanzionato con una sanzione
pecuniaria, quantificata nella stima del bene.
- ACTIO AQUAE PLUVIAE ARCENDAE. Azione volta all'allontanamento delle acque
piovane, esperibile dal proprietario di un fondo nei confronti del proprietario del fondo
confinante che aveva alterato il decorso delle acque, con potenziale generazione di
danno. Il convenuto è tenuto a rimuovere l'ostacolo, pena una condanna pecuniaria
(iusiurandum in litem).
LA PROPRIETÀ
PROPRIETÀ PRETORIA
Gaio afferma che la proprietà a Roma subisce una divisione, ovvero potevano esserci un
proprietario pretorie e uno civile. Per il diritto civile il proprietario pretorio è un possessore di
buona fede in attesa di usucapire, che veniva tutelato dal pretore di fronte ai terzi come se
fosse un effettivo proprietario. 3 casi:
1) Res mancipi, tramite traditio, Vendita al cui seguito avviene la traditio della cosa
mancipi, generalizzazione del caso. Il trasmittente (rimasto proprietario) cita in
giudizio con la rei vindicatio il possessore di buona fede. Exceptio rei.
Il pretore istituisce la “actio publiciana” e la “exceptio”; rispettivamente la prima
consente al possessore di recuperare il possesso perduto, la seconda di bloccare
l’azione di rivendica dell’attore.
Actio publiciana, (simil azione di rivendica adattata) Il pretore tramite una “fictio”,
finge che il periodo di usucapione sia già passato e quindi il possesore diventa
propritario civile. Il possessore di buona fede sarà sempre tutelato nei confronti di
tutti. Il proprietario dante causa può rispondere con un’eccezione di giusto dominio,
alla quale l’attore replica con un’eccezione di dolo.
La proprietà pretoria/bonaria è solo transitoria perché viene sanata con l’usucapione
e l’ottenimento della proprietà civile sul bene.
2) Acquisto da non proprietario, Il compratore riceve solo il possesso. Il vero
proprietario non è chi trasmette il bene (è quindi in malafede), ma un terzo che non
ha ruoli nel negozio. In questo caso la tutela è meno piena: spossessato dal reale
proprietario, il possessore agisce con l'actio Publiciana, la quale è paralizzata dalla
exceptio iusti domini.
L’actio Publiciana ha forza quando a chiamare in causa l’accipiente possessore è un
terzo che non ha diritti sul bene tradito; IL VERO PROPRIETARIO VINCE SEMPRE.
3) Provvedimento ufficiale, gli interessati da questa azione sono coloro che hanno
ricevuto un bene a seguito di provvedimento ufficiale (Bonorum possessor, cautio
damni infecti…). I possessori sono a rischio di rivendica finchè non usucapiscono il
bene. Oltre all’actio Publiciana, essi dispongono di “actio Serviana”, dove il bonorum
possessor è considerato erede civile di beni ereditari.
Sostanzialmente vediamo che l’usucapione sana tutti i “difetti” della proprietà, a patto che vi
siano i requisiti necessari. I possessori (proprietari pretori) diventano proprietari civili.
Con la scomparsa degli atti ufficiali (iure cessio, mancipatio) la traditio diventa mezzo
universale per la trasmissione del bene; cessa anche la “traditio ex iusta causa”li editti/atti
pretori oltre a costitutivi del possesso, anche per la proprietà.
PROPRIETÀ PROVINCIALE
Nata in risposta all’espansionismo romana, la proprietà provinciale identifica tutti quei fondi
al di fuori dell’Italia, situati nelle province romane. Essi non erano soggetti al diritto pretorio
poiché appartenevano al Popolo Romano (in forma del senato) e al Principe.
Distinguiamo i “praeda tributaria”, i fondi principeschi e i “praeda stipendiaria”, quelli in
amministrazione senatoria. Erano rispettivamente governati da governatori o proconsoli e da
legati imperiali.
I privati che ottenevano la gestione di questi fondi, nei termini del “possessio vel usufructus”,
ovvero sotto forma di concessioni perpetue dietro pagamento di uno “stipendium” o
“tributum”. Diritto trasmissibile inter vivos e mortis causa. Praescriptio e vindicatio rei.
Nel tardo impero le distinzioni fra proprietà cadono e vengono unificate sotto il concetto di
“dominium ex iure Quiritium”: sotto Aureliano e Giustiniano i fondi italici sono equiparati agli
altri e vengono tassati; ciò è diretta conseguenza del decadimento del concetto di res
mancipi e della caduta in disuso degli atti formali (iure cessio e mancipatio) che vengono
sostituiti dalla TRADITIO.
LA COMUNIONE DI PROPRIETÀ
Pars pro indiviso, Alla base della communio c’è la pars pro indiviso, associale al nostro
concetto moderno di quota. ogni comproprietario ha una quota del diritto di proprietà che
corrisponde ad una frazione. In base al valore della quota sono ripartiti i frutti e le spese.
la quota può essere donata, data in pegno, lasciata in eredità, alienata e anche
abbandonata.
Il concetto di quota/parte indivisa affonda le sue radici nel mondo della Roma arcaica, dove
tramite il “consortium ercto non cito”, traducibile in “consorzio del dominio non condiviso”.
riguardava i figli dopo la morte del padre, i quali diventavano comproprietari dei beni del
padre che restavano in comune. PROPRIETÀ PLURIMA INTEGRALE.
DIVISIONE
La communio era considerata una situazione transitoria, che terminava con la divisione.
Dividendo si attribuivano ai vari soci, un diritto di proprietà su una singola porzione del bene,
rispetto alla rispettiva quota.
- Divisione stragiudiziale: esempio abbandono. Abbandonando la propria quota di un
fondo, essa andava ad arricchire quella degli altri soci e nel caso la “societas” fosse
composta da sole 2 persone, il socio restante diventa proprietario esclusivo.
In caso si volesse costituire una quota, si divideva il fondo/bene in proporzione ad
essa e poi, tramite un atto (mancipatio, iure cessio e traditio) il nuovo socio acquista
il suo diritto di proprietà a titolo derivativo
- Divisione giudiziale: esistevano 2 azioni: “actio familiae erciscundae” (divisione beni
ereditari) e “actio communi dividundo" (divisione beni non ereditari). Processo per
legis actiones, andavano esercitate nei modi della “legis actio per iudicis
postulationem”. Formalismo, redazione documento con informazioni per il processo,
il quale conteneva una clausola adiudicatio, con cui l’arbitro divideva in parti il bene
(titolo originario). Il documento permetteva anche al giudice di emanare una
condanna, come ad esempio quella di pagare conguaglio alle persone a cui è stata
negata una quota, da parte dell’unico intestatario di esse. Il giudice sanzionava al
risarcimento anche i soci che non avevano partecipato alle spese ordinarie.
Il giudice in sede di giudizio poteva anche costituire servitù a favore e a carico
dell’attore e del convenuto.
2) URBANE
- Servitus altius tollendi, servitù per impedire al vicino di sopraelevare un terreno.
- Servitus ne prospectui officiatur, ostacoli la vista o tolga la luce.
- Servitus proiciendi, diritto di sporgimento balconi.
- Servitus stillicidi, di far sgrondare acqua piovana.
- Servitus cloacae mittendae,
PRINCIPI FONDAMENTALI
a) Il fondo servente e quello dominante devono avere due proprietari diversi. Se i due
fondi appartengono allo stesso proprietario non sorgono servitù, ma se quello
servente è alienato a terzi, allora si crea una servitù a favore del proprietario di quello
dominante.
b) I fondi devono essere vicini. La servitù essendo costituita a favore del fondo
dominante, deve fornire utilità che è effettiva solo se i fondi sono vicini.
c) Le servitù sono a favore del FONDO non del PROPRIETARIO di esso, infatti esiste
la servitù di passaggio e non di passeggio.
d) Servitù duratura. Fino a Giustiniano essa doveva essere durevole nel tempo; da lui in
poi poteva essere temporanea.
e) Servitù come qualità del fondo. Essa è inerente al fondo e quindi, se esso è alienato,
anche la servitù subisce la stessa sorte.
f) Servitù unica del proprietario. Non può essere concessa in godimento ad altre
persone, poiché esclusiva del fondo e quindi del suo proprietario. Solo in alcuni casi
è godibile da altri a patto che questi detengano o posseggano il bene.
g) La servitù non può consistere nel fare. Sia positiva o negativa, il proprietario del
fondo servente non è tenuto a fare /non fare qualcosa, affinché il proprietario del
fondo dominante goda del suo diritto.
h) Servitù indivisibili. Il diritto di servitù è indivisibile. Tutti i proprietari possono goderne.
COSTITUZIONE
Diritto civile:
- Mancipatio, Iure cessio.
- Deduzione, dalla mancipatio e dalla iure cessio. Mentre si aliena un fondo si
costituisce una servitù a vantaggio del fondo dominante.
- Legato per vindicationem, testamento. Legato ad effetti reali autorizzato a creare
un diritto di servitù a favore di un erede.
- Aggiudicazione, comproprietà. Divisione di un fondo con più proprietari. se questi
decidevano di spartirsi il fondo, un giudice decideva di dividere il fondo in parti
corrispondenti alle quote, aggiudicando a ciascuno la proprietà della singola
porzione.
DIFESA
- Actio confessoria o vindicatio servitutis, azione in rem modellata sulla forma della
rei vindicatio. Esercitata in iure, il giudice privato, presentate le prove dell’attore,
invitava il convenuto a “restituire”, ovvero consentire l’esercizio del diritto, in più
tramite la “stipulatio” era fatta promessa di dal convenuto di non impedire mai più
ulteriori impedimenti.
Se il convenuto preferiva pagare la condanna pecuniaria, il diritto andava estinto.
- Actio Publiciana/Actio utilis, Istituita nei fondi provinciali dal pretore per tutelare le
servitù di questi fondi.
- Impedimenti, interdetti per togliere gli impedimenti opposti al godimento del diritto.
Erano a favore del proprietario del fondo dominante che includevano: ripari delle
condutture, riparo del transito e riparo dei pericoli che interessano il fondo servente.
USUFRUTTO
USUFRUTTO
Si tratta di un diritto estremamente personale legato allo status della persona e destinato alla
sua utilità. E’ INTRASMISSIBILE sia inter vivos che mortis causa. il bene è diviso in: nuda
proprietà e usufrutto. Quando terminato l’usufrutto ritorna al proprietario (ex titolare di nuda
proprietà).
Istituto voluto per tutelare la figura della vedova: alla morte del dominus, la vedova era
indicata come legato avente diritto di usufruire dei frutti di un bene, lasciando la nuda
proprietà del bene agli eredi del de cuius. Tutto ciò era fatto per evitare di disperdere il
patrimonio fuori della famiglia.
Diritto a termine, max 100 anni o la vita dell’usufruttuario, ciò è fatto per evitare di svuotare
la proprietà del suo contenuto. Applicabile solo alle cose inconsumabili, se il bene produce
frutti per farli proprio bisogna possederli; se il bene produce frutti non naturali, l’usufruttuario
acquista i frutti civili.
L'usufruttuario è DETENTORE (detiene il bene a titolo del proprietario), infatti deve “far salva
la sostanza della cosa stessa”, egli ha l'obbligo di conservare la cosa e restituirla allo stato in
cui gli è stata consegnata. In origine gli erano impediti anche eventuali miglioramenti del
bene. Tutto ciò era fatto tramite una stipulazione che aveva come principio quello del buon
padre di famiglia o del brav’uomo detta CAUTIO FRUCTUARIA.
- Nuda proprietà: il proprietario originale della cosa non può disporre liberamente del
bene, gli spetta solo la nuda proprietà: essa può essere ceduta sia inter vivos e
mortis causa. Al termine dell'usufrutto, il proprietario “espande la proprietà”,
riottenendo pieni diritti sul bene. Per chiederne la restituzione egli poteva agire con la
“rei vindicatio” oppure con “l’actio stipulatu” discendente dalla “cautio fructuaria"
ESTINZIONE. Morte dell’usufruttuario, capiti deminutio, scadenza del termine, rinuncia con
iure cessio, consolidazione, non uso, impossibile fruizione del bene (distruzione).
Giustiniano abroga la perdita dell’usufrutto se colpiti da capiti deminutio minima.
TUTELA
- Usufruttuario: “Vindicatio usus fructus” che è un’azione in rem. Funzionamento
simile alla vindicatio servitutis. Esperibile contro chiunque gli impedisca di godere del
suo diritto di usufrutto.
- Nudo proprietario: Actio vindicatio rei (rivendica del possesso da parte del
proprietario in caso di mancata di restituzione) e “actio ex stipulatu”.
QUASI USUFRUTTO
Schema negoziale, introdotto a seguito di un senatoconsulto, con lo scopo di dare
attuazione alle ultime volontà del defunto che aveva costituito tramite legato l’usufrutto di
cose consumabili (denaro, olio, grano, vino). Viene introdotta una “cautio” (stipulazione di
garanzia) con la quale l’usufruttuario si impegnava a restituire un quantitativo corrispondente
o una somma equivalente al valore di stima del bene oggetto del quasi usufrutto.
SUPERFICIE
Ulpiano e Paolo indicano come “superficies” tutto ciò che si trova al di sopra del suolo (case,
edifici, alberi…). Giustiniano riconosce il principio "superficies solo cedit”.
Superficies è anche diritto di costruire e di godere di un edificio su suolo altrui dietro
pagamento di un “solarium”.
1) Diritto Pubblico. Il diritto di superficie nasce quando città e Stato concedono a
privati ostruire taverne su suolo pubblico dietro pagamento di un canone
2) Diritto privato. Istituto applicato anche tra privati: edificio costruito su suolo altrui
fruibile solo dietro pagamento. (locazione/vendita)
3) Diritto pretorio. Riconoscimento azione di difesa a favore del superficiario.
interdictum de superficiebus; actio de superficies (azione in rem ed erga omnes).
4) Diritto reale. Il superficiario sviluppa un diritto reale su suolo altrui di edificazione e
di godimento totale di tale edificio a seguito del pagamento di un canone. Egli può
anche costituire servitù, usufrutto, pegno etc sull’edificio. L’edificio è trasmissibile
inter vivos e mortis causa.
ENFITEUSI
300-300 D.c. concessioni perpetue di terreni pubblici e privati dietro pagamento di un
canone.
Età classica, concessioni a privati di “agri vectigales” appartenenti ai municipi. Il
vettigalisa era possessore e percepiva i frutti tramite separazione, azione in rem per
difendere la fruibilità del diritto.
Legge di Zenone: istituisce l'enfiteus come contratto a sé stante. Redatta per iscritto, per la
disciplina del rischio (distruzione totale) a carico del dominus, (deterioramenti) enfiteuta.
Pagamento del canone a prescindere.
Giustiniano: sancisce che al mancato pagamento del canone decade il diritto comunque
vale ciò che si era deciso in sede contrattuale. In caso non si fossero presi provvedimenti in
materia, viene sancito che dopo 3 anni si perdeva il diritto di enfiteusi.
L'enfiteuta può alienare i miglioramenti in base a ciò che si era deciso nei patti. Se non si è
fatto nulla in materia è deciso che l’enfiteuta deve rendere pubblico il prezzo di vendita e il
dominus può esercitare il suo diritto di prelazione (2 mesi) in caso contrario la vendita
avviene normalmente. al padrone spetterà 1/50 del prezzo di vendita. Se tutto ciò avviene
all’oscuro del padrone, l’enfiteuta perde il diritto di devoluzione.
PEGNO E IPOTECA
SIGNIFICATO
l'istituto ha origine nel mondo del diritto pretorio e sorge nel III secolo avanti Cristo.
Ambito delle garanzie. un creditore può esigere dal debitore che questi presti garanzie
personali o reali, con cui soddisfarsi in caso di inadempimento.
“Pignus” e “hypotheca”, hanno significato uguale ma presentano una leggera differenza.
Il pegno è un qualcosa che il debitore dà al creditore in principio dell’accordo, quindi il
creditore riceve il possesso del bene (mobili); l’ipoteca no, non c’è la sua consegna
(immobili).
PEGNO DATO
Pegno dato a garanzia di un’obbligazione. Garante e debitore sono d’accordo. Il contratto si
perfeziona (produce effetti reali) solo al momento della consegna del pegno, quindi quando
avviene la presa in possesso da parte del creditore.
Il creditore ha l’obbligo di restituire il bene se il debitore adempie ai patti presi, in caso
contrario egli tiene per sé il bene.
COSTITUZIONE
- Pegno volontario, per libera espressione delle parti è costituito un pegno.
- Pegno legale, costituito dalla legge a favore della moglie o favore del pupillo.
- Pegno giudiziale, costituito quando un condannato convenuto si rifiuta di compiere
una certa prestazione. Non potendolo costringere con “manu militari”, risponderà
patrimonialmente.
Talvolta il pegno si forma tacitamente, come nel caso si faccia un mutuo in denaro per
restaurare un edificio: è sottointeso che l’edificio stesso è oggetto del pegno.
CASI PARTICOLARI
Per il pegno convenuto, un debitore poteva costituire più debiti sullo stesso pegno. In questo
caso valeva il principio “prior tempore potior iure”: chi aveva costituito il pegno prima, ne
beneficiava per primo.
Sono ammesse deroghe in virtù del livello fra creditore: la moglie ad esempio è uno tra i
creditori più importanti (ha in pegno i beni del marito per la restituzione della dote). I creditori
di rango più basso, pagando, potevano acquisire il credito di quelli più importanti.
Un debitore che costituiva due debiti, di cui uno coperto e l’altro no, pagando quello coperto,
manteneva in vita il pegno e si estingueva pagando solo quello non garantito
IL POSSESSO
POSSESSO
Esistevano varie categorie di possessori (dominus, illegittimo, creditore, clandestini), ma tutti
quanti potevano beneficiare della protezione del loro diritto di possedere, senza dover
dimostrare a che titolo lo facessero: infatti tramite i “possessio ad interdicta” Il possessore
era tutelato con strumenti decisi dal pretore, ovvero gli INTERDETTI, che gli consentivano di
difendere e recuperare il possesso se qualcuno tentava di portarlo via (atti di molestie) o
qualcuno tentava di spossessarlo.
Solo durante l’età classica il possesso ottiene una definizione quasi univoca: nel periodo di
Cicerone non ben specificato, nelle XII Tavole era detto “usus” e in età preclassica aveva
nomi variabili.
Solo nell’età classica il possesso è definito come una “res facti” e “signoria di fatto”, dove
il possessore con l’intenzione di tenere per sé il bene o di comportarsi come padrone,
disponeva del bene.
per definire il possesso tale devono concorrere “Corpore possidere” e “animus domini”;
infatti nella detenzione (possessio naturalis) manca l’idea di tenere il bene per sé,
(usufruttuario, conduttore, comodatario). Un detentore può diventare possesso a patto che il
bene gli sia alienato, se la sua condizione cambia senza l'atto adatto egli commetterà un
furto.
Il Possesso era ed è punto fondamentale dell'usucapione (possesso buona fede,
continuato).
Possesso anomalo: soggetti che hanno ottenuto il possesso del bene in forza di un
contratto/concessione, parliamo di creditori pignoratizi, sequestratario, precarista.
REQUISITI
Avere capacità giuridica patrimoniale e di agire (persone sui iuris), quindi bambini, schiavi e
furiosi non potevano possedere. I primi e i secondi al massimo potevano detenere in quanto
strumenti di acquisto e detenzione.
Compossesso: più persone hanno diritto di possesso su di un bene (stesso principio
comproprietà).
Si può possedere: un edificio (interezza), singoli animali di un gregge e un uomo libero
creduto schiavo in buona fede.
QUASI POSSESSO
Colui che esercitava un diritto di usufrutto o di servitù non era considerato possessore del
bene e non poteva quindi esercitare nessun tipo di azione di difesa, egli non poteva
usucapire nessun tipo di servitù o diritto.
In età classica cambia questa concezione e viene definito degno di difesa possessoria
chiunque riuscisse a dimostrarsi effettivo possessore del bene (serie di interdetti). Quasi
signoria di fatto su cose corporali. Per i bizantini, era possessore non solo chi ne avesse
titolo legittimo, ma anche l'esercente di fatto di diritto di usufrutto, servitù o simili: nasce così
il “quasi possessio” (esercizio di fatto del diritto).