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CONCETTI GIURIDICI DI RIFERIMENTO

- Si tratta di concetti giuridici creati a posteriori che sono tuttora utilizzati ma che sono
applicabili al diritto antico. I romani distinguevano varie tipologie di diritto da applicare
in diversi momenti della vita pubblica, privata e amministrativa.

Quando si parla di diritto lo si può dividere in 2 sezioni: oggettivo e soggettivo.


- Oggettivo: insieme di norme giuridiche che regolano lo Stato; come ad esempio il
diritto romano, quello pubblico, privato etc...
- Soggettivo: pretesa di un comportamento da parte di un soggetto; come il diritto di
credito, di proprietà etc… In questi casi il detentore di questo diritto può esigere un
comportamento preciso e normato da parte del secondo soggetto.

DIRITTI SOGGETTIVI: Possono dividersi in 2 categorie, ovvero assoluti e relativi. È


importante notare come i romani concepissero queste distinzioni, ma sotto un piano
processuale (azioni legali distinte per ogni caso).
● Assoluti: diritti valevi nei confronti di tutti (erga omnes). Questi diritti sono tutelati da
“azioni in rem” (azioni che tutelano la proprietà di un bene o la titolarità di un diritto),
esperibili contro tutti tramite un processo giuridico. Ad esempio un pater familiae può
chiedere ai consociati di non interferire con il godimento del suo diritto di potestà
familiare, in caso contrario egli può rivalersi per far sì che il diritto sia rispettato. Tra
questi diritti è necessario annoverare:
- potestà familiari: ad esempio il pater familias aveva potestà su schiavi (dominica
potestà) e altri membri della famiglia (patria potestas, figli) (manus, moglie) (persone
libere assoggettate dal pater). Tutelabili con “azioni in rem”.
- diritti reali: diritti su cose (reali=rem=cosa). Vanno citati il diritto di proprietà (1),
ovvero il poter disporre di un bene in maniera esclusiva e piena, agendo contro
chiunque violi il suo diritto. Esistono anche diritti di reali limitati (2), che hanno come
soggetto il bene di un'altra persona. Ad esempio su un bene di terzi, può essere
costituito un diritto reale limitato a favore di un altro soggetto, come un diritto di
usufrutto.

1) Bisogna però segnare una linea di demarcazione precisa tra “proprietà” e


“possesso”:
- Proprietà: si parla di un diritto che si è sviluppato su un bene (percepire i frutti,
trasmettere, distruggere).
- Posesso: si parla di una signoria di fatto, dove il possessore può tenere per sé il
bene (padrone).
Nel diritto romano ad esempio per trasmettere la proprietà di vari beni, era necessario un
atto solenne (schiavo, edificio, terra) detto “mancipatio”. In caso non venisse attuato l'atto
solenne, si praticava il “traditio”, ovvero un atto formale in cui chi riceveva il bene, non era
proprietario, ma solo possessore del bene, non poteva goderne nella sua pienezza..
Ciò mette in luce come proprietario e possessore possono NON essere la stessa persona.

2) I diritti reali limitati vanno distinti in:


- Godimento: ad esempio il diritto di servitù di passaggio (terra e beni
immobili), dove un proprietario terriero per accedere alla propria terra per
farlo deve transitare su un'altra proprietà. Usufrutto, l'usufruttuario può solo
godere il frutto del bene, nulla di più. Diritto di superficie, dove si può edificare
un edificio su suolo altrui, godendo dell'edificio pagando un canone regolare.
Enfiteusi, coltivare un terreno godendo dei prodotti del terreno pagando un
canone. NON SI TRATTA DI CONTRATTI (NON HANNO EFFETTI REALI) DI
AFFITTO, POICHÉ QUESTI NON POSSONO ESSERE DIFESI CON
“UN'AZIONE IN RES”.
- Garanzia: diritti grazie al quale il credito è garantito ad esempio (pegno e
ipoteca). Ad esempio in caso di mancata restituzione del prestito (debito) il
creditore è autorizzato a trattenere il pegno.

● Relativi: diritti valevoli solo su determinati soggetti. Da qui abbiamo azioni legali “in
personam”, ovvero nei confronti di un soggetto ben determinato; ad esempio se un
creditore non riuscisse a recuperare i soldi prestati, egli ha diritto di rivalersi solo ed
esclusivamente sul debitore. Vanno citati diritti di credito e di obbligazione; ad
esempio un soggetto (creditore) può esigere un comportamento preciso dal debitore
e solo nei suoi confronti, come ad esempio il pagamento di una somma in
denaro;egli può quindi esercitare una azione “in personam”.

FATTO GIURIDICO: accadimento giuridico da cui dipende un effetto giuridico; come ad


esempio un accadimento naturale, come la nascita, grazie alla quali si ottengono diritti e
doveri. Si può parlare anche di accadimento volontario, attuato con sciamento dall'uomo,
come furto o un accordo. Nello specifico si parla di un “atto giuridico”.
Esso può essere lecito o illecito. Nel mondo romano esistono “crimini” (reati), puniti con
processo criminale e pene afflittive (morte, lavori forzati) e “delitti”, dove questi potevano
essere scontati con il pagamento di una somma di denaro; ad esempio il furto veniva
ristorato con un pagamento di una cifra in denaro (rapporto creditore-debitore tutelato azione
ad personam).

ATTO GIURIDICO: comportamenti umani consapevoli produttivi di effetti giuridici ben


definiti.

NEGOZIO GIURIDICO: indicare una manifestazione di volontà diretta a conseguire effetti


giuridici garantiti dall'ordinamento giuridico, dove però viene lasciata più autonomia alle parti
nel conseguire gli effetti voluti.
- Unilaterale, bilaterale, plurilaterale: manifestazione della volontà di uno o più
soggetti. Testamento=unilaterale, volontà del testatore/ Contratti: plurilaterale
- Inter vivos, mortis causa: negozio che produce effetti alla vita/morte del testatore.
- Gratuito: esso fornisce un bene a titolo gratuito senza ulteriori pagamenti
(comodato, donazione)
- Oneroso: il negozio fornisce un servizio a seguito della diminuzione del bene
(compravendita, locazione).
- Effetti reali: idoneo, capace di trasmettere il diritto di proprietà o capace di costituire
diritti reali limitati (trasferimento di una proprietà, diritto di usufrutto etc…). si dividono
in:
1) inter vivos (mancipatio, in iure cessio, traditio),
2) mortis causa (legato per vindicationem), disposizione contenuta nel
testamento con la quale si lascia il “servo in conditio”. Il legatario diventa
proprietario dello schiavo e può rifarsi su chi possiede la proprietà che gli
spetta in caso non gli fosse stata consegnata.
- Effetti obbligatori: effetto di produrre delle obbligazioni (rapporto debito-credito):
1) inter vivos (contratti tipici e innominati, patti)
2) mortis causa (legato per damnationem, fedecommesso). Si da incarico
all'erede di trasmettere il bene al destinatario del bene.

SOGGETTO DI DIRITTO: si tratta di un'entità che può essere titolare di diritti e obblighi,
ovvero avere capacità giuridica. Oltre all'uomo fisico, anche altri enti possono essere titolari
di diritti e obblighi (persone giuridiche). queste ultime si dividono in:
1. Corporazioni: aggregazioni di persone, le quali nel complesso (come ente) sono
titolari di diritti. Potevano essere di diritto pubblico (Stato romano inteso come ente e
quindi titolare di diritti e obblighi, città, colonie) e di diritto privato (collegi, sodalizi,
che riunivano persone con la stessa professione, culti religiosi).
2. Fondazione: patrimonio avente diritti e doveri (età post classica).
Nel diritto romano non tutti gli individui avevano capacità giuridica uguale. Al fine di godere
di piena capacità giuridica, un soggetto doveva essere libero e non schiavo, cittadino
romano e non straniero o latino ed infine su iuris (il soggetto non doveva avere un pater che
esercitava la potestà su di lui,); chi rientrava in questa categoria erano i pater, bambini/e
emancipati. Questa pienezza di capacità giuridica era quasi esclusivamente maschile.
I liberti avevano una limitata capacità giuridica, poiché nati non liberi. Erano ad esempio,
anche da liberi, soggetti ad obblighi e doveri nei confronti dell'ex padrone.
Stranieri e non cittadini non avevano piena libertà giuridica. I figli di famiglia seppur cittadini,
erano soggetti a patria potestà paterna, non avevano quindi capacità giuridica patrimoniale
(no proprietà di beni).
Gli schiavi, equiparati a beni, erano privi di ogni libertà giuridica.

CAPACITÀ GIURIDICA: Si acquista con la nascita e la si perdeva con la morte. Se un figlio


nasceva da un matrimonio legittimo, il figlio seguiva la condizione paterna dal momento del
concepimento (padre romano, padre latino, padre peregrino). se il figlio nasceva da una
relazione illegittima, si guardava alla condizione della madre al parto (madre romana, madre
peregrina, madre latina). Restrizione legge di Minicia.
Se nato da una relazione legittima, il figlio era necessariamente di condizione libera, come il
padre. in caso di relazione illegittima, si guardava la condizione della madre in termini di
libertà.
Capitis deminutio: cambiamento della capacità giuridica favorevole o sfavorevole (cambio
di gruppo sociale):
- Maxima: perdita libertà e implicitamente cittadinanza. perdita dei legami familiari
(schiavo, prigioniero di guerra).
- Media: perdita solo della cittadinanza (esilio, confino) che comporta la perdita della
patria potestà.
- Minima: variazione dello stato di famiglia. Soggetto sui iuris che diventa alieni iuris.
Adrogatio, un pater familia che veniva abrogatio, diventava alieni iuris e cambiava
quindi il suo status di membro di famiglia. Questa pratica era usata dai peter familia
per eleggere un successore. Adoptio, un figlio veniva adottato da un altro pater e
passa sotto la sua potestas.
CAPACITÀ DI AGIRE: Attitudine a compiere atti giuridici. Il soggetto può compiere
legittimamente degli atti giuridici. Spetta solitamente liberi, cittadini sui iuris. Vi sono ad
esempio soggetti che sono cittadini, liberi che però non hanno capacità di agire (impuberi
14M e 12F, infans 7 anni, donne, malati). Impuberi e infans sono muniti di tutori che
compiono atti giuridici per conto loro, tranne per gli “atti vantaggiosi” che il soggetto può
compiere. Le donne erano sottoposte a tutela (tutore del sesso) poichè incapaci di badare ai
loro affari (levia animis) e quindi incapaci di contrarre atti giuridici.
I malati di mente (furiosus, prodibus) erano sottoposti alle cure di un curatore.
Vi sono soggetti capaci di agire, che però non avevano capacità giuridica patrimoniale; ad
esempio i figli di famiglia, potevano però accedere alle cariche pubbliche e contrarre atti
giuridici.
Gli schiavi avevano capacità di agire, ma non giuridica.
In caso questi soggetti compivano un atto vantaggioso, il diritto passava al pater familia o
all'avente potestà.

ATTO GIURIDICO

FORMA: Nell'epoca arcaica, la forma dell'atto era molto importante. la maggior parte di
questi atti erano orali e comprendevano la pronuncia di parole precise e nel compiere gesti
solenni. In caso non venissero rispettati questi gesti, l'atto era nullo.
Schemi negoziali: negozio preciso che comprende atti e parole che potevano essere usati
per vari atti e da cui derivano altri atti.
- Atti per rame e bilancia: nel rituale necessario per l'atto vi è la pesatura di un metallo
su una bilancia:
1. Nexum: prestito del metallo pesato sulla bilancia (atto a effetti obbligatori) che
comportava la creazione del rapporto creditore-debitore. Con l'introduzione della
moneta coniata, esso perde di rilevanza e viene sostituito dal contratto di mutuo.
2. Solutio per aes et libram: metallo pesato con cui si estingue un debito, questo atto
serviva a estinguere debiti precisi (debito per condanna, legato per effetto
obbligatori). Definirlo propriamente un atto è incorretto, perché non vengono prodotti
né effetti reali né effetti obbligatori. Con l'introduzione della moneta, i debiti venivano
saldati con il denaro; l'atto quindi permane ma cambia di scopo: esso era usato per la
remissione del debito (il creditore non voleva essere pagato).
3. Mancipatio: vendita di beni di mancipi (fondi italici, schiavi, animali da tiro) con l'uso
del metallo pesato durante l'atto; atto ad effetto reale perché trasmetteva la proprietà
della cosa in cambio di un prezzo. L'atto prevedeva la presenza di 5 testimoni, un
pesatore e le parti dell'atto rappresentate dal “trasmittente” (mancipio dans) che
portava con sé il bene e “l'accipiente” (mancipio accipiens) .
Veniva poi pronunciata una formula solenne dal compratore (Diritto dei Quiriti) nel
mentre un pesatore, avrebbe pesato il metallo, che sarebbe poi stato consegnato al
trasmittente: il metallo rappresentava il “prezzo” da pagare per il bene oggetto
dell’atto. Solo con il rispetto di queste procedure, l''accipiente diventava proprietario
del bene a fine del processo. L’atto ha effetti reali in quanto produce un diritto reale o
assoluto.
Con l'introduzione del denaro il valore dell'atto cambia: la pesatura non ha più lo
scopo di quantificare il prezzo del bene, ma serve solo per mantenere il valore
ritualistico; l'atto in sé non comporta più il pagamento di un prezzo, “la causa”
dell'atto non è più la stessa: esso ormai è astratto, ovvero dalla causa dell'atto non si
evince più il senso di esso; infatti il procedimento della pesatura è or puramente
simbolico: al posto del metallo-prezzo, si pesava una moneta con valore puramente
simbolico; inoltre la dichiarazione iniziale non era più legata alla formula “Diritti dei
Quiriti”. Questo atto serviva semplicemente a trasmettere la proprietà di mancipi non
solo per vendita (donazione, doti). Presenza di contratto compravendita con effetti
obbligatori.

Atti ispirati alla mancipatio: Coemptio (matrimonio, acquisto con manus), Mancipatio
dei sottoposti (fa acquistare il mancipium), Emancipatio (liberazione dalla patria
potestà), Mancipatio familiae (disposizione dei propri beni post mortem, precede il
testamento; da esso deriva il testamento per rame e bilancia). Vendita: scambio bene
per soldi. Trasmettere: cessione proprietà non per soldi.

- In iure cessio: trasmettere la proprietà di tutte le cose “nec mancipi” (atto a effetti
reali). Dal punto di vista della forma, esso era assimilabile al processo di rivendica:
dal punto di vista procedurale e formale, vi erano il cessionario, il cedente e il
magistrato. Il cessionario chiede per sé il bene, il cedente tace e quindi acconsente; il
magistrato aggiudica al cessionario la proprietà del bene. La procedura processuale
si ispirava alla "vindicatio rei” (legis actio sacramento in rem).
Da essa potevano costituirsi rivendiche/acquisizione di diritti di usufrutto e servitù
(stessa procedura della in iure cessio). 2 importanti atti da essa derivati sono:
1) Adoptio: adozione dei figli di famiglia. In primis erano necessarie 3
mancipatio per liberare il figlio dalla potestà genitoriale, poi tramite una “in
iure cessio” l'adottante prendeva proprietà del figlio.
2) Manomissione vindicta: finto processo di libertà. I due soggetti simulano
una battaglia con una bacchetta (simulazione lotta). Qualcuno poi reclama la
libertà dello schiavo (assertore della libertà) per conto di quest'ultimo, il
padrone quindi tacendo, acconsente alla liberazione dello schiavo.

- Stipulatio: atto a effetti obbligatori (debito-credito, azione in personam) dove uno


stipulante (creditore) e un promittente (debitore) prometteva di dare un fondo, uno
schiavo o anche di non agire (obbligo di varia natura a favore dello stipulante). Esso
prevedeva la pronuncia di determinate parole e soprattutto il rispetto dello schema
domanda-risposta rapida e immediata (prometti di darmi… prometto); ciò implica la
presenza di entrambe le parti. l'atto aveva due conseguenze:
Sponsali: atto di fidanzamento che implica il pagamento di una penale in caso di
mancato matrimonio.
Acceptilatio: modo solenne per estinguere un debito derivato da stipulazione: il
creditore condona il debito al debitore.

ATTI DI EPOCA ARCAICA:


1) economia dei mezzi giuridici, piuttosto che inventare atti giuridici ex novo, si
utilizzava un negozio già esistente, adattandolo al caso.
2) formalismo: il rispetto della forma era vincolante per la buona riuscita del
negozio; ogni simbolo o parola aveva un valore preciso.
3) tutela dell'affidamento: chi concludeva il negozio poteva fidarsi della
dichiarazione dell'altro contraente (Testimone, magistrato).

REAZIONE AL FORMALISMO:
Essa si è sviluppata sotto varie forme, in buona parte sotto la figura del pretore e del
giurista, il quale sviluppa nuovi concetti:
- Concetto di testamento per rame e bilancia: Il pretore, in caso vi siano errori formali,
riconosce l’atto valido purchè vi sia un documento suggellato da 7 testimoni.
- Procedimento di trasmissione delle proprietà. Al fine di trasferire la proprietà di un
bene erano necessari o la “in iure cessio” o la “mancipatio”; in altro caso si ricorreva
alla meno formale “traditio”, che trasmetteva solo il possesso delle cose Mancipi. In
questo modo il cedente (proprietario) poteva citare in giudizio il cessionario
(possessore) per rivendicare il bene, uscendo sempre vincitore dalla causa, a
differenza della controparte (no proprietà, no diritti). Intervente del pretore a tutela
dell’accipiente.
- Astrattezza, (iure cessio, stipulatio, mancipatio) dagli atti non è deducibile lo scopo
dell'atto giuridico, il quale mantiene di validità anche in caso di scomparsa della
causa. Ad esempio: stipulazione di una dote, in caso di mancato matrimonio, il pater
avrebbe comunque dovuto dare al genero la dote. Il pretore applica un'eccezione e
fa sì che il padre tenga per sé il bene per cause di forza maggiore. Pag.47
- Atti di volontà e atti nudi, i primi rientrano nella categoria forme negoziali tipiche, i
secondi sono negozi atipici che vanno ricondotti ai primi. Ad esempio un prestito di
denaro non fatto rispettando le forme della stipulatio, è reso vincolante dall’intervento
del pretore. Valorizzazione della “voluntas” e “bonda fides”.
- Tipicità, i negozi giuridici dovevano essere contratti all'interno della sfera della tipicità.
Il pretore creerà negozi detti “patti” che non sono quelli classici, che però sono
riconosciuti da un punto di vista giuridico.
- Testamento, i giuristi iniziano ad accettare nuove formule per indicare l'erede nei
testamenti.
- Prassi, ad esempio nella “Stipulatio” veniva redatto un “instrumentum” (documento di
prova che attesta l'avvenuto atto in prima o terza persona, che con il tempo sostituirà
l'atto orale). Lo stesso sistema legislativo imperiale accetterà questi cambiamenti dal
basso: l’imperatore Severo (200 d.C.) in uno scritto afferma il valore del documento
scritto sulla parola pronunciata e dando allo scritto valore giuridico. Lo stesso
imperatore Leone (472 d.C.) afferma la libertà nella stipulazione orale, senza l'utilizzo
di forme specifiche, a patto che le parole usate esprimessero la volontà delle parti;
infine lo stesso Giustiniano accoglie e presume addirittura la compresenza delle parti
(fino a prova contraria) al momento della sottoscrizione del documento, saltando la
stipulazione orale.
La “stipulatio” perde la sua tipicità e viene utilizzata per una vasta gamma di accordi.

L'affermazione della forma scritta su quella orale, fa si che si creano nuovi tipi di atti:
- Ad substantiam: testamento pretorio, contratto letterale, formule processuali,
manomissione per epistola, i codicilli, testamento tripartito….
- Ad probationem: atti a forma scritta e atti a forma orale e altri atti, in cui si può
scegliere se stipulare in forma orale o scritta. Ciò è dovuto a Giustiniano, che quindi
regolamenta la questione, introducendo forme scritte precise e soprattutto
legalizzando la rescissione contrattuale da parte di uno dei due contraenti in caso
- uno di essi non sia più concorde sulla forma di formulazione dell'atto. integra pag.
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VOLONTÀ E DICHIARAZIONE
Formalismo esterno: mancata o erronea pronuncia delle formule che comportavano la
mancata produzione, da parte del negozio giuridico, degli effetti voluti.
Peso della volontà e della dichiarazione.
1) Dichiaro consapevolmente una volontà che non ho o diversa da quella che ho.
È ciò che succede nel negozio per gioco (atto teatrale o scopi didattici) o quello per
riserva mentale (nascondere motivi). Siamo nel caso della simulazione:
- Assoluta, le parti mostrano di voler concludere un certo negozio ma in realtà
non ne vogliono concludere alcuno (vedi manuale). SIMULATO=NULLO
- Relativa, le parti mostrano di voler concludere un negozio ma in realtà ne
voglio concludere un altro, ad esempio una vendita, che in realtà è una
donazione. SIMULATO=NULLO, DISSIMULATO=VALE SE NON VIOLA LA
LEGGE. la differenza sta nel ciò in cui si dichiara e ciò che si vuole.
- Riserva mentale, quando un soggetto dichiara una volontà esteriore differente
dalla sua volontà interiore.
2) La dichiarazione è corretta ma la mia volontà non si è formata spontaneamente è
quindi viziata (errore, vizio, dolo):
- Errore di fatto: falsa rappresentazione della realtà, a causa di ciò concludo un
negozio in malafede, che normalmente non avrei accettato. L'atto può essere
dichiarato nullo (errore essenziale):
1) error in corpore, sull'oggetto dell'atto;
2) error in negotio, sulla forma di atto;
3) error in persona, sull'identificazione del contraente;
4) error in substantia, sulla sostanza materiale del bene;

- Errore di diritto:
5) error in nomine, nominare un contraente credendo sia un altro;
6) errata descrizione, errore nella descrizione del bene;
7) errore quantità, fraintendimento sull'importo/quantità da pagare;
8) error in qualitate, sulla qualità/tipo della sostanza;

ERRORE DI DIRITTO: errore che si basa sulla non conoscenza delle norme giuridiche e
che non lo rende annullabile. Per i minori di 25 anni, rustici, soldati e donne, esistono delle
eccezioni per questo caso.
Chi sbaglia, ha tutto l'interesse nel chiedere l'annullamento dell'atto, annullamento che
avveniva solo quando vi è un punto fallace molto importante.

VIOLENZA (METUS): Nel diritto romano questo atto era punibile con il pagamento in denaro
come pena e invalidava l'atto, essa era di 2 tipologie:
V. ASSOLUTA: costrizione materiale di un soggetto nel compiere un negozio, ad esempio un
soggetto è obbligato a firmare un atto. i romani si occuparono poco di questo caso poiché
buona parte dei negozi giuridici erano di natura orale, quindi difficilmente coercibili.
V. MORALE: Essa riguarda gli atti di minaccia, tali da spaventare persone difficilmente
suscettibili (ex. minaccia di morte).
Ci sono due distinzioni da fare:

- DIRITTO CIVILE, il negozio è ancora valido, anche se la persona che lo ha firmato


era sotto costrizione, poiché essa lo voleva;
- DIRITTO DEL PRETORE, egli fa sì che quel negozio sia annullato, venivano forniti
strumenti giuridici per invalidare il negozio:
1. Actio metus, azione, la vittima chiamava in causa l'accusato, usata solo dopo
l'applicazione dell'atto, quando la vittima aveva già ceduto il suo bene. Essa
era un'azione illecita penale: chi si era appropriato del bene in maniera
impropria, aveva un anno di tempo per restituire il quadruplo del valore del
bene, dopo un anno solo il valore nominale. Quella somma di denaro
assumeva valore di pena (punire chi aveva ottenuto il bene con l'uso di
violenza). Era un'azione in personam perché si esigeva un comportamento
(soldi) da chi perpetrava l'illecito.
Ogni azione aveva una formula (istruzione per il giudice) che conteneva una
clausola arbitraria, nel nostro caso essa diceva che se il convenuto aveva
torto era invitato a restituire il bene in modo tale da essere assolto, in caso
contrario si procedeva con la sanzione pecuniaria.
Questa azione era anche in rem scripta, ovvero contro colui che ha ottenuto
vantaggio dalla violenza (lo sgherro o l'estorsore, non erano puniti, il
mandante sì)
2. Exceptio metus, eccezione, strumento con cui la vittima della violenza
chiamata in giudizio, poteva dimostrare di aver concluso la stipulazione sotto
violenza e ottenere la restituzione del bene.
3. In integrum restitutio, il pretore riportava la situazione allo stato antecedente
al negozio (tizio è forzato da caio a rifiutare un eredità, il pretore applica
un'azione con cui tizio può reclamare per sua l'eredità)

DOLO: Raggiro nei confronti di una persona ai danni dell'altra, inducendola in errore, frode.
Se a causa dell'inganno viene commesso un errore di qualsiasi natura, il negozio va
considerato nullo, così è nel diritto pretorio, mentre in quello civile solo alcuni tipi di errore
potevano invalidare l'atto. Il dolo era visto come un atto illecito, punito quindi con una pena
pecuniaria che era nel semplice valore della cosa e con un atto infamante, che inibiva le
capacità giuridiche e l'onorabilità dell'infamato.
Il soggetto che aveva ingannato era obbligato a pagare una somma in denaro, che
corrispondeva al valore del bene, a titolo di pena, alla vittima (azione in personam, rapporto
creditore-debitore). In caso di mancato pagamento si procedeva con l'azione penale.
Il pretore pone nel nulla il negozio attuando delle misure giuridiche, concedendo alla vittima
del dolo 2 strumenti:
- Actio de dolo. VEDI ACTIO METUS. (azione in personam, clausola restitutoria,
Sussidiaria si esercitava ogni volta vi fosse un comportamento illecito non
sanzionabile con altre misure, contro chi ingannava)
- Exceptio doli. VEDI EXCEPTIO METUS. Passato=commessa al momento della
sottoscrizione dell'atto, Generale=contegno iniquo al presente (esempio di mancato
matrimonio)
ELEMENTI DI NEGOZIO

ELEMENTI ESSENZIALI: elementi necessari affinché il negozio sia valido, natura giuridica
propria del negozio.
- volontà
- causa (se prevista)
- forma (se prevista)
In un atto di compravendita, che ha come oggetto uno schiavo, vediamo che sono presenti
la causa (scambio del bene per denaro), la volontà (dichiarazione di acquisto del bene) e la
forma (negozio di compravendita). All’interno dell’atto sono presenti inoltre un termine e un
modo.
ELEMENTI NATURALI: discendono dal negozio, ma disapplicabili.
ELEMENTI ACCIDENTALI: possono essere introdotti dalle parti.

1. Condizione (condicio), è una clausola introdotta da un “se”, da cui dipendono gli


effetti dell'atto, che avranno valore legale solo al verificarsi di un avvenimento futuro
e incerto (In una stipulazione prometti di darmi il serve se la nave arriverà dall'Asia?
Prometto). L'atto avrà effetti giuridici solo al rispetto di queste condizioni. La
condizione può essere sia SOSPENSIVA (sospende la validità dell'atto, che non
produce effetti giuridici, fino a quando non avrà luogo l’avvenimento indicato nella
clausola) e sia RISOLUTIVA (all'avverarsi della quale un dato negozio giuridico
diventa immancabilmente efficace.).
Quelle sospensive si dividono in:
● Condizione potestativa, dipendono dalla volontà di uno dei contraenti
(Prometti di darmi 100 sesterzi se ti erigerò un monumento a tua memoria);
● Condizioni casuali, volontà di terzi esterni al negozio e eventi casuali
(Prometti di darmi il grano se verrà la neve dall’Asia?);
● Condizioni miste, mix tra volontà di uno dei 2 contraenti ed eventi casuali;
(Tizio sia mio erede se sposerà Gaia)

● Condizioni positive/negative, in base al tipo di avvenimento che può essere


positivo o negativo (Pos. Prometti di vendermi il grano se ARRIVERÀ la nave
dall’Asia? Neg. Prometti di vendermi il grano se la nave NON VERRÀ
dall’Asia?);
● Condizione potestativa negativa, ad esempio al “legatum cum
vindicationem" “Do in eredità a mia moglie il fondo capenate se non si
risposerà”. L’accertamento di tale condizione era possibile solo alla morte
della vedova, per risolvere il problema il Giurista Quinto Mucio Scevola,
propone come soluzione: tramite stipulazione, il donatario promette di
rispettare la condizione imposta dal defunto, pena la restituzione del bene.
Essa prendeva il nome di “CAUTIO LUCIANA”
● Condizione illecita o turpi, ad esempio richiesta di compiere un omicidio o
atti contro la morale.
● Condizione impossibile, irrealizzabile.
La scuola giuridica dei Sabiniani, permette di eliminare la condizione se turpe, impossibile o
illecita, al fine di tutelare le ultime volontà (favor testamenti)
● Condizione impropria, non rispettare il carattere “futuro e incerto” della
condizione (prometto di dare lo schiavo se ieri la nave è arrivata dall'africa),
oppure anche le clausole considerate superflue (ridondanti o non previste nel
formalismo giuridico).

Esistono atti, detti “Actus legitimi" che non prevedevano nessun tipo di clausola, tra di essi
vanno ricordati gli atti di trasmissione della proprietà quali la “mancipatio”, “in iure cessio" e
"traditio".
Ci sono varie fasi nella condizione: Condicio pendet, l’atto esiste, ma gli effetti del negozio
sono sospesi. Se ho già pagato prima dell’avveramento della condizione posta dalla
clausola, posso chiedere indietro il denaro, posso ripetere. Condicio Extat, l'atto è efficace
da ora, ex nunc, ovvero dal momento in cui la condizione si verifica. Condicio deficit, l'atto
non produce effetti quando la condizione precedentemente indicata non si avvera; in caso
essa non si verifichi a causa di terzi, la condizione è da considerare avvenuta e quindi il
negozio produce gli effetti giuridici previsti e ha validità .

Per quanto riguarda la condizione risolutiva, essa non fu impiegata prima dell’epoca
Giustinianea, infatti prima si era soliti costruire l’atto come “puro” seguito da un patto
risolutivo sottoposto a condizione sospensiva. Ad esempio, durante una compravendita,
utilizzando questa condizione, il venditore se non fosse stato pagato nei termini e modi
prestabiliti, avrebbe ri-ottenuto i diritti sul suo bene.

2. Termine (dies), fa dipendere gli effetti dell'atto da un avvenimento futuro e certo. Si


divide in: SOSPENSIVA (iniziare a pagare da una certa data), FINALE (fa cessare gli
effetti di un negozio, ti presto qualcosa fino a una certa data). Nel caso della
sospensiva sorgono obblighi e diritti, è però sospesa l'esigibilità (il creditore non può
esigere il credito prima della prefissata scadenza); inoltre non è possibile “ripetere”,
non si può chiedere la restituzione della somma pagata a seguito dell'accordo,
poiché il debito è sorto.
Esistono inoltre atti che non supportano il termine finale o sospensivo, ma
supportano invece la condizione sospensiva, come ad esempio gli atti di istituzione di
eredi.
● Termine proprio, il “se” è sempre certo, ma il “quando” può essere certo o
incerto.
● Termine improprio, (assimilabile alla “Condizione”, perché futura e incerta), il
“se” è sempre incerto, il “quando” può essere certo incerto.

3. Modo (modus), clausola applicabile solo agli atti di liberalità (attribuzione ad un


soggetto di un beneficio senza corrispettivo: manumissione, donazione, legato). Il
“modo” imponeva un comportamento preciso al beneficiario: l'erede istituito, al fine di
beneficiare dell'attribuzione, DEVE compiere un certo atto (mancanza del “se” dalla
formula, presenza di “e”, "affinché"...). Inizialmente l'atto produceva effetti anche se il
beneficiario non rispettava la clausola, si trattava di un obbligo puramente morale.
Solo con Giustiniano verrà istituita un'azione generale per l'adempimento
dell'obbligo. Vedi pagina 66, 12, ultime 10 righe.
Rappresentanza: La volontà negoziale è prestata da un soggetto (rappresentante) diversa
da colui che ha voluto il negozio, gli effetti del negozio ricadono sul “rappresentato”, come
nel caso di acquisti di beni senza mandato. Essa può essere di vari tipi:
- Legale, come nel caso di pueri, furiosi e donne, disposta dalla legge in forma di un
tutore/curatore;
- Volontaria, dove tramite accordo un soggetto ne rappresenta un altro, sia in
unilateralmente sia bilateralmente; ad esempio tramite un contratto di mandato
“mandatum” o tramite la gestione di affari “negotiorum gestio”;
- Diretta, il rappresentante agisce in nome e per conto del rappresentato (gli effetti del
negozio giuridico ricadono immediatamente in capo al rappresentato);
- Indiretta, il rappresentante agisce in NOME PROPRIO per conto del rappresentato
(gli effetti di questo atto ricadono in capo al rappresentante che avrà l'onere di
trasferire gli effetti al rappresentato tramite “actio mandati” o "actio negotiorum
gestorum”);
La rappresentanza indiretta era quella più comune ed utilizzata dai Romani.

Di regola nel diritto romano, il rappresentante subisce direttamente gli effetti dell'atto su
stesso; ci sono però alcune eccezioni in cui gli effetti vengono fatti ricadere sul
rappresentato:
- Procuratore di tutti i beni, Incaricato di gestire i beni di un dominus. Egli agiva come
rappresentante indiretto, talvolta operava come rappresentante diretto. Egli poteva
acquistare direttamente per conto del dominus, attraverso la “traditio”, il possesso e
la proprietà delle cose “nec mancipi” e il possesso. Tramite l’azione pretoria “ad
exemplum institorie” un creditore poteva agire direttamente sul dominus, non
coinvolgendo il procuratore.
- Tutore degli impuberi, egli operava come rappresentante indiretto principalmente,
con alcune eccezioni (“in loco domini”, successive limitazioni a tutela del puero).
Poteva acquistare a nome del sottoposto a tutela, il possesso e la proprietà di cose
“nec mancipi” tramite la “traditio”. Inizialmente egli poteva alienare la proprietà del
bene acquistato, con Giustiniano e “l’oratio severi” l’alienazione dei beni vieni limitata
ai soli beni deperibili.
- Rappresentanti processuali, tramite questa figura, era possibile farsi rappresentare
pure in giudizio, o nel ruolo di attore (chi agisce contro) o nel ruolo di convenuto
(colui che è chiamato in giudizio), si distinguono due rappresentanze “procurator ad
litem” e “cognitur”. La sentenza di condanna è formulata a favore e a nome del
rappresentante, quindi il convenuto è tenuto a pagare la sanzione al rappresentato,
non al rappresentante. Si tratta di una rappresentanza indiretta apparente; essa è
DIRETTA.
- Preposti ad imprese terrestri e marittime, questi soggetti, che erano sia uomini liberi,
schiavi e figli, sono stati designati come capi di queste spedizioni commerciali, hanno
il dovere di concludere negozi a nome del rappresentato. I preposti possono anche
contrarre debiti, che i creditori possono richiedere indietro sia dal preposto, sia dal
titolare dell'impresa (exercitor, rappresentato) tramite un “actio exercitoria”.
- Schiavi e figli di famiglia potevano concludere negozi, in quanto strumenti dell'avente
potestà. Essi potevano concludere atti vantaggiosi, il pater familia ne beneficiava
(rappr. diretta) e svantaggiosi, in quel caso si possono delineare due casi:
inizialmente in creditore non aveva azioni a suo favore da attuare contro il sottoposto
e il padre padrone, successivamente il pretore istituisce “l’actio exercitoria” da
applicare direttamente contro gli aventi potestà, in caso questi avessero dato un
peculio in “libera administrator”;
- Prestiti per conto di altri, il debito sorge direttamente in capo al rappresentato;

NEGOZIO INVALIDO 70-72:


Negozio che presenta difetti; In base al diritto civile o pretorio, l'atto può avere o non avere
effetti. Esso si distingue in:
- Negozio nullo, privo di effetti giuridici. Il giudice si limita ad accertarne la nullità.
tramite una sentenza dichiarativa nella quale si verifica l’assenza di effetti giuridici;
- Negozio annullabile, negozio con effetti che impugnato e portato in tribunale, può
essere annullato dal giudice: nello specifico il giudice può cambiare gli effetti del
negozio.
- Negozio inefficace, negozio valido i cui effetti sono sospesi. Un negozio giuridico
sottoposto a condizione sospensiva o anche il testamento (produce effetti solo alla
morte del testatore).
PERSONE E FAMIGLIA

Nelle istituzioni di gaio vi è una principale distinzione tra: liberi e schiavi. Liberi che erano
“ingenui”, nati liberi e “liberti”, coloro che aveva acquisito la libertà. Questi ultimi avevano
limitazioni di varia natura. Gli schiavi erano sottoposti alla potestà del padrone.
Distinzione di “persone su Iuris” e di “persone di alieni iuris”.
- Liberi si nasce o si diventa. Nel matrimonio da persone libere, in base alla condizione
del padre, o da madre (al momento della nascita); manomissione o disposizione di
legge (editto di Claudio, punizione del padrone negligente). Chi nasce libero è detto
ingenuo, chi lo diventa è detto liberto.
- Schiavi si nasce o si diventa. Unione illegittima, si guardava alla condizione della
madre; riduzione in schiavitù come condanna (servitus ponea), per disposizione di
legge o per prigionia di guerra (riguardava il cittadino catturato). Se il cittadino
romano tornava a casa, egli riotteneva i suoi diritti, postliminium. In caso morisse
all'estero, la questione dell'eredità cambiava decisamente: per rendere il testamento
valido, il testatore doveva essere libero sia al momento della stesura, sia al momento
della morte. Una volta schiavo, il cittadino perdeva cittadinanza e familiari, quindi la
legge non poteva considerare legittimi eredi i parenti designati. Una legge Cornelia,
costituì una soluzione al problema: il cittadino romano catturato, veniva considerato
morto giuridicamente al momento della cattura e quindi il testamento era ritenuto
valido. Per disposizione legali invece, intendiamo la riduzione in schiavitù per
disposizione dei senatoconsulti o per costituzione imperiale: per il caso della
Costituzione di Claudio, dove veniva sancita la riduzione in schiavitù di una donna
libera a causa della sua relazione con un servo; ella era avvertita 3 volte e se
proseguiva con la sua condotta era ridotta in schiavitù.
Il diritto romano in età tarda, regolamentava anche le condizioni di semi-schiavitù,
come quella dei servi della gleba.

SCHIAVI, ATTIVITÀ PATRIMONIALI pag 80


Gli schiavi sono considerati cose pensanti e quindi sottoposti a diritti patrimoniali. Poiché di
proprietà di qualcuno, possono essere usati come mezzo per concludere un negozio
giuridico, i cui effetti ovviamente se vantaggiosi, hanno effetto sul padrone: sono considerati
vantaggiosi tutti gli atti che provocano un acquisto per il dominus, quelli che producono
obbligazioni sono considerati svantaggiosi e non ricadono sul padrone.
Bisogna distinguere due situazioni:
1) SERVO IN USUFRUTTO, il proprietario del servo da in usufrutto quest’ultimo a terzi;
se il servo conclude negozi vantaggiosi gli effetti ricadono sull'usufruttuario, se
compie atti svantaggiosi (obbligazioni naturali), non è possibile rivalersi nè sul servo
nè sul padrone.
2) SERVO DI PROPRIETÀ, valgono le regole precedentemente elencate.
Con il passare del tempo e con l’apposizione di servi in ruoli di amministrazione finanziari da
parte dei domini, il pretore istituisce: “actio institoria” e l”actio exercitoria”, con le quali i
creditori potevano rivalersi direttamente sul padrone del servo in caso questo avesse
contratto obbligazioni durante l’adempimento delle sue funzioni di amministratore.
E contemplato il caso in cui i padroni diano la “libera administratio” di un peculio
(soldi,schiavi, immobili) ad un servo, talvolta è possibile che il peculio sia frutto
dell’oculatezza del servo e che quindi derivi da risparmi dei servi stessi. La titolarità del
peculio è del padrone ma la fruizione è del servo, che può essere anche revocata.
Gli schavi sono quindi possesori "naturaliter" del bene peculiare e possono disporne come
meglio credono: possono alienare possesso e proprietà del bene se nec mancipi e il
dominus è quindi impossibilitato a reclamarlo per sé da terzi.

AZIONE DI RESPONSABILITÀ AGGIUNTIVA:


istituite dal pretore per tutelare i creditori, sono tutte azioni esperibili quando eventuali servi o
figli di un dominus o un pater, contraevano debiti nell’espletamento di funzioni
amministrative/negoziali per conto del padre→TRASPOSIZIONE DEL SOGGETTO:
1) Actio quod iussu; creditore→dominus→servo autorizzato esplicitamente dal
padrone, adempimento diretto del dominus indipendente dal peculio;
2) Actio de peculio; creditore→dominus→credito
3) Actio de rem verso; creditore→dominus→credito, oltre il peculio ma nei limiti
dell'arricchimento;
4) Actio institoria; all’esercizio di un commercio ed alla gestione di una taverna
veniva messo esplicitamente un servo o un figlio. Chi aveva contratto
un’obbligazione (inerente all’attività commerciale od alla gestione della
taverna) con uno di quei soggetti, poteva agire, per l’intera somma nei
confronti del dominus;
5) Actio exercitoria; esperibile dal creditore nei confronti del dominus che aveva
apposto un servo come capitano di una nave (debiti fatti dal servo);
6) Actio tributoria. Il servo, con soldi dati dal padrone, avvia un'attività
commerciale. In caso di debiti, il pretore sanciva la divisione dei beni ai
creditori per risarcire il debito. Questa azione era utilizzabile anche quando il
dominus era accusato di aver effettuato una spartizione fraudolenta.

Tutte queste azioni sono dette “azioni con trasposizione di soggetto”, ovvero adattamenti
della normale azione che il creditore aveva nei confronti del debitore: gli schiavi non
essendo soggetti sui iuris non possono muoversi autonomamente sul piano giuridico/legale.
In mancanza di queste azioni il creditore poteva solo sperare che il servo pagasse
spontaneamente il debito.
In caso di illeciti privati (delicta→furto, danno, dolo, violenza morale…) commessi da servi o
figli, si generavano obbligazioni di natura pecuniaria in capo al dominus, il quale aveva più
modi per agire: poteva pagare la somma dovuta come risarcimento oppure poteva
consegnare lo schiavo all’offeso; ciò era detto NOXAE DEDITIO. Le azioni nossali seguono
l’individuo, quindi il dominus legalmente responsabile era colui che, al momento della
chiamata in giudizio, era attualmente proprietario del servo criminale.
Se il Dominus riusciva a dimostrare di essere inconsapevole dell'azione del servo, poteva
liberarsi di quest'ultimo “dandolo a nossa”, liberandosi. PRINCIPIO DI NOX CAPUT
SEGUITUS
LIBERTI, SCHIAVI LIBERI
MANOMISSIONI CIVILI, operano sul piano dei diritti civili, il servo diventa liberto e
acquisisce anche la cittadinanza romana.
1) Manumissio Censu: il padrone per liberare il servo, durante il censimento, scriveva il
nome del servo nelle liste dei cittadini romani.
2) Manumissio testamento: nel testamento il padrone disponeva la libertà del servo.
Giustiniano sancisce che se un dominus disegnava erede un servo, senza averlo
manomesso, implicitamente quest’ultimo veniva considerato manomesso.
Fedecommesso per libertà: il testatore pregava l'erede di liberare il servo; l'erede era
obbligato a farlo.
3) Manumissio vindicta: applicazione in iure cessio.
Con il tempo la Manumissio Censu, sparisce, sopravvivono le ultime due, adeguandosi alla
reazione al formalismo.

MANOMISSIONI PRETORIE, sono manomissioni non formali, perché non rispettano le


forme precedentemente elencate (scritture private, dichiarazioni orali) e quindi sul piano
civile non avevano valore; esse avvenivano in conversazioni tra amici o in scambi epistolari.
Praticamente il servo era libero, ma giuridicamente era ancora servo: infatti egli è sottoposto
alla potestà del dominus che poteva richiamarlo alla sua condizione servile quando voleva
(vindicare in servitutem). Il pretore inerviene riconoscendo queste dichiarazioni non solenni,
tutelando la libertà pratica del servo, attuando la “denegatio actiones” sulla rivendica in
schiavitù attuata dal padrone sul servo.
LEX IUNIA NORBANA, grazie a questa legge i manomessi erano liberati, ma non
ricevevano la cittadinanza romana, ma bensì quella latina (cittadini iuniani). Sostanzialmente
era riconosciuta loro la libertà civile, ma di fatto erano cittadini di serie B, poiché non
godevano di pieni diritti politici e legali. Inoltre alla loro morte i loro beni venivano incorporati
dall’ex dominus.

Costantino crea la “manumissione in sacrosanctis ecclesiis”, con cui il dominus può liberare
lo schiavo in chiesa alla presenza del vescovo e di altri fedeli

Ai liberti con la manomissione venivano riconosciute libertà, cittadinanza e, parzialmente,


una certa capacità giuridica; ma non sono considerati "ingenui" (nati liberi), privi quindi di
diritti privati e pubblici. Augusto crea il diritto degli anelli d’oro, con cui i servi in esso insigniti,
possono accedere alle cariche pubbliche con il rango di cavaliere. Giustiniano estende
questo diritti a tutti i liberti.

DIRITTO DI PATRONATO:
rapporto tra liberto e patrono (ex dominus), rapporto che generava obblighi tra liberto e
patrono:
- OBSEQUIUM, i liberti non possono chiamare in giudizio i patroni senza
l’autorizzazione del magistrato, inoltre non possono muovere accuse infamanti di
nessun tipo. In caso essi procedano con questa condotta, il patrono può esercitare
“accusatio ingrati liberti” con la quale il liberto perdeva la libertà
- OPERE, sono giornate di lavoro che il liberto svolge presso il patrono. Esse erano
promesse prima della manomissione ed erano poi riconfermate, in modo tale che
avessero valenza giuridica; in altro caso erano applicate tramite la stipulazione
post-liberazione. In caso di inadempimento, esse erano sanzionate con“actio
operarum”. artificiales, mestiere/ officiales, attività domestiche.
Le opere erano ereditate dal patrono ai figli.
- BONA, diritti sui beni. Un liberto senza figli lasciava automaticamente in eredità i suoi
beni al patrono e in caso di successione testamentaria dove non sono coinvolti i figli
del liberto, al patrono va metà dell’eredità.
Il patrono aveva l’obbligo di non muovere accuse capitali al liberto ed era reciproco il diritto
agli alimenti. Alla morte del liberto si estingue il patronato, infatti i figli del liberto nascono
“ingenui”, ovvero liberi cittadini romani.

In età augustea vengono promulgate leggi che limitavano la libertà di manomissione per
controllare il crescente numero di popolazione servile. Con il tempo si fa strada il “favor
libertatis”, la tendenza a favorire l’acquisto della libertà, specialmente in età cristiana.

PERSONE DI GAIO, SUI IURIS, PATER FAMILIAS


Sui iuris: Pater familia, Unus, capofamiglia, unus, dominus
Alieni iuris: moglie o nuora (manus), figli, nipoti nati da maschi, pronipoti nati da maschi
(patria potestas), persone libere mancipate (mancipium), schiavi (dominium) e cose
(potestas) e cose (potestas).
La “patria potestas” si trasmette SOLO in via maschile: un pater avente un figlio e una figlia,
esercita la potestà SOLO sui nipoti nati dai figli maschi, quelli nati dalla figlia femmina,
ricadono sulla potestà del cognato.
Ulpiano definisce la famiglia ristretta, come quell'insieme di persone sottoposte alla patria
potestà dell'unus, a vario titolo.
Esistono 3 tipi di vincoli.
AGNATO: parente in linea maschile (fratello, zio paterno, cugino figlio di zio paterno).
Riconosciuta dal diritto civile e detta “legittima”.
COGNATO: parenti in linea femminile, discendenti di linea femminile.
Al momento della morte del padre, i figli maschi diventano SUI IURIS (possono diventare
capi famiglia), le figlie femmine idem (ma non saranno cape famiglia). Persistono i legami di
parentela giuridica in linea maschile (agnatio).
Per stabilire il tutore di un bambino si cerca l'agnato più prossimo.
Linea di parentela diretta e linea di parentela agnatizia.
AFFINITÀ: legame tra ciascun coniuge e i parenti dell'altro coniuge.

Sono indicate inoltre due linee di parentela:


- Retta, ascendenti e discendenti
- Collaterale, persone congiunte obliquamente (fratelli, sorelle, zii, nipoti, pronipoti, pro
zii e cugini).
Il grado di parentela indica la distanza generazionale tra due persone

PATRIA POTESTAS
Esercitata dal padre di famiglia sui figli; inizialmente dava possibilità al pater di uccidere,
sentenziare e vendere i propri figli, solo con tempo parte di questi diritti verranno abrogati.
Nel diritto romano non c'era un'età alla quale un figlio diventava persona sui iuris: per
diventare “maggiorenni” bisogna aspettare che il pater morisse.
A seguito di condanne, di riduzione ad uno stato di prigionia o di adozione da parte di un
altro capofamiglia, il pater perdeva a potestà (capiti diminutio massima, media, minima).
distinguiamo due casi:
- Adrogatio, adozione di un padre di famiglia, che risultava sottomesso alla patria
potestà dell'unus. Questo atto era solitamente usato per garantire alla famiglia, una
linea ereditaria diretta.
- Adoptio, adozione di un figlio di famiglia che transitava da un pater familia ad un
altro. Essa avveniva in maniera simile alla mancipatio: 3 emancipazioni, ma alla fine
veniva utilizzata una “in iure cessio” con cui il nuovo pater acquista la patria potestà
sul nuovo figlio.
Un figlio veniva quindi emancipato e poi adottato, oppure solo mancipato, ottenendo così o
un nuovo stato di adozione oppure ottenendo uno stato di libertà (persona sui iuris).

EMANCIPATIO: per i figli maschi erano necessari 3 atti consecutivi, per le femmine 1.
il figlio veniva emancipato ad un fiduciario, ciò comportava una condizione di asservimento
detta “mancipium”. Fatto ciò il fiduciario, manomette il giovane che torna quindi in potestà al
padre. la seconda mancipatio si svolge in maniera identica.
Alla terza si estingue la patria potestà del padre, il figlio è quindi emancipato al fiduciario, il
quale lo rimancipa al pater che ora è “padre” non più pater dominum. Alla fine il padre lo
manomette, rendendolo libero, sui iuris, ma formalmente, il giovane è ancora vincolato a
doveri nei suoi confronti.

DONNA SUI IURIS E ALIENI IURIS IN MANU


Potestà sulla moglie e sulla moglie del figlio, acquisita al momento del matrimonio. Istituto
che decade in età preclassica, rendendo il matrimonio un negozio libero. Essa era
acquisibile in 3 modi:
1) coemptio: vendita reale, poi immaginaria, ricalca i passaggi della mancipatio;
2) confarreatio: atto solenne di natura religiosa in cui venivano svolti vari riti votivi per
Giove, consumazione di una focaccia di farro;
3) usus: convivenza ininterrotta per un anno, paragonabile ad un usucapione;
interrompibile lasciando il tetto coniugale per 3 notti di fila (recitato nelle 12 tavole).
esistevano altrettanti atti volti ad annullare la manus:
1) remancipatio, il marito rimancipa la moglie al pater di questa;
2) diffarreatio, atto misterioso, non si hanno prove;
3) manomissione, atto avverso “dell'usus”.
Più in generale tramite la mancipatio, come segnala Gaio, la donna era trasferibile, come i
figli, ad altri soggetti (in caso di delitti).
- LA DONNA SUI IURIS poteva avere un patrimonio e, sposandosi, questo patrimonio
veniva ceduto al marito o al padre del marito (matrimonio con manus). In caso il
matrimonio fosse celebrato senza manus, la donna manteneva la sua dote iniziale.
Con l’avvento del matrimonio libero, se la donna era titolare di un patrimonio al
momento delle nozze, essa poteva manterne titolarità e libertà di fruizione, secondo
un regime di separazione dei beni.
- LA DONNA ALIENI IURIS invece, passava dall'essere sottoposta alla potestà del
pater, a quella del marito (o del pater del marito), entrando nella famiglia di questi.
Veniva considerata come una figlia dello sposo e sorella dei suoi stessi figli, ciò le
permetteva di entrare nell'asse ereditario; diventava agnata.
Con la morte del marito la manus si estingueva e la donna diventava sui iuris e
poteva quindi acquisire beni ma per la gestione del patrimonio era richiesto un tutore
(testamento).

MANCIPIUM
Persone libere sottoposte al mancipium (personae in causa mancipii) erano di 3 tipi:
1) vendita vera (prezzo preciso),
2) vendita fiduciaria (mancipatio),
3) dazione a nossa per sanare un debito (schiavi, figli)

Le persone soggette a questa condizione erano sottoposte a una regime di semi-servitù e


potevano essere liberate con lo stesso atto degli schiavi: la manomissione. A differenza
degli schiavi, essi mantenevano libertà e cittadinanza, però fattualmente erano soggetti a un
terzo.
L’unico modo che essi avevano per riscattarsi era tramite il lavoro prestato tramite il nuovo
pater/dominus.

GLI IMPUBERI “SUI IURIS”


I soggetti sui iuris possono essere, oltre che ai capi famiglia, anche essere bambini dei quali
sia morto l'avente potestà, oppure in caso essi siano stati emancipati.
In quanto sui iuris, essi hanno una capacità giuridica (possono possedere beni) ma hanno
limitata capacità di disporre di questi beni (limitata capacità di agire). da qui nascono due
istituti giuridici volti a tutelare il puero: TUTELA IMPUBERUM, CURA MINORUM (minori di
25 anni sui iuris). Partendo dalla prima distinguiamo 3 casi:
1) costituzione t. testamentaria: si ha qualora nel testamento il testatore e tutore, abbia
indicato un nuovo tutore. In caso vi siano dei difetti formali nella formulazione, il
magistrato confermava ciò che era scritto nel testamento. Da qui la definizione di
“TUTELA CONFERMATA”.
2) costituzione t. legittima: indicata dalla legge, essa disponeva come tutori gli agnati
prossimi del giovane (fratelli, zii paterni…). in caso il puero sia sui iuris, il tutoraggio
spetta a colui che lo ha emancipato. Se si tratta di un piccolo liberto, il patrono se ne
fa carico.
3) costituzione t. dativa: il magistrato designa il tutore tra i cittadini. Ciò avviene grazie
ad una legge emanata da Atilia, da qui il nome di “tutela dativa” o “tutela Atiliana”.

La capacità giuridica dell'impubero è totale, ma quella di agire risulta limitata, da qui la


necessità di una figura che amministrava il patrimonio. A partire dall'età di 7 anni, il giovane
poteva contrarre atti di acquisto, nel caso di atti che comportavano obbligazioni, il tutore
prestava la propria "auctoritas" necessaria per autorizzare tali atti pregiudizievoli, come ad
esempio il negozio dove veniva alienata la proprietà di un bene. Il tutore dal canto suo non
aveva restrizioni sulla gestione del patrimonio (alienazione beni).
Egli agisce come rappre. diretto negli acquisti di “res nec mancipi” e come rappre.
indiretto nei rapporti obbligatori (debiti).
Con un “oratio Severi” il tutore era obbligato a chiedere autorizzazione al magistrato per
alienare un immbile, a partire da Giustiniano, dovrà chiederla per alienare qualsiasi bene ad
eccezione di quelli deperibili.
Responsabilità del tutore:
- Actio rationibus distrahendis, inflitta quando il tutore compiva atti dolosi ai danni del
pupillo. Doppio del valore del danno arrecato.
- Actio suspecti tutoris, rimozione del tutore sospettato di sottrarre beni al pupillo.
- Actio tutelae, azione sanzionatoria di comportamenti colposi del tutore (negligenza
nell'amministrazione del patrimonio).
- Actio tutelae utilis, introdotta da MArco Aurelio, era un'azione esperibile contro il
tutore che non ha amministrato “tutor cessans”.
Esistono anche altre categorie di azioni:
- Actio tutelae contrari, con cui il tutore può esigere i suoi crediti.
- Actio ex stipulatu, promessa di buona amministrazione del tutore, richiesta dal
magistrato, tramite una stipulatio.
- Actio subsidiaria, nei confronti del magistrato che non ha richiesto l'actio ex stipulatu.
La funzione del tutore era inizialmente intesa come preservativa del patrimonio pupillare,
non cautelativa dell'infanzia del giovane: inizialmente il tutore aveva un potere quasi
assoluto sul puero e sul suo patrimonio, proprio come un pater (dimensione arcaica della
tutela), col passare del tempo la figura del tutore è trasformata in un'istituzione protettiva
dell'infanzia.

PUBERI SUI IURIS, DONNE


Al compimento del dodicesimo anno di età, le donne passavano dalla “tutela impuberum”,
alla tutela delle donne. I ragazzi diversamente acquisivano totale capacità giuridica e di agire
e potevano disporre del proprio patrimonio liberamente.
Dietro queste disposizioni esisteva l'idea che la donna fosse troppo fragile per amministrare i
propri affari, quindi necessitava di un tutore; nemmeno Gaio credeva a questa versione.
La Donna può però amministrare il suo patrimonio e può compiere atti ordinari (citazione in
giudizio, obbligazioni, alienare res nec mancipi, fare testamento) ma per altri atti era
necessaria “l'auctoritas” del tutore; in caso questi si rifiutasse di concederla, poteva essere
rimosso dal pretore.
- Tutela mulierum, utilizzata dagli agnati prossimi della donna sui iuris per
amministrare il suo patrimonio. Era nel loro interesse farla sposare senza manum, in
modo tale da non far confluire la sua dote nel patrimonio del marito.
Il tutore era scelto seguendo una di queste modalità: testamentaria, legittima, dativa.
Augusto abolisce la figura del tutore per la donna sui iuris che abbia partorito 3 volte, 4
invece per una liberta. Claudio abolisce la tutela agnatizia, mantenendola solo per le liberte
(esercitata dal patrono). Gaio testimonia la cosiddetta “optio tutoris”, operazione con cui
mariti e padri, concedevano alle figlie o moglie di scegliersi il tutore.
In età costantiniana l'istituto del tutoraggio femminile viene completamente abolito e la
donna sul piano patrimoniale è equiparata all'uomo.

MINORI DI 25 ANNI SUI IURIS


Usciti dalla pubertà i figli maschi (14 anni) erano ritenuti indipendenti e in grado di svolgere
atti giuridici, nonostante ciò e comune idea che costoro non fossero pienamente consapevoli
delle proprie azioni e quindi raggirabili, di conseguenza necessitavano di una figura che li
aiutasse nella gestione.
La “Lex Laetoria”, istituita nel 210 a.C. seguiva un'idea simile a questa: chiunque contraesse
negozio con un minore di 25 anni, era soggetto ad un'ammenda pecuniaria. la validità
dell'atto era intatta e quindi produceva lo stesso effetti. Il pretore interviene istituendo la “in
integrum restitutio”, con cui un giovane, avesse adempiuto all'atto viziato, poteva farsi
restituire ciò che aveva dato. Oltre a ciò il pretore istituisce un'eccezione giuridica: in caso un
giovane fosse citato in giudizio a seguito del non adempimento dell'atto viziato, egli poteva
chiedere la neutralizzazione della richiesta della controparte.
Il curatore non era una figura obbligatoria, anzi viene sancito che essa sia affiancato al
giovane solo su sua richiesta o accettazione, l'unico caso in cui esso è costretto ad accettare
passivamente la sua presenza, come in un processo (istituzioni di Giustiniano).
I magistrati iniziano ad affiancare ai giovani curatori con il loro benestare, a partire da Marco
Aurelio assume carattere obbligatorio e permanente sotto certe circostanze. Grazie “all'actio
negotiorum gestorum” vengono regolati i rapporti tra curatore e curato.
In linea di massima possiamo vedere come esistano casi in cui il CURATORE SIA
OBBLIGATORIO E PERMANENTE e altri in cui sia NOMINATO CASO PER CASO CON
ACCETTAZIONE DEL MINORE.
Con la scomparsa della tutela del sesso le donne dai 12 ai 25 anni sono sottoposte a cura.
Costantino con la “venia aetatis” sancisce che se un giovane si dimostra maturo possa
gestire i suoi negozi e patrimonio senza curatore, prima di raggiungere la maggiore età di
norma posta ai 25 ma, che per venia imperiale, può essere anticipata ai 18/20 anni.

PAZZI E SCIALACQUATORI
Sono entrambi sottoposti alla tutela agnatizia (se sui iuris).
- Pazzo: cura testamentaria o magistratuale. Il curatore nel primo caso, doveva prima
essere approvato dal magistrato e solo poi poteva amministrare il patrimonio del
malato di mente.
- Scialacquatore: egli era prima interdetto dal magistrato, ma poteva compiere atti
vantaggiosi

BREVE RIASSUNTO ISTITUTI DI TUTELA


Persone sottoposte a tutele legali per vari motivi: incapacità mentale, sesso, età.
gli interessati potevano essere anche persone sui iuris.
- Impuberi, maschi fino ai 14 e femmine fino ai 12 anni (cura).
- donne, dai 12 in poi (cura)
- minori di 25 anni (tutela)
- malati di mente e scialacquatori (tutela)
CAPACITÀ PATRIMONIALE DEI FIGLI E PECULI
Le figure sottoposte alla potestas o al patronato del pater familias, non possono avere
proprietà proprie. per quanto riguarda i figli maschi, questi hanno totale capacità di diritti
pubblico e capacità di agire, ma mancano di capacità di diritto privato (non possono
contrarre negozi) e giuridica.
I figli essendo sottoposti alla potestà del pater, sono equiparati alla figura del servo: essi
sono mezzi con cui il padre può arricchirsi e non indebitarsi, quindi per le obbligazioni,
comparate in principio a quelle naturali, il creditore non ha modo di tutelarsi è può solo
sperare che il debitore lo saldi il debito e può in questo caso, trattenere il denaro, “solutio
retentio” .
Se i figli sono apposti come “magistri navis” o “institotores” i debitori possono agire nei loro
confronti seguendo “l'actio exercitoria” e “l'actio institoria”. Se sono stati autorizzati
espressamente dal pater a contrarre debito si può esperire “l'actio in quod iussu”.
In caso ai figli sia dato in amministrazione un peculio e contraggono debiti durante
l'amministrazione di questi, contro essi si può agire seguendo “l'actio de peculio” e “l'actio de
in rem verso”..
Il figlio può acquistare possesso e proprietà di cose nec mancipi e alienarle al padre con la
traditio.
Se il peculio non è revocato prima della morte del padre, esso diventa di proprietà sul figlio
non appena esso diventa sui iuris.

È inevitabile che la figura del figlio migliori con il tempo, infatti egli a partire dalla fine dell'età
repubblicana può iniziare a contrarre obbligazioni civili (debito-credito). Si distinguono 2
periodi:
- Età preclassica, il figlio può assumere obbligazioni civili, citabile quindi in giudizio. Il
problema risiedeva nel fatto che il figlio non avesse un patrimonio suo, ma bensì un
peculio paterno che il giovane doveva amministrare, ma la cui titolarità resta al
padre.
- Età classica, a partire da questo momento si sancisce che alcuni ammassi di beni,
acquistati dal figlio, diventino di proprietà del figlio di famiglia che diventa lentamente
proprietario di un suo patrimonio.

Distinguiamo vari tipi di “peculium”:


1) PECULIUM CASTRENSE, di età augustea, si trattava di beni acquisiti durante il
servizio militare. Disposizione libera (trasferimento proprietà, donare, vendere) E
LIBERTÀ TESTAMENTARIA (se non c'è testamento il peculio torna al pater)
2) PECULIA QUASI CASTRENSA, età di Costantino, beni acquisiti tramite lo
svolgimento di un lavoro. Essi seguono le stesse regole di quello castrense.
3) BONA MATERNA, Costantino e successori beni acquisibili per linea materna (donna
sui iuris). Il figlio è proprietario ma il padre ne percepisce i frutti (diritto di usufrutto).

Con le riforme introdotte da Giustiniano, variano anche alcune caratteristiche dei peculi:
- PECULIO CASTRENSE E PECULIO QUASI CASTRENSE, successione anche in
assenza di testamento; in quello quasi castrense, rientrano anche i beni acquisiti
come retribuzione statale.
- PECULIO AVVENTIZIO: il figlio ha la nuda proprietà e il padre ha il diritto di
usufrutto.
- PECULIO PROFETTIZIO: proprietà di origine paterna, il pater è titolare.
MATRIMONIO
Il matrimonio nel mondo romano era inteso come una “res facti”, una situazione di fatto, non
tanto un negozio o un atto civile. 2 definizioni, di Modestino e Giustiniano, ci danno un'idea
abbastanza nitida del matrimonio romano: nel periodo arcaico e repubblicano, esso era
principalmente un atto religioso, fondato sull'indissolubilità e sulla forma religiosa; in
contrasto con la visione classica e postclassica.
L'elemento fondante era il CONSENSO (“affectio maritalis” o amore coniugale): doveva
durare per tutto il periodo matrimoniale, in caso contrario, la sua mancanza decretava lo
scioglimento dell'unione. Convivenza e coabitazione non erano elementi essenziali per la
validità di esso.
Il fine del matrimonio era la procreazione: essa era fondamentale per la vita privata della
coppia, ma anche per la vita della stessa Repubblica e Impero poi (Cicerone).
Il matrimonio inizialmente non richiedeva celebrazioni obbligatorie per essere valido; esse
avevano puro valore formale. La cerimonia si svolgeva così:
1) ratto della moglie;
2) corteo fino a casa dello sposo;
3) confarreatio (manus);
4) documento attestativo, tabulae dotales;
In età post-classica, cristianesimo, il matrimonio non muta di concezione, anzi continua a
basarsi sul consenso continuativo; vengono introdotte dal legislatore delle forme essenziali
per la validità della cerimonia:
- AD SUBSTANTIAM, tra persone di ceti diversi. Instrumentia dotalia, documenti
attestavi della dote. matrimoni tra concubini, legittimazione dei figli e matrimoni tra
poveri.
- AD PROBATIONEM, tra persone dello stesso ceto. dimostrare la matrimonialità
dell'unione tramite la redazione di un documento nuziale per i ricchi/nobili,
documento redatto da un officiante, classe media e nessuna forma per i poveri.
Il matrimonio romano era monogamo ed esogamo. Dal periodo post-classico è sine manu.
Sono necessari alcuni requisiti per la validità:
a) L'età puberale degli sposi;
b) L'assenso degli aventi potestà e dei nubendi (uomo esplicito, donna implicito);
c) Conubium, poter contrarre matrimonio secondo diritto civile; (no schiavi, stranieri,
parenti)

Esistevano anche degli impedimenti come:


a) La parentela. Prima del principato fino ai limiti della familia communi iure(sesto
grado, cugini di secondo grado). Con il principato di Claudio (Agrippina) sono
ammessi i matrimoni tra zii e nipoti. Nell’età postclassica sono vietati i matrimoni tra
cugini, riabilitati da Giustiniano. Anche l’affinità impedisce il matrimonio. divieto di
sposare la moglie del fratello premorto o la fidanzata del padre/figlio.
b) Tutore. Un tutore non può sposare la pupilla prima del rendiconto.
c) Rango. Un uomo di classe senatoria non può sposare le liberte; un uomo ingenuo
non può sposare donne abbiette.
d) Ratto. Con Costantino non sono consentite le nozze riparatrici per ratto.

Augusto con la “lex Iulia et papia”, tenta di incentivare le nozze tra ricchi, al fine di rafforzare
i legami economici tra le famiglie ricche e per aumentare le nascite.
Era fatto obbligo a tutti di sposarsi: gli uomini dovevano contrarre matrimonio tra i 25 e i 60
anni mentre le donne tra i 25 e i 50.
Il non essere sposati o senza figli creava grossi problemi sul piano giuridico: i celibi se
testatari di un’eredità, per ottenerla dovevano sposarsi entro 100 giorni, gli orbi ne
ricevevano solo metà. Il bene non acquistabile era definito “caduco” e passava ad altre
persone seguendo la linea di parentela. Solo in età cristiana questa legislazione è abolita.
Le seconde nozze, appoggiate da Augusto ma osteggiate in età cristiana, saranno eliminate
poiché contrarie alla religione cristiana: la vedova era identificata con la figura “dell’univira”,
tipica dell’età arcaica. Inoltre chi si risposava perdeva i lasciti coniugali.
Il matrimonio si scioglieva:
a) Morte di un coniuge.
b) Prigionia. Se il marito tornava, il matrimonio non risorge per postliminio, ma bisogna
rinnovare il consenso. Giustiniano sancisce il ritardo di 5 anni in questo caso.
c) Lavori forzati (capitis deminutio maxima et media).

DIVORZIO
Divortium, scioglimento del matrimonio:
- Volontà concorde.
- Volontà unilaterale (ripudio).
In età arcaica e preclassica, il divorzio era limitato a causa delle convenzioni sociali.
Romolo consentiva solo al marito di divorziare dalla moglie se: ella era trovata in possesso
delle chiavi della cantina (vino=adulterio), adulterio, provocato aborto. Al di fuori di queste
condizioni il divorzio portava alla perdita del patrimonio.
Il primo divorzio certo è datato al 230 a.C quando Spurio Carvilio ruga ripudia la moglie a
causa della sua sterilità, riconoscendo il divorzio per causa incolpevole.
Il divorzio segue le modificazioni della società.
Gaio ci conferma la presenza di una formula orale per il ripudio (pag.102) pronunciabile
davanti ai testimoni, oppure era comunicato tramite un documento (libellus repudii).
In età tardo imperiale, si apre una visione ancor più rigida (cristianesimo): Costantino
reintegra il concetto di divorzio illecito, ma fa sì che esso produca effetti, a seguito di una
sanzione però, Leggi di Onorio e teodosio II (pene patrimoniali e costrittive).
Divorzio era lecito in questi casi:
- Se consensuale,
- Adulterio moglie, avvelenatrice per LUI.
- Omicida, profanatore di tombe, avvelenatore per LEI.
Giustiniano distingue 4 casi:
a) Consenso comune. Lecito
b) Occasione ragionevole (bona gratia). Lecito, impotenza, sterilità o prigionia
c) Causa giusta. Lecito, comportamenti colpevoli dell’altro coniuge (pagina 104)
d) Senza causa. Illecito e causano sanzioni.
I due coniugi non sono sullo stesso piano, tutela del più debole, la donna con Giustiniano
“favor mulieris”. Il matrimonio produce effetti.
- Personali: la manus. la moglie aveva l’obbligo di risiedere nella casa del marito e ne
acquista il rango sociale. obbligo di fedeltà coniugale per lei, pena sanzioni in base al
periodo storico. L’uomo non commetteva tradimento se aveva relazioni con donne di
basso rango, l’uomo non poteva avere relazioni con donne ingenue e oneste pena il
reato di stupro o adulterio.
i due coniugi non potevano intentare azioni infamanti (diffamazione o furto) e in caso
di matrimonio pregresso, si poteva incorrere in una condanna di tipo patrimoniale.
- Patrimoniali: Dote e dotazione nuziale. Il matrimonio con manus comportava
l’assoggettazione della moglie al marito (alieni iuris) ed essa perdeva il suo
patrimonio. Con il matrimonio libera, la donna sui iuris manteneva la libertà di
amministrare il proprio patrimonio e la titolarità.

DOTE
DOS: complesso di beni che la moglie, per una serie di convenzioni sociali che sfociano
anche sul piano giuridico, doveva portare al marito. Essa serviva per contribuire agli oneri
del matrimonio e al sostentamento dei figli; consisteva in beni immobili e mobili (diritti,
usufrutti, crediti)
La dote poteva essere:
- DOS ADVENTICIA, di proprietà della donna sui iuris o di estranei,
- DOS PROFECTICIA, di proprietà del padre o dell’ascendente,
Veniva trasferita tramite atti (iure cessio, mancipatio, traditio) oppure tramite promessa,
tramite la DOTIS DACTIO (stipulatio) o con la DOTIS DICTIO (atto solenne). Da Teodosio II
qualsiasi promessa stipulata in qualsiasi forma, era ritenuta vincolante e attivabile.

La proprietà della dote era sempre del marito o dell’avente potestà che poteva trattenerla
anche in caso di scioglimento del matrimonio.
Con il tempo si stabilisce che il marito diventi proprietario della dote e che ne goda dei diritti
civili e dei frutti, ma deve amministrare il complesso di beni secondo il principio di diligenza
media (interessi della moglie) e che quindi non alieni i beni senza permesso della moglie
(Costantino lo abolisce). Era esperibile contro il marito l’azione di restituzione ACTIO REI
UXORIAE e IN BOMU AEQUUM CONCEPTA, istituita da Cicerone.
Nel caso si tratti di dos profecticia, la restituzione avviene alla moglie (matrimonio sciolto per
divorzio o capiti deminutio) o al padre di lei (moglie morta); se entrambi sono morti la dote
resta al marito.
L’estraneo che ha donato la dote non può reclamare nulla perché si tratta di una donazione.
Se la restituzione era stipulata (donna, padre di lei o l’estraneo) il creditore tramite “l’actio ex
stipulatu", riotteneva la dote per sé. La dote dell’estraneo era detta “dos recepticia”. Per
evitare contenziosi la dote era fatta stimare prima della donazione "aestimatio dotis”, ciò era
fatto per fini contrattuali: la famiglia della sposa avrebbe chiesto in restituzione non la dote,
ma il suo equivalente in denaro, lasciando al marito la proprietà dei beni.
RETENTIONES, trattenute sulla dote. Attuabili dal marito in caso di applicazione della dos
profecticia dal padre della defunta moglie: con questa azione il marito otteneva una ritenuta
sulla dote per sopperire ai bisogni dei figli, RETENTIO PROPTER LIBEROS, oppure per
mali costumi della moglie, RETENTIO PROPTER MORE. Le ritenute sono abolite da
Giustiniano.
Con il tempo la dote era trasmessa solo con la “traditio” e la restituzione era detta “actio de
dote”: essa era esercitabile sotto forma di una “rei vindicatio”. Il marito inoltre perde la
proprietà della dote e usufruisce di un semplice usufrutto.
DONAZIONE NUZIALE
Donatio ante nuptias. Essa era fatta dal futuro sposo per provvedere alle necessità della
moglie. Giustiniano ammette che durante il matrimonio possa essere diminuita o aumentata
o addirittura costruita, andando contro il vecchio divieto di donazioni tra coniugi. Da questo
momento in poi essa è definita DONATIO PROPTER NUPTIAS.
DIRITTO DELLE COSE

Classificazioni delle cose in rem secondo Gaio e Costantino:


- RES CORPORALES, tangibili. Cose su cui si ha possesso o usucapione che sono
oggetto di diritti patrimoniali. La proprietà.
- RES INCORPORALES, intangibili.I diritti stessi.
- RES IN PATRIMONIO, commerciabili. Rex private. Res commercium et res extra
commercium.
- RES EXTRA PATRIMONIUM, incommerciabili. rex sacrae, rex religiosae, rex
sanctae erano definite “res divini iuris”. res pubblicae, res communes omnium erano
dette “res humani iuris”.

RES MANCIPI ET RES NEC MANCIPI


La distinzione tra queste due categorie deriva dalla natura inizialmente agricola del mondo
romano, dove ciò che era legato al mondo agricolo aveva inevitabilmente un peso maggiore
rispetto ad altri beni. Il termine “mancipi” deriva dalla mancipatio, atto con cui erano alienati
inizialmente questi beni.
- RES MANCIPI: fondi e terreni italici, schiavi, animali da soma servitù di passaggio e
di acquedotto (si intende il terreno dove si svolgono il passaggio o l’irrigazione, non il
diritto come bene intangibile). Erano alienabili con la “mancipatio” o con la “in iure
cessio”.
- RES NEC MANCIPI: ogni altra cosa, anche preziose con valore superiore a quello
delle cose mancipi. Erano alienabili con la “in iure cessio” oppure con la "traditio".
La differenza tra queste due categorie di beni è abolita da Giustiniano.

COSE CONSUMABILI: L'uso le distrugge. Vino, grano olio e denaro.


COSE INCONSUMABILI: Eterne, utilizzo ripetuto.

COSE FUNGIBILI: Rimpiazzabili, individuate in peso e misura. Denaro, grano.


COSE INFUNGIBILI: Non sono sostituibili e sono individuate nella loro specifica identità.
Fondo agricolo, un'opera d'arte, servo Stico.

COSE DI GENERE: Indicate dentro una categoria. Un cavallo purosangue nel gruppo dei
cavalli, un servo etipiope nel gruppo dei servi. Obbligazioni generiche “v. infra”.
COSE DI SPECIE: Indicate con il loro nome.Il cavallo Bucefalo, il servo Medus.

COSE DIVISIBILI: Frazionabili. Un fondo. Diritti divisibili per quota “pars quota”.
COSE INDIVISIBILI: Infrazionabili Un cavallo. Diritti unici e indivisibili “servitù”.

COSE SEMPLICI: Corpo con una sola unità naturale. Un servo, una pietra, una trave
COSE COMPLESSE: Insieme di parti distanti fra loro. Un gregge
COSE COMPOSTE: Insieme di parti che si toccano fra loro. Un armadio, un edificio

COSE IMMOBILI: Inerenti al suolo. Un edificio, un terreno. Si potevano usucapire nell’arco


di 2 anni.
COSE MOBILI: Un anello, un animale. “Semoventes” cose mobili che si spostano da sole.
PROPRIETÀ
In età classica/preclassica se ne distinguono 3 tipi:
- PROPRIETÀ PRETORIA: Si tratta di una signoria assicurata dal pretore al
possessore di buona fede, egli era quindi equiparato ad un proprietario.
- PROPRIETÀ CIVILE: Propria solo del cittadino (sui iuris) e riguardava beni mobili e
immobili su suolo italico. Con l’editto di Caracalla del 212, la cittadinanza non è più
un diritto esclusivo di pochi. Il diritto dei Quiriti, riconosciuto ai soli cittadini romani,
non era riconosciuto ai peregrini, che però potevano acquisire beni con la traditio.
Figli e schiavi potevano essere usati come strumenti di acquisto ma non potevano
partecipare alla “in iure cessio”
- PROPRIETÀ PROVINCIALE: Trattava dei fondi provinciali avuti in concessione a
seguito del pagamento di un'imposta “possessio vel usufructus”.
Con il passare del tempo la differenza tra proprietà si perde: essa torna ad essere unica e si
definisce come DOMINIUM e POTESTAS.
- DOMINIUM: beni mobili e immobili e in origine appezzamenti di terreno di 5 ettari.
Il pater aveva dominio illimitato sulle cose mobili, mentre quelle immobili (come i
fondi) erano in comproprietà con i figli, almeno fino a prima delle 12 tavole. centralità
del fondo nella vita familiare.
Il dominio quiritario era esclusivo dei padri e garantiva al titolare la massima libertà di
disposizione del bene; diritto di usare, percepire i frutti della cosa ma anche diritto di
abusare della cosa, anche distruggendola. Esente dal “tributum” tranne in caso di
guerra.

I LIMITI DELLA PROPRIETÀ


Con il tempo furono imposti vincoli al dominio fondiario. Ad esempio, già nelle 12 tavole,
erano presenti norme di sicurezza sugli edifici, ribadite da Nerone a seguito dell’incendio del
64 d.C; lo stesso Augusto vietò che le case costruite sulle vie pubbliche superassero i 20
metri. Dovere di manutenzione delle strade e diritto di accesso per raggiungere la tomba di
famiglia passando su terreno altrui “iter ad sepulchrum”. Le espropriazioni per costruzione di
opere di pubblica utilità, comprendevano terreni e schiavi. L’espropriazione consisteva in
una compravendita “emptio ab invito”, dove il venditore non era consenziente e il prezzo
consisteva nell’indennizzo.
I limiti imposti su cose mobili, inerivano anche gli schiavi: Antonino Pio sanzionò la condotta
violenta ingiustificata dei padroni di schiavi, punendoli con la vendita di questi ultimi.
Riguarda pagina 121
I MODI DI ACQUISTO DELLA PROPRIETÀ

Detenzione: disporre materialmente di un bene con l'intenzione di tenerlo per un altro, che
ne conserva il possesso. Il servo detiene un bene per il padrone, il quale è il possessore
(tramite il servo ne detiene il possesso).
Comodato: comodante, comodatario. Il comodante preserva il possesso tramite il
comodatario, che detiene il bene. Posesso per intermediario.

ACQUISTO DELLA PROPRIETÀ


Modi di acquisto:
- ORIGINARIO: il diritto di proprietà sorge dal nulla EX NOVO, senza la trasmissione
del diritto da persona a persona. OCCUPAZIONE, ACQUISIZIONE DEL TESORO,
SPECIFICAZIONE, ACCESSIONE E ACQUISTO DEI FRUTTI.
- DERIVATIVO: Il diritto è trasmesso dal vecchio proprietario a quello nuovo.
MANCIPATIO, IN IURE CESSIO, TRADITIO.

OCCUPAZIONE: Prendere possesso del bene con l'intenzione di tenerla per sé. Essa
riguarda solo alcuni beni specifici come le:
RES NULLIUS ovvero animali selvatici (persi, inselvatichiti, su fondi privati con sanzione per
l’ingresso abusivo), le cose ritrovate sulla spiaggia (perle, coralli) ma non quelle lanciate
dalle nave in pericolo, le isole nate sui fiumi (no se sono sul limite di un fondo rivierasco).
RES HOSTILES, beni appartenenti ad un nemico di guerra, il quale può essere occupato
assieme ai suoi beni (diventa schiavo).
RES DERELICTAE: Cose che il proprietario lascia con l'intenzione di non recuperarle più,
occupabili. esistono due scuole di pensiero in merito: la Scuola dei Sabiniani e la Scuola dei
Proculiani; essi discordavano sul modo di acquisto del bene, concordando nel concetto di
proprietà. I Sabiniani credevano che chi abbandonasse un bene, perdesse immediatamente
la proprietà del bene, rendendolo res nullius, chi se ne impossessa diventa proprietario per
occupazione. Anche chi in malafede si impossessava di un bene senza proprietario non
commette reato.
I Proculiani sostenevano che chi abbandonava un bene non perdeva la proprietà su di esso,
ma la conservava finché qualcuno non se ne impossessava. Abbandonando il bene si
faceva una traditio, consegna, verso la persona ancora ignota che si sarebbe impossessata
del bene, ovvero una TRADITIO IN INCERTAM PERSONAM, diritto derivativo.
Esiste però un terzo caso, in cui ci si impossessa di un bene non dal vero proprietario, in
questo caso, se si è in buonafede, si diventa proprietari del bene grazie all’ USUCAPIONE
per diritto “pro derelicto”. Cose mancipi derelicte necessitano di un usucapione.

ACQUISIZIONE DEL TESORO: Il tesoro è un vecchio deposito di monete di cui non si


avevano notizie e non si conosceva il padrone. Se il tesoro era rinvenuto sotto terra, allora si
ricadeva nel reato di furto, poiché nascosto.
Adriano e Giustiniano poi affermano che il tesoro è rinvenuto sul mio fondo ,allora è solo
mio; se viene rinvenuto da un estraneo sul mio fondo, allora sarà diviso in due parti uguali,
tranne se il lavoro è svolto su commissione. Questa regola valeva anche per fondi pubblici,
del principe o del fisco. Su fondo sacro, il rinvenitore ha l’intero.
SPECIFICAZIONE: proprietario di una materia prima e specificatore che lavora
spontaneamente (in altro caso sarebbe un lavoro su commissione, Mandato gratuito,
Locazione conduzione d'opera pagamento, proprietà definita), ricavandone un bene derivato
e diverso dalla materia prima; ad esempio lingotto d'oro in anello d'oro. Secondo i Sabiniani
la proprietà spettava al proprietario della materia prima, i Proculiani credevano spettasse allo
specificatore. Giustiniano afferma che:
- Se la nuova cosa era riconducibile alla materia prima, era del proprietario (statua in
bronzo si può fondere e tornare lingotto di bronzo); in altro caso è dello specificatore.
- Istituzione mezzi di tutela per il proprietario: Rei vindicatio utilis, actio furti, condictio.

ACCESSIONE: Annessione di una cosa accessoria appartenente ad altri,ad una cosa


principale propria, unendosi formano un tutt'uno. Il proprietario della cosa principale acquista
la proprietà della cosa accessoria. La cosa accessoria segue la principale.
La proprietà della cosa accessoria non è del tutto perduta, reclamabile.
Accessione immobiliare:
- INCREMENTI FLUVIALI, che comprendono: adluvio (terre di deposito), avulsione
(zolle con vegetazione), emersione di un’isola e dell’alveo abbandonato (terreni
annessibili a fundi arcifinii, confinanti diretti con la riva del fiume).
- PIANTAGIONE, su fondo proprio ma con semi altrui SATIO, il proprietario del terreno
è proprietario delle piante e dei frutti “superficies solo cedit”.
- SEMINAGIONE, su fondo proprio ma con piante altrui IMPLANTATIO, il proprietario
del terreno è proprietario delle piante e dei frutti “superficies solo cedit”.
- EDIFICAZIONE, inaedificatio. Costruzione con materiali propri su suolo altrui,
recupero dei materiali solo se crolla l'edificio e se si è in buonafede. Rimborso spese
a favore dell’edificatore da parte del proprietario con exceptio doli: generale. Se in
malafede si perdono i diritti sui materiali.
Su suolo proprio ma con materiale altrui, il proprietario del terreno diventa
proprietario dell'edificio; il proprietario dei materiali può chiedere la separazione con
un “actio exhibendum” con cui rivendicherà i materiali; i quali a seguito del crollo
spontaneo dell’edificio potranno esser recuperati “actio de tigno iuncto”.
Accessione mobiliare:
carro/ruota, statua/braccio, pergamena/inchiostro. Lo scrittore può rientrare in possesso
riguarda pagina 128.

ACQUISTO DEI FRUTTI: Cose naturali prodotte da cose fruttifere. Ottenibili


separandoli dalla cosa madre “separatio” e a titolo originario.
- Un possessore in buona fede, fa suoi i frutti anche se la cosa madre è res furtiva: egli
se citato in giudizio è tenuto a restituire solo i frutti percepiti dopo la contestazione.
Con la PERCEPTIO, il conduttore-usufruttuario fa suoi i frutti tramite una presa di
possesso del bene. In caso essa non avvenisse, il proprietario del terreno entrava in
possesso dei frutti.
- Un possessore in malafede non acquista i frutti e deve restituirli nella loro totalità.

Ulteriore distinzione tra due categori di possesori:


- Usufruttuario, acquisizione diritto reale tramite perceptio (presa di possesso
personale). titolo originario. l'usufruttuario che muore senza aver goduto dei frutti, li
restituisce al proprietario; in caso l’usufruttuario perda capi di bestiamo o alberi è
obbligato reintegrarli , poiché è tenuto al godimento del bene secondo il criterio del
buon padre di famiglia.
- Conduttore, la proprietà dei frutti è del proprietario del terreno che poi era alienata
con una traditio al conduttore. titolo derivativo.
Il permesso di disporre liberamente dei frutti era implicito, ma se non era accordato,
legittimava il conduttore a citare in giudizio il locatore per inadempimento.
Anche beni ritenuti infruttiferi potevano produrre frutti civili: ad esempio una casa data in
locazione; la mercede locativa della casa rappresentava un frutto civile della casa.

ALTRI MODI DI ACQUISTO DELLA PROPRIETÀ A TITOLO ORIGINARIO


- Confusio, si ha quando olio e vino si mescolano e non è più possibile identificare un
proprietario. Cessa la proprietà solitaria e sorge una comunione dei beni.
- Commixtio, si ha quando cose che conservano la loro individualità, ad esempio il
grano, si mescolano. la comunione è valida solo se la mescolanza è volontaria.
- Adiudicatio, con essa il giudice privato riceve mandato dal magistrato di dividere un
bene in porzioni pari alle quote dei comproprietari e di aggiudicare queste porzioni a
ciascuno di loro.
- litis aestimatio, a seguito del processo formulare il pagamento di quest’ultima
faceva acquisire la proprietà a titolo originario.

ACQUISTO A TITOLO DERIVATIVO


La proprietà è trasferita da un soggetto trasmittente/alienante/dante causa a un altro che la
riceve in quanto accipiente/avente causa; NON È UNA VENDITA.
Fattore primario affinché avvenga la trasmissione è essere proprietari del bene al fine di
trasmetterlo, infatti come dice Ulpiano:”Nessuno può trasmettere più di ciò che possiede”.
In caso contrario l’accipiente ottiene solo il possesso del bene e si espone ad eventuali
rivendiche del reale proprietario a meno che non abbia già usucapito il bene.
La proprietà in caso sia gravata da usufrutti o servitù, una volta trasmessa, manterrà questi
oneri che saranno trasmessi al nuovo proprietario, ad esempio l'alienazione del servo
criminale.

ATTI REALI PER TRASMETTERE LA PROPRIETÀ


- MANCIPATIO, 131: Diritto civile, tipico dei cittadini romani e peregrini con diritto di
commercio; questi ultimi non potendo diventare proprietari diretti del bene, non
potevano usucapire e quindi il diritti di evizione nei loro confronti era eterno.
Il Mancipio dans, non usa la mancipatio solo per vendere, ma ora anche per
costituire doti, donazioni e adempiere ad obbligazioni. Così facendo la mancipatio
diventa un atto astratto.
Il negozio era diventato una vendita immaginaria, come diceva Gaio, perché la
pesatura e il prezzo, erano divenuti fittizi: il metallo sparisce e al suo posto troviamo
un “nummus unus” o un “raudusculum”.
Come detto in precedenza, la mancipatio serviva ora per trasferire la proprietà (beni,
schiavi, servitù), infatti era usata per trasferire la proprietà di un fondo al compratore
dopo la vendita dell’appezzamento; l’arrivo della moneta e la nascita del contratto
consensuale di vendita (I,II sec a.C.), svuotano ancora di più la mancipatio del suo
ruolo originale ovvero quello di atto di vendita liberale, trasformandola in un semplice
atto di trasferimento di res mancipi.
Si mantenevano però 3 regole antiche:
1) Eviezione: diritto in forza al ricevente, il quale se chiamato in causa da terzi,
può avvalersi del supporto del mancipio dans, al fine di dimostrare la legalità
dell’atto di trasmissione. Questo diritto, detto anche auctoritas, aveva una
durata di 1 anno per le cose mobili e di 2 per quelle immobili (periodo
necessario per usucapire).
2) Veridicità, obbligo del dante di garantire l’autenticità di ciò che si è detto
durante la trasmissione del bene, dichiarazioni aggiuntive: grandezza del
fondo, libertà da gravami. “Actio de modo agri” per sanzionare il dante in
malafede.
3) Traslazione proprietà, per ottenere la proprietà del bene trasferito, il
mancipio accipiens, doveva pagare il prezzo necessario per completare la
vendita. Indicato nelle XII Tavole e ribadito da Giustiniano, questo concetto si
applica anche alla “in Iure cessio” e alla “traditio”.
4) Proprietà, era possibile trasferire direttamente il nudo diritto di proprietà,
senza trasferire prima il possesso; così facendo eventuali possessori non
coinvolti nella trattativa, mantenevano questo stato di fatto nonostante il
cambio di proprietario.
Con l’avvento dell’età classica, questo atto viene ulteriormente svuotato: ora viene
redatto un documento probatorio che in alcuni casi diviene costitutivo; inoltre la
pesatura e le dichiarazioni solenni spariscono, preservando solo la presenza dell’ex
pesatore e 5 testimoni.
Gli ultimi riferimenti a questo atto si rifanno a Costantino,, che contrappone la
mancipatio alla traditio.
Con Giustiniano essa verrà soppiantata dalla “traditio” definitivamente.

- IN IURE CESSIO: Diritto esclusivo dei cives, non era praticabile dai loro sottoposti a
titolo rappresentativo a causa di un antico divieto processuale e poiché non erano
persone sui iuris.
Questo atto era “astratto” e “in iure”, ovvero aveva luogo davanti a un pretore (Roma)
o un governatore (province): esso si basava sulla finta rivendica che l’accipiente
faceva nei confronti del bene del dante, il quale tacendo o negando una volta
interrogato dal magistrato, cedeva la proprietà del bene. Questo negozio era usato
per trasferire cose mancipi e nec mancipi; inoltre per i beni immobili era possibile
trasmettere la proprietà senza passare per il possesso.
L’atto era anche usato per la costituzione di un usufrutto o per la cessione di
un’eredità. Decade con il tempo tranne per i due casi prima indicati.

- TRADITIO: Traditio significa trasmissione e si attuava trasferendo il possesso di un


bene. All’inizio propria solo di res nec mancipi e cose corporali, successivamente è
allargata a tutte le res, fondi provinciali annessi. Questo atto era del “diritto delle
Genti”, quindi aperto agli stranieri.
Dal periodo classico prende il posto della “mancipatio” e della “ in iure cessio”, viene
usata per alienare tutte le cose. Atto informale, importantissimo perché permette di
trasmettere la proprietà in un periodo dove assieme all’usucapione, era possibile
diventare proprietari (atti di vendita, donazione).
Affinché l’atto si compisse nella sua interezza era necessario che la persona fosse
sui iuris e totalmente capace, oppure che il sottoposto preposto, fosse titolare di
peculio domini (tradente e accipiente). Idem procuratori con mandati.
Elementi essenziali:
1) TRADENTE DOMINUS o sottoposto autorizzato.
2) RES NEC MANCIPI E CORPORALES(fino al II secolo).
3) INTENZIONE DI ALIENARE E RICEVERE.
4) TRADITIO CORPORIS, fisica. Consegna materiale della cosa che comporta
la trasmissione della proprietà, come nel caso di un fondo: demonstrare fines,
decedere e ingredi, inferre in domum, custodiam ponere e signare. Con il
tempo le consegne diventano simboliche.
5) GIUSTA CAUSA. La proprietà si trasmette tramite traditio per una di queste
ragioni: vendita, costituzione doti, donazione, adempimento ad
un'obbligazione e a scopo di mutuo.
Talvolta la proprietà veniva trasmessa anche in assenza di giusta causa o in
caso di illecito (obbligazione da negozio nullo, omicidio su commissione).
In caso essa avvenisse al di fuori di questa casistica, si trasferisce SOLO il
possesso del bene.

Traditio clavium: simbolica, usata per grosse quantità. Si consegnano le chiavi del
magazzino in cui si trovavano le merci, trasferendone la proprietà all’accipiente.
Traditio per chartam: simbolica, per vendere o donare molti schiavi. Invece di
consegnare gli schiavi uno per uno, si consegna il documento che attesta l'atto
giuridico.
Traditio longa manu: si indica la cosa da lontano, ad esempio un terreno visibile da
una collina, delineandone i confini.
Missio in vacuam possessionem: a vendita conclusa, si autorizza il neo compratore a
prendere possesso di un bene.
Traditio brevi manu: conferma di possesso del bene da parte del proprietario nei
confronti del possessore-usufruttuario. Trasferimento per intenzione, principio di
mutua volontà.
Costituto possesorio: Il proprietario posessore, vuole trasmettere la proprietà e il
possesso ad un altro, ma vuole mantenere in usufrutto il bene. Si evitano le classiche
due consegne del bene, lasciandolo al possessore a titolo di usufrutto, mentre l’ex
possessore acquisisce la proprietà e diventa proprietario. trasferimento per
intenzione, principio di mutua volontà.

Bisogna sottolineare che solo con l’avvenimento materiale della “traditio” era
possibile trasferire il possesso e la proprietà del bene (no documenti probatorio o
sotterfugi). In età imperiale le ultime due modalità sono contestate e riammesse da
Costantino, il quale introduce una modalità di svolgimento precisa per traditio di
vendita e donazione:
- Obbligatoriamente svolta sul posto, il tradente consegnava all’accipiente
l’immobile di fronte ai testimoni. A seguito di ciò, veniva redatto il documento
registrativo. Erano ammesse le forme di consegna fisica e più o meno
spirituale. La redazione del documento perde obbligatorietà, ma i cittadini per
tutelarsi mantengono questa pratica.
Mutua volontà:
- necessaria per distinguere questo atto, da altri in cui non era richiesta
l’accordo esplicito di trasferire e ricevere.

DONATIO
Annoverata tra i modi di acquisto della proprietà, nella concezione giustinianea oltre alla
donazione, per diventare proprietario del bene oggetto dell’atto è necessaria la traditio.
Giustiniano identifica 2 tipi di donatio:
- CAUSA DI MORTE, realizzate in caso di morte, perdevano di forza se il donatore
sopravviveva, oppure se il donatario moriva. Equiparata ai legati.
- NON A CAUSA DI MORTE, dette anche “inter vivos”, si perfezionano quando il
donante ha manifestato la sua volontà per iscritto o a voce. l’atto di donazione
produce l’obbligo di consegna.
L’atto è revocabile per indegnità, mancato rispetto di modi o termini.
tra le donazioni “inter vivos” vanno citate quelle nuziali.

USUCAPIONE
Ulpiano dà la definizione più coerente di questo atto:”l’usucapione è l’acquisto del dominio
attraverso il possesso continuato di un anno o due, a seconda che si tratti di cose mobili o
immobili”. Giustiniano lo definisce come lo schema negoziale con cui, un compratore in
buona fede acquisti da un non-proprietario un bene, ottenendo di fatto solo il possesso,
sanabile con l’occupazione continuata di 1 o 2 anni, in modo tale da ottenere la proprietà.
Contenuto anche nelle 12 tavole con il nome di “usus”, esso si trova a metà via tra il diritto
originario e derivativo. la ratio di questo atto è SANARE I DIFETTI DI ACQUISTO DELLA
PROPRIETÀ: per ottenere la proprietà legittima del bene era necessario dimostrare la
validità di tutti gli atti di trasmissione precedenti, se anche solo uno era fallace, l’iter si
bloccava; l’usufrutto poneva rimedio a ciò.
Un altro difetto risiedeva nella trasmissione di res mancipi tramite la traditio e non con gli atti
preposti: la traditio trasferiva solo il possesso di questi beni lasciando la proprietà al
trasmittente, usando l’usucapione era possibile ottenere la proprietà sul bene.
Riassunto errore di trasmissione:
- Acquisto da non proprietario: Trasmissione solo del possesso.
- Res mancipi trasmessa con traditio. Trasmissione solo del possesso.
Requisiti per l'usucapione:
- Res habilis, beni usucapibili, no cose rubate. Il ladro non usucapisce, nemmeno un
terzo che acquista il bene in buona fede il bene. In caso di occupazione di un fondo
abbandonato non lo si usucapisce perché in malafede.
- Bona fides, acquisire il bene senza vizi di volontà, ovvero essere sicuro di non
ledere nessun diritto del proprietario. Condizione necessaria durante lo svolgimento
di tutto l’atto. Età classica e preclassica si usucapisce anche in malafede “usucapio
pro herede” e “usureceptio”.
- Possessio, intenzione di tenere per sé in maniera ininterrotta. L'interruzione
dell’usucapione costringe l’usucapiente a ricominciare. La perdita del possesso
faceva decadere il diritto di usucapione. A partire da Giustiniano, anche le res
incorporales diventano usucapibili (diritti), prima di allora solo res corporales (casa,
anello, schiavo).
- Tempus, da 1 anno (mobili) e 2 anni (immobili). Da Giustiniano 3 anni (mobili) e
10-20 anni (immobili).
Accessio possessionis: soggetto che ottiene il possesso di un bene in forza di un
fenomeno di successione ereditaria (a negozio semi-concluso). Unione del tempo di
possesso del defunto a quello del nuovo possessore
Successio possessionis: soggetto che ottiene un bene a seguito di successione
ereditaria particolare (a negozio iniziato). Possibilità accordata di unire il tempo di
possesso del dante causa a quello del nuovo possessore.
- Giusta causa, motivo che giustifica l'acquisto della proprietà ai fini dell'usucapione.
1) pro emptore, a seguito di compravendita.
2) pro soluto, adempimento di un'obbligazione di dare
3) pro donato, costituito in dote.
4) pro derelicto, da abbandono.
5) pro suo, ottenimento possesso con provvedimento ufficiali.
6) pro dote, da dote
a) Il titolo doveva essere valido (soggetto capace), reale (veramente esistente) e
efficace (avveramento condizione sospensiva).
b) Il titolo doveva essere putativo, ovvero creduto valido e vero per un errore scusabile.
La vendita non è possibile ma l'usucapione è possibile.
RIGUARDA PAGINA 147-148

LA PERDITA DELLA PROPRIETÀ


Perdiamo la proprietà di un bene a seguito di:
- trasmissione, mancipatio, in iure cessio, traditio, accessione…
- derelicto, abbandono. Sabiani (perdita immediata del bene) Proculiani (perdita dopo
occupazione di terzi)
- revoca, il trasmittente inserisce una clausola per cui a determinate condizioni, bene
gli ritorni. Ritorno automatico “ipso iure”
Età preclassica e classica, acquisti a titolo definitivo. Il venditore poteva rientrare in proprietà
del bene sia con l’actio in personam, sia con un’azione reale come la “condictio”.

MEZZI A DIFESA DELLA PROPRIETÀ

Il proprietario aveva il diritto di godere a pieno del suo bene, per farlo poteva agire con una
serie di azioni tra cui:.
- REI VINDICATIO, actio in rem del proprietario contro colui che possiede il bene
indebitamente.
1. legis actio sacramento in rem. Processo vero, “in iure” per l’appunto: 2
contendenti rivendicano la proprietà del bene tramite una scommessa
(somma in denaro), il rivendicante tocca con una bacchetta il bene e
pronuncia delle frasi di rito. Il magistrato toglie il possesso al possero e affida
il bene o al rivendicante o a terzi; inoltre impone garanti che si occupavano
della restituzione e della scommessa. Il giudice privato avrebbe deciso in
battuta finale chi sarebbe stato l'effettivo proprietario del bene e chi avrebbe
dovuto pagare la scommessa. Eventuale trattenimento del bene da parte del
perdente, comportamento che scaturiva con un’azione contro i garanti oppure
poteva avere luogo l’azione di recupero del bene, anche con la forza.
2. agere per sponsionem. Si articola su 2 livelli: una "sponsio", una
stipulazione dove si faceva promettere al possesore di pagare una
scommessa di 25 sesterzi in caso il reale proprietario riuscisse a provarsi
tale; una “cautio”, altra forma di stipulazione, con cui il possessore restituiva i
frutti e la cosa maturati fino al momento della contestazione. Quest’azione fu
inventata per andare oltre l’azione in sacramento, molto più onerosa.
3. agere per formulam petitoriam. Si svolgeva in due fasi: “in iure” e “apud
iudicem” . L’azione in rem spettava a chi si dichiarava proprietario civile,
“dominus ex iure Quiritium” ed era esperibile contro chi possedeva il bene al
momento della lite: possessore ingiustificato, abbandono doloso per evitare
l’azione e finto proprietario per depistare l’autore.
Utilizzata anche dai nudi proprietari che non avevano stipulato la “cautio
fructuaria”, sotto forma di azione in personam.
Il convenuto accettava di difendersi, prestando la “cautio iudicatum solvi” con
cui avrebbe pagato la somma della condanna, oppure se rifiutava di
difendersi, il pretore stabiliva l’interdetto “quem fundum/a. ad exhibendum”,
consegnando il possesso del bene all'attore; così facendo si invertivano i ruoli
processuali.
La rivendica a seguito di giudizio:
RESTITUZIONE: Il giudice concede all'attore di chiedere la restituzione del
bene. Oneri a carico del possessore: riconsegnare il bene nello stato del
momento della litis contestatio; in caso di danni, egli risponde per quelli
successivi alla contestatio.
Buonafede, risarcimento al possessore delle spese necessarie (ordinarie e
straordinarie) e utili (aumento di valore) e restituzione frutti dalla litis
contestatio in poi.
Malafede, risarcimento spese necessarie e restituzione di tutti i frutti.
Se il proprietario rifiuta il risarcimento si può agire con un'azione di eccezione
generale di dolo per fermare la sua azione.
CONDANNA PECUNIARIA: In caso di mancata restituzione, l'attore deve
fare una stima del bene (iusiurandum in litem) che diventava reale ed
effettiva; ciò spingeva il convenuto a pagare e a comprare la proprietà del
bene. Per res mancipi al massimo di acquistava il possesso, proprietà
ottenibile con escapione.
4. cognitio extra ordinem, Condanna in ipsam rem, ovvero il convenuto è
tenuto a restituire il bene, spontaneamente oppure con “manu militari”.
Rei vindicatio utulis, dove utilitas indica lo scopo ultimo del diritto privato.

- ACTIO FINIUM REGUNDORUM. Usata per definire i confini tra i fondi confinanti da
un giudice. Con il tempo questa azione viene usata anche per le controversie “in
loco” dove qualcuno si impossessa di pezzi di terra altrui e il proprietario può agire in
rivendica.
- CAUTIO DAMNI INFECTI:Cauzione per un danno non ancora avvenuto, temuto.
Esperibile dal proprietario che teme un pericolo da un fondo vicino (muro pericolante,
muro inclinato). Il proprietario preoccupato tramite la cautio (stipulazione di garanzia)
poteva tutelarsi. Nel caso il proprietario del fondo pericolante si rifiutasse di prestare
la cautio, il pretore emanava un decreto di detenzione del bene a favore del
proprietario che temeva il pericolo (un anno).
A seguito dell’ostinazione del proprietario del fondo pericolante, il pretore istituiva un
secondo decreto che decretava il possesso e l’usucapione a favore del proprietario
preoccupato
- ACTIONES NEGOTIARIAE: Azioni negoziare di servitù e usufrutto. Esperibile contro
chi si comporta da titolare di un diritto di servitù o usufrutto. Al proprietario attore
bastava provare d'essere l’effettivo proprietario del bene, mentre il convenuto doveva
dimostrare di avere diritto alla servitù. Azioni in rem modellate sulla vindicatio rei.
Esisteva la possibilità quindi di restituire, come nelle legis sacramento in rem oppure
in caso di mancata restituzione, il convenuto era sanzionato con una sanzione
pecuniaria, quantificata nella stima del bene.
- ACTIO AQUAE PLUVIAE ARCENDAE. Azione volta all'allontanamento delle acque
piovane, esperibile dal proprietario di un fondo nei confronti del proprietario del fondo
confinante che aveva alterato il decorso delle acque, con potenziale generazione di
danno. Il convenuto è tenuto a rimuovere l'ostacolo, pena una condanna pecuniaria
(iusiurandum in litem).
LA PROPRIETÀ

PROPRIETÀ PRETORIA
Gaio afferma che la proprietà a Roma subisce una divisione, ovvero potevano esserci un
proprietario pretorie e uno civile. Per il diritto civile il proprietario pretorio è un possessore di
buona fede in attesa di usucapire, che veniva tutelato dal pretore di fronte ai terzi come se
fosse un effettivo proprietario. 3 casi:
1) Res mancipi, tramite traditio, Vendita al cui seguito avviene la traditio della cosa
mancipi, generalizzazione del caso. Il trasmittente (rimasto proprietario) cita in
giudizio con la rei vindicatio il possessore di buona fede. Exceptio rei.
Il pretore istituisce la “actio publiciana” e la “exceptio”; rispettivamente la prima
consente al possessore di recuperare il possesso perduto, la seconda di bloccare
l’azione di rivendica dell’attore.
Actio publiciana, (simil azione di rivendica adattata) Il pretore tramite una “fictio”,
finge che il periodo di usucapione sia già passato e quindi il possesore diventa
propritario civile. Il possessore di buona fede sarà sempre tutelato nei confronti di
tutti. Il proprietario dante causa può rispondere con un’eccezione di giusto dominio,
alla quale l’attore replica con un’eccezione di dolo.
La proprietà pretoria/bonaria è solo transitoria perché viene sanata con l’usucapione
e l’ottenimento della proprietà civile sul bene.
2) Acquisto da non proprietario, Il compratore riceve solo il possesso. Il vero
proprietario non è chi trasmette il bene (è quindi in malafede), ma un terzo che non
ha ruoli nel negozio. In questo caso la tutela è meno piena: spossessato dal reale
proprietario, il possessore agisce con l'actio Publiciana, la quale è paralizzata dalla
exceptio iusti domini.
L’actio Publiciana ha forza quando a chiamare in causa l’accipiente possessore è un
terzo che non ha diritti sul bene tradito; IL VERO PROPRIETARIO VINCE SEMPRE.
3) Provvedimento ufficiale, gli interessati da questa azione sono coloro che hanno
ricevuto un bene a seguito di provvedimento ufficiale (Bonorum possessor, cautio
damni infecti…). I possessori sono a rischio di rivendica finchè non usucapiscono il
bene. Oltre all’actio Publiciana, essi dispongono di “actio Serviana”, dove il bonorum
possessor è considerato erede civile di beni ereditari.

Sostanzialmente vediamo che l’usucapione sana tutti i “difetti” della proprietà, a patto che vi
siano i requisiti necessari. I possessori (proprietari pretori) diventano proprietari civili.
Con la scomparsa degli atti ufficiali (iure cessio, mancipatio) la traditio diventa mezzo
universale per la trasmissione del bene; cessa anche la “traditio ex iusta causa”li editti/atti
pretori oltre a costitutivi del possesso, anche per la proprietà.

PROPRIETÀ PROVINCIALE
Nata in risposta all’espansionismo romana, la proprietà provinciale identifica tutti quei fondi
al di fuori dell’Italia, situati nelle province romane. Essi non erano soggetti al diritto pretorio
poiché appartenevano al Popolo Romano (in forma del senato) e al Principe.
Distinguiamo i “praeda tributaria”, i fondi principeschi e i “praeda stipendiaria”, quelli in
amministrazione senatoria. Erano rispettivamente governati da governatori o proconsoli e da
legati imperiali.
I privati che ottenevano la gestione di questi fondi, nei termini del “possessio vel usufructus”,
ovvero sotto forma di concessioni perpetue dietro pagamento di uno “stipendium” o
“tributum”. Diritto trasmissibile inter vivos e mortis causa. Praescriptio e vindicatio rei.
Nel tardo impero le distinzioni fra proprietà cadono e vengono unificate sotto il concetto di
“dominium ex iure Quiritium”: sotto Aureliano e Giustiniano i fondi italici sono equiparati agli
altri e vengono tassati; ciò è diretta conseguenza del decadimento del concetto di res
mancipi e della caduta in disuso degli atti formali (iure cessio e mancipatio) che vengono
sostituiti dalla TRADITIO.

LA COMUNIONE DI PROPRIETÀ

Il concetto di proprietà lo abbiamo già analizzato, vediamo ora i proprietari. In origine il


detentore del diritto di proprietà di un bene era unico, con il tempo si fa strada l’idea della
“communio” (comproprietà), dove socii o domini condividono il diritto di proprietà.

Pars pro indiviso, Alla base della communio c’è la pars pro indiviso, associale al nostro
concetto moderno di quota. ogni comproprietario ha una quota del diritto di proprietà che
corrisponde ad una frazione. In base al valore della quota sono ripartiti i frutti e le spese.
la quota può essere donata, data in pegno, lasciata in eredità, alienata e anche
abbandonata.

Il concetto di quota/parte indivisa affonda le sue radici nel mondo della Roma arcaica, dove
tramite il “consortium ercto non cito”, traducibile in “consorzio del dominio non condiviso”.
riguardava i figli dopo la morte del padre, i quali diventavano comproprietari dei beni del
padre che restavano in comune. PROPRIETÀ PLURIMA INTEGRALE.

Communio, essa si divide in:


- Comunione accidentale, comprende casi di coeredità, collegato, confusione e
commistione. Istituzione di eredi a seguito di testamento, bene lasciato con un legato
per vindicationem a più persone, mescolamento di beni suscettibili a mescolanza.
- Comunione volontaria, si ha quando 2 o più persone decidono di mettere in
comunione i loro beni. Ciò avviene di comune accordo, tramite un contratto
consensuale. Si parla quindi di “societas omnium bonorum”. Non è chiaro come
avvenisse la messa in comunione dei beni: c’è chi parla di una traditio spirituale chi
di editti giustinianei, ma di fatto si tratta di un procedimento automatico che opera ex
lege.
GESTIONE DELLA COSA COMUNE
Erano ammessi gli atti di godimento comune del bene, previo accordo con gli altri
comproprietari.
Atti innovativi: se un socio voleva costruire un edificio sul fondo comune, doveva avere il
consenso, tacito o espresso, degli altri domini; in altro caso anche solo il disapprovo di uno,
bloccava la sua azione “ius prohibendi”. Chi era contrario ad un determinato atto, era tenuto
a manifestare il suo disapprovo, prima del compimento di questo.
Nel mondo del diritto romano non esistevano le delibere a maggioranza e vincolanti anche
per la minoranza.
Erano però attuabili atti utili al bene comune: opere di ristrutturazione e restauro a carico di
un singolo non necessitavano dell’autorizzazione ed erano rimborsabili dagli altri soci.

ATTI DI DISPOSIZIONE DELLA COSA COMUNE


Le servitù erano indivisibili e non sono costruibili su fondo comune per quote e tutti i soci
devono prenderne parte.
Difesa servitù, actio confessoria servitutis, esercitata “in solidum”, da uno solo dei
comproprietari.
rifiuto servitù, actio negatoria servitutis, esercitata contro un comproprietario e sempre in
solidum.
Per la manomissione le cose cambiavano. Tutti i comproprietari dovevano prenderne parte.
Se uno solo manometteva il serve, la sua quota aumetava quella degli altri (come
nell’abbandono), se invece si è solo in due, quello che manomette perde la sua “quota” e
l’altro diventa proprietario unico.
Con Giustiniano è ammesso che la manomissione di un servo anche da solo uno dei soci,
rendendo lo schiavo libero. Chi manomette deve però pagare il valore della quota dei
rispettivi soci.
La difesa della cosa comune era esercitabile “in solidum” o “pro parte”.

DIVISIONE
La communio era considerata una situazione transitoria, che terminava con la divisione.
Dividendo si attribuivano ai vari soci, un diritto di proprietà su una singola porzione del bene,
rispetto alla rispettiva quota.
- Divisione stragiudiziale: esempio abbandono. Abbandonando la propria quota di un
fondo, essa andava ad arricchire quella degli altri soci e nel caso la “societas” fosse
composta da sole 2 persone, il socio restante diventa proprietario esclusivo.
In caso si volesse costituire una quota, si divideva il fondo/bene in proporzione ad
essa e poi, tramite un atto (mancipatio, iure cessio e traditio) il nuovo socio acquista
il suo diritto di proprietà a titolo derivativo
- Divisione giudiziale: esistevano 2 azioni: “actio familiae erciscundae” (divisione beni
ereditari) e “actio communi dividundo" (divisione beni non ereditari). Processo per
legis actiones, andavano esercitate nei modi della “legis actio per iudicis
postulationem”. Formalismo, redazione documento con informazioni per il processo,
il quale conteneva una clausola adiudicatio, con cui l’arbitro divideva in parti il bene
(titolo originario). Il documento permetteva anche al giudice di emanare una
condanna, come ad esempio quella di pagare conguaglio alle persone a cui è stata
negata una quota, da parte dell’unico intestatario di esse. Il giudice sanzionava al
risarcimento anche i soci che non avevano partecipato alle spese ordinarie.
Il giudice in sede di giudizio poteva anche costituire servitù a favore e a carico
dell’attore e del convenuto.

SERVITÙ PREDIALI (SOLO SU FONDO ITALICO)


La servitù è un diritto patrimoniale soggettivo appartenente al proprietario di un fondo
dominante.Servente, fondo gravato da un peso utile ad un altro fondo detto dominante.
Nel diritto romano esiste una differenziazione tra le servitù personali (alla persona) e prediali
(fondi).
Il proprietario è titolare del diritto reale di servitù, tutelato dall'actio confessoria in rem.
Esse si dividono in:
1) RUSTICHE
- Servitus ius eundi agendi, servitù di passaggio su fondo altrui. In antichità si divideva
in 3 categorie (persone, veicoli e animali, passaggio conduzione). Possibilità di
costruire strade.
- Aquaeductus, diritto di attingere acqua e condurla passando su terra altrui.
- Servitus acqua, haustus, diritto di attingere acqua dalla fonte altrui.
- Servitù di cuocere calce, prendere sabbia, tagliare boschi.
Tutte queste sono servitù rustiche, considerate res mancipi perché attinenti ai fondi rustici.

2) URBANE
- Servitus altius tollendi, servitù per impedire al vicino di sopraelevare un terreno.
- Servitus ne prospectui officiatur, ostacoli la vista o tolga la luce.
- Servitus proiciendi, diritto di sporgimento balconi.
- Servitus stillicidi, di far sgrondare acqua piovana.
- Servitus cloacae mittendae,

Possono inoltre essere:


Positive, fare del proprietario del terreno (passaggio, pascolo). Soggette a scomparsa se
non usate dal titolare.
Negative, tipica del fondo servente (non sopraelevare). Usucapione della libertà quando il
titolare del fondo servente usucapisce un diritto a causa dell'inerzia del titolare del fondo
dominante.

PRINCIPI FONDAMENTALI
a) Il fondo servente e quello dominante devono avere due proprietari diversi. Se i due
fondi appartengono allo stesso proprietario non sorgono servitù, ma se quello
servente è alienato a terzi, allora si crea una servitù a favore del proprietario di quello
dominante.
b) I fondi devono essere vicini. La servitù essendo costituita a favore del fondo
dominante, deve fornire utilità che è effettiva solo se i fondi sono vicini.
c) Le servitù sono a favore del FONDO non del PROPRIETARIO di esso, infatti esiste
la servitù di passaggio e non di passeggio.
d) Servitù duratura. Fino a Giustiniano essa doveva essere durevole nel tempo; da lui in
poi poteva essere temporanea.
e) Servitù come qualità del fondo. Essa è inerente al fondo e quindi, se esso è alienato,
anche la servitù subisce la stessa sorte.
f) Servitù unica del proprietario. Non può essere concessa in godimento ad altre
persone, poiché esclusiva del fondo e quindi del suo proprietario. Solo in alcuni casi
è godibile da altri a patto che questi detengano o posseggano il bene.
g) La servitù non può consistere nel fare. Sia positiva o negativa, il proprietario del
fondo servente non è tenuto a fare /non fare qualcosa, affinché il proprietario del
fondo dominante goda del suo diritto.
h) Servitù indivisibili. Il diritto di servitù è indivisibile. Tutti i proprietari possono goderne.

COSTITUZIONE
Diritto civile:
- Mancipatio, Iure cessio.
- Deduzione, dalla mancipatio e dalla iure cessio. Mentre si aliena un fondo si
costituisce una servitù a vantaggio del fondo dominante.
- Legato per vindicationem, testamento. Legato ad effetti reali autorizzato a creare
un diritto di servitù a favore di un erede.
- Aggiudicazione, comproprietà. Divisione di un fondo con più proprietari. se questi
decidevano di spartirsi il fondo, un giudice decideva di dividere il fondo in parti
corrispondenti alle quote, aggiudicando a ciascuno la proprietà della singola
porzione.

Diritto onorario (province):


- Sul fondamento degli editti dei governatori delle province, si costituivano atti
confermati da stipulazioni penali. Con Giustiniano diventano formali.
- Patientia o traditio, tolleranza del proprietario del fondo servente alla cui base
vigeva un accordo informale tra i proprietari dei due fondi non tradotto in nessuna
delle forme analizzate in precedenza; il proprietario del fondo servente tollerava il
passaggio del proprietario del fondo dominante. Tutto ciò era tutelato dal pretore.
Con Giustiniano diventano formali. Quasi traditio vel patientia servitutis.
- Usucapione, non ammessa in epoca classica. Possesso delle sole cose corporali,
come terreno su cui si transitava o si muoveva l'acqua. Questa concezione muta con
il tempo poiché la servitù viene considerata come res incorporales, come diritto,
quindi non usucapibile.
Con Giustiniano i diritti diventano usucapibili in forza del concetto che anche le res
incorporales diventano possedibili. Nello specifico chi si comportava da titolare di
fatto di usufrutto non avendone diritto, acquisiva tale diritto (10 anni presente, 20
anno non presente).
La “vetustas” come dice Ulpiano, interessa edifici o corsi d’acqua il cui stato è tale da
tempo immemore, quindi chi gode si comporta da titolare di diritti su di essi, diventa
titolare legittimato di tali diritti.
ESTINZIONE SERVITÙ
- iure cessio: rinuncia del titolare del diritto. seguendo lo schema contrattuale della
iure cessio (rivendica). Unico metodo accettato in età classica
- confusione: nel caso i due fondi pervengano ad uno stesso proprietario, il diritto di
servitù si estingueva.
- non uso: mancato utilizzo della servitù da parte del proprietario del fondo dominante
per il periodo di usucapione delle cose immobili. Solo servitù positive.
- usucapio libertatis: inerzia del proprietario del fondo dominante che non fa valere il
suo diritto (non si fa valere durante il periodo di usucapione degli immobili). servitù
negative.
In periodo giustinianeo la rinuncia ad una servitù doveva essere espressa e soprattutto
vengono introdotte le condizioni e i termini di tempo alle servitù: inizialmente temporalmente
illimitate proprio per garantire il soddisfacimento dei bisogni del fondo, ad esse è applicato lo
scadere di un termine o il raggiungimento di una condizione risolutiva.

DIFESA
- Actio confessoria o vindicatio servitutis, azione in rem modellata sulla forma della
rei vindicatio. Esercitata in iure, il giudice privato, presentate le prove dell’attore,
invitava il convenuto a “restituire”, ovvero consentire l’esercizio del diritto, in più
tramite la “stipulatio” era fatta promessa di dal convenuto di non impedire mai più
ulteriori impedimenti.
Se il convenuto preferiva pagare la condanna pecuniaria, il diritto andava estinto.
- Actio Publiciana/Actio utilis, Istituita nei fondi provinciali dal pretore per tutelare le
servitù di questi fondi.
- Impedimenti, interdetti per togliere gli impedimenti opposti al godimento del diritto.
Erano a favore del proprietario del fondo dominante che includevano: ripari delle
condutture, riparo del transito e riparo dei pericoli che interessano il fondo servente.
USUFRUTTO

USUFRUTTO
Si tratta di un diritto estremamente personale legato allo status della persona e destinato alla
sua utilità. E’ INTRASMISSIBILE sia inter vivos che mortis causa. il bene è diviso in: nuda
proprietà e usufrutto. Quando terminato l’usufrutto ritorna al proprietario (ex titolare di nuda
proprietà).
Istituto voluto per tutelare la figura della vedova: alla morte del dominus, la vedova era
indicata come legato avente diritto di usufruire dei frutti di un bene, lasciando la nuda
proprietà del bene agli eredi del de cuius. Tutto ciò era fatto per evitare di disperdere il
patrimonio fuori della famiglia.
Diritto a termine, max 100 anni o la vita dell’usufruttuario, ciò è fatto per evitare di svuotare
la proprietà del suo contenuto. Applicabile solo alle cose inconsumabili, se il bene produce
frutti per farli proprio bisogna possederli; se il bene produce frutti non naturali, l’usufruttuario
acquista i frutti civili.
L'usufruttuario è DETENTORE (detiene il bene a titolo del proprietario), infatti deve “far salva
la sostanza della cosa stessa”, egli ha l'obbligo di conservare la cosa e restituirla allo stato in
cui gli è stata consegnata. In origine gli erano impediti anche eventuali miglioramenti del
bene. Tutto ciò era fatto tramite una stipulazione che aveva come principio quello del buon
padre di famiglia o del brav’uomo detta CAUTIO FRUCTUARIA.
- Nuda proprietà: il proprietario originale della cosa non può disporre liberamente del
bene, gli spetta solo la nuda proprietà: essa può essere ceduta sia inter vivos e
mortis causa. Al termine dell'usufrutto, il proprietario “espande la proprietà”,
riottenendo pieni diritti sul bene. Per chiederne la restituzione egli poteva agire con la
“rei vindicatio” oppure con “l’actio stipulatu” discendente dalla “cautio fructuaria"

DIRITTO CIVILE E ONORARIO


In iure cessio: metodo costitutivo del diritto di usufrutto. rivendica in tribunale
Deduzione: mentre si aliena un bene, l'ex proprietario trattiene per sé l'usufrutto.
Legato per vindicationem: testamento. La proprietà di un bene era trasmessa agli eredi e
costituisce un diritto di usufrutto nei confronti di terzi per bene in questione.
Diritto onorario: patti confermati da stipulatio, patientia, quasi traditio.

ESTINZIONE. Morte dell’usufruttuario, capiti deminutio, scadenza del termine, rinuncia con
iure cessio, consolidazione, non uso, impossibile fruizione del bene (distruzione).
Giustiniano abroga la perdita dell’usufrutto se colpiti da capiti deminutio minima.

TUTELA
- Usufruttuario: “Vindicatio usus fructus” che è un’azione in rem. Funzionamento
simile alla vindicatio servitutis. Esperibile contro chiunque gli impedisca di godere del
suo diritto di usufrutto.
- Nudo proprietario: Actio vindicatio rei (rivendica del possesso da parte del
proprietario in caso di mancata di restituzione) e “actio ex stipulatu”.
QUASI USUFRUTTO
Schema negoziale, introdotto a seguito di un senatoconsulto, con lo scopo di dare
attuazione alle ultime volontà del defunto che aveva costituito tramite legato l’usufrutto di
cose consumabili (denaro, olio, grano, vino). Viene introdotta una “cautio” (stipulazione di
garanzia) con la quale l’usufruttuario si impegnava a restituire un quantitativo corrispondente
o una somma equivalente al valore di stima del bene oggetto del quasi usufrutto.

USO, ABITAZIONE E OPERE DEI SERVI


Sono tutti e 3 avvicinati all’usufrutto.
- Uso: Diritto di disporre del bene ma non dei frutti; ad esempio un fondo, come
stabilito da Giustiniano. Casa, usatario può soggiornare nell’edificio e niente di più.
Uso personale.
- Habitatio, Legato con cui si concedeva di abitare la casa ma non specificando a che
titolo. Giustiniano ha stabilito che tale disposizione costituiva un diritto a sé stante.
l'onorato poteva abitare la casa e locarla ad altri.
- Legatario: discorso analogo per i legati di animali, servi. diritto autonomo.
SUPERFICIE

SUPERFICIE
Ulpiano e Paolo indicano come “superficies” tutto ciò che si trova al di sopra del suolo (case,
edifici, alberi…). Giustiniano riconosce il principio "superficies solo cedit”.
Superficies è anche diritto di costruire e di godere di un edificio su suolo altrui dietro
pagamento di un “solarium”.
1) Diritto Pubblico. Il diritto di superficie nasce quando città e Stato concedono a
privati ostruire taverne su suolo pubblico dietro pagamento di un canone
2) Diritto privato. Istituto applicato anche tra privati: edificio costruito su suolo altrui
fruibile solo dietro pagamento. (locazione/vendita)
3) Diritto pretorio. Riconoscimento azione di difesa a favore del superficiario.
interdictum de superficiebus; actio de superficies (azione in rem ed erga omnes).
4) Diritto reale. Il superficiario sviluppa un diritto reale su suolo altrui di edificazione e
di godimento totale di tale edificio a seguito del pagamento di un canone. Egli può
anche costituire servitù, usufrutto, pegno etc sull’edificio. L’edificio è trasmissibile
inter vivos e mortis causa.

ENFITEUSI
300-300 D.c. concessioni perpetue di terreni pubblici e privati dietro pagamento di un
canone.
Età classica, concessioni a privati di “agri vectigales” appartenenti ai municipi. Il
vettigalisa era possessore e percepiva i frutti tramite separazione, azione in rem per
difendere la fruibilità del diritto.
Legge di Zenone: istituisce l'enfiteus come contratto a sé stante. Redatta per iscritto, per la
disciplina del rischio (distruzione totale) a carico del dominus, (deterioramenti) enfiteuta.
Pagamento del canone a prescindere.
Giustiniano: sancisce che al mancato pagamento del canone decade il diritto comunque
vale ciò che si era deciso in sede contrattuale. In caso non si fossero presi provvedimenti in
materia, viene sancito che dopo 3 anni si perdeva il diritto di enfiteusi.
L'enfiteuta può alienare i miglioramenti in base a ciò che si era deciso nei patti. Se non si è
fatto nulla in materia è deciso che l’enfiteuta deve rendere pubblico il prezzo di vendita e il
dominus può esercitare il suo diritto di prelazione (2 mesi) in caso contrario la vendita
avviene normalmente. al padrone spetterà 1/50 del prezzo di vendita. Se tutto ciò avviene
all’oscuro del padrone, l’enfiteuta perde il diritto di devoluzione.
PEGNO E IPOTECA

SIGNIFICATO
l'istituto ha origine nel mondo del diritto pretorio e sorge nel III secolo avanti Cristo.
Ambito delle garanzie. un creditore può esigere dal debitore che questi presti garanzie
personali o reali, con cui soddisfarsi in caso di inadempimento.
“Pignus” e “hypotheca”, hanno significato uguale ma presentano una leggera differenza.
Il pegno è un qualcosa che il debitore dà al creditore in principio dell’accordo, quindi il
creditore riceve il possesso del bene (mobili); l’ipoteca no, non c’è la sua consegna
(immobili).

PEGNO DATO
Pegno dato a garanzia di un’obbligazione. Garante e debitore sono d’accordo. Il contratto si
perfeziona (produce effetti reali) solo al momento della consegna del pegno, quindi quando
avviene la presa in possesso da parte del creditore.
Il creditore ha l’obbligo di restituire il bene se il debitore adempie ai patti presi, in caso
contrario egli tiene per sé il bene.

PEGNO CONVENUTO O IPOTECA


con il termine pegno convenuto si intende l’accordo tra debitore e creditore con cui entrambi
decidono che il pegno resta al debitore che, in caso non riesca ad adempiere ai patti presi in
precedenza, dovrà consegnare il bene pignoratizio al creditore.
Per quest’ultimo è stata creata un’azione in rem detta ACTIO PIGNERATICIA IN REM, con
la quale egli può entrare in possesso dell’oggetto del pegno a seguito di inadempimento e
mancata consegna.
Diritto reale su cosa altrui, esigibile erga omnes.
Il primo caso di applicazione di questa costruzione legale, riguarda la locazione di un fondo
rustico: un agricoltore a garanzia della mercede locativa, da in pegno i suoi attrezzi, così
facendo si autocondanna all’inadempimento del pegno. Viene rinviata quindi la consegna del
pegno.
Il locatore e debitore, può condurre un’actio Serviana in rem per ottenere il pegno oppure
tramite un interdictum Salvianum, può togliere l’impedimento che fa sì che egli non possa
entrare in possesso del pegno.

OGGETTO DEL PEGNO


Inizialmente solo cose mobili nec mancipi, successivamente tutte le cose. A partire dall'età
classica anche le cose incorporali diventano oggetto di pegno (diritti, credito, quote di
comunione, titolarità di un pegno).
Inoltre un bene sottoposto a pignoramento non doveva appartenere necessariamente al
debitore, ma poteva essere anche di proprietà di terzi: in questo caso abbiamo un garante
del debitore.

POTERI DEL CREDITORE


Il bene oggetto di pegno, entrato in possesso del creditore: andava conservato, non
utilizzato e non era consentita nemmeno la percezione dei frutti da parte del creditore, al
massimo tramite “l’anticresi”, egli poteva riscuoterli per far fronte ad interessi maturati dal
debitore.
Diritto di recuperare il possesso in caso di inadempimento.
Fino a Costantino esistevano 2 istituti di rivendica del possesso a favore del creditore:
- Lex commissoria, un patto con cui il creditore acquistava la proprietà civile (res
mancipi) o pretoria (nec mancipi) del bene oggetto di pignoramento. Abolita da
Costantino.
- Ius vendendi, il creditore già in possesso del bene è autorizzato a venderlo per fare
fronte ai debiti del debitore. Il creditore in qualità di rappresentante del debitore, ha
facoltà di tradere e vendere ma non di mancipare (no iure cessio o mancipatio). I
ricavi extra sono restituiti al debitore. Con il tempo questo piatto diventa implicito,
salvo obbiezioni del debitore.
Ammissione del patto di riscatto con il tempo.

COSTITUZIONE
- Pegno volontario, per libera espressione delle parti è costituito un pegno.
- Pegno legale, costituito dalla legge a favore della moglie o favore del pupillo.
- Pegno giudiziale, costituito quando un condannato convenuto si rifiuta di compiere
una certa prestazione. Non potendolo costringere con “manu militari”, risponderà
patrimonialmente.
Talvolta il pegno si forma tacitamente, come nel caso si faccia un mutuo in denaro per
restaurare un edificio: è sottointeso che l’edificio stesso è oggetto del pegno.

ESTINZIONE DEL PEGNO


L’estinzione naturale del pegno è l’adempimento o l’estinzione del credito. Anche la
confusione o la remissione del credito tramite “l’exceptio pacti conventi” da parte del
creditore, decretavano la cessazione di questo rapporto.

CASI PARTICOLARI
Per il pegno convenuto, un debitore poteva costituire più debiti sullo stesso pegno. In questo
caso valeva il principio “prior tempore potior iure”: chi aveva costituito il pegno prima, ne
beneficiava per primo.
Sono ammesse deroghe in virtù del livello fra creditore: la moglie ad esempio è uno tra i
creditori più importanti (ha in pegno i beni del marito per la restituzione della dote). I creditori
di rango più basso, pagando, potevano acquisire il credito di quelli più importanti.
Un debitore che costituiva due debiti, di cui uno coperto e l’altro no, pagando quello coperto,
manteneva in vita il pegno e si estingueva pagando solo quello non garantito
IL POSSESSO

POSSESSO
Esistevano varie categorie di possessori (dominus, illegittimo, creditore, clandestini), ma tutti
quanti potevano beneficiare della protezione del loro diritto di possedere, senza dover
dimostrare a che titolo lo facessero: infatti tramite i “possessio ad interdicta” Il possessore
era tutelato con strumenti decisi dal pretore, ovvero gli INTERDETTI, che gli consentivano di
difendere e recuperare il possesso se qualcuno tentava di portarlo via (atti di molestie) o
qualcuno tentava di spossessarlo.
Solo durante l’età classica il possesso ottiene una definizione quasi univoca: nel periodo di
Cicerone non ben specificato, nelle XII Tavole era detto “usus” e in età preclassica aveva
nomi variabili.
Solo nell’età classica il possesso è definito come una “res facti” e “signoria di fatto”, dove
il possessore con l’intenzione di tenere per sé il bene o di comportarsi come padrone,
disponeva del bene.
per definire il possesso tale devono concorrere “Corpore possidere” e “animus domini”;
infatti nella detenzione (possessio naturalis) manca l’idea di tenere il bene per sé,
(usufruttuario, conduttore, comodatario). Un detentore può diventare possesso a patto che il
bene gli sia alienato, se la sua condizione cambia senza l'atto adatto egli commetterà un
furto.
Il Possesso era ed è punto fondamentale dell'usucapione (possesso buona fede,
continuato).
Possesso anomalo: soggetti che hanno ottenuto il possesso del bene in forza di un
contratto/concessione, parliamo di creditori pignoratizi, sequestratario, precarista.

TUTELA DEL POSSESSO


Tutela della pace sociale: utilizzando queste costruzioni giuridiche si evitava la giustizia
privata.
Interdetti: ordine emesso dal pretore. proibitori, restitutori, esibitori, conservatori. Possibilità
di ricorso da parte del convenuto.
- interdictum uti possidetis, (immobili) Il pretore proibiva a colui che era causa delle
minacce di proseguire con i suoi atti, chiedendo anche all'attore di astenersi da atti
violenti. Il possessore attuale era riconfermato. Talvolta l'attuale possessore poteva
essere spossessato dal suddetto interdetto se possedeva il bene a titolo precario,
clam, nei confronti dell'avversario (exceptio possessionis vitosae).
- Interdictum utrubi, (mobili) il pretore non conferma necessariamente il possesso al
proprietario attuale, infatti viene usato un criterio di possesso particolare: chi aveva
posseduto per più tempo in un anno il bene, ne otteneva il possesso. Inoltre il
possessore del bene non deve avere nessun vizio nei confronti dell'avversario (clam,
vi, precario), pena la perdita del possesso.
Giustiniano introduce una riforma che equipara i due interdetti.
RECUPERO DEL POSSESSO IMMOBILE
1) Interdictum unde vi, azione di reintegro del possesso esperibile dal possessore
spossessato. Era necessario che il "deiectus" non avesse vizi nei confronti del
“deiciens”. L'azione era attuabile entro l'anno di tempo dallo spoglio e contro l'autore
di tale atto.
Giustiniano sopprime la possibilità di eccepire i vizi anche nel primo caso.
2) Interdectum de vi armata, azione di reintegro sempre del posseso usata in casi di
violenza armata. L'autore dello spoglio non poteva far valere eventuali vizi del
"deiectus" proprio per via della sua condotta pericolosa. Tutela assoluta del
"deceptus". Lo spossesatore violento incorreva nella restituzione del bene, ed
eventuale perdita della proprietà se proprietario, restituzione in denaro del bene e
sanzioni criminali.

REQUISITI
Avere capacità giuridica patrimoniale e di agire (persone sui iuris), quindi bambini, schiavi e
furiosi non potevano possedere. I primi e i secondi al massimo potevano detenere in quanto
strumenti di acquisto e detenzione.
Compossesso: più persone hanno diritto di possesso su di un bene (stesso principio
comproprietà).
Si può possedere: un edificio (interezza), singoli animali di un gregge e un uomo libero
creduto schiavo in buona fede.

ACQUISTO, CONSERVAZIONE E PERDITA


Sono necessarie contemporaneamente “animus domini” e “corpore possidere”, anche la
sola mancanza di uno dei due requisiti fa perdere il diritto di possesso.
a) L'acquisto può avvenire anche tramite un'altra persona autorizzata tacitamente o
espressamente (figlio, tutore, servo, estraneo autorizzato).
Occupazione e traditio sono i mezzi utilizzati.
b) La conservazione è possibile anche attraverso un'altra persona: un proprietario
mantiene il possesso tramite un detentore (usufruttuario), qualcuno che detiene il
bene per lui.
È possibile conservare in virtù dell'animo, nonostante la mancanza di disposizione
fisica temporanea (pascoli stagionali, servi fuggiti).
Unica eccezione è l'insediamento violento di terzi sulla proprietà posseduta da Tizio:
egli perde così il possesso.
c) La perdita è legata alla consegna del bene volontaria a terzi, oppure ad eventi
fortuiti quali: lo smarrimento e i naufragi (veniva mantenuta la proprietà).

QUASI POSSESSO
Colui che esercitava un diritto di usufrutto o di servitù non era considerato possessore del
bene e non poteva quindi esercitare nessun tipo di azione di difesa, egli non poteva
usucapire nessun tipo di servitù o diritto.
In età classica cambia questa concezione e viene definito degno di difesa possessoria
chiunque riuscisse a dimostrarsi effettivo possessore del bene (serie di interdetti). Quasi
signoria di fatto su cose corporali. Per i bizantini, era possessore non solo chi ne avesse
titolo legittimo, ma anche l'esercente di fatto di diritto di usufrutto, servitù o simili: nasce così
il “quasi possessio” (esercizio di fatto del diritto).

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